La leggenda di Attila e Leone I in recita – Questa leggenda misteriosa nella sua semplicità, ha ispirato molti artisti che la hanno immortalata su tela e nel marmo: tra queste opere  è celebre l’affresco di Raffaello in Vaticano.

La leggenda di Attila e Leone I in recita

La leggenda di Attila e Leone I in recita
Scena I

(In una piazza della città di Aquileia, assediata dagli Unni)

Personaggi:
Primo cittadino
Secondo cittadino
Terzo cittadino
Quarto cittadino
Altri cittadini intorno

Primo cittadino: Amici! Cittadini! Conviene ancora resistere alle forza di Attila? Da settimane lottiamo contro la forza che ci serra, ma è inutile: la fine della nostra città è vicina. C’è una sola speranza di salvezza…

Secondo cittadino: Quale?

Primo cittadino: Quella riposta nelle trattative con Attila. Offriamo al re degli Unni la nostra amicizia. I barbari sono clementi quando sperano di avere una nuova amicizia.

Secondo cittadino: Di quale speranza vaneggi? Quale follia ti spinge a proporre tali trattative? Il re degli Unni non vuole parole, non vuole amici, e nemmeno traditori: desidera solo per i suoi nemici morte, rovina, fuoco.

Terzo cittadino: Il nome di Attila vuol dire ferro. Egli è di ferro. Soprattutto il suo cuore è di ferro.

Quarto cittadino: Attila è il flagello di dio. Dovunque le sue orde sono passate, è rimasta la desolazione. Donne, vecchi, fanciulli non sono risparmiati dalla sua ferocia. Se una speranza c’è, questa è riposta nella resistenza delle nostre mura e dei nostri petti.

Primo cittadino: Guardate lassù! Una cicogna sfugge dalla nostra città spingendo davanti a sé i suoi piccoli. Oh, potessi fare altrettanto io! Potessi mettere in salvo i miei figlioli!

La leggenda di Attila e Leone I in recita
Scena II

(E’ la visione della futura Venezia. La scena si svolge in una qualsiasi città del Veneto, dopo che Aquileia è caduta).

Personaggi:
Primo cittadino
Secondo cittadino
Vescovo
Altri cittadini

Primo cittadino: Amici! Una terribile notizia. Aquileia è caduta in mano degli Unni. La porta l’Italia è aperta al più crudele dei barbari.

Cittadini: Che facciamo? Decidiamo di resistere?

Primo cittadino: E’ inutile. Non abbiamo armi sufficienti e poi… da quando l’Italia consce il piede dei Barbari, la virtù romana è spenta!

Secondo cittadino: Ecco ciò che faremo: aspetteremo Attila ed i suoi Unni con le porte della città aperte, lo accoglieremo con onori, lo blandiremo con gli elogi. I barbari, quando ricevono buona accoglienza, entrano da una parte ed escono dall’altra.

Primo cittadino: E’ un consiglio vile e pericoloso!

Secondo cittadino: E che altro si può fare? Vorresti forse che le nostre case fossero bruciate, le nostre donne uccise, i nostri fanciulli rapiti?

Cittadini: Ha ragione!

Vescovo: Calma, figlioli! La paura del pericolo non vi mostra la via più chiara. Io, insieme con la benedizione di dio, sono pronto a darvi un consiglio.

Cittadini: Quale?

Vescovo: Lasciamo le nostre terre e trasferiamoci al di là del mare, sulle isole della laguna. Che Attila trovi le nostre città deserte. Che Attila trovi il silenzio. Là, sulle isole, non verrà. Là, sulle isole, noi costruiremo le nostre case.

Primo cittadino: Le nostre case! Forse vi troveremo la salvezza, ma non un solido avvenire. La terra è sabbiosa, il mare è minaccioso. Come costruire una nuova città?

Vescovo: Oh cittadini! Oh figlioli! Sulla sabbia, dove lavorino uomini animati da speranza e fiducia, possono sorgere case solide e serene. Ecco, io la vedo, la nostra nuova città. E’ tutta di marmo, si innalza al cielo con cupole e campanili, e si specchia nel mare. Il sole vi batte sopra radioso.

La leggenda di Attila e Leone I in recita
Scena III
(Nella tenda di Attila)

Personaggi:
Attila
Generale
Servo

Generale: Oh re, quale cruccio ti rende inquieto?

Attila: Ho trovato città abbandonate, campagne silenziose e morte. Non questa Italia sognavo. Mi aspettavo un’Italia verde e ricca da saccheggiare con profitto.

Generale: Oh re, ma noi andiamo avanti!

Attila: Sì, andremo avanti, finché non troveremo…

Servo (entrando): Oh mio re, ambasciatori romani sono arrivati per parlarti.

Attila: Ambasciatori? Immagino quello che mi vogliono dire. Mi vorranno fermare, offrendomi denaro. Io lo rifiuterò! O forse mi offriranno il possesso di una provincia. Che sciocca proposta sarebbe! Perché dovrei accontentarmi di una provincia, quando posso prendermele tutte? (esce).

Generale: Sperano di fermare il nostro re, ma è inutile…

Servo: Non so.

Generale: Noi Unni continueremo la nostra marcia.

Servo: Non so.

Generale: Niente può resistere alla nostra furia.

Servo: Non so.

Generale: Ma che vuol dire questo “non so”?

Servo: Ecco, rientra il nostro re!

Attila (entrando): Ufficiale, ordina a tutti di tornare indietro!

Generale (meravigliato): Ma come?

Attila (sconvolto) Non sono chiaro? Con me si paga ogni discussione. Suvvia, torneremo indietro, lasceremo l’Italia!

La leggenda di Attila e Leone I in recita
Scena IV

(Nella tenda di Attila, lontano dall’Italia)

Personaggi:
Attila
Generale

Generale: Oh re, ora che i nostri eserciti sono rientrati nella steppa tranquilla, dimmi, se è possibile: perchè lasciasti improvvisamente l’Italia?

Attila: Quel giorno mi incontrai col papa Leone Magno. Fu lui che mi convinse di tornare indietro.

Generale: Perchè? Quante legioni aveva il papa?

Attila: Nessuna. Neppure un uomo armato!

Generale: E allora? Che accadde?

Attila: Dietro alla sua figura ho avuto la visione di una spada di fuoco. Io, che fin da bambino avevo adorato la forza materiale, capii quel giorno che esiste una potenza d’altro genere. Una potenza contro la quale è inutile afferrare le spade e preparare guerre. E sarà sempre inutile.

recitiamo la Storia

(Rodolfo Botticelli, adattamento da “Recitiamo la Storia”, editrice La Scuola 1967)

Di Maria Marino

Sono Maria Marino. Mi occupo di pedagogia, didattica, arte e manualità. Lapappadolce è il sito che scrivo come insegnante e mamma, per contribuire nel mio piccolo a rendere più accessibili a tutti i bambini, a scuola o a casa, la didattica Montessori, la pedagogia Waldorf, e tutte le pratiche educative che ho imparato con loro e in cui credo.

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