Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA, di autori vari, per bambini della scuola primaria.

Osserviamo la cartina

Confini: Francia, Svizzera, Piemonte
Monti: Alpi Occidentali (Graie) e Centrali (Pennine)
Cime più alte: Gran Paradiso, La Grivola, Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa
Valli: della Dora Baltea, con le valli laterali. A sud: Veny, La Thuile, Valgrisanche, di Rheme, di Cogne. A nord: Ferret, del Gran San Bernardo, Valpelline, Valtournanche, d’Ayas, di Gressoney
Valichi: Piccolo San Bernardo, Col Ferret, Gran San Bernardo
Fiumi: Dora Baltea (nel suo corso superiore).

La Valle d’Aosta, la più piccola e montuosa regione d’Italia, è il regno delle cime inaccessibili, delle nevi perenni. Il Gran Paradiso, il Monte Bianco, il Cervino, il Monte Rosa sono nomi noti agli alpinisti di tutto il mondo. DA queste vette lo sguardo scende verso la valle operosa, percorsa dalla Dora Baltea. Il fiume scorre tra dolci declivi, raccogliendo le acque dei torrenti che scendono dalle valli collaterali.
La Valle d’Aosta è famosa, oltre che per le sue montagne, anche per i numerosi castelli medioevali, meta continua di visitatori.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Vita economica

L’economia della Valle d’Aosta si basa principalmente sull’industria dell’energia idroelettrica, prodotta dalle imponenti centrali scaglionate lungo le valli.
Miniere di carbone sopra La Thuile, e di ferro sopra Cogne, alimentano ferriere ed acciaierie. Nella Valtournanche si estrae marmo serpentino.
Estesi pascoli favoriscono l’allevamento di bovini ed ovini; abbondante quindi è la produzione di latticini (fontina della Val d’Aosta).
Fiorente è l’industria turistica della valle; gli appassionati della montagna e degli sport invernali frequentano assiduamente le migliori località di soggiorno della Valle ed i rifugi alpini, situati ad altissime quote.
Il capoluogo della regione è Aosta, città antichissima, fondata dall’Imperatore Augusto, da cui prese il nome.
Con tutto il suo territorio la Valle d’Aosta forma una regione autonoma, governata da un parlamento detto Consiglio della Valle.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Per il lavoro di ricerca

Chi furono i primi abitanti di Aosta?
A quale epoca risale la fondazione della città?
Con quali province e con quali stati confina la Valle d’Aosta?
Da quale fiume è attraversata l’intera regione?
Quali fiumi e quali torrenti si gettano nella Dora Baltea?
Com’è il clima?
Quali importanti gruppi di montagne comprende?
Quali sono le vette principali?
Quali passi, valichi, trafori mettono in comunicazione la Valle d’Aosta con la Francia e con la Svizzera?
Quali sono le maggiori risorse economiche della regione?
Conosci qualcuno fra i costumi più famosi della Valle d’Aosta?
Hai già sentito parlare della funivia dei ghiacciai?
Che cos’è il Parco Nazionale del Gran Paradiso?
Nell’interno del Parco Nazionale, sono permesse la caccia, il taglio delle piante e la pesca?
Ricerca notizie sul Monte Rosa e sul Cervino.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Sulle ali della fantasia

Numerosissime sono le leggende create dalla fantasia ed ispirate dall’animo poetico dei valligiani. Molte di esse hanno per protagonista il diavolo. E non poteva davvero il diavolo mancare nella tradizione popolare valdostana. Il diavolo, infatti, rappresenta uno dei termini della lotta tra il bene e il male: l’altro è rappresentato dall’angelo e dal santo.
Rivive in questi contrasti, che la fantasia popolare abbellisce con le pittoresche e ingenuo integrazioni, un atteggiamento caro alla poesia medioevale, anche alla poesia di Dante.
E nella Valle d’Aosta, in cui la solitudine antica dei monti sembra creare l’ideale luogo per l’ascesi dello spirito, il dramma tra il bene e il male si risolve con la vittoria della santità.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – La Valle d’Aosta: sguardo d’insieme

Nel luogo dove i confini dell’Italia, della Francia e della Svizzera trovano il loro punto d’incontro si estende la Valle d’Aosta, la più piccola fra le regioni italiane.
Il nome Valle ne indica solo parzialmente il carattere: in realtà essa presenta in breve spazio tutto ciò che la montagna può offrire di bello, di solenne, di orrido, di affascinante: qui sono le cime più alte, le pareti più vertiginose, i nevai più estesi, i torrenti più impetuosi.
Si esce appena dalla ridente campagna canavesana, l’occhio riposa ancora sul dolce paesaggio morenico, quando entriamo nella vallata centrale che ci apre il paesaggio tra i massicci montuosi e percorre la regione in tutta la sua lunghezza.
L’ingresso è ampio, accogliente, ma la valle non tarda a serrare i suoi bastioni di roccia nella stretta selvaggia di Bard; e subito, come per un pentimento, si slarga di nuovo, concedendo spazio ai coltivi, al corso della Dora vorticosa, torbida, grigia di sabbie. Poi si rinserra repentinamente alla Mongiovetta. La Dora scroscia in una gola profonda e la strada si arrampica su pei dirupi. Nuovamente la valle si allarga dove sorge l’elegante centro turistico di Saint Vincent, su su fino alla conca di Aosta, la piccola capitale. Di qui riprende deciso il dominio delle montagne che stringono sempre più da vicino la strada ed il fiume, ma, a tratti, lasciano spazio ai paesini, ai villaggi e cedono ancora al verde dei prati dell’ultima, stupenda conca di Courmayeur.
La valle, che trae il nome dalla città di Aosta, è come un tronco torto e nodoso da cui si dipartono, a destra e a sinistra, i rami delle valli minori.
Ciascuna di esse è solcata da un torrente che reca il suo apporto di acque alla grande Dora. In alto, fra i picche nevosi, occhieggiano laghetti azzurri, distendono acque increspate dal vento i bacini idrici serrati fra il monte e le altissime dighe.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Lo sai?

Aosta è la romana Augusta Praetoria, fondata nel 24 aC per volere dell’imperatore Cesare Augusto.
Entrèves (frazioni di Courmayeur): in località La Palud, l’arditissima “funivia dei ghiacciai”, inaugurata nel 1057, porta sul Monte Bianco raggiungendo i 3842 metri di altezza (Aiguille du Midi) e scavalca l’imponente massiccio per scendere poi a Chamonix (Francia).
La funivia supera un percorso di quindici chilometri.
Gran San Bernardo: vi è un ospizio di monaci Agostiniani e un allevamento di cani di razza San Bernardo. Questi cani, un tempo, erano impiegati dai monaci per ricercare gli alpinisti sperduti.
Piccolo San Bernardo: verso la fine di settembre del 218 aC vi passò molto probabilmente Annibale, con il suo esercito. Pochi giorni dopo, il generale cartaginese sconfisse una prima volta i Romani, comandati dal console Publio Cornelio Scipione, presso il Ticino.
Gran Paradiso: la zona ospita un Parco Nazionale per la conservazione della flora e della fauna. In questo parco vivono numerosi camosci e stambecchi.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Minerali della Valle d’Aosta

Miniere di ferro a Cogne e miniere di carbon fossile a La Thuile;  cave di pietra da taglio, di granito, di marmo verde; filoni di amianto e di ferro magnetico; giacimenti di rame, manganese, di galena argentifera, di pirite, di cristallo di rocca ed infine il carbone bianco, cioè la grande abbondanza di acqua per l’energia elettrica; sorgenti di acque minerali a Saint Vincent e Courmayeur.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Curiosità

I giacimenti di minerale di ferro più alti d’Europa di trovano a Cogne, in Val d’Aosta a millecinquecento metri sul livello del mare. Vi lavorano circa settecento minatori anche d’inverno, ospitati in un moderno e ben attrezzato villaggio. Annualmente ricavano circa duecentoquaranta mila tonnellate di ferro.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Artigianato

Non c’è angolo della Val d’Aosta che non rispecchi gentilezza, fantasia e non riveli qualche segno dell’umile, delicatissima arte. Qua è una porta estrosamente intagliata, là è una fontana o un balcone dalle forme ingegnosamente sagomate… Il legno dei boschi assume, nelle mani dei Valdostani, gli aspetti più svariati. Da secoli lo lavorano e ne ricavano oggetti graziosissimi, utili e d’ornamento… Armadi, cassettoni, conocchie, pipe, coppe, bastoni, manici per piccozze, oggetti d’arte sacra. Ognuno di questi oggetti è intagliato, decorato, cesellato, arabescato con disegni.
Tutta questa produzione non è soltanto nelle case. Assieme a merletti, trine, tessuti a mano, oggetti di stagno sbalzato ed altre caratteristiche creazioni valdostane, fanno bella mostra di sé in negozi e mercati dove turisti ed amatori li acquistano…

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – In una bottega s’Aosta

Nelle botteghe di Aosta fanno bella mostra numerosissimi oggetti in legno (astucci, ciotole, pipe, piccoli scrigni, bastoni, culle) lavorati con grande, abilità dei valligiani.
Alcuni di questi oggetti finemente intagliati e decorati, hanno un vero valore artistico.
Altri lavori caratteristici sono i merletti, le trine, i tessuti fatti a mano e gli oggetti di peltro.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Il Monte Rosa

Splendida corona alla Valsesia è il Monte Rosa, un imponente massiccio delle Alpi Pennine, il secondo in Europa per altitudine subito dopo il Monte Bianco.
Esso si estende tra il Colle di Teodulo e il Passo del Monte Moro e comprende numerose e gigantesche vette che superano tutte i quattromila metri, come la Punta Giordani, la Piramide Vincent, il Corno Nero, la Punta Parrot, la Punta Gnifetti, la Punta Zumstein, la Punta Dufour, che è la più elevata, e la Nordend.
Bellissime vallate si aprono ai piedi del massiccio, uno dei più conosciuti ed amati delle nostre Alpi.
Scintillanti ghiacciai, e assai vasti, ricoprono i fianchi del Monte Rosa (il Gornergletschern, nel versante svizzero, e, nel versante del Lys, il ghiacciaio dallo stesso nome): la solitudine immensa e il divino silenzio accolgono gli animosi alpinisti che vi si avventurano.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Il Monte Cervino

Nelle Alpi Pennine, ad ovest del Rosa, si erge solitario, al disopra di una meravigliosa cerchia di monti, il capriccioso Cervino. Ha una caratteristica forma piramidale, e l’elegante cuspide aguzza è quasi sempre avvolta da una corona di nubi.
I tentativi di conquistare la vetta durarono quasi un secolo e la prima ascensione fortunata, dal versante italiano, segnò una delle pagine più radiose nella storia dell’alpinismo valdostano.
La scalata del Cervino è tuttora difficile e pericolosa. Le famosissime guide di Valtournanche si addestrano sulle sue levigate pareti.
Il Brocherel (la Valle d’Aosta) dice del Cervino: “La visione del Cervino è sempre affascinante e comprensiva, perchè contenuta nella sintesi di un colpo d’occhio. Ergendosi isolato senza corteo di satelliti, il Cervino avvince ed assorbe l’attenzione per la schematica semplicità delle forme; la mole giganteggia appunto per il taglio netto degli spigoli e la levigatura delle pareti. La bellezza scenografica del Cervino consiste nella composizione geometrica del suo profilo, che possiede uno stile proprio, da qualunque parte lo di guardi.
Da Zermatt il Cervino assume la forma di un immenso cristallo di rocca e le scintillanti incrostazioni di ghiacci rendono ancor più evidente la somiglianza; dal Breuil sembra il torso di un gigante addormentato, la testa sciabolata di rughe, gli omeri fasciati dai drappeggi dei ghiacciai; dal Dent l’Hérens, la sagoma è ancor più affusolata, e sembra un massiccio obelisco, istoriato dai geroglifici delle chiazze di neve”.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Itinerario in funivia sul Monte Bianco

Da Entrèves nella Valle d’Aosta a Chamonix in territorio francese, si può attraversare la massiccia catena del Monte Bianco, salendo fino a quota 3.842 metri (Aiguille du Midi) stando comodamente seduti nei piccoli vagoncini sospesi della funivia. La chiamano “la Funivia dei Ghiacciai”). Ogni tanto, quando un gruppo di carrelli giunge a una delle stazioni terminali, tutto il complesso si ferma e si resta sospesi magari sul ghiacciaio del Gigante o sulla Vallée Blanche, a più di 3.500 metri di altezza, mentre sotto di noi si distendono sconfinate distese candide, picchi solenni, una foresta pietrificata di cime, una fuga vertiginosa di vallate scoscese.
Questa è la Funivia dei Ghiacciai, un’ opera ardita e meravigliosa di ingegneria. Quando la progettarono, sul Colle del Gigante mancavano i sostegni naturali sui quali appoggiare i piloni che dovevano sostenere la grande campata di 5.093 metri fino a Gros Rognon, a 3541 metri di altezza. Allora i costruttori idearono un pilone sospeso, sorretto dalle due parti da un sistema di cavi di acciaio che furono fissati da un lato al Grand Flambeau e dall’altro alle pendici del Dente del Gigante.  L’apparecchiatura, che sostiene al loro passaggio i carrelli, pesa da sola diverse tonnellate e sembra di volare, senza scosse, incantati da quello spettacolo straordinario.
Per chi vorrà poi attraversare le Alpi nello stesso punto, ma facendo a meno di ammirare lo straordinario spettacolo della catena, si è perforato il Monte Bianco in persona! Lungo 11.700 metri, senza superare i 1.500 metri di altezza, il traforo guida gli automobilisti in linea retta e in meno di mezz’ora dall’Italia alla Francia e viceversa. (A. Lugli)

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Il traforo del Monte Bianco

Il traforo del Monte Bianco è la più grande galleria stradale d’Europa e attraversa il monte più alto d’Europa, alto 4810 metri. Il tunnel passa esattamente sotto il ghiacciaio di Toulà, tocca la verticale dell’Aiguille de Toule (che segna il confine tra l’Italia e la Francia; in galleria il confine è indicato da due grandi cartelli), attraversa il Ghiacciaio del Gigante, la Vallée Blanche e tocca infine la verticale dell’Aiguille du Midi, per ridiscendere sotto il ghiacciaio des Pelerins. Per la realizzazione del traforo sono state impiegate sei milioni e trecentomila ore lavorative, pari a circa ottocentomila giornate lavorative. In cantiere si sono trovati fino a seicento tra operai e tecnici. (A. Selmi)

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Guide valdostane

Essendo uomini della montagna, sono per natura schivi, rifuggono istintivamente dai clamori e dal chiasso che circondano tanto spesso i personaggi più in vista.
Sono coraggiosi e forti, profondamente buoni e generosi, sempre pronti a correre là dove qualcuno si trova in pericolo, disposti ad ogni sacrificio, fosse pure quello della vita, che del resto tanto spesso mettono a repentaglio, quando la necessità lo richieda. Ma, appena la loro presenza non è più necessaria, quando tutto è tornato normale e ogni pericolo è svanito, si eclissano silenziosamente, quasi si adombrassero dei ringraziamenti e delle lodi che si vorrebbero loro tributare.
Innamorati delle loro belle montagne, ne hanno assorbito lo spirito, rude e fiero in apparenza, nel fondo estremamente generoso, gentile e sensibile: ne è una dimostrazione evidente questa loro ritrosia, che non vuole mettere in imbarazzo nessuno, che inconsciamente vuol conservare agli atti eroici la purezza che li ha ispirati.
Tali sono le famose guide valdostane.
E anche noi, che comprendiamo ed apprezziamo la delicatezza del loro spirito, rispetteremo il loro desiderio di rimanere nel buio, accontentandoci di dire che li abbiamo ammirati tante volte, che li ammiriamo tuttora per il loro coraggio, per la loro silenziosa abnegazione, che spesso rasenta e raggiunge le vette del più sublime eroismo.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Il Parco Nazionale del Gran Paradiso

Una delle gite più interessanti che si possono fare sulle Alpi Piemontesi è quello che ha come meta il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Entriamo in un regno meraviglioso, perchè qui tutto è rimasto intatto con piante, fiori, animali, uccelli ed insetti protetti contro ogni sovversione o modifica che la mano dell’uomo vi può apportare.
Una legge apposita del governo italiano, che risale al 1922, ha stabilito pene severissime per chi intacca il patrimonio vegetale ed animale di questa zona, diventata zona di protezione o, come si suole chiamare, Parco Nazionale.
Esso comprende il massiccio del Gran Paradiso ed alcuni territori dei comuni di Ceresole Reale, di Locana, di Cogne, di Valsavara, di Ronco Canavese e di altri, compresa l’ex riserva di caccia dei Savoia. Il perimetro del Parco è segnato da cartelli indicatori.
Nell’interno è vietato qualsiasi genere di caccia e uccellagione, la pesca, il taglio di piante, le iscrizioni, i cartelloni pubblicitari e qualsiasi altra deturpazione delle bellezze naturali. E’ perfino vietato l’ingresso con cani e il campeggio.
Tutto questo a quale scopo?
Perchè sia salvo, almeno in qualche angolo del nostro stupendo arco alpino, il paesaggio naturale quale doveva apparire un tempo quassù, prima che l’uomo iniziasse con la caccia e il diboscamento la trasformazione dell’ambiente montano. Orma sia al piano che sulle valli del nostro Paese è rimasto ben poco del quadro primitivo e selvaggio di un tempo, ed ancor meno resterà con il progressivo deturpamento di ogni bellezza naturale.
Si ampliano le città al piano, sorgono stabilimenti per ogni dove, si inquinano le acque, si aprono mille strade, si disbosca in modo eccessivo, e così a poco a poco le nostre regioni assumono un volto diverso e ben lontano dal primitivo aspetto. Proprio per arrestare questo lento ma profondo mutamento, sono state istituite varie zone di protezione (parchi del Gran Paradiso, dello Stelvio, degli Abruzzi, del Circeo, …) e non in Italia soltanto, ma in ogni nazione del mondo.
Così nel Parco del Gran Paradiso si è potuto salvare lo stambecco, scomparso da tempo da ogni altro angolo delle Alpi. Lo Stambecco è una grande capra di forme tozze ma robusta, di pelame bruno, folto e ruvido, con corna nodose incurvate all’indietro, vive per lo più oltre il limite superiore della vegetazione arborea. Pascola di notte, e nell’inverno cerca grotte e terrazzi ben esposti al sole, al riparo dalle valanghe. E’ agilissimo e con destrezza di arrampica svelto svelto su cammini e canaloni. Ma nel Parco vivono molti atri animali selvatici, dentro fitte pinete, con un lussureggiante sottobosco: camosci, ermellini, volpi, donnole, marmotte, lepri bianche, faine, martore, tassi, lontre e numerosi uccelli (l’aquila reale, il gufo, il picchio, la coturnice, il fagiano di monte, il gallo cedrone, la nocciolaia, il merlo alpino e tanti e tanti altri).
Una gita a questo Parco è veramente interessante; sembra per un momento di vivere in un altro mondo, lontani dal frastuono delle città e dal rumorio solito di macchine e automobili. La natura, se rispettata, conserva questo incanto, questo arcano potere di avvicinarci alle sue meravigliose bellezze. (C. Verga)

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – Testimonianze di antiche tradizioni e folklore valdostano

Una gioiosa fiaccolata di giovani annuncia l’arrivo del nuovo anno, cantando davanti ad ogni casa. Sempre a Capodanno (la tradizione è viva in quasi tutta la Valle) i bambini, a gruppi, si recano nelle case a porgere gli auguri e sono affettuosamente accolti e ricevono piccoli doni, di solito caramelle e dolci.
Secondo una tradizione, detta del “baldzor d’an”, nella notte dell’Epifania si scrivono i nomi di tutte le fanciulle e di tutti i giovani del paese du piccole strisce di carta, che poi si mettono in due cassette: una coi nomi delle donne, una con quelli degli uomini. Un bambino estrae, alternativamente, un biglietto dall’una e dall’altra urna, formando così le coppie: e le due strisce, unite assieme, vengono poi sparse il giorno successivo sulla piazza principale del paese…
Durante il Carnevale, ancora ricco di maschere che variano secondo le località, il martedì grasso, a Châtillon, si distribuisce ai poveri una minestra di fagioli e polenta con fontina, il tutto preparato sulla piazza del paese.
La Domenica delle Palme, oltre i rami d’olivo, si fanno benedire anche mele che si ritiene preservino dal mal di gola e dal morso delle vipere.
La vigilia di San Giovanni e di San Pietro in molti paesi della Valle si accendono grandi falò (i “sidora”, fuochi di gioia).
La sera dei Morti si preparano legna ed acqua e si lascia la tavola imbandita per le anime dei defunti… Inoltre la stessa sera, ragazzi e ragazze si riuniscono in due stanze diverse e a turno bevono dalla stessa grolla (una coppa di legno): poi, quando scocca la mezzanotte, bussano ad ogni porta per ricordare che è tempo di preghiera… Se ci si dimenticasse dei morti, vuole la tradizione, si provocherebbe da parte delle anime defunte un rumoroso “tzarivari”, una specie di rumorosa sarabanda che si organizza anche in occasione delle nozze di un vedovo o vedova, servendosi di ogni oggetto che produca gran fracasso…
Durante la notte di Natale i bambini sono soliti appendere, davanti alla porta di casa o alla finestra, piccoli canestri per i doni.
Gentile è l’usanza di conservare con molta cura il cero che viene acceso durante il battesimo dei neonati: questo stesso cero viene riacceso durante le malattie del bambino per affrettarne la guarigione…
Fra i giochi infantili tradizionali, molto praticato nella Valle è il “palet”, simile a quello delle bocce, con la differenza che le bocce sono sostituite da sassi piatti.
Fra gli adulti si gioca allo “tzan” (o cian): si organizzano anche tornei tra paese e paese. Consiste nel lancio di una palla di legno, posta su una pertica, per mezzo di un’assicella (“piota”). Si gioca anche al “piollét” che consiste nel lanciare il più lontano possibile una palla ovale di bosso, appesantita da chiodi di rame e di ottone.
Ma la competizione più famosa e più caratteristica è la “battaglia delle reines” per il conferimento del titolo di “reine de reines”, regina delle regine, che si svolge ad Aosta e a Châtillon alla fine dell’estate fra i campioni bovini (reines) delle varie mandrie, che si sono conquistati il titolo di “reines” durante l’alpeggio estivo.

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – La leggenda del monte Rutor

Vi fu un tempo, assai lontano, in cui le cime e le conche del Rutor erano ricoperte di una vegetazione lussureggiante.
Un giorno un saggio, travestito da povero, andò ai pascoli del Rutor per provare il cuore del ricco proprietario, le cui uniche mucche pascolavano sparse a migliaia sull’immenso pianoro.
Quando egli si presentò, umile e supplichevole sulla soglia di casa, il padrone stava osservando i suoi servi i quali riempivano di latte un tino di straordinaria grandezza. Nessuno badò all’infelice che attendeva sulla porta.
Allorché il recipiente fu pieno, il padrone disse, brutalmente, rivolgendosi al poveretto: “Chi sei e ce cosa vuoi, tu che ci togli la luce, standotene così davanti alla mia porta?”
“Un po’ di latte per ammorbidire il mio pane, e avrete luce per l’eternità” rispose il povero.
Uno scoppio di risa interruppe le sue suppliche. Disse il ricco dal cuore di pietra: “Ah, sì? Ebbene, ascoltami: piuttosto che dare una scodella di latte a un vagabondo come te, spanderò tutto il contenuto del tino sull’erba del prato!”
Detto ciò, ordinò ai suoi servi di spandere il latte proprio sopra il prato, che si estendeva davanti alla casa.
I servi per un po’ esitarono, ma alla fine, timorosi dello sguardo infuriato del loro padrone, obbedirono. Il tino fu capovolto e il latte, sparso interamente, colò sui pendii del pianoro in ruscelletti bianchi che scesero lontano, gorgogliando.
Il riccone, intanto, guardava con aria malvagia e trionfante il povero. E questi mormorò con tristezza, osservando la prateria inondata di latte: “Guarda come biancheggiano i più lontani prati…”
Poi, alzando gli occhi in alto aggiunge: “E già arrivano le nubi…”
Il ricco montanaro guardò in alto e vide delle enormi nuvole avanzare rapidamente, simili ad una minacciosa armata. Poi la dolce luce del sole si oscurò. Quando abbassò gli occhi, il ricco si accorse che il poveretto era scomparso.
La notte seguente egli udì spesso risuonare nelle proprie orecchi le ultime parole del mago, cioè del mendicante respinto: “Guarda come biancheggiano i più lontani prati…”
Queste parole non gli davano pace. Alla fine, per sfuggire all’incubo, egli si alzò e guardò dalla finestra. Era l’alba e, lontano, i prati erano tutti bianchi. E nevicava ancora. E nevicò tutto il giorno ed ancora il giorno seguente. E venne il terzo giorno e nevicava sempre e per molto tempo la neve cadde notte e giorno.
L’uomo ricco fu sepolto sotto il bianco lenzuolo di neve, con tutti i suoi beni. E lassù la neve rimase e rimarrà per sempre, fino alla fine del mondo.
Così i bei pascoli verdeggianti dell’uomo ricco sono diventati il ghiacciaio del Rutor, che splende ancora oggi ai raggi del sole.
(J. Favre)

Dettati ortografici e materiale didattico sulla VALLE D’AOSTA – La conquista del Cervino

Quattro italiani si trovano sulla Spalla del Cervino, ai piedi dell’ultimo picco. La vetta è ormai vicina. Mancheranno sì e no duecentocinquanta metri. Siamo nel 1865, il 14 luglio, una giornata stupenda senza una nube. Il Cervino è il picco più bello delle Alpi, uno dei più belli del mondo. Poco meno di 4.500 metri. Tutte le altre vette delle Alpi sono state conquistate dall’uomo. Il Cervino non ancora. Il Cervino fa paura. Molti lo ritengono invincibile. Dà la sensazione di un gigante cattivo che non lascerà passare nessuno. Eppure l’uomo ha una voglia immensa di salire lassù. Che cosa ci sarà in cima? Che cosa si vedrà? Che difficoltà ci sono da superare? Non esistono ancora le comodità che ci saranno nel secolo ventesimo. Altro che strade asfaltate e funivie. Con la carrozza si può arrivare soltanto a Valtournanche. Per arrivare al Breuil resta una lunga camminata. E il Breuil, dove esistono poche casupole e un modesto albergo, non è neppure alla base del gigante. Per raggiungere le rocce, parecchie ore di salita. Anche i mezzi per salire le montagne sono semplicissimi e rozzi. Scarponi ferrati, corde rudimentali e, per scavare i gradini nel ghiaccio, non la piccozza ma un’ascia, come quelle che servono a tagliare la legna. E soprattutto c’è il mistero. La montagna è ancora un enigma. Eppure gli uomini avevano giurato di arrivare lassù. Quali uomini? Pochi, pochissimi ancora. In Italia, nel 1863, era nato il Club Alpino. E i fondatori, tra cui erano Quintino Sella e Felice Giordano, pensarono subito a un’impresa che facesse onore all’Italia e alla nuova associazione. Fino ad allora, sulle Alpi, erano stati gli Inglesi i più forti. L’Inghilterra, patria degli sport, era scesa alle Alpi per dimostrare la superiorità fisica e morale dei suoi campioni. Questa nobile emulazione tra Inglesi e Italiani si concentrò sul Cervino.
Il Cervino era la posta più difficile e gloriosa. L’ultimo duello fu combattuto tra due tipi formidabili, degni uno dell’altro, il cui nome è rimasto famoso. Ecco Jean-Antoine Carrel, cacciatore e guida alpina di Valtournanche, detto “il bersagliere” perché alla battaglia di San Martino si era guadagnato i galloni di sergente. Era un giovane forte e orgoglioso e con il Cervino aveva un fatto personale: il Cervino egli lo considerava casa sua. L’idea che a conquistarlo potesse essere uno straniero lo faceva impazzire. Ma il pericolo c’era.
Ecco infatti Edward Whimper, inglese colto e di raro talento artistico. Giovane di bellissimo aspetto, carattere di ferro per la tenacia addirittura testarda. A quell’epoca gli alpinisti senza guida non esistevano ancora, ma Whimper era uno che sapeva anche pagare di persona.
In un primo tempo Carrel e Whimper collaborarono. Legati alla stessa corda fecero, sul Cervino, tre tentativi. Ma quando poi si mossero i capi del Club Alpino Italiano, e Felice Giordano venne a Valtournanche per cercare di lui, Carrel lasciò il cliente inglese. Che bisognasse ricorrere a Carrel non c’erano dubbi. Nessuno, neppure tra le guide svizzere, poteva stargli al paragone. Quando Carrel si rifiutò di accompagnarlo ancora, Whimper se prese.
“Privo di Carrel ” racconta Guido Rei nel vecchio ma bellissimo libro ‘Il Monte Cervino’, “Whimper è rimasto come un generale senza esercito.
E Giordano, che sovrintende ai preparativi italiani, si illude di avere ormai partita vinta. Tanto più che la salita dal versante svizzero è giudicata da tutti impossibile. Ma ci vuol altro per abbattere Whimper. Whimper si affretta a Zermatt per cercare qualche compagno e qualche brava guida.
E’ chiaro che non c’è da perdere neppure una giornata. Il duello volge alla fine.
Carrel intanto parte. Lo accompagnano Cesar Carrel, Carlo Gorret e Jean-Joseph Maquignaz, tutti di Valtournanche. Ma l’11 e il 12 il tempo è proibitivo. Soltanto il 13 si rischiara e si può andare all’attacco.
Alle due del pomeriggio del 14 luglio Carrel e suoi sono arrivati alla “spalla”. Più avanti comincia l’ignoto. Ma on è lungo il tratto che resta da superare. La vittoria è là, su può dire, a portata di mano. Prima di sera, gli amici dal fondo valle, vedranno sventolare in vetta il tricolore? No, purtroppo non è ancora venuto il momento. I quattro sostano a riprendere fiato e a rifocillarsi. Discutono sulla via da seguire. Che cosa si dissero precisamente? Perchè cominciarono a litigare? Ancor oggi è un enigma. E probabilmente nessuno lo saprà mai. Gli animi si scaldavano, gli spiriti si inasprivano: si rimisero i sacchi in spalla, voltarono le schiene alla vetta, si avviarono giù per le rocce.
Avevano da poco fatto dietro front che si udì una voce lontana. Era una voce d’uomo. Veniva dall’alto. Si voltarono. Lassù, sulla vetta, contro il cielo azzurro due figurine agitavano la mano. Erano Whimper e la guida Croz di Zermatt, i primi due di una cordata di sette: quattro inglesi con tre guide svizzere.
Che cosa passò in quel momento nell’animo del grande Carrel? Si pentì di aver ceduto a un momento di debolezza, oppure pensò che tutto fosse dovuto alla fatalità? Carrel fu tentato di fare per la seconda volta dietro front e di ritornare all’attacco, per arrivare anche lui in vetta, nello stesso giorno di Whimper. Ma i compagni non erano più in condizioni di seguirlo. Ora amarissima, colma di umiliazione e nello stesso tempo commovente. Tanti anni di speranze, di attesa, di fatiche, di sacrifici buttati via. L’orgoglio della valle umiliato. Giordano e i capi del Club Alpino amaramente delusi. Con che faccia Carrel avrebbe avuto il coraggio di ripresentarsi in paese? Ancor più cruda fu la delusione di Giordano. Ancora più rabbiosa fu la volontà di salvare almeno l’onore e di scalare al più presto il Cervino dal versante italiano. Ciò che riuscì infatti a fare, da par suo, Carrel, tre giorni dopo con l’abate Amè Gorret, Jean-Augustin Meinet e Jean-Baptiste Bich, servitori di un albergo. E la nostra bandiera sventolò tra le folate di nebbia, accanto a quella britannica. Ma né Giordano in fondo valle né Carrel sulla vetta sapevano che cosa era successo. A Zermatt, invece che le musiche del trionfo c’era il tetro silenzio della morte.
Whimper e i sei compagni, che erano il reverendo Hudson, il diciannovenne Hadow, il giovane lord Douglas (tre inglesi a cui Whimper si era aggregato perchè disponevano di guide), la guida Michele Croz di Zermatt, le guide Petter Tanguralder e il figlio, erano sulla via della discesa da appena un’ora quando il signor Hadow scivolò. Erano tutti legati da un’unica corda, ciò che oggi, soprattutto in roccia, sarebbe giudicato pazzesco. Croz, che precedeva, cercò di sorreggere l’inglese ma ne restò travolto. I due precipitarono. La corda si tese violentemente. Lo strappo divelse Hudson dalle rocce. A sua volta il giovane lord Douglas fu trascinato giù dall’urto. Al di sopra, le guide Tanguralder padre e figlio, con Whimper, si puntarono alla rupe con tutte le forze. La violenza del colpo dovette essere tremenda. Come i tre scalatori potevano trattenere quattro corpi che piombavano giù nella voragine? La corda si spezzò. I quattro precipitarono, sfracellandosi di roccia in roccia. E nessuno ne udì le ultime voci. Così il gigante sconfitto si vendicava atrocemente. E un tragico sudario parve avvolgere il picco, rendendolo ancora più celebre e più temuto.
(D. Buzzati)

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