Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane

Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane: una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per la scuola d’infanzia e primaria.

Stornello
Fior di frumento!
Sussurrano le spighe sotto il vento:
“Un chiccolin di grano ne dà cento!”

Semina
Getta i semi nella terra il contadino,
poi si riposa e guarda tutto intorno;
guarda il campo, la casa e il mulino,
pensa che i semi saran pane un giorno. (C. Del Soldato)

Le stelline del bosco
C’era nel bosco un seme piccolino
come nera capocchia di spillino.
A poco a poco ne sbocciò una pianta
che nel maggio si ornava tutta quanta
di vaghi fiori bianchi come stelle,
con corolle delicate e belle.
Ogni fiore più tardi fece frutto
che si riempì di semi tutto tutto.
Poi venne frate vento e li strappò,
tutt’intorno li sparse e sotterrò.
E’, frate vento, un buon seminatore
che i semi porta via d’ogni colore;
li sparpaglia peri campi e le colline,
perfin sopra le mura e le rovine.
Indovinate quel che avvenne poi?
Ditelo, bimbi, indovinate voi! (A. Cuman Pertile)

Al campo
Su, coi fecondi raggi novelli,
al campo, al campo, cari fratelli!
Al campo, al campo. Dio benedica
del campagnolo l’umile fatica.
Dolce il lavoro, quando in bel giorno
tutto il creato ci arride intorno;
e sotto il piede ci odora il fiore
che ignoto vive, che ignoto muore. (G. Carducci)

La semina
Semina un uomo ove passò il bifolco
con la forza dei tori: il seme splende
e in pioggia d’oro scende
fra l’ombra delle bianche nubi e i voli.
Tempo verrà che i dolci rosignoli
canteranno fra i verdi lauri e i mirti,
e nei solchi, sugli irti
steli, la spuga granirà feconda. (G. Pascoli)

La semina
Cadon le foglie;
e tristi i grilli piangono l’estate.
L’altra notte non chiusi occhio tanto era
quel grido! “Seminate! Seminate!”
credei sentire…
O Dio, fa che non invano
nei rudi solchi quella gente in riga
semini il pane suo quotidiano. (G. Pascoli)

Seminagione
Chi ha seminato, in pace
riposa. Anche il solco, col seme
che nel grembo si preme,
in grande quiete ora giace.
Ora Dio radunerà i venti
dalle grotte lontane
per spingere nubi sul pane
ch’è dentro le sementi.
Così dall’umano lavoro,
con la pioggia del cielo e la luce
del sole, Iddio produce
il sano pane d’oro. (Giuseppe Porto)

L’aratro
Io solco la terra che dorme;
la desto dal greve riposo,
e suscito i succhi e gli umori
che danno, alle zolle, i colori
rossicci e ferrigni del saio.
E va la mia punta lucente
fra steli e germogli appassiti,
tra larve minute ed insetti,
tra foglie marcite e bruchetti. (Edvige Pesce Gorini)

La semenza
Nella terra il bove traccia
con l’aratro il dritto solco;
con la forza delle braccia
sparge il seme il buon bifolco. (V. Brocchi)

La novellina del grano
Un giorno un chiccolino
giocava a nascondino;
nessuno lo cercò
ed ei s’addormentò.
Dormì sotto la neve
un sonno lugno e greve;
alfine si destò
e pianta diventò,
La pianta era sottile,
flessibile, gentile,
la spiga mise fuor
d’un esile color.
Il sole la baciava,
il vento la cullava:
di chicchi allor s’empì
pel pane di ogni dì. (A. Cuman Pertile)

Il grano
Suda suda il contadino:
il frumento è già grandino.
Viene maggio:
è verdolino;
viene giugno:
è giallo giallo.
Ecco il vento: si diverte
con le spighe un poco aperte. (L. Galli)

Grano

Sepolto da provvida mano
dormivi nel solco celato,
oh piccolo chicco di grano,
nel sen della terra adagiato:
la culla era calda, sicura,
vegliava su te la natura.
Sui campi deserti, silenti,
un umido velo discese,
poi freddi soffiarono i venti;
ma i solchi dal gelo difese
la neve, e coi bianchi mantelli
te, chicco, protesse, e i fratelli.
Ma giunse coi dolci tepori
di marzo il benefico sgelo.
Dal molle terriccio uscì fuori
un verde, esilissimo stelo:
al sole di marzo così
il piccolo chicco fiorì.
E crebbe, e la fragile spiga
fu colma del nuovo tesoro
che premia l’umana fatica:
i solchi rifulsero d’oro.
Al sole, cantando, i coloni
raccolsero i biondi covoni. (I. Alliaud)

Chiccolino
Chiccolino, dove stai?
Sotto terra, non lo sai?
E là sotto non fai nulla?
Dormo dentro la mia culla.
Dormi sempre? Ma perchè?
Voglio crescer come te.
E se tanto crescerai
Chiccolino, che farai?
Una spiga metterò,
tanti chicchi ti darò. (A. Cuman Pertile)

La spiga
Eri un chicco di frumento
chiuso in grembo alla campagna.
Ora al vento,
ora all’acqua che ti bagna
pieghi umile
il tuo lungo stel sottile,
le tue reste delicate.
Brillerai d’oro vestita,
bionda figlia dell’estate,
quando al cielo il canto sale
delle tremule cicale. (M. Castoldi)

Il pane
S’io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
così grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumato
come le viole.
Un pane così
verrebbero a mangiarlo…
…i poveri, i bambini,
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data
da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia. (G. Rodari)

Il pane
Il pane ha un sapore
che il sole ricorda, e la spica
dal biondo colore.
Conosce l’umana fatica
quel pane dorato
che trovi sul desco ogni giorno,
che a volte hai spezzato
ancora fragrante di forno.
E’ sempre gustoso,
condito di gioia e di pene.
E’ un dono prezioso,
la prova che ci si vuol bene. (M. Castoldi)

Il nostro pane
Ricordi quel grano nel solco,
quel grano piccino così,
caduto di mano al bifolco
(che inverno!) e di gel non morì?
Ricordi quel piccolo stelo
d’un verde lucente, che in campo
tremava d’un tuono, d’un lampo,
fidando soltanto nel cielo?
Ricordi la spiga ancor molle
piegata sul gambo cresciuto?
Il giorno, bambino, è venuto
che l’uomo la tolga alle zolle.
Di giugno si miete. Ciascuno
raccolga nel campo perchè,
un poco più bianco o più bruno,
ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)

Il pane
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio.
Così dorato, così croccatne,
sei uscito da mani sante.
Sei sbocciato come un fiore
dalla gioia e dal dolore,
dalla terra lavorata,
dal sudore che l’ha bagnata.
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio. (R. Pezzani)

Il pane
Un pane grande, caldo, rotondo,
luminoso come il sole
da spartire a chi ne vuole,
un pane grande, più grande del mondo.
Che ce ne sia per vecchi e bambini
e per i poveri nostri vicini. (R. Pezzani)

Il pane

Nella terra il bove traccia
con l’aratro il dritto solco;
con la forza delle braccia
sparge il seme il pio bifolco.
Spiga già la messe al vento
ondeggiando tutta d’oro;
ogni chicco di frumento
si trasforma in un tesoro.
Il mulin, rombando, il grano
frange in candida farina;
il fornaio la raffina,
staccia, intride a mano a mano;
cuoce poi nel forno ardente
gli odorosi bianchi pani
e li porge alle tue mani,
o mio piccolo ridente.
Bambini, per noi
l’aratro, il molino
il buon contadino
lavorano, e i buoi.  (V. Brocchi)

Il pane
Laggiù in mezzo al campo bruno,
sotto un cielo basso, aggrondato,
un piccolo uomo inginocchiato
si curva tutto sul solco oscuro,
a guardare, ad ascoltare,
a parlare a qualcosa, che non si sa.
Pare un prete sull’altare
quando comunica col Signore;
ed p un poveretto seminatore
che si gode d’accarezzare
la sua terra di pena e d’amore
e tra le zolle dure spiare
il suo grano che cosa fa. (D. Valeri)

Il forno
Il forno è aperto: dalla nera volta
e dai larghi mattoni dello spiazzo,
un odore di cenere si spande.
S’accende il fuoco e dai sarmenti secchi
e dai fasci di lucida ginestra
creste di fiamme salgono cricchiando.
Oscillano a raggiera bianche e rosse,
come gigli infiammati. Poi di giallo
si colorano tutte e d’arancione.
Un luccichio rosato
invade la fuliggine indurita;
una vampa di porpora colora
i mattoni porosi; un’ampia brace
fa corona alle fiamme che, guizzando,
lambiscono la volta, diventata
bianca, d’un bianco di calcina secca.
Qualche fuscello si contorce ancora
Tra la brace ammucchiata e spinta in giro
da verdi fascinelle di sambuco.
Il forno è pronto: candido, infuocato;
entrano in fila, le pagnotte bianche
segnate dalla croce ad una ad una. (Edvige Pesce Gorini)

Il pane
Il pane ha un sapore
che il sole ricorda, e la spiga
dal biondo colore.
Conosce l’umana fatica
quel pane dorato
che trovi sul desco ogni giorno,
che a volte hai spezzato
ancora fragrante di forno.
E’ sempre gustoso,
condito di gioie e di pene.
E’ un dono prezioso,
la prova che Dio ci vuol bene. (Maggiorina Castoldi)

Il forno abbandonato
C’è una cupola maliziosa
in disparte presso la casa,
che alla porta guarda curiosa.
L’apertura è una bocca nera
che al mattino s’empie d’aurora
che al tramonto beve la sera.
Sempre aperto rimane il forno:
entrano polvere, acqua ed aria;
tutto quanto capita il giorno.
S’entra il vento diventa fioco,
s’entra un seme germoglia bianco;
ed il forno sospira: “Fuoco!”
E vorrebbe tante fiammelle
rosse, gialle, multicolori,
di crepitanti fascinelle!
Ma è sempre vuoto, sempre spento;
il buon pane non entra mai;
entrano l’aria, l’acqua e il vento! (Edvige Pesce Gorini)

L’ora del pane
Sorprendono le campane
l’ultima stella accesa.
Sa d’incenso la chiesa
l’alba è l’ora del pane.
Chi comincia il suo giorno
e nel ciel non dispera
sente nella preghiera
l’odor buono del forno.
Sente che la promessa
chiusa nell’orazione
si farà nella Messa
pane di comunione:
pan di lievito, fresco
nella madia e sul desco. (R. Pezzani)

Terra e pane
Appoggiato al suo aratro
in mezzo al solco bruno
della terra rimossa,
il vecchio contadino
mangia un pezzo di pane.
Pane solo, raffermo
che lentamente affetta
e mastica pacato.
Intorno è il vasto campo
che il vomero ha segnato
di ferite profonde…
e l’uomo antico è solo;
mangia e guarda la terra,
e assapora il pane
il gusto misterioso
del suo grembo infinito. (G. Di Leo Catalano)

 Mietitura

O San Giovanni della mietitura,
apri le porte d’oro; è tempo ormai.
La falce è in filo e la messe è matura;
apri le porte d’oro ai  tuoi granai,
o San Giovanni della mietitura.
Eccoli i mietitori. Hanno percorso
le vie bianche di sole a schiere a schiere.
A ognun la falce rilucea sul dorso
come un tempo la daga al cavaliere.
Domani questa messe ampia cadrà. (P. Mastri)

Si miete

Ricordi quel grano nel solco,
quel giorno, piccino così,
caduto di mano al bifolco
(che inverno!) e di gel non mori?
Ricordi quel piccolo stelo
d’un verde lucente, che in campo
tremava d’un tuono, d’un lampo,
fidando soltanto nel cielo?
Ricordi la spiga ancor molle,
piegata sul campo cresciuto?
Il giorno, bambino, è venuto
che l’uomo la tolga alle zolle.
Di giugno si miete. Ciascuno
raccolga nel campo, perchè
un poco più bianco o più bruno,
ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)

La mietitura

Già si mieteva, e già la trebbiatrice,
appiattatta tra i meli alla pianura,
martellava con l’eco la pendice,
ed era il polso della mietitura.
Gianni sognava l’aia, i miti buoi,
l’aspro tribbio che stritola i mannelli
e scivola e trabalza; e a sera, poi,
la loppa al vento e in cumulo i granelli. (N. Venieri)

Trebbiatura

Meriggio. La macchina trebbia
ansando con rombo profondo.
Il grano, rigagnolo biondo,
giù scorre. Nell’aria è una nebbia
sottile. Sogguarda per l’aia
il nonno, con faccia rubizza.
Nell’aria una rondine guizza
radendo la bassa grondaia.
E intanto, che ressa sul ponte
tra i mucchi di spighe e di paglia,
col sole negli occhi che abbaglia,
col sole che infuoca ogni fronte!
Le donne di rosse pezzuole
avvolgono le trecce sudanti.
Non s’odon nè risa nè canti.
Ma il nonno: “Su, allegre, figliole!” (E. Panzacchi)

I covoni

Sui campi disteso
al sole ed al vento
non ondula più
il biondo frumento.
Or tacite stanno
qua e là grandi spighe;
ai piedi vi accorrono
le industri formiche.
Che ricca cuccagna!
Si carican, vanno.
Che importa se pesa,
se grave è l’affanno?
Il lungo corteo
così laborioso
c’insegna che il grano
è un dono prezioso. (G. Consolaro)

La falce

Falce, sei bella,
quando, nell’ore
calde di giugno
splendi nel pugno
del mietitore.
Prona la terra
ride col sole
in un sonoro
fremito d’oro.
L’uomo l’afferra,
per sè la vuole:
e con la manca
gli steli abbranca
d’oro, siccome
ciuffi di chiome;
con l’altra mano
te vibra. E’ un lampo
che fende il grano
da campo a campo
che guizza e va. (P. Mastri)

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Di Maria Marino

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