Poesie e filastrocche: La grammatica

Poesie e filastrocche: La grammatica. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Verbi ausiliari
Il verbo avere andò pavoneggiandosi:
“Io ho, ho avuto ed ebbi e avrò
e nulla al mio confronto è il verbo essere…”
Questi tacque e più saldo in sè poggiò.
Quando saliron dell’Eterno al trono
“E’ il nome mio” disse il Signore “Io sono”. (L: Schwarz)

 

Le qualità
Verde verde, l’erba lungo il ruscello
folto folto, il salice nel giardino
liscia liscia, la canna del bambù
bianca bianca, la colomba sul davanzale
snella snella, la biscia sul prato
nera nera, la notte che viene
tutto tutto, ha la sua qualità.

 

Filastrocca corta e matta
Filastrocca corta corta,
il porto vuole sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice: “Mio figlio è il mulino;
la mela dice: “Mio nonno è il melone;
il matto vuole essere un mattone;
e  sapete cosa vuole il più matto della terra?
Vuole fare la guerra. (G. Rodari)

 

(in costruzione)

 

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Recite per bambini – Grammatica in rima

Recite per bambini – Grammatica in rima. Vengono presentati, in rima, nome, articolo, aggettivo, verbo, avverbio, pronome, congiunzione, preposizione, interiezione, per l’analisi grammaticale; proposizione, soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, per l’analisi logica. Il testo si presta ad essere drammatizzato, o anche possono essere usate come filastrocche le varie parti, per rendere più divertente l’approccio all’analisi grammaticale.

Nel teatrino illuminato, il sipario già s’è alzato.
Or vedrai venire fuori, sulla scena nove attori.
Del Discorso son le Parti, che mi piace di mostrarti.
Ecco il NOME, il buon curato, che battezza ogni neonato.
Gli è accanto un chirichetto, che l’ARTICOLO vien detto.
Gli si pone ora vicino l’AGGETTIVO, un arlecchino.
Entra un paggio vellutato, che PRONOME è nominato.
Ecco il VERBO, il gran regnante, del discorso il più importante.
Queste parti presentate, son VARIABILI chiamate.
Altre quatto ora verranno, e INVARIABILI saranno.
Entra prima quel donnone di comar PREPOSIZIONE.
Poi l’AVVERBIO, passo a passo, sempre uguale, grasso e basso.
CONGIUNZIONE è una damina seria e niente chiacchierina.
Viene infin col suo bastone quella vecchia INTERIEZIONE.
Nove parti e non di più e il sipario scende giù.
“Bello, bello! Bene, bene!” gridan tutti a voci piene.
“Bravo, bravo! Per piacere, ce li fate rivedere?

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Il nome

Ogni cosa che vediamo, con un NOME la chiamiamo.
Le persone, gli animali, e le piante e i minerali.

Città, fiumi, monti, stati, son dai nomi nominati.
Molti nomi conosciamo, or tanti altri ne impariamo.
E nei lor significati, ti saranno ben spiegati.
Chè conoscere per bene, ogni cosa ti conviene.
E’ pertanto necessario, proprio un buon vocabolario.
Dove i nomi son segnati, con i lor significati.

Con la nascita si pone, NOME PROPRIO alle persone
e di nomi ne son tanti, quanti son le sante e i santi
Carlo, Marta, Anna, Maria, Pietro, Alberto, Ida, Lucia
le città e i monti e i mari, nomi propri son del pari
se tu guardi la cartina, già ne trovi una ventina
Roma, Napoli, Torino, Alpi, Tevere, Appennino
nome proprio è Italia mia, il più bello che ci sia!

Gabbia, uccello, sedia, pruni, questi NOMI son COMUNI
sono i nomi delle cose quasi sempre numerose
sono nomi di animali, fiori, piante, minerali
chè le cose, belle o brutte, certo un nome l’hanno tutte
ecco i nomi tra i più belli, mamma, babbo, zio, fratelli
sono brutti per davvero fame, guerra, cimitero
“Io fra i brutti” dice Lola “metto libro, studio, scuola
e tra i belli passeggiata, giochi, feste e cioccolata!”

Ora I GENERI ti canto, che son due e due soltanto
Uno è il genere maschile, l’altro è quello femminile
son maschili i nomi Gino, babbo, figlio, soldo, lino
femminili son Teresa, mamma, scuola, nonna, chiesa
faccio un gioco, dal maschile volgo i nomi al femminile
da cavallo, zio, padre, vien cavalla, zia e madre
e dall’oste vien l’ostessa, da dottore dottoressa
vien dal re la sua regina e dal gallo la gallina
ecco l’albero è maschile, ma il suo frutto è femminile
melo e pero se piantiamo, mela e pera poi mangiamo
ed il pesco dà la pesca vettutata buona e fresca.

Anche i NUMERI son due, come i corni d’un bel bue
il plurale e il singolare che dovrai ora imparare
ma se un poco stai attento, tu li impari in un momento
sono nomi al singolare in soldato, un libro, um mare
ma due libri, tre soldati, al plurale son passati
singolare sono orgoglio, ago, pesca, amico, foglio
al plurale fanno orgogli, aghi, pesche, amici, fogli
“Ecco qui” dice Giorgetto “singolare è un solo oggetto
se gli oggetti sono in più, il plurale spunta su!
Una pera, quattro pere, la bandiera, le bandiere
L’ho capito e con giudizio, ora faccio l’esercizio.

Pur essendo al singolare, qualche nome può indicare
molti oggetti, la riunione di animali o di persone
come popolo, pollaio, gregge, classe, formicaio
come folla, battaglione, schiera, esercito, legione
ora i nomi qui segnati, COLLETTIVI son chiamati
“Collettivi” dice Andrea “Son comizio ed assemblea
dove sono radunati furbi, sciocchi e sfaccendati”.

Bue, aratro, casa, abeti, questi nomi son CONCRETI
di materia son formati, son veduti, son toccati
é concreto il nome giglio, come stella, come figlio
se le cose le vedere, dite pur che son concrete
ma l’onore è nome ASTRATTO, di materia non è fatto
che esso esista ci si crede, ma con l’occhio non si vede
così pure la costanza non ha forma nè sostanza
nomi astratti son pietà, gloria, astuzia ed onestà
or distinguere saprete, cose astratte da concrete
Carlo, tu, sempre distratto, l’hai capito il nome astratto?
Dice Carlo un poco offeso “Credo sì di aver compreso
ciarle e sogni sono astratti e concreti sono i fatti
chè le chiacchiere col vento se ne vanno in un momento
solo i fatti, brutti o lieti, solo i fatti son concreti
sicchè dicono anche  i matti ‘Meno chiacchiere e più fatti’ “

Vanno i nomi ora spiegati, PRIMITIVI e DERIVATI
ecco, prendo il nome ulivo, questo nome è primitivo
ma uliveto è derivato, dall’ulivo è generato
e da giorno vien giornale, e da tempo temporale
da campana campanile, e da cane vien canile
“L’ho capito, l’ho capito!” tutto allegro esclama Tito
“Primitivo rassomiglia proprio a un padre di famiglia
sono i figli derivati, che han del padre i connotati
ecco il nome legno io piglio, questo padre ha più di un figlio
ha legnaia ed ha legname, legnaiolo e falegname
questi quattro detivati son dal legno ricavati”
“Ma non va dimenticata” dice Carlo “la legnata!”

Per far crescere gli animali, come pure i vegetali
certo occorrono degli anni, se non giungono malanni
ora qui, col mio talento, cresceranno in un momento
siano cose che persone, con l’aggiunta sol di un ONE
non ci credi? Vieni qua, or la prova ti si dà
prendi un gatto, aggiungi un ONE, ed ottieni un bel gattone
e da un libro hai un librone e da zucca uno zuccone
ora alcuni sentirai che son falsi e riderai
da una botte hai un bottone, poi da un monte un bel montone
dice Giorgio, quel ghiottone, “Da una torre avrò un torrone?”

No, non piace il mio arrivo, perchè son DISPREGIATIVO
sì, mi piace disprezzare, ho il poter di peggiorare
vuoi sapere come faccio? ecco, aggiungo ai nomi un accio
quando l’ho così conciato, vien da tutti disprezzato
di una carta fo cartaccia, di una casa fo casaccia
ma non credo ti dispiaccia, se di foca fai focaccia
“Certamente non dispiace” dice Anna “anzi mi piace
ma vorrei che fosse vera la focaccia e bella intera
mentre questa qui segnata sol di chiacchiera è impastata
che volete che io ne faccia, d’una simile focaccia?”

Ecco un altro gran portento! Io ti posso in un momento
ogni cosa impicciolire, ogni oggetto ingentilire
non con l’ascia o lo scalpello, ma con ino, un etto, un ello
quando al gatto attacco un ino, lo riduco a un bel gattino
se al mio libro aggiungo un etto, io ne faccio un bel libretto
a campana metto un ello, e poi suono il campanello
ci son poi diminuitivi che son falsi, son cattivi
senti questi e non m’inganno, il tuo riso desteranno
ho una pulce aggiungo un  ino, cosa ottengo? Un bel pulcino
E da un tacco? Un buon tacchino. E da un mulo? Hai un mulino.
“Matto” infine dice Nello “Matto è un nome pazzerello.
Se l’accresci con un one, hai che cosa? Un buon mattone.
Lo riduci con un ino e ne ottieni un bel mattino!”

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Gli articoli

Oh, gli ARTICOLI, le belle, operose particelle
quando ai nomi le premetti sono come i chirichetti
ed i nomi accompagnati meglio son determinati
Vuoi vederli? Eccoli qua: singolare il lo e la
ve ne sono poi altri tre, pel plurale: i, gli e le
scrivi qunque il professore, la fontana, lo scultore
e al plurale i professori, le fontane, gli scultori
ecco qua sei scolaretti pronti a fare i chirichetti
per poter un po’ giocare e gli articoli imparare
or cantate intorno a me: il, lo, la, i, gli, le.

La è articolo gentile, per il nome femminile
e non sbagliare non puoi mai, altro articolo non hai
che a tal genere conviene, perciò LA va sempre bene
metti LE poi al plurale, la cicala le cicale
per maschili hai IL e LO, ora di essi ti dirò
qual dovrai adoperare, senza tema di sbagliare
quando il nome ha l’iniziale ESSE impura o una vocale
o se ZETA ci vedrai, sempre LO tu metterai
per esempio lo zampino, l’orologio, lo stanzino
al plurale gli zampini, gli orologi, gli stanzini
se poi vedi l’iniziale consonante e non vocale
metti un IL bello e pulito, ed il nome è ben servito
così scrivi il canarino, il pavone ed il tacchino
al plurale i canarini, i pavoni ed i tacchini
se lo zero non dirai, certamente zero avrai
dice Andrea: “Voglio provare che li so adoperare
l’ortolano, lo studente, lo scolaro ed il serpente
poi lo zucchero e lo spillo, il leone e il coccodrillo
poi lo zio ed ho finito, vedi ben che l’ho capito”.

Altri articoli son questi, ma più semplici e modesti
UN ed UNO son maschili, UNA è sol pel femminile
tre soltanto, meno male, e neppure hanno il plurale
or li adopero: uno sciocco, una stella ed un balocco
“Un balocco!” esclama Puccio “Quale quale, un cavalluccio?
Uno schioppo? Un organino? Un pallone? Un bel teatrino?
Preferisco una trombetta e una bella bicicletta”
“Io vorrei, dice Giancarla “una bambola che parla”

L’aggettivo

L’AGGETTIVO è un arlecchino rosso, verde, blu, turchino
esso al nome sempre dà una qualche qualità
certo il nome non modifica, sol gli dona una qualifica
se ti dicono educato, sei così qualificato
babbo è serio ed operoso, bello è il giglio ed odoroso
quei monelli son cattivi, guarda un po’ quanti aggettivi
se per poco ti ci provi, Piero quanti tu ne trovi
del maestro quali sono gli aggettivi? Bravo, buono
della scuola di’ qualcosa, ora allegra ora noiosa.

L’aggettivo che qualifica, può subir qualche modifica
che di GRADO può passare come fosse un militare
primo grado è il positivo: buono, bello, aspro, cattivo
questi esprimon solamente qualità semplicemente
senza forme accrescitive e neppur diminuitive
dice Arturo: “Ecco aggettivi tra i migliori positivi
forte, svelto, laborioso, giusto, onesto, generoso”
“Ed aggiungo” dice Ornella “buona, brava, saggia e bella”.

Altro grado d’aggettivo detto è poi COMPARATIVO
perchè fa comparazione sia tra cose che persone
primo è quel di MAGGIORANZA: sei più brava di Costanza
poi c’è quel di MINORANZA: sei meno altra di Speranza
d’UGUAGLIANZA infin ti dico: sei alto tanto quanto Enrico
così buona come Gemma, tanto vispa quanto Emma
Se hai capito ora mi scrivi questi tre comparativi?
ed io scrivo: “Io sì, di Checco son più alto, son più secco
ma in compenso son di Rocco meno grullo e meno sciocco
poi son tanto birichino, quanto Mario e quanto Gino
così ho fatto maggioranza, minoranza ed uguaglianza”.

Or passiamo al grado altissimo, come dir generalissimo
ecco qui il SUPERLATIVO, che è assoluto e relativo
l’ASSOLUTO è facilissimo, basta aggiunger solo un issimo
da una cara vien carissima, da una bella vien bellissima
l’altro poi superlativo, quello detto relativo
io lo formo in un baleno, premettendo il più o il meno
così dico il più curioso, il meno alto, il più noioso
dice Mimmo, un frugolino, della classe il più piccino
“Sulla sedia faccio un salto, e di tutti son più alto
ora tutti vi sorpasso e vi guardo d’alto in basso!”
Quanti grandi che tu vedi, han la sedia sotto i piedi.

POSSESSIVI, da possesso, son di corsa giunti adesso
stai attento, io te li mostro: mio tuo suo e nostro e vostro
poi c’è loro e niente più, su ripetili ora tu
tutti questi son maschili, ci son poi i femminili
e ciascuno, è naturale, è fornito di plurale
nello scritto che farai,  tutti tu li segnerai
ma un esempio è ben ch’io dica, per ridurti la fatica
il mio libro, i miei strumenti, la mia zia, le mie parenti
la nostra arte, i nostri cuori, le nostre ansie, i vostri errori
poi c’è loro, ch’è invariabile, così dico il loro stabile
come dico i loro figli, le loro armi, i loro artigli.
Dice Luca assai mordace: “Possessivo, sì mi piace!
La mia casa che non ho, i tuoi campi non li so
i miei libri li ho prestati e nessun me li ha ridati
e così da possessivi, son passati donativi.

Salutiamo i nuovi arrivi, gli aggettivi INDICATIVI
Ora di essi io fo appello: questo c’è, codesto e quello
ci son pure stesso e tale, e medesimo, altro, quale
questa è cosa accanto a me, e codesta accanto a te
quella cosa in verità, da noi due lontana sta.

Ora giungono graditi gli aggettivi INDEFINITI
essi esprimono si sa, una incerta qualità
e per questo son chiamati altresì indeterminati
poco, tanto, altro, ciascuno, molto troppo ogni nessuno
qualche alcuno tutto alquanto, e parecchio ed altettanto
ce ne son degli altri ancora, ma fermiamoci per ora.

Nella scuola quanti siamo? Per saperlo ci contiamo
un due tre… sei sette otto…, diciassette poi diciotto
due alunni sono assenti, in totale siamo venti
ecco i numeri segnati, aggettivi son chiamati
AGGETTIVI NUMERALI ed aggiungi CARDINALI.

Ordinato è il buon Lindoro, nelle cose e nel lavoro
un alunno sì ordinato, studia meglio ed è lodato
la sorella sua Simona, è il disordine in persona
e il disordine bel bello, passa pure al suo cervello
le famiglie e scuole e stati, voglion essere ordinati
or per l’ordine io prescrivo l’AGGETTIVO ORDINATIVO
Claudio è il primo della fila, tiene in mano lui la pila
il secondo è poi Pierino, Carlo il terzo, quarto Gino
Leo il quinto e poi Ernesto, se non sbaglio, è proprio sesto
ma chi è l’ultimo lo so, quel simpatico Totò
ora i bimbi qui chiamati, sono tutti già ordinati
ecco dunque gli aggettivi numerali ordinativi
scatta e dice ora Totò “Che son ultimo lo so
tu però nell’ordinare, puoi dall’ultimo iniziare
ecco allora in un momento, io primissimo divento”

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La preposizione

Viene adesso quel donnone, di comar PREPOSIZIONE
è una brava mercantessa, invariabile pur essa
quando è semplice ci porta, regalucci nella sporta
sono nove parolin: di a da con su per in
fra e tra e nulla più, contentarsi è gran virtù
or vogliamo adoperare, i regali di comare
cuor di mamma, per la via, vien da casa, con la zia
in silenzio, ho da parlare, vado a letto a riposare
ma quest’A, stai ben attento, non ha l’ACCA nè l’accento.

Ma purtroppo quando ha voglia, la comare poi ci imbroglia
non per niente ho detto ch’essa, è una brava mercantessa
le sue piccole parole, han paura a stare sole
così spesso le trovate, agli articoli abbinate
di con la ci danno della, in e la producon nella
a con lo compongon allo, da con lo ci forma dallo
comprendete come questi, son dei veri e propri innesti
matrimoni belli e buoni, che ci dan preposizioni
quelle dette ARTICOLATE, che van tutte ben studiate.

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L’interiezione

Son la vecchia col bastone e mi chiamo INTERIEZIONE
io pel mondo giro e giro, or sorridi ed or sospiro
tra le gioie e il pianto io vivo, porto il punto esclamativo!
con un’ACCA sempre addosso grido, esclamo più che posso
oh che perdita! ah che gioia! ahi mi dolgo! uffa che noia!
deh mi salvi! ahimè mi pento! Ih che fetta! Ohibò che sento!

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La congiunzione

Ma chi batte al mio portone? Ecco vien la CONGIUNZIONE
favorisci, signorina, ti aspettavo stamattina
entra, mettiti a sedere, cosa porti, fai vedere
già, tu porti quegli anelli, per congiunger questi con quelli
son carini, belli assai, signorina me ne dai?
t’assicuro, non abuso, piglio quelli più nell’uso
scelgo un’ E, poi scelgo un O, un eppure ed un perciò
prendo un quindi ed un perchè, ed infine un dunque e un che
grazie grazie, starò attento, che quest’E non porta accento
e che un O se congiunzione, non ha l’ACCA sul groppone
ora un’E mettiamo in prova: pane e burro, frutta e uova
oh che buona colazione, per la bella congiunzione.

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Il pronome

Se il maestro è un giorno assente, vi fa scuola il buon supplente
nel discorso pure il nome, ha il supplente ed è il PRONOME
quando il nome scomparisce, il pronome lo supplisce
e si dice che il pronome, fa le veci ognor del nome
come un paggio, in tutte l’ore, è al servizio del signore
ore del nome, state attenti, vi dirò tutti i supplenti
vi dirò tutti i pronomi, che le veci fan dei nomi.

I PRONOMI PERSONALI certo sono i principali
hanno infatti la missione di supplire le persone
essi vengono studiati in tre gruppi separati
son divisi in tre persone per non fare confusione
son di prima l’io e il noi, di seconda il tu e il voi
son di terza gli e coloro, lui e lei, ed essi e loro
e si aggiungono altresì lo, la, le e gli li
che pronomi sono anch’essi, quando a un verbo sono premessi
per esempio io lo richiamo, tu le scrivi, noi gli diamo.

Ci son certe PARTICELLE che ci paiono gemelle
piccoline, quasi uguali, dette son PRONOMINALI
te le mosto, eccole qui, sono mi ti si ci vi
e poi me te se ce ve, con l’aggiunta pur di un ne
or le adopero: mi piace, ti saluto, mi dispiace
vieni a me, io corro a te, tu ne parli, pensa a sè.

Or vedete qui riuniti i PRONOMI INDEFINITI
hanno questi la missione d’indicar cose e persone
in maniera imprecisata, vaga ed indeterminata
essi sono: altri ciascuno, niente chiunque qualcheduno
chicchessia e nulla e tanto, e nessuno e tutti e alquanto
bada, veh, che son pronomi, se non hanno accanto i nomi
altrimenti tu li scrivi, come sai , tra gli aggettivi
“Il pronome” dice Arturo, ” è un supplente un poco oscuro
par che faccia il doppio gioco, che agli onesti piace poco
ci vorrebbe un distintivo, pel pronome e l’aggettivo.

Senti un po’, senti una cosa, veramente assai curiosa
tu ricordi gli aggettivi, quelli detti INDICATIVI?
essi possono mutare, e PRONOMI diventare
a spiegarlo si fa presto, ecco qua prendiamo questo
se c’è un nome a lui vicino, per esempio questo tino
questo allora è un aggettivo, propriamente indicativo
Ma se dico solamente “questo è cotto” e poi più niente
senza dir che cosa è cotto, se l’arrosto o se il risotto
questo allora tu lo scrivi, tra i pronomi indicativi
perchè qui fa da supplente, ad un qualche nome assente
altri esempi vorrei quelli, questa è buona, quei son belli
anche ciò va poi aggiunto, e con ciò io faccio il punto.

Dei pronomi pel finale, or presento che e il quale
posso aggiungere altresì, anche cui ed anche chi
questi quattro ultimi arrivi, sono detti RELATIVI
che pronome sempre vale, come se dicessi il quale
negli esempi qui segnati, or li vedi adoperati
questo è un libro che diletta, c’è lo zio il quale aspetta
dico solo a chi è segreto, la ragion per cui son lieto
attenzione poi perchè, questo chi e quale e che
tu li puoi adoperare, quando devi interrogare
ecco allor da relativi, passan a INTERROGATIVI
per esempio: che succede? Quale scegli? Chi mi vede?
E così, Dio sia lodato, il pronome è terminato.

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Il verbo

Le bandiere tutte al vento per il grande  avvenimento
viene il VERBO quel regnante nel discorso il più importante
a regione va superbo, è un monarca il grande verbo
cos’è il verbo? E’ un’azione sia di cose o di persone
per esempio io posso amare, posso scrivere e giocare
e tu puoi sentire e bere, puoi studiare, poui cadere
e la rosa può fiorire, può odorare, può appassire
queste azioni che ho segnate tutte verbi son chiamate
altri verbi vorrei dire, ma ho gran voglia di finire.

Guarda un verbo può finire solo in are ere o ire
son le tre terminazioni dette tre coniugazioni
è la prima quella in are, come andare, stare, entrare
la seconda è quella in ere, come credere e vedere
poi la terza è quella in ire, come offrire uscire e dire.

Pur nel verbo puoi notare il plurale e il singolare
quando è fatta qualche azione da più cose o più persone
certo allora è naturale che quel verbo sia plurale
per esempio gli astri brillano, noi cantiamo, i bimbi strillano
ma se invece è sola sola, quel che canta, brilla, vola
una ed una solamente, quel che sboccia, strilla, sente
ecco allor non puoi sbagliare, cono verbi al singolare
perchè il verbo, insomma è detto, che si accorda col soggetto.

Giunto è il tempo di imparare tutti i verbi a coniugare
prima l’essere e l’avere a puntin dovrai sapere
quindi i verbi regolari, e poi quelli irregolari
un po’ strano questo verbo, è davvero un re superbo
or si mostra transitivo, or lo vedi intransitivo
or lo trovi regolare, ora invece è irregolare
ora è attivo, ora è passivo, spesso spesso è riflessivo
e talvolta è impersonale, che regnante originale
ed aggiungo che ha tre trono per le tre coniugazioni
cinque modi ha per mangiare, molti tempi per ballare
tre persone per suonare e due numeri a cantare
tutta questa gran famiglia il cervello mi scompiglia.

Che vuol dire transitare? Transitar vuol dir passare
ci son verbi transitivi, ci son verbi intransitivi
riconoscerli dobbiamo, e dai primi cominciamo
transitivo un vetro pare, che la luce fa passare
fa passare ogni azione, quelle tristi e quelle buone
e l’azione dal soggetto, passa al complemento oggetto
transitivi son mangiare, bere, cogliere, aspettare
bevo l’acqua, mangio un panino, colgo un giore, aspetto Gino
qui la cosa è un po’ curiosa, se domando chi? Che cosa?
e risposta mi darà, transitivo allor sarà
oh, che modo sbrigativo, per trovare il transitivo.

Meglio il verbo INTRANSITIVO, ciò che fa, buono o cattivo
sol per lui se lo mantiene, di passarlo se ne astiene
non è vetro, nè cristallo, ma una lastra di metallo
che non fa giammai passare, ogni luce che vi appare
senza il complemento oggetto, qui l’azione resta al soggetto
sono verbi intransitivi essi andarono, tu arrivi
io cammino, noi entriamo, ci fermiamo e riposiamo.

Ecco il verbo ha forma attiva, e può aver forma passiva
per spiegarlo stamattina, entro un po’ nella cucina
mamma cuoce un buon cappone, chi la fa la bella azione?
la fa mamma, che è il soggetto, la riceve poveretto
quel cappone non più vivo. Ecco cuoce è un verbo attivo.
Ma se dico, un po’ mutato, il cappone è cucinato
qui il soggetto è quel cappone, che riceve lui l’azione
ed il verbo è cucinato, in passivo s’è mutato.

All’attivo ed al passivo segue il verbo riflessivo
questo verbo è un po’ burlone: il soggetto fa l’azione
ed il verbo per diletto, la riflette sul soggetto
e l’azione, in verità, così torna a chi la fa
riflessivi sono coprirsi, annoiarsi, divertirsi
nota bene, i verbi qui, voglion mi, ti, ci, vi, si
l’ausiliare poi deve essere, sempre sempre sempre l’essere
per esempio io mi diverto, ti sei alzato, si è coperto
noi ci amiamo, voi vi alzate, esse si erano stancate
ecco prendo uno specchietto, contro il sole poi lo metto
lo specchietto cosa fa? lo riflette or qua or là
guarda il sol come riluce, dove il gioco lo conduce
spesso il verbo è uno  specchietto, che riflette sul soggetto.

Allegria! Ora si pranza, ogni MODO una pietanza
cinque i modi e cinque piatti, ben sarete soddisfatti
se con calma mangerete, meglio i modi gusterete
primo piatto INDICATIVO, segue poi l’IMPERATIVO
è pesante il primo, è vero, ma il secondo è assai leggero
CONGIUNTIVO è una portata, un po’ dura un po’ salata
ma è seguita, meno male, da quel buon CONDIZIONALE
e poi ecco l’INFINITO, che è quel dolce ben guarnito
con GERUNDIO al cioccolato, PARTICIPIO zuccherato
così il pranzo è terminato, ed i modi tu hai imparato.

Or del verbo senti quali, sono i modi principali
quando dico “Mangio adesso”, il presente viene espresso
ma se dico io ho mangiato, questo è un tempo già passato
per futuro poi dirò, che domani mangerò.

Ora spiego e metto a posto, tempo semplice e composto
quando è semplice ha una sola, voce, unica parola
come: andavo, leggerò, studierebbe, lavorò
questi tempi ora li detto: il presente e l’imperfetto
il futuro e quel passato, che remoto è nominato
pei composti è necessario, che intervenga l’ausiliario
due parole allora avrai, e un composto formerai
per esempio sono uscito, ero entrato, avrei gradito
ai composti van segnati, e passati e i trapassati.

Ecco in essere e in avere, gli ausiliari puoi vedere
essi debbono aiutare, gli altri verbi a coniugare
questo ausilio è a loro imposto, quando un tempo vien composto
qualche verbo ora ti dico, che dell’essere è un amico
stare andare entrare uscire, cader scendere salire
così scrivi essere andato, ero sceso, sarei stato
altri verbi invece e tanti, sempre avere hanno davanti
dici quindi io ho bevuto, hai pranzato, avrà creduto
aver detto, avere udito, hanno scritto, avrei capito.

Claudio s’alza, fa un inchino, e poi dice pian pianino
“L’uno e l’altro non dispiace, ma più l’essere mi piace
sol per l’essere qui sono, e son vivo e sono buono
scherzo sì ma in verità, chiudo in cuor tanta bontà
or credete son fanciullo, gioco rido mi trastullo
ma nell’anima io sento, un profondo sentimento
per le cose vere e belle, per i fiori per le stelle
per la mamma che consola, per gli amici per la scuola”.

Dell’avere ora ci parla, quella birba di Giancarla
e Giancarla, con bell’arte, così recita la parte
“Dell’avere che dirò? Le ricchezze io no, non ho
non ho gemme perle ed ori, ma posseggo altri tesori
altri beni ancor più rari, ho l’affetto dei miei cari
ho la buona mia mammina, come un angelo vicina
chi mi cura e che mi guida, che mi loda che mi sgrida
poi un un cuor che non oscilla, ho una mente che scintilla
ho una grande volontà, che un bel giorno fiorirà.”

Ecco qui le tre persone, che del verbo fan l’azione
tante sono proprio come, le persone del pronome
con cui vivono a braccetto, nell’accordo più perfetto
e la prima vuoi trovarla? E’ colei la quale parla
son di prima: io dico io chiamo noi verremo noi scriviamo
la seconda per trovarla, guarda a quello a cui si parla
di seconda son voi siete tu comprendi voi saprete
e la terza puoi trovarla, in colei di cui si parla
son di terza egli obbedì essi vanno il babbo uscì
negli esempi son ben chiari, i plurali e i singolari.

Questo verbo impersonale, proprio agli altri non è uguale
è un gran povero padrone, se gli mancan due persone
e lo puoi sol coniugare con la terza singolare
questi verbi son tuonare, grandinare, nevicare
e poi piovere albeggiare e fioccare e balenare
così dici pioverà, albeggiava, fioccherà
ed aggiungi pur tuonò grandinava nevicò
questi verbi poverelli, a me sembrano pur belli
non ci trovi confusione, quell’imbroglio di persone
così  semplici e modesti, non son mai troppo molesti
mentre invece ogni altro verbo, mette innanzi l’io superbo
l’io gerarca l’io borioso, sempre l’io più pretenzioso
verbi verbi, per pietà, un pochino d’umiltà
e cercate essere uguali, ai colleghi impersonali.

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L’avverbio

Or l’AVVERBIO viene a te, invariabile com’è
lui s’avanza passo a passo, sempre uguale grasso e basso
salutiamo, giù il cappello, salve a te, sei sempre quello
volentieri si saluta, chi non cambia, chi non  muta
stai attento questi avvervi, or modificano i verbi
ora invece gli aggettivi per esempio poco scrivi
sempre bello, non mi sente, scrivi troppo lentamente
non so dirti proprio quanti, ma di avverbi ne son tanti
son però ben ordinati, nelle specie separati
ecco qui le principali, con gli avverbi più usuali
son di tempo poi adesso, ora e sempre quando e spesso
son di luogo dove e qua, sopra e sotto dentro e là
quantità sono più e tanto, poco assai e molto e quanto
certo e sì di affermazione, mai non nè di negazione
son di modo dolcemente, così come lentamente
poi di dubbio forse e ma, basta basta per pietà
tutti gli altri se vorrò, nel mio libro troverò.

___________________________

Analisi logica

Le proposizioni

Guarda il ciel, lo vedo scuro, dico allora il cielo è oscuro
vedo mamma che sorride, dico allor la mamma ride
queste semplici espressioni, sono due PROPOSIZIONI
che son poi dei pensierini, assai facili e piccini
mamma e ciel di cui parliamo, qui SOGGETTI li chiamiano
ride è oscuro son chiamati, propriamente PREDICATI
ecco il babbo lavorava, la farfalla svolazzava
i bambini sono buoni, sono tre proposizioni
che son semplici chiamate, perchè solo son formate
dal soggetto e il predicato, come bene avrai notato.

Se un pochino state attenti, io vi spiego i complementi
son gli amici più fidati, di soggetti e predicati
sono i buoni messaggeri, che completano i pensieri
ecco il COMPLEMENTO OGGETTO, che chiamato è pur diretto
chi? Che cosa? chiederai, se conoscerlo vorrai
noi amiamo (chi?) il nonnino, Lea comprò (cosa?) un gattino
io ascolto la maestra, tu chiudesti la finestra
ecco qui ben chiari e netti, quattro complementi oggetti
che son poi tra tutti quanti, certamente i più importanti
tutti gli altri complementi, hanno nomi differenti
per adesso li riuniamo, e indiretti li chiamiamo
or qualcuno ve ne dico, Gianni scrive oggi all’amico
Nina torna dalla scuola, sento un buon odor di viola.

(Autore ignoto)

Recite per bambini – Grammatica in rima. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche: difficoltà ortografiche

Poesie e filastrocche: difficoltà ortografiche per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste: ca cu co, che chi,  ci ce, cqu, gl, gn, mp mb, qui quo qua que, sc, ha a, c’è c’era, consonanti doppie, apostrofo, accento, divisione in sillabe, segni di interpunzione.

CA CU CO

Cuoco cuoco, cuoci un poco
nel tuo forno grande e fondo
la focaccia dall’odore
che rallegra il nostro cuore.
Scuote mamma i panni al sole
spuntan già le prime viole
Batte il cuoio il ciabattino
nel suo buio sgabuzzino
Zappa il babbo la sua aiuola
mentre il bimbo corre a scuola.

 

Chi e Che

Tre vecchiette stanche
su tre panchine bianche.
Tre tacchini neri
con tre becchi fieri.
Tre pesche per tre bambini
tre lische per tre gattini.

 

Che chi, ce ci

La Checca aveva un gallo
rosso verde e giallo
che allo spuntar del dì
facea Chicchirichì.
La Cecca sua sorella
aveva un bel fringuello
che allo spuntar del dì
facea cicciricì.

Un dì era freddo atroce, e l’acca senza voce
rifugio domandò al ca, al cu, al co
tutti risposero. NO.
Pietosa una vocina, allora di sentì
vieni da noi piccina, vieni tra il ce e il ci
rispose l’acca. SI’.

Cade cheta
come stanca
l’aria chiara
che su cose
case e chiese
batte e canta.
Nella cesta
sta l’arancia
le ciliegie
nella pancia
se sei un ciuco
tiri calci
se sei un sorcio
stai nel cacio
se sei un bimbo
mandi un bacio.

CI e CE

Ci e Ce erano amici: a Ci piaceva Ce
a Ce piaceva Ci. Erano due piccoli
cinesini di marzapane, alti così
tanto ma tanto carini
“Sei dolce Ci” diceva Ce
“Sei dolce Ce” diceva Ci.
Passavano i giorni a darsi bacetti
erano esposti nella vetrina
della più bella pasticceria
della citta di Cincillà.
Diceva la gente passando di là:
“Si amano proprio alla follia
quei due graziosi pupazzetti
poco più alti di due confetti”.
Venne il giorno che si sposarono
il piccolo Ci e la piccola Ce.
Da quel giorno oltre che amici
furono anche sposi felici

Se accanto a me si trova l’E
o giù di lì capita l’I
ho il suono dolce, leggi con me
CI CE, CI CE
ma se vien qua madama A
o il signor O con tanti ohibò
che insieme ad U sbuffa di più
allora il suono si fa più duro
come in CANGURO
sentilo qua: CU CO CA
ripeti su: CA CO CU
ancora un po’: CA CU CO

Cade cheta come stanca l’acqua chiara
che su cose case e chiese batta e canta
nella cesta sta l’arancia
le ciliegie nella pancia
se sei un ciuco tiri calci
se sei un sorcio stai nel cacio
se sei un bimbo mandi un bacio.


Lucciola, lucciola, vieni da me
ti darò un pan da re
ti darò un pan da regina.
Lucciola lucciola lucciolina.

Cincirinella aveva un bel gallo
tutto il giorno ci andava a cavallo
ricco di briglia, di sproni, di sella,
evviva il gallo di Cincirinella!

cqu

Piove piove
l’acqua vien giù.
Bel bello
mi riparo
con l’ombrello.
Ma quant’acqua
viene giù
è già piena
la c e la q.

 

GL

Passa il vento, muore la foglia
zio Guglielmo fa la sfoglia
a pezzetti poi la taglia
zia Teresa lavora a maglia
frigge la sogliola nella teglia
il bambino ecco si sveglia
apre la bocca poi sbadiglia
con il sonno fra le ciglia
dice la mamma: “Figlio mio,
se sbadigli, sbadiglio anch’io”.

Fogliolina di trifoglio
io cerco l’erba voglio.
Erba voglio qui non c’è
ne pei bimbi, ne pei re.

Figlio mio, metti la maglia:
se non la metti la piglia il coniglio.
Il coniglio la indosserà
e mio figlio si raffredderà.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

L’uso delle schede

L’uso delle schede secondo il metodo globale e della scuola attiva: schede di ricerca, schede di esercizio e schede di recupero.

 

La scheda è un cartoncino formato cartolina sul quale è incollata un’illustrazione o enunciato un esercizio, ad esempio.

La scheda non va assegnata come compito da svolgere in un momento prestabilito. Il lavoro sulle schede segue sempre l’attività quotidiana, la affianca, secondo il principio di insegnamento individualizzato a cui la scuola si ispira.

Possiamo fare una sommaria distinzione fra:
schede di ricerca
schede di esercizio
schede di recupero.

La scheda di ricerca, viene compilata in seguito a ricerche personali del bambino o a ricerche di gruppo. Col sistema delle schede, i bambini non non personaggi passivi, seduti ordinatamente sui banchi, in supino ascolto di ciò che l’insegnante dice.

Non sono il “vaso da riempire”. Sono individui operanti che si avviano a quel lavoro di ricerca personale che darà ottimi frutti non soltanto nel lavoro scolastico, ma nella formazione spirituale e intellettuale del bambino.

Facciamo un esempio.
Un argomento di ricerca potrà scaturire da un avvenimento o dall’esplorazione dell’ambiente. Posto l’argomento, gli alunni sono invitati a fare ricerche personali, le quali però, saranno predisposte nel senso che ogni bambino o ogni gruppo ha un lavoro specifico da compiere.

Prendiamo ad esempio che l’argomento scelto sia “il bue”. Un gruppo sarà incaricato di riferirne osservando l’animale: il bue è un quadrupede, erbivoro, ruminante, ha uno zoccolo fatto così e così, ecc… Un altro gruppo può avere l’incarico di trovare tutti i nomi che possono riferirsi al bue: mucca, vitello, manzo, toro, bove, giovenca, vacca…stalla, stalliere, fieno, paglia, pungolo, giogo,…aratro, erpice, carro,… Altri bambini dovranno riferire le qualità del bue: placido, mansueto, lavoratore, erbivoro,… Altri ancora rispondere alla domanda: “cosa fa il bue?” (ara, mugge, trascina l’aratro, rumina,…)

Naturalmente i bambini, specie quelli di prima classe, dovranno essere seguiti e sostenuti in questo lavoro, per sviluppare in loro la capacità di dedicarsi alla ricerca autonoma che darà i suoi frutti negli anni successivi. Mettiamo che un bambino abbia fatto questa osservazione: “il bue mangia l’erba”. L’insegnante lo avvierà alla ricerca di altri animali erbivori, consiglierà di osservare bene il bue quando mangia, ed ecco che salterà fuori l’espressione: “il bue è ruminante”. E quindi la ricerca di altri ruminanti.

Quello che importa non è soltanto il risultato pratico del lavoro, ma quell’abitudine all’osservazione e alla ricerca personale che è il fondamento stesso dell’acquisizione intelligente del sapere.

Ma perchè questo lavoro non si può fare meglio sul quaderno, specie se l’esercizio è lungo e in una scheda non ci può entrare? Perchè la scheda invita all’ordine nella ricerca, per prima cosa; poi, trovando posto in uno schedario, permette non soltanto la consultazione, ma soprattutto l’arricchimento delle notizie in seguito ad ulteriori ricerche.

L’esercizio compiuto sul quaderno, vi resta così come è stato fatto in principio, ormai definito, completato (anche se incompleto), e soprattutto superato. Le ulteriori ricerche potranno costituire materia di un’altra esercitazione, staccata, avulsa dalla prima, e mancheranno così quel coordinamento, quell’ordine, quella sistematicità che soltanto la scheda, in quanto parte di uno schedario, potrà avere.

Schede di esercizio

Le schede di esercizio sono schede su cui è indicato un esercizio di applicazione sulle conoscenze già acquisite o da acquisire. Questo esercizio, soprattutto per quel che riguarda la prima classe, sarà corredato da illustrazioni.

L’efficacia delle schede di esercizio è anche nel fatto che ogni bambino ha un esercizio diverso dagli altri o lo può eseguire nei momenti di lavoro libero, in quanto non si tratta di un’occupazione collettiva.

Questo lo sprona, lo sollecita a compilare la scheda nel miglior modo possibile.

Per il bambino non esiste il facile e il difficile. Esiste quello che può fare e quello che non può fare; ma oltretutto, preferisce ciò che lo interessa.

Schede di recupero.

Differiscono dalle schede di esercizio soltanto perchè sono schede impiantate appositamente dall’insegnante allo scopo di farle compilare da quel dato bambino.

Non sarà il bambino a doversi adattare a un esercizio che potrebbe essere inadeguato alle sue possibilità, ma sarà l’esercizio che si adatterà a lui.

Non tutti i bambini sono allo stesso livello.

Mettiamo che ce ne sia uno che abbia difficoltà ad usare il chi e che. Se questa difficoltà non si riscontra più nel resto della classe, sarà inutile fare tutta una serie di esercitazioni collettive che finirebbe per annoiare ed ottenere scarsi risultati.

Vi sono però delle schede di esercizio appositamente preparate dall’insegnante per quel singolo bambino, ed ecco che, piano piano, questi potrà superare la difficoltà che lo inceppa. Il bambino sarà “recuperato” e potrà essere in breve alla pari con gli altri.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Dettati ortografici: L’acqua

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Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.

L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.

L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.

L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.

L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.

L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.

La sorgente
Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)

La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.

Dettati ortografici sull’acqua – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

IL GATTO: dettati ortografici e letture

IL GATTO: dettati ortografici e letture – una raccolta di dettati ortografici a tema, per la scuola primaria, di autori vari. Difficoltà ortografiche varie.

Accovacciato con la lunga coda tra le zampe, il gatto sembra dormire. A un tratto un topolino sbuca dalla fessura di una porta. Dapprima il gatto finge di non vederlo, ma lo osserva a occhi socchiusi. Poi si anima, muove il capo con rapidi scatti, si avvicina alla preda con passo silenzioso, quasi camminasse sul velluto. Infine compie un balzo, piomba addosso al topolino e lo afferra con gli unghioni che nel frattempo ha sfoderato.

Il gatto è furbo, malizioso, pigro ed egoista. Tutti i difetti! Ma si fa perdonare volentieri per le sue moine, le sue smorfiette gentili; per la voglia di giocare che lo fa ruzzolare per ore e ore con una palla, con un gomitolo, con un pezzetto di qualcosa legato ad un filo. Ha il pelo morbido ed è un piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e chiude gli occhi e par che dica: “Che piacere mi fai, padroncino!” (G. Reichelt)

Il gatto ha il pelo morbido e fa piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e sembra molto soddisfatto. Ma ecco che si stanca, e allora tira fuori le unghie e giù un bel graffio sulla mano!
Micia, micia, dove sono i tuoi micini? Eccoli qua, morbidi e tiepidi nel cesto dove sono nati. La micia non li lascia mai e li lambisce amorosamente.

Miao miao fa il gattino affamato. Qualcuno gli dà un piattino di latte tiepido. Il gattino lecca il latte con la linguetta ruvida e rosa.

Il gattino ha preso un gomitolo e ora ci gioca, arruffandolo tutto. Povero gomitolo e povera nonna! Lo fa ruzzolare da tutte le parti.

Il balzo rapido che il gatto compie e che gli permette di piombare dritto alla preda senza che questa abbia il tempo di sottrarsi con la fuga, è consentito dalle agili zampe posteriori, molto più sviluppate delle zampe anteriori, mosse da robusti muscoli che consentono di compiere salti anche di due o tre metri. Inoltre, mentre la spinta delle zampe proietta il corpo in avanti, l’elastica colonna vertebrale consente al corpo di allungarsi, mentre la coda, funzionando da timone, rende preciso e infallibile il salto. (Palombi)

Forse mai altro animale al mondo, ha avuto, nel corso dei secoli, tanti sostenitori e tanti nemici come il gatto. Forse mai altro animale è stato oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato, incolpato dei peggiori misfatti come il gatto. La fierezza del suo carattere gli impedisce di rendersi utile al suo padrone assoggettandosi a un qualsiasi lavoro. Il gatto è utile per la caccia ai topi, ma non bisogna dimenticare che esso compie questo lavoro seguendo il proprio istinto di predatore.

In Egitto, i gatti erano certamente allevati in gran numero e tenuti nel massimo conto. Antichi monumenti raffigurano i più famosi rappresentanti delle dinastie egizie in compagnia del fedele gatto che, a quel che pare, godeva considerazione al pari di un essere divino. Con i più terribili supplizi erano puniti coloro che si rendevano colpevoli della morte di un gatto.

Un caldo e morbido cuscino, la carezza ripetuta del padrone, il piacere di sentirsi delicatamente grattare fra le orecchie, provocano il caratteristico ron ron. Il gatto si abbandona anche a far le fusa e giunge ad accarezzare il suo padrone ritirando le unghiette entro le zampine di velluto.

Il gatto è un dormiglione e per lunghe ore sta accoccolato, placidamente immerso in un sonno in apparenza profondo, ma in realtà assai leggero. Anzi, molto spesso, a un’osservazione più attenta, il gatto che crediamo addormentato, ci sta scrutando attraverso una fessura delle sue palpebre, osservando i nostri movimenti.

Si dice che il gatto preferisca la casa al padrone. Infatti, si è constatato in moltissimi casi che i gatti, portati dal padrone in una nuova abitazione, hanno saputo, con mirabile senso dell’orientamento, ritrovare l’antica dimora, preferendo questa, magari a costo di abitarne solamente la cantina o la soffitta, all’accogliente appartamento del padrone.

E’ notorio che il gatto ha la zampa lunga. Punito severamente per le sue imprese ladresche, il gatto persevera nelle sue abitudini e approfitta di qualsiasi occasione. Ruba anche quando è ben pasciuto, spinto dalla gola o semplicemente dal suo istinto di predatore che, in mancanza di prede vive, si rivolge a qualsiasi leccornia venga imprudentemente lasciata alla sua portata.

La straordinaria potenza visiva del gatto si spiega con la grande capacità di adattamento della sua pupilla alle diverse intensità luminose. Ridotta a una strettissima fessura, quando la luce è intensa, la pupilla si dilata enormemente nella penombra, sì da percepire anche il più debole raggio luminoso.

Il gatto tigrato, detto anche soriano, è uno dei gatti più comuni di tutto il mondo. Di mole piuttosto massiccia, ha la testa grossa e il muso corto. La pelliccia è morbida, vellutata, composta di peli corti e fitti variamente colorati. I colori più comuni sono il grigio e il giallastro, a righe alterne. La coda è relativamente corta.

Il gatto ha una vista acutissima; da ciò deriva la credenza popolare che esso vede anche al buio. Si tratta di un’esagerazione, perchè se è vero che il gatto è in grado di distinguere gli oggetti e di orientarsi anche quando la luce è scarsissima, è tuttavia incapace di vedere al buio assoluto.

Quando il gatto ha sentito la preda, i suoi istinti selvaggi si accendono e si sfrenano nella caccia. Non si accontenta di tenere a lungo la preda sotto l’incubo dell’agguato, ma una volta afferratala con gli uncinati artigli, non la sopprime immediatamente, ma si diverte a farle provare, minuto per minuto, il tormento della morte che si avvicina.

Il gatto, di fronte al nemico, generalmente scappa, ma se non trova via di scampo, non esita a combattere con coraggio e slancio. Il pelo irto sul dorso arcuato, gli occhi lampeggianti, gli artigli interamente sfoderati, la schiuma alla bocca, richiamano alla mente che questo piccolo, leggiadro felino altro non è che un parente assai prossimo del leone, della tigre e di altri ferocissimi felini selvaggi.

La gatta mette al mondo i suoi piccoli in un giaciglio preparato con cura in un angolo tranquillo, dal quale trasloca in gran fretta, trasportando i suoi piccoli ad uno ad uno, quando l’istinto le faccia temere qualche minaccia. La gatta è ottima paziente nutrice che non si accontenta soltanto di nutrire i suoi piccoli, ma si preoccupa di tenerli sempre puliti e ravviati, lisciandoli di continuo con la sua ruvida lingua.

La famiglia dei felini è la più grande e la più importante nell’ordine dei carnivori e comprende animali di dimensione molto varia, dal gatto alla tigre, dal leone al leopardo, al giaguaro. Tutti sono formidabili mangiatori di carne. Di forme flessuose ed eleganti, queste fiere hanno una pupilla che si restringe alla luce fino a diventare una sottile fessura e le unghie retrattili che possono, cioè, rinfoderarsi entro apposite guaine.

Agili, scattanti, fulminei nel salto, i felini sanno arrampicarsi e nuotare, sono veloci nella corsa anche se non resistenti. Hanno per lo più abitudini notturne e cacciano all’agguato: poichè devono seguire prede che non vedono e di cui talora non sentono l’odore, imparano a giovarsi delle minime indicazioni come le impronte. Controllano i loro movimenti istintivi e si spostano con leggerezza senza fare il minimo rumore.

Quanto è morbido il pelo del gatto! La testa rotonda, le orecchie appuntite, i begli occhi dalla pupilla cangiante e i lunghi baffi lo rendono assai grazioso. E’ un quadrupede, e le sue zampe, terminanti con cinque dita per ogni piede, poggiano su speciali cuscinetti elastici con cui tocca il suolo quando cammina, per modo che i suoi passi non producono rumore. Le unghie sono di solito nascoste e sollevate da terra quando non sono usate. Ma, al momento del bisogno, il gatto è in grado di spingerle all’esterno e, acutissime come sono, diventano un’arma formidabile per catturare la preda. Se poi deve difendersi da un animale più forte di lui, esse gli servono per mettersi in salvo arrampicandosi sugli alberi. I denti aguzzi gli consentono di strappare e sminuzzare la carne di cui si nutre. Il gatto è un mammifero carnivoro. Appartiene alla famiglia dei felini, di cui fanno parte altri animali grossi e feroci: il leone, la tigre, il leopardo, la pantera, la lince.

Il gatto

Forse nessun altro animale è stato nel corso dei secoli oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato , incolpato dei peggiori delitti e messo al bando dalla società umana, come il gatto. Ma forse ciò dipende dalla sua natura, perchè il gatto, pur in tanti e tanti anni di vita domestica, non è ancora riuscito a vincere la sua diffidenza per l’uomo. Ciò, forse, dipende dalla sua appartenenza alla famiglia dei felini, che annovera gli animali più feroci della terra.

Dettati ortografici sui gatti – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE  – Una collezione di dettati ortografici sul giorno e la notte: il mattino, il sorgere del sole, l’alba, l’aurora, il crepuscolo, ecc…

Sorge il sole
Verso oriente appare un’aureola di un colore rosso sanguigno. Poi ad un tratto una scintilla luminosa guizza in mezzo a quel rosso sfolgorante, cresce, si innalza, si ingrossa, prende la forma di un disco, che ad ogni punto manda sprazzi luminosi. Il sole spande la sua luce sulla terra e nel cielo. G. Mercanti

Il mattino
Le stelle si spengono ad una ad una, mentre il cielo si rischiara. E’ l’alba. Poi il cielo si tinge di rosa. E’ l’aurora. Cantano i galli, pigolano gli uccelli, squillano le campane. Il sole appare all’orizzonte. Nelle case la gente si alza e si prepara per il lavoro. Fischiano le sirene degli stabilimenti. SI aprono i negozi, le botteghe, e i bambini si avviano verso la scuola.

La sera
Il sole tramonta e l’aria si fa scura: è il crepuscolo, poi viene la sera. Nelle vie si accendono i lampioni e le insegne pubblicitarie. E’ tutto uno sfavillare di luci. Chi lavora nei campi torna a casa. Si chiudono i negozi, i laboratori, gli stabilimenti. In cielo brillano le stelle. Nelle case, dopo la giornata di lavoro, le famiglie si riuniscono, cenano, chiacchierano, riposano, ascoltano la radio, assistono agli spettacoli televisivi.

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il sole

Il sole era l’orologio degli antichi: un orologio luminoso che non si fermava mai, che non si guastava mai, ma che solo una nuvola, una piccola nuvola rosea, bastava a celare agli occhi degli uomini.

Il sole
Sia benedetto il sole che ci illumina, ci riscalda, fa nascere i fiori e le piante, dona a tutta la natura i più bei colori. Esso è sempre benefico e meraviglioso, sia che indori le messi, sia che risplenda sulle montagne coperte di neve!

Il sole
Il sole, che ci appare come un bel disco bianco e luminoso verso mezzogiorno, rosso sanguigno verso il tramonto, è un globo immenso, molto più grande della nostra minuscola terra. Se rappresentassimo il sole come una grossa arancia, la terra sarebbe come la testa di uno spillo. La terra, con tutte le sue magnificenze, con i suoi monti altissimi, i suoi oceani immensi, diverrebbe, paragonata al sole, solo un insignificante puntolino.

La luna
E’ l’astro pallido delle notti. Viaggia solitaria nel cielo e passa sopra il mondo addormentato. La sua luce fa la terra tutta d’argento e i grilli cantano e le fanno la serenata.

L’alba
L’alba si veste di rosa e corre a spalancare le porte al sole! Avanti oh re sole, tu sei benvenuto fra noi! Tu fai prosperare le piante, fai sbocciare i fiori, riscaldi e illumini la terra, dai salute e forza all’uomo.

Il sole
Prima di levarsi, il sole mandò un saluto al cielo e diede una pennellata di rosa alle nuvolette bianche. L’allodola, allora, partì dalla zolla dove aveva dormito e gli venne incontro nel cielo per fargli il suo bel canto mattutino. (G. E. Nuccio)

Mattino
Il sole s’affacciò sul mare, indorò le cime dei monti e dei campanili, i tetti delle case, le cime delle piante, poi gettò un tappeto d’oro sulla campagna e mille specchietti sulle onde del mare e sulle acque dei fiumi e dei laghi. Allora i galli cantarono la sveglia, le campane gridarono: din don, din don, e gli uccelli, dagli alberi, si scambiarono i saluti del buon giorno. (G. E. Nuccio)

Il sole
Noi non lo pensiamo, ma tutto ciò che si muove, circola, vive, sul nostro pianeta, è figlio del sole. Le messi che ci daranno il pane quotidiano maturano per opera del sole. E così la frutta, così gli ortaggi. Il legno che ci scalda l’inverno racchiude il calore che il sole donò all’albero. Tutto il mangiare, la vita stessa, ci viene dal meraviglioso astro del giorno.

Il mattino
L’ora in cui si sveglia la natura è un’ora di pace ed insieme di attività. Tutti gli esseri riprendono il loro lavoro. Gli uccelli cantano, rivolti all’astro raggiante. Intorno alle case campestri, gli animali domestici riprendono la loro attività. Quale spettacolo più bello che quello di vedere sputare il sole? Esso si leva nel cielo cacciando le ombre, illuminando gli angoli più nascosti, mettendo dappertutto gioia, calore, luce.

Le stelle
Tutto il cielo è popolato di stelle. Sembrano piccolissime e sono immense. Sembrano lucciole in un prato infinitamente vasto. Oppure innumerevoli fanalini di una stupenda illuminazione. ALcune ardono solitarie, altre si raggruppano formando immagini di animali, di fiori, fontane di luce, carri luminosi. Sembrano occhi aperti sulla terra; occhi degli angeli che guardano gli uomini dal cielo.

Le stelle
Le stelle hanno i più diversi colori. Ve ne sono di quelle rosse come la lanterna di un vascello all’ancora, di notte; come i tizzoni che vegliano nei caminetti deserti, o come occhi di fantastici animali. Altre hanno il pallore della perla o della della goccia d’acqua che racchiude un riflesso di luna. Altre sono azzurrine come fossero tanti fiorellini sbocciati lungo le rive di un ruscello.

Risveglio mattinale
Dal monte e dalla pianura, dai fiumi e dai prati, si alza un’armonia infinita, in cui si confondono le mille voci della natura. E’ canto degli uccelli pei campi; è suono di campane pei borghi; è frequente svolazzare di insetti; è raro camminare di uomini. Più tardi il canto dei contadini copre quello dei fringuelli, nelle selve l’eco porta dai casolari il greve rumore dell’incudine. Il rumore cresce, cresce, a poco a poco e, dalle officine stridenti, dai campi vaganti, si alza solenne la voce del lavoro umano. (F. M. Martini)

Il mattino
Al mattino gli uomini sono più buoni. E’ l’ora che gli angeli entrano nelle case per esaudire le preghiere e mettono il pane nelle madie, il latte nelle scodelle, l’acqua nei catini, ravvivano il fuoco sulla cenere, aprono le finestre alla luce. E il cuore vola via come l’allodola ad incontrare il giorno. (R. Pezzani)

A sera
Il sole è spento, la terra ravvolta nel suo mantello notturno nasconde le sue membra agli occhi di tutti: le creature dormono quasi tutte e non si parlano che all’orecchio. Perfino il mare si raccoglie e nasconde le sue tinte smaglianti. E’ allora che il cielo ci parla col silenzio dei suoi spazi infiniti, con lo scintillio dei suoi milioni di stelle e con la luce malinconica e fredda della luna. (P. Mantegazza)

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il giorno
Il cielo schiarisce all’alba; il sole sorge all’aurora. Quando il sole è arrivato in alto, nel cielo, è mezzogiorno. Quando declina è pomeriggio; quando si nasconde dietro l’orizzonte si dice che tramonta. Ed ecco la sera e infine la notte, quando tutti riposano.

Il sole sulla casa
La casa è soleggiata. I vetri scintillano alla luce del sole, la facciata bianca splende. Chiudiamo le persiane, abbassiamo le tende, faremo un po’ d’ombra. Un raggio passa fra le stecche delle persiane e traccia righe di luce sul pavimento. Ma si sta bene nella stanza fresca, semioscura.

Mezzogiorno
E’ l’ora della luce e del rumore. Le strade si animano, i bambini escono dalla scuola, corrono, si spingono, vociano. Gli uomini tornano al lavoro: i contadini dai campi, gli operai dalle officine. Le campane suonano, i tram corrono sulle rotaie, le automobili si incrociano e rombano. Tutti vanno verso la propria casa dove li aspetta la tavola apparecchiata.

Il tramonto in campagna

Era il tramonto; ma il chiarore del giorno non voleva cedere alla notte, e s’indugiava tremando su tutte le cose, sui comignoli delle cascine, sui filari dei meli in fiore, sui pini, sulle cime ondeggianti dei cipressi. Da tutte le parti gli uccelletti salutavano chiassosi e cinguettanti il giorno che moriva lento e restio; avevano ancora qualche cosa da fare, non fuggisse via; c’era ancora qua e là da raccogliere per i nidi l’ultima pagliuzza e poi sciogliere dall’albero l’ultimo canto. (G. Pascoli)

Il sorgere del sole

Ormai le stelle sono impallidite e ad una ad una scomparse. La campagna si ridesta col cinguettio degli uccelli che aspettano il primo raggio di sole. Ed il sole ritorna. Dapprima è un crescendo di luce in un punto, sulla cresta della collina, dove i veli e le nuvolette si fanno d’oro splendente, poi la luce trabocca in un getto di raggi che si slanciano su nel cielo e inondano la terra, finchè il disco ardente si affaccia e sale con lentezza maestosa e riprende il suo cammino nel cielo. (M. Maggini)

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