Vita pratica Montessori: la responsabilità dell’adulto

La responsabilità dell’adulto

Il bambino ha il diritto di ricevere la nostra assistenza per obbedire alla sua spinta interiore alla realizzare se stesso.

E’ questa spinta interiore che porta l’interesse del bambino verso le attività di vita pratica e che gli permette di riconoscere in queste attività una risposta ai suoi bisogni.

L’adulto, d’altra parte, deve riconoscere il bisogno del bambino ed accettarne la responsabilità:

– occupandosi della preparazione dell’ambiente (offrendo strumenti adeguati)

– occupandosi della presentazione del materiale, in modo che il bambino possa utilizzarlo per il suo scopo di sviluppo

– garantendo la libertà di scelta e ripetizione.

Solo se l’adulto adempie a questa triplice responsabilità, questi esercizi di vita pratica possono svolgere e preservare pienamente la loro vera e vitale funzione di “mezzo di sviluppo”.

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

Tutti gli album

Bibliografia

Maria Montessori – Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini

Maria Montessori – La scoperta del bambino

Maria Montessori – Il bambino in famiglia

Maria Montessori – La mente del bambino

Maria Montessori – Educare alla libertà

Martine Gilsoul – I bambini alla conquista di sé con la vita pratica

G. Cives e P. Trabalzini – Maria Montessori tra scienza, spiritualità e azione sociale

Renilde Montessori – La vita pratica come base spirituale della Casa dei bambini

Albert Joosten – The hand in education

Albert Joosten – Exercises of practical life: introduction and list

Pamela Nunn – The mind and the hand

E. M. Standing – Maria Montessori: her life and work

Elizabeth Elcombe – effects of practical life exercises on fine motor development in a Montessori

Children’s House classroom

Dana H. McCabe – purposeful movement in an early childhood classroom

Pat Ludick – The work of the hand

Joen Bettmann – Nurturing the respectful community through practical life

Polli Soholt – Practical life for the older children in the Casa

Uma Ramani – Practical life: the keystone of life, culture, and community

Come realizzare una cameretta bambino in stile Montessori

La cameretta bambini in stile montessoriano permette di allestire uno spazio che stimoli autonomia e creatività. Scopri come fare con i nostri consigli.

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Sono diversi gli elementi che fanno parte di una cameretta per bambini. Si tratta di un ambiente in cui i nostri piccoli iniziano a scoprire il mondo e ad essere autonomi, sia nel gioco che nei primi insegnamenti appresi a scuola.
Una delle esponenti più rilevanti della pedagogia fu Maria Montessori, che portava avanti una linea di pensiero precisa e ancora oggi apprezzata, incentrata cioè sul rispetto e sullo sviluppo delle propensioni del bambino.
Questi principi si sono tradotti in uno stile di arredamento, detto montessoriano appunto, che vedremo nel dettaglio in questo articolo. Continua con la lettura!

Maria Montessori e la sua corrente di pensiero

Nata a Chiaravalle nel 1970, Maria Montessori è stata una pedagogista, neuropsichiatra e filosofa di assoluto rilievo nell’ambito dello sviluppo infantile. Fu fondatrice di un metodo educativo incentrato sulla stimolazione delle diverse attitudini del bambino, della sua creatività e indipendenza. Secondo Maria Montessori, infatti, per ottenere uno sviluppo adeguato è fondamentale l’interazione tra bambini, anche di diverse età, oltre con gli adulti. Tuttavia, l’aspetto più rilevante del suo pensiero lo si evince nel modo con cui allestire la cameretta del bambino. Ad oggi, l’arredamento in stile montessoriano è sempre più seguito e prevede il rispetto di alcune regole fondamentali.

Cameretta in stile montessoriano: regole principali

Fino ai 3 anni di età, la cameretta è l’ambiente di casa in cui il bambino può esprimersi al meglio, conoscere il mondo circostante e stimolare le proprie capacità cognitive. L’arredamento in stile montessoriano detta alcune linee guida necessarie per la scelta dei mobili da inserire nella stanza; questi, infatti, non hanno solo la funzione di riporre i capi di abbigliamento per neonato, ma devono essere pienamente accessibili prima di tutto dal bambino. Ecco qualche regola da seguire:

  • scegliere mobili bassi e dalle linee semplici;
  • preferire mobili e complementi di arredo in materiali naturali;
  • ogni elemento della cameretta dovrebbe essere pienamente accessibile per il bambino;
  • eliminare ogni sorta di oggetto pericoloso;
  • scartare i giochi eccessivamente rumorosi;
  • niente televisione.

Il lettino

Il letto è l’elemento principale della camera. Per i bambini è preferibile che non abbia un’altezza superiore ai 20/25 cm e che non presenti alcuna sbarra laterale. Il lettino basso permette al bambino di non dipendere da un adulto e di considerarlo un luogo calmo e rassicurante, dove riposarsi in autonomia.

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La cassettiera e l’armadio

Ovviamente, questi sono elementi necessari per tenere in ordine i capi di abbigliamento neonato. Uno degli aspetti che, attraverso l’arredamento, Maria Montessori intendeva trasmettere era anche quello dell’organizzazione e della pulizia.
Per fare in modo che il bambino sia autonomo nel vestirsi e nella cura personale, in commercio sono presenti diversi modelli di armadio non troppo alti e, quindi, maggiormente accessibili. Quanto alla cassettiera, è importante scegliere un modello che possa essere fissato al muro, per evitare che accidentalmente possa cadere addosso al bambino.

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La libreria

I libri sono una componente fondamentale per la crescita e lo sviluppo cognitivo dei piccoli. Per tenerli ben riposti, è importante scegliere librerie basse e organizzate, così da ordinare i libri con la copertina a vista e in modo immediatamente riconoscibile.

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I contenitori per giochi

Avere i giochi sparsi per la stanza non è per niente educativo e ordinato. Piuttosto, è bene prevedere degli appositi contenitori dove riporli dopo aver giocato. Questi contenitori possono essere delle ceste, degli scaffali, delle mensole o dei pouf con coperchio. Il tutto va a conferire confort e organizzazione alla camera.

Il tavolino con sedie

Si tratta di complementi di arredo con i quali il bambino può giocare con comodità e può trascorrere i suoi momenti di relax. Il tavolino con le sedie, rigorosamente a misura di bambino, dovrebbero avere i bordi arrotondati per evitare che il bimbo si faccia male.

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Le decorazioni

Le decorazioni svolgono un ruolo importante per rendere confortevole e rilassante qualsiasi ambiente di casa. Danno allegria, permettono di sviluppare un tema specifico e arricchiscono l’atmosfera con piccoli oggetti cattura attenzione. Pertanto, nella cameretta del bambino non possono mancare: un grande tappeto per giocare a terra, uno specchio infrangibile per iniziare a prendere coscienza di sé, quadri, fotografie, stickers, lavagnette e via dicendo. Ogni oggetto contribuisce a stimolare la fantasia e a ricreare un ambiente che sia corrispondente alla vita e ai gusti del bambino.

Montessori per i genitori: proposte pratiche per applicare il metodo a casa

“Montessori per i genitori: proposte pratiche per applicare il metodo a casa – Bambini da 0 a 3 anni” è un libro che fa parte della collana “Libri in tasca” di EPC Editore. In questa raccolta vengono pubblicati tascabili e ebook che trattano tematiche quali educazione,  alimentazione, valorizzazione del sé e self help con un taglio operativo, per insegnare a mettere in pratica i consigli degli esperti.

Nel caso di “Montessori per i genitori” le esperte che ci insegnano a mettere in pratica i loro consigli sono Nicoletta Cola e Antonella Di Marco. Nicoletta Cola è insegnante di nido montessoriana e formatrice nei corsi organizzati dall’Opera Nazionale Montessori e nel corso universitario Montessori 0-3 anni  attivato dall’Università LUMSA di Roma.
Antonella Di Marco, recentemente venuta a mancare,  è stata Psicologa della relazione educativa, coordinatrice didattica e docente formatrice nei Corsi per la prima infanzia dell’Opera Nazionale Montessori.

La grandezza di questo piccolo libro sta nel fatto che le due autrici riescono ad essere concise ma esaustive e precise, pratiche ma senza svilire la profondità delle motivazioni, capaci di mettere a fuoco i veri bisogni dei genitori di bambini piccoli, fornire chiavi di comprensione e suggerire veri atti pratici, ma senza pontificare.
Non posso non notare che concisione, chiarezza e precisione sono proprio la norma della “lezione” montessoriana, come l’identificazione dei veri bisogni cui l’educazione deve rispondere è la chiave di tutta la didattica montessoriana.
E’ inoltre un testo piacevole e di facile lettura, e può essere un valido aiuto nella gestione quotidiana dei propri bambini, soprattutto perchè porta a riflettere sul nostro rapporto con loro, anche senza conoscere nulla della pedagogia montessoriana.

Il testo è suddiviso in cinque capitoli:
– La felicità del bambino
– L’ambiente del bambino
– Come affrontare al meglio il periodo sensitivo legato al divezzamento
– Il bambino si muove verso il mondo
– La libertà del bambino,
ma non è necessario leggerlo tutto di seguito: i numerosi esempi pratici, accompagnati da numerose immagini di vita reale, lo rendono una valida giuda da consultare quando se ne presenta il bisogno.

Ogni capitolo è strutturato in modo da suggerirci una domanda iniziale, a cui le autrici rispondono dandoci spunti di riflessione che riguardano la loro esperienza professionale e personale, nella quale ogni genitore può immedesimarsi. Questi spunti di riflessione sono rafforzati da puntuali citazioni dai testi di Maria Montessori, e in questo modo il libro è davvero leggibile anche da chi entra in contatto la prima volta con questa pedagogia.

Nel primo capitolo, dopo aver dato spunti di riflessione su ciò che si può intendere come “felicità del bambino”, si propongono attività-esempio (mobile per i neonati, cestino dei tesori, oggetti da trasportare, gioco euristico, attività di vita pratica) e a conclusione si offrono delle schede di approfondimento sul cestino dei tesori e sul gioco euristico.

Nel secondo capitolo riflettiamo sull’influenza dell’ambiente naturale, biologico e umano: intrauterino, extrauterino e supernaturale (la casa, la cameretta, ecc.), per comprendere come preparare un ambiente adeguato ad accogliere il bambino e come rispondere al suo bisogno di ordine.

Nel terzo capitolo troviamo una guida pratica attenta e precisa per gestire il periodo del divezzamento e una chiave di comprensione che può essere sintetizzata in questa semplice frase “la bocca è un organo di confine con il mondo esterno e niente deve entrarvi senza la piena volontà del bambino”. I consigli riguardano la scelta di consumare il pasto sempre nello stesso posto; il predisporre tavolo e seggiolina adatti; la scelta migliore per tovaglia, vasellame, posate e bavaglino tenendo presente il fatto che tutto ciò che viene scelto può diventare oggetto di attività per il bambino; l’atteggiamento che l’adulto tiene verso il bambino in fase di divezzamento.

Nel quarto capitolo viene trattato lo sviluppo del movimento del bambino, innanzitutto sfatando il falso mito secondo cui il bambino comincia a camminare perchè è l’adulto, ad un certo punto, ad insegnarglielo: impariamo a riconoscere e ad ammirare il grande lavoro del bambino, che si muove da subito, anche dentro il grembo materno, e col tempo e l’esercizio spontaneo rende i suoi movimenti sempre più volontari.  L’unica cosa che può fare l’adulto quindi, è favorire il movimento che il bambino stesso ha conquistato.  Seguono attività-esempio per favorire il movimento in posizione supina,  sul fianco, prona, seduta, eretta. Allenatore o genitore? Genitore che comprende l’esigenza del bambino ad essere aiutato a fare da sé.

Il quinto capitolo tratta infine il tema che è forse il più difficile per ogni genitore: la libertà del bambino e il dare limiti. Viene citata Maria Montessori “Un vigoroso e fermo richiamo è solo è vero atto di bontà… non temete di distruggere il male: soltanto il bene dobbiamo temere di distruggere“, e posta la domanda cruciale: quanti sanno essere vigorosi e fermi, senza diventare aggressivi?
Per rispondere a questa domanda le autrici analizzano alcuni degli errori comunicativi più comuni che gli adulti commettono rivolgendosi ai bambini piccoli, accompagnandoci a porci delle domande e fornendoci preziosi consigli: sussurro o  strillo? Parlo facile o difficile? Sono sicuro di quello che sto dicendo? Uso poche ma sentite parole? Da dove ti parlo?
Infine si danno consigli e spunti di riflessione per arrivare alla giusta via di mezzo senza cadere nei due opposti che sono tirannia e lassismo. La prima è magnificamente descritta da Maria Montessori “Il peccato mortale che ci domina e ci impedisce di comprendere il bambino è l’ira… all’ira si associa l’orgoglio che presta all’ira una maschera seducente, la toga della dignità, che arriva perfino a esigere rispetto facendo assumere all’ira la forma della tirannia. Una tirannia spacciata per il bene del bambino“. Il secondo si manifesta con l’incapacità dell’adulto a dire no ed è legata ad una serie di paure (del conflitto, del giudizio, del distacco, ecc.). Tra questi due opposti si possono realizzare diversi stili educativi: qual è il tuo?
Conclude il capitolo una serie di consigli che riguardano il dare regole con successo, e il modo di affrontare il rifiuto dei limiti da parte dei bambini, quello che conosciamo come “capriccio”.

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Sono davvero felice di notare che oggi finalmente anche i genitori italiani comincino ad avere a disposizione testi divulgativi sul metodo Montessori, oltre che materiali sempre più vari, a prezzi sempre più accessibili e nella nostra lingua.
Quando le mie figlie erano piccole il panorama era totalmente diverso, e l’unica via praticabile per trovare strumenti utili per applicare la pedagogia montessoriana in casa era rivolgersi alle risorse in lingua inglese.
Penso che qualsiasi nuova iniziativa di carattere divulgativo sul metodo Montessori è da accogliere come il segno, finalmente, di un mutamento culturale nel nostro Paese, mutamento che vede rinnovata curiosità verso il lavoro di Maria Montessori per qualcuno, ma scoperta ancora per molti. E sono abbastanza certa del fatto che il web abbia avuto un ruolo non da poco in questo mutamento.
Mi sembra di poter dire che questa visione del bambino e quindi dell’uomo, che è la pedagogia montessoriana, stia uscendo dalla sua “nicchia” proprio grazie al fiorire di iniziative editoriali e imprenditoriali in cui soprattutto i genitori (come autori, blogger, imprenditori, semplici cittadini) sono i soggetti attivi.
La qualità di queste produzioni può essere notevole, oppure può trattarsi di puro interesse per “cavalcare l’onda”, ma resta il fatto che è un bene che stia succedendo anche da noi.
Si è creata un’offerta che comprende cose belle, cose pessime e cose così e così, e questo dà a noi genitori la libertà e la responsabilità di scegliere.
Detto questo, quando incontro un testo chiaro, profondo e pratico come “Montessori per i genitori: proposte pratiche per applicare il metodo a casa – Bambini da 0 a 3 anni”, sento davvero di poterlo consigliare a tutte le persone che hanno la fortuna di condividere la propria vita con dei bambini.

Psicoaritmetica Montessori – Perle dorate: formazione dei grandi numeri

Psicoaritmetica Montessori – Perle dorate: formazione dei grandi numeri. Un esercizio che si fa coi bambini utilizzando perle dorate e cartelli dei numeri consiste nella composizione di grandi numeri. Tutte le esperienze sul sistema decimale qui illustrate si possono riferire ad un’età compresa tra i 4 ed i 5 anni. Per le presentazioni ho utilizzato le mie perle auto prodotte (trovi il tutorial qui),

i cartelli stampabili Lapappadolce e i cartelli prodotti da Montessori 3D di Boboto.
Trovi altri esercizi e presentazioni relative alla formazione di grandi numeri qui:

Quando vogliamo leggere un numero, ad esempio 32.457.891, lo dividiamo in gruppi formati da tre elementi alla volta (centinaia, decine ed unità) a partire da destra, ed in questo modo leggere il numero diventa molto semplice:

“trentadue milioni, quattrocento cinquanta sette mila, ottocento novantuno.”


Presentazione coi cartelli dei numeri per formare i numeri da 1 a 9999

Materiale:
– il set completo dei cartelli dei numeri.

Presentazione:
invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio
– chiediamogli di srotolare un tappeto e andiamo allo scaffale a prendere il vassoio con la scatola dei cartelli dei numeri
– mettiamo la scatola dei cartelli sul tappeto in basso, davanti a noi
– mettiamo il materiale sul tappeto e disponiamolo secondo le gerarchie: unità a destra dall’1 al 9, decine a sinistra delle unità dall’1 al 9, poi centinaia e infine migliaia. Mentre mettiamo ogni cartello leggiamo il numero in questo modo: “Una unità, uno… 9 unità, nove. Incoraggiamo il bambino a contare con noi
– arrivati a 9 chiediamo: “Cosa viene dopo il 9?” Il bambino risponde e cominciamo a comporre la colonna delle decine. Continuiamo a contare col bambino:  … 4 decine, quaranta… 7 centinaia, settecento… 9 migliaia, novemila. Chiediamo al bambino: “Quale numero viene dopo?” arrivati a 90 e a 900. Incoraggiamo sempre il bambino a contare con  noi


– osserviamo lo schema e leggiamo col bambino i numeri 1, 10, 100 e 1000 facendo notare ai bambini quanti zeri ha ognuno. Possiamo continuare a leggere anche le altre righe, sempre da destra a sinistra
– indichiamo un cartello al bambino, leggiamo insieme il numero e notiamo quanti zeri ha
– per verificare che il bambino abbia chiaro lo schema possiamo mescolare i cartelli e chiedere al bambino di ricomporli in colonne per unità, decine, centinaia e migliaia
– quando lo schema è composto scegliamo due cartelli presi da gerarchie adiacenti (unità e decine, decine e centinaia, centinaia e migliaia)
– mettiamo il cartello delle unità sul cartello della decina, allineato a sinistra
– facciamo scivolare il cartello dell’unità verso destra, orizzontalmente o meglio mettendo i cartelli in verticale di modo che il più corto scivoli verso il basso,  a coprire lo zero delle decine (se preferite in modo che i cartelli siano allineati lungo il bordo destro)


– posiamo il numero sul tappeto e leggiamolo dicendo: “Quattro decine e due unità”
– chiediamo al bambino di ripetere con noi
– leggiamo nuovamente il numero, ma questa volta dicendo: “Quarantadue”
– chiediamo al bambino di rimettere i cartelli nello schema
– continuiamo con altri cartelli scelti tra gerarchie adiacenti, poi passiamo a tre, sempre seguendo la stessa procedura

– infine usiamo le quattro gerarchie


– rimettere i cartelli correttamente all’interno dello schema
– rimettere i cartelli nella loro scatola
– rimettere la scatola sul vassoio
– riportare la scatola sullo scaffale.

Scopo:
– rinforzare il concetto di gerarchie dei numeri nel sistema decimale
– rinforzare ed esercitare la capacità di lettura dei numeri da 1 a 9999, che il bambino sa già comporre per quantità di perle dorate
– dare una visione globale dei numeri all’interno del sistema decimale ai bambini
– comprendere che è la posizione di un numero a determinarne il valore: i numeri sono soltanto 9 in tutto, ed è lo zero a determinare la loro posizione e quindi il loro valore
– comprendere che lo zero all’interno di un grande numero, in qualsiasi posizione, indica semplicemente la mancanza di quantità di quella particolare gerarchia: ad esempio nel numero 5407 mancano le decine.

Età:
– dai 4 anni e mezzo.

Controllo dell’errore: l’insegnante. Coi soli cartelli dei numeri non è possibile verificare la correttezza della composizione. Per farlo occorre lavorare coi cartelli dei numeri e le perle dorate insieme.

Varianti:
– possiamo eseguire questa presentazione coinvolgendo un gruppo di bambini (3 o 4).

Presentazione con le perle dorate e i cartelli

Per prima cosa poniamo sul tappeto il materiale in questo ordine, formando il “quadro del sistema decimale“:

Non si tratta di contare, ma di portare l’attenzione del bambino sul concetto che in ogni gerarchia esistono unicamente 9 cifre che non possono essere rappresentate semplicemente dai numeri 1 2 3 4 5 6 7 8 9, dal momento che essi indicano soltanto unità semplici; in altre parole possiamo dire che le cifre significative sono sempre e soltanto nove:

Con i bambini proporremo i primi esercizi utilizzando un solo cubo delle migliaia, cioè formando grandi numeri entro il 1999. Potremo così proporre molti esercizi di associazione tra cartelli dei numeri e perle dorate (cioè tra simbolo e quantità).

Naturalmente lavoreremo prima all’associazione di un solo cartello dei numeri, ad esempio 600, 8, ecc…

Quando poi il bambino avrà acquisito familiarità con le categorie separate, possiamo passare a consegnargli contemporaneamente due o più cartelli di differenti gerarchie, ad esempio 1000 400 50 8,

chiedendogli di portare la quantità corrispondente a ciascun cartello.

Poi possiamo mostrargli come avviene la formazione di un grande numero: sul cartello più lungo collochiamo via via quelli più corti, allineandoli prima sulla sinistra

e facendoli scorrere poi verso destra

Alla fine, leggeremo al bambino: mille-quattrocento-cinquant-otto.

Un altro esercizio consiste nel dire un numero, ad esempio ottocentoquarantasette, ed il bambino dovrà scegliere dal quadro del sistema decimale le quantità corrispondenti, cioè 8 quadrati di perle, 4 bastoncini e 7 perle sciolte.

Per quanto riguarda i cartelli dei numeri, la scelta sarà per il bambino ancora più semplice. Se poi si sovrappongono i cartelli 800 40 e 7

 si avrà il  numero: 847

I bambini, in questo modo, si esercitano nella composizione e scomposizione di grandi numeri, sia per quanto riguarda le quantità, sia per quanto riguarda i loro simboli numerici. I numeri si scompongono separando le migliaia, le centinaia, le decine e le unità: ogni grande numero è una somma di gruppi, ciascuno dei quali è rappresentato dalle cifre che stanno una accanto all’altra.

Questa, ad esempio, la composizione del numero 1235 con il materiale:

e questa con i cartelli dei numeri:

Si può iniziare a giocare coi grandi numeri molto presto: i bambini ne saranno entusiasti. Il fatto di poter comporre e analizzare i numeri muovendo oggetti stimola la ripetizione. Presentato nel suo insieme, il sistema decimale è una specie di trama fondamentale sulla quale si sviluppano un po’ per volta i dettagli che chiariscono e facilitano, ogni volta un po’ di più, il suo studio.

L’esercizio della “visione a volo d’uccello del sistema decimale“, ad esempio, consiste nell’appaiare a ciascuno dei cartelli dei numeri la corrispondente quantità di perle. Questo risponde al principio di globalità, un punto fondamentale della didattica montessoriana che consiste nel cominciare sempre, al ogni livello, dalla presentazione di una situazione generale, precisando poi i dettagli.

Lo studio dei dettagli può essere condotto con più dettagli contemporaneamente. Una sistematizzazione non è necessaria, mentre è necessario studiare “tutti” i dettagli. Gli esercizi coi dettagli che si riferiscono al sistema decimale non hanno necessità di precedenza, essendo già guidati da un insieme prestabilito. La Montessori chiama questi esercizi “esercizi paralleli“, e si tratta di giochi che vanno dalle tavole di Seguin, alle catene di 100 e di 1000, al serpente dell’addizione, ai vari giochi per le operazioni aritmetiche…

Presentazione 1

(trovi altri esercizi qui)

Materiale:
1 perla delle unità,
1 barretta delle decine,
1 quadrato delle centinaia,
1 cubo delle migliaia;
i cartelli dei numeri 1 10 100 e 1000.

Scopo:
– appaiare le quantità di perle ai relativi simboli numerici

Presentazione:
Portare la scatola dei cartelli grandi dei numeri sul tappeto, e mettere sul tappeto i cartelli 1 10 100 e 1000. Posizionare i cartelli uno sotto l’altro, facendoli nominare dal bambino.

Portare al tavolo la quantità di perle corrispondente,

quindi comporre il numero 1111.

Presentazione 2 (esercizio di gruppo per due o tre bambini)

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette delle decine, 9 quadrati delle centinaia, 1 cubo delle migliaia; il set completo dei cartelli grandi dei numeri (senza i cartelli dal 2000 al 9000); un vassoio vuoto per ognuno dei bambini partecipanti e due tappeti

Scopo dell’esercizio: esercitarsi ed acquisire familiarità con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli scritti; imparare a leggere correttamente i grandi numeri; preparazione al lavoro con il valore posizionale delle cifre.

Esercizio:

Stendere i due tappeti sul pavimento e disporre con l’aiuto dei bambini in uno i cartelli dei numeri e nell’altro le perle dorate, in questo modo:

contando il materiale via via che viene disposto.

(in questa prima fase sarà sufficiente disporre solo il cartello del 1000, in relazione al solo cubo delle migliaia presente)

Ogni bambino riceve un vassoio con una ciotolina per contenere le unità

mettiamo sul vassoio di ogni bambino un cartello diverso,

e chiediamo loro di identificarlo e di portarci la quantità di perle corrispondente.

Quando il bambino torna, si legge la carta e si contano insieme le perle che ha portato. Quindi si rimettono al loro posto sia le perle, sia il numero.

Dopo un po’ di esercizi con una sola categoria, possiamo passare a mettere due cartelli diversi sui vassoi, relativi a due categorie adiacenti.

Mostriamo sempre al bambino, dopo che ci ha portato il corrispondente quantitativo di perle, come sovrapporre  i due cartelli e come leggere il numero formato,

dicendo ad esempio: “quattro decine e sei unità… quarantasei”.

Passeremo poi ad utilizzare tre, ed infine quattro categorie.

Presentazione 3 (esercizio di gruppo)

Materiali:
– il set completo delle perle dorate (9 elementi per categoria),
– il set completo dei cartelli grandi dei numeri,
– un vassoio per ogni bambino partecipante,
– tre tappeti e un vassoio

Scopo dell’esercizio:
– combinare i simboli scritti con le quantità corrispondenti
– familiarizzare con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli
– esercitare la composizione, scomposizione e la lettura dei grandi numeri
– comprendere il valore posizionale delle cifre all’interno di un numero.

Esercizio:
Allestiamo i tre tappeti, con l’aiuto dei bambini, in questo modo:

Come nella presentazione precedente, scegliamo un cartello e diamolo al bambino, perchè possa metterlo sul suo vassoio e chiediamogli di andare a prendere la quantità di perle corrispondenti.

Contiamo insieme a lui, mentre trasferisce il materiale scelto dal suo vassoio al tappeto piccolo. Terminato il controllo, chiediamo al bambino di rimettere tutto il materiale a posto, quindi ripetiamo l’esercizio con un altro cartello dei numeri. Ripetiamo questi esercizi almeno un paio di volte.

Quando il bambino esegue con sicurezza l’esercizio, possiamo iniziare a dare al bambino due cartelli dei numeri alla volta, ad esempio 50 e 4.

In fase di controllo, sul tappeto piccolo, chiamiamo sempre il numero formato dai due cartelli: ” 5 decine e 4 unità… Cinquantaquattro”.

Ripetiamo l’esercizio con numeri diversi, poi inseriamo prima anche le centinaia, ed infine anche le migliaia.

Ripetiamo gli esercizi anche invertendoli, cioè dando al bambino una certa quantità di perle, e chiedendogli di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti.

Presentazione 4

Materiali:
– il set completo delle perle dorate (9 elementi per categoria),
– il set completo dei cartelli grandi dei numeri,
– un vassoio per ogni bambino partecipante,
– tre tappeti e un vassoio.

Scopo dell’esercizio:
– combinare i simboli scritti con le quantità corrispondenti;
– familiarizzare con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli;
– esercitare la composizione, scomposizione e la lettura dei grandi numeri;
– comprendere il valore posizionale delle cifre all’interno di un numero;
– comprendere che, siccome i grandi numeri sono composti da più categorie, lo zero mostra semplicemente un posto vuoto, cioè che mancano elementi di una o più categorie (ad esempio che nel 1304 mancano le decine).

Esercizio:
Allestiamo i tre tappeti, con l’aiuto dei bambini, in questo modo:

 

Prepariamo una cifra coi cartelli dei numeri per ogni bambino, all’inizio utilizzando categorie adiacenti, ad esempio 1436…

Chiediamo ad ogni bambino di portarci le perle corrispondenti alla cifra assegnata, e di trasferire correttamente il materiale sul tappeto, ordinando correttamente sia le perle, sia i cartelli dei numeri.

Mostriamo sempre come posizionare correttamente i cartelli dei numeri.

Per farlo il bambino dovrà sovrapporre i cartelli uno sull’altro sul margine destro

raccogliere le carte, ruotarle in verticale e far scorrere tutti i cartelli sul margine sinistro e poi verso il basso sul lato inferiore

quindi posare il numero composto correttamente sul tappeto.

Leggere sempre il numero: “1 migliaio, 4 centinaia, 2 decine e 6 unità… mille quattrocento venti sei”

Chiedere al bambino di rimettere tutto il materiale al suo posto prima di ripetere l’esercizio anche invertito (cioè preparando un certo quantitativo di perle dorate, e chiedendogli di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti e chiedendogli di comporre correttamente la cifra).

Quando i bambini si muovono con sicurezza, passiamo a preparare per loro cifre composte da categorie non adiacenti, chiedendo loro di portarci la quantità di perle corrispondente; ad esempio 2034:  lo zero mostra semplicemente un posto vuoto, cioè che mancano elementi di una o più categorie ( in questo caso mancheranno le centinaia).

Ripetiamo gli esercizi invertendo le azioni, cioè preparando una certa quantità di perle dorate (ad esempio 1036) nella quale manchino uno o più categorie, e chiedendo al bambino di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti e di comporre correttamente la cifra.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO nella pedagogia montessoriana. L’educazione scientifica di Maria Montessori è facile da applicare e non richiede necessariamente un grande impegno economico, soprattutto per quanto riguarda i primi anni di vita; ciò che richiede davvero, e soprattutto nei primi anni di vita,  è una comprensione profonda dell’essere umano.
Se è vero, infatti, che il processo educativo dell’uomo dura per tutta la sua vita, è anche vero che l’importanza dell’educazione è tanto maggiore quanto più il bambino è piccolo, e i primi anni sono fondamentali perchè in questo periodo si gettano le basi della personalità. Non bastano quindi amore, buona volontà e impegno personale, occorrono anche informazioni corrette. Dobbiamo unire all’amore la conoscenza scientifica del bambino.
I bambini sono esseri meravigliosi e vivere con loro è una preziosa occasione per arricchire se stessi, mentre si svolge un lavoro che serve la vita.
Conoscere, comprendere, cambiare: questo ci consente in campo educativo di dare un aiuto migliore alla vita. Una buona educazione fin dall’inizio della vita può cambiare la società presente e futura.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

L’umanità può sperare in una soluzione dei suoi problemi, fra cui i più urgenti sono quelli di pace e di unità, soltanto volgendo la propria attenzione e le proprie energie alla scoperta del bambino e allo sviluppo delle grandi potenzialità della personalità umana in corso di formazione“.
Maria Montessori

Lo sviluppo delle potenzialità umane non può essere deciso da noi. Noi possiamo solo servire questo sviluppo. Lo scopo dell’educazione è aiutare l’essere umano a scoprire cosa può fare per crescere e realizzarsi, migliorando la sua vita e quella del suo ambiente.
Ricordiamo sempre che:
– ogni bambino viene al mondo con immense potenzialità;
– ogni bambino ha a sua disposizione meccanismi di autoregolazione meravigliosi, che però possono non funzionare se gli adulti interferiscono nei suoi processi vitali;
– ogni persona vicina al bambino è un suo educatore, perchè può aiutarlo nel suo sviluppo, se sa ciò che deve fare per aiutarlo;
– il periodo da 0 a 3 anni è il periodo in cui corpo e mente raggiungono una collaborazione armoniosa e tutta la vita futura dipende dalla qualità di questa prima fase di sviluppo;
– l’educazione come aiuto alla vita è in rapporto col passato e guarda al futuro: la vita ha circa tre miliardi e mezzo di anni e tutto questo passato è ricapitolato in ogni nuovo essere umano.

Nella lunga infanzia umana si possono osservare diverse fasi in successione, chiamate da Maria Montessori piani di sviluppo che si succedono ogni 6 anni, dalla nascita ai 24 anni:
– primo piano di sviluppo: da 0 a 6
– secondo piano di sviluppo: da 6 a 12
– terzo piano di sviluppo: da 12 a 18
– quarto piano di sviluppo: da 18 a 24.
Il primo e il terzo piano sono fortemente costruttivi, il secondo e il quarto rappresentano fasi di assestamento e ampliamento di quanto costruito precedentemente, e si caratterizzano per la presenza di notevoli capacità immaginative e creative.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

All’interno del primo piano di sviluppo possiamo distinguere due fasi:
da 0 a 3 anni: fase dominata dall’inconscio. In questa fase si costruiscono le basi per la motricità, le abilità della mano, l’assorbimento della lingua materna e della cultura base del gruppo umano in cui si è nati. Questa fase coincide col periodo sensitivo per l’ordine, il movimento e il linguaggio, che nella seconda fase (da 3 a 6 anni) porteranno capacità di concentrazione;
da 3 a 6 anni: il bambino di tre anni è ancora molto autocentrato, vive in un mondo magico dal quale il senso di realtà emerge lentamente. Mentre le mani vogliono continuamente lavorare, la mente ricerca un ordine nella complessità delle sensazioni, e il bambino classifica, appaia, distingue, arriva all’astrazione. In questa fase si costruiscono le basi per rispondere alla prima grande domanda dell’uomo “Chi siamo?”. E’ un piano che richiede la massima protezione, e se tutto si svolgerà come deve, alla sua conclusione il bambino avrà raggiunto un buon grado di indipendenza nella cura di sé e dell’ambiente.
Durante il primo piano di sviluppo il bambino rafforza la propria autostima, la fiducia in se stesso, la capacità di correggersi: diventa indipendente in tutte le attività-base. A poco a poco esce da una condizione autocentrata e si avvia a scambi sociali sempre più ampi.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

Nel secondo piano di sviluppo si avvia una nuova presa di coscienza. Il bambino matura il senso del tempo che passa e la sua immaginazione non è più di tipo magico, ma si ancora alla realtà. Gli arti si sono allungati, lo scheletro si è irrobustito ed il bambino può esplorare l’ambiente e la natura.
Il legame con la famiglia è meno esclusivo ed il bambino è ora in grado di lavorare in un piccolo gruppo di coetanei, fare progetti e realizzarli in modo indipendente. Il gioco è già proiettato verso il costruire ed il modificare, con invenzioni guidate dall’immaginazione.
Si pongono le basi per rispondere alle seconda grande domanda “da dove veniamo?”. I bambini si appassionano ai miti, alla storia e alla geografia. Hanno un forte senso di giustizia e desiderano distinguere tra il bene e il male. Sono severi nei loro giudizi, ma anche capaci di grandi affetti e coltivano l’amicizia soprattutto verso coetanei dello stesso sesso.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

Nel terzo piano di sviluppo si realizza la maturazione sessuale. Maria Montessori definì gli adolescenti “neonati sociali”: la nascita cui si riferisce è quella dell’indipendenza di pensiero, di giudizio e la capacità di discutere.
Si pongono le basi per rispondere alla grande domanda “dove stiamo andando?”. In questa fase ha grande importanza il gruppo liberamente scelto ed i ragazzi hanno bisogno di avvicinarsi in modo più diretto ai segreti degli adulti e di sperimentare il mondo del lavoro. Una delle materie di studio che più li appassiona è la filosofia.

Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

Nel quarto piano di sviluppo si raggiunge l’età adulta: è il periodo dell’avvio al lavoro o degli studi universitari.

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Montessori da 0 a 3 anni: I PIANI DI SVILUPPO

Crescere senza punizioni né minacce

Crescere senza punizioni né minacce è un libro di Catherine Dumonteil-Kremer, madre di tre figlie, educatrice Montessori, consulente familiare, formatrice in tecniche di comunicazione interpersonale. Ha fondato l’associazione ‘La Maison de l’Enfant’ e il forum di sostegno alla genitorialità ‘Parents Conscients’ (in lingua francese). E’ anche membro fondatore dell’OVEO (Osservatorio sulla Violenza Educativa Ordinaria). Il libro è edito in Italia dalla casa editrice Natura e Cultura.

In Italia è possibile partecipare ai laboratori “Vivere e crescere insieme” di Catherine Dumonteil Kremer tenuti dalla Dott.ssa Myriam Nordemann.
Su sua iniziativa è anche nata la “Giornata della non violenza educativa in Italia”

La Dott.ssa Myriam Nordemann ha anche tradotto in italiano il testo illustrato di Catherine Dumonteil Kremer “Senza sculacciate come fare” scaricabile gratuitamente in formato pdf dal suo sito:

http://www.myriam-nordemann.com/


Crescere senza punizioni né minacce

Liberi dalla violenza educativa di ieri e di oggi
I tantissimi temi che affronta l’autrice ruotano attorno al problema del porre limiti ai bambini e ci porta a riflettere, tutti, sul nostro modo di intendere il nostro ruolo di genitori, e sul nostro ricorrere, spesso inconsapevolmente, a quella che può essere definita “violenza educativa ordinaria“. L’autrice riesce a parlarci con più voci: c’è quella della professionista, quella della studiosa, e poi c’è la sua voce di madre, riconoscibilissima, ad esempio, nell’importanza che assegna al ridere insieme…

Tra le risorse in lingua italiana  ho trovato in rete questo articolo di Marylène Patou-Mathis, storica della preistoria: “… ci sono due categorie di violenza sui bambini: entrambe vengono trasmesse tra le generazioni e rappresentano il collegamento tra singole violazioni e danni sociali. L’abuso è tipico di chi in precedenza ha subito maltrattamenti. La violenza educativa ordinaria è commessa, praticamente da tutti e più o meno a propria insaputa, credendo di fare bene, con l’idea che il bambino ne abbia bisogno per diventare una persona perbene. La violenza educativa ordinaria sembra benigna, addirittura benefica, mentre è il terreno di coltura della violenza, in quanto mina la capacità di empatia del bambino. Ma rimuovendo qualsiasi forma di violenza soft dall’arsenale educativo non rischiamo di creare dei piccoli tiranni? Permetteremo forse al bambino di fare qualsiasi cosa? Certo che no. Il bambino ha bisogno di avere dei limiti. “Siamo violenti, è la natura umana”… questa asserzione è basata sul nulla. Gli studiosi sostengono che la violenza educativa sia comparsa nella storia dell’umanità sulla scia della sedentarizzazione. Aumentando il numero delle nascite rispetto alle società di cacciatori-raccoglitori, i figli maggiori dovevano essere svezzati in modo che i nuovi nati potessero essere allattati. Questo deve aver creato aggressività nei fratelli maggiori, che hanno iniziato a picchiare i cadetti. La madre, che gli ormoni legati all’allattamento rendono iper-aggressiva se le si tocca il piccolo, deve aver a quel punto iniziato a picchiare il maggiore. È un’ipotesi plausibile per spiegare la comparsa del ciclo della violenza nel cerchio familiare”. http://www.pressenza.com/

Crescere senza punizioni né minacce – Essere genitori
La premessa di Catherine Dumonteil-Kremer al suo lavoro è di leggerlo come una comunicazione tra pari, perchè il confronto tra genitori sulle esperienze vissute è più importante di qualsiasi libro sull’educazione di un qualsiasi teorico.
Essere genitori non è un lavoro e non è una carriera: è una passione, perchè chi vede la propria attività come passione non è motivato né dai soldi né dal potere, ma dalla soddisfazione personale. Chi svolge un’attività per passione è più felice, aumenta il benessere delle persone che lo circondano, e cambia la società. Quando l’attività che svolgiamo ha un significato, si sentiamo pienamente realizzati. Accompagnare un bambino è un vero e proprio privilegio, una sfida avvincente che coinvolge il meglio di noi stessi e ci porta a riacquistare vitalità e gioia di vivere. Essere genitori ci rende più efficienti e produttivi sotto tutti i punti di vista. I nostri figli ci insegnano anche l’arte di accudire. Accompagnandoli, scopriamo e mettiamo in pratica l’attenzione, l’accoglienza, la comprensione, la delicatezza, impariamo a rallentare e a prenderci cura di chi ci circonda.

Crescere senza punizioni né minacce – Bisogni e limiti
Prima di diventare genitori, immaginiamo che il nostro ruolo consisterà nel porre dei limiti, e che questi limiti porteranno i nostri figli a fare le cose che ‘si devono fare‘ e a non fare le cose che ‘non si fanno‘. Poi il bambino arriva, e nulla va come avevamo previsto. Cosa succede?
Succede che, per imparare, è necessario sentirsi bene. E che gli esseri viventi si sentono bene solo se i loro bisogni fondamentali sono soddisfatti. L’autrice parla di ‘serbatoio affettivo’: quando è pieno, funzioniamo in maniera ottimale, quando è vuoto no. Un serbatoio può svuotarsi, ma può anche riempirsi, e il funzionamento dei nostri figli è uguale al nostro: anche i loro piccoli serbatoi affettivi possono svuotarsi, per molte ragioni. Quando il serbatoio affettivo si è svuotato, dovremo imparare tutti i modi che ci permettono di riempirlo. A volte può anche succedere che il serbatoio si danneggi, ed in questo caso bisognerà cercare di ripararlo.
Il punto di partenza per porre dei limiti è osservare e capire cosa c’è all’origine di alcuni comportamenti che saremmo tentati di reprimere. Alcune situazioni, naturalmente, non consentono questa riflessione e richiedono l’uso della forza senza violenza. Ma le situazioni in cui si presenta un reale pericolo di vita per il bambino non sono così frequenti, e l’uso della forza senza violenza rimane un’eccezione.
L’adattamento di un adulto al ritmo di un lattante richiede una fatica enorme, complicata dal pregiudizio diffusissimo che i neonati abbiano la capacità di ‘manipolare’ chi li circonda.  Questo pregiudizio influenza l’idea che ci facciamo del nostro ruolo e favorisce l’insorgere di rapporti di forza, mentre in realtà ‘Sì’ è l’unica risposta da dare a un neonato: tutte le sue richieste riflettono le sue necessità impellenti.

Crescere senza punizioni né minacce – I bisogni fondamentali dei bambini
Tra i bisogni fondamentali dei bambini, l’autrice cita:
il bisogno di presenza e di attenzione;
il bisogno di contatto fisico e delicatezza: per tenerezza intendiamo contatto fisico affettuoso, dolcezza, rispetto e calore che generano il piacere di stare insieme;
il bisogno di essere ascoltato: durante i primi anni di vita, i bambini ci permettono di ascoltare le loro emozioni non appena si manifestano;l’ascolto è uno strumento fondamentale quando bisogna porre dei limiti;
il bisogno di essere accolto: accogliamo le sue crisi di rabbia, perchè il nostro bambino avrà accumulato tensioni e delusioni che forse non riusciamo a comprendere, e lo scoppio di rabbia, che dura in media una quindicina di minuti, farà ritrovare al bambino il proprio equilibrio; poi tornerà ad essere felice e vitale; accogliamo anche i suoi pianti e ricordiamo che il bambino è totalmente ancorato al presente e fa ciò di cui ha bisogno per ritrovare il proprio equilibrio, per cui è lui a sapere cos’è importante ai suoi occhi;
il bisogno di fare insieme: giocare, cucinare, fare la spesa, guardare la televisione;
il bisogno di nutrirsi: più un bambino si sente sicuro, più fa esperienze, mentre se si sente forzato anche solo ad assaggiare, si instaurerà in lui un sentimento di paura legato al cibo. Se desiderate che vostro figlio assaggi quello che cucinate, coinvolgetelo nella preparazione dei pasti; se avete un orto lasciategli assaggiare i frutti e le verdure crude raccolte; quando presentate un nuovo alimento, proponetegli allo stesso tempo dei cibi che già ama; assaggiate sempre un boccone prima di lui perchè l’80% dei bambini accettano un alimento sconosciuto se viene prima assaggiato dalla madre; cercate di non essere troppo convenzionali col cibo e fidatevi delle loro percezioni, provando ad accettare le loro decisioni in merito a quantità ed orari, per quanto strane possano sembrare;
il bisogno di dormire: i bambini non riescono ad addormentarsi se non si sentono sicuri e non hanno sonno, e sono rari i neonati che si sentono così sicuri da dormire da soli. Un neonato inoltre non può rassicurarsi da solo: lasciarlo piangere lo getta nella disperazione, poi nello sconforto, e alla fine smette sì di piangere, ma non bisogna confondere un neonato calmo e felice con un neonato che reprime le proprie esigenze;
il bisogno di muoversi;
il bisogno di scoprire, esplorare e apprendere: questo bisogno non viene mai messo in relazione alla tematica del porre dei limiti. A. Gopnik descrive i bambini come ‘il reparto ricerca e sviluppo della specie umana‘, ma pensiamo a quanto spesso la passione dei nostri piccoli ricercatori viene ostacolata da una ‘protezione’ inadeguata. Organizzando un ambiente eccessivamente sicuro intorno al bambino, gli impediamo di fare le esperienze di cui ha bisogno per diventare competente nel nostro mondo e aggiungervi il proprio contributo.

Crescere senza punizioni né minacce
Cosa succede quando i bisogni fondamentali dei bambini non vengono soddisfatti?

Il loro serbatoio affettivo si svuota. Il livello di maturità del cervello del bambino non gli consente, quando il suo serbatoio affettivo è vuoto, di differire lo sfogo e chiedere con calma aiuto, ma passa immediatamente a una modalità ‘crisi di tristezza o di rabbia’.
Fare un breve bilancio della vita di nostro figlio, qualunque sia la sua età, può aiutarci a scoprire le cause delle sue reazioni e a riparare il riparabile. Chiediamoci: cosa sta provando? Ha fame, sete, sonno? Cosa gli manca? Può soddisfare il suo bisogno di scoperta? Può dedicarsi ad attività scelte da lui? Ha bisogno di essere coccolato? Come si è svolta la sua giornata all’asilo o a scuola? Quanto tempo ha trascorso con noi? E andando indietro nel tempo, chiediamoci: mangia in funzione del proprio appetito? Com’è il suo sonno? Come vivete le giornate con vostro figlio? Quali tensioni interferiscono? Come è andata la gravidanza? Qual era la vostra situazione familiare? Vostro figlio è stato desiderato? Volevate un figlio dell’altro sesso?
Oggi la volontà di togliere ai genitori il senso di colpa è molto evidente. Ma perchè non proviamo a considerare il senso di colpa come un segnale? Invece di diventare un sentimento negativo, potrebbe rivelarsi utile per indicarci che qualcosa non ha funzionato come avremmo voluto.

Crescere senza punizioni né minacce
Cosa succede ai genitori, quando i loro bisogni fondamentali di bambini non sono stati soddisfatti?

Molti di noi, da bambini, abbiamo cercato di esistere accanto ad adulti che non ci comprendevano appieno. E abbiamo avuto fretta di crescere per acquisire del potere sulle nostre vite.
Tutti i bisogni non soddisfatti delle nostra infanzia continuano a manifestarsi in età adulta, e diventano ‘bisogni congelati‘.
Quel breve bilancio che facciamo per nostro figlio, proviamo a farlo per noi stessi. Poniamoci le stesse domande. Può essere molto doloroso aprire gli occhi sulla propria storia, rendersi conto che i nostri genitori non hanno soddisfatto le esigenze da noi espresse. Questo percorso è però fondamentale se desideriamo accompagnare i nostri figli consapevolmente, e non ripetere quel che abbiamo subito.
Ricordiamo che i nostri bisogni congelati sono in competizione con quelli dei nostri figli. Però i bisogni dei bambini sono assolutamente legittimi, mentre i nostri bisogni di neonati e di bambini non lo sono più.
Cercare di dare quel che non abbiamo ricevuto richiede una gran quantità di energia, ma è anche la nostra via di guarigione.

Crescere senza punizioni né minacce
La riparazione

Secondo le neuroscienze, qualsiasi trauma manda il cervello ‘in panne’: in questa fase, l’unica parte attiva del cervello è l’amigdala, e il trauma viene immagazzinato lì. Ogni volta che abbiamo subito violenza, umiliazioni, punizioni, non abbiamo imparato nulla perchè eravamo in stato di shock. Il problema dell’amigdala è che si riattiva ogni volta che incontra un elemento che le ricorda la situazione traumatizzante vissuta. Nelle nostre percezioni, la nostra memoria è la facoltà più importante: il 99% di quello che pensiamo di vedere si trova già in essa, soltanto l’1% viene ad aggiungersi attraverso gli organi di senso. Che margine di manovra pensiamo quindi di avere quando ci ritroviamo di fronte a nostro figlio, ed è il nostro inconscio a tenere le fila della situazione?
Ciò che ci permette di migliorare è il fatto che, detto questo, il cervello ha un’importante caratteristica: è plastico, cioè è in grado di rimodellarsi per tutta la vita. E che cambiare è possibile.
Quando nostro figlio di sette anni ci chiede con insistenza di vestirlo al mattino, abbiamo l’opportunità di donargli l’attenzione e il contatto che indirettamente ci sta chiedendo perchè ha ancora bisogno di essere accompagnato come un bambino di tre anni. Prendiamoci tutto il tempo necessario per farlo con tenerezza: presto si trasformerà in un gioco, e quando il bambino si sentirà pronto, tornerà ad essere indipendente, perlomeno in relazione a quella particolare richiesta.
Non tenete in considerazione l’età dei vostri figli quando si tratta di porre rimedio ad un bisogno non soddisfatto.

Crescere senza punizioni né minacce
Limiti e apprendimento

Ognuno ha in sé la propria bussola che lo attira verso quel che gli serve. Tutti gli asini vanno ai cardi, tutti i cuccioli alla mammella. E gli uomini vanno al sapere. Il loro destino è di scoprire, di sbocciare sempre più ampiamente, di tirar fuori senza fine lo spirito, la coscienza“. (H. Gougaud)
Noi e i nostri figli siamo sulla stessa barca: cerchiamo di imparare e di ampliare la nostra coscienza. Ma poichè loro hanno meno esperienza, con i nostri limiti li possiamo aiutare ad entrare in contatto col mondo.
Al nostro fianco i bambini imparano a proteggere la propria integrità fisica; a partecipare alla vita familiare; ad apprendere i codici sociali; ad acquisire abitudini e gesti quotidiani; e sperimentare principi di fisica, chimica, psicologia, biologia, ecc.
L’apprendimento si svolge in modo ottimale quando il bambino è motivato a lanciarsi in questo apprendimento; impara in un ambiente stimolante; la difficoltà è alla sua portata; non è sottomesso a un sistema punizione/ricompensa; il gioco ed il riso sono utilizzati il più spesso possibile.
Numerose ricerche sul sistema punizione/ricompensa dimostrano che annulla la motivazione intrinseca, diminuisce le prestazioni, ostacola la creatività, genera assuefazione ed ostacola i ragionamenti a lungo termine. Inoltre la ricompensa può ossessionarci al punto da essere pronti a rinnegare i nostri valori pur di ottenerla.

Crescere senza punizioni né minacce
Aiuti per svolgere al meglio il nostro compito di genitori

Imparare a porre dei limiti senza minacciare, senza operare dei ricatti affettivi, far sentire in colpa, punire/premiare, necessita di molto tempo e molta energia.
In materia di limiti, il fine è importante quanto i mezzi. Per tutta la sua vita, vostro figlio sarà ispirato dal vostro modo di risolvere i problemi con lui.
E’ un compito molto difficile il nostro, e, secondo l’autrice, può essere di grande aiuto formare una tribù, scegliere una meta, fare il punto sulle nostre regole e i nostri valori, considerare il nostro punto di vista quando guardiamo i nostri figli, coltivare la gioia di vivere:
formare una tribù: avere degli amici, persone che magari non condividono tutte le nostre opinioni, ma che ci vogliono bene e sono pronte ad ascoltarci, aumenta il nostro senso di benessere. Internet è uno strumento eccezionale per migliorare la vita dei genitori, ed è anche un modo per incontrarsi e per formare una vera e propria rete di sostegno;
scegliere una meta significa porsi delle semplici domande: che tipo di genitore voglio essere? Che rapporto voglio avere con i miei figli oggi e quando saranno adulti? Che genere di adulto vorrei che mio figlio diventasse? Come immagino la società di domani? Che genere di persone vorrei avere accanto durante la vecchiaia, quando forse sarò io ad aver bisogno che qualcuno si prenda cura di me?
fare il punto sulle nostre regole e i nostri valori: dividiamo le nostre aspettative in due gruppi: quello che vorremmo che nostro figlio facesse, e quello che desideriamo impedirgli di fare. Delle regole che ne usciranno ci saranno regole negoziabili e regole non negoziabili.  Le regole non negoziabili non si discutono: all’azione o richiesta del bambino si oppone un “no”. Le regole negoziabili sono la maggior parte: più passa il tempo più il nostro bambino conosce il mondo, e più le regole diventano negoziabili;
consideriamo il punto di vista con cui guardiamo nostro figlio: guardiamoli pensando che i bambini nascono buoni e che cercano di diventare se stessi soddisfacendo i propri bisogni. Non dobbiamo farli diventare accettabili, simpatici o intelligenti: loro sono già molto meglio di così! Ricordiamo che le nostre emozioni sono contagiose e il linguaggio del nostro corpo comunica molte cose, in silenzio. I nostri avvertimenti posso diventare profezie che si auto-avverano. Diciamo: “Se fai così, cadi!”, e spesso alla frase fa seguito un bel: “Lo sapevo! Te l’avevo detto!”. In un certo senso, quando il genitore dice queste cose, ottiene il risultato che si aspetta. Perchè allora non sostituire le nostre aspettative negative con delle aspettative positive? Proviamo ad avere dei preconcetti positivi nei confronti di tutte le azioni dei bambini.
coltivare la gioia di vivere: le nostre emozioni positive sono contagiose e accrescono le nostre competenze intellettuali, fisiche e sociali. Noi contagiamo gli altri con il nostro umore: le secrezioni di adrenalina sono molto contagiose e, da una corteccia cerebrale all’altra, circolano più veloci del vento! Ad esempio, migliorano l’umore la musica, il ballo, il film comici e le parole affettuose… ma anche ringraziare ci rende felici. La gratitudine non è una ricompensa, ma comunica all’altro che siamo contenti della sua presenza nel nostro quotidiano. Quando pretendiamo che nostro figlio dica ‘grazie’ anche se non prova gratitudine, in un certo senso lo costringiamo a mentire. La gratitudine invece deve diventare uno stato d’animo. Le persone che provano gratitudine godono di migliore salute, hanno una visione più ottimista del futuro e dormono meglio.

Crescere senza punizioni né minacce
Porre limiti: metodi

Nella pratica quotidiana, ci ritroviamo a porre ai nostri figli dei limiti. Per farlo possiamo utilizzare alcuni metodi che possono aiutarci a comprendere le situazioni e ad agire:
lavoriamo su noi stessi: chiariamoci sempre le nostre intenzioni prima di agire, perchè fin dall’inizio della propria vita, i bambini le percepiscono;
adattiamo le nostre richieste allo stadio di sviluppo del bambino: modifichiamo le nostre regole man mano che cresce, ma sempre cercando di mettere il mondo alla sua portata.
cerchiamo di modificare in noi quel che vorremmo migliorare in lui: nostro figlio ci imita, e questo può innervosirci, quando ritroviamo in lui dei tratti che non amiamo di noi stessi;
cerchiamo di prevenire le situazioni di crisi: raccontiamo al bambino, ad esempio, come si svolgerà la sua giornata, in modo che lui non si ritrovi poi a vivere una situazione inattesa;
facciamo attenzione alle fasi di transizione: i bambini hanno difficoltà ad abbandonare un’attività per un’altra, perchè sono molto più coinvolti nell’istante presente di noi adulti e perchè spesso quello che li attende è una costrizione. Se il bambino si oppone, non sta prendendo una decisione contro di noi, ma a favore di se stesso, per prolungare il benessere che sta provando, e questo è sicuramente un atteggiamento sano.
mettiamoci al suo posto;
– comprendiamo le sue ragioni: quando il suo comportamento non corrisponde ai nostri criteri, ricordiamo sempre che il bambino ha delle buone ragioni per comportarsi in quel modo. Non sta agendo contro di noi, ma sta crescendo. Spieghiamogli perchè non siamo d’accordo (anche senza aspettarsi che lui tenga la cosa in considerazione), e cerchiamo attività alternative che possano soddisfare il bisogno che ha espresso col suo comportamento;
instauriamo una comunicazione autentica e vivace: esprimere le emozioni è un processo fisiologico di guarigione, a tutte le età. Rispetto noi, però, i nostri figli hanno il vantaggio di non sottostare a convenzioni sociali. Capita a tutti i bambini di avere delle crisi di rabbia , in particolare intorno ai due anni, quando sa già camminare, ma non è ancora in grado di realizzare tutti i propri progetti.  A casa è più facile accogliere queste crisi, in altri casi è possibile rimandare una crisi: possiamo scegliere di cedere, ed esempio, se ci troviamo a casa di amici o al supermercato, e consentirgli un comportamento che dovremmo invece limitare. Quando decidiamo di rimandare, aspettiamoci però sempre un’esplosione a fine giornata o nei giorni successivi;
ascoltiamo i sentimenti dei bambini: gli studi sull’ascolto si devono a Carl Rogers, che ha avuto come allievi Marshall Rosenberg (fondatore della Comunicazione Non Violenta), Thomas Gordon, padre del metodo che porta il suo nome, e molti altri autori. L’ascolto produce il sentimento di comprensione di cui abbiamo bisogno per crescere, ci fa sentire sicuri e ci permette di essere davvero noi stessi. Se sapremo ascoltarlo, nostro figlio potrà smettere di urlare per farsi sentire;
affermiamoci: affermare se stessi significa parlare di sé senza presupporre un’altra persona. Questo permette di farsi conoscere dall’altro, che così imparerà cosa ci stanca, cosa ci sfinisce, cosa di dà ai nervi o ci fa ridere. Dire a nostro figlio come ci sentiamo in vari momenti della giornata, non solo gli fa scoprire il modo in cui noi funzioniamo, ma gli consente anche di aumentare il proprio vocabolario dei sentimenti, e di fare lo stesso percorso;
interrompiamo verbalmente un’azione con cui non siamo d’accordo: conosciamo poco i no pronunciati con dolcezza, tuttavia nulla ci impedisce, di fronte ad un’azione che non approviamo, di esprimere il nostro disaccordo con sensibilità e senza asprezza;
– lasciamo che il bambino conosca le conseguenze delle proprie azioni: tra il fare in modo che i bambini si assumano la responsabilità di tutte le loro azioni, e quella di lasciar correre tutto, esiste una terza alternativa. Quando il bambino fa una scelta, cerchiamo di aiutarlo ad assumersene la responsabilità, e accettiamo che cambi opinione. E’ così che funziona il mondo: le sofferenze possono arrivare, gli errori si possono commettere, ma si può anche cambiare idea, riflettere, scegliere altre opzioni, esplorare altre conseguenze.
siamo di buon esempio;
diamo ai bambini la possibilità di scegliere: insegniamo a fare delle scelte, a scegliere con la propria testa, a scegliere in base a quel che si prova…
osiamo discussioni filosofiche: tutte le discussioni coi bambini possono diventare discussioni filosofiche. L’arte di porsi delle domande è una capacità che aiuterà i nostri figli a coltivare in qualsiasi momento la propria umanità e che li abituerà a negoziare.
ridiamo coi nostri bambini: tutto quello che fa ridere il nostro bambino, lo aiuta a sentirsi meglio. Più ridiamo insieme a lui, più il nostro rapporto con lui migliora, il legame si rafforza e la fiducia reciproca aumenta.
concentriamoci sul rapporto e non sul problema.

Il testo è di piacevole lettura, ricco di riferimenti bibliografici, di esempi pratici, di consigli, e di testimonianze dirette di genitori.

Crescere senza punizioni né minacce
Per approfondire, in lingua italiana, abbiamo a disposizione i seguenti testi consigliati

Ingeborg Bosch Bonomo: In armonia con le emozioni. Curare le ferite del passato per vivere il presente con serenità.


Lawrence Cohen: Gioca con me. L’educazione giocosa: un nuovo, entusiasmante modo di essere genitori.


Mihaly Scikszentmihalyi: Una relazione educativa insolita: Lóczy (Ricerche).


Norman Doidge: Il cervello infinito: Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello (Ponte alle Grazie Storie).


Katherine Ellison: Il cervello delle mamme: Come la maternità ti rende più brillante (Saggi).


Isabelle Fillozat: Le emozioni dei bambini.


Daniel Goleman: Intelligenza emotiva.


Allison Gopnik, Andrew Metzoff e Patricia Kuhl: Tuo figlio è un genio. Le straordinarie scoperte sulla mente infantile.


Thomas Gordon: Genitori efficaci. Educare figli responsabili.


Arthur Janov: Il potere dell’amore. L’azione dell’affetto materno sullo sviluppo psicofisico del bambino.


Willi Maurer: La prima ferita. L’influenza dell’imprinting sul nostro comportamento umano.


Alice Miller: La persecuzione del bambino. Le radici della violenza.


Ashley Montagu: Il linguaggio della pelle. Il senso del tatto nello sviluppo fisico e comportamentale del bambino.


Emmi Pikler: Per una crescita libera. L’importanza di non interferire nella libertà di movimento dei bambini fin dal primo anno di vita.


Daniel H. Pink: Drive. La sorprendente verità su ciò che ci motiva nel lavoro e nella vita.


Jordi Quoidbach: Felice mente. Perché le persone felici vivono più a lungo?


Carl Ransom Rogers: Terapia Centrata Sul Cliente.


Robert Rosenthal e Jacobson Leonore: Pigmalione in classe. L’immagine che chi insegna si fa di chi apprende sotto la sua guida… (momentaneamente non disponibile)


Aletha Solter: Lacrime e capricci. Cosa fare quando neonati e bambini piangono.


Margot Sunderland: Il tuo bambino. Come educarlo e capirlo.

Crescere senza punizioni né minacce

Le dieci regole d’oro di Maria Montessori e l’autovalutazione dell’insegnante

Le dieci regole d’oro di Maria Montessori

1. Non toccare il bambino senza che il bambino stesso non ti abbia invitato a farlo, in qualsiasi forma. Non violare il suo spazio.

2. Non parlare mai male del bambino, in presenza e assenza del bambino stesso.

3. Concentrati a coltivare tutto il buono che è nei bambini (a qualunque cosa tu dedichi attenzione nel bambino, essa diventa più forte). Cura costantemente e meticolosamente l’ambiente. Insegna l’uso proprio delle cose e mostra il luogo dove le cose devono essere riposte.

4. L’adulto è attivo nello stabilire una relazione tra il bambino e l’ambiente, mentre è esternamente passivo e internamente attivo quando questa relazione si è sviluppata.

5. L’adulto deve sempre essere pronto a rispondere alle domande del bambino che ha bisogno di lui. Bisogna sempre ascoltare e rispondere ai bambini che si rivolgono a noi.

6. L’adulto deve avere rispetto del bambino che fa un errore, senza correggerlo direttamente. L’adulto deve fermare gli usi scorretti del materiale ed ogni altra azione che rechi danno al bambino o agli altri membri della comunità. La classe non è un ambiente nel quale il bambino può essere distruttivo.

7. L’adulto deve rispettare il bambino che sente il bisogno di riposarsi o di osservare il lavoro degli altri.

8. L’adulto deve aiutare i bambini che sono alla ricerca di un’attività da svolgere e non la trovano.

9. L’adulto deve essere instancabile nel ripetere le presentazioni al bambino che le ha precedentemente rifiutate, nell’insegnare al bambino che non ha ancora compreso, nell’aiutare il bambino che ha bisogno di superare una difficoltà, nello stimolare la cura dell’ambiente. Deve fare ciò utilizzando il silenzio propositivo, parole dolci, e presenza amorevole. Il bambino che ricerca deve sentire la presenza dell’adulto, e il bambino che ha trovato la deve ignorare.

10. L’adulto deve sempre trattare il bambino con il massimo del rispetto e della gentilezza, e in generale deve offrire al bambino sempre il meglio di sé.

Le dieci regole d’oro di Maria Montessori

Suggerimenti per l’autovalutazione dell’insegnante

La classe non è riuscita a seguirci:
– La mia preparazione era completa?
– Avevo esercitato praticamente la lezione a sufficienza?
– Avevo tutto il materiale necessario a disposizione?
– Il materiale era completo?
– Sono andato oltre quelli che sono i bisogni e gli interessi dei bambini?
– Ho presentato la lezione troppo presto?
– La lezione era troppo semplice?
– Il bambino è pronto per la lezione? Ho tenuto un registro accurato su di lui per saperlo?
– Ho coltivato un dialogo regolare con ogni bambino per conoscere  gli interessi di ognuno?
– Sono stato scortese?
– Ho dei pregiudizi contro questo materiale o questa materia di insegnamento?

La classe non progredisce:
– La scuola garantisce cicli di lavoro di tre ore?
– I materiali sono appropriati?
– La quantità di materiale a disposizione è corretta?
– Tutto il materiale è visibile ai bambini? Il lavoro di ognuno è visibile agli altri bambini?
– Ci sono tutte le condizioni necessarie alla concentrazione?
– I bambini che hanno maggior bisogno di assistenza sono vicini a me?
– C’è lo spazio sufficiente per il loro lavoro?
– I bambini capiscono i diversi tipi di apprendimento?
– Le lezioni sono date in accordo con l’interesse ed il livello dei bambini?
– Le lezioni sono preparate in modo che i bambini possano scegliere l’esercizio?
– I bambini sanno essere creativi o dipendono da libri e fotocopie?
– I loro bisogni fisici e spirituali sono soddisfatti?
– Le loro tendenze all’esplorazione, all’ordine, all’orientamento, alla ripetizione sono soddisfatte?
– I bambini sono in grado di sviluppare una visione del loro posto nell’Universo?
– I bambini sentono di possedere le regole di base?
– I bambini si sentono protagonisti del loro processo di autoeducazione?

Le dieci regole d’oro di Maria Montessori

Educazione cosmica Montessori

Educazione cosmica Montessori – Le cinque grandi lezioni che stanno alla base dell’educazione cosmica montessoriana vengono tradizionalmente presentate nella scuola primaria, dalla prima alla terza classe.

Diversamente da quanto avveniva nella scuola materna, quando si presentava al bambino una piccola idea che gradualmente evolveva nella costruzione di un grande concetto, ora partiamo dal più grande dei concetti per mostrare come tutte le idee si inseriscono in un gigantesco disegno.

Queste cinque lezioni sono:

  • Prima grande lezione: nascita dell’Universo e della Terra
  • Seconda grande lezione: la comparsa degli esseri viventi
  • Terza grande lezione: la comparsa degli esseri umani
  • Quarta grande lezione: la storia della scrittura
  • Quinta grande lezione: la storia dei numeri

Educazione cosmica Montessori
Prima grande lezione: nascita dell’Universo e della Terra

Il primo giorno di scuola i bambini ascoltano la prima fiaba cosmica sulle origini dell’Universo. Poi il complesso svolgersi della grande lezione prosegue con dimostrazioni, ricerche, esperienti, attività artistiche e manuali, toccando nel corso dell’anno varie materie ed argomenti:

  • Astronomia: sistema solare, stelle, galassie, comete, costellazioni
  • Metereologia: vento, correnti, tempo atmosferico, erosione, ciclo dell’acqua,
  • Chimica: stati della materia, miscele e composti, reazioni, elementi, atomi, tavola periodica, molecole, formule chimiche, equazioni, laboratori,
  • Fisica: magnetismo, elettricità, gravità, energia, luce, suono, calore, attrito, moto, esperimenti
  • Geologia: tipi di roccia, minerali, ambienti terrestri, vulcani, terremoti, placche tettoniche, ere glaciali, ere geologiche
  • Geografia:mappe, globo terrestre, latitudine e longitudine, clima, terre emerse e oceani, continenti e Paesi.

La fiaba cosmica originale di Maria Montessori includeva elementi religiosi, e per questo oggi se ne elaborano delle varianti più adatte ai gruppi multiculturali che vivono la scuola.

Educazione cosmica Montessori
Seconda grande lezione: comparsa della vita

La seconda grande lezione tratta dell’origine della vita. La lezione porta alla costruzione della Linea del tempo della vita:

un lungo cartellone con immagini e didascalie su microorganismi, piante ed animali che sono vissuti e vivono sulla terra. Si enfatizza la grande diversità delle forme viventi, e l’importanza del contributo di ognuna per il mantenimento della vita del pianeta. Questa lezione coinvolge nel tempo queste materie:

  • Biologia: cellule, organismi pluricellulari, regni della natura, campioni, dissezioni, osservazioni, uso del microscopio
  • Botanica: studio delle piante, classificazioni, funzione, parti delle piante (seme, fiore, frutto, foglie, tronco, radice), tipi di piante
  • Ambienti naturali: localizzazione, caratteristiche, catena alimentare, simbiosi, adattamento all’ambiente, ecosistemi, conservazione
  • Vita antica: ere geologiche, evoluzione della specie, estinzione, fossili, scavi archeologici
  • Animali: classificazioni, bisogni, similitudini e differenze, nutrizione, igiene,
  • Regni delle monere, dei protisti e dei funghi: cosa sono, classificazione, osservazione

Educazione cosmica Montessori
Terza grande lezione: la comparsa dell’uomo

Questa lezione porta alla costruzione di una linea del tempo che evidenzia le tre grandi caratteristiche che rendono la nostra specie così importante: una mente immaginativa, una mano che sa compiere un lavoro, un cuore che sa amare.

Questa lezione evolve nello studio di queste materie:

  • Storia: linee del tempo, preistoria, civiltà antiche, storia mondiale, storia di Continenti e Paesi specifici
  • Cultura: arte, artisti, musica, compositori, danza, teatro, architettura, design, filosofia, religioni, buone maniere e gentilezza.
  • Studi sociali: attualità, politica, economia, commercio, volontariato
  • Invenzioni e scoperte scientifiche: scienziati, inventori, metodo scientifico, invenzioni, macchine semplici.

Educazione cosmica Montessori
Quarta grande lezione: la storia della scrittura

E’ anche chiamata la storia della comunicazione attraverso i segni. La lezione tratta dello sviluppo delle scritture nel mondo: pittogrammi, simboli, geroglifici, alfabeti antichi, invenzione della stampa, ecc…

La lezione porta allo studio di queste materie:

  • Lettura: letteratura, poesia, saggistica, mitologia e fiabe popolari, autori, comprensione dei testi, analisi logica e del periodo, analisi del testo letterario
  • Scrittura: stile, funzione, voce, composizione, scrivere lettere, scrivere ricerche, abilità di studio
  • Linguaggio: origine delle lingue, lingue straniere, storia delle lingue, conferenze, recite
  • Strutture linguistiche: alfabeti, costruzione di libri, grammatica, punteggiatura, analisi della frase semplice e complessa, studio della parola, figure retoriche.

Educazione cosmica Montessori
Quinta grande lezione: la storia dei numeri

E’ anche chiamata storia della matematica. La lezione comincia con le civiltà antiche, che spesso avevano solo uno, due, e più di due e questo rappresentava tutto il loro sistema numerico. Si prosegue con una visione dei diversi sistemi di numerazione attraverso i secoli, che culminarono nello sviluppo del sistema decimale che usiamo anche oggi.

Questa lezione porta allo studio di queste materie

  • Matematica: operazioni, frazioni, decimali, multipli, quadrati, cubi, percentuali, calcolo delle probabilità, introduzione all’algebra
  • Numberi: origine dei numeri e dei sistemi nmerici, basi, tipi di numeri, notazione scientifica, biografie di grandi matematici
  • Geometria: congruenza, similitudini, nomenclature di linee, angoli, forme piane, figure geometriche, misurazioni, teoremi
  • Applicazioni: problemi, misurazioni, stime, grafici, schemi, concetti monetari.

Queste cinque storie introducono una quantità enorme di informazioni. Dopo ogni storia si aprono gli studi di molte materie ed argomenti. Le storie possono essere ricordate più volte durante l’anno, quando si introduce un nuovo argomento, per dare unità e coesione alla grande varietà di argomenti trattati.

L’educazione cosmica Montessori rappresenta la risposta al “periodo sensitivo della cultura” proprio del bambino della scuola elementare e gli permette di assistere al grandioso spettacolo dell’evoluzione naturale e umana.

Questo insegnamento sviluppa nei bambini il sentimento cosmico di unità e interdipendenza, e struttura il carattere di una personalità allargata, decentrata, responsabile, pacifica, morale.

Con l’educazione cosmica i saperi e le discipline sono al servizio della conoscenza del tutto e la scuola diventa officina di conoscenza cosmica.

Educazione cosmica Montessori

Nella visione di Maria Montessori ogni essere umano attraversa varie fasi di sviluppo (piani di crescita) dalla nascita all’età adulta.  I piani di crescita sono così suddivisi:

1°piano di crescita:
fase I: o – 2 anni
fase II: 3 – 5 anni
fase III: 6 -7 anni

2° piano di crescita: 8 – 12 anni

3° piano di crescita: 13 – 18 anni.

Maria Montessori elaborò la sua Teoria Cosmica come risposta agli interessi dei bambini che entrano nella scuola elementare (secondo piano di crescita). In questo periodo, infatti, il bambino sente il bisogno di allargare il proprio campo d’azione, diventa via via insofferente verso l’ambiente chiuso della famiglia e ha bisogno di rapporti sociali più ampi. Ha costruito il linguaggio ed esaurito il tempo della scoperta sensoriale e motoria, anche se l’azione inconscia domina ancora fino ai 7 anni. Esprime curiosità e domande del tutto nuove: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. Entrato lentamente nella realtà, ha acquisito una maggiore capacità di astrazione ed è in grado di mettere in relazione cause ed effetti. Si pone problemi etici e morali, esige giustizia nei rapporti con gli altri, vuole capire i fenomeni naturali: i perché del sole e della luna, dei terremoti e dei vulcani, delle piante e degli animali, del mare e dei fiumi…

Poiché Maria Montessori aveva una solida preparazione matematica e biologica, questo le permise di trovare modi di aprire ai bambini entrambi questi settori della conoscenza umana, non in modo nozionistico mnemonico, ma proponendo “astrazioni materializzate” in una cornice di ampio respiro, più tardi definita come Teoria Cosmica.

Via via mise a fuoco la complessa visione dei rapporti tra sole, viventi e atmosfera, tra clima e eventi terrestri, tra correnti marine e vulcani attivi e molto altro ancora, tutti fenomeni che mantengono sul pianeta un’armonica rete di equilibri in cui ogni specie svolge, attraverso ogni suo individuo, un proprio “compito”.

È questa la prospettiva che volle offrire ai bambini: tradurre in termini per loro leggibili le meraviglie dell’universo e del nostro pianeta, per aiutarli ad immaginare perché è qui che si svolge la loro vita ed è l’universo che può fornire risposte alle loro domande più profonde.

Educazione cosmica Montessori

L’educazione cosmica Montessori non è una disciplina o un insieme di nozioni, ma rappresenta il filo teorico e operativo che attraversa e coordina i vari materiali in una struttura unitaria. Non è un nuovo approccio alle materie scolastiche, ma un piano di sviluppo per ogni fase di crescita. È un modo di rapportarsi del bambino verso l’universo e verso l’umanità che gli permetterà di fatto di creare connessioni e sviluppare le sue potenzialità. Creare connessioni significa utilizzare più di un canale sensoriale. Non bisogna dare solo il concetto astratto, ma farlo arrivare attraverso le mani, i colori, l’ambiente, le emozioni. Queste vie creeranno agganci sensoriali ed emotivi che aiuteranno ad apprendere nuove idee, nuovi concetti… Connettere non vuol dire uniformare: ogni disciplina ha il suo linguaggio e i suoi modi di procedere, nelle scuole Montessori i materiali messi a disposizione dei bambini li unificano sia perché costituiscono un sistema coerente con precisi richiami sensoriali, sia perché organizzati entro la cornice concettuale del Piano Cosmico.

Maria Montessori parla di questi temi principalmente in due testi: Dall’Infanzia all’Adolescenza e Come educare il potenziale umano. Già nel primo aveva preso in esame, oltre ai nuovi comportamenti che emergono a questa età, il suo strumento più potente: l’immaginazione.  Base stessa dello spirito, ha però bisogno di essere costruita e organizzata. Nel secondo testo riparte dalla metamorfosi dell’essere umano dalla prima alla seconda infanzia e torna sul tema dell’immaginazione. Prospetta di dare ai bambini una descrizione della Terra con i suoi tre involucri solido, liquido e gassoso e il suo quarto involucro , cioè la vita che occupa tutta l’atmosfera esterna e penetra i tre involucri stessi. Qualche volta viene chiamata “biosfera” o sfera della vita, ed è  parte integrante della Terra come la pelliccia lo è  di un animale.

Il termine biosfera (sfera dei viventi che avvolge la “geosfera) fu coniato nel 1885 dal geologo austriaco Eduard Suess. Quella che Maria Montessori chiamò educazione cosmica è, nella sua proposta concreta, l’incontro tra realtà della biosfera e le osservazioni di Darwin sull’evoluzione delle specie. È questo che propone ai bambini dopo i sette anni tramite i tanti fenomeni evolutivi che, a partire dal cosmo (formazione del sistema solare), arrivano alla storia dei viventi.

In concreto c’è un doppio binario: il bambino parte dalla storia personale o dalla vicenda di una pianta o di un piccolo animale realizzate su una striscia che indica il trascorrere dei mesi o degli anni, secondo una data unità di misura e riporta con scritti e disegni eventi di quella stessa vita. In parallelo, facendo leva sull’immaginazione, esplora la “striscia della vita”. Questa tocca, in senso darwiniano, le specie esistite dai trilobiti ai dinosauri fino alla specie umana. In tempi a seguire ci sono altre strisce che mettono in luce gli eventi della preistoria e successivamente la storia vera e propria dall’Homo abilis all’epoca presente, con scoperte e invenzioni, adattamenti ambientali della casa, degli abiti, dei mezzi di trasporto, fino al desiderio di ornare e ornarsi, i tentativi di comprendere il vivere e il morire, ma anche la lotta per il potere sempre presente nei secoli contro la libertà di pensiero e regole giuste  e condivise.

Dunque ampie conoscenze da un lato e dall’altro indipendenza di pensiero e di azione in un clima di buone relazioni tra adulti e ragazzi, capacità critica e allenamento a dire sempre che cosa si pensa, non avendo sviluppato il timore del giudizio altrui. Potremmo definirla una via laica di pace.

La biosfera offre un panorama straordinario con la varietà degli habitat e delle specie. Un miracolo la vita, potente e fragile al tempo stesso, che va offerto ai bambini come un libro aperto, da esplorare e da rispettare in tutte le sue relazioni. Partiamo dall’osservazione diretta dei fenomeni naturali, del clima come dello sviluppo di germogli; andare in esterno a scoprire come ovunque ci siano tracce di viventi. I ragazzini dovrebbero il più possibile uscire dalla scuola e andare alla scoperta della vita verde che hanno intorno a loro e che non vedono. Così possiamo dire che l’educazione cosmica comincia dalla prima infanzia.  Nella seconda infanzia l’interesse per catalogare può portare alla classificazione dei viventi e insieme alla individuazione delle singole piante. La diversità delle specie non è tanto espressione di folgorante bellezza, di cui peraltro usufruiscono solo gli umani grazie al loro prodigioso sistema nervoso, quanto strumento di salute globale del pianeta.

Educazione cosmica Montessori

Gli esperimenti possono riguardare anche fenomeni più ampi: constatare che l’acqua scende sempre dall’alto verso il basso, che il ghiaccio galleggia sciogliendosi più velocemente se fa caldo e che può anche diventare vapore; il miracolo dei cristalli di neve di cui è impossibile trovare due identici, esattamente come non si trovano due foglie uguali in uno stesso albero… in molti modi, semplici e a costo zero, si possono sperimentare la forza di gravità, i movimenti di Terra, Sole e Luna, la formazione dei cristalli, il depositarsi del carbonato di calcio, la funzione della clorofilla e così la salita di un liquido in una sottilissima provetta/capillare per immaginare come possa nutrirsi anche l’ultima fogliolina in cima a una quercia o a una sequoia. È fantastico osservare come l’immaginazione dei bambini si metta in azione e li spinga in connessioni molto personali tra un fatto visto e un fenomeno avvenuto anche a migliaia di chilometri di distanza.

Quanto agli animali, sempre mal tollerati all’interno delle scuole, possiamo dire che suscitano invece il massimo degli interessi. Possiamo avere in classe una gabbia sempre aperta  da cui una coppia di canarini possa uscire ed entrare, una vaschetta per accogliere una coppia di tartarughine d’acqua che i ragazzini a turno porteranno a casa nei giorni di vacanza. In esterno si può avere un piccolo pollaio per il piacere di nutrire e di raccogliere le uova  o una conigliera se ci sono nelle vicinanze campi per raccogliere erba fresca. Occuparsi di un animale o di una pianta alimenta la vita interiore e insegna molte cose in fatto di attenzione.

Contro lo studio separato delle varie scienze, presentiamo ai bambini il piano cosmico non in modo ideologico salvifico e ancor meno in stile new age, ma con tutta l’apertura mentale che la biologia stessa esige. Un altro errore è quello di intenderla come una sorta di colpevolizzante ecologia: non è sul senso di morte che può crescere l’amore alla vita. Il bambino ha bisogno di cose vere, non virtuali , ricche di fascino e soprattutto positive. Più riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulle meraviglie e sulla realtà dell’universo, tanto  meno avremo gusto nel distruggerle.

Noi non possiamo comprendere un sasso senza capire almeno qualcosa del grande sole, perciò facciamo vedere al bambino come tutto è interconnesso nell’Universo e sulla nostra Terra: storia, evoluzione e cultura. Gli insegniamo che c’è un’interdipendenza fra noi e il mondo naturale che ci circonda, e a guardarsi attorno con un senso di meraviglia.

Si può anche dire che il Piano Cosmico riflette la struttura e il funzionamento della nostra mente. È per questo motivo che Maria Montessori insiste nel ricordarci come la conoscenza sia soprattutto relazione. Non si può dare tutto il sapere all’allievo, perchè la conoscenza umana è sterminata. Bisogna dare al bambino il massimo dei germi d’interesse, l’amore per la conoscenza e la curiosità. Poi, sarà lui che saprà cercare i fatti e i dettagli al momento opportuno.

La cornice concettuale offerta dall’educazione cosmica Montessori rende possibile un apprendimento non lineare, che si muove per piani, in cui il bambino allarga la sua conoscenza attorno a un tema o a un argomento che ha stimolato il suo interesse. Il bambino impara a porsi domande e a fare ricerca ed a creare connessioni.  I collegamenti non solo intellettuali, ma innanzitutto umani, che nascono dal collaborare sullo stesso lavoro, per esempio.

Una nozione, un avvenimento, un’idea devono essere ancorati, cioè collegati e connessi, all’ambiente che sta loro attorno affinché acquisiscano consistenza. Il contesto può addirittura cambiare quello che percepisco e apprendo di un fatto. E poi c’è il contesto creato dall’ambiente preparato delle scuole Montessori. Per esempio, vi siete mai chiesti perché i lavori vengono svolti su di un tappetino? Non solo per comodità e cura dei materiali, ma soprattutto perché lo spazio limitato fornisce un contesto ben preciso in cui utilizzare il materiale scelto. E c’è il contesto dell’attenzione: pensate a quanto costa cambiare contesto mentale a un bambino quando a scuola “finisce l’ora” e ne inizia un’altra.

L’interdipendenza è oggi universalmente riconosciuta come la legge fondamentale che regola l’universo e la vita sulla terra. Occorre offrire al bambino le chiavi di lettura per interpretare le interdipendenze tra gli esseri della natura, per soddisfare la sua naturale sete di conoscenza. Il bambino è il “costruttore dell’uomo” e l’uomo è il costruttore della Supernatura, intesa come protezione e sviluppo della natura. Quindi il bambino costruttore dell’uomo è anche il bambino costruttore del cosmo, perché il cosmo è l’ambiente nel quale l’uomo assolve la sua missione.

Educazione cosmica Montessori

Il rapporto cosmo-bambino comincia dalla nascita. Il bambino piccolo che lancia gli oggetti per terra e si diverte perché fanno rumore, è il bambino che si sta mettendo in contatto con le leggi cosmiche. Giocando con la palla, ad esempio, egli realizza, come li definisce Maria Montessori, piccoli «punti di coscienza»: scopre che rotola, che rimbalza, che cade, che vola e poi cade. Questi punti di coscienza rendono il bambino consapevole che intorno a lui ci sono delle leggi. Il bambino si trova, giorno dopo giorno, di fronte a numerose difficoltà che deve superare. Anche l’uomo ha dovuto vincere queste difficoltà. Infatti, quando l’uomo ha conquistato la stazione eretta si sono liberate le sue mani ed egli ha potuto lavorare. Il bambino realizza questo stesso processo in pochissimo tempo. Questo è il bambino cosmico, perché è il bambino che nasce dalla natura biologica, ma che è al servizio di una natura superiore.

Maria Montessori afferma che il lavoro è la vocazione dell’uomo e questo l’aveva scoperto osservando i bambini. Nel lavoro, invece di trovare la stanchezza, essi trovano riposo e gioia. Il bambino lavora alla costruzione dell’uomo e l’uomo deve aiutare la costruzione del bambino. Maria Maria Montessori afferma che il bambino e l’uomo sono due esseri diversi: il bambino non è ancora l’uomo, l’uomo non è più il bambino, ma l’uno è il costruttore dell’altro. Sono due esseri diversi che hanno funzioni diverse, ma entrambe cosmiche.

L’educazione cosmica Montessori non consiste nel trasmettere la cultura al bambino. E’ molto di più: è far sentire il bambino inserito nel cosmo come essere umano, creatore della Supernatura, cosciente, libero. Tutte le altre creature, al contrario, non sono libere perché vivono seguendo leggi cosmiche, alle quali non possono disobbedire. L’uomo è libero, anche di sbagliare. L’errore è espressione di libero arbitrio, perciò la Dottoressa Montessori ha inserito nella sua metodologia l’errore come uno strumento di progresso. Il bambino può sbagliare, ma l’importante è che si autocorregga.

Maria Montessori afferma che, offrendo al bambino la storia dell’universo, egli può ricostruire con la fantasia qualcosa che è mille volte più stimolante e misterioso di qualsiasi fiaba. Due sono gli elementi sicuramente in grado di affascinarlo: uno è la grandiosità, l’altro è il mistero. Il bambino di questa età è attratto dalle dimensioni e Maria Montessori suggerisce di dare al bambino la grandiosità della vita sul globo, utilizzando i numeri.

Per quanto riguarda il mistero, sarà di aiuto la narrazione dei miti e delle favole cosmiche. Esse servono al bambino, perfettamente cosciente che quello che gli viene narrato non è realtà, per visualizzare e precisare alcuni fenomeni. Nelle favole cosmiche sull’origine dell’universo, del sole e della terra (Il dio senza mani, La danza cosmica, La storia della goccia d’acqua), uno dei primi accorgimenti è quello di far visualizzare, attraverso l’immaginazione, la primordiale assenza di luce. Per dar vita a questo buio assoluto si chiudono le finestre, rimanendo al buio in silenzio. In questo modo il bambino si sente il protagonista della situazione. Poi si fa luce e trova espressione il concetto di principio vitale. In questo buio, ad un certo punto, si percepisce un’incandescente fiammella, capace di contenere il sistema solare (sole, terra, pianeti) e l’universo intero. È necessario, inoltre, che i bambini avvertano un’altra sensazione: il grande freddo, la primordiale glacialità dalla quale era avvolto il globo terrestre. Pertanto, si fa toccare un pezzo di ghiaccio (-40°), e si dice: «Pensate che gran freddo doveva esserci, se la temperatura di allora si aggirava sui –273°!»

Fare educazione cosmica vuol dire mettere in comunicazione i bambini in un contesto di solidarietà spaziale e temporale, che non li farà sentire soli nell’universo, ma parte di un tutto che procede verso un fine, che collabora ad una missione comune.

Ogni forma di vita assolve inconsciamente alla sua funzione e obbedisce alle precise leggi della natura. L’uomo, invece, affida la sua obbedienza alla sua libertà, è cosciente di ciò che fa e pertanto può anche non farlo, perché in lui è presente una natura superiore, lo Spirito. Egli non è legato ad istinti fissi, ma a bisogni di vita spirituale, che lo guidano verso l’elevazione di se stesso, nella e con la natura. Questo progresso si concretizza nella Supernatura. Nel momento in cui essa si costruisce, si compie anche l’evoluzione dell’umanità. Per cui: l’educazione è uno scambio tra la natura umana e la Supernatura. In questo scambio il bambino incontra natura e supernatura, scienze e storia e si rende conto che questo interscambio è il segreto dell’evoluzione cosmica.

Maria Montessori afferma che anche se gli uomini lottano tra di loro, o hanno lottato; anche se hanno fatto delle guerre e si sono schierati in parti opposte le une alle altre, hanno pur sempre tutti lavorato a costruire un mondo che sarà quello della pace. Gli uomini sono migliori di quello che appaiono. Chi lavora non lo fa in rapporto ai propri bisogni, ma in rapporto ai bisogni degli altri. Questa carità cosmica è universale. Essa richiede la dedizione della vita di ciascuno per l’umanità intera; eleva il mondo verso la civiltà, mentre provvede all’esistenza di tutti indistintamente. Qualcuno potrebbe pensare che gli uomini facciano tutto ciò solo per guadagnarsi la vita, ma inconsciamente obbediscono ad un comando inconscio che guida gli avvenimenti e conserva l’esistenza universale.  Se l’uomo elevasse a più alto livello la propria coscienza, potrebbe sentire la bontà e il sacrificio dei propri simili. Questa è la parte emotiva dell’«educazione cosmica».

Occorre rivolgersi al bambino per realizzare la pace. Il bambino è un essere umano nel quale la pace vive in potenza. Maria Montessori afferma che la pace non è un’opera razionale degli uomini, ma un’opera della creazione: le forze che creano il mondo sono le stesse che devono creare la pace. Quando una nuova morale ispirerà alle generazioni future il sentimento dell’amore non più soltanto per la patria, ma per l’umanità intera, la base della fratellanza e della pace sarà costruita.

Quando si coglie l’unità sostanziale del genere umano, al di là delle apparenti diversità, e si comprende il significato del compito cosmico che lega ogni essere vivente a ogni altro, non si può non sentirsi membri di una stessa grande famiglia e cittadini del mondo.

Educazione cosmica Montessori

Acquarello steineriano tutorial : candele

Acquarello steineriano tutorial : candele. Qui propongo tre varianti per dipingere la candela accesa coi bambini.

I quadretti possono essere una bella decorazione della casa, un bel regalo per una persona cara, un meraviglioso biglietto di auguri…

La tecnica dell’acquarello steineriano prevede l’utilizzo del foglio bagnato, e l’uso dei soli colori primari. Una caratteristica di questa tecnica è inoltre quella di lavorare per superfici di colore e non per contorni. Se è la prima volta che vi cimentate, vi consiglio di leggere questa presentazione:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 1

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso vermiglio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col blu oltremare creiamo una base accogliente in basso:

e sfumiamo il colore con pennellate tondeggianti dai margini del foglio verso il centro:

Il rosso si appoggia sulla base blu e sale verso l’alto, verso il punto più chiaro del foglio:

Il giallo porta una bella luce senza toccare il rosso:

Col giallo portare un po’ di raggi di luce nella base, per far crescere i rami di abete:

Laviamo bene il pennello, e con altro giallo limone diffondiamo la luce intorno alla fiamma:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 2

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso vermiglio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col giallo oro creiamo un bello spazio tondeggiante che occupa quasi tutto il foglio, ma lasciando un po’ di posto per gli altri colori che desiderano entrare:

Il primo è il rosso, che abbraccia il giallo senza invaderlo:

Quindi arriva il blu ad avvolgerli entrambi:

dal rosso sale una colonnina:

sulla colonnina si posa un filo di blu:, mentre sotto di essa il blu gli dona una base sicura:

arriva con delicatezza il rosso ad accendere una lucina sul filo e a scaldare piano piano il giallo:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 3

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso carminio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col blu oltremare creiamo una cornice accogliente intorno al foglio:

In basso, senza toccare il blu, poniamo una bella macchia rossa:

Una seconda macchiolina più piccola e gialla, la guarda dall’alto:

Delicatamente il blu si fa aria ed abbraccia la macchia rossa e la macchiolina gialla:

Poi il blu si fa solido ed unisce come una colonna le due macchie; un po’ di giallo lo aiuta, e la colonna diventa verde:

Riprendiamo il rosso e facciamo crescere la macchia un po’ a destra e un po’ a sinistra. Poi riprendiamo il giallo e facciamo nascere in basso i rami di abete:

Questa è la nostra candela nella mela, asciutta:

Acquarello steineriano natalizio tutorial

Acquarello steineriano natalizio – tutorial passo passo per realizzare un quadretto in tema natalizio, adatto a bambini  a partire dalla classe terza della scuola primaria. Può essere una bella decorazione della casa, un bel regalo per una persona cara, un meraviglioso biglietto di auguri…

La tecnica dell’acquarello steineriano prevede l’utilizzo del foglio bagnato, e l’uso dei soli colori primari. Una caratteristica di questa tecnica è inoltre quella di lavorare per superfici di colore e non per contorni. Se è la prima volta che vi cimentate, vi consiglio di leggere questa presentazione:

Acquarello steineriano natalizio – Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu di prussia, rosso carminio e giallo limone
– un barattolo di acqua
– pennello

Acquarello steineriano natalizio – Come si fa:

Preparate un bello sfondo col blu di prussia, partendo dai margini del foglio col colore più concentrato, e sfumandolo con pennellate tondeggianti e dolci verso il centro:

col rosso carminio definite la linea che separa cielo e terra (il rosso e il blu, mescolandosi, formeranno un bel viola):

Sfumate il rosso nel blu creando in basso un paesaggio notturno e in alto un bel cielo, seguendo la direzione delle pennellate precedenti:

riprendete il blu di Prussia, e scurite ulteriormente il paesaggio, creando colline, nella valle, con poche pennellate fate sorgere un villaggio visto in lontananza:

Ora lavate bene il pennello, asciugatelo, e schiarite il punto più chiaro del cielo, asportando il colore del foglio. Procedete così più volte: lavate il pennello, asciugatelo, asportate del colore dal foglio, rilavate il pennello, asciugatelo, e togliete altro colore:

con la stessa tecnica schiarite dei raggi che partendo dal punto chiaro che avete creato si diramino in tutte le direzioni:

Sempre asportando il colore, create nel paesaggio una stradina serpeggiante che porti al villaggio:

e delle finestrelle nelle casette. Col blu di prussia, abbozzate delle figure nella stradina che si stanno avviando per via, infine col pennello pulito e pochissimo giallo limone illuminate la stella.
Questa è la pittura bagnata:

E questa la pittura asciutta:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Vetrofania natalizia – SAN NICOLA, con tutorial e cartamodello scaricabile e stampabile in formato pdf. San Nicola si festeggia il 6 dicembre, e per tradizione porta piccole merende e regalini nelle scarpe dei bambini. Qui puoi trovare racconti, canti, informazioni varie, tutorial per realizzare un san Nicola in lana cardata, vetrofanie e molto altro ancora…

Vetrofania natalizia SAN NICOLA
Materiale occorrente:

carta velina rossa e bianca
carta colorata rossa, arancio e gialla
un foglio di carta da lucido trasparente
colla da carta
forbici e taglierino
cartamodello

Cartamodello:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Come si fa:

Fermate sul cartamodello il foglio di carta da lucido:

Ritagliare e incollare sul foglio trasparente la parte in carta rossa:

la parte in carta arancio:

e la parte in carta gialla:

coprire il tutto con un foglio di carta velina rossa, incollare,  e ritagliare le parti bianche, gialle e rosa del cartamodello. Quindi ritagliare le parti del cartamodello nella velina gialla, rosa e bianca e incollare negli spazi ritagliati nella velina rossa:

per scurire il rosso di alcune parti del modello, ritagliare e incollare sulla vetrofania un unlteriore sagoma ritagliata nella forma che serve nel rosso, così:

Questo è il risultato finale:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

trasparente 6

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

trasparente nero 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

Io ho preparato prima le lanterne, e poi i tre cerchi concentrici della luce:

poi ho preparato le stelle e la luna:

e infine il cielo, prima con veline ritagliate:

e poi con striscioline strappate:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
modelli

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

nero

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

la procedura più semplice è ricavare per prime la luna e la luce per la lanterna, e le due nuvolette bianche intorno ai due elementi:

quindi incollarle tra loro, e poi nel quadretto:

completando con le veline azzurre e marroni stappate a striscioline irregolari:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

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Acquarello steineriano LA ZUCCA DI HALLOWEEN

Acquarello steineriano LA ZUCCA DI HALLOWEEN Si tratta di un’attività di pittura guidata, accompagnata da un semplice racconto che serve a presentare i colori. E’ un’attività adatta anche ai bambini più piccoli. Se non mostrerete loro esempi, e non direte che dipingeranno proprio una zucca, per loro sarà davvero una sorpresa vederla apparire sul foglio.

Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:

Materiale occorrente:
una bacinella d’acqua e una spugna
pennello
un vaso d’acqua per pulire il pennello ed una spugnetta per asciugarlo
colori ad acquarello giallo oro, rosso vermiglio e blu oltremare

Queste sono le indicazioni da dare ai bambini:

fai un bel punto luminoso al centro del foglio:

e fallo crescere, ma stai attento a lasciargli un po’ di spazio sopra e sotto, per non farlo sentire stretto stretto:

adesso sopra e sotto non più crescere, ma possiamo ingrandirlo ancora un po’ a destra.

e un po’ a sinistra:

Ma che bello questo giallo! Per farlo brillare ancora di più, ora possiamo costruirgli attorno una casetta leggera leggera col blu:

Partiamo dai bordi del foglio e pian piano ci avviciniamo alla luce gialla, ma stiamo molto attenti a non far toccare tra loro i colori:

Dalla sua ciotolina, il rosso vermiglio guarda il foglio e dice alla luce gialla: “Mi piacerebbe venire a scaldarti un po’!”

(ora molti bambini avranno capito che si tratta di una zucca)

Allora il giallo dice: “Caro rosso, ma adesso ho troppo caldo! E poi non mi si vede più! fatemi qualche porticina e qualche finestra!”

L’arancione naturalmente è d’accordo, e lascia al giallo qualche forellino per uscire…

(Mostrate ai bambini come rimuovere l’arancione dalla zucca usando il pennello pulito e asciutto, per disegnare occhi e bocca della zucca di Halloween. L’operazione è molto semplice: usare il pennello pulito e ascuitto per iniziare a rimuovere il colore nella zona scelta,  e lavarlo e asciugarlo ogni volta che occorre per proseguire)

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI. Come già detto per le schede delle nomenclature per parole di tre lettere

 e per le schede delle nomeclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri. 

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono GHI.

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono “ghi”, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto:

Parole di 5 lettere: ghiro, ghisa.

Parole di 6 lettere: draghi, fanghi, funghi, ghiado, ghiaia, ghibli, ghiera, ghigne, ghinea, ghirba, sorghi, terghi, unghia, volghi.

Parole di 7 lettere: aurighi, beghino, cinghia, cinghio, ghiacce, ghianda, ghiotto, ghiozzo, righine, rugghio .

Parole di 8 lettere: barzaghi, braghini, fanghino, ghiaccio, ghiaiare, ghiaiato, ghiaieto, ghiaione, ghiaioso, ghierato, ghignare, ghignata, ghignato, ghindare, ghindato, ghiretto, ghironda, inghippo, kirghiso, larghino, leghista, liturghi,  Respighi, unghiata, unghiato, unghiolo, unghione, unghiuto.

Parole di 9 lettere: aghiforme, Alighieri, braghiere, brughiera, cinghiale, cinghiata, draghista, droghiere, ganghista, ghiandaia, ghiandola, ghiandona, ghignando, ghimbarda, ghimberga, ghindando, ghingheri, ghiottone, ghirigoro, ghirlanda, inghiramo,  invaghire, Meneghino, mugghiare, mugghiato, pomologhi, portaaghi, preghiera, ringhiare, ringhiato, ringhiera, ringhioso, stregghia, unghiella, unghiello.

Parole di 10 lettere: acciughina, adunghiare, adunghiato, agghiaiare, agghiaiato, agghindare, agghindato, aghifoglia, alberghino, botteghino, fanghiccio, fanghiglia, funghicolo, ghiacciaia, ghiacciaio, ghiacciare, ghiacciato, ghiacciolo, ghibellino,  ghiribizzo, inghiaiare, inghiaiato, invaghirsi, mugghiando, neghittoso, ringhiando, singhiozzo, transfughi, unghiatura, vaghissimo.

Parole di 11 lettere: adunghiando, adunghiante, agghiaiando, agghiaiante, agghindando, agghindante, alberghiera, alberghiero, avvinghiare, avvinghiato, beghinaggio, cinghiatura, disimpieghi, ghiacciando, ghianchetto, ghiandatico, ghiandolare, ghiandoloso, ghirlandaio, ghirlandare, ghirlandato, inghiaiando, inghiaiare, Inghilterra, inghiottire, inghiottito, lettighiere lusinghiero, rimugghiare, rimugghiato, sghiacciare, schiacciato, sghimbescio, sghiribizzo, singhiozzii, singhiozzio, sogghignare, sogghignato.

Parole di 12 lettere: agghiacciare, agghiacciato, antighiaccio, avvinghiando, avvinghiante, cataloghista, ghigliottina, ghiottoneria, ghiribizzoso, ghirlandetta, inghiaiatura, inghiottendo, inghiottente, inghiottirsi, inghiottisca, inghiottisce, inghiottisco, invaghimento, Kirghizistan, monologhista, neghittosità, ranghinatore, rimugghiando, ringhiottire, ringhiottito, sghiacciando, sghignazzare, sghignazzato, singhiozzare, singhiozzato, sogghignando, tagliaunghie, tendicinghia.

Parole di 13 lettere: agghiacciando, agghiacciante, agghindamento, funghicoltore, funghicoltura, funghicultore, funghicultura, ghiacciamento, ghiandatifero, ghibellinismo, inghiottitoio, inghiottitore, inghiottonire, inghiottonito, inghirlandare, inghirlandato, invaghitosene, menefreghismo, neoghibellino, ringhiottendo, rompighiaccio, sghignazzando, singhiozzando, tranghiottire, tritaghiaccio.

Parole di 14 lettere: funghicoltrice, funghicultrice, ghigliottinare, ghigliottinato, inghiottimento, inghiottiscano, inghiottiscici, inghiottiscilo, inghiottiscimi, inghiottiscine, inghiottisciti, inghiottiscono, inghiottitrice, inghiottonendo, inghiottonirsi, inghiottonisce, inghirlandando, inghirlandante, linfoghiandola, sbattighiaccio.

Parole di 15 lettere: agghiacciamento, ghigliottinando, inghiottiscili, sghignazzamento.

Parole di 16 lettere: ghibelineggiare, ghibellineggiato, inghiottiscicelo, inghiottiscimelo, inghiottiscitelo, inghiottiscitene, inghiottiscono, linfoghiandolare, neoghibellinismo.

Parole di 17 lettere: ghibellineggiando.

Parole di 18 lettere: inghiottisciglielo, inghiottiscigliene.

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

E queste sono le schede a colori, pronte per il download e la stampa:

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Carte mute (solo immagini)

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in corsivo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in corsivo

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Qui alcuni dettati ortografici: 

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

RECITA NATALIZIA musicata

RECITA NATALIZIA musicata con parti cantate e parti per flauto dolce, adatta a bambini della scuola primaria e, solo col canto, anche per la scuola d’infanzia. In uso nella scuola Waldorf, di autore ignoto.

Testo della prima parte cantata:

Sulle stelle sopra il sole
va con passo lieve Maria
prende per il suo piccino
oro puro e calda armonia.
Dalle stelle il coro guarda
la Madonna mentre va,
ciò che essa ha preparato
al divino suo bambin.
Chiama il sole per filare
al suo bimbo un abito d’or
e per lui chiede alla luna
tanta gioia e immenso amor.
La circodan le stelline
come chiara aureola,
l’accompagna per il cielo
finchè a terra lei giungerà.

 

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-1mp3.mp3

Maria: Dopo tanto peregrinare siamo stanchi Giuseppe, mio sposo. Chiediamo a quel casolare un letto per il nostro riposo.

Giuseppe: Quel taverniere conosco bene, senz’altro ci aiuterà. Solleveremo le nostre pene con la sua dolce carità.

Testo della seconda parte cantata:

Giuseppe: Bussa bussa, facci entrar. Taverniere: La casa è piena dovete andar.
Giuseppe: Bussa bussa, non ci lasciar. Taverniere: Nella stalla vi posso ospitar.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-2-mp3.mp3

Taverniere: Nella casa non potete restare, dentro la stalla dovete andare, con il bue e l’asino a riposare.

Testo della terza parte cantata:

Guarda guarda nella stalla
nella greppia c’è un bambino.
Una stella luminosa
illumina il firmamento.
Oh! Dolce tenera notte
portato ha l’angelo un bimbo.
Tutti gli uomini l’adoreranno
gli animali lo rispetteranno
ed i fiori gli si inchineranno,
tutte le pietre umilmente ai suoi piedi,
tutti gli esseri lo serviranno
Cherubini e Serafini.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-3-mp3.mp3

Maria: Un ciuffo di fieno, Giuseppe,  prendiamo, ed al bambino un letto facciamo.

Bue ed asinello: Questo povero bambino sulla greppia tanto dura, riscaldiamo i suoi piedini con il fiato addirittura. Ih oh, ih oh. Muh, muh.

Testo della quarta parte cantata:

Tre angeli vengon volando
il primo porge una fiamma
tre angeli vengon cantando
s’inchina un altro alla mamma
tre angeli vengon cantando
il terzo suona la nanna
e canta tutti Osanna in cor.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-cantata-4-mp3.mp3

Attivano i pastori, e girano in cerchio introno al presepe suonando il flauto 

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-5-mp3.mp3

Primo pastore: Brr, l’aria è gelata, questa pelliccia prendi.

Secondo pastore: Fratello, le pecore stringi, stiamo all’erta in questa nottata.

Testo della quinta parte cantata:
Corri agnellin
sul monte vicin
su presto presto
corri agnellin.
Suona agnellin
col tuo campanellin
e suona suona suona agnellin.
Dormi agnellin
così piccolin
su dormi dormi
ti siamo vicin.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-5-b-mp3.mp3

Pastore: Vieni agnellino, vieni mio bello, caldo avrò col tuo morbido vello

Testo della sesta parte cantata:

Un angel venuto ai pastori annunciò
correte al bambino che di notte arrivò.
Là nel freddo casolar
dal bove e l’asinel
egli si fa scaldar.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-6-mp3.mp3

Parlano i pastori:
Ehi, Tonio, hai sento l’angel che dal cielo è venuto?
Da lui abbiamo saputo che a Betlemme dobbiamo andare
il nuovo nato ad adorare.

I pastori suonano il flauto mentre si incamminano verso la stalla:

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-7-mp3.mp3

Primo pastore: Maria, in dono questa lana prendi e per il tuo bimbo nelle greppia la stendi.

Secondo pastore: Dalla mia mucca ho ricevuto or del latte per te, mio Salvator.

Agnellino: Con la lana del mio vello riscalderò il tuo bambinello.

Maria: Per i doni ricevuti da voi questa sera, Giuseppe ed io ci uniremo in preghiera.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-8-mp3.mp3

Recita natalizia IL PASTORELLO

Recita natalizia IL PASTORELLO per bambini della scuola primaria. Testo in rima, in uso nelle scuole steineriane, di  autore ignoto.

Personaggi:
Maria
Giuseppe
primo bambino
secondo bambino
terzo bambino
coro di bambini
pastorello
primo pastore
secondo pastore
terzo pastore
coro di pastori
un angelo
re magi
narratore

Maria (entra sorridendo):
Ecco fatto:
accudito è l’asinello
con le pecore e l’agnello
l’orto è stato ben curato
ed il pranzo preparato.
Or mi posso riposare
e quest’aria respirare
dove splende il caro sole
che rallegra tutti in cuore.
Cantan lieti gli uccellini
dolci lodi sì piccini
al buon Dio loro createre
e con loro voglio gioire
ringraziare il buon Signore
dei suoi doni a non finire.

Primo bambino (entra e si rivolge agli altri bambini, ancora dietro le quinte):
Su guardate, c’è Maria,
ma sbrigatevi suvvia
la dobbiamo salutare
e con lei possiam giocare.

Maria (rivolgendosi al gruppo di bambini che entra in scena):
O piccini, su venite
e con me lieti gioite
di quest’aria sì serena
che cancella ogni pena.

Coro di bambini
Salve, dolce e bella Maria,
gioca un po’ con noi, suvvia

Maria
Su prendiamoci per mano
e un girotondo cominciamo.

Pendendosi le mani, Maria e i bambini fanno un girotondo cantando:
Girotondo girotondo
com’è bello questo mondo,
gli facciamo un bell’inchino
e poi alziamoci pianino
ci stringiamo sul suo cuore
poi ci apriamo come un fiore.
Innalziam le mani al sole
che scaldarci sempre vuole
e abbracciamo bene il mondo
tutto quanto tondo tondo.
Salutiamo poi ogni cosa
che la vita fa gioiosa.
Riprendiamoci la mano
stanchi a terra ci sediamo.

Pastorello (entra, camminando lento e triste con una gamba dura)

Maria
Ma chi è mai questo bambino
che cammina a capo chino
ed avanza triste e solo
procurandomi gran duolo?

Secondo bambino
Lascia perdere, è lo storpio
tanto lui non può giocare.

Terzo bambino
Ma non vedi che è uno sgorbio?
Non può correr nè saltare.

Maria (alzandosi)
Ma che dite? Che parole
mai pronuncia il vostro cuore?
(al pastorello)
Caro bimbo, mio piccino,
vieni qui a noi vicino
perchè solo te ne vai
ed insieme a noi non stai?

Pastorello (dolce e triste)
Io non posso mai giocare
devo andare a lavorare:
son pastore e sono zoppo
qui da voi sarei di troppo.

Maria
Caro mio bel pastorello
guarda il cielo com’è bello
tu ben lieto devi stare
per le pecore guardare,
così tenere e mansuete
offron tanta pace e quiete.

Pastorello
Ven ben che splende il sole
e per lui è tutto il mio cuore
e son lieto di guardare
le mie pecore brucare,
ma fatica la mia gamba
e da soli ci si stanca:
son sì brutto che nessuno
mi vuol bene e con me sta.

Maria
Cosa dici? Lassù uno
il suo cuore a tutti dà.
Guarda questo fiorellino
non ti sembra sì piccino?
Eppur Dio l’ha sì adornato
che rallegra tutto il prato.
Sii ben certo che anche tu
sei amato da lassù.
Lieto l’animo apri al mondo
e lui saprà farti giocondo,
perchè ognuno ha sue qualità
sian le tue dolcezza e bontà.
Io ti dono questo fiore
che saprà scaldarti il cuore
e voi bimbi ora andate
e il pastore accompagnate.

Bambini (si alzano e prendono il pastorello per mano)
Certo Maria, come vuoi tu,
non resterà solo mai più.

Pastorello
Grazie, non so che altro dire
per il tuo dolce cuor riverire.

Maria
Solo in un modo mi puoi ringraziare
loda il Signore e non fare mai male.
Ora vai, bimbo, felice al lavoro
e sii nell’anima assai fiducioso
perchè in terra non s’è mai vista
cosa gioiosa o che sembri trista
che non risponda alle leggi d’amore
del nostro sommo divino Signore.

I bambini escono e Maria resta in piedi al centro della scena. Entra l’angelo con un giglio bianco in mano, e si inginocchia davanti a lei.
Angelo
O piena di grazie, a te m’inchino

Maria
Chi mai spendente più chiaro
fino ai piedi si china
di un’umile fanciulla?

Angelo
E’ il messaggero di Dio, Gabriele,
che porta a te l’annuncio che in culla
presto un bimbo avvolgerai in tele.

Maria (si inginocchia umilmente)
Sono io che davanti a te mi inginocchio
e a terra volgo l’indegno mio occhio
ma perdona il mio ardire se chiedo
come un figlio può avere
chi marito non tiene?

Angelo
Tu concepirai da Dio l’unico suo figlio
dall’anima più pura di un candido giglio
(offre a Maria il fiore)
di voi tutti redentore
sarà il re dell’amore
e si chiede di lassù
che il suo nome sia Gesù.

Maria
Umile ancella mi piego al volere
di chi dal sommo del suo potere
ha donato a sì piccola serva l’onore
di portare in grembo sì nobile fiore.

(Escono di scena, ed entrano i bambini col pastorello)

Primo bambino
Orsù giochiamo in questo bel prato
e tu non startene lì imbronciato.

Pastorello
Ma io con voi non posso giocare
qui in disparte lasciatemi stare.

Primo bambino
Ma no, troviamo qualcosa che puoi
fare anche tu insieme con noi.

Secondo bambino
Dicci un po’: che cosa sai fare?

Pastorello
Beh, il mio flauto so ben suonare.

Terzo bambino
E allora che aspetti ad intonare
una melodia per farci cantare?

(Il pastorello suona e i bambini cantano)

Primo bambino
Ma sei ben bravo, bravo davvero
lo devo dire, sono sincero.

Secondo bambino
Fa le tue mani e le tue labbra
ciò che non riesce a far la tua gamba.

Pastorello
Sì, questo è vero, ma come vorrei
corre con voi, amici miei.

Terzo bambino
Ma troveremo mille maniere
per giocare sempre tutti insieme.

Coro di bambini
Or ti aiutiamo le pecore a chiamare
così alle stalle le puoi riportare.

(Escono di scena, mentre sullo sfondo entrano Giuseppe e Maria)

Maria
Caro Giuseppe, sento che è il tempo
che ora si schiuda il mio grembo
e mostri sl mondo il frutto soave
donato dal cielo a domare ogni male.

Giuseppe
Sei sicura Maria che sia proprio l’ora?
Un riparo per la notte non abbiamo ancora…

Maria
Son certa, Giuseppe, freme la vita
che se ne stava prima sopita.

Giuseppe
Lì poco più avanti mi pare una grotta
darà a noi riparo ora che annotta.

Maria
Stammi vicino, marito caro,
ora che il bimbo divino verrà
trema il mio cuore davanti al sovrano
che le mie umili braccia terran.
Come potrò esser mai degna
di far da madre a chi in cielo regna?

Giuseppe
Dolce Maria, non aver paura.
l’anima tua è limpida e pura;
abbi fiducia nel nostro Signore
che al ventre tuo donò il salvatore.

Maria
Preghiamo insieme perchè dall’alto
scenda su noi fede e coraggio.

Maria e Giuseppe (si inginocchiano)
Sudditi noi c’inchiniamo obbedienti
che tu c’invii gioie oppur stenti
sia fatta comunque la tua volontà
che muove sempre da immensa bontà.

Si alzano ed entrano nella grotta (dei teli in un angolo che si richiudono su di loro). Dei pastori stanno seduti al centro della scena, e accendono un fuoco. Il pastorello sta sa un lato.

Pastorello
Che strana notte, strana davvero,
nell’aria si sente pungere il gelo
eppure dolce scende un tepore
che dona al sangue nuovo vigore
e nella pace di questo momento
sembra che tutto sia in pieno fermento.

Primo pastore (arrogante)
Ehi, tu, pastorello,
smetti di sognare
non startene bel bello
datti un po’ da fare:
porta un po’ di legna
che il fuoco non si spenga
cerca almeno di far presto
la tua gamba muovi lesto!

Compare in cielo la cometa, mentre il pastorello si alza.
Pastorello
Ma cosa succede, guardate lassù
che splendida stella squarcia il cielo blu!

Secondo pastore (spaventato)
Il ragazzo ha ragione, che mai sarà?
La fine del mondo presto verrà!

Coro di pastori (terrorizzati)
Su presto, di corsa, fuggiamo, fuggiamo,
il più possibile lontano andiamo!

Pastorello
Ma dove andate? Allor non udite?
Il canto sublime voi non sentite?

Terzo pastore
Saranno i diavoli che vengono in branchi
via, prima che tutta la terra si squarci!

Pastorello
Ma insomma, che cosa mai temete,
non sentite com’è dolce questa quiete?
Se qualcuno dovesse mai apparire
sarà un angelo splendido oltre ogni dire.

Angelo
Bene hai parlato, fanciullo caro,
il tuo cuore vede assai chiaro,
é questa una notte davvero speciale
che fa dileguare le tenebre e il male.
A voi  pastori voglio annunciare
la nascita in terra del vostro messia
correte in fretta ad adorare
il bimbo Gesù nato a Maria.

Narratore
Nell’auro ricamo di stelle
un cielo di mille fiammelle
è apparsa la luce d’oriente
che annuncia del bimbo incantato
l’arrivo nel mondo stregato.

Intanto i pastori sono usciti seguendo l’angelo. Resta in scena il pastorello.
Pastorello
Ecco, l’angelo d’oro è sparito
e i pastori gli hanno obbedito:
sono corsi a riverire
il bambino e in lui gioire.
Ma come posso fare io
con lo zoppicare mio
da Maria ad arrivare
e suo figlio anch’io osannare?
Lento e storto io cammino
troppo tardi arriverò
e così io mai, tapino,
il piccino adorerò.
(Cammina lentamente)
Lungo e duro è il sentire
non ce la farò davvero.
Ma un modo ci sarà
perchè giunga anch’io fin là!
(Appare l’angelo alle sue spalle. Al un certo punto il pastorello si ferma.)
Certo è vero, un modo c’è
perchè anch’io lodi il mio re:
se le gambe mie van zoppe
non del flauto le sue note
danzeranno lor nel vento
a festeggiare il lieto evento
e alle orecchie di Maria
porteran la mia poesia.
(Prende il flauto e suona. Si illumina la stalla ancora chiusa.)
Ma che succede, vedo un chiarore
che accende il me un nuovo ardore
odo una voce che forte mi chiama
sono sicuro, è qualcuno che mi ama!

Angelo (mostrandosi)
Certo, hai ragione, tenero bimbo,
ora hai finito di viver nel limbo
riconosciuta hai la voce d’amore
che parla a chi ode il canto del cuore.
Corri, che aspetti, non puoi più tardare,
dal tuo signore ti vuoi inginocchiare?

Pastorello
Come vorrei poter volare
ed al mio re tutto donare,
ma non ho altro che un piede storto
che ne farà mai di un povero storpio?

Angelo
Abbi fiducia, mio pastorello,
non potrai fargli dono più bello
della tua anima limpida e chiara
che il signore così tanto ama.

L’angelo lo spinge dolcemente, e intanto si aprono i teli della grotta e la scena illumina la sacra famiglia con i Re e i pastori in adorazione.

Pastorello
Ma che succede? Che cosa mi accade?
Quasi mi sembra di poter volare!
(Riesce a camminare bene e veloce).
Ecco li vedo, splendon di sole
ed è sì piccino il mio signore.
Nato in un’umile e fredda stalla
è lì deposto tra povera paglia.

Narratore
Osanna dal fondo dei cuori
di bimbi di re e di pastori
che giungono qui a riverire
tra la paglia di un caldo fienile
il balsamo di tutti i mali
donato dal cielo agli umani.

Pastorello
Tutti si chinano innanzi a loro
pastori e re con le corone d’oro.
Sol presuntuoso un pastorello
se ne sta ritto come alberello?

Angelo (spingendolo dolcemente verso terra)
Su, piega il ginocchio dinnanzi al re
che è sceso qui in terra anche per te.

Pastorello (inginocchiandosi)
Ma mi posso inginocchiare!

Angelo
Vedi come ti sorride
è contento il buon Gesù;
ora cosa gli vuoi offrire
fagli un dono pure tu

Pastorello
Al suo sguardo pien d’amore
il mio corpo è un tremore
ma di gioia e libertà
chiedo sol la sua maestà.
Da donare ho sol me stesso
e mi offro tutto adesso
d’ora in poi lui soltanto
sarà re di me piccino
e protetto dal suo manto
sarà dritto il mio cammino:
il vero sempre seguirò
e della vita sol gioirò.
Solo questo ho da donare
che mi diede un dì tua madre
(tira fuori il fiorellino)
Sempre splende di sua vita
la corolla colorita.
(posa il fiorellino davanti a Gesù bambino).

Maria
Gioisce il mio figliolo
ti ringrazia del tuo dono
ma tutti i giorni gli hai donato
ciò che hai fatto di tua vita
e la voce del tuo flauto
fino in cielo si è sentita.

Angelo
Ognuno offre quello che ha:
pace in terra, gioia in cielo
che dischiude il suo velo
a chi ha buona volontà.

Narratore
Avvolto da cori celesti
coperto di umili vesti
è apparso nel mondo un piccino
che cela un mistero divino:
del sole lui reca la luce
e il calore che al vero conduce.
Esulta gioioso ogni cuore
è nato il re dell’amore.

(Recita in uso nelle scuole steineriane, autore ignoto).

orario scolastico originale proposto da Maria Montessori per la Casa dei Bambini

L’orario scolastico originale proposto da Maria Montessori per la Casa dei Bambini è una lettura molto interessante. L’apertura era prevista per le ore 09.00 e la chiusura per le 16.00.
Orario  scolastico

dalle 9 alle 10 accoglienza e saluto. Attività di pulizia personale ed altri esercizi di vita pratica: i bambini si aiutano reciprocamente a togliere e mettere il grembiule, ecc…  Si entra poi in classe, verificando che tutto sia pulito, spolverato ed in ordine. Lingua: conversazione; i bambini raccontano gli avvenimenti del giorno precedente.

dalle 10 alle 11 esercizi intellettuali, con lezioni interrotte da bravi periodi di riposo, esercizi di nomenclatura ed esercizi sensoriali.

dalle 11 alle 11:30 esercizi di movimento: muoversi con garbo, la posizione normale del corpo ferma,  camminare in fila, salutare, prendere gli oggetti con grazia.

dalle11:30 alle 12. Pranzo

dalle 12 alle 13 gioco libero

dalle 13 alle 14.00 giochi con regole, se possibile all’aria aperta, per i bambini piccoli e medi. I bambini più grandi si dedicano invece ad esercizi di vita pratica quali  la pulizia dell’aula (spolverare, mettere il materiale in ordine, ecc…  Conversazione.

dalle 14 alle15 lavoro manuale, modellaggio, disegno, ecc

dalle 15 alle 16  giochi di gruppo e canzoni,   se possibile all’aria aperta. Cura delle piante e degli animali.

Secondo Maria Montessori, la questione del programma è un problema inevitabile all’interno di qualsiasi scuola. Esso deve prendere in considerazione due aspetti fondamentali che sono la durata della giornata scolastica, e la distribuzione del tempo tra attività di studio ed attività di vita pratica.

Nelle “case dei bambini” l’orario può anche essere molto lungo, ed occupare l’intera giornata. Nei quartieri poveri dove le prime case dei bambini sono sorte, secondo la Montessori l’orario scolastico si doveva sviluppare dalle nove del mattino alle cinque di sera in inverno, e dalle otto del mattino alle sei di sera in estate. Queste ore erano considerate come necessarie per poter seguire una linea diretta di azione che potesse essere realmente utile alla crescita del bambino. Va da sé che, nel caso di bambini piccoli, un orario scolastico tanto protratto dovrebbe essere interrotto da almeno un’ora di sonno, idealmente in una stanza buia dotata di amache basse o ancora meglio all’aria aperta.

Naturalmente la giornata non include soltanto il pisolino, ma anche il pranzo, che deve essere considerato un momento fondamentale nelle Case dei Bambini, il cui scopo fondamentale  è aiutare e indirizzare la crescita dei bambini in quell’importantissimo periodo di sviluppo che va dai tre ai sei anni di età.

Il primo passo che dobbiamo fare nel nostro metodo è quello di coltivare nei bambini la capacità di attenzione: attenzione alle parole, alla propria vita interiore, alla vita in comune con gli altri. In un certo senso, dopo aver preparato lo strumento (nel nostro caso l’ambiente preparato) prepariamo i bambini a viverlo e condividerlo. Considerando il metodo nel suo insieme, dobbiamo cominciare il nostro lavoro con la preparazione del bambino per le forme della vita sociale, ed attirare la sua attenzione a queste forme.

Nel programma che abbiamo delineato, ma che non deve mai essere seguito integralmente, (la pianificazione  non si adatta al regime di libertà), si comincia la giornata con una serie di esercizi di vita pratica, e forse questi esercizi sono  l’unica parte che tende a restare fissa.

Nelle prime case dei bambini, appena arrivati a scuola si faceva con loro un’osservazione della pulizia personale, se possibile in presenza delle madri ma senza rivolgersi mai direttamente a loro.  Si esaminavano insieme le mani, le unghie, il collo, le orecchie, la faccia, i denti, e la cura e l’ordine dei capelli.  In questo modo, i bambini si abituavano ad osservare se stessi ed a sviluppare interesse per il proprio aspetto.

Nelle prime case dei bambini c’era la possibilità per i bambini di fare un bagno completo, ma naturalmente non tutti i giorni.  Nella classe, tuttavia, utilizzando un piccolo lavabo con piccole brocche e catini, i bambini ancora oggi imparano guidati dall’insegnante  a lavarsi le mani e pulire le unghie, fare un pediluvio,  lavare le orecchie e gli occhi con grande cura. Viene loro insegnato a lavarsi i denti e sciacquare la bocca con attenzione. Tutto questo sviluppa la loro attenzione alle diverse parti del corpo e  insegna ai più grandi come aiutare i piccoli, che saranno sostenuti ed incoraggiati ad imparare  a prendersi cura di se stessi.

Terminate le attività di cura personale, i bambini autonomamente o aiutandosi l’un l’altro indossano i grembiuli, ed ha inizio la visita dell’aula scolastica.  Osserviamo insieme a loro se tutti i vari materiali sono in ordine e se sono puliti. L’insegnante mostra ai bambini come pulire la stanza e mostra  come utilizzare i vari strumenti necessari per la pulizia: spugne, stracci, spazzole, scope ecc… Quando i bambini diventano autonomi, è  un’attività che si svolge molto velocemente.

Poi i bambini vanno ciascuno al proprio posto, e l’insegnante guida i bambini ad imparare a farlo in silenzio, con i piedi uniti sul pavimento, le mani appoggiate sul tavolo, e la testa eretta. In questo modo si insegnano compostezza ed equilibrio. Poi ci si alza in piedi a cantare, e i bambini imparano che anche per alzarsi e sedersi non è necessario essere rumorosi ed i bambini imparano a spostare i mobili con equilibrio e con cura. Dopo questa attività si propongono una serie di esercizi in cui i bambini imparano a muoversi con grazia, a salutarsi l’un l’altro, a sollevare oggetti con accuratezza, a ricevere e scambiare oggetti  educatamente.

Da un tale punto di partenza si procede per l’insegnamento libero, cioè  l’insegnante non orienta più i bambini sul come muoversi nella classe, ma si limita a correggere i movimenti disordinati.

A questa attività segue la conversazione: l’insegnante invita i  bambini a raccontare fatti che li riguardano e che si sono svolti il giorno prima, ponendo domande che non portino mai i bambini a riferire  le vicende intime della famiglia, ma solo i  loro comportamenti individuali, i loro giochi, il loro atteggiamento verso i genitori, ecc… Chiederà se sono stati in grado di salire le scale senza sporcarle di fango, se ha parlato gentilmente agli amici dei suoi genitori, se li hanno aiutati nelle faccende domestiche, se hanno mostrato in famiglia ciò che hanno imparato a scuola, ecc… Le conversazioni, naturalmente, sono più intense il lunedì, dopo la festa: in quel giorno i bambini sono invitati a raccontare quello che hanno fatto con la famiglia, se sono andati via da casa, se hanno mangiato cose diverse dal solito, ecc… Conversazioni come queste incoraggiano lo sviluppo del linguaggio e sono di grande valore educativo, dal momento che l’insegnante ha sempre cura di scegliere argomenti che si adattano ad una piacevole conversazione, e in questo modo insegna ai bambini di quali cose è opportuno parlare e incoraggia i bambini a descrivere, ed a parlare di se stessi.

Dopo la conversazione si passa alle lezioni ed al lavoro col materiale, che dura solo un’ora prima della mezz’ora di esercizi di  movimento di gruppo. Ad esempio i bambini camminano lungo un grande cerchio disegnato sul pavimento, esercizio che combina lo sviluppo delle capacità motorie con lo sviluppo di abilità sociali,

Al pranzo è spesso unita una breve conversazione. Seguono giochi di gruppo guidati dall’insegnante. Si noti che la classe è nuovamente ispezionata dai bambini, non l’insegnante: questo li aiuta a sviluppare un senso di responsabilità e consapevolezza del loro ambiente. Non è l’insegnante che indica una sedia fuori posto o una macchia su un tavolo, ma sono i bambini stessi che con entusiasmo se ne accorgono e si occupano di risolvere il problema.

Un’ora importante è dedicata al lavoro manuale, con progetti che includono argilla, arte, lavorazione del legno, o qualsiasi altra attività  che sviluppi le capacità motorie.

I bambini terminano la giornata all’aria aperta facendo esercizi  e partecipando a progetti di gruppo, come la cura delle piante e la cura degli animali.

Le perle dorate Montessori e il sistema decimale

Le perle dorate Montessori e il sistema decimale: il sistema decimale è il fondamento sul quale ci basiamo per ordinare le quantità numeriche. Questo sistema è così sorprendente da permetterci di contare facilmente anche grandi quantità . Il calcolo poi non è che un’ulteriore abbreviazione dell’operazione del contare.

La chiave del sistema è la sua semplicità e la sua chiarezza, e semplicità e chiarezza sono anche le qualità necessarie per presentare ai bambini fatti e contenuti.

Per quanto riguarda l’apprendimento del sistema decimale, come accennato già qui,

il primo passo è aiutare il bambino a costruire il sistema decimale, e non contare o calcolare, perchè queste due abilità verranno acquisite con grande facilità in un secondo momento.

La prima preparazione del bambino all’aritmetica inizia nella Casa dei Bambini attraverso varie attività legate al contare, calcolare e leggere e scrivere i numeri entro la prima decina con le aste numeriche,

le tavolette di Seguin,

il gioco dei gettoni,

il casellario dei fuselli, ecc…

Inoltre il bambino ha già avuto modo di sperimentare che i simboli che rappresentano le quantità sono nove, oltre lo zero. Queste due conoscenze sono il fondamento dell’intero sistema decimale. Possiamo dire che la chiave del sistema decimale sta proprio nel gioco conclusivo tra il 9 e il 10.

Infatti, non appena si supera la quantità di 9 unità, non esistono cifre per rappresentare il nuovo gruppo che si forma; bisogna tornare daccapo, utilizzando la cifra 1. Per poter scrivere la cifra corrispondente a una quantità di dieci, bisogna ricorrere a una combinazione di cifre: il 10 non è che un tornare a contare da 1 a 9. Con nove cifre soltanto a nostra disposizione, possiamo organizzare i gruppi di unità in gerarchie successive, che possono ripetersi senza limite: il primo di ogni gerarchia è un 1 di dimensioni sempre più grandi, cioè di maggior valore:

u ______ da _____ h

1 ______ 1 ______ 1

2 ______ 2 ______ 2

3 ______ 3 ______ 3

4 ______ 4 ______ 4

5 ______ 5 ______ 5

6 ______ 6 ______ 6

7 ______ 7 ______ 7

8 ______ 8 ______ 8

9 ______ 9 ______ 9

Le tre file di cifre disposte al di sotto delle lettere u da h, indicano differenti gerarchie di unità: le unità semplici sotto ad u sono  rappresentate dalle stesse cifre che ritroviamo anche nelle decine (da) e nelle centinaia (h). L’unica differenza è la posizione.

Prima di tutto, quindi, è necessario situare le gerarchie e rendersi conto del loro valore. La diversa posizione delle cifre si stabilisce aggiungendo uno zero in più per ogni intervallo della gerarchia: 1 10 100 indicano posizioni.

Il materiale che mettiamo a disposizione del bambino per fare in modo che possa comprendere con facilità e chiarezza il sistema decimale è triplice, e consiste di oggetti, numeri e parole. Gli oggetti sono le perle dorate. Tutto il materiale di perle relativo al sistema decimale è color oro, perchè si tratta per il bambino di un qualcosa di prezioso.

Il materiale delle perle dorate consiste di perle sciolte

e di bastoncini con dieci perle infilate e fissate in un filo metallico

vi sono poi quadrati di perle costruiti con dieci bastoncini, uniti in modo tale da formare un solo oggetto che è il “quadrato del cento”

e infine cubi ottenuti collocando uno sull’altro dieci quadrati e fissandoli tra loro in modo da formare un unico oggetto.

Trovi il tutorial per realizzare in proprio tutto il materiale delle perle dorate qui:

All’inizio daremo al bambino un solo cubo di perle, come punto di arrivo e limite del sistema. Come già spiegato qui,

per la prima presentazione del materiale al bambino offriremo 1 perla, 1 bastoncino, 1 quadrato e 1 cubo utilizzando la lezione in tre tempi (trovi molti esempi pratici più avanti).

Successivamente potremo aggiungere altri elementi per ogni gerarchia, e chiedere al bambino di portare sul tappeto 6 unità, 3 decine, 6 centinaia, 2 migliaia, ecc…

Unito al materiale delle perle dorate, c’è quello dei cartelli dei numeri. Si tratta di una serie di cartelli, le cui dimensioni sono proporzionali alle gerarchie dei numeri e i cui colori sono tradizionalmente i seguenti:

verde: unità (da 1 a 9)

blu: decine (da 10 a 90)

rosso: centinaia (da 100 a 900)

verde: migliaia (da 1000 a 9000)

Se può esserti utile, li trovi pronti per la stampa qui:

Come abbiamo fatto per le perle dorate, anche per i cartelli dei numeri presenteremo al bambino i simboli di 1, 10, 100, 1000 mediante la lezione in tre tempi, portando ogni volta a coscienza il numero degli zeri propri di ciascun ordine e numerando poi, a voce, da 1 a 9, da 10 a 90, da 100 a 900, da 1000 a 9000.

Il primo esercizio consisterà nel raggruppare in quattro serie distinte i cartelli mescolati: ad esempio possiamo chiedere al bambino il cartello del 5000, del 400, ecc…

Trovi molti esercizi preparatori per l’utilizzo dei cartelli dei numeri qui:

Perle dorate e cartelli dei numeri si prestano a facili e chiare combinazioni, che offrono la possibilità di un ricchissimo numero di esercizi. Ne trovi molti esempi qui:

Per dare al bambino una visione globale del funzionamento del sistema decimale, possiamo ordinare quantità e simboli, in questo modo:

Presentazione ed esercizio consistono nel consegnare al bambino un cartello: lui dovrà collocarlo a fianco della quantità ad esso relativa, o anche viceversa.

Ordinare e riconoscere le quantità è altrettanto facile, sia che si tratti di perle sciolte, sia di bastoncini e quadrati. Così come, se si sa contare fino a 9, è facile ordinare i cartelli e riconoscere i numeri, sia che essi abbiano o non abbiano lo stesso numero di zeri.

I bambini poi riusciranno a contare indistintamente unità, decine, centinaia o migliaia, perchè questa operazione del contare non presenterà difficoltà maggiori più i numeri diventano grandi: tutto si impara in modo simultaneo e uniforme.

Alcune presentazioni del materiale delle perle dorate in dettaglio

(Per le presentazioni in dettaglio dei cartelli dei numeri, vai qui)

Lezione in tre tempi

Materiale:

– un vassoio contenente (da destra a sinistra) una perla dorata in una ciotolina, una barretta dorata, un quadrato dorato del 100 e un cubo dorato del 100
– tappeto.

Per questa presentazione ho usato il materiale prodotto da Montessori 3D di Boboto.

 Tempo 1
– mettiamo il vassoio sul tappeto


– prendiamo la perla e diciamo: “Questa è una unità”.

Invitiamo il bambino a prendere in mano la perla per osservarla e percepire la sua caratteristica di elemento singolo

– mettiamo la perla da parte, e prendiamo la barretta. Diciamo: “Questa è una decina”. Diamo la barretta al bambino e chiediamogli di contare le perle che la compongono

– continuiamo allo stesso modo con il quadrato del 100

– e col cubo del 1000

al termine rimettiamo il materiale in ordine sul vassoio.

Tempo 2
– Chiediamo al bambino: “Mi indichi la decina?”, “Per favore mi dai il migliaio?” ecc.

Tempo 3
– indichiamo ad esempio il quadrato del 100 e chiediamo: “Cos’è questo?”.

Al termine rimettiamo il materiale in ordine sul vassoio.

Scopo:
– imparare a riconoscere e nominare unità, decine, centinaia e migliaia
– preparare il bambino al lavoro con le perle dorate e il sistema decimale.

Età: 4 anni.

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Presentazione 1

Materiale: una perla singola, una barretta della decina, un quadrato del 100, un cubo del 1000, un tappeto (si consiglia il verde scuro) da posare sul tavolo o sul pavimento per delimitare l’area di attenzione del bambino ed evitare che le perle rotolino durante l’esercizio

Scopo: aiutare il bambino a comprendere il valore relativo di unità, decina, centinaia e migliaia all’interno del sistema decimale; insegnare la corretta nomenclatura: unità, decina, centinaia, migliaia; familiarizzare con i nomi delle diverse categorie e conoscere la differenza relativa in termini di dimensioni delle categorie, ad esempio, la differenza tra la quantità di tre unità e tre migliaia.

 Età: a partire dai quattro anni di età

Esercizio: Si tratta di un esercizio individuale. Si prepara il materiale su di un vassoio e si porta al tavolo o al tappeto del bambino. Ci sediamo al suo fianco, mettendo il vassoio di lato, in modo tale che l’unità si trovi sempre a destra. Diciamo al bambino: “Queste sono le perle dorate”. Quindi poniamo davanti al bambino la perla singola, chiedendogli che numero rappresenta, e lui risponderà: “Uno”. Indichiamo al bambino il suo nome, dicendo: “Questa è una unità”.

Togliamo la perla, e mettiamo davanti al bambino la barretta della decina, chiedendogli di contare le perle. Lui dirà: “Dieci”, quindi noi potremo dire: “Sì, sono dieci. E’ una decina”; ripetendo la parola decina più volte.

Sostituiamo poi la barretta col quadrato del centinaio, e diciamo al bambino: “Questo è un centinaio. Sono tantissime perle…” E procediamo contando le dieci barrette di cui è composto insieme al bambino, dicendo: “Una decina, due decine, ecc…”, e ripetendo più volte “dieci decine fanno cento” e “Questo è un centinaio”, “dieci decine sono un centinaio di perle”…

Sostituiamo poi il quadrato col cubo del mille, e procediamo nello stesso modo, contando e ripetendo più volte la parola migliaia e contando i dieci quadrati delle centinaia di cui si compone.

Si passa poi al secondo tempo della lezione, mettendo tutto il materiale di fronte al bambino, e chiedendogli di indicarci i valori che nominiamo: “Mi mostri il centinaio?”, “Quale di queste è la decina?”, ecc… Terminiamo il secondo tempo della lezione in modo che tutte le categorie risultino in ordine sul tappeto, cioè (da sinistra a destra) con migliaia, centinaia, decina ed unità.

Il terzo periodo consisterà nel porre davanti al bambino un solo valore, e chiedergli di dircene il nome.

Ricapitolazione: poniamo tutto il materiale di fronte al bambino: migliaia, centinaia, decine ed unità. Il bambino può così riconoscere il valore relativo di ogni elemento e nominarlo. Il materiale resta a disposizione del bambino, sul vassoio, ed egli nei giorni successivi può continuare a nominare gli elementi, organizzarli gerarchicamente, contare le perle di cui si compongono, ecc…

Presentazione 2

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette delle decine, 9 quadrati delle centinaia, 1 cubo delle migliaia.

Scopo dell’esercizio: familiarizzare con i nomi delle diverse categorie; conoscere la differenza relativa in termini di dimensioni delle categorie, ad esempio, la differenza tra la quantità di tre unità e tre migliaia; familiarizzare con le regole che stanno alla base del sistema decimale.

Esercizio: poniamo il materiale su un vassoio e portiamolo sul tappeto. Prendiamo le unità e contiamole.

Arrivati a nove, diciamo che se ne avessimo un’altra le perle sarebbero dieci, ma che invece di dieci perle singole, possiamo prendere una barretta del dieci.

Contiamo allo stesso modo le barrette

e i quadrati,

ed ogni volta che viene raggiunto il nove, ripetiamo che se avessimo un altro elemento ora sarebbero dieci, per passare alla gerarchia superiore.

Il gioco del 9 che passa

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette della decina, 9 quadrati delle centinaia, un cubo delle migliaia, un tappeto e un vassoio rivestito di feltro.

Scopo:  aiutare il bambino a comprendere il meccanismo interno al sistema decimale, dando l’idea che ogni volta che si oltrepassa il “nove”, qualunque sia l’ordine,  si va alla gerarchia superiore.

Esercizio: portiamo i materiali al tavolo del bambino. Prendiamo le unità una ad una e disponiamole in linea verticale davanti al bambino  contandole, come se stessimo per costruire una barretta della decina:

 Il bambino conta con noi. Quando avremo raggiunto il 9, diremo: “Ora abbiamo 9 perle. Se ne avessimo un’altra ora sarebbero 10, così:”

quindi togliamo le 9 perle e mettiamo davanti al bambino una barretta della decina. Il bambino conterà le perle e dirà “10”.

Passiamo quindi a contare le barrette della decina, disponendole una a fianco all’altra come a formare un quadrato delle centinaia, così: “Una decina, due decine, tre decine, ecc…”.

Quando saremo arrivati a contare 9 decine diremo: “Abbiamo 9 decine, se ne avessimo ancora una, ci sarebbero 10 decine. Dieci decine sono un centinaio”.

Quindi togliamo le barrette delle decine, e prendiamo un quadrato delle centinaia. Il bambino conterà nel quadrato 10 decine, e dirà che dieci decine è un centinaio.

Siamo arrivati ai quadrati delle centinaia, che conteremo disponendoli uno sull’altro come a voler formare un cubo delle migliaia. Conteremo “Un centinaio, due centinaia, tre centinaia, ecc…”.

Arrivati alla nona diremo: “Sono 9 centinaia, se ne avessimo un’altra, ora le centinaia sarebbero 10. Dieci centinaia sono un migliaio”.

Sostituiamo così i quadrati con un cubo delle migliaia, e il bambino potrà contare le dieci centinaia di cui è formato.

Presentazione 3

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette della decina, 9 quadrati delle centinaia, 9 cubi delle migliaia, un tappeto grande e uno più piccolo

Scopo dell’esercizio: comprendere il funzionamento del sistema decimale; familiarizzare con i nomi delle gerarchie e con le relative dimensioni, per comprendere la differenza tra centinaia e unità, o decine e migliaia, ad esempio.

Portiamo tutto il materiale sul tappeto grande e organizziamolo in questo modo: cubi delle migliaia in alto, poi quadrati delle centinaia, barrette delle decine (in verticale) e perle delle unità

Predisponete sul tappeto più piccolo un vassoio rivestito di panno, con una ciotolina per le unità.

Sedetevi accanto al bambino, davanti al tappeto piccolo.
Chiedete al bambino di andare a prendere dal tappeto grande una certa quantità di unità e di portarvela; ad esempio 5 unità.

Il bambino andrà al tappeto grande (di “rifornimento”) con il vassoio e conterà le 5 unità. Quindi le metterà sul vassoio, nella ciotolina, e ve le porterà, presso il tappeto piccolo

Insieme al bambino trasferite le unità che ha portato sul tappeto, verificando che si tratta della quantità esatta che è stata richiesta.

Ripetere chiedendo via via al bambino altri importi, prima composti da sole unità, e poi via via anche da decine, centinaia e migliaia, fino ad esempio a chiedergli di portarvi 5 unità,  4 decine, 7 centinaia e migliaia 5. E’ importante osservare sempre il bambino, e solo quando lo vediamo perfettamente a suo agio con un dato ordine gerarchico, aggiungere l’elemento superiore. E’ anche bene lavorare prima con una sola gerarchia, poi con due, tre e infine quattro.

Dopo qualche tempo, potete variare l’esercizio mettendo voi stessi una data quantità di materiale sul vassoio, chiedendo al bambino di contarla e di dirvi a quanto corrisponde, trasferendola sul tappeto piccolo.

Ripetete questo esercizio  fino a quando il bambino non dimostra di averne perfetta padronanza.

Presentazione 4

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette della decina, 9 quadrati delle centinaia, 9 cubi delle migliaia, un tappeto e un vassoio rivestito di feltro.

Scopo dell’esercizio:  dare una visione generale del sistema decimale; rafforzare il concetto base per cui non possono mai esserci più di nove elementi uguali in una qualsiasi delle categorie.

Esercizio:

Preparare due tappeti in questo modo, con l’aiuto del bambino, e mostrando come disporre le perle:

Dare al bambino il vassoio e chiedergli di portarci un certo numero di perle.

Controllare contando insieme al bambino le perle che ci ha portato.

 Ripetete questo esercizio  fino a quando il bambino non dimostra di averne perfetta padronanza.

Presentazione 5 (esercizio di gruppo)

Un piccolo esercizio di gruppo. Ogni bambino riceve un vassoio vuoto con una ciotolina per le perle delle unità.

Chiediamo ad ogni bambino, individualmente, di andare a prendere una certa quantità di perle e di metterla nel suo vassoio,  una quantità diversa per ogni bambino.

Al loro ritorno chiedere ad ogni bambino: “Che quantità mi hai portato?”

Un altro esercizio di gruppo

Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette della decina, 9 quadrati delle centinaia, 9 cubi delle migliaia, 1 vassoio e un tappeto

Scopo dell’esercizio: comprendere il sistema decimale.

Esercizio: si tratta di un esercizio per un gruppo di due o tre bambini.

Si dispone il materiale sul tappeto in questo modo:

Utilizzando solo una gerarchia per volta, fino a quando i bambini sono in grado di eseguire l’esercizio con facilità, mettiamo una certa quantità di perle sul vassoio, ad esempio 5 quadrati delle centinaia:

Poi mostriamo il vassoio al gruppo e chiediamo: “Chi mi può dire quante perle sono?” Uno dei bambini dirà certamente: “Cinquecento” e noi ripeteremo: “Sì, trecento.”

Quindi metteremo il cinquecento al suo posto e prepareremo un altro quantitativo sul vassoio, ad esempio  7 cubi delle migliaia,  e chiederemo di nuovo: “Chi mi sa dire quante perle sono?”

L’esercizio si ripete in questo modo per più quantità diverse di ogni singola gerarchia. Se nel gruppo osserviamo che un dato bambino è sempre più lento degli altri a rispondere, facciamo in modo tale da dargli il tempo di cui necessita, dicendo ad esempio al gruppo: “Questa volta voglio preparare un vassoio solo per Luca, e tutti gli altri guardano”…

Nei giorni seguenti possiamo invertire l’esercizio. Allora chiederemo ai bambini di prepararci una data quantità di perle sul vassoio, dicendo: “Che vorrebbe mettere tremila perle sul vassoio?” e poi verificando:  Sì, è tremila”.

Quando i bambini dimostrano di saper eseguire l’esercizio con facilità, potremo lavorare a quantità che coinvolgono più di una gerarchia.  Ad esempio potremo mettere sul vassoio  mette 3 cubi e 4 quadrati sul vassoio. Un bambino dirà: “Sono tremila e quattrocento.” E risponderemo: “Sì, hai ragione. Tremilaquattrocento.”

Dopo molta pratica, i bambini saranno in grado di formare e leggere qualsiasi quantità che comporrete per lui,  fino al 9999.

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Il senso del tatto, Bruno Munari, Maria Montessori, e…

Il senso del tatto, Bruno Munari, Maria Montessori, e…Secondo Bruno Munari la conoscenza del mondo, per un bambino, è di tipo plurisensoriale, e tra tutti i sensi il tatto è quello maggiormente usato. Ma mentre l’educazione alla visione ed alla comunicazione viene praticata in tutte le scuole, l’educazione tattile non viene presa sufficientemente in considerazione…

Anche secondo Maria Montessori  l’educazione dei sensi, tra cui il tatto, è della massima importanza. Nella didattica montessoriana l’educazione dei sensi ha come obiettivo quello di affinare la percezione per mezzo di esercizi ripetuti; il materiale didattico sensoriale utilizzato rende possibile l’autoeducazione del bambino ed una formazione metodica dei sensi. Si tratta in generale di oggetti che attirano l’attenzione spontanea e che contengono una gradazione razionale di stimoli.

Secondo Bruno Munari, mentre la vista dà una percezione globale delle cose, l’udito e il tatto danno percezioni lineari, cioè in successione; come udiamo i suoni uno dopo l’altro, così percepiamo uno dopo l’altro gli stimoli tattili: si tratta di esperienze che si svolgono nel tempo. Le percezioni visive, invece, abbracciano un insieme contemporaneamente.

Laboratorio a cura di Cristina Bortolozzo – Operatore Certificato Metodo Bruno Munari®.
Fonte: http://architetti.com/articolo/13029/Design-per-piccoli-creativi-il-metodo-Munari-e-il-laboratorio-tattile

Altro aspetto peculiare della didattica montessoriana consiste nel modo in cui gli stimoli sensoriali devono essere distribuiti: si dovrebbe partire da pochi stimoli fortemente contrastanti, per passare poi a quantità via via maggiori di stimoli, differenziati tra loro in modo sempre più sottile e impercettibile.

Anche secondo Bruno Munari le prime esperienze tattili dovrebbero riguardare forti contrasti (morbido-rigido, freddo-caldo, ecc…), e solo dopo si possono fare le prime classificazioni ed arricchire le scale.

Una considerazione molto interessante di Bruno Munari riguardo il senso del tatto e l’educazione: in molte scuole materne si fa troppo presto uso dei mezzi pittorici, quando invece il bambino non ha ancora esaurito i suoi interessi tattili.

Sarebbe molto più utile, per loro, mettere a disposizione scatole o vasche di materiali diversi, lasciarli liberi di toccare, e magari parlare, in un secondo momento, delle sensazioni provate.

I bambini hanno bisogno di capire e classificare, mettere in ordine le informazioni per poterle recuperare quando ne hanno bisogno: è importante dunque lavorare alla proprietà di linguaggio, che aiuta i bambini a comunicare.

Secondo Maria Montessori, l’educazione del senso tattile e del senso termico vanno di pari passo, dato che il  calore rende il senso del tatto più acuto. Per prepararsi agli esercizi tattili, i bambini si lavano le mani con acqua calda e gli esercizi di vita pratica che riguardano il lavaggio delle mani e la cura delle unghie sono considerati esercizi preparatori a quelli tattili.  Ai bambini viene anche insegnato come toccare le superfici utilizzando i polpastrelli.

Per quanto riguarda il senso termico, Maria Montessori utilizzava una serie di piccoli contenitori di metallo (scaldine), che venivano riempite con acqua a diversa temperatura. Si preparano con l’ausilio del termometro, in modo che ve ne siano a due a due della stessa temperatura.

Per Bruno Munari la percezione termica può essere isolata utilizzando un pannello contenente un blocco di polistirolo espanso e una lastra metallica: appoggiando le due mani sui due oggetti, e si avrà una mano calda ed una fredda.

Per l’educazione del senso barico (senso del peso), si usano nella didattica montessoriana tavolette di legno, da sei a otto centimetri e spesse circa 1/2 centimetro. Le tavolette ideate dalla Montessori erano di tre diversi tipi legno: glicine, noce e pino e pesavano rispettivamente 24, 18, e 12 grammi.

Le tavolette bariche dovrebbero essere molto regolari, verniciate per eliminare la ruvidità, ma in modo tale che rimanga il colore naturale del legno.

Il bambino prende due delle tavolette tra le mani, le lascia sul palmo, con le dita tese, e muove le mani su e giù per valutarne il peso, meglio se ad  occhi chiusi. Come già accennato, infatti, una particolarità della tecnica didattica montessoriana è quella di insegnare al bambino a tenere gli occhi chiusi mentre tocca, incoraggiandolo spiegando che così  sarà in grado di sentire meglio le differenze.

Se il bambino è bendato, quando toglierà il fazzoletto, potrà vedere il colore dei pezzi di legno e capire se ha commesso un errore.

Il materiale didattico montessoriano di base per il senso del tatto è costituito da:

– una tavola rettangolare di legno divisa in due rettangoli uguali, una coperta con carta molto liscia, l’altra coperta con la carta vetrata

-una tavola rettangolare simile alla  precedente, ricoperta con strisce alternate di carta liscia e carta vetrata

– raccolte di foglietti di carta, che variano con molti gradi di liscio, cartone sottile, carta vetrata

– raccolte di stoffe

Per esercizi stereognostici Maria Montessori intende attività di riconoscimento di oggetti attraverso l’aiuto simultaneo del senso tattile e muscolare.

Altro materiale didattico utilizzato è costituito dai mattoni e cubetti di Froebel. Si presentano al bambino, ad esempio, un parallelepipedo e un cubo, il bambino li esplora, quindi si esercita a riconoscerli bendato. La serie comprende in tutto 24 elementi.
Questi esercizi del senso stereognostico possono essere sviluppati in molti modi: si possono sollevare piccoli oggetti, soldatini, palline, monete. Si può giocare a discriminare tra piccole forme leggermente diverse, come mais, grano e riso. “Posso vedere con le mie mani!”, diranno i bambini…

Le tavole tattili (tavolette liscio – ruvido) montessoriane:

Per quanto riguarda la scelta dei materiali, Bruno Munari parla in particolare:

– della carta, che è la  “pelle di una superficie variabile”,

– dei fili, che si accordano bene alla caratteristica del tatto di essere lineare. Consiglia corde, nastri, strisce di materiali vari, nodi, catenelle, anche da usare per comporre oggetti – quadri da toccare

– materiali vari con tessiture diverse (tessuti, moquette, rivestimenti sintetici, ecc…)

– polveri, semi, grani, briciole, segatura, ecc…

– bucce di frutta

– liquidi di diversa densità tenuti in buste di plastica sigillate

– gomme e spugne

– strutture tattili formate da uno stesso materiale ma assemblato in modo diverso (ad esempio fil di ferro e rete metallica)

Parlando del senso del tatto, poi,  non si può non citare Marinetti e il Tattilismo:

del 1921 la famosa tavola tattile Sudan-Parigi:

Tornando alla componente di linearità della percezione tattile, nel primo Laboratorio tattile ideato da Bruno Munari nel 1977 a Milano, erano a disposizione tra l’altro, per essere toccate, delle “scale di valori tattili” contenenti serie di materiali organizzati in base ad una data qualità, ad esempio sofficità, durezza, ecc…

Oltre alle composizioni lineari, con tavolette, strisce di cartone o altro, fili e corde, si possono realizzare oggetti tattili tridimensionali e sculture.  A differenza delle tavole, queste composizioni possono essere lette scegliendo di volta in volta la direzione da seguire: dall’alto, dall’esterno, dal basso, ecc… e stabilire ogni volta percorsi tattili diversi.

Un particolare tecnico importante dell’educazione sensoriale in ambito montessoriano consiste nell’isolare il singolo senso, se possibile. Così, per esempio, gli esercizi sul senso dell’udito hanno maggior successo in un ambiente non solo silenzioso, ma anche di buio. Per l’educazione dei sensi in generale, anche del senso  tattile, termico e barico, si benda il bambino: la benda aumenta notevolmente l’attenzione e l’interesse.
Il bambino può essere bendato nei giochi in cui, per esempio, deve riconoscere i vari pesi, e questo lo aiuta a intensificare e concentrare la sua attenzione sugli stimoli barici che deve verificare, ed aumenta il piacere di essere riuscito ad “indovinare”.

Anche Bruno Munari sottolinea come la comunicazione visiva e quella tattile si mescolano toccando, e come troppo spesso prevale la comunicazione visiva.

Un modo per azzerare la comunicazione visiva è mettere a disposizione dei bambini oggetti di identica forma, ma differenti al tatto, ad esempio oggetti sferici tipo un’arancia, una mela, una palla di gomma, una di legno, un sasso, un gomitolo di lana, ecc…

Altro elemento che porta ad evidenziare il tatto rispetto alla vista, è proporre ai bambini forme identiche che si presentano come positivo e negativo (concavo e convesso); ad esempio due cucchiai uno sul dritto e uno rovesciato, da toccare contemporaneamente.

Nel pensare a materiali, giochi, proposte sul tema del tatto, sono risorse preziosissime quelle create per i bambini ipo e non vedenti:

Sogni di Piuma è un libro tattile per bambini ciechi e ipovedenti, ideato e realizzato da Eleonora Terrile e da Sylvie Garrone. Il testo è scritto in italiano, in braille e, grazie alla traduzione di Elisa Santi, anche in inglese.

‘L’unico senso puro, verginale, che rimane è il tatto. E’ anche l’unico che non è stato indirizzato verso l’ arte. Non è stato estetizzato. Io lo vedo come una pianura inesplorata dove so che c’è un tesoro sepolto ‘. Jan Svankmajer

Questo video documenta un laboratorio tattile condotto con adulti dell’artista http://terezast.com/?projects=a-new-project e dà molti spunti di lavoro anche per i  bambini:

Riferimenti nel web:
– Art in Touch, rete di artisti il cui lavoro riguarda consapevolmente il tattile
un laboratorio di mappe tattili
Sogni di piuma, libro tattile illustrato
– Il museo tattile di pittura antica e moderna Anteros: una collezione di traduzioni tridimensionali di celebri dipinti compresi tra l’età medioevale e l’età moderna.
Il tatto, la fantasia e il reale; estratto pdf della tesi di laurea di Sara Colautti e Serena Federici 
– Guida alla progettazione di illustrazioni per i libri tattili per bambini
Il metodo Montessori
Bruno Munari, la polisensorialità e i bambini
– un laboratorio tattile per creare tavolette
design per piccoli creativi, il metodo Munari e i laboratori tattili
Bruno Munari, i laboratori

Metodo Montessori – Quando il bambino è pronto per l’apprendimento della scrittura?

Metodo Montessori – Quando il bambino è pronto per l’apprendimento della scrittura?

Metodo Montessori – dopo aver offerto il materiale didattico per lo sviluppo sensoriale, dobbiamo aspettare fino a che nel bambino non si attivino spontaneamente le attività di osservazione e generalizzazione, cioè la capacità di riconoscere gli elementi appresi (ad esempio forme degli oggetti, colore, ruvidità, ecc…) al di fuori dei materiali didattici, negli oggetti quotidiani.

Per  cercare di seguire questo principio, in relazione all’apprendimento precoce della scrittura, elenchiamo alcuni semplici giochi e attività che possono darci importanti spunti di osservazione per valutare il momento giusto per iniziare.

Metodo Montessori –  Giochi del cieco

Abbiamo nel nostro materiale didattico una scatola nella quale sono collezionati pezzi rettangolari di tessuto  in grande varietà: velluto, raso, seta, cotone, lino, ecc… Nella fase di presentazione del materiale sensoriale, il bambino ha imparato la nomenclatura appropriata, ad anche ad aggiungere qualcosa in merito alla qualità (spesso, fine, morbido, ecc..). Quando pensiamo possa essere il momento, possiamo chiamare il bambino, farlo accomodare ad un tavolo da dove possa essere visto anche dai compagni che lo desiderano,  bendarlo, e offrirgli le stoffe una per una. Lui le toccherà, le distenderà, le schiaccerà tra le dita e deciderà: “ E’ velluto, seta, panno ruvido”, ecc… Questo esercizio provoca di solito grande interesse generale.
Lo stesso gioco può essere fatto con altri materiali sensoriali usati per classificare pesi, forme, temperatura. Si può anche giocare a distinguere monete di dimensioni diverse, i cubi e i mattoni, i semi secchi come fagioli e piselli.

Metodo Montessori –   Disegno Libero

Diamo al bambino un foglio di carta bianco e una matita, dicendogli che egli può disegnare ciò che vuole. L’importanza di questi disegni sta nel fatto che essi rivelano la capacità di osservazione del bambino e mostrano le sue tendenze individuali. In generale, i primi disegni sono informi e confusi ma  diventano a poco a poco più comprensibili, rivelando i progressi che il bambino fa nell’osservazione delle forme attorno a lui. E, dato che il bambino disegna ciò che vuole, la sua scelta ci rivela quali sono gli oggetti che maggiormente attraggono la sua attenzione.

Metodo Montessori –   Disegni da colorare

Questi disegni sono molto importanti in quanto costituiscono la preparazione per la scrittura. Gli esercizi consistono nel colorare con le matite colorate un disegno tracciato con la matita nera. Può trattarsi di oggetti coi quali il bambino ha familiarità a casa, a scuola, in giardino.

Il bambino deve scegliere i colori, e nel farlo ci mostra se ha osservato i colori delle cose che lo circondano.
Queste attività rivelano la capacità del bambino in materia di osservazione dei colori, come il disegno libero ci ha mostrato fino a che punto sa osservare le forme negli oggetti che lo circondano.

I bambini sono lasciati completamente liberi nel loro lavoro. Se, ad esempio, colorano un pollo di rosso o una mucca di verde, questo dimostra che non hanno ancora sviluppato la loro capacità di osservazione.

Metodo Montessori –  Modellaggio libero

E’ un esercizio analogo a quello del disegno libero e del disegno da colorare. Qui il bambino fa ciò che vuole con l’argilla, quindi plasmerà gli oggetti che si ricorda più distintamente e che lo hanno colpito più profondamente.

Diamo al bambino un vassoio di legno contenente un pezzo di argilla, e attendiamo il suo lavoro. Spesso questi lavori riproducono, con minuziosità sorprendente, oggetti che i bambini hanno visto. Spesso si tratta di oggetti di casa, soprattutto mobili da cucina, brocche, pentole, e padelle. A volte, una semplice culla contenente un fratellino o una sorellina. In un primo momento è necessario porre descrizioni scritte su questi oggetti, come si deve fare per i primi disegni liberi; più tardi, tuttavia, i modelli sono facilmente riconoscibili.

Questi modelli in argilla sono materiale molto prezioso per l’insegnante: aiutano a chiarire le differenze individuali, ma soprattutto sono  importanti come segni del grado di sviluppo del bambino, e sono quindi guide preziose per decidere se e come intervenire.

I bambini che in questo lavoro si rivelano buoni osservatori, si dimostrano attivi nel processo che va dalla sensazione al concetto astratto e saranno tra le altre cose maturi per essere avviati alla scrittura spontanea.

I bambini il cui lavoro rimane informe e indefinito,  probabilmente necessitano di esercizi coi materiali sensoriali per stimolare la loro capacità di attenzione verso gli  oggetti che li circondano.

Metodo Montessori –  Gioco del rettangolo

L’analisi geometrica delle figure non è adatta ai bambini molto piccoli, ma la Montessori ha messo a punto il gioco del rettangolo.

Il rettangolo è il piano di un tavolo, e il gioco consiste nell’apparecchiare la tavola per un pasto con stoviglie giocattolo: piatti, scodelle, zuppiera, saliere, bicchieri, caraffe, coltellini, forchette, cucchiai, ecc… Si chiede al bambino di apparecchiare la tavola per sei, mettendo due posti su ciascuno dei lati lunghi, e un posto su ciascuno dei lati più corti. Poi si dice di mettere la zuppiera al centro del tavolo, questo tovagliolo in un angolo, questa scodella al centro del lato corto, ecc…

Poi ci si ferma. si osserva la tavola col bambino, e si può ancora dire: “Manca qualcosa in questo angolo, serve un altro bicchiere da questa parte, ecc…”. E ancora “Ora vediamo se abbiamo messo tutto  sui due lati più lunghi.”, “E’ tutto pronto sui due lati più corti?”, “C’è qualcosa che manca ai quattro angoli? “
Non possiamo procedere ad un’analisi più complessa di questa, prima dell’età di sei anni, ma se insegnò queste idee poi saranno certamente  in grado di imparare.

Metodo Montessori –   Perchè insegnare a scrivere, e a partire dal corsivo, a quattro anni?

Secondo la Montessori esiste una relazione importantissima e sempre poco considerata, tra apprendimento della lingua scritta e linguaggio verbale.  E dovette insistere molto su questi concetti, perchè ai suoi tempi che un bambino imparasse a scrivere prima dei sei – sette anni era qualcosa di inaudito. Il linguaggio scritto, osservò  può essere considerato da due punti di vista:

1.  come un  linguaggio di grande importanza sociale, che si aggiunge al linguaggio verbale allo scopo di offrire uno strumento necessario ai rapporti con i propri simili.

2. si può vedere uno stretto rapporto tra linguaggio verbale e scritto, e in questo rapporto cogliere la possibilità di utilizzare la lingua scritta per perfezionare la lingua parlata.

Il meccanismo del linguaggio verbale è un antecedente necessario delle attività psichiche superiori che dovranno utilizzarlo. Ci sono due periodi dello sviluppo del linguaggio:  uno inferiore, che prepara il sistema nervoso e i meccanismi che mettono in relazione tra loro canali sensoriali e  canali motori;  uno superiore, dato da un aumento delle attività intellettive, che vengono esteriorizzate attraverso il linguaggio stesso.

Il linguaggio scritto è lo strumento indispensabile dell’educazione intellettuale, perchè fissa le idee degli uomini e permette la loro analisi e la loro assimilazione, ma prima ancora ha il compito di fissare le parole che rappresentano dati della percezione,  e di analizzare i suoni che le compongono.

L’apprendimento del linguaggio scritto è molto più semplice di quello verbale, e scrivere è in particolare sorprendentemente semplice. I movimenti della scrittura sono molto più semplici di quelli necessari per la parola, e vengono eseguiti da grandi muscoli, tutti esterni, su cui possiamo agire direttamente stabilendo meccanismi psico-motori. Questo è ciò che viene fatto col metodo Montessori.

Il bambino di tre o quattro ha già da tempo iniziato il suo percorso di sviluppo della lingua parlata, e lo sta perfezionando grazie alle sue percezioni degli stimoli esterni. Se non sente perfettamente le parole, in tutti gli elementi che le compongono, può avvenire che le pronunci male, proprio a causa di un’errata percezione uditiva.

Il linguaggio deve perciò essere materializzato e reso stabile, e da qui secondo la Montessori la necessità della parola scritta, rappresentata da segni grafici.

Fasi del metodo Montessori per l’apprendimento precoce della scrittura

PRIMO PERIODO (Preparazione specifica all’uso della matita):  incastri metallici

SECONDO PERIODO ( memoria muscolare, tattile e visiva dei movimenti necessari alla scrittura):  alfabeto tattile minuscolo

TERZO PERIODO  (composizione delle parole):  alfabeto mobile minuscolo contenuto in una scatola a scomparti, e in aggiunta la serie dell’alfabeto tattile per le maiuscole, e la serie dell’alfabeto mobile (sempre per le maiuscole). Nella terza fase del metodo, cioè nella fase di  composizione delle parole, è inclusa l’analisi delle parole stesse e non solo dei segni: il bambino infatti divide la parola, di cui conosce il significato,  in suoni e sillabe. In altre parole, mentre pronuncia i suoni per stimolo visivo, si introduce lo stimo uditivo che contribuisce al perfezionamento della pronuncia della parola.

Questi tre periodi riassumono l’intero metodo, e il loro significato è chiaro: le abilità psicofisiche necessarie per l’apprendimento della scrittura vengono preparate separatamente e con grande attenzione. I movimenti muscolari necessari alla realizzazione dei segni delle lettere sono preparati a parte, e lo stesso vale per la manipolazione dello strumento della scrittura. La composizione delle parole, inoltre, si riduce ad un meccanismo psichico di associazione tra immagini sentite e viste.

E poi arriva il momento in cui il bambino, senza pensarci, riempie le figure degli incastri metallici con linee orizzontali e verticali fluide e regolari; un momento in cui tocca le lettere dell’alfabeto tattile con gli occhi chiusi; un momento in cui la composizione delle parole diventa un impulso  spontaneo.

Ora è vero che dopo questo percorso il bambino non ha ancora mai scritto, ma è anche vero che ha imparato tutti gli atti necessari alla scrittura. Il bambino che, quando sotto dettatura, non solo sa come comporre la parola, ma subito abbraccia nel suo pensiero la sua composizione nel suo insieme, sarà in grado di scrivere. Ora ha tutti gli strumenti, e bisogna soltanto attendere che, da un momento all’altro, avvenga l’esplosione spontanea della scrittura, dettata esclusivamente da un suo impulso .

La scrittura, inoltre,  è appresa in tempi così rapidi perché cominciamo ad insegnare solo a quei bambini che mostrano desiderio per essa, o attenzione spontanea alla lezione data ad altri bambini; alcuni imparano senza aver mai ricevuto alcuna lezione, solo attraverso l’ascolto della lezione data agli altri. In generale, tutti i bambini di quattro sono intensamente interessati a scrivere, e sono particolarmente entusiasti di tracciare le lettere di carta vetrata. Il tempo medio che intercorre tra la prima prova degli esercizi preparatori e la prima parola scritta, per i bambini di quattro anni, va da un mese ad un mese e mezzo. Con i bambini di cinque anni, il periodo è molto più breve, di circa un mese.

Questo per quanto riguarda il tempo necessario per l’apprendimento. Per quanto riguarda l’esecuzione, i bambini scrivono bene dal momento stesso in cui cominciano: la forma delle lettere, ben arrotondata e fluente, è sorprendente nella sua somiglianza alla forma dei modelli di carta vetrata. I bambini, spontaneamente e con una sicurezza incredibile, scrivono parole intere senza sollevare la penna e mantenendo perfettamente l’inclinazione delle lettere. Troppo spesso, infatti, la calligrafia viene insegnata in un’età in cui tutti i difetti si sono già affermati, e quando il periodo fisiologico in cui la memoria muscolare è pronta, è stato superato.

Per quanto riguarda invece i difetti e le imperfezioni del linguaggio verbale, questi sono in parte dovuti a cause organiche, ma in parte sono collegati a difetti funzionali acquisiti nel periodo della formazione del linguaggio; sono errori acquisiti dal bambino che ascolta in modo non perfetto le parole pronunciate, o che effettivamente sente pronunciate male attorno a lui.  Nel primo caso la causa risiede nell’individuo,  nel secondo caso la causa trova al di fuori. Tra le attività consigliate per correggere tali difetti, mettiamo: gli esercizi di silenzio, che preparano i canali nervosi del linguaggio a ricevere nuovi stimoli;  la pronuncia distinta da parte del maestro (esercizi di nomenclatura) di poche parole (soprattutto nomi, che possono essere associati a un’idea concreta), durante ogni lezione; e anche la scrittura, che porta il bambino ad analizzare i suoni della parola ed a ripeterli  separati.

Racconto per introdurre la geografia La casa giusta

Racconto per introdurre la geografia La casa giusta – Elaborato a partire da una traccia in uso nella scuola steineriana, questo racconto è un piccolo viaggio attraverso i climi e le abitazioni tradizionali di alcuni popoli della terra. Se proposto a blocchi, un po’ al giorno, si può esercitare il disegno copiato dalla lavagna e la scrittura; consigliate anche le cornicette… Ho inserito nel testo degli esempi. Se disegnate per i bambini alla lavagna partite creando un bello sfondo (sole, aria, prato…), poi passate alla cornicetta, e quindi al disegno, cercando di evitare prospettive troppo complicate per loro e troppi particolari che renderebbero noioso guardarvi. Non importa tanto il prodotto finito, quanto il processo.

C’erano una volta, tanto tempo fa, due fratellini, un bambino e una bambina, che abitavo su su in alto, nel cielo. Lassù c’era sempre qualche gioco nuovo da fare: saltare sulle nuvole bianche e gonfie come la panna montata, scivolare sul dorso della luna, fare le pernacchie ai raggi del sole, sedersi sulle stelle e giocare a nascondino…

Un giorno, il tempo era passato e loro erano un po’ cresciuti, il loro sguardo andò a posarsi sulla terra: com’era piccola rispetto a tutto il cielo, e com’era buia rispetto alle stelle, e com’era chiassosa rispetto alla luna silenziosa, e com’era fredda rispetto al sole! Ma com’era bello guardare i suoi alberi, i fiori che sbucavano dalla scura terra,  gli animali che correvano, i fiumi  e i monti, le montagne imponenti, e gli uomini, poi, che si muovevano, parlavano, ridevano… Da quando avevano scoperto la terra, i due bambini rimanevano ore ed ore a guardarla, seduti su una nuvola, e non avevano più voglia di giocare con la luna e con le stelle. Solo quando sulla terra gli uomini interrompevano le loro varie occupazioni e andavano a dormire, i bambini tornavano ai loro giochi.

Guardando e riguardando la terra, i bambini cominciarono a desiderare di scendere laggiù, ma avevano molta paura a fare un viaggio del genere da soli. Una volta arrivati, come sarebbero stati accolti? Qualcuno avrebbe avuto cura di loro? Com’erano gli uomini, buoni o cattivi? A vederli da lassù, sembravano certamente buoni, ma era proprio così? Presi da tanti dubbi, e divisi a metà tra cielo e terra, i due bambini cominciavano a sentirsi tristi.

Le stelle del cielo se ne accorsero e dissero: “Non abbiate paura… anche se scenderete sulla terra noi resteremo con voi, e potrete sempre vederci anche da laggiù”.
I due bambini, a questo punto, erano determinati a partire, ma prima di farlo decisero che era meglio chiedere un consiglio al grande mago che muoveva i venti e le correnti, faceva nascere le tempeste, scatenava i fulmini, faceva rimbombare i tuoni e  radunava tutte le nuvole trasformandole in animali dei più vari, come elefanti leoni aquile tori o pesci…

“Di cosa avremo bisogno una volta scesi sulla terra?”, gli chiesero.
“Oh, beh, di una cosa avrete bisogno di certo” rispose il mago, “Una volta sulla terra, il cielo ce lo avrete sulla testa, e le nuvole rovesciano acqua, il sole brucia e la luna è fredda… vi occorrerà un riparo dal freddo e dal caldo, dalla pioggia e dal vento, dalla grandine e dalla neve…”
“Una casa?” chiesero i bambini, “ma noi non sappiamo nulla di case…”

“Voglio aiutarvi!” , rispose il mago dopo aver riflettuto un istante, perchè quei due bambini gli erano proprio simpatici, “Venite giù con me! Io vi darò una casa sulla terra. Come la volete? Triste o allegra? Fredda o calda? Chiusa o aperta?”
“Bella!” risposero in coro i bambini.
“Bene”, disse il mago, “Venite allora sotto il mio mantello, e tenetevi forte!”

I due bambini si attaccarono stretti alle gambe del mago, sotto il suo mantello, e volarono giù tra le grida di meraviglia degli uccelli…

Volando, erano passati vicino al sole, che li aveva quasi scottati; allora il mago li portò subito nella zona più fredda che si possa trovare sulla terra. Lì atterrò, e  i bambini uscirono da sotto il suo mantello e si guardarono attorno; erano arrivati al Polo Nord, dove la terra non germoglia  e non fiorisce: vento gelido e lastre di ghiaccio  luccicante dappertutto, e un gran silenzio, interrotto soltanto dallo scricchiolare del ghiaccio, dal grido di grandi uccelli bianchi e dal verso delle foche e degli orsi. Gli uomini che vivono in questa terra sono pochi.

Il mago disse: “Ah, che bel frescuccio da queste parti, eh! Proprio quello che ci voleva! Ed ora, vediamo un po’ in che casa potreste abitare…”

Il mago fece un cenno verso qualcosa che sporgeva dalla neve, a forma di cupola, e tutti e tre si avviarono da quella parte. Seminterrata nella neve, c’era una casetta rotonda, tutta ricoperta di ghiaccio, senza porte nè finestre: l’igloo. Il mago e i due bambini entrarono, abbassando la testa, in un tunnel di ghiaccio che era accanto alla casa. Percorrendo il tunnel videro numerosi cani sdraiati e mezzo addormentati. Il tunnel finì ed essi sbucarono all’interno della casa. Lì dentro non faceva più così freddo, ma c’era un fortissimo odore di grasso e di pesce.  Tutta la casa era ricoperta di pelli, muschi e licheni.I due bambini esclamarono: “Oh, che bella questa casa!”.

Lì dentro ci si sentiva proprio bene e la cupola che faceva da tetto somigliava al cielo. Gli uomini che entravano nella casa si toglievano i grossi guanti e i giacconi foderati di pelliccia, e sorridevano. I loro occhi erano di forma allungata, avevano zigomi pronunciati e la pelle del viso spalmata di grasso. Il mago salutò i due bambini, e scomparve.

Fu un grande divertimento per loro vivere in una casa di ghiaccio. Parte del giorno la trascorrevano all’aperto giocando con le foche e coi cani, poi rientravano nell’igloo e si sdraiavano  tra le pelli di foca, addormentandosi. Se capitava che si svegliassero durante la notte, vedevano sempre la stessa pallida luce solare, che ininterrottamente, per tutte le 24 ore di ogni giornata, era sempre la stessa: il giorno non finiva mai.
Ma il tempo passò e il sole invece di esserci sempre, tramontò e l’alba non arrivava. Allora cominciarono a sentire davvero freddo! Il vento del nord cominciò a soffiare, arrivarono le tempeste di neve, le onde dell’oceano si impennarono come cavalli selvaggi. Tutti gli uomini si rintanarono negli igloo, e chiusero i cani al sicuro nel tunnel. Il maltempo durò molti, molti giorni, e la luce del sole non ricomparve: un’eterna notte si era distesa su quella strana terra  e le ore passavano sempre uguali. I due bambini avevano freddo e cominciarono ad annoiarsi. Nell’igloo c’era ben poco da fare, e non si poteva neanche star dietro a una finestra a guardare il cielo nero, la furia dell’oceano o la terra battuta dal vento. Quella casa ora sembrava loro una prigione di gelo.
“Che noia!” disse la bambina,  “potessimo chiamare in nostro amico mago…”.
“Lui ci aiuterebbe!”, rispose il bambino.

E non avevano finito di scambiarsi queste parole, che il mago apparve davanti a loro: “Cosa volete? Non siete soddisfatti della vostra casa?”
“No!” rispose il bambino, “Abbiamo freddo e qui è sempre notte! Ci annoiamo!”
“Questa terra non è adatta a noi”, continuò la bambina, “e poi… la casa non ha nemmeno una finestra per guardar fuori e vedere le stelle…”
“Bene,” disse il Mago, “allora lasciamo questo posto! Venite sotto il mio mantello!”
“Dove ci porterai?”
“Dove regna il sole, venite!”
I due bambini non si fecero certo pregare, e si infilarono zitti zitti sotto il grande mantello. Il mago uscì dall’igloo e si alzò in volo, incurante della bufera.

Viaggiarono per molto, molto tempo e, mentre volavano, l’aria di faceva sempre più calda, finchè i due bambini cominciarono a sudare sotto il mantello del mago. Per fortuna erano arrivati!
“Eccoci a terra” disse il mago.

I due bambini uscirono da sotto il mantello e si guardarono intorno meravigliati. Erano atterrati in un posto che era in tutto e per tutto l’opposto del primo: si trovavano nell’emisfero sud! Qui la pioggia poteva cadere torrenziale per giorni e giorni, il sole era splendente, e l’aria umida e calda faceva nascere dalla terra ogni genere di pianta e alberi altissimi, col tronco liscio liscio e la chioma rigogliosa molto sopra. Al polo i colori erano bianco, grigio e azzurro pallido; qui era il regno del verde e del giallo in tutte le loro possibili gradazioni e sfumature. Tanto era ricca la vegetazione, altrettanto ricca era la varietà di animali: leoni, leopardi, pantere, iene, gazzelle, antilopi, giraffe, zebre, elefanti, scimmie, uccelli d’ogni genere. Gli uomini, a differenza degli abitanti del nord, avevano la pelle scura.

“Ah, che bel calduccio fa da queste parti, vero?” disse il mago, soddisfatto, “Credo proprio che ora sarete contenti… ieri al polo e oggi qui! Adesso non ci resta che andare a cercare la vostra casa!”.
Seguito dai due bambini, il mago si inoltrò nel folto della foresta. Camminare era molto difficile, ma con un mago al proprio fianco non c’era nulla da temere, e alla fine si ritrovarono in una piccola radura circondata da alberi altissimi.

“Ecco la vostra casa!” disse il mago, indicando una costruzione rotonda come un igloo, ma tutta verde e leggera. Era una capanna fatta di rami d’albero sottili e flessibili, legati gli uni agli altri con delle liane. Al centro, un’apertura tra i tronchi indicava l’entrata. I bambini erano felici: quella sì che era una bella casa! Entrarono: il sole filtrava tra le fessure delle pareti, e l’aria profumata della foresta penetrava ovunque.
“Ah, qui staremo proprio bene!” dissero, ” e stanotte finalmente riusciremo a rivedere le stelle!”.
“Sono contento che vi piaccia” disse il mago, e scomparve.

Fu così che i due bambini si ritrovarono a vivere le loro meravigliose avventure nella foresta. Il più divertente dei giochi era lanciarsi la frutta addosso, loro e le scimmie. Ma era bello anche seguire il corso del fiume, naturalmente stando molto attenti ai coccodrilli… e ai leoni!

Eppure i bambini non erano del tutto felici, e continuavano a sentire la stessa nostalgia che avevano provato prima di scendere sulla terra.
“Se almeno non vedessimo tutto quel buio là fuori! Se la casa fosse più… più protetta, più chiusa…”, dicevano.
E la sera anche le stelle sembravano così lontane.
Passò del tempo, e anche il caldo si fece insopportabile: un’aria umida e appiccicosa saliva dalla terra, arrivò un vento caldo e gli animali si nascosero nella foresta. Gli uomini si ritirarono nelle loro capanne, chiudendosi dentro con tronchi e pelli. Cadde su tutto un cupo silenzio, una calma irreale e minacciosa si stese su uomini, alberi, animali. Il sole scomparve e si scatenò una terribile tempesta; l’acqua scendeva violentissima dal cielo e ai due bambini sembrava di essere su di una barchetta leggera in balia di un mare tempestoso.
“Oh, se almeno non fossimo soli, se ci fosse il mago qui con noi!” dissero.
“Mi avete chiamato?” disse il mago, apparendo improvvisamente davanti a loro. “Non siete più contenti neanche di questa casa?” Eppure, vi piaceva tanto…”
“Oh, sì, è bella… ma non è sicura! Noi vorremmo una casa solida che sappia resistere al vento e alla pioggia; che ci faccia sentire protetti…”

“Ho capito. Ed ora so quello che ci vuole per voi. Ritornate in fretta sotto il mantello, e partiamo!”
I bambini non se lo fecero certo ripetere, si aggrapparono alle gambe del mago, e volarono via.

Viaggiarono a lungo, verso ovest, sorvolando l’oceano immenso, finchè per la terza volta si ritrovarono a terra. Erano in un paese vasto e aperto come il respiro di un gigante: l’America! Da una parte si stendevano verdi praterie sterminate, solcate da fiumi e interrotte qua e là da grandi pinete; dall’altra una catena di monti rocciosi si elevavano in picchi frastagliati verso il cielo. In quel momento il sole stava tramontando e tutto era tinto di arancione e rosso. Quanta luce!

“Venite!” disse il mago “Vi aspetta la casa dei vostri sogni!”
E li portò su un picco roccioso, sovrastato da uno strano spettacolo: scavate nella roccia viva, una accanto all’altra e una sopra l’altra, c’erano case di pietra.
“Questa sì che è una casa!” esclamarono i bambini, “Qui dentro non ci bagneremo, nè vedremo lampi paurosi!”
“E da queste finestre potremo anche guardare le stelle.” disse la bambina.
E il bambino aggiunse: “Sembra una fortezza! E possiamo giocare ai soldati!”
“Bene!” disse allora il mago, “Sono proprio felice di avervi accontentati…”
E sparì.

I due bambini cominciarono una nuova vita. Intorno a loro vivevano uomini forti e coraggiosi, alti e dalla pelle del colore del tramonto, con lunghi capelli lisci e neri, spesso adornati di piume. Questi uomini maneggiavano armi e attrezzi, e avevano costruito loro quelle case, scavandole nella roccia, e le avevamo chiamate “pueblo”. Erano un popolo saggio e generoso, ma anche bellicoso. Coltivavano le praterie e vivevano dei prodotti della terra e di caccia. Il bambino li seguiva spesso nel loro vagabondare e aveva imparato ad andare a cavallo e rincorrere immense mandrie di bufali e bisonti selvaggi; alci, salmoni e castori erano altri animali che si incontravano facilmente in quella zona. La bambina, invece, restava al villaggio con le donne, e con loro lavorava a fare cesti e ritagliare le pelli dei bisonti per fare coperte e vestiti.
A lungo andare la bambina si stancò di vivere così.

“Le finestre qui sono buchi, vanno bene per lanciare frecce contro i nemici, ma non per ammirare il mondo!” disse un giorno.
“E se anche fosse?” rispose il bambino, “a me piace sentirmi al sicuro quando arriva il nemico!”
“Ma non si può vivere sempre con l’idea di doversi difendere! Io vorrei una casa delicata, dolce, con una bella finestra da cui guardare i fiori del giardino, un terrazzo…Vorrei vicini gentili che ti sorridono quando ti vedono…”
“Tutte cose da femmina!” disse il bambino facendo una smorfia.
“Proprio così! Questa è una casa per maschi! Un buco nella roccia per giocare alla guerra!”
I due bambini cominciarono a litigare, finchè la bambina afferrò il bambino per i capelli gridando: “Vuoi la guerra? Eccotela!”
E cominciarono a darsele di santa ragione.
“Ah, così proprio non va!” dissero in coro le stelle del cielo, “Mago, corri dai bambini!”
Ed il mago apparve tuonando: “Cosa state combinando?”
“Niente…” dissero i bambini.
“No, no! Questo posto proprio non va bene per voi! Vi porterò nel paese della grazia e della delicatezza, e lì sicuramente starete bene…”

I bambini si nascosero sotto il mantello del mago e volarono via dal selvaggio ovest.
Viaggiarono a lungo verso est, sorvolando mari e terre, poi il mago cominciò a volare più basso e i bambini videro sotto di loro tantissima acqua, l’oceano, e in mezzo all’acqua una grande terra che si stendeva meravigliosa, ricca di verde e di montagne ricoperte di neve, e di alti monti con la cima simile ad una bocca spalancata, i vulcani. Videro sciogliersi le nevi in cascate pittoresche e laghi da sogno circondati da boschi di aceri, betulle, castagni, magnolie e salici… Quella terra era molto popolata: videro città e paesi, uomini donne e bambini.

Il mago atterrò, e i bambini con lui.
Che meraviglia! Conifere di ogni specie si alternavano a magnolie, camelie, orchidee, glicini, bambù… un dolce lago azzurro, solcato da silenziose imbarcazioni, era immerso nel verde, e il verde vi si rifletteva dentro. Sulla sponda del lago, tra delicati alberelli nani, sorgeva la più deliziosa casa che i bambini avessero mai visto: col tetto a forma di pagoda, aveva le pareti di legno leggerissimo e di carta, in cui s’aprivano grandi finestre. All’interno della casa ogni cosa era delicata e leggera: c’erano piccolissimi mobili di legno laccato, tavolini bassi bassi, composizioni di fiori variopinti insieme a rami di bambù e foglie, pareti scorrevoli di carta e legno al posto delle porte. La bambina era estasiata, mentre il bambino si guardava attorno curioso. Gli uomini che le avevano costruite erano a prima vista gentili e delicati proprio come le loro case: piccoli di statura, occhi e capelli scuri, la loro legge era la cortesia.

“Qui di certo non vi verrà voglia di prendervi per i capelli” disse il mago, e come al solito scomparve.
I due bambini non osarono nemmeno salutarlo, perchè sembrava che ogni voce fosse troppo forte in quel dolce paese…
Così cominciò la loro vita nell’est, nel paese del Sol Levante.
In questa terra l’attività più strana per i bambini era prendere il tè: solo per prepararlo ci si metteva una gran quantità di tempo, poi lo si versava in delicatissime tazzine di porcellana e lo si beveva con grande serietà. Con la stessa cura dei gesti si svolgevano quasi tutti i lavori, anche coltivare il riso, l’alimento principale di quel popolo. E la stessa cura veniva messa in tutte le arti: la lavorazione della carta e del legno, l’arte della seta, la calligrafia, la ceramica, la danza, la musica e il teatro.

Un giorno i bambini andarono ad assistere ad uno spettacolo e per la prima volta videro rappresentata la lotta tra due samurai. Gli attori erano coperti dalla testa ai piedi e portavano spada ed elmo: avevano un aspetto davvero feroce. Dopo qualche minuto di calma assoluta in cui i due guerrieri erano rimasti uno di fronte all’altro immobili come statue, si sentì un fortissimo grido e cominciò la lotta: non c’era traccia di cortesia e delicatezza!
I bambini naturalmente furono molto impressionati, e tornati a casa il bambino disse: “In questo paese tutto è bello e sembra fatto di porcellana; a volte ho perfino paura a camminare perchè temo di poter rompere qualcosa o di dare fastidio…ma c’è anche qualcosa di violento e terribile… oggi quei due samurai mi hanno proprio fatto paura!”

La bambina non disse nulla.
D’improvviso la terra cominciò a tremare, sembrava stesse spaccandosi in due, ci fu un terribile rombo, e la casa si piegò e finì col disfarsi, proprio come un castello di carte. Per fortuna, essendo così leggera, non fece loro alcun male.

“Ho paura!” dicevano i bambini, “Vieni qui da noi, mago!”
E il mago comparve.
“Presto, sotto il mantello! Scappiamo!”
Si alzarono in volo e la terra divenne un’altra volta piccola piccola e lontana, in mezzo al mare…

Dopo un po’ che volavano, il mago si fermò. I due bambini sbirciarono da sotto il mantello per vedere dove erano capitati questa volta… ma si accorsero di essere ancora in alto nel cielo. Il mago era molto pensieroso.
“Caro mago, cos’hai?” chiesero.

“Vi ho portati in giro per il mondo: dalle nevi del nord, alle zone tropicali del sud, dalle vaste praterie dell’ovest, fino alle belle terre dell’est. In tutti questi posti avete conosciuto gioia, sorpresa, felicità, meraviglia, ma anche tristezza, noia, paura. Soprattutto, la vostra nostalgia non vi ha mai lasciati, in nessuno di questi luoghi. Avete abitato in case di ghiaccio, di piante, di roccia, di carta, ma niente è stato adatto a voi. Non avete ancora trovato la vostra terra, la vostra casa…”
“Non ti scoraggiare, caro mago” dissero i bambini.

“Non ti scoraggiare, caro mago” ripeterono in coro le stelle, “Tu li hai portati dal cielo alla terra, ma la casa giusta per loro può trovarla soltanto la grande maga misteriosa… portali da lei”.
Il mago accettò il consiglio delle stelle, prese i bambini sotto il mantello e insieme volarono incontro alla terra, allontanandosi dalle nuvole e via via immergendosi nel verde e nell’azzurro, finchè arrivarono davanti alla grande maga misteriosa.

Il mago baciò i bambini, li salutò e scomparve.
“Perchè siete venuti da me?” chiese la maga.
“Per avere la casa sulla terra giusta per noi. Il mago non è riuscita a trovarla…” dissero i bambini.

“Certo cari bambini, la casa giusta per voi è dove c’è chi vi sta aspettando, il vostro papà e la vostra mamma. Loro, sapete, stanno preparando per voi due casette, non una soltanto! Una casetta è piccola piccola, che ci sta dentro giusto il cuore, e l’altra è grande grande. Vedete: ogni luogo della terra è meraviglioso, come è meraviglioso ogni popolo della terra ed ogni uomo, e ogni casa è la casa migliore che per quel luogo possa esistere.   Ma casa è dove ci sono la mamma e il papà, e i vostri non erano in nessuno dei luoghi dove il mago vi ha portati, per questo non vi ci siete trovate bene…”
“E dove sono, dove sono?”, chiesero i bambini.

“Oh”, disse la maga, “vivono in un luogo della terra non troppo a nord, nè troppo a sud; non troppo ad ovest nè troppo ad est; lì non fa troppo freddo e nemmeno troppo caldo; il sole splende ma può anche cadere la neve. E’ una bella terra, il clima è temperato, è contornata da un mare azzurro e splendente sotto i raggi del sole, ma non mancano le alte vette innevate, le colline e le pianure. Anche in questa terra esistono come nelle altre che avete visitato cose brutte, ma è la vostra casa. Era lì che spingeva la vostra nostalgia…”

Racconto per presentare la grammatica Misbrigo, Preciso e Giulivo

Racconto per presentare la grammatica Misbrigo, Preciso e GiulivoUn racconto per introdurre nome, verbo ed aggettivo, molto utilizzato nelle scuole steineriane.  Misbrigo è il verbo, Preciso il nome e infine Giulivo l’aggettivo…

C’erano una volta tre fratelli. Uno si chiamava Preciso, un altro Giulivo e il terzo Misbrigo. I tre fratelli vivevano in una casetta al limitare del bosco, ai margini della città, con papà Grammaticale e mamma Analisi. Ora, pur stando sempre insieme, i tre fratelli erano molto diversi tra loro.

Misbrigo era il maggiore dei tre; era forte, alto e muscoloso, e girava sempre con un martello in mano, o con altri attrezzi. Ovunque andasse, lui era di poche parole. Amava dire: “Poche chiacchiere, e lavorare!”.

Il fatto però era che lui faceva e faceva, ma non avendo un piano, un progetto, non avendo compreso bene ciò che doveva fare, e spesso faceva cose brutte e sbilenche che facevano fatica a stare in piedi.

Il più piccolo dei tre era Preciso. Lui, al contrario di Misbrigo, se ne stava sempre a fare progetti, e sapeva i nomi di tutte le cose, anche i più difficili. Era un vero vocabolario vivente. Però, stando sempre al tavolo, seduto, a fare progetti, non gli veniva mai in mente di alzarsi e mettere in pratica quello che progettava. E così rimaneva tutto nella sua testa.
Il fratello mediano, Giulivo, era ancora diverso dagli altri due. Lui non faceva, non brigava, non si dava sempre da fare come Misbrigo. Però nemmeno stava seduto a far progetti e a leggere libri come Preciso. Lui suonava strumenti musicali, dipingeva, scriveva poesie e racconti. Faceva passeggiate nel bosco e incontrava fiori e piante di cui non conosceva il nome, e li guardava, e li descriveva: “Oh, che graziosi fiorellini che pendono dallo stelo come tanti piccoli calici bianchi!”.

“Si chiamano mughetti!” diceva allora Preciso, e intanto Misbrigo si era già allontanato da loro per raccogliere legna per il fuoco.

Oppure succedeva che Giulivo vedeva un albero e diceva “Oh, che forte quest’albero! Come appare nobile e potente! E che piccoli frutti ovali con un cappuccetto buffo!”.

“Ma è una quercia!” diceva preciso. E intanto Misbrigo raccoglieva le ghiande in un sacco per portarle ai maialini.

Un giorno arrivò in casa dei tre fratelli un amico del padre, il signor Bellalingua, che desiderava costruirsi una casa accanto a quella della famiglia del signor Grammaticale, e cercava per questo degli operai.

“Ah…” disse, “che bello sarebbe trovare qualche operaio davvero capace cui affidare la costruzione della nuova casa mentre io resto in città a sbrigare i miei affari!”

Il signor Grammaticale rispose: “Ma questa è una cosa che possono benissimo fare i miei figlioli!”

E così fu deciso che i tre fratelli avrebbero costruito una bella casa al signor Bellalingua, che disse: “Bene, ragazzi! Tra un mese tornerò a vedere cosa siete riusciti a fare. Se avrete fatto un buon lavoro, riceverete una grossa ricompensa.”
E fu così che Misbrigo, Preciso e Giulivo si misero all’opera per costruire la casa.

Non appena il signor Bellalingua si fu congedato, Misbrigo partì in quarta e andò sul posto dove sarebbe dovuta sorgere la casa, e cominciò a trivellare, spianare, estirpare, e tanta era la terra che spostava, scavava, accumulava, appianava, che sembrava una talpa al lavoro. S’era creato tutto attorno un nuvolone di polvere e terra, e Misbrigo stava là in mezzo che spingeva la carriola, la vuotava, correva e brigava.

Quando ebbe scavato profonde fondamenta, cominciò ad accumulare mattoni e cemento e a metterli uno sull’altro.
Preciso gli diceva: “Aspetta a cominciare! Prima bisogna fare un progetto sulla carta. Bisogna fare un disegno, pensare bene a dove mettere le sale, la camera da letto, la cantina…”. E si mise così a disegnare il progetto della casa su un grande foglio di carta.

 Ma Misbrigo non lo stava quasi a sentire e borbottava: “Tu parli, parli… ma per fare una casa bisogna lavorare, faticare, altro che far progetti!” e mentre lavorava prese a cantilenare:
“Certo a scriver tu lo sai
non succedon certo guai!
Tu sei molto intelligente
ma non si scava con la mente!
I progetti tu sai fare
io però so lavorare:
misurare, scavare, impastare,
non mi pesa dover sudare.
Inchiodare, avvitare, pestare,
livellare, segare, stuccare.
Sali, scendi, controlla tutto:
della fatica vedrai il frutto!”
Così, in quattro e quattr’otto, Misbrigo aveva scavato le fondamenta, tirato su i muri, messo il tetto, fissato le finestre.

Alla fine di tutto questo lavoro, guardò la casa: certo l’aveva fatta velocemente, e non mancava nulla, ma era tutta sbilenca, i muri erano storti, le finestre una più alta e una più bassa, gli scalini diseguali, addirittura in una stanza si era dimenticato di mettere la porta, e non si poteva proprio entrare, se non dalla finestra, che però era troppo alta.
Quando Preciso arrivò col suo progetto e vide la casa, scoppiò a ridere. Misbrigo ci rimase così male che sbattè una porta con tanta violenza che la casa crollò!

Allora Misbrigo disse a Preciso: “Non voglio più saperne di questa casa! Falla tu se sei capace, visto che sei tanto intelligente!”

Visto che Misbrigo non voleva più saperne di costruire la casa, Preciso disse: “Bene, allora mi ci proverò io.”
Così andò a prendere il suo bel progetto, lo mirò e lo rimirò, e poi disse fra sè e sè: “Bene… bene…, da dove cominciare ora? Dovrei scavare nuove fondamenta, ma come? Non sono mica una talpa, io!”.

Guardò gli attrezzi che intanto Misbrigo andava riordinando, e di ognuno conosceva alla perfezione il nome: “Ah, ecco, questo è un piccone, qui abbiamo una vanga, e questo è un martello pneumatico”. Ma gli sembravano tanto pesanti, e non aveva nessuna voglia di raccoglierli. Prese giusto in mano un piccone, ma si chiese: “Come si userà mai questo coso?”. Insomma, alla fine gli pareva talmente difficile e faticoso imparare a maneggiare tutti gli attrezzi, che ben presto rinunciò e si disse: “Forse per riuscire a maneggiare gli attrezzi ho bisogno di un progetto ancora più preciso!”.

 E così se ne andò verso casa cantilenando:
“Voglio fare un bel progetto
fondamenta muri e tetto.
Porte, finestre, poggioli e scale
tutte a ovest voglio le sale
poi le camere da letto
il salotto dirimpetto.
A nor metto la cucina
e vicino la cantina…
Si può fare a sud la stalla
per poi metter la cavalla.
Mattoni, cemento, di legno i tasselli,
calce, carriola, chiodi e martelli,
viti, chiodi, travi, bulloni,
acqua, ghiaia, sabbia e mattoni”

Intanto Giulivo arrivò da quelle parti, correndo dietro a una farfalla, e dicendo: “Che bella, che leggera, che aggraziata! Com’è vispa, colorata, dolce, delicata, tenera, svolazzante…”, e avanti così, quasi senza prendere fiato, tanto da far girare la testa. Ma quando incontrò Misbrigo, tutto rabbuiato, si fermò di colpo. Si dimenticò improvvisamente della farfalla, e disse al fratello: “Come mai sei così triste, sconsolato, rabbuiato, irritato, pensieroso? Sei forse stanco, depresso, sfinito, esausto, sfiduciato,…” e via di questo passo.

Ma prima che Misbrigo, che non ce la faceva più, potesse interromperlo, subito fu distrato da una brezza leggera, chiuse gli occhi e disse: “Ah, che brezza leggera, rinfrescante, serena, mite, carezzevole, confortante,…”
Allora Misbrigo lo interruppe dicendogli: “Ehi, Giulivo! Perchè non provi un po’ tu a costruire la casa del signor Bellalingua? Io e Preciso non ci siamo riusciti!”

“Oh, certo!”, disse Giulivo, “Posso certo fare io. Farò una casa bella, luminosa, ampia, spaziosa…”, e cominciò così a lavorare cantilenando:
“Bella, lucente, ampia, spaziosa,
profumata, pulita, odorosa,
così dev’essere questa dimora,
linda e radiosa ad ogni ora!
Soleggiata e risplendente,
confortevole e accogliente,
armoniosa nei colori,
ai balconi tanti fiori!
Rossi, verdi, gialli e bianchi,
che a guardarli non ti stanchi.”

Giulivo si mise dunque all’opera cantando. In quel mentre arrivò anche Preciso, con un suo nuovo progetto. Così, mentre Misbrigo tutto rosso in faccia, se ne stava corrucciato a guardare, e mentre Preciso cercava di dargli consigli su come mettere in pratica il suo progetto, Giulivo cominciò a costruire.

Il fatto è che non riusciva a fare granchè: prendeva un piccone per fare le fondamenta, e si fermava dicendo: “Oh! Com’è pesante, com’è appuntito, com’è lucente!”, e stava ad ammirarlo come una cosa straordinaria.

Poi doveva appoggiare i mattoni e quando ne prendeva uno se ne stava a dire: “Oh! Che solido, che squadrato, e com’è rosso, liscio, esatto, rettangolare,…” e di nuovo continuava quasi fino a restare senza fiato.

Suo fratello Preciso, calmo e tranquillo, gli diceva: “E’ semplicemente un mattone, e quello è un piccone, niente di più”.

Però con Giulivo che continuava a fermarsi, e con Preciso che non faceva altro che dare direttive e nomi alle cose, la casa proprio non procedeva. Bastava poi che passasse una formica e Giulivo si fermava e esclamava: “Oh, tu, animaletto carino, nero, infaticabile, antennuto, forzuto, svelto, leggero, agile, coraggioso, piccolino, tenero,…” e di nuovo si perdeva, senza fermarsi più.

Preciso si sistemava gli occhiali e guardava l’animaletto, e diceva: “E’ semplicemente una formica. Anzi, il suo vero nome è formiculus vulgaris, che è il suo nome in latino.”, e Giulivo ribatteva: “Ohi, che nome difficile, misterioso, latinoso, affascinante, simpatico, esatto, scientifico, ricercato, scioglilinguoso, …”.

Al vedere i due che tanto chiacchieravano e nulla facevano, Misbrigo era diventato rosso di impazienza e sembrava un peperone sul punto di esplodere. E infatti esplose: “Insomma, voi due! La volete smettere di guardare le formiche e i mattoni? I mattoni non si guardano, si prendono e si cementano in un muro… così!”.
E in tal modo cominciò a tirare su un muro.

Intanto però Preciso gli dava indicazioni su dove mettere i muri, le varie stanze, prendeva le misure delle finestre e così la casa veniva su solida e ben piantata. Giulivo poi, tutto sorridente, aggiungeva sempre un tocco di bellezza e di armonia dicendo ad esempio: “Questo balcone è troppo squadrato, spigoloso, angoloso, incassato, duro… facciamolo più arrotondato, armonioso, proporzionato, leggero, panoramico, grazioso,…” e di nuovo fino a perdere il fiato.

E insomma, lavorando di lena e collaborando tra loro, Misbrigo a faticare, Preciso a dirigere e Giulivo a far belle e varie le cose, la casa cominciò a venir sù, e talmente solida, ordinata e graziosa che raramente se n’era vista una simile.

La casa dunque era costruita. Dopo un mese tornò il signor Bellalingua, per andare ad abitarvi. Quando arrivò e vide la casa restò a bocca aperta: “Oh, ragazzi, ma avete fatto un lavoro a dir poco straordinario!”.

“Beh… modestamente…” disse sorridendo felice Giulivo, “…è effettivamente un lavoro straordinario, notevole, stupendo, bellissimo, eccezionale, fantastico, insuperabile,…” e chissà quanto sarebbe andato avanti se Misbrigo non gli avesse dato uno strattone per farlo tacere, e Preciso non gli avesse detto: “Beh, adesso non esagerare. E’ semplicemente un lavoro, niente di più e niente di meno.”

Poi Misbrigo disse: “Ma insomma, perchè ce ne stiamo qui fuori? Andiamo dentro, facciamo vedere le stanze al signor Bellalingua, cuciniamo qualcosa, accendiamo il fuoco nel camino, sistemiamo la legna…”, e nemmeno aveva finito di parlare che già era sparito dentro in casa per mettersi a fare tutte queste cose. Poi entrarono anche gli altri.
Preciso cominciò a mostrare le stanze al signor Bellalingua: “Ecco, vede, questa è la cucina. Ci sono il forno, il frigorifero, un tavolo, quattro sedie, le stoviglie, le posate, il caminetto, il forno, gli stracci, i barattoli, i fiammiferi, gli stuzzicadenti, i tappi, i centrini,…” e sarebbe andato avanti a nominare tutte le piccole e le grandi cose che stavano in casa, persino i granelli di polvere, se non fosse inciampato in Giulivo, che si era chinato per guardare un grillo che camminava sul pavimento: “Che animaletto strano, buffo, verdino, scattante, saltellante, veloce, rotondo, antennuto, simpatico, piccolino,…”. Preciso diete un’occhiata, e con molta calma disse: “E’ un semplice grillo, anzi un grillus piagnucolosus, che sarebbe il suo vero nome.”

Ma intanto Giulivo si era fatto prendere da un ragno che penzolava dal soffitto: “Oh, che leggero, penzolante, acrobatico, coraggioso, dondolante, veloce, forzuto,…”.

In quel mentre arrivò Misbrigo con una montagna di legna, accese il fuoco, pulì il tavolo, apparecchiò, cucinò, stappò le bottiglie, versò da bere, e non stava fermo un minuto.

Alla fine, quando tutti erano a tavola e finalmente ci fu un po’ di tranquillità, il signor Bellalingua riuscì a parlare. “Cari ragazzi” disse, “devo dire che non potevo proprio sperare in una casa più bella. E vorrei farvi una proposta: poichè io da solo non sarei in grado di occuparmi dell’ordine e della manutenzione della casa, perchè non ci abitate voi? Potrete prendervi una stanza a testa, e quando io verrò troverò sempre la casa in ordine, e mi sentirò sempre tranquillo e a mio agio con voi”.

Giulivo era entusiasta: “Oh, che proposta bella, interessante, avvincente, affascinante, promettente, brillante, convincente,…”. Vedendo tanto entusiasmo, il signor Bellalingua era contento, e visto che anche Misbrigo e Preciso erano d’accordo, la proposta fu accettata.

Così i tre fratelli vissero per sempre nella casa del signor Bellalingua, ognuno facendo bene quello che meglio sapeva fare, e collaborando tra loro, perchè solo grazie a questo le cose riuscivano bene e davano gioia a tutti quanti.

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Acquarello steineriano – Racconto: “I colori”

Acquarello steineriano – Racconto: “I colori”. Un adattamento di una storia  di ispirazione steineriana per presentare i colori…  purtroppo non conosco la fonte originale. La storia si presta ad essere illustrata con l’acquarello, o raccontata utilizzando fazzoletti o fatine colorate o pupette in lana cardata, o fogli di carta colorata trasparente da sovrapporre tra loro…

Foglio Bianco si trovava tutto spiegazzato e abbandonato in fondo ad un cassetto, da tanto tanto tempo. Era per lui una vita molto noiosa e monotona, quella. Ma un giorno, finalmente, si sentì afferrare da due piccole mani, e si ritrovò sopra ad un tavolo.

Foglio pensò: “Mi sembra un bel posto, davvero… però anche qui, mai nessuno che mi faccia compagnia!”

Proprio mentre lo pensava, si sentì cadere addosso delle gocce, e si disse: “Ecco, adesso anche la pioggia!”. Si guardò attorno, e così si accorse che, proprio lì, vicino a lui, c’era un povero triste pennello che stava piangendo… le gocce non erano di pioggia! “Cosa fai?” chiese. E Pennello gli raccontò la sua storia. Anche lui si sentiva solo, ed era davvero molto triste perchè non aveva mai nessuno con cui giocare, da tanto tanto tempo.

“Perchè non giochi c0n me?” disse Foglio a Pennello, ma questi rispose: “Come lo vorrei, ma non mi posso muovere! Sono vittima di un incantesimo. Solo il giorno in cui qualcuno riuscirà a bagnarmi i piedi potrò tornare me stesso, e se non succederà mi toccherà restarmene immobile e secco qui dentro…”

Mentre Foglio e Pennello si raccontavano i loro guai, apparve alla finestra una bellissima farfalla: si trattava della fata Fantasia, che avendo ascoltato tutto, aveva deciso di aiutare i due poveri amici. Fantasia, senza dir nulla, prese il pennello e lo immerse in un vasetto pieno d’acqua.

“Evviva! Evviva!” si mise a gridare Pennello, sul punto di impazzire dalla gioia, “Posso muovermi! Foglio, aspettami qui. Ho un’idea meravigliosa. Corro a chiamare un po’ di amici e poi è fatta… Farfallina, puoi per caso portarmi fino al sole?”

“Sì” rispose la fata Fantasia, “aggrappati alle mie ali e andiamo!”.

Il viaggio cominciò, ma giunto vicino al sole la luce era così accecante che non si potè proprio andare oltre. Allora Pennello, da una certa distanza,  gridò: “Sole! Mandami qualcuno che non posso venirti più vicino di così! Devo aiutare il mio amico Foglio!”

Il sole era ben lieto di poter aiutare i due amici, e mandò su di un carro tutto d’oro un luminosissimo folletto. “Ciao Pennello! Mi chiamo Gialloluce e sono proprio felice di venire con te sulla terra!”, disse.

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Sulle ali di Fantasia i due tornarono da Foglio, che aspettava con ansia, e dalla gioia cominciarono a saltellare tutti insieme: Gialloluce si espandeva di qua e di là, e sprizzava felice luce da tutte le parti… nessuno era più solo!

Nella stanza dove si trovavano i tre amici, proprio vicino al tavolo, c’era un caminetto nel quale scoppiettava un bel fuoco. E, come risvegliato dal gioco di Pennello Foglio e Gialloluce, dalle mille scintille del fuoco uscì con un balzo un folletto tutto rosso, molto molto chiassoso, che con salti e capriole si avvicinò all’allegra compagnia dicendo: “Ciao! Finalmente! Io sono Rossobrucio, mi fate giocare con voi?”

 

“Vieni!” gli rispose Gialloluce, “diventeremo amici!”

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Come se si conoscessero da sempre, Rossobrucio e Gialloluce cominciarono a cantare e ballare con Foglio e Pennello, ed ora Foglio non aveva proprio più niente dell’aspetto triste e solitario che aveva all’inizio… anzi, ad un certo punto cominciò a sentirsi fin troppo allegro: “Brucio! Scotto!” cominciò a gridare, “Fate qualcosa!”

E improvvisamente apparve una nuova amica. “Ciao Foglio!” disse, “Mi chiamo Fatarancio e compaio ogni volta che Gialloluce e Rossobrucio si incontrano. Non resisto, non c’è niente da fare! Quando li vedo insieme, devo fare anch’io i miei saltelli con loro!”

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“Ciao Fatarancio!” dissero tutti gli amici in coro, “Benvenuta!”. E Pennello, un po’ preoccupato per l’amico Foglio che continuava a sentirsi scottare, chiese: “Tu che sei nuova, non sai mica se esiste qualcuno che possa portare un po’ di fresco?”

“Mmh…” rispose Fatarancio, “qui ci sarebbe bisogno di qualche spiritello lunare di mia conoscenza… Gialloluce, mi presteresti il tuo carro?”

E Fatarancio si mise in viaggio. Arrivata sulla luna, cercando di sopportare meglio che si poteva il gran freddo che regnava là intorno, chiese con gentilezza: “Dolce Luna, mi manderesti una delle tue ragazze sulla terra? Rosso e giallo si sono incontrati, e se non dai una mano, un caro amico passerà dei guai…”

 

Alla luna piaceva poter dare una mano, quando si presentava l’occasione, e mandò in missione Fatacielo: una fatina tutta vestita di blu leggero e pietre preziose e cristalli, che portava sempre nella sua borsetta un soffio di gelo.

tutorial:

Arrivate da Foglio, Fatacielo si mise a ballare con gli altri, e mentre ballava aprì la sua borsetta e i veli del suo vestito si gonfiarono a onde facendo mille giochi… piano piano le fiamme si calmarono e come per magia comparve un nuovo amico:  il folletto Violabenedetto! Amicizia e gratitudine erano ovunque.

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Le bambole e l’antroposofia di Rudolf Steiner seconda parte

La “bambola Waldorf” è molto presente nel web e in molte delle nostre case,  e forse è interessante leggere cosa ne dice l’antroposofia…

Il mio personale parere è brevemente riassunto qui http://www.lapappadolce.net. Trovo però utile la pubblicazione di questi due articoli intanto per chi crede (perchè di credo si tratta, come vedrete) nell’antroposofia, perchè sono articoli  abbastanza rari,  e poi per le persone che magari sono affascinate dall’indubbia bellezza degli ambienti e dei materiali delle scuole steineriane, ma non ne conoscono i presupposti… Conoscere è importante…

Questo genere di bambola non è stato inventato da Rudolf Steiner: sono le bambole dei bambini poveri, che sempre le mamme hanno confezionato per i loro bambini prima dell’avvento della produzione in serie, della plastica, e dell’estetica e dei bisogni indotti dal marketing.

I bambini ricchi avevano la bambola di porcellana, i bambini poveri giocavano con la bambola fatta con le foglie del mais (da cui la famosa bambola annodata), o con figure intagliate approssimativamente nel legno, o con uno straccio annodato, appunto… Oppure le mamme e le nonne facevano le bambole di pezza ai loro bambini. Quello che ha fatto Steiner è stato “canonizzare” il modello e inserirlo all’interno di un complesso impianto filosofico-teologico, cosa che ha fatto praticamente con ogni possibile aspetto della vita (dall’agricoltura all’arredamento all’abbigliamento a tutte le arti e non mi dilungo). Ma così oggi ha senso parlare della bambola di pezza, come della “bambola Waldorf”, e in questo modo un’importantissima tradizione continua a vivere.

Come sempre dico, io credo che la bambola fatta a mano sia un giocattolo bellissimo, qui c’è in mio manuale se può esservi d’aiuto:

qui: ebook bambole Waldorf

bellissimo farla e bellissimo giocarci, ma mi sento libera di non credere a quanto ci si vuole mettere dietro; pure rispetto chi lo crede, se è consapevole e altrettanto rispettoso.

Questi articoli  sono comparsi in Von der Wurde des Kindes intorno agli anni ’70, il primo (Pensieri aforistici sulle bambole) a firma di Anne Schnell, il secondo (Bambole e animali nella stanza dei bambini) di Johanna Veronica Picht. Li ho rimaneggiati  parecchio nel tentativo di renderli il più comprensibili possibile a tutti. Le parti in grassetto sono quelle che più direttamente fanno riferimento alla confezione della bambola…


Bambole e animali nella stanza dei bambini

Secondo Steiner tutto ciò che il bambino vive nel suo ambiente, lascia in lui profonde impressioni, e non solo immagini-ricordo. Il bambino infatti non imita soltanto le persone, ma anche il colori, le forme, e la qualità degli oggetti che lo circondano, e imitando tutto muove in lui sentimenti, e questi sentimenti poi sono gli stessi che si trovano implicati nella costruzione dei suoi organi interni: le impronte lasciate dalle immagini divengono un ricordo indelebile scritto nel corpo del bambino.

In altre parole il corpo trattiene le esperienze dell’infanzia.

Chiediamoci dunque quale significato possono rivestire la prima bambola o il primo animale giocattolo del bambino, visto che si tratta dei due oggetti più frequentemente proposti.

Consideriamo la bambola. Ce ne sono di tutti i tipi: grandi e piccole, dure e morbide, vestite sfarzosamente o avvolte in semplici stoffe, con occhi che di aprono e si chiudono, con un meccanismo parlante; sono fabbricate in serie oppure cucite a mano, avvolte con un panno, annodate, legate o intagliate nel legno.

Eppure nessuna di queste bambole  può competere con ciò che il bambino stesso, con la sua fantasia creatrice, eleva al ruolo di bambola. Spesso è un pezzo di legno a trasformarsi in bambola, oppure un paio di pagliuzze legate fra loro, oppure una borsa dell’acqua calda avvolta in un panno. Con un vecchio pannolino si possono svolgere, la sera a letto, interessanti discussioni; oppure  una palla colorata con la sua coda di strisce colorate, di quelle che si preparano per giocare in estate, può essere portata a passeggio nella carrozzina.

E’ un bisogno primario del bambino quello di possedere una bambola, amarla, curarla e portarla in giro con sè. La bambola dà al bambino la possibilità di trasferire su di lei ciò che lui stesso sperimenta nel suo rapporto con la mamma, di confidare le proprie gioie e le proprie preoccupazioni, come si trattasse di una parte di sè, a volte dandole addirittura il proprio nome.

Il bambino secondo Steiner sta ancora compiendo il suo cammino di incarnazione ed è al tempo stesso molto aperto, con dedizione, al mondo esteriore. In lui interno ed esterno non sono ancora divisi. Così nel gioco il bambino si trova in un elemento creativo di libertà, e che offre possibilità molteplici.

Il bambino piccolo non sperimenta la bellezza esteriore della bambola, ma ciò che egli stesso ha messo della sua interiorità in ciò che per lui assume il ruolo di bambola. Se la bambola è vecchia, sporca e lacera, la mamma deve avere grande sensibilità per cogliere il giusto momento per rinnovarla o ripararla senza ferire il bambino, magari con piccole modifiche graduali.

La separazione da una bambola dovrebbe essere sempre lasciata alla decisione del bambino. Spesso la primissima bambola viene conservata per lunghissimo tempo dai bambini: la farfalla non è ancora volata via da questa bambola… Esiste un’identità di termine, nella lingua tedesca, per indicare la bambola e il bozzolo da cui si libererà poi la farfalla. La parola è Puppe per entrambi, quasi che la bambola contenesse in sè anche una farfalla che attende di volare via, come il bambino che esce dalla sua infanzia.

La bambola è un’accompagnatrice, una confidente, un’amica capace di consolare, un aiuto nel cammino del divenire dell’uomo e un sostegno a trovare se stessi. Come immagine dell’uomo  il bambino esercita con lei le qualità sociali di base.

Come deve essere una bambola, perchè possa rispondere al meglio alla sua funzione?

Intanto la bambola deve lasciare libera la fantasia infantile, quella fantasia infantile che anima la bambola (le dà un’anima): la bambola deve poter piangere o ridere, star sveglia o dormire.  Deve anche poter diventare facilmente un principe o una principessa, un bambino o una bambina. Ma non solo.

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Le bambole e l’antroposofia di Rudolf Steiner – prima parte

In qualità di adulti o di giovani in cammino di crescita, dovremmo essere in grado di vivere come il bambino vive nei suoi processi di fantasia mentre gioca con la sua bambola. Per poter comprendere questa affermazione però, dobbiamo fare riferimento a quanto esposto da Rudolf Steiner proprio in relazione alla bambola, ed ai nessi esistenti tra la bambola, l’estetica, la spiritualità e la pedagogia.

La “bambola Waldorf” è molto presente nel web e in molte delle nostre case,  e forse è interessante leggere cosa ne dice l’antroposofia… Il mio personale parere è brevemente riassunto qui http://www.lapappadolce.net. Trovo però utile la pubblicazione di questi due articoli intanto per chi crede (perchè di credo si tratta, come vedrete) nell’antroposofia, perchè sono articoli  abbastanza rari,  e poi per le persone che magari sono affascinate dall’indubbia bellezza degli ambienti e dei materiali delle scuole steineriane, ma non ne conoscono i presupposti… Conoscere è importante…

Questo genere di bambola non è stato inventato da Rudolf Steiner: sono le bambole dei bambini poveri, che sempre le mamme hanno confezionato per i loro bambini prima dell’avvento della produzione in serie, della plastica, e dell’estetica e dei bisogni indotti dal marketing. I bambini ricchi avevano la bambola di porcellana, i bambini poveri giocavano con la bambola fatta con le foglie del mais (da cui la famosa bambola annodata), o con figure intagliate approssimativamente nel legno, o con uno straccio annodato, appunto… Oppure le mamme e le nonne facevano le bambole di pezza ai loro bambini. Quello che ha fatto Steiner è stato “canonizzare” il modello e inserirlo all’interno di un complesso impianto filosofico-teologico, cosa che ha fatto praticamente con ogni possibile aspetto della vita (dall’agricoltura all’arredamento all’abbigliamento a tutte le arti e non mi dilungo). Ma così oggi ha senso parlare della bambola di pezza, come della “bambola Waldorf”, e in questo modo un’importantissima tradizione continua a vivere.

Come sempre dico, io credo che la bambola fatta a mano sia un giocattolo bellissimo, qui c’è in mio manuale se può esservi d’aiuto: https://www.teacherspayteachers.com/Product/manuale-per-realizzare-le-bambole-Waldorf-1938893


bellissimo farla e bellissimo giocarci, ma mi sento libera di non credere a quanto ci si vuole mettere dietro; pure rispetto chi lo crede, se è consapevole e altrettanto rispettoso.

Questi articoli  sono comparsi in Von der Wurde des Kindes intorno agli anni ’70, il primo (Pensieri aforistici sulle bambole) a firma di Anne Schnell, il secondo (Bambole e animali nella stanza dei bambini) di Johanna Veronica Picht. Li ho rimaneggiati  parecchio nel tentativo di renderli il più comprensibili possibile a tutti. Le parti in grassetto sono quelle che più direttamente fanno riferimento alla confezione della bambola…


Pensieri aforistici sulle bambole

In qualità di adulti o di giovani in cammino di crescita, dovremmo essere in grado di vivere come il bambino vive nei suoi processi di fantasia mentre gioca con la sua bambola. Per poter comprendere questa affermazione però, dobbiamo fare riferimento a quanto esposto da Rudolf Steiner proprio in relazione alla bambola, ed ai nessi esistenti tra la bambola, l’estetica, la spiritualità e la pedagogia.

Nella delicata relazione che si sviluppa giorno dopo giorno tra adulto e bambino, tutto ciò che si crea attorno a una bambola che la mamma stessa ha realizzato, può diventare una vera scuola di amore umano e amore di vita, e donare al bambino gioia nei rapporti e gioia di vita;  nutre inoltre le sue forze vitali favorendo lo sviluppo sano del suo corpo, della sua anima e del suo Io.

Per meglio esporre il suo pensiero, Steiner porta un  confronto tra la “cosiddetta bella bambola” e una “bambola veramente bella“. La prima, che ai suoi tempi sapeva solo parlare e muovere gli occhi, e che oggi sa  fare molto di più, ha avuto origine dall’idea che ha prodotto anche i robot.

La bambola veramente bella, che ci viene descritta da Steiner, può essere semplicemente costituita da un pezzo di stoffa annodato o legato, in modo tale che nella parte superiore si formi la testa, con occhi naso e bocca, di cui gli ultimi due non sono indispensabili. Se poi si annodano i due angoli superiori e quelli inferiori, questa bambola avrà anche braccia e gambe.

Rudolf Steiner parla in modo esteso ed approfondito della bambola, mettendola in relazione al bambino dai due anni e mezzo fino ai cinque anni, e illustrando ciò che caratterizza questo periodo della vita: una particolare fantasia che si sviluppa proprio in questa età, una fantasia viva e ricca di stimoli, ma anche meravigliosamente delicata in questo suo primo attivarsi.

Secondo l’antroposofia prima della nascita si verificano tutta una serie di eventi sovrasensibili, cioè di carattere spirituale, difficili da cogliere col nostro pensare moderno, ma secondo Steiner da considerarsi come scientifici, seppure nel nostro linguaggio manchino perfino i termini per definirli. E’ secondo lui necessario, quindi, introdurre un altro concetto nella nostra moderna immagine del mondo. E senza credere in questa realtà spirituale, non si può comprendere il concetto di fantasia infantile, nè come questa rappresenti una forza salutare che rappresenterà una risorsa dell’uomo per tutto l’arco della sua vita.

In un breve testo,  “Educazione del bambino e preparazione degli educatori”,  Rudolf Steiner parla della nascita del bambino come costituita in realtà da una sequenza di varie nascite, poichè considera l’uomo formato non solo dal corpo fisico, ma da altri tre corpi: il corpo delle forze vitali o di crescita (che chiama corpo eterico), il corpo delle forze dell’anima (che chiama corpo astrale o senziente) e il corpo dell’Io. Avvengono più nascite, appunto perchè questi corpi non nascono contemporanemente.

L’antroposofia crede fermamente nella reincarnazione e nell’esistenza di una gerarchia molto dettagliatamente classificata di “entità spirituali” (angeli, arcangeli, serafini, cherubini ecc…). Tra queste entità le più alte, in armonia con il cammino che l’individualità umana ha compiuto sulla terra di incarnazione in incarnazione, prima della nascita del bambino  lavorano con l’aiuto della corrente ereditaria alla costruzione del corpo fisico dell’essere che vuole nascere, e questo rispettando anche il destino di tale individualità. Le forze eteriche materne che lo avvolgono, attive nella corrente ereditaria, collaborano a questo lavoro per formare nel nascituro le sue funzioni vitali, e naturalmente anche il padre del bambino collabora in questo lavoro di costruzione.

Via via viene descritta la nascita dei vari corpi.

In particolare si afferma che l’Io del bambino resta inizialmente avvolto nella sua anima, come una meravigliosa immagine. Per questo, in questo periodo della vita che comincia col periodo embrionale e termina circa col terzo anno di età, è possibile leggere nei sentimenti innati di un bambino quale sia il suo destino individuale. Io e corpo dell’anima costruiscono insieme il corpo delle forze vitali, e questo fa crescere il corpo fisico del bambino. Quindi Io, anima e forze vitali insiemi agiscono insieme nel corpo fisico, costruiscono gli organi interni, e sono forze attivissime come detto fino ai tre anni, anche se permangono con intensità minore fino al cambio dei denti.

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Organizzazione dell’ambiente nella scuola primaria

Organizzazione dell’ambiente nella scuola primaria secondo il metodo globale. “Disciplina” significa per noi muoversi silenziosamente, ordinatamente e senza far confusione.

Poichè l’attivismo impone il movimento dei bambini all’interno della classe, è importante che questo movimento sia rispettoso del lavoro dei compagni. E’ molto importante innanzitutto abituare i bambini a muoversi senza disturbare il lavoro degli altri.

Solitamente l’arredamento delle classi non è fatto per favorire i movimenti dei bambini. Un primo suggerimento di disposizione potrebbe essere questo:

oppure questo:

La cattedra starà benissimo in un angolo.

L’insegnante attivo, in una scuola attiva, si muove tra i bambini per consigliare e osservare il lavoro libero che è la caratteristica della classe, e che si svolge in modo quanto più possibile armonioso.

I bambini imparano a muoversi senza far troppo rumore, a scegliere i cartoncini aspettando il loro turno, a tornare al posto senza disturbare gli altri.

Si possono organizzare dei giochi del silenzio, nei quali dato un comando “uscite di classe e rientrate”, “andate a prendere un cartoncino” ecc…, i bambini si divertono a muoversi facendo meno rumore possibile. Non serve che ci sia un vincitore, ma possono essere “squalificati” per un turno i bambini che hanno fatto rumore.

Sands school

SANDS SCHOOL: LA PRATICA DELLA LIBERTÀ

Intervista a David Gribble di Francesco Codello

Il fondatore della libertaria Sands school racconta la sua formazione di insegnante. Un approccio pragmatico e ragionevole per realizzare un’educazione capace di valorizzare appieno le potenzialità dei piccoli. Con una saggezza semplice, quanto profonda: i bambini imparano a usare la libertà se sono messi in condizione di essere liberi. Questo è il filo conduttore del colloquio di David Gribble, uno dei più originali pedagogisti contemporanei, con Francesco Codello, studioso di problemi dell’educazione.

Incontro David Gribble in una stanza della Sands school, l’istituto da lui fondato nel 1987. Gribble è poco conosciuto in Italia al di fuori della stretta cerchia di persone interessate alle scuole libertarie. Ma è sicuramente uno dei più importanti personaggi del piccolo (ma poi non tanto) mondo delle scuole «alternative».

Alla luce della tua esperienza, quali sono i valori e le idee che caratterizzano la pedagogia libertaria?
Non potrei dare alcuna definizione di «teoria pedagogica libertaria» e trovo alquanto difficile definire il tipo di educazione che più ammiro. I principi di base? Innanzitutto le persone di qualsiasi età devono essere trattate con rispetto. Inoltre, se le persone (di qualsiasi età) sono incoraggiate a prendere decisioni durante la loro vita, ascolteranno i consigli con attenzione, rifletteranno su di essi con senso di responsabilità e giungeranno a conclusioni sensate. Ma se non viene riposta fiducia nella loro capacità di scegliere, respingeranno i consigli e si comporteranno in modo molto meno razionale. Tutti desiderano imparare, ma qualsiasi forma di costrizione inibisce questo desiderio: troppa coercizione lo può addirittura distruggere del tutto. L’onestà è più importante della paura: esigere l’obbedienza rischia di far anteporre la paura all’onestà. Nessuno compie errori di proposito. I bambini quando sbagliano hanno bisogno di aiuto piuttosto che di punizioni. Poi, considero molto più importante il preoccuparsi degli altri dell’obbedienza alle regole. Dove i bambini vedono, a ragione, problemi morali, gli adulti spesso vedono solo questioni di convenienza. I bambini amati sono per natura altruisti. La maggior parte delle scuole tradizionali reprime questo altruismo naturale, valutandolo come un problema di condotta. I bambini che hanno sofferto e perso questa qualità possono spesso ritrovarla di nuovo se a loro viene offerto l’amore incondizionato che è venuto a mancare. Un requisito fondamentale per un efficace apprendimento è la felicità. Questi principi non fanno parte di un sistema consolidato. Ci sono sempre eccezioni. Ciò che interessa è lo sviluppo personale di ciascun bambino come individuo, senza tenere conto di sistemi pedagogici. Questi principi, nella loro apparente semplicità, rivelano una profonda saggezza. Sono concetti capaci di mettere in discussione gran parte delle teorie pedagogiche correnti. Inoltre, proprio perché così chiari e immediati, sono in grado di cambiare radicalmente i rapporti sociali e relazionali.

Rispetto al contesto culturale attuale, quale può essere il significato più autentico della pedagogia libertaria? Vale a dire, quale può essere il valore che, rispetto al mondo occidentale e consumistico, possono ancora esercitare principi e metodi propri di una prassi educativa che rinnega dominio e coercizione, collocando su di un piano di rispetto e uguaglianza il rapporto tra adulti e bambini?
In realtà non capisco questa domanda, così userò la tecnica dei politici e risponderò a un’altra domanda che non mi è stata rivolta. In Scandinavia l’educazione è un processo molto più rispettato di quanto avviene in Gran Bretagna o nel resto del mondo. In Occidente i diritti delle donne sono largamente riconosciuti ma i diritti dei bambini sono ancora ignorati. I bambini non hanno voce. I politici dovrebbero smettere di interferire nel lavoro degli insegnanti; insegnanti giovani ed entusiasti dovrebbero essere incoraggiati a mettere in pratica metodi  che si sono dimostrati efficaci,  esperienze didattiche e pedagogiche che hanno profondamente innovato i metodi educativi. Il rigido controllo del sistema scolastico statale ha spinto i genitori che si possono permettere modeste rette a rivolgersi in numero sempre più crescente al nostro genere di scuole. Summerhill ha più studenti adesso che in passato, e così è per la Sands. Negli Stati Uniti, Sudbury Valley (www.sudval.org) è ampiamente imitata e pubblica una guida che aiuta chi vuole iniziare una scuola sul genere di Sudbury. Se sopravvive all’attuale situazione politica, il Centro per l’educazione democratica di Hadera continuerà ad aiutare più di un centinaio di scuole in Israele per un cambiamento radicale, passando da uno stile autoritario a uno democratico. Ora Idec e Wren (rete di scuole e individualità che si occupa dell’educazione alternativa nel mondo) e Aero (organizzazione sulle risorse dell’educazione alternativa) stanno riunendo in una «listserver» gli istituti di questo tipo. (www.worldwiderealeducation.net
aerolist@edrev.org).

Puoi descrivere qual è la condizione dell’infanzia e degli adolescenti nelle società occidentali?
La loro posizione è più fluida rispetto al passato. Non c’è più un sentiero prestabilito da seguire. I ragazzi sono esposti a molte più pressioni contrastanti. Sono corteggiati come consumatori e angosciati da problemi ecologici, sono protetti da genitori ansiosi per quanto più tempo possibile e poi fuggono in un mondo dove hanno a disposizione droga e alcol, sono, come sempre, criticati dai più anziani e come sempre godono di queste disapprovazioni sapendole ampiamente ingiustificate.
Sono continuamente esortati ad astenersi dai rapporti sessuali, ma vedono molti film e spettacoli televisivi dove invece il sesso è considerato parte naturale della vita sociale. I ragazzi, a cui non è stato permesso di fare le proprie scelte fin da piccoli, trovano difficoltà nel tenere testa a tutta questa incertezza e manipolazione. Per i bambini abituati a prendere le proprie decisioni la gamma delle scelte possibili diviene invece una grande opportunità.

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La scuola di Summerhill

LA SCUOLA DI SUMMERHILL

di Valeria Traversi

È la più vecchia e conosciuta scuola impostata su criteri pedagogici libertari. Pubblichiamo una biografia di Alexander Neill, il suo fondatore, e un capitolo della tesi di laurea dell’autrice sull’influenza del pensiero ibertario di Wilhelm Reich. Intanto l’esperienza di Summerhill, in Inghilterra, continua.

Alexander Sutherland Neill nasce in Scozia nel 1883 da una famiglia di maestri elementari. L’atmosfera familiare è autoritaria e severa. Alexander non è molto portato per gli studi infatti passa molto tempo nei campi a fantasticare e giocare. Visti gli scarsi risultati, il padre lo indirizza versa la carriera di maestro elementare. “«Il ragazzo è un disastro» disse tristemente mio padre. «Potrebbe fare il maestro» arrischiò mia madre” .

Dopo essersi laureato in Letteratura inglese all’Università di Edimburgo, insegna per diversi anni nelle scuole statali. Nel 1921 insieme alla maestra di danza Christine Baër, dà vita a Dresda in Germania alla scuola internazionale, nel 1923 la scuola si sposta a Sonntagberg in Austria, ma viene chiusa quasi subito per i suoi metodi non convenzionali, opposti a quelli delle autorità locali.

Nel 1924 Neill e Lilian Neustatter, la sua prima moglie, spostano la scuola in Inghilterra, fondando a Lyme Regis, sulla Manica, la scuola-comunità di Summerhill (collina d’estate proprio perché la casa è posta su una collina), trasferita poi presso Leiston nel Suffolk. Alla morte di Lilian, si risposa con Ena Wooff, dalla cui unione nasce Zoe, che attualmente dirige la Scuola.

Summerhill spicca tra le esperienze educative libertarie per la sua durata; anche se non si ispira direttamente ai principi anarchici, ne cattura implicitamente tutti i presupposti teorici alla luce degli studi psico-pedagogici. Infatti l’opera di Alexander Neill è ispirata dai “padri” della pedagogia e della psicologia moderna. Freud, Adler, Lane e Reich condizionano gli studi di Neill, arricchendo la sua analisi con teorie rivoluzionarie, che si contrappongono ai canoni tradizionali e autoritari.

Ricerca della felicità e della libertà. “Summerhill” aspira alla formazione di un nuovo tipo di pedagogia, vuole essere sintesi tra le prime forme di sperimentazioni libertarie e le nuove forme di pedagogia, approfondendo la ricerca della libertà e della felicità. Si accede alla scuola all’età di cinque anni, ma non sono rari i casi di bambini e bambine che arrivano dopo periodi in istituti statali o religiosi. Di solito la permanenza a Summerhill si protrae fino ai sedici anni. Vengono ospitati sia ragazze che ragazzi, fino a un massimo di quarantacinque, di cui una parte proviene da paesi stranieri. Vengono divisi in tre gruppi a seconda dell’età: dai cinque ai sette anni, dai sette agli undici, dagli undici ai sedici. Gli alloggi vengono organizzati tenendo conto dell’età e del sesso, ad ogni gruppo è assegnato una o un assistente. Per il gruppo “intermedio” vi è una costruzione di pietra, invece i ragazzi e le ragazze più grandi risiedono in casette di legno, solo alcuni hanno stanzette private, infatti generalmente si vive in tre o quattro per stanza. Non ci sono ispezioni delle camere e vi è completa libertà. L’idea su cui si fonda la scuola è quella di “adattare la scuola al bambino” , invece di adattare il bambino alla scuola, si aspira alla creazione di un istituto dove bambine e bambini siano liberi di essere se stessi, proprio per questo è necessario rinunciare a qualsiasi tipo di disciplina, di educazione morale e di istruzione religiosa. Neill ha fiducia nella bontà innata dell’infanzia, un’idea che non è mai venuta meno, anzi è diventata quasi una forma di fede.

Le lezioni a Summerhill sono facoltative, esiste l’orario solo per gli insegnanti, tutto si svolge in un ambiente libero dove nulla è autoritario, infatti si notano con molta facilità le differenze: chi ha sempre vissuto a Summerhill dimostra interesse verso l’apprendimento perché è una scelta volontaria, chi arriva dopo un’esperienza più o meno lunga in scuole statali o religiose, dove la frequenza costituisce un obbligo, sviluppa un senso di avversione verso lo studio e la scuola, tant’è che raramente all’inizio frequenta le lezioni. Gli esami non esistono, ma se un ragazzo o una ragazza decide di voler studiare per i test di ammissione all’università, il corpo docente lo preparerà senza problemi, non solo perché è altamente qualificato ma anche perché chi studia per proprio volere lo fa in modo più veloce e interessato, in quanto è una sua decisione. In un’assemblea generale, che si tiene il sabato, si stabiliscono regole da abolire o istituire, le scelte sono effettuate attraverso il voto democratico, tutti e tutte dispongono di un voto di uguale valore. Gli studenti di Summerhill provengono da famiglie agiate, non è possibile tenere aperta la scuola anche ai ceti bassi o medio-bassi, proprio perché le difficoltà economiche lo impediscono. Questo è sicuramente un problema da non sottovalutare: è difficile valutare la “vera” natura di un essere umano se questa si nasconde dietro il denaro e l’ambiente borghese. Insomma Summerhiil è scuola di libertà, dove il “buon senso” non manca, infatti per proteggere l’incolumità di ragazzi e ragazze esistono leggi base, scelte e votate da loro. Il fine della scuola è quello di renderli felici e non quello di riformare la società, non sarebbe possibile, è inevitabile accettare i compromessi proprio perché la società li impone. Neill scrive “non sono una persona che cerca attivamente proseliti per cambiare la società: posso solo cercare di convincere la società che è necessario per essa sbarazzarsi dell’odio, dei metodi punitivi, del misticismo.”

Se si desidera avere maggiori informazioni sulla scuola di Summerhill si può consultare il sito internet:
http://www.summerhillschool.co.uk/

Liberi per essere felici
di Francesco Codello

L’esperienza della scuola libertaria di Summerhill. Essere dalla parte del bambino, è la norma alla quale gli educatori e i genitori, secondo Neill, devono attenersi – Educare nella libertà è la premessa per formare una società di eguali.

I recenti avvenimenti della politica scolastica italiana, ci obbligano a porre in maniera “nuova” e sempre più attenta questo problema fondamentale dell’educazione. La progressiva crisi della famiglia, patriarcale prima, mononucleare ora, causata da un trapasso violento da una civiltà contadina a una industriale, dall’inurbamento e dalle migrazioni interne di milioni di contadini dalle campagne alle metropoli industriali, ha accentuato il ruolo svolto dalla scuola in una società di massa. Ecco alcuni elementi per giustificare e per impostare un discorso alternativo sull’educazione nella sua accezione anarchica e quindi antiautoritaria, totalmente liberatrice e anti-dogmatica.

“Cosa farebbe a un ragazzo che marina la scuola?” – A Pretoria Neill ho risposto: “Ucciderei il suo direttore”. Questa risposta, ad una domanda così comune, farebbe impallidire il più “moderno” pedagogista. Forse proprio perché Neill non è un pedagogista (perlomeno non lo è nel senso ricorrente del termine), può rispondere in questo modo a una domanda del genere.

Analizzare oggi la sua esperienza assume un profondo significato per chi, come noi, è alla ricerca continua di nuovi mezzi educativi da contrapporre a quelli autoritari dominanti il nostro panorama pedagogico. È importante anche perché ci permette di puntualizzare un discorso educativo in generale, e sulla scuola in particolare, dato il continuo estendersi della scolarizzazione di massa e l’importanza che assume la scuola nell’opera di indottrinamento di milioni di individui, vista la progressiva crisi della famiglia come unico veicolo di condizionamento socio-politico, caratteriale e psicologico.

“Il fine della vita è la felicità. Il male della vita è tutto ciò che limita o distrugge la felicità. Felicità significa sempre bontà: l’infelicità portata agli estremi limiti significa persecuzione contro gli ebrei, torture, o guerra nazionalistica”. Scopo della vita è dunque per Neill, la felicità che esiste solo dove opera l’amore, dove amare significa la capacità di approvare, non di punire o di inveire. A Summerhill “… i ragazzi hanno il senso di essere amati e approvati. È anche una riprova che il bambino nasce buono… e rimane buono quando ogni occasione di odiare e di temere è abolita”. Neill è convinto quindi della naturale bontà del bambino, il quale è provvisto di un atteggiamento potenzialmente ricco di amore e di interesse per la vita. Questa fiducia nella bontà della natura umana si concretizza in Neill in un impegno preciso: l’abolizione di ogni forma di oppressione che possa snaturare o reprimere la sua essenza. Il suo impegno si tradusse quindi in una scuola “… nella quale fosse concessa ai bambini la libertà di essere loro stessi. Per questo dovevamo rinunziare a qualsiasi disciplina, indirizzo, consiglio, ammaestramento morale, istruzione religiosa. Siamo stati chiamati coraggiosi, ma questo non richiede coraggio: richiede quello che noi avevamo: una completa fiducia nel bambino come creatura buona, non cattiva”. La sua fiducia nella naturale bontà e libertà del bambino non resta, come ad esempio in Rousseau, una enunciazione teorica da “scommessa”, ma diventa pratica della bontà e della libertà. In altri termini, la sua esperienza pratica (Summerhill) diventa la dimostrazione scientifica della sua intuizione filosofica. Teoria e prassi in Neill si fondono armonicamente ricomponendo quindi la personalità umana e liberandola dalla schizofrenia sociale che la avvolge.

La creazione di personalità autenticamente libere, che gestiscono direttamente la loro esistenza è il compito cui si dedica il nostro autore. Nella sua opera di educazione integrale egli non si dedica esclusivamente allo sviluppo delle qualità intellettive, ma ricompone la personalità dell’educando stimolando anche la sua sfera emotiva. “Nella società moderna riscontriamo una sempre maggior distanza tra intelletto e sentimento. Le esperienze dell’uomo moderno sono in gran parte mediate dal pensiero e non riflettono una percezione di ciò che il cuore sente, l’occhio vede, l’orecchio ascolta. In effetti questa separazione tra intelletto e sentimenti ha condotto l’uomo di oggi ad uno stato mentale pressoché schizoide che lo ha reso quasi incapace di percepire alcunché in maniera autentica, immediata”.

Questa istruzione integrale è la garante di una società di liberi ed uguali in cui non esista nessuna forma di autorità. Per dirla con Bakunin: “I fanciulli, come gli uomini maturi, diventano saggi per le esperienze che fanno da sé, mai per quelle fatte dagli altri” quindi “… da un punto di vista positivo intendiamo per libertà il pieno sviluppo di tutte le facoltà che si trovano nell’uomo e, da un punto di vista negativo, l’assoluta indipendenza della volontà di ognuno di fronte a quella degli altri”.

“Il bambino plasmato, condizionato, represso, disciplinato – il suo nome è Legione – vive in ogni angolo del mondo. Vive nella nostra città dalla parte opposta della strada. Siede nel banco noioso di una scuola noiosa; più tardi sarà seduto davanti alla scrivania ancor più noiosa di un ufficio, o starà al banco di una officina. È docile, fedele all’autorità, timoroso delle critiche e fanatico nel desiderio di essere normale, convenzionale e corretto. Accetta senza porsi domande quel che gli viene insegnato e trasmetterà tutti i suoi complessi, le sue paure e le sue frustrazioni ai figli”. L’esplicazione di un metodo nuovo e progressivo passa in Neill attraverso una critica radicale al metodo scolastico tradizionale perché esso è “… basato su quel che l’adulto crede che il bambino dovrebbe essere e dovrebbe imparare…. È ovvio che una scuola che costringe i bambini, per natura attivi, a stare seduti sui banchi a studiare una quantità di materie per la maggior parte inutili, è una cattiva scuola, quando si tenga in considerazione la psicologia del bambino”. Si tratta quindi di capovolgere i termini classici del rapporto tra il bambino e la scuola, cioè di “… adattare la scuola al bambino invece di adattare il bambino alla scuola”.

“Il primo comandamento al quale deve ubbidire ogni genitore e ogni maestro è questo: Tu devi essere dalla parte del bambino”. Più avanti Neill con un esempio ci chiarisce praticamente che cosa ciò significhi: “Se mentre sto verniciando una porta Robert passa e getta della mota sulla vernice fresca io lo strapazzo senza complimenti perché egli è uno dei nostri e quel che io dico non ha molta importanza. Ma se Robert fosse uno arrivato da poco da una scuola che egli odia e il suo buttar mota fosse un tentativo di rivolta contro l’autorità, mi metterei con lui a gettar mota perché la sua salvezza è assai più importante della mia porta”.  In altri termini la libertà presuppone l’uguaglianza e viceversa. Non vi può essere nessuna libertà dove non esiste l’uguaglianza, non vi può essere nessuna uguaglianza senza la libertà. Questo concetto costituisce uno dei presupposti fondamentali del metodo di Neill.

Un altro dei problemi fondamentali che ogni educatore (come qualsiasi individuo) deve affrontare è il rapporto mezzi-fini. L’uso di mezzi diversi o contrapposti al fine perseguito conduce inevitabilmente o a una sostituzione dei fini o a una scomparsa dell’obiettivo finale che viene risucchiato nella pratica continua e progressiva di nuovi mezzi.

A Summerhill i ragazzi svolgono anche un lavoro manuale che è (secondo Neill), un momento fondamentale per lo sviluppo armonico ed integrale del bambino in quanto, ricompone una personalità che la divisione sociale e gerarchica del lavoro ha spezzato a vantaggio di una divisione classista degli individui. In questo quadro va visto anche l’enorme interesse che a Summerhill viene dedicato al teatro. Le commedie, i drammi, le scenette vengono scritte, interpretate dai ragazzi e dalle ragazze e solo raramente gli insegnanti consegnano qualche trama ai bambini. Il teatro per Neill ricopre una notevole importanza in quanto sviluppa un senso di padronanza di sé ed evita poi che si reciti nella vita.

Lo studio non è qualche cosa che viene imposto dall’alto, ma è sempre in rapporto alle facoltà e ai gusti individuali. Logicamente quindi “I libri sono il materiale meno importante in una scuola. Tutto quello di cui un bambino ha bisogno è leggere, scrivere e far di conto; il resto consisterà di arnesi, argilla, sport, teatro, pittura, e… libertà”.

Tutto il metodo di Neill, oltre che sulla libertà, si basa sull’autogoverno. “Quando c’è un capo non c’è libertà e questo è ancor più vero per il capo benevolo che per quello autoritario. Il ragazzo che abbia spirito critico si ribellerà a un capo autoritario, ma un capo benevolo lo ridurrà semplicemente ad essere lui stesso molle ed impotente”.

Su Neill potremmo discutere all’infinito: sulla validità del suo esperimento come azione politica, sulle condizioni particolari in cui la sua esperienza si è concretizzata, sui limiti imposti dalla “situazione reale”. Resta il fatto che il suo lavoro è un’accusa spietata alla scuola, alla famiglia, allo stato, alla chiesa, affinché trionfino la libertà e l’uguaglianza.

Non è nichilismo. È soprattutto un’accusa alla scuola come istituzione, più o meno progressista, perché essa è il luogo in cui si pratica e si teorizza la divisione gerarchica del lavoro, in pratica dove si perpetua e si invoca la disuguaglianza. I suoi libri sono una poesia continua che deve continuare.

Bakunin amava ripetere di esser un amante fanatico della libertà. Anche noi.

Citazioni dai testi di Maria Montessori

Citazioni dai testi di Maria Montessori tratti da testi vari.

” Ciò che muove il bambino all’attività è un impulso interiore primitivo, quasi un vago senso di fame interna, ed è la soddisfazione di questa fame che lo conduce a poco a poco ad un complesso e ripetuto esercizio dell’intelligenza nel comparare, giudicare, decidere un atto, correggere un errore. ”
Maria Montessori

“La cultura si deve lasciar prendere attraverso l’attività, con l’aiuto di materiali che permettano al bambino di acquistarla da solo, spinto dalla natura della sua mente che cerca, e diretto dalle leggi del suo sviluppo”.
Maria Montessori

“La cultura è assorbita dal bambino attraverso esperienze individuali in un ambiente ricco di occasioni di scoperta e di lavoro.”
Maria Montessori

“Il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione, è il nostro maestro, anche nei riguardi della sua educazione”
Maria Montessori

“L’educazione comincia alla nascita.”
Maria Montessori

“La prima cosa richiesta ad un insegnante è che abbia la giusta disposizione per il suo compito”.
Maria Montessori / The Secret of Childhood

“L’abilità del maestro di non interferire arriva con la pratica, come tutto il resto, ma non arriva mai facilmente.”
Maria Montessori / La Mente assorbente

“Le radici di ogni pianta cercano, tra le molte sostanze che il suolo contiene, solo quelle di cui la pianta ha bisogno”.
Maria Montessori / La Mente assorbente

“La scuola è quell’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio.”
Maria Montessori

“Il più grande segno di successo per un insegnante … è poter dire: “I bambini stanno lavorando come se io non esistessi.”
Maria Montessori

“Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo”.
Maria Montessori

“L’umanità che si rivela in tutto il suo splendore intellettuale durante la dolce e tenera età dell’infanzia dovrebbe essere rispettata con una sorta di venerazione religiosa. E ‘come il sole che appare all’alba o un fiore appena sbocciato. L’educazione non può essere efficace se non aiuta il bambino ad aprire se stesso alla vita. “
Maria Montessori

“Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino.”
Maria Montessori

“Non possiamo creare osservatori dicendo ai bambini:” Osservate !”, ma dando loro il potere ei mezzi per tale osservazione, e questi mezzi vengono acquistati attraverso l’educazione dei sensi”
Maria Montessori

“L’ambiente deve essere ricco di motivi di interesse che si prestano ad attività e invitano il bambino a condurre le proprie esperienze”.
Maria Montessori

“I bambini sono esseri umani ai quali si deve rispetto, superiori a noi a motivo della loro innocenza e delle maggiori possibilità del loro futuro”
Maria Montessori

“Il bambino è insieme una speranza e una promessa per l’umanità.”
Maria Montessori

“L’educazione è un processo naturale effettuato dal bambino, e non è acquisita attraverso l’ascolto di parole, ma attraverso le esperienze del bambino nell’ambiente.”
Maria Montessori

“La prima premessa per lo sviluppo del bambino è la concentrazione. Il bambino che si concentra è immensamente felice “.
Maria Montessori

“Il bambino diventa una persona attraverso il lavoro.”
Maria Montessori

“La terra è dove sono le nostre radici. I bambini devono imparare a sentire e vivere in armonia con la Terra. “
Maria Montessori

“L’attività individuale è l’unico fattore che stimola e produce sviluppo”.
Maria Montessori

“Le mani sono gli strumenti propri dell’intelligenza dell’uomo”.
Maria Montessori

“Per aiutare un bambino, dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente.”
Maria Montessori

“Queste parole rivelano l’intimo bisogno del bambino, ‘Aiutami a fare da solo’.”
Maria Montessori

“La crescita non è solo un aumento armonioso di dimensioni, ma una trasformazione.”
Maria Montessori

“La crescita deriva dall’attività, non dalla comprensione intellettuale”.
Maria Montessori

“Guardare un bambino rende evidente che lo sviluppo della sua mente passa attraverso i suoi movimenti”.
Maria Montessori

“Il bambino deve vivere in un ambiente di bellezza”.
Maria Montessori

È necessario che l’insegnante guidi il bambino, senza lasciargli sentire troppo la sua presenza, così che possa sempre essere pronto a fornire l’aiuto desiderato, ma senza mai essere l’ostacolo tra il bambino e la sua esperienza.
Maria Montessori

Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo. (da Educazione per un mondo nuovo)
Maria Montessori

La scrittura può essere acquisita più facilmente dai bambini di quattro anni, che da quelli di sei. Mentre i bambini di sei hanno bisogno di almeno due anni per imparare a scrivere, i bambini di quattro imparano in pochi mesi.
Maria Montessori

«Chi si proponga di aiutare lo sviluppo psichico del bambino, deve partire dal fatto che la mente assorbente del bambino si orienta sull’ambiente; e, specialmente agli inizi della vita deve prendere speciali precauzioni affinché l’ambiente offra interesse e attrattive questa mente che deve nutrirsene per la propria costruzione»
Maria Montessori, La mente del bambino

«Il movimento non è soltanto espressione dell’io, ma fattore indispensabile per la costruzione della coscienza, essendo l’unico mezzo tangibile che pone l’io in relazioni ben determinate con la realtà esterna. Perciò il movimento è un fattore essenziale per la costruzione della intelligenza, che si alimenta e vive di acquisizioni ottenute dall’ambiente esteriore»
Maria Montessori

La biodanza

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La biodanza in generale

La biodanza è un sistema esperienziale che combina musica, movimento ed esercizi di incontro per sviluppare i potenziali umani di vitalità, creatività, affettività, sessualità e trascendenza.

Il potenziale della vitalità è la sensazione dell’energia vitale, del dinamismo, della motivazione  a vivere e dello slancio vitale. Comprende anche l’autoregolazione organica.

Il potenziale della creatività è la capacità di espressione verbale e non verbale. E’ la capacità di esplorare il mondo con fiducia, di scegliere e di innovare. E’ la funzione che ci rende capaci di rinnovare e rigenerare la nostra vita.

Il potenziale dell’affettività è la capacità di provare amore, solidarietà, generosità, senso di appartenenza e di fratellanza. E’ la capacità di creare unione, vincolo, legame e relazione con la vita. Per Rolando Toro, creatore della Biodanza, l’affettività rappresenta “l’intelligenza della specie”.

Il potenziale della sessualità implica in Biodanza innanzitutto la riconciliazione con il piacere. Il piacere di sentire se stessi, di viversi nel proprio corpo, di ritrovare e riscoprire intimità, abbandono, contatto, sensualità.

Il potenziale della trascendenza è la funzione umana legata a tutte le sensazioni interiori di pienezza, di espansione, di percezione e di intima comunione con tutte le manifestazioni della vita. E’ la capacità di sentirsi parte dell’umanità, della natura, dell’universo.

La Biodanza nasce ispirandosi alle più recenti scoperte delle neuroscienze e delle scienze umane e offre uno stimolo continuo a muoversi con gioia, a entrare in relazione con gli altri, ad avere il coraggio di esprimersi, a percepire i propri ritmi naturali, a sentire la vita piuttosto che pensarla, ad avere stima di sè  e coscienza della propria identità.

Attraverso l’esperienza del corpo, dell’emozione e dell’incontro con gli altri, viene facilitata una sensibilizzazione profonda verso se stessi, verso l’umanità e verso il mondo che ci comprende.

E’ nata a partire dalla ricerca e dall’esperienza personale di Rolando Toro Araneda, psicologo e antropologo cileno.

Le più recenti scoperte delle neuroscienze e le più innovative teorie della psicologia evolutiva hanno ormai definitivamente stabilito che l’intelligenza umana non è soltanto quella logico-razionale, ma un insieme strutturato di più intelligenze in profonda relazione tra loro che richiedono tutte di essere opportunamente stimolate per arrivare a uno sviluppo armonico e completo della personalità.

Parliamo oggi di intelligenza affettiva, intelligenza interpersonale, intelligenza intrapersonale, intelligenza cinestetica,  intelligenza musicale, intelligenza ecologica ed intelligenza esistenziale.

In biodanza inoltre si ritiene che l’intelligenza affettiva sia il nucleo fondante dell’identità umana, nucleo a partire dal quale si possono poi sviluppare nel modo più sano tutte le altre intelligenze e potenzialità.

La biodanza coi bambini

L’applicazione della biodanza nelle istituzioni educative ha lo scopo di migliorare la qualità della vita all’interno del sistema scolastico attraverso una metodologia esperienziale che favorisce l’integrazione e lo sviluppo dei potenziali sani di ciascuno, con particolare riferimento all’espressione affettiva, creativa e alla comunicazione interpersonale.

La biodanza si propone come educazione biocentrica con lo scopo di integrare l’apprendimento e la conoscenza cognitiva con i linguaggi del corpo e dell’emozione, al fine di facilitare uno sviluppo globale ed armonico del bambino e dell’adolescente.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Preparare l’ambiente per iniziare a lavorare col metodo Montessori a casa e a scuola

Preparare l’ambiente per iniziare a lavorare col metodo Montessori a casa e a scuola. Un grande vantaggio dato dal costruire i materiali di apprendimento ed organizzarli in proprio a casa come a scuola, è che il bambino può partecipare al lavoro.

Questa è un’esperienza meravigliosa e che sicuramente può diventare parte integrante della programmazione scolastica, insieme a tutte le altre materie di apprendimento.

Il bambino può partecipare alla realizzazione di mensole e scaffali, ad esempio, carteggiando e dipingendo. Può partecipare all’assemblaggio delle parti imparando a prendere misure e via via ad utilizzare correttamente i vari attrezzi.

In classe i materiali sono collocati su scaffali bassi, organizzati per materia, secondo una configurazione generale semplice e ordinata.

Questi scaffali sono a due o tre ripiani: la mensola più alta non dove superare l’altezza dei bambini e deve essere raggiungibile comodamente.

Il materiale viene sempre rimesso nello stesso posto sullo scaffale, in modo da trasmettere affidabilità e la sensazione che il materiale è sempre presente, quando serve.

Tradizionalmente i materiali vengono conservati all’interno di scatole di legno, ma questa soluzione può risultare molto costosa. E’ quindi più semplice utilizzare scatole di cartone, avendo cura di dipingerle o rivestirle cercando di creare un insieme ordinato e coordinato.

L’arredamento tradizionale di una classe Montessori comprende infine riproduzioni di opere d’arte alle pareti, delle piante delle quali il bambino possa occuparsi ogni giorno, ed anche piccoli animali come pesci e criceti.

photo credit: http://parentingsquad.com/

Trasformare i vari ambienti della casa, oltre che lo spazio destinato a fungere da “classe” in funzione di un approccio montessoriano all’istruzione ed all’educazione non è così difficile.

Sia che la vostra casa sia spaziosa e ben attrezzata o invece piccola, con un po’ di sensibilità ed attenzione è possibile creare un ambiente familiare che segue le linee guida indicate da questa pedagogia per aiutare lo sviluppo armonico del bambino.

Le aree di vita comune, come soggiorno, cucina e sala da pranzo dovrebbero contenere anche elementi di arredo a misura di bambino, in modo tale da permettergli di partecipare alla vita domestica essendo indipendente nel gestire le varie situazioni quotidiane: ad esempio prendere un bicchiere da solo quando ha sete, un libro se desidera leggere, ecc…

photo credit: http://www.melanieandersen.com/

A maggior ragione la cucina e la dispensa dovrebbero anch’esse avere arredi a misura di bambino, e gli alimenti dovrebbero essere riposti in basso per permettere al bambino di prepararsi da solo la merenda, ad esempio, oppure di partecipare con gli adulti alla preparazione dei pasti.

photo credit: http://www.melanieandersen.com/

Tenere sempre uno sgabellino o un qualsiasi altro rialzo in prossimità del lavello è un’idea ottima.

Creare mobili bassi, tavolini, librerie, ecc… per le stanze comuni della casa, come per l’area di gioco, permette al bambino di unirsi agli adulti nella pratica delle attività quotidiane e gli consente di avere all’interno di ogni stanza della casa il suo spazio, anche in mezzo a tantissimi oggetti troppo grandi per lui.

Assicurarsi che il bambino sia sempre in grado di avere accesso alle cose che desidera toccare ed usare, ma anche insegnargli come vanno usate correttamente. Ad esempio non aver timore ad insegnare come maneggiare con cura un CD prendendolo con due mani sul bordo (per le sue manine farlo con una mano sola come facciamo noi è impossibile).

Il bagno dovrebbe essere totalmente accessibile per il vostro bambino, e dovrebbe poterlo usare in maniera indipendente. Sgabellini per il lavello e rialzi per il wc sono un must, insieme con gli scaffali bassi per gli oggetti di uso frequente come lo spazzolino da denti. Creare luoghi dedicati per tutti gli oggetti d’uso quotidiano aiuta il bambino a sviluppare e mantenere un senso di ordine nel suo spazio.  Non trascurare anche di installare porta asciugamani, ganci e porta abiti bassi.

Camera da letto
Ripiani bassi, cassetti, grucce del guardaroba basse, creano per il vostro bambino un ambiente gestibile anche in camera da letto, e gli permettono di mantenere, modificare e utilizzare con facilità tutte le sue cose. Non è difficile mantenere un ambiente pulito e ordinato , se tutto (giocattoli, libri, scarpe, ecc…) ha un posto dedicato, accessibile, facile da usare.

Un buon accorgimento è anche predisporre un armadietto o uno scaffale per gli oggetti di uso più frequente (ad esempio scarpe, zainetto, giacca, ecc…) e tutto quello che serve al bambino per uscire di casa. Questo spazio può essere o vicino alla porta della sua camera, oppure alla porta d’ingresso.  Questo lo aiuterà immensamente a prepararsi ogni giorno per andare fuori.

E’ sempre fondamentale ricordare che secondo il metodo Montessori sono i bambini stessi a farsi carico del proprio processo di apprendimento, sperimentando in modo indipendente attraverso un processo fatto di sperimentazione, errore e scoperta.

In casa come a scuola aiuta l’indipendenza e la sperimentazione predisporre l’ambiente in modo tale che il bambino possa partecipare alle attività di vita pratica, ad esempio:

– elementi che richiedono di essere spostati con due mani, come vassoi o piatti da tavola;

– imparare vestirsi e svestirsi da soli con indumenti che presentano cerniere, lacci, bottoni e altre chiusure;

– strumenti per travasare ingredienti da un contenitore all’altro a misura di bambino (soprattutto in cucina)

– uno scolapiatti posto in basso nel quale mettere e togliere le stoviglie, oppure caricare e scaricare la lavastoviglie;

– apparecchiare e sparecchiare la tavola;

– strumenti per la pulizia di casa a misura di bambino (scopa, paletta, spugne, spazzoloni, ecc…)

– occuparsi di piante in vaso o fiori recisi.

Per lo sviluppo sensoriale del bambino, questi sono esempi di attività che possono presentarsi tutti i giorni, a casa come a scuola:

– srotolare i tappeti per lavorare ai materiali di apprendimento;

– piegare tovaglioli e altro in cucina;

– esplorare forme e colori degli oggetti presenti nelle stanze;

– esplorare forma e qualità degli alimenti (frutta, ortaggi, altro…)

– manipolazione di oggetti di dimensioni variabili in scala, ordinandole per altezza, lunghezza, diametro, o tutti e tre.

Quando si inizia a lavorare col metodo Montessori, presto ci si accorge di come ogni attività prettamente scolastica finisce con l’intersecarsi con la vita quotidiana, e si scoprono sempre modi nuovi per esercitarsi e sperimentare.

Tornando invece all’area appositamente dedicata allo studio, ricapitoliamo i punti essenziali dell’ambiente:

– piccoli vassoi che il bambino sia in grado di gestire facilmente

– scatole con coperchio di diverse dimensioni

– tappeti e contenitori idonei a contenerli, ad esempio una mensola bassa dello scaffale, oppure un cesto a bordi alti

– tavolo, scrivania, sedie  a misura di bambino

– scaffali che costituiscano aree separate per le diverse materie del programma scolastico, con tutti i materiali necessari per ogni sezione

– opere d’arte per le pareti

– lavagne bianche con pennarelli colorati

– mensola della natura dove conservare oggetti naturali e reperti (nidi d’uccello, alveari, foglie, sassi, ecc…)

– sgabellini per raggiungere lavandini e altre zone non a misura di bambino

– ripiani bassi

– una buona illuminazione per il lavoro e la lettura

– piante, pesci o piccoli animali.

Se lo spazio che avete a disposizione è molto piccolo, vedrete che l’uso dei tappetini vi sarà molto utile, in quanto il bambino potrà lavorare sul pavimento e poi mettere via tutto alla fine dell’esercizio.

Come già detto, questo tappetino serve a diversi scopi. Inizialmente aiuta il bambino a delineare il suo spazio fisico sul pavimento per il lavoro. Ma questa non è la funzione più importante. La delimitazione dello spazio fisico aiuta la stessa organizzazione di pensiero del bambino, portandolo a concentrarsi all’interno di questo spazio. Inoltre se il materiale a cui sta lavorando è molto ingombrante, questo, a differenza del tavolo, è uno spazio facilmente estensibile, aggiungendo altri tappeti.

L’altra funzione fondamentale è quella di fornire una superficie stabile per la costruzione verso l’alto, ad esempio con la torre rosa (per saperne di più http://www.lapappadolce.net/la-torre-rosa/) o verso l’esterno con materiali quali ad esempio le spolette dei colori.

photo credit: Gonzaga arredi

(per saperne di più http://www.lapappadolce.net/5-spolette-dei-colori/)

Così i bambini  sono in grado di fare propria attraverso la pratica questa capacità mentale di creare un’area di lavoro e lavorare in qualsiasi altro contesto, come un museo nel corso di una visita, una coperta sul prato durante una gita di classe, ecc…

 

Indicazioni montessoriane per il lavoro artistico e manuale

Indicazioni montessoriane per il lavoro artistico e manuale. Attraverso il lavoro manuale e l’arte i bambini perfezionano i loro movimenti,  sperimentano la gioia di creare e sono stimolati intellettivamente alla conoscenza dei principi della tecnica.

Si risveglia la loro capacità di apprezzare il valore artistico degli oggetti: colore, linea, modello, struttura, design e diventano appassionati osservatori del mondo che li circonda.
Dal lavoro manuale e dalla pratica dell’arte i bambini imparano il senso del loro valore delle cose e sperimentano una grande soddisfazione interiore.

La creatività dei bambini si sviluppa a partire dalla conoscenza.
Le potenzialità creative si espandono quando il bambino sviluppa la capacità di osservare, impara ad utilizzare in modo efficace ed efficiente gli strumenti, affina il movimento delle dita, ha la possibilità di ammirare esempi e di fare esperienze dirette.

E’ un errore lasciare i bambini alla loro “ignoranza” nella convinzione che in questo modo li si rende liberi di essere creativi.

La creazione casuale non è arte. La vera creatività è uno sforzo consapevole, pianificato, attuato con finalità definite.

Non dobbiamo aver paura di insegnare ai bambini quello che prima di loro i nostri migliori artisti ed artigiani hanno imparato. Ciò non significa che i bambini non siano in grado di gestire da soli i materiali, solo che devono essere indicate loro quali sono le potenzialità dei materiali stessi.

Noi dobbiamo semplicemente insegnare ai nostri bambini ciò che prima di loro abbiamo imparato, sapendo che ciò ha uno scopo: dopo aver imparato le basi, il bambino può andare lontano e ottenere grande piacere dal lavoro manuale ed artistico realizzando le proprie idee creative. Ma al fine di sviluppare la creatività, è prima necessario un passaggio di conoscenze.

C’è un modo per utilizzare un particolare strumento, per poterne trarre la massima utilità; un uso improprio può danneggiare gli strumenti e soprattutto lasciare il bambino insoddisfatto dal loro uso.
E’ importante dare ai bambini buoni strumenti da utilizzare, e materiali che può controllare e manipolare facilmente.

Le forbici devono tagliare bene; un grande set di matite colorate, nel quale siano presenti molte tonalità diverse di ogni colore, permetterà ai bambini di sviluppare una comprensione più precisa del colore; i pennelli devono essere di buona qualità e devono essere messi a disposizione in una vasta gamma di dimensioni per consentire ai bambini di sviluppare una maggior abilità nella pittura.

L’arredamento e gli strumenti della falegnameria devono essere di dimensioni adeguate alla loro corporatura, ma ben progettati e funzionali.
Un bambino di 5 o 6 anni può trascorrere anche molte ore a martellare chiodi su un blocco di legno, ma dopo questa prima fase in cui gode della semplice sperimentazione della tecnica, desidera fare qualcosa, realizzare un progetto che possa essere completato in tempi relativamente brevi, come un semplice aereo.

Bisogna sempre mostrare ai bambini le tecniche e le procedure che seguono gli artisti e gli artigiani veri nel loro lavoro. Se si vuole insegnare a un bambino la tecnica per la pittura ad acquarello, è bene proporgliela su un foglio leggermente inclinato piuttosto che su un cavalletto verticale, dove il colore scivolerebbe in modo incontrollato e la carta bagnata si arriccerebbe.

Bisogna insegnare ai bambini la cura e la corretta manutenzione degli strumenti: come lavare ed asciugare i pennelli ecc… Quando si cammina con le forbici, bisogna insegnare a tenerle con la punta rivolta verso il basso, quando le di devono passare a un altro, bisogna insegnare a farlo porgendole dalla parte dell’impugnatura.
Per quanto riguarda i lavori realizzati, la loro conservazione è molto importante. I bambini dovrebbero avere delle cartelline abbastanza grandi da contenerli, e queste cartelline possono essere periodicamente portate a casa, per poi essere riportate a scuola.

Normalmente non si espongono i lavori alle pareti dell’aula, perché l’ambiente va mantenuto il più possibile tranquillo e l’attenzione dei bambini deve essere diretta principalmente verso i materiali di apprendimento e gli altri oggetti di particolare interesse.

Anche proteggere l’ambiente di lavoro è molto importante. I bambini devono indossare grembiuli e devono coprire i banchi con i giornali prima di usare la colla o i colori da pittura.

Una volta apprese le tecniche, l’insegnante fornisce modelli che i bambini possono realizzare autonomamente, sfruttando le loro nuove competenze, oppure essi stessi possono realizzare progetti propri. E’ importante che inizialmente i lavori possano essere conclusi in poco tempo, una o due lezioni al massimo.

Oggi il lavoro manuale è spesso considerato inferiore al lavoro dei colletti bianchi, e così anche a scuola il lavoro della mente è considerato superiore all’utilizzo delle mani. Dobbiamo stare attenti a non perpetuare questo atteggiamento.

Oltre alle tecniche artistiche ed artigianali, il lavoro manuale può essere rivolto alla studio della natura, alla fisica, agli studi sociali, alla matematica, alla musica e altro.

Applicato allo studio della natura, il lavoro manuale insegna ad essere osservatori appassionati, a guardare la tela di un ragno e trarre le proprie conclusioni,… Lo studio della geografia è accompagnato dalla realizzazione di mappe e globi, e anche l’arte in generale diventa geografia culturale, ad esempio con la realizzazione di maschere. Molte attività manuali possono arricchire lo studio della matematica.

E’ utile ed interessante raccontare ai bambini le storie di alcuni dei grandi artisti del passato e contemporanei, e portarli a capire come ciascuno di questi artisti ha dovuto imparare tutto quello che stanno imparando loro, prima di creare grandi opere.
Hanno dovuto imparare a macinare i colori, a preparare la tela, a fare schizzi; hanno dovuto trascorrere anni di apprendistato prima che il maestro desse loro l’autorizzazione a dipingere, fosse anche solo una parte di uno sfondo o un albero.

E’ importante avere buoni libri d’arte in aula, in modo che i bambini possano sedersi e guardarli. Bisogna insegnare ai bambini a porre il libro sul tavolo ed a girare le pagine con cura.

E’ una buona idea anche avere una o due belle pitture in aula, appese al livello degli occhi dei bambini.

Naturalmente oggi è possibile visitare tutti i grandi musei nel web. Il computer quindi assiste lo studio dell’arte e può aiutare tutti noi a conoscere ed apprezzare la grande arte, acquisire familiarità con i vari stili artistici, e sviluppare la nostra sensibilità per gli elementi di design.

Nella pratica dell’arte a scuola, è bene mostrare ai bambini begli esempi di opere provenienti da tutto il mondo; questo collega la propria esperienza personale alle espressioni creative di persone provenienti da culture diverse.

La “pedagogia” steineriana e una doverosa premessa

La “pedagogia” steineriana e una doverosa premessa. A tutte le indicazioni date nel sito relative alla Pedagogia steineriana, devo fare una doverosa premessa.

Questa pedagogia, infatti, rientra in un sistema organizzato, messo a punto (i sostenitori preferiscono usare i termini “fondato” o “donato”) da Rudolf Steiner, e che abbraccia praticamente ogni possibile aspetto dell’umano, compresi esoterismo, religione,  misticismo, spiritualismo, occultismo, e che passa per abbigliamento e acconciatura, alimentazione, sessualità, economia, e insomma abbiamo capito…

Le persone che abbracciano questo sistema si definiscono “antroposofi” da “antroposofia”, appunto (o “Scienza dello Spirito”). La definizione di “movimento religioso” non viene però assolutamente accettata dagli antroposofi.

La pedagogia steineriana, si tiene a precisare con estrema fermezza e a garanzia di una certa ortodossia negli ambienti steineriani,  non è un metodo, ma si fonda imprescindibilmente sull’Antroposofia.

Per chi volesse approfondire la questione, esiste una quantità di materiale praticamente sterminato: ci si può fare una piccola idea semplicemente scorrendo il catalogo delle Edizioni Antroposofiche, dove abbondano  le parole occulto, cristico, iniziazione, spirituale, karmico ecc…

Io personalmente, e nel rispetto del credo e del pensiero di tutti, amo della pedagogia  e della didattica, indipendentemente dalla matrice ideologica o religiosa di riferimento,  tutto quello che porta al bambino magia, bellezza, gioia di apprendere. E tutto ciò che è utile a “tirar fuori” il meglio da ognuno, e a rimuovere ostacoli nell’apprendere. E’ l’unico aspetto che mi interessa. Cerco di scegliere con buonsenso, con senso critico sempre vigile, e liberamente.

Se il tale approccio rappresenta una risposta per i bambini  reali che seguo, lo scelgo.

Altrimenti no.

I tratti più illuminati di questa pratica pedagogica, a mio parere, si trovano nel piacere-diritto alla lentezza, nella capacità di attingere alla tradizione popolare europea per riscoprire i ritmi della natura, nel contrastare con la bellezza le tendenze materialistiche e consumistiche che troppo attaccano il  mondo dell’infanzia, nella possibilità di valorizzazione all’interno della scuola non solo i bambini “brillanti” da un punto di vista intellettivo.

E poi ad ognuno le proprie considerazioni…

Del resto non si può nemmeno negare che le Scuole Steineriane, almeno in Italia, svolgono anche un nobilissimo ruolo di “rifugio” (e senza nemmeno la preoccupazione dell’esame di passaggio come avviene nell’homeschooling) per tutti quei bambini che non sono in grado di frequentare con successo o per lo meno senza sofferenza, classi di 30 alunni in questa “nuova” scuola pubblica.

photo credit: http://southerncrossreview.org/68/sagarin-waldorf.htm

Io credo che, volendo portare ai bambini elementi della pratica steineriana, al di fuori della scuola steineriana, si possa decidere con le famiglie dei bambini se festeggiare San Martino, il Natale, ecc… e se la cosa non offende in alcun modo il pensiero o il credo religioso di nessuno, si festeggia. E’ un bel modo per sentire i ritmi delle stagioni, (tutte le festività cristiane affondano le loro radici nella tradizione contadina precristiana-pagana) e soprattutto per scandire l’anno con giorni speciali e più gioiosi degli altri. Ma la stessa cosa si può fare anche in tantissimi altri modi.

Che poi San Michele sia un essere spirituale ecc… o meno, non è cosa della quale si occupa la scuola. Posso non crederlo, ma anche rispettare chi lo crede, se ha altrettanto rispetto.

E’ l’atteggiamento che ho tenuto anche all’interno della scuola steineriana, per un po’ con successo. Poi la convivenza è diventata impossibile, per me e soprattutto per “loro”  😉

 

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Cenni sulla pedagogia Steiner-Waldorf

(testi ad uso “esterno”, privi dei tipici termini steineriani che invece abbonderebbero in una versione per “uso interno”)

La pedagogia Steiner-Waldorf si fonda su un’attenta osservazione delle tappe evolutive del bambino.
Lo sviluppo armonico del bambino come centro di ogni attività didattica è l’obiettivo che viene perseguito, tenendo conto dell’integrità della persona nei suoi aspetti corporei, emozionali ed intellettivi. Le attività proposte vengono quindi indirizzate alle aree motoria, affettiva e cognitiva in modo ritmico ed equilibrato.
L’insegnante ha il compito di aiutare il bambino nell’armonioso sviluppo di tutti i suoi elementi costitutivi, di favorirne la crescita, di aiutarlo ad affrontare e superare gli ostacoli che via via si possono presentare.

Il bambino in età prescolare è un essere che assorbe tutto ciò che gli proviene dall’ambiente e dalle persone che lo circondano: sensazioni, stimoli di varia natura, parole.
In questa età ciò che educa è il modo in cui l’adulto che gli sta vicino, pensa, sente, parla ed agisce. Il gesto esteriore come l’atteggiamento interiore ci chi lo circonda raggiunge il bambino, lasciando una profonda traccia nel suo linguaggio, nei suoi sentimenti e nel suo modo di pensare e di agire.
All’età di sei sette anni il legame immediato ed imitativo del bambino col mondo gradualmente recede e lascia spazio ad una nuova forma di rapporto con la realtà sempre più cosciente.

Al bambino tra i 7 ed i 14 anni le conoscenze devono essere trasmesse attraverso il sentimento e l’esperienza, e  per questo nelle scuole Waldorf viene attribuita grande importanza all’attività artistica e manuale.

L’arte nella scuola Waldorf non è intesa come un’aggiunta di attività didattiche al piano di studi (musica, recitazione, pittura, modellaggio, scultura, ecc…), ma è insita nel modo stesso di presentare tutte le materie di studio. Lavorare per immagini, rintracciare i fili che collegano le cose tra di loro e all’uomo, significa ritrovare ciò che le cose e gli esseri sono ed esprimono prima di venire catalogati, definiti, analizzati. Come la lingua madre si impara ben prima di studiare la grammatica, così tutte le discipline vengono proposte in modo creativo e ricco di immagini per giungere in un secondo tempo alla loro sistematizzazione scientifica.

 

Le caratteristiche didattiche che contraddinguono la scuola Waldorf sono:

il maestro unico, che resta l’insegnante di riferimento della classe per tutti gli otto anni del primo ciclo di istruzione (elementari e medie). Il maestro di classe è dunque colui che assiste a tutte le fasi di crescita di ogni bambino per un lungo arco di tempo, e diventa la guida e il sostegno cui rivolgersi con fiducia, conoscendo il  bambino nel suo contesto biografico e la sua famiglia. Suo compito è anche quello di confrontarsi con gli altri docenti nel Consiglio di Classe e coordinare le attività didattico-educative;

il Collegio Docenti, che si riunisce settimanalmente per valutare i processi di apprendimento dei bambini, il raggiungimento degli obiettivi, e per delineare le strategie e gli interventi pedagogici. Il medico scolastico, oltre alla normale attività sanitaria, affianca gli insegnanti del Collegio nella valutazione del processo evolutivo dei bambini;

insegnamento ad epoche. L’insegnamento delle discipline viene condotto all’interno di una ripartizione a periodi, chiamati “epoche”. Le discipline non si susseguono giornalmente secondo un orario spezzato, ma vengono proposte dall’insegnante una per volta, nella prima parte della mattinata, per un periodo di tempo continuativo che va dalle tre alle quattro settimane (epoca di Storia, epoca di Matematica, epoca di Grammatica, ecc…). Senza la frammentazione si favorisce lo sviluppo della capacità di concentrazione, la comprensione, l’acquisizione e la padronanza da parte del bambino dei contenuti proposti. Dopo le ore di “epoca”, nella seconda parte della giornata si alternano tutti gli altri insegnamenti, comprese alcune ore di esercitazione di Italiano e Matematica, che vanno ad integrare l’insegnamento ad epoche.

assenza di libri di testo. I bambini producono essi stessi i libri di studio, dedicandosi alla costruzione di quaderni dove, sotto la guida del maestro, confluiscono  in forma artistica i contenuti salienti di ogni materia.

ricchezza della proposta didattica. Nella scuola Waldorf viene proposta ai bambini una molteplicità di attività didattico-educative, per permettere uno sviluppo equilibrato di tutte le loro potenzialità: musica strumentale, canto, danza, recitazione, pittura, disegno, modellaggio, lavori manuali, artigianato, agricoltura, ecc… In tal modo l’abituale differenza che si crea nella scuola tra allievi intellettualmente dotati e meno dotati perde molta della sua importanza: ogni bambino, in qualche elemento della sua personalità, possiede delle doti ed è compito dell’insegnante scoprire e valorizzare qualità e capacità di ognuno.

. due lingue straniere. Sin dal primo anno di scuola primaria si inizia a far vivere ai bambini l’esperienza di due lingue straniere attraverso un approccio inizialmente solo orale, con canti, giochi, filastrocche e girotondi che avvicinano con naturalezza e gioia ai modi, alle espressioni, ai fonemi, che vengono assorbiti ed imitati come avviene con la lingua madre. Negli anni successivi vengono introdotte gradualmente la scrittura, la lettura e l’analisi della lingua;

la comunità-scuola. Nella pedagogia Waldorf viene data grande importanza allo sviluppo del senso comunitario, per esempio con le feste stagionali. Inoltre ci sono le “feste del mese”, dove tutte le classi della scuola, dalla prima all’ottava, propongono agli altri alunni della scuola, ai maestri ed ai genitori, rappresentazioni artistiche di vario genere, rendendoli partecipi del lavoro da ognuno svolto nelle lezioni. Questi incontri sviluppano un sano senso sociale e creano interesse per gli altri. I più piccoli, di fronte all’esibizione dei più grandi, sono pieni di ammirazione e sentonon che anche loro, un giorno, saranno in grado di fare altrettanto; i più grandi possono rivivere esperienze significative del loro passato;

valutazione. I genitori ricevono periodicamente dagli insegnanti una relazione che riguarda il comportamento ed i progressi del bambino in ogni ambito, inserendo non solo gli aspetti non solo prettamente legati al raggiungimento di obiettivi didattici. Al bambino invece viene consegnata una breve storia o una poesia che, con un linguaggio artistico, rispecchia il suo carattere, i talenti, le qualità, e fornisce una qualche chiave che in prospettiva può aiutarlo a progredire. Il documento di valutazione ufficiale, invece, è destinato solo ai genitori.

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Il curricolo nella scuola primaria Waldorf

(per farsi un’idea di quanto espresso nella premessa)

Classe prima: la fase di passaggio fra scuola d’infanzia e scuola primaria

Il bambino nel primo anno di scuola viene accompagnato nell’esperienza delle forme e dei suoni delle lettere dell’alfabeto e dei simboli numerici e nell’acquisire il giusto atteggiamento nei confronti della scuola, adeguandosi alle sane abitudini ed al ritmico lavoro della classe.

I maestri lavorano affinchè i bambini formino un gruppo coeso, che mostra interesse per gli altri e sa ascoltare.

Il primo biennio (classi seconda e terza)
I primi tre anni di scuola hanno un’impronta unitaria. Tutto ciò che è stato avviato in prima classe, viene portato avanti in modo che il bambino si trovi inserito con vivacità e naturalezza negli elementi plastico-pittorici e musicali-linguistici presenti nelle varie materie di insegnamento.

Il secondo biennio (classi quarta e quinta)
Il nono anno rappresenta una cesura importante e richiede da parte degli insegnanti e degli educatori la massima attenzione. E’ l’età in cui per il bambino si compie  il  vero distacco dall’ambiente, fino ad ora ha vissuto con naturalezza. La coscienza di sè aumenta. Questa fase richiede molto tatto e molta saggezza da parte dell’educatore, che deve cercare di salvaguardare i bambini dalle delusioni a cui a quest’età vanno facilmente incontro, soprattutto nei confronti degli adulti.

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Italiano scrittura

In PRIMA CLASSE la scrittura si sviluppa a partire dal disegno pittorico. Dapprima il bambino non ha un rapporto col disegno astratto dei caratteri grafici delle lettere (anche nella storia si può notare come l’umanità abbia sviluppato l’alfabeto da una scrittura ideografica).

Se si mette il bambino a contatto direttamente con la scrittura convenzionale, si provoca in lui un precoce invecchiamento.

La natura umana in divenire richiede che si progredisca dalla forma artistica a quella intellettuale, che l’attività della testa scaturisca dall’attività manuale, vale a dire dalla pittura e dal disegno, alla scrittura e alla lettura. Tramite racconti si caratterizzano da un lato i sentimenti che si esprimono nelle vocali (nella A la meraviglia, nella U la paura, …), dall’altro le consonanti come immagini degli oggetti del mondo esterno (M di monte, V da valle, S da serpente…).

Dal disegno di tali immagini viene poi ricavata la relativa lettera.

Se per esempio per scrivere la F facciamo imitare al bambino la forma di una falce, gli avremo dato una lettera in forma di immagine. Si procede con un ritmo di tre giorni: primo giorno racconto, secondo giorno disegno guidato, terzo giorno lettera.

La mano, scrivendo, deve eseguire qualcosa che l’occhio ha prima guardato con compiacimento, e l’occhio deve guidare la penna con amore. Allora la scrittura sarà bella e caratteristica. Vengono utilizzati quaderni bianchi e senza righe. Prima di impegnare il bambino nell’ortografia, si cura la sensibilità del bambino per la lingua e per le diverse lunghezze dei suoni attraverso il canto e la recitazione.

E’ estremamente importante che le discipline apparentemente più lontane, confluiscano l’una nell’altra in modo unitario.

In SECONDA CLASSE si passa allo stampato minuscolo ed al corsivo. Gradualmente il bambino deve imparare a riassumere ciò che gli è stato raccontato e poi a descrivere brevemente ciò che ha appreso.

Per la scrittura si fa ancora uso delle cerette e delle matite colorate. Si dedica particolare cura alla struttura ed articolazione del linguaggio. La sensibilità per i suoni brevi lunghi accentati deve arrivare ad una certa consapevolezza. L’ortografia si perfeziona soprattutto attraverso l’ascolto.

In TERZA CLASSE si cerca di ampliare la capacità di riferire per iscritto quando è stato visto o letto. L’ortografia viene esercitata attraverso l’articolazione del linguaggio, l’ascolto e il parlare.

In QUARTA CLASSE la capacità acquisita di riferire e riassumere per iscritto deve essere applicata nella composizione di lettere di ogni genere, anche commerciali.

In QUINTA CLASSE il bambino non deve più limitarsi a riferire liberamente ciò che ha sentito o letto, ma deve cominciare a servirsi del discorso diretto.

E’ importante che a quest’età si sviluppi la capacità di distinguere la propria opinione da quella altrui; il bambino deve essere in grado di riferire cose che lui stesso ha pensato, visto e udito o di riportare il parere di altri.

In tutto ciò che scrive ed espone deve imparare a tener conto di questa differenza, deve approfondire l’uso dei segni di interpunzione, delle virgolette, …

 

photo credit: http://www.torontowaldorfschool.com/

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Materiale narrativo

Il materiale narrativo per la PRIMA CLASSE verrà scelto tra le fiabe classiche con le loro immagini così vivide, stimolanti per le forze rappresentative e ricche di profondi misteri, o tratto da aspetti evidenti della realtà esteriore. Tutto acquista efficacia se è espresso con un linguaggio chiaro, distinto, pittoresco, colorito. Nella scelta delle poesie si tiene conto della melodia, della rima, del ritmo e della metrica.

In SECONDA CLASSE dalla fiaba si passa alla favola e alle leggende, soprattutto sulla vita e le imprese dei santi cristiani,  uomini alla ricerca della perfezione.

In TERZA CLASSE Nella scelta delle poesie oltre al ritmo ed alla melodia, si cerca la bellezza espressiva, Il racconto in questa classe viene attinto dalle storie dell’Antico Testamento, che rappresentano per la pedagogia steineriana l’inizio della storia culturale del mondo.

In QUARTA CLASSE il materiale di lettura  e narrativa viene attinto dalla mitologia nordica e germanica e dalle imprese degli eroi antichi.

In QUINTA CLASSE la lettura e la narrazione vertono sulla mitologia classica greca.

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Grammatica

In SECONDA CLASSE i primi elementi di Grammatica devono essere integrati in modo piacevole nel racconto, senza far mai mancare una certa nota umoristica.

Si inizia col verbo, che per il bambino è l’elemento più vivo. Se pensa un’azione, il bambino prova subito il desiderio di muoversi; se pensa al verbo “martellare” ad esempio, è portato a compiere il gesto con le braccia. L’aggettivo qualificativo lo lascia più indifferente: le qualità degli oggetti le sperimenta con il sentimento e non col fare (volontà).

I sostantivi poi sono ancora più estranei alla sua natura: freddi, astratti, oggetti del puro pensare. Così la grammatica viene sperimentata umanamente. Si introduce la costruzione della frase, in modo semplice ed evidente, tenendo presente che la grammatica a quest’età deve rappresentare una tacita presa di coscienza di un qualcosa che già è usato istintivamente.

Addentrandosi nelle leggi del linguaggio si tocca la grandezza dell’Io umano che evolve lentamente nella vita.

In TERZA CLASSE il bambino deve avere una visione dell’analisi grammaticale e della costruzione della frase, e imparare l’uso dei segni di interpunzione.

In QUARTA CLASSE deve venir spiegato con chiarezza il significato dei tempi dei verbi e delle coniugazioni e si deve fare in modo che i bambini imparino a sentire istintivamente il rapporto che lega la proposizione alla parola. La lezione di italiano tra i nove e i dieci anni deve soprattutto accentuare l’aspetto plastico e strutturale del linguaggio.

In QUINTA CLASSE il bambino deve imparare a sentire la differenza tra la forma attiva e la forma passiva del verbo.

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Lezioni di vita pratica (o scienze umane integrate)

in TERZA CLASSE con questi argomenti si cerca di  favorire un inserimento cosciente nella realtà circostante. Si può spiegare come avviene la preparazione della calce e il suo uso nelle costruzioni, la coltivazione dei campi, l’aratura e la semina, inoltre si fanno conoscere i vari cereali.

Si fa sentire che l’animale ha bisogno della pianta per nutrirsi, e che la pianta richiede l’apporto dell’animale per la concimazione e del minerale come nutrimento e sostegno.

Si suscita così la sensazione che tutto quanto esiste al mondo è legato da una connessione meravigliosa e si risveglia un senso di riconoscenza verso ciò che sta sopra l’uomo. Da questo aspetto di sentimento si torna però sempre al campo pratico, predisponendo attività pratiche di agricoltura.

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Lingue straniere

in PRIMA CLASSE si sperimenta la lingua parlata, attraverso esercizi di conversazione e servendosi di canzoni, filastrocche e poesie, per formare l’orecchio per il ritmo, la melodia ed il suono della lingua straniera.La grammatica non  viene studiata.

La tendenza all’imitazione, ancora molto marcata a quest’età, e la grande plasmabilità degli organi vocali che  hanno permesso al bambino l’apprendimento della lingua madre, non devono restare inattive e possono venire impiegate per un primo approccio con le lingue straniere.

Nel secondo biennio l’insegnamento prosegue in forma orale, mirando però sempre più alla conversazione, in particolare costruite sulle professioni dell’uomo e sull’ambito familiare. Si imparano inoltre i giorni della settimana, i mesi e le stagioni. In terza classe si introduce la scrittura delle lettere dell’alfabeto e dei primi vocaboli.

In QUARTA CLASSE si inizia la grammatica delle lingue straniere in rapporto al grado di coscienza raggiunto dai bambini. Dalla poesia, che nei primi tre anni era stata il tema quasi esclusivo delle lezioni di lingua, si passa alla prosa. La grammatica viene esercitata in modo induttivo, sevendosi di esempi liberamente scelti e facendo studiare a memoria non gli esempi, ma le regole. Si inizia la coniugazione del verbi. Si inizia anche a scrivere e a tradurre, non però letteralmente ma a senso.

In QUINTA CLASSE si prosegue con l’analisi grammaticale e si danno i primi elementi di sintassi.

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Latino e greco

in QUINTA CLASSE si avvia lo studio delle lingue antiche, allo scopo di rendere viva e sensibile la lingua e la cultura greca e latina.

Fino alla nona classe questa materia è obbligatoria e fondamentale per tutti i ragazzi. In quinta classe si tratta più che altro di una preparazione: i bambini sono introdotti alla lingua antica senza costrizione e senza uno studio sistematico della grammatica.

Devono sentire l’essenzialità del suono, ripetere ed imparare a memoria brevi testi. Prima di capire devono imparare a parlare, ed è sufficiente che sappiano il contenuto di ciò che dicono.

Possibilmente si trattano insieme il latino e il greco, si scelgono frasi brevi riguardanti l’ambiente, oppure motti e proverbi in prosa e in poesia, favolette e brani conosciuti dei Vangeli.

In seguito si introducono poesie assecondando il senso del ritmo che vive nel bambino. Non si usano libri di testo.

photo credit: http://fachbereich-bildungswissenschaft.de/zertifikatskurs-waldorfpaedagogik/

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Storia

in PRIMA e SECONDA CLASSE, attraverso racconti e fiabe, vengono messi in risalto i rapporti di successione tra i vari eventi. Vengono proposte esperienze collegate ai ritmi del mondo naturale e in particolare alle stagioni.

In TERZA CLASSE si comincerà lo studio vero e proprio della Storia, dai racconti dell’Antico Testamento (non dalla preistoria).

In QUARTA CLASSE l’apprendimento della storia dovrebbe sfociare dall’osservazione dell’ambiente circostante. Le caratteristiche del luogo vengono descritte nel loro sviluppo storico.

In QUINTA CLASSE viene data la prima vera visione storica, attraverso lo studio della storia e della cultura dei popoli orientali e dei greci.

Prima d’ora si era trattato più di singole storie, di biografie di personaggi importanti e così via. Adesso di cerca di rendere evidente e comprensibile l’essenza particolare delle singole epoche di cultura indivando sintomi storici caratteristici.

L’esposizione deve avere un’accentuazione artistico-immaginativa e rivolgersi sempre alla sensibilità del ragazzo. La storia, descrivendo le gesta e le sofferenze dell’uomo, tende nel bambino a farlo rivolgere verso il suo mondo interiore.

Geografia

in PRIMA CLASSE si portano al bambino conoscenze del proprio paese; questo ha il compito di risvegliare nel bambino ancora sognante l’interesse per l’ambiente con cui deve legarsi in maniera più cosciente. Il maestro deve presentare alla sua coscienza ed alla sua capacità di immaginazione cose già note, come piante animali pietre monti fiumi prati, non con descrizioni astratte, ma secondo un criterio in cui viva la fantasia morale. Cielo nuvole stelle fiori animali pietre e via dicendo, devono esprimere e far sentire vivacemente, come in un dialogo, la loro grandezza, la loro devozione, la dolcezza e la fierezza.
In TERZA CLASSE comincia lo studio della Geografia, partendo dall’ambiente più vicino per ampliare ed approfondire le conoscenze del territorio e delle attività umane come parte integrante dell’ambiente.
In QUARTA CLASSE la geografia scaturisce ancora dall’osservazione dell’ambiente circostante.
In QUINTA CLASSE la conoscenza del proprio paese diviene vera e propria geografia. Si tratta della configurazione del terreno e delle condizioni economiche delle zone più prossime. La geografia fa spaziare per il mondo e risveglia nei bambini  un senso di fraternità per tutte le regioni della terra.

 

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Scienze

nelle prime classi elementi noti quali animali, piante, pietre, vengono presentate ai bambini in forma artistico-immaginativa come preparazione ad un approccio scientifico.

In QUARTA CLASSE i regni della natura vengono osservati e studiati più oggettivamente. La scienza naturale può aver inizio allorchè il bambino ha acquisito di per sè maggiore oggettività. L’essere umano viene presentato per primo, in maniera elementare, ma allo stesso tempo artistica e riverente. Il regno animale viene descritto nel suo rapporto con l’uomo, osservando singoli animali e confrontando il loro organismo con quello umano. Il bambino dovrà sentire che la molteplicità delle forme animali è riunita nell’essere umano con ordine ed armonia.

In QUINTA CLASSE si parla di forme animali meno note. Dall’essere umano e dall’animale si passa alla pianta. La botanica viene svolta in rapporto alla vita della terra, considerata come un organismo vivente unitario. A quest’età il bambino sente fortemente il bisogno di cercare i rapporti di causalità.

E’ un’esigenza che può venire soddisfatta nel  modo migliore se potrà osservare le varie forme vegetali e studiare le loro trasformazioni a seconda delle condizioni del terreno, del clima,…

 

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Aritmetica

in PRIMA CLASSE si inizia con le quattro operazioni entro il venti per arrivare se possibile al cento seguendo un criterio artistico: passare dall’intero alle parti (nell’addizione si parte dalla somma, nella moltiplicazione dal prodotto,…). Nella vita infatti l’uomo, prima di notare i particolari, coglie l’intero.

Il modo in cui il bambino apprende il calcolo è formativo per si cervello e i primi elementi del calcolo influiscono sul futuro modo di pensare dell’adulto, che può diventare incline alla sintesi o tendere ad atomizzare. Vi è poi un aspetto morale nel fatto che il bambino cominci con la distribuzione, per esempio di mele, oppure che accumuli per sè quelle stesse mele.

Il movimento ritmico, la corsa, il salto, il battito delle mani faciliteranno la presa di contatto con il calcolo. Vengono utilizzati quaderni bianchi senza righe, per favorire l’organizzazione spaziale, e viene praticato intensivamente il calcolo orale.

In SECONDA CLASSE le quattro operazioni vengono estese a numeri più elevati e si insiste molto sul calcolo orale. Non si tema di far lavorare la memoria, perchè il calcolo è fondamentale per la sua sana formazione. Quando il bambino ha quasi completato la seconda dentizione, gli si fanno studiare a memoria le tabelline, aiutandolo con movimenti ritmici, battito delle mani, salti,…

Nel periodo che va dalla seconda dentizione alla pubertà la memoria si sviluppa e si rafforza ed è giusto che venga debitamente curata e formata.

In TERZA CLASSE le quattro operazioni vengono esercitate sulla base di numeri più complessi e applicate ai piccoli casi della vita pratica.

In QUARTA CLASSE si passa allo studio delle frazioni ordinarie e decimali.

In QUINTA CLASSE si prosegue con le frazioni e con le frazioni decimali. Il calcolo comprenderà tutti i numeri  interi e decimali.

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Geometria

dal disegno di forme, che è stato coltivato fin dall’inizio della scuola, emerge in QUINTA CLASSE la geometria.

Le forme che finora sono state disegnate in modo artistico, come il triangolo, il quadrato, il cerchio,… devono venir comprese secondo concetti geometrici.

 

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Pittura

pittura e disegno introducono il bambino nel mondo delle forze plastico-formative. Il senso del colore si sviluppa sperimentando il colore puro nei suoi accordi e contrasti e considerando la forma come opera del colore stesso (approccio goetheanistico). All’inizio le linee vengono sperimentate come incontro di superfici di colore.

Nei primi anni i bambini hanno imitato per lo più ciò che il maestro proponeva o mostrava loro.

A partire dalla QUARTA CLASSE lavorano servendosi della loro fantasia creativa. Usando il colore fluido il loro senso del colore si è destato ed ora possono usarlo come mezzo espressivo.

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Disegno di forme

in PRIMA CLASSE il disegno evolve da un lato dalla pittura, dall’altro dall’esperienza stessa del movimento. La linea retta e la linea curva vengono sperimentate camminando o tracciandone plasticamente la forma nell’aria. Deve essere coltivato un senso interiore della forma.

Se il bambino percorre dei cerchi, delle ellissi, delle lemniscate seguendo la curva che si forma, quando poi disegna queste linee sente vivere un altro se stesso nelle linee che traccia, ed impara a comprendere il linguaggio delle forme. La copiatura degli oggetti viene inizialmente evitata.

In QUARTA CLASSE, dopo aver sperimentato negli anni precedenti le forme pure ed aver acquisito il senso della forma curva, semicurva, acuta, ellittica, retta,… arriva il momento di far ritrovare loro tutte queste forme negli oggetti esteriori, di farli copiare dal vero.

 

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Modellaggio

attraverso il modellaggio della cera vergine d’api viene curata ulteriormente l’abilità plastica del bambino. In QUARTA CLASSE comincia la copia dal vero.

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Lavoro Manuale

in PRIMA CLASSE i bambini di entrambi i sessi imparano a lavorare a maglia con i due ferri e ad eseguire semplici lavori di cucito, ricamo e tessitura a telaio. Il lavoro a maglia da un lato favorisce la consapevolezza e l’abilità manuale, dall’altro è un’attività che risveglia e stimola le disposizioni spirituali del bambino. Per suscitare il senso del colore e della forma, si fanno eseguire alla lavagna diversi esercizi coi gessetti colorati.

In SECONDA CLASSE si proseguono i lavori iniziati in prima, poi si passa all’uncinetto. Nella seconda parte della lezione di fanno eseguire oggetti dove i bambini possono manifestare liberamente il loro gusto sia nella preparazione del disegno, che nel ricamo e nella decorazione.

In TERZA CLASSE sia i maschi che le femmine eseguono all’uncinetto lavori più impegnativi come berretti e simili, oltre a confezionare lavoretti collaterali come in seconda.

In QUARTA CLASSE i bambini imparano a cucire con precisione e  a conoscere i vari punti eseguendo, per esempio, una borsa da lavoro ricamata in modo da permettere l’esplicarsi delle qualità artistiche oltre che tecniche. La decorazione dell’oggetto dovrà infatti essere in accordo col suo uso.

In QUINTA CLASSE si confezionano calze e guanti in maglia, animali di stoffa e bambole di ogni tipo.

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Musica

in PRIMA CLASSE per prima cosa i bambini devono avvicinarsi all’esperienza della quinta (scala pentatonica). Si esercita l’orecchio mediante semplici melodie e ritmi, coltivando il sentimento per ciò che è bello e per ciò che non lo è.

Alternando l’ascolto attivo all’interpretazione canora e strumentale, il bambino riesce ad apprendere i brani musicali proposti.

Si cantano canzoncine comprese nelle cinque note e tutti i bambini in gruppo suonano il flauto dolce. Alcuni potranno poi passare al violino e si potranno aggiungere anche gli strumenti a percussione. Grande importanza viene data al canto con accompagnamento di strumenti.

In SECONDA CLASSE alle canzoni comprese nell’intervallo di quinta si aggiugono quelle comprese nell’ottava.

In TERZA CLASSE si inizia la scrittura delle note nella tonalità di do maggiore. Il canto acquista maggiore espansione.

In QUARTA CLASSE si fa sperimentare l’intervallo di terza maggiore e minore. Negli anni precedenti la musica era servita per il canto e per coltivare l’orecchio, ora va elaborata in modo che il bambino impari ad assecondare le esigenze della musica come arte.

Si cerca di far comprendere semplici concetti teorici mediante esercizi di ritmo, melodia ed armonia. Si fanno conoscere attraverso l’ascolto pezzi musicali di pregio particolare. Si prosegue con la lettura delle note e si fanno eseguire canti a due voci e canoni.

In QUINTA CLASSE vengono insegnate le tonalità. Si eseguono canti a due e tre voci e canoni.

photo credit: http://www.cambridge-steiner-school.co.uk/our_community/gallery.html

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Euritmia

l’euritmia è una nuova arte nata nel 1912 dalle indicazioni di Rudolf Steiner. Si può definire poesia e canto resi visibili attraverso il gesto ed il movimento corporeo. Si basa sulla recitazione e sulla musica.

Quando pronunciamo un suono, dentro di noi si crea una sorta di atteggiamento volitivo ed è questo che viene tradotto e reso visibile mediante il movimento euritmico.

Ogni vocale e consonante ha il suo specifico gesto. Anche nel canto si estrinsecano quegli atteggiamenti interiori in corrispondenza delle singole note ed intervalli che a loro volta vengono rappresentati con i movimenti del corpo.

Quando ci di immedesima nella poesia e nella musica e si cerca di seguirne le leggi col movimento, si svolge un’attività che coinvolge l’essere nella sua interezza.

In PRIMA CLASSE il bambino percorre delle forme geometriche o libere seguendo i motivi musicali. Si iniziano i movimenti euritmici relativi alle vocali ed alle consonanti attraverso l’imitazione e servendosi di poesie, filastrocche o brevi fiabe nelle quali sia presente l’elemento ritmico, che si evidenzia alternando passi lunghi e brevi  e si cerca di sviluppare la capacità di ascolto facendo battere il tempo con le mani e con il passo secondo la metrica.

In SECONDA CLASSE si eseguono esercizi del tipo “io-tu” o “noi ci cerchiamo” che hanno la funzione di armonizzare i temperamenti, coltivare l’intelligenza, la vivacità dell’animo, ed un sano senso sociale. Nell’eseguire queste forme ogni bambino deve conoscere esattamente il cammino che deve percorrere e al tempo stesso muoversi in gruppo con gli altri.

In TERZA CLASSE i movimenti corrispondenti ai suoni sono divenuti così sicuri da permettere la rappresentazione di parole e di frasi.

L’euritmia, per il fatto che ogni suono viene espresso con il movimento di tutto il corpo, rappresenta un mezzo efficace per correggere la trascuratezza nello scrivere. Per favorire un rapporto più consapevole con quanto li circonda, rapporto che si risveglia intorno ai nove-dieci anni, si esercita il passo, che li fa sentire saldamente posati a terra.

In QUARTA CLASSE si inizia la rappresentazione degli elementi grammaticali attraverso forme spaziali (verbi e sostantivi).

In QUINTA CLASSE si favorisce il controllo degli arti mediante esercizi con le verghe e l’accentuazione del passo.

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Ginnastica

l’insegnamento della ginnastica inizia in TERZA CLASSE, intesa come proseguimento dell’euritmia. La ginnastica si può definire linguaggio visibile, cioè manifestazione visibile del processo respiratorio che vive in ciò che si esplica quando la respirazione influisce sul sistema sanguigno.

Nel movimento ginnico si ha una irrorazione della muscolatura da parte del sangue con il conseguente irrobustimento e l’acquisto di elasticità di tutto il sistema muscolare.

Eseguendo la ginnastica si sperimentano la statica  e la dinamica, si acquista il senso dello spazio dominato da forze. La volontà si manifesta in modo diretto, mentre nei movimenti euritmici abbiamo piuttosto l’espressione volitiva del sentimento e della vita dell’anima.

Fino ai dieci anni la base fisiologica della ginnastica va vista soprattutto nell’attività del sangue e dei muscoli, e solo dopo i dodici ani si dovrà tenere conto maggiormente della base organica e meccanica del sistema osseo.

La caratteristica degli esercizi adatti ai bambini di terza, quarta e quinta classe sarà dunque la vivacità: si dovrà rcreare un rapporto emotivo e fantasioso tra il bambino e l’esercizio da eseguire.

In QUARTA CLASSE nella ginnastica con attrezzi sono particolarmente indicati la spalliera, la corda, la scala a corda, gli anelli, il cavallo e il salto. Nella ginnastica a corpo libero si prediligono i giochi in cerchio.

In quinta classe cominciano i movimenti indipendenti, fuori dal cerchio, su parole scandite ritmicamente.

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Collegio insegnanti: il colloquio pedagogico

Il modello tradizionale del colloquio pedagogico qui presentato è nato nei Camphill ed è stato creato da un team di medici. Questo modello invece è stato messo a punto da insegnanti.

Il medico agisce attraverso medicamenti, il pegagogo e il terapista agiscono attraverso l’autoeducazione, devono in un certo senso diventare loro stessi medicamento. Il medico si chiede: “Che cosa posso fare per in bambino?”, il maestro si chiede: “Cosa posso fare per me, per aiutare il bambino?”.

Il colloquio termina nel momento in cui ogni partecipante ha trovato un’immagine interiore del bambino (non una terapia); un’immagine archetipica, e questo archetipo ha la caratteristica di essere creativo e vuole manifestarsi.  Dalla creazione di questa immagine archetipica ogni partecipante troverà la sua azione terapeutica per il bambino.

Il colloquio pedagogico si differenzia per età; questo modello si può adottare con bambini in età scolare. L’immagine è quella del labirinto, come cammino di conoscenza, e quindi come percorso figurato del colloquio pedagogico.

Esterno (davanti al labirinto)

Immagine esteriore, descrizione del corpo fisico
. atteggiamento del bambino, postura
. movimento: mimica, sguardo, gestualità, controllo del movimento, forza
. figura del movimento: si muove nell’aria, nell’acqua, nella terra
. come manifesta il rifiuto, la dedizione (ridere, piangere)
. come avviene il contatto col mondo esterno
. come si sente nel proprio corpo (senso della vita)
. destrezza
. pesantezza/leggerezza
Linguaggio
. tono
. volume
. articolazione
. espressione
. respiro
Alimentazione
. comportamento prima e dopo il pasto
. sue sensazioni rispetto a gusto, odorato, vista, calore

Elemento animico
(dentro il labirinto, tra le strade, a volte vicino a volte lontano, perchè non c’è una visione oggettiva, si entra nel soggettivo e ogni maestro del Collegio ha un soggettivo diverso)

Comportamento
. attenzione nell’ascoltare, nel capire, nel parlare, incontro con l’io altrui
. pensare: orientamento spazio-temporale, orientamento dei pensieri, saper fare sintesi, memoria, fantasia, intelligenza, intelligenza pratica, capacità di rappresentazione
. sentire: sentire e adattarsi alla realtà, affettività intesa come tono dell’umore o fondamento base del sentimento, entusiasmo, aspetti sociali ( autostima, comportamento sociale, reazione allo stress, paure)
. volontà: istinto, brame, desideri, motivazione (quattro aspetti della volontà); determinazione (portare avanti l’iniziativa), costanza, volontà di apprendere e di vivere.

Insegnante

(è il punto in cui si deve essere arrivati al centro, stare al centro del labirinto col bambino, vedere coi suoi occhi, sentire con la sua anima

. come deve essere il maestro perchè il bambino si possa sentire capito
. come incoraggiare le sue potenzialità
. qual è l’ambiente adatto al  bambino
. quali regole lo fanno star bene
. qual è il quadro più adatto per la sua stanza
. che ruolo proporgli nelle recite e perchè.

Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare

Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare. Il modo migliore per iniziare a lavorare col metodo Montessori non richiede alcun investimento in materiali di apprendimento.

Semplicemente uscite di casa col vostro bambino e fate con lui una bella passeggiata nella natura. Lasciate che sia il bambino stesso a guidarvi nel processo di esplorazione, fermandovi ogni volta che vede qualcosa di interessante.

Invece di incoraggiarlo a continuare a camminare, seguite il suo esempio e fermatevi con lui ad esaminare qualunque cosa catturi la sua attenzione.

Osservate il vostro bambino, il suo modo di interessarsi alle cose e di interagire con esse. Aggiungete pure le vostre osservazioni personali e le vostre domande alle sue, se ne avete, ma sempre senza che queste scavalchino per importanza il processo di esplorazione del bambino.

Tornati a casa, si può iniziare a lavorare rielaborando in chiave artistica, scientifica, ecc… l’esperienza appena vissuta. Si possono catalogare e classificare campioni raccolti, fare ricerche, scrivere o disegnare un resoconto, contare, misurare, e tutto quello che può nascere dal vostro interesse.

Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare

Poniamo invece il caso di essere alle prime esperienze nell’uso dei materiali montessoriani di apprendimento. I punti chiave che possiamo individuare per l’utilizzo di qualsiasi materiale possono essere riassunti così:

1. Vi capiterà spesso di leggere a introduzione delle lezioni per presentare i materiali montessoriani “invitare il bambino a unirsi a voi nell’esercizio”. Questa indicazione  significa letteralmente  chiedere al vostro bambino se gli piacerebbe fare quel dato esercizio con voi.

A scuola gli insegnanti, per incoraggiare i bambini ad intraprendere una data attività, utilizzano queste semplici regole:

a. saper aspettare fino a quando il bambino stesso chieda che gli venga mostrato un particolare materiale;

b. iniziare una lezione di gruppo e renderla aperta, di modo che ogni altro bambino che lo desideri possa unirsi ad essa;

c. permettere e anzi incoraggiare ogni  bambino ad osservare in silenzio la lezione individuale che viene sviluppata dall’insegnante con un altro bambino;

d. disporre il materiale sugli scaffali in  modo attraente, ordinato e pulito, in modo tale che i bambini siano stimolati a chiederlo.

Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare

2. Il gioco libero è importantissimo e va previsto per almeno tre volte al giorno, ma in uno spazio diverso da quello dedicato al materiale di apprendimento.

Se andare all’aperto non è possibile, è importantissimo capire come riorganizzare l’arredamento e l’organizzazione degli spazi interni (casa o scuola) per creare una speciale area giochi al coperto.

3. Per quanto riguarda l’organizzazione del tempo, pur non potendo parlare di “programma di insegnamento” in senso stretto, si consiglia un periodo di lavoro ai materiali di 90 minuti al mattino, e un secondo periodo di uguale durata nella seconda parte della giornata, anche al pomeriggio, per il primo ciclo;

4.  Rispetto alla programmazione delle materie di insegnamento, non preoccupatevi della grande varietà di proposte previste dal curriculum Montessori concentrate in periodi di tempo apparentemente così brevi e apparentemente così poco organizzate, in quanto discriminate dalla libera decisione del bambino. Nella realtà molte scuole, anche Montessori, hanno adottato un “orario scolastico  giornaliero e settimanale” per scandire le lezioni, ma non perchè è un bisogno dei bambini, quanto perchè è un bisogno dei loro genitori vedere che i loro figli a scuola “fanno qualcosa”.

In realtà l’unica programmazione che ha senso comprende un periodo di tempo più ampio della giornata o della settimana: diciamo almeno mensile e trimestrale. Il vostro obiettivo dovrebbe essere dunque saper pianificare lo studio di tutte le materie previste nel medio periodo, mantenendo questa visione d’insieme nello svolgimento della pratica quotidiana.

Se un bambino ad esempio si dedica con passione agli esperimenti di scienza oppure all’arte per un mese intero, non c’è necessità di costringerlo a mettere da parte le pitture e i microscopi e tirare fuori i materiali di apprendimento per la matematica, solo per il gusto di rispettare un programma regolare.

Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare

Vi capiterà altrettanto spesso di leggere a introduzione delle lezioni per presentare i materiali montessoriani:

1.  “il bambino  porta il tappeto al pavimento e lo srotola” : si tratta di una sequenza che descrive un’unica importantissima azione, e che rappresenta per il bambino stesso il suo creare autonomamente all’interno della casa o della scuola uno spazio delimitato di lavoro, tutto suo, diverso da ogni altro spazio che ne sta al di fuori, e nel quale egli si concentra.  E’ il processo che lo porta, fin da molto piccolo, all’interno del suo stesso processo di apprendimento. E’ quindi molto importante, appunto, chi il bambino impari a portare e srotolare il tappeto sul pavimento in modo autonomo e competente, con concentrazione.

2. “sedersi accanto al bambino, al suo lato non dominante”, non a caso dunque. Non di fronte, perchè vedrebbe ogni immagine a specchio, e dalla parte non dominante del bambino perchè è importante che dalla parte dominante egli abbia la massima libertà di movimento possibile.

3. “presa a tre dita con medio indice e pollice” , è quello che troverete indicato tutte le volte che si tratta di prendere oggetti di piccole dimensioni nella presentazione dei materiali, perché appunto osservando le manine dei bambini piccoli vedrete che loro fanno così spontaneamente, mentre noi adulti, avendo dita più grandi, usiamo spontaneamente due dita soltanto (indice e pollice). Naturalmente  è un’indicazione riservata agli adulti che presentano il materiale, mentre non c’è alcun bisogno di correggere il bambino se lo fa in modo diverso.

La psicomotricità

[wpmoneyclick id=88443 /]La psicomotricità è una scienza che studia l’attività motoria dal punto di vista psicologico. Obiettivo della psicomotricità è approfondire, esaminare e teorizzare l’interazione tra il corpo, inteso dal punto di vista di movimento biologico e l’atto psichico che da individuale diventa sociale.

Il termine “psicomotorio” fu usato per la prima volta intorno al 1870, per indicare le regioni della corteccia cerebrale vicine alle aree propriamente definite motorie, dove si ipotizzava avvenisse l’unione tra movimento e immagine mentale.

In Francia, dove ha preso il via l’applicazione di questo concetto nei primi anni del ‘900, si è provato che aspetti corporei legati al movimento possono colmare e risolvere determinati blocchi cognitivi o relazionali, connessi magari a handicap particolari.

Da questo punto ha preso il via un nuovo modo di concepire il corpo e i suoi movimenti: da una ginnastica “militare” eseguita solo per far irrobustire il corpo, si è passati a una ginnastica che potremmo definire “ armonica”, in grado cioè di tenere conto dei bisogni sia fisici sia anche alle necessità mentali e interiori.

Nella Psicomotricità si trova la confluenza armonica, la sintesi equilibrata di diverse discipline (psichiatria, psicoanalisi, sociologia, pedagogia, etologia, arti teatrali..) tale da permettere una nuova lettura, unificata e globale della persona, nel suo essere e nel suo agire.

La Psicomotricità è l’interdipendenza e la reciprocità costante, all’interno della relazione individuo-ambiente, fra motricità, intelligenza e vita emotivo-affettiva alla cui base sta primariamente il corpo.

La Psicomotricità è centrata sul corpo, sul movimento in quanto esso esprime se stesso ma nel contempo esprime le emozioni e precede e traduce l’intelligenza.

Psicomotricità, ancora, è l’acquisizione della presa di coscienza da parte del bambino delle proprie sensazioni, del proprio movimento, delle varie funzioni psicomotorie come dei comportamenti ed emozioni corrispondenti cosicchè il bambino possa controllare il tutto in quanto attore delle proprie azioni e delle proprie difficoltà senza subirle.

Ciò che è essenziale per la psicomotricità è la costituzione dell’atto psicomotorio, che possiamo definire come la sintesi di più livelli di espressione dell’azione:

• desiderio di agire, che deve essere proprio del bambino
• possibilità di agire, che fa riferimento tanto all’aspetto strumentale e funzionale quanto alla possibilità di agire, permessa e riconosciuta dall’altro
• saper fare, che è dato dalle proprie capacità cognitive e dagli apprendimenti
• voler fare come espressione dell’Io, dell’autonomia, dell’integrazione delle regole
sociali, e ciò permette, attraverso l’esercizio, l’acquisizione di competenze e capacità tali da potersi adattare alla realtà.

L’obiettivo della Psicomotricità è favorire in un bambino l’integrazione e l’armonizzazione di questi differenti aspetti.

La Psicomotricità parte dal presupposto che favorire un reinvestimento del corpo e migliori realizzazioni motorie determina sicuramente una maggiore attenzione, una migliore espressione delle emozioni, una migliore organizzazione del pensiero e delle relazioni interpersonali.

L’attività psicomotoria è un’occasione all’interno della relazione psicomotricista-bambino per ripercorrere lo sviluppo psicomotorio integrando aspetti organizzanti e meno organizzanti a qualsiasi livello e funzione essi si esprimano, al fine di “agire sull’origine neuro-motoria o psichica delle difficoltà” ricostruendo le tappe in modo simbolico o reale.

In questa evoluzione lo psicomotricista deve saper considerare i ritmi del bambino secondo una progressione ben definita:

• fare
• fare facilmente
• fare bene
• fare meglio.

Una motricità libera e nello stesso tempo controllata è espressione di un pensiero libero, creativo e ben partecipato emozionalmente.

E infine la Psicomotricità sviluppa la volontà o perlomeno ne facilita l’esercizio mediante un controllo preciso dell’impulso e della inibizione. Ciò, così, rende più agevole e dunque più piacevole il passaggio all’atto; rende possibile la ripetizione di atti semplici, complessi, alternativi e simultanei.

LA PSICOMOTRICITÀ

Origini L’educazione psicomotoria nasce nei primi anni del novecento come terapia per il trattamento di problemi ” mentali” attraverso l’uso del corpo.

Nasce quindi nei centri di neuropsichiatria infantile, ma da quelli presto fuoriesce per diventare strumento di stimolo e crescita per tutti i bambini.

Laddove prima lo scopo era rieducativo adesso diventa educativo, teso a sostenere e stimolare il bambino in quel lavoro che porta dal fantastico al reale, dall’affettivo al razionale, dall’egocentrismo alla socializzazione in un’ottica non di contrapposizione ostile, ma di differenziazione che permette quindi il riconoscimento e di conseguenza la possibilità di “uso”.

L’educazione psicomotoria nella scuola dell’infanzia deve essere innanzitutto un’esperienza di piacere, non indotta quindi attraverso un atteggiamento autoritario o affettivamente ricattatorio, ma attraverso la proposta e l’ascolto, l’osservazione di ciò che accade, non come asettico “scienziato”, ma come parte attiva della situazione e del gruppo che comprende quindi ora non solo i bambini , ma anche l’insegnante, che calibra e valuta , e varia le sue proposte/risposte in base alle proposte/risposte dei bambini.

In secondo luogo deve trattarsi di un’esperienza attiva di confronto con l’ambiente.

Non si tratta quindi di dare del materiale ai bambini, immaginiamo corde, e di chiedergli di fare, per esempio, dei cerchi che più tardi gli chiederemo di nominare e quindi di disegnare, quanto piuttosto di proporre le nostre immaginarie corde ai bambini che attraverso un gioco libero arriveranno a fare delle scoperte, tra le quali probabilmente anche la possibilità di formare con queste un cerchio, che non è necessariamente cerchio, ma magari è casa, e noi saremo pronti a cogliere ciò che sta accadendo per parlare prima di casa e quindi di cerchio (passaggio dall’affettivo al razionale), per fare giochi dentro le case dove si dorme, si cucina e altro, e fuori dalle case per andare al mercato, e poi, perché no, disegnare la nostra bella casa o la strada che da questa ci ha portati al mercato.”In questo stadio l’attività motoria, in relazione con l’adulto o con altri fanciulli, traduce l’espressione di un bisogno fondamentale di movimento, d’investigazione e di espressione che deve essere soddisfatto. Questa esperienza espressiva del corpo vissuto, carica di tutto un contenuto emozionale, si organizza ad un livello di comportamento sensorio-motorio globale favorevole all’emergenza della funzione di aggiustamento.”

Naturalmente l’insegnante non diventa una sorta di vaso vuoto che i bambini riempiono come meglio credono, lasciati a una libertà che non può fare altro che renderli insicuri, è giusto e necessario invece che l’insegnante abbia dei programmi di proposta a breve e lungo termine, che partono da osservazioni per tendere verso degli obiettivi, ma questi programmi non devono diventare una gabbia per sè e per i bambini, devono essere al contrario il reticolato che ci sorregge ma che muta la sua forma nello spazio a seconda che ci si poggi da una parte , dall’altra, in tanti, in pochi, se c’è vento , se piove o c’è il sole.

Per potersi porre in questa situazione di ascolto e reattività è necessario che l’educatore abbia un bagaglio di informazioni e di possibilità alle quali attingere, più ampio è il bagaglio, più sono i colori che ci portiamo appresso più variopinto è il quadro che potremo dipingere.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Il rito del compleanno nella scuola Montessori con il cerchio dell’anno

Il rito del compleanno nella scuola Montessori con il cerchio dell’anno. I presupposti di base per questo rituale rendono necessaria una collaborazione assolutamente affidabile tra scuola e genitori i quali, insieme al loro bambino, preparano un libro del compleanno.
Dentro vi è incollata una fotografia per ogni anno di vita.
Oltre alla fotografia si aggiungono aneddoti o avvenimenti particolari, concernenti il bambino.

Nel giorno del suo compleanno viene preparato per il bambino il cerchio dell’anno, composto da 12 spicchi con il nome dei mesi.

Nel centro del cerchio c’è un sole.

photo credit: http://montessoribabyzuyan.blogspot.com/

Sul lato esterno dello spicchio del mese in cui il bambino è nato, si mette un piccolo mappamondo.

Vicino al sole viene posta al centro una grossa candela, simbolo della luce della vita.
Sullo spicchio del mese in cui il bambino è nato si dispongono tante piccole candele quanti sono gli anni che compie.
Intorno al sole c’è anche lo spazio per i regali e per una torta di compleanno.

Tutti i bambini del gruppo, con i maestri ed i genitori, siedono attorno al cerchio.
Il festeggiato accende la candela grande a simboleggiare che è venuto alla luce.

Ora prende il mappamondo con due mani e cammina, cominciando dal mese in cui è nato, girando tutto intorno.

photo credit http://www.whattherestimefor.com/

Facendolo racconta gli avvenimenti più importanti del suo primo anno di vita (se il bambino è piccolo, un adulto racconta al suo posto, naturalmente).

Una volta ritornato al mese in cui è nato, il bambino accende la prima candelina, perchè ha compiuto un anno.
Si celebrano allo stesso modo tutti gli altri anni, uno dopo l’altro.
 

via http://www.montessoriprintshop.com/

Infine, tutti fanno gli auguri al festeggiato, cantano una canzone e fanno festa insieme a lui.



 

 

 




Il libro del suo compleanno può essere messo nell’angolo dei libri, per quel giorno, e venir sfogliato dagli altri bambini del gruppo, da soli o con il festeggiato.

 photo credit http://www.rollinghillsmontessori.com/

I bambini imparano in questo modo qualcosa di estremamente importante: la vita di ogni singola persona è interessante per tutti gli altri e ciascuno è parte di un tutto.

L’adulto fornisce il suo contributo personale, dedicando il tempo necessario, con tutto il cuore e con profonda convinzione.

E’ questo un modo per accompagnare il bambino lungo la strada per trovare se stesso.


 

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Disclaimer: “Per redigere questa mia presentazione ho utilizzato i miei album e appunti personali e consultato vari album di altri autori e articoli nel web. Per leggere online o acquistare le copie legali di tali opere consultate segui i link:
– Practical life album di Infomontessori.com
– Practical life album di montessoriteacherscollective (Moteaco)
– Practical life album di Montessorialbum.com
– Introduction to the exercises of practical life di montessoricommons
– Come liberare il potenziale del vostro bambino di Daniela Valente
– Teaching Montessori in the home di Elizabeth G. Hainstock
– The joyfull child di Susan Mayclin Stephenson (part two, age 1-3)
MANUAL 2: MONTESSORI EXERCISES OF PRACTICAL LIFE di Montitute.com
PRACTICAL LIFE teacher manual di khtmontessori
MONTESSORI PRACTICAL LIFE MANUAL di montessoritraining.net
PRACTICAL LIFE MANUAL EARLY CHILDHOOD.PDC di themontessoriparent.com, che ha suggerito l’aggiunta di questo disclaimer in accordo con la sua politica di copyright.
Ho inoltre consultato i testi di riferimento di Maria Montessori per le attività di vita pratica:
Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini
La scoperta del bambino.
Per una bibliografia completa delle opere di Maria Montessori vai qui.

 

Metodo Montessori: metodologia di insegnamento, dal capitolo IV – Il metodo Montessori

Metodo Montessori: metodologia di insegnamento, dal capitolo IV – Il metodo Montessori. Considerato il fatto che, grazie al clima di libertà nel quale sono immersi a scuola, i bambini possono manifestare le loro tendenze naturali, e che a tal fine abbiamo preparato l’ambiente ed i materiali (gli oggetti con cui il bambino lavora), l’insegnante non deve limitare la sua azione all’osservazione, ma deve continuare a sperimentare.

In questo metodo la lezione corrisponde ad un esperimento continuo.

Nei primi giorni di scuola l’insegnante non può dare lezioni collettive. Tali lezioni saranno comunque sempre molto rare anche in seguito, dal momento che i bambini non sono liberi nel loro apprendere se hanno l’obbligo di rimanere al loro posto tranquilli e pronti ad ascoltare l’insegnante, e di vedere cosa sta facendo. Le lezioni collettive sono di importanza molto secondaria, e sono state quasi del tutto abolite nelle scuole Montessori.

CARATTERISTICHE DELLE LEZIONI INDIVIDUALI: Concisione, semplicità ed oggettività.

La lezione, quindi, è individuale, e la brevità deve essere una delle sue principali caratteristiche.  Più saremo stati capaci di eliminare da essa tutte le parole inutili, più perfetta sarà la lezione. E nel preparare le lezioni l’insegnante deve prestare particolare attenzione a questo punto, e contare e pesare il valore delle parole che sta per utilizzare col bambino.

Un’altra qualità caratteristica della lezione è la sua semplicità. Essa deve essere spogliata di tutto ciò che non è verità assoluta: le parole dovrebbero essere attentamente scelte ed essere le più semplici che è possibile trovare, e naturalmente devono fare riferimento alla verità.

La terza qualità della lezione è la sua oggettività. La lezione deve essere presentata in modo tale che la personalità dell’insegnante deve scomparire. Deve rimanere in piena evidenza solo l’oggetto a cui si vuole richiamare l’attenzione del bambino. Questa lezione, breve e semplice, deve essere considerata dall’insegnante come una spiegazione dell’oggetto e dell’uso che il bambino può fare di esso.

Durante la lezione,  la guida fondamentale deve essere il metodo di osservazione, metodo che include la piena comprensione della libertà del bambino. L’insegnante deve osservare se il bambino si interessa all’oggetto, come è questo interesse, per quanto tempo si protrae, ecc.., anche notando l’espressione del suo viso.

Ma deve sempre fare molta attenzione a non offendere il principio di libertà.

Infatti, se si porta il bambino a compiere uno sforzo innaturale, tale situazione impedirà l’osservazione scientifica dell’attività spontanea del bambino.

Se dunque la lezione, per quanto preparata secondo le regole di   semplicità, brevità e verità non è compresa dal bambino, cioè non è da lui accettata come una spiegazione dell’oggetto, il maestro dovrà:

– in primo luogo,  non insistere ripetendo la lezione;

– in secondo luogo, non fare sentire il bambino come se avesse commesso un errore, o come se non fosse capace di comprendere, perché così facendo lo spingerebbe a fare uno sforzo per capire, e quindi a modificare quello stato naturale che dovrebbe essere l’oggetto dell’osservazione psicologica del maestro.

Un piccolo esempio può illustrare meglio questo punto

Supponiamo che l’insegnante voglia insegnare ad un bambino i due colori rosso e blu, e che quindi voglia attirare l’attenzione del bambino verso tale oggetto. Dice, dunque: -Guarda questo-. Poi, mostrandogli il rosso: -Questo è il rosso.-, alzando leggermente il tono di voce e pronunciando la parola “rosso” lentamente e chiaramente. Poi mostrerà il secondo colore dicendo: -Questo è il blu-. Infine, per assicurarsi che il bambino abbia capito, gli dice: -Dammi il rosso…- , -Dammi il blu…-. Supponiamo che il bambino in questa ultima fase della lezione faccia un errore. L’insegnante non ripete e non insiste, sorride, dà al bambino una carezza amichevole e porta via i colori.

Gli insegnanti di solito sono molto sorpresi da tanta semplicità. Spesso dicono: “Ma tutti sanno fare una lezione così!”  E in  effetti è un po come l’uovo di Colombo… ma la verità è che non è affatto vero che tutti sanno come fare le cose in modo semplice, che tutti siano in grado di creare una lezione con tanta semplicità.

Misurare la propria attività, rendere il proprio insegnamento conforme ai principi di chiarezza, brevità e verità, è nella pratica una questione molto difficile.

Spesso, senza renderci conto, investiamo i bambini con parole inutili e addirittura false. Poniamo l’esempio di un insegnante che sceglie di utilizzare il metodo della lezione collettiva, e che inizia la sua lezione in questo modo per presentare i colori rosso e blu: -Bambini, riuscite a indovinare quello che ho in mano?-. Questo insegnante naturalmente sa bene che i bambini non possono indovinare, e quindi attira la loro attenzione per mezzo di una menzogna. Poi dice: -Guardare il cielo… Guardate il mio grembiule… Sapete di che colore è? Non vi sembra dello stesso colore del cielo? Molto bene allora, guardare questo colore che ho in mano. E’ dello stesso colore del cielo e del mio grembiule. E’ blu. Ora guardatevi intorno e vedete se è possibile trovare qualcosa di blu anche nella nostra stanza…  E sapete di che colore sono le ciliegie?  E la brace nel camino?-. Ecc…

Ora, nella mente del bambino, dopo aver fatto lo sforzo inutile di cercare di indovinare l’oggetto nelle mani dell’insegnante, dopo che intorno a tale oggetto è ruotata una confusione di idee varie (il cielo, il grembiule, le ciliegie, ecc…), sarà difficile estrarre da tutta questa confusione il riconoscimento dei due colori blu e rosso. Tale lavoro di selezione è quasi impossibile per la mente di un bambino che non è ancora in grado di seguire un lungo discorso.

Ricordo di essere stata presente ad una lezione di aritmetica, dove ai bambini veniva insegnato che due e tre fanno cinque. A tal fine, l’insegnante aveva fatto uso di perline colorate. Aveva preparato due perline sulla riga superiore, poi su una linea inferiore  tre perline, e infine ancora più in basso cinque perline. Non ricordo molto chiaramente lo sviluppo di questa lezione, ma ricordo che l’insegnante aveva ritenuto necessario porre accanto alla fila di due perline una piccola ballerina di cartone con una gonna blu, che aveva battezzato col nome di uno dei bambini della classe, dicendo: -Questa è Mariettina-. E poi, accanto alle altre tre perle una ballerina vestita di un colore diverso, “Gigina”. Non so esattamente come l’insegnante sia poi arrivata alla dimostrazione della somma, ma di certo ha parlato a lungo con questi piccoli danzatori, spostandoli su, giù, ecc…  Se ora io ricordo i ballerini più chiaramente del processo di aritmetica, come deve essere stato con i bambini? Se da un tale metodo sono stati in grado di apprendere che due più tre fa cinque, devono aver fatto un enorme sforzo mentale!

In un’altra lezione un’insegnante voleva dimostrare ai bambini la differenza tra rumore e suono. Ha iniziato raccontando una lunga storia. Poi, all’improvviso, qualcuno in combutta con lei ha bussato rumorosamente alla porta. L’insegnante si è fermata e si è messa a gridare: -Che cosa è successo! Che problema! Bambini, sapete cosa ha fatto questa persona alla porta? Non posso più andare avanti con la mia storia, non la ricordo più. Dovrò lasciarla incompiuta. Sapete cosa è successo? Avete sentito? Avete capito? Quello era un rumore, un rumore. Oh! Avrei preferito giocare con questo piccolo bambino ( riprendendo un mandolino che aveva vestito in una copertina). Sì, caro bambino, avrei proprio preferito giocare con te. Vedete questo bambino che ho in mano fra le mie braccia?-  Diversi bambini hanno risposto: -Non è un bambino-. Altri dicevano: -E’ un mandolino-. Ma l’insegnante ha continuato: -”No, no, è un bambino. Volete che ve lo dimostri? Mi sembra che il bambino stia piangendo. O, forse sta parlando, forse sta per dire papà o mamma.- Quindi ha messo la mano sotto la coperta e ha toccato le corde del mandolino. -Ecco! Avete sentito il bambino piangere? Avete sentito bussare alla porta? -Poi ha scoperto il mandolino e ha cominciato a suonarlo dicendo: -Questo è il suono-.

Supporre che il bambino da una  lezione come questa possa arrivare a capire la differenza tra rumore e suono, è ridicolo.

Il bambino avrà probabilmente l’impressione che o la maestra ha voluto giocare uno scherzo alla classe, oppure che è una persona un po’ matta, perché ha perso il filo del suo discorso quando  interrotta dal rumore, e perché ha scambiato un mandolino per un bambino.

Certamente, è la figura della maestra che si è impressa nella mente del bambino attraverso una tale lezione, e non l’oggetto della lezione stessa.

Questi esempi dimostrano che per un maestro preparato secondo i metodi tradizionali, è molto difficile arrivare a tenere lezioni semplici.

Ricordo che, dopo aver spiegato il materiale in modo dettagliato, ho chiamato uno dei miei maestri per insegnare, per mezzo degli incastri geometrici, la differenza tra un quadrato e un triangolo. Il compito del docente era semplicemente quello di inserire un quadrato e un triangolo di legno negli spazi vuoti fatti per riceverli, e mostrare al bambino come  seguire con il dito i contorni dei pezzi di legno e delle cornici in cui si inseriscono, dicendo: -Questo è un quadrato… questo è un triangolo-.

L’insegnante che avevo chiamato ha iniziato facendo toccare al bambino il quadrato e dicendo: -Questa è una linea, questa un’altra…, un’altra…, e un’altra.  Vi sono quattro linee. Contale con l’indice e dimmi quante sono. E gli angoli, conta gli angoli, sentili col tuo indice. Vedi, ci sono anche quattro angoli. Guarda bene questo pezzo. Si tratta di un quadrato. ”

Ho corretto l’insegnante, dicendogli che in questo modo non stava insegnando al bambino a riconoscere una forma, ma gli stava dando un’idea di lati, di angoli, di numero, e che questa era una cosa molto diversa da quella che doveva insegnare al bambino attraverso questa lezione. Non è la stessa cosa.

E’ infatti possibile per il bambino avere un’idea della forma del quadrato senza saper contare fino a quattro. I lati e gli angoli sono astrazioni che di per sé non esistono; ciò che esiste è questo pezzo di legno di una determinata forma. Le spiegazioni elaborate del maestro non solo confondono la mente del bambino, ma creano ancora maggior distanza tra il concreto e l’astratto, tra la forma di un oggetto e la matematica.

Non crediamo che il bambino sia troppo immaturo per apprezzare la forma nella sua semplicità; non è affatto uno  sforzo per lui guardare una finestra quadrata o una tavola, o riconoscere le forme negli oggetti nella sua vita quotidiana. Per richiamare la sua attenzione su una determinata forma basta tenere presente che il bambino ha già ricevuto un’impressione di quella forma nel suo quotidiano, ed ora si tratta soltanto di fissarne l’idea. E’ come se, mentre stiamo guardando distrattamente la riva di un lago, un artista improvvisamente ci dice: -Com’è bella la curva che prende la costa, là, sotto l’ombra di quella rupe.-

Ed a queste parole, ciò che stavamo guardando distrattamente, si imprime nella nostra mente come se fosse stata illuminata da un improvviso raggio di sole, e noi sperimentiamo la gioia di questa consapevolezza. Il nostro dovere nei confronti del bambino è proprio questo: gettare raggi di luce sul suo cammino.

Per quanto riguarda la psicologia infantile, c’è ancor oggi una grandissima quantità di pregiudizi che allontanano da una conoscenza reale dell’argomento.  Abbiamo, fino ad oggi,  voluto dominare il bambino con la forza, con l’imposizione di leggi esterne.

E così i bambini hanno vissuto accanto a noi senza che noi potessimo conoscerli. Ma se riusciamo ad eliminare totalmente  l’artificialità nella quale li abbiamo avvolti, e la violenza attraverso cui abbiamo scioccamente pensato di educarli, allora essi ci riveleranno tutta la verità della natura infantile.

Maria Montessori

Bambole e giochi Waldorf

Bambole e giochi Waldorf. La domanda su cosa sia veramente il gioco e quale significato sia da attribuire al giocattolo, sembra diventare sempre più difficile.
Troppo facilmente il giocare viene scambiato con il puro e semplice essere occupato.
Si è contenti, quando i bambini fanno qualche cosa e ci si chiede troppo poco sulle forze che vengono di volta in volta suscitate e chiamate ad agire sul bambino.
Vogliamo abbozzare qualche pensiero e dare alcuni esempi pe stimolare le possibilità di osservazione e una comprensione più profonda.

Sempre, quando incontriamo dei bambini in attività, da soli o in piccoli gruppi, possiamo vedere  che, se giocano veramente, rappresentano scene di vita quotidiana. La persona adulta ha per loro una grande importanza.
All’adulto essi alzano gli occhi con ammirazione. In sua presenza sperimentano con lui imposta la sua vita in casa, sulla strada, nei negozi, nel rapporto con le altre persone, ecc…, come si preoccupa per la famiglia, per la casa, come domina la tecnica.
Tutte queste esperienze danno degli impulsi per diventare attivi per ciò che noi chiamiamo giocare. La più grande soddisfazione dei bambini nasce come conseguenza di processi molto faticosi.

 

Ad esempio, se dei bambini di 5 o 6 anni vogliono avere un tipo particolare di automobile, per esempio un’ambulanza, in cui poter anche salire, avranno bisogno non solo di molta fantasia, ma anche di molta abilità, pazienza e forza di volontà.
Eccoli allora mettersi all’opera coi mezzi più semplici: tavolo, cavalletti, sedie, sgabelli, eventualmente delle tavole ben piallate, vengono avvicinate o poste una sopra l’altra in modo adeguato.
Il tutto viene ricoperto e chiuso con dei teli. Le mollette da biancheria offrono in questo caso un prezioso aiuto. Dei legni con la corteccia diventano il paraurti, i fari, il tubo di scappamento, il cambio e il freno; un disco di legno diventa il volante, un pezzo di corteccia sistemato artisticamente lo specchietto retrovisore. Dei cordoncini di lana legati uno all’altro, dei nastri per corone arrotolati saranno le luci di posizione e dei freni. Il lampeggiatore sul tetto viene fatto funzionare da un bambino che siede sopra il veicolo e gira la sua mano.

All’inizio di un tale gioco c’è per lo più l’idea dell’auto speciale e l’impulso a costruirla.
Durante la costruzione, in rapporto ai diversi materiali e ai compagni di gioco, arrivano le singole idee per l’elaborazione, l’allestimento e i miglioramenti. E ogni volta che un’idea ha preso forma, subentra la più grande soddisfazione.
A questo punto ci imbattiamo in una domanda: che cos’è che fa diventare un pezzo di corteccia uno specchietto retrovisore?
Niente altro che la fantasia infantile.
E questa corteccia sarà lo specchietto retrovisore finchè la fantasia dei bambini in questione lo vorrà. Un pezzetto di corteccia analogo può servire allo stesso tempo ad un altro gruppo di bambini come cornetta del telefono, pattino o barchetta.

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Osservatori inesperti possono chiedersi quand’è che i bambini arrivano al gioco vero e proprio, se ogni volta devono impiegare così tanto tempo per fabbricarsi i propri giocattoli.
Poi vedono con sorpresa, che dopo averlo usato per poco tempo o addirittura poco prima della sua conclusione, il tutto viene smontato, trasformato e ricostruito in un altro posto.
Giocare significa dunque essere nel processo, non servirsi di un prodotto finito.

L’uomo, e in modo particolare il bambino piccolo, è un essere in divenire. Anche nell’ambiente che lo circonda, ha bisogno di trovare la possibilità di trasformare, di creare qualcosa di nuovo. Non sono le cose perfette e compiute che rinfrancano, soddisfano e danno forza al bambino. Questo vale in modo particolare per i giocattoli.

I giocattoli dovrebbero avere la caratteristica di sollecitare la fantasia del bambino, in modo tale che egli possa scoprirvi ogni volta qualcosa di diverso.

Un ramo piegato e con più diramazioni, ricoperto completamente con un telo può essere una montagna in un paesaggio; ricoperto solo a metà una grotta per i nani, una stanza delle bambole, una stalla. Un bambino, tenendolo sulla testa, può andarsene in giro a passi maestosi facendo il cervo, un altro può usarlo come falce per tagliare l’erba, un altro come strumento musicale.

Un pezzo di legno tondo spaccato a metà e con un breve ramo laterale, si trasforma in locomotiva, distributore, radio, ferro da stiro o scivolo per il parco giochi della bambola.

 

Non ogni giocattolo si lascia trasformare in questo meraviglioso modo. Certamente diamo ai bambini anche degli oggetti, che sono più formati e che lasciano intravedere una tipica figura umana o di animale, un ponte o una macchina.
Ma non è necessario che essi rappresentino la maggioranza di tutti gli oggetti presenti nella stanza del bambino.

Se poi rivolgiamo attenzione particolare a quei materiali che sostengono e favoriscono un tipo di gioco come quello di cui abbiamo parlato sopra, allora noi diamo nutrimento a quelle forze infantili che premono per essere messe in attività, rafforzarsi ed essere poi a disposizione come potenzialità per altri compiti, durante il periodo della scuola e più tardi nella vita.

In questo tipo di gioco il bambino può sperimentare in modo libero, e nell’essere attivo può conoscere il mondo.

Il collegamento con il mondo può avvenire non solo con la mente, ma andando molto più in profondità, fino nelle funzioni vitali. Questo dà al bambino fiducia e sicurezza interiore.

Per l’adulto è difficile immedesimarsi nel mondo di fantasia del bambino e nell’operare delle sue forze. Troppo facilmente vorrebbe condividere con i bambini il fascino, la gioia, il piacere di guardare oggetti in miniatura, perfette imitazioni o perfino figure umane e animali deformate in caricature.

Ma i “godimenti” non danno ai bambini alcun paradiso, al contrario aiutano a perderlo.
I giochi, cioè l’essere attivi, li mantengono sereni.

 

Un giocattolo offre un godimento solo attraverso il suo aspetto esteriore, serenità solo attraverso il suo uso.
Ciò che rende e mantiene sereno e felice è proprio l’attività, e i giochi dei bambini non sono altro che l’espressione di un’attività seria, rivestita di leggerezza.
Il gioco del bambino non è mai un’attività fatta superficialmente, ma un agire pervaso di profonda serietà.

Se oggi questo non avviene, con alcuni bambini, la causa è da ricercare raramente in loro stessi, bensì nell’ambiente che li circonda: il comportamento degli adulti o il tipo di giocattoli messi a loro disposizione, ha fatto sì che andasse persa la capacità di un gioco pieno di dedizione.
Se si è consapevoli delle necessità pedagogiche, si può rimediare.
Chi ha bambini piccoli attorno a sè, non dovrebbe mai dimenticare di avere una profonda influenza sulle forze di volontà dei bambini attraverso tutte le sue attività e soprattutto attraverso il modo in cui lui è attivo.

Il bambino accoglie in sè tutti gli avvenimenti e le esperienze provenienti dall’ambiente dell’adulto che è attivo intorno a lui, le afferra con la sua volontà, le porta dentro di sè con l’imitazione e dà forma al suo modo di giocare.
E’ importante perciò che l’adulto, in presenza del bambino, sia attivo.
Una mamma quando per esempio lava la verdura, scopa la stanza o stira, agisce in modo molto più stimolante che se scrivesse una lettera; e così il papà che lava l’automobile è più stimolante che se legge il giornale.

Il fatto che il bambino impara attraverso l’imitazione porta con sè la conseguenza che l’adulto, in presenza del bambino, dovrebbe comportarsi in maniera degna di essere imitata.
L’adulto può arrivare a interiorizzare questo fatto a tal punto da diventare capace, col tempo, di guidare il bambino molto più attraverso l’imitazione che attraverso spiegazioni e proibizioni.

Gioco e lavoro, un’apparente contraddizione dal punto di vista dell’adulto.

Ma la differenza tra il gioco del bambino e il lavoro dell’adulto sta solo nel fatto che il lavoro deve adeguarsi ad una meta esteriore, l’attività del bambino invece origina da impulsi che nascono dalla sua stessa interiorità, dalla sua fantasia, senza una precisa responsabilità di fronte ad altri uomini o verso la cosa stessa.

Si può dire che il lavoro è determinato dal di fuori, il gioco dal di dentro.

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Il giocattolo da uno a tre anni

Da uno a tre anni i bambini stanno soprattutto con la mamma, e il loro più grande piacere è trafficare con mestoli, pentole, ecc…

Per questo sono sufficienti solo poche cose nell’angolo dei giochi:

. una grande bambola coi nodi (telo quadrato con il lato di circa 70cm, testa dimetro 12cm)

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continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Alfabeto illustrato steineriano

Alfabeto illustrato steineriano: ogni lettera illustrata con un oggetto che inizia con la lettera scelta, ma che anche richiama la forma della lettera nella sua forma stessa.

 

A angelo
B bambola
C culla
D drago
E elicottero
F falce
G grotta (gnomo)
H è muta
I io
L letto
M montagne
N nano
O orologio
P pipa
Q quadro(quattro)
R ruota
S serpente
T tavolo
U uva
V valle
Z zaino

Come vedete, lo sforzo è quello di cercare  un elemento che richiami nella forma e nel suono iniziale del suo nome, la forma della lettera…

Per la lettera A usiamo l’angelo. Ricordo però che generalmente le vocali sono presentate a parte, evocando il sentimento e richiamando alla forma del suono nell’euritmia, e non solo la forma della lettera:

 

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA B: BAMBOLA

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA C: CARROZZINA (O CULLA)

 

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA D: DRAGO

 

LETTERA E: ELICOTTERO

LETTERA F: FALCE

 

LETTERA G: GROTTA

LETTERA H

 

 

LETTERA I: IO

 

LETTERA L: LETTO

 

LETTERA M: MONTAGNA

Alfabeto illustrato steineriano LETTERA N: NANO

 

LETTERA O: OROLOGIO

 

LETTERA P: PIPA

 

LETTERA Q: QUADRO

 

LETTERA R: RUOTA

 

LETTERA S: SERPENTE

LETTERA T: TAVOLO

 

LETTERA U: UVA

LETTERA V: VALLE

LETTERA Z: ZAINO

 

 

 

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