Tintura naturale delle uova

Quest’anno per Pasqua abbiamo sperimentato la tintura naturale delle uova, e questa esperienza ci ha stimolati poi a fare ricerche nel campo dell’estrazione di pigmenti vegetali naturali per realizzare pigmenti in polvere, pastelli a cera ed acquerelli. Ne parleremo nei prossimi giorni…

… ma torniamo alle uova.

La prima cosa da fare è lavare i gusci delle uova con dell’aceto.

Poi prepariamo i pentolini per i bagni di tintura: noi abbiamo bollito bucce di cipolla dorata, succo di mirtillo, foglie d’acero e cavolo viola. Non servono proporzioni e ricette: tutto dipende dall’intensità del colore che si vuole ottenere e dal numero di uova che desideriamo tingere.

Scegliamo foglioline tenere e petali leggeri di fiori da mettere a disposizione dei bambini insieme a delle ciotoline d’acqua: le foglie e i fiori aderiranno semplicemente al guscio con poca acqua

Se i bambini sono piccoli, consiglio di utilizzare uova già sode, per limitare rotture e altri incidenti

Quando i bambini hanno completato il loro lavoro, dovremo avvolgere ogni uovo in un rettangolo ritagliato da una calza di nylon e chiuderlo “a caramella”

Immergiamo delicatamente le uova nel bagno di tintura e facciamo bollire per almeno 10 minuti

Dopo la bollitura togliamo le uova dalla pentola e lasciamole raffreddare.

A questo punto i bambini possono rimuovere il nylon, pulire le uova da foglie e fiori e lucidarle con l’olio di oliva

E questo è il risultato finale:

Per donarle alle famiglie abbiamo confezionato un cestino in cartapesta:

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VITA PRATICA MONTESSORI Lucidare le foglie

Nome dell’esercizio in inglese: polishing leaves

Area: cura dell’ambiente

Età: dai 3 anni

Materiale: un vassoio contenente una ciotola con batuffoli di cotone, una ciotola con cotton-fioc, una ciotola con acqua o uno spruzzino d’acqua, una ciotola per i materiali usati, un panno. Grembiuli. Una piccola pianta da lucidare. Un tavolo e due sedie

Presentazione

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come lucidare le foglie”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. indossare i grembiuli

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. trasportare il vassoio su di un tavolo

. trasportare la pianta da lucidare al tavolo

. sedersi al tavolo (il bambino siede alla nostra sinistra)

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. tenere la mano sinistra col palmo rivolto verso l’alto sotto ad una foglia

. se usiamo lo spruzzino, spruzzare poca acqua sulla foglia, posare lo spruzzino e prendere un batuffolo di ovatta

. se usiamo la ciotola d’acqua, prendere un batuffolo d’ovatta utilizzando la pinza a tre dita, immergerlo nella ciotola, sollevarlo attendendo che smetta di gocciolare

. passare delicatamente il batuffolo sulla foglia dal picciolo all’apice

. ripetere tutte le volte che è necessario, fino a che la foglia non sarà lucida e pulita

. mettere il batuffolo nella ciotola dei materiali usati e prendere un cotton-fioc

. passarlo delicatamente nei punti difficili da raggiungere con il batuffolo, quindi gettarlo nella ciotola dei materiali usati

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

3. Conclusione

al termine riordinare il materiale usato con l’aiuto del bambino

. riportare la piantina al suo posto

. svuotare la ciotola nel lavandino, sciacquarla e riempirla con acqua pulita (se abbiamo usato la brocca)

. se abbiamo usato lo spruzzino portarlo al lavandino, aprirlo e riempirlo nuovamente d’acqua

. riportare il materiale sul vassoio

. gettare nella pattumiera cotton-fioc e batuffoli usati

. riportare il cestino allo scaffale

. togliersi i grembiuli

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per lucidare le foglie di una pianta

Obiettivi indiretti: preparazione allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, stimolare la capacità di memorizzare una sequenza, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri, stabilire una relazione di fiducia tra bambino e adulto, sviluppare la capacità di cooperazione, gioia che deriva dalla sensazione di pulito

Nomenclatura: spruzzino, ciotola, batuffoli, cotton-fioc, foglia, picciolo, apice, lucida, impolverata  

Punti di interesse: bagnare la foglia, lavarla delicatamente

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio

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VITA PRATICA MONTESSORI Innaffiare le piante

Nome dell’esercizio in inglese: watering plants

Area: cura dell’ambiente

Età: dai 3 anni e mezzo

Materiale: un vassoio contenente un innaffiatoio, una ciotola con bandierine o stecchi di gelato blu, una ciotola con bandierine o stecchi di gelato rossi, una spugna

Presentazione

Preparazione indiretta

Prima della presentazione mettere i segnalini blu (bandierine o stecchi) nelle piante che hanno bisogno di essere annaffiate e i segnalini nelle piante che non ne hanno bisogno

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come innaffiare le piante”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. trasportare il vassoio su di un tavolo

. accompagnare il bambino in giro per la classe alla ricerca di una pianta con il segnalino blu

. portare la pianta scelta al tavolo

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. togliere dalla pianta il segnalino blu e metterlo nella ciotola apposita

. andare al lavandino e riempiere l’innaffiatoio di acqua

. versare lentamente l’acqua nel vaso

. prendere un segnalino rosso e metterlo nella pianta

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. riportare la pianta al suo posto e prenderne un’altra

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

3. Conclusione

al termine riordinare il materiale usato con l’aiuto del bambino

. asciugare eventuali gocce d’acqua con la spugna

. mettere l’innaffiatoio vuoto sul vassoio

. riportare il vassoio allo scaffale

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per innaffiare le piante

Obiettivi indiretti: preparazione allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, stimolare la capacità di memorizzare una sequenza, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri, stabilire una relazione di fiducia tra bambino e adulto, sviluppare la capacità di cooperazione, gioia che deriva dalla sensazione di pulito

Nomenclatura: innaffiatoio, segnalino, stecco, bandierina, pianta, innaffiare, ecc.

Punti di interesse: usare il segnalino rosso quando la pianta è innaffiata, scegliere solo piante col segnalino blu

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio

Video:

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VITA PRATICA MONTESSORI Cura delle piante d’appartamento

Nome dell’esercizio in inglese: plant care

Area: esercizi preliminari, movimenti elementari, rotazione del polso, presa a C delle dita, travasi

Età: dai 4 anni

Materiale: un vassoio contenente un paio di forbici in un cestino, uno spolverino per le piante in un cestino, un innaffiatoio, segnalini rossi e blu, uno spruzzino o una ciotola d’acqua, batuffoli di cotone, cotton-fioc, una ciotola vuota per i batuffoli e i cotton-fioc usati, una ciotola vuota per le foglie secche, una spugna grande come il palmo della mano e una spugnetta piccola (circa 5 centimetri). Grembiuli

Presentazione

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come curare una pianta”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. indossare i grembiuli

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. trasportare il vassoio e posarlo a sinistra della pianta da curare

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. togliere il segnalino blu dalla pianta e metterlo nella ciotola apposita

. prendere le forbici con la mano destra

. cercare nella pianta le foglie morte da rimuovere

. trovata una foglia morta, aprire leggermente le forbici, metterle sullo stelo della foglia morta, seguire lo stelo fino al ramo e tagliare

. mettere la foglia secca nella ciotola apposita

. se si trova tutto un ramo morto, seguirlo fino al terreno o al ramo principale e tagliare

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

. pulire le forbici con la spugnetta piccola e rimetterle nel loro cestino

. andare a vuotare la ciotola con le foglie morte nella spazzatura e rimettere la ciotola sul vassoio 

. spolverare la pianta con lo spolverino

. lucidare le foglie della pianta    

. innaffiare la pianta    

3. Conclusione

al termine riordinare il materiale usato con l’aiuto del bambino

. asciugare eventuali gocce d’acqua con la spugna

. riportare il vassoio allo scaffale

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per curare le piante

Obiettivi indiretti: preparazione allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, stimolare la capacità di memorizzare una sequenza, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri, stabilire una relazione di fiducia tra bambino e adulto, sviluppare la capacità di cooperazione, gioia che deriva dalla sensazione di pulito

Nomenclatura: innaffiatoio, segnalino, stecco, bandierina, pianta, innaffiare, foglie morte, ecc.

Punti di interesse: seguire le attaccature delle foglie fino al ramo prima di tagliare, spolverare dal picciolo all’apice delle foglie, lucidare dal picciolo all’apice delle foglie, usare il segnalino rosso quando la pianta è innaffiata, scegliere solo piante col segnalino blu

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio

Note: in classe dovrebbe esserci una grande varietà di piante con esigenze diverse, poste ad altezza di bambino. Di ogni pianta bisognerebbe conoscere il nome, il luogo di provenienza, le cure richieste ecc. nel caso in cui il bambino richieda queste informazioni

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VITA PRATICA MONTESSORI Raccogliere i fiori in giardino

Nome dell’esercizio in inglese: pick flowers

Area: cura dell’ambiente

Età: dai 4 anni

Materiale: un cesto contenente un paio di forbici e guanti da giardinaggio (se si raccolgono fiori con spine)

Presentazione

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come raccogliere i fiori dal giardino”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. trasportare il cestino in giardino

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. mostrare al bambino come scegliere un fiore adatto ad essere raccolto. In particolare, non raccogliere i fiori se si trovano sotto il sole diretto

. posare il cestino in terra, a destra del fiore scelto

. mettere la mano sinistra sullo stelo, proprio sotto al fiore

. mettere la mano destra sotto alla sinistra e farla scorrere lungo lo stelo delicatamente fino alla lunghezza desiderata

. portare la mano sinistra sotto alla mano destra

. togliere la mano destra e usarla per prendere le forbici

. tagliare lo stelo

. mettere delicatamente il fiore nel cestino, a sinistra

. alcuni fiori si chiudono dopo essere stati raccolti: farlo notare al bambino, se succede

. posare le forbici nel cestino, a destra  

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino. E’ importante scegliere sempre un fiore alla volta

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

3. Conclusione

al termine portare il cestino il classe

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per raccogliere fiori dal giardino

Obiettivi indiretti: preparazione allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, stimolare la capacità di memorizzare una sequenza, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri

Nomenclatura: fiore, stelo, tagliare, recidere, scegliere, ecc.  

Punti di interesse: il colore e il profumo dei fiori, seguire lo stelo con le due mani

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio

Varianti ed estensioni: raccogliere verdure e ortaggi, raccogliere le rose utilizzando guanti protettivi

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VITA PRATICA MONTESSORI Cambiare l’acqua ai fiori

Nome dell’esercizio in inglese: cut flower care

Area: cura dell’ambiente

Età: dai 4 anni

Materiale: brocche d’acqua pronte a temperatura ambiente (o un dispenser d’acqua a temperatura ambiente) sullo scaffale. Sullo stesso scaffale un vassoio contenente un tappetino impermeabile, un panno, un paio di forbici, una lente d’ingrandimento, una ciotola vuota, una bacinella, un imbuto, una spugna, uno spazzolino per lavare le bottiglie, un asciugamani. Grembiuli. Lavandino. Un tavolo e due sedie

Presentazione

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come cambiare l’acqua ad una composizione floreale”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. indossare i grembiuli

. mettere una brocca d’acqua a temperatura ambiente sul vassoio

. trasportare il vassoio su di un tavolo

. srotolare il tappetino sul tavolo davanti a noi

. portare al tavolo il vaso di fiori che necessita del cambio dell’acqua, lasciando il centrino al suo posto. Spiegare che i fiori recisi hanno bisogno di questa cura ogni giorno

. sedersi al tavolo (il bambino siede alla nostra sinistra)

. posizionare il vaso di fiori nel centro del tappetino

. mettere la bacinella a destra del vaso

. mettere il panno a destra della bacinella

. mettere la ciotola vuota e le forbici a destra del panno

. mettere la lente d’ingrandimento a destra delle forbici

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. versare due dita l’acqua nella bacinella

. asciugare il beccuccio della brocca e posarla sul vassoio

. prendere uno ad uno i fiori dal vaso, delicatamente, e posarli nella bacinella con gli steli immersi nell’acqua

. alzarsi in piedi, prendere il vaso e portarlo al lavandino con lo spazzolino per bottiglie

. vuotare il vaso nel lavandino

. insaponare lo spazzolino e lavare bene l’interno del vaso

. sciacquare bene con acqua calda

. asciugare il vaso e lo spazzolino e riportarli al tavolo

. mettere lo spazzolino sul vassoio e il vaso al centro del tappetino

. sedersi e mettere l’asciugamani sulle ginocchia

. posizionare l’imbuto sul collo del vaso

. prendere la brocca con la mano destra e tenendo l’imbuto con la sinistra riempire il vaso d’acqua per tre quarti

. asciugare il beccuccio della brocca col panno e metterla sul vassoio

. asciugare l’imbuto col panno e posarlo sul vassoio

. scegliere il primo fiore, sollevandolo leggermente sulla bacinella con la mano sinistra

. se il fiore è appassito o ha perso i petali, metterlo nella ciotola degli scarti

. se il fiore appare fresco, prendere la lente d’ingrandimento con la destra e osservare la parte terminale dello stelo

. posare la lente d’ingrandimento e prendere le forbici

. tenere lo stelo con la mano sinistra, con la parte finale immersa nell’acqua

. tagliare lo stelo facendo un taglio obliquo sotto il livello dell’acqua della bacinella, accorciando lo stelo di un paio di centimetri

. osservare le foglie e se ce ne sono di secche o ingiallite eliminarle una ad una con le forbici

. posare le forbici

. mettere il fiore nel vaso

. asciugarsi le mani con l’asciugamani

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

. portare la composizione floreale al suo posto e posarla con cura al centro del centrino

. fermarsi ad ammirare il proprio lavoro

3. Conclusione

al termine riordinare il materiale usato con l’aiuto del bambino

. trasferire gli scarti dalla bacinella alla ciotola vuota

. svuotare la ciotola nella pattumiera, passarla col panno e rimetterla sul vassoio

. svuotare la bacinella al lavandino, sciacquarla, asciugarla e rimetterla sul vassoio

. pulire le forbici col panno e rimetterle sul vassoio

. rimettere gli altri oggetti sul vassoio

. asciugare la tovaglietta e rimetterla sul vassoio

. portare il panno e l’asciugamani nel cesto dei panni da lavare e metterne di puliti sul vassoio

. riportare il vassoio allo scaffale

. togliersi i grembiuli

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per cambiare l’acqua ad una composizione floreale di fiori recisi

Obiettivi indiretti: sviluppare il senso estetico, preparare allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri, stabilire una relazione di fiducia tra bambino e adulto, stimolare il senso di solidarietà

Nomenclatura: stelo, fiore, vaso, livello dell’acqua, composizione floreale, colore e profumo dei fiori, il nome dei fiori usati, ecc.

Punti di interesse: tagliare lo stelo obliquamente per permettere al fiore di assorbire una maggiore quantità di acqua; tagliare lo stelo anche se la lunghezza è adatta al vaso, perché i tessuti che trasportano acqua negli steli dei fiori devono rimanere puliti, sani e privi di batteri; tagliare lo stelo sottacqua per impedire che si richiuda assorbendo aria; usare acqua a temperatura ambiente perché l’acqua fredda è più pesante e difficile da assorbire per le piante; lavare bene il vaso prima di procedere per eliminare tutti i batteri nocivi per i fiori recisi

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio, c’è troppa acqua nel vaso, gli steli sono troppo corti e i fiori toccano l’acqua

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VITA PRATICA MONTESSORI Cura delle piante da giardino

Nome dell’esercizio in inglese: gardening

Area: cura dell’ambiente, pinza a tre dita

Età: dai 2 anni e mezzo 

Materiale: un cestino e un cuscino per le ginocchia, spazio con piante all’aperto

Presentazione

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come curare le piante del giardino”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. trasportare il cestino e il cuscino per le ginocchia in giardino

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. passeggiare per il giardino e scegliere una pianta da curare

. appoggiare il cuscino davanti alla pianta scelta

. posare il cestino a destra del cuscino

. inginocchiarsi davanti alla pianta

. mostrare la pinza a tre dita

. usare la pinza a tre dita per rimuovere dalla pianta una foglia ingiallita

. mettere la foglia ingiallita nel cestino

. usare la pinza a tre dita per rimuovere un fiore appassito

. mettere il fiore appassito nel cestino

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo, lasciandogli il nostro posto sul cuscino. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

. fermarsi ad ammirare il proprio lavoro

3. Conclusione

al termine riordinare il materiale usato con l’aiuto del bambino

. svuotare il cestino nel bidone dei rifiuti organici o nel cumulo del compost

. riportare il cuscino e il cestino in classe

. mettere il materiale sullo scaffale

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie prendersi cura delle piante del giardino

Obiettivi indiretti: preparare allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare le capacità di coordinazione e controllo motorio, stimolare la capacità di concentrazione e attenzione, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri, sviluppare la capacità di cooperazione

Nomenclatura: nome, forma, colore e altre qualità della pianta, cuscino, cestino, inginocchiarsi, foglia, fiore, appassito, ingiallito, secco, ecc. 

Punti di interesse: la pinza a tre dita, scegliere la pianta che necessita delle nostre cure, rimuovere fiori appassiti e foglie ingiallite o secche  

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio, si rimuovono fiori o foglie sani

Varianti ed estensioni: prendersi cura dell’orto

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VITA PRATICA MONTESSORI Semina in vaso

Nome dell’esercizio in inglese: pot seedling

Area: cura dell’ambiente

Età: dai 2 anni e mezzo

Materiale: uno scaffale in giardino contenente piccoli contenitori, sacchi di terriccio per semine, buste di semi, spruzzino pieno d’acqua a temperatura ambiente, innaffiatoio pieno d’acqua a temperatura ambiente, stecchi di gelato e pennarello indelebile, fogli di giornale, cucchiai o palette, piattini, vassoi o coperchi di scatole dai bordi bassi, pellicola trasparente (facoltativa). Banco di lavoro

Presentazione

Preparazione indiretta

i contenitori devono essere puliti e asciutti e devono avere un foro sul fondo

1. Preparazione diretta

. invitare il bambino a iniziare il ciclo di lavoro in modo breve e stimolante e dare il nome dell’esercizio: “Ti mostro come seminare in vaso”

. il bambino è libero di accettare o rifiutare: cercare il consenso del bambino con lo sguardo

. andare in giardino

. accompagnare il bambino allo scaffale dove è conservato il materiale

. stendere un foglio di giornale sul banco di lavoro

. aprire un sacchetto di terriccio per semine e posarlo sul foglio di giornale. Se è troppo grande, versare del terriccio in una vaschetta e posarla sul foglio di giornale

. disporre sul foglio di giornale una decina di contenitori

2. Analisi dei movimenti

. ripetere il nome dell’esercizio che è argomento della presentazione

. riempire un contenitore col terriccio, utilizzando un cucchiaio o una palettina, fino a circa due centimetri dal bordo, senza comprimere il terriccio

. dare un breve riassunto verbale dei punti di interesse e del controllo dell’errore

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

. scegliere una bustina di semi da piantare

. aprire la bustina e versare i semi in un piattino

. se il bambino è in grado di farlo, può leggere le istruzioni di semina sulla bustina; in caso contrario leggiamole noi a voce alta

. teniamo fermo un contenitore con la mano sinistra

. fare tre buchini nel terriccio premendo l’indice della mano destra

. prendere un semino alla volta utilizzando la pinza a due dita e inserirlo in un buco

. ripetere con gli altri due buchi

. utilizzando la pinza a tre dita prendere poco terriccio dal sacchetto e usarlo per coprire i semini

. ripetere una o due volte a seconda delle necessità e dell’interesse del bambino

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

. quando tutti i semini sono stati piantati, trasferirli su di un vassoio (o coperchio di una scatola)

. scrivere su uno stecco di gelato il nome dei semi piantati e la data

. inserire lo stecco in uno dei contenitori

. prendere lo spruzzino e nebulizzare l’acqua nei contenitori

. se il bambino mostra il desiderio di subentrare con gesti, parole o espressioni facciali, permettergli di farlo. Si può anche stimolare il bambino in questo senso, rallentando leggermente le proprie azioni e la loro successione

3. Conclusione

. mettere il vassoio in un luogo caldo e soleggiato, ad altezza di bambino (di modo che possa osservare giorno per giorno l’evoluzione della semina)

. se lo riteniamo opportuno, possiamo coprire i vasetti con della pellicola trasparente

. rimettere i materiali sullo scaffale

. gettare il foglio di giornale e la bustina dei semi

. tornare in classe a andare al lavandino a lavarsi le mani

. ringraziare il bambino per il suo lavoro

. congedarsi assicurandosi che abbia pensato a cosa gli piacerebbe fare

Libertà del bambino

dopo la presentazione il bambino è libero di scegliere l’esercizio presentato, decidere quando svolgerlo, ripeterlo tutte le volte che gli è necessario, chiedere la ripetizione della presentazione già fornita e chiedere nuove presentazioni

Obiettivi diretti: isolare le abilità necessarie per piantare semi in vaso

Obiettivi indiretti: preparare allo studio della botanica, raffinare i movimenti e stimolare la motricità fine, favorire la destrezza e la coordinazione oculo-manuale, rinforzare la muscolatura della mano e la capacità di presa delle dita in preparazione alla scrittura, sviluppare il senso di indipendenza e di conseguenza dell’autostima, eseguire movimenti finalizzati al raggiungimento di un risultato che è utile per se stessi e per gli altri

Nomenclatura: il nome della pianta seminata, terriccio, semina, spruzzino, ecc.

Punti di interesse: mettere il terriccio nei contenitori, fare tre fori premendo con l’indice, inserire i semini uno ad uno, bagnare con lo spruzzino

Controllo dell’errore: il bambino non è in grado di portare a termine l’esercizio, il bambino non è in grado di eseguire correttamente l’esercizio

Note: nei giorni seguenti i contenitori avranno bisogno di essere spruzzati d’acqua regolarmente, di modo che il terriccio sia sempre umido. Se abbiamo messo la pellicola, dovremo toglierla appena spuntano i germogli. Dopo che sono spuntati i germogli è meglio dare acqua con l’innaffiatoio e non più con lo spruzzino, preferibilmente mettendo l’acqua nel vassoio (per rinforzare le radici). Quando le piantine hanno raggiunto un’altezza di circa 5 centimetri, trapiantarle in vasi più grandi o nel terreno

Varianti ed estensioni:

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

Tutti gli album

Esperimento scientifico: legumi in crescita giorno per giorno

Esperimento scientifico: legumi in crescita giorno per giorno.

Scopo

Osservare germinazione e crescita di un fagiolo.

Età

Dai tre anni.

Materiali

Barattoli o vasetti di yogurt
garze, panno-carta, tessuto leggero o collant
elastici
fagioli.

Note di sicurezza

Finché usiamo ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato a un piccolo gruppo di bambini o all’intera classe

. mettiamo tutto il materiale necessario sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che con questo esperimento osserveremo germinazione e crescita di un fagiolo

. versiamo l’acqua nel primo vaso

. copriamo il barattolo con una garza e fermiamola con un elastico (oppure utilizziamo carta, filtri per caffè ecc.). Posiamo i fagioli in modo che restino sollevati ma a contatto con l’acqua

. al posto della garza possiamo usare filtri di carta o sacchetti per alimenti e carta assorbente

. possiamo preparare vari contenitori con più fagioli di varietà diverse. Questo aumenterà le probabilità di successo dell’esperimento

. mettiamo una brocca d’acqua o un piccolo annaffiatoio accanto ai barattoli, così i bambini potranno prendersi cura dei fagioli ogni giorno

. chiediamo ai bambini di registrare le loro osservazioni e conclusioni per le tre settimane successive, poi le piantine saranno pronte per il trapianto il vaso.

Osservazioni e conclusioni

. giorno 1: i fagioli cominciano a gonfiarsi

. giorno 5. Iniziano a germogliare

. giorno 7: il germoglio cresce

. giorno 11: spuntano le prime foglie e le radici secondarie

. giorno 12: le foglie si innalzano verso la luce e le radici crescono

. giorno 18: le foglie crescono e ne spuntano di nuove. Anche le radici crescono

. giorno 22: foglie e radici continuano a crescere. Le foglie sono già abbastanza grandi …

. giorno 25. Il nostro seme è diventato una pianta sana e bella 🙂

Variante

Vuoi che il bambino visualizzi tutta la sequenza dal vivo? Pianta ogni giorno un fagiolo in un vasetto diverso. Spettacolare!

Quale forma è la migliore per una foglia?

Quale forma è la migliore per una foglia?

Scopo

Osservare come la forma delle foglie delle piante svolga una funzione di primaria importanza.

Età

Dai 9 anni.

Materiali

Ritagli di carta colorata
forbici
cannucce o spiedini
nastro adesivo
pistola ad acqua, siringa o spruzzino
acqua.

Note di sicurezza

Finché usiamo ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato ad un piccolo gruppo di bambini o nell’intera classe

. mettiamo tutto il materiale necessario sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che questo esperimento dimostra che la forma delle foglie delle piante svolge una funzione di primaria importanza

. ritagliamo un rettangolo, un cerchio, una foglia a margini lisci e una foglia a margini seghettati

. attacchiamo ogni forma ad una cannuccia utilizzando il nastro adesivo

. usiamo la pistola ad acqua, lo spruzzino o la siringa per bagnare ogni “foglia” e osserviamo

. come scorre l’acqua su ogni superficie? Quali forme si dimostrano più efficaci nel drenare l’acqua?

. chiediamo agli studenti di registrare le loro osservazioni e conclusioni.

Osservazioni e conclusioni

Le forme naturali delle foglie aiutano a dirigere l’acqua lungo la superficie raccoglierla sulla punta, dove alla fine gocciola via.


In un temporale, questo impedisce che le piante non vengano fatte a pezzi dal peso dell’acqua accumulata sulle foglie.

Esperimento scientifico: il pittore delle piante

Esperimento scientifico: il pittore delle piante

Scopo

Dimostrare il processo di assorbimento e traspirazione che avviene nelle piante.

Materiali

Alcuni garofani bianchi (o cavolo cinese, o gambi di sedano con le foglie, o altri fiori bianchi)
colorante alimentare
acqua di rubinetto
bicchieri o vasetti di vetro trasparente.

Note di sicurezza

Finché usiamo ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato a piccolo gruppo di bambini o all’intera classe

. mettiamo tutto il materiale sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che questo esperimento dimostra il processo di assorbimento e traspirazione che avviene nelle piante

. decidiamo di quale colore ci piacerebbe far diventare il nostro fiore

. riempiamo il contenitore di vetro con acqua di rubinetto

. aggiungiamo il colorante alimentare all’acqua

. mettiamo il fiore scelto nell’acqua colorata

. possiamo eseguire questo esperimento con più fiori e più vasetti, mettendo in ognuno un colore diverso

. se utilizziamo il sedano o il cavolo cinese (o un fiore con un gambo abbastanza grosso,) possiamo provare a colorare lo stesso gambo con colori diversi, tagliando il gambo in due sezioni e immergendo ognuna in un colore diverso

. per osservare i risultati di questo esperimento bisognerà essere pazienti: per alcuni fiori serviranno poche ore, per altri potrebbero essere necessari 1 o 2 giorni

. chiediamo ai bambini di registrare le loro osservazioni e conclusioni.

Osservazioni e conclusioni

L’acqua viaggia verticalmente lungo gli steli e raggiunge foglie e fiori. Lo possiamo appurare con questo esperimento: l’acqua colorata del bicchiere arriva a colorare foglie e fiori.
Nelle piante non sono presenti strutture che spingono l’acqua dal basso verso l’alto, ma processi chimico fisici diversi agiscono insieme per permettere all’acqua di raggiungere fiori e foglie. Questi processi sono: osmosi, capillarità, traspirazione.


L’acqua del terreno passa per osmosi all’interno delle radici attraversando la loro membrana cellulare. All’interno delle radici c’è una concentrazione di sali maggiore di quella del terreno, e per questo la pressione aumenta. la membrana costituita dalle cellule epidermiche: si crea un gradiente di concentrazione tra l’esterno (soluzioni poco concentrate nel terreno) e l’interno della pianta (soluzioni molto concentrate nelle cellule). La pressione che si crea si chiama “pressione radicale”, ed è abbastanza forte da spingere l’acqua fino ad altezze maggiori di quanto permetta la capillarità.


Se consideriamo i minuscoli diametri dei vasi in cui scorrono acqua e sali minerali, è chiaro che la capillarità svolge un ruolo importante nella salita dell’acqua dalla radice alla foglia.
Tuttavia, anche la capillarità e la pressione radicale insieme non basterebbero a far salire l’acqua fino alla cima di un sequoia.


Il terzo elemento che permette all’acqua di salire all’interno della pianta è la pressione negativa che si crea nella pianta per effetto della traspirazione, cioè l’evaporazione dell’acqua dalle foglie. L’evaporazione avviene perché il sole, scaldando le foglie, porta l’acqua dallo stato liquido a quello gassoso (vapore).


Più del 90 per cento dell’acqua assorbita da una pianta viene persa per traspirazione, cioè eliminata attraverso le foglie. Questo processo che potrebbe sembrare uno spreco di energia e di acqua, genera nei vasi una depressione che aspira i liquidi verso l’alto.


La depressione dipende dalla dimensione della chioma e dall’intensità del calore solare, ma si calcola che può raggiungere le 15 atmosfere, cioè permette la risalita dei liquidi fino agli oltre 100 metri delle sequoie.
Proviamo a mettere un vaso in una stanza buia e una in una stanza soleggiata: quali garofani traspirano di più? Saremo in grado di dirlo perché il fiore con il colore più intenso sarà quello che ha traspirato di più.

Esperimento scientifico: insalata di germogli

Esperimento scientifico: insalata di germogli.

Scopo

Osservare la germinazione dei semi ed utilizzare i germogli a scopi alimentari.

Età

Dai 5 anni.

Materiali

Un barattolo di vetro
semi di grano, soia o girasole
acqua calda
collant, garza o tessuto leggero
elastico.

Note di sicurezza

Finché usi ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato ad un piccolo gruppo di bambini o all’intera classe

. mettiamo tutto il materiale necessario sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che con questo esperimento faremo germogliare dei semi per poterci preparare una buona insalata

. versiamo dei semi in un barattolo, per un’altezza di due o tre centimetri

. copriamo i semi con acqua calda

. fissiamo sulla bocca del vaso un pezzo di collant (garza o tessuto) con un elastico

. cambiamo l’acqua ogni giorno, finché i semi non saranno germogliati

. per i primi 3 giorni teniamo i semi al buio, poi portiamoli alla luce

. rimuoviamo dal vaso eventuali germogli danneggiati

. quando i germogli saranno pronti, prepariamo insieme una bella insalata

I germogli non utilizzati si conservano bene in frigo per qualche giorno.

Esperimento scientifico: il seme di avocado

Esperimento scientifico: il seme di avocado.

Scopo

Osservare la germinazione del grosso seme dell’avocado.

Età

Dai 3 anni.

Materiali

Stuzzicadenti
un bicchiere o un vasetto
carta casa
coltello
un sacchetto per alimenti
acqua.

Note di sicurezza

Finché usiamo ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato a un piccolo gruppo di bambini o all’intera classe

. mettiamo tutto il materiale necessario sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che questo esperimento mostrerà come si sviluppa una pianta di avocado a partire dal seme

. rimuoviamo il seme da un avocado e laviamolo delicatamente in acqua tiepida.
. determiniamo la direzione in cui il nostro seme deve essere posto nell’acqua. Il fondo è più largo e ha una piccola rientranza al centro, ed è da lì che si formeranno le nuove radici

. usiamo gli stuzzicadenti per infilzare la parte superiore del seme di avocado, quindi immergiamolo in un piccolo vasetto d’acqua assicurandoci che il fondo sia rivolto verso il basso

. mettiamo il bicchiere in un luogo caldo lontano dalla luce solare diretta.

Altri modi per far germogliare un seme di avocato sono:

. tagliare mezzo centimetro ad ogni estremità del seme prima di metterlo in acqua

. avvolgere il seme in triplo foglio di carta casa, mettere in sacchetto per alimenti e aggiungere acqua (se gli altri metodi non funzionano, ho sperimentato che questo è infallibile)

. chiediamo ai bambini di osservare il seme nelle due settimane successive.

Osservazioni e conclusioni

. dovremmo vedere che le radici e lo stelo iniziano a germogliare non prima di 8 settimane

. la parte superiore del seme di avocado si ridurrà di volume e formerà una fessura

. la fessura si estenderà fino al fondo del seme

. nella fessura nella parte inferiore, inizierà a emergere un piccolo fittone

. il fittone continuerà a crescere e potrebbe formare delle diramazioni

. un piccolo germoglio sboccherà nella parte superiore del seme

. quando la radice avrà una lunghezza di circa 15 centimetri, tagliamola circa a metà per rinforzarla

. aspettiamo che la radice si ingrossi e il fusto abbia foglie nuove, quindi piantiamolo in vaso lasciando il seme a metà scoperto e annaffiandolo frequentemente

. non dimentichiamo che più luce del sole la pianta riceve, meglio è.

Esperimento scientifico: il dente di leone

Esperimento scientifico: il dente di leone.

Scopo

Usare gli steli del dente di leone per dimostrare l’osmosi e introdurre i concetti di idrofilo e idrofobo.

Materiali

Denti di leone appena colti
una bacinella d’acqua.

Note di sicurezza

Finché usiamo ragionevolmente i materiali questa è un’attività molto sicura.

Presentazione

. Questo esperimento può essere presentato a un piccolo gruppo di bambini o all’intera classe

. mettiamo tutto il materiale necessario sul tavolo

. spieghiamo ai bambini che questo esperimento dimostra l’osmosi

. prendiamo uno stelo di dente di leone e dividiamolo nel senso della lunghezza tirando in direzioni opposte

. poniamo gli steli divisi in contenitore pieno d’acqua e osserviamo i gambi arricciarsi assumendo forme di spirale

. chiediamo ai bambini di registrare le loro osservazioni e conclusioni.

Osservazioni e conclusioni

L’interno dello stelo del dente di leone è idrofilo, cioè assorbe acqua. La parola idrofilo significa “amante dell’acqua”. L’interno dello stelo è infatti la parte che assorbe l’acqua.
Quando mettiamo lo stelo diviso nella bacinella, l’interno dello stelo ha la possibilità di assorbire davvero tanta acqua.
Attraverso il processo di osmosi l’acqua passa dalla bacinella alle cellule dell’interno dello stelo.
L’esterno dello stelo è idrofobo, cioè respinge l’acqua. La parola idrofobo significa “che odia l‘acqua.
Così mentre le cellule idrofile (interne) assorbono acqua e si gonfiano, le cellule idrofobe (esterne) rimangono della stessa dimensione.
La dimensione maggiore delle cellule su un lato del gambo forza lo stelo ad arricciarsi in varie forme.

LE PIANTE CARNIVORE dettati ortografici e letture

LE PIANTE CARNIVORE dettati ortografici e letture per la scuola primaria.

Le piante carnivore

Le piante carnivore, o insettivore, costituiscono una delle parti più interessanti e più strane dell’immensa flora terrestre. Si tratta, come il nome stesso indica, di piante che si nutrono di piccoli animali, per lo più insetti o minuscoli crostacei, dai quali utilizzano le sostanze loro necessarie, ad esempio l’azoto, che non possono trovare nell’ambiente in cui vivono.
Infatti crescono generalmente in luoghi umidi, acquitrinosi o sono piante acquatiche: solo alcune abitano terreni sabbiosi o rocciosi.

Dato il singolare modo di nutrizione, esse sono fornite di speciali dispositivi per imprigionare la preda e producono sostanze dette enzimi che permettono la digestione e quindi l’assimilazione dell’animale catturato.
Gli apparati per la cattura non sono altro che foglie trasformate in organi cavi (ascidi) di vario aspetto, simili ad urne o a vescicole, così da essere perfettamente adatte alla nuova funzione. La parte più interessante dunque di questi vegetali sono le foglie, dall’apparenza innocua, che si tendono simili a tentacoli, per catturare l’incauto insetto.
Queste piante carnivore prosperano nei nostri paesi come in quelli tropicali, e ve ne sono di moltissime specie, circa cinquecento; ma qui parleremo delle più interessanti.

Bellissima è la Nepente, pianta rampicante delle foreste indonesiane; la parte terminale delle sue foglie costituisce un ascidio a forma di urna ricoperta di piccoli peli, munita di coperchietto e colorata vivacemente. La natura, così saggia e giusta nel disporre l’ordine delle cose, ha donato a queste foglie, nell’orlo dell’ulna, sostanze zuccherine che attirano gli insetti verso quell’irresistibile dolcissimo cibo. Essi si posano, ignari della fine crudele che li attende, e succhiano avidi lo zucchero, ma la foglia muove i peli come minuscoli tentacoli e l’insetto vi resta inesorabilmente impigliato, scivola nel fondo dell’ulna, dove il liquido secreto della pianta stessa prepara il processo di digestione.

photo credit: Di Jan Wieneke, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=673060

L’Erba vescica, invece, che è una pianta acquatica priva di radici,  ha foglie trasformate in piccole vesciche, vere e proprie trappole per gli incauti animaletti che vi penetrano.

photo credit: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4547229

E stranamente belle, ma piene di insidie, sono le foglie della Drosera, le cui tre specie Drosera rotundifolia, intermedia e longifolia sono molto diffuse anche da noi, specialmente nelle torbiere di montagna. Le foglie,rotonde od allungate, di un bel verde, sono ricoperte da numerosi e lunghi tentacoli rossi, le cui estremità secernono una sostanza vischiosa, rifrangente la luce, che appare come una gocciolina di rugiada. L’insetto, richiamato da quella multicolore trasparenza, vi si posa e subito rimane invischiato, mentre i tentacoli, lasciato ormai il loro aspetto innocuo e bellissimo, si curvano su di lui e lo soffocano.

photo credit: CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=195090

Terminato il processo di digestione, i tentacoli ritornano nella posizione primitiva, pronti ad attirare altri animaletti, con spietata ed incosciente crudeltà.
Un’altra interessantissima pianta carnivora è la Dionaea muscipola, comunemente detta “piglia – mosche”. E’ un’erba alta circa 20 centimetri, che cresce nell’America settentrionale e le cui foglie sono dotate di una sensibilità notevolissima. La lamina fogliare, sostenuta da un picciolo spatolato, ha i margini provvisti di denti lunghi e acuminati: essa è divisa dalla nervatura principale che funziona da cerniera, in due tempi mobili. Su ciascuno di essi si trovano, oltre a numerose ghiandole, tre setole, che stimolate dal contatto di piccoli animali, fanno avvicinare i due lembi con movimento brusco e rapido, cosicchè i denti marginali si incastrano uno all’altro e la preda resta prigioniera.

photo credit: Di H. Zell – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9796192

E cento e cento altre piante, di apparenza strana e diversa, che qui sarebbe impresa ardua elencare, vivono sui monti, negli acquitrini, tra le misteriose folte vegetazioni tropicali. Ma ognuna ha in comune l’istinto crudele di catturare le piccole prede, ragione del loro nutrimento e della loro perpetuazione.

Il carnivoro verde
Io non sapevo che al mondo vi fossero piante che mangiano animali. Un giorno, durante un viaggio nell’America Centrale, la guida mi fece vedere un albero e mi disse: “Ora vedremo come mangia”.
A un cenno, mi fermai sulla sponda dello stagno presso il quale eravamo, e rimasi in attesa.
Poco dopo, un leggero fruscio mi fece volgere il capo. Trotterellando sulle corte zampette, un topolino avanzava guardingo. Quando l’animaletto si avvicinò ai rami dell’albero “cacciatore” la guida, con un gesto, mi invitò a fare attenzione.
Ciò che vidi mi lasciò tristemente stupito.
Non appena il porcellino toccò uno di quei rami, questo, con una mossa fulminea. lo strinse a sé, mentre altri rami si volsero verso la presa, serrandola nelle loro spire.
Il topolino gridava e si dibatteva con tutte le sue forze.
Balzai avanti, sfoderando il coltello. Ma la guida mi fermò.
“Troppo tardi” disse e, comprendendo il mio disappunto, mormorò: “E’ la legge della foresta”.
Egli aveva ragione. La morte del topolino dava vita alla pianta. Non trovando in quel terreno le sostanza azotate di cui aveva bisogno per vivere, la pianta se la procurava succhiando la carne animale attraverso le ventose di cui sono muniti i suoi rami.
Ero scosso. La guida se ne accorse e mi portò via da quel luogo. Ma non ho più dimenticato il carnivoro verde, il terribile laudocapto.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati e materiale didattico sulle piante

Dettati e materiale didattico sulle piante per bambini della scuola primaria.

Il soffione

Se noi soffiamo sul palloncino del soffione che cresce nei prati, ai margini delle strade o tra le pietre, lo vediamo scomporsi in tanti piccoli elementi, i quali se ne vanno lontani, veloci e leggeri. Prendiamo uno di quegli elementi. E’ formato da un corpicino sul quale è impiantato un filamento terminante in una raggiera di peluzzi.
Possiamo paragonarli all’ombrello del paracadute, e il fruttino ovale al passeggero. Il vento lo afferra, lo trascina in alto, lo sospinge in basso e va a capitare, proprio come era il desiderio della pianta madre, in un luogo umido dove può svilupparsi a meraviglia.
(G. Scortecci)

Per il lavoro di ricerca

Come è fatto un fiore?
A che cosa servono gli ovuli e i granelli di polline?
Che cos’è l’impollinazione?
Come avviene e per mezzo di chi?
Come si forma il frutto?
Quali frutti conosci?
Quali sono i frutti carnosi e quali i frutti secchi?

A che cosa servono gli ovuli e i granelli di polline?

Gli ovuli sono gli organi destinati a trasformarsi in semi. Perchè questa trasformazione avvenga occorre, però, che gli ovuli si incontrino con un granello di polline.
Il polline viene prodotto dalle antere. Esso dovrà perciò essere trasportato fin sulla punta del pistillo: da qui potrà scendere fin nell’ovario dove incontrerà gli ovuli. Allora si formeranno i semi, ed il fiore avrà adempiuto il suo compito; infatti a questo punto il fiore appassisce e cade.
Bisogna ricordare una importante legge che regola l’impollinazione dei fiori: in genere il fiore, perchè dai suoi semi possa nascere una pianta sana e vigorosa, deve essere fecondato con polline prodotto da un altro fiore.
Ma chi provvede a portare il polline dall’uno all’altro fiore?
Ogni famiglia di piante ha scelto un suo modo per provvedere a questo trasporto: c’è chi si serve del vento, chi dell’acqua e chi dell’opera di diversi animaletti, generalmente insetti, ma in qualche caso anche uccelli e molluschi.

L’impollinazione

Tutte le piante superiori si riproducono per mezzo di semi, i quali si sviluppano dal fiore solo quando questo viene fecondato. Voi sapete già come è fatto un fiore e quali sono i suoi organi principali. Conoscete quindi gli stami e le antere, che producono il polline, la minuta polverina gialla che rimane attaccata alle dita quando tocchiamo l’interno di un fiore maturo.

Quei minuscoli granuli gialli, prodotti in tanta abbondanza dai fiori, sono uno dei più preziosi elementi esistenti in natura, poichè racchiudono il segreto della vita delle piante. Sono proprio i granuli di polline che provocano la fecondazione degli ovuli, una volta giunti sul pistillo che sovrasta l’ovario.

Se esaminate il polline al microscopio noterete che i granuli hanno forme diverse, che variano da pianta a pianta. Ce ne sono di ovali, di cilindrici, di rotondi. Alcuni terminano con delle piccole punte, altri sono leggermente uncinati, altri ancora sono a forma di mezzaluna. Se provengono da piante che si fanno impollinare dal vento, sono più piccoli ed hanno forme più appiattite, per poter volare più facilmente. Se invece sono destinati ad essere trasportati lontano dagli insetti, sono di maggiori dimensioni e risultano appiccicosi.

Se un granulo di polline raggiunge il pistillo, l’ovulo viene fecondato. Ma raramente succede che il polline prodotto da un fiore vada a fecondare l’ovario dello stesso fiore.

Le piante fanno di tutto per ottenere che il polline arrivi al pistillo di un altro fiore o da un’altra pianta. Ciò permette la produzione di frutti e di semi migliori, più adatti alla germinazione; questo processo si chiama fecondazione incrociata e la sua estrema utilità fu dimostrata da Darwin già nel 1859.

Per questo motivo vi sono fiori nei quali il polline matura quando ancora il pistillo non è completamente sviluppato, e altri in cui si verifica il caso inverso. Vi sono poi fiori il cui pistillo si sviluppa molto in altezza, al di sopra delle antere, sempre per impedire che il polline sottostante possa raggiungere l’apertura (stigma). Altre piante infine producono fiori con solo stami che danno il polline (fiori maschili) e fiori col solo pistillo terminante nell’ovario (fiori femminili). Di questo gruppo sono le piante che si fanno impollinare dal vento, come le conifere. Esse non producono fiori con corolle vistose, perchè non devono attirare gli insetti. Producono invece quantità incredibile di polline, perchè dei milioni e milioni di granelli che volano nell’aria solo qualcuno giunge sul fiore adatto.

Alcune piante affidano il polline al vento, altre si servono dell’acqua, altre ancora si impollinano da sole, ma nella maggior parte questa importantissima operazione viene affidata agli animali, e in particolare agli insetti. Per essi le piante producono fiori profumati, fiori provvisti di dolce nettare, fiori dai petali vistosamente colorati.
La stessa forma delle corolle ha il preciso scopo di lasciar passare l’insetto adatto all’impollinazione e di impedire chi si entrino altri animaletti meno graditi. Basta osservare ciò che avviene in un fiore di salvia, per restare stupiti dal meraviglioso meccanismo posto in atto per favorire l’impollinazione incrociata.

Quando un’ape, attirata dal profumo o dal nettare, si appoggia sul petalo più basso per entrare nel fiore, preme su una speciale levetta che fa abbassare lo stame. Questo, che è già incurvato dal peso dell’antera matura, va a toccare il dorso peloso dell’insetto e lo cosparge di polline. L’ape poi vola su un altro fiore e l’operazione si ripete. Ma la salvia è una di quelle piante che fanno maturare prima le antere e poi il pistillo. Così quando l’insetto giunge su un fiore con le antere avvizzite vi trova un pistillo maturo, che incurvandosi con lo stesso meccanismo va a raccogliere il polline di altri fiori sul dorso dell’ape, fecondandosi.

I frutti

Quando il polline, al momento della fioritura, viene portato sulla stimma per opera, o degli insetti, o del vento, o di altri agenti, si ha la fecondazione degli ovuli. Avvenuta questa, gli ovuli  si trasformano in semi mentre le parti dell’ovario si gonfiano, si fanno carnose, tonde, colorite, oppure, a seconda dei casi, solide, fibrose: sta formandosi il frutto. Per noi i frutti sono il piacevole completamento dei pasti, ma per la pianta rappresentano un momento importantissimo e delicato della sua vita. Il frutto protegge il seme e serve a disseminarlo nel terreno.
Per il botanico i frutti si dividono in due categorie: carnosi e secchi. I primi sono pieni di polpa carnosa, turgida, ricca di succo e ci richiamano subito alla mente le ciliegie, le pesche, le mele, le pere.
I frutti secchi non hanno una parete così succosa come i loro parenti carnosi. Ne esistono molte varietà di cui le principali sono: la noce, il legume, la cariosside. Oltre a i veri frutti, esistono anche i falsi frutti alla cui formazione concorrono, oltre all’ovario, altre parti del fiore.
Per esempio il vero frutto della fragola è formato da quei granellini neri che ne costellano la polpa e che vengono generalmente ritenuti semi. Altri falsi frutti sono il fico e il pomo.

I fuoriclasse della botanica

Ecco alcuni semi, fiori, frutti, piante ed alberi che sono veri e propri campioni mondiali di  qualche specialità che ti indicherò.
Il seme più grosso: cocco.
Il fiore più grande: bolo.
Il frutto più voluminoso: turien.
L’albero più alto: sequoia.
L’albero più grosso: baobab.
Il legno più leggero: balsa.
Il legno più pregiato: ebano.
La pianta più delicata: sensitiva.
La pianta più ricca di olio: sesamo.
La pianta che piange di più: vite.
L’albero europeo più longevo: tiglio.

Le sequoie

Le sequoie sono famose per le dimensioni gigantesche e per la longevità. Gli esemplari più alti e più vecchi hanno addirittura un nome proprio e sono severamente protetti. Vi sono due specie di sequoie: la gigante e la sempreverde (ma anche la prima conserva le foglie verdi d’inverno). Attualmente la sequoia gigante di maggiori dimensioni è la General Sherman, che ha quasi 4.000 anni ed è altra 88 metri. Il suo diametro alla base è di circa nove metri. Le sequoie sempreverdi sono meno longeve, ma raggiungono le altezze maggiori. La Founder’s Tree, che si trova in California, è alta ben 110 metri. Il suo tronco però è meno massiccio ed ha alla base un diametro di quattro metri e mezzo.  Il principale carattere che distingue le due specie è dato dalla forma e dalla disposizione delle foglie Nella sequoia sempreverde sono lineari e coriacee, lunghe un centimetro, lisce e aghiformi, con l’estremità appuntita; nella sequoia gigante sono molto più piccole, a forma d brattee appuntite, e disposte sui rametti come tante embrici. Entrambe le specie producono pigne, più semplici e piccole nella sequoia sempreverde. I tronchi hanno corteccia rossastra molto screpolata e legno leggero e resistente, rossiccio, poco pregiato.

Le piante che danno le spezie

Queste piante devono la loro speciale natura ad oli essenziali che esse contengono, e mentre di alcune mangiamo il frutto, come il pepe comune, la noce moscata e la vaniglia, di altre, quali il cinnamomo e la cassia, usiamo la corteccia e, nel caso dello zenzero, la radice.
La spezia più usata è il pepe, del quale si riconoscono diverse varietà. Quella più comune, conosciuta in commercio come pepe nero, è la bacca macinata di una pianta che cresce in India e che viene coltivata anche in altri paesi, compresi Giava e Sumatra.
Si tratta di una pianta rampicante o strisciante, una liana, con lo stelo di colore scuro, i cui rami, che si curvano verso terra, portano spighe di fiori verdi, dai quali si formano poi bacche d’un rosso chiaro, della grossezza di un pisello. Queste bacche, una volta seccate, costituiscono il pepe in grani del commercio. Una buona pianta di pepe produce da due a tre chilogrammi di frutti.
Nelle piantagioni, il pepe è sempre sostenuto da pali o da alberi piantati appositamente. Anzi, questi ultimi sono preferiti perchè la pianta prospera meglio dove può godere un po’ d’ombra. Le bacche vengono raccolte quando il loro colore si tramuta dal verde al rosso, periodo nel quale sono più piccanti, e vengono poi stese su stuoie, a seccare al sole. Seccando, diventano nere e grinzose, ed in questo stato sono dette pepe nero.

Palma da cocco

La palma da cocco è definita “il re dei vegetali” per la quantità di prodotti che da essa si ricavano. E’ un bell’albero dal fusto  robusto, alto fino a trenta metri e terminante con un bel ciuffo di foglie pennate, ciascuna delle quali è lunga da quattro a cinque metri. All’ascella delle foglie si sviluppano i fiori maschili e femminili, raggruppati in piccole inflorescenze. I frutti che ne derivano sono le ben note drupe ovali, pesanti fino a due chili. Sull’albero però le noci di cocco non hanno l’aspetto bruno scuro che conoscete.  Esse sono rivestite da uno spesso strato fibroso, di colore verde, che viene asportato prima di mettere il frutto in commercio. Con quelle fibre si fabbricano stuoie e cordami. Una palma più produrre anche una decina di mazzi di noci, ciascuno composto di dieci o dodici frutti. Sotto il bruno strato legnoso, che viene a volte utilizzato per fare bottoni, la noce di cocco presenta il seme, cioè quella polpa bianca mangereccia, ricca di zuccheri grassi e proteine, che viene venduta a spicchi anche da noi. Questa polpa, disseccata, rappresenta la copra da cui si ricava l’olio di cocco, usato per la fabbricazione di cosmetici, profumi, margarina e saponi. Con i residui opportunamente triturati si ottiene un buon foraggio.

Il segreto degli alberi

Il mondo è davvero meraviglioso in tutti i suoi esseri e in tutti i suoi aspetti particolari. Prendiamo, ad esempio, gli alberi: che cosa c’è di apparentemente più semplice? Ma proviamo ad osservare e a studiare come si nutre la pianta, come respira e traspira, quali delicate e vitali funzioni assolvono le radici e le foglie. Ci troveremo davanti a segreti meravigliosi, che ci lasceranno stupiti e incantati. E’ appunto ciò che capita a Mario, il protagonista di questo racconto. Durante una passeggiata in montagna, conversando col suo papà, il bambino viene a conoscenza dei più delicati segreti degli alberi, fa perfino conoscenza con una fatina che ha nome Clorofilla. Volete conoscerla anche voi?

A mezza costa i prati cessavano, limitati da una siepe spinosa, e aveva inizio il bosco. Un bosco fitto, folto, ombroso, tutto tremolante d’occhi di sole, in una penombra azzurrina dove gli insetti ronzavano infaticabile nel misterioso silenzio del mattino.
“Com’è fresca l’aria sotto gli alberi!”, esclamò Mario respirando a pieni polmoni, appena il sentiero si fu inoltrato nel mezzo del bosco.
Il babbo si fermò, prese il fazzoletto e si asciugò il sudore sulla fronte.
“Si sta bene qui sotto”, disse. “L’aria è fresca, ma è anche pura, frizzante, sottile: sembra di sentire l’ossigeno sotto il naso…”, e respirò a sua volta a pieni polmoni.
“Sapresti dirmi”, riprese il babbo, “perchè l’ombra, sotto gli alberi, è così fresca?”
“Perchè le foglie riparano dal sole”, rispose Mario. Ma il babbo scosse la testa.
“Questo è vero solo in parte. Anche una tenda può riparare dai raggi del sole, e forse meglio delle foglie che, come vedi, lasciano giungere degli spiragli luminosi fin sul sentiero. Eppure sotto una tenda l’aria diventerà presto asciutta e calda. Mentre nel bosco questo non succede mai. Ci deve essere un’altra ragione…”
Mario rimase pensieroso. Non sapeva che dire. E certo, anche molti di voi non avrebbero saputo che cosa rispondere. Allora il babbo riprese a parlare.
“Non hai mai sentito dire che gli alberi respirano, proprio come gli uomini? Guarda questa foglia. A occhio nudo non si vede che ha una superficie ruvida, percorsa da sottili nervature. Ma osservata al microscopio essa è tutta punteggiata di minuscole boccucce, dette stomi. L’apertura di queste boccucce è sottilissima, di 0,00005 millimetri, in modo che non vi entrano né polvere né liquidi; solo i gas possono passare, ed entrano ed escono secondo un ordine meraviglioso”.
“Ma a che servono queste boccucce, se sono così piccole?”
“A che servono? Intanto, devi sapere che, se queste boccucce sono piccole, sono però numerosissime. Pensa che, per ogni millimetro quadrato ce ne sono in media 200, e che una quercia, tutto sommato, ne ha parecchi miliardi. E ora vediamo un po’ a che cosa servono. Ma permettimi prima una domanda: come si nutrono le piante?”
“Attraverso le radici!” rispose Mario, che l’aveva sentito tante volte.
Il babbo rimase un istante in silenzio, poi riprese: “In un certo modo sì, ma non è del tutto esatto. Vedi, le radici assorbono dal terreno sostanza minerali inorganiche e cioè alcuni sali che si trovano disciolti nell’acqua che imbeve la terra. Le radici li assorbono e li spingono su su lungo il tronco. Ma questi sali non sono ancora un cibo pronto per essere assimilato dalla pianta. Sono ancora, come dicono gli studiosi, linfa grezza. Questa linfa grezza deve subire una trasformazione che la muti da sostanza inorganica in sostanza organica. E’ a questo punto che entrano in funzione le foglie e quella specie di fatina verde che si chiama Clorofilla. Questa fatina, che non  è altro che una sostanza speciale, ha la proprietà di saper prendere l’anidride carbonica che è nell’atmosfera e che attraverso gli stomi, quelle famose boccucce, è entrata nella foglia. Sotto l’azione della luce, la clorofilla scinde l’anidride carbonica nei suoi elementi: carbonio e ossigeno. Trattiene il carbonio e manda fuori l’ossigeno, sempre attraverso quelle famose boccucce…”
“Ecco perchè l’aria è limpida e pura sotto gli alberi! I nostri polmoni hanno bisogno di ossigeno e queste boccucce delle foglie ce lo restituiscono puro e semplice”.
“E perchè?”
“Ricordi quella linfa grezza che, assorbita dal terreno, sta salendo lungo il fusto? E’ composta di sostanze inorganiche. Ora questa magica trasformazione avviene proprio con l’intervento del carbonio che, combinandosi con le materie prime portate su dalla linfa, le muta in amidi e in zuccheri che scorrono poi in tutta la pianta, dal più alto ramo giù giù fino alle radici, nutrendo tutte le cellule. Ora capisci perchè non è esatto dire che la pianta si nutre attraverso le radici. Le radici offrono il materiale alla nutrizione, la linfa grezza; ma è nelle foglie che la linfa grezza si trasforma in cibo, in amidi e in zuccheri… Le foglie sono dei veri e propri laboratori chimici. Con l’intervento della clorofilla, sotto l’azione della luce, scompongono l’anidride carbonica in ossigeno e carbonio. Rigettano l’ossigeno e trattengono il carbonio. E col carbonio, attraverso una serie di reazioni chimiche, trasformano i sali minerali assorbiti dalle radici in sostanze organiche, ne fanno un cibo perfetto, pronto a entrare in circolazione attraverso tutto l’albero. Questa trasformazione, che avviene nelle foglie, si chiama fotosintesi clorofilliana…”.
Mario era rimasto a bocca aperta e ora guardava le foglie con sguardo quasi religioso.
“E’ davvero una meraviglia…”, disse sottovoce.
“E ora”, riprese il babbo, “se ti domandassi perchè l’aria è così fresca e così pura sotto gli alberi, che cosa mi risponderesti?”
“Risponderei che tutti dipende dal fatto che la foglia assorbe l’anidride carbonica, la scompone, trattiene il carbonio e manda fuori l’ossigeno…”
“Giusto, ma questo spiega soltanto perchè l’aria sia pura… Non spiega ancora perchè è sempre così fresca e umida. Guarda questo muschio, è tutto bagnato, umido di rugiada… Perchè? Nella fotosintesi clorofilliana, non tutta l’acqua che trasporta su, verso le foglie, le sostanze minerali assorbite dal terreno, viene utilizzata. L’acqua superflua viene eliminata attraverso gli stomi, assieme all’ossigeno che la pianta non utilizza. E quelle famose boccucce la cacciano fuori sotto forma di vapore acqueo. Pensa che una quercia media, nei cinque mesi a cavallo tra la primavera e l’estate, traspira ben centoundici tonnellate d’acqua… Le pompa su dalle radici, se ne serve, e poi la getta fuori, come facciamo noi quando sudiamo, in un continuo ricambio”.
“Allora anche le piante, oltre a nutrirsi e a respirare, sudano…”
“Proprio così; e questo fenomeno, che si chiama traspirazione, rende l’aria attorno sempre fresca, sempre umida… Ma tu hai detto una cosa a cui io ho accennato solo di sfuggita. Hai detto che le piante respirano. Ma quando? Come?”
“Quando assimilano il carbonio e mandano fuori l’ossigeno”.
“E questo quando avviene?”.
“Di giorno”.
“E perchè proprio di giorno? Non potrebbe avvenire anche di notte?”.
“No”, rispose Mario dopo un attimo di perplessità. “Non può avvenire, perchè la clorofilla, per scindere l’anidride carbonica in carbonio e in ossigeno, ha bisogno della luce. L’hai detto tu. E di notte la luce non c’è”.
Il babbo lo guardò sorridendo. Era contento. Mario aveva proprio ragione. Ma c’erano molte cose da precisare e il babbo riprese con calma: “Vedi, quella che tu chiami respirazione, e cioè l’eliminazione dell’ossigeno, è più propriamente una operazione della fotosintesi clorofilliana. E hai ragione di dire che la luce vi è necessaria e che pertanto avviene solo di giorno. Ma la respirazione è una cosa del tutto diversa, è proprio il contrario della fotosintesi, e perciò avviene di notte, quando non c’è la luce. In questo caso, la pianta trattiene l’ossigeno e espelle l’anidride carbonica. Per questo è pericoloso dormire di notte sotto gli alberi. Quanto l’aria è ricca di ossigeno durante il giorno, altrettanto è ricca di anidride carbonica durante la notte. E quindi è dannosa per l’uomo”.
Intanto, camminando passo passo, erano giunti a una radura erbosa. Il bosco si apriva all’improvviso, lasciava irrompere la luce in tutto il suo fulgore e, oltre gli speroni del monte, apriva un vasto orizzonte con la linea azzurra del mare.
Il vento, tra le foglie, faceva un rumore alto e lontano.
Com’era bello guardare da lassù, come affacciati ad un balcone proteso sul mare, e ascoltare il bosco, coi suoi ronzii impercettibili, con la sua musica aerea di rami e di foglie.
Mario guardava meravigliato, ma pensava ancora alle piante, ai loro strani e meravigliosi segreti.
(L. Ardenzi)

Osserva un seme

Potrai facilmente procurarti fagioli, ceci, lenticchie, piselli e fave (secchi), o chicchi di grano, di orzo o di granoturco. Essi rappresentano i semi delle piante cui appartengono: da essi, in opportune condizioni ambientali, germoglieranno le nuove piante. Fagioli, ceci, fave, piselli sono semi di leguminose; i chicchi di grano, di orzo, di granoturco sono semi di graminacee.
Osserva la forma di un seme di leguminosa: esso è fornito di un tegumento esterno, facilmente asportabile; tale tegumento serve per la protezione del seme stesso. Asportando il tegumento, il seme si divide facilmente in due parti: i due cotiledoni del seme. Tra i due cotiledoni, verso uno dei due poli del seme, potrai notare l’embrione, che non sempre può essere osservato  con facilità ad occhio nudo: esso tuttavia può essere notato facilmente, perchè può essere staccato dal resto del seme.
L’embrione è la parte più importante di tutto il seme, perchè da esso inizierà lo sviluppo della nuova pianta. Nell’embrione, anche se non sempre l’osservazione è facile, esistono una radichetta, un fusticino ed una piumetta.  Dalla radichetta avrà origine la radice della nuova pianta, dal fusticino si svilupperà il nuovo fusto e dalla piumetta avranno origine le prime foglioline della nuova pianta. A queste parti bisogna aggiungere i cotiledoni, riserva di nutrimento. Altra riserva di nutrimento è l’albume che accompagna le parti del seme che abbiamo già citato.
Sia l’albume che i cotiledoni rappresentano riserve di nutrimento: in alcuni semi i cotiledoni sono molto sviluppati e l’albume è inesistente o quasi come nel caso dei semi di leguminose, mentre in altri semi i cotiledoni sono poco sviluppati e il seme è ricco di albume.
I semi di graminacee sono ricchi, ad esempio, di albume farinoso, che costituisce gran parte del seme. Osservando un seme di graminacea non riuscirai facilmente a staccare il tegumento esterno del seme stesso, che non risulta diviso in due parti: il seme di una graminacea ha un solo cotiledone, e sarà più difficile l’osservazione dell’embrione.
Se il seme di una pianta ha due cotiledoni, la pianta è detta dicotiledone; se il seme, invece, ha un solo cotiledone, la pianta è una monocotiledone.

La germinazione del seme

Il seme, se posto nelle opportune condizioni ambientali, germoglia. Il principale fattore della germinazione è l’umidità.
Poni alcuni semi di leguminose o di graminacee su uno strato di ovatta, che avrai cura di tenere sempre umido. Noterai che i semi si gonfieranno fino a rompere il loro tegumento, e che si vedrà spuntare l’estremità appuntita della radichetta. Se osservi in questo particolare momento il seme, aprendolo con attenzione, puoi facilmente notare le tre parti essenziali dell’embrione: radichetta, fusticino, piumetta.
Poni alcuni semi sul fondo di un vaso di vetro, alto e dall’imboccatura larga, e tienili umidi poggiandoli, come nella precedente esperienza, su uno strato di ovatta. Chiudi il vaso e lascia passare un po’ di tempo, tenendo il vaso al buio. Se scopri il vaso lentamente e vi introduci un fiammifero acceso, questo si spegne. I semi hanno consumato l’ossigeno presente, sviluppando anidride carbonica. Se lasci il vaso chiuso la germinazione si arresta. I semi, durante la germinazione, respirano.
Poni alcuni semi nelle stesse condizioni della precedente esperienza,  introducendo tra i semi un termometro e lasciando il vaso scoperto. Noterai che il termometro segnerà, dopo un certo tempo, una temperatura maggiore  di quella segnata all’inizio. I semi, durante la germinazione, generano calore.
Poni alcuni semi lungo le pareti di un vaso di vetro, piuttosto in alto, e poni dietro ad essi un foglio di carta assorbente o da filtro che ricopra le pareti del vaso. Nell’interno del vaso introdurrai del terriccio, che avrai cura di mantenere umido. Potrai anche riempire il bicchiere con muschio o cotone idrofilo, sempre umidi. Potrai così osservare la germinazione del seme ed il primo sviluppo della pianta. Noterai che il seme si gonfia fino a rompere il tegumento esterno; spunta poi la radice che, indipendentemente dalla posizione del seme, si rivolge verso il basso; successivamente spunterà la piumetta che si rivolgerà verso l’alto, fino a fuoriuscire dal vaso. I cotiledoni forniscono il nutrimento necessario alla pianta in questo primo stadio della loro vita. Essi possono restare sottoterra (e si diranno ipogei) o venir fuori con la pianta (e si diranno epigei). In quest’ultimo caso i cotiledoni assumono il colore verde tipico delle foglie.
Prepara più vasi con terriccio e affonda in essi alcuni semi. Poni questi vasi nelle più diverse condizioni di luce: in piena luce, in penombra, al buio completo. Ciò ci servirà per le future esperienze.
In uno dei vasi che hai posto in piena luce, potrai seguire, quando la pianta sarà germogliata, le varie fasi del suo accrescimento, accrescimento che potrai misurare ad intervalli regolari. Noterai che esso è più rapido agli inizi della vita della pianta, più lento successivamente; ma la pianta comincia a presentare gemme, da cui si svilupperanno altre foglie. Potrai anche notare che lo sviluppo della pianta in terriccio non solo è più rapido di quello della pianta su letto umido di ovatta, ma è completo. Ciò è dovuto al fatto che la pianta sul letto umido di ovatta può avere nutrimento soltanto dalle sostanze contenute nei cotiledoni, mentre la pianta in terriccio, una volta sviluppata, è in grado di assorbire sostanze nutritive dal terriccio stesso.
(U. Sardi – “Osservazioni ed elementi di Scienze”)

Dimostriamo che un seme germina solo in presenza di aria

Un seme è, come sapete, una cosa viva. Come tale dunque respira, si nutre e risente dei fattori ambientali (aria, umidità, temperatura e luce), che possono favorire o ostacolare la nascita di una pianta, cioè la germinazione del suo seme.

Materiale: 2 vasetti da fiori, terra soffice mista a sabbia, una manciata di semi (fagioli o fave o ceci o frumento), acqua naturale, acqua bollita a lungo.
Procedimento: seminare in ciascun vasetto (contrassegnandolo con un cartellino numerato) un ugual numero di semi della stessa qualità. Innaffiare il vasetto 1 con acqua naturale e quello 2 con acqua bollita a lungo e fatta raffreddare (quest’acqua, bollendo, avrà perso tutta l’aria che conteneva). Coprire i vasetti con lastre di vetro perchè l’umidità non si disperda. Disponete i due vasi in ambienti caldo (20-22 gradi). Lasciare tutto così per qualche giorno, poi, in base a quanto avete notato, scrivete le vostre osservazioni, che costituiranno il vostro “Giornale delle scienze”. I semi del vasetto 1, innaffiato con acqua naturale, sono germinati normalmente in giorni  …. ; quelli del vasetto 2, bagnati con acqua priva d’aria, non sono germinati. Dunque un seme per germinare ha bisogno di aria, cioè di ossigeno per respirare.

Materiale: 3 vasetti da fiori, semi, terra soffice.
Procedimento: mettere una stessa quantità di terra nei tre vasetti (contrassegnandoli coi numeri 1, 2 e 3). Assicuratevi che la terra del primo vasetto sia ben asciutta (potreste introdurla per qualche minuto nel forno, perchè perda tutta l’umidità). Seminate nei tre vasetti un ugual numero di semi, tutti dello stesso tipo, e innaffiate soltanto i vasi 2 e 3, lasciando asciutto il primo. Innaffiate una volta al giorno il vaso 2, due volte al giorno e abbondantemente il vaso 3; continuate a non innaffiare il vaso 1. Il foro di scollo del vasetto 3 dovrebbe essere chiuso con un tappo, perchè l’acqua non esca dal vaso. Redigete il vostro “Giornale delle scienze”. Ora sappiano che nel vasetto con terra completamente asciutta la germinazione ….; in quello bagnato normalmente ….; in quello bagnato troppo ….. Dunque un seme per poter germogliare, oltre all’…. e al …. ha bisogno anche di ….; ma questa, se in quantità eccessiva, …

Materiali: 2 vasetti da fiori, i soliti semi, terra soffice.
Procedimento: seminate in ogni vasetto uno stesso numero di semi e copriteli con due o tre centimetri di terra umida. Collocatene uno in piena luce, l’altro in un luogo buio (in cantina o coperto da un panno nero). Redigete il “Giornale delle scienze”. Ora sappiamo che la germinazione nel vasetto 1 è avvenuta … e dopo giorni … nel vasetto 2 collocato in … è avvenuta dopo … giorni. Dunque un seme per germogliare ha bisogno di …

Le foglie

Non occorre essere grandi osservatori per sapere che le foglie hanno forme svariate e diversissime. Tutti voi avete visto esemplari di foglie semplici, composte, palmate o pennate. Su un fatto però difficilmente avrete fermato l’attenzione, e cioè sulla loro continua freschezza. Pensate: se durante le ore del solleone, in piena estate, mettete dei fogli di carta o dei frammenti di qualsiasi materiale al sole, dopo qualche ora li troverete molto caldi. Se si tratterà di metallo, scotteranno addirittura. Le foglie degli alberi, invece, rimangono esposte al sole tutto il giorno, ma se le toccate sono sempre fresche come se non fossero state colpite dai suoi caldi raggi. Questa è una delle meraviglie di fronte alle quali ci troviamo, quando osserviamo quegli importantissimi organi della pianta che sono le foglie. La loro continua freschezza è dovuta al fatto che esse evaporano incessantemente una incredibile quantità di acqua, residuo delle complicate trasformazioni chimiche che avvengono nelle loro parti interne. Una pianta di granoturco durante l’estate può trasudare ben duecento litri d’acqua. Una betulla nello stesso periodo ne traspira ben settemila litri. Questo vi dice anche quanto servano le piante al ricambio dell’ossigeno nell’atmosfera.

Le foglie che si mangiano

Avete mai calcolato quanti sono i tipi di foglie che si consumano nell’alimentazione umana? Il prezzemolo, il basilico, la salvia, il rosmarino,… Se poi pensiamo a quelle che servono per l’alimentazione animale, il numero si allarga a dismisura. Si può anzi affermare che non c’è tipo di foglia che non abbia il suo amatore, sia esso bruco o roditore o erbivoro, il quale la preferisce ad altre specie.
E’ esatto quindi affermare che le foglie nutrono non solo la pianta che le ha generate, ma tutto il mondo vivente. Il loro scopo primo, però, è quello di nutrire la pianta; questo è evidente.
Utilizzando l’acqua, l’aria e qualche sostanza minerale succhiata dal suolo esse sono capaci di produrre lo zucchero e gli amidi, che sono alla base di ogni sostanza organica. A rendere possibile questa trasformazione è la clorofilla, l’elemento verde della foglia, che capta l’energia del sole e se ne serve per dissociare gli atomi di ossigeno, di idrogeno e di carbonio che compongono aria e acqua per unirli in modo diverso e produrre così la materia organica. Si tratta di un’operazione a tal punto delicata e complicata, che finora nessun laboratorio umano è riuscito a riprodurla artificialmente.

Foglie strane

Per adattarsi all’ambiente, al clima, alle particolari esigenze della pianta le foglie talora assumono forme assai strane, di cui vi diamo qualche esempio.
La foglia di Victoria regia, pur essendo molto pesante date le sue dimensioni (oltre un metro di diametro) può galleggiare sull’acqua grazie alla sua forma di vassoio a bordi rialzati e alla presenza nei suoi tessuti di numerose piccole camere d’aria.
Le foglie di Aloe spinosa, costrette a immagazzinare grandi quantità d’acqua per i periodi di siccità, diventano turgide  e carnose. In altre piante esse si trasformano in spine, in altre ancora diventano trappole per catturare gli insetti, di cui poi la pianta carnivora si nutre.
Nella vite alcune foglie si trasformano in quegli organi di attacco che si chiamano viticci. Occorre ricordare inoltre che i fiori sono particolari trasformazioni delle foglie. Come vedete, si tratta di organi complicati e mutevoli.

Dettati e materiale didattico sulle piante: Trovi altro materiale sulla pianta, il fiore e l’impollinazione qui: https://www.lapappadolce.net/materiale-didattico-sul-fiore/

Dettati e materiale didattico sulle piante. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo sito non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA

L’INCASTRO DELLA PIANTA. Presentazione ed esercizi per bambini a partire dai 3 ai 5 anni.

L’incastro della pianta utilizzato per la presentazioni è offerto da :

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA

Materiale:
– incastro della pianta

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Presentazione 1
(presentazione del materiale)

Presentazione
– invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio
– andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione,  indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica
– diciamo: “Questo è il cofanetto degli incastri della botanica, e questi sono gli incastri della botanica”
– mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della pianta e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto
– arrivati al posto diciamo: “Questo è l’incastro della pianta. Su questo incastro noi possiamo vedere le parti della pianta”
–  attiriamo l’attenzione del bambino sugli incastri, e diciamo che si tratta di un materiale molto utile a tutti e che lo maneggeremo  con delicatezza e cura


– mostriamo al bambino come prendere i pezzi in modo corretto utilizzando i pomoli, per rimuoverli dalla tavola
– prendiamo il primo incastro e posiamolo sul tappeto
– chiediamo al bambino di rimuovere i rimanenti incastri e metterli sul tappeto

– dopo aver rimosso tutti i pezzi, prendiamone uno per i pomoli e mostriamo al bambino come riposizionarlo correttamente nell’incastro

– invitiamo il bambino a proseguire l’attività con gli altri incastri
– quando il lavoro è concluso, riponiamo l’incastro della pianta nel cofanetto degli incastri della botanica, se lo abbiamo a disposizione, oppure sullo scaffale della botanica
– incoraggiamo il bambino a prendere dal cofanetto gli incastri dei vegetali e lavorare con essi ogni volta che lo desidera.

Scopo:
– introdurre i nomi delle parti dell’albero
– dare informazioni particolari sulle diverse parti della pianta
– consentire al bambino di confrontare la morfologia della pianta con quella degli esseri umani.
– sviluppare interesse e rispetto verso le piante.

Controllo dell’errore:
– visivo e tattile
– interconnessione degli incastri tra loro

Età consigliata: dai 4 anni

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Presentazione 2
(nominare le parti della pianta)

Materiali:
– incastro della pianta
– alfabeto mobile (facoltativo)
– cartellini della parte della pianta pronti (oppure cartellini in bianco e penna nera).

Nomenclatura utilizzata:  tronco, fogliame, radice principale, radici laterali, radichette, ramo primario, ramo secondario, sistema delle radici.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA – Presentazione:
– invitiamo un bambino che ha già lavorato col cofanetto della botanica e chiediamogli di aiutarci a stendere il tappeto e a portare l’incastro della pianta sul piano di lavoro
– togliamo i primi tre incastri nominandoli, cioè dicendo ad esempio: “fogliame, tronco, radici”
– ripetere i nomi: “fogliame, tronco, radici”
– chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto il tronco?”
– quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi tre pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro del fogliame?”
– fatto questo chiediamo: “Quale parte della pianta vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di una parte e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto
– ripetiamo questa lezione in tre tempi con le altre parti della pianta, finché il bambino conoscerà i nomi di tutti gli incastri
– se lo riteniamo efficace, mentre introduciamo i nomi delle parti possiamo darne una breve descrizione
– se il bambino mostra vivo interesse per questo genere di presentazioni, continuiamo nei giorni seguenti, finché non avrà acquisito familiarità con i nomi delle parti della pianta
– per l’esercizio della lettura e della scrittura togliamo un incastro alla volta dalla tavola e componiamo la parola corrispondente con l’alfabeto mobile

(vedi anche la presentazione seguente).

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Presentazione 3
(scrivere i nomi delle parti della pianta)

Materiali:
– incastro della pianta
– alfabeto mobile.

Nomenclatura utilizzata:  tronco, fogliame, radice principale, radici laterali, radichette, ramo primario, ramo secondario, sistema delle radici.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA – Presentazione:
– invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio
– andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione,  indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica
– mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della pianta e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto, quindi chiediamogli di portarci anche l’alfabeto mobile
– mettiamo l’alfabeto mobile lungo il margine superiore del tappeto
– mettiamo l’incastro della pianta accanto all’alfabeto mobile
– rimuoviamo il primo pezzo e mettiamolo sul tappeto
– nominiamo la parte della pianta corrispondente
– con l’alfabeto mobile componiamo la parola a destra del pezzo


– continuiamo così con ogni altro pezzo dell’incastro della pianta


– rimettiamo le parti nell’incastro
– rimettiamo le lettere nella scatola dell’alfabeto mobile
– riponiamo il materiale nello scaffale.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA

Scopo:
– nominare le parti della pianta
– scrivere il nome delle parti della pianta.

Controllo dell’errore:
– interconnessione degli incastri tra loro.

Età consigliata: dai 4 anni.

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Presentazione 4

Materiale:
– una pianta
– incastro della pianta
– set per le attività con gli incastri della pianta.

Se il bambino è in grado di leggere, scriviamo sui cartellini in bianco i nomi delle parti della pianta ed abbiniamoli agli incastri, oppure introduciamo i cartellini pronti e i fogli di controllo.

I set per le attività con gli incastri della botanica sono molto interessanti perché isolano le singole parti dell’albero, della foglia e del fiore riportando il nome di ogni parte.

Si possono realizzare facilmente anche in proprio riportando i margini dell’incastro in nero su foglio bianco e preparando i cartellini da abbinare. Fogli e cartellini possono essere plastificati.

Per l’incastro della pianta ho preparato:
– foglio di lavoro senza nomi
– foglio di lavoro con nomi
– cartellini dei nomi.

PDF qui:


Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Presentazione a (foglio di lavoro con nomi)

– mostriamo una pianta in vaso o andiamo in giardino a guardare un albero
– chiediamo ai bambini di toccarlo, seguirne i margini, annusarlo, guardarlo
– mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della pianta
– toccando le parti nominate, ricordiamo insieme i nomi delle parti della pianta che conosciamo e indichiamole sugli incastri
– mettiamo accanto all’incastro della pianta il foglio di lavoro con i nomi

– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro
– chiediamo a un bambino di leggere il nome corrispondente sul foglio di lavoro

– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro

– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA

Presentazione b (foglio di lavoro senza nomi)
– mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della pianta
– mettiamo accanto all’incastro della pianta il foglio di lavoro senza nomi

– distribuiamo i cartellini tra i bambini (oppure mettiamoli in ordine sparso sul piano di lavoro)
– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro
– chiediamo ai bambini chi pensa di avere il cartellino da abbinare (oppure chiediamo a un bambino di cercarlo tra quelli sul piano di lavoro)

– posizioniamo il cartellino sul foglio di lavoro
– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro

– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Attività che possiamo proporre con l’incastro della pianta

Le attività legate all’utilizzo dell’incastro della pianta possono essere di discriminazione visiva, di discriminazione tattile,  di nomenclatura, di preparazione alla scrittura, di lettura; possono coprire varie fasce d’età:
– discriminazione visiva: lavorare con gli incastri; assemblare le parti della pianta su un foglio di controllo; gioco del “Cosa manca”
– discriminazione tattile: gioco del “Cosa manca”, borse del mistero, assemblaggio alla cieca
– preparazione alla scrittura: ricreare l’incastro col ritaglio
– sviluppo del linguaggio: gioco del detective, fogli di controllo e cartelli, nomenclature, definizioni.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Lavorare con gli incastri

E’ l’attività più ovvia. Il bambino più piccolo può avere bisogno di procedere per più tentativi ed errori, mentre i più grandi sono in grado di mettere facilmente i pezzi negli incastri.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Assemblare la pianta su un foglio di controllo

Una volta che un bambino sa maneggiare gli incastri con facilità nella cornice, può provare a costruire la pianta utilizzando un foglio di controllo.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Gioco: “Cosa manca?”

– mettiamo l’incastro  completo davanti al bambino
– chiediamo al bambino di voltarsi o di chiudere gli occhi (oppure bendiamolo), togliamo un pezzo dalla tavola e nascondiamolo
– chiediamo al bambino di guardare e di dirci il nome della parte mancante
– il gioco può essere reso più difficile, togliendo due pezzi invece di uno; oppure chiedendo di rispondere non a voce, ma scrivendo o disegnando la parte mancante
– si potrebbe anche chiedere di riconoscere al tatto la parte mancante (cioè tenendo gli occhi chiusi o con la benda sugli occhi).

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Incastro alla cieca

Il bambino può ricomporre l’incastro  con gli occhi bendati. Ricordate che è più semplice, all’inizio, se tutti gli incastri sono posizionati ordinatamente a lato della tavola, prima di bendare il bambino.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Borsa del mistero

– scegliamo un pezzo dell’incastro e mettiamolo in una piccola borsa del mistero
– il bambino tastando la borsa (oppure bendato) identifica la parte
– si possono anche inserire nella borsa più pezzi alla volta, o anche tutti.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Ricreare l’incastro col ritaglio

Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura, e si può rendere più interessante tracciando con la matita i pezzi e poi ritagliandoli, oppure tracciando i pezzi direttamente col punteruolo.

Materiale:
– incastro della pianta
– fogli di carta colorata
– foglio di carta bianca
– matita
– punteruolo o forbici
– colla da carta

Presentazione:
– chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale
– chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo
– mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta colorato e mostriamo come tracciarne il contorno con il punteruolo. Possiamo scegliere di punteggiare interamente il contorno, oppure di fare fori distanti tra loro di circa mezzo centimetro, che serviranno come guida per le forbici
– con l’aiuto dei bambini ritagliamo tutte le parti della pianta nello stesso modo
– al termine componiamo la pianta sul foglio di carta
– incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo
– se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Ricreare l’incastro col disegno e preparare fogli di controllo da soli

Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura.  Creare il disegno completo dell’incastro è più impegnativo rispetto al collage, perché richiede che il bambino posizioni correttamente i pezzi sul foglio bianco prima di tracciarli.

Materiale:
– incastro della pianta
– foglio di carta
– matita e matite colorate.

Presentazione:
– chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale
– chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo
– mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta e mostriamo come tracciarne il contorno con la matita
– togliamo l’incastro e coloriamo usando lo stesso colore dell’incastro originale
– prendiamo un altro incastro e posiamolo sul foglio nella stessa posizione in cui si trova nella tavola originale. Tracciamone i contorni e coloriamolo
– continuiamo allo stesso modo finché non avremo disegnato tutta la pianta
– incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo
– se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.

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Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Caccia al tesoro (o gioco del detective)

Una volta che il bambino conosce il nome di ogni parte del corpo della pianta, è possibile utilizzare i pezzi per giocare al detective:
– togliamo tutti i pezzi dall’incastro e mettiamoli a lato della tavola
– diciamo: “Sto cercando… sto cercando… un pezzo che inizia con la lettera R”
– se i bambini non indovinano aggiungiamo un suono
– quando hanno indovinato mettiamo il pezzo nell’incastro
– possiamo giocare anche con le lettere finali o centrali.

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Nomenclature in tre parti immagine, titolo 

– i bambini abbinano la scheda immagine+titolo all’immagine singola e al nome singolo
– identificano la parte corrispondente sull’incastro, prendono il pezzo e lo pongono sulle carte corrispondenti.

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Scrivere i cartellini appropriati

Se il bambino sa scrivere le prime parole, può esercitarsi a scrivere dei propri cartellini per l’incastro. In questa fase, naturalmente, non importa se qualche parola non è scritta correttamente.
Se il bambino è nella fase in cui riconosce i suoni, ma non sa gestire praticamente gli strumenti di scrittura, può utilizzare gli alfabeti mobili.

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Nomenclature in tre parti immagine, titolo, definizione

Materiale
– carte delle nomenclature delle parti della pianta (titolo, immagine, definizione)
– incastro della pianta.

Presentazione:
– mettiamo sul piano di lavoro tutte le carte delle immagini
– distribuiamo tra i bambini (o mettiamo in ordine sparso sul piano di lavoro) i titoli
– chiediamo a un bambino quale parte della pianta è evidenziato nella prima immagine. Il bambino abbina all’immagine il titolo, quindi pone su di esso l’incastro corrispondente
– proseguiamo allo stesso modo per tutte le parti della pianta
– se i bambini sanno già leggere bene, distribuiamo le carte delle definizioni e chiediamo loro di abbinarle a titoli e immagini
– se i bambini non sanno leggere bene, leggiamo noi una ad una le definizioni e discutiamo coi bambini dove è corretto metterle.

Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA

 

Botanica Montessori: incastro della foglia

Botanica Montessori: l’incastro della foglia. Presentazione ed esercizi per bambini a partire dai 3 ai 5 anni.

 

Botanica Montessori: incastro della foglia
Presentazione 1
(presentazione del materiale)

Materiali:
– incastro della foglia

L’incastro utilizzato per la presentazioni è offerto da Boboto

Presentazione
– invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio
– andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione,  indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica
– diciamo: “Questo è il cofanetto degli incastri della botanica, e questi sono gli incastri della botanica”
– mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della foglia e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto
– arrivati al posto diciamo: “Questo è l’incastro della foglia. Su questo incastro noi possiamo vedere le parti della foglia.”
–  attiriamo l’attenzione del bambino sugli incastri, e diciamo che si tratta di un materiale molto utile a tutti e che lo maneggeremo  con delicatezza e cura
– mostriamo al bambino come prendere i pezzi in modo corretto utilizzando i pomoli, per rimuoverli dalla tavola
– prendiamo il primo incastro e posiamolo sul tappeto
– chiediamo al bambino di rimuovere i rimanenti incastri e metterli sul tappeto

– dopo aver rimosso tutti i pezzi, prendiamone uno per i pomoli e mostriamo al bambino come riposizionarlo correttamente nell’incastro

– invitiamo il bambino a proseguire l’attività con gli altri incastri
– quando il lavoro è concluso, riponiamo l’incastro della foglia nel cofanetto degli incastri della botanica, se lo abbiamo a disposizione, oppure sullo scaffale della botanica
– incoraggiamo il bambino a prendere dal cofanetto gli incastri dei vegetali e lavorare con essi ogni volta che lo desidera.

Nomenclatura utilizzata: foglia, stipola, picciolo, lamina, base, margine, apice, nervatura

Scopo:
– sviluppare interesse e rispetto verso le piante
– conoscere le parti della foglia.

Controllo dell’errore:
– interconnessione degli incastri tra loro

Età consigliata: dai 4 anni

Botanica Montessori: incastro della foglia
Presentazione 2
(nominare le parti della foglia)

Materiali:
– incastro della foglia
– alfabeto mobile (facoltativo)
– cartellini della parte della foglia pronti (oppure cartellini in bianco e penna nera).

Nomenclatura utilizzata: foglia, stipola, picciolo, lamina, base, margine, apice, nervatura.

Presentazione:
– invitiamo un bambino che ha già lavorato col cofanetto della botanica e chiediamogli di aiutarci a stendere il tappeto e a portare l’incastro della foglia sul piano di lavoro
– togliamo i primi tre incastri nominandoli, cioè dicendo ad esempio: “picciolo, margine, base”
– ripetere i nomi: “picciolo, margine, base”
– chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto il picciolo?”
– quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi tre pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro del margine?”
– fatto questo chiediamo: “Quale parte della foglia vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di una parte e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto
– ripetiamo questa lezione in tre tempi con le altre parti della foglia, finché il bambino conoscerà i nomi di tutti gli incastri
– se lo riteniamo efficace, mentre introduciamo i nomi delle parti possiamo darne una breve descrizione
– se il bambino mostra vivo interesse per questo genere di presentazioni, continuiamo nei giorni seguenti, finché non avrà acquisito familiarità con i nomi delle parti della foglia
– per l’esercizio della lettura e della scrittura togliamo un incastro alla volta dalla tavola e componiamo la parola corrispondente con l’alfabeto mobile

(vedi anche la presentazione seguente).

Botanica Montessori: incastro della foglia
Presentazione 3
(scrivere i nomi delle parti della foglia)

Materiali:
– incastro della foglia
– alfabeto mobile.

Nomenclatura utilizzata: foglia, stipola, picciolo, lamina, base, margine, apice, nervatura.

Presentazione:
– invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio
– andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione,  indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica
– mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della foglia e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto, quindi chiediamogli di portarci anche l’alfabeto mobile
– mettiamo l’alfabeto mobile lungo il margine superiore del tappeto
– mettiamo l’incastro della foglia accanto all’alfabeto mobile
– rimuoviamo il primo pezzo e mettiamolo sul tappeto
– nominiamo la parte della foglia corrispondente
– con l’alfabeto mobile componiamo la parola a destra del pezzo
– continuiamo così con ogni altro pezzo dell’incastro della pianta

– rimettiamo le parti nell’incastro
– rimettiamo le lettere nella scatola dell’alfabeto mobile
– riponiamo il materiale nello scaffale.

Scopo:
– nominare le parti della foglia
– scrivere il nome delle parti della foglia.

Controllo dell’errore:
– interconnessione degli incastri tra loro

Età consigliata: dai 4 anni


Botanica Montessori: incastro della foglia
Presentazione 4

Materiale:
– foglie vere
– incastro della foglia
– set per le attività con gli incastri della foglia.

I set per le attività con gli incastri della botanica sono molto interessanti perché isolano le singole parti dell’albero, della foglia e del fiore riportando il nome di ogni parte.

Si possono realizzare facilmente anche in proprio riportando i margini dell’incastro in nero su foglio bianco e preparando i cartellini da abbinare. Fogli e cartellini possono essere plastificati.

Per l’incastro della foglia ho preparato:
– foglio di lavoro senza nomi
– foglio di lavoro con nomi
– cartellini dei nomi.

Presentazione a (foglio di lavoro con nomi):
– distribuiamo una foglia per ogni bambino e teniamone una per noi
– chiediamo ai bambini di toccarla, seguirne i margini, annusarla, guardarla
– mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della foglia
– toccando le parti nominate, ricordiamo insieme i nomi delle parti della foglia che conosciamo e indichiamola sugli incastri
– mettiamo accanto all’incastro della foglia il foglio di lavoro con i nomi

– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro
– chiediamo a un bambino di leggere il nome corrispondente sul foglio di lavoro

– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro

– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente

Botanica Montessori: incastro della foglia – Presentazione b (foglio di lavoro senza nomi)
– mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della foglia
– mettiamo accanto all’incastro della foglia il foglio di lavoro senza nomi

– distribuiamo i cartellini tra i bambini (oppure mettiamoli in ordine sparso sul piano di lavoro)

– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro
– chiediamo ai bambini chi pensa di avere il cartellino da abbinare (oppure chiediamo a un bambino di cercarlo tra quelli sul piano di lavoro)

– posizioniamo il cartellino sul foglio di lavoro
– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi del puzzle

– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.


Botanica Montessori: incastro della foglia

Botanica Montessori: incastro della foglia
Attività che possiamo proporre con l’incastro della foglia

Le attività legate all’utilizzo dell’incastro della foglia possono essere di discriminazione visiva, di discriminazione tattile,  di nomenclatura, di preparazione alla scrittura, di lettura; possono coprire varie fasce d’età:
– discriminazione visiva: lavorare con gli incastri; assemblare le parti della foglia su un foglio di controllo; gioco del “Cosa manca”
– discriminazione tattile: gioco del “Cosa manca”, borse del mistero, assemblaggio alla cieca
– preparazione alla scrittura: ricreare l’incastro col ritaglio
– sviluppo del linguaggio: gioco del detective, fogli di controllo e cartelli, nomenclature, definizioni.


Lavorare con gli incastri

E’ l’attività più ovvia. Il bambino più piccolo può avere bisogno di procedere per più tentativi ed errori, mentre i più grandi sono in grado di mettere facilmente i pezzi negli incastri.


Assemblare la pianta su un foglio di controllo

Una volta che un bambino sa maneggiare gli incastri con facilità nella cornice, può provare a costruire la foglia utilizzando un foglio di controllo.


Gioco: “Cosa manca?”

– mettiamo l’incastro  completo davanti al bambino
– chiediamo al bambino di voltarsi o di chiudere gli occhi (oppure bendiamolo), togliamo un pezzo dalla tavola e nascondiamolo
– chiediamo al bambino di guardare e di dirci il nome della parte mancante
– il gioco può essere reso più difficile, togliendo due pezzi invece di uno; oppure chiedendo di rispondere non a voce, ma scrivendo o disegnando la parte mancante
– si potrebbe anche chiedere di riconoscere al tatto la parte mancante (cioè tenendo gli occhi chiusi o con la benda sugli occhi).


Incastro alla cieca

Il bambino può ricomporre l’incastro  con gli occhi bendati. Ricordate che è più semplice, all’inizio, se tutti gli incastri sono posizionati ordinatamente a lato della tavola, prima di bendare il bambino.


Borsa del mistero

– scegliamo un pezzo dell’incastro e mettiamolo in una piccola borsa del mistero
– il bambino tastando la borsa (oppure bendato) identifica la parte
– si possono anche inserire nella borsa più pezzi alla volta, o anche tutti.


Ricreare l’incastro col ritaglio

Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura, e si può rendere più interessante tracciando con la matita i pezzi e poi ritagliandoli, oppure tracciando i pezzi direttamente col punteruolo.

Materiale:
– incastro della foglia
– fogli di carta colorata
– foglio di carta bianca
– matita
– punteruolo o forbici
– colla da carta

Presentazione:
– chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale
– chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo
– mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta colorato e mostriamo come tracciarne il contorno con il punteruolo. Possiamo scegliere di punteggiare interamente il contorno, oppure di fare fori distanti tra loro di circa mezzo centimetro, che serviranno come guida per le forbici
– con l’aiuto dei bambini ritagliamo tutte le parti della foglia nello stesso modo
– al termine componiamo la foglia sul foglio di carta
– incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo
– se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.


Ricreare l’incastro col disegno e preparare fogli di controllo da soli

Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura.  Creare il disegno completo dell’incastro è più impegnativo rispetto al collage, perché richiede che il bambino posizioni correttamente i pezzi sul foglio bianco prima di tracciarli.

Materiale:
– incastro della foglia
– foglio di carta
– matita e matite colorate.

Presentazione:
– chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale
– chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo
– mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta e mostriamo come tracciarne il contorno con la matita
– togliamo l’incastro e coloriamo usando lo stesso colore dell’incastro originale
– prendiamo un altro incastro e posiamolo sul foglio nella stessa posizione in cui si trova nella tavola originale. Tracciamone i contorni e coloriamolo
– continuiamo allo stesso modo finché non avremo disegnato tutta la foglia
– incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo
– se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.


Caccia al tesoro (o gioco del detective)

Una volta che il bambino conosce il nome di ogni parte del corpo della pianta, è possibile utilizzare i pezzi per giocare al detective:
– togliamo tutti i pezzi dall’incastro e mettiamoli a lato della tavola
– diciamo: “Sto cercando… sto cercando… un pezzo che inizia con la lettera M”
– se i bambini non indovinano aggiungiamo un suono
– quando hanno indovinato mettiamo il pezzo nell’incastro
– possiamo giocare anche con le lettere finali o centrali.


Nomenclature in tre parti immagine, titolo 

– i bambini abbinano la scheda immagine+titolo all’immagine singola e al nome singolo
– identificano la parte corrispondente sull’incastro, prendono il pezzo e lo pongono sulle carte corrispondenti.


Scrivere i cartellini appropriati

Se il bambino sa scrivere le prime parole, può esercitarsi a scrivere dei propri cartellini per l’incastro. In questa fase, naturalmente, non importa se qualche parola non è scritta correttamente.
Se il bambino è nella fase in cui riconosce i suoni, ma non sa gestire praticamente gli strumenti di scrittura, può utilizzare gli alfabeti mobili.


Nomenclature in tre parti immagine, titolo, definizione

Botanica Montessori: incastro della foglia – Materiale
– carte delle nomenclature delle parti della foglia (titolo, immagine, definizione)
– incastro della foglia .

Botanica Montessori: incastro della foglia – Presentazione:
– mettiamo sul piano di lavoro tutte le carte delle immagini
– distribuiamo tra i bambini (o mettiamo in ordine sparso sul piano di lavoro) i titoli
– chiediamo a un bambino quale parte della pianta è evidenziato nella prima immagine. Il bambino abbina all’immagine il titolo, quindi pone su di esso l’incastro corrispondente
– proseguiamo allo stesso modo per tutte le parti della foglia
– se i bambini sanno già leggere bene, distribuiamo le carte delle definizioni e chiediamo loro di abbinarle a titoli e immagini
– se i bambini non sanno leggere bene, leggiamo noi una ad una le definizioni e discutiamo coi bambini dove è corretto metterle.


Botanica Montessori: incastro della foglia

Guida didattica Montessori per la BOTANICA dai 3 ai 9 anni

“Il pianeta Terra è una creazione della vita. La vita ha creato le rocce e il suolo, ed è la vita che sostiene l’armonia della terra. Gli oceani sono mantenuti in equilibrio chimico costante grazie agli esseri viventi, e sono gli esseri viventi che mantengono la purezza dell’aria. Tutte le creature che vivono sulla terra svolgono un ruolo cosmico.
Il mantenimento della vita sulla terra dipende da molti esseri viventi diversi, ognuno dei quali ha una speciale, specifica funzione. Gli animali si nutrono vivono e si riproducono; ognuno ha un ciclo vitale che assume un ruolo particolare in relazione alla vita di altre specie. Tutti sanno, per esempio, che la scomparsa di una specie in un certo luogo ne sconvolge l’equilibrio, perché le vite di tutte le specie sono interconnesse. La vita quindi può essere considerata come un’energia che mantiene la vita stessa”.
(Educazione e pace – Maria Montessori)

Le guide sono in fase di completamento, e saranno presto disponibili in:

  • formato Album pdf (scaricabili e stampabili)
  • formato Corso (consultabili online)

Resta aggiornato visitando le pagine:

ALBUM LAPAPPADOLCE

CORSI LAPAPPADOLCE

 

I contenuti e le presentazioni relative allo studio della Botanica dai 3 ai 9 anni verranno via via pubblicati anche sul sito. Gli articoli già pubblicati sono qui:

BOTANICA MONTESSORI

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 Guida didattica Montessori per la BOTANICA dai 3 ai 9 anni

Nomenclature Montessori ORTAGGI

Nomenclature Montessori ORTAGGI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori ORTAGGI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per gli ORTAGGI ho preparato questo elenco:

  1. asparagi
  2. broccoli
  3. verza
  4. cavolo cappuccio
  5. cavolfiore
  6. carota
  7. cassava
  8. spinaci
  9. cetriolo
  10. melanzana
  11. finocchio
  12. cavolfiore romanesco
  13. fagiolini
  14. porri
  15. lattuga cappuccina
  16. lattuga gentile
  17. carciofi
  18. ortaggi
  19. cipolla
  20. pastinaca
  21. peperoni
  22. patata
  23. rapanelli
  24. cavolo rosso
  25. rucola
  26. sedano
  27. zucca
  28. pomodori
  29. peperoncini
  30. radicchio rosso
  31. zucchine

Nomenclature Montessori ORTAGGI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – ORTAGGI – 3-6 anni

Nomenclature Montessori ORTAGGI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – ORTAGGI – 6-9 anni

Nomenclature Montessori ORTAGGI
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori ORTAGGI

Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA

Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per la FRUTTA FRESCA ho preparato questo elenco:

  1. albicocca
  2. avocado
  3. banana
  4. fragole
  5. ribes nero
  6. pompelmo
  7. melograno
  8. mela
  9. nespola
  10. pesca nettarina
  11. more
  12. mirtilli
  13. melone
  14. mango
  15. litchi
  16. lime
  17. limone
  18. lampone
  19. kiwi
  20. cachi
  21. prugne
  22. uva
  23. frutti di bosco
  24. frutta
  25. arancia
  26. agrumi
  27. pera
  28. anguria
  29. fichi d’India
  30. fico
  31. ciliegia
  32. ribes rosso
  33. noce di cocco
  34. mandarino

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – FRUTTA FRESCA – 3-6 anni

NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – FRUTTA FRESCA – 6-9 anni

Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA

ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA

Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine, pittura ad acquarello. La storia segue la vita dell’albero dalla primavera al suo nuovo risveglio sul finire dell’inverno; le pitture vengono realizzate dai bambini…

Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Qui in formato ebook:

Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

C’era una volta un giovane piccolo albero: era nato in primavera, tra il tepore dell’aria e il canto degli uccelli. Viveva felice: aveva foglie bellissime, e fiori colorati che si trasformavano in grandi frutti dolci e tondi.

Acquarello steineriano – tutorial per l’albero in primavera  

Acquarello steineriano – tutorial per la fioritura degli alberi 


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Ma d’un tratto cominciò a sentirsi stanco: era settembre.

I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a perdere il loro colore e addirittura, di tanto in tanto, il vento se ne portava via qualcuna.

Venne la pioggia, e poi l’aria fredda: l’albero si sentiva sempre peggio. Non capiva cosa gli stesse succedendo. Nel giro di pochi giorni si trovò spoglio, solo, infreddolito.

Decise di andare per il mondo a cercare tutto quello che aveva perduto.

Acquarello steineriano – Tutorial per l’albero in autunno

Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Corse da Mattino d’Inverno: <<Sono solo, infreddolito, ho perso tutte le mie foglie. Sai dove le posso trovare?>>

<<Ci sono ancora alberi che ne hanno tante, prova a chiedere a loro…>>

Acquarello steineriano –  tutorial per l’albero in inverno 


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Corse dagli alberi, ma quelli gli risposero: <<Noi le foglie non le perdiamo, non sappiamo cosa dirti. Prova a chiedere a quelli uguali a te!>>

Il giovane albero cercò allora dei rami spogli simili a lui, ma anche loro erano soli e infreddoliti, proprio come lui, e non avevano risposte da dargli.

“Se mai risolverò  il mistero, tornerò ad aiutarvi”, pensò, e riprese il suo viaggio.

Acquarello steineriano – tutorial per l’abete 


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Andò dal Vento. <<Io le foglie le porto solo via, è la Pioggia che le fa crescere>>.


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Andò dalla pioggia. <<Le farò crescere solo a suo Tempo>>.


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Andò dal Tempo. <<Io so tante cose>> gli disse <<il Tempo aggiusta tutto. Non ti preoccupare, occorrono solo tanti giorni e tante notti…>>


Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine

Andò dalla Notte, ma la notte era silenziosa, e l’albero molto stanco…


Sul punto di addormentarsi, vide una fata avvicinarsi a lui.
Portava dei piccoli occhiali d’oro sul naso.
Lui le raccontò la sua storia, e lei lo capì.
Sorrise, si tolse gli occhiali, e glieli diede: <<Sono occhiali magici, con questi potrai guardarti dentro…>>.

E il giovane albero vide… Dentro di lui c’era movimento e musica. Linfa. <<Vedi caro?>> disse la fata  <<Le tue foglie ricresceranno: le hai già dentro di te…>>

 

Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto

Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto. Una proposta di lavoro sul tema “la fioritura degli alberi a inizio primavera”.

L’esperienza procede rispettando una data sequenza di azioni, che porta il bambino a riflettere sulla condizione dell’albero in questa stagione.

Molto importante è non presentare ai bambini lavori già fatti: vi accorgerete così che proprio chiedendo ai bambini di rispettare una certa sequenza, verrà fuori la personalità di ognuno di loro, e non potranno esserci due alberi uguali, o due verdi uguali, o due marroni uguali ecc…

Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto
Acquarello steineriano – Materiale occorrente

acquarelli di qualsiasi marca in tubetto o flaconcino (non in pastiglia) nei colori:
giallo limone,
blu di prussia
rosso carminio
bianco (facoltativo)

I colori vanno diluiti nei vasetti, in modo che il colore risulti non denso e non carico: diciamo una diluizione abbastanza decisa.

Un pennello a punta piatta largo e con setole di qualsiasi genere, purchè morbide (altrimenti il bambino rischia di graffiare il foglio e noi rischiamo che l’esperienza non venga vissuta come un pieno successo)

una bacinella e un vasetto d’acqua

una spugna che servirà per stendere bene il foglio bagnato sul tavolo, e poi per asciugare il pennello (molto meglio degli straccetti o della carta)

un foglio di carta robusta, meglio se da acquarello (le carte scadenti bagnate possono fare i “pallini”)

Immergere il foglio nella bacinella, quindi stenderlo con cura sul tavolo con l’aiuto della spugna. Bisogna evitare che si formino bolle d’aria, perchè altrimenti la carta rischia di arricciarsi.

Poi si dispone il materiale…

Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto
Acquarello steineriano – come si fa

Al bambino possiamo dire che stiamo dipingendo un albero fiorito prima, oppure possiamo semplicemente dire che faremo una “pittura” e sarà lui a scoprirlo facendo.

Per prima cosa realizziamo “l’aria profumata di primavera” col rosso carminio molto diluito e il giallo. L’aria profumata è soffice e leggera, allegra…

intensifichiamo il giallo in basso, di modo che poi con poco blu di Prussia otterremo un bel verde giovane, nel quale piantare il seme del nostro albero (rosso carminio)

A partire da questo seme, senza lavare il pennello o prendere altro colore, far scendere le radici verso il basso e il primo abbozzo di tronco verso l’alto.

E’ molto importante non lavare mai il pennello, e non prendere altro rosso: si usa solo il rosso del seme, che si mescola agli altri colori sul foglio.

Il seme nella terra incontra calore, luce e acqua, e così si apre: una parte va verso il basso (le radici), quindi si mette il pennello sul seme e si scende, sempre staccando e senza mai tornare indietro; una parte comincia ad andare verso l’alto (sempre dal seme in su, senza tornare indietro).

Naturalmente mescolandosi rosso blu e giallo si forma il marrone, e non ci saranno due marroni uguali…

Ora possiamo sviluppare l’albero, utilizzando alternativamente rosso, giallo e blu, prendendoli dalle ciotoline quando serve.

Infine lavare benissimo il pennello e con giallo, rosso carminio molto diluito e, se volete, bianco, creare nel profumo di primavera la fioritura dell’albero:

Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto

Acquarello steineriano Le pratoline

Acquarello steineriano Le pratoline: “Ogni filo d’erba che spunta è una risposta della terra a un raggio di sole…”. Tutorial per realizzare con i bambini una pittura ad acquarello secondo le indicazioni date nella scuola Waldorf.

Acquarello steineriano Le pratoline
Colori utilizzati:

giallo limone
blu di Prussia
giallo oro
bianco (se non siete troppo “steineriani”)

Acquarello steineriano Le pratoline
Come si fa:

dopo aver predisposto il materiale e bagnato il foglio, cominciare col giallo limone, creando tanti raggi di sole che dall’alto scendono verso il basso incrociandosi tra loro

Col blu di Prussia sentire come la terra risponda coi fili d’erba ai raggi del sole:

continuare questo gioco prendendo altro giallo limone che va dall’alto verso il basso e altro blu di prussia che andando dal basso verso l’alto incontra il giallo.

Quando siamo soddisfatti del nostro prato, fermiamoci ad osservarlo. Sicuramente tra i fili d’erba noteremo dei punti di luce: evidenziamoli con del giallo oro:

Per realizzare le corolle prendiamo un pennello più piccolo, lo bagniamo

e lo usiamo per togliere il colore, così:

poi asciughiamo il pennello sulla spugna, prendiamo altra acqua, e ripetiamo così

Ora, se il bambino è soddisfatto del profumo delle sue pratoline, ci si può fermare così:

Altrimenti, se il bambino lo desidera e se la cosa non viola i vostri principi, potete definire meglio le corolle con del bianco:

Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme

Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme : una poesia di Maddalena Peccarisio, illustrata con la tecnica dell’acquarello su foglio bagnato…

Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme
Dopo il seme, cosa avviene?

raggia il sole luce d’oro
sulla terra e dona vita
s’apre il seme, fa radice,
lento cresce ed esce in stelo
spinge dritto e infin si rizza

gonfia un nodo ed esce in foglia

nel colore nasce il fiore
sboccia il frutto dal calore

e dal frutto spunta un seme
scende in terra, cerca pace
alla luce della luna
il risveglio aspetta e tace…

… dopo il seme
cosa avviene?

Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme
Dopo il seme, cosa avviene?

raggia il sole luce d’oro
sulla terra e dona vita
s’apre il seme, fa radice,

_______________________________

lento cresce ed esce in stelo
spinge dritto e infin si rizza

gonfia un nodo ed esce in foglia

__________________________________

nel colore nasce il fiore
sboccia il frutto dal calore

 e dal frutto spunta un seme

scende in terra, cerca pace
alla luce della luna
il risveglio aspetta e tace…

 … dopo il seme cosa avviene?


Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme

Acquarello steineriano LE ZUCCHE

Acquarello steineriano LE ZUCCHE tutorial per realizzare coi bambini della scuola d’infanzia e primaria due versioni diverse di zucca, tipico frutto autunnale, e simbolo della festa di Halloween. Una terza versione, adatta anche ai bambini più piccoli, qui 

Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE
Prima versione

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente
– una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo
– pennello
– un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna)
– colori ad acquarello: giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione

Dopo aver immerso il foglio nell’acqua, stendetelo sul tavolo, evitando bolle e ondulazioni:

Iniziate dipingendo un punto giallo limone al centro del foglio:

ingrandite il punto finchè riesce a stare comodo sul foglio, non  troppo schiacciato dai bordi inferiore e superiore:

Quando il punto non può più crescere mantenendo la sua forma circolare, iniziamo ad espanderlo a destra:

e a sinistra, sempre lasciandogli un margine interno per non essere schiacciato:

Riempiamo ora la cornice attorno al giallo col blu oltremare, seguendo la forma del punto giallo e stando molto attenti a che i due colori non si tocchino tra loro:

 Con gesti morbidi, dal basso verso l’altro e rispettando il gesto del giallo, trasformiamolo in arancione utilizzando il rosso vermiglio, stando attenti a lasciare in altro una zona gialla:

Col blu oltremare trasformiamo la zona gialla in alto in verde:

e facciamo crescere verso il picciolo della zucca:

riprendiamo poco giallo limone per illuminare il blu oltremare della cornice, trasformandolo in un verde leggero leggero:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE
Seconda versione

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente
– una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo
– pennello
– un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna)
– colori ad acquarello: giallo limone, giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione

Dopo aver preparato il foglio bagnato come spiegato sopra, riempiamolo di giallo limone, seguendo il gesto di luce che più ci piace:

Col blu oltremare creiamo in basso una base ondulata verde, adatta a sostenere qualcosa di grande e tondo:

col giallo oro facciamo un punto circa al centro del foglio:

e facciamolo crescere:

Quando il punto comincia ad avere poco spazio sopra e sotto, continuiamo a farlo crescere ancora un po’ a destra e a sinistra:

Col rosso vermiglio trasformiamo il giallo oro in arancione, lasciando uno spazio giallo in alto, che trasformeremo in verde col blu oltremare:

dipingendo anche il picciolo della  zucca:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE

Racconto illustrato LA STELLA MELA

Racconto illustrato LA STELLA MELA con quattro proposte di esercizi di acquarello steineriano guidato per accompagnare il racconto, con tutorial. E’ un racconto adatto sia all’autunno, sia alla seconda settimana di avvento.

LA MELA STELLA

C’era una volta un giovane, piccolo melo, che ogni notte alzava il suo sguardo verso il cielo , innamorato della bellezza delle stelle. E ogni notte cantava per loro il suo canto d’amore.

tutorial 1

Oh, come desiderava salire lassù, come desiderava toccare una stella, come sognava prenderne una e tenerla sempre con sè! Una sola piccola stella era tutto ciò che sognava, una piccola stella da proteggere, abbracciare, ammirare ed amare dentro di sè…

Una notte che sembrava uguale a tutte le altre notti, successe una cosa straordinaria. Una dolce fatina dei boschi, intenerita dal canto del giovane albero innamorato delle stelle, prese a volare tra le sue fronde piccine e gli sussurrò parole leggere come il vento: “Se saprai crescere forte e generoso, senza dimenticare il tuo sogno,  il tuo desiderio si avvererà…”

tutorial 2

Passarono gli anni, e l’albero crebbe e crebbe ancora. Ogni notte cantava il suo canto d’amore alle stelle, e si faceva sempre più forte e bello. Le stagioni passavano, e ogni anno, dopo una fioritura spettacolare, si caricava di mele lucide e rosse come il suo amore per le stelle, profumate, dolci e golose.

tutorial 3

L’albero ricordava la promessa della bella fata dei boschi, e nemmeno per un attimo dubitò di lei: anche se l’aveva vista una sola volta, la sentiva vicina. Non perse mai la speranza che un giorno l’avrebbe rivista, e che quel giorno avrebbe avuto la sua stella.
Quando la fata finalmente apparve, l’albero si scosse tutto di gioia e disse: “Cara fata, ho fatto tutto ciò che mi hai chiesto, crescere forte e generoso mi ha reso felice, guarda le mie mele! Ma non capisco davvero perchè il mio desiderio non sia ancora stato esaudito… perchè ancora non ho la mia piccola stella che è tutto ciò che sogno… una piccola stella da proteggere, abbracciare, ammirare ed amare dentro di me…”
E la fata rispose: “Oh, caro, ma è da tanto che ho esaudito il tuo desiderio. Guarda dentro di te, nelle tue mele… Senza saperlo sei sempre stato pieno di stelle, non una, ma tante luminosissime bellissime stelle, fatte come le stelle fatte dal cielo”.

Ognuno nasconde dentro di sè la sua piccola stella. Ognuno ha il suo luminosissimo segreto.

Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:

tutorial 1

Il piccolo melo che canta alle stelle

Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e blu di prussia.

Come si fa

Per prima cosa immergete il foglio nella bacinella d’acqua, e con l’aiuto della spugna stendetelo sul tavolo, evitando bolle ed ondulazioni:

Col blu oltremare fate una bella macchia di colore che rappresenta i desideri dell’albero,  in un punto del foglio:

Ora col giallo limone punteggiate tutto intorno con la luce delle stelle. Un po’ di luce va ad abbracciare i desideri dell’albero:

E i desideri dell’albero (blu oltremare) abbracciano una ad una le stelle:

La notte (il blu di prussia) avvolge tutti, e la luce delle stelle (giallo limone) penetra nell’albero, trasformandolo in verde:

Questa è la pittura asciutta:

Tutorial 2

L’incontro con la fata dei boschi

Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e rosso vermiglio.

Come si fa

Dopo aver preparato il foglio come spiegato sopra, punteggiate di luce di stelle (giallo limone), lasciando uno spazio libero, dove più desiderate e ampio quanto lo desiderate:

Nello spazio libero inserite la macchia di blu oltremare che è l’anima del piccolo melo:

E al suo fianco aggiungete la magia della bella fatina dei boschi (rosso vermiglio):

l’anima del giovane albero (blu oltremare) abbraccia tutte le stelle, fino a riempire il cielo:

E la luce delle stelle (giallo limone) abbraccia l’albero e la fata:

Poi questa stessa luce (sempre giallo limone) entra nell’albero e nella fata, trasformandoli in verde e arancione:

Questa è la pittura asciutta:

Tutorial 3

L’albero cresce forte e generoso

Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e rosso vermiglio.

Come si fa

dopo aver preparato il foglio come spiegato sopra, create una cornice tonda e accogliente intorno ai bordi del foglio, col giallo limone,  e portate un po’ della sua luce all’interno del foglio, creando tante piccole macchie:

il blu oltremare, l’anima e i desideri dell’albero, abbraccia una ad una le macchie luminose, fatte della stessa luce di cui sono fatte le stelle:

Il rosso della promessa della fata dei boschi (rosso vermiglio) entra in ogni spazio di luce, e la luce si diffonde in tutto il blu oltremare, trasformandolo il verde:

Infine i desideri dell’albero (blu oltremare) si vanno a fondere con le luce delle stelle della cornice, trasformandola in una luce verde:

Questa è la pittura asciutta:

Tutorial 4

La stella mela

Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, blu di prussia, giallo limone e rosso vermiglio.

Come si fa

Dopo aver tagliato inseme ai bambini una bella mela rossa, per ammirare la stella che contiene, prepariamo il foglio sul tavolo, come già spiegato sopra.

Col giallo limone creiamo al centro del foglio i cinque punti di luce di stelle che abbiamo visto nella mela:

Al centro di ogni punto di luce gettiamo un semino (blu di Prussia):

Congiungiamo tra loro i punti di luce (stando attenti a non toccare i semini) per disegnare la stella, poi prendendo altro giallo limone abbracciamo la stella con un bel tondo:

Che richiudiamo poi in un bel tondo rosso vermiglio:

Intorno alla mela creiamo un bello sfondo col blu oltremare:

E infine illuminiamolo con del giallo limone, trasformando il blu oltremare in verde:

Questa è la pittura asciutta:

I CEREALI materiale didattico

I CEREALI materiale didattico vario, letture, dettati ortografici ecc…, di autori vari,  per la scuola primaria. I cereali

I cereali sono per lo più graminacee che servono all’alimentazione dell’uomo e degli animali domestici, soprattutto se ridotti in farina. Ad essi appartengono il grano, l’avena, la segale, l’orzo, il riso, il granoturco, il miglio, il sorgo, ecc…

Le graminacee fonte di alimenti
L’amido di frumento viene utilizzato per la confezione del pane e per la fabbricazione della pasta. Per il pane, la farina di frumento, setacciata in modo da allontanare ogni residuo dei tegumenti che formano la crusca, viene impastata con acqua tiepida e lievito in opportune proporzioni; lasciata riposare per qualche ora, in modo che il lievito la faccia gonfiare, viene divisa in pezzi, modellati in vario modo, e cotta in un forno caldissimo. Il pane può essere confezionato anche lasciandovi i pezzi dei tegumenti della cariosside; in tal caso viene detto integrale.
La pasta viene ottenuta mescolando farina e acqua senza aggiungere lievito. Quando si confeziona in casa, viene schiacciata col mattarello in modo da formare uno strato sottile, che poi è tagliato secondo il bisogno in pezzetti (lasagne), rettangolini o strisce (tagliatelle o fettuccine), e così via. Nella produzione industriale l’impasto, preparato nei pastifici, viene passato in speciali macchine, che lo comprimono tra rulli e lo tagliano a nastro oppure lo passano attraverso trafile, che lo riproducono in lungi pezzi cilindrici di varia lunghezza, omogenei o cavi, secondo che si vogliano ottenere, per esempio, i vermicelli, gli spaghetti o i maccheroni. La pasta può anche essere tagliata in piccoli pezzetti e stampata ottenendo le conchiglie, le farfalle, ecc…
Nella confezione della pasta si può aggiungere anche del tuorlo d’uovo (pasta all’uovo) o del glutine (pasta glutinata).
Non tutte le varietà di frumento sono egualmente adatte alla fabbricazione della pasta alimentare. Possono essere bene utilizzati a questo scopo solamente i cosiddetti grani duri, coltivati nelle regioni a clima caldo, arido. I grani teneri sono invece preferiti per la confezione del pane.
Oltre al frumento, l’uomo utilizza anche altre graminacee. Ne ricordiamo qualcuna tra le principali.
Il mais o granoturco non è originario della Turchia, ma del Messico. Viene denominato turco perchè dopo la scoperta dell’America rimase per molto tempo l’uso di chiamare turco ogni prodotto proveniente da oltremare, in quanto fino ad allora i fiorenti commerci con l’Oriente passavano generalmente attraverso la Turchia, seguendo numerose vie carovaniere. Il mais, molto coltivato nella zona che va da Bergamo al Veneto, compreso il Trentino, è utilizzato per preparare la polenta; la cariosside dà anche olio, e il fusto cellulosa.
Il riso, coltivato soprattutto in Piemonte e in Lombardia, è una pianta acquatica originaria della Cina, Indocina, India e Giappone, dove viene coltivato fin dall’antichità. Si può dire che il riso alimenta la metà della popolazione umana. Le cariossidi del riso vengono asciugate e poi brillate; sono cioè liberate, con speciali procedimenti, dai tegumenti e vengono lucidate prima di essere messe in commercio.
La segale si coltiva nelle regioni settentrionali e ad una certa altitudine. Serve per preparare un pane profumato, di colore più scuro di quello del frumento.
L’orzo viene utilizzato soprattutto per preparare la birra, ottenuta macinando con acqua le cariossidi germinate e lasciandole poi fermentare.
L’avena trova applicazione sia come foraggio per i cavalli, sia nell’alimentazione umana; a questo scopo la cariosside viene pressata, senza essere macinata completamente, e messa in commercio col nome di “fiocchi di avena”, molto nutrienti e molto in uso per l’alimentazione dei bambini e degli ammalati. (M. La Greca e R. Tomaselli)

Le semine
La semina consiste nell’affidare al terreno i semi delle piante, dopo l’opportuna preparazione. Le operazioni di semina si compiono all’incirca negli stessi periodi dell’anno secondo un calendario agricolo determinato dall’esperienza e dalla tradizione, oppure, come più spesso si fa oggi, secondo criteri scientifici che tengono conto dell’epoca più opportuna per il raccolto in correlazione con le vicende meteorologiche stagionali.
Nel nostro paese la semina dei cereali (grano, avena, segale, orzo) viene fatta normalmente in autunno; quella delle leguminose, in primavera nell’Italia settentrionale e in autunno nell’Italia meridionale. Per altre colture particolari, come quella del granoturco, della saggina, della canapa e della barbabietola, la semina avviene in primavera.
Alla semina, che deve trovare già il terreno sciolto dall’aratura e inumidito dalle piogge o dall’irrigazione, segue la erpicatura. Essa consiste nel passare sul terreno un telaio a maglie rettangolari munite di punte, oppure un cilindro munito di punte, in modo da estirpare le erbacce rimaste dopo l’aratura, comprimere il terreno ed affondarvi il seme.
La semina può essere fatta in posto, cioè distribuendo la semente sul terreno, a mano oppure a macchina, come si fa per i cereali e il mais; oppure in appositi semenzai, riquadri di terreno dove la semina è fatta molto fittamente, dopo di che si procederà al trapianto ossia alla messa a dimora delle pianticelle poco dopo che esse siano nate.

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Il grano

grano

E’ una delle più importanti piante coltivate fin dai tempi preistorici e la sua coltura ha accompagnato lo sviluppo della civiltà. I chicchi disposti nella spiga su nodi alterni, sono costituiti da un frutticello (la cariosside detta volgarmente seme) rivestito da una buccia sottilissima. Nella buccia e negli strati periferici del frutticello c’è uno straterello di glutine ricco di sali, vitamine, grassi e cellulosa; nel nucleo centrale del frutticello c’è soprattutto una grande quantità di amido. Comunemente si distinguono i frumenti nudi e i frumenti vestiti. Tra i grani nudi, il grano tenero è il più importante nella coltivazione mondiale; i grani duri si prestano meglio alle regioni calde e aride. Il prodotto del frumento, cioè il chicco, viene utilizzato per l’alimentazione, il suo stelo, o paglia, come foraggio e come lettiera per gli animali, oltre che per la fabbricazione della carta. Il grano, con la macinatura, viene ridotto in farina e in questo stato si usa per la confezione del pane, della pasta, dei biscotti, ecc… Dal grano si ricava l’amido che, sottoposto prima alla saccarificazione e poi alla fermentazione, ci può dare un alcool di qualità inferiore utilizzato nell’industria. L’origine e la storia del frumento non si conoscono in modo certo. Pare che questo indispensabile cereale provenga dalla Persia.

Benchè formi la base essenziale dell’alimentazione di molti popoli, non è però il cereale coltivato di preferenza nel mondo. La sua coltura è poco estesa in Africa e in genere nelle zone equatoriali e tropicali, in Estremo Oriente, in Australia, dove viene coltivato soltanto in alcune regioni. Il frumento ha molti parassiti: numerosi funghi e insetti. Facile, per chi vive in campagna, assistere allo sviluppo della pianta del grano. Il frumento si semina in autunno nella terra già preparata dall’aratro. Il chicco resta sotto terra per alcuni giorni, e ai primi tepori ha già germogliato e ricopre il terreno di un’erbetta verde e tenera. Presto “accestisce” cioè mette molti steli laterali dalla base del culmo centrale. In seguito mette la spiga che fiorisce. Il vento favorisci l’impollinazione, che non avviene per opera degli insetti, e gli ovuli fecondati si trasformano in grani. La spiga granisce, i frutticelli prendono consistenza farinosa, e dopo poco la pianta ingiallisce, cioè diventa sempre più matura. A questo punto il grano viene mietuto, cioè falciato e raccolto in covoni, dopo di che è lasciato all’azione del sole che ne assorbe l’umidità. Quando il grano è ben secco viene passato alla macchina trebbiatrice che separa il chicco dalla paglia e dalla pula. I chicchi così ottenuti vengono portati al granaio dove subiscono altre operazioni: la vagliatura, cioè la separazione del chicco dalla pula (il suo rivestimento) che vi fosse ancora restata, e quindi la conciatura, cioè una preparazione fatta per impedire che i parassiti attacchino il raccolto. A questo punto il grano è pronto per essere portato al mulino e macinato. Anticamente gli uomini trituravano il chicco fra due pietre e questo sistema è ancora in uso presso alcune popolazioni. In seguito, come si è detto, furono costruiti mulini formati da due grosse pietre (macine) fatte girare una sull’altra con diversi mezzi. Anche qui il progresso ci ha saputo dare mulini perfezionati che fanno non soltanto il lavoro di macinatura, ma anche quello di spulatura, di cernita dei semi e di setacciatura. (Per molto altro materiale sul grano vai qui: https://www.lapappadolce.net/tag/grano/).

Storia del grano
Gli antichi uomini che vivevano nelle praterie dell’Asia e si spostavano qua e là dietro le loro greggi, conoscevano già questa utile piantina. Essi avevano imparato a liberare un tratto di terreno dalle altre erbe e a gettarvi sopra i chicchi.
Il grano sfrutta intensamente il terreno nel quale è coltivato, perchè succhia tutti i sali minerali che esso contiene. Se non viene intensamente concimato, ben presto questo terreno non può più nutrire le piante.
Gli antichi uomini, però, non conoscevano l’arte di concimare i terreni. Quando un campo non rendeva, lo abbandonavano e si spostavano dove il terreno era ancora fertile.
Così, sulla scia dei primi uomini, che dall’Asia si diffusero in tutte le terre conosciute, anche il grano raggiunse l’Europa, l’Africa, l’America.

A che cosa serve il grano?
I chicchi del grano sono usati dagli uomini per farne pane e pasta. I chicchi di grano macinati nei mulini, cioè schiacciati e tritati con le macine, diventano farina.
Il grano tenero, quello che serve a fare il pane, sopo esser stato macinato viene setacciato. In questo modo la farina viene liberata dalla crusca, cioè dalla buccia dei chicchi che è dura e di colore scuro. La farina che rimane è bianca e ricca di amido, ma ha perso, con la crusca, parte del glutine e delle vitamine.
Il pane scuro, quello fatto con la farina nella quale è rimasta un po’ di crusca, benchè a molti piaccia meno del pane bianco, è in realtà più nutriente. Con la farina ottenuta macinando il grano duro, quello ricco di glutine, si fabbrica, invece, la pasta.

La tecnica contro la fame
I Romani diffusero la coltivazione del grano in tutto il loro vasto impero: essi inventarono anche una macina entro cui il grano veniva sfarinato in modo finissimo. Molti fornai facevano lavorare gli operai con guanti e maschere di garza, perchè il sudore e l’alito non contaminassero l’impasto.
Una delle poche invenzioni del Medioevo riguarda il frumento: si tratta dei mulini a vento, sviluppati poi dagli olandesi.
In epoca moderna, vennero le grandi invenzioni tecniche che facilitarono la lavorazione del grano: la prima aratrice e seminatrice meccanica, le prime mietitrici-trebbiatrici tirate dai cavalli, e poi le prime macchine a vapore per il lavoro dei campi. Giacomo Watt, l’inventore della macchina a vapore, costruì un mulino a vapore sul Tamigi, ma i mugnai di Londra glielo incendiarono.
Oggi la tecnica produce aratri meccanici capaci di tracciare contemporaneamente 18 solchi profondi 40 cm, di collocare i semi, concimare e ricoprire, tutto in una sola passata! Nello stesso tempo, gli scienziati selezionano e incrociano le varietà di grano per trovare quelle che meglio si adattano a un clima o all’altro, quelle che producono di più, quelle che servono ad usi speciali come la produzione della pasta dal grano duro.
Sono conquiste della scienza che spesso non si trovano sui libri, ma si tratta delle invenzioni più preziose.

La semina del grano

In che cosa consiste la semina?
Quale lavoro ha fatto il contadino prima di spargere i semi?
Come può essere fatta la semina?
Un chicco di grano darà una o più spighe?
Che cos’è la spiga?
In quale stagione, nel nostro paese, viene fatta normalmente la semina? Quando viene fatto il raccolto?
Che cosa si ricava dal grano?
Quali sono i nemici del grano?
Com’è il fiore del grano?
Che cos’è l’erpicatura?
Quale prova fa il contadino per accertarsi di aver acquistato dell’ottimo grano?

Il grano
Fra tutti i cereali, il più diffuso ed il più utile, perchè dà farina dall’alto potere nutritivo, è il grano o frumento. Lo si conosce da tempo immemorabile. La sua farina, mescolata con sostanze adatte che le permettono di lievitare e di gonfiarsi, dà il pane, la base dell’alimentazione umana dal tempo degli antichi Egizi che lo fabbricarono per primi. Data la grande diffusione del frumento in tutto il mondo, è logico pensare che ne esistano innumerevoli varietà, come è in realtà.
Una grande distinzione è quella che si fa tra frumenti di grano tenero e quelli di grano duro; i primi danno specialmente farina da pane, mentre gli altri, che sono assai ricchi  di una sostanza molto nutriente, il glutine, producono una farina adatta a preparare paste alimentari.
Il grano duro, diffuso per opera degli Arabi, è coltivato in Canada e nelle regioni mediterranee.
Il frumento viene seminato in autunno; dopo pochi giorni germoglia e spunta dal terreno come una tenera pianticella. Durante l’inverno il freddo ne arresta la crescita, ma non la danneggia. Tutti conosciamo il detto “sotto la neve pane”, che ci ricorda come la neve, con la sua coltre, protegge i teneri germogli, impedendo loro di gelare. Coi primi soli primaverili il grano riprende a crescere: verso la tarda primavera o l’estate, secondo i climi, sarà pronto per la falce.

In Egitto comincia la storia del pane
Seimila anni or sono, il frumento era già apparso sulle rive del Nilo. Le pianticelle del nuovo cereale provenivano dall’Altipiano Etiopico. Furono ben accolte dagli abili agricoltori egiziani e seminate con cura sui campi fecondati dal Nilo, accanto a un altro cereale dai duri chicchi: l’orzo.

Con l’orzo e col frumento non di faceva il pane: i chicchi venivano schiacciati, la grossolana farina veniva impastata con acqua e cotta in focacce, fra mattoni roventi.
Ma un giorno una donna, dopo aver preparato le focacce per il giorno dopo, dimenticò un po’ di pasta in un angolo. Qualche tempo dopo, nel riprendere la lavorazione, si accorse di questa pasta e vide che in essa erano avvenuti strani cambiamenti: si era gonfiata ed appariva piena di bollicine.
Oggi noi sappiamo che si trattava delle spore del lievito che, portate dall’aria, avevano fatto inacidire e lievitare l’impasto. Allora, la donna egizia non seppe che pensare. Chiamò tutta la famiglia e mise quella strana pasta nel forno.
Era un prodigio davvero, un miracolo della provvidenza che conduceva l’uomo alla scoperta del pane: dal forno non uscì la solita focaccia, ma qualcosa completamente nuova, una sostanza profumata, soffice, diversa da quanto s’era visto e mangiato fino allora: era nato il pane!

Il grano, base della nostra alimentazione
Da tempo immemorabile il frumento è stato alla base della nostra alimentazione, insieme con una certa misura di altri cereali: pane italiano di tutte le fogge, dalle larghe pagnotte pugliesi ai bianchi gioielli in pasta di semola ed agli azzimi della Sardegna, pane di tutte le sfumature fra il nero e il candido, pane ad acqua, olio e mentuccia dei pastori maremmani e sfilatino spaccato, col pomodoro dentro, degli operai napoletani.
E poi la piada romagnola, la pizza, la schiacciata di Mantova, le infinite varietà di paste alimentari… E, del frumento, esistono due principali qualità: il grano tenero, usato per il pane, e il grano duro, usato per le paste.
L’Italia del centro e del nord coltiva soltanto il primo, le isole maggiori coltivano soprattutto il secondo. In tutto, circa un quinto della nostra superficie coltivabile è dedicata al grano; ma, sia per insufficienti metodi di coltura, che per altre ragioni, non raggiungiamo ancora l’autosufficienza. Per di più, la produzione varia molto da regione a regione, a causa del diverso rendimento del suolo. Ad esempio, la Sicilia è al primo posto in rapporto all’area coltivata a grano, ma al quarto o quinto posto per produzione.

Il grano e l’uomo
Tra giugno e luglio, il grano dona all’uomo il so frutto prezioso ed il campo, pieno e dorato, rivela tutta la sua ricchezza. La falce o la macchina recidono lo stelo: è la mietitura.  Con la trebbiatura le cariossidi vengono separate dalle spighe ed i chicchi, così ottenuti, vengono avviati ai mulini, dove dal pericarpo si ricaverà la crusca e dal seme la farina, con la quale verrà fatto il pane e la pasta.

Il calendario del grano
Se vi chiedessero in che mese si miete il grano, voi risponderesti “In giugno” e sbagliereste. Il grano si raccoglie durante tutto l’anno e non c’è mese dell’anno in cui non di mieta in qualche Paese del mondo. Il grano infatti è il cereale più diffuso sulla terra e alligna e prospera da per tutto, dai Tropici al Circolo Polare. Ecco un interessante calendario del grano.
In giugno si miete in Italia, in altri Paesi del Mediterraneo e in California.
Il luglio si miete in Francia, in Ungheria, nella Russia meridionale, negli Stati Uniti e nel Canada.
In agosto si miete in Germania, in Belgio, in Inghilterra e nel Canada orientale.
In settembre si miete nel Canada settentrionale, in Scozia, in Scandinavia e nella Russia centrale.
In ottobre si miete nella Russia settentrionale.
In novembre nell’Africa australe.
In dicembre nell’Australia e nella Nuova Zelanda.
In gennaio si miete in Argentina.
In febbraio in India.
In marzo in India e in Egitto.
In aprile nei Paesi del Mediterraneo orientale e in Messico.
Finalmente, in maggio, si miete in Cina.

Quale raccolto può dare un solo seme di frumento?
Il frumento dell’uomo primitivo era esiguo. Probabilmente ogni pianta dava un solo stelo con scarsi chicchi.
Ora da un solo seme si ottengono da sei a dodici steli, ed alcune piante ne hanno tre o quattro dozzine, con la ricchezza di altrettante spighe.
Una spiga può produrre da trenta a cinquanta chicchi; dunque un solo seme di frumento può dare oggi un raccolto di tre o quattrocento chicchi.

Le radici del frumento e la loro parte nella maturazione del chicco

La pianta del frumento è meravigliosamente adatta per l’impollinazione a mezzo del vento, sebbene spesso si impollini da sè. Il fiore a spiga si eleva nell’aria, e le antere mature, che contengono il polline, sono spinte fuori.
Essendo lunghi e sottili, questi filamenti penzolano e oscillano alla minima scossa; perciò il loro polline cade sull’estremità del pistillo provvisto di peli, che facilmente trattengono il polline.
La pianta ora comincia ad utilizzare la grande quantità d’alimento immagazzinata nelle sue radici facendo così maturare i chicchi. Le radici penetrano fino a considerevole profondità nel terreno per trarne abbondante nutrimento, e se le varie pari delle radici si disponessero in linea retta esse raggiungerebbero una lunghezza inverosimile.
La pianta di frumento sta in posizione eretta, sebbene abbia un’apparenza così fragile; il fusto di grano è il più bell’esempio di forza combinata con la leggerezza e l’economia del materiale.
Un buon chicco di grano è  gonfio ed ha un rivestimento liscio e sottile: tagliato in mezzo, esso appare semitrasparente.

I molti nemici del grano

Il frumento ha molti nemici, che l’agricoltore deve continuamente combattere per salvare il prodotto.
Il topo campagnolo a coda lunga e il topo dei raccolti divorano i chicchi in sviluppo; il topo comune ed il ratto attaccano lo stelo; insetti dannosi, quali  la mosca del grano, la cimice, qualche specie di dittero e il moscerino del grano attaccano la pianta in sviluppo.
Affliggono il frumento anche varie specie di funghi delle quali la peggiore è la notissima “ruggine del grano”, che segnala la sua presenza a danno avvenuto, mediante strisce brune o nere sulle foglie.

Perchè la pasta è dura e compatta e il pane è soffice e spugnoso?
Vi ricordate quei piccolissimi esseri che vivono nell’aria, nella terra, nell’acqua, i batteri?
Oltre ai batteri, esistono altri piccolissimi esseri viventi, anche essi tanto piccoli da essere invisibili. Alcuni di essi si chiamano lieviti e sono piccolissimi funghi, che possono vivere liberi nell’aria.
Come tutti gli esseri viventi, anche i lieviti si nutrono e respirano.
che cosa avviene nella pasta del pane, cioè nella farina impastata con l’acqua, quando in essa vanno a cadere alcuni di questi lieviti?
I lieviti nella pasta del pane incominciano a nutrirsi e a produrre, fra l’altro, un gas, l’anidride carbonica.
L’anidride carbonica forma nella pasta del pane delle bolle. La pasta si gonfia e non è più compatta. Quando poi il pane è messo nel forno, il calore fa evaporare l’anidride carbonica e il pane resta tutto pieno di cavità, come una spugna.
Quando i panettieri fanno il pane, non possono certamente aspettare che nella loro pasta vadano a cadere i lieviti che sono nell’aria.
Adoperano quindi dei lieviti disseccati, riuniti a formare quello che si chiama lievito di birra. Non appena mescolati alla pasta e tenuti in ambiente caldo, i lieviti cominciano a nutrirsi e a respirare e, in breve tempo, il pane si gonfia, o come si dice meglio, lievita.
Il pane lievitato viene messo a cuocere nel forno, dal quale esce dorato e croccante.
Il calore del forno, però, deve essere ben dosato. Se nel forno il calore è troppo poco, il pane resta umido e molliccio; se il calore invece è troppo, il pane brucia e diventa nero e duro come il carbone. Tutti i forni perciò sono muniti di un termometro situato fuori dal forno, sul quale si può controllare qual è, in ogni momento, la temperatura all’interno. (P. Gribaudi)

Il grano
Ogni chicco di grano è un frutto di forma ovoidale, chiamato cariosside. Appuntito da una parte e arrotondato dall’altra, ricoperta da una lieve penuria, esso è percorso, per tutta la sua lunghezza, da un solco stretto. Il frutto vero e proprio è il solo pericarpo, costituito da una serie di membrane tegumentali sovrapposte, aventi uno spessore complessivo non superiore a un decimo di millimetro. Esse sono: il tegumento proprio del seme, la testa, sotto la quale si trova lo strato di aleurone, che contiene il glutine. Il glutine è una sostanza gommosa, che rende elastico l’impasto della farina con l’acqua e che rende il pane più nutriente e di più facile digestione. Nell’interno, infine, si trova il seme costituito dalla mandorla, che nei grani teneri è bianca e farinosa e nei grani duri è verde e vetrosa, e dell’embrione o germe del grano. Anche l’embrione è ricco di glutine. Nel chicco di grano troviamo le stesse parti che abbiamo osservato nel fagiolo, ma un solo cotiledone, piccolo e difficilmente distinguibile, che si trova tra l’embrione e la mandorla.
Il chicco di grano viene seminato in autunno o in primavera in un terreno rimosso, in modo che l’aria lo raggiunga facilmente. Se la temperatura è di almeno sei gradi, ha inizio la germinazione. Utilizzando le riserve contenute nel seme, la radichetta si sviluppa dirigendosi verso il basso mentre il fusticino si volge verso l’alto. La radice è costituita da un fascio di filamenti, lunghi fino a un metro.
Il fusto o stelo di grano è quanto di più razionalmente economico si possa concepire; esso è costituito da un tubetto di cellulosa, rinforzato da molto materiale siliceo e vuoto all’interno. Robustezza e leggerezza danno un’armonica combinazione di forza e di economia di materiale. Lo stelo è suddiviso in cinque – otto segmenti, separati da ingrossamenti detti nodi. In corrispondenza di questi si trovano le foglie a forma di nastro, appuntito all’esterno, mentre alla base formano una specie di grondaia per deviare l’acqua di pioggia. Inferiormente al nodo, la foglia avvolge strettamente lo stelo fino al nodo sottostante.
La fioritura del grano non è vistosa, essendo il verde l’unico colore che si nota; anche gli insetti ignorano l’esistenza di questi fiori. Inoltre, tra la pianta matura e la pianta in fiore non si nota una grande differenza: sia i fiori che i frutti sono disposti a spiga e si formano all’estremità del fusto. Nel grano i fiori sono disposti su due file e risultano costituiti da una sorta di foglie, dette glume, e da altre più piccole, chiamate glumette: le une e le altre racchiudono gli organi propri del fiore. Tra questi si notano due pennacchi piumosi dei quali, per ora, notiamo la presenza senza precisarne le funzioni, di cui si parlerà più avanti.
Il passaggio dal fiore al frutto si nota appena all’esterno. I chicchi, allocati là dove si trovano i fiori, sono rivestiti dalle glumette e dalle glume; talvolta queste ultime si prolungano in un sottile e rigido filamento, la resta.
A questo punto si può considerare concluso il ciclo vitale del grano che, come il fagiolo, è una pianta annuale. (S. Stolfa)

La storia del pane
I primi uomini non sapevano coltivare le piante. Vagavano tra le steppe e le immense foreste a caccia di animali, mentre le donne scavavano le radici commestibili e raccoglievano semi e bacche. C’erano alcuni semi che ogni anno, d’estate, si trovano in abbondanza in certe zone: erano i chicchi d’orzo e di frumento. Le donne li raccoglievano, e riempivano bisacce di pelle, pr portarli con sè nei lunghi vagabondaggi nella foresta. Prima di partire, però, non dimenticavano di spargere qualche chicco sul terreno per propiziarsi gli dei. Quando, dopo il duro inverno, ritornavano sui loro passi, trovavano con grande meraviglia che i chicchi lasciati sul terreno avevano germinato e dato origine a nuove pianticelle, dalle spighe gonfie. Fu così che l’uomo imparò a seminare i chicchi per ottenere nuove piante. E fu in questo modo che alcuni uomini da cacciatori, si fecero agricoltori, coltivando il grano per sè e per le loro famiglie, e inventarono nuovi attrezzi per lavorare la terra, quali le vanghe e più tardi gli aratri. E poichè la vita dell’agricoltore è un po’  meno dura di quella del cacciatore, la popolazione rapidamente si moltiplicò. Ma non si conosceva ancora l’arte di preparare il pane.
Il grano non era un cibo adatto per i bambini più piccini. Essi non riuscivano a masticare quei semi così duri. Qualche mamma pensò allora che si poteva anche triturarli pestandoli tra due pietre. Provò e riuscì ad ottenere una farina grossolana, che piacque ai piccini e anche ai grandi. Aveva scoperto il modo di macinare il grano. Con la farina d’orzo e di frumento le donne impastavano piccole gallette che seccavano al sole. Poi impararono a mettere le focacce di pasta sopra pietre roventi o tra le braci, o sotto la cenere. La pasta abbrustolita e cotta era molti più saporita. Era nato il pane. Anche i cacciatori ora partivano per le battute di caccia nella foresta con una scorta di focacce di pane nella bisaccia. Il pane era un alimento meraviglioso: poco meno nutriente della carne, poteva essere conservato assai più a lungo, specie nella stagione calda. Intanto, col passare del tempo, l’uomo imparava sempre meglio a lavorare la terra per seminarvi il grano. Nelle palafitte del lago di Ledro è stato trovato un aratro di legno. Dunque a quel tempo non si smuovevano più le zolle con il rudimentale punteruolo,  ma si arava già con l’aiuto degli animali da traino, e il grano, nel terreno così preparato, cresceva più abbondante.
I primi a conoscere l’arte di preparare il pane vero e proprio furono gli Egiziani. Lo storico Erodoto ci narra che in Egitto gli schiavi usavano impastarlo con i piedi, cuocendolo poi in forma di piccole pagnotte rotonde o di sfilatini. Il pane comune era di farina d’orzo; quello di frumento era riservato ai ricchi e alla corte del Faraone. Le pagnotte servivano anche come moneta: i servi venivano pagati con forme di pane. Era così grande il valore attribuito al grano che spesso i mercanti partivano con le navi cariche di frumento, per usarlo come mezzo di pagamento nei porti dove si recavano ad acquistare le merci. Le prime monete greche di metallo pregiato portavano spesso incisa una spiga., per ricordare che la moneta stessa rappresentava la vera ricchezza: il grano. L’invenzione del pane diede un grandissimo impulso al progresso umano. L’agricoltore, infatti, doveva quasi ogni giorno risolvere nuovi problemi: scavare canali per irrigare i suoi campi, costruire carri per trasportare il suo grano, dividere e misurare gli appezzamenti di terra, stabilire un calendario che gli dicesse quando seminare e quando mietere. Dal lavoro agricolo nacque la prima scienza umana.
Presso i Romani troviamo i primi forni pubblici, in cui la gente poteva andare ad acquistare il pane come si fa oggi nelle panetterie. Questi forni erano controllati dallo Stato, per evitare che alla farina si mescolassero sostanze non permesse. I fornai erano spesso schiavi alle dipendenze di un padrone. Già allora, per alleviare la fatica, si usavano macchine impastatrici formate da una vasca circolare di pietra in cui un grosso legno a pale rimestava la farina e la impastava. Non tutti però si servivano dei forni pubblici. Le grandi famiglie romane avevano forni privati, con propri schiavi panettieri. Negli scavi di Pompei sono stati rinvenuti alcuni di questi forni. Ma l’Impero cadde sotto l’urto dei barbari, e l’agricoltura rapidamente declinò. I barbari infatti non erano agricoltori, ma cacciatori e guerrieri; e dovette trascorrere molto tempo prima che essi imparassero quell’arte, nuova per loro. I forni pubblici spariscono: chi può, specialmente in campagna, si cuoce da solo il proprio pane. Il grano è nascosto nelle botti e negli otri, per evitare che venga prelevato dalle soldataglie. Il pane si cuoce una o due volte al mese: ma sono pochi quelli che possono mangiarne tutti i giorni.
Al tempo del feudalesimo le cose non vanno meglio che durante le invasioni barbariche. I signori feudali impongono ai contadini di usare solo il mulino e il forno  del castello e arrivano a proibire i forni privati. In tal modo riescono a farsi pagare tasse sempre più forti. Bisognerà attendere il sorgere dei Comuni per vedere riapparire i fornai come artigiani indipendenti, uniti in corporazioni. Nel Comune, però, i fornai si limitavano a cuocere il pane preparato in casa dal cliente stesso. Erano rari quelli che ricevevano la farina o addirittura il grano da macinare. Nel Rinascimento l’arte di fare il pane si perfeziona e si diffondono ovunque i forni pubblici. I ricchi tuttavia preferiscono avere il loro forno in casa, anche per essere sicuri di mangiare pane genuino. In quei tempi di carestie frequenti, infatti, certi fornai usavano mescolare la farina con altre polveri. Il popolino considerava tutti i panettieri ladri e affamatori, a volte assaltava i forni per vendicarsi. Pene severissime erano riservate ai panettieri disonesti: se si coglievano in fallo venivano inchiodati per un orecchio alle porte della bottega.
Oggi i panettieri non vengono più inchiodati per un orecchio, come qualche secolo fa, anche se qualche volta si trovano ancora i disonesti che mescolano al pane sostanze nocive o non consentite dalla legge. Si deve riconoscere che il pane che mangiamo noi è pulito e genuino, oltre che saporito, grazie ai rigorosi controlli igienici e alle moderne macchine che permettono la completa lavorazione automatica. E’ assai diffuso tuttavia l’uso del pane bianco, assai più digeribile ma meno completo e perciò meno nutriente del pane nero o integrale. Fin dall’antichità si cercò di costruire macchine che facilitassero il lavoro faticoso del fornaio, ma i primi buoni risultati si ottennero solo verso il 1800. Da allora si è continuato a perfezionare le macchine, a costruirne di nuove, fino ad arrivare alle attrezzature dei moderni panifici, dotati di perfetti forni elettrici o a vapore. Sopravvivono ancora i forni a legna.

La panificazione
Oggi la panificazione viene effettuata con macchine automatiche. Noi però vi faremo vedere come si prepara il pane a mano, per rendere più comprensibile il procedimento.
Innanzitutto si fa un impasto di farina, lievito e poca acqua.
Quando la pasta incomincia a lievitare si aggiunge altra acqua e farina.
Il lievito rende gonfio e spugnoso l’impasto. Alla fine si aggiunge il sale.
Quando la fermentazione è a buon punto, si divide la pasta in pezzetti.
Ogni pezzetto viene modellato e poi ridotto nella forma dovuta.
Ora le pagnotte si lasciano riposare perchè finiscano la fermentazione.
Dopo circa mezz’ora si introducono nel forno a temperatura di 200 – 300 gradi.
Il pane si dilata ancora al calore, forma la crosta e cuoce. E’ pronto per la vendita.

Pane per tutti
Il pane può avere forme svariatissime. In Francia di solito è preparato in grossi sfilati lunghi mezzo metro e più. In Germania abbiamo grosse pagnotte scure, fatte con grano e segale. In Austria sono famosi i piccoli pani di Vienna. In Ungheria le grosse forme di due o tre chili sono fatte con farina di frumento e di patate. In Italia… lo sapete anche voi quante qualità di pane, condito o semplice, si possono trovare dal panettiere. Oggi da noi il pane si trova in abbondanza e a prezzi accessibili a tutti.

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Il riso

E’ una pianta conosciuta dalla più remota età. I primi a coltivarla pare siano stati gli Indiani e quindi i Cinesi ed i Giapponesi che oggi ne fanno il loro nutrimento principale. il riso si semina fitto in appositi vivai da dove si trasporta, poi, a dimora, costituita da campi allagati naturalmente o artificialmente, che si chiamano risaie e nelle quali prospera fra i lunghi argini che soli interrompono le vaste pianure. In giugno o luglio ha luogo la monda, cioè l’estirpazione delle cattive erbe che crescono in mezzo alle piante di riso. Tale lavoro veniva un tempo svolto dalle mondine, che stavano ore ed ore con l’acqua fino alle ginocchia, sotto il sole cocente, a compiere la loro grave fatica. D’autunno si prosciugano i campi e le spighe di riso, giunte a maturazione, vengono falciate. Quando il riso è asciutto si batte, cioè si separano i granelli dallo stelo, e si raccoglie in sacchi che vengono posti ad essiccare in appositi forni. Il riso che noi comunemente usiamo è il riso brillato, cioè privo della pellicola esterna.

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Il granoturco

mais

Sono note a tutti le gialle pannocchie fitte di chicchi, che si producono quasi in ogni regione d’Italia. In qualche paese le pannocchie vengono consumate dopo averle abbrustolite sul fuoco, ma generalmente i chicchi vengono macinati ricavandone una farina con cui si fa la polenta, cibo di facile digeribilità e di alto potere nutritivo. Il granoturco è originario dell’America del Sud e fu importato in Europa nel XVI secolo. Si semina in aprile e maggio e il suo raccolto si effettua per lo più in settembre.

La scoperta del mais
La terza graminacea in ordine di importanza (precedono il frumento e il riso) è il granoturco. Turco? E’ forse originario della repubblica della mezzaluna? State a sentire.
Nell’anno 1492, il giorno 28 ottobre, verso mezzogiorno, tre minuscole caravelle chiamate Santa Maria, Nina e Pinta toccarono per la prima volta le coste dell’isola di Cuba; e il grande genovese che le aveva guidate oltre i confini del mondo conosciuto, volendo avere qualche notizia di quell’isola meravigliosa, inviò a terra due suoi fidi: Rodrigo di Xeres e Luigi de Torres. Narrarono che i nativi si nutrivano spesso di certi grani chiamati maiz di buonissimo sapore quando erano cotti arrosto o pestati e ridotti in polenta. Si trattava del mais, del frumentone, il quale non tardò a essere trasportato e coltivato in Spagna donde si diffuse in molte Nazioni europee e anche,  estesamente, in Italia.

Il mais
La pianta del mais venne importata nel 1543 in Toscana, nel 1560 a Rovigo. Le odierne varietà si distinguono per altezza, per forma, per grossezza, per l’epoca della semina e della raccolta.
La qualità più coltivata, perchè più redditizia, ha il chicco giallo; si semina all’inizio della primavera e si raccoglie al principio dell’autunno.
Nei luoghi che hanno la possibilità di irrigazione si seminano le varietà di breve vegetazione, il “quarantino” e il “cinquantino”, nei terreni che già hanno prodotto frumento.
Il seme deve essere tolto dalle pannocchie più belle sgranate al tempo della semina. Il granoturco vuole terreni freschi, poco compatti, ben concimati, profondamente arati. Appena le piantine segnano le file, richiedono la sarchiatura con zappa e aratrino e la diradatura. Il granoturco matura in pianura e in collina, fino a 500 metri sul livello del mare.
Attualmente in Italia la sua coltivazione è accentrata nelle regioni della polena, Piemonte, Lombardia, Veneto, poi nell’Emilia, Friuli, Toscana, Marche, Campania.
L’uso della farina di mais, privato della corteccia vitaminica che circonda il seme, portò nei secoli scorsi alle gravissime epidemie di una particolare avitaminosi (simile allo scorbuto) detta pellagra, che colpiva le genti dell’Italia settentrionale. Ora che la farina di granoturco va scomparendo dall’alimentazione, e comunque il suo uso è integrato da altri cibi apportatori di vitamine, anche la pellagra è praticamente scomparsa. Larga quantità della produzione di mais è destinata ora all’alimentazione del bestiame.

Le pannocchie
Or che il granoturco fu raccolto, a gara
le massaie hanno appeso in molte file
alle rozze verande le pannocchie.
Splendono le pannocchie sui graticci
di legno, gialle, d’un bel giallo ardente
che è quasi rosso, fitto di rotondi
chicchi, lieto allo sguardo e liete al cuore.
Splendono le pannocchie al sol d’autunno,
tutte certezza: ed ai fanciulli parlano
della polenta che la madre al fuoco
nel paiolo rimesta, e d’un sol colpo
sul tagliere arrovescia e, nel buon fumo
ravvolta, suddivide in tante fette
quante le bocche. (G. Pascoli)

La leggenda del mais
Noi sappiamo che il mais fu per lungo tempo coltivato dalla maggior parte delle tribù di Indiani d’America non nomadi, cioè le più numerose. Essi consideravano questa pianta preziosissima, un dono davvero divino: ne sapevano cucinare i frutti in mille modi diversi, da cui sono derivate molte tipiche ricette americane. Sul mais si narra questa leggenda, che fa parte delle tradizioni della tribù del nord dei Chippewas.
Woo-Na-Mone, genio delle foreste e delle piante, fu in vita un cacciatore valentissimo: aveva la forza dell’orso e la rapidità del daino, e mai la sua freccia falliva un bersaglio.
Accadde un giorno che i suoi magici mocassini lo portassero in un territorio sconosciuto. Di fronte alla prateria immensa di alte erbe che si stendevano a perdita d’occhio, il gran cacciatore non ebbe un momento di esitazione. La sua temeraria curiosità lo spinse a penetrare nella prateria. Ma egli non andò lontano: improvvisamente davanti a lui le verdi fronde si agitarono e apparve uno strano personaggio-
Era piccolo di statura, e a malapena, tendendo le braccia, avrebbe potuto sfiorare il viso di Woo-Na-Mone. Sul capo portava un pesante turbante, formato dai suoi capelli biondi intrecciati, tra cui spuntavano due lunghe e bizzarre fronde verdi. Il suo abito era tutto intero, liscio e verde come l’erba. Portava una sacca di foglie intrecciate da cui usciva una lunga pipa: egli la riempì e la offrì a Woo-Na-Mone, dopo averne tirato una boccata.
Woo-Na-Mone fumò a sua volta la pipa della pace, poi parlò: “Io sono il forte Woo-Na-Mone, a cui nessun uomo può resistere!”
E lo strano personaggio gli rispose: “Anch’io sono assai forte, più forte di ogni uomo, ma non ti dirò il mio nome, se non riuscirai a battermi!”
Woo-Na-Mone scoppiò in una gran risata e si alzò in tutta la sua imponente statura, gonfiando di orgoglio il suo poderoso torace. I suoi lunghi capelli neri e le frange scomposte del suo abito barbaro gli davano  un aspetto davvero impressionante. Ma il piccolo sconosciuto non si lasciò turbare, e così parlò: “Se tu mi vincerai, dunque, io ti donerò qualcosa che potrai trasmettere alla tua tribù”.
Ebbe allora inizio la gara: vincitore sarebbe stato chi fosse riuscito per primo a mettere a terra l’avversario. Woo-Na-Mone si accorse ben presto che il suo antagonista era davvero molto veloce e molto forte, e più volte si trovò in difficoltà sotto l’attacco del piccolo sconosciuto.
Il cielo si arrossava ormai all’orizzonte: Woo-Na-Mone decise che la sua vittoria avrebbe dovuto brillare all’ultimo sole. Con un ultimo sforzo sollevò il piccolo uomo biondo e lo gettò al suolo con violenza, facendo fremere il terreno intorno, poi lo calpestò nella polvere, fra le erbe sparse.
“Sono vinto”, sospirò a questo punto lo strano personaggio, “tu sei davvero il più forte. Ascolta! Io sono il Mais. Faccio dono del mio corpo agli uomini dalla pelle rossa. Ricoprimi ora di terra in modo che io non mi possa più muovere. E tra luna sii di nuovo qui”.
Woo-Na-Mone obbedì: tornò nella grande prateria e lasciò trascorrere un’intera luna. Passato questo tempo, si avviò sul luogo dove aveva combattuto l’incredibile duello. Nel punto in cui il suo avversario era stato sepolto crescevano ora due lunghe foglie verdi, le stesse che adornavano il turbante del misterioso Mais. E a un tratto si sentì la sua voce: “Prenditi somma cura di questa pianta che tu vedi agitarsi alla brezza. Quando le sue pannocchie saranno mature, poni nella terra i semi e attendi. Quando i semi che tu avrai piantato daranno i loro frutti, tu prendi il raccolto e distribuiscilo tra gli Indiani. Dal nutrimento che darà loro questa pianta essi ben presto trarranno forza e ricchezza.  Ma tu non dimenticare di rendere onore e gloria al mio nome ogni qual volta il raccolto di queste piante sarà maturo”.
Così ogni anno a settembre c’è festa tra i pellirosse; essi devono questo omaggio al Mais che tolse loro la paura della fame.

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La segale

segale

La segale è il frumento delle terre povere e dei paesi di montagna dove non prospera il grano; dopo il frumento, essa contiene maggior percentuale di glutine di ogni altro cereale; è questa la ragione per la quale fu sempre intensamente coltivata in Europa, in regioni dove il suole e il clima non sono adatti a produrre il frumento.

La farina di segale è usata dalle nostre popolazioni di montagna soprattutto per la confezione del pane; ma per avere un pane veramente sostanzioso essi lo mescolano a farina di grano.
La paglia della segale è molto flessibile e lunga, ma non è adatta come cibo per il bestiame: essa, invece, è molto usata nella fabbricazione della carta, del cartone e dei cappelli di paglia, nonchè come lettiera per gli animali.

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Il grano saraceno

Originario dell’Asia, il cosiddetto grano saraceno viene coltivato specialmente nei paesi settentrionali ed in montagna, per farina che danno i suoi chicchi, adatta per il pane e per la polenta. Si tratta, come è noto, d’un grano di colore scuro, e questa leggenda vuole spiegare  l’origine del suo colore.
Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l’aria ancora volava la pula.
“O di casa!” dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l’indomani l’aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: “Su, spicciamoci ad alzarci, perchè abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori!”.
“Dormi e taci” rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall’altra parte.
S’erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano, e: “Beh? Credete di starvene a poltrire dino al giorno del giudizio, voi altri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle?”. Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se ne andò di furia.
“Avete visto se avevo ragione?” disse Pietro, fregandosi le spalle. “Su, su, andiamo a lavorare, se no quest’accidente di donna ci concia per le feste”
E il Signore di nuovo: “Dormi e taci”.
“Dite bene voi, ma se torna, se la prende con me!”
“Se hai tanta paura” disse il Signore, “passa qua, e lascia che al tuo posto vada Giovanni”.
Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre.
La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. “Come, ancora a dormire, siete?” e, per non fare ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello di mezzo, che era di nuovo Pietro.
“Sempre a me!” gemeva Pietro; e il Signore, per farlo stare tranquillo, scambiò il posto con lui. “Così sei più riparato. Dormi e taci”.
Tornò la vedova, e: “Adesso tocca a te!” e giù un’altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno.
“Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto” e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna.
Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: “Portami un tizzone acceso” e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell’aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense, si credeva di aver solo cenere: invece c’era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia.
I tre non aspettarono nemmeno d’esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenze e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l’aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull’aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all’aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella.
La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori nel villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: “Va’, salva quello che puoi, e insegnale che si deve rendere bene per male”.
San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com’era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma, per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntiti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra. (Italo Calvino)

I CEREALI materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recita per bambini STAGIONE FIORITA

Recita per bambini STAGIONE FIORITA una breve recita adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria sull’arrivo della primavera.

Personaggi:
– tre primule (bambini con abitino giallo a petali, in carta crespa)
– tre violette (abito viola)
– tre margherite (abito bianco)
– vento (in un mantello svolazzante)
– neve (mantello bianco e coriandoli bianchi in un sacchetto)
– primavera (bambina vestita d’azzurro con una coroncina di fiori tra i capelli)

La scena è vuota; dagli angoli però si vedono  spuntare a gruppi le testoline dei bambini che rappresentano i fiori.  Le tre primule, un po’ esitanti, in punta di piedi, avanzano verso il centro della scena.

Prima primula: Sarà questa l’ora?

Seconda primula: Credo di sì: mi è sembrato che qualcuno ci chiamasse…

Terza primula: Brrr… fa ancora freddino, però…

Seconda primula: Non pensarci: verrà un bel raggio di sole…

Prima primula: E noi sentiremo subito un dolce tepore!

Vento: (entra con furia, sibilando) Ma che fate? Siete pazze? Non sapete che siamo solo ai primi giorni di marzo? Via di qua! Non voglio vedermi attorno fiori delicati che poi si mettono a piagnucolare perchè si vedono sciupare i petali o sentono freddo. Voglio essere libero di correre come mi pare e piace. Intesi?

Tre primule: Oh, signor vento! Scusi, scusi tanto…
(Si ritirano intimidite, tenendosi abbracciate e ritornano nell’angolo da cui sono venute)

Vento: Ah, meno male! Quelle pettegole…
(Se ne va di corsa fischiettando)

Avanzano le tre violette, timide timide, tenendosi per mano.

Prima violetta: Tentiamo! Facciamoci coraggio!

Seconda violetta: Com’è bello uscire all’aria aperta e poter diffondere il profumino che abbiamo chiuso in cuore!

Terza violetta: (guardandosi attorno) Ma non c’è ancora nessun fiore…

Prima violetta (guardando a sua volta) E’ vero! Noi siamo state coraggiose!

Terza violetta: Però io ho paura…

Seconda violetta: Anche io ne ho un pochino…

Prima violetta: Paura di che cosa?

Seconda e Terza violetta: Non so…

Neve: (entra, correndo e lanciando manciate di fiocchi) Ma che fate, pazzerelle? Non sapete che io posso arrivare inaspettata e seppellirvi?

Le tre violette: (arretrando) Oh…

Neve: Già, oggi sono ancora io la regina, perchè marzo è appena iniziato. Mi spiace per voi, ma i fiori con me non vanno d’accordo. Ritiratevi in fretta e addormentatevi!

Le violette si ritirano nel loro angolino.

Neve: (lanciando fiocchi) Sembrano un volo di farfalle, sembrano petali di fiori… Sono belli i miei fiocchi, così bianchi! Ninna nanna! Ninna nanna!

La neve lentamente intanto si ritira. Dopo qualche istante avanzano le tre margherite.

Prima margherita: Oh, non ne potevo proprio più di starmene ferma e al buio!

Le tre violette: (senza muoversi dal loro angolino) No, no, tornate indietro!

Prima primula: Verrà il vento…

Prima violetta: Verrà la neve…

Seconda margherita: Che facciamo?

Terza margherita: Tentiamo! Basta un po’ di coraggio.

Prima margherita: So io che cosa dobbiamo fare.

Seconda e Terza margherita: Che cosa?

Prima margherita: Si prova a chiamare la primavera. In qualche angolo ci deve essere.

Seconda margherita: Forse dietro quella nuvola?

Terza margherita: O laggiù all’orizzonte?

Seconda margherita: O tra quelle fronde?

Prima margherita: Chissà… Proviamo a chiamare: Primavera!

Seconda e Terza margherita: Primavera!

Prima margherita: (volgendosi agli altri fiori nascosti nel loro angolino). Anche voi, violette! Anche voi, primule! Fate come noi!

Tutte le margherite: Primavera!

Margherite, primule e violette: Primavera!

Tutte: Verrà?

Primavera: (giunge, tutta ridente) Chi mi ha chiamata?

Tre margherite: Noi!

Tre violette: (avanzando verso la primavera) Noi!

Tre primule (avanzando verso la primavera) Noi!

Primavera: Ed io sono venuta.

Prima margherita: Ci hai dunque sentito! Dov’eri?

Seconda margherita: Dietro una nuvola? Tra le fronde di un albero?

Terza margherita: Laggiù all’orizzonte?

Primavera: Ero… lontano lontano, vicino vicino…

Tre violette: Come sei bella!

Tre margherite: Hai negli occhi il cielo!

Tre primule: E nei capelli il sole!

Primavera: (sorride e arretra di un passo) Arriverderci a domani!

Tre margherite: Come? Te ne vai?

Primavera: siamo solo ai primi di marzo e non mi fido…

Tre violette: Oh, non andartene…

Tre primule: Oggi, resta con noi!

Violette e margherite: Sì! Sì! Resta!

I fiori circondano la primavera e la fanno prigioniera nel loro girotondo.

Prima primula: Non ti lasciamo più fuggire, sai?

Prima margherita: E’ così bello il mondo quando ci sei tu!

Prima violetta: E a noi piace tanto fiorire…

Primavera: Avete ragione; quando fiorite, mi siete care come sorelline, e oggi voglio vedervi felici..

Allarga le braccia e con voce squillante continua:

Sole , manda i tuoi raggi tiepidi! Cielo, mostra il tuo viso sereno! Aria, fatti dolce dolce…

Tutti i fiori sciolgono il girotondo e sollevano le braccia verso il sole e il cielo.

Primule: Che bel sole!

Violette: Che cielo azzurro!

Margherite: Che aria dolce!

Prima Margherita: Ti abbiamo chiamata, primavera, e sei davvero con noi!

Tutti i fiori: Primavera, sei tanto bella!

(G. Ajmone)

Recita per bambini – Gli alberi fioriti

Recita per bambini – Gli alberi fioriti : una piccola recita adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria sulla primavera.

Mandorlo: Che lungo sonno ho fatto!

Pesco: Anch’io ho dormito a lungo…

Melo: Ho sognato freddo e gelo. Mi pareva di dover morire…

Pesco: Non era un sogno. Nel dormiveglia ho udito il vento sibilare e la pioggia scrosciare.

Mandorlo: Un giorno, ho socchiuso un occhio e ho visto tutto bianco. Mi sembrava di essere fiorito.

Melo: Era la neve.

Mandorlo: Amici, non sentite questo verso?

Cuculo: Cu cu, cu cu, cu cu!

Melo: E’ il cuculo! Se è arrivato lui, è arrivata la primavera!

Pesco: Sentite che tepore?

Mandorlo: Vedete il sole com’è chiaro? Sembra lavato da poco.

Melo: Anche la pioggia è tiepida. Fa piacere riceverla.

Mandorlo: Io direi che è giunto il momento di fiorire…

Melo: E se poi tornasse qualche giornataccia di freddo?

Pesco: E se facesse ancora la brina?

Mandorlo: Come siete paurosi!

Pesco: Non siamo paurosi. Siamo prudenti.

Melo: Se la brina uccide i nostri fiori, addio frutti… addio mele!

Pesco: Addio pesche!

Cuculo: Cu cu, cu cu, cu cu!

Mandorlo: Lo so bene che è un pericolo, ma non udite il cuculo? Pare che ci inviti a fiorire!

Pesco: E’ vero. Anch’io sento il desiderio di salutare il sole con i miei fiori rosa.

Melo: Se fiorite voi, fiorirò anch’io.

Cuculo: Cu cu, cu cu, cu cu!

Mandorlo: Coraggio, fratelli. Le mie gemme si schiudono.  Aprite anche voi le corolle alla luce: uno, due, tre!

Pesco: Come sei bello, fratello mandorlo, tutto bianco! Voglio fiorire anch’io! Uno, due, tre!

Melo: Come sei bello, fratello pesco, tutto rosa! Voglio fiorire anch’io! Uno, due, tre!

Un bambino: Gli alberi sono fioriti! Sembrano nuvole leggere e profumate. Che bellezza!

(Batte le mani di felicità)

IL PANE materiale didattico

IL PANE materiale didattico vario: dettati ortografici, letture, ecc…, di autori vari, per bambini della scuola primaria.

Il pane

L’uomo preistorico abbrustoliva i semi del grano per mangiarli e imparò soltanto più tardi a triturarli e ad impastare e cuocere la farina che ne ricavava. Questo sistema è usato ancor oggi da alcuni popoli che ottengono in questo modo una galletta dura e compatta di difficile digestione. Soltanto in un secondo tempo l’uomo imparò ad usare il lievito. Di questo si conoscono due specie: il lievito di birra e il lievito di pasta. Entrambi sono prodotti da speciali fermenti. Il lievito di pasta, usato per la confezione del pane casalingo, si ottiene facendo fermentare per alcune ore all’aria un pezzo di pasta.
La fermentazione, cioè la lievitazione, avviene per opera di un fungo che si sviluppa nella pasta e che scompone l’amido della farina in alcool e anidride carbonica. La pasta lievitata rigonfia appunto, per opera dell’anidride carbonica, ed emana un odore di vino per opera dell’alcool che si è formato.
I principali componenti della farina sono il glutine e l’amido. Quest’ultimo è formato da tanti minutissimi granelli compatti, di un colore bianco candido. Il glutine è grigiastro, vischioso ed elastico.
Quando si aggiunge acqua alla farina preparata per fare il pane, i granellini di amido di rammolliscono e si gonfiano, aumentando di volume, e il glutine si riunisce a formare una massa molle e compatta, pronta a ricever l’azione del lievito.
Con la lievitazione, la pasta si solleva, si gonfia, in una parola fermenta. Durante la fermentazione, l’amido si trasforma in destrina e quindi in zucchero o glucosio. E’ appunto quest’ultima sostanza che produce, oltre all’alcool, l’anidride carbonica per opera della quale il pane diventa spugnoso, ricco di piccole cavità. Quando il pane cuoce nel forno, il gas, dilatandosi, allarga ancora queste cavità e la massa cresce ulteriormente di volume.
Il pane si può fare anche con altri tipi di farina: con le segale, meno ricca di glutine, con l’avena, con l’orzo, col granoturco, ecc…
Nei paesi caldi, come in Africa, il raccolto del grano si fa due volte l’anno. Nei paesi freddi dove il grano non potrebbe arrivare a maturazione, si coltiva l’orzo primaverile che matura in soli tre o quattro mesi. L’avena, che ama l’umidità e il clima piuttosto fresco, viene di preferenza coltivata nei paesi nordici dove si usa,  infatti, pane di avena.
Il pane può essere confezionato in diverse forme: pagnotte, sfilatini, panini, filoni, grissini, ciambelle. Il pane integrale, fatto con farina meno setacciata e quindi più scura, è più nutriente del pane bianco anche perchè utilizza l’embrione, elemento prezioso, che è fissato alla crusca e che assurdamente viene eliminato con questa, togliendo al pane gran parte delle sue qualità nutritive.
Con la farina di grano si fanno le paste alimentari di cui in Italia esiste una vasta e ottima produzione, oggetto di esportazione in tutto il mondo. La pasta è fabbricata prevalentemente a macchina e assume le più svariate forme.

Non sciupare il pane

Non sciupare il pane! Pensa che è costato tanta fatica e che il  contadino ha seminato in autunno per raccogliere soltanto in estate. Per tutto l’anno egli ha trepidato per le gelate, per i temporali, la siccità, la malattia. E soltanto quando ha potuto mettere il suo grano al sicuro egli ha tratto un sospiro di sollievo.

Il pane

Mi chiamano ciambella, sfilatino, panino, cornetto, ma sono sempre il pane. La mia crosta è dorata. La mollica è soffice, bianca, morbida. L’anno scorso ero ancora erba verde nei solchi dove le allodole facevano il loro nido. Sono stato poi spiga matura che l’uomo ha mietuto, trebbiato, macinato. Divenni bianca farina che il fornaio ha impastato con l’acqua, il sale,  il lievito, e poi ha cotto al forno.
Quando tu mangi un pezzo di pane, ricordati di quanto ti ho detto.

Il grano

Gli uomini trovarono un’erba dal lungo stelo, che da un seme solo fa tante spighe ed ogni spiga tanti chicchi, i quali macinati, danno una polvere così bianca, così molle e queste, intrisa e rimenata e cotta, dà un cibo così soave, così forte! Quell’erba è la divina vivanda che di fa vivere: il pane! (G. Pascoli)

Il pane

Quante fatiche, quante ansietà, quante pene sono contenute in un pezzo di pane! I grandi bovini che erpicano la terra, il contadino che lo buttò a manciate nel maggese invernale, i primi fili che vincono, teneramente, la scura umidità della terra, e i mietitori che piegano i colli anneriti, l’intera giornata  e c’è da legar le manne, da portarle sull’aia. (G. Papini)

I lavori per il pane

Dopo trebbiato bisogna aspettare un po’ di vento che non sia troppo fiacco, ma neanche forte per dividere, col vaglio, i chicchi buoni dalla pula e poi c’è da macinare e da toglier la crusca con lo staccio, e da sfiorar la farina e da scaldar l’acqua per impastarla, e da scaldare il forno con l’erba secca e le fascine; tutto questo c’è da fare, con amore  e pazienza prima di avere questo pane. (G. Papini)

L’arte di fare il pane

Gli uomini primitivi cuocevano il pane su pietre roventi. Essi facevano focacce non lievitate e non pagnotte e panetti, come noi. I primi forni pubblici, dove si cuoceva il pane e dove tutti potevano comperarlo, sorsero nell’antica Roma.
Nel passato i forni erano a legna, ora sono a legna; in essi non si depositano sul pane ne cenere ne polvere e il pane è più bello. (G. Ugolini)

Non sciupare il pane

Non sciupare il pane. Pensa che esso è costato tanta fatica.  Il contadino ha lavorato la terra, l’ha seminata. Quando le piantine sono spuntate, le ha mondate dalle cattive erbe. Venuto il caldo, egli ha mietuto le spighe mature. Le ha trebbiate, ha macinato il grano, ha impastato la farina per farne dei pani. I pani sono stati cotti al forno ed ora sono sulla tua tavola. Pensa a tutto questo quando stai per sciupare anche un sol pezzo di pane.

Esercizi di vocabolario
Pane: pagnotta, panificare, panificazione, pancotto, pangrattato, panettone, pandoro, panino, panetto, panone…
Pezzo, morso, tozzo, mollica o midolla, crosta, cantuccio, fetta.
Il pane può essere: fresco, duro, rifatto, raffermo, caldo, odoroso, croccante, stantio, ammuffito, ben cotto, crudo, lievitato, mal lievitato, bianco, grigio, integrale, azzimo, soffice, leggero, bruciato, tostato, abbrustolito, biscotto, biscottato, midolloso, mollicoso, affettato, asciutto, bagnato, inzuppato,…
Il pane si impasta, lievita, cuoce, brucia, si abbrustolisce, si mangia, si spezza, si gratta, si indurisce, si affetta, …
Modi di dire: essere pane e cacio; se non è zuppa è pan bagnato; mangiare il pane a ufo; magiare pan pentito; non è pane per i suoi denti; vender per un pezzo di pane; rendere pan per focaccia; spezza il pane della scienza.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

CHICCOLINO recita per bambini

CHICCOLINO recita per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Narratore: C’era una volta un chicco di grano, lo chiameremo Chiccolino, per distinguerlo dai mille e mille altri chicchi che gli stavano accanto, sopra e sotto, tutti raccolti insieme in un granaio. Un giorno il nostro Chiccolino trasse un lungo sospiro e disse…

Chiccolino: Ah, che triste è questo luogo, scuro… silenzioso… e come si sta male così pigiati, uno sull’altro.

Narratore: Gli rispose un altro chicco di grano, lì vicino

Secondo chicco: Hai ragione, fratellino, dobbiamo starcene qui stretti, noi che eravamo abituati all’aria aperta, laggiù nel campo dorato.

Chiccolino: Ricordi come si stava bene nel grembo della spiga? Il sole intorno sorrideva…

Secondo chicco: … e il vento sussurrava le sue dolci canzoni…

Chiccolino: … e le messi ondeggiavano.

Secondo chicco: E il canto degli uccelli… Te lo ricordi il canto degli uccelli, fratellino?

Chiccolino: Altro che… E i papaveri con i loro vestitini rossi che mettevano l’allegria…

Secondo chicco: Sembrava on dovesse finire mai quella bella vita. Invece un giorno vennero gli uomini, avanzarono con le loro macchine nel campo…

Chiccolino: Recisero le spighe, a cento a cento.

Secondo chicco:  E noi sgusciammo fuori e fummo raccolti nei sacchi, poi scaricati qua, nel granaio.

Chiccolino: Una vera prigione.

Secondo chicco: Triste destino davvero… la vita era cominciata tanto bene, ed è finita così male.

Narratore: I due chicchi di grano sospirarono. Per un momento regnò un gran silenzio nel granaio, poi si udì una nuova vocina…

Terzo chicco: Non scoraggiatevi, amici miei… Io vi dico che non è finita così.

Chiccolino: Chi sei, tu?

Secondo chicco: E che ne vuoi sapere?

Terzo chicco: Sono un chicco di grano come voi, come tutti gli altri, soltanto sono più anziano di voi e conosco un po’ il mondo.

Secondo chicco: Ma come puoi dire che la nostra vita non è finita qui?

Terzo chicco: So quel che dico: ne ho visti tanti e tanti di chicchi di grano… Ne ho visti arrivare e li ho sentiti lamentarsi proprio come fate voi…

Chiccolino: E poi?

Terzo chicco: E poi, un bel giorno, li ho visti partire per un nuovo destino.

Secondo chicco: E tu?

Terzo chicco: Il mio destino è stato diverso da tutti gli altri: quando fui versato nel sacco del granaio, sono quattro anni ormai, andai a finire in una fessura del tramezzo di legno, e così sono rimasto nascosto in un cantuccio ad osservare…

Chiccolino: racconta, racconta per favore…

Secondo chicco: Su, da bravo, non farti pregare.

Terzo chicco: Con piacere, amici miei. Dovete dunque sapere che…

Narratore: Il vecchio chicco di grano non ebbe tempo di cominciare il suo racconto perchè le porte del granaio furono spalancate, e risuonarono le voci degli uomini

Primo uomo: Su, svelti, riempite quaranta sacchi.

Secondo uomo: Avanti, voi, con i sacchi. Qui a me.

Primo uomo: Poi li caricherete sull’autocarro e li porterete al mulino.

Narratore: Per tutta la mattina gli uomini affondarono le pale nel grano. Che tramestio, che confusione in quel mare di  chicchi… Alfine le voci tacquero, le porte furono chiuse e nel granaio tornarono il silenzio e l’oscurità.

Terzo chicco: Chiccolino, Chiccolino! Dove sei?

Chiccolino: Eccomi, sono qui, vecchio chicco.

Terzo chicco: Oh, meno male! Ho tremato per te…

Chiccolino: L’ho scampata bella. Per due volte la pala mi ha sfiorato… Brrr, non mi sarebbe piaciuto finire un’altra volta in un sacco.

Terzo chicco: Ci saresti rimasto per poco. Ti avrebbero portato al mulino con tutti gli altri.

Chiccolino: Al mulino? Cos’è il mulino?

Terzo chicco: Il mulino è lo stabilimento dove si macina il grano: ogni granello viene stritolato fra due ruote di pietra, ridotto in polvere bianca, in farina.

Chiccolino: Questo non può essere, non è possibile che la mia veste dorata si riduca in polverina bianca.

Terzo chicco: La veste, o involucro, è color d’oro, ma dentro sei tutto bianco. Chiccolino, come me e come tutti gli altri; dopo che la macina del mulino ci ha stritolati, la farina viene passata allo staccio.

Chiccolino: E cosa accade allora?

Terzo chicco: Lasciami dire: passata allo staccio, il candido fior di farina sarà liberato dal cruschello; da una parte il cruschello dorato, dall’altra la candida farina.

Chiccolino: E poi?

Terzo chicco: E poi gli uomini lavorano la farina nei pastifici e nei forni, fanno il pane e la pasta, due dei loro alimenti principali.

Chiccolino: Se questo sarà il mio destino, sono già rassegnato…

Terzo chicco: C’è di meglio, Chiccolino, c’è di meglio. Può darsi che ti attenda un destino migliore.

Chiccolino: Che cosa c’è ancora?

Terzo chicco: Devi sapere che ogni anno una parte del grano che gli uomini raccolgono dai campi…

Narratore: Neanche questa volta il vecchio chicco potè continuare il suo racconto: le porte del granaio si spalancarono, risuonarono ancora le voci degli uomini.

Primo uomo: Sarà cosa da poco questa volta: basteranno cinque sacchi.

Secondo uomo: La provvista per la semina.

Narratore: Ancora un gran tramestio nel granaio, le pale si immersero nel mare di grano… Ad un tratto Chiccolino si sentì sollevare, ebbe appena il tempo di gridare…

Chiccolino: Addio, vecchio chicco di grano e grazie per la buona compagnia!

Terzo chicco: Addio, Chiccolino, addio, e buona fortuna!

Narratore: Come si stava male dentro il sacco… stretti stretti, sembrava di soffocare. Ma non durò a lungo. Il mattino seguente Chiccolino sentì che qualcuno sollevava il sacco, lo portava via, lo posava sul terreno. Chiccolino si chiese…

Chiccolino: Quale sarà il mio destino?

Narratore: L’imboccatura del sacco fu sciolta, una mano si immerse nel grano… Chiccolino fu trasportato in un sacchetto appeso alla cintura di un seminatore.

Chiccolino: Ah, finalmente! Un po’ di aria fresca e la gran luce del sole! E com’è bello andarsene per i campi…

Narratore: Ma ecco nuovamente una mano si immerge nel sacchetto: Chiccolino si ritrae, ma la mano si serra, lo prende con tanti altri granelli…

Chiccolino: Ah… che gran volo!

Narratore: Era stato lanciato nella terra smossa.

Chiccolino: Ben trovata, madre terra. Con te starò benissimo.

Narratore: Chiccolino si guardava intorno, non c’erano ne erbe ne i papaveri vestiti di rosso, ma soltanto terra umida e scura. Si stava domandando che cosa gli sarebbe accaduto, quando si sentì rotolare in mezzo alle zolle di terra, e fu sepolto.

Chiccolino: Nuovamente al buio, e solo, questa volta. Questa è proprio la fine…

Narratore: Non era la fine, anzi era il principio di una nuova storia che ogni anno, da migliaia e migliaia di anni, si ripete al sopraggiungere della stagione piovosa. Racchiuso nel seno della madre terra, Chiccolino dormì tranquillo per qualche tempo. Poi, un giorno…

Chiccolino: Che succede? Mi spunta come una bianca codina…

Narratore: Sì, qualcosa di nuovo avveniva nel corpo di Chiccolino: si rigonfiava, allungava dei piccoli tentacoli. Poi un piccolo stelo si allungava su su verso l’alto, in cerca d’aria e di luce.

Chiccolino: Che bello! Che bello! Aveva ragione il vecchio chicco, una nuova vita mi attende. Evviva il sole!

Narratore: Pian piano la nuova pianticella ruppe la crosta della terra, si innalzò verso il cielo. E Chiccolino? Chiccolino non c’era più, si era trasformato in una nuova pianta di grano e quando ritornò il sole dell’estate una bella spiga dorata ondeggiava al vento, sussurrava le sue canzoni in risposta al canto degli uccelli, scherzava con i rossi papaveri che mettono allegria.

G. Valle

LA GERMINAZIONE tavole e schede

LA GERMINAZIONE tavole e schede  pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.

Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:

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Questo è il materiale pronto in formato tavola:

E questo lo stesso materiale in formato scheda:


LA GERMINAZIONE tavole e schede

IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede

IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede  pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.

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IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede

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PARTI DELLA PIANTA tavole

PARTI DELLA PIANTA tavole  pronte per la stampa e il download , in formato pdf, per bambini della scuola primaria.

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La pianta utilizzata ad esempio è quella del fagiolo. La tavola, oltre ad indicare le principali parti di cui si compone una pianta, ne illustra anche le quattro principali funzioni, che sono:
– assorbimento
– respirazione
– traspirazione
– funzione clorofilliana.

Questa è la tavola contenente tutte le didascalie:

Questo è invece la tavola da compilare:

PARTI DELLA PIANTA tavole

ALGHE tavole riassuntive e schede

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MUSCHIO tavole riassuntive e schede

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FELCI tavole riassuntive e schede

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GRAMINACEE tavole riassuntive e schede

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LE LILIACEE tavole riassuntive e schede

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