Palla di vischio per baci di Capodanno

Palla di vischio per baci di Capodanno di carta, con tutorial e cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf.

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno. Se vuoi saperne di più di questa tradizione, puoi leggere qui: 

Rametto di vischio di carta – materiale occorrente:
carta colorata in vari toni diversi di verde
carta bianca
una pallina dell’albero di Natale
forbici
colla
cartamodello.

Rametto di vischio di carta – cartamodello:
Questo è il cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf:

Rametto di vischio di carta – come si fa:

Ritagliate le varie parti del cartamodello e riportate sulla carta colorata: le foglie e i rametti per le bacche, in bianco i grappolini di bacche:

La quantità di elementi dipende dalla grandezza della pallina che avete scelto; io ho ritagliato 25 rametti piccoli, 20 rametti grandi e 20 bacche (ritagliando insieme più foglietti sovrapposti, il lavoro diventa molto veloce):

Per le bacche incollate i rametti verdi sul mazzolino bianco, così:

e poi forate le bacche per ottenere un aspetto più realistico:

Piegate le foglioline verdi lungo la metà:

Quindi iniziate ad incollare i rametti lunghi partendo dal fondo della pallina a salire:

E completate aggiungendo i rametti piccoli e le bacche:

Questo è il lavoro finito, pronto per essere appeso sullo stipite di una porta, o per essere donato ai vostri ospiti durante la festa di Capodanno:

Mazzolino di vischio di carta tutorial

Mazzolino di vischio di carta tutorial con cartamodello scaricabile e stampabile in formato pdf.

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno. Se vuoi saperne di più di questa tradizione, puoi leggere qui: 

Mazzolino di vischio di carta tutorial
Materiale occorrente:

carta in vari toni di verde
perline bianche
un nastro
forbici
colla a caldo per fissare le perline
pinzatrice
cartamodello

Mazzolino di vischio di carta tutorial
Cartamodello:

Mazzolino di vischio di carta tutorial – come si fa:

ritagliate le tre parti del cartamodello, riportele su su sei fogli di carta verde e riitagliate, in modo da ottenere sei rametti di vischio. Con la pinzatrice fissate i tre elementi che compongono ogni rametto, così:

Prendete il nastro, formate un’asola in alto e pinzate lungo il nastro i sei rametti:

Con degli altri nastri fate un fiocco in alto:

Piegate le foglioline di vischio lungo la metà, così:

Incollate le perline bianche, possibilmente raggruppate a tre a tre, come nel vischio vero, e il vostro mazzolino è pronto per essere appeso sullo stipite di una porta, o per essere donato ai vostri ospiti durante la festa di Capodanno:

Tanti baci!

 Mazzolino di vischio di carta tutorial

Rametto di vischio di carta tutorial

Rametto di vischio di carta tutorial con cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf.

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno. Se vuoi saperne di più di questa tradizione, puoi leggere qui: 

Rametto di vischio di carta – materiale occorrente:
carta colorata in due toni diversi di verde
perline bianche o pasta modellabile bianca
un nastrino
forbici
colla
cartamodello.

Rametto di vischio di carta – cartamodello:
Questo è il cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf:

Rametto di vischio di carta – come si fa:

Ritagliate il cartamodello e riportatelo sul primo foglio di carta verde scelto. Decorate con un nastro in alto:

Piegate le foglie del vostro vischio lungo la metà, così:

Applicate le bacche bianche (o le perline)

Riportate il cartamodello anche sul secondo foglio verde e ritagliate:

incollate il secondo rametto sul retro,  il vostro vischio è pronto per essere appeso sullo stipite di una porta, o per essere donato ai vostri ospiti durante la festa di Capodanno:

Tanti baci!

 

Rametto di vischio per baci tutorial e pdf

Rametto di vischio per baci tutorial con cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf.

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno. Se vuoi saperne di più di questa tradizione, puoi leggere qui:

Rametto di vischio per baci – materiale occorrente:
carta seta o pannolenci verde
perline bianche
un nastrino rosso
forbici
pinzatrice
colla a caldo (o altra colla, per fissare le perline)
cartamodello.

Rametto di vischio per baci – cartamodello:
Questo è il cartamodello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf:

Rametto di vischio per baci – come si fa:

Ritagliate le tre parti del cartamodello e riportatele sulla carta o sul pannolenci scelto:

e ritagliate i tre elementi:

Appoggiateli sul tavolo incorciandoli tra loro in modo da formare una bella composizione, e ponete sotto di essa il nastro:

fermate il tutto con un punto di spillatrice:

con un altro punto di spillatrice fissate sul retro un’asola fatta sempre col nastro rosso, e fate un bel fiocco sul primo nastro fissato, così:

Con la colla a caldo incollate le perline bianche (all’incirca raggruppandole a tre a tre, come si dispongono nel vischio vero):

E il vostro rametto è pronto per essere appeso sullo stipite di una porta, o per essere donato ai vostri ospiti durante la festa di Capodanno:

 

Biglietto di auguri per l’anno nuovo

Biglietto di auguri per l’anno nuovo con rametti di vischio: tutorial e modello scaricabile e stampabile gratuitamente in formato pdf.

Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno. Se vuoi saperne di più di questa tradizione, puoi leggere qui: 

Materiale occorrente:
– cartoncino o carta colorata verde e bianca
– matita verde scuro e nera
– carta a scelta per lo sfondo e il biglietto
– un nastrino rosso o del colore che preferite
– forbici, colla da carta, eventualmente pinzatrice
– cartamodello

Cartamodello:

Questo è il cartamodello per i rametti di vischio da ritagliare:

Come si fa:

Scegliete la carta che desiderate usare per lo sfondo e ritagliate nel cartoncino verde i due rametti di vischio, seguendo il cartamodello:

Incollate sulla carta scelta i due rametti, incrociandoli così:

Aggiungete il nastro (con la colla o con la spillatrice) e fate un fiocchetto:

ritagliate un po’ di bacche bianche e disegnate un puntino con la matita nera. Con la matita verde, invece, ripassate i contorni dei rametti che avete incollato:

Incollate le bacche ai rametti:

Quindi incollate il tutto su un cartoncino piegato a metà, e il vostro biglietto d’auguri per l’anno nuovo è pronto:

Se volete cercate gli articoli sul Capodanno già pubblicati, tra i quali una raccolta di poesie e filastrocche che potrà esservi utile per completare il biglietto…

Perchè ci si bacia sotto il vischio?

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Baciarsi sotto il vischio è una tradizione legata a tutto il periodo natalizio; in Italia e Francia, in particolare, i baci sotto il vischio si scambiano a Capodanno.
La storia del vischio è antichissima e piena di contraddizioni; il vischio è una delle piante più magiche, misteriose e sacre del folklore europeo.

tutorial e pdf qui: 

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Un po’ di botanica

photo credit: http://en.wikipedia.org/

La botanica può spiegare perchè il vischio abbia tanto colpito gli antichi e perchè sia tanto presente nei miti e nelle leggende: pur non essendo radicata nel terreno, la pianta del vischio rimane verde per tutto l’inverno, mentre gli alberi su cui cresce e di cui si è alimentata sono secchi. Il fascino che questo fatto ha esercitato sui popoli pre-scientifici è comprensibile.

Si tratta di una pianta semi parassitaria, parente del sandalo, che si attacca su altri alberi (soprattutto salici e meli) per sottrarre al suo ospite acqua e sostanze nutritive. Non è un parassita completo perchè è capace di fotosintesi. A differenza del sandalo, i semi del vischio vengono propagati attraverso gli uccelli e per questo la pianta cresce sui rami più alti degli alberi. Anche se il vischio è considerato la pianta dell’amore, il suo nome inglese “mistletoe” deriva dal fatto che si credeva che il vischio crescesse non da semi, ma direttamente dagli escrementi degli uccelli. “Mistel” è la parola anglosassone per sterco”, e “tan” è la parola per ramoscello, così mistletoe in realtà significa “sterco sul ramoscello”. Vari tipi di vischio crescono in tutto il mondo. Il nome scientifico del vischio americano è “Phoradendron” che significa “ladro dell’albero”. Il vischio europeo è invece classificato come “Viscum album”.

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Un po’ di storia

Alcune varietà di vischio  sono velenose, altre varietà sono considerate medicinali; in ogni caso anche le varietà velenose per gli uomini non lo sono per gli uccelli.
Ippocrate considerò il vischio una piante medicinale. I greci lo usavano come una cura per tutti i mali, dai crampi mestruali ai disturbi della milza.
I Druidi celtici (1 ° secolo dC), probabilmente avendo osservato che il vischio prospera anche durante l’inverno più rigido, lo vedevano come un simbolo sacro di vitalità, e lo somministravano agli esseri umani ed agli animali nella speranza di ripristinare la fertilità. Lo consideravano una pianta sacra, e credevano avesse anche altri poteri miracolosi e che potesse guarire da varie malattie, servire come antidoto contro i veleni, garantire la protezione contro gli effetti negativi della stregoneria. Credevano che il vischio contenesse in sè lo spirito dell’albero su cui era cresciuto, perchè il vischio era l’unica parte che rimaneva verde per tutto l’inverno.
Il naturalista romano Plinio il Vecchio riportò che i sacerdoti dei Galli, i Druidi, quando trovavano del vischio su una quercia, lo raccoglievano con una particolare cerimonia: “… dopo aver preparato tutto per il sacrificio sotto la quercia, portano là due tori bianchi. Un druido vestito di bianco si arrampica sulla quercia e con un falcetto d’oro taglia il vischio, che viene raccolto in un mantello bianco. Poi sacrificano i tori, pregando il dio che ha dato loro il vischio come un dono“.
Nel corso dei secoli il vischio è stato usato per combattere la lebbra, la sterilità, l’epilessia, e persino il cancro.

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Il vischio nella letteratura

Come ci si può aspettare da una pianta che ha affascinato gli uomini da tanto tempo, la pianta del vischio si è ritagliata anche una nicchia di fama negli annali della letteratura: parliamo del “ramo d’oro”.
Nell’Eneide di Virgilio, l’eroe romano Enea si avvale di questo “ramo d’oro” in un momento critico del libro. Il “ramo d’oro” si trovava su un albero speciale nel Bosco Sacro di Diana, a Nemi. La profetessa Sibilla aveva detto ad Enea di cogliere questo ramo magico prima di tentare la sua discesa agli inferi. Sibilla sapeva che, con l’aiuto di tale magia, Enea sarebbe stato in grado di intraprendere l’avventura pericolosa con fiducia.
Il titolo del classico dell’antropologia di Sir James G. Frazer, “Il ramo d’oro” (1922), deriva da questa scena di Virgilio. Ma come può qualcosa di verde, come il vischio, essere associato con il colore dell’oro? Secondo Frazer, il vischio è diventato “ramo d’oro”, perché mentre tutte le piante quando muoiono appassiscono, il vischio morto acquista una tonalità dorata. Nel folklore europeo, infatti, si pensava che il vischio secco fosse portato sugli alberi dai fulmini.

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Leggende e tradizioni

Il vischio è anche un simbolo sessuale e di virilità, perchè i suoi semi sono rivestiti da una sostanza lattiginosa simile allo sperma che consente loro di aderire ai rami degli alberi, una volta dispersi dagli uccelli.  Poichè il vischio rimane verde tutto l’anno, molti popoli antichi hanno attribuito a queste piante poteri curativi magici per la fertilità, e alcune culture l’hanno visto come un afrodisiaco a causa della disposizione suggestiva dei suoi acini. Si è anche ritenuto che il vischio avesse qualità abortive, il che aiuterebbe a spiegare la sua associazione con la sessualità disinibita.

Da queste credenze deriva probabilmente l’usanza di appendere una palla di vischio al soffitto e di scambiarsi baci sotto di essa. In realtà la tradizione dei baci sotto il vischio può derivare da miti e leggende presenti in diverse culture.
Ad esempio, lo scambio di baci sotto il vischio era una tradizione presente nelle feste greche e nelle cerimonie matrimoniali. Se una coppia si scambiava un bacio sotto il vischio, questo veniva interpretato come una promessa di matrimonio e una previsione di felicità e lunga vita.

In Scandinavia, il vischio era considerato una pianta di pace, e veniva usata dai nemici per dichiarare una tregua: ogni volta che due gruppi avversari si incontravano sotto il vischio nella foresta, dovevano deporre le armi e rispettare una tregua fino al giorno successivo, e questa antica usanza scandinava potrebbe aver portato alla tradizione di baciarsi sotto il vischio. Ma questa tradizione, in realtà, va di pari passo con uno dei miti nordici più affascinanti che si trovano nell’Edda: il mito di Baldur.
“Baldur era il secondo figlio di Odino. Era il dio della verità e della luce, ed era così amato da tutti gli altri dei che essi facevano di tutto per proteggerlo dai pericoli del mondo.
Sua madre, la dea Frigg, che era la dea della bellezza e dell’amore,  riuscì addirittura a farsi giurare dal fuoco e dall’acqua, dal ferro e da tutti i metalli, dalle pietre e dalla terra, dagli alberi, dalle malattie e dai veleni, e da tutte le bestie (quadrupedi, uccelli e rettili) che mai avrebbero fatto del male a Baldur.
Tutti fecero la loro promessa, e per questo Baldur venne considerato invulnerabile, tanto che gli altri dei si divertivano a metterlo in mezzo a loro, e alcuni lo colpivano, altri lo ferivano, altri gli lanciavano pietre, ma nulla poteva fargli male, e tutti erano contenti. Tutti coloro che avevano fatto giuramento, inoltre, mostravano a Frigg e agli altri dei la loro fedeltà scagliando contro Baldur le loro armi, e in effetti egli rimaneva illeso.
Solo Loki, il creatore del male, era geloso dei poteri del dio, e decise di cercare una cosa sulla terra che non avesse aderito alla promessa e che quindi poteva essere in grado di far del male a Baldur. Loki non riuscì a trovare nulla, così decise di trasformarsi in una vecchia e di andare dalla dea Frigg. La dea, confidandosi con la vecchia, le raccontò che nulla poteva fare del male a suo figlio perchè tutti avevano promesso di essere innocui con lui. La vecchia chiese: “Ma hanno promesso proprio tutti?”. E Frigg rispose: “Tutti hanno giurato, tranne una pianta che cresce a est del Valhalla chiamata vischio; a lei non ho chiesto di promettere perchè è troppo delicata per poter far del male a Baldur”.
Così Loki andò a est e prese un ramoscello di vischio. Tornò quindi dagli dei, che si stavano tutti divertendo a provare l’invincibilità del dio. Si avvicinò al dio Hother, che era cieco, e stava un po’ in disparte ai margini del cerchio, e gli chiese: “Perchè tu non colpisci Baldur?”. Hother rispose: “Perchè non vedo dove sta, e inoltre non ho armi”. Allora Loki disse: “Mi dispiace molto che tu non possa partecipare al divertimento. Se vuoi ti indicherò io dove si trova, e potrai lanciarli contro questo ramoscello”.
Così Hothler prese il vischio e, seguendo le indicazioni di Loki, lo lanciò contro Baldur. Il vischio trafisse il dio e lo uccise, davanti a tutti gli altri dei che tanto lo amavano.
Gli dei rimasero a lungo senza parole, poi si levò in un’unica voce un pianto amaro. La dea Frigg era distrutta dal dolore, e le sue lacrime si trasformarono nelle bacche bianche del vischio. Frigg non riusciva a darsi pace, e riuscì a convincere gli altri dei a riportare Baldur in vita. Lei li avrebbe ricompensati per la loro magia donando per sempre i suoi servigi e i suoi baci. Gli dei riportarono in vita Baldur, e stabilirono che da allora in poi il vischio sarebbe diventata la pianta consacrata agli atti di felicità ed utilità, e diedero a Frigg l’autorità di rendere il vischio all’altezza di questo suo nuovo compito. La dea avrebbe dato un bacio a chiunque passasse sotto di essa.”

In tutta l’Europa, i rami di vischio venivano appesi al soffitto per allontanare gli spiriti maligni. In alcuni paesi rami di vischio venivano posti sulle porte di ingresso delle case per evitare l’ingresso delle streghe. Nei tempi più antichi, era uso baciare la mano dell’ospite sotto il vischio prima di entrare nella sua casa.

L’associazione tra vischio e fertilità, o tra vischio e vitalità, è continuata per tutto il Medioevo, e già nel 18° secolo il vischio era parte integrante delle celebrazioni natalizie in Inghilterra. Come sia avvenuto il passaggio da pianta sacra a decorazione natalizia, non è chiaro, ma pare che la tradizione del bacio prese piede prima tra i servi per poi diffondersi alle classi medie. Gli uomini erano  autorizzati a rubare un bacio a una donna sorpresa in piedi sotto il vischio, e un eventuale rifiuto le avrebbe portato sfortuna. In epoca vittoriana, se una ragazza rifiutava un bacio mentre stava in piedi sotto il vischio, si diceva che lei poi non avrebbe ricevuto alcuna proposta di matrimonio durante l’anno successivo.
Un’altra tradizione prevedeva che il vischio venisse appeso nei casali e nelle cucine a Natale, e che i giovani avessero il privilegio di baciare le ragazze sotto di esso, strappando ogni volta una bacca dal ramo. Quando le bacche erano tutte colte, il privilegio cessava.

In Francia e in Italia, l’usanza legata al vischio era riservata al Capodanno.

Nella tradizione moderna, nella case europee ed americane si appende un rametto di vischio, di solito sullo stipite di una porta, e se una donna si trova sotto di essa, un uomo può baciarla. L’usanza di strappare una bacca prima del bacio non si è conservata.

Perchè ci si bacia sotto il vischio? Altre fonti dal web:

http://mentalfloss.com/article/
http://www.coolquiz.com/
http://wonderopolis.org/
http://www.whychristmas.com/
http://www.theguardian.com/science/
http://www.history.com/
http://landscaping.about.com/
http://www.livescience.com/

Racconti per Capodanno

Racconti per Capodanno – una raccolta di racconti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

L’aeroplano sconosciuto

-Comandante, un aeroplano sconosciuto chiede di atterrare.-
-Un aeroplano sconosciuto? E come è arrivato fin qui?-
-Non so, comandante. Noi non abbiamo avuto alcuna comunicazione. Dice che sta per finire il carburante e che atterrerà anche se non glielo permettiamo. Uno strano personaggio, comandante.-
-Strano?-
-Un po’ pazzo direi. Un momento fa lo sentivo ridacchiare nella radio: “Tanto, nessuno mi può fermare…”
-Ad ogni modo facciamolo scendere, prima che combini qualche guaio.-
L’apparecchio atterrò sul piccolo campo d’aviazione, alla periferia della capitale, alle ventitrè e ventisette precise. Mancavano trentatre minuti alla mezzanotte. Già, ma non a una mezzanotte qualunque, bensì alla mezzanotte più importante dell’anno. Era la sera del 31 dicembre e in tutto il mondo milioni di persone vegliavano in attesa dell’anno nuovo.

L’aviatore sconosciuto balzò a terra agilmente e subito cominciò a dare ordini: -Scaricate i miei bauli. Sono dodici, fate attenzione. Mi occorreranno tre tassì per trasportarli. Qualcuno può fare una telefonata per me?-
-Forse sì o forse no- rispose per tutti il comandante del campo, -Prima si dovranno chiarire alcune cosette, non le pare?-
-Non ne vedo la necessità- disse l’aviatore, sorridendo.
-Io però la vedo- ribattè il comandante, -La prego, intanto, di mostrarmi i suoi documenti personali e le carte di bordo.-
-Mi dispiace ma non farò nulla del genere-. Il suo tono era così deciso che il comandante fu lì lì per perdere la calma.
-Come vuole- disse poi, -ma intanto abbia la cortesia di seguirmi-.
L’aviatore si inchinò. Al comandante parve che l’inchino fosse piuttosto esagerato. “Che voglia prendermi in giro?” pensò, “Ad ogni buon conto, dal mio aeroporto non uscirà con quelle arie da padrone del vapore”.
-Guardi- diceva intanto il misterioso viaggiatore, -che sono atteso. Molto, molto atteso.-
-Per la festa di mezzanotte, immagino?-
-Appunto, comandante carissimo-
-Io invece, come vede, sono di servizio e passerò la notte di Capodanno all’aeroporto. Se lei insisterà a non volermi mostrare i documenti, mi terrà compagnia.-
Lo sconosciuto (erano intanto entrati insieme in una saletta del campo), si accomodò in una poltrona, si accese la pipa e rivolgeva intorno occhiate curiose e divertite.

-I miei, documenti? Ma lei ne è già in possesso, comandante-
-Davvero? Me li ha infilati in tasca con un giochetto di prestigio? E adesso mi caverà un uovo dal naso e un orologio da un orecchio?-
Per tutta risposta lo sconosciuto indicò il calendario dell’anno nuovo, che pendeva dalla parete dietro una scrivania, aperto alla prima pagina.
-Ecco i miei documenti, prego. Sono il Tempo. Nei miei dodici bauli ci sono i dodici mesi che dovrebbero avere inizio tra… vediamo un po’… tra ventinove minuti precisi.-
Il comandante non si scompose.
-Se lei è il Tempo- disse -io sono un aviogetto. Vedo che le va di scherzare. Benissimo, mi terrà allegro. Le dispiace se accendo il televisore? Non vorrei perdermi l’annuncio della mezzanotte.-
-Accenda, accenda. Ma non ci sarà nessun annuncio, fin che lei mi trattiene.-
Sul teleschermo era in corso uno spettacolo di canzoni e arte varia. Di quando in quando una graziosa presentatrice consultava un grande orologio appeso dietro l’orchestra, proprio sulla testa del batterista, e annunciava: “Mancano ventidue minuti…”
L’aviatore sconosciuto pareva divertirsi un mondo allo spettacolo. Canterellava, batteva il piede a tempo con l’orchestra, rideva di cuore alle battute dei comici…
-Un minuto a mezzanotte- sorrise il comandante, -mi dispiace di non poterle offrire lo spumante. In servizio io non bevo mai.-
-Grazie, ma lo spumante non serve. Da questo momento il tempo cesserà di scorrere. Dia un’occhiata al suo orologio-
Il comandante obbedì meccanicamente. Guardò il quadrante, si accostò il polso all’orecchio. “Strano” pensò, “l’orologio cammina, ma la sfera dei secondi si è guastata e non gira più…”
Egli cominciò mentalmente a contare i secondi. Ne contò sessanta, poi tornò a guardare l’orologio: le sfere erano sempre ferme sulla mezzanotte meno un minuto. Anche sul grande orologio del teleschermo le sfere erano immobili. L’annunciatrice, con un sorriso un po’ imbarazzato, stava dicendo: “Sembra che ci sia un piccolo guasto…”
Musicisti, cantanti, comici, spettatori, come per un segnale, cominciarono a scrutare i loro orologi, a scuoterli, ad accostarseli all’orecchio, con aria sorpresa. In breve tutti si convinsero che le sfere non si muovevano più.
-Il tempo si è fermato- gridò qualcuno, scherzando. -Forse ha bevuto troppo spumante e si è addormentato prima della mezzanotte.-

Il comandante dell’aeroporto gettò uno sguardo allarmato sullo strano forestiero, il quale, dal canto suo, gli sorrise educatamente.
-Ha visto? Colpa sua.-
-Come sarebbe… colpa mia…- balbettò il comandante.
-Non è ancora convinto che io sia il Tempo? Guardi quella rosa- (ce n’era una sulla scrivania, freschissima. Al comandante piaceva tenere qualche fiore in ufficio) -Vuol vedere che cosa le succede, se la tocco?-
Lo sconosciuto si avvicinò alla scrivania, soffiò delicatamente sulla rosa: i petali caddero tutti insieme, avvizziti, secchi, si sbriciolarono, non furono più che un mucchietto di polvere…
Il comandante balzò in piedi e si attaccò al telefono…

Pochi minuti dopo la telefonata del comandante al ministro, già tutti sapevano, in America come a Singapore, in Tanzania come a Novosibirsk, che il Tempo era stato fermato in un piccolo aeroporto, perchè privo di documenti. Milioni di persone che aspettavano la mezzanotte per stappare lo spumante ruppero il collo delle bottiglie per fare prima, e si scambiarono brindisi entusiastici. Cortei festosi percorrevano le strade di Milano, Parigi, Ginevra, Varsavia, Londra, Eccetera: scrivendo Eccetera con la maiuscola vogliamo indicare tutte le città che non ci sarebbe possibile nominare una per una.

-Evviva!- gridava la gente, in tutte le lingue.
-Il tempo si è fermato! Non invecchieremo più! Non moriremo più!-
Il comandante dell’aeroporto passava il tempo al telefono. Lo chiamavano da ogni parte del mondo per dirgli:
-Lo tenga stretto!-
-Gli metta le manette!-
-Gli tiri il collo!-
-Gli metta un sonnifero nel bicchiere!-
-Macchè sonnifero: veleno per i topi, di deve mettere!-

Il ministro aveva avvertito i suoi colleghi. Una riunione del consiglio dei ministri era in corso. L’ordine del giorno: “Misure da prendere. Bisogna tramutare il fermo del Tempo in arresto o liberarlo?”
Il ministro dell’Interno tuonava: -Liberarlo? Mai non sia! Se cominciamo a lasciare andare in giro la gente senza documenti, siamo fritti in padella. Questo signore ci deve dire nome, cognome, paternità, luogo di nascita, domicilio, residenza, nazionalità, numero di passaporto, numero delle scarpe, numero del cappello; ci deve mostrare il certificato di vaccinazione, quello di buona condotta, il diploma di quinta elementare, la ricevuta delle tasse. E poi, ha ben dodici bauli: ha pagato dogana? Si rifiuta di aprirli: e se ci avesse dentro delle bombe?-
Il ministro aveva settantadue anni: capirete che aveva ogni interesse a tener fermo l’orologio…
I ministri decisero di chiedere il parere alle Nazioni Unite. Alle Nazioni Unite, a quell’ora, c’era soltanto il portiere: tutti i delegati erano in giro a far festa.

-Quanto ci vorrà per riunire l’assemblea?-
-Una quindicina di giorni. Però, se il tempo non passa, non passano neanche i quindici giorni e l’assemblea non si può riunire.-
Anche questa notizia fece il giro del mondo, contribuendo ad accrescere l’allegria generale.
Dopo un po’…
Ecco, veramente questa frase non si potrebbe scrivere: se il tempo era fermo, la parola “dopo” non aveva più senso.
Diciamo che un bambino, svegliato dal fracasso e messo al corrente dell’accaduto, sommò due più due e cominciò a protestare: -Cosa? Sarà sempre adesso? Allora io non diventerò più grande? Devo prendere per tutta la vita gli scapaccioni del babbo? Devo continuare a risolvere problemi di pizzicagnoli che comprano l’olio e si fanno calcolare dai bambini delle scuole la spesa e il ricavo? Ah, no, grazie tante! Io non lo accetto!-
Anche lui si attaccò al telefono, per dare l’allarme ai suoi amici.
I bambini non vollero sentir parole. Si infilarono il cappotto sul pigiama e scesero anche loro per le strade a fare il corteo. Ma le loro grida e i loro cartelli erano ben diversi da quelli degli altri cortei:
-Liberate il tempo!- dicevano.
-Non vogliamo restare sempre dei marmocchi!-
-Vogliamo crescere!-
-Io voglio diventare ingegnere!-
-Io voglio l’estate per andare al mare!-
-Incoscienti!- commentava un passante, -in un momento storico come questo pensano ai bagni di mare.-
-Però- riflettè un altro passante, -su un punto almeno hanno ragione: se il tempo non passa più, sarà sempre il trentun dicembre…-
-Sarà sempre inverno…-

-Sarà sempre mezzanotte meno un minuto! Non vedremo più spuntare il sole!-
-Mio marito è in viaggio- sospirò una signora, -come farà a tornare a casa, se il tempo non passa?-
Un malato nel suo letto si lamentava: -Ahi, ahi! Doveva fermarsi il tempo proprio mentre avevo il mal di testa?-
Un carcerato, aggrappato alle sbarre della sua prigione, si domandava accorato: -Non riavrò più la mia libertà?-
I contadini borbottavano: -Qua, col raccolto, si mette male… Se non passa il tempo, se non torna la primavera, gelerà tutto… Non avremo niente da mangiare-
Insomma, il comandante dell’aeroporto cominciò a ricevere telefonate allarmate:
-Beh, lo lasciate andare sì o no? Io aspetto un vaglia, me lo manda lei, se il tempo non può passare?-
-Comandante, per favore, liberi il Tempo: abbiamo un rubinetto che perde, e se non viene domattina non possiamo chiamare l’idraulico-
Il Tempo, allungato sulla sua poltrona, continuava a fumare la sua pipa, sorridendo.
-Cosa devo fare?- protestava il comandante, -Uno la vuole bianca, l’altro la vuole nera… Io me ne lavo le mani. Io la lascio andar via…-
-Bravo, grazie.-

-Ma così, senza ordini superiori… Capisce che ci rimetto il posto?-
-E allora mi tenga qui. Io ci sto benissimo.-
Un’altra telefonata:
-E’ scoppiato un incendio! Se non passa il tempo non arrivano i pompieri! Brucerà tutto! Bruceremo tutti! Abbiamo in casa vecchi e bambini… non può fare niente, comandante?-
Il comandante, a questo punto, picchiò un pugno sulla scrivania.

-Bene, succeda quel che vuol succedere. Mi prenderò questa responsabilità. Se ne vada, lei è libero.-
Il Tempo balzò in piedi: -Permetta che le stringa la mano, comandante. Conoscerla è stato un vero piacere-.
Il comandante aprì la porta: -Se ne vada, presto, prima che io cambi idea!-
Il Tempo uscì dalla porta. Le sfere degli orologi ricominciarono a muoversi. Sessanta secondi più tardi scoccò la mezzanotte, scoppiarono i fuochi artificiali. Il nuovo anno era cominciato.

G. Rodari

Racconti per Capodanno

Capodanno

Nelle vallate del comasco usavano, una volta, la notte di Capodanno, appendere alla porta dei casolari un bastone, un sacco e un tozzo di pane.
Ecco il perchè.

Molti anni fa, al tempo dei tempi, e precisamente nella notte di San Silvestro, padron Tobia stava contando il proprio gruzzolo in un angolo della sua capanna, quando bussarono alla porta. L’avaro coprì con un gabbano i suoi ducati e andò ad aprire.
Una folata d’aria gelida e di neve lo colpì in viso. Era una notte d’inverno.
Sotto la tormenta, nel nevischio, egli vide un pover’uomo che si reggeva a stento e che non aveva neppure un cencio per mantello. Padron Tobia fu molto contrariato da quella visita e domandò bruscamente allo sconosciuto: -Che fate qui? Che volete? Chi siete?-
-Sono un povero viandante sperduto e sorpreso dalla bufera, e vi chiedo in carità di poter dormire nel vostro fienile-

-Io non lascio dormire nessuno nel mio fienile. Andate, andate. Non posso far nulla per voi!-
-Datemi almeno un tozzo di pane-
-Non ho pane, andate!-
-Datemi un sacco, un cencio da mettermi al collo, che muoio di freddo!-
-Non ho sacchi! Non ho cenci!-
-Almeno una fiaccola per ritrovare il sentiero… un bastone per appoggiarmi…-
-Non ho fiaccole e non ho bastoni!-
E, chiuso l’uscio in faccia all’infelice, Tobia ritornò al suo gruzzolo, ma… sotto il gabbano, invece dei ducati, trovò un pugno di foglie secche…
Padron Tobia impazzì e terminò i suoi giorni vagando per le vallate natie e raccontando a tutti la sua disgrazia. Da allora in poi la notte di Capodanno tutti appesero alla porta del proprio casolare un bastone, un sacco e un tozzo di pane.
(leggenda comasca)

Racconti per Capodanno 

Il castello dei dodici mesi

C’era una volta un omino gentile ed educato che si chiamava Faustino. Tanto lui era perbene, quanto suo fratello era sgraziato e villano, tanto che la gente lo chiamava Rusticone.
Un giorno Faustino andò a cercar fortuna, e si mise per il mondo. Una volta, però, perse la strada e si trovò in un bosco fitto. Era buio e Faustino non si sentiva affatto tranquillo. Vide tra gli alberi un castello illuminato e pensò di chiedere ospitalità.

Bussò e un servitore lo fece entrare. Il castello era abitato da dodici signori, che accolsero gentilmente Faustino e lo fecero accomodare. I dodici signori appartenevano tutti alla stessa famiglia, ma non si somigliavano affatto. Poichè era l’ora di cena invitarono Faustino alla loro tavola.
Mentre mangiavano, uno di questi signori, guardando la pioggia che cadeva a dirotto disse: “Che brutto mese dicembre!”
“No, perchè?” replicò Faustino, “Anche l’acqua ci vuole e bisogna pure che la terra beva in inverno se vuole fiorire in estate…”

“Non dirai però che sia bello anche gennaio?” disse un signore che aveva una lunga barba bianca.
“Sotto la neve pane, signore mio! Non lo sapete?”
“Ma… febbraietto… corto e maledetto?” replicò un omino piccino che non arrivava nemmeno alla tavola, “Lo dice anche il proverbio!”
Seguì un coro di voci: tutti avevano la loro da dire. Marzo e aprile erano matti; maggio, il pane era scarso perchè la campagna ancora non dava frutto; giugno, mosche a pugno; luglio, dava fastidio per via del caldo; agosto poi meglio non parlarne, un’afa da non poter respirare; anche settembre aveva i sui difetti per le variazioni del clima ora caldo ora freddo, e Dio ci guardi da ottobre novembre e dicembre: pioggia, neve e gelo e chi più ne ha, più ne metta.

Ma, neanche a farlo apposta, Faustino pareva l’avvocato difensore di tutti i mesi dell’anno. Per lui, febbraio era quello che preparava le sorprese sotto terra; marzo il gentile portatore della primavera; aprile maggio e giugno i più bei mesi dell’anno; per non parlare del luglio che riempiva i granai. Agosto e settembre davano frutta in abbondanza; ottobre riempiva i tini; novembre era un mese benedetto per le semine. Dicembre poi, il mese più felice dell’anno per i doni che portava in occasione delle feste. Tutti, per Faustino, avevano il loro lato bello.
“Se la provvidenza li ha fatti così, vuol dire che così dev’essere!”
E quei signori sembrarono proprio contenti delle parole di Faustino che gli regalarono una bisaccia dicendo: “Ogni volta che l’aprirai, ne uscirà tutto quello che desideri!”

Figuratevi la rabbia di Rusticone, quando vide la fortuna capitata al fratello… Si fece raccontare tutto per filo e per segno, poi si mise in cammino verso il castello dei dodici signori.
Fu ricevuto gentilmente, ma quando cominciò a parlare di mesi, apriti cielo! Rusticone diceva male di tutti. Gennaio faceva morire di freddo i poveretti, febbraio faceva tremare, marzo era il mese dei raffreddori, aprile ogni giorno un barile… trovò persino il coraggio di dir male di maggio e giugno! Di luglio e agosto si lamentò per il caldo, settembre gli dava noia per via delle zanzare, rimproverò a ottobre di favorire gli ubriachi come se fosse colpa sua se gli uomini bevevano troppo; novembre era il peggiore di tutti i mesi perchè lui soffriva di reumatismi e quel mese glieli peggiorava, e infine dicembre era un mesaccio per la nebbia e per il gelo.
“Dunque, non ti piace nessun mese dell’anno?” chiese il signore più vecchio.
“Per me non ce n’è uno che faccia il suo dovere!”

“Bene!” dissero, e gli regalarono un nodoso bastone dicendo: “Battilo contro una pietra quando ti occorrerà qualcosa, e vedrai…”
Rusticone, tutto contento, se ne andò senza neppure ringraziare. Appena fuori battè il bastone sopra una pietra e questo cominciò a dargli tante botte fino a fargli gridare: “Mi piace gennaio! Mi piace febbraio!” e giù fino in fondo all’anno…
… e soltanto allora il bastone si fermò.

Mimì Menicucci

 

Racconti per Capodanno

La diligenza dei dodici mesi

C’era un freddo secco, pungente: la neve scricchiolava sotto i piedi, tutto il cielo risplendeva di stelle. Una diligenza si arrestò alla porta della città, e i viaggiatori si presentarono alla dogana.
-Io mi chiamo Gennaio- disse il primo: era rosso in viso e lieto, con una bella barba bianca, -Buon anno a voi! Venite da me domani, avrete un bel regalo e poi faremo festa. Io amo le feste, le mance e i doni, e per questo molti sperano in me: buona fortuna a tutti voi!-
Il secondo viaggiatore pareva un buontempone, e per bagaglio aveva un grosso barile: -Quando c’è questo- diceva, -non c’è pericolo che manchi l’allegria. Voglio che il prossimo si diverta e mi piace divertirmi anch’io, visto che ho poco tempo: solo ventotto giorni. Ma non m’importa, evviva!-
-Non faccia chiasso, per favore!- disse il doganiere.

-Badi a come parla!- gridò il vaggiatore, -Io sono il principe Carnevale, e viaggio in incognito col nome di Febbraio.-
Scese allora il terzo viaggiatore. Era magro quanto la quaresima, poverino, ma si dava un sacco di arie, forse perchè era astrologo e sapeva predire il tempo: portava all’occhiello un mazzolino di violette, piccole piccole e pallidine.
-Ehilà, professor Marzo!- gridò il viaggiatore che era sceso dopo di lui, -Di là c’è uno scatolone per te, credo che sia un uovo di Pasqua.-

Però non era vero niente: il quarto viaggiatore era un gran burlone, ecco tutto. Chi sia, lo potete immaginare.
Portava a spasso mezza dozzina di pesci in carta d’argento: il suo nome era Aprile. Era un tipo strano: un po’ si comportava da allegrone come vi ho detto, ma poi si metteva a piangere senza una ragione al mondo: un po’ sole, e po’ pioggia.
-In questa valigia- diceva, -ho i miei vestiti d’estate, ma non sono tanto sciocco da mettermeli, gente. Una bella sciarpa di lana, ecco quel che mi ci vuole, ma più di tutto un buon ombrello; l’ho inventato io, l’ombrello…-
Dopo di lui scese una ragazza, si chiamava Maggio, e aveva un vestito leggero, verde pastello, con le maniche corte. Al braccio, però, portava un impermeabile. Maggio aveva nei capelli un mazzolino di fiori. Come le stava bene, e com’era carina!
-Dio vi benedica- disse al doganiere, e poi si mise a cantare a mezzavoce. Era molto brava, per quanto non avesse molta scuola; usava cantare per suo piacere, confessò, mentre andava a spasso nei boschi al tempo di primavera.

-Fate largo alla signora Giugno!- disse l’uomo della diligenza. Era una giovane dama, bella e un po’ altera. Era molto ricca, e dava una gran festa nel giorno più lungo dell’anno, in modo che gli ospiti potessero gustare tutti i piatti della sua fornitissima tavola. Da vera gentildonna, aveva una carrozza tutta sua; ma viaggiava in diligenza con gli altri, perchè non dicessero che si dava delle arie. Usava il ventaglio con gran distinzione, e aveva con sè un fratello minore.
Costui era un giovanotto grassottello, in abito estivo e con un gran cappello di panama. Bagaglio ne aveva pochino, in tutto e per tutto un paio di mutande da bagno, che certo non gli erano di ingombro. Appena arrivato andò a sedersi in poltrona, e si tolse la giubba senza nemmeno chiedere permesso alle signore; rimasto in maniche di camicia, trasse un fazzolettone e se lo annodò intorno al collo. Infatti sudava molto, nonostante il freddo.

Mamma Agosto vendeva frutta all’ingrosso, ed era proprietaria di molti ettari di terreno. Grassoccia com’era e per giunta sempre accaldata, sapeva lavorare con le sue mani, quanto e più dei contadini; lei stessa andava nei campi, a mezzogiorno, per mescere ai lavoratori il vino fresco.
Dopo di lei, scese dalla diligenza un noto pittore, Settembre di nome. Tutti lo conoscono, ma i boschi più di ogni altro: sotto il suo pennello le foglie cambiano colore, si tingono di paonazzo e di terra di Siena, che sono i toni che il Professor Settembre predilige. Lui dipinge sul tralcio i grappoli d’uva, e prima di andarsene spreme nel suo boccale il vino nuovo. Quando se ne va, a braccetto con le vacanze, tutti i ragazzi lo rimpiangono.
Lo seguiva un anziano gentiluomo di campagna, il conte Ottobre, robusto nella persona e ben portante. Ottobre è sempre molto occupato con le sue terre, ma ha la passione della caccia. Se ne esce al mattino col suo cane e col fucile, e camminando per i boschi riempie il suo carniere di noci e di castagne. Se sia un buon tiratore non lo so, ma a sentir lui non c’è nessuno che lo superi. Può darsi che le sballi un po’ grosse, da buon cacciatore!

L’undicesimo viaggiatore tossiva da far pietà. Parola mia, non ho mai incontrato nessuno più raffreddato di lui! In altri tempi era assai impegnato a fornir legna per i camini e le stufe; ora, col diffondersi del riscaldamento centrale, un po’ meno. Lui naturalmente se ne lamentava, tra uno starnuto e l’altro. Novembre, così si chiamava, mi parve un buon diavolaccio, ma un tipo allegro no di certo; intorno a sè aveva un alone di nebbia.
Finalmente la diligenza sbarcò l’ultimo viaggiatore, il vecchio nonno Dicembre. Aveva in mano lo scaldino e pareva tutto infreddolito; ma gli occhi gli brillavano come due stelle e recava in mano un vasetto con un minuscolo abete.
-Crescerò questo abete- disse, -perchè il prossimo Natale tocchi con la vetta il soffitto, e l’angelo di carta che sta sulla cima voli giù, e vi si accosti all’orecchio per darvi la buona novella. Arrivederci, e siate buoni!-

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Recite per bambini – Mamma Luna e i dodici Mesi

Recite per bambini – Mamma Luna e i dodici Mesi. Personaggi: la Luna, che starà in piedi su una sedia; basterà un disco di cartone bianco tenuto davanti alla faccia; i dodici Mesi, che si distingueranno perchè ciascuno  porterà un oggetto simbolico, come un ombrello, una rosa, ecc…

Luna: Figli miei, io sono la vostra mamma. Mi trovo quassù lontana, ma veglio su di voi e penso al vostro giro sulla terra. Vi chiamo ad uno ad uno coi vostri bei nomi.

Gennaio: sarei curioso di sapere perchè mi chiamo Gennaio.

Luna: ti chiami così da Giano.

Gennaio:  E Giano chi è?

Luna: Hai mai sentito parlare degli antichi Romani? Per ogni fatto, essi immaginavano che ci fosse un dio. E Giano era il dio che, secondo loro, apriva le porte.

Gennaio: (ridendo) Un dio portinaio!

Luna: Proprio così. E anche tu, caro Gennaio, sei un mese portinaio.

Gennaio: Come, come?

Luna: Sì, tu sei il portinaio, perchè apri le porte del nuovo anno. L’anno nuovo non comincia con te?

Gennaio: E’ vero, non ci avevo mai pensato…

Febbraio: E io, perchè mi chiamo Febbraio?

Luna: Tu ti chiami così perchè gli antichi immaginavano un altro dio che lavava e purificava. Si chiamava Febbraio.

Febbraio: Io sarei allora un mese lavandaio?

Luna (sorridendo): Proprio così. Tu lavi con le tue piogge e purifichi col tuo freddo.

Marzo: Anch’io prendo il nome da un dio antico?

Luna: Certo. Ti chiami Marzo dal dio Marte, che era il dio della guerra.

Aprile: E io?

Luna: Tu ti chiami Aprile, che vuol dire aprire. Durante i tuoi giorni si aprono le gemme e comincia la fioritura.

Maggio: Ma i fiori più belli sono i miei!

Luna: Sì, infatti ti chiami Maggio da Maia, la dea dell’abbondanza.

Giugno: La dea Giunone era anche più bella e ricca. E’ vero che il mio nome viene da lei?

Luna: Sì, è vero. Infatti tu sei un mese ricco di raccolti.

Luglio: E il mio nome da quale dio deriva?

Luna: Il tuo nome, caro Luglio, non deriva da un dio, ma da un uomo, Giulio Cesare.

Luglio: Giulio Cesare. Il grande condottiero romano.

Luna: Sì, e un imperatore fu Augusto

Agosto: Ho capito, il mio nome di Agosto deriva da lui.

Luna: L’hai indovinato.

Settembre: Ci voleva poco. Il mio nome è più difficile.

Luna: No, invece è facilissimo. Vuol dire settimo. Tu, anticamente, eri il settimo mese dei Romani.

Ottobre: E io allora era l’ottavo.

Novembre: E io il nono.

Dicembre: E io il decimo.

Luna: Come siete intelligenti!

Gennaio: Ma allora i nostri nomi sono tutti antichi?

Luna: Sì, i vostri nomi sono antichissimi.

Febbraio: E tu come hai fatto a sapere queste cose?

Luna (sorridendo): Oh, io sono vecchia, molto vecchia…

Marzo: Ma c’eri anche al tempo dei Romani?

Luna: Sì, e credevano che fossi anch’io una dea.

Aprile: Davvero? E come ti chiamavano?

Luna: Mi chiamavano come mi chiamo ancora: Luna.

Maggio: E’ un bel nome.

Luna: Tutti i nomi sono belli. Basta portarli con gioia.

(adattamento da B. Bargellini)

Recite per bambini – L’anno nuovo

Recite per bambini – L’anno nuovo. Un vecchio dalla lunga barba bianca sta sprofondando in una poltrona. Un bimbo entra trascinando due valigie…

Bimbo: Permesso?

Vecchio: Avanti, avanti…

Bimbo: Disturbo? Mi perdoni… sono accaldato, con questi valigioni!

Vecchio: Avanti, avanti…

Bimbo: Comodo, prego!

Vecchio: Che ragazzino svelto!

Bimbo: Beh… svelto non lo nego. E ci vuol coraggio a venire fin qua!

Vecchio: Infatti…

Bimbo: Sa? Pesavano…

Vecchio: Ne sono certo.

Bimbo: E che ne sa?

Vecchio: Il vecchio anno che muore ha certo il suo fardello d’esperienze, figliolo. E indovino quello che mi hai portato.

Bimbo: Bene, ne sono lieto e commosso. Mi risparmia, così, di diventare tutto rosso!

Vecchio: Capricci, impertinenze… vero? Bugie… dispetti…

Bimbo: Proprio così.

Vecchio: Tu vuoi guarire dei tuoi difetti, vero?

Bimbo: Sì, certamente. Mamma ne è disperata. Ed io le voglio bene, e l’ho rassicurata che con l’anno nuovo sarò proprio un ometto

Vecchio: Eh… si dice, ma poi…

Bimbo: No, no… glielo prometto.

Vecchio: Mah!

Bimbo: Sì, certo, è difficile. E chi mi aiuterà?

L’anno nuovo (entra allegro e vivace) : Io!

Bimbo: Tu! L’anno nuovo!

L’anno nuovo (all’anno vecchio) : Ciao, nonnino.

Bimbo: Sei davvero simpatico!

L’anno nuovo: Eh, ora sono carino. Poi, man mano invecchio, e buonanotte!

Bimbo: Ad esser bravo e buono, dimmi, mi aiuterai?

L’anno nuovo: Sì, ragazzo bello.

Bimbo: Ho qua due valigione piene di cose brutte…

L’anno nuovo: Io ti do quelle buone (gli porge una valigia). Ma, attento, è molto facile che di qui ti scappino tutte a gran velocità…

Bimbo: E perchè mai?

L’anno nuovo: Perchè è difficile mantenere le promesse.

Il vecchio: Forse è un po’ birichino, ma mi sembra che ne abbia di buona volontà…

Bimbo: E questo è il necessario! Anno nuovo, vedrà!

Zietta Liù

Proverbi sui mesi dell’anno

Proverbi sui mesi dell’anno – una raccolta di proverbi e detti popolari sui mesi dell’anno, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Gennaio
Non c’è gallina nè gallinaccia che di gennaio l’uovo non faccia.
Epifania tutte le feste si porta via.
Gennaio asciutto, grano dappertutto.
Gennaio ortolano tutta paglia e niente grano.

Febbraio
Febbraio asciutto, erba da per tutto.
Pioggia di febbraio empie il granaio.
Chi vuol di avena un granaio, la semini in febbraio.
A Carnevale ogni scherzo vale.
A Carnevale, si conosce chi ha la gallina grassa.

Marzo
Marzo asciutto e april bagnato, beato il villan che ha seminato.
La nebbia di marzo non fa male, quella di aprile toglie il vino e il pane.
Di marzo chi non ha scarpe vada scalzo, e chi le ha le porti un po’ più in là.
Per l’Annunziata è finita l’invernata.
Se marzo non marzeggia, aprile non verdeggia.
Se marzo non marzeggia, april mal pensa.

Aprile
Aprile, dolce dormire.
Aprile freddo: molto pane e poco vino.
Aprile temperato non è mai ingrato.
Se tagli un cardo in aprile, ne nascon mille.
Aprile e maggio son la chiave di tutto l’anno.
D’aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie.
D’aprile non ti scoprire, di maggio vai adagio.
Aprile fa il fiore e maggio gli dà il colore.
Aprile dolce dormire, gli uccelli a cantare, gli alberi a fiorire.

Maggio
Maggio asciutto e soleggiato, molto grano a buon mercato.
Se di maggio rasserena ogni spiga sarà piena, ma se invece tira vento nell’estate avrai tormento.

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre
Tuono dell’ottobrata, bella e calma l’invernata.
Uomo di vino non vale un quattrino.
Ottobre piovoso, campo prosperoso.
A santa Riparata ogni oliva olivata.

Novembre
A novembre si lasciano campi e orti per dedicarsi più ai nostri morti.
Di novembre quando tuona è segnal d’annata buona.
Novembre bagnato, in aprile fieno al prato.
Per santa Caterina, o acqua o neve o brina.

Dicembre
Dicembre gelato non va dispezzato.
Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia.
Fino a Natale, il freddo non fa male, da Natale il là, il freddo se ne va.
Dolce invernata, poca derrata.

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Poesie e filastrocche: Capodanno

Poesie e filastrocche: Capodanno. Una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Capodanno
Filastrocca di Capodanno
fanno gli auguri per tutto l’anno:
voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile,
voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera,
voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore di pesco,
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente. (G. Rodari)

L’anno nuovo
Indovinami, indovino
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto, o metà e metà?
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno”. (Gianni Rodari)

L’anno nuovo
Con il tren di mezzanotte
puntualissimo, in orario,
ecco il nuovo calendario.
E’ arrivato un treno merci
con un solo passeggero
piccolissimo, ma fiero.
Tra gli evviva dei ragazzi
l’anno nuovo mostra, gaio,
il duo grande bagagliaio,
pien di gioia e di dolori,
di successi, ed amarezze.
Su, ragazzi, son per voi,
queste merci, e si vedrà
chi ben scegliere saprà. (E. Zedda)

Calendario nuovo
Nel chiudo tuo blocco trecento
sessanta più cinque foglietti:
un libro che sfogliasi lento
nel volger di un anno.
Puoi dire che cosa ci aspetti
nei dì che verranno?
Ignoro se belli o se brutti
ma so che dipende dall’uomo
di far che ogni giorno sia buono. (A. Fucili)

Anno nuovo
Anno nuovo! Ed ogni anno una promessa
una promessa che per via si perde,
e che ogni anno, purtroppo, è ancor la stessa.
Si promette, si tenta… Ed io non so,
non so capir perchè crescan le gambe
ed il giudizio dei bambino no!
Ma questa volta, per quest’anno nuovo
quello che si promette si farà:
a cominciar da oggi mi ci provo,
mamma, e il tuo bimbo ci riuscirà. (Zietta Liù)

Anno nuovo
Anno nuovo anno nuovo,
qui alla porta già ti trovo
rechi forse nel cestello
un impulso buono e bello?
Porti agli uomini l’amore,
che riscaldi a tutti il cuore?
Anno nuovo non scordare
la salute nel tuo andare
e la pace porta teco
che nel mondo abbia un’eco
veglia sempre sui miei cari,
serba loro doni rari
ed a me concedi, senti,
di poter farli contenti
Se benigno il volto avrai,
benedetto tu sarai.

Buon Capodanno!
Buon Capodanno! S’alza il sipario…
via il primo foglio del calendario!
Sui suoi foglietti scritto che hai,
anno che sorgi? Letizia e guai,
giornate bianche, giornate nere?
No, i tuoi segreti non vo’ sapere;
sopra ogni pagina che Iddio mi dona
io voglio scrivere: “Giornata buona”. (L.Schwarz)

Auguri per il nuovo anno
O mamma e papà,
vi porti il nuov’anno
salute e tesori
senz’ombra d’affanno;
vi porti le gioie
più pure e serene!
Centuplichi il bene
che fate per me! (G. Soli)

Capodanno
Mezzanotte suonò sopra il villaggio
nella placida piazza solitaria:
le ore sobbalzarono nell’aria
per la tacita notte senza raggio;
recava da lontano intanto il vento
come un tintinno garrulo d’argento,
e pel villaggio solitario errare
un trotto di cavalli si sentì.
La diligenza a dodici cavalli
arrivava con dodici signori,
e tutti, presto presto, venner fuori
con valige, con scatole, con scialli:
e il primo, un vecchio tremulo e bonario:
“Benissimo!” esclamò “siamo in orario!” (Andersen)

Lunario
Cos’è mai un anno? Un mazzolino
di giorni: qualche fiore e qualche spino,
fiori di campo, spini della siepe;
è il viaggio da un presepe ad un presepe;
un volgere di lune in grembo a Dio;
un dolce ritrovarsi e dirsi addio;
una nube che passa, il sol che torna;
pan seminato e pane che si sforna;
dodici mesi tra bagnati e asciutti;
quattro stagioni cariche di frutti.
Su ogni giorno stende il suo sorriso
un santo che vien giù dal Paradiso.
Così è fatto, mutevole, il lunario
e l’anno nuovo l’ha per sillabario
e si legge ogni dì fra stella e stella
che per chi ama, la vita è bella. (R. Pezzani)

Anno nuovo
Salutiamo riverenti il vecchio anno
che se ne va col greve suo fardello
e fidando muoviamo incontro al nuovo
uscente dal mistero tutto bello.
Porta al mondo, che tiepido t’aspetta,
doni d’amore, di pace, di armonia.
E così sia. (E. Minoia)

Felice nuovo anno
Nella notte di magia
l’anno vecchio scappa via
non sei neppure addormentato
che uno nuovo è già arrivato
bello, ricco di giornate,
sia d’inverno, che d’estate.
Anno allegro e fortunato
sia quest’anno appena nato!

Anno nuovo
Ho incontrato per la via
un vecchietto tutto bianco
camminava curvo e stanco
pieno di malinconia.
Tristemente ha mormorato
“Sono l’anno che è passato”.
Saltellando poi veniva
un allegro fanciullino
e rideva birichino
dietro l’anno che finiva;
pien di gioia mi ha cantato
“Sono l’anno appena nato”.

Anno vecchio ed anno nuovo
Tin tin l’orologio rintocca
tin tin quanti colpi ha suonato?
Tin tin qual è l’ora che scocca?
Tin tin qualcheduno ha bussato!
Anno vecchio, tin tin, ti saluto!
Anno nuovo, tin tin, benvenuto!

Sole d’inverno
Capo d’anno: sì mite, e quanto sole!
Io già respiro il marzo, in questa luce
d’oro che so breve e bugiarda. E rido
alla menzogna, ma ne godo e ad essa
mi scaldo, come fan pruno e castagno
cui rispunta a capriccio qualche gemma
nella certezza che morrà domani
prima d’aprirsi. Gemme senza fiore
sui rami e nel mio cuore,
gioia d’un giorno, conscia d’esser viva
sol per un giorno!
Non importa. E’ gioia. (A. Negri)

Il futuro
Il futuro, credetemi,
è un gran simpaticone,
regala sogni facili
a tutte le persone.
“Sarai certo promosso”
giura allo scolaretto.
“Avrai voti lodevoli,
vedrai, te lo prometto”.
Che gli costa promettere?
“Oh, caro ragioniere,
di cuore mi congratulo:
lei sarà cavaliere!”.
“Lei che viaggia in filobus,
e suda e si dispera:
guiderà un’automobile
entro domani sera”.
“Lei sogna di far tredici?
Ma lo farà sicuro!
Compili il suo pronostico:
ci penserà il futuro!”
Sogni, promesse volano…
Ma poi cosa accadrà?
Che ognuno avrà il futuro
che si conquisterà. (G. Rodari)

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