Poesie e filastrocche ESTATE

Poesie e filastrocche ESTATE – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Primavera è passata

Caldo briccone! Senza ragnatele
è il cielo; puro, limpido, celeste,
come un immenso mare senza vele,
una canzone senza note meste.
Viene l’estate quasi inaspettata!
Fa già calduccio a maggio, e tra i frutteti
ridono le ciliegie, e sul sagrato
gorgheggia l’usignol cento segreti. (L. Nason)

Estate

I merli, i capineri, gli usignoli
empion l’aria di gridi, e canti, e voli.
Che piacere a sentirli ed a vederli,
i capineri, gli usignoli, i merli!
Maggiolini, libellule, api d’oro
ondeggiano, più lievi, in mezzo a loro.
Uccelli grandi, insetti piccolini:
libellule, api d’oro, maggiolini.
Ma una bambina canta in mezzo ai pini,
e l’ascoltano l’api e i maggiolini.
Si ferman tra le foglie sciami e stuoli,
e taccion anche i merli e gli usignoli. (M. Dandolo)

Vien l’estate

Vien l’estate, scrive parole,
sulle corolle di tutti i roseti.
Stelle di lucciole sotto gli abeti,
grilli che cantano, falci nel sole.
Nel solco tiepido, tra balza e ciglio,
le spighe ondeggiano di fiordalisi;
i rosolacci dal cuore vermiglio
sembrano fiamme di tutti i sorrisi.
Odor di fieni, frinir di cicale,
sereni vesperi, cieli d’opale. (C. Ronchi)

I mesi dell’estate

Giugno, luglio, agosto.
Sono nudi come l’aria
ma ciascuno porta un suo fregio,
l’uno un ramo di ciliegio
che di frutti ondeggia e svaria;
il secondo ghirlandette
di papaveri fiammanti,
spighe il terzo barbaglianti,
in manipolo costrette.
Bravi e validi figlioli,
rosolati al solleone;
saltan come in un trescone
di gagliardi compagnoni. (D. Valeri)

Il primo giorno d’estate

Il camioncino dei gelati
(la campanella allegra)
passa tra gli alberati
viali residenziali.
I bambini,
che giocano nel prato a perdifiato,
smettono e gli vanno incontro:
i nichelini in mano.
I cani, risvegliati,
abbaiano per chiasso
e gli uccelli cinguettano tra i rami.
Si dondolano, frullano
in alto e in basso.
Una cicala urla
nell’ora meridiana:
è la prima di un’estate
di tenere piogge,
che pareva una burla.
E’ scoppiata e si sente
l’avvenuto momento
da come il cielo vibra
sull’erba radente.
Ogni cosa, nella luce,
ha la trasparenza dell’aria.
C’è un paese al mondo,
dove non sia questa festa? (A. Barolini)

Serenata estiva

Nella notte prodigiosa
tutta polline di stelle,
grilli, assioli e raganelle
van tessendo senza posa
una dolce serenata
alla luna innamorata.
E la luna guarda e ride
da un guancial di puro argento,
mentre il pettine del vento
sui maggesi passa e stride
deponendo ad ogni fiore
una lucciola sul cuore. (G. Striuli)

Canicola

Oggi la mia felicità è l’allodola
che nell’incendio del mattino estivo
dagli abissi del cielo verso il rivo
fresco e giulivo del suo canto,
mentre la terra par che dorma, e intanto
tutto matura, ed io riposo accanto
alla schiera che miete
grave le spighe d’oro vivo
e le vespe irrequiete
ingannano la sete
con il sangue degli ultimi papaveri. (O. Ferrari)

Mi cuocio al sole

Fra un leccio un pino un ulivo
è un tondo d’erba al sole
con rossi cardi timi sfioriti
acerbe spighe d’avena che dondolano sul mare.
Altro non vedo
che questo tondo d’erba alto sul mare.
E mi cuocio al sole
fra voli di farfalle
sparsi canti di uccelli
ansia di mare. (M. Novaro)

Sera estiva

E’ l’ora in cui gli uccelli accovacciati
la testolina metton sotto l’ala;
le lucciolette ricamano i prati,
e canta a vespro la fulva cicala.
Traversa il cielo un vento accidioso,
della sua meta incerto e senza lena;
al suo passaggio il bosco pensieroso
saluta sì, ma rispettoso appena. (E. Praga)

Meriggio

Silenzio! Hanno chiuso le verdi
persiane e gli usci le case.
Non vogliono essere invase
dalla tua gloria, o sole!
Non vogliono! Troppo le fiamme
che versi nella contrada,
dove qua e là dalla strada
ferrata d’acciaio sfavilla
rovente. Pispigliano appena
gli uccelli, poi tacciono, vinti
dal sonno. Sembrano estinti
gli uomini, tanta è, ora, pace, silenzio. (U. Saba)

Momento estivo

Un bimbo, un usignolo, due farfalle
ed un ruscello che gorgoglia lieve:
sul ponte un uomo con la falce a spalle,
sotto, a basso, una rondine che beve.
Nella grande distesa messi gialle,
lontano, al monte, un bioccolo di neve;
e passa e muore per la queta valle
un suono di campana arguto, breve.
Tutto vive la piccola sua vita
nella lentezza di quell’ora afosa,
nel silenzio dell’aria intorpidita.
Con mossa uguale il ruscelletto scende:
e domina dal cielo, gloriosa,
l’ampia vita del sole che risplende. (D. Borra)

Il colombo Davide

Una sera entrò un colombo.
Era estate ero stanco
la finestra era aperta
il colombo grigio bianco.
Entrò mi guardò fece segno:
aveva un’ala rotta.
Gli detti casa e casato.
Lo chiamai Davide
e molto invidiai
la sua allegria.
Per lunghi giorni
mi tenne compagnia.
Una sera se ne andò:
era infermo era allegro
lo trovai morto nel giardino. (R. Carrieri)

Il libro vi saluta

Se pur costa dolore,
dobbiamo dirci addio.
Io conosco il tuo cuore,
tu hai scoperto il mio.
Insieme abbiam vissuto
ore calde e serene.
Ci siam voluti bene.
Tu intanto sei cresciuto,
tu sei fatto un ometto;
tu bimba, una donnina.
Io, vecchio che cammina,
quel che sapevo ho detto. (R. Pezzani)

Giocare, giocare

Andiamo alle falde del colle oggi
a giocare, giocare,
giocare.
Sul colle ove sbocciano le margherite
come neve, neve,
neve.
Intrecceremo una ghirlanda di margherite,
una domani e domani ancora,
là dove le margherite sbocciano come neve,
é laggiù che vogliamo andare.
Giù nella baia ove i bimbi nuotano
come pesci, pesci,
pesci.
Giù nella baia ove i bimbi nuotano,
giù nella baia macchiata di bianche vele,
o sul colle ove sbocciano le margherite.
E’ laggiù che vogliamo andare. (P. Kumalo)

Scuola vuota

La scuola è vuota, i bimbi andati via,
i finestroni chiusi, i banchi all’aria.
In un canto una scopa solitaria
riposa dopo fatta pulizia.
Solo un sommesso pigolio d’uccello
rompe il silenzio dei deserti androni;
e nel cortile, liberi e padroni,
fanno vacanza i gatti del bidello. (L. Schwarz)

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Poesie e filastrocche LA SCUOLA

Poesie e filastrocche LA SCUOLA – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il libro

Prese il libro il bambino:
l’aprì, lesse,  pensò.
Egli era in un giardino
di quanti fior non so.
Guardò intorno. Nel sole
splendevan cento colori,
ma disse: “Le parole
son più belle dei fiori”. (Renzo Pezzani)

Bambini a scuola

Oh, l’ala del tempo
ben rapida vola!…
finita è l’estate,
si torna alla scuola.
Bisogna lasciare
i laghi tranquilli,
le verdi vallate
dai freschi zampilli,
le morbide rene,
i tuffi nell’onde
che il vento ricama
di trine gioconde,
i colli beati
smaltati di fiori,
le vigne fragranti,
i boschi canori,
le corse frementi
per prati ed aiuole!
Bambini, bambine:
si apron le scuole!
Su via, non torcete
le bocche soavi;
non fate le bizze:
vi voglio più savi.
Se dopo il lavoro
più lieto è il piacere,
è giusto che a questo
poi segua il dovere.
Or dunque togliete
dai vostri cassetti
i bianchi quaderni,
i libri, i righetti,
le penne, i compassi,
ed ilari e franchi,
correte a sedervi
sui soliti banchi.
La scuola, materna,
le braccia vi schiude
e al dolce suo seno
felice vi chiude.
E voi salutatela
col cuore canoro:
è bello in letizia
tornare al lavoro.
Io, giunto alla fine
di questo preludio,
depongo la penna…
Bambini, buon studio. (Gino Striuli)

La maestra ha sorriso

La maestra è accigliata,
è triste, stamattina;
trepida la nidiata
per la cara maestrina.
Lettura. Sono intenti
i bimbi; ella tace, severa.
Maestra, ma non senti
che fuori è primavera?
Occhieggiano i bambini
dal libro, un po’ spauriti,
anche i più birichini
non osano farsi arditi.
Storia. “Perchè il ministro
Cavour…”. La mano bianca
si posa sul registro
come farfalla stanca.
Franco aveva pur detto
di saper la lezione…
Ma ora un sospirone
gli sale su dal petto.
Una lacrima scende
lenta, sul ciglio chiaro:
trema il labbro innocente.
“Che c’è, piccolo caro?”
Lo guarda, ella, gli prende
il mento: oh, il dolce viso
che di nuovo risplende!
La maestra ha sorriso. (M. Tomaseri Tamagnini)

Il vecchio quaderno

Le sere d’inverno,
posato in un canto,
il vecchio quaderno
ha un triste rimpianto::
“Il bimbo che lieto,
con trepida mano,
tracciò l’alfabeto,
riposa lontano!:
Lasciò la sua mamma
ancor giovinetto;
ardeva la fiamma
nel bel caminetto.
Ed or si consola
narrando alle stelle,
dei giorni di scuola,
le favole belle.
Son favole pure
di nuvole azzurre,
d’un mondo piccino,
d’un grigio topino.
Chissà se la sera,
in tutto segreto,
dirà la preghiera
oppur l’alfabeto? (A. Libertini)

Scuola elementare

Con l’autunno precoce e capriccioso,
tu lasci la tua casa e la tua mamma.
E te ne vai, felice e baldanzoso,
verso la nuova scuola. Già una fiamma
d’amore nuovo ti risplende in viso.
Io ti porgo il cappotto e la cartella
e mi trema nel cuore il tuo sorriso.
“Sarà piena di lode la pagella!”
Pieno di fede e di speranze, ardito
mi prometti sereno di studiare.
Ma il mio cuore è un po’ triste e un po’ smarrito:
“Resta ancora con me, bimbo a giocare!”
Dal berretto calato sulla fronte
sbuca un ciuffo ribelle di capelli.
“La penna e la matita sono pronte?”
Sì, ma i tuoi ricci come sono belli!
E te ne vai felice nella via
salutandomi ancora con la mano.
Io provo una sottile nostalgia
mentre tu mi sorridi da lontano. (M. Luisa Cortese)

Scuola elementare

Ricordo della scuola elementare:
colletto bianco col nastrino blu,
un desiderio intenso di imparare
le prima cose a, e, i, o, u.
Aste tracciate a segni colorati,
con la matita nuova rossa e blu,
quaderni rilegati ed ordinati
con l’esercizio: ma, me, mi, mo, mu.
Il sillabario ancora misterioso,
rivelava col segno la parola,
qualche visetto attento e giudizioso
sgranava assorto gli occhi di viola.
Ma una bambina spesso si incantava
a guardar fuori un po’ di cielo blu,
cullata dalla voce che spiegava
dolce e paziente: ma, me, mi, mo, mu.
O signorina, così buona e attenta,
quanta pena non dette al suo lavoro
la capricciosa bimba disattenta,
che già viveva in un suo mondo d’oro,
di smagliante ed ignara fantasia,
girando attorno quei suoi occhioni blu,
già viveva di sogni e di poesia
sul ritmo lento: ma, me, mi, mo, mu. (M. Luisa Cortese)

Primo giorno di scuola

E’ pronta la cartella, il grembiulino,
il colletto stirato come va.
Dunque, va proprio a scuola, il birichino!
Stamani in casa si respirerà!
Giornale e pipa, aah! beatamente
il nonno potrà starsene sdraiato,
una mattina intera. Strilli, niente.
Un bacio a tutti… Ecco. Se n’è andato.
Ma dopo un’ora… “Forse piangerà”
(pensa la mamma) E corre alla finestra.
“Sarà buona e paziente, la maestra?”
(sospira nonna). E il nonno: “Chi lo sa…”
Un’aria così greve intorno pesa!
Son tristi l’orsacchiotto, il pulcinella,
traditi da un’ignobile cartella.
Si parla a bassa voce, come in chiesa.
Nonno aggiusta le ruote di un trenino
perchè il bimbo sorrida, al suo ritorno…
Oh, com’è lungo questo primo giorno
che del pupo d’ieri fa un omino! (Zietta Liù)

Scuola di campagna

Solitaria scuoletta di campagna,
che sorridi tra il verde al primo sole,
grato un profumo sento di viole
intorno a te, che zeffiro accompagna.
Vedo di fiori ornata la finestra
dell’aula ancora nel silenzio assorta,
vedo i bimbi schierati sulla porta
in attesa che arrivi la maestra.
Son lì composti; han fatto molta strada
per giungere alla scuola; ma quegli occhi
da cui la gioia lor part che trabocchi,
brillano come stille di rugiada.
Io so che vi rallegra: è la parola,
bimbi, di chi v’insegna tante cose,
di chi circonda di cure amorose
il dolce tempo che passate a scuola. (Ascenso Montebovi)

Scuola di campagna

E’ fuor del borgo, due passi
di là dal più fresco ruscello,
recinta di muro e cancello,
la piccola scuola di sassi.
Agnella staccata dal branco
col suono che al collo le han messo
richiama ogni bimbo al suo banco,
nell’aula che odora di gesso.
C’è ancora la vecchia lavagna,
con su l’alfabeto mal fatto;
lo scrisse un bambino, distratto
dal verde di quella campagna.
E lei che mi vide a sei anni,
c’è ancora, la voce un po’ fioca,
vestita d’identici panni,
la vecchia signora che gioca.
Il tempo passò senza lima,
su queste memorie. Ritorno
lo stesso bambino di un giorno
sereno, nell’aula di prima.
E in punta di piedi, discreto,
nell’ultimo banco mi metto
e canto, nel dolce coretto
dei bimbi, l’antico alfabeto. (Renzo Pezzani)

Compagni di banco

Che cosa vuoi? Son pronto a darti tutto:
una penna, un quaderno, un taccuino,
purchè tu venga per un po’ vicino…
…Noi sederemo ad uno stesso banco
riordineremo i libri a quando a quando,
e rileggendo un compito e guardando
sul tavolino un grande foglio bianco… (Marino Moretti)

Ritorno a scuola

Oh, sì! prendiamo la cartella scura,
il calamaio in forma di barchetta,
i pennini, la gomma e la cannetta,
la storia sacra e il libro di lettura…
Andiamo, andiamo! Il tema è messo in bella!
Andiamo, andiamo! Il tema è messo in buona!
Dio, com’è tardi! La campana suona…
Fra poco suonerà la campanella…
Ma che dico? E’ domenica, è vacanza!
non c’è scuola, quest’oggi: solamente
c’è da imparare un po’ di storia a mente,
soli, annoiati, nella propria stanza… (Marino Moretti)

La scuola

Ha riaperto la scuola i suoi battenti;
l’insegnante sorride con amore:
ben sa che degli alunni c’è nel cuore
il rimpianto pei bei divertimenti.
Monti, campagna, mare… che concerti
d’urla felici! Che giocondo ardore!
In piena libertà correvan l’ore;
e adesso invece tutti fermi e attenti!
“Consolatevi” ei dice, “il tempo vola:
verranno un’altra vola le vacanze;
ma ora, ricordate, siete a scuola.
E nello studio certo troverete
la gioia che ha dolcissime fragranze,
se trarre buon profitto voi saprete!” (Livio Ruber)

La scuola

Chi mai l’ha costruita, un po’ appartata
all’altre case, come una chiesuola,
e poi che l’ebbe tutta intonacata
le ha scritto in fronte la parola “Scuola”?
E chi le ha messo al collo per monile
una campana senza campanile?
Chi disegnò per lei quei due giardini
con pochi fiori e giovani alberelli
difesi dall’insulto dei monelli
da fascetti di brocche, irti di spini?
Chi seminò con tanto amor le zolle?
Perchè, bambino, costruir la volle?
Non per un bimbo, ma per quanti sono
nel mondo, suona quella campana;
e la scuola ti sembra così bella,
e quell’aiuola un rifiorente dono,
perchè col giardiniere e il muratore,
vi mise mano, ogni dì, anche l’amore. (Renzo Pezzani)

A scuola

Come il mulino odora di farina,
e la chiesa d’incenso e cera fina,
sa di gesso la scuola.
E’ il buon odor che lascia ogni parola
scritta sulla lavagna,
come un fioretto in mezzo alla campagna.
Tutto qui dentro è bello e sa di buono.
La campanella manda un dolce suono,
e a una parete c’è una croce appesa…
pare d’essere in chiesa:
s’entra senza cappello,
si parla a voce bassa,
si risponde all’appello…
Oh, nella scuola il tempo come passa!
S’apre il libro, si legge e la signora
spiega, per chi non sa, or questo or quello
come in un gioco: un gioco così bello
che quando di fa l’ora
d’uscir, vorremmo che durasse ancora.
Come il mulino odora di farina
e la chiesa d’incenso e cera fina,
la casa prende odor dal pane nostro
e la scuola dal gesso e dall’inchiostro. (Renzo Pezzani)

 La scuola
La scuola è proprio come una chiesetta
che i suoi fedeli aspetta:
aspetta i suoi fedeli ogni mattina
questa allegra chiesina.
Talora nelle nobili città,
ha lustro e maestà;
talor, purtroppo, è misero abituro,
il luogo angusto e oscuro.
Eppure anche se povera e modesta
prende un’aria di festa
quando è piena di voi, bimbi, la scuola,
quando non è più sola.
Di fianco non le sorge col gentile
richiamo il campanile;
eppure anch’essa snocciola bel bello
un suon di campanello.
Ed entrano i fedeli a mano a mano,
con un libretto in  mano,
per andarsi a seder tutti, o sorpresa!
sui banchi come in chiesa.
Lo studio, bimbi, in certa qual maniera,
è anch’esso una preghiera. (L. Ambrosini)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Gnometti sabbiolini TUTORIAL e RACCONTO

Gnometti sabbiolini TUTORIAL con cartamodello stampabile gratuitamente in formato pdf e RACCONTO. Il tutorial può essere utile anche per realizzare gli Gnomi della Matematica Waldorf (verde, rosso, giallo e blu).

L’omino del sonno
C’è un omino piccino piccino
che va in giro soltanto di sera
e cammina pianino pianino
con un sacco di polvere nera.
E’ l’omino inventor del dormire
che nel lungo serale cammino
senza farsi veder ne’ sentire
porta il sonno per ogni bambino.
Non si sa se sia bello o sia brutto
se sia vecchio più o meno del nonno
si sa solo che va dappertutto
e che lascia, passando, un gran sonno.
Quando stanchi si senton gli occhietti
è perché sta passando l’omino
ed è l’ora in cui tutti i bimbetti
fan la nanna nel loro lettino!
(J. Colombini Monti)

Materiale occorrente:

– tessuto (io ho usato la manica di una vecchia maglia)
– maglina per bambole
– lana bianca per imbottire e per barba e capelli
– ago, filo, forbici
– semi di lino e fiori di lavanda

Come si fa:
Riportate il cartamodello sul tessuto e tagliate:

(il cartamodello è questo):

Poi fate la prima cucitura così (a mano o con la macchina da cucire):

Sovrapponete così il dietro (quello che avete parzialmente cucito) al davanti e cucite; cucite anche il berretto:

Quindi rivoltate sul dritto:

Ora prepariamo la testina. Facciamo un nodo, poi usiamo i ciuffi che avanzano per formare una pallina, tipo gomitolo:

Rivestiamo la pallina con una falda di lana, chiudiamo sul collo, poi facciamo una legatura per dividere volto da cranio, e sul volto passiamo lungo la metà un filo, tiriamolo bene e fermiamo, per formare la linea degli occhi:

Arrotoliamo del filo intorno al collo:

Rivestiamo con la maglina e aggiungiamo una pallina per il naso:

Con un cucchiaino riempiamo il corpo dello gnomo di semi di lino e fiori di lavanda:

Quindi cuciamo intorno al collo, ricamiamo occhi e bocca, aggiungiamo barba e capelli, e se vogliamo un sacchettino di stoffa pieno di semini, e lo Gnomo Sabbiolino è pronto:

Ma chi è lo Gnomo Sabbiolino?

Si tratta di un personaggio che fa parte della cultura popolare di molti paesi; presente anche in alcune regioni italiane,  è molto celebrato in particolare in Germania come “Sandmann” .

L’omino del sonno
Ha un lume sul cuore,
ma fioco fioco,
Appena un chiarore.
L’omino del sonno
Ha scarpe di panno,
Quando cammina
Rumore non fanno.
L’omino del sonno
Ha in testa un berretto,
Di lana calda,
Per stare a letto.
L’omino del sonno
Va in giro in vestaglia,
Tutta rossa,
Fatta a maglia.
L’omino del sonno
Ha in mano un sacchetto
Con due cordelle
Legato stretto.
Dentro il sacchetto
Ha una polverina
Che non si vede, leggera fina
Butta la polvere lesto l’omino:
Già dorme il bimbo, lui spegne il lumino.
(M.Martini)

Ha molti nomi, è anche Mago Sabbiolino e Orco Sabbiolino (se porta sogni brutti), Ole-Luk-Oie, Sandmann, Ole Chiudigliocchi, Serralocchi, ecc…

La storia tradizionale è all’incirca questa:

“Sabbiolino è un nano che porta un grosso sacco sulle spalle. Tutte le  sere, al crepuscolo, si toglie le scarpe per non fare rumore e viene da noi, nel mondo degli umani. E ‘così piccolo e così bravo a nascondersi, che nessuno riesce a vederlo e nessuno saprebbe riconoscerlo. Questo è un gran bene, perchè se per disgrazia capitasse ad un umano di vederlo, il povero Sabbiolino svanirebbe nel nulla…

Sabbiolino ha molto, molto lavoro da fare ogni sera! Deve far visita a tutti i bambini che devono addormentarsi nei loro caldi lettini…  e così saltella e svolazza per tutta la notte. Prima va dai bambini più piccoli.  Aspetta che nelle camerette ci sia buio, per non farsi vedere, si mette davanti al lettino, apre il suo sacco e prende due chicchi di sabbia.

Appena il bambino chiude gli occhi,  posa delicatamente i granelli uno sull’occhio destro e uno sull’occhio sinistro, e comincia a raccontare una storia nell’orecchio del piccolo: “C’era una volta un bambino che partì per  il deserto, in cerca di fiabe. Il suo villaggio le aveva perse tutte, insieme alla fantasia, e il bambino, anche se piccolo, era determinato e coraggioso, e voleva ritrovarle e riportarle al villaggio. Cammina cammina, arrivò ad una foresta di pietra, e lì trovò uno scrigno con scritto il suo nome. Meravigliato lo aprì e vi trovò…”

Arrivato a questo punto della storia Sabbiolino si ferma, il bambino si è ormai addormentato dolcemente, a volte ha anche iniziato a russare, e può sognare il seguito della storia. Silenziosamente il nano esce dalla cameretta e va a trovare un altro bambino.

Quando ha terminato il suo lavoro coi più piccoli, Sabbiolino va a far visita anche ai bambini più grandi, ma per farli addormentare invece della sabbia, usa chicchi di mais, che soffia sui loro occhi, e anche loro si addormentano felici.

Il suo è un lavoro molto importante, perchè se per caso si dimenticasse di un bambino, il poverino non potrebbe dormire per tutta la notte…

Nessuno, nemmeno i bambini possono vedere Sabbiolino, ma almeno i bambini possono vedere, al mattino, una piccola traccia che il nano lascia per loro: la sabbiolina negli occhi…”

Esistono innumerevoli varianti, a volte Sabbiolino si serve di un’asina per compiere il suo lavoro, altre volte spruzza latte negli occhi, o polvere di stelle, ecc…

Dalla tradizione alla letteratura, esistono due famosi racconti che hanno per protagonista Sabbiolino.
Il primo é Ole-Luk-Oie, di Hans Christian Andersen:

“In tutto il mondo non c’è nessuno che sappia tante storie quante ne sa Ole Chiudigliocchi. E come le sa raccontare! Verso sera, quando i bambini sono ancora seduti a tavola, o sulle loro seggiole, arriva Ole Chiudigliocchi, sale le scale silenziosamente, perché cammina senza scarpe, apre lentamente la porta e plaff! spruzza un po’ di latte negli occhietti dei bambini, poco, poco, ma comunque abbastanza perché loro non riescano più a tenere gli occhi aperti e perciò non lo vedano; sguscia dietro di loro, gli soffia dolcemente sul collo e subito sentono la testa pesante, ma non tanto da far male; perché Ole Chiudigliocchi vuole il bene dei bambini, desidera soltanto che stiano tranquilli, e loro sono davvero tranquilli solo quando finalmente vanno a letto e devono stare zitti perché lui possa raccontare le sue storie. Quando i bambini finalmente dormono, Ole Chiudigliocchi si siede sul loro letto; ha un bel vestito, un mantello di seta, ma è impossibile dire di che colore è perché a ogni suo movimento ha riflessi ora verdi, ora rossi, ora blu. Tiene sotto le braccia due ombrelli, uno pieno di figure, e lo apre sopra i bambini buoni che così sognano per tutta la notte le storie più belle, l’altro invece non ha niente e viene aperto sui bambini cattivi che così dormono in modo strano e quando si svegliano la mattina, non hanno sognato niente. Ora ascoltiamo come Ole Chiudigliocchi per tutta una settimana si è recato da un bambino di nome Hjalmar, e sentiamo che cosa gli ha raccontato. Sono sette storie in tutto, perché ci sono sette giorni in una settimana…”

Puoi leggere il seguito qui:
http://www.paroledautore.net/fiabe/classiche/andersen/ole.htm
http://www.softwareparadiso.it/studio/letteratura/40_novelle/il_folletto_serralocchi.html

Il secondo è Der Sandmann, L’Uomo della Sabbia,  di E.T.A. Hoffmann, che se volete potete leggere qui. In questo caso l’uomo di sabbia è una sorta di uomo nero, inserito in un racconto gotico che ha avuto grande successo, e che è stato anche analizzato da Freud.

Sulla storia Der Sandmann è basato anche il balletto  Coppelia.

Poesie e filastrocche FAMIGLIA – MAMMA, PAPA’, BIMBI, FRATELLI…

Poesie e filastrocche: la famiglia  – mamma, papà, bimbi, fratelli … una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

 

Chiede il bimbo
Chiede all’albero succoso frutto
a al prato chiede un fiore
la pappina alla mammina
e alla zia qualche allegra poesia…
Che dà in cambio il bimbo al mondo?
Il sorriso suo giocondo. Lina Schwarz

 

E’ nata una creatura
Tranquillo come ogni giorno,
così anche questo mattino
hai aperto gli occhi, bambino,
e sorridendo guardi intorno.
Filtra un vivido sole
attraverso la chiusa finestra
insieme a piane parole
che hanno sapore di festa.
Ascolti un volar tacito
di passi in qualche stanza:
sembra d’angeli una danza
tra un sussurro di soffici baci.
Ecco un tremulo vagito,
quasi un belare umano:
sembra giungere da lontano
dopo un viaggio infinito.
Rapido t’alzi, chiedi,
ansioso, che mai c’è.
La voce ripete: “Uèeee… Uèeee!”
Qualcuno leva dalla bocca un dito;
tu vai in punta di piedi
verso un silenzioso invito
e sorridi a ciò che vedi.
Scesa da chissà quali cieli,
ravvolta in candidi veli,
come tra i petali il cuore
profumato di un fiore,
in una culla vaporosa
s’agita qualcosa:
una creatura novella
la tua piccola sorella.
I suoi occhi color del mare
non sanno ancora guardare;
la sua boccuccia fresca
odora di latte e di pesca;
le sue chiuse manine
paiono in boccio roselline.
Tu la contempli quasi smarrito.
Quand’ella, col suo vagito,
sembra chiedere: “Uèèèè…
la mia mammina, dov’è?”
Domandi anche tu perchè
lì, presso, mamma non c’è.
La mamma è tanto stanca!
Ella passò la notte bianca:
fece un lungo cammino
stringendo al cuore quel cuoricino.
Ora dorme, ma appena
si sveglierà serena,
vicino a sè vorrà
la sua trepida felicità:
tu e quella creatura fresca
che odora di latte e di pesca
e vagisce così
come tu pure un dì. M. Chierighin

 

C’è un neonato
C’è un neonato in casa mia
chi non sa che cosa sia?
Un neonato è un fratellino
tutto nuovo e piccolino,
con due occhioni e una boccuccia
che dì e notte succia succia;
succia il latte e succia il dito
con un fare sbigottito.
Dorme spesso e strilla assai,
ma è carino quanto mai;
già lo dice anche la balia:
“E’ il più bel bimbo
che ci sia in Italia!”. Lina Schwarz

 

Fratelli
Dice la mamma: “Guarda com’è bello!
Amalo tanto tanto: è tuo fratello!”
“Sì, ma se tutti siam figli di Dio,
ogni bambino è un fratellino mio”. Lina Schwarz

 

Casa colonica
In famiglia siamo sette:
due figlioli ed una figlia,
babbo, mamma, nonno, nonna,
ecco tutta la famiglia.
Ma per casa siamo tanti, siamo tanti…
La coniglia e i coniglietti,
la gattina e i suoi micini,
la gallina e la covata,
la capretta e i caprettini:
siamo dieci, siamo venti, siamo trenta…
Nove ochette becco giallo
nel porcile un maialetto.
Fido il cane, Astro il cavallo.
Ed i passeri sul tetto?
Va a finir che tutti insieme siamo cento…
G. Vai Pedotti

 

Sorellina – La partenza per la scuola
Arrivederci! Me ne vado alla scuola
a studiare; lo vedi, ho la cartella!
Che? Ti dispiace ch’io ti lasci sola?
Non vuoi restar senza la tua sorella?
Oh, sul tuo naso c’è una lacrimona;
non pianger, via, ritornerò, sii buona!
La mia bambola, vuoi? La lascio a te,
tienla di conto, sai? (Povera me!). Lina Schwarz

 

Quel che possiede un bimbo
Due piedi lesti lesti
per correre e saltare
due mani sempre in moto
per prendere e per fare
la bocca chiacchierina
per tutto domandare
due orecchi sempre all’erta
intenti ad ascoltare
due occhioni spalancati
per tutto investigare
e un cuoricino buono
per molto molto amare. Lina Schwarz

 

Chi sono io?
Chi sono io? Io sono Gianni
ho compiuto già i cinqu’anni
non distinguo l’I dall’O
ma più tardi imparerò
tanto a leggere che a scrivere…
e per ora imparo a vivere.
Io respiro e i miei polmoni
so gonfiar come palloni.
Senza smorfie mangio e bevo
volentier fo quel che devo.
L’acqua fresca e l’aria pura
non mi fanno mai paura;
tutto il giorno faccio il chiasso
cresco sano, forte e grasso.
Desto appena spunta il giorno
me ne vo girando attorno
osservando i miei tesori
sassi e piante, bestie e fiori;
tutto ancora ho da esplorare
tutto ancora da imparare.
Anche a leggere ed a scrivere
ma per ora imparo a vivere. Lina Schwarz

Un buon compagno
Quel caro Francolone
dovrebbe uscire a far la passeggiata
ma ha tanta compassione
per la sua mamma ch’è a letto malata.
Piglia dunque il balocco suo più bello
il gran cammello
e glielo mette accanto
dicendogli: “Sta qui, cammello, intanto
ch’io vado via
sta qui buonino a farle compagnia.”
Il gran cammello è molto soddisfatto
di tanto onore, e non disturba affatto.
E la mamma quieta
con gli occhi chiusi, pensa tutta lieta
ai suoi cari bambini
che intanto si divertono ai giardini.

 

Due lucide fiammelle
Sul mio visino brillano
due lucide fiammelle
vedono il sol, le stelle
la luce e i bei color.
Vedono i prati
i fiori variopinti
le rose ed i giacinti
la mamma ed il papà.
Ma quando viene sera
si cala una tendina
e fino alla mattina
non ci si vede più. O. C. Levi

 

Quando il bambino
Quando vagisce il bambino
lo sa Iddio quello che dice
solo, sorride ed accenna…
Che pensa? Che dice? Ride. Perchè?
E, come il vento della sera al fiore,
così gli parla la sua mamma
tenera e dolce gli parla
ma non la intende nessuno.
Che dicono tra loro così a lungo
nemmeno al babbo è dato sapere:
linguaggio celeste. Segreto profondo.
Nessuno lo intende, gli angeli solo. G. Geza

 

La famiglia

Eccola, è tutta qua
nella nostra piccola casa
la dolce felicità!
Non la cercare lontano:
volersi bene, darsi
dolcemente la mano,
parlarsi a cuore a cuore,
godere insieme ogni gioia,
è questa la felicità.
Non la cercare lontano:
essa è qui prigioniera
nel nostro nido piccino. (G. Ajmone)

La famigliola
Non son che due stanzette e una cucina
al quarto piano. Tre modesti ambienti
d’una casa tra un prato e un’officina,
voltati al sole che li fa ridenti.
E babbo e mamma, un bimbo e una bambina
in quel guscio ci vivono contenti.
Mamma tien tutto lustro e alla mattina
dà perfino la cera ai pavimenti.
E quando il babbo torna a casa dal cantiere
e s’è lavato, e siede a mensa, e taglia
il pane, e versa il vino nel bicchiere,
macchiando qualche volta la tovaglia,
e i bimbi son lì, davanti al piatto
ad aspettar la mamma che scodelli
la fumante minestra di piselli,
e ad aspettare ci si aggiunge il gatto,
non c’è casa di ricco e di potente
che valga questa di povera gente. (R. Pezzani)

I miei bimbi
Come trovo dipinto il mio bambino
dopo desinare, è uno sgomento!
Ha le patacche addosso a cento a cento
e la bocca color di stufatino;
ha il nasetto, si sa, tinto di vino.
e sulla fronte un po’ di condimento,
e uno spaghetto appiccicato al mento,
che gli spenzola giù dal grembialino.
E sfido! In tutto pesca e tutto tocca,
e si strofina la forchetta in faccia,
e stenta un’ora per trovar la bocca;
e sono tutti i miei strilli inefficaci;
egli, vecchio volpone apre le braccia
ed io gli netto il muso coi miei baci.
Benedetti ragazzi! E’ un gran destino
dover troncare un inno od un bozzetto
per aggiustar le rote d’un carretto,
per incollar la testa a un burattino:
e trovarmi un giorno, in sul mattino,
un bastimento a vela in fondo al letto,
o una villetta svizzera sul petto,
o l’arca di Noè sotto il cuscino!
E sentir per le stanze e per le scale
squillar trombette da mattina a sera
come il dì del giudizio universale!
Ah! un giorno o l’altro li rimando a balia…
eccoli qui, quei musi da galera,
non ce n’è due più belli in tutt’Italia! (E. De Amicis)

Dolce famiglia
Dolce famiglia, qual più bella cosa
di te, che unisci ne’ più santi affetti
una mamma solerte ed amorosa,
un caro babbo e i lieti figlioletti?
Sei un nido d’amore e di speranza,
hai la fiamma che scalda e che consola,
hai la luce che dona l’esultanza;
e dir famiglia è dire la parola
che fa piangere il cuore dell’assente;
egli lavora tanto per tornare
un giorno benedetto al suo ridente,
al suo memore e dolce focolare.
Bussa il dolore e busserà la morte,
ma la famiglia nell’amore
divide la gioiosa e cruda sorte
e sopporta con fede ogni dolore.
Iddio ti guardi, famigliola mia,
Iddio t’aiuti sempre! Così sia. (T. Romei Correggi)

Casa, dolce casa
Casa, dolce casa!
Tra piaceri e palazzi
per quanto si possa vagare
non c’è un posto che possa valere
la nostra sia pur umile casa.
Là un incanto dal cielo
sembra consacrare ogni cosa
e, per quanto si cerchi,
in nessun’altra parte si trova.
Un esule lo splendore
invano abbaglia:
oh, dammi la mia umile casetta
dal tetto di paglia!
Gli uccelli cantando allegramente
venivano al mio richiamo:
dammi queste cose
è la serenità dello spirito,
più cara d’ogni altra!
Casa, dolce casa!
Non c’è altro posto
come la nostra casa! (J. Howard Payne)

Il meglio sii di quello che tu sei
Se non puoi esser pino in vetta al monte
sii prunaia di valle, ma sii sempre
il cespuglio più bello accanto al fonte;
sii cespuglio se non puoi esser albero.
Se non puoi esser pruno sii bell’erba
ed allieta di te la via maestra:
se non puoi esser paris sii ginestra,
la ginestra più bella del deserto.
C’è un comandante, ma ci sono i mozzi,
quaggiù per tutti v’è da lavorare.
A chi compiti piccoli e a chi grossi:
a ognuno quello che sa meglio fare.
Se non sei via, sii viottolo tra il verde;
se non puoi esser sole, sii una stella;
non è per mole che si vince o perde
ma il meglio sii di quello che tu sei. (D. Malloch)

Girotondo di tutto il mondo
Filastrocca per tutti i bambini
per gli italiani e per gli abissini,
per i russi e per gli inglesi,
gli americani ed i francesi,
per quelli neri come il carbone,
per quelli rossi come il mattone,
per quelli gialli che stanno in Cina
dove è sera se qui è mattina,
per quelli che stanno in mezzo ai ghiacci
e dormono dentro un sacco di stracci,
per quelli che stanno nella foresta
dove le scimmie fan sempre festa
per quelli che stanno di qua e di là
in campagna od in città,
per i bambini di tutto il mondo
che fanno un grande girotondo,
con le mani nelle mani,
sui paralleli e sui meridiani. (G. Rodari)

Chi sa?
Chi sa donde mai venga il sonno lieve
che sugli occhi dicende d’un bambino?
Io lo so. Esso viene da un paese
incantato. C’è un bosco pieno d’ombra:
le lucciole vi brillano debolmente,
vi crescon fiori colmi di magia.
Di là quel sonno viene,
a baciar sugli occhietti il mio bambino.
Chi sa donde mai venga il dolce riso
sulle labbra di un bimbo addormentato?
Io lo so. Baciò un tempo un raggio pallido
della giovane luna il bianco viso
di una nube d’autunno, ed un mattino
rugiadoso di sogno, ecco il sorriso.
Quel sorriso che vien
a fiorir sui labbruzzi al mio bambino.
Chi sa donde sbocciò tanta freschezza
che splende sulla guancia d’un bambino?
Io lo so. Da quand’era giovinetta,
lo portava la mamma dentro il cuore,
tacito dono della sua purezza;
nel mister delicato del suo amore.
Di là freschezza viene
ad ingigliar la guancia al mio bambino.
(R. Tagore)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

 

 

Poesie e filastrocche sulla casa

Poesie e filastrocche sulla casa – una raccolta di poesie e filastrocche sulla casa, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il mio nido
Il mio nido è una casetta:
in quel nido ci ho una fiamma
sempre accesa:
è l’amor della mia mamma
che mi aspetta in dolce attesa. (C. Prosperi)

 

La mia casetta
La mia casetta è piccola,
ma dentro si sta bene.
Di fuori il vento sibila:
lo sento, eccolo, viene.
Ma il vecchio muro mormora:
“O vento, cozzi invano.
Son rozzo, ma son solido…”
E il vento va lontano.
E pioggia e neve e grandine
flagellano le mura
e la casetta impavida:
“Son vecchia, ma sicura…”
Scintilla dolce e tiepida
nel focolar la fiamma
e il sol sempre l’illumina:
quel sole è la mia mamma! (Hedda)

 

La casetta
In un prato, fra l’erbetta
c’è una piccola casetta;
nella casa c’è un lettino
ove dorme un bel bambino.
Presso il bimbo c’è una mamma
che lo ninna e che lo nanna.
E su tutti stende l’ali
per difenderli dai mali,
il buon angelo custode
che sorride e lieto gode. (D. Vignali)

 

Casetta
Una stanza, una cucina,
tre gerani alla finestra,
una mamma e una bambina,
e laggiù la via maestra.
Prati freschi intorno intorno,
gallo, tortore, e un tacchino…
e la fonte, tutto il giorno,
canta e specchia il ciel turchino. (Lamartine)

 

Felicità
Dolci pareti, una fiamma,
sei bimbi, una mamma.
Fuoco e braci nel camino,
passi del più piccino.
Tutto il sole a primavera
e le rondini a schiera.
Sul pane una croce
fuori l’ombra del noce.
Casa mia, felicità;
serenità. (C. Ronchi)

 

Dentro casa
Dolci sere d’inverno dentro casa,
col bricco che sul fuoco sta cantando,
mentre la bora par di furia invasa
e a gran colpi la porta va squassando.
La mamma cuce, il babbo legge un libro,
io, tra di loro, sopra una sedietta,
o gioco o sto a sentir la favoletta,
fino a quando il sonno, piano piano,
non sia venuto a condurmi lontano. (A. Noel)

 

La mia casetta

La mia casetta ha due finestre sole
ma fiorite che sembrano un giardino.
Ci sono tanti garofani e viole
e un po’ di maggiorana e rosmarino.
E dentro, è tutto lindo e tutto bello
e lustro, come sa lustrar la mamma.
Quando crepita allegra nel fornello
gode a specchiarsi anche la fiamma:
Oh, com’è cara questa mia casetta,
dove la mamma tutto il dì lavora;
dove, la sera, ognun di noi s’affretta
e, nell’essere insieme, si ristora! (L. Schwarz)

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Poesie e filastrocche LE BUONE MANIERE

Poesie e filastrocche LE BUONE MANIERE – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il silenzio non è d’oro
Tre bambini stanno zitti,
zitti come i coscritti
davanti al caporale.
E la mamma li guarda sospettosa,
gli dice: “Vi sentite male
o state macchinando qualche cosa?”
Come vedete è falso l’oro.
Il silenzi non è d’oro
se volete nascondere qualcosa
io vi consiglio di cantare in coro.
Intonate una piccola fanfara
di piatti e di trombe, la furiosa
ragazzata vi salva, si rischiara
la mamma e vi sorride. (A. Gatto)

La cuoca della bambola
Biancolina è una cuoca famosa;
tutto il giorno sfaccenda in cucina:
sbuccia, taglia, pulisce, infarina,
ogni piatto ella sa preparare.
Fortunata la sua bambolina
che sì buoni pranzetti può far!
Pasticcini stupendi di sabbia
erba trita, insalata di fiori,
sassolini di tutti i colori
le cucina e per pranzo le dà.
Fortunata la sua bambolina
che non certo di fame morrà.
Ma se un giorno la Bianca ha dei dolci,
se li mangia, e alla bambola… niente!
Ah, la bambola è stata imprudente;
ha una gastrica proprio in quel dì:
e la Bianca, mangiando le predica:
“Ai ghiottoni succede così”. (C. Del Soldato)

La signorina Vanità
Un dì, la signorina Vanità,
più del solito volle farsi bella:
mise una trina in fondo alla gonnella,
si strinse il busto senza carità.
Si profumò i capelli, li arricciò,
di un gioiello si ornò non mai veduto,
altera tra la gente se ne andò.
Ma la gente, a vederla scoppiò in riso:
s’era scordata di lavarsi il viso!
L. Schwarz

Marchino
Marchino piange a lavargli la faccia
perchè dice che l’acqua è troppo ghiaccia.
Se gli vien detto: “Lavati le mani”
risponde sempre: “Aspettiamo domani”.
A parlargli soltanto di sapone,
scappa più che a parlargli di veleno.
La sua nonna lo chiama un capo ameno,
e noi lo chiameremo… un sudicione.
R. Fucini

La protesta del maialino
Giovannino fa ritorno
dopo il chiasso d’ogni giorno,
da cambiare, da lavare…
oh, che sudicio bambino!
La sua mamma, che daffare!
“Tu mi sembri un maialino!”
Ma nell’aia spaziosa
tutto lindo, tutto rosa,
con la coda a riccioletto
ha sentito il maialetto.
E protesta: “Io non somiglio
a quel sudicio tuo figlio!”
G. Vai Pedotti

La bimba e l’acqua
C’era una bimba che aveva paura
dell’acqua pura.
Quando la mamma sua la lavava
sempre strillava.
Un giorno l’acqua la rispecchiò
e le parlò:
“Vedi sei brutta, sporca così,
lavati qui”.
La bimba allora si vergognò
e si lavò.
A. Cuman Pertile

Le prime tristezze
Ero un fanciullo, andavo a scuola e un giorno
dissi a me stesso: “Non ci voglio andare”.
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
tutto soletto, fino a mezzogiorno.
E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta, da quel triste giorno.
Io passeggiavo fino a mezzogiorno,
e l’ore… l’ore non passavan mai!
Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto;
e l’ansia mi prendea d’esser veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!
Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all’appello (oh! il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso nell’abisso dell’ignoto…
E quante, quante volte domandai
l’ora a un passante frettoloso, ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!…
Ma l’ore… l’ore non passavan mai! (M. Moretti)

Siate buoni
Oh, che gorgheggi teneri
nell’aria profumata!
Che canzoni, che giubilo,
per tutta la vallata!
Sui prati verdi e roridi
sbucano le viole,
qualche mite lucertola
striscia sull’erba, al sole.
Tutto fiorito è il mandorlo,
tutt’azzurra è la valle.
A frotte i bimbi corrono
inseguendo farfalle.
E ridono e schiamazzano
come tanti folletti.
Oh, ma perchè tormentano
quei poveri uccelletti?
D’un tratto, dai freschi alberi,
da tutti i fiorellini,
par che una voce palpiti:
siate buoni, bambini!
(M. Matropaolo)

Valentino
Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de’ tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: incece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; chè mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d’un mese,
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!
e le galline cantavano: “Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!”.
Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l’uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch’oltre il beccare, il cantare, l’amare
ci sia qualch’altra felicità.
(G. Pascoli)

Un bimbo e un poeta
Mondo, mondo d’oro
io sono il tuo piccolo re.
Quanto è bello e buono,
tutto fu fatto per me.
Pur ch’io muova un passo
fiorisce ai miei piedi il terreno.
Prendo in mano un sasso,
ed ecco una gemma diviene.
Mondo, dolce mondo,
io sono il tuo piccolo re.
Giro, giro tondo:
tutta la gioia per me.
Bimbo, bimbo bello,
sono il tuo fratello.
Fammi entrare un poco
nel tuo caro gioco.
So la tua magia:
è la poesia.
(D. Valeri)

Libero
Prima di coricarsi, il bimbo levandosi il kimono
manifesta la sua gioia di essere libero e nudo.
E corre per la casa con rapidità incredibile,
come un uccellino scappato dalla sua gabbia,
o un piccolo re che scatta da una scatola magica.
(M. Senke)

Nasce un mondo nuovo
Non più sguardi d’angoscia
noi saremo fratelli;
non più sguardi d’odio.
E se nel cielo
c’è una luce,
sarà per rischiarare il nostro amore.
E se nelle fronde
c’è una melodia,
sarà per cullare il nostro sonno.
Noi saremo fratelli:
noi saremo uniti.
E gli astri a profusione
puri,
come gli occhi dei sapienti,
saranno tanto brillanti
quanto il nostro destino.
(B. Dadiè – Costa d’Avorio)

L’inno dell’amicizia mondiale
Salutiamo con gioia
tutti i ragazzi che vivono
nel vasto mondo.
A tutti diciamo
di porgerci la mano
per formare insieme
un cerchio completo
che abbracci il mondo intero.
Sia che viviamo in terre vicine
oppure in terre da noi lontane
una sola è la nostra famiglia.
La voce dell’amicizia,
che ora facciamo sentire,
attraversa i continenti
e congiunge tutti i mari.
(Studente anonimo – USA)

Solo
La gioia si è fermata
stamani nella mia casa.
Prima di stringerla al cuore
ho girato tutte le stanze
sempre gridando: -La gioia,
è venuta la gioia a trovarmi!-
Son corso alla finestra
sono uscito fuor della porta
ho cominciato a chiamare:
-Venite tutti, correte:
in casa mia c’è la gioia!-
Nessuno io sentivo arrivare.
Ho detto allora alla gioia:
-Non ho nessuno in casa mia,
ripassa un’altra volta.
(G. Bizzarri)

Obbedienza
Quando passeranno gli elefanti
dentro le crune degli aghi
quando le formiche giganti
accenderanno i lampadari,
quando usciranno dagli armadi
odoranti di pomi cotogni
le principesse dei sogni…
quando i pulcini faranno l’uovo
e le lucertole il nido
sopra la frasca,
e le rondini faranno il covo
sotto la vasca…
allora, gonfio d’orgoglio,
potrai dire: “Io voglio”.
A tutto, nel mondo, che voli,
a tutto, nel mondo, che strisci,
a tutto fu detto: “Obbedisci!”
(F. Pastonchi)

 

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Poesie per la buonanotte

Poesie per la buonanotte – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Ninna nanna
Dormi, bimbo mio;
dal ciel ti veglia Iddio.
Un bel raggio di luna
carezza la tua cuna.
Ti circondano alati,
i bei sogni dorati.
Che pace nel tuo cuore!
Felice notte, amore!
G. Vai Pedotti

 

Ninna nanna
Si muove lenta, oscilla
la campana della sera:
din don… din don…
una nenia, una preghiera.
Anche un nido piccolino
si dondola nel vento,
anche la culla d’un bambino
ha un moto dolce e lento.
Tutto oscilla piano piano:
din don… chiudi gli occhi!
Vien la notte da lontano,
culla il mondo sui ginocchi. G. Ajmone

 

Ninna nanna
Dormi dormi, mio piccino,
van pel ciel le pecorelle
e le stelle sono agnelle,
fa la luna da pastora…
tu, piccin, non dormi ancora.
Dormi, piccolo angioletto,
dormi fino al nuovo dì,
fin che all’alba il tuo galletto
canti un bel chicchirichì. D. Gnoli

 

Ninna nanna
Ninna nanna, cocco santo
che il tuo babbo è ritornato,
t’ha portato un bel cestino
pien di rose e gelsomino;
pien di rose del buon odore,
il bambino è il nostro amore;
il bambino fa la nanna,
è il cocco santo della sua mamma. D. Valeri

 

La luna
Chiara la luna
in mezzo al cielo
corre veloce
tutta in un velo
corre veloce
perchè ha fretta
nell’altro mondo
la gente aspetta
sopra la torre
vista da qui
la luna sembra
un punto sull’i.

 

Ninna nanna
Dolce sonno, vieni a cavallo!
Fino al canto, resta, del gallo… Ninna oh!
Treppe, treppe, viene, lo sento,
soffia e sbuffa come il vento.
Scuote i fiori per le strade,
non è quella, neve che cade… Ninna oh!
Il cavallo scrolla la testa…
i sonagli suonano a festa… Ninna oh!
Il bambino s’addormentò. G. Pascoli

 

Ninna nanna al bambino malato
Che ti senti, caro figlio?
Poverino, non puoi dirlo!
L’uccellino, quando imbruna.
mette il capo sotto l’ala,
fa un batuffolo di piuma,
dorme dorme sopra la rama.
Esso ha il vento che lo picchia,
tu la mamma che ti ninna;
esso ha il vento che lo urta,
tu la mamma che ti culla;
esso ha il vento che lo schianta
tu la mamma che ti canta.
Dormi amore, dormi o fiore. G. Latronico

 

Stelline
Quattro stelline ho visto passare,
quattro stelline sull’onda del mare
Una per me, una per te,
una la vuole la figlia del re
la quarta stellina, il reuccio cattivo,
grida e comanda “La voglio per me!”
Ma la stellina si ferma a guardare,
poi sorridendo si spegne nel mare.

 

I bimbi vanno a nanna
I bimbi vanno a nanna,
col bacio della mamma.
Dentro nel nido morbido e fido,
dopo un istante dormono.
Discendon sui dormienti,
i sogni più ridenti,
veglian su di loro le stelle d’oro,
e li proteggon gli angeli.

 

Sogni d’oro
Quando brillava il vespero vermiglio
e il cipresso pareva oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
“Così è fatto lassù tutto un giardino!”.
Il bimbo dorme e sogna i rami d’oro,
gli alberi d’oro, le foreste d’oro;
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera. G. Pascoli

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Poesie per i pasti

Poesie per i pasti – una collezione di pensieri, poesie e filastrocche per i pasti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Terra, tu il cibo ci hai dato,
sole tu l’hai maturato.
Cara terra, sole amato
il nostro cuor vi è tanto grato.

 

Come va (L. Schwarz)
Del cibo che mi mettono nel piatto
sempre ne do una parte al mio gattino
e come va che in lui diventa gatto
mentre dentro di me divien bambino?

 

Chiccolino
Un giorno chiccolino,
giocava a nascondino
nessuno lo cercò,
e allor s’addormentò.
Dormì sotto la neve,
un sonno lungo e greve
infine si svegliò
e pianta diventò.
La pianta era sottile,
flessibile e gentile
la spiga mise fuor,
di un esile color.
Il sole la baciava,
il vento la cullava
di chicchi allor si empì,
per il pane d’ogni dì.

 

 La polenta

Borbotta l’acqua, per due brocche al fuoco.
E il fuoco ride e la sua vampa cresce.
L’acqua borbotta, ma lo fa per gioco.
E ne paiolo ora la mamma mesce
farina d’oro, e i bimbi son d’attorno…
sembra che cuocia il sol di mezzogiorno!
E quando è cotta e messa sul tagliere
la mamma dice: “A tavola, ch’è pronta!”
E prende il filo, e mentre taglia conta
quanti ne vede a tavola sedere.
Nè il cuor guidò giammai mano più attenta
di questa che spartisce una polenta. (R. Pezzani)

 

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie per salutarsi prima della campanella

Poesie per salutarsi prima della campanella in uso nella scuola steineriana, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Di lavorare ho terminato
riposi adesso quel che ho imparato
e viva nel profondo del mio cuore
per darmi luce, saggezza e amore
perch’io sia buono nel profondo
per tutti gli uomini e per il mondo.

 

Chiocciola
Chiocciolina chiocciolina
vieni dentro alla casina
che se dentro tu verrai
bello il mondo sognerai.
si parte in cerchio per mano, l’insegnante lascia la mano di un bambino e guida la fila a formare una spirale verso l’interno
Chiocciolina chiocciolina
vieni fuor dalla casina
che se fuori tu verrai
bello il mondo tu vedrai.
il bambino più esterno, il “capofila” guida tutti a sciogliere la spirale e si riforma il cerchio.

 

Chi entra in questa casa porti amore
chi vi sta dentro cerchi conoscenza
chi ne esce porti pace nel suo cuore

 

Perchè siamo scesi dal cielo?
Non era più bello restare
tra nuvole d’oro, fra stelle,
fra gli angeli in coro a cantare?
spirale verso l’interno, per mano
Sì, certo, ma è solo qui in terra
che io posso imparare
a voler diventare
un libero uomo
capace di fare.
spirale verso l’esterno, per mano, poi cerchio

 

 

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Poesie e filastrocche del mattino

Poesie e filastrocche del mattino, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Alba nel mio giardino
O l’alba luminosa del mio giardino…
il sole brilla, gli uccelli cantano…
io scendo in giardino, e sono felice e contento
quanti fiori odorosi… quanta freschezza!
Che bellezza nel mio giardino…
i meli hanno già le foglie verdi
con dei piccoli fiori bianchi che si aprono.
Il fico alza le foglie larghe nell’aria.
Le acque zampillano da ogni parte.
Le farfalle si posano leggere sui fiori.
Ah! che gioia entrare in quel giardino! (Agur)

Io sono
Io sono
cammino
più forte che posso
io salto, io salto, io salto
e m’arresto.

Io salto sul muro
raggiungo la torre
e suono le campane
che suonano a stormo.
Lontano ed ampio
ampio e alto
ancora più ampio
io sono.

Scuoletta
La scuoletta tutta bella
del paese piccolino
fa suonar la campanella
ch’è al muretto del giardino.
Chiama, squilla, canta, invita!
Non lo vedi che, a star cheta,
la catena è arruginita?
Hedda

Campanella
Cara voce, campanellina
che dormivi dimenticata
finalmente ti sei svegliata
e rallegri la mattina.
Pallido il sole; giù dai rami
qualche foglia lenta vola;
campanellina della scuola
ma tu canti, ma tu chiami.
Scolarine, scolaretti,
già si affrettano ai cancelli
così lieti, così belli:
uno stuolo d’uccelletti.
D. Rebucci

Io vengo dalle stelle
Io vengo dalle stelle
che proteggono i miei pensieri
io vengo dalla terra
che sostiene i miei passi
io offro il mio cuore
al mondo intero.

Cose belle
Nell’aria gli uccellini,
nell’acqua i pesciolini
in terra i frutti e i fiori,
di splendidi colori
in cielo tante stelle,
ah, quante cose belle.

C’è gioia
C’è gioia nell’acqua che scorre
nel vento che corre
nel fuoco che brilla
nel canto che trilla
c’è gioia nel fiore che sboccia
in tutto è la gioia, la vita
che freme infinita
che ride, che chiama
che palpita ed ama.

Nel cielo stellato
Nel cielo stellato,
che guardo ammirato
nel sasso nel fiore,
ti vedo o Signore
nell’essere mio,
ti sento buon Dio
mi accendi nel cuore,
per tutto l’amore.

Ammirare il bello
Ammirare il bello,
difendere la verità
venerare ciò che è nobile,
decidere il bene
ciò conduce l’uomo,
alle mete nella vita
al giusto nelle sue azioni,
alla pace nel suo sentire
alla luce nel suo pensare,
e gli insegna a confidare
nel governo divino
in tutto ciò che è
nell’universo
in fondo all’anima.
(Rudolf Steiner)

Le montagne
Le montagne sono silenziose e immobili.
Nel loro silenzio, nella loro quiete
parlano della tua grandezza
aiutami ad essere quieto e silenzioso
come una montagna
seduto in silenzio
per ascoltare la tua voce.

Il sole
“Dimmi bel sole”
chiede il bambino
“Che fai levandoti presto al mattino?”
Risponde il sole: “Spengo le stelle
che della notte sono fiammelle.
Fasci di rose spargo sul mare
tutta la terra vado a destare.
Bacio coi raggi fiori e uccellini
batto ai balconi
sveglio i bambini”

Del sol l’amata luce
Del sol l’amata luce,
il giorno a me rischiara
dell’anima la forza,
agli arti dà vigore
nello splendor solare,
onoro o Dio la forza
che tu benevolmente,
nell’anima ponesti
che io sia laborioso,
di apprendere desioso
nascon così da te,
la luce ed il vigore
fluisca ognor a te,
riconoscenza e amore.
(Rudolf Steiner)

Sole che porti la notte e il giorno
Sole che porti la notte e il giorno
lieto saluto il tuo ritorno
sotto il tuo raggio crescon le piante
sotto il tuo raggio sbocciano i fiori
tutti vestiti di bei colori
nella tua luce vola l’uccello
pascon sui monti pecora e agnello
l’ape ronzando raccoglie i succhi
per dare il miele a tutti, a tutti
ed io bambino, t’apro il mio cuore
perchè v’accenda luce e calore
come te sole, forte e giocondo
vorrei irradiarli in questo mondo.

Pura
Pura come l’oro più fino
forte come la roccia
limpida come il cristallo
sia l’anima mia.
(Silesio)

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