Acquarello steineriano tutorial : candele

Acquarello steineriano tutorial : candele. Qui propongo tre varianti per dipingere la candela accesa coi bambini.

I quadretti possono essere una bella decorazione della casa, un bel regalo per una persona cara, un meraviglioso biglietto di auguri…

La tecnica dell’acquarello steineriano prevede l’utilizzo del foglio bagnato, e l’uso dei soli colori primari. Una caratteristica di questa tecnica è inoltre quella di lavorare per superfici di colore e non per contorni. Se è la prima volta che vi cimentate, vi consiglio di leggere questa presentazione:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 1

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso vermiglio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col blu oltremare creiamo una base accogliente in basso:

e sfumiamo il colore con pennellate tondeggianti dai margini del foglio verso il centro:

Il rosso si appoggia sulla base blu e sale verso l’alto, verso il punto più chiaro del foglio:

Il giallo porta una bella luce senza toccare il rosso:

Col giallo portare un po’ di raggi di luce nella base, per far crescere i rami di abete:

Laviamo bene il pennello, e con altro giallo limone diffondiamo la luce intorno alla fiamma:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 2

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso vermiglio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col giallo oro creiamo un bello spazio tondeggiante che occupa quasi tutto il foglio, ma lasciando un po’ di posto per gli altri colori che desiderano entrare:

Il primo è il rosso, che abbraccia il giallo senza invaderlo:

Quindi arriva il blu ad avvolgerli entrambi:

dal rosso sale una colonnina:

sulla colonnina si posa un filo di blu:, mentre sotto di essa il blu gli dona una base sicura:

arriva con delicatezza il rosso ad accendere una lucina sul filo e a scaldare piano piano il giallo:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano tutorial : candele
Acquarello steineriano tutorial 3

Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu oltremare, rosso carminio e giallo oro
– un barattolo di acqua
– pennello

Come si fa:

Col blu oltremare creiamo una cornice accogliente intorno al foglio:

In basso, senza toccare il blu, poniamo una bella macchia rossa:

Una seconda macchiolina più piccola e gialla, la guarda dall’alto:

Delicatamente il blu si fa aria ed abbraccia la macchia rossa e la macchiolina gialla:

Poi il blu si fa solido ed unisce come una colonna le due macchie; un po’ di giallo lo aiuta, e la colonna diventa verde:

Riprendiamo il rosso e facciamo crescere la macchia un po’ a destra e un po’ a sinistra. Poi riprendiamo il giallo e facciamo nascere in basso i rami di abete:

Questa è la nostra candela nella mela, asciutta:

Acquarello steineriano natalizio tutorial

Acquarello steineriano natalizio – tutorial passo passo per realizzare un quadretto in tema natalizio, adatto a bambini  a partire dalla classe terza della scuola primaria. Può essere una bella decorazione della casa, un bel regalo per una persona cara, un meraviglioso biglietto di auguri…

La tecnica dell’acquarello steineriano prevede l’utilizzo del foglio bagnato, e l’uso dei soli colori primari. Una caratteristica di questa tecnica è inoltre quella di lavorare per superfici di colore e non per contorni. Se è la prima volta che vi cimentate, vi consiglio di leggere questa presentazione:

Acquarello steineriano natalizio – Materiale occorrente:
– un foglio di carta da acquarello
– una spugna
– acquarello blu di prussia, rosso carminio e giallo limone
– un barattolo di acqua
– pennello

Acquarello steineriano natalizio – Come si fa:

Preparate un bello sfondo col blu di prussia, partendo dai margini del foglio col colore più concentrato, e sfumandolo con pennellate tondeggianti e dolci verso il centro:

col rosso carminio definite la linea che separa cielo e terra (il rosso e il blu, mescolandosi, formeranno un bel viola):

Sfumate il rosso nel blu creando in basso un paesaggio notturno e in alto un bel cielo, seguendo la direzione delle pennellate precedenti:

riprendete il blu di Prussia, e scurite ulteriormente il paesaggio, creando colline, nella valle, con poche pennellate fate sorgere un villaggio visto in lontananza:

Ora lavate bene il pennello, asciugatelo, e schiarite il punto più chiaro del cielo, asportando il colore del foglio. Procedete così più volte: lavate il pennello, asciugatelo, asportate del colore dal foglio, rilavate il pennello, asciugatelo, e togliete altro colore:

con la stessa tecnica schiarite dei raggi che partendo dal punto chiaro che avete creato si diramino in tutte le direzioni:

Sempre asportando il colore, create nel paesaggio una stradina serpeggiante che porti al villaggio:

e delle finestrelle nelle casette. Col blu di prussia, abbozzate delle figure nella stradina che si stanno avviando per via, infine col pennello pulito e pochissimo giallo limone illuminate la stella.
Questa è la pittura bagnata:

E questa la pittura asciutta:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Vetrofania natalizia – SAN NICOLA, con tutorial e cartamodello scaricabile e stampabile in formato pdf. San Nicola si festeggia il 6 dicembre, e per tradizione porta piccole merende e regalini nelle scarpe dei bambini. Qui puoi trovare racconti, canti, informazioni varie, tutorial per realizzare un san Nicola in lana cardata, vetrofanie e molto altro ancora…

Vetrofania natalizia SAN NICOLA
Materiale occorrente:

carta velina rossa e bianca
carta colorata rossa, arancio e gialla
un foglio di carta da lucido trasparente
colla da carta
forbici e taglierino
cartamodello

Cartamodello:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Come si fa:

Fermate sul cartamodello il foglio di carta da lucido:

Ritagliare e incollare sul foglio trasparente la parte in carta rossa:

la parte in carta arancio:

e la parte in carta gialla:

coprire il tutto con un foglio di carta velina rossa, incollare,  e ritagliare le parti bianche, gialle e rosa del cartamodello. Quindi ritagliare le parti del cartamodello nella velina gialla, rosa e bianca e incollare negli spazi ritagliati nella velina rossa:

per scurire il rosso di alcune parti del modello, ritagliare e incollare sulla vetrofania un unlteriore sagoma ritagliata nella forma che serve nel rosso, così:

Questo è il risultato finale:

Vetrofania natalizia SAN NICOLA

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

trasparente 6

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

trasparente nero 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

Io ho preparato prima le lanterne, e poi i tre cerchi concentrici della luce:

poi ho preparato le stelle e la luna:

e infine il cielo, prima con veline ritagliate:

e poi con striscioline strappate:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
modelli

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

nero

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

la procedura più semplice è ricavare per prime la luna e la luce per la lanterna, e le due nuvolette bianche intorno ai due elementi:

quindi incollarle tra loro, e poi nel quadretto:

completando con le veline azzurre e marroni stappate a striscioline irregolari:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

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Acquarello steineriano LA ZUCCA DI HALLOWEEN

Acquarello steineriano LA ZUCCA DI HALLOWEEN Si tratta di un’attività di pittura guidata, accompagnata da un semplice racconto che serve a presentare i colori. E’ un’attività adatta anche ai bambini più piccoli. Se non mostrerete loro esempi, e non direte che dipingeranno proprio una zucca, per loro sarà davvero una sorpresa vederla apparire sul foglio.

Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:

Materiale occorrente:
una bacinella d’acqua e una spugna
pennello
un vaso d’acqua per pulire il pennello ed una spugnetta per asciugarlo
colori ad acquarello giallo oro, rosso vermiglio e blu oltremare

Queste sono le indicazioni da dare ai bambini:

fai un bel punto luminoso al centro del foglio:

e fallo crescere, ma stai attento a lasciargli un po’ di spazio sopra e sotto, per non farlo sentire stretto stretto:

adesso sopra e sotto non più crescere, ma possiamo ingrandirlo ancora un po’ a destra.

e un po’ a sinistra:

Ma che bello questo giallo! Per farlo brillare ancora di più, ora possiamo costruirgli attorno una casetta leggera leggera col blu:

Partiamo dai bordi del foglio e pian piano ci avviciniamo alla luce gialla, ma stiamo molto attenti a non far toccare tra loro i colori:

Dalla sua ciotolina, il rosso vermiglio guarda il foglio e dice alla luce gialla: “Mi piacerebbe venire a scaldarti un po’!”

(ora molti bambini avranno capito che si tratta di una zucca)

Allora il giallo dice: “Caro rosso, ma adesso ho troppo caldo! E poi non mi si vede più! fatemi qualche porticina e qualche finestra!”

L’arancione naturalmente è d’accordo, e lascia al giallo qualche forellino per uscire…

(Mostrate ai bambini come rimuovere l’arancione dalla zucca usando il pennello pulito e asciutto, per disegnare occhi e bocca della zucca di Halloween. L’operazione è molto semplice: usare il pennello pulito e ascuitto per iniziare a rimuovere il colore nella zona scelta,  e lavarlo e asciugarlo ogni volta che occorre per proseguire)

RECITA NATALIZIA musicata

RECITA NATALIZIA musicata con parti cantate e parti per flauto dolce, adatta a bambini della scuola primaria e, solo col canto, anche per la scuola d’infanzia. In uso nella scuola Waldorf, di autore ignoto.

Testo della prima parte cantata:

Sulle stelle sopra il sole
va con passo lieve Maria
prende per il suo piccino
oro puro e calda armonia.
Dalle stelle il coro guarda
la Madonna mentre va,
ciò che essa ha preparato
al divino suo bambin.
Chiama il sole per filare
al suo bimbo un abito d’or
e per lui chiede alla luna
tanta gioia e immenso amor.
La circodan le stelline
come chiara aureola,
l’accompagna per il cielo
finchè a terra lei giungerà.

 

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-1mp3.mp3

Maria: Dopo tanto peregrinare siamo stanchi Giuseppe, mio sposo. Chiediamo a quel casolare un letto per il nostro riposo.

Giuseppe: Quel taverniere conosco bene, senz’altro ci aiuterà. Solleveremo le nostre pene con la sua dolce carità.

Testo della seconda parte cantata:

Giuseppe: Bussa bussa, facci entrar. Taverniere: La casa è piena dovete andar.
Giuseppe: Bussa bussa, non ci lasciar. Taverniere: Nella stalla vi posso ospitar.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-2-mp3.mp3

Taverniere: Nella casa non potete restare, dentro la stalla dovete andare, con il bue e l’asino a riposare.

Testo della terza parte cantata:

Guarda guarda nella stalla
nella greppia c’è un bambino.
Una stella luminosa
illumina il firmamento.
Oh! Dolce tenera notte
portato ha l’angelo un bimbo.
Tutti gli uomini l’adoreranno
gli animali lo rispetteranno
ed i fiori gli si inchineranno,
tutte le pietre umilmente ai suoi piedi,
tutti gli esseri lo serviranno
Cherubini e Serafini.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-3-mp3.mp3

Maria: Un ciuffo di fieno, Giuseppe,  prendiamo, ed al bambino un letto facciamo.

Bue ed asinello: Questo povero bambino sulla greppia tanto dura, riscaldiamo i suoi piedini con il fiato addirittura. Ih oh, ih oh. Muh, muh.

Testo della quarta parte cantata:

Tre angeli vengon volando
il primo porge una fiamma
tre angeli vengon cantando
s’inchina un altro alla mamma
tre angeli vengon cantando
il terzo suona la nanna
e canta tutti Osanna in cor.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-cantata-4-mp3.mp3

Attivano i pastori, e girano in cerchio introno al presepe suonando il flauto 

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-5-mp3.mp3

Primo pastore: Brr, l’aria è gelata, questa pelliccia prendi.

Secondo pastore: Fratello, le pecore stringi, stiamo all’erta in questa nottata.

Testo della quinta parte cantata:
Corri agnellin
sul monte vicin
su presto presto
corri agnellin.
Suona agnellin
col tuo campanellin
e suona suona suona agnellin.
Dormi agnellin
così piccolin
su dormi dormi
ti siamo vicin.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-5-b-mp3.mp3

Pastore: Vieni agnellino, vieni mio bello, caldo avrò col tuo morbido vello

Testo della sesta parte cantata:

Un angel venuto ai pastori annunciò
correte al bambino che di notte arrivò.
Là nel freddo casolar
dal bove e l’asinel
egli si fa scaldar.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-6-mp3.mp3

Parlano i pastori:
Ehi, Tonio, hai sento l’angel che dal cielo è venuto?
Da lui abbiamo saputo che a Betlemme dobbiamo andare
il nuovo nato ad adorare.

I pastori suonano il flauto mentre si incamminano verso la stalla:

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-7-mp3.mp3

Primo pastore: Maria, in dono questa lana prendi e per il tuo bimbo nelle greppia la stendi.

Secondo pastore: Dalla mia mucca ho ricevuto or del latte per te, mio Salvator.

Agnellino: Con la lana del mio vello riscalderò il tuo bambinello.

Maria: Per i doni ricevuti da voi questa sera, Giuseppe ed io ci uniremo in preghiera.

https://www.lapappadolce.net/wp-content/uploads/2023/03/Recita-natalizia-musicata-8-mp3.mp3

Recita natalizia IL PASTORELLO

Recita natalizia IL PASTORELLO per bambini della scuola primaria. Testo in rima, in uso nelle scuole steineriane, di  autore ignoto.

Personaggi:
Maria
Giuseppe
primo bambino
secondo bambino
terzo bambino
coro di bambini
pastorello
primo pastore
secondo pastore
terzo pastore
coro di pastori
un angelo
re magi
narratore

Maria (entra sorridendo):
Ecco fatto:
accudito è l’asinello
con le pecore e l’agnello
l’orto è stato ben curato
ed il pranzo preparato.
Or mi posso riposare
e quest’aria respirare
dove splende il caro sole
che rallegra tutti in cuore.
Cantan lieti gli uccellini
dolci lodi sì piccini
al buon Dio loro createre
e con loro voglio gioire
ringraziare il buon Signore
dei suoi doni a non finire.

Primo bambino (entra e si rivolge agli altri bambini, ancora dietro le quinte):
Su guardate, c’è Maria,
ma sbrigatevi suvvia
la dobbiamo salutare
e con lei possiam giocare.

Maria (rivolgendosi al gruppo di bambini che entra in scena):
O piccini, su venite
e con me lieti gioite
di quest’aria sì serena
che cancella ogni pena.

Coro di bambini
Salve, dolce e bella Maria,
gioca un po’ con noi, suvvia

Maria
Su prendiamoci per mano
e un girotondo cominciamo.

Pendendosi le mani, Maria e i bambini fanno un girotondo cantando:
Girotondo girotondo
com’è bello questo mondo,
gli facciamo un bell’inchino
e poi alziamoci pianino
ci stringiamo sul suo cuore
poi ci apriamo come un fiore.
Innalziam le mani al sole
che scaldarci sempre vuole
e abbracciamo bene il mondo
tutto quanto tondo tondo.
Salutiamo poi ogni cosa
che la vita fa gioiosa.
Riprendiamoci la mano
stanchi a terra ci sediamo.

Pastorello (entra, camminando lento e triste con una gamba dura)

Maria
Ma chi è mai questo bambino
che cammina a capo chino
ed avanza triste e solo
procurandomi gran duolo?

Secondo bambino
Lascia perdere, è lo storpio
tanto lui non può giocare.

Terzo bambino
Ma non vedi che è uno sgorbio?
Non può correr nè saltare.

Maria (alzandosi)
Ma che dite? Che parole
mai pronuncia il vostro cuore?
(al pastorello)
Caro bimbo, mio piccino,
vieni qui a noi vicino
perchè solo te ne vai
ed insieme a noi non stai?

Pastorello (dolce e triste)
Io non posso mai giocare
devo andare a lavorare:
son pastore e sono zoppo
qui da voi sarei di troppo.

Maria
Caro mio bel pastorello
guarda il cielo com’è bello
tu ben lieto devi stare
per le pecore guardare,
così tenere e mansuete
offron tanta pace e quiete.

Pastorello
Ven ben che splende il sole
e per lui è tutto il mio cuore
e son lieto di guardare
le mie pecore brucare,
ma fatica la mia gamba
e da soli ci si stanca:
son sì brutto che nessuno
mi vuol bene e con me sta.

Maria
Cosa dici? Lassù uno
il suo cuore a tutti dà.
Guarda questo fiorellino
non ti sembra sì piccino?
Eppur Dio l’ha sì adornato
che rallegra tutto il prato.
Sii ben certo che anche tu
sei amato da lassù.
Lieto l’animo apri al mondo
e lui saprà farti giocondo,
perchè ognuno ha sue qualità
sian le tue dolcezza e bontà.
Io ti dono questo fiore
che saprà scaldarti il cuore
e voi bimbi ora andate
e il pastore accompagnate.

Bambini (si alzano e prendono il pastorello per mano)
Certo Maria, come vuoi tu,
non resterà solo mai più.

Pastorello
Grazie, non so che altro dire
per il tuo dolce cuor riverire.

Maria
Solo in un modo mi puoi ringraziare
loda il Signore e non fare mai male.
Ora vai, bimbo, felice al lavoro
e sii nell’anima assai fiducioso
perchè in terra non s’è mai vista
cosa gioiosa o che sembri trista
che non risponda alle leggi d’amore
del nostro sommo divino Signore.

I bambini escono e Maria resta in piedi al centro della scena. Entra l’angelo con un giglio bianco in mano, e si inginocchia davanti a lei.
Angelo
O piena di grazie, a te m’inchino

Maria
Chi mai spendente più chiaro
fino ai piedi si china
di un’umile fanciulla?

Angelo
E’ il messaggero di Dio, Gabriele,
che porta a te l’annuncio che in culla
presto un bimbo avvolgerai in tele.

Maria (si inginocchia umilmente)
Sono io che davanti a te mi inginocchio
e a terra volgo l’indegno mio occhio
ma perdona il mio ardire se chiedo
come un figlio può avere
chi marito non tiene?

Angelo
Tu concepirai da Dio l’unico suo figlio
dall’anima più pura di un candido giglio
(offre a Maria il fiore)
di voi tutti redentore
sarà il re dell’amore
e si chiede di lassù
che il suo nome sia Gesù.

Maria
Umile ancella mi piego al volere
di chi dal sommo del suo potere
ha donato a sì piccola serva l’onore
di portare in grembo sì nobile fiore.

(Escono di scena, ed entrano i bambini col pastorello)

Primo bambino
Orsù giochiamo in questo bel prato
e tu non startene lì imbronciato.

Pastorello
Ma io con voi non posso giocare
qui in disparte lasciatemi stare.

Primo bambino
Ma no, troviamo qualcosa che puoi
fare anche tu insieme con noi.

Secondo bambino
Dicci un po’: che cosa sai fare?

Pastorello
Beh, il mio flauto so ben suonare.

Terzo bambino
E allora che aspetti ad intonare
una melodia per farci cantare?

(Il pastorello suona e i bambini cantano)

Primo bambino
Ma sei ben bravo, bravo davvero
lo devo dire, sono sincero.

Secondo bambino
Fa le tue mani e le tue labbra
ciò che non riesce a far la tua gamba.

Pastorello
Sì, questo è vero, ma come vorrei
corre con voi, amici miei.

Terzo bambino
Ma troveremo mille maniere
per giocare sempre tutti insieme.

Coro di bambini
Or ti aiutiamo le pecore a chiamare
così alle stalle le puoi riportare.

(Escono di scena, mentre sullo sfondo entrano Giuseppe e Maria)

Maria
Caro Giuseppe, sento che è il tempo
che ora si schiuda il mio grembo
e mostri sl mondo il frutto soave
donato dal cielo a domare ogni male.

Giuseppe
Sei sicura Maria che sia proprio l’ora?
Un riparo per la notte non abbiamo ancora…

Maria
Son certa, Giuseppe, freme la vita
che se ne stava prima sopita.

Giuseppe
Lì poco più avanti mi pare una grotta
darà a noi riparo ora che annotta.

Maria
Stammi vicino, marito caro,
ora che il bimbo divino verrà
trema il mio cuore davanti al sovrano
che le mie umili braccia terran.
Come potrò esser mai degna
di far da madre a chi in cielo regna?

Giuseppe
Dolce Maria, non aver paura.
l’anima tua è limpida e pura;
abbi fiducia nel nostro Signore
che al ventre tuo donò il salvatore.

Maria
Preghiamo insieme perchè dall’alto
scenda su noi fede e coraggio.

Maria e Giuseppe (si inginocchiano)
Sudditi noi c’inchiniamo obbedienti
che tu c’invii gioie oppur stenti
sia fatta comunque la tua volontà
che muove sempre da immensa bontà.

Si alzano ed entrano nella grotta (dei teli in un angolo che si richiudono su di loro). Dei pastori stanno seduti al centro della scena, e accendono un fuoco. Il pastorello sta sa un lato.

Pastorello
Che strana notte, strana davvero,
nell’aria si sente pungere il gelo
eppure dolce scende un tepore
che dona al sangue nuovo vigore
e nella pace di questo momento
sembra che tutto sia in pieno fermento.

Primo pastore (arrogante)
Ehi, tu, pastorello,
smetti di sognare
non startene bel bello
datti un po’ da fare:
porta un po’ di legna
che il fuoco non si spenga
cerca almeno di far presto
la tua gamba muovi lesto!

Compare in cielo la cometa, mentre il pastorello si alza.
Pastorello
Ma cosa succede, guardate lassù
che splendida stella squarcia il cielo blu!

Secondo pastore (spaventato)
Il ragazzo ha ragione, che mai sarà?
La fine del mondo presto verrà!

Coro di pastori (terrorizzati)
Su presto, di corsa, fuggiamo, fuggiamo,
il più possibile lontano andiamo!

Pastorello
Ma dove andate? Allor non udite?
Il canto sublime voi non sentite?

Terzo pastore
Saranno i diavoli che vengono in branchi
via, prima che tutta la terra si squarci!

Pastorello
Ma insomma, che cosa mai temete,
non sentite com’è dolce questa quiete?
Se qualcuno dovesse mai apparire
sarà un angelo splendido oltre ogni dire.

Angelo
Bene hai parlato, fanciullo caro,
il tuo cuore vede assai chiaro,
é questa una notte davvero speciale
che fa dileguare le tenebre e il male.
A voi  pastori voglio annunciare
la nascita in terra del vostro messia
correte in fretta ad adorare
il bimbo Gesù nato a Maria.

Narratore
Nell’auro ricamo di stelle
un cielo di mille fiammelle
è apparsa la luce d’oriente
che annuncia del bimbo incantato
l’arrivo nel mondo stregato.

Intanto i pastori sono usciti seguendo l’angelo. Resta in scena il pastorello.
Pastorello
Ecco, l’angelo d’oro è sparito
e i pastori gli hanno obbedito:
sono corsi a riverire
il bambino e in lui gioire.
Ma come posso fare io
con lo zoppicare mio
da Maria ad arrivare
e suo figlio anch’io osannare?
Lento e storto io cammino
troppo tardi arriverò
e così io mai, tapino,
il piccino adorerò.
(Cammina lentamente)
Lungo e duro è il sentire
non ce la farò davvero.
Ma un modo ci sarà
perchè giunga anch’io fin là!
(Appare l’angelo alle sue spalle. Al un certo punto il pastorello si ferma.)
Certo è vero, un modo c’è
perchè anch’io lodi il mio re:
se le gambe mie van zoppe
non del flauto le sue note
danzeranno lor nel vento
a festeggiare il lieto evento
e alle orecchie di Maria
porteran la mia poesia.
(Prende il flauto e suona. Si illumina la stalla ancora chiusa.)
Ma che succede, vedo un chiarore
che accende il me un nuovo ardore
odo una voce che forte mi chiama
sono sicuro, è qualcuno che mi ama!

Angelo (mostrandosi)
Certo, hai ragione, tenero bimbo,
ora hai finito di viver nel limbo
riconosciuta hai la voce d’amore
che parla a chi ode il canto del cuore.
Corri, che aspetti, non puoi più tardare,
dal tuo signore ti vuoi inginocchiare?

Pastorello
Come vorrei poter volare
ed al mio re tutto donare,
ma non ho altro che un piede storto
che ne farà mai di un povero storpio?

Angelo
Abbi fiducia, mio pastorello,
non potrai fargli dono più bello
della tua anima limpida e chiara
che il signore così tanto ama.

L’angelo lo spinge dolcemente, e intanto si aprono i teli della grotta e la scena illumina la sacra famiglia con i Re e i pastori in adorazione.

Pastorello
Ma che succede? Che cosa mi accade?
Quasi mi sembra di poter volare!
(Riesce a camminare bene e veloce).
Ecco li vedo, splendon di sole
ed è sì piccino il mio signore.
Nato in un’umile e fredda stalla
è lì deposto tra povera paglia.

Narratore
Osanna dal fondo dei cuori
di bimbi di re e di pastori
che giungono qui a riverire
tra la paglia di un caldo fienile
il balsamo di tutti i mali
donato dal cielo agli umani.

Pastorello
Tutti si chinano innanzi a loro
pastori e re con le corone d’oro.
Sol presuntuoso un pastorello
se ne sta ritto come alberello?

Angelo (spingendolo dolcemente verso terra)
Su, piega il ginocchio dinnanzi al re
che è sceso qui in terra anche per te.

Pastorello (inginocchiandosi)
Ma mi posso inginocchiare!

Angelo
Vedi come ti sorride
è contento il buon Gesù;
ora cosa gli vuoi offrire
fagli un dono pure tu

Pastorello
Al suo sguardo pien d’amore
il mio corpo è un tremore
ma di gioia e libertà
chiedo sol la sua maestà.
Da donare ho sol me stesso
e mi offro tutto adesso
d’ora in poi lui soltanto
sarà re di me piccino
e protetto dal suo manto
sarà dritto il mio cammino:
il vero sempre seguirò
e della vita sol gioirò.
Solo questo ho da donare
che mi diede un dì tua madre
(tira fuori il fiorellino)
Sempre splende di sua vita
la corolla colorita.
(posa il fiorellino davanti a Gesù bambino).

Maria
Gioisce il mio figliolo
ti ringrazia del tuo dono
ma tutti i giorni gli hai donato
ciò che hai fatto di tua vita
e la voce del tuo flauto
fino in cielo si è sentita.

Angelo
Ognuno offre quello che ha:
pace in terra, gioia in cielo
che dischiude il suo velo
a chi ha buona volontà.

Narratore
Avvolto da cori celesti
coperto di umili vesti
è apparso nel mondo un piccino
che cela un mistero divino:
del sole lui reca la luce
e il calore che al vero conduce.
Esulta gioioso ogni cuore
è nato il re dell’amore.

(Recita in uso nelle scuole steineriane, autore ignoto).

Racconto per introdurre la geografia La casa giusta

Racconto per introdurre la geografia La casa giusta – Elaborato a partire da una traccia in uso nella scuola steineriana, questo racconto è un piccolo viaggio attraverso i climi e le abitazioni tradizionali di alcuni popoli della terra. Se proposto a blocchi, un po’ al giorno, si può esercitare il disegno copiato dalla lavagna e la scrittura; consigliate anche le cornicette… Ho inserito nel testo degli esempi. Se disegnate per i bambini alla lavagna partite creando un bello sfondo (sole, aria, prato…), poi passate alla cornicetta, e quindi al disegno, cercando di evitare prospettive troppo complicate per loro e troppi particolari che renderebbero noioso guardarvi. Non importa tanto il prodotto finito, quanto il processo.

C’erano una volta, tanto tempo fa, due fratellini, un bambino e una bambina, che abitavo su su in alto, nel cielo. Lassù c’era sempre qualche gioco nuovo da fare: saltare sulle nuvole bianche e gonfie come la panna montata, scivolare sul dorso della luna, fare le pernacchie ai raggi del sole, sedersi sulle stelle e giocare a nascondino…

Un giorno, il tempo era passato e loro erano un po’ cresciuti, il loro sguardo andò a posarsi sulla terra: com’era piccola rispetto a tutto il cielo, e com’era buia rispetto alle stelle, e com’era chiassosa rispetto alla luna silenziosa, e com’era fredda rispetto al sole! Ma com’era bello guardare i suoi alberi, i fiori che sbucavano dalla scura terra,  gli animali che correvano, i fiumi  e i monti, le montagne imponenti, e gli uomini, poi, che si muovevano, parlavano, ridevano… Da quando avevano scoperto la terra, i due bambini rimanevano ore ed ore a guardarla, seduti su una nuvola, e non avevano più voglia di giocare con la luna e con le stelle. Solo quando sulla terra gli uomini interrompevano le loro varie occupazioni e andavano a dormire, i bambini tornavano ai loro giochi.

Guardando e riguardando la terra, i bambini cominciarono a desiderare di scendere laggiù, ma avevano molta paura a fare un viaggio del genere da soli. Una volta arrivati, come sarebbero stati accolti? Qualcuno avrebbe avuto cura di loro? Com’erano gli uomini, buoni o cattivi? A vederli da lassù, sembravano certamente buoni, ma era proprio così? Presi da tanti dubbi, e divisi a metà tra cielo e terra, i due bambini cominciavano a sentirsi tristi.

Le stelle del cielo se ne accorsero e dissero: “Non abbiate paura… anche se scenderete sulla terra noi resteremo con voi, e potrete sempre vederci anche da laggiù”.
I due bambini, a questo punto, erano determinati a partire, ma prima di farlo decisero che era meglio chiedere un consiglio al grande mago che muoveva i venti e le correnti, faceva nascere le tempeste, scatenava i fulmini, faceva rimbombare i tuoni e  radunava tutte le nuvole trasformandole in animali dei più vari, come elefanti leoni aquile tori o pesci…

“Di cosa avremo bisogno una volta scesi sulla terra?”, gli chiesero.
“Oh, beh, di una cosa avrete bisogno di certo” rispose il mago, “Una volta sulla terra, il cielo ce lo avrete sulla testa, e le nuvole rovesciano acqua, il sole brucia e la luna è fredda… vi occorrerà un riparo dal freddo e dal caldo, dalla pioggia e dal vento, dalla grandine e dalla neve…”
“Una casa?” chiesero i bambini, “ma noi non sappiamo nulla di case…”

“Voglio aiutarvi!” , rispose il mago dopo aver riflettuto un istante, perchè quei due bambini gli erano proprio simpatici, “Venite giù con me! Io vi darò una casa sulla terra. Come la volete? Triste o allegra? Fredda o calda? Chiusa o aperta?”
“Bella!” risposero in coro i bambini.
“Bene”, disse il mago, “Venite allora sotto il mio mantello, e tenetevi forte!”

I due bambini si attaccarono stretti alle gambe del mago, sotto il suo mantello, e volarono giù tra le grida di meraviglia degli uccelli…

Volando, erano passati vicino al sole, che li aveva quasi scottati; allora il mago li portò subito nella zona più fredda che si possa trovare sulla terra. Lì atterrò, e  i bambini uscirono da sotto il suo mantello e si guardarono attorno; erano arrivati al Polo Nord, dove la terra non germoglia  e non fiorisce: vento gelido e lastre di ghiaccio  luccicante dappertutto, e un gran silenzio, interrotto soltanto dallo scricchiolare del ghiaccio, dal grido di grandi uccelli bianchi e dal verso delle foche e degli orsi. Gli uomini che vivono in questa terra sono pochi.

Il mago disse: “Ah, che bel frescuccio da queste parti, eh! Proprio quello che ci voleva! Ed ora, vediamo un po’ in che casa potreste abitare…”

Il mago fece un cenno verso qualcosa che sporgeva dalla neve, a forma di cupola, e tutti e tre si avviarono da quella parte. Seminterrata nella neve, c’era una casetta rotonda, tutta ricoperta di ghiaccio, senza porte nè finestre: l’igloo. Il mago e i due bambini entrarono, abbassando la testa, in un tunnel di ghiaccio che era accanto alla casa. Percorrendo il tunnel videro numerosi cani sdraiati e mezzo addormentati. Il tunnel finì ed essi sbucarono all’interno della casa. Lì dentro non faceva più così freddo, ma c’era un fortissimo odore di grasso e di pesce.  Tutta la casa era ricoperta di pelli, muschi e licheni.I due bambini esclamarono: “Oh, che bella questa casa!”.

Lì dentro ci si sentiva proprio bene e la cupola che faceva da tetto somigliava al cielo. Gli uomini che entravano nella casa si toglievano i grossi guanti e i giacconi foderati di pelliccia, e sorridevano. I loro occhi erano di forma allungata, avevano zigomi pronunciati e la pelle del viso spalmata di grasso. Il mago salutò i due bambini, e scomparve.

Fu un grande divertimento per loro vivere in una casa di ghiaccio. Parte del giorno la trascorrevano all’aperto giocando con le foche e coi cani, poi rientravano nell’igloo e si sdraiavano  tra le pelli di foca, addormentandosi. Se capitava che si svegliassero durante la notte, vedevano sempre la stessa pallida luce solare, che ininterrottamente, per tutte le 24 ore di ogni giornata, era sempre la stessa: il giorno non finiva mai.
Ma il tempo passò e il sole invece di esserci sempre, tramontò e l’alba non arrivava. Allora cominciarono a sentire davvero freddo! Il vento del nord cominciò a soffiare, arrivarono le tempeste di neve, le onde dell’oceano si impennarono come cavalli selvaggi. Tutti gli uomini si rintanarono negli igloo, e chiusero i cani al sicuro nel tunnel. Il maltempo durò molti, molti giorni, e la luce del sole non ricomparve: un’eterna notte si era distesa su quella strana terra  e le ore passavano sempre uguali. I due bambini avevano freddo e cominciarono ad annoiarsi. Nell’igloo c’era ben poco da fare, e non si poteva neanche star dietro a una finestra a guardare il cielo nero, la furia dell’oceano o la terra battuta dal vento. Quella casa ora sembrava loro una prigione di gelo.
“Che noia!” disse la bambina,  “potessimo chiamare in nostro amico mago…”.
“Lui ci aiuterebbe!”, rispose il bambino.

E non avevano finito di scambiarsi queste parole, che il mago apparve davanti a loro: “Cosa volete? Non siete soddisfatti della vostra casa?”
“No!” rispose il bambino, “Abbiamo freddo e qui è sempre notte! Ci annoiamo!”
“Questa terra non è adatta a noi”, continuò la bambina, “e poi… la casa non ha nemmeno una finestra per guardar fuori e vedere le stelle…”
“Bene,” disse il Mago, “allora lasciamo questo posto! Venite sotto il mio mantello!”
“Dove ci porterai?”
“Dove regna il sole, venite!”
I due bambini non si fecero certo pregare, e si infilarono zitti zitti sotto il grande mantello. Il mago uscì dall’igloo e si alzò in volo, incurante della bufera.

Viaggiarono per molto, molto tempo e, mentre volavano, l’aria di faceva sempre più calda, finchè i due bambini cominciarono a sudare sotto il mantello del mago. Per fortuna erano arrivati!
“Eccoci a terra” disse il mago.

I due bambini uscirono da sotto il mantello e si guardarono intorno meravigliati. Erano atterrati in un posto che era in tutto e per tutto l’opposto del primo: si trovavano nell’emisfero sud! Qui la pioggia poteva cadere torrenziale per giorni e giorni, il sole era splendente, e l’aria umida e calda faceva nascere dalla terra ogni genere di pianta e alberi altissimi, col tronco liscio liscio e la chioma rigogliosa molto sopra. Al polo i colori erano bianco, grigio e azzurro pallido; qui era il regno del verde e del giallo in tutte le loro possibili gradazioni e sfumature. Tanto era ricca la vegetazione, altrettanto ricca era la varietà di animali: leoni, leopardi, pantere, iene, gazzelle, antilopi, giraffe, zebre, elefanti, scimmie, uccelli d’ogni genere. Gli uomini, a differenza degli abitanti del nord, avevano la pelle scura.

“Ah, che bel calduccio fa da queste parti, vero?” disse il mago, soddisfatto, “Credo proprio che ora sarete contenti… ieri al polo e oggi qui! Adesso non ci resta che andare a cercare la vostra casa!”.
Seguito dai due bambini, il mago si inoltrò nel folto della foresta. Camminare era molto difficile, ma con un mago al proprio fianco non c’era nulla da temere, e alla fine si ritrovarono in una piccola radura circondata da alberi altissimi.

“Ecco la vostra casa!” disse il mago, indicando una costruzione rotonda come un igloo, ma tutta verde e leggera. Era una capanna fatta di rami d’albero sottili e flessibili, legati gli uni agli altri con delle liane. Al centro, un’apertura tra i tronchi indicava l’entrata. I bambini erano felici: quella sì che era una bella casa! Entrarono: il sole filtrava tra le fessure delle pareti, e l’aria profumata della foresta penetrava ovunque.
“Ah, qui staremo proprio bene!” dissero, ” e stanotte finalmente riusciremo a rivedere le stelle!”.
“Sono contento che vi piaccia” disse il mago, e scomparve.

Fu così che i due bambini si ritrovarono a vivere le loro meravigliose avventure nella foresta. Il più divertente dei giochi era lanciarsi la frutta addosso, loro e le scimmie. Ma era bello anche seguire il corso del fiume, naturalmente stando molto attenti ai coccodrilli… e ai leoni!

Eppure i bambini non erano del tutto felici, e continuavano a sentire la stessa nostalgia che avevano provato prima di scendere sulla terra.
“Se almeno non vedessimo tutto quel buio là fuori! Se la casa fosse più… più protetta, più chiusa…”, dicevano.
E la sera anche le stelle sembravano così lontane.
Passò del tempo, e anche il caldo si fece insopportabile: un’aria umida e appiccicosa saliva dalla terra, arrivò un vento caldo e gli animali si nascosero nella foresta. Gli uomini si ritirarono nelle loro capanne, chiudendosi dentro con tronchi e pelli. Cadde su tutto un cupo silenzio, una calma irreale e minacciosa si stese su uomini, alberi, animali. Il sole scomparve e si scatenò una terribile tempesta; l’acqua scendeva violentissima dal cielo e ai due bambini sembrava di essere su di una barchetta leggera in balia di un mare tempestoso.
“Oh, se almeno non fossimo soli, se ci fosse il mago qui con noi!” dissero.
“Mi avete chiamato?” disse il mago, apparendo improvvisamente davanti a loro. “Non siete più contenti neanche di questa casa?” Eppure, vi piaceva tanto…”
“Oh, sì, è bella… ma non è sicura! Noi vorremmo una casa solida che sappia resistere al vento e alla pioggia; che ci faccia sentire protetti…”

“Ho capito. Ed ora so quello che ci vuole per voi. Ritornate in fretta sotto il mantello, e partiamo!”
I bambini non se lo fecero certo ripetere, si aggrapparono alle gambe del mago, e volarono via.

Viaggiarono a lungo, verso ovest, sorvolando l’oceano immenso, finchè per la terza volta si ritrovarono a terra. Erano in un paese vasto e aperto come il respiro di un gigante: l’America! Da una parte si stendevano verdi praterie sterminate, solcate da fiumi e interrotte qua e là da grandi pinete; dall’altra una catena di monti rocciosi si elevavano in picchi frastagliati verso il cielo. In quel momento il sole stava tramontando e tutto era tinto di arancione e rosso. Quanta luce!

“Venite!” disse il mago “Vi aspetta la casa dei vostri sogni!”
E li portò su un picco roccioso, sovrastato da uno strano spettacolo: scavate nella roccia viva, una accanto all’altra e una sopra l’altra, c’erano case di pietra.
“Questa sì che è una casa!” esclamarono i bambini, “Qui dentro non ci bagneremo, nè vedremo lampi paurosi!”
“E da queste finestre potremo anche guardare le stelle.” disse la bambina.
E il bambino aggiunse: “Sembra una fortezza! E possiamo giocare ai soldati!”
“Bene!” disse allora il mago, “Sono proprio felice di avervi accontentati…”
E sparì.

I due bambini cominciarono una nuova vita. Intorno a loro vivevano uomini forti e coraggiosi, alti e dalla pelle del colore del tramonto, con lunghi capelli lisci e neri, spesso adornati di piume. Questi uomini maneggiavano armi e attrezzi, e avevano costruito loro quelle case, scavandole nella roccia, e le avevamo chiamate “pueblo”. Erano un popolo saggio e generoso, ma anche bellicoso. Coltivavano le praterie e vivevano dei prodotti della terra e di caccia. Il bambino li seguiva spesso nel loro vagabondare e aveva imparato ad andare a cavallo e rincorrere immense mandrie di bufali e bisonti selvaggi; alci, salmoni e castori erano altri animali che si incontravano facilmente in quella zona. La bambina, invece, restava al villaggio con le donne, e con loro lavorava a fare cesti e ritagliare le pelli dei bisonti per fare coperte e vestiti.
A lungo andare la bambina si stancò di vivere così.

“Le finestre qui sono buchi, vanno bene per lanciare frecce contro i nemici, ma non per ammirare il mondo!” disse un giorno.
“E se anche fosse?” rispose il bambino, “a me piace sentirmi al sicuro quando arriva il nemico!”
“Ma non si può vivere sempre con l’idea di doversi difendere! Io vorrei una casa delicata, dolce, con una bella finestra da cui guardare i fiori del giardino, un terrazzo…Vorrei vicini gentili che ti sorridono quando ti vedono…”
“Tutte cose da femmina!” disse il bambino facendo una smorfia.
“Proprio così! Questa è una casa per maschi! Un buco nella roccia per giocare alla guerra!”
I due bambini cominciarono a litigare, finchè la bambina afferrò il bambino per i capelli gridando: “Vuoi la guerra? Eccotela!”
E cominciarono a darsele di santa ragione.
“Ah, così proprio non va!” dissero in coro le stelle del cielo, “Mago, corri dai bambini!”
Ed il mago apparve tuonando: “Cosa state combinando?”
“Niente…” dissero i bambini.
“No, no! Questo posto proprio non va bene per voi! Vi porterò nel paese della grazia e della delicatezza, e lì sicuramente starete bene…”

I bambini si nascosero sotto il mantello del mago e volarono via dal selvaggio ovest.
Viaggiarono a lungo verso est, sorvolando mari e terre, poi il mago cominciò a volare più basso e i bambini videro sotto di loro tantissima acqua, l’oceano, e in mezzo all’acqua una grande terra che si stendeva meravigliosa, ricca di verde e di montagne ricoperte di neve, e di alti monti con la cima simile ad una bocca spalancata, i vulcani. Videro sciogliersi le nevi in cascate pittoresche e laghi da sogno circondati da boschi di aceri, betulle, castagni, magnolie e salici… Quella terra era molto popolata: videro città e paesi, uomini donne e bambini.

Il mago atterrò, e i bambini con lui.
Che meraviglia! Conifere di ogni specie si alternavano a magnolie, camelie, orchidee, glicini, bambù… un dolce lago azzurro, solcato da silenziose imbarcazioni, era immerso nel verde, e il verde vi si rifletteva dentro. Sulla sponda del lago, tra delicati alberelli nani, sorgeva la più deliziosa casa che i bambini avessero mai visto: col tetto a forma di pagoda, aveva le pareti di legno leggerissimo e di carta, in cui s’aprivano grandi finestre. All’interno della casa ogni cosa era delicata e leggera: c’erano piccolissimi mobili di legno laccato, tavolini bassi bassi, composizioni di fiori variopinti insieme a rami di bambù e foglie, pareti scorrevoli di carta e legno al posto delle porte. La bambina era estasiata, mentre il bambino si guardava attorno curioso. Gli uomini che le avevano costruite erano a prima vista gentili e delicati proprio come le loro case: piccoli di statura, occhi e capelli scuri, la loro legge era la cortesia.

“Qui di certo non vi verrà voglia di prendervi per i capelli” disse il mago, e come al solito scomparve.
I due bambini non osarono nemmeno salutarlo, perchè sembrava che ogni voce fosse troppo forte in quel dolce paese…
Così cominciò la loro vita nell’est, nel paese del Sol Levante.
In questa terra l’attività più strana per i bambini era prendere il tè: solo per prepararlo ci si metteva una gran quantità di tempo, poi lo si versava in delicatissime tazzine di porcellana e lo si beveva con grande serietà. Con la stessa cura dei gesti si svolgevano quasi tutti i lavori, anche coltivare il riso, l’alimento principale di quel popolo. E la stessa cura veniva messa in tutte le arti: la lavorazione della carta e del legno, l’arte della seta, la calligrafia, la ceramica, la danza, la musica e il teatro.

Un giorno i bambini andarono ad assistere ad uno spettacolo e per la prima volta videro rappresentata la lotta tra due samurai. Gli attori erano coperti dalla testa ai piedi e portavano spada ed elmo: avevano un aspetto davvero feroce. Dopo qualche minuto di calma assoluta in cui i due guerrieri erano rimasti uno di fronte all’altro immobili come statue, si sentì un fortissimo grido e cominciò la lotta: non c’era traccia di cortesia e delicatezza!
I bambini naturalmente furono molto impressionati, e tornati a casa il bambino disse: “In questo paese tutto è bello e sembra fatto di porcellana; a volte ho perfino paura a camminare perchè temo di poter rompere qualcosa o di dare fastidio…ma c’è anche qualcosa di violento e terribile… oggi quei due samurai mi hanno proprio fatto paura!”

La bambina non disse nulla.
D’improvviso la terra cominciò a tremare, sembrava stesse spaccandosi in due, ci fu un terribile rombo, e la casa si piegò e finì col disfarsi, proprio come un castello di carte. Per fortuna, essendo così leggera, non fece loro alcun male.

“Ho paura!” dicevano i bambini, “Vieni qui da noi, mago!”
E il mago comparve.
“Presto, sotto il mantello! Scappiamo!”
Si alzarono in volo e la terra divenne un’altra volta piccola piccola e lontana, in mezzo al mare…

Dopo un po’ che volavano, il mago si fermò. I due bambini sbirciarono da sotto il mantello per vedere dove erano capitati questa volta… ma si accorsero di essere ancora in alto nel cielo. Il mago era molto pensieroso.
“Caro mago, cos’hai?” chiesero.

“Vi ho portati in giro per il mondo: dalle nevi del nord, alle zone tropicali del sud, dalle vaste praterie dell’ovest, fino alle belle terre dell’est. In tutti questi posti avete conosciuto gioia, sorpresa, felicità, meraviglia, ma anche tristezza, noia, paura. Soprattutto, la vostra nostalgia non vi ha mai lasciati, in nessuno di questi luoghi. Avete abitato in case di ghiaccio, di piante, di roccia, di carta, ma niente è stato adatto a voi. Non avete ancora trovato la vostra terra, la vostra casa…”
“Non ti scoraggiare, caro mago” dissero i bambini.

“Non ti scoraggiare, caro mago” ripeterono in coro le stelle, “Tu li hai portati dal cielo alla terra, ma la casa giusta per loro può trovarla soltanto la grande maga misteriosa… portali da lei”.
Il mago accettò il consiglio delle stelle, prese i bambini sotto il mantello e insieme volarono incontro alla terra, allontanandosi dalle nuvole e via via immergendosi nel verde e nell’azzurro, finchè arrivarono davanti alla grande maga misteriosa.

Il mago baciò i bambini, li salutò e scomparve.
“Perchè siete venuti da me?” chiese la maga.
“Per avere la casa sulla terra giusta per noi. Il mago non è riuscita a trovarla…” dissero i bambini.

“Certo cari bambini, la casa giusta per voi è dove c’è chi vi sta aspettando, il vostro papà e la vostra mamma. Loro, sapete, stanno preparando per voi due casette, non una soltanto! Una casetta è piccola piccola, che ci sta dentro giusto il cuore, e l’altra è grande grande. Vedete: ogni luogo della terra è meraviglioso, come è meraviglioso ogni popolo della terra ed ogni uomo, e ogni casa è la casa migliore che per quel luogo possa esistere.   Ma casa è dove ci sono la mamma e il papà, e i vostri non erano in nessuno dei luoghi dove il mago vi ha portati, per questo non vi ci siete trovate bene…”
“E dove sono, dove sono?”, chiesero i bambini.

“Oh”, disse la maga, “vivono in un luogo della terra non troppo a nord, nè troppo a sud; non troppo ad ovest nè troppo ad est; lì non fa troppo freddo e nemmeno troppo caldo; il sole splende ma può anche cadere la neve. E’ una bella terra, il clima è temperato, è contornata da un mare azzurro e splendente sotto i raggi del sole, ma non mancano le alte vette innevate, le colline e le pianure. Anche in questa terra esistono come nelle altre che avete visitato cose brutte, ma è la vostra casa. Era lì che spingeva la vostra nostalgia…”

Racconto per presentare la grammatica Misbrigo, Preciso e Giulivo

Racconto per presentare la grammatica Misbrigo, Preciso e GiulivoUn racconto per introdurre nome, verbo ed aggettivo, molto utilizzato nelle scuole steineriane.  Misbrigo è il verbo, Preciso il nome e infine Giulivo l’aggettivo…

C’erano una volta tre fratelli. Uno si chiamava Preciso, un altro Giulivo e il terzo Misbrigo. I tre fratelli vivevano in una casetta al limitare del bosco, ai margini della città, con papà Grammaticale e mamma Analisi. Ora, pur stando sempre insieme, i tre fratelli erano molto diversi tra loro.

Misbrigo era il maggiore dei tre; era forte, alto e muscoloso, e girava sempre con un martello in mano, o con altri attrezzi. Ovunque andasse, lui era di poche parole. Amava dire: “Poche chiacchiere, e lavorare!”.

Il fatto però era che lui faceva e faceva, ma non avendo un piano, un progetto, non avendo compreso bene ciò che doveva fare, e spesso faceva cose brutte e sbilenche che facevano fatica a stare in piedi.

Il più piccolo dei tre era Preciso. Lui, al contrario di Misbrigo, se ne stava sempre a fare progetti, e sapeva i nomi di tutte le cose, anche i più difficili. Era un vero vocabolario vivente. Però, stando sempre al tavolo, seduto, a fare progetti, non gli veniva mai in mente di alzarsi e mettere in pratica quello che progettava. E così rimaneva tutto nella sua testa.
Il fratello mediano, Giulivo, era ancora diverso dagli altri due. Lui non faceva, non brigava, non si dava sempre da fare come Misbrigo. Però nemmeno stava seduto a far progetti e a leggere libri come Preciso. Lui suonava strumenti musicali, dipingeva, scriveva poesie e racconti. Faceva passeggiate nel bosco e incontrava fiori e piante di cui non conosceva il nome, e li guardava, e li descriveva: “Oh, che graziosi fiorellini che pendono dallo stelo come tanti piccoli calici bianchi!”.

“Si chiamano mughetti!” diceva allora Preciso, e intanto Misbrigo si era già allontanato da loro per raccogliere legna per il fuoco.

Oppure succedeva che Giulivo vedeva un albero e diceva “Oh, che forte quest’albero! Come appare nobile e potente! E che piccoli frutti ovali con un cappuccetto buffo!”.

“Ma è una quercia!” diceva preciso. E intanto Misbrigo raccoglieva le ghiande in un sacco per portarle ai maialini.

Un giorno arrivò in casa dei tre fratelli un amico del padre, il signor Bellalingua, che desiderava costruirsi una casa accanto a quella della famiglia del signor Grammaticale, e cercava per questo degli operai.

“Ah…” disse, “che bello sarebbe trovare qualche operaio davvero capace cui affidare la costruzione della nuova casa mentre io resto in città a sbrigare i miei affari!”

Il signor Grammaticale rispose: “Ma questa è una cosa che possono benissimo fare i miei figlioli!”

E così fu deciso che i tre fratelli avrebbero costruito una bella casa al signor Bellalingua, che disse: “Bene, ragazzi! Tra un mese tornerò a vedere cosa siete riusciti a fare. Se avrete fatto un buon lavoro, riceverete una grossa ricompensa.”
E fu così che Misbrigo, Preciso e Giulivo si misero all’opera per costruire la casa.

Non appena il signor Bellalingua si fu congedato, Misbrigo partì in quarta e andò sul posto dove sarebbe dovuta sorgere la casa, e cominciò a trivellare, spianare, estirpare, e tanta era la terra che spostava, scavava, accumulava, appianava, che sembrava una talpa al lavoro. S’era creato tutto attorno un nuvolone di polvere e terra, e Misbrigo stava là in mezzo che spingeva la carriola, la vuotava, correva e brigava.

Quando ebbe scavato profonde fondamenta, cominciò ad accumulare mattoni e cemento e a metterli uno sull’altro.
Preciso gli diceva: “Aspetta a cominciare! Prima bisogna fare un progetto sulla carta. Bisogna fare un disegno, pensare bene a dove mettere le sale, la camera da letto, la cantina…”. E si mise così a disegnare il progetto della casa su un grande foglio di carta.

 Ma Misbrigo non lo stava quasi a sentire e borbottava: “Tu parli, parli… ma per fare una casa bisogna lavorare, faticare, altro che far progetti!” e mentre lavorava prese a cantilenare:
“Certo a scriver tu lo sai
non succedon certo guai!
Tu sei molto intelligente
ma non si scava con la mente!
I progetti tu sai fare
io però so lavorare:
misurare, scavare, impastare,
non mi pesa dover sudare.
Inchiodare, avvitare, pestare,
livellare, segare, stuccare.
Sali, scendi, controlla tutto:
della fatica vedrai il frutto!”
Così, in quattro e quattr’otto, Misbrigo aveva scavato le fondamenta, tirato su i muri, messo il tetto, fissato le finestre.

Alla fine di tutto questo lavoro, guardò la casa: certo l’aveva fatta velocemente, e non mancava nulla, ma era tutta sbilenca, i muri erano storti, le finestre una più alta e una più bassa, gli scalini diseguali, addirittura in una stanza si era dimenticato di mettere la porta, e non si poteva proprio entrare, se non dalla finestra, che però era troppo alta.
Quando Preciso arrivò col suo progetto e vide la casa, scoppiò a ridere. Misbrigo ci rimase così male che sbattè una porta con tanta violenza che la casa crollò!

Allora Misbrigo disse a Preciso: “Non voglio più saperne di questa casa! Falla tu se sei capace, visto che sei tanto intelligente!”

Visto che Misbrigo non voleva più saperne di costruire la casa, Preciso disse: “Bene, allora mi ci proverò io.”
Così andò a prendere il suo bel progetto, lo mirò e lo rimirò, e poi disse fra sè e sè: “Bene… bene…, da dove cominciare ora? Dovrei scavare nuove fondamenta, ma come? Non sono mica una talpa, io!”.

Guardò gli attrezzi che intanto Misbrigo andava riordinando, e di ognuno conosceva alla perfezione il nome: “Ah, ecco, questo è un piccone, qui abbiamo una vanga, e questo è un martello pneumatico”. Ma gli sembravano tanto pesanti, e non aveva nessuna voglia di raccoglierli. Prese giusto in mano un piccone, ma si chiese: “Come si userà mai questo coso?”. Insomma, alla fine gli pareva talmente difficile e faticoso imparare a maneggiare tutti gli attrezzi, che ben presto rinunciò e si disse: “Forse per riuscire a maneggiare gli attrezzi ho bisogno di un progetto ancora più preciso!”.

 E così se ne andò verso casa cantilenando:
“Voglio fare un bel progetto
fondamenta muri e tetto.
Porte, finestre, poggioli e scale
tutte a ovest voglio le sale
poi le camere da letto
il salotto dirimpetto.
A nor metto la cucina
e vicino la cantina…
Si può fare a sud la stalla
per poi metter la cavalla.
Mattoni, cemento, di legno i tasselli,
calce, carriola, chiodi e martelli,
viti, chiodi, travi, bulloni,
acqua, ghiaia, sabbia e mattoni”

Intanto Giulivo arrivò da quelle parti, correndo dietro a una farfalla, e dicendo: “Che bella, che leggera, che aggraziata! Com’è vispa, colorata, dolce, delicata, tenera, svolazzante…”, e avanti così, quasi senza prendere fiato, tanto da far girare la testa. Ma quando incontrò Misbrigo, tutto rabbuiato, si fermò di colpo. Si dimenticò improvvisamente della farfalla, e disse al fratello: “Come mai sei così triste, sconsolato, rabbuiato, irritato, pensieroso? Sei forse stanco, depresso, sfinito, esausto, sfiduciato,…” e via di questo passo.

Ma prima che Misbrigo, che non ce la faceva più, potesse interromperlo, subito fu distrato da una brezza leggera, chiuse gli occhi e disse: “Ah, che brezza leggera, rinfrescante, serena, mite, carezzevole, confortante,…”
Allora Misbrigo lo interruppe dicendogli: “Ehi, Giulivo! Perchè non provi un po’ tu a costruire la casa del signor Bellalingua? Io e Preciso non ci siamo riusciti!”

“Oh, certo!”, disse Giulivo, “Posso certo fare io. Farò una casa bella, luminosa, ampia, spaziosa…”, e cominciò così a lavorare cantilenando:
“Bella, lucente, ampia, spaziosa,
profumata, pulita, odorosa,
così dev’essere questa dimora,
linda e radiosa ad ogni ora!
Soleggiata e risplendente,
confortevole e accogliente,
armoniosa nei colori,
ai balconi tanti fiori!
Rossi, verdi, gialli e bianchi,
che a guardarli non ti stanchi.”

Giulivo si mise dunque all’opera cantando. In quel mentre arrivò anche Preciso, con un suo nuovo progetto. Così, mentre Misbrigo tutto rosso in faccia, se ne stava corrucciato a guardare, e mentre Preciso cercava di dargli consigli su come mettere in pratica il suo progetto, Giulivo cominciò a costruire.

Il fatto è che non riusciva a fare granchè: prendeva un piccone per fare le fondamenta, e si fermava dicendo: “Oh! Com’è pesante, com’è appuntito, com’è lucente!”, e stava ad ammirarlo come una cosa straordinaria.

Poi doveva appoggiare i mattoni e quando ne prendeva uno se ne stava a dire: “Oh! Che solido, che squadrato, e com’è rosso, liscio, esatto, rettangolare,…” e di nuovo continuava quasi fino a restare senza fiato.

Suo fratello Preciso, calmo e tranquillo, gli diceva: “E’ semplicemente un mattone, e quello è un piccone, niente di più”.

Però con Giulivo che continuava a fermarsi, e con Preciso che non faceva altro che dare direttive e nomi alle cose, la casa proprio non procedeva. Bastava poi che passasse una formica e Giulivo si fermava e esclamava: “Oh, tu, animaletto carino, nero, infaticabile, antennuto, forzuto, svelto, leggero, agile, coraggioso, piccolino, tenero,…” e di nuovo si perdeva, senza fermarsi più.

Preciso si sistemava gli occhiali e guardava l’animaletto, e diceva: “E’ semplicemente una formica. Anzi, il suo vero nome è formiculus vulgaris, che è il suo nome in latino.”, e Giulivo ribatteva: “Ohi, che nome difficile, misterioso, latinoso, affascinante, simpatico, esatto, scientifico, ricercato, scioglilinguoso, …”.

Al vedere i due che tanto chiacchieravano e nulla facevano, Misbrigo era diventato rosso di impazienza e sembrava un peperone sul punto di esplodere. E infatti esplose: “Insomma, voi due! La volete smettere di guardare le formiche e i mattoni? I mattoni non si guardano, si prendono e si cementano in un muro… così!”.
E in tal modo cominciò a tirare su un muro.

Intanto però Preciso gli dava indicazioni su dove mettere i muri, le varie stanze, prendeva le misure delle finestre e così la casa veniva su solida e ben piantata. Giulivo poi, tutto sorridente, aggiungeva sempre un tocco di bellezza e di armonia dicendo ad esempio: “Questo balcone è troppo squadrato, spigoloso, angoloso, incassato, duro… facciamolo più arrotondato, armonioso, proporzionato, leggero, panoramico, grazioso,…” e di nuovo fino a perdere il fiato.

E insomma, lavorando di lena e collaborando tra loro, Misbrigo a faticare, Preciso a dirigere e Giulivo a far belle e varie le cose, la casa cominciò a venir sù, e talmente solida, ordinata e graziosa che raramente se n’era vista una simile.

La casa dunque era costruita. Dopo un mese tornò il signor Bellalingua, per andare ad abitarvi. Quando arrivò e vide la casa restò a bocca aperta: “Oh, ragazzi, ma avete fatto un lavoro a dir poco straordinario!”.

“Beh… modestamente…” disse sorridendo felice Giulivo, “…è effettivamente un lavoro straordinario, notevole, stupendo, bellissimo, eccezionale, fantastico, insuperabile,…” e chissà quanto sarebbe andato avanti se Misbrigo non gli avesse dato uno strattone per farlo tacere, e Preciso non gli avesse detto: “Beh, adesso non esagerare. E’ semplicemente un lavoro, niente di più e niente di meno.”

Poi Misbrigo disse: “Ma insomma, perchè ce ne stiamo qui fuori? Andiamo dentro, facciamo vedere le stanze al signor Bellalingua, cuciniamo qualcosa, accendiamo il fuoco nel camino, sistemiamo la legna…”, e nemmeno aveva finito di parlare che già era sparito dentro in casa per mettersi a fare tutte queste cose. Poi entrarono anche gli altri.
Preciso cominciò a mostrare le stanze al signor Bellalingua: “Ecco, vede, questa è la cucina. Ci sono il forno, il frigorifero, un tavolo, quattro sedie, le stoviglie, le posate, il caminetto, il forno, gli stracci, i barattoli, i fiammiferi, gli stuzzicadenti, i tappi, i centrini,…” e sarebbe andato avanti a nominare tutte le piccole e le grandi cose che stavano in casa, persino i granelli di polvere, se non fosse inciampato in Giulivo, che si era chinato per guardare un grillo che camminava sul pavimento: “Che animaletto strano, buffo, verdino, scattante, saltellante, veloce, rotondo, antennuto, simpatico, piccolino,…”. Preciso diete un’occhiata, e con molta calma disse: “E’ un semplice grillo, anzi un grillus piagnucolosus, che sarebbe il suo vero nome.”

Ma intanto Giulivo si era fatto prendere da un ragno che penzolava dal soffitto: “Oh, che leggero, penzolante, acrobatico, coraggioso, dondolante, veloce, forzuto,…”.

In quel mentre arrivò Misbrigo con una montagna di legna, accese il fuoco, pulì il tavolo, apparecchiò, cucinò, stappò le bottiglie, versò da bere, e non stava fermo un minuto.

Alla fine, quando tutti erano a tavola e finalmente ci fu un po’ di tranquillità, il signor Bellalingua riuscì a parlare. “Cari ragazzi” disse, “devo dire che non potevo proprio sperare in una casa più bella. E vorrei farvi una proposta: poichè io da solo non sarei in grado di occuparmi dell’ordine e della manutenzione della casa, perchè non ci abitate voi? Potrete prendervi una stanza a testa, e quando io verrò troverò sempre la casa in ordine, e mi sentirò sempre tranquillo e a mio agio con voi”.

Giulivo era entusiasta: “Oh, che proposta bella, interessante, avvincente, affascinante, promettente, brillante, convincente,…”. Vedendo tanto entusiasmo, il signor Bellalingua era contento, e visto che anche Misbrigo e Preciso erano d’accordo, la proposta fu accettata.

Così i tre fratelli vissero per sempre nella casa del signor Bellalingua, ognuno facendo bene quello che meglio sapeva fare, e collaborando tra loro, perchè solo grazie a questo le cose riuscivano bene e davano gioia a tutti quanti.

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Acquarello steineriano – Racconto: “I colori”

Acquarello steineriano – Racconto: “I colori”. Un adattamento di una storia  di ispirazione steineriana per presentare i colori…  purtroppo non conosco la fonte originale. La storia si presta ad essere illustrata con l’acquarello, o raccontata utilizzando fazzoletti o fatine colorate o pupette in lana cardata, o fogli di carta colorata trasparente da sovrapporre tra loro…

Foglio Bianco si trovava tutto spiegazzato e abbandonato in fondo ad un cassetto, da tanto tanto tempo. Era per lui una vita molto noiosa e monotona, quella. Ma un giorno, finalmente, si sentì afferrare da due piccole mani, e si ritrovò sopra ad un tavolo.

Foglio pensò: “Mi sembra un bel posto, davvero… però anche qui, mai nessuno che mi faccia compagnia!”

Proprio mentre lo pensava, si sentì cadere addosso delle gocce, e si disse: “Ecco, adesso anche la pioggia!”. Si guardò attorno, e così si accorse che, proprio lì, vicino a lui, c’era un povero triste pennello che stava piangendo… le gocce non erano di pioggia! “Cosa fai?” chiese. E Pennello gli raccontò la sua storia. Anche lui si sentiva solo, ed era davvero molto triste perchè non aveva mai nessuno con cui giocare, da tanto tanto tempo.

“Perchè non giochi c0n me?” disse Foglio a Pennello, ma questi rispose: “Come lo vorrei, ma non mi posso muovere! Sono vittima di un incantesimo. Solo il giorno in cui qualcuno riuscirà a bagnarmi i piedi potrò tornare me stesso, e se non succederà mi toccherà restarmene immobile e secco qui dentro…”

Mentre Foglio e Pennello si raccontavano i loro guai, apparve alla finestra una bellissima farfalla: si trattava della fata Fantasia, che avendo ascoltato tutto, aveva deciso di aiutare i due poveri amici. Fantasia, senza dir nulla, prese il pennello e lo immerse in un vasetto pieno d’acqua.

“Evviva! Evviva!” si mise a gridare Pennello, sul punto di impazzire dalla gioia, “Posso muovermi! Foglio, aspettami qui. Ho un’idea meravigliosa. Corro a chiamare un po’ di amici e poi è fatta… Farfallina, puoi per caso portarmi fino al sole?”

“Sì” rispose la fata Fantasia, “aggrappati alle mie ali e andiamo!”.

Il viaggio cominciò, ma giunto vicino al sole la luce era così accecante che non si potè proprio andare oltre. Allora Pennello, da una certa distanza,  gridò: “Sole! Mandami qualcuno che non posso venirti più vicino di così! Devo aiutare il mio amico Foglio!”

Il sole era ben lieto di poter aiutare i due amici, e mandò su di un carro tutto d’oro un luminosissimo folletto. “Ciao Pennello! Mi chiamo Gialloluce e sono proprio felice di venire con te sulla terra!”, disse.

tutorial:

Sulle ali di Fantasia i due tornarono da Foglio, che aspettava con ansia, e dalla gioia cominciarono a saltellare tutti insieme: Gialloluce si espandeva di qua e di là, e sprizzava felice luce da tutte le parti… nessuno era più solo!

Nella stanza dove si trovavano i tre amici, proprio vicino al tavolo, c’era un caminetto nel quale scoppiettava un bel fuoco. E, come risvegliato dal gioco di Pennello Foglio e Gialloluce, dalle mille scintille del fuoco uscì con un balzo un folletto tutto rosso, molto molto chiassoso, che con salti e capriole si avvicinò all’allegra compagnia dicendo: “Ciao! Finalmente! Io sono Rossobrucio, mi fate giocare con voi?”

 

“Vieni!” gli rispose Gialloluce, “diventeremo amici!”

tutorial:

Come se si conoscessero da sempre, Rossobrucio e Gialloluce cominciarono a cantare e ballare con Foglio e Pennello, ed ora Foglio non aveva proprio più niente dell’aspetto triste e solitario che aveva all’inizio… anzi, ad un certo punto cominciò a sentirsi fin troppo allegro: “Brucio! Scotto!” cominciò a gridare, “Fate qualcosa!”

E improvvisamente apparve una nuova amica. “Ciao Foglio!” disse, “Mi chiamo Fatarancio e compaio ogni volta che Gialloluce e Rossobrucio si incontrano. Non resisto, non c’è niente da fare! Quando li vedo insieme, devo fare anch’io i miei saltelli con loro!”

tutorial:

“Ciao Fatarancio!” dissero tutti gli amici in coro, “Benvenuta!”. E Pennello, un po’ preoccupato per l’amico Foglio che continuava a sentirsi scottare, chiese: “Tu che sei nuova, non sai mica se esiste qualcuno che possa portare un po’ di fresco?”

“Mmh…” rispose Fatarancio, “qui ci sarebbe bisogno di qualche spiritello lunare di mia conoscenza… Gialloluce, mi presteresti il tuo carro?”

E Fatarancio si mise in viaggio. Arrivata sulla luna, cercando di sopportare meglio che si poteva il gran freddo che regnava là intorno, chiese con gentilezza: “Dolce Luna, mi manderesti una delle tue ragazze sulla terra? Rosso e giallo si sono incontrati, e se non dai una mano, un caro amico passerà dei guai…”

 

Alla luna piaceva poter dare una mano, quando si presentava l’occasione, e mandò in missione Fatacielo: una fatina tutta vestita di blu leggero e pietre preziose e cristalli, che portava sempre nella sua borsetta un soffio di gelo.

tutorial:

Arrivate da Foglio, Fatacielo si mise a ballare con gli altri, e mentre ballava aprì la sua borsetta e i veli del suo vestito si gonfiarono a onde facendo mille giochi… piano piano le fiamme si calmarono e come per magia comparve un nuovo amico:  il folletto Violabenedetto! Amicizia e gratitudine erano ovunque.

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Le bambole e l’antroposofia di Rudolf Steiner seconda parte

La “bambola Waldorf” è molto presente nel web e in molte delle nostre case,  e forse è interessante leggere cosa ne dice l’antroposofia…

Il mio personale parere è brevemente riassunto qui http://www.lapappadolce.net. Trovo però utile la pubblicazione di questi due articoli intanto per chi crede (perchè di credo si tratta, come vedrete) nell’antroposofia, perchè sono articoli  abbastanza rari,  e poi per le persone che magari sono affascinate dall’indubbia bellezza degli ambienti e dei materiali delle scuole steineriane, ma non ne conoscono i presupposti… Conoscere è importante…

Questo genere di bambola non è stato inventato da Rudolf Steiner: sono le bambole dei bambini poveri, che sempre le mamme hanno confezionato per i loro bambini prima dell’avvento della produzione in serie, della plastica, e dell’estetica e dei bisogni indotti dal marketing.

I bambini ricchi avevano la bambola di porcellana, i bambini poveri giocavano con la bambola fatta con le foglie del mais (da cui la famosa bambola annodata), o con figure intagliate approssimativamente nel legno, o con uno straccio annodato, appunto… Oppure le mamme e le nonne facevano le bambole di pezza ai loro bambini. Quello che ha fatto Steiner è stato “canonizzare” il modello e inserirlo all’interno di un complesso impianto filosofico-teologico, cosa che ha fatto praticamente con ogni possibile aspetto della vita (dall’agricoltura all’arredamento all’abbigliamento a tutte le arti e non mi dilungo). Ma così oggi ha senso parlare della bambola di pezza, come della “bambola Waldorf”, e in questo modo un’importantissima tradizione continua a vivere.

Come sempre dico, io credo che la bambola fatta a mano sia un giocattolo bellissimo, qui c’è in mio manuale se può esservi d’aiuto:

qui: ebook bambole Waldorf

bellissimo farla e bellissimo giocarci, ma mi sento libera di non credere a quanto ci si vuole mettere dietro; pure rispetto chi lo crede, se è consapevole e altrettanto rispettoso.

Questi articoli  sono comparsi in Von der Wurde des Kindes intorno agli anni ’70, il primo (Pensieri aforistici sulle bambole) a firma di Anne Schnell, il secondo (Bambole e animali nella stanza dei bambini) di Johanna Veronica Picht. Li ho rimaneggiati  parecchio nel tentativo di renderli il più comprensibili possibile a tutti. Le parti in grassetto sono quelle che più direttamente fanno riferimento alla confezione della bambola…


Bambole e animali nella stanza dei bambini

Secondo Steiner tutto ciò che il bambino vive nel suo ambiente, lascia in lui profonde impressioni, e non solo immagini-ricordo. Il bambino infatti non imita soltanto le persone, ma anche il colori, le forme, e la qualità degli oggetti che lo circondano, e imitando tutto muove in lui sentimenti, e questi sentimenti poi sono gli stessi che si trovano implicati nella costruzione dei suoi organi interni: le impronte lasciate dalle immagini divengono un ricordo indelebile scritto nel corpo del bambino.

In altre parole il corpo trattiene le esperienze dell’infanzia.

Chiediamoci dunque quale significato possono rivestire la prima bambola o il primo animale giocattolo del bambino, visto che si tratta dei due oggetti più frequentemente proposti.

Consideriamo la bambola. Ce ne sono di tutti i tipi: grandi e piccole, dure e morbide, vestite sfarzosamente o avvolte in semplici stoffe, con occhi che di aprono e si chiudono, con un meccanismo parlante; sono fabbricate in serie oppure cucite a mano, avvolte con un panno, annodate, legate o intagliate nel legno.

Eppure nessuna di queste bambole  può competere con ciò che il bambino stesso, con la sua fantasia creatrice, eleva al ruolo di bambola. Spesso è un pezzo di legno a trasformarsi in bambola, oppure un paio di pagliuzze legate fra loro, oppure una borsa dell’acqua calda avvolta in un panno. Con un vecchio pannolino si possono svolgere, la sera a letto, interessanti discussioni; oppure  una palla colorata con la sua coda di strisce colorate, di quelle che si preparano per giocare in estate, può essere portata a passeggio nella carrozzina.

E’ un bisogno primario del bambino quello di possedere una bambola, amarla, curarla e portarla in giro con sè. La bambola dà al bambino la possibilità di trasferire su di lei ciò che lui stesso sperimenta nel suo rapporto con la mamma, di confidare le proprie gioie e le proprie preoccupazioni, come si trattasse di una parte di sè, a volte dandole addirittura il proprio nome.

Il bambino secondo Steiner sta ancora compiendo il suo cammino di incarnazione ed è al tempo stesso molto aperto, con dedizione, al mondo esteriore. In lui interno ed esterno non sono ancora divisi. Così nel gioco il bambino si trova in un elemento creativo di libertà, e che offre possibilità molteplici.

Il bambino piccolo non sperimenta la bellezza esteriore della bambola, ma ciò che egli stesso ha messo della sua interiorità in ciò che per lui assume il ruolo di bambola. Se la bambola è vecchia, sporca e lacera, la mamma deve avere grande sensibilità per cogliere il giusto momento per rinnovarla o ripararla senza ferire il bambino, magari con piccole modifiche graduali.

La separazione da una bambola dovrebbe essere sempre lasciata alla decisione del bambino. Spesso la primissima bambola viene conservata per lunghissimo tempo dai bambini: la farfalla non è ancora volata via da questa bambola… Esiste un’identità di termine, nella lingua tedesca, per indicare la bambola e il bozzolo da cui si libererà poi la farfalla. La parola è Puppe per entrambi, quasi che la bambola contenesse in sè anche una farfalla che attende di volare via, come il bambino che esce dalla sua infanzia.

La bambola è un’accompagnatrice, una confidente, un’amica capace di consolare, un aiuto nel cammino del divenire dell’uomo e un sostegno a trovare se stessi. Come immagine dell’uomo  il bambino esercita con lei le qualità sociali di base.

Come deve essere una bambola, perchè possa rispondere al meglio alla sua funzione?

Intanto la bambola deve lasciare libera la fantasia infantile, quella fantasia infantile che anima la bambola (le dà un’anima): la bambola deve poter piangere o ridere, star sveglia o dormire.  Deve anche poter diventare facilmente un principe o una principessa, un bambino o una bambina. Ma non solo.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Le bambole e l’antroposofia di Rudolf Steiner – prima parte

In qualità di adulti o di giovani in cammino di crescita, dovremmo essere in grado di vivere come il bambino vive nei suoi processi di fantasia mentre gioca con la sua bambola. Per poter comprendere questa affermazione però, dobbiamo fare riferimento a quanto esposto da Rudolf Steiner proprio in relazione alla bambola, ed ai nessi esistenti tra la bambola, l’estetica, la spiritualità e la pedagogia.

La “bambola Waldorf” è molto presente nel web e in molte delle nostre case,  e forse è interessante leggere cosa ne dice l’antroposofia… Il mio personale parere è brevemente riassunto qui http://www.lapappadolce.net. Trovo però utile la pubblicazione di questi due articoli intanto per chi crede (perchè di credo si tratta, come vedrete) nell’antroposofia, perchè sono articoli  abbastanza rari,  e poi per le persone che magari sono affascinate dall’indubbia bellezza degli ambienti e dei materiali delle scuole steineriane, ma non ne conoscono i presupposti… Conoscere è importante…

Questo genere di bambola non è stato inventato da Rudolf Steiner: sono le bambole dei bambini poveri, che sempre le mamme hanno confezionato per i loro bambini prima dell’avvento della produzione in serie, della plastica, e dell’estetica e dei bisogni indotti dal marketing. I bambini ricchi avevano la bambola di porcellana, i bambini poveri giocavano con la bambola fatta con le foglie del mais (da cui la famosa bambola annodata), o con figure intagliate approssimativamente nel legno, o con uno straccio annodato, appunto… Oppure le mamme e le nonne facevano le bambole di pezza ai loro bambini. Quello che ha fatto Steiner è stato “canonizzare” il modello e inserirlo all’interno di un complesso impianto filosofico-teologico, cosa che ha fatto praticamente con ogni possibile aspetto della vita (dall’agricoltura all’arredamento all’abbigliamento a tutte le arti e non mi dilungo). Ma così oggi ha senso parlare della bambola di pezza, come della “bambola Waldorf”, e in questo modo un’importantissima tradizione continua a vivere.

Come sempre dico, io credo che la bambola fatta a mano sia un giocattolo bellissimo, qui c’è in mio manuale se può esservi d’aiuto: https://www.teacherspayteachers.com/Product/manuale-per-realizzare-le-bambole-Waldorf-1938893


bellissimo farla e bellissimo giocarci, ma mi sento libera di non credere a quanto ci si vuole mettere dietro; pure rispetto chi lo crede, se è consapevole e altrettanto rispettoso.

Questi articoli  sono comparsi in Von der Wurde des Kindes intorno agli anni ’70, il primo (Pensieri aforistici sulle bambole) a firma di Anne Schnell, il secondo (Bambole e animali nella stanza dei bambini) di Johanna Veronica Picht. Li ho rimaneggiati  parecchio nel tentativo di renderli il più comprensibili possibile a tutti. Le parti in grassetto sono quelle che più direttamente fanno riferimento alla confezione della bambola…


Pensieri aforistici sulle bambole

In qualità di adulti o di giovani in cammino di crescita, dovremmo essere in grado di vivere come il bambino vive nei suoi processi di fantasia mentre gioca con la sua bambola. Per poter comprendere questa affermazione però, dobbiamo fare riferimento a quanto esposto da Rudolf Steiner proprio in relazione alla bambola, ed ai nessi esistenti tra la bambola, l’estetica, la spiritualità e la pedagogia.

Nella delicata relazione che si sviluppa giorno dopo giorno tra adulto e bambino, tutto ciò che si crea attorno a una bambola che la mamma stessa ha realizzato, può diventare una vera scuola di amore umano e amore di vita, e donare al bambino gioia nei rapporti e gioia di vita;  nutre inoltre le sue forze vitali favorendo lo sviluppo sano del suo corpo, della sua anima e del suo Io.

Per meglio esporre il suo pensiero, Steiner porta un  confronto tra la “cosiddetta bella bambola” e una “bambola veramente bella“. La prima, che ai suoi tempi sapeva solo parlare e muovere gli occhi, e che oggi sa  fare molto di più, ha avuto origine dall’idea che ha prodotto anche i robot.

La bambola veramente bella, che ci viene descritta da Steiner, può essere semplicemente costituita da un pezzo di stoffa annodato o legato, in modo tale che nella parte superiore si formi la testa, con occhi naso e bocca, di cui gli ultimi due non sono indispensabili. Se poi si annodano i due angoli superiori e quelli inferiori, questa bambola avrà anche braccia e gambe.

Rudolf Steiner parla in modo esteso ed approfondito della bambola, mettendola in relazione al bambino dai due anni e mezzo fino ai cinque anni, e illustrando ciò che caratterizza questo periodo della vita: una particolare fantasia che si sviluppa proprio in questa età, una fantasia viva e ricca di stimoli, ma anche meravigliosamente delicata in questo suo primo attivarsi.

Secondo l’antroposofia prima della nascita si verificano tutta una serie di eventi sovrasensibili, cioè di carattere spirituale, difficili da cogliere col nostro pensare moderno, ma secondo Steiner da considerarsi come scientifici, seppure nel nostro linguaggio manchino perfino i termini per definirli. E’ secondo lui necessario, quindi, introdurre un altro concetto nella nostra moderna immagine del mondo. E senza credere in questa realtà spirituale, non si può comprendere il concetto di fantasia infantile, nè come questa rappresenti una forza salutare che rappresenterà una risorsa dell’uomo per tutto l’arco della sua vita.

In un breve testo,  “Educazione del bambino e preparazione degli educatori”,  Rudolf Steiner parla della nascita del bambino come costituita in realtà da una sequenza di varie nascite, poichè considera l’uomo formato non solo dal corpo fisico, ma da altri tre corpi: il corpo delle forze vitali o di crescita (che chiama corpo eterico), il corpo delle forze dell’anima (che chiama corpo astrale o senziente) e il corpo dell’Io. Avvengono più nascite, appunto perchè questi corpi non nascono contemporanemente.

L’antroposofia crede fermamente nella reincarnazione e nell’esistenza di una gerarchia molto dettagliatamente classificata di “entità spirituali” (angeli, arcangeli, serafini, cherubini ecc…). Tra queste entità le più alte, in armonia con il cammino che l’individualità umana ha compiuto sulla terra di incarnazione in incarnazione, prima della nascita del bambino  lavorano con l’aiuto della corrente ereditaria alla costruzione del corpo fisico dell’essere che vuole nascere, e questo rispettando anche il destino di tale individualità. Le forze eteriche materne che lo avvolgono, attive nella corrente ereditaria, collaborano a questo lavoro per formare nel nascituro le sue funzioni vitali, e naturalmente anche il padre del bambino collabora in questo lavoro di costruzione.

Via via viene descritta la nascita dei vari corpi.

In particolare si afferma che l’Io del bambino resta inizialmente avvolto nella sua anima, come una meravigliosa immagine. Per questo, in questo periodo della vita che comincia col periodo embrionale e termina circa col terzo anno di età, è possibile leggere nei sentimenti innati di un bambino quale sia il suo destino individuale. Io e corpo dell’anima costruiscono insieme il corpo delle forze vitali, e questo fa crescere il corpo fisico del bambino. Quindi Io, anima e forze vitali insiemi agiscono insieme nel corpo fisico, costruiscono gli organi interni, e sono forze attivissime come detto fino ai tre anni, anche se permangono con intensità minore fino al cambio dei denti.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

La “pedagogia” steineriana e una doverosa premessa

La “pedagogia” steineriana e una doverosa premessa. A tutte le indicazioni date nel sito relative alla Pedagogia steineriana, devo fare una doverosa premessa.

Questa pedagogia, infatti, rientra in un sistema organizzato, messo a punto (i sostenitori preferiscono usare i termini “fondato” o “donato”) da Rudolf Steiner, e che abbraccia praticamente ogni possibile aspetto dell’umano, compresi esoterismo, religione,  misticismo, spiritualismo, occultismo, e che passa per abbigliamento e acconciatura, alimentazione, sessualità, economia, e insomma abbiamo capito…

Le persone che abbracciano questo sistema si definiscono “antroposofi” da “antroposofia”, appunto (o “Scienza dello Spirito”). La definizione di “movimento religioso” non viene però assolutamente accettata dagli antroposofi.

La pedagogia steineriana, si tiene a precisare con estrema fermezza e a garanzia di una certa ortodossia negli ambienti steineriani,  non è un metodo, ma si fonda imprescindibilmente sull’Antroposofia.

Per chi volesse approfondire la questione, esiste una quantità di materiale praticamente sterminato: ci si può fare una piccola idea semplicemente scorrendo il catalogo delle Edizioni Antroposofiche, dove abbondano  le parole occulto, cristico, iniziazione, spirituale, karmico ecc…

Io personalmente, e nel rispetto del credo e del pensiero di tutti, amo della pedagogia  e della didattica, indipendentemente dalla matrice ideologica o religiosa di riferimento,  tutto quello che porta al bambino magia, bellezza, gioia di apprendere. E tutto ciò che è utile a “tirar fuori” il meglio da ognuno, e a rimuovere ostacoli nell’apprendere. E’ l’unico aspetto che mi interessa. Cerco di scegliere con buonsenso, con senso critico sempre vigile, e liberamente.

Se il tale approccio rappresenta una risposta per i bambini  reali che seguo, lo scelgo.

Altrimenti no.

I tratti più illuminati di questa pratica pedagogica, a mio parere, si trovano nel piacere-diritto alla lentezza, nella capacità di attingere alla tradizione popolare europea per riscoprire i ritmi della natura, nel contrastare con la bellezza le tendenze materialistiche e consumistiche che troppo attaccano il  mondo dell’infanzia, nella possibilità di valorizzazione all’interno della scuola non solo i bambini “brillanti” da un punto di vista intellettivo.

E poi ad ognuno le proprie considerazioni…

Del resto non si può nemmeno negare che le Scuole Steineriane, almeno in Italia, svolgono anche un nobilissimo ruolo di “rifugio” (e senza nemmeno la preoccupazione dell’esame di passaggio come avviene nell’homeschooling) per tutti quei bambini che non sono in grado di frequentare con successo o per lo meno senza sofferenza, classi di 30 alunni in questa “nuova” scuola pubblica.

photo credit: http://southerncrossreview.org/68/sagarin-waldorf.htm

Io credo che, volendo portare ai bambini elementi della pratica steineriana, al di fuori della scuola steineriana, si possa decidere con le famiglie dei bambini se festeggiare San Martino, il Natale, ecc… e se la cosa non offende in alcun modo il pensiero o il credo religioso di nessuno, si festeggia. E’ un bel modo per sentire i ritmi delle stagioni, (tutte le festività cristiane affondano le loro radici nella tradizione contadina precristiana-pagana) e soprattutto per scandire l’anno con giorni speciali e più gioiosi degli altri. Ma la stessa cosa si può fare anche in tantissimi altri modi.

Che poi San Michele sia un essere spirituale ecc… o meno, non è cosa della quale si occupa la scuola. Posso non crederlo, ma anche rispettare chi lo crede, se ha altrettanto rispetto.

E’ l’atteggiamento che ho tenuto anche all’interno della scuola steineriana, per un po’ con successo. Poi la convivenza è diventata impossibile, per me e soprattutto per “loro”  😉

 

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Cenni sulla pedagogia Steiner-Waldorf

(testi ad uso “esterno”, privi dei tipici termini steineriani che invece abbonderebbero in una versione per “uso interno”)

La pedagogia Steiner-Waldorf si fonda su un’attenta osservazione delle tappe evolutive del bambino.
Lo sviluppo armonico del bambino come centro di ogni attività didattica è l’obiettivo che viene perseguito, tenendo conto dell’integrità della persona nei suoi aspetti corporei, emozionali ed intellettivi. Le attività proposte vengono quindi indirizzate alle aree motoria, affettiva e cognitiva in modo ritmico ed equilibrato.
L’insegnante ha il compito di aiutare il bambino nell’armonioso sviluppo di tutti i suoi elementi costitutivi, di favorirne la crescita, di aiutarlo ad affrontare e superare gli ostacoli che via via si possono presentare.

Il bambino in età prescolare è un essere che assorbe tutto ciò che gli proviene dall’ambiente e dalle persone che lo circondano: sensazioni, stimoli di varia natura, parole.
In questa età ciò che educa è il modo in cui l’adulto che gli sta vicino, pensa, sente, parla ed agisce. Il gesto esteriore come l’atteggiamento interiore ci chi lo circonda raggiunge il bambino, lasciando una profonda traccia nel suo linguaggio, nei suoi sentimenti e nel suo modo di pensare e di agire.
All’età di sei sette anni il legame immediato ed imitativo del bambino col mondo gradualmente recede e lascia spazio ad una nuova forma di rapporto con la realtà sempre più cosciente.

Al bambino tra i 7 ed i 14 anni le conoscenze devono essere trasmesse attraverso il sentimento e l’esperienza, e  per questo nelle scuole Waldorf viene attribuita grande importanza all’attività artistica e manuale.

L’arte nella scuola Waldorf non è intesa come un’aggiunta di attività didattiche al piano di studi (musica, recitazione, pittura, modellaggio, scultura, ecc…), ma è insita nel modo stesso di presentare tutte le materie di studio. Lavorare per immagini, rintracciare i fili che collegano le cose tra di loro e all’uomo, significa ritrovare ciò che le cose e gli esseri sono ed esprimono prima di venire catalogati, definiti, analizzati. Come la lingua madre si impara ben prima di studiare la grammatica, così tutte le discipline vengono proposte in modo creativo e ricco di immagini per giungere in un secondo tempo alla loro sistematizzazione scientifica.

 

Le caratteristiche didattiche che contraddinguono la scuola Waldorf sono:

il maestro unico, che resta l’insegnante di riferimento della classe per tutti gli otto anni del primo ciclo di istruzione (elementari e medie). Il maestro di classe è dunque colui che assiste a tutte le fasi di crescita di ogni bambino per un lungo arco di tempo, e diventa la guida e il sostegno cui rivolgersi con fiducia, conoscendo il  bambino nel suo contesto biografico e la sua famiglia. Suo compito è anche quello di confrontarsi con gli altri docenti nel Consiglio di Classe e coordinare le attività didattico-educative;

il Collegio Docenti, che si riunisce settimanalmente per valutare i processi di apprendimento dei bambini, il raggiungimento degli obiettivi, e per delineare le strategie e gli interventi pedagogici. Il medico scolastico, oltre alla normale attività sanitaria, affianca gli insegnanti del Collegio nella valutazione del processo evolutivo dei bambini;

insegnamento ad epoche. L’insegnamento delle discipline viene condotto all’interno di una ripartizione a periodi, chiamati “epoche”. Le discipline non si susseguono giornalmente secondo un orario spezzato, ma vengono proposte dall’insegnante una per volta, nella prima parte della mattinata, per un periodo di tempo continuativo che va dalle tre alle quattro settimane (epoca di Storia, epoca di Matematica, epoca di Grammatica, ecc…). Senza la frammentazione si favorisce lo sviluppo della capacità di concentrazione, la comprensione, l’acquisizione e la padronanza da parte del bambino dei contenuti proposti. Dopo le ore di “epoca”, nella seconda parte della giornata si alternano tutti gli altri insegnamenti, comprese alcune ore di esercitazione di Italiano e Matematica, che vanno ad integrare l’insegnamento ad epoche.

assenza di libri di testo. I bambini producono essi stessi i libri di studio, dedicandosi alla costruzione di quaderni dove, sotto la guida del maestro, confluiscono  in forma artistica i contenuti salienti di ogni materia.

ricchezza della proposta didattica. Nella scuola Waldorf viene proposta ai bambini una molteplicità di attività didattico-educative, per permettere uno sviluppo equilibrato di tutte le loro potenzialità: musica strumentale, canto, danza, recitazione, pittura, disegno, modellaggio, lavori manuali, artigianato, agricoltura, ecc… In tal modo l’abituale differenza che si crea nella scuola tra allievi intellettualmente dotati e meno dotati perde molta della sua importanza: ogni bambino, in qualche elemento della sua personalità, possiede delle doti ed è compito dell’insegnante scoprire e valorizzare qualità e capacità di ognuno.

. due lingue straniere. Sin dal primo anno di scuola primaria si inizia a far vivere ai bambini l’esperienza di due lingue straniere attraverso un approccio inizialmente solo orale, con canti, giochi, filastrocche e girotondi che avvicinano con naturalezza e gioia ai modi, alle espressioni, ai fonemi, che vengono assorbiti ed imitati come avviene con la lingua madre. Negli anni successivi vengono introdotte gradualmente la scrittura, la lettura e l’analisi della lingua;

la comunità-scuola. Nella pedagogia Waldorf viene data grande importanza allo sviluppo del senso comunitario, per esempio con le feste stagionali. Inoltre ci sono le “feste del mese”, dove tutte le classi della scuola, dalla prima all’ottava, propongono agli altri alunni della scuola, ai maestri ed ai genitori, rappresentazioni artistiche di vario genere, rendendoli partecipi del lavoro da ognuno svolto nelle lezioni. Questi incontri sviluppano un sano senso sociale e creano interesse per gli altri. I più piccoli, di fronte all’esibizione dei più grandi, sono pieni di ammirazione e sentonon che anche loro, un giorno, saranno in grado di fare altrettanto; i più grandi possono rivivere esperienze significative del loro passato;

valutazione. I genitori ricevono periodicamente dagli insegnanti una relazione che riguarda il comportamento ed i progressi del bambino in ogni ambito, inserendo non solo gli aspetti non solo prettamente legati al raggiungimento di obiettivi didattici. Al bambino invece viene consegnata una breve storia o una poesia che, con un linguaggio artistico, rispecchia il suo carattere, i talenti, le qualità, e fornisce una qualche chiave che in prospettiva può aiutarlo a progredire. Il documento di valutazione ufficiale, invece, è destinato solo ai genitori.

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Il curricolo nella scuola primaria Waldorf

(per farsi un’idea di quanto espresso nella premessa)

Classe prima: la fase di passaggio fra scuola d’infanzia e scuola primaria

Il bambino nel primo anno di scuola viene accompagnato nell’esperienza delle forme e dei suoni delle lettere dell’alfabeto e dei simboli numerici e nell’acquisire il giusto atteggiamento nei confronti della scuola, adeguandosi alle sane abitudini ed al ritmico lavoro della classe.

I maestri lavorano affinchè i bambini formino un gruppo coeso, che mostra interesse per gli altri e sa ascoltare.

Il primo biennio (classi seconda e terza)
I primi tre anni di scuola hanno un’impronta unitaria. Tutto ciò che è stato avviato in prima classe, viene portato avanti in modo che il bambino si trovi inserito con vivacità e naturalezza negli elementi plastico-pittorici e musicali-linguistici presenti nelle varie materie di insegnamento.

Il secondo biennio (classi quarta e quinta)
Il nono anno rappresenta una cesura importante e richiede da parte degli insegnanti e degli educatori la massima attenzione. E’ l’età in cui per il bambino si compie  il  vero distacco dall’ambiente, fino ad ora ha vissuto con naturalezza. La coscienza di sè aumenta. Questa fase richiede molto tatto e molta saggezza da parte dell’educatore, che deve cercare di salvaguardare i bambini dalle delusioni a cui a quest’età vanno facilmente incontro, soprattutto nei confronti degli adulti.

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Italiano scrittura

In PRIMA CLASSE la scrittura si sviluppa a partire dal disegno pittorico. Dapprima il bambino non ha un rapporto col disegno astratto dei caratteri grafici delle lettere (anche nella storia si può notare come l’umanità abbia sviluppato l’alfabeto da una scrittura ideografica).

Se si mette il bambino a contatto direttamente con la scrittura convenzionale, si provoca in lui un precoce invecchiamento.

La natura umana in divenire richiede che si progredisca dalla forma artistica a quella intellettuale, che l’attività della testa scaturisca dall’attività manuale, vale a dire dalla pittura e dal disegno, alla scrittura e alla lettura. Tramite racconti si caratterizzano da un lato i sentimenti che si esprimono nelle vocali (nella A la meraviglia, nella U la paura, …), dall’altro le consonanti come immagini degli oggetti del mondo esterno (M di monte, V da valle, S da serpente…).

Dal disegno di tali immagini viene poi ricavata la relativa lettera.

Se per esempio per scrivere la F facciamo imitare al bambino la forma di una falce, gli avremo dato una lettera in forma di immagine. Si procede con un ritmo di tre giorni: primo giorno racconto, secondo giorno disegno guidato, terzo giorno lettera.

La mano, scrivendo, deve eseguire qualcosa che l’occhio ha prima guardato con compiacimento, e l’occhio deve guidare la penna con amore. Allora la scrittura sarà bella e caratteristica. Vengono utilizzati quaderni bianchi e senza righe. Prima di impegnare il bambino nell’ortografia, si cura la sensibilità del bambino per la lingua e per le diverse lunghezze dei suoni attraverso il canto e la recitazione.

E’ estremamente importante che le discipline apparentemente più lontane, confluiscano l’una nell’altra in modo unitario.

In SECONDA CLASSE si passa allo stampato minuscolo ed al corsivo. Gradualmente il bambino deve imparare a riassumere ciò che gli è stato raccontato e poi a descrivere brevemente ciò che ha appreso.

Per la scrittura si fa ancora uso delle cerette e delle matite colorate. Si dedica particolare cura alla struttura ed articolazione del linguaggio. La sensibilità per i suoni brevi lunghi accentati deve arrivare ad una certa consapevolezza. L’ortografia si perfeziona soprattutto attraverso l’ascolto.

In TERZA CLASSE si cerca di ampliare la capacità di riferire per iscritto quando è stato visto o letto. L’ortografia viene esercitata attraverso l’articolazione del linguaggio, l’ascolto e il parlare.

In QUARTA CLASSE la capacità acquisita di riferire e riassumere per iscritto deve essere applicata nella composizione di lettere di ogni genere, anche commerciali.

In QUINTA CLASSE il bambino non deve più limitarsi a riferire liberamente ciò che ha sentito o letto, ma deve cominciare a servirsi del discorso diretto.

E’ importante che a quest’età si sviluppi la capacità di distinguere la propria opinione da quella altrui; il bambino deve essere in grado di riferire cose che lui stesso ha pensato, visto e udito o di riportare il parere di altri.

In tutto ciò che scrive ed espone deve imparare a tener conto di questa differenza, deve approfondire l’uso dei segni di interpunzione, delle virgolette, …

 

photo credit: http://www.torontowaldorfschool.com/

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Materiale narrativo

Il materiale narrativo per la PRIMA CLASSE verrà scelto tra le fiabe classiche con le loro immagini così vivide, stimolanti per le forze rappresentative e ricche di profondi misteri, o tratto da aspetti evidenti della realtà esteriore. Tutto acquista efficacia se è espresso con un linguaggio chiaro, distinto, pittoresco, colorito. Nella scelta delle poesie si tiene conto della melodia, della rima, del ritmo e della metrica.

In SECONDA CLASSE dalla fiaba si passa alla favola e alle leggende, soprattutto sulla vita e le imprese dei santi cristiani,  uomini alla ricerca della perfezione.

In TERZA CLASSE Nella scelta delle poesie oltre al ritmo ed alla melodia, si cerca la bellezza espressiva, Il racconto in questa classe viene attinto dalle storie dell’Antico Testamento, che rappresentano per la pedagogia steineriana l’inizio della storia culturale del mondo.

In QUARTA CLASSE il materiale di lettura  e narrativa viene attinto dalla mitologia nordica e germanica e dalle imprese degli eroi antichi.

In QUINTA CLASSE la lettura e la narrazione vertono sulla mitologia classica greca.

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Grammatica

In SECONDA CLASSE i primi elementi di Grammatica devono essere integrati in modo piacevole nel racconto, senza far mai mancare una certa nota umoristica.

Si inizia col verbo, che per il bambino è l’elemento più vivo. Se pensa un’azione, il bambino prova subito il desiderio di muoversi; se pensa al verbo “martellare” ad esempio, è portato a compiere il gesto con le braccia. L’aggettivo qualificativo lo lascia più indifferente: le qualità degli oggetti le sperimenta con il sentimento e non col fare (volontà).

I sostantivi poi sono ancora più estranei alla sua natura: freddi, astratti, oggetti del puro pensare. Così la grammatica viene sperimentata umanamente. Si introduce la costruzione della frase, in modo semplice ed evidente, tenendo presente che la grammatica a quest’età deve rappresentare una tacita presa di coscienza di un qualcosa che già è usato istintivamente.

Addentrandosi nelle leggi del linguaggio si tocca la grandezza dell’Io umano che evolve lentamente nella vita.

In TERZA CLASSE il bambino deve avere una visione dell’analisi grammaticale e della costruzione della frase, e imparare l’uso dei segni di interpunzione.

In QUARTA CLASSE deve venir spiegato con chiarezza il significato dei tempi dei verbi e delle coniugazioni e si deve fare in modo che i bambini imparino a sentire istintivamente il rapporto che lega la proposizione alla parola. La lezione di italiano tra i nove e i dieci anni deve soprattutto accentuare l’aspetto plastico e strutturale del linguaggio.

In QUINTA CLASSE il bambino deve imparare a sentire la differenza tra la forma attiva e la forma passiva del verbo.

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Lezioni di vita pratica (o scienze umane integrate)

in TERZA CLASSE con questi argomenti si cerca di  favorire un inserimento cosciente nella realtà circostante. Si può spiegare come avviene la preparazione della calce e il suo uso nelle costruzioni, la coltivazione dei campi, l’aratura e la semina, inoltre si fanno conoscere i vari cereali.

Si fa sentire che l’animale ha bisogno della pianta per nutrirsi, e che la pianta richiede l’apporto dell’animale per la concimazione e del minerale come nutrimento e sostegno.

Si suscita così la sensazione che tutto quanto esiste al mondo è legato da una connessione meravigliosa e si risveglia un senso di riconoscenza verso ciò che sta sopra l’uomo. Da questo aspetto di sentimento si torna però sempre al campo pratico, predisponendo attività pratiche di agricoltura.

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Lingue straniere

in PRIMA CLASSE si sperimenta la lingua parlata, attraverso esercizi di conversazione e servendosi di canzoni, filastrocche e poesie, per formare l’orecchio per il ritmo, la melodia ed il suono della lingua straniera.La grammatica non  viene studiata.

La tendenza all’imitazione, ancora molto marcata a quest’età, e la grande plasmabilità degli organi vocali che  hanno permesso al bambino l’apprendimento della lingua madre, non devono restare inattive e possono venire impiegate per un primo approccio con le lingue straniere.

Nel secondo biennio l’insegnamento prosegue in forma orale, mirando però sempre più alla conversazione, in particolare costruite sulle professioni dell’uomo e sull’ambito familiare. Si imparano inoltre i giorni della settimana, i mesi e le stagioni. In terza classe si introduce la scrittura delle lettere dell’alfabeto e dei primi vocaboli.

In QUARTA CLASSE si inizia la grammatica delle lingue straniere in rapporto al grado di coscienza raggiunto dai bambini. Dalla poesia, che nei primi tre anni era stata il tema quasi esclusivo delle lezioni di lingua, si passa alla prosa. La grammatica viene esercitata in modo induttivo, sevendosi di esempi liberamente scelti e facendo studiare a memoria non gli esempi, ma le regole. Si inizia la coniugazione del verbi. Si inizia anche a scrivere e a tradurre, non però letteralmente ma a senso.

In QUINTA CLASSE si prosegue con l’analisi grammaticale e si danno i primi elementi di sintassi.

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Latino e greco

in QUINTA CLASSE si avvia lo studio delle lingue antiche, allo scopo di rendere viva e sensibile la lingua e la cultura greca e latina.

Fino alla nona classe questa materia è obbligatoria e fondamentale per tutti i ragazzi. In quinta classe si tratta più che altro di una preparazione: i bambini sono introdotti alla lingua antica senza costrizione e senza uno studio sistematico della grammatica.

Devono sentire l’essenzialità del suono, ripetere ed imparare a memoria brevi testi. Prima di capire devono imparare a parlare, ed è sufficiente che sappiano il contenuto di ciò che dicono.

Possibilmente si trattano insieme il latino e il greco, si scelgono frasi brevi riguardanti l’ambiente, oppure motti e proverbi in prosa e in poesia, favolette e brani conosciuti dei Vangeli.

In seguito si introducono poesie assecondando il senso del ritmo che vive nel bambino. Non si usano libri di testo.

photo credit: http://fachbereich-bildungswissenschaft.de/zertifikatskurs-waldorfpaedagogik/

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Storia

in PRIMA e SECONDA CLASSE, attraverso racconti e fiabe, vengono messi in risalto i rapporti di successione tra i vari eventi. Vengono proposte esperienze collegate ai ritmi del mondo naturale e in particolare alle stagioni.

In TERZA CLASSE si comincerà lo studio vero e proprio della Storia, dai racconti dell’Antico Testamento (non dalla preistoria).

In QUARTA CLASSE l’apprendimento della storia dovrebbe sfociare dall’osservazione dell’ambiente circostante. Le caratteristiche del luogo vengono descritte nel loro sviluppo storico.

In QUINTA CLASSE viene data la prima vera visione storica, attraverso lo studio della storia e della cultura dei popoli orientali e dei greci.

Prima d’ora si era trattato più di singole storie, di biografie di personaggi importanti e così via. Adesso di cerca di rendere evidente e comprensibile l’essenza particolare delle singole epoche di cultura indivando sintomi storici caratteristici.

L’esposizione deve avere un’accentuazione artistico-immaginativa e rivolgersi sempre alla sensibilità del ragazzo. La storia, descrivendo le gesta e le sofferenze dell’uomo, tende nel bambino a farlo rivolgere verso il suo mondo interiore.

Geografia

in PRIMA CLASSE si portano al bambino conoscenze del proprio paese; questo ha il compito di risvegliare nel bambino ancora sognante l’interesse per l’ambiente con cui deve legarsi in maniera più cosciente. Il maestro deve presentare alla sua coscienza ed alla sua capacità di immaginazione cose già note, come piante animali pietre monti fiumi prati, non con descrizioni astratte, ma secondo un criterio in cui viva la fantasia morale. Cielo nuvole stelle fiori animali pietre e via dicendo, devono esprimere e far sentire vivacemente, come in un dialogo, la loro grandezza, la loro devozione, la dolcezza e la fierezza.
In TERZA CLASSE comincia lo studio della Geografia, partendo dall’ambiente più vicino per ampliare ed approfondire le conoscenze del territorio e delle attività umane come parte integrante dell’ambiente.
In QUARTA CLASSE la geografia scaturisce ancora dall’osservazione dell’ambiente circostante.
In QUINTA CLASSE la conoscenza del proprio paese diviene vera e propria geografia. Si tratta della configurazione del terreno e delle condizioni economiche delle zone più prossime. La geografia fa spaziare per il mondo e risveglia nei bambini  un senso di fraternità per tutte le regioni della terra.

 

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Scienze

nelle prime classi elementi noti quali animali, piante, pietre, vengono presentate ai bambini in forma artistico-immaginativa come preparazione ad un approccio scientifico.

In QUARTA CLASSE i regni della natura vengono osservati e studiati più oggettivamente. La scienza naturale può aver inizio allorchè il bambino ha acquisito di per sè maggiore oggettività. L’essere umano viene presentato per primo, in maniera elementare, ma allo stesso tempo artistica e riverente. Il regno animale viene descritto nel suo rapporto con l’uomo, osservando singoli animali e confrontando il loro organismo con quello umano. Il bambino dovrà sentire che la molteplicità delle forme animali è riunita nell’essere umano con ordine ed armonia.

In QUINTA CLASSE si parla di forme animali meno note. Dall’essere umano e dall’animale si passa alla pianta. La botanica viene svolta in rapporto alla vita della terra, considerata come un organismo vivente unitario. A quest’età il bambino sente fortemente il bisogno di cercare i rapporti di causalità.

E’ un’esigenza che può venire soddisfatta nel  modo migliore se potrà osservare le varie forme vegetali e studiare le loro trasformazioni a seconda delle condizioni del terreno, del clima,…

 

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Aritmetica

in PRIMA CLASSE si inizia con le quattro operazioni entro il venti per arrivare se possibile al cento seguendo un criterio artistico: passare dall’intero alle parti (nell’addizione si parte dalla somma, nella moltiplicazione dal prodotto,…). Nella vita infatti l’uomo, prima di notare i particolari, coglie l’intero.

Il modo in cui il bambino apprende il calcolo è formativo per si cervello e i primi elementi del calcolo influiscono sul futuro modo di pensare dell’adulto, che può diventare incline alla sintesi o tendere ad atomizzare. Vi è poi un aspetto morale nel fatto che il bambino cominci con la distribuzione, per esempio di mele, oppure che accumuli per sè quelle stesse mele.

Il movimento ritmico, la corsa, il salto, il battito delle mani faciliteranno la presa di contatto con il calcolo. Vengono utilizzati quaderni bianchi senza righe, per favorire l’organizzazione spaziale, e viene praticato intensivamente il calcolo orale.

In SECONDA CLASSE le quattro operazioni vengono estese a numeri più elevati e si insiste molto sul calcolo orale. Non si tema di far lavorare la memoria, perchè il calcolo è fondamentale per la sua sana formazione. Quando il bambino ha quasi completato la seconda dentizione, gli si fanno studiare a memoria le tabelline, aiutandolo con movimenti ritmici, battito delle mani, salti,…

Nel periodo che va dalla seconda dentizione alla pubertà la memoria si sviluppa e si rafforza ed è giusto che venga debitamente curata e formata.

In TERZA CLASSE le quattro operazioni vengono esercitate sulla base di numeri più complessi e applicate ai piccoli casi della vita pratica.

In QUARTA CLASSE si passa allo studio delle frazioni ordinarie e decimali.

In QUINTA CLASSE si prosegue con le frazioni e con le frazioni decimali. Il calcolo comprenderà tutti i numeri  interi e decimali.

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Geometria

dal disegno di forme, che è stato coltivato fin dall’inizio della scuola, emerge in QUINTA CLASSE la geometria.

Le forme che finora sono state disegnate in modo artistico, come il triangolo, il quadrato, il cerchio,… devono venir comprese secondo concetti geometrici.

 

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Pittura

pittura e disegno introducono il bambino nel mondo delle forze plastico-formative. Il senso del colore si sviluppa sperimentando il colore puro nei suoi accordi e contrasti e considerando la forma come opera del colore stesso (approccio goetheanistico). All’inizio le linee vengono sperimentate come incontro di superfici di colore.

Nei primi anni i bambini hanno imitato per lo più ciò che il maestro proponeva o mostrava loro.

A partire dalla QUARTA CLASSE lavorano servendosi della loro fantasia creativa. Usando il colore fluido il loro senso del colore si è destato ed ora possono usarlo come mezzo espressivo.

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Disegno di forme

in PRIMA CLASSE il disegno evolve da un lato dalla pittura, dall’altro dall’esperienza stessa del movimento. La linea retta e la linea curva vengono sperimentate camminando o tracciandone plasticamente la forma nell’aria. Deve essere coltivato un senso interiore della forma.

Se il bambino percorre dei cerchi, delle ellissi, delle lemniscate seguendo la curva che si forma, quando poi disegna queste linee sente vivere un altro se stesso nelle linee che traccia, ed impara a comprendere il linguaggio delle forme. La copiatura degli oggetti viene inizialmente evitata.

In QUARTA CLASSE, dopo aver sperimentato negli anni precedenti le forme pure ed aver acquisito il senso della forma curva, semicurva, acuta, ellittica, retta,… arriva il momento di far ritrovare loro tutte queste forme negli oggetti esteriori, di farli copiare dal vero.

 

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Modellaggio

attraverso il modellaggio della cera vergine d’api viene curata ulteriormente l’abilità plastica del bambino. In QUARTA CLASSE comincia la copia dal vero.

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Lavoro Manuale

in PRIMA CLASSE i bambini di entrambi i sessi imparano a lavorare a maglia con i due ferri e ad eseguire semplici lavori di cucito, ricamo e tessitura a telaio. Il lavoro a maglia da un lato favorisce la consapevolezza e l’abilità manuale, dall’altro è un’attività che risveglia e stimola le disposizioni spirituali del bambino. Per suscitare il senso del colore e della forma, si fanno eseguire alla lavagna diversi esercizi coi gessetti colorati.

In SECONDA CLASSE si proseguono i lavori iniziati in prima, poi si passa all’uncinetto. Nella seconda parte della lezione di fanno eseguire oggetti dove i bambini possono manifestare liberamente il loro gusto sia nella preparazione del disegno, che nel ricamo e nella decorazione.

In TERZA CLASSE sia i maschi che le femmine eseguono all’uncinetto lavori più impegnativi come berretti e simili, oltre a confezionare lavoretti collaterali come in seconda.

In QUARTA CLASSE i bambini imparano a cucire con precisione e  a conoscere i vari punti eseguendo, per esempio, una borsa da lavoro ricamata in modo da permettere l’esplicarsi delle qualità artistiche oltre che tecniche. La decorazione dell’oggetto dovrà infatti essere in accordo col suo uso.

In QUINTA CLASSE si confezionano calze e guanti in maglia, animali di stoffa e bambole di ogni tipo.

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Musica

in PRIMA CLASSE per prima cosa i bambini devono avvicinarsi all’esperienza della quinta (scala pentatonica). Si esercita l’orecchio mediante semplici melodie e ritmi, coltivando il sentimento per ciò che è bello e per ciò che non lo è.

Alternando l’ascolto attivo all’interpretazione canora e strumentale, il bambino riesce ad apprendere i brani musicali proposti.

Si cantano canzoncine comprese nelle cinque note e tutti i bambini in gruppo suonano il flauto dolce. Alcuni potranno poi passare al violino e si potranno aggiungere anche gli strumenti a percussione. Grande importanza viene data al canto con accompagnamento di strumenti.

In SECONDA CLASSE alle canzoni comprese nell’intervallo di quinta si aggiugono quelle comprese nell’ottava.

In TERZA CLASSE si inizia la scrittura delle note nella tonalità di do maggiore. Il canto acquista maggiore espansione.

In QUARTA CLASSE si fa sperimentare l’intervallo di terza maggiore e minore. Negli anni precedenti la musica era servita per il canto e per coltivare l’orecchio, ora va elaborata in modo che il bambino impari ad assecondare le esigenze della musica come arte.

Si cerca di far comprendere semplici concetti teorici mediante esercizi di ritmo, melodia ed armonia. Si fanno conoscere attraverso l’ascolto pezzi musicali di pregio particolare. Si prosegue con la lettura delle note e si fanno eseguire canti a due voci e canoni.

In QUINTA CLASSE vengono insegnate le tonalità. Si eseguono canti a due e tre voci e canoni.

photo credit: http://www.cambridge-steiner-school.co.uk/our_community/gallery.html

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Euritmia

l’euritmia è una nuova arte nata nel 1912 dalle indicazioni di Rudolf Steiner. Si può definire poesia e canto resi visibili attraverso il gesto ed il movimento corporeo. Si basa sulla recitazione e sulla musica.

Quando pronunciamo un suono, dentro di noi si crea una sorta di atteggiamento volitivo ed è questo che viene tradotto e reso visibile mediante il movimento euritmico.

Ogni vocale e consonante ha il suo specifico gesto. Anche nel canto si estrinsecano quegli atteggiamenti interiori in corrispondenza delle singole note ed intervalli che a loro volta vengono rappresentati con i movimenti del corpo.

Quando ci di immedesima nella poesia e nella musica e si cerca di seguirne le leggi col movimento, si svolge un’attività che coinvolge l’essere nella sua interezza.

In PRIMA CLASSE il bambino percorre delle forme geometriche o libere seguendo i motivi musicali. Si iniziano i movimenti euritmici relativi alle vocali ed alle consonanti attraverso l’imitazione e servendosi di poesie, filastrocche o brevi fiabe nelle quali sia presente l’elemento ritmico, che si evidenzia alternando passi lunghi e brevi  e si cerca di sviluppare la capacità di ascolto facendo battere il tempo con le mani e con il passo secondo la metrica.

In SECONDA CLASSE si eseguono esercizi del tipo “io-tu” o “noi ci cerchiamo” che hanno la funzione di armonizzare i temperamenti, coltivare l’intelligenza, la vivacità dell’animo, ed un sano senso sociale. Nell’eseguire queste forme ogni bambino deve conoscere esattamente il cammino che deve percorrere e al tempo stesso muoversi in gruppo con gli altri.

In TERZA CLASSE i movimenti corrispondenti ai suoni sono divenuti così sicuri da permettere la rappresentazione di parole e di frasi.

L’euritmia, per il fatto che ogni suono viene espresso con il movimento di tutto il corpo, rappresenta un mezzo efficace per correggere la trascuratezza nello scrivere. Per favorire un rapporto più consapevole con quanto li circonda, rapporto che si risveglia intorno ai nove-dieci anni, si esercita il passo, che li fa sentire saldamente posati a terra.

In QUARTA CLASSE si inizia la rappresentazione degli elementi grammaticali attraverso forme spaziali (verbi e sostantivi).

In QUINTA CLASSE si favorisce il controllo degli arti mediante esercizi con le verghe e l’accentuazione del passo.

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Ginnastica

l’insegnamento della ginnastica inizia in TERZA CLASSE, intesa come proseguimento dell’euritmia. La ginnastica si può definire linguaggio visibile, cioè manifestazione visibile del processo respiratorio che vive in ciò che si esplica quando la respirazione influisce sul sistema sanguigno.

Nel movimento ginnico si ha una irrorazione della muscolatura da parte del sangue con il conseguente irrobustimento e l’acquisto di elasticità di tutto il sistema muscolare.

Eseguendo la ginnastica si sperimentano la statica  e la dinamica, si acquista il senso dello spazio dominato da forze. La volontà si manifesta in modo diretto, mentre nei movimenti euritmici abbiamo piuttosto l’espressione volitiva del sentimento e della vita dell’anima.

Fino ai dieci anni la base fisiologica della ginnastica va vista soprattutto nell’attività del sangue e dei muscoli, e solo dopo i dodici ani si dovrà tenere conto maggiormente della base organica e meccanica del sistema osseo.

La caratteristica degli esercizi adatti ai bambini di terza, quarta e quinta classe sarà dunque la vivacità: si dovrà rcreare un rapporto emotivo e fantasioso tra il bambino e l’esercizio da eseguire.

In QUARTA CLASSE nella ginnastica con attrezzi sono particolarmente indicati la spalliera, la corda, la scala a corda, gli anelli, il cavallo e il salto. Nella ginnastica a corpo libero si prediligono i giochi in cerchio.

In quinta classe cominciano i movimenti indipendenti, fuori dal cerchio, su parole scandite ritmicamente.

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Collegio insegnanti: il colloquio pedagogico

Il modello tradizionale del colloquio pedagogico qui presentato è nato nei Camphill ed è stato creato da un team di medici. Questo modello invece è stato messo a punto da insegnanti.

Il medico agisce attraverso medicamenti, il pegagogo e il terapista agiscono attraverso l’autoeducazione, devono in un certo senso diventare loro stessi medicamento. Il medico si chiede: “Che cosa posso fare per in bambino?”, il maestro si chiede: “Cosa posso fare per me, per aiutare il bambino?”.

Il colloquio termina nel momento in cui ogni partecipante ha trovato un’immagine interiore del bambino (non una terapia); un’immagine archetipica, e questo archetipo ha la caratteristica di essere creativo e vuole manifestarsi.  Dalla creazione di questa immagine archetipica ogni partecipante troverà la sua azione terapeutica per il bambino.

Il colloquio pedagogico si differenzia per età; questo modello si può adottare con bambini in età scolare. L’immagine è quella del labirinto, come cammino di conoscenza, e quindi come percorso figurato del colloquio pedagogico.

Esterno (davanti al labirinto)

Immagine esteriore, descrizione del corpo fisico
. atteggiamento del bambino, postura
. movimento: mimica, sguardo, gestualità, controllo del movimento, forza
. figura del movimento: si muove nell’aria, nell’acqua, nella terra
. come manifesta il rifiuto, la dedizione (ridere, piangere)
. come avviene il contatto col mondo esterno
. come si sente nel proprio corpo (senso della vita)
. destrezza
. pesantezza/leggerezza
Linguaggio
. tono
. volume
. articolazione
. espressione
. respiro
Alimentazione
. comportamento prima e dopo il pasto
. sue sensazioni rispetto a gusto, odorato, vista, calore

Elemento animico
(dentro il labirinto, tra le strade, a volte vicino a volte lontano, perchè non c’è una visione oggettiva, si entra nel soggettivo e ogni maestro del Collegio ha un soggettivo diverso)

Comportamento
. attenzione nell’ascoltare, nel capire, nel parlare, incontro con l’io altrui
. pensare: orientamento spazio-temporale, orientamento dei pensieri, saper fare sintesi, memoria, fantasia, intelligenza, intelligenza pratica, capacità di rappresentazione
. sentire: sentire e adattarsi alla realtà, affettività intesa come tono dell’umore o fondamento base del sentimento, entusiasmo, aspetti sociali ( autostima, comportamento sociale, reazione allo stress, paure)
. volontà: istinto, brame, desideri, motivazione (quattro aspetti della volontà); determinazione (portare avanti l’iniziativa), costanza, volontà di apprendere e di vivere.

Insegnante

(è il punto in cui si deve essere arrivati al centro, stare al centro del labirinto col bambino, vedere coi suoi occhi, sentire con la sua anima

. come deve essere il maestro perchè il bambino si possa sentire capito
. come incoraggiare le sue potenzialità
. qual è l’ambiente adatto al  bambino
. quali regole lo fanno star bene
. qual è il quadro più adatto per la sua stanza
. che ruolo proporgli nelle recite e perchè.

Bambole e giochi Waldorf

Bambole e giochi Waldorf. La domanda su cosa sia veramente il gioco e quale significato sia da attribuire al giocattolo, sembra diventare sempre più difficile.
Troppo facilmente il giocare viene scambiato con il puro e semplice essere occupato.
Si è contenti, quando i bambini fanno qualche cosa e ci si chiede troppo poco sulle forze che vengono di volta in volta suscitate e chiamate ad agire sul bambino.
Vogliamo abbozzare qualche pensiero e dare alcuni esempi pe stimolare le possibilità di osservazione e una comprensione più profonda.

Sempre, quando incontriamo dei bambini in attività, da soli o in piccoli gruppi, possiamo vedere  che, se giocano veramente, rappresentano scene di vita quotidiana. La persona adulta ha per loro una grande importanza.
All’adulto essi alzano gli occhi con ammirazione. In sua presenza sperimentano con lui imposta la sua vita in casa, sulla strada, nei negozi, nel rapporto con le altre persone, ecc…, come si preoccupa per la famiglia, per la casa, come domina la tecnica.
Tutte queste esperienze danno degli impulsi per diventare attivi per ciò che noi chiamiamo giocare. La più grande soddisfazione dei bambini nasce come conseguenza di processi molto faticosi.

 

Ad esempio, se dei bambini di 5 o 6 anni vogliono avere un tipo particolare di automobile, per esempio un’ambulanza, in cui poter anche salire, avranno bisogno non solo di molta fantasia, ma anche di molta abilità, pazienza e forza di volontà.
Eccoli allora mettersi all’opera coi mezzi più semplici: tavolo, cavalletti, sedie, sgabelli, eventualmente delle tavole ben piallate, vengono avvicinate o poste una sopra l’altra in modo adeguato.
Il tutto viene ricoperto e chiuso con dei teli. Le mollette da biancheria offrono in questo caso un prezioso aiuto. Dei legni con la corteccia diventano il paraurti, i fari, il tubo di scappamento, il cambio e il freno; un disco di legno diventa il volante, un pezzo di corteccia sistemato artisticamente lo specchietto retrovisore. Dei cordoncini di lana legati uno all’altro, dei nastri per corone arrotolati saranno le luci di posizione e dei freni. Il lampeggiatore sul tetto viene fatto funzionare da un bambino che siede sopra il veicolo e gira la sua mano.

All’inizio di un tale gioco c’è per lo più l’idea dell’auto speciale e l’impulso a costruirla.
Durante la costruzione, in rapporto ai diversi materiali e ai compagni di gioco, arrivano le singole idee per l’elaborazione, l’allestimento e i miglioramenti. E ogni volta che un’idea ha preso forma, subentra la più grande soddisfazione.
A questo punto ci imbattiamo in una domanda: che cos’è che fa diventare un pezzo di corteccia uno specchietto retrovisore?
Niente altro che la fantasia infantile.
E questa corteccia sarà lo specchietto retrovisore finchè la fantasia dei bambini in questione lo vorrà. Un pezzetto di corteccia analogo può servire allo stesso tempo ad un altro gruppo di bambini come cornetta del telefono, pattino o barchetta.

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Osservatori inesperti possono chiedersi quand’è che i bambini arrivano al gioco vero e proprio, se ogni volta devono impiegare così tanto tempo per fabbricarsi i propri giocattoli.
Poi vedono con sorpresa, che dopo averlo usato per poco tempo o addirittura poco prima della sua conclusione, il tutto viene smontato, trasformato e ricostruito in un altro posto.
Giocare significa dunque essere nel processo, non servirsi di un prodotto finito.

L’uomo, e in modo particolare il bambino piccolo, è un essere in divenire. Anche nell’ambiente che lo circonda, ha bisogno di trovare la possibilità di trasformare, di creare qualcosa di nuovo. Non sono le cose perfette e compiute che rinfrancano, soddisfano e danno forza al bambino. Questo vale in modo particolare per i giocattoli.

I giocattoli dovrebbero avere la caratteristica di sollecitare la fantasia del bambino, in modo tale che egli possa scoprirvi ogni volta qualcosa di diverso.

Un ramo piegato e con più diramazioni, ricoperto completamente con un telo può essere una montagna in un paesaggio; ricoperto solo a metà una grotta per i nani, una stanza delle bambole, una stalla. Un bambino, tenendolo sulla testa, può andarsene in giro a passi maestosi facendo il cervo, un altro può usarlo come falce per tagliare l’erba, un altro come strumento musicale.

Un pezzo di legno tondo spaccato a metà e con un breve ramo laterale, si trasforma in locomotiva, distributore, radio, ferro da stiro o scivolo per il parco giochi della bambola.

 

Non ogni giocattolo si lascia trasformare in questo meraviglioso modo. Certamente diamo ai bambini anche degli oggetti, che sono più formati e che lasciano intravedere una tipica figura umana o di animale, un ponte o una macchina.
Ma non è necessario che essi rappresentino la maggioranza di tutti gli oggetti presenti nella stanza del bambino.

Se poi rivolgiamo attenzione particolare a quei materiali che sostengono e favoriscono un tipo di gioco come quello di cui abbiamo parlato sopra, allora noi diamo nutrimento a quelle forze infantili che premono per essere messe in attività, rafforzarsi ed essere poi a disposizione come potenzialità per altri compiti, durante il periodo della scuola e più tardi nella vita.

In questo tipo di gioco il bambino può sperimentare in modo libero, e nell’essere attivo può conoscere il mondo.

Il collegamento con il mondo può avvenire non solo con la mente, ma andando molto più in profondità, fino nelle funzioni vitali. Questo dà al bambino fiducia e sicurezza interiore.

Per l’adulto è difficile immedesimarsi nel mondo di fantasia del bambino e nell’operare delle sue forze. Troppo facilmente vorrebbe condividere con i bambini il fascino, la gioia, il piacere di guardare oggetti in miniatura, perfette imitazioni o perfino figure umane e animali deformate in caricature.

Ma i “godimenti” non danno ai bambini alcun paradiso, al contrario aiutano a perderlo.
I giochi, cioè l’essere attivi, li mantengono sereni.

 

Un giocattolo offre un godimento solo attraverso il suo aspetto esteriore, serenità solo attraverso il suo uso.
Ciò che rende e mantiene sereno e felice è proprio l’attività, e i giochi dei bambini non sono altro che l’espressione di un’attività seria, rivestita di leggerezza.
Il gioco del bambino non è mai un’attività fatta superficialmente, ma un agire pervaso di profonda serietà.

Se oggi questo non avviene, con alcuni bambini, la causa è da ricercare raramente in loro stessi, bensì nell’ambiente che li circonda: il comportamento degli adulti o il tipo di giocattoli messi a loro disposizione, ha fatto sì che andasse persa la capacità di un gioco pieno di dedizione.
Se si è consapevoli delle necessità pedagogiche, si può rimediare.
Chi ha bambini piccoli attorno a sè, non dovrebbe mai dimenticare di avere una profonda influenza sulle forze di volontà dei bambini attraverso tutte le sue attività e soprattutto attraverso il modo in cui lui è attivo.

Il bambino accoglie in sè tutti gli avvenimenti e le esperienze provenienti dall’ambiente dell’adulto che è attivo intorno a lui, le afferra con la sua volontà, le porta dentro di sè con l’imitazione e dà forma al suo modo di giocare.
E’ importante perciò che l’adulto, in presenza del bambino, sia attivo.
Una mamma quando per esempio lava la verdura, scopa la stanza o stira, agisce in modo molto più stimolante che se scrivesse una lettera; e così il papà che lava l’automobile è più stimolante che se legge il giornale.

Il fatto che il bambino impara attraverso l’imitazione porta con sè la conseguenza che l’adulto, in presenza del bambino, dovrebbe comportarsi in maniera degna di essere imitata.
L’adulto può arrivare a interiorizzare questo fatto a tal punto da diventare capace, col tempo, di guidare il bambino molto più attraverso l’imitazione che attraverso spiegazioni e proibizioni.

Gioco e lavoro, un’apparente contraddizione dal punto di vista dell’adulto.

Ma la differenza tra il gioco del bambino e il lavoro dell’adulto sta solo nel fatto che il lavoro deve adeguarsi ad una meta esteriore, l’attività del bambino invece origina da impulsi che nascono dalla sua stessa interiorità, dalla sua fantasia, senza una precisa responsabilità di fronte ad altri uomini o verso la cosa stessa.

Si può dire che il lavoro è determinato dal di fuori, il gioco dal di dentro.

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Il giocattolo da uno a tre anni

Da uno a tre anni i bambini stanno soprattutto con la mamma, e il loro più grande piacere è trafficare con mestoli, pentole, ecc…

Per questo sono sufficienti solo poche cose nell’angolo dei giochi:

. una grande bambola coi nodi (telo quadrato con il lato di circa 70cm, testa dimetro 12cm)

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continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Alfabeto illustrato steineriano

Alfabeto illustrato steineriano: ogni lettera illustrata con un oggetto che inizia con la lettera scelta, ma che anche richiama la forma della lettera nella sua forma stessa.

 

A angelo
B bambola
C culla
D drago
E elicottero
F falce
G grotta (gnomo)
H è muta
I io
L letto
M montagne
N nano
O orologio
P pipa
Q quadro(quattro)
R ruota
S serpente
T tavolo
U uva
V valle
Z zaino

Come vedete, lo sforzo è quello di cercare  un elemento che richiami nella forma e nel suono iniziale del suo nome, la forma della lettera…

Per la lettera A usiamo l’angelo. Ricordo però che generalmente le vocali sono presentate a parte, evocando il sentimento e richiamando alla forma del suono nell’euritmia, e non solo la forma della lettera:

 

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA B: BAMBOLA

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA C: CARROZZINA (O CULLA)

 

Alfabeto illustrato steineriano – LETTERA D: DRAGO

 

LETTERA E: ELICOTTERO

LETTERA F: FALCE

 

LETTERA G: GROTTA

LETTERA H

 

 

LETTERA I: IO

 

LETTERA L: LETTO

 

LETTERA M: MONTAGNA

Alfabeto illustrato steineriano LETTERA N: NANO

 

LETTERA O: OROLOGIO

 

LETTERA P: PIPA

 

LETTERA Q: QUADRO

 

LETTERA R: RUOTA

 

LETTERA S: SERPENTE

LETTERA T: TAVOLO

 

LETTERA U: UVA

LETTERA V: VALLE

LETTERA Z: ZAINO

 

 

 

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