I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture per la scuola primaria.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I microbi
L’insetto divora il fiore, l’uccello divora l’insetto, il bue divora l’erba e il leone divora il bue. L’uomo uccide l’insetto, uccide l’uccello e il bue e il leone. Egli è dunque il solo, l’invincibile padrone del mondo. No, davvero: creaturine microscopiche celate nell’aria, nell’acqua, nella polvere, senza artigli e senza denti, penetrano nei suoi polmoni, nelle sue viscere, nel suo sangue e possono farlo ammalare o anche morire. Il vincitore del leone e di tutte le fiere è divorato da uno stuolo invisibile di animaletti che si chiamano microbi. (P. Mantegazza)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Norme di igiene
Se molti, con un ingrandimento microscopico, potessero vedere le miriadi di germi che brulicano nel sudiciume, si laverebbero le mani cento volte al giorno. L’ultima conseguenza della poca pulizia della pelle è l’accumularsi di piccolissime squamette cornee. La pelle perde giornalmente miliardi di queste squame che, se non vengono eliminate da una buona lavatura, si accumulano con un effetto assai poco piacevole a vedersi. Per evitare conseguenze, che nei casi migliori si limitano a una brutta figura, ma che possono arrivare a malattie gravissime, come ad esempio il tifo, ecco che cosa è necessario fare. Lavarsi il viso e specialmente le mani più spesso che si può: sempre dopo aver toccato il terriccio, oggetti sporchi, e prima di mangiare. Tenere sempre le unghie corte e scrupolosamente pulite, lavandole con gli appositi spazzolini a setole dure. Anche i piedi devono essere lavati tutte le sere, sia perchè sono una parte del corpo delicata, sia perchè, nonostante siano protetti dalle calze e dalle scarpe, si impolverano e si sporcano facilmente. I capelli devono essere lavati e spazzolati di frequente.
Dobbiamo mangiare cibi sani, non avariati; se consumiamo cibi crudi, ben puliti; se cotti che siano cotti al punto giusto. Evitare il più possibile i cibi conservati o quelli troppo elaborati; intingoli troppo grassi o troppo piccanti. Il mangiare sia insomma semplice e naturale. In secondo luogo, l’alimentazione deve essere varia. Deve comprendere in giuste proporzioni questi alimenti: pane, latte e formaggio, carne e pesce, condimenti (grassi), verdure, frutta. Infatti i sali minerali e le vitamine sono contenuti nelle verdure e nella frutta. In terzo luogo l’alimentazione non deve essere ne scarsa ne eccessiva. Meglio di tutto è bere acqua di rubinetto. Da usare con moderazione sono il caffè ed altre bevande eccitanti come il tè, che se usati in quantità eccessiva possono arrecare danno al sistema nervoso ed al fegato.
Respiriamo con in naso e non con la bocca. Il passaggio dell’aria per il naso non è diritto e aperto, ma invece straordinariamente tortuoso. Potremmo credere che questo sia dannoso, invece è un vantaggio grandissimo. Costringe l’aria a passare entro un largo tubo riscaldato dal sangue, per cui l’aria stessa viene riscaldata; anche una buona quantità di vapore acqueo può aggiungersi all’aria, se non ne contiene a sufficienza, cosa assai utile perchè l’aria secca è irritante. Inoltre questo tortuoso passaggio agisce da filtro per l’aria. Una grande quantità di impurità è arrestata, così l’aria arriva ai polmoni riscaldata e umida, ed assai purificata. Esperimenti fatti mediante un tubo passante per la bocca dimostrano che l’aria filtrata nel passaggio per il naso non contiene microbi, mentre prima ne poteva contenere delle migliaia. Ne consegue che è nostro dovere respirare col naso. Il passaggio dell’aria è più facile per la bocca perchè la bocca non si prende la cura di filtrarla. Poche cose sono importanti per la salute quanto quella di respirare per il naso e non per la bocca.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Come si difende il corpo
Ogni giorno il nostro corpo è invaso da miliardi di germi, molti dei quali possono provocare malattie e perfino la morte. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Innumerevoli batteri e virus riescono a penetrare nel nostro organismo con il cibo che mangiamo, o con l’aria che respiriamo, o attraverso qualche ferita della pelle. Eppure ci conserviamo sani. Alcuni germi si stabiliscono permanentemente nella bocca, nel naso, nella gola o negli intestini, dove possono moltiplicarsi in modo incredibile. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Che cosa ci protegge da questi assalti? A poco a poco, durante secoli di studi, gli scienziati sono riusciti a scoprire che cosa accade. La nostra salute è protetta, essi affermano, da una serie ingegnosa di difese, disposte in profondità, come le linee successive di un esercito trincerato per respingere l’invasore. Supponiamo, ad esempio, che una particella di polvere carica di microbi penetri nell’occhio. Con tutta probabilità non c’è alcun motivo di preoccuparsi. La superficie del globo oculare è costantemente bagnata da un liquido lacrimale, il quale contiene un antisettico detto lisozima, che uccide i batteri. I germi che penetrano dal naso devono passare attraverso una complicata rete filtrante. La superficie delle vie nasali è mantenuta umida da un liquido mucoso che trattiene i germi. Se questi causano un’irritazione, sono espulsi con lo sternuto. Cosa avviene nel nostro corpo quando ci facciamo una ferita, sia pure un graffio? Dalla ferita alcuni microbi patogeni (cioè generatori di malattie) penetrano nel corpo. Il pericolo è tremendo perchè i batteri si moltiplicano con spaventosa rapidità e in breve tempo potrebbero invadere tutto l’organismo e anche ucciderlo. Ma il nostro corpo si mette subito in allarme e un meraviglioso sistema di difesa entra immediatamente in azione. Migliaia e migliaia di globuli bianche (leucociti) accorrono, attaccano i batteri, li circondano e li distruggono. Questo, quando i globuli bianchi (leucociti) contrattaccano in tempo e i batteri non sono troppo numerosi e virulenti. Se invece i batteri resistono e riescono a moltiplicarsi uccidono le cellule dei tessuti. Allora i globuli bianchi non solo devono combattere i batteri, ma devono distruggere anche le cellule morte che potrebbero divenire pericolose per il corpo umano. In questa lotta tremenda, che ha come posta finale la salvezza o un grave danno per il corpo umano, molti globuli bianchi muoiono e si trasformano in pus. Ma da ogni parte accorrono sempre più numerosi rinforzi: i globuli bianchi arrestano così l’invasione; la bloccano in un punto (il foruncolo) impedendo che l’infezione si diffonda in tutto il sangue. In breve le cellule riparano i danni provocati dalla ferita e nel corpo cessa lo stato di allarme. Molte volte però i batteri, appena entrano nel nostro organismo, emettono delle sostanze velenose, le tossine. Il tetano e la difterite sono alcune fra le malattie provocate da tossine batteriche. Il sangue allora, o meglio il siero del sangue, fabbrica subito del soldati capaci di attaccare le tossine nemiche: le antitossine. Questi anticorpi, così vengono chiamate le antitossine, combattono le tossine e spesso le vincono. Molte volte però il sangue non riesce a fabbricare subito le antitossine. Ci vuole tempo. E le tossine batteriche hanno tutto il tempo per attaccare e vincere. Il corpo è costretto allora ad una lotta che può durare anche delle settimane. Per aiutare il corpo nella lotta contro i batteri, i medici vaccinano, ossia iniettano nel sangue degli anticorpi (antitossine) già preparati, così il sangue ha già le antitossine pronte e può vincere l’attacco nemico.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Tre personaggi nel mondo dei microbi
I microbi vengono portati in casa dal pulviscolo dell’aria, dalle nostre scarpe, dai vestiti e dalle mani. Essi si insediano sui cibi e vi crescono. Esponiamo, per esempio, all’aria, per mezz’ora, una fetta di banana, di mela o di patata lessa, una fetta di pane fresco e del succo di frutta; mettiamo poi tutti questi cibi al caldo e al buio e osserviamoli giorno per giorno. Dopo due o tre giorni vedremo un’infinità di microbi. Alcuni si presenteranno in macchie di soffice peluria, altri in piccoli ammassi filiformi. Alcuni saranno prima bianchi e poi diventeranno blu, verdi, neri o bruni. Nella miriade di microbi che crescono sui cibi troviamo rappresentate le tre specie più comuni: i batteri, le muffe e i lieviti. La prima specie, quella dei batteri, comprende gli esseri viventi più piccoli e più numerosi che esistano sulla terra, sono così piccoli che molte migliaia di essi potrebbero stare sulla capocchia di uno spillo… Le muffe, la seconda specie, sono relativamente più grandi dei batteri. Tutti ne conosciamo: certamente abbiamo visto le muffe verdi-azzurre che si formano sui limoni o sulle arance, quelle brune della frutta e quelle che crescono sul pane… La terza specie di microbi è costituita dai lieviti. Noi conosciamo il lievito del pane, e sappiamo che esiste in pani, oppure secco, in polvere. Ebbene: ogni pane di lievito è costituito di parecchi milioni di organismi viventi. Essi sono più grandi dei batteri, ma ancora così piccoli che si possono vedere solo ingranditi al microscopio, e quando sono riuniti a milioni. (M. E. Selsam)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I batteri sono microscopici
Lasciamo un bicchiere di vino esposto all’aria per molti giorni. Assaggiandolo, alla fine dell’esperimento, ci accorgeremo che si è trasformato in aceto. Nel bicchiere si sarà inoltre formata una mucillagine di sapore acre. Lasciamo un bicchiere di latte in ambiente caldo per qualche giorno. Spesso solo dopo un giorno noteremo che il latte si è coagulato, separandosi in due parti: una massa biancastra compatta e un liquido acido, di colore paglierino. La trasformazione del vino in aceto (acido acetico) e la coagulazione del latte (con formazione di acido lattico) è opera dei batteri, organismi tanto piccoli da non poter nemmeno essere osservati al microscopio, se non con particolari tecniche e ad ingrandimenti fortissimi. Le loro grandezze si aggirano addirittura sui millesimi di millimetro! Molti batteri vivono nell’intestino degli uomini e degli animali ed aiutano a digerire i cibi. Ma sono anche batteri quelli che invadono il nostro corpo, facendoci ammalare.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Forme dei batteri
I batteri hanno forme svariatissime, che danno loro il nome: cocchi, a forma di sfera; bacilli, a forma di bastoncino; vibrioni, a forma di virgola; spirilli, foggiati a spirale, ecc… Le loro cellule possono essere nude oppure provviste di ciglia, di forma e disposizione diverse secondo i casi. (M La Greca, R. Tomaselli)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Difesa dai batteri infettivi
La prima difesa contro i batteri che sono causa di malattie infettive è l’isolamento dell’individuo ammalato: poi la disinfezione che viene praticata lavando accuratamente le mani con saponi antibatterici. In caso di ferite è utile intervenire subito con disinfettanti, utilizzando poi, per le fasciature, bende e garze sterilizzate. La sterilizzazione è un procedimento che permette di uccidere qualsiasi batterio; essa viene praticata tenendo gli oggetti d’uso chirurgico in uno speciale apparecchio, detto autoclave, a grande pressione di vapore caldissimo. Sapete che i chirurghi si vestono, prima delle operazioni, in modo particolare, coprendo le mani con guanti e la bocca con mascherine di tela; questi indumenti, sterilizzati prima dell’uso, impediscono la trasmissione dei batteri che vivono ovunque, (anche sulle mani e nella bocca) alle ferite provocate sull’ammalato con l’intervento chirurgico, causandone l’infezione. La migliore precauzione per evitare il più possibile il pericolo di infezioni o di malattie infettive è, comunque, la pulizia personale, che deve essere scrupolosa e almeno giornaliera, e quella degli ambienti in cui si vive.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture La pastorizzazione
Per essere ben certi che il latte sia sano, cioè che non contenga batteri nocivi, bisogna farlo bollire, perchè il caldo rende innocui i batteri. Ma c’è un inconveniente: se noi facciamo bollire il latte, insieme ai batteri vengono distrutte anche alcune sostanze preziosissime per l’uomo, le vitamine. Esse sono contenute in buon numero nel latte e l’ebollizione le annienta. Il latte perde così molto del suo valore nutritivo. L’ideale sarebbe distruggere i batteri conservando intatte le vitamine. Questo è possibile grazie alla pastorizzazione. Occorrono due recipienti, uno più grande, che riempiamo d’acqua che facciamo bollire, un altro più piccolo, dove mettere il latte, da immergere nel primo. Quando l’acqua bolle, il latte, pur scaldato a lungo, non bolle. In questo modo otteniamo che il latte, scaldato, non vada a male, ma nel contempo conserva ancora le preziose vitamine, perchè non ha raggiunto l’ebollizione.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Pasteur
Perché questo procedimento è chiamato pastorizzazione? Perchè il primo ad intuire l’esistenza dei batteri nell’aria fu uno scienziato francese di nome Pasteur, vissuto circa centocinquanta anni fa. A quel tempo i fabbricanti di vino si lamentavano spesso che il prodotto si guastava e diveniva aceto. Pasteur dimostrò che l’inacidimento era dovuto alla moltiplicazione dei batteri caduti nel vino mentre veniva imbottigliato. Pertanto consigliò ai fabbricanti di scaldare il vino fino a raggiungere la temperatura sufficiente a distruggere qualunque batterio vi fosse caduto. Perciò il procedimento viene chiamato pastorizzazione dal nome del suo ideatore.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I virus
Mentre i batteri ci minacciano con i veleni che fabbricano, i virus attaccano direttamente le cellule dell’organismo. Forse secernono un enzima che apre una fessura nella parete della cellula. Una volta dentro, cominciano a consumare l’alimento che avrebbe dovuto nutrire la cellula. I virus si riproducono con rapidità prodigiosa divorando tutto, e poi abbandonano la cellula morta o moribonda per andare all’assalto di un’altra. Dato il loro modo di attacco i virus hanno un enorme vantaggio sui batteri. Vivendo all’interno della cellula, sono largamente immuni dalla controffensiva delle forze protettive naturali dell’organismo, così come da quella degli antibiotici. Ma quando migrano da una cellula distrutta a una nuova, possono essere attaccati dagli anticorpi circolanti nel sangue.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture L’inventore del vaccino
Una delle più spaventose epidemie che flagellavano l’umanità era, una volta, il cosiddetto ‘vaiolo nero’. In venticinque anni, nella sola Europa, su una popolazione di 150 milioni di abitanti, si ebbero 15 milioni di vittime. Pensate al beneficio immenso che arrecò all’umanità l’uomo che sconfisse questo flagello. Oggi tutti noi sappiamo cos’è la vaccinazione, ma nel 1700 essa non si conosceva. Fu un medico di campagna che la praticò per primo: Edoardo Jenner. E’ appunto nella sua pratica di medico di campagna che fa preziose osservazioni, che lo condurranno alla felice scoperta del vaccino contro il vaiolo. Un giorno in una fattoria, una massaia gli dice: “Io non prenderò mai più il vaiolo, perchè l’ho già preso una volta da una mucca”. Questa era un’osservazione che Jenner aveva fatto più di una volta nelle sue visite ai contadini: molti di essi, che si erano contagiati con una pustola presa da una mucca, diventavano immuni. Quando una mungitrice della campagna, una certa Clara Nelmes, di infetta una mano, toccando una mucca malata di vaiolo, Jenne studia il caso, fa eseguire da suo nipote degli accurati disegni della parte malata della mucca e dell’arto infetto della contadina. Col pus vaccina (le mucche si chiamano anche vaccine) un contadino ed espone i risultati dei suoi riuscitissimi esperimenti all’Accademia delle Scienze di Londra. Da principio incontra l’ostilità di tutti, non esclusi quelli della campagna. Nessuno vuole sottoporsi ai suoi esperimenti, anzi lo considerano un uomo pericoloso che vuole diffondere il morbo. Ma davanti all’evidenza dei fatti, il pubblico si arrese: il nome di Jenner diventò celebre in tutto il mondo. Egli morì sereno nel 1823, felice di aver strappato alla morte e alla deturpazione milioni di persone.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture per la scuola primaria.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture La circolazione
La circolazione del sangue provvede a distribuire a tutte le cellule del corpo la parte del cibo assorbita dai villi intestinali (chilo). Il sangue circola continuamente in un sistema chiuso di vasi elastici che fanno capo ad un organo centrale: il cuore. I vasi sanguigni sono le arterie, le vene ed i capillari. Il sangue è un tessuto composto di una sostanza liquida, il plasma, nella quale stanno immersi piccolissimi corpuscoli: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. I globuli rossi, a forma di dischetti, contengono l’emoglobina, una sostanza che ha la proprietà di combinarsi con l’ossigeno. I globuli bianchi ci difendono dalle malattie perchè distruggono i germi nocivi. Le piastrine contengono una sostanza che permette al sangue di coagularsi in caso di ferite. Il cuore, che è costituito da una massa muscolare chiamata miocardi, è un organo cavo, grosso come il pugno di una mano, ed è posto nella gabbia toracica, tra i due polmoni. Esso ha la forma di un cono con la punta rivolta verso il basso e a sinistra; è diviso in quattro cavità: due orecchiette in alto e due ventricoli in basso. Le arterie sono i vasi che portano il sangue dal cuore alla periferia, ossia a tutte le parti del corpo. In esse scorre sangue rosso, puro, ricco cioè di ossigeno. Le vene sono i vasi che riportano il sangue dalla periferia, cioè da tutte le parti del corpo, fino al cuore. In esse scorre sangue scuro, impuro, carico di anidride carbonica. I capillari sono vasi piccolissimi e con pareti sottilissime i quali, proprio come dei ponti, mettono in comunicazione le arterie con le vene e favoriscono gli scambi dei gas e del materiale nutritivo fra le cellule e il sangue. Quando il ventricolo sinistro del cuore si contrae, il sangue viene spinto in una grossa arteria chiamata aorta, la quale si ramifica in arterie sempre più piccole fino a divenire sottilissimi vasi capillari. In questo giro il sangue, di un colore rosso vivo, distribuisce a tutti gli organi le sostanze nutritive e l’ossigeno, indispensabili alla vita delle cellule, e si carica di rifiuti e di anidride carbonica. Perde così il suo colore rosso vivo e diviene scuro. Ripartendo dai capillari, il torrente sanguigno si raccoglie in canali sempre più grossi, le vene, che lo riportano all’orecchietta destra del cuore e quindi al ventricolo destro. Dal ventricolo destro il sangue passa nei polmoni, dove si libera dell’anidride carbonica e si carica nuovamente di ossigeno. Poi ritorna all’orecchietta e al ventricolo di sinistra per iniziare velocissimo il suo nuovo viaggio, che durerà soltanto pochi secondi. La circolazione del sangue nel corpo dell’uomo (e di molti animali) si dice doppia e completa. Essa è doppia perchè il sangue passa due volte attraverso il cuore, e completa perchè il sangue arterioso non si mescola mai con quello venoso.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture Costituzione del sangue e sua funzione
Il sangue appare come un liquido rosso; è costituito di una sostanza liquida detta plasma, in cui sono contenuti vari elementi in sospensione. Vediamo di analizzare queste parti. Disponendo di un microscopio, si può osservare direttamente. Disinfettiamoci un dito (il mignolo, che si usa meno delle altre dita) e con un ago disinfettato pratichiamo una piccola puntura sul polpastrello, raccogliamo la gocciolina di sangue sul vetrino e facciamo aderire su quello un vetrino copri-oggetto, in modo che la goccia si schiacci e si presenti molto sottile all’osservazione. Vedremo allora tanti dischetti di un colore giallo arancione disposti in pile simili a rotoli di monete. Sono i globuli rossi, cellule a forma di disco con il margine ingrossato, il cui diametro è di 7 micron. In un millimetro cubo ne sono contenuti da 4 a 5 milioni. I globuli rossi si formano nel midollo osseo ed hanno una vita breve, che dura da 40 a 120 giorni; i globuli vecchi vengono distrutti dal fegato e dalla milza.
I globuli rossi contengono una importante sostanza, l’emoglobina, che dà il colore rosso ai globuli.
Se il microscopio fosse potente, colorando con tecniche speciale il sangue, si potrebbero notare altri corpiccioli incolore, i globuli banchi; ne sono contenuti da 6 a 8 mila per millimetro cubico.
Nel sangue sono inoltre presenti le piastrine, corpi piccolissimi che provocano la coagulazione del sangue.
Nel plasma è inoltre contenuta una sostanza detta fibrinogeno.
Procuratevi del sangue animale e riempitene un bicchiere; lasciatelo esposto all’aria per qualche ora. Dopo questo tempo il sangue si è coagulato formando una massa gelatinosa. Che cosa è avvenuto? Il fibrinogeno si è rappreso formando una massa filamentosa di fibrina, in cui si sono impigliati i globuli rossi ed i globuli bianchi. Questa massa si dice coagulo. Se lo lasciate fermo per almeno 24 ore, esso si contrae in una massa rossa sul fondo e sopra compare un liquido giallognolo trasparente, il siero. Quando ci si fa un piccolo taglio, esce una gocciolina di sangue che rapidamente si rapprende: si può infatti vedere il coagulo rosso con un poco di siero sopra. Se non lo tocchiamo si asciuga, lasciando una piccola crosta che impedisce l’uscita di altro sangue; dopo pochi giorni la piccola ferita si è rimarginata. In una famiglia reale europea esisteva una malattia, ereditata per via femminile, che colpiva però soltanto i rappresentanti maschili: l’emofilia. Il sangue di questi individui aveva perduto la capacità di coagularsi e quindi una ferita anche piccola poteva essere mortale, poichè il sangue continuava ad uscire ininterrottamente con pericolo di dissanguamento.
Qual è la funzione del sangue? Perchè circola in tutto il corpo? Il sangue che dai polmoni va al cuore mediante le vene polmonari è ricco di ossigeno (di solito nelle figure colorate che rappresentano la circolazione del sangue è disegnato con un colore rosso vivo); l’ossigeno, portato dall’aria all’interno dei polmoni nella respirazione, è stato catturato dall’emoglobina. Nel suo giro il sangue ossigenato passa quindi nell’atrio sinistro, nel ventricolo sinistro, e viene distribuito a tutto il corpo, per mezzo dell’arteria aorta e dei vasi capillari.
Nel suo lungo cammino attraverso i capillari l’emoglobina cede lentamente l’ossigeno a tutte le cellule e raccoglie da esse l’anidride carbonica. Diventa via via più scuro, ricco di anidride carbonica, si raccoglie nelle vene cave ascendente e discendente, va all’atrio destro, al ventricolo destro (di solito nelle figure questo sangue è colorato di blu) e quindi l’arteria polmonare lo conduce ai polmoni, dove l’emoglobina cede l’anidride carbonica e prende l’ossigeno, ricominciando il ciclo.
Quindi la parte sinistra del cuore ha sempre sangue ricco di ossigeno, mentre la parte destra ha sempre sangue ricco di anidride carbonica, che non possono mescolarsi, per la presenza della parete che separa la parte destra del cuore da quella di sinistra.
La circolazione del sangue nell’uomo e negli animali mammiferi appunto per questo è detta circolazione completa; sarà quindi per quanto abbiamo detto prima, una circolazione doppia e completa. Nel sangue avviene un doppio scambio; nei polmoni esso prende ossigeno e cede all’aria anidride carbonica; nelle cellule esso cede ossigeno e raccoglie anidride carbonica. L’ossigeno viene consumato dalle cellule in una combustione lenta che produce calore. Il corpo dei mammiferi ha perciò la possibilità di mantenere costante la sua temperatura, proprio in virtù di questo calore che continuamente si produce.
Quale sostanza viene bruciata nelle cellule? Vi ricordate che cosa avviene nel cibo ingerito? Mediante la digestione esso viene reso solubile; i villi intestinali lo assorbono e lo cedono al sangue: questa è la sostanza che viene bruciata nelle cellule. In tal modo si capisce qual è l’importante funzione del sangue: porta con sé il combustibile (il cibo ingerito) ed il comburente (l’ossigeno) per distribuirli ad ogni cellula del corpo, porta via i materiali di rifiuto: l’anidride carbonica, che viene eliminata nella respirazione, ed altre sostanze che impareremo a conoscere. I globuli rossi sono importanti, perchè contengono l’emoglobina per il trasporto dell’ossigeno e dell’anidride carbonica.
I globuli bianchi hanno invece una funzione di difesa, poichè sono capaci di uccidere, divorandoli, i germi patogeni delle malattie, entrati per varie vie nell’organismo. Quando una ferita si infetta, ciò avviene per la presenza di germi: i globuli bianchi accorrono numerosi, alcuni vengono uccisi e formano il pus, la sostanza giallastra che dimostra con la sua presenza l’avvenuta lotta fra globuli bianchi e germi. Anticamente, in caso di ferite, gli uomini usavano rimedi… peggiori del male: usavano mettervi sopra sostanze varie, quali ragnatele, che consideravano curative. In quel modo costringevano i globuli bianchi ad un lavoro supplementare per distruggere altri milioni di germi. Ora molti farmaci antibiotici aiutano il corpo umano nella sua difesa.
L’apparato circolatorio è molto importante e quindi va difeso per evitare malattie o altri inconvenienti. Non è bene portare fasce o legacci troppo stretti, soprattutto negli arti, perchè impedirebbero la circolazione del sangue. Se legate strettamente un dito, dopo pochi minuti lo vedrete diventare rosso e poi bluastro; si dice che assume un colore cianotico, perchè il sangue non può circolare e portare l’ossigeno di cui ogni cellula ha continuamente bisogno. Le cellule vengono perciò colpite da asfissia, la quale, se prolungata nel tempo, porta alla cancrena, che è la morte dei tessuti.
Dopo una fatica o uno sforzo intenso il nostro cuore batte più rapidamente, perchè deve mandare più sangue e più ossigeno alle cellule che ne hanno consumato una grande quantità. Uno sforzo prolungato oltre i limiti sopportabili, potrebbe portare gravi inconvenienti: gli atleti devono avere necessariamente un cuore molto robusto.
L’abuso di eccitanti, come il caffè e l’alcool, può provocare danni al cuore; l’alcool ingerito passa immediatamente nel sangue ed entra in circolazione determinandone dei pericolosi squilibri. Il cuore è quindi un organo importantissimo nel sistema circolatorio: il suo battito segna il ritmo della nostra vita; al suo fermarsi, la vita di ferma.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture Parla il cuore
Tic tac, tic tac: sono l’orologio della vita! Comincio a battere quando l’uomo comincia a vivere, finisco quando l’uomo muore. Egli sosta dal suo lavoro e riposa, egli si corica e dorme: io non mi arresto mai. Tutti gli altri orologi si fermano qualche volta e vanno a farsi pulire o aggiustare dall’orologiaio: io non mi fermo che una volta sola, e per sempre… Quante volte batto? …Settanta, ottanta volte ogni minuto: quattro o cinquemila volte l’ora. Più di centomila volte in una giornata! (L. Craici e G. Zibordi)
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture. Una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La lepre e il coniglio
Sono stretti parenti e tutti e due hanno, dietro gli incisivi superiori, altri due piccolissimi denti. La lepre è agile, con le orecchie lunghe; mangia di tutto, foglie, gemme, cortecce d’albero. Perciò, specie d’inverno, quando non trova altro, è assai dannosa ai giovani alberi di cui rode la corteccia. Il coniglio, più piccolo della lepre, vive nelle tane che scava da sé. E’ un animale enormemente prolifico: da una sola coppia, in un anno, possono nascere, con le successive generazioni, oltre mille coniglietti.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La vita dei castori Il castoro è uno dei più grossi roditori; infatti, raggiunge il metro di lunghezza senza la coda e può pesare fino a trenta chilogrammi. Il suo corpo, sostenuto da arti corti e robusti, è tozzo e massiccio; la testa, di forma conica; il collo, molto corto. Ma la caratteristica essenziale del castoro consiste nel suo notevole adattamento alla vita acquatica. Le zampe posteriori di questo animale, palmate come quelle di un’anitra, gli permettono di nuotare rapidamente; la coda, larga, piatta e ricoperta di squame, gli serve per nuotare. Le narici e i condotti auricolari vengono chiusi mediante valvole, quando nuota in immersione; mentre la cavità boccale si chiude dietro gli incisivi quando, in fondo ai fiumi o ai laghi, rode il legno coi denti. In Europa i castori sono quasi scomparsi; se ne trovano ancora in Francia nella valle del Rodano, in Norvegia, in Polonia, in Russia e lungo il corso medio dell’Elba; ma essi abbondano in modo particolare in Canada. I costumi del castoro, il suo meraviglioso istinto, la sua intelligenza, fanno di lui un animale assolutamente unico. Sotto certi aspetti, la sua vita è simile a quella dell’uomo: vive in società, costruisce la sua dimora e accumula provviste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abili boscaioli I castori del Canada si stabiliscono nelle regioni boscose attraversate da numerosi piccoli corsi d’acqua. Riuniti in gruppi, che variano dai 200 ai 300 individui, essi edificano, anzitutto, una diga sul corso d’acqua attiguo al loro accampamento. La forma della diga dipende dalle condizioni del terreno. Certe dighe sono convesse, altre concave, altre infine a zig-zag. La loro lunghezza può variare da un metro a più di 500 e l’altezza raggiunge uno o due metri. Di volta in volta boscaioli, carpentieri, muratori, i castori abbattono gli alberi necessari per edificare la diga che si propongono di costruire; li rodono a una trentina di centimetri di altezza, in modo da formare un intaglio tutt’intorno, che viene approfondito in forma conica. Se l’albero è vicino alla riva del fiume, lo intaccano più profondamente dalla parte dell’acqua, il che dimostra che essi sanno molto bene dirigerne la caduta. Quando l’albero è sul punto di crollare, essi continuano più lentamente la loro operazione e, appena comincia a inclinarsi, ne aiutano e ne dirigono la caduta con le zampe anteriori. Appena l’albero è caduto in acqua, i castori si tuffano e restano nascosti per qualche attimo, senza dubbio per timore che il rumore del crollo attiri qualche loro nemico. I nemici, d’altra parte, sono segnalati da apposite sentinelle, le quali battono sull’acqua grandi colpi di coda. Una volta abbattuto l’albero, il castoro lo trasporta ai piedi della diga, lasciandolo galleggiare e trascinandolo. Per trasportare gli alberi, abbattuti lontano dal luogo in cui deve sorgere la diga, essi scavano canali artificiali lunghi anche parecchie centinaia di metri, in modo da poter sfruttare la corrente dell’acqua. Quando il tronco è stato in tal modo trasportato vicino al punto in cui deve essere costruita la diga, il castoro se ne impossessa definitivamente, ne aggiusta un’estremità sotto il collo e lo spinge avanti, fin là dove deve essere trascinato sott’acqua. Generalmente i castori fanno andare a fondo il legname per le costruzioni lasciando che si inzuppi e si impregni d’acqua, ma talvolta lo trascinano essi stessi, nuotando in immersione, e lo ormeggiano sott’acqua.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abilissimi ingegneri Quando il materiale è pronto, gli animali si mettono all’opera. Sul fondo del fiume essi piantano dei pioli alti un metro e mezzo o due e li allineano gli uni accanto agli altri; in compenso li rendono stabili con grosse pietre. Successivamente li collegano gli uni agli altri con rami flessibili e saldano il tutto con fango mescolato a foglie morte. Essi lavorano il fango soprattutto con l’aiuto delle zampe anteriori, che hanno l’agilità delle mani; contrariamente a quanto si crede, la coda non serve loro da cazzuola. Una diga terminata ha uno spessore di 3-4 metri alla base e di metri 0,60 nella parte superiore. La parete a monte è inclinata di circa 45 gradi; quella a valle è verticale. E’ questa la disposizione migliore per resistere alla pressione dell’acqua, che si esercita così su una superficie in pendenza. In certi casi i castori spingono ancora più oltre la loro scienza innata sulla resistenza dei materiali. Infatti se il corso d’acqua è lento, essi costruiscono generalmente una diga rettilinea, perpendicolare alle due rive; se è rapido e torrentizio, costruiscono una diga ricurva, in modo che la sua convessità sia rivolta a monte. Così essa resiste meglio alla corrente, che potrebbe travolgerla se fosse dritta. La costruzione delle dighe comincia durante l’estate, quando le acque hanno il livello più basso, e si protrae fino ai primi freddi. Inoltre i castori, in caso di necessità, sanno scavare canali di scarico per i bacini. Nel lavoro, che essi svolgono di comune accordo, i castori hanno a volte delle iniziative stupefacenti, che dimostrano in questi roditori l’esistenza di un’intelligenza e di una notevole capacità di intesa e di collaborazione. Si è scoperto, per esempio, un canale costruito dai castori che scorreva su terreni a diverse altezze: il suo corso era stato sbarrato da tre dighe, una per ogni dislivello del terreno. La prima parte di tale canale era alimentata dall’acqua di uno stagno, le altre dalle acque scorrenti che le dighe, prolungandosi ben oltre le due sponde, riuscivano a raccogliere. Era in atto qui un sistema di chiuse simili a quelle realizzate dall’uomo come ingegnoso mezzo destinato a raccogliere le acque sparse.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Una casa per ogni famiglia Una volta costruita la diga, i castori si separano in coppie e ciascuna di esse si costruisce una capanna o sulle piccole isole degli stagni formati dalle dighe, o sugli argini. Le capanne sono fatte di rami intrecciati, di pietre e di ghiaia e tutto viene cementato per mezzo di mota e di foglie morte. Esse misurano da tre a cinque metri di diametro e sono alte un metro me mezzo o due metri. L’ingresso è costituito da un tunnel sommerso, in modo che il castoro è protetto contro gli attacchi dei nemici esterni. In inverno le pareti della capanna gelano,, divenendo solide e impenetrabili anche a un orso che per avventura potesse raggiungerle, quando lo stagno è coperto di ghiaccio. L’interno della capanna è una stanza vasta e confortevole. I castori, nonostante la vita quasi acquatica, non si nutrono di pesci. Durante la bella stagione rodono le radici delle piante d’acqua e soprattutto le radici delle ninfee. La scorza dei grandi alberi o degli alberi di media grossezza, che è troppo dura, non serve loro come cibo, ma in compenso essi rosicchiano con gusto la scorza dei ramoscelli e degli arbusti, che è tenera e nutriente. Per procurarsela, essi abbattono gli alberi come abbiamo visto, e ne staccano i rami. Quando viene l’inverno, il castoro si immerge sotto il ghiaccio che ricopre lo stagno sulle cui rive egli si è stabilito, sceglie tra il mucchio delle provviste accumulate quel ramo che gli sembra più conveniente e lo trasporta nella capanna. Se è un ramo di betulla, ne mangia la seconda scorza e lo strato situato tra la scorza e la parte più interna, mentre utilizza la scorza esterna, ridotta in trucioli, per rifare il giaciglio. Se invece si tratta di un ramo di pioppo, egli rosicchia tutta la scorza, abbandonando il pezzo di legno. Ogni anno, a primavera, la femmina dà alla luce da due a sei piccoli, che nascono ciechi e che la madre allatta per circa un mese. Nel frattempo essa allontana dalla capanna il maschio, il quale deve andare ad abitare in un altro alloggio. I piccoli del castoro acquistano la vista solo verso la fine dell’ottavo giorno; si muovono con difficoltà e non sanno nuotare. A tre mesi essi sono ancora impacciati e restano sott’acqua solo per poco tempo. E’ necessario un certo esercizio, prima che riescano a trattenere la respirazione per qualche minuto. Quando ormai sono diventati adulti, il che avviene verso l’età di due anni, prendono possesso della capanna dei loro genitori i quali se ne costruiscono una nuova. La vita dei castori dura da quindici a venti anni. Il castoro è un animale simpatico, che si lascia facilmente addomesticare. Ma, generalmente, quando viene addomesticato, perde ogni iniziativa e ogni volontà. Per questo, di solito, si mettono a sua disposizione dei cunicoli artificiali, simili a quelli nei quali egli vive in libertà, e un vano largo e ben aerato che può aprirsi sull’esterno per permettere di pulire l’ambiente. Generalmente lo si nutre con scorze, grano e carote. All’inizio egli cerca di trasportare le sue provvigioni in un altro luogo, poi si abitua al nuovo genere di vita e si fissa definitivamente nella sua dimora.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Girotondo dei topi Trottano i sorci lungo le pareti del solaio, sono d’umore gaio: è morto il gatto del secondo piano, quel tremendo soriano! L’hanno visto stecchito tenuto per la coda dai ragazzi che l’hanno seppellito in fondo all’orto. Allegri! E’ proprio morto! Erano tutti sotto l’abbaino a guardar giù coi musetti appuntiti e gli occhi che lucevan come spilli. Ora per la soffitta corrono in tondo in tondo e fanno un gran fruscio tra le cartacce vecchie. Son quaderni ingialliti di greco e di latino buoni da rosicchiare: un bel festino! Poi ancora a trottare con le code diritte come stecchi fra i mobili azzoppati, fra le sedie sfondate, gli stracci e i ferrivecchi. Ogni tanto qualcuno si riposa e va a guardare dentro il buco nel muro la sua nidiata di topini rosa. Girano in tondo in tondo nella soffitta oscura. Ah, com’è bello il mondo se non c’è la paura! (Enrico Guastaroba)
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La trappola La trappola a è lì, alla posta, all’angolo della soffitta: all’uncino di ferro una crosta di pecorino è confitta, e spande oltre il telaio di fili un odore che invita i topi, che nel solaio trascorrono la loro vita. La trascorrono lieti e sereni tra fugaci guizzi di code tra rapidi andirivieni tra i rumori del dente che rode, che rode la buccia ed il chicco, un brano di libro illustrato e ciò che in dispensa o nel ricco ripostiglio hanno rubato. Ora hanno scoperto qualcosa di strano, una scatola a fili che sta ferma nell’ombra, una cosa che manda profumi sottili. V’entra un topo. Ha toccato col muso appena la crosta, che scatta la molla; il portello s’è chiuso con rabbia quasi di gatta. E’ passata tutta la notte sul terrore del prigioniero; ma l’alba s’affaccia alle porte della terra, svelando il mistero. L’uomo piano piano è salito a vedere. Sì, c’era. E vicini alla madre dall’occhio spaurito ha veduto sei topolini: sei topini di rosa ivi nati la notte, in prigione. Anche un gatto li avrebbe, forse, lasciati. Il cacio, all’uncino, era intatto. (Giuseppe Porto)
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I CEREALI materiale didattico vario, letture, dettati ortografici ecc…, di autori vari, per la scuola primaria. I cereali
I cereali sono per lo più graminacee che servono all’alimentazione dell’uomo e degli animali domestici, soprattutto se ridotti in farina. Ad essi appartengono il grano, l’avena, la segale, l’orzo, il riso, il granoturco, il miglio, il sorgo, ecc…
Le graminacee fonte di alimenti L’amido di frumento viene utilizzato per la confezione del pane e per la fabbricazione della pasta. Per il pane, la farina di frumento, setacciata in modo da allontanare ogni residuo dei tegumenti che formano la crusca, viene impastata con acqua tiepida e lievito in opportune proporzioni; lasciata riposare per qualche ora, in modo che il lievito la faccia gonfiare, viene divisa in pezzi, modellati in vario modo, e cotta in un forno caldissimo. Il pane può essere confezionato anche lasciandovi i pezzi dei tegumenti della cariosside; in tal caso viene detto integrale. La pasta viene ottenuta mescolando farina e acqua senza aggiungere lievito. Quando si confeziona in casa, viene schiacciata col mattarello in modo da formare uno strato sottile, che poi è tagliato secondo il bisogno in pezzetti (lasagne), rettangolini o strisce (tagliatelle o fettuccine), e così via. Nella produzione industriale l’impasto, preparato nei pastifici, viene passato in speciali macchine, che lo comprimono tra rulli e lo tagliano a nastro oppure lo passano attraverso trafile, che lo riproducono in lungi pezzi cilindrici di varia lunghezza, omogenei o cavi, secondo che si vogliano ottenere, per esempio, i vermicelli, gli spaghetti o i maccheroni. La pasta può anche essere tagliata in piccoli pezzetti e stampata ottenendo le conchiglie, le farfalle, ecc… Nella confezione della pasta si può aggiungere anche del tuorlo d’uovo (pasta all’uovo) o del glutine (pasta glutinata). Non tutte le varietà di frumento sono egualmente adatte alla fabbricazione della pasta alimentare. Possono essere bene utilizzati a questo scopo solamente i cosiddetti grani duri, coltivati nelle regioni a clima caldo, arido. I grani teneri sono invece preferiti per la confezione del pane. Oltre al frumento, l’uomo utilizza anche altre graminacee. Ne ricordiamo qualcuna tra le principali. Il mais o granoturco non è originario della Turchia, ma del Messico. Viene denominato turco perchè dopo la scoperta dell’America rimase per molto tempo l’uso di chiamare turco ogni prodotto proveniente da oltremare, in quanto fino ad allora i fiorenti commerci con l’Oriente passavano generalmente attraverso la Turchia, seguendo numerose vie carovaniere. Il mais, molto coltivato nella zona che va da Bergamo al Veneto, compreso il Trentino, è utilizzato per preparare la polenta; la cariosside dà anche olio, e il fusto cellulosa. Il riso, coltivato soprattutto in Piemonte e in Lombardia, è una pianta acquatica originaria della Cina, Indocina, India e Giappone, dove viene coltivato fin dall’antichità. Si può dire che il riso alimenta la metà della popolazione umana. Le cariossidi del riso vengono asciugate e poi brillate; sono cioè liberate, con speciali procedimenti, dai tegumenti e vengono lucidate prima di essere messe in commercio. La segale si coltiva nelle regioni settentrionali e ad una certa altitudine. Serve per preparare un pane profumato, di colore più scuro di quello del frumento. L’orzo viene utilizzato soprattutto per preparare la birra, ottenuta macinando con acqua le cariossidi germinate e lasciandole poi fermentare. L’avena trova applicazione sia come foraggio per i cavalli, sia nell’alimentazione umana; a questo scopo la cariosside viene pressata, senza essere macinata completamente, e messa in commercio col nome di “fiocchi di avena”, molto nutrienti e molto in uso per l’alimentazione dei bambini e degli ammalati. (M. La Greca e R. Tomaselli)
Le semine La semina consiste nell’affidare al terreno i semi delle piante, dopo l’opportuna preparazione. Le operazioni di semina si compiono all’incirca negli stessi periodi dell’anno secondo un calendario agricolo determinato dall’esperienza e dalla tradizione, oppure, come più spesso si fa oggi, secondo criteri scientifici che tengono conto dell’epoca più opportuna per il raccolto in correlazione con le vicende meteorologiche stagionali. Nel nostro paese la semina dei cereali (grano, avena, segale, orzo) viene fatta normalmente in autunno; quella delle leguminose, in primavera nell’Italia settentrionale e in autunno nell’Italia meridionale. Per altre colture particolari, come quella del granoturco, della saggina, della canapa e della barbabietola, la semina avviene in primavera. Alla semina, che deve trovare già il terreno sciolto dall’aratura e inumidito dalle piogge o dall’irrigazione, segue la erpicatura. Essa consiste nel passare sul terreno un telaio a maglie rettangolari munite di punte, oppure un cilindro munito di punte, in modo da estirpare le erbacce rimaste dopo l’aratura, comprimere il terreno ed affondarvi il seme. La semina può essere fatta in posto, cioè distribuendo la semente sul terreno, a mano oppure a macchina, come si fa per i cereali e il mais; oppure in appositi semenzai, riquadri di terreno dove la semina è fatta molto fittamente, dopo di che si procederà al trapianto ossia alla messa a dimora delle pianticelle poco dopo che esse siano nate.
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Il grano
grano
E’ una delle più importanti piante coltivate fin dai tempi preistorici e la sua coltura ha accompagnato lo sviluppo della civiltà. I chicchi disposti nella spiga su nodi alterni, sono costituiti da un frutticello (la cariosside detta volgarmente seme) rivestito da una buccia sottilissima. Nella buccia e negli strati periferici del frutticello c’è uno straterello di glutine ricco di sali, vitamine, grassi e cellulosa; nel nucleo centrale del frutticello c’è soprattutto una grande quantità di amido. Comunemente si distinguono i frumenti nudi e i frumenti vestiti. Tra i grani nudi, il grano tenero è il più importante nella coltivazione mondiale; i grani duri si prestano meglio alle regioni calde e aride. Il prodotto del frumento, cioè il chicco, viene utilizzato per l’alimentazione, il suo stelo, o paglia, come foraggio e come lettiera per gli animali, oltre che per la fabbricazione della carta. Il grano, con la macinatura, viene ridotto in farina e in questo stato si usa per la confezione del pane, della pasta, dei biscotti, ecc… Dal grano si ricava l’amido che, sottoposto prima alla saccarificazione e poi alla fermentazione, ci può dare un alcool di qualità inferiore utilizzato nell’industria. L’origine e la storia del frumento non si conoscono in modo certo. Pare che questo indispensabile cereale provenga dalla Persia.
Benchè formi la base essenziale dell’alimentazione di molti popoli, non è però il cereale coltivato di preferenza nel mondo. La sua coltura è poco estesa in Africa e in genere nelle zone equatoriali e tropicali, in Estremo Oriente, in Australia, dove viene coltivato soltanto in alcune regioni. Il frumento ha molti parassiti: numerosi funghi e insetti. Facile, per chi vive in campagna, assistere allo sviluppo della pianta del grano. Il frumento si semina in autunno nella terra già preparata dall’aratro. Il chicco resta sotto terra per alcuni giorni, e ai primi tepori ha già germogliato e ricopre il terreno di un’erbetta verde e tenera. Presto “accestisce” cioè mette molti steli laterali dalla base del culmo centrale. In seguito mette la spiga che fiorisce. Il vento favorisci l’impollinazione, che non avviene per opera degli insetti, e gli ovuli fecondati si trasformano in grani. La spiga granisce, i frutticelli prendono consistenza farinosa, e dopo poco la pianta ingiallisce, cioè diventa sempre più matura. A questo punto il grano viene mietuto, cioè falciato e raccolto in covoni, dopo di che è lasciato all’azione del sole che ne assorbe l’umidità. Quando il grano è ben secco viene passato alla macchina trebbiatrice che separa il chicco dalla paglia e dalla pula. I chicchi così ottenuti vengono portati al granaio dove subiscono altre operazioni: la vagliatura, cioè la separazione del chicco dalla pula (il suo rivestimento) che vi fosse ancora restata, e quindi la conciatura, cioè una preparazione fatta per impedire che i parassiti attacchino il raccolto. A questo punto il grano è pronto per essere portato al mulino e macinato. Anticamente gli uomini trituravano il chicco fra due pietre e questo sistema è ancora in uso presso alcune popolazioni. In seguito, come si è detto, furono costruiti mulini formati da due grosse pietre (macine) fatte girare una sull’altra con diversi mezzi. Anche qui il progresso ci ha saputo dare mulini perfezionati che fanno non soltanto il lavoro di macinatura, ma anche quello di spulatura, di cernita dei semi e di setacciatura. (Per molto altro materiale sul grano vai qui: https://www.lapappadolce.net/tag/grano/).
Storia del grano Gli antichi uomini che vivevano nelle praterie dell’Asia e si spostavano qua e là dietro le loro greggi, conoscevano già questa utile piantina. Essi avevano imparato a liberare un tratto di terreno dalle altre erbe e a gettarvi sopra i chicchi. Il grano sfrutta intensamente il terreno nel quale è coltivato, perchè succhia tutti i sali minerali che esso contiene. Se non viene intensamente concimato, ben presto questo terreno non può più nutrire le piante. Gli antichi uomini, però, non conoscevano l’arte di concimare i terreni. Quando un campo non rendeva, lo abbandonavano e si spostavano dove il terreno era ancora fertile. Così, sulla scia dei primi uomini, che dall’Asia si diffusero in tutte le terre conosciute, anche il grano raggiunse l’Europa, l’Africa, l’America.
A che cosa serve il grano? I chicchi del grano sono usati dagli uomini per farne pane e pasta. I chicchi di grano macinati nei mulini, cioè schiacciati e tritati con le macine, diventano farina. Il grano tenero, quello che serve a fare il pane, sopo esser stato macinato viene setacciato. In questo modo la farina viene liberata dalla crusca, cioè dalla buccia dei chicchi che è dura e di colore scuro. La farina che rimane è bianca e ricca di amido, ma ha perso, con la crusca, parte del glutine e delle vitamine. Il pane scuro, quello fatto con la farina nella quale è rimasta un po’ di crusca, benchè a molti piaccia meno del pane bianco, è in realtà più nutriente. Con la farina ottenuta macinando il grano duro, quello ricco di glutine, si fabbrica, invece, la pasta.
La tecnica contro la fame I Romani diffusero la coltivazione del grano in tutto il loro vasto impero: essi inventarono anche una macina entro cui il grano veniva sfarinato in modo finissimo. Molti fornai facevano lavorare gli operai con guanti e maschere di garza, perchè il sudore e l’alito non contaminassero l’impasto. Una delle poche invenzioni del Medioevo riguarda il frumento: si tratta dei mulini a vento, sviluppati poi dagli olandesi. In epoca moderna, vennero le grandi invenzioni tecniche che facilitarono la lavorazione del grano: la prima aratrice e seminatrice meccanica, le prime mietitrici-trebbiatrici tirate dai cavalli, e poi le prime macchine a vapore per il lavoro dei campi. Giacomo Watt, l’inventore della macchina a vapore, costruì un mulino a vapore sul Tamigi, ma i mugnai di Londra glielo incendiarono. Oggi la tecnica produce aratri meccanici capaci di tracciare contemporaneamente 18 solchi profondi 40 cm, di collocare i semi, concimare e ricoprire, tutto in una sola passata! Nello stesso tempo, gli scienziati selezionano e incrociano le varietà di grano per trovare quelle che meglio si adattano a un clima o all’altro, quelle che producono di più, quelle che servono ad usi speciali come la produzione della pasta dal grano duro. Sono conquiste della scienza che spesso non si trovano sui libri, ma si tratta delle invenzioni più preziose.
La semina del grano
In che cosa consiste la semina? Quale lavoro ha fatto il contadino prima di spargere i semi? Come può essere fatta la semina? Un chicco di grano darà una o più spighe? Che cos’è la spiga? In quale stagione, nel nostro paese, viene fatta normalmente la semina? Quando viene fatto il raccolto? Che cosa si ricava dal grano? Quali sono i nemici del grano? Com’è il fiore del grano? Che cos’è l’erpicatura? Quale prova fa il contadino per accertarsi di aver acquistato dell’ottimo grano?
Il grano Fra tutti i cereali, il più diffuso ed il più utile, perchè dà farina dall’alto potere nutritivo, è il grano o frumento. Lo si conosce da tempo immemorabile. La sua farina, mescolata con sostanze adatte che le permettono di lievitare e di gonfiarsi, dà il pane, la base dell’alimentazione umana dal tempo degli antichi Egizi che lo fabbricarono per primi. Data la grande diffusione del frumento in tutto il mondo, è logico pensare che ne esistano innumerevoli varietà, come è in realtà. Una grande distinzione è quella che si fa tra frumenti di grano tenero e quelli di grano duro; i primi danno specialmente farina da pane, mentre gli altri, che sono assai ricchi di una sostanza molto nutriente, il glutine, producono una farina adatta a preparare paste alimentari. Il grano duro, diffuso per opera degli Arabi, è coltivato in Canada e nelle regioni mediterranee. Il frumento viene seminato in autunno; dopo pochi giorni germoglia e spunta dal terreno come una tenera pianticella. Durante l’inverno il freddo ne arresta la crescita, ma non la danneggia. Tutti conosciamo il detto “sotto la neve pane”, che ci ricorda come la neve, con la sua coltre, protegge i teneri germogli, impedendo loro di gelare. Coi primi soli primaverili il grano riprende a crescere: verso la tarda primavera o l’estate, secondo i climi, sarà pronto per la falce.
In Egitto comincia la storia del pane Seimila anni or sono, il frumento era già apparso sulle rive del Nilo. Le pianticelle del nuovo cereale provenivano dall’Altipiano Etiopico. Furono ben accolte dagli abili agricoltori egiziani e seminate con cura sui campi fecondati dal Nilo, accanto a un altro cereale dai duri chicchi: l’orzo.
Con l’orzo e col frumento non di faceva il pane: i chicchi venivano schiacciati, la grossolana farina veniva impastata con acqua e cotta in focacce, fra mattoni roventi. Ma un giorno una donna, dopo aver preparato le focacce per il giorno dopo, dimenticò un po’ di pasta in un angolo. Qualche tempo dopo, nel riprendere la lavorazione, si accorse di questa pasta e vide che in essa erano avvenuti strani cambiamenti: si era gonfiata ed appariva piena di bollicine. Oggi noi sappiamo che si trattava delle spore del lievito che, portate dall’aria, avevano fatto inacidire e lievitare l’impasto. Allora, la donna egizia non seppe che pensare. Chiamò tutta la famiglia e mise quella strana pasta nel forno. Era un prodigio davvero, un miracolo della provvidenza che conduceva l’uomo alla scoperta del pane: dal forno non uscì la solita focaccia, ma qualcosa completamente nuova, una sostanza profumata, soffice, diversa da quanto s’era visto e mangiato fino allora: era nato il pane!
Il grano, base della nostra alimentazione Da tempo immemorabile il frumento è stato alla base della nostra alimentazione, insieme con una certa misura di altri cereali: pane italiano di tutte le fogge, dalle larghe pagnotte pugliesi ai bianchi gioielli in pasta di semola ed agli azzimi della Sardegna, pane di tutte le sfumature fra il nero e il candido, pane ad acqua, olio e mentuccia dei pastori maremmani e sfilatino spaccato, col pomodoro dentro, degli operai napoletani. E poi la piada romagnola, la pizza, la schiacciata di Mantova, le infinite varietà di paste alimentari… E, del frumento, esistono due principali qualità: il grano tenero, usato per il pane, e il grano duro, usato per le paste. L’Italia del centro e del nord coltiva soltanto il primo, le isole maggiori coltivano soprattutto il secondo. In tutto, circa un quinto della nostra superficie coltivabile è dedicata al grano; ma, sia per insufficienti metodi di coltura, che per altre ragioni, non raggiungiamo ancora l’autosufficienza. Per di più, la produzione varia molto da regione a regione, a causa del diverso rendimento del suolo. Ad esempio, la Sicilia è al primo posto in rapporto all’area coltivata a grano, ma al quarto o quinto posto per produzione.
Il grano e l’uomo Tra giugno e luglio, il grano dona all’uomo il so frutto prezioso ed il campo, pieno e dorato, rivela tutta la sua ricchezza. La falce o la macchina recidono lo stelo: è la mietitura. Con la trebbiatura le cariossidi vengono separate dalle spighe ed i chicchi, così ottenuti, vengono avviati ai mulini, dove dal pericarpo si ricaverà la crusca e dal seme la farina, con la quale verrà fatto il pane e la pasta.
Il calendario del grano Se vi chiedessero in che mese si miete il grano, voi risponderesti “In giugno” e sbagliereste. Il grano si raccoglie durante tutto l’anno e non c’è mese dell’anno in cui non di mieta in qualche Paese del mondo. Il grano infatti è il cereale più diffuso sulla terra e alligna e prospera da per tutto, dai Tropici al Circolo Polare. Ecco un interessante calendario del grano. In giugno si miete in Italia, in altri Paesi del Mediterraneo e in California. Il luglio si miete in Francia, in Ungheria, nella Russia meridionale, negli Stati Uniti e nel Canada. In agosto si miete in Germania, in Belgio, in Inghilterra e nel Canada orientale. In settembre si miete nel Canada settentrionale, in Scozia, in Scandinavia e nella Russia centrale. In ottobre si miete nella Russia settentrionale. In novembre nell’Africa australe. In dicembre nell’Australia e nella Nuova Zelanda. In gennaio si miete in Argentina. In febbraio in India. In marzo in India e in Egitto. In aprile nei Paesi del Mediterraneo orientale e in Messico. Finalmente, in maggio, si miete in Cina.
Quale raccolto può dare un solo seme di frumento? Il frumento dell’uomo primitivo era esiguo. Probabilmente ogni pianta dava un solo stelo con scarsi chicchi. Ora da un solo seme si ottengono da sei a dodici steli, ed alcune piante ne hanno tre o quattro dozzine, con la ricchezza di altrettante spighe. Una spiga può produrre da trenta a cinquanta chicchi; dunque un solo seme di frumento può dare oggi un raccolto di tre o quattrocento chicchi.
Le radici del frumento e la loro parte nella maturazione del chicco
La pianta del frumento è meravigliosamente adatta per l’impollinazione a mezzo del vento, sebbene spesso si impollini da sè. Il fiore a spiga si eleva nell’aria, e le antere mature, che contengono il polline, sono spinte fuori. Essendo lunghi e sottili, questi filamenti penzolano e oscillano alla minima scossa; perciò il loro polline cade sull’estremità del pistillo provvisto di peli, che facilmente trattengono il polline. La pianta ora comincia ad utilizzare la grande quantità d’alimento immagazzinata nelle sue radici facendo così maturare i chicchi. Le radici penetrano fino a considerevole profondità nel terreno per trarne abbondante nutrimento, e se le varie pari delle radici si disponessero in linea retta esse raggiungerebbero una lunghezza inverosimile. La pianta di frumento sta in posizione eretta, sebbene abbia un’apparenza così fragile; il fusto di grano è il più bell’esempio di forza combinata con la leggerezza e l’economia del materiale. Un buon chicco di grano è gonfio ed ha un rivestimento liscio e sottile: tagliato in mezzo, esso appare semitrasparente.
I molti nemici del grano
Il frumento ha molti nemici, che l’agricoltore deve continuamente combattere per salvare il prodotto. Il topo campagnolo a coda lunga e il topo dei raccolti divorano i chicchi in sviluppo; il topo comune ed il ratto attaccano lo stelo; insetti dannosi, quali la mosca del grano, la cimice, qualche specie di dittero e il moscerino del grano attaccano la pianta in sviluppo. Affliggono il frumento anche varie specie di funghi delle quali la peggiore è la notissima “ruggine del grano”, che segnala la sua presenza a danno avvenuto, mediante strisce brune o nere sulle foglie.
Perchè la pasta è dura e compatta e il pane è soffice e spugnoso? Vi ricordate quei piccolissimi esseri che vivono nell’aria, nella terra, nell’acqua, i batteri? Oltre ai batteri, esistono altri piccolissimi esseri viventi, anche essi tanto piccoli da essere invisibili. Alcuni di essi si chiamano lieviti e sono piccolissimi funghi, che possono vivere liberi nell’aria. Come tutti gli esseri viventi, anche i lieviti si nutrono e respirano. che cosa avviene nella pasta del pane, cioè nella farina impastata con l’acqua, quando in essa vanno a cadere alcuni di questi lieviti? I lieviti nella pasta del pane incominciano a nutrirsi e a produrre, fra l’altro, un gas, l’anidride carbonica. L’anidride carbonica forma nella pasta del pane delle bolle. La pasta si gonfia e non è più compatta. Quando poi il pane è messo nel forno, il calore fa evaporare l’anidride carbonica e il pane resta tutto pieno di cavità, come una spugna. Quando i panettieri fanno il pane, non possono certamente aspettare che nella loro pasta vadano a cadere i lieviti che sono nell’aria. Adoperano quindi dei lieviti disseccati, riuniti a formare quello che si chiama lievito di birra. Non appena mescolati alla pasta e tenuti in ambiente caldo, i lieviti cominciano a nutrirsi e a respirare e, in breve tempo, il pane si gonfia, o come si dice meglio, lievita. Il pane lievitato viene messo a cuocere nel forno, dal quale esce dorato e croccante. Il calore del forno, però, deve essere ben dosato. Se nel forno il calore è troppo poco, il pane resta umido e molliccio; se il calore invece è troppo, il pane brucia e diventa nero e duro come il carbone. Tutti i forni perciò sono muniti di un termometro situato fuori dal forno, sul quale si può controllare qual è, in ogni momento, la temperatura all’interno. (P. Gribaudi)
Il grano Ogni chicco di grano è un frutto di forma ovoidale, chiamato cariosside. Appuntito da una parte e arrotondato dall’altra, ricoperta da una lieve penuria, esso è percorso, per tutta la sua lunghezza, da un solco stretto. Il frutto vero e proprio è il solo pericarpo, costituito da una serie di membrane tegumentali sovrapposte, aventi uno spessore complessivo non superiore a un decimo di millimetro. Esse sono: il tegumento proprio del seme, la testa, sotto la quale si trova lo strato di aleurone, che contiene il glutine. Il glutine è una sostanza gommosa, che rende elastico l’impasto della farina con l’acqua e che rende il pane più nutriente e di più facile digestione. Nell’interno, infine, si trova il seme costituito dalla mandorla, che nei grani teneri è bianca e farinosa e nei grani duri è verde e vetrosa, e dell’embrione o germe del grano. Anche l’embrione è ricco di glutine. Nel chicco di grano troviamo le stesse parti che abbiamo osservato nel fagiolo, ma un solo cotiledone, piccolo e difficilmente distinguibile, che si trova tra l’embrione e la mandorla. Il chicco di grano viene seminato in autunno o in primavera in un terreno rimosso, in modo che l’aria lo raggiunga facilmente. Se la temperatura è di almeno sei gradi, ha inizio la germinazione. Utilizzando le riserve contenute nel seme, la radichetta si sviluppa dirigendosi verso il basso mentre il fusticino si volge verso l’alto. La radice è costituita da un fascio di filamenti, lunghi fino a un metro. Il fusto o stelo di grano è quanto di più razionalmente economico si possa concepire; esso è costituito da un tubetto di cellulosa, rinforzato da molto materiale siliceo e vuoto all’interno. Robustezza e leggerezza danno un’armonica combinazione di forza e di economia di materiale. Lo stelo è suddiviso in cinque – otto segmenti, separati da ingrossamenti detti nodi. In corrispondenza di questi si trovano le foglie a forma di nastro, appuntito all’esterno, mentre alla base formano una specie di grondaia per deviare l’acqua di pioggia. Inferiormente al nodo, la foglia avvolge strettamente lo stelo fino al nodo sottostante. La fioritura del grano non è vistosa, essendo il verde l’unico colore che si nota; anche gli insetti ignorano l’esistenza di questi fiori. Inoltre, tra la pianta matura e la pianta in fiore non si nota una grande differenza: sia i fiori che i frutti sono disposti a spiga e si formano all’estremità del fusto. Nel grano i fiori sono disposti su due file e risultano costituiti da una sorta di foglie, dette glume, e da altre più piccole, chiamate glumette: le une e le altre racchiudono gli organi propri del fiore. Tra questi si notano due pennacchi piumosi dei quali, per ora, notiamo la presenza senza precisarne le funzioni, di cui si parlerà più avanti. Il passaggio dal fiore al frutto si nota appena all’esterno. I chicchi, allocati là dove si trovano i fiori, sono rivestiti dalle glumette e dalle glume; talvolta queste ultime si prolungano in un sottile e rigido filamento, la resta. A questo punto si può considerare concluso il ciclo vitale del grano che, come il fagiolo, è una pianta annuale. (S. Stolfa)
La storia del pane I primi uomini non sapevano coltivare le piante. Vagavano tra le steppe e le immense foreste a caccia di animali, mentre le donne scavavano le radici commestibili e raccoglievano semi e bacche. C’erano alcuni semi che ogni anno, d’estate, si trovano in abbondanza in certe zone: erano i chicchi d’orzo e di frumento. Le donne li raccoglievano, e riempivano bisacce di pelle, pr portarli con sè nei lunghi vagabondaggi nella foresta. Prima di partire, però, non dimenticavano di spargere qualche chicco sul terreno per propiziarsi gli dei. Quando, dopo il duro inverno, ritornavano sui loro passi, trovavano con grande meraviglia che i chicchi lasciati sul terreno avevano germinato e dato origine a nuove pianticelle, dalle spighe gonfie. Fu così che l’uomo imparò a seminare i chicchi per ottenere nuove piante. E fu in questo modo che alcuni uomini da cacciatori, si fecero agricoltori, coltivando il grano per sè e per le loro famiglie, e inventarono nuovi attrezzi per lavorare la terra, quali le vanghe e più tardi gli aratri. E poichè la vita dell’agricoltore è un po’ meno dura di quella del cacciatore, la popolazione rapidamente si moltiplicò. Ma non si conosceva ancora l’arte di preparare il pane. Il grano non era un cibo adatto per i bambini più piccini. Essi non riuscivano a masticare quei semi così duri. Qualche mamma pensò allora che si poteva anche triturarli pestandoli tra due pietre. Provò e riuscì ad ottenere una farina grossolana, che piacque ai piccini e anche ai grandi. Aveva scoperto il modo di macinare il grano. Con la farina d’orzo e di frumento le donne impastavano piccole gallette che seccavano al sole. Poi impararono a mettere le focacce di pasta sopra pietre roventi o tra le braci, o sotto la cenere. La pasta abbrustolita e cotta era molti più saporita. Era nato il pane. Anche i cacciatori ora partivano per le battute di caccia nella foresta con una scorta di focacce di pane nella bisaccia. Il pane era un alimento meraviglioso: poco meno nutriente della carne, poteva essere conservato assai più a lungo, specie nella stagione calda. Intanto, col passare del tempo, l’uomo imparava sempre meglio a lavorare la terra per seminarvi il grano. Nelle palafitte del lago di Ledro è stato trovato un aratro di legno. Dunque a quel tempo non si smuovevano più le zolle con il rudimentale punteruolo, ma si arava già con l’aiuto degli animali da traino, e il grano, nel terreno così preparato, cresceva più abbondante. I primi a conoscere l’arte di preparare il pane vero e proprio furono gli Egiziani. Lo storico Erodoto ci narra che in Egitto gli schiavi usavano impastarlo con i piedi, cuocendolo poi in forma di piccole pagnotte rotonde o di sfilatini. Il pane comune era di farina d’orzo; quello di frumento era riservato ai ricchi e alla corte del Faraone. Le pagnotte servivano anche come moneta: i servi venivano pagati con forme di pane. Era così grande il valore attribuito al grano che spesso i mercanti partivano con le navi cariche di frumento, per usarlo come mezzo di pagamento nei porti dove si recavano ad acquistare le merci. Le prime monete greche di metallo pregiato portavano spesso incisa una spiga., per ricordare che la moneta stessa rappresentava la vera ricchezza: il grano. L’invenzione del pane diede un grandissimo impulso al progresso umano. L’agricoltore, infatti, doveva quasi ogni giorno risolvere nuovi problemi: scavare canali per irrigare i suoi campi, costruire carri per trasportare il suo grano, dividere e misurare gli appezzamenti di terra, stabilire un calendario che gli dicesse quando seminare e quando mietere. Dal lavoro agricolo nacque la prima scienza umana. Presso i Romani troviamo i primi forni pubblici, in cui la gente poteva andare ad acquistare il pane come si fa oggi nelle panetterie. Questi forni erano controllati dallo Stato, per evitare che alla farina si mescolassero sostanze non permesse. I fornai erano spesso schiavi alle dipendenze di un padrone. Già allora, per alleviare la fatica, si usavano macchine impastatrici formate da una vasca circolare di pietra in cui un grosso legno a pale rimestava la farina e la impastava. Non tutti però si servivano dei forni pubblici. Le grandi famiglie romane avevano forni privati, con propri schiavi panettieri. Negli scavi di Pompei sono stati rinvenuti alcuni di questi forni. Ma l’Impero cadde sotto l’urto dei barbari, e l’agricoltura rapidamente declinò. I barbari infatti non erano agricoltori, ma cacciatori e guerrieri; e dovette trascorrere molto tempo prima che essi imparassero quell’arte, nuova per loro. I forni pubblici spariscono: chi può, specialmente in campagna, si cuoce da solo il proprio pane. Il grano è nascosto nelle botti e negli otri, per evitare che venga prelevato dalle soldataglie. Il pane si cuoce una o due volte al mese: ma sono pochi quelli che possono mangiarne tutti i giorni. Al tempo del feudalesimo le cose non vanno meglio che durante le invasioni barbariche. I signori feudali impongono ai contadini di usare solo il mulino e il forno del castello e arrivano a proibire i forni privati. In tal modo riescono a farsi pagare tasse sempre più forti. Bisognerà attendere il sorgere dei Comuni per vedere riapparire i fornai come artigiani indipendenti, uniti in corporazioni. Nel Comune, però, i fornai si limitavano a cuocere il pane preparato in casa dal cliente stesso. Erano rari quelli che ricevevano la farina o addirittura il grano da macinare. Nel Rinascimento l’arte di fare il pane si perfeziona e si diffondono ovunque i forni pubblici. I ricchi tuttavia preferiscono avere il loro forno in casa, anche per essere sicuri di mangiare pane genuino. In quei tempi di carestie frequenti, infatti, certi fornai usavano mescolare la farina con altre polveri. Il popolino considerava tutti i panettieri ladri e affamatori, a volte assaltava i forni per vendicarsi. Pene severissime erano riservate ai panettieri disonesti: se si coglievano in fallo venivano inchiodati per un orecchio alle porte della bottega. Oggi i panettieri non vengono più inchiodati per un orecchio, come qualche secolo fa, anche se qualche volta si trovano ancora i disonesti che mescolano al pane sostanze nocive o non consentite dalla legge. Si deve riconoscere che il pane che mangiamo noi è pulito e genuino, oltre che saporito, grazie ai rigorosi controlli igienici e alle moderne macchine che permettono la completa lavorazione automatica. E’ assai diffuso tuttavia l’uso del pane bianco, assai più digeribile ma meno completo e perciò meno nutriente del pane nero o integrale. Fin dall’antichità si cercò di costruire macchine che facilitassero il lavoro faticoso del fornaio, ma i primi buoni risultati si ottennero solo verso il 1800. Da allora si è continuato a perfezionare le macchine, a costruirne di nuove, fino ad arrivare alle attrezzature dei moderni panifici, dotati di perfetti forni elettrici o a vapore. Sopravvivono ancora i forni a legna.
La panificazione Oggi la panificazione viene effettuata con macchine automatiche. Noi però vi faremo vedere come si prepara il pane a mano, per rendere più comprensibile il procedimento. Innanzitutto si fa un impasto di farina, lievito e poca acqua. Quando la pasta incomincia a lievitare si aggiunge altra acqua e farina. Il lievito rende gonfio e spugnoso l’impasto. Alla fine si aggiunge il sale. Quando la fermentazione è a buon punto, si divide la pasta in pezzetti. Ogni pezzetto viene modellato e poi ridotto nella forma dovuta. Ora le pagnotte si lasciano riposare perchè finiscano la fermentazione. Dopo circa mezz’ora si introducono nel forno a temperatura di 200 – 300 gradi. Il pane si dilata ancora al calore, forma la crosta e cuoce. E’ pronto per la vendita.
Pane per tutti Il pane può avere forme svariatissime. In Francia di solito è preparato in grossi sfilati lunghi mezzo metro e più. In Germania abbiamo grosse pagnotte scure, fatte con grano e segale. In Austria sono famosi i piccoli pani di Vienna. In Ungheria le grosse forme di due o tre chili sono fatte con farina di frumento e di patate. In Italia… lo sapete anche voi quante qualità di pane, condito o semplice, si possono trovare dal panettiere. Oggi da noi il pane si trova in abbondanza e a prezzi accessibili a tutti.
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Il riso
E’ una pianta conosciuta dalla più remota età. I primi a coltivarla pare siano stati gli Indiani e quindi i Cinesi ed i Giapponesi che oggi ne fanno il loro nutrimento principale. il riso si semina fitto in appositi vivai da dove si trasporta, poi, a dimora, costituita da campi allagati naturalmente o artificialmente, che si chiamano risaie e nelle quali prospera fra i lunghi argini che soli interrompono le vaste pianure. In giugno o luglio ha luogo la monda, cioè l’estirpazione delle cattive erbe che crescono in mezzo alle piante di riso. Tale lavoro veniva un tempo svolto dalle mondine, che stavano ore ed ore con l’acqua fino alle ginocchia, sotto il sole cocente, a compiere la loro grave fatica. D’autunno si prosciugano i campi e le spighe di riso, giunte a maturazione, vengono falciate. Quando il riso è asciutto si batte, cioè si separano i granelli dallo stelo, e si raccoglie in sacchi che vengono posti ad essiccare in appositi forni. Il riso che noi comunemente usiamo è il riso brillato, cioè privo della pellicola esterna.
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Il granoturco
mais
Sono note a tutti le gialle pannocchie fitte di chicchi, che si producono quasi in ogni regione d’Italia. In qualche paese le pannocchie vengono consumate dopo averle abbrustolite sul fuoco, ma generalmente i chicchi vengono macinati ricavandone una farina con cui si fa la polenta, cibo di facile digeribilità e di alto potere nutritivo. Il granoturco è originario dell’America del Sud e fu importato in Europa nel XVI secolo. Si semina in aprile e maggio e il suo raccolto si effettua per lo più in settembre.
La scoperta del mais La terza graminacea in ordine di importanza (precedono il frumento e il riso) è il granoturco. Turco? E’ forse originario della repubblica della mezzaluna? State a sentire. Nell’anno 1492, il giorno 28 ottobre, verso mezzogiorno, tre minuscole caravelle chiamate Santa Maria, Nina e Pinta toccarono per la prima volta le coste dell’isola di Cuba; e il grande genovese che le aveva guidate oltre i confini del mondo conosciuto, volendo avere qualche notizia di quell’isola meravigliosa, inviò a terra due suoi fidi: Rodrigo di Xeres e Luigi de Torres. Narrarono che i nativi si nutrivano spesso di certi grani chiamati maiz di buonissimo sapore quando erano cotti arrosto o pestati e ridotti in polenta. Si trattava del mais, del frumentone, il quale non tardò a essere trasportato e coltivato in Spagna donde si diffuse in molte Nazioni europee e anche, estesamente, in Italia.
Il mais La pianta del mais venne importata nel 1543 in Toscana, nel 1560 a Rovigo. Le odierne varietà si distinguono per altezza, per forma, per grossezza, per l’epoca della semina e della raccolta. La qualità più coltivata, perchè più redditizia, ha il chicco giallo; si semina all’inizio della primavera e si raccoglie al principio dell’autunno. Nei luoghi che hanno la possibilità di irrigazione si seminano le varietà di breve vegetazione, il “quarantino” e il “cinquantino”, nei terreni che già hanno prodotto frumento. Il seme deve essere tolto dalle pannocchie più belle sgranate al tempo della semina. Il granoturco vuole terreni freschi, poco compatti, ben concimati, profondamente arati. Appena le piantine segnano le file, richiedono la sarchiatura con zappa e aratrino e la diradatura. Il granoturco matura in pianura e in collina, fino a 500 metri sul livello del mare. Attualmente in Italia la sua coltivazione è accentrata nelle regioni della polena, Piemonte, Lombardia, Veneto, poi nell’Emilia, Friuli, Toscana, Marche, Campania. L’uso della farina di mais, privato della corteccia vitaminica che circonda il seme, portò nei secoli scorsi alle gravissime epidemie di una particolare avitaminosi (simile allo scorbuto) detta pellagra, che colpiva le genti dell’Italia settentrionale. Ora che la farina di granoturco va scomparendo dall’alimentazione, e comunque il suo uso è integrato da altri cibi apportatori di vitamine, anche la pellagra è praticamente scomparsa. Larga quantità della produzione di mais è destinata ora all’alimentazione del bestiame.
Le pannocchie Or che il granoturco fu raccolto, a gara le massaie hanno appeso in molte file alle rozze verande le pannocchie. Splendono le pannocchie sui graticci di legno, gialle, d’un bel giallo ardente che è quasi rosso, fitto di rotondi chicchi, lieto allo sguardo e liete al cuore. Splendono le pannocchie al sol d’autunno, tutte certezza: ed ai fanciulli parlano della polenta che la madre al fuoco nel paiolo rimesta, e d’un sol colpo sul tagliere arrovescia e, nel buon fumo ravvolta, suddivide in tante fette quante le bocche. (G. Pascoli)
La leggenda del mais Noi sappiamo che il mais fu per lungo tempo coltivato dalla maggior parte delle tribù di Indiani d’America non nomadi, cioè le più numerose. Essi consideravano questa pianta preziosissima, un dono davvero divino: ne sapevano cucinare i frutti in mille modi diversi, da cui sono derivate molte tipiche ricette americane. Sul mais si narra questa leggenda, che fa parte delle tradizioni della tribù del nord dei Chippewas. Woo-Na-Mone, genio delle foreste e delle piante, fu in vita un cacciatore valentissimo: aveva la forza dell’orso e la rapidità del daino, e mai la sua freccia falliva un bersaglio. Accadde un giorno che i suoi magici mocassini lo portassero in un territorio sconosciuto. Di fronte alla prateria immensa di alte erbe che si stendevano a perdita d’occhio, il gran cacciatore non ebbe un momento di esitazione. La sua temeraria curiosità lo spinse a penetrare nella prateria. Ma egli non andò lontano: improvvisamente davanti a lui le verdi fronde si agitarono e apparve uno strano personaggio- Era piccolo di statura, e a malapena, tendendo le braccia, avrebbe potuto sfiorare il viso di Woo-Na-Mone. Sul capo portava un pesante turbante, formato dai suoi capelli biondi intrecciati, tra cui spuntavano due lunghe e bizzarre fronde verdi. Il suo abito era tutto intero, liscio e verde come l’erba. Portava una sacca di foglie intrecciate da cui usciva una lunga pipa: egli la riempì e la offrì a Woo-Na-Mone, dopo averne tirato una boccata. Woo-Na-Mone fumò a sua volta la pipa della pace, poi parlò: “Io sono il forte Woo-Na-Mone, a cui nessun uomo può resistere!” E lo strano personaggio gli rispose: “Anch’io sono assai forte, più forte di ogni uomo, ma non ti dirò il mio nome, se non riuscirai a battermi!” Woo-Na-Mone scoppiò in una gran risata e si alzò in tutta la sua imponente statura, gonfiando di orgoglio il suo poderoso torace. I suoi lunghi capelli neri e le frange scomposte del suo abito barbaro gli davano un aspetto davvero impressionante. Ma il piccolo sconosciuto non si lasciò turbare, e così parlò: “Se tu mi vincerai, dunque, io ti donerò qualcosa che potrai trasmettere alla tua tribù”. Ebbe allora inizio la gara: vincitore sarebbe stato chi fosse riuscito per primo a mettere a terra l’avversario. Woo-Na-Mone si accorse ben presto che il suo antagonista era davvero molto veloce e molto forte, e più volte si trovò in difficoltà sotto l’attacco del piccolo sconosciuto. Il cielo si arrossava ormai all’orizzonte: Woo-Na-Mone decise che la sua vittoria avrebbe dovuto brillare all’ultimo sole. Con un ultimo sforzo sollevò il piccolo uomo biondo e lo gettò al suolo con violenza, facendo fremere il terreno intorno, poi lo calpestò nella polvere, fra le erbe sparse. “Sono vinto”, sospirò a questo punto lo strano personaggio, “tu sei davvero il più forte. Ascolta! Io sono il Mais. Faccio dono del mio corpo agli uomini dalla pelle rossa. Ricoprimi ora di terra in modo che io non mi possa più muovere. E tra luna sii di nuovo qui”. Woo-Na-Mone obbedì: tornò nella grande prateria e lasciò trascorrere un’intera luna. Passato questo tempo, si avviò sul luogo dove aveva combattuto l’incredibile duello. Nel punto in cui il suo avversario era stato sepolto crescevano ora due lunghe foglie verdi, le stesse che adornavano il turbante del misterioso Mais. E a un tratto si sentì la sua voce: “Prenditi somma cura di questa pianta che tu vedi agitarsi alla brezza. Quando le sue pannocchie saranno mature, poni nella terra i semi e attendi. Quando i semi che tu avrai piantato daranno i loro frutti, tu prendi il raccolto e distribuiscilo tra gli Indiani. Dal nutrimento che darà loro questa pianta essi ben presto trarranno forza e ricchezza. Ma tu non dimenticare di rendere onore e gloria al mio nome ogni qual volta il raccolto di queste piante sarà maturo”. Così ogni anno a settembre c’è festa tra i pellirosse; essi devono questo omaggio al Mais che tolse loro la paura della fame.
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La segale
segale
La segale è il frumento delle terre povere e dei paesi di montagna dove non prospera il grano; dopo il frumento, essa contiene maggior percentuale di glutine di ogni altro cereale; è questa la ragione per la quale fu sempre intensamente coltivata in Europa, in regioni dove il suole e il clima non sono adatti a produrre il frumento.
La farina di segale è usata dalle nostre popolazioni di montagna soprattutto per la confezione del pane; ma per avere un pane veramente sostanzioso essi lo mescolano a farina di grano. La paglia della segale è molto flessibile e lunga, ma non è adatta come cibo per il bestiame: essa, invece, è molto usata nella fabbricazione della carta, del cartone e dei cappelli di paglia, nonchè come lettiera per gli animali.
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Il grano saraceno
Originario dell’Asia, il cosiddetto grano saraceno viene coltivato specialmente nei paesi settentrionali ed in montagna, per farina che danno i suoi chicchi, adatta per il pane e per la polenta. Si tratta, come è noto, d’un grano di colore scuro, e questa leggenda vuole spiegare l’origine del suo colore. Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l’aria ancora volava la pula. “O di casa!” dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l’indomani l’aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: “Su, spicciamoci ad alzarci, perchè abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori!”. “Dormi e taci” rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall’altra parte. S’erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano, e: “Beh? Credete di starvene a poltrire dino al giorno del giudizio, voi altri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle?”. Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se ne andò di furia. “Avete visto se avevo ragione?” disse Pietro, fregandosi le spalle. “Su, su, andiamo a lavorare, se no quest’accidente di donna ci concia per le feste” E il Signore di nuovo: “Dormi e taci”. “Dite bene voi, ma se torna, se la prende con me!” “Se hai tanta paura” disse il Signore, “passa qua, e lascia che al tuo posto vada Giovanni”. Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre. La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. “Come, ancora a dormire, siete?” e, per non fare ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello di mezzo, che era di nuovo Pietro. “Sempre a me!” gemeva Pietro; e il Signore, per farlo stare tranquillo, scambiò il posto con lui. “Così sei più riparato. Dormi e taci”. Tornò la vedova, e: “Adesso tocca a te!” e giù un’altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno. “Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto” e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna. Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: “Portami un tizzone acceso” e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell’aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense, si credeva di aver solo cenere: invece c’era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia. I tre non aspettarono nemmeno d’esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenze e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l’aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull’aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all’aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella. La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori nel villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: “Va’, salva quello che puoi, e insegnale che si deve rendere bene per male”. San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com’era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma, per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntiti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra. (Italo Calvino)
I CEREALI materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
IL PANE materiale didattico vario: dettati ortografici, letture, ecc…, di autori vari, per bambini della scuola primaria.
Il pane
L’uomo preistorico abbrustoliva i semi del grano per mangiarli e imparò soltanto più tardi a triturarli e ad impastare e cuocere la farina che ne ricavava. Questo sistema è usato ancor oggi da alcuni popoli che ottengono in questo modo una galletta dura e compatta di difficile digestione. Soltanto in un secondo tempo l’uomo imparò ad usare il lievito. Di questo si conoscono due specie: il lievito di birra e il lievito di pasta. Entrambi sono prodotti da speciali fermenti. Il lievito di pasta, usato per la confezione del pane casalingo, si ottiene facendo fermentare per alcune ore all’aria un pezzo di pasta. La fermentazione, cioè la lievitazione, avviene per opera di un fungo che si sviluppa nella pasta e che scompone l’amido della farina in alcool e anidride carbonica. La pasta lievitata rigonfia appunto, per opera dell’anidride carbonica, ed emana un odore di vino per opera dell’alcool che si è formato. I principali componenti della farina sono il glutine e l’amido. Quest’ultimo è formato da tanti minutissimi granelli compatti, di un colore bianco candido. Il glutine è grigiastro, vischioso ed elastico. Quando si aggiunge acqua alla farina preparata per fare il pane, i granellini di amido di rammolliscono e si gonfiano, aumentando di volume, e il glutine si riunisce a formare una massa molle e compatta, pronta a ricever l’azione del lievito. Con la lievitazione, la pasta si solleva, si gonfia, in una parola fermenta. Durante la fermentazione, l’amido si trasforma in destrina e quindi in zucchero o glucosio. E’ appunto quest’ultima sostanza che produce, oltre all’alcool, l’anidride carbonica per opera della quale il pane diventa spugnoso, ricco di piccole cavità. Quando il pane cuoce nel forno, il gas, dilatandosi, allarga ancora queste cavità e la massa cresce ulteriormente di volume. Il pane si può fare anche con altri tipi di farina: con le segale, meno ricca di glutine, con l’avena, con l’orzo, col granoturco, ecc… Nei paesi caldi, come in Africa, il raccolto del grano si fa due volte l’anno. Nei paesi freddi dove il grano non potrebbe arrivare a maturazione, si coltiva l’orzo primaverile che matura in soli tre o quattro mesi. L’avena, che ama l’umidità e il clima piuttosto fresco, viene di preferenza coltivata nei paesi nordici dove si usa, infatti, pane di avena. Il pane può essere confezionato in diverse forme: pagnotte, sfilatini, panini, filoni, grissini, ciambelle. Il pane integrale, fatto con farina meno setacciata e quindi più scura, è più nutriente del pane bianco anche perchè utilizza l’embrione, elemento prezioso, che è fissato alla crusca e che assurdamente viene eliminato con questa, togliendo al pane gran parte delle sue qualità nutritive. Con la farina di grano si fanno le paste alimentari di cui in Italia esiste una vasta e ottima produzione, oggetto di esportazione in tutto il mondo. La pasta è fabbricata prevalentemente a macchina e assume le più svariate forme.
Non sciupare il pane
Non sciupare il pane! Pensa che è costato tanta fatica e che il contadino ha seminato in autunno per raccogliere soltanto in estate. Per tutto l’anno egli ha trepidato per le gelate, per i temporali, la siccità, la malattia. E soltanto quando ha potuto mettere il suo grano al sicuro egli ha tratto un sospiro di sollievo.
Il pane
Mi chiamano ciambella, sfilatino, panino, cornetto, ma sono sempre il pane. La mia crosta è dorata. La mollica è soffice, bianca, morbida. L’anno scorso ero ancora erba verde nei solchi dove le allodole facevano il loro nido. Sono stato poi spiga matura che l’uomo ha mietuto, trebbiato, macinato. Divenni bianca farina che il fornaio ha impastato con l’acqua, il sale, il lievito, e poi ha cotto al forno. Quando tu mangi un pezzo di pane, ricordati di quanto ti ho detto.
Il grano
Gli uomini trovarono un’erba dal lungo stelo, che da un seme solo fa tante spighe ed ogni spiga tanti chicchi, i quali macinati, danno una polvere così bianca, così molle e queste, intrisa e rimenata e cotta, dà un cibo così soave, così forte! Quell’erba è la divina vivanda che di fa vivere: il pane! (G. Pascoli)
Il pane
Quante fatiche, quante ansietà, quante pene sono contenute in un pezzo di pane! I grandi bovini che erpicano la terra, il contadino che lo buttò a manciate nel maggese invernale, i primi fili che vincono, teneramente, la scura umidità della terra, e i mietitori che piegano i colli anneriti, l’intera giornata e c’è da legar le manne, da portarle sull’aia. (G. Papini)
I lavori per il pane
Dopo trebbiato bisogna aspettare un po’ di vento che non sia troppo fiacco, ma neanche forte per dividere, col vaglio, i chicchi buoni dalla pula e poi c’è da macinare e da toglier la crusca con lo staccio, e da sfiorar la farina e da scaldar l’acqua per impastarla, e da scaldare il forno con l’erba secca e le fascine; tutto questo c’è da fare, con amore e pazienza prima di avere questo pane. (G. Papini)
L’arte di fare il pane
Gli uomini primitivi cuocevano il pane su pietre roventi. Essi facevano focacce non lievitate e non pagnotte e panetti, come noi. I primi forni pubblici, dove si cuoceva il pane e dove tutti potevano comperarlo, sorsero nell’antica Roma. Nel passato i forni erano a legna, ora sono a legna; in essi non si depositano sul pane ne cenere ne polvere e il pane è più bello. (G. Ugolini)
Non sciupare il pane
Non sciupare il pane. Pensa che esso è costato tanta fatica. Il contadino ha lavorato la terra, l’ha seminata. Quando le piantine sono spuntate, le ha mondate dalle cattive erbe. Venuto il caldo, egli ha mietuto le spighe mature. Le ha trebbiate, ha macinato il grano, ha impastato la farina per farne dei pani. I pani sono stati cotti al forno ed ora sono sulla tua tavola. Pensa a tutto questo quando stai per sciupare anche un sol pezzo di pane.
Esercizi di vocabolario Pane: pagnotta, panificare, panificazione, pancotto, pangrattato, panettone, pandoro, panino, panetto, panone… Pezzo, morso, tozzo, mollica o midolla, crosta, cantuccio, fetta. Il pane può essere: fresco, duro, rifatto, raffermo, caldo, odoroso, croccante, stantio, ammuffito, ben cotto, crudo, lievitato, mal lievitato, bianco, grigio, integrale, azzimo, soffice, leggero, bruciato, tostato, abbrustolito, biscotto, biscottato, midolloso, mollicoso, affettato, asciutto, bagnato, inzuppato,… Il pane si impasta, lievita, cuoce, brucia, si abbrustolisce, si mangia, si spezza, si gratta, si indurisce, si affetta, … Modi di dire: essere pane e cacio; se non è zuppa è pan bagnato; mangiare il pane a ufo; magiare pan pentito; non è pane per i suoi denti; vender per un pezzo di pane; rendere pan per focaccia; spezza il pane della scienza.
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
NUTRIZIONE E DIGESTIONE materiale didattico e letturedi autori vari, per bambini della scuola primaria.
La digestione
L’uomo, come tutti gli animali e le piante, per vivere e per crescere ha bisogno di nutrirsi, di introdurre cioè nell’organismo certe sostanze, dette alimenti. La trasformazione degli alimenti in sostanze capaci di fornire energia e calore al nostro corpo si dice digestione. Ad essa provvedono gli organi che formano l’apparato digerente: la bocca, la faringe, l’esofago, lo stomaco, il fegato, il pancreas e l’intestino.
La bocca Nella bocca il cibo viene masticato dai denti e impastato con la saliva. I denti sono 32: 8 incisivi a forma di scalpello, per tagliare; 4 canini appuntiti, per strappare; 8 premolari e 12 molari, larghi e piatti, per triturare. La parte visibile dei denti è detta corona, la parte ricoperta dalla gengiva è detta colletto, e quella che li fissa alla mascella si chiama radice. La saliva è una sostanza liquida che impasta i cibi; viene secreta da tre paia di ghiandole dette salivari. Nella bocca il cibo di trasforma in bolo.
Lo stomaco Dalla bocca il bolo passa nello stomaco, attraverso un tubo detto esofago. Lo stomaco è come una borsa elastica che contraendosi e rilassandosi rimescola il cibo e lo innaffia con un liquido, detto succo gastrico, secreto da tante ghiandole disseminate nelle sue pareti. Il cibo viene così trasformato in una poltiglia grigia, detta chimo. Questa trasformazione si chiama digestione.
L’intestino Dallo stomaco il cibo, attraverso il piloro, passa nell’intestino, un tubo più volte ripiegato su se stesso, lungo circa 10 metri. Nell’intestino il chimo viene bagnato dal succo del pancreas e dalla bile del fegato e così nuovamente trasformato in un liquido biancastro, il chilo. La parte buona e nutriente del chilo viene assorbita dai villi intestinali, attraverso i quali passa nel sangue che la distribuisce a tutte le parti del corpo. Così gli amidi, la carne, le uova, il formaggio ed i grassi sono trasformati in sostanze meno complesse, capaci di costituire materia vivente, ossia nuove cellule, e di fornire al corpo stesso energia. La parte non assorbita viene espulsa.
Per il lavoro di ricerca Perchè mangiamo? Perchè il nostro corpo può resistere solo 4 – 5 giorni senza nutrirsi? Ordiniamo e raggruppiamo in tre categorie tutti gli alimenti: grassi, carboidrati e proteine. Perchè il nostro corpo soffrirebbe se noi ci nutrissimo solamente con una sola di queste categorie di alimenti? Perchè è dannoso mangiare fuori pasto? Perchè è bene non andare a dormire subito dopo i pasti? E nemmeno studiare? Perchè se non mastichiamo bene avvertiamo dei dolori allo stomaco? Perchè questi dolori si avvertono anche se mangiamo troppo? La bevanda migliore per l’uomo è l’acqua. Spiega il significato della parola ‘potabile’ e fai ricerche in merito. Vai davanti allo specchio ed osserva attentamente come è fatta la tua bocca: lingua, palato, denti. A che cosa servono? Non tutti i denti sono di uguale forma: disegnali, impara i loro nomi e cerca da solo di comprendere la particolare funzione che ognuno di essi ha. Qual è la funzione della saliva? Che cosa la produce? Ti lavi sempre i denti? Qual è la funzione dello spazzolino? E del dentifricio?
La nutrizione
Ogni essere vivente può essere paragonato ad una lampada che arde: la sua luce ed il suo calore si producono solo mediante la combustione dell’olio. E come la fiamma minaccia di spegnersi se la lampada non viene periodicamente rifornita di combustibile, così il corpo degli animali e delle piante deve venire costantemente rifornito di nuovi alimenti che sostituiscono la materia bruciata e rendono possibile lo sviluppo di nuove energie. Come si manifesta in noi il bisogno di alimentarci? Si manifesta con due sensazioni caratteristiche che ben conosciamo, e cioè con la fame e con la sete. Esse sono l’indicazione più evidente che il nostro corpo ha bisogno di ricostruire quelle energie che ha perduto attraverso il lavoro, la fatica e il movimento. Il nostro corpo deve inoltre mantenere costante la propria temperatura; per servirci ancora una volta di un esempio, diremo che esso è come una stufa la quale, per mantenersi calda, ha bisogno di essere continuamente riempita di legna o di carbone. La nutrizione si compie mediante tre funzioni strettamente collegate fra loro: la digestione, la circolazione e la respirazione. Con la digestione gli alimenti che noi mangiamo vengono profondamente modificati; con la circolazione il sangue porta le sostanze nutritive elaborate a tutte le cellule; con la respirazione introduciamo nel nostro corpo l’ossigeno, un gas la cui presenza è indispensabile perchè nei vari tessuti avvenga la combustione delle sostanze alimentari.
La nutrizione
Ogni essere vivente può essere paragonato ad una lampada che arde: la sua luce ed il suo calore si producono solo mediante la combustione dell’olio. E come la fiamma minaccia di spegnersi se la lampada non viene periodicamente rifornita d combustibile, così il corpo degli animali e delle piante deve venire costantemente rifornito di nuovi alimenti che sostituiscono la materia bruciata e rendono possibile lo sviluppo di nuove energie. Come si manifesta in poi il bisogno di alimentarci? Si manifesta con due sensazioni caratteristiche che ben conosciamo, e cioè con la fame e con la sete. Esse sono l’indicazione più evidente che il nostro corpo ha bisogno di ricostruire quelle energie che ha perduto attraverso il lavoro, la fatica e il movimento. Il nostro corpo deve inoltre mantenere costante la propria temperatura; per servirci ancora una volta di un esempio, diremo che esso è come una stufa che, per mantenersi calda, ha bisogno di essere continuamente riempita di legna o di carbone. L’uomo prende i suoi alimenti dal mondo animale, dal mondo vegetale e dal mondo minerale. Il regno animale gli fornisce la carne, le uova, il latte, il burro, il formaggio, il lardo. Il regno vegetale gli dà il pane, le paste alimentari, il riso, le farine (di frumento e di granoturco), i legumi, gli ortaggi, la frutta, gli oli. La nutrizione si compie mediante tre funzioni strettamente collegate fra loro: la digestione, la circolazione e la respirazione. Con la digestione gli alimenti che noi mangiamo vengono profondamente modificati; con la circolazione il sangue porta le sostanze nutritive elaborate a tutte le cellule; con la respirazione introduciamo nel nostro corpo l’ossigeno, un gas la cui presenza è indispensabile perchè nei vari tessuti avvenga la combustione delle sostanze alimentari.
La digestione
Il cibo masticato dai denti e abbondantemente inumidito dalla saliva che sgorga da tre paia di ghiandole (ghiandole salivari), i cui condotti si aprono nella cavità boccale, si trasforma in una poltiglia che, arrotolata dalla lingua sotto forma di una pallottola (bolo alimentare), viene spinta con l’atto meccanico della deglutizione (inghiottimento) nella faringe, il breve condotto a forma di imbuto che comunica con l’esofago; scende lungo questo tubo e cade nello stomaco. Qui si compie la digestione gastrica, ossia quel complesso di trasformazioni chimiche che una parte delle sostanze alimentari ingerite subisce per l’azione di speciali succhi prodotti da alcuni milioni di piccole ghiandole annidate nelle pareti dell’organo, le ghiandole gastriche. Dallo stomaco, il cibo, ridotto in una massa semiliquida detta chimo, passa nell’intestino, che si divide in sue grandi tratti: intestino tenue, sottile e liscio, lungo otto metri circa, e intestino crasso, molto più corto (un metro e mezzo)., ma di diametro assai maggiore. Nel tenue, il cibo riceve molti altri succhi tra i quali la bile prodotta dal fegato e il succo pancreatico elaborato dal pancreas, le due maggiori ghiandole del corpo, e si trasforma a poco a poco in un liquido lattiginoso, il chilo, destinato ad essere assorbito dalle pareti dell’intestino per passare nel torrente sanguigno. Quest’ultima importante funzione si chiama assorbimento intestinale. Le materie ingerite formano le feci, che si accumulano nell’ultima porzione del crasso, detta retto, per essere poi espulse all’esterno con l’atto della defecazione.
La bocca
E’ la cavità limitata, anteriormente, dalle labbra, posteriormente, dal velo pendulo o palatino o palato molle, che la separa dal retrobocca o faringe, ai lati delle guance. Il velo pendulo o palato molle è fornito di un’appendice mediana detta ugola. Innalzandosi, il velo pendulo chiude la comunicazione con le fosse nasali; abbassandosi tocca la lingua, interrompe la comunicazione con le fosse nasali; abbassandosi tocca la lingua, interrompe la comunicazione con la cavità della faringe e non permette che il cibo scappi giù durante la masticazione. Dai lati dell’ugola partono quattro ripiegature mucose (pilastri), due anteriori e due posteriori, tra le quali si trovano le tonsille, ghiandole che possono infiammarsi e restringere l’istmo delle fauci, cioè il passaggio dalla bocca al retrobocca. Allora sentiamo vivo dolore nel deglutire.
La lingua
Organo formato da fibre muscolari, mobilissimo, tappezzato da una mucosa ricca di ghiandole mucipare e di papille, giace, se possiamo esprimerci così, sul pavimento della bocca. E’ saldata posteriormente, all’osso ioide; rotto è tenuta da un filetto. Oltre che sede dell’organo di senso del gusto, la lingua serve per parlare, per impastare il cibo, per inghiottire.
I denti
Nella bocca i denti masticano il cibo: usando uno specchietto ciascuno di noi può osservare come è composta la propria dentatura. Cominciando dal centro della mascella, superiormente, o dalla mandibola, inferiormente, verso sinistra o verso destra, dato che le due parti sono simmetriche, si notano due incisivi a forma di scalpello. Il loro nome indica la loro funzione: sono i denti che incidono i cibi. Segue un canino un poco appuntito a piramide, che serve a strappare la carne. Poi vengono due premolari e due molari, larghi e quasi piatti superiormente, con piccoli rilievi utili per macinare il cibo, come la mola di un mulino. Gli adulti hanno tre molari invece di due: l’ultimo, detto dente del giudizio, spunta nell’età giovanile. Allora voi avete complessivamente 28 denti; da adulti ne avrete 32. Ciascuno di voi ha cambiato alcuni denti all’età dai 6 agli 8 anni: erano i primi denti spuntati, detti anche denti di latte, ed erano incisivi, canini e premolari che, ad un certo momento, cominciarono a dondolare, sospinti fuori dai nuovi denti che già stavano spuntando, e caddero senza provocare alcun dolore. Osserviamo la forma dei denti: gli incisivi, i canini e i premolari hanno una radice sola, i molari due, e ciascuno è infisso in una cavità, l’alveolo, nell’osso della mascella o della mandibola. La parte del dente che emerge dall’alveolo si chiama corona. Se potessimo segare un dente, vedremmo queste parti: all’esterno un rivestimento bianco lucido durissimo, lo smalto, che serve da protezione; la parte nell’alveolo è protetta dal cemento, meno duro, che fa aderire il dente all’osso. Più internamente c’è l’avorio, o dentina, una sostanza ossea compatta bianco giallastra, percorsa da una cavità riempita di polpa dentaria in cui giungono il sangue ed il nervo del dente collegato con il cervello. Talvolta, per mancanza di un’accurata pulizia, i residui del cibo masticato fermentano fra i denti e producono la carie, che corrode prima lo smalto, poi l’avorio e giunge alla polpa, provocando ad un certo momento dolori notevoli e poi la caduta del dente. Vedi anche:
Il bambino nasce senza denti. Intorno ai sei o sette mesi cominciano a spuntare gli incisivi e, più tardi, i molari e i canini. Verso i due anni la dentatura consta di venti denti, così distribuiti: otto incisivi, quattro canini, otto piccoli molari. E’ questa la cosiddetta dentatura di latte, che permane fino all’età di sette anni. Poi, i denti di latte cominciano a cadere per riassorbimento della loro radice, e vengono sostituiti dai denti definitivi. La dentatura si completa, poi, con la comparsa di sei grossi molari per mascella. Gli ultimi molari (due per mascella) spuntano soltanto verso il ventesimo anno e talora anche più tardi; sono perciò chiamati “denti del giudizio”. La dentatura permanente è dunque composta di trentadue elementi, così distribuiti: otto incisivi, quattro canini, otto premolari, dodici grossi molari.
La saliva: a che cosa serve? Nella bocca abbiamo la lingua, che ci fa sentire il sapore dei cibi e muovendosi sposta il boccone per sottoporlo ad una sistematica masticazione da parte dei denti. Tre paia di ghiandole salivari comunicano con la bocca: due sono le parotidi che vanno soggette ad un’infiammazione provocata da una malattia, la parotite o orecchioni, che dà un notevole rigonfiamento vicino alle orecchie. Le ghiandole salivari emettono la saliva, che contiene una sostanza importante per la digestione: la ptialina. Alla mattina prima di fare colazione provate a masticare lentamente un boccone di pane: lo sentirete sempre più dolce. Questa è l’azione della saliva: essa imbeve le sostanze che contengono l’amido e lentamente le trasforma con un’azione chimica in zuccheri solubili. Un vecchio proverbio latino afferma che la prima digestione avviene nella bocca ed è vero, perchè qui avvengono le prime trasformazioni chimiche del cibo ingerito.
La faringe E’ una cavità situata fra la bocca e l’esofago. E’ tappezzata da mucosa, comune all’apparato digerente e respiratorio. Il alto comunica con le fosse nasali e, lateralmente, con le trombe di Eustachio dell’orecchio; in avanti con la bocca, in basso con l’esofago e, anteriormente, con l’apertura della laringe. L’epiglottide è la valvola che, abbassandosi, chiude la comunicazione con la laringe, impedisce al cibo di penetrare in essa e lo costringe a infilarsi nell’esofago.
L’esofago E’ un tubo a parete molle, lungo circa venticinque centimetri, molto elastico, che va dalla faringe allo stomaco, dietro alla trachea e parallelo alla colonna vertebrale. Il tubo dell’esofago è costituito da tre membrane. Internamente è di colore biancastro.
Lo stomaco E’ un sacco della capacità di due litri circa, a forma di cornamusa, posto sulla sinistra della cavità addominale, sotto il diaframma. Comunica con l’esofago per mezzo del cardias e sbocca nell’intestino per il piloro.
L’intestino Dopo essere stati nello stomaco, gli alimenti, trasformati in una poltiglia detta chimo, passano nell’intestino, lungo budello aggomitolato su se stesso. L’intestino è lungo circa cinque volte la lunghezza del corpo. Si divide in tenue (lungo circa 6 m e largo cm 2,5), e crasso (lungo 1,5 m e largo cm 5). Il tenue si divide, a sua volta, in duodeno, digiuno ed ileo. Il crasso in cieco, colon (ascendente, traverso e discendente) e retto.
Intestino tenue Presenta, a destra, una dilatazione a fondo cieco, che porta un’appendice vermiforme, lunga quasi un dito, la cui infiammazione può determinare la nota malattia detta appendicite. Le sostanze passate dal tenue al crasso, vi permangono un certo tempo, per venire poi espulse attraverso il retto, che è la parte terminale dell’intestino. L’intestino è sorretto dalla rete peritonea che lo avvolge tutto intorno, e che si attacca alla colonna vertebrale e alla parete addominale. L’infiammazione del peritoneo causa la malattia che chiamiamo peritonite.
L’intestino tenue L’intestino tenue è molto lungo e le sue pareti internamente sono tutte increspate in piccole appendici a forma di minuscole dita, aumentando così enormemente la superficie a contatto con il chilo. Ci sono qui delle cellule assorbenti, un poco come i peli assorbenti delle radici delle piante, che assorbono tutte le sostanze nutritive contenute nel chilo e le raccolgono nei vasi capillari del sangue per essere distribuite a tutte le parti del corpo. La parte non utile viene scartata; passerà dall’intestino tenue all’intestino crasso, all’inizio del quale si trova una brevissima appendice cieca, quindi passerà all’intestino retto per essere espulsa all’esterno.
Il fegato E’ la più grossa ghiandola del corpo. Ha color rosso bruno ed è posto nella parte destra della cavità addominale, subito sotto il diaframma. Secerne la bile, liquido giallo-bruno, fortemente amaro. La cistifellea, o vescica biliare, è la vescichetta aderente al fegato, dove si raccolgono le secrezioni (bile) del fegato stesso. Per apposito condotto la bile sbocca nel duodeno. Se la bile entra nel sangue si ha l’itterizia; se nella bile si formano concrezioni solide si hanno i calcoli biliari.
Pancreas Secerne un liquido incolore simile alla saliva, detto succo pancreatico. La ghiandola, di forma allungata, è lunga da 15 a 20 centimetri. Nella sua linea mediana è percorsa da un condotto che porta il succo pancreatico nel duodeno. Questo succo si mescola col chimo e trasforma l’amido in zucchero, mentre nello stesso tempo la bile e i succhi intestinali dividono i grassi. Si ha così il chilo.
Alla fine di un percorso di otto metri Della pasta, del pane, della carne, della verdura e della frutta che abbiamo mangiato, ormai non siamo più in grado di distinguere nulla; in mezzo a tutte le sostanze utili ve ne sono però alcune che rappresentano le scorie indigeribili che devono essere espulse. Esse proseguiranno il loro cammino, raggiungendo il colon, o intestino crasso, che è la parte terminale dell’apparato digerente. Come il pancreas, anche l’intestino, ad esclusione del colon, secerne un succo che svolge, durante i processi digestivi, funzione analoga a quella del succo pancreatico. A questo punto arrivano dei microbi che sono ospiti abituali del colon. Essi si trovano nelle scorie, in particolare in quelle della verdura e fabbricano la vitamina B1, che è indispensabile al lavoro delle cellule. Questi microbi sono, generalmente, dei collaboratori del nostro organismo: però in particolari condizioni possono diventare dei nemici, perchè in grado di provocare delle gravi infezioni. Il percorso degli alimenti all’interno del nostro corpo si aggira normalmente sugli otto metri; pensate alla quantità di fenomeni che avviene in questo breve tragitto e resterete meravigliati della perfezione e delle mirabili capacità che possiede il nostro organismo.
La circolazione La circolazione del sangue provvede a distribuire a tutte le cellule del corpo la parte del cibo assorbita dai villi intestinali (chilo). Il sangue circola continuamente in un sistema chiuso di vasi elastici che fanno capo ad un organo centrale: il cuore. I vasi sanguigni sono le arterie, le vene ed i capillari.
La respirazione Come abbiamo già accennato, perchè nel nostro organismo ci sia sviluppo di calore e di energia non è sufficiente digerire i cibi, è necessario anche che essi brucino. Ciò è reso possibile grazie all’ossigeno che respiriamo. Quando la nostra gabbia toracica si espande, cioè aumenta il suo volume, l’aria, attraverso le fosse nasali e la bocca penetra nella trachea, poi nei bronchi, i quali si ramificano in tubi sempre più piccoli e terminano negli alveoli polmonari, microscopiche vescichette che costituiscono la massa spugnosa dei polmoni. Gli alveoli polmonari sono percorsi da una fittissima rete di capillari, ossia di vasi sanguigni. Quando noi respiriamo, l’ossigeno, attraverso le pareti degli alveoli polmonari, passa nei capillari, cioè nel sangue che, come abbiamo visto, provvede a trasportarlo nelle varie cellule del nostro corpo. Contemporaneamente l’anidride carbonica esistente nei capillari viene ceduta agli alveoli. Quando la cassa toracica si riduce di ampiezza, cioè quando espiriamo, gli alveoli, quindi i polmoni, ci comprimono e l’aria impura, carica di anidride carbonica, viene espulsa dal nostro organismo.
Come deve essere il cibo? Il cibo deve essere vario e contenere proteine (uova, latte, carne, pesce, formaggio, legumi), grassi (lardo, olio, burro), zuccheri (cereali, patate, bulbi, frutta, verdura, marmellata, miele), sostanze minerali (acqua, sali). Tra i sali un vero e proprio alimento deve considerarsi il cloruro di sodio o sale da cucina, necessario per la formazione dell’acido cloridrico nel succo gastrico; condimenti (pepe, senape, anice,…), che stimolano la digestione, vitamine (la cui mancanza nell’organismo produce malattie gravi e anche mortali).
La nutrizione degli animali Gli animali, secondo le specie a cui appartengono, si nutrono di cibi diversi. E’ quindi naturale che l’apparato digerente non sia lo stesso in tutti gli animali. Tra i mammiferi, gli animali che si cibano di carne, cioè i carnivori come il cane e il gatto, hanno quattro canini lunghi e ricurvi, sporgenti dalle due file di denti, che servono a trattenere la preda. Gli animali insettivori che, come il pipistrello, si cibano di insetti, hanno denti canini acuti e molari aguzzi, adatti a forare la dura corazza degli insetti. I roditori, come il coniglio e il topo, hanno denti incisivi lunghi e affilati che ricrescono di continuo nonostante si logorino fortemente. Gli erbivori ruminanti hanno lo stomaco formato da quattro cavità, poichè occorre molto lavoro per digerire i vegetali. L’erba introdotta nella bocca viene subito ingoiata nel rumine. Di lì risale nel reticolo e poi nuovamente in bocca, dove viene masticata e rinviata negli stomachi veri e propri: l’omaso e l’abomaso. Gli uccelli granivori ingoiano i granelli che vanno a finire nel gozzo. Qui il cibo si inumidisce e poi passa nello stomaco che è diviso in due parti. La seconda, chiamata ventriglio, è come una macina che stritola tutto, anche oggetti durissimi. I rettili ingoiano intera la preda. I denti hanno il compito di trattenere il cibo, non di masticarlo. I pesci invece hanno diverse file di denti sottili e aguzzi che servono a stritolare i rivestimenti calcarei dei molluschi di cui si nutrono.
I cibi e le calorie Il valore energetico degli alimenti si misura in calorie. Per piccola caloria si intende la quantità di calore necessaria per elevare da 14° a 15° centigradi la temperatura di un grammo d’acqua a pressione normale; la grande caloria è mille volte la più piccola, cioè la quantità di calore necessaria per aumentare da 14° a 15° centigradi la temperatura di un chilo d’acqua a pressione normale. Ogni alimento ha un proprio valore calorico, fornisce cioè all’organismo un certo numero di calorie, che vengono utilizzate sia per mantenere la temperatura corporea costante intorno ai 36°-37°, qualunque sia la temperatura esterna, sia per fornire lavoro. Ad esempio cento grammi di carne magra di manzo forniscono 213 calorie, centro grammi di lardo affumicato 646 e cento grammi di pane biscottato 381. Il nostro organismo, a seconda dell’età, dell’altezza, del peso e della superficie corporea, consuma giornalmente un certo numero di calorie, variabile secondo le stagioni (se calda meno, se fredda più), l’ambiente e il lavoro. Un boscaiolo finlandese di trent’anni e corporatura media, che lavori in pieno inverno all’aria aperta, abbisogna di oltre 4600 calorie giornaliere e deve, perciò, introdurre una quantità di alimenti più abbondante di quella di cui necessita un impiegato della stessa età e corporatura, il quale lavori a Milano, nel pieno dell’inverno, ma in ambiente chiuso. Il nostro impiegato infatti raggiungerà in media un consumo di 2200-2500 calorie giornaliere; perciò potrà tenere un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente inferiore a quella del boscaiolo. Un bambino di un anno consuma una media di 800 calorie giornaliere ed il suo peso si aggira sui 10-12 chili, mentre un ragazzo di quattordici anni, nel nostro clima, necessita di 2800 calorie, con un peso di 45-55 chili; e il fabbisogno di un uomo di 70 chili, moderatamente attivo, è di circa 3000 calorie. Come si vede, col passare degli anni, vi è una diminuzione proporzionale del fabbisogno calorico, perchè l’eccedenza di calorie, cioè l’eccedenza di alimentazione rispetto al peso, serve alla costruzione dell’organismo in fase di sviluppo. Sarebbe però un errore credere che basti somministrare dei cibi grassi, che forniscono un maggior numero di calorie, per ottenere lo scopo voluto: il corpo umano abbisogna di un’alimentazione varia che comprenda un po’ tutte le sostanze, alcune delle quali gli sono assolutamente indispensabili. Il migliore tipo di alimentazione è quello che fornisce al corpo la maggiore varietà di alimenti, quando non esistono delle cause, malattie ecc., che suggeriscono la limitazione dei cibi, in modo che l’organismo possa usufruire di tutte le sostanze che gli sono necessarie. Senza esagerare con certi cibi che, se pur gustosi al palato, possono in quantità troppo grande danneggiare i tessuti.
NUTRIZIONE E DIGESTIONE materiale didattico e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Il ciclo dell’acqua – dettati ortografici e letture sul ciclo dell’acqua e i fenomeni atmosferici, di autori vari, per bambini della scuola primaria e d’infanzia
Pioggia, neve e grandine
Oggi il cielo è nuvoloso e a tratti cade una pioggia fitta e sottile che bagna ogni cosa. Essa può risultarci fastidiosa, ma è benefica alle coltivazioni dei campi ed è indispensabile alla vita di tutti gli esseri viventi. Mentre osserviamo la pioggia, chiediamoci un po’ da dove arriva. Già lo sappiamo: viene dalle nubi che stanno in cielo e che il vento porta qua e là a suo piacere. Bene! Ma le nubi come si sono formate? Le acque dei fiumi, dei laghi, dei fossati e specialmente le estese acque del mare, sotto il benefico effetto dei caldi raggi del Sole, si sentono, in superficie, diventare più leggere, ed evaporano, trasformandosi in nuvolette invisibili di vapore acqueo. Il vapore si alza leggero nell’aria e lassù in cielo si raggruppa formando le nubi. Quando le nubi incontrano correnti di aria fredda, le goccioline che le formano si condensano, si uniscono cioè tra loro, e formano gocce più grosse e più pesanti che cadono: è la benefica pioggia. D’inverno, quando l’aria è freddissima, le goccioline delle nubi possono trasformarsi il leggeri cristalli di ghiaccio che scendono dal cielo come bianchi e soffici fiocchi: è la neve che ammanta di bianco ogni cosa. D’estate, durante certi violenti temporali, le goccioline delle nubi sono investite da improvvise correnti di aria fredda. Il rapido abbassamento della temperatura le trasforma in chicchi di ghiaccio: è la grandine, che danneggia interi raccolti.
Il cammino dell’acqua sulla terra
Piove, grandine, nevica: l’acqua ristagna sulla terra nel luogo in cui è caduta. In breve tempo l’aria e il sole la fanno nuovamente evaporare. Altre volte l’acqua penetra sottoterra, scioglie il terriccio necessario alla vita delle piante e delle erbe e, in parte, compie un lungo percorso nel sottosuolo, per poi zampillare da una roccia e formare una sorgente. Ma non tutta l’acqua che cade sulla terra ristagna o viene assorbita dal terreno. Una buona parte si raccoglie in rigagnoli, in brevi ruscelli, in impetuosi torrenti, forma i grandi corsi d’acqua: i fiumi. I fiumi si versano nei laghi e, più spesso, nel mare che tanta acqua ha già raccolto direttamente, con le piogge.
Come si formano le nuvole
E’ il sole che forma le nuvole, ed è il vento che le raduna, le sparpaglia, le sposta. Il sole riscalda le acque dei mari, dei laghi, dei fiumi, degli stagni. Una parte dell’acqua riscaldata si trasforma in una fumata leggera e trasparente di vapore. Il vapore acqueo si solleva a grandi altezze e si raccoglie, si condensa nelle nuvole. Quando una nuvola è così carica di vapore da apparire scura, a contatto con l’aria fresca di lassù, si trasforma in acqua e piove.
Le nuvole
Scherzano, passeggiano nel cielo azzurro. Nuvole color di rosa, nuvole pensose color di perla, nuvole vanesie in trina rossa e gialla, nuvole serie in velluto scuro coi bordi d’oro. Vengono dal profondo, danzano intorno al sole in veli tenui, si sciolgono nel profondo. Passano greggi mansuete al pascolo, cavalieri in cerca di ventura, belle addormentate dai capelli sciolti alla brezza. Sorgono e si disfanno torri e castelli, cupole di chiese e case di villaggi. Tumulti di battaglie diradano, diradano, s’illuminano, vaporano in file d’angeli d’argento. (G. Manacorda).
L’eterno ciclo dell’acqua
Le nubi mandano sulla terra molta acqua sotto forma di pioggia, di neve o di grandine. Quest’acqua va poi ad alimentare ruscelli e fiumi che la trasportano nuovamente al mare. Poi dal mare e dai corsi d’acqua che attraversano la superficie terrestre l’acqua ritorna in cielo a formare le nubi. Così il giro dell’acqua non si interrompe mai.
Utilità della neve
La neve, cadendo al suolo, ricopre tutto con il suo strato candido e crea meravigliosi spettacoli invernali nelle campagne, nei parchi, nei giardini. Ma, naturalmente, i suoi effetti non sono semplicemente decorativi. Innanzitutto, l’accumularsi delle nevi sui monti costituisce delle grandiose riserve d’acqua. La neve protegge la terra dal gelo e favorisce quindi la vegetazione erbacea, soprattutto quella del grano: sotto la neve pane, diceva il proverbio. La neve è pessima conduttrice di calore perchè racchiude molta aria, perciò mentre la temperatura dello strato superiore del manto nevoso può scendere a parecchi gradi sotto zero, quella dello strato inferiore, a immediato contatto col suolo, di solito si mantiene intorno agli zero gradi. Al esempio, in uno strato nevoso di 40 centimetri di spessore, se la temperatura in superficie è di 8° sotto zero, lo strato più basso è a circa 0°. Questo spiega bene quale ottima difesa contro il gelo invernale abbiano nella neve le tenere pianticelle di grano, i tuberi, le radici.
Fulmini e tuoni
D’estate, dopo ore di grande calura, qualche volta, nel cielo si addensano nuvoloni scuri. Il temporale sfoga con una pioggia battente. Tra le nuvole guizzano a tratti lingue di fiamma vivida che rischiarano il paesaggio. Qualche attimo dopo la fiammata, si sente un rumore secco, come uno sparo. La fiamma che serpeggia da una nuvola all’altra è un fulmine; il rumore che segue è quello del tuono. Talvolta il fulmine scocca da una nuvola alla terra e colpisce persone, cime di alberi, edifici. I fulmini sono enormi scintille elettriche prodotte tra le nuvole. Nell’aria del temporale sono sospese gocciole a milioni. Forti colpi di vento le afferrano, le fanno ruotare a grande velocità. Questo turbine di pioggia produce elettricità, come la dinamo di una centrale. Il tuono non è altro che il rumore dell’aria colpita dalla scarica, come da una frustata. Fulmine e tuono avvengono nello stesso tempo: noi vediamo prima il bagliore e udiamo dopo il tuono, perchè la luce corre nell’aria assai più veloce del suono. Per sapere a quale distanza da noi è scoppiato un fulmine bisogna calcolare i secondi che intercorrono tra il bagliore e il tuono e poi moltiplicare il numero dei secondi per 340: il prodotto dirà a quanti metri da noi è scoppiato il fulmine.
L’acquazzone
Da oriente vennero galoppando grandi nuvole bianche che poi si fecero bigie e pesanti. L’azzurro sparì, ingoiato da quella nuvolaglia spessa. Scoccò un lampo abbagliante, seguito, da lontano, da un tuono profondo. Qualche goccia cominciò a cadere, rada. Poi la pioggia s’infittì, precipitò, scrosciò violenta. Le strade subito ruscellarono, le foglie degli alberi stormirono sotto la sferza, la terra giacque ristorata sotto l’acqua dirotta. (F. Herczeg)
Si avvicina il temporale
La nebbia si era da poco addensata e accavallata in nuvoloni che, rabbuiandosi sempre più, davano l’idea di un annottare tempestoso; se non che, verso il mezzo di quel cielo cupo e abbassato, traspariva, come da un fitto velo, la sfera del sole, pallida, che spargeva intorno a sè un barlume fioco e sfumato, e pioveva un colore smorto e pesante. (A. Manzoni)
La rugiada
Quando, d’estate, nelle prime ore del mattino si attraversa un prato o si cammina su un tappeto di foglie cadute, le scarpe si bagnano di rugiada. La rugiada è formata da goccioline brillanti sulle erbe e sulle fronde. Come si è formata? Durante il giorno il sole ha riscaldato il terreno. Nella notte esso ha ceduto il suo calore all’aria intorno ed è diventato freddo. Il contatto tra l’aria tiepida ed il terreno freddo ha provocato la trasformazione del vapore acqueo nelle goccioline di rugiada.
La brina
La brina è la sorella della rugiada, poichè nasce dallo stesso fenomeno; ma per realizzarsi le occorre una temperatura minori di 0°. Allora le minutissime goccioline di vapore condensato, congelandosi, si trasformano in minuscoli aghi di ghiaccio, che si dispongono bizzarramente a piume e a mazzetti sulle foglie, sull’erba, sulle siepi, sugli alberi, su ogni cosa. E la natura appare allora delicatamente incipriata, avviluppata da un velo argenteo e iridescente che crea mille piccoli arcobaleni, mille colori e mille sprazzi di luce ai raggi del nascente sole.
La nebbia
Se un raggio di sole filtra attraverso le imposte socchiuse, noi vediamo in esso muoversi una quantità infinita di grani di polvere: è il pulviscolo, sempre sospeso nell’aria e specialmente in quella di città, dove fumano ciminiere e camini e corrono automobili a migliaia. Nei mesi d’autunno e d’inverno, soprattutto nelle pianure attraversate da numerosi corsi d’acqua, l’aria è sovente umida, carica di minuscole goccioline che a causa del freddo non riescono a sollevarsi. Si forma così un velo, più o meno denso, che si distende pigramente su ogni cosa: è la nebbia. Questo velo si fa più grigio e impenetrabile nelle città, dove appunto è abbondante il pulviscolo che si impasta con le innumerevoli gocciole sospese nell’aria.
Perchè nasce il vento
La Terra è avvolta da una fascia spessa di aria che la segue nella sua rotazione. A tratti, grandi masse di aria, i venti, si spostano sfiorando la sua superficie. Il vento è leggero o forte secondo la velocità di queste masse in spostamento. La causa prima del vento è il calore del sole. Quando una zona terrestre è stata molto riscaldata, riscalda a sua volta l’aria che le sta sopra. L’aria calda diventa più leggera e sale. Lo spazio lasciato libero dell’aria calda è subito occupato da correnti di aria più fresca e quindi più pesante. Il movimento di queste masse provoca il vento. L’uomo utilizza la forza del vento per la navigazione a vela e per il movimento di mulini e di elevatori d’acqua. Molte piante affidano al vento il trasporto del polline e dei semi.
Il sole e le nuvole
Le nuvole invidiose dello splendore del sole decisero di ricoprirlo. Si radunarono nel cielo, diventarono nere e continuarono a salire. Ma lassù faceva un gran freddo; le nuvole si strinsero fra loro e qualcuna cominciò a piangere con grossi goccioloni. In breve tutto fu un pianto e le nuvole si sciolsero in pioggia. Dall’alto il sole tornò a sfolgorare. (G. Fanciulli)
La nuvola rosa
La nuvola correva con la gonna lieve e rosata gonfia di vento; era lieta come una bimba in vacanza nei prati azzurri del cielo. Alzatasi al primo raggio dell’alba, ora era tutta rosa nel sole: uno splendore di quel mattino d’aprile. Pochi però la guardavano a quell’ora; gli uomini o dormivano o lavoravano; gli alberi erano intenti a prepararsi il vestito nuovo. Ma sulla collina c’era un piccolo pesco diverso dagli altri: era giovane, trovava tutto bello e nuovo ed era tanto felice di essere al mondo! Fu il solo ad accorgersi della nuvoletta rosa. La vide salire all’orizzonte, lieve, luminosa: uno splendore. Si incantò a guardarla, mormorando fra sè: “Com’è bella…!” (G. Aimone)
Le nubi
Vagavano il lenta processione, bianche come spuma lattea, gonfie, bislunghe, ricciute, ondulate e dalle forme più strane. Alcune, più basse, annaspavano i loro fiocchi attorno alle guglie rocciose; alte, superbe, bianche come la neve; navigavano sull’azzurro inseguite da un corteo di nembi e di cirri; altre ancora, più sottili e trasparenti, parevano lembi di garza leggera o fiocchi di bambagia cardata dal vento. (G. Deledda)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici sul sistema solare : una collezione di dettati ortografici per la scuola primaria, di autori vari, sul sistema solare. Difficoltà ortografiche varie.
Il sistema solare
Il cielo, di notte, offre ai nostri occhi uno spettacolo meraviglioso. Chi non si è fermato ad ammirare le migliaia di luci che brillano nel buio? Sono mondi come il nostro, quasi tutti immensamente più grandi.
Essi sono ordinati in famiglie: la famiglia delle stelle, caldissime e luminose; la famiglia dei pianeti e dei satelliti.
I Pianeti sono corpi celesti freddi, perciò oscuri, che non hanno luce propria, ma la ricevono da una stella attorno alla quale girano.
Anche il Sole è una stella. Attorno ad essa girano nove pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone; tutti ricevono luce e calore dal Sole.
Naturalmente, più ne sono lontani meno intensi giungono loro i raggi solari. Anche i satelliti ricevono luce e calore da una stella attorno alla quale girano. Essi però devono girare anche attorno ad un pianeta. La Luna è il satellite della Terra.
Tutti i pianeti ed i satelliti formano la grande famiglia del Sistema Solare di cui fanno parte anche le comete ed i bolidi che qualche volta vediamo comparire fugacemente nel firmamento con una scia luminosa.
Ognuno di questi mondi compie sempre lo stesso percorso, alla stessa velocità e trova nell’immensità (Universo) la sua strada, senza urtare altri mondi.
Essi ci appaiono molto piccoli; ci sembra di poterne raccogliere a decine in una mano. Tutt’altro: sono enormi, talvolta assai più grandi del Sole, ma sono lontanissimi.
Immaginiamo che sia possibile viaggiare in treno dalla Terra agli altri mondi. In 260 giorni giungeremmo sulla Luna; in 300 anni toccheremmo il Sole; per arrivare al pianeta Nettuno impiegheremmo 8.300 anni. E questo è niente! Scenderemmo sulla Stella Polare dopo 700 milioni di anni!
Il sistema solare
Per l’uomo dei tempi antichi la Terra era il centro dell’universo: attorno ad essa, ferma, ruotavano tutti i mondi celesti; per l’uomo moderno il nostro pianeta non è che uno degli innumerevoli pianeti che si muovono nello spazio secondo leggi ferree ed immutabili. Noi oggi sappiamo che anche il Sole non è che una delle tante stelle, e non certo il maggiore, sebbene per noi la più importante. Esso è il centro del sistema solare formato dal Sole e dalla Terra, dagli altri pianeti e dai loro satelliti, dalle comete, tutti gravitanti attorno al grande astro fulgente. Ogni pianeta ruota attorno al Sole seguendo un cammino definito a forma più o meno allungata detto orbita. La forza che impedisce ai pianeti di cadere l’uno sull’altro, reggendosi in mirabile equilibrio, è la forza di gravità, che fu scoperta dal grande fisico inglese Newton, verso la fine del 1600.
La legge dell’universo
Un giorno, circa trecento anni fa, mentre lo scienziato inglese Newton se ne stava tranquillo seduto sotto un melo del suo giardino, gli cadde accanto un frutto maturo. Acuto osservatore qual era, pensò: “La mela è caduta; se l’albero fosse stato più alto, di mille metri, di mille chilometri, sarebbe caduta ugualmente. Come mai allora la Luna non cade e così le stelle?”
Rifletti e rifletti, Newton scoprì che gli astri non cadono perchè si attraggono l’un l’altro. La forza di attrazione, combinata con quella che li avrebbe fatti andare dritti, li obbliga a percorrere una linea curva e chiusa chiamata orbita, sempre uguale.
Il Sole
Il Sole è la stella più vicina alla Terra: per questo ci appare tanto più grande e luminoso di tutte le altre. Fra le stelle che vediamo nella notte scintillare nella volta celeste, ve ne sono molte anche più grandi del Sole, ma sono così lontane…
La Terra ha anch’essa la forma di un globo, ma è molto meno grande del Sole e mentre questo è formato di materia incandescente, la crosta della Terra è fredda e compatta e riceve luce e calore dal Sole. Al Sole devono la vita le piante e gli animali che popolano la Terra.
Il sole è grandissimo. Se un uomo potesse farne il giro, percorrendo 4 Km all’ora e camminando 10 ore al giorno, impiegherebbe più di trecento anni.
Se un bambino si mettesse in mente di fare il giro della Terra e camminasse otto o dieci ore al giorno, arriverebbe al punto di partenza otto anni dopo. Un uomo impiegherebbe circa 3 anni; un ciclista capace potrebbe cavarsela in sei mesi; per circondare il mondo con le braccia ci vorrebbe un girotondo di quaranta milioni di bambini!
La Luna
La Luna è l’unico satellite della Terra. Essa non risplende di luce propria, ma, come uno specchio, ci riflette la luce del Sole, così come la parete bianca della casa di fronte, illuminata dal Sole, rischiara la nostra stanzetta che è nell’ombra. Naturalmente se noi fossimo sulla Luna vedremmo, per la medesima ragione, la Terra illuminata. La luna ha la forma rotonda come la Terra. E’ l’astro più vicino a noi, che noi conosciamo meglio. E’ quarantanove volte più piccola della Terra. La Luna è un astro morto, cioè non possiede nè aria nè acqua; non vi possono quindi vivere nè le piante, nè gli animali, nè gli uomini.
Come sappiamo, i satelliti girano attorno ad un pianeta. La Luna gira infatti attorno al nostro pianeta, la Terra, impiegando circa 30 giorni, cioè un mese.
Il movimento di rotazione della Terra
Il Sole, al mattino, illumina le case, le strade, la campagna; è il momento del risveglio. Trascorrono le ore, fino a quando si stendono le ombre della sera e il Sole sembra scomparire. Poi si fa buio e, in cielo, rivediamo le stelle. Nello spazio di un giorno, passano ore di luce e ore di buio. Questo accade perchè la Terra, illuminata dal Sole, non gli presenta sempre la stessa faccia, ma gira su se stessa (movimento di rotazione) e si fa, a poco a poco, rischiarare. Una faccia, quella rivolta al Sole, è chiara; l’altra faccia, quella che non riceve i suoi raggi, è oscura. Il movimento di rotazione si compie in 24 ore circa; dura cioè un giorno. Il giorno si divide in sue parti: le ore chiare formano il giorno; le ore buie formano la notte.
Per capire meglio infiliamo un ferro da calza in un’arancia. Poniamola davanti ad una candela accesa ed immaginiamo che l’arancia rappresenti la Terra, e la candela il Sole. Vedremo il frutto rischiarato a metà dalla piccola fiamma, mentre l’altra metà rimane in ombra. Facendo ruotare l’arancia come ruota la Terra, tutta la sua buccia passerà, a poco a poco, dalla luce all’ombra e dall’ombra alla luce.
Il movimento di rivoluzione della Terra
Ricordiamo con nostalgia i giorni dell’estate, quando si poteva giocare all’aperto nei lunghi pomeriggi e il sole rimaneva alto fino a tardi e l’aria era calda attorno a noi. Ci viene da pensare che le ore chiare e le ore buie non sono sempre uguali nei giorni dell’anno. In inverno il giorno è breve, la notte lunga, l’aria fredda. In estate il giorno è lungo, a notte breve, l’aria calda.
Questo avviene perchè la Terra compie un largo giro intorno al Sole (movimento di rivoluzione) mantenendosi inclinata rispetto al fascio di raggi che il Sole li invia. Quindi, i raggi del sole, arrivano, durante l’anno, più o meno inclinati, riscaldando di meno e il Sole appare basso sull’orizzonte (giorni brevi). Per questo giro della Terra intorno al sole e per questa sua inclinazione si ha l’alternarsi delle quattro stagioni: inverno, primavera, estate, autunno.
Per capire meglio facciamo l’esperimento della lampada. I raggi solari scaldano più o meno la Terra secondo che siano dritti o inclinati. Ciò si può dimostrare con l’esperimento della lampada. Appoggia sul tavolo una lampada con paralume mobile e dà al paralume inclinazioni diverse. Quando esso è diritto rispetto al piano del tavolo, illumina un cerchio stretto e i raggi della lampada scaldano di più la piccola zona. Quando esso è inclinato, illumina un cerchio più ampio e i raggi della lampada scaldano di meno la zona larga.
Dettati ortografici sul sistema solare – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici – Il corpo umano e la salute – una collezione di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria.
L’uomo è un mammifero?
Abbiamo sentito ripetere tante volte che l’uomo è un animale e certamente siamo convinti che non è una pianta o un minerale. E badate bene che quando si dice ‘l’uomo’ ci si riferisce agli esseri umani in genere, siano essi uomini, o donne o bambini, come si dice ‘il gatto’ parlando della specie gatto, anche si tratta di una gattina. Sappiamo già che ogni specie animale ha caratteri suoi che la distinguono dalle altre ad anche l’uomo ha propri caratteri distintivi; ma prima di esaminare tali caratteri ricordiamoci di una cosa importante: tutti i bambini appena nati non hanno altro nutrimento che il latte e di solito è la mamma che allatta i propri bambini.
Questo fatto ci induce a pensare che anche l’uomo sia un mammifero e per esserne veramente sicuri controlliamo se esso presenta gli altri caratteri, che sono tipici dei mammiferi:
1. Esistono i peli sul corpo: infatti se osservate le vostre braccia e le vostre gambe con attenzione vedrete che esse sono rivestite di piccoli e delicati peli, la cosiddetta peluria, che diviene più evidente negli adulti; il capo è fittamente ricoperto di altri peli che sono i capelli; di peli sono costituite le ciglia e le sopracciglia; peli si trovano sotto le ascelle e così via.
2. Esistono i padiglioni auricolari attorno al meato uditivo esterno.
3. La bocca è con i denti.
4. E’ viviparo.
5. La temperatura del corpo è costante, infatti sappiamo che quando siamo malati, il medico per prima cosa controlla la nostra temperatura mediante un termometro. Se trova una temperatura di circa 37° il medico non si preoccupa troppo, perchè questa è la temperatura normale del nostro corpo; ma se la temperatura è più alta vuol dire che nel nostro organismo c’è qualcosa che non va bene, cioè che siamo malati. Questo vi dice quanto sia importante il fatto che i mammiferi abbiano una temperatura costante. (Lagreca – Tomaselli)
Che cosa distingue l’uomo dagli altri mammiferi?
Vediamo adesso di scoprire quali sono i caratteri che distinguono l’uomo da tutti i mammiferi che finora conosciamo.
1. Innanzitutto l’intelligenza: anche altri mammiferi possono essere più o meno intelligenti (basti pensare al cane), ma l’uomo ha un’intelligenza di gran lunga più sviluppata, che gli ha permesso di compiere cose meravigliose, di indagare sul mondo che lo circonda e di scoprire tante leggi naturali, di amare le cose belle, di fuggire il male, di esprimersi mediante un linguaggio articolato, che è ben diverso dai semplici suoni che emettono altri animali.
2. La posizione eretta che lo porta a camminare sugli arti posteriori che nell’uomo (appunto perchè sta eretto) si possono considerare arti inferiori; anche qualche scimmia o qualche orso possono reggersi o camminare per un poco sulle zampe posteriori, ma più spesso tornano ad usare anche le zampe anteriori.
3. L’uso delle dita degli arti anteriori, o meglio arti superiori, cioè delle dita delle mani, per afferrare e maneggiare oggetti; anche un topolino o il coniglio o uno scoiattolo possono afferrare oggetti fra le dita degli arti anteriori, ma non possono muoverle indipendentemente l’una dall’altra e soprattutto non possono ripiegare il pollice contro le altre dita (provate voi a farlo e osservate l’agilità delle vostre mani), come fa l’uomo (e le scimmie) che ha quindi il pollice opponibile.
4. La mancanza di coda. Esistono però altri mammiferi senza la coda.
(Lagreca – Tomaselli)
Il corpo umano
Ci sono animali e piante che possono vivere solo nelle calde regioni dell’equatore, altri che vivono nei gelidi climi polari.
L’uomo può vivere invece in ogni regione della Terra perchè il suo corpo si adatta a tutti i climi.
Il corpo dell’uomo resiste alla siccità, all’umidità, sopporta la mancanza di cibo, le intemperie, le fatiche, i lavori più pesanti, più di quello di ogni altro animale.
Vi sono animali dotati di zampe robuste: con esse corrono veloci sulla terra; altri animali hanno arti simili a braccia e possono arrampicarsi sugli alberi; altri ancora hanno le pinne e le usano per muoversi nell’acqua. Il corpo dell’uomo, fornito di braccia e di gambe, è adatto ad ogni forma di moto: può camminare, correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, nuotare.
L’uomo ha le mani, con cui può afferrare e tenere saldi gli oggetti, ha il busto e il capo eretti, così da poter guardare lontano, ha la voce, capace di emettere innumerevoli suoni diversi.
E’ proprio vero!
Nel nostro corpo c’è tanto ferro da fabbricare cinque chiavi piuttosto grosse. Ma il fabbro preferirà certamente adoperare il ferro che ha nella fucina.
Quanto al sale, niente paura. Ce n’è in abbondanza tanto da riempire quaranta barattoli. Forse gli sciocchi ne hanno un po’ meno.
Volete un po’ di luce? Il nostro corpo vi potrebbe dare tanta cera da fabbricare cinque candele. Le signore api, se sapessero questo, sarebbero meno orgogliose dei loro favi di purissima cera, con la differenza, però, che per la loro cera le candele di fabbricano per davvero.
Nel nostro corpo c’è tanto zucchero da dolcificare venti tazze di caffè. Ma adesso non succhiatevi il dito con la scusa di sentire se è dolce. Il dito non è dolce e succhiarlo è soltanto una cosa poco pulita…
(M. Menicucci)
La macchina perfetta
Il corpo umano è spesso paragonato ad una macchina, perchè, considerato nel suo insieme, è costruito in modo da compiere nella maniera più spedita e più abile tutte le operazioni per conservare la vita e per migliorarne le condizioni. Come ogni macchina è composto di varie parti o organi (la mano, il cervello, il cuore, la bocca, i polmoni, lo stomaco, ecc.) che funzionano in collaborazione tra loro.
Ma il corpo umano può essere paragonato anche ad un laboratorio chimico, poichè riesce a trasformare le materie solide, liquide e gassose che esso si procura in altre sostanze utilizzabili per il proprio funzionamento.
Le sostanze utilizzate sono trasformate a loro volta in modo da produrre l’energia e il calore necessari perchè il corpo umano possa compiere tutte le operazioni di cui è capace.
La vera ricchezza
Un uomo si credeva povero. Diceva: “Lavoro tutto il giorno e non ho mai un soldo in tasca per divertirmi. Quello che guadagno mi basta appena per levarmi la fame!”.
Un tale che lo sentì, disse: “Mi venderesti un occhio per mille euro? Ne hai due, uno puoi darlo a me”.
Quello lo guardò stupito, poi disse di no.
“Se non vuoi darmi un occhio, vendimi un braccio per la stessa somma!”.
Ma l’uomo, che si credeva povero, disse anche questa volta di no.
“Allora vendimi una gamba”.
Ma quello rispose che non gli avrebbe venduto nemmeno un dente, e ne aveva trentadue tutti sani.
Allora quel tale fece un conto: “Duemila euro per gli occhi, duemila per le braccia e duemila per le gambe, e sono seimila. Poi tu hai cuore, fegato, stomaco che varranno molto di più perchè senza questi organi non potresti vivere. Consideriamo che il tuo corpo valga quanto un capitale di due milioni. E dici di essere povero? Ma l’uomo più ricco della terra, che abbia uno di questi organi malati, è indubbiamente più povero di te, perchè può darsi che tutte le ricchezze della terra non riescano a guarirlo”.
La salute è un tesoro che non ha l’eguale, perchè, quando non c’è la salute, tutto perde valore ai nostri occhi. Se è una bellissima giornata e noi ci sentiamo male e siamo costretti a letto, non possiamo godere del bel sole e della bella natura, se abbiamo nel piatto una squisita pietanza e abbiamo lo stomaco malato, non possiamo gustarla. Quindi noi dobbiamo cercare di mantenere il nostro corpo in perfetta salute. Inoltre, l’uomo sano lavora e se lavora produce e guadagna. L’uomo malato, invece, non lavora e vive del lavoro degli altri.
Ma per mantenere il nostro corpo in perfetta salute, noi dobbiamo sapere come è fatto e come funziona.
Il corpo è ricoperto di pelle, che lo riveste tutto come una corazza. Sotto la pelle ci sono i muscoli, che sviluppano la forza per cui l’uomo può lavorare, e sotto i muscoli c’è una solida impalcatura che sorregge il corpo, lo scheletro. Infatti, se lo scheletro non ci fosse, il corpo si affloscerebbe come un sacco vuoto.
Vediamo intanto come si chiamano le varie parti di cui si compone il corpo: la testa con gli occhi, il naso, la bocca, le orecchie. Nella testa è contenuto il cervello che possiamo considerare il motore della macchina. Abbiamo quattro arti, due braccia e due gambe rispettivamente con mani e piedi. E poi ancora il torace e l’addome. Nel torace sono contenuti i polmoni e il cuore, nell’addome l’intestino, il fegato e la milza.
Il corpo umano è una macchina meravigliosa con ingranaggi perfetti, ma, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina – uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, frutta. L’uomo, per star bene, non deve mangiare sempre e soltanto gli stessi alimenti, ma deve mangiare di tutto. Caricata di combustibile la macchina – uomo produce energia, che ci permette di muoverci, di camminare, di lavorare.
La salute è il bene più prezioso della terra. L’uomo che ha perduto la salute , ha perduto un tesoro che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero riacquistare.
L’uomo sano è l’uomo più ricco della terra. Egli può lavorare e col suo lavoro guadagnare tanto che basti a sè e alla sua famiglia. L’uomo malato, invece, vive del lavoro degli altri.
Il nostro corpo è ricoperto di pelle. Sotto la pelle ci sono i muscoli che sviluppano la forza per mezzo della quale l’uomo può lavorare. E sotto i muscoli c’è un solido sostegno: lo scheletro.
Cerca di mantenerti sano. I tuoi organi sono parti delicate e perfette del tuo corpo: conservali sani. La salute ti farà felice.
Nel corpo umano possiamo distinguere la testa. Nella testa è contenuto il cervello. Poi ci sono le braccia e le gambe, che sono gli arti. Nel tronco ci sono il torace, dove sono contenuti il cuore e i polmoni, e l’addome, dove si trovano intestino, fegato e milza.
La salute è un tesoro che non ha eguali in nessun tesoro della terra. Quando non c’è la salute, tutto perde di valore ai nostri occhi.
Il corpo umano è una macchina meravigliosa che, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, pane, frutta, latte.
Rispetta il tuo corpo!
La duchessa Anna di Francia (1462-1512) stava un giorno assistendo ad una partita di caccia quando udì dei gemiti quasi umani, e domandò chi gemesse in quel modo. Le fu risposto che erano gemiti di un ermellino che era stato accerchiato dai cacciatori.
La duchessa fece pochi passi e si trovò davanti a questa scena: un ermellino candidissimo, ormai accerchiato dai cacciatori, stava davanti all’acqua di uno stagno gemendo dolorosamente. Essa chiese: “Ma perchè non si salva gettandosi in acqua?”.
Le fu risposto che quelle bestiole sono gelosissime del loro candore e che, piuttosto di macchiarlo, preferiscono perdere la vita.
La duchessa fu talmente impressionata che fece incidere sul suo stemma le parole: “Potius mori quam foedari!” (Meglio morire che macchiarsi).
Come si difende il corpo
Ogni giorno il nostro corpo è invaso da miliardi di germi, molti dei quali possono provocare malattie e perfino la morte. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Innumerevoli batteri e virus riescono a penetrare nel nostro organismo con il cibo che mangiamo, o con l’aria che respiriamo, o attraverso qualche ferita della pelle. Eppure ci conserviamo sani. Alcuni germi si stabiliscono permanentemente nella bocca, nel naso, nella gola o negli intestini, dove possono moltiplicarsi in modo incredibile. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Che cosa ci protegge da questi assalti?
A poco a poco, durante secoli di studi, gli scienziati sono riusciti a scoprire che cosa accade. La nostra salute è protetta, essi affermano, da una serie ingegnosa di difese, disposte in profondità, come le linee successive di un esercito trincerato per respingere l’invasore.
Supponiamo, ad esempio, che una particella di polvere carica di microbi penetri nell’occhio. Con tutta probabilità non c’è alcun motivo di preoccuparsi. La superficie del globo oculare è costantemente bagnata da un liquido lacrimale, il quale contiene un antisettico detto lisozima, che uccide i batteri.
I germi che penetrano dal naso devono passare attraverso una complicata rete filtrante. La superficie delle vie nasali è mantenuta umida da un liquido mucoso che trattiene i germi. Se questi causano un’irritazione, sono espulsi con lo sternuto.
Cosa avviene nel nostro corpo quando ci facciamo una ferita, sia pure un graffio? Dalla ferita alcuni microbi patogeni (cioè generatori di malattie) penetrano nel corpo. Il pericolo è tremendo perchè i batteri si moltiplicano con spaventosa rapidità e in breve tempo potrebbero invadere tutto l’organismo e anche ucciderlo.
Ma il nostro corpo si mette subito in allarme e un meraviglioso sistema di difesa entra immediatamente in azione. Migliaia e migliaia di globuli bianche (leucociti) accorrono, attaccano i batteri, li circondano e li distruggono.
Questo, quando i globuli bianchi (leucociti) contrattaccano in tempo e i batteri non sono troppo numerosi e virulenti. Se invece i batteri resistono e riescono a moltiplicarsi uccidono le cellule dei tessuti. Allora i globuli bianchi non solo devono combattere i batteri, ma devono distruggere anche le cellule morte che potrebbero divenire pericolose per il corpo umano. In questa lotta tremenda, che ha come posta finale la salvezza o un grave danno per il corpo umano, molti globuli bianchi muoiono e si trasformano in pus. Ma da ogni parte accorrono sempre più numerosi rinforzi: i globuli bianchi arrestano così l’invasione; la bloccano in un punto (il foruncolo) impedendo che l’infezione si diffonda in tutto il sangue. In breve le cellule riparano i danni provocati dalla ferita e nel corpo cessa lo stato di allarme.
Molte volte però i batteri, appena entrano nel nostro organismo, emettono delle sostanze velenose, le tossine. Il tetano e la difterite sono alcune fra le malattie provocate da tossine batteriche. Il sangue allora, o meglio il siero del sangue, fabbrica subito del soldati capaci di attaccare le tossine nemiche: le antitossine. Questi anticorpi, così vengono chiamate le antitossine, combattono le tossine e spesso le vincono.
Molte volte però il sangue non riesce a fabbricare subito le antitossine. Ci vuole tempo. E le tossine batteriche hanno tutto il tempo per attaccare e vincere. Il corpo è costretto allora ad una lotta che può durare anche delle settimane.
Per aiutare il corpo nella lotta contro i batteri, i medici vaccinano, ossia iniettano nel sangue degli anticorpi (antitossine) già preparati, così il sangue ha già le antitossine pronte e può vincere l’attacco nemico.
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Dettati ortografici sui cinque sensi – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
I sensi
I sensi sono cinque: vista, odorato, gusto, udito, tatto. Sappi mantenere sani gli organi dei sensi perchè con essi puoi godere le belle cose del creato.
La vista
la vista è un bene prezioso. Conservala meglio che puoi. Pensa alla sventura di chi è cieco, che non può vedere la bellezza della natura, il viso delle persone care.
L’occhio
L’occhio è la via della luce. Quando chiudi i tuoi occhi, anche per gioco, ti trovi avvolto nelle tenebre e il mondo non sembra esistere più attorno a te. Per mezzo degli occhi tu conosci il volto della tua mamma, del babbo, delle persone che ami di più. Con gli occhi tu cogli i colori della natura, le forme infinite delle cose del mondo in cui vivi. Gli occhi ti permettono di leggere ciò che è stato scritto per te, ti permettono di allineare sul candido foglio il nitido segno delle parole che vuoi scrivere tu.
Che i tuoi occhi possano vedere sempre immagini di bontà e di bellezza!
L’occhio
Se ci guardiamo allo specchio, l’occhio appare come un globo che ha una parte bianca, umida e liscia, chiamata cornea. Il cerchietto scuro che vediamo al centro dell’occhio è la pupilla, un forellino la cui apertura è in parte variabile. La pupilla è circondata da un anello colorato detto iride, che può essere azzurro, marrone, verde, giallo, nero.
La superficie dell’occhio è tenuta sempre umida e pulita dalle ghiandole lacrimali, che emettono un liquido, non solo quando piangiamo. Le ciglia difendono gli occhi dal pulviscolo, mentre le sopracciglia impediscono che il sudore o un altro liquido scorra dalla fronte negli occhi.
E ora vediamo come l’immagine si forma nell’occhio. Ammettiamo che una candela accesa si trovi in una stanza buia. I raggi di luce che essa emette passano prima di tutto attraverso la cornea, che è trasparente; poi attraverso un liquido trasparente anch’esso (detto umor acqueo) e il foro che sta al centro dell’iride, giungono al cristallino. Questo è come una lente, che trasmette i raggi, attraverso un altro liquido detto umor vitreo, alla retina. Il cristallino, che sta dietro all’iride, appare nero, poichè non respinge i raggi di luce, ma li lascia passare.
Sulla retina l’immagine appare capovolta. Le immagini attraverso il nervo ottico sono trasmesse al cervello, il quale le percepisce, non più capovolte, ma nella giusta posizione.
L’udito
Il senso dell’udito ti permette di udire la musica, il soave canto degli uccellini, la voce della mamma. Ma con l’udito senti anche il rombo del tuono, lo scoppio di una bomba, lo stridio del treno sulle rotaie.
L’orecchio
Sentinella continuamente all’erta, il tuo orecchio ti avverte dei pericoli, richiama la tua attenzione, ti fa sentire che intorno a te si agita il mondo immenso delle cose, degli animali, degli uomini.
Con l’orecchio tu ascolti le parole di chi ti ama e ti guida, cogli l’armonia del canto e della musica, odi le mille voci della natura e il rumore degli strumenti che accompagnano la fatica dell’uomo.
L’orecchio
I suoni vengono raccolti da padiglione e, passando per il condotto, o canale uditivo, fanno vibrare il timpano, che trasmette la vibrazione agli ossicini. A loro volta gli ossicini trasmettono la vibrazione all’orecchio interno, il quale è un organo delicatissimo incassato ancor più profondamente nel cranio. L’orecchio interno è pieno di liquido, per cui le vibrazioni ricevute vi generano delle onde, che vanno ad eccitare delle terminazioni nervose e che vengono trasformate in impulsi inviati al cervello, in modo che noi possiamo sentire. In poche parole, nell’orecchio si riproduce la vibrazione e quindi il suono proveniente da un oggetto qualsiasi: da una limetta, dalla corda di un violino, da una moneta, e via dicendo.
Così, anche senza vedere, noi sappiamo se sulla strada transita un’automobile e da quale parte proviene la voce di qualcuno che ci chiama.
Una funzione dell’orecchio interno è quella di informarci sulla posizione della nostra persona, così da tenerci in equilibrio.
L’odorato
Il senso dell’odorato risiede nel naso. Questo senso ti permette di sentire i soavi odori dei fiori, i gustosi odori del cibo.
Il naso
Di quante cose ti avverte il tuo piccolo naso curioso! I profumi delicati dei fiori ti insegnano ad amare la natura. Lo squisito profumo dei cibi più graditi e delle leccornie ti fa pregustare il piacere di mangiarle. Gli odori sgradevoli ti tengono lontano da ciò che ti potrebbe far male. Anche il naso, a suo modo, è una piccola sentinella.
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Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.
L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.
L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.
L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.
L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.
L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.
La sorgente Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)
La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.
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