Festa della mamma – ebook – Libretto d’auguri illustrato con tisane, tè, sale grosso e collage… In realtà è quasi un libro tattile e non ha molto senso come ebook, ma lo condivido volentieri sperando possa essere di ispirazione per inventare lavoretti simili coi vostri bambini.
Festa della mamma – ebook – Libretto d’auguri illustrato con tisane, tè, sale grosso e collage…
Si tratta della poesia “Alla mamma” di Luisa Nason, illustrata con tecniche varie:
Alla mamma Mamma, per la tua festa io ti offro una cesta di baci e un cestino di stelle. Ti offro un cuscino di fiori su cui posare la testa quando sei stanca; una fontana di perle lucenti color della luna, una ghirlanda di rose e una montagna di cose gentili un cuore tanto piccino e un amore grande così: mamma per questo dì. ( L. Nason)
Poesie e filastrocche sui mestieri – una raccolta di poesie e filastrocche sul lavoro dell’uomo e i mestieri, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il treno degli emigranti Non è grossa, non è pesante la valigia dell’emigrante… C’è un po’ di terra del mio villaggio, per non restar solo in viaggio… un vestito, un pane, un frutto e questo è tutto. Ma il cuore no, non l’ho portato: nella valigia non c’è entrato. Troppa pena aveva a partire, oltre il mare non vuole venire. Lui resta, fedele come un cane, nella terra che non mi dà pane: un piccolo campo, proprio lassù… Ma il treno corre: non si vede più. Gianni Rodari
I colori dei mestieri Io so i colori dei mestieri: sono bianchi i panettieri, s’alzan prima degli uccelli e han farina nei capelli; sono neri gli spazzacamini, di sette colori son gli imbianchini; gli operai dell’officina hanno una bella tuta azzurrina, hanno le mani sporche di grasso: i fannulloni vanno a spasso, non si sporcano nemmeno un dito, ma il loro mestiere non è pulito. Gianni Rodari
Gli odori dei mestieri Io so gli odori dei mestieri: di noce moscata sanno i droghieri, sa d’olio la tuta dell’operaio, di farina sa il fornaio, sanno di terra i contadini, di vernice gli imbianchini, sul camice bianco del dottore di medicina c’è un buon odore. I fannulloni, strano però, non sanno di nulla e puzzano un po’. Gianni Rodari
Capelli bianchi Quanti capelli bianchi ha il vecchio muratore? Uno per ogni casa bagnata dal suo sudore. Ed il vecchio maestro quanti capelli ha bianchi? Uno per ogni scolaro cresciuto nei suoi banchi. Quanti capelli bianchi stanno in testa al nonnino? Uno per ogni fiaba che incanta il nipotino. Gianni Rodari
L’omino della gru Filastrocca di sotto in su per l’omino della gru. Sotto terra va il minatore, dov’è buio a tutte l’ore; lo spazzino va nel tombino, sulla terra sta il contadino, in cima ai pali l’elettricista gode già una bella vista, il muratore va sui tetti e vede tutti piccoletti… ma più in alto, lassù lassù c’è l’omino della gru: cielo a sinistra, cielo a destra, e non gli gira mai la testa. Gianni Rodari
Il giornalista O giornalista inviato speciale quali notizie porti al giornale? Sono stato in America, in Cina, in Scozia, Svezia ed Argentina, tra i Sovietici e tra i Polacchi, Francesi, Tedeschi, Sloveni, Slovacchi, ho parlato con gli Eschimesi, con gli Ottentotti, coi Siamesi, vengo dal Cile, dall’India e dal Congo, dalla tribù dei Bongo-Bongo… e sai che porto? Una sola notizia! Sarò licenziato per pigrizia. Però il fatto è sensazionale, merita un titolo cubitale: tutti i popoli della terra han dichiarato guerra alla guerra. (G. Rodari)
Nel giardino Nel bel giardino, sotto il sole d’oro, un ragno tesse la sua tela fina fra stelo e stelo; alla sua casettina porta un chicco di grano la formica. Un’ape succhia il nettare di un fiore e, con voli felici, il suo nidietto, fa un passero canoro sotto il tetto. Una gallina insegna ai suoi pulcini come si becca… Ognuno ha il suo lavoro nel bel giardino, sotto il sole d’oro. C. Bettelloni
Lavoro Sono un bambino e vivo in città ma il lavoro lo conosco in verità: mi lucido le scarpe ed al mattin sorveglio il latte e studio la lezione; e, dopo desinar, gioco un pochino poi faccio spesa, e sono proprio buone le frutta quando io le ho comperate chè, a voi lo dico in tutta confidenza, con molta cura le ho scelte ed assaggiate; prima di sera scrivo con pazienza il compito, e ripasso la lettura, giocattoli ripongo e poi preparo i libri nella borsa con gran cura. Ditelo, via; “E’ un bimbo proprio raro!” T. Belforti
L’alba Tutta dolce, tutta bianca l’alba sale il cielo azzurro… corre un fremito, un sussurro sulla terra non più stanca; ogni fiore si ridesta, gli uccellini fanno festa… sorge a un tratto il sole d’oro: bimbi ed uomini, al lavoro! E. Bossi
Il fannullone Oh! Che piacere – mangiare e bere andare a spasso – e fare chiasso, senza lavori – senza sudori senza doveri – senza pensieri! passare il giorno – … ma sbadigliando! In conclusione del fannullone, qual è la gioia? Morir di noia. L. Schwarz
La fucina Il mantice rifiata a più non posso nella fucina e la fiammella balla, sul mucchierello del carbone rosso, con ali azzurre come una farfalla. N. Vernieri
La scelta del mestiere -Ho da scegliermi un mestiere- pensa Piero tutto il giorno. -Se facessi il panettiere? Oh, ma scotta troppo il forno!… Se facessi il muratore? Ma il mestiere è tanto duro! Forse forse il minatore… Ma sta sempre giù all’oscuro! Potrei fare l’imbianchino! E se piglio il torcicollo? Mi farò spazzacamino! E se il tetto mi dà un crollo? Ho da fare il macellaio? No, del sangue ho un grande orrore! E se andassi marinaio? Ma del mare ho un gran terrore! Così Piero tutto il giorno per cercar la professione, se ne va girando attorno sfaccendato e bighellone. Cerca cerca, il tempo passa nulla impara e nulla sa e se ora in ozio ingrassa, come mai la finirà? L. Schwarz
I bravi omettini I due bravi omettini han lasciato i balocchi. Quattro manine d’oro quattro lesti piedini due vispe paia d’occhi si son messi al lavoro. Perchè ognuno è felice perchè il lavoro è un gioco la fatica allegria quando la mamma dice: -Aiutatemi un poco, bravi bambini, via._ C. Del Soldato
Sveglia Chicchirichì fa il galletto, cì cì cì fa l’uccelletto, din don dan fa la campana sia vicina, sia lontana, annunciandoci il ritorno del radioso nuovo giorno. Si alzan tutti a questo coro e si avviano al lavoro; si alza presto il contadino: va nei campi dal mattino. Si alza presto l’operaio: la fatica lo fa gaio. Si alza pure dal lettino e va a scuola ogni bambino. Resta solo nella culla il piccin che non fa nulla. L. Scardaccione
Girotondo del fannullone Il lunedì, ch’è il dì dopo la festa, o Dio, che ho il mal di testa, non posso lavorar! Il martedì mi siedo sulla soglia ad aspettar la voglia che avrò di lavorar. Il mercoledì preparo i miei strumenti, ma, ahimè, c’è il mal di denti, non posso lavorar. Il giovedì, che da così bel tempo, davvero non mi sento di andare a lavorar. Il venerdì, ch’è il dì della passione mi metto in devozione, non posso lavorar. Sabato sì ch’è proprio il giorno buono; ma per un giorno solo che vale lavorar? D. Valeri
Anch’io lavoro La formica innanzi giorno va pei campi, va per l’aie cerca, cerca d’ogni intorno, fino a sera cercherà. Ed il ragno, che si cela fra le siepi e in mezzo ai rami, cominciata ha la sua tela, fino a sera tesserà. E la rondine al mio tetto fabbricando va il suo nico; fino a sera durerà nel lavor quell’uccelletto. O formica, o rondinella, lavorate, lavorate! Anche questa bambinella come voi lavorerà. S. Dazzi
Il lavoro Lavoro è zappare la terra, battere il martello nella buia bottega, guidare i treni veloci, partire e tornare pei cieli; lavoro è pulire le strade, cuocere il pane, curare chi soffre. Ecco, ogni azione compiuta per il bene di tutti è lavoro. A. Ferrari
Il grillo vagabondo Sono un grillo pellegrino. pazzerello e canterino: vivo libero e giocondo saltellando per il mondo. Salto sempre allegramente, passo a volo ogni torrente, salto un fosso, un campo, un muro per cercar grano maturo. Se non trovo la semente salto i pasti indifferente, salto anche il venerdì un po’ pazzo sono sì. Non mi piace lavorare preferisco saltellare; potrei fare il ballerino, ma viaggiare è il mio destino; mi diverte esser cantante, ma per me, da dilettante. Canto e salto tutto il giorno ed a casa mai ritorno: sono un grillo giramondo, un eterno vagabondo. Così vivere mi va, per goder la libertà. M. Argilli
L’omino dei gelati Nel parco pubblico della città è ricomparso alla fine di maggio un simpatico e strano personaggio… (Un uomo o un mago? Nessuno lo sa!) In giacca bianca e bottoni dorati – tondo, rubizzo, giocondo all’aspetto – spinge pian piano un grazioso carretto su cui c’è scritto in azzurro “Gelati”. Quel carrettino! Che grandi sospiri quando nel parco compie i suoi giri! I bimbi sognano di poter dire: “Mi dia un gelato da mille lire!”. Da quale strana terra incantata è qui venuto quel caro omino con le delizie del suo carrettino fatte di crema e di panna montata? Forse le fate della montagna gli dan la neve pei suoi sorbetti: forse nel regno della cuccagna a lui, di notte, mille folletti portan le essenze più dolci e strane di miele, fragole, menta e banane. Forse… (bambini sentite me) del parco pubblico quell’uomo è il re! Quando si chiudono tutti i cancelli e buoni dormono bimbi ed uccelli, sotto un gran platano il nostro ometto si siede in trono sul suo carretto. Il venditore di palloncini a lui s’inchina con riverenza, gli rende omaggio la diligenza frenando il trotto dei suoi ciuchini. E intanto ammiccano, là fra le rose, le lucciolette lievi e curiose… Ma chi può dirlo? Nessuno sa chi sia davvero quel personaggio ch’è ricomparso alla fine di maggio nel parco pubblico della città. V. Ruocco
La vocazione del perdigiorno Vediamo un po’: che mestiere farò? Il meccanico no, perchè ci si insudicia tutti e così neri e brutti e con la faccia scura si fa brutta figura. Vediamo un po’: che mestiere farò? Il falegname no, perchè quando seghi di lena ti fa male la schiena, e quando pialli ti vengono i calli. Vediamo un po’: che mestiere farò? Il contadino no perchè nella terra che è soda la vanga s’inchioda, e per bene zappare bisogna faticare. Vediamo un po’: che mestiere farò? Io proprio non lo so, il sarto lo scarto, il cuoco può scottarsi col fuoco, il muratore può sciogliersi in sudore, il calzolaio poi non mi va giù per quel puzzo di cuoio e caucciù, e piuttosto di fare il parrucchiere faccio un altro mestiere. Ecco proprio non so che mestiere farò. Che non ci sia davvero un mestiere leggero in cui si possa stare in pace a riposare? A. Novi
La piccola massaia Perchè mamma ha da finire di stirare e di cucire, dopo il pranzo la bambina rigoverna la cucina. Toglie l’acqua dal fornello, mette i piatti nel mastello. Poi asciuga le posate chè non restino macchiate. Ora mira quel che ha fatto con il cuore soddisfatto. Prende il libro e si dispone a imparare la lezione. R. Pezzani
Chi lavorò per la casetta? Vien per primo il muratore: calce e pietre egli ha portato. Con che cosa ha lavorato? Viene avanti un falegname travi e porte, anche scalini e finestre ha preparato. Con che cosa ha lavorato? Viene il fabbro: chiavistelli, serrature e infin cancelli mise a posto e preparò. Con che cosa lavorò? Non scordiamo l’imbianchino e nemmen l’elettricista e l’idraulico e il giardiniere: tutti han fatto il loro dovere. Ed infine dal mattino la mamma cara e buona rende linda ognor e gaia la casetta, che risuona di tua vita, o mio piccino. T. Belforti
La macchina per cucire La macchina cuce ronzando via, rapida, sempre di più. La stoffa si ammucchia frusciando, su e giù vola l’ago, su e giù. Che bella impuntura perfetta! Han fatto un grembiule in un’ora: la macchina allegra che ha fretta la mamma che canta e lavora. A. Lugli
La mietitrice La mietitrice, in mezzo al biondo grano, canta e miete con l’agile mano. Miete e canta: “O spighe tutte d’oro, frutto di terra, frutto di lavoro!” Canta e miete: “O morbidi covoni, che date i pani saporiti e buoni a tutti i bimbi ricchi e poveretti. turgidi chicchi siate benedetti!” La mietitrice, in mezzo al grano biondo mietendo canta: “Com’è bello il mondo!”
Piccolo pescatore Lietamente batte l’onda sulla sponda… dallo scoglio un bimbo tende l’amo e attende… Fanno i pesci: “Oh lo sappiamo! Quello è un amo”. Ed al largo van nuotando, canzonando. Ma di luce è il cielo, e pare cielo il mare. Tutto lieto il bimbo pesca l’acqua fresca. L. Schwarz
Filastrocca dei mestieri C’è chi semina la terra, c’è chi impara a far la guerra, chi ripara le auto guaste e chi sforna gnocchi e paste. C’è chi vende l’acqua e il vino, chi ripara il lavandino, c’è chi pesca nel torrente e magari prende niente. C’è chi guida il treno diretto e chi a casa rifà il letto, chi nel circo fa capriole e chi insegna nelle scuole. C’è chi recita, chi balla e chi scopa nella stalla. Così varia è questa vita che la storia è mai finita. Gianni Rodari
Per essere contenti Diceva un’ape: “Ohimè che gran fatica correr sempre su e giù di fiore in fiore; d’ogni corolla sugger l’umore! Di me ben più felice è la formica!…” Diceva la formica: “Oh, che dannata vita girare in cerca di alimenti faticar sempre, vivere di stenti!… L’ape, certo, è di me più fortunata…” Da un ramo un uccellino che le udì, modulò il canto e disse lor così: “Sorelle, ognuno il suo destino porta e l’invidia davver non ci conforta. Un mezzo c’è per vivere contenti: fare il proprio dover senza lamenti!” G. Fabiani
Il vigile urbano Chi è più forte del vigile urbano? Ferma i tram con una mano, con un dito, calmo e sereno, tiene indietro un autotreno; cento motori scalpitanti li mette a cuccia alzando i guanti. Sempre in croce in mezzo al baccano; chi è più paziente del vigile urbano? Gianni Rodari
Il mio vigile Ad un angolo della città il mio vigile fermo sta impeccabile ed attento a sorvegliare il movimento. I veicoli che vanno a un suo cenno fermi stanno e anche i grossi torpedoni fan la sosta buoni buoni. E’ assai alto di statura però a me non fa paura. Quando gli passo sotto il viso mi fa perfino un sorriso. Mamma Serena (I libri del come e del perchè)
L’arrotino O quell’ometto, con quel carretto, che giri la ruota in quel vicoletto, che giri la ruota tutto il dì: pedali, pedali e sei sempre lì! Gianni Rodari
Disoccupato Dove sen va così di buon mattino quell’uomo al quale m’assomiglio un poco? Ha gli occhi volti all’interno, la faccia sì dura e stanca. Forse cantò coi soldati di un’altra guerra, che fu la nostra guerra. Zitto egli sen va, poggiato al suo bastone e al suo destino, tra gente che si pigia in lunghe file alle botteghe vuote. E suona la cornetta all’aria grigia dello spazzino. Umberto Saba
Cose utili L’incudine e il martello la lima e lo scalpello, la pialla e il pialletto, la lesina e il trincetto, le forbici e il ditale, e l’ago e l’agoraio, la penna e il calamaio, son per l’uomo cose d’oro perchè servono al lavoro. F. Dall’Ongaro
I mestieri Il falegname dice: “Io lavoro felice il pioppo e la betulla. Fo la madia agli sposi, al bambino la culla perchè sogni e riposi”. Arriva l’arrotino e si ferma ai cancelli e chiama il contadino che gli porta i coltelli, le forbici, le scuri. Tutti quei ferri oscuri, invecchiati nei campi, ora mandano lampi. Il contadino dice al bove che l’aiuta e faticando tace: “La stagione è venuta; dobbiamo arar la terra”… Com’è bella la pace! Com’è brutta la guerra! R. Pezzani
Il lavoro I piccoli animali fanno tutti un mestiere: fanno il fabbro e l’artiere, son sarti e manovali. Il ragno tessitore rifabbrica la tela, che somiglia a una vela su un mare di splendore. La rana che si liscia all’orlo del fossato sta in guardia dall’agguato che le tende la biscia. Lo scarabeo al cantiere rotola una pallina: così come cammina somiglia a un carrettiere. E, se senti un scricchio, e un passo nel fogliame: se senti un falegname che batte e pialla, è il picchio. C’è tutto un gran fervore c’è tutto un gran da fare: perchè chi vuol mangiare bisogna che lavori. G. Porto
Il ferro Come canta, stamattina, il martello tuo, fuciina. Il sagrato ne è percosso, anche il cielo si fa rosso. Con la cresta di corallo l’accompagna, adesso, il gallo; e anche il bue manda un muggito, che da poco poco è uscito, e il bifolco l’aia spazza e si leva la ragazza. S’è svegliata, già vestita, la farfalla colorita e risale sopra il coppo del camino, poi sul pioppo. La piazzetta tutta suona e di stelle si incorona. Rosso è il ferro come il cielo: ecco, ha fatto fiore e stelo. Lina Carpanini
Bellezza e lavoro Disse l’ape alla farfalla: Io t’invidio, o mia sorella: tu sei libera, sei bella, voli amabile tra i fiori; mentre io son condannata tutti i giorni ai miei lavori”. Ma la vaga farfallina le rispose assai gentile: “Non aver, mia cara, a dire più al lavor che alla beltà. A te il miele; a me che resta quando il verno tornerà?” A. Alfani
I due vomeri Un dì d’autunno un vomere fattosi per lungo ozio rugginoso, vide il fratel tornarsene dai campi luminoso, e domandò curioso: “Sopra la stessa incudine fatti, e d’un solo acciaio, io son pieno di ruggine, tu sì pulito e gaio: chi mai ti ha fatto così bello?” “Il lavoro, caro fratello!”. C. Betteloni
Nel giardino Nel bel giardino, sotto il sole d’oro, un ragno tesse la sua tela fina fra stelo e stelo; alla sua casettina porta un chicco di grano, la formica. Un’ape succhia il nettare di un fiore, e, con voli felici, il suo nidietto, fa un passero canoro sotto il tetto. Una gallina insegna ai suoi pulcini come si becca… Ognuno ha il suo lavoro nel bel giardino, sotto il sole d’oro. C. Betteloni
Il pastorello e il marinaio Il pastorello guarda l’immenso azzurro mare e pensa: “Se potessi io pure navigare verso i lidi infiorati d’eterna primavera, correre sopra l’onde, lottar con la bufera!” Il marinaio guarda la collina fiorita, pensa: “Lassù fra il verde, com’è bella la vita! Lungi dalle tempeste, nella casetta sola, dove l’amor riunisce la lieta famigliola”. Dalla collina al mare soffia leggero il vento, e pensa: “Del suo stato nessun uomo è contento”. A. Tedeschi
Il tesoro Quanto a tesori, un’altra se ne narra: c’era una volta un vecchio contadino che aveva il suo campetto e la sua marra e tre figlioli. Giunto al lumicino volle i suoi tre figlioli accanto al letto. “Ragazzi” disse “vado al mio destino ma vi lascio un tesoro, è nel campetto…” e non potè più dir altro, o non volle. A mente i figli tennero il suo detto. Quando fu morto, quelli il piano, il colle vangano, vangano, vangano invano voltano al sole e tritano le zolle niente! Ma nel raccolto, quando il grano vinse i granai, lo videro il tesoro che aveva detto il vecchio: era in lor mano. Era la vanga dalla punta d’oro. G. Pascoli
I seminatori Van per il campo i validi garzoni guidando i vuoi dalla pacata faccia e, dietro quelli, fumiga la traccia del ferro aperta alle seminagioni. Poi, con un largo gesto delle braccia spargon gli adulti la semenza, e i buoni vecchi, levando al cielo le orazioni pensa a frutti opulenti, se a Dio piaccia. Quasi una pia riconoscenza umana oggi onora la terra! Nel modesto lume del sole, al vespero, il nivale tempio di monti innalzasi, una piana canzon levano gli uomini, e nel gesto hanno una maestà sacerdotale. G. D’Annunzio
Il pane Il mulin, rombando, il grano frange in candida farina il fornaio la raffina staccia, intride, a mano a mano; cuoce poi nel forno ardente gli odorosi bianchi pani e li porge alle tue mani oh, mio piccolo ridente. V. Brocchi
Evviva ogni lavoro La farfalletta vola i bimbi vanno a scuola il gatto fa le fusa se sbaglio chiedo scusa. La rondine è sul tetto il cappellino metto buongiorno buonasera saluto anche una pera. Grazie, per favore, sorrido con amore il cavalier cavalca chi pesca è sulla barca. Il pane fa il fornaio tra i fiori sta il fioraio fa i conti il ragioniere le aiuole il giardiniere. Fa gli abiti la sarta e c’è chi vende la carta. Cantiamo tutti in coro: “Evviva ogni lavoro!”
Il minatore Sempre giù nei regni oscuri batto batto col piccone ed al grembo della terra strappo i blocchi di carbone. Giù nel cuore della terra nero nero e impolverato compio lieto il mio lavoro che parrebbe tanto ingrato. Il bel sole non mi scalda non mi allieta col suo raggio ma nel cuore ho un altro sole che ravviva il mio coraggio. “Batti” dico “minatore tutto il mondo è rallegrato se riceve il buon calore che il tuo braccio ha preparato”. E la terra ti sorride se la liberi dai doni da millenni custoditi per i figli tristi e buoni. E. Minoia
Il ciabattino Tira, tira, ciabattino il tuo filo, ch’è impeciato sarà lieto il fanciullino che la scarpa hai risuolato; sempre curvo sul bischetto batti il cuoio col martello poi lo tagli col trincetto e lo rendi liscio e bello. Suole e tacchi, canticchiando, tu ripari attentamente e i bambini, saltellando, te li rompon nuovamente. Taglia, impecia, tira, batti fino a sera senza posa ma i lavori saran fatti e sereno poi riposa. I piedini affonderanno nella neve, asciutti asciutti, ed un grazie ti diranno di gran cuore, i bimbi tutti. E. Minoia
Canzone del cuoco Cuoco cuoco cuoci un poco nel tuo forno grande e tondo il buon pane dall’odore che rallegra il nostro cuore.
Calzolaio Io sono l’ometto che fa il calzolaio seduto al deschetto lavoro e son gaio. Se avete una scarpa che è rotta e non va portatela subito portatela qua.
Il lavoro Scuote la mamma i panni al sole spuntan già le prime viole. Batte il cuoio il ciabattino nel suo buio sgabuzzino. Zappa il babbo la sua aiuola mentre il bimbo corre a scuola.
Falciatura Taglia falce spoglia il prato dell’erbetta che ci ha dato. Presto un mato indosserà che più bello ancor sarà. Di fioretti tempestato e di aromi profumato. Taglia falce su, t’affretta già la mucca: l’erba aspetta. E la terra liberata della messe che ci ha data, lenta esala sopra il prato il respiro suo beato. E. Minoia
Semina Nel silenzio del mattino getta il chicco il contadino getta il chicco, getta getta alla terra che lo aspetta. Gli gnometti nel profondo si rallegran per il mondo getta il chicco, getta getta alla terra che lo aspetta. Guarda il ciel benedicente il cader della semente getta il chicco, getta getta, la semente è benedetta.
Il contadino Porta sull’ampie spalle il suo fardello. la zappa luccicante ed il piccone, cammina fischiettando una canzone mentre lo bacia in fronte il sol novello. Sorride alla campagna circostante, che lo vide ogni giorno alla stess’ora, saluta con lo sguardo le sue piante e il fertile terreno che l’onora. Poi si accinge al lavoro con fermezza, senza indolenze, senza un sol lamento: passa tra l’erbe sussurrando il vento che scompiglia i capelli e li accarezza. A mezzogiorno, smette di zappare per la parca, affrettata colazione; poi ricomincia sotto il solleone con maggiore entusiasmo a lavorare. Finchè viene la sera… O contadino, io t’ammiro e ti guardo con rispetto, mi piace il fare tuo sincero e schietto, che non conosce l’ozio cittadino. R. Rippo
Gli attrezzi del contadino Io son la zappa buona a dissodare i terreni più duri e più sassosi; l’erbacce e le radici so estirpare e i luoghi incolti rendere ubertosi. Ed io sono il rastrel dai forti denti che rompon e sminuzzano il terreno, ricoprono le piccole sementi e, se tu vuoi, radunano il buon fieno. E siamo noi le forbici e i coltelli per ben potare e far gli innesti belli: falci e falcetti siamo per segare l’erba fiorita o il gran da macinare. Sono l’aratro pio, grande e possente, che col vomere smuovo il suol profondo, che apro il diritto solco alla semente del granoturco e del frumento biondo. A. Cuman Pertile
Il lavoro Lavoro, miei bimbi, sapete che cosa vuol dire? Guardatevi attorno: tutto il mondo lavora. Lavoro è zappare la terra battere il martello nella buia bottega, guidare i treni veloci, partire e tornare pei cieli; lavoro è pulire le strade, cuocere il pane, curare chi soffre. Ecco: ogni azione compiuta per il bene di tutti è lavoro. Nel lavoro ognuno trova la gioia; e sol chi lavora è felice. A. Ferrari
L’ape, la formica e il baco Su un gelso s’incontrò un baco da seta intento a mangiucchiare le ghiotte foglie, con la vecchia amica l’ape, in cerca di miele e la formica affaccendata sempre ed irrequieta. “Quanto, quanto daffare!” diceva l’ape, “Ho tanto miele e cera ancora da recare all’alveare del mio vecchio padrone! Ma godo sol pensando a quanto ghiotto miele pei suoi piccini avrò prodotto”. “E io qui sto facendo indigestione,” soggiunse il bravo baco, “per rendere più liete le donne, con le mie lucenti sete. Ma tu, cara formica, che sempre intorno vai con sì lunga fatica, agli uomini che utile tu dai?” E la formica: “Ciò che offro loro è meglio di un tesoro: l’esempio del lavoro.” Favolello
Speranza dell’emigrante Prende un sacco, bacia la terra, va lontano e non va alla guerra. Porta il picco come una croce se parla, il pianto gl’incrina la voce. Rottame vivo di beni distrutti ha sulla faccia il bacio di tutti, che, lui pensando, raccolti ogni sera, musicheranno miseria e preghiera. Grande è la terra, più grande il mare: Dio solo sa se potrà ritornare a rivedere suo figlio, perchè in mezzo al mare una strada non c’è. Solo il dolore egli avrà per compagno e nella tasca di duro fustagno, dentro la tasca più fonda e segreta, la chiave nera e la poca moneta. Con quella chiave egli vuole partire. Senza speranza che vuole morire. Chissà che un giorno approdando un naviglio ritroverebbe, cresciuto, suo figlio e la sua piccola donna nei bui silenzi, desta, che prega per lui. R. Pezzani
Pizzicheria “Ettogrammo, chilo, mezzochilo, cacio, burro, prosciutto, salame, acciughe, salacche, baccalà…” Sono voci del gergo si questo virtuoso reame. “Mi serve o non mi serve? Ho tanta fretta!” “Aspetti…” “Mi dia retta. Venga qua”. S’infuria una servetta, una s’acquieta. “Il solito formaggio ma con poca corteccia”. E una sicura mano apre una breccia nel parmigiano. Molla e tira, tira e molla, poca corteccia e di molta midolla. Aver fretta ed aspettare, pesare, tagliare, affettare, entrare, andar via, sono le note costanti della quotidiana sinfonia in una antica pizzicheria… A. Palazzeschi
Tutti lavorano Dice il cane: io guardo la casa. Dice il gatto: io acchiappo i topi. Dice il bue: io tiro il carro. Dice la gallina: io faccio le uova. Dice la mucca: io do il latte. Dice la pecora: io do la lana. Dicono gli uccelli: noi cantiamo e facciamo festa a tutti. Dice il bambino: io gioco e vado a scuola. M. Ciliberti
Ode al muratore tranquillo Il muratore dispose i mattoni. Mescolò la calce, lavorò con la sabbia. Senza fretta, senza parole, fece i suoi moviemtni erigendo la scala livellando il cemento. Lento andava e veniva nel suo lavoro e dalla sua mano la materia cresceva. La calce coprì i muri un pilastro levò in alto la sua nobiltà e il tetto frenò la furia del sole esasperato. Sa un punto all’altro andava con mani tranquille il muratore rimovendo materiali. E alla fine della settimana, i pilastri, l’arco, figli della calce, della sabbia, della saggezza e delle mani inaugurarono la semplice saggezza e la frescura. Pablo Neruda.
Nostro lavoro quotidiano
Se tu lavori con la gioia nel cuore, il lavoro non pesa. se tu pensi che il tuo lavoro è un granello di sabbia che si aggiunge a tutto il lavoro del mondo, anche il lavoro più duro è leggero. Se tu pensi che l’ape lavora, l’uccello lavora, ogni essere del mondo lavora, tu ti senti creatura del mondo in perfetta armonia col creato. (A. Rosi)
Il più bel giorno
S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chili i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia! (G. Rodari)
Il falegname
La pialla mormora, stride la sega del falegname nella bottega, spesso il martello picchia sonoro e senza posa ferve il lavoro. Il buon artiere non è mai stanco; eh, quanti arnesi tiene sul banco: lime, tenaglie, torni, succhielli! E sceglie e adopera or questi or quelli. I grossi tronchi prima recide, indi paziente leviga, incide, trafora il legno con precisione e mille oggetti poi ne compone. Ne fa balocchi, gabbie, utensili, tavole e sedie rozze e gentili.
Il pastore
Sopra l’erbetta tenera sta un pastorello assiso, e il gregge suo che pascola guarda con lieto viso. A lui d’accanto mormora il ruscelletto lieve, quegli dell’acqua limpida placidamente beve. Quand’ecco vede sorgere nube nel cielo oscura, che in breve tempo ingombralo e ispira a ognun paura. (G. Leopardi)
La bottega del fabbro
Dall’alba a sera, di settimana in settimana, sopra l’incudine come i rintocchi di una campana suonano i tocchi del martel rude; sulle stridenti braci il ventoso mantice anela senza riposo. I fanciulletti, che dalla scuola tornano, all’uscio fermano il passo e contemplando senza parola stanno il martello, che or alto or basso fuor della soglia correre a milla, come la pula, fa le scintille. (G. Zanella)
Seminatore
Con gesto largo dell’esperta mano, o contadino, semini il frumento, sai che la terra non promette invano e il viso hai serio e l’animo contento. Sembra che brilli, nel suo volo, il grano come se al sole lo spargesse il vento. La bruna terra ride al colle, al piano, ed ogni chicco te ne darà cento. (F. Socciarelli)
L’arrotino
Arriva l’arrotino e si ferma ai cancelli e chiama il contadino che gli porti i coltelli, le forbici, le scuri. Tutti quei ferri oscuri invecchiati nei campi ora mandano lampi. (R. Pezzani)
I pescatori notturni
Vengono al mar quando la luna accende per gli spazi tranquilli il mesto vel; vengono al mar quando la nebbia stende le bianche braccia e lo congiunge al ciel; portan la vela lacerata ai venti, come stendardo che in battaglia errò; portano remi e canapi stridenti, che il nerbo delle braccia affaticò; e sulla tolda silenziosa e bruna restan le lunghe notti ad aspettar, ad aspettar sotto la fredda luna che il pan dell’indomani apporti il mar. (E. Praga)
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Poesie per la festa della mamma – una raccolta di poesie e filastrocche per la festa della mamma, di autori vari, adatte a bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Ti voglio bene Ti voglio bene, mamma… come il mare! Non basta: come il cielo! No, più ancora. Mamma, ci penso già quasi da un’ora, eppure quel nome non lo so trovare. So che quando torno dalla scuola i gradini li faccio a rompicollo, per l’impazienza di saltarti al collo e il cuoricino, puf, mi balza in gola. Ti voglio bene quando sei vicina e quando non ci sei: quando mi abbracci. Ti voglio bene anche se mi fai gli occhiacci. Ti voglio bene sempre, sai, mammina? L. Santucci
Il mazzo di fiori Tre garofani, due rose, sei viole del pensiero, cinque bianche tuberose: un bel mazzo per davvero! Carlo porta i fiori in dono alla mamma: quanti sono?
Proprio quella Chiede Lilì: “Ma dimmi, babbo mio, come hai potuto indovinar da te, proprio la mamma che volevo io, proprio la mamma che va ben per me?” L. Schwarz
Fiori per la mamma Io raccolgo roselline, tu ranuncoli dorati tu narcisi e pratoline sulle rive e in mezzo ai prati. Oh mammina, tanti fiori raccogliamo, sai perchè? Per l’aroma? Pei colori? Per donarli tutti a te. D. A. Rebucci
Mamma Quando l’ombra discende sonnolenta, mamma, mi piace di sentir la mano tua, che carezza i miei capelli, lenta; sentir la voce tua che parla piano; posar la testa sopra i tuoi ginocchi! E quando chini il viso sul mio viso, tutta la luce, mamma, è nei tuoi occhi, nel tuo sereno e limpido sorriso; e una gran pace scendo in me così, null’altro desiderio il cuor m’infiamma, e la gioia del mondo è tutta qui, nella tua mano che mi sfiora, mamma! Zietta Liù
Il bimbo e la mamma Mammina, quante dolci piccole stelle! Ma le piante sono come belve accovacciate! Un’ombra si muove piano, piano… dove sei, mamma! Prendimi per mano. Un passo leggero ci segue. Uno sconosciuto nero muove le fronde… Si nasconde come per farci spavento! E’ il vento. Non è vero, mammina? E’ il vento. Le stelle sono lontane lontane… Sembrano carovane sperdute nell’oscurità… E si cercano invano! Di là dalle stelle, che ci sarà? Mammina, prendimi per mano. (U. Betti)
Alla mamma Mamma, per la tua festa io ti offro una cesta di baci e un cestino di stelle. Ti offro un cestino di fiori su cui posare la testa quando sei stanca; una fontana di perle lucenti color della luna, una ghirlanda di rose e una montagna di cose gentili un cuore tanto piccino e un amore grande così: mamma per questo dì. L. Nason
La mamma Che cos’è la mamma? Oh, bambino, tu vuoi saperlo cos’è? Qualcosa di grande! Benchè il tuo cuoricino sia piccino piccino la mamma dentro ci sta! La mamma è lo stesso del tuo cuore che soffre per te che vive soltanto perchè tu vivi, suo tenero fiore! C. Pagani
Gli occhi della mamma Se mi soffermo a guardare negli occhi la mia mamma vi scorgo uno stagno incantato. Attorno s’innalzano gli alberi e un’isola un poco confusa circondan le limpide acque. Potessi io volger la prua della mia povera barca verso quelle acque silenti! I pesci più rari vi nuotano e uccelli preziosi sugli alberi dell’isola a me tanto cara innalzano canti di giubilo. Se mi soffermo a guardare negli occhi della mia mamma vi scorgo uno stagno incantato. Poesia popolare giapponese
Per la mamma Filastrocca delle parole: si faccia avanti chi ne vuole. Di parole ho la testa piena, con dentro “la luna” e “la balena”. Ma le più belle che ho nel cuore, le sento battere: “mamma”, “amore”. Gianni Rodari
Favola e sogno Oh, la brina degli anni sui capelli! E’ scesa lenta e d’improvviso è sera. Ma nel crepuscolo ancora l’anima ad una qualche favola s’indora dolcemente. Un navicello antico scivolando su meraviglie d’acque nel mattino mi porta ad un’isola verde ove sotto platani frondosi in riva a un quieto lago sorridono le madri: la mia con gli occhi andalusi, giovane come nel tempo ch’era appena fanciulla. Non parla, tra le braccia mi stringe al seno: e l’aria m’avvolge d’un canto invisibile d’uccelli tra i rami in mutevoli voli dentro le folte fronde. Oh, la brina degli anni sui capelli! Ma io come un bambino stordito cerco mia madre e può ricondurmi da lei qualche favola bella che l’anima indora. C. Saggio
Ti voglio tanto bene Ho pregato un poeta di farmi una poesia con molti auguri per te, mammina mia; ma il poeta ha risposto che il verso non gli viene; così ti dico solo: ti voglio bene! L.Schwarz
Mamma cangura Quale mamma si cura del suo piccolino più della cangura? Anziché in passeggino in giro lo porta in una sorta di sporta fatta di pelle senza manici nè bretelle senza cinghie nè tracolla, e come una molla spicca salti lunghi e alti mentre il suo cuccioletto sta comodo come a letto…
Auguri mamma Se io fossi, mamma, un uccellino che vola nel cielo profondo vorrei offrirti il mio canto più dolce, soave, giocondo. Se io fossi, mamma, una stella che brilla nel bruno firmamento con more e baci a cento a cento. Ma essendo solo un bambino e non avendo che il cuore, ti voglio stare vicino per dirti tutto il mio amore.
L’amore per la mamma Mammina, mia dolce, mia cara mammina, vuoi conoscere l’amore della tua bambina? Il mio amore per te è lungo come una strada che non finisce, non finisce mai, e più cammini, più lontano vai, non termina l’amore e non si chiude la strada. M. Remiddi
Ho fatto un mazzolino Ho fatto un mazzolino coi fiori del giardino li ho colti stamattina insieme col papà, sono i fiori per la tua festa, cara mamma eccoli qua: una rosa perché ti voglio bene, una viola perché sarò ubbidiente, un papavero non so perché un non ti scordar di me. Un mughetto insieme a un gelsomino da quest’oggi sarò sempre più buono una primula vuol dire che il primo pensiero sei per me! Qualche ciclamino perché dimentichi che sono birichino, un girasole, una margherita, perché tu sei il sole della vita! Una rosa perché ti voglio bene una viola perché sarò ubbidiente, un garofano, una pansé e tutto l’amore che c’è in me!
La mamma viene Alla finestra sono affaccendati insieme tre piccini. tre fratelli. E guardano ansiosi per la via fra muri e siepi, così bianca e lunga, se alfine giunge chi tarda: se giunga la mamma, che ha promesso, andando via, di tornare presto con le mani piene. “Mamma! La mamma viene!” scoppia dalle tre gole un solo grido. E’ spuntato, là in fondo, il caro viso di mamma, che già guarda alla finestra, agitando un involto con la destra. E s’affretta, s’affretta… Ecco, è vicina e già saluta col soave riso i bimbi ch’ella adora ed ha lasciato triste la mattina, lavorando di lena tutto il giorno sol per quest’ora dolce del ritorno. D. Garoglio
Festa per la mamma Mamma, per la tua festa avevo preparato un fiore di cartapesta: gambo verde, petali rosa vedessi mamma che bella rosa! Ma per la strada il fiore è caduto, o forse sull’autobus l’ho perduto. Che pasticcio, mammina mia, avevo imparato la poesia: la poesia non la so più, ora che faccio, dimmelo tu. Posso offrirti un altro fiore quello che nasce nel mio cuore. Posso dirti un’altra poesia: Ti voglio bene, mammina mia.
Per la mamma La mia preghiera ascolta angelo dolce e pio, tu che in cielo ogni volta puoi parlare con Dio. Digli che sono piccino, che la mia mamma adoro, che sono birichino ma sono il suo tesoro. Digli che sarò buono, che a lui mi raccomando e che nessun bel dono per questo gli domando. I. Alliaud
Augurio alla mamma Quando ti levi splenda il sole cantino gli uccellini. Quando sfaccendi in ogni stanza ci sia un lume di speranza. Se accarezzi i tuoi bambini siano un mazzetto di fresche viole; se rammendi, se dipani benedette le tue mani. Se riposi a tarda sera nel giardino della preghiera ti sia lampada una stella, la più chiara, la più bella. E la notte, quando chiudi gli occhi e al sonno ti abbandoni, venga l’angelo a piedi nudi, e di sogni t’incoroni. A. Rebucci
Ha detto mamma Venite anche voi l’udrete: ha detto proprio bene “Mamma!” il mio uccellino; l’ha detto, ve ne assicuro! Voi sorridete incredule e pensate che io vi inganni ma no, egli l’ha detto poco fa, distintamente. Ma ora perchè mai si ostina a restar muto mentre vi chiamo per farvelo sentire? “Mamma” su dilla ripeti la parola meravigliosa; su, mio piccolo, parla, altrimenti mi derideranno rideranno di me. E diranno che tua madre ha sognato di ufire quello che tu pure dici così bene! Ah! Perchè taci? E’ dunque una grazia che tu fai solo a tua madre il dirmi “mamma” distintamente? Anonimo del Congo
Che cosa è una mamma Una mamma è come un albero grande che tutti i suoi frutti ti dà: per quanti gliene domandi, sempre uno ne troverà. Ti dà il frutto, il fiore, la foglia, per te di tutto si spoglia: anche i rami si taglierà. Una mamma è come un albero grande. Una mamma è come il mare. Non c’è tesori che non nasconda. Continuamente con l’onda ti culla e ti viene a baciare. Con la ferita più profonda non potrai farla sanguinare. Una mamma è come il mare. Una mamma è questo mistero. Tutto comprende, tutto perdona, tutto soffre, tutto dona, non coglie fiore per la sua corona. Puoi passare da lei come straniero poi calpestarla in tutta la persona: ti dirà: buon cammino, bel cavaliero! Una mamma è questo mistero. F. Pastonchi
La festa della mamma O mamma, ti vo’ far la serenata e ti dirò che un angelo tu sei, donato dal Signore ai giorni miei. Con i fiori più rari, una corona voglio intrecciarti, mia mammina buona, e al sole vo’ rubare i raggi belli, per farne un serto per i tuoi capelli. Ti donerò ogni giorno tanto amore e specialmente se ti piange il cuore; il cielo pregherò perchè tu viva tanti e tant’anni, sempre più giuliva; giuliva di vedere i figli tuoi sempre più buoni, come tu li vuoi. T. Romei Correggi
L’infinito amore E’ grande il cielo, e riluce di stelle, è grande il mare e in fondo ha le sue perle, è grande il mondo e in seno ha una gran fiamma che brucia dentro il cuore d’ogni mamma; e questa fiamma il suo cuore s’affina, e la sublima, la rende divina: le fa scordare le sue pene amare, se un bimbo le sta in grembo a trastullare. O amor di mamma! O nome tutto santo! Commuovi il cuore da venirne il pianto! C. Di Bella
Essere re Ti piacerebbe essere re con un bel cavallo bianco una spada d’oro al fianco, un castello tutto per te? Aver dietro scudieri armati, così bene allineati che uno ne vedi ma cento ce n’è. Avere in tasca cento fiorini che tutto il mondo si può comperare quanto è la terra e quanto è il mare e montagne, città, giardini. Ma non avere la mamma con te che dentro gli occhi ti cerca il cuore. Avere tutto , meno il suo amore. Ti piacerebbe essere re? R. Pezzani
Mamma Ho pregato un poeta di farmi una poesia con molti auguri per te, mammina mia, ma il poeta ha risposto che il verso non gli viene così ti dico solo: “Ti voglio tanto bene!” Lina Schwarz
Madre La parola più bella sulle labbra del genere umano è madre e la più bella invocazione è “madre mia”. E’ la fonte dell’amore, della misericordia, della comprensione, del perdono. Ogni cosa in natura parla della madre la stella sole è madre della terra e le dà il suo nutrimento di calore; non lascia mai l’universo nella sera finchè non abbia coricato la terra al suono del mare e al canto melodioso degli uccelli e delle acque correnti. E questa terra è madre degli alberi e dei fiori. Li produce, li alleva e li svezza. Alberi e fiori diventano madri tenere dei loro grandi frutti e semi. La parola “madre” è nascosta nel cuore e sale sulle labbra nei momenti di dolore e di felicità, come il profumo sale dal cuore della rosa e si mescola all’aria chiara e all’aria nuvolosa. Kalil Gibran
Madre Io credo senza incertezza e affermo che per le tue preghiere, madre, Dio mi ha concesso l’intenzione di non proporre, non volere, non pensare, non amare altro che il raggiungimento della verità. Sant’Agostino
Mamma Quando l’aurora desta sotto il limpido cielo mattutino, ad uno ad uno tutti i campanili, e sopra il tuo balcone è già una festa di lunghi trilli, di squittii, di gridi, tu sogni Cappuccetto, che il cammino perso ha nel cuore della gran foresta, o Pinocchio che sfugge agli assassini. Ma la mamma ti bacia sui capelli, e il lupo fugge, cadono i briganti, compaiono le fate coi principi a cavallo entro castelli dalle torri incantate, cantano al bosco, dentro argentei nidi sospesi sopra limpidi ruscelli, uccelli tutti d’oro sfolgoranti; e, sotto i cigli chiusi, tu sorridi. V. Bosari
Stornellata alla mamma Fior di gaggia… E’ bello il sol nella gran luce sua. Più bello è il viso della mamma mia. Fior di piselli… Occhieggiano i bei fior su monti e valli; ma gli occhi della mamma son più belli. Fior d’amaranto… Cantar per l’aria gli uccellini sento; ma assai più dolce è della mamma il canto. Fiore che olezza… Zeffiro lieve carezzando passa; ma più lieve di mamma è la carezza. Fiore d’acanto… Se una pena nel cor pungere sento, corro da mamma; e si rasciuga il pianto. Ginestre d’oro… Nè ricchezze nè beni in terra spero: mi basta il cor di mamma: è il mio tesoro. B. Fosi
Finestra illuminata Forse è una buona vedova… Quand’ella facea l’imbastitura e il soprammano, venne il suo bimbo e chiese la novella. Venne ai suoi piedi, ella contò del topo, del mago… Alla costura, egli , pian piano, l’ultima volta le sussurrò: “Dopo?” Dopo tanto c’è sempre qualche occhiello. Il topo è morto, s’è smarrito il mago. Il bimbo dorme sopra lo sgabello, tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago. G. Pascoli
Mia madre Non sempre il tempo la beltà cancella, o la sfioran le lacrime e gli affanni; mia madre ha sessant’anni e più la guardo e più mi sembra bella. Non ha un accento, un guardo, un riso, un atto che non mi tocchi dolcemente il cuore; ah, se fossi pittore, farei tutta la vita il suo ritratto! Vorrei ritrarla quando inchina il viso perch’io le baci la sua treccia bianca, o quando, inferma e stanca, nasconde il suo dolor sotto un sorriso… Ma, se fosse un mio prego in cielo accolto, non chiederei del gran pittor d’Urbino il pennello divino per coronar di gloria il suo bel volto: vorrei poter cambiar vita con vita, darle tutto il vigor degli anni miei, veder me vecchio e lei, dal sacrificio mio, ringiovanita. E. De Amicis
La mamma Anche povera come l’uccello che, fuor del nido, nulla possiede, sempre la mamma ha cuore da dare chè suo figlio non abbia a penare. Sempre la mamma è il fiore odoroso che tutto intorno riempie di sè, anche se sta lontano da te col suo pensiero ti vive accanto. Splende il suo cuore come una stella, vive il suo amore come una fonte: alla sua acqua riprendi lena, alla sua luce rischiari la fronte. Tu ti nascondi, ma lei ti vede; tu non le parli, ma lei t’intende; sulla tua soglia sempre si siede; pena le dai e letizia ti rende. Come albero che goccia nel sole rivestito di subito incanto, se tu le dici dolci parole diventa luce pure il suo pianto. I.Drago
Mamma La casa senza mamma è un fuoco senza fiamma, un prato senza viole, un cielo senza sole. Dove la mamma c’è il bimbo è un vero re, la bimba reginella la casa tanto bella. R. Pezzani
La mamma Sul paesino bianco bianco scende la notte scura scura, ma il cuor piccino non ha paura anzi è preso da un dolce incanto. Che cos’ha per compagnia la piazzetta solitaria? Ha la fontana che sempre varia la sua canzone di fantasia. E l’alberella che par morta senza un fremito di volo? L’alberella ha l’usignolo che col suo piangere la conforta. E nella casa che s’empie già d’uno stuolo vago e leggero d’ombre vestite di mistero, il bambino felice cos’ha? Il bambino ha la sua mamma ce gli fa nido con le sue braccia, che se lo stringe guancia a guancia e gli canta la ninna nanna. D. Valeri
Cantilena della mamma per il bimbo malato Non piangere, uccellino azzurro venuto d’oltre mare tra il sussurro delle palme di Barberia, viticcio della vita mia, buono come la mandorla nel guscio, gentile come il cucciolo sull’uscio, dolce come la mora della siepe, bello come la stella del presepe: non piangere per amore della mamma tua: manderemo via la bua. A. S. Novaro
La tua mamma La tua mamma vien ridendo, vien ridendo alla tua porta. Sai tu dirmi che ti porta? Il suo vivo e rosso cuore, e lo colloca ai tuoi piedi con in mezzo, ritto, un fiore: ma tu dormi e non lo vedi. A. S. Novaro
La tua villa, mamma! Perchè tu mi dici che sei stanca, io ti faccio, per il tuo riposo, una piccola villa sulla riva del mare. Esiguo è questo foglio, non più grande del palmo d’una tenera mano. Pure ha spazio che basta. E qui metto la strada con la siepe e le more, e qui metto le aiuole, e qui con un fruscio di timidi piedini, i pioppi e il viale. E qui metto, sul mare, il dolce girotondo di quattro finestre di quattro sorelle vestite di verde. E un tetto di rose. E un grido di gioia. Ci metto l’amaca che dondola lenta, ci metto una tenda, ci metto i tuoi fiori, ci metto il mio cuore. Riposati. E’ tua. V. Malpassuti
La mamma Se un bimbetto fa un capitombolo, se brucia il ditino sulla fiamma, chi chiama subito subito? La mamma, sempre la mamma! E la mamma è lì che consola, che conforta, che consiglia, con un bacio, una parola. B. Brusoni
Serenata Dormi se dormir ti piace, o ricciolin di spuma, dormi nella tua piuma. C’è chi per te si impegna per darti pace e fila e cuce per darti luce. Dormi se dormir ti piace. Se vedessi quante stelline picchiano alle tue finestrelle, a sette a sette per vederti dormire nel tuo lettin di gigli per vedere i tuoi cigli che fanno ombra alle guance rotondelle! Se vedessi quanti stelline! F. Pastonchi
La veste nuova Voglio farti una vestina di lanetta e cotonina che nessuno ce l’avrà. Ma per fare economia taglierò una veste mia che nessuno lo saprà. Non ho l’ago, nè il cotone. Per cucirla una canzone la tua mamma canterà taglia e cuci si fa sera. Per vederci una preghiera sul mio labbro splenderà. Ecco fatta. E domattina sembrerai una regina. Oh! La mia felicità, R. Pezzani
Alla mamma Mamma, per la tua festa io ti offro una cesta di baci e un cestino di stelle. Ti offro un cuscino di fiori, su cui posare la testa quando sei stanca, un cuore tanto piccino e un amore grande così, mamma, per questo dì. Luisa Nason
Alla mamma Non vo’ vederti più sera e mattina pensare agli altri e non pensare a te: non la vo’ più veder la mia mammina vegliar la notte e lavorar per me. Voglio comprare una casina bianca piena di sole e piena d’allegria, e là ti condurrò quando sei stanca, là ti riposerai, mammina mia. R. Fucini
Mamma Chi dice mamma dice paradiso, luce del cuore, tenerezza, incanto! E’ sempre della mamma dolce il viso, e nel suo bacio, benedetto e santo, sta chiusa dell’amor tutta l’essenza… Chi dice mamma dice provvidenza! E. Fiorentino
Che fa la mamma? Che fa il tuo babbo, dimmi, piccina? Il falegname. Brava bambina! E sai tu dirmi che fa la mamma? Oh, sissignora, lei fa la mamma. Tu non m’intendi, fanciulla mia: il suo lavoro chiedo qual sia. La mamma cuce giubbe e calzoni, gonne, vestiti, bei grembiuloni… Oh, fa la sarta, vero, bambina? Oh, nossignora. La mia mammina rammenda e stira… come si dice? Che fa, vuoi dire, la stiratrice. Nemmeno questo… Di bene, allora! Lei non m’intende, buona signora. Spiegati, dunque. Per noi bambini cuce la mamma bei vestitini: quando son sporchi li rifà netti, spazza le stanze, prepara i letti, i buoni cibi cuoce alla fiamma… insomma, creda, che fa la mamma! A. Cuman Pertile
Nell’aia La donna ha messo contro il muro il bambino e, accoccolata davanti a lui, gli tende le braccia e dice: “Vieni!”. Ma il bimbo non osa. E la madre: “Avanti, gioia mia! Fatti coraggio. Vieni da mamma tua! Vieni”. E il piccino si lascia andare, tentenna un momento poi casca tra le braccia della madre. Ride la donna e abbraccia stretto stretto il figliolo. Ride il bimbo. Dall’orto lì presso il nonno alza la testa dal lavoro e grida al nipotino: “Bravo!”. Intanto dalla strada, appoggiato al suo lungo bastone, un vecchio mendicante guarda. Michele Lessona
Prime stelle Una mamma è seduta col suo bambino in braccio sul poggiolo infiorato; vedo nella penombra le due manine tese verso un fiore dorato. E spesso le manine si levano, e si tuffano d’un tratto nella bruna chioma della pensosa madre che par sorrida alla nascente luna. Si scuote ella, e raccoglie le due piccole mani nelle sue mani, e china la persona sul piccolo corpo, e la testa preme sopra quella testina. Io non vedo; ma certo ora la madre bacia il suo bimbo. Non vedo: ma le stelle si svegliano tremolando, e sorridono solo per questo, io credo. Milly Dandolo
Mamma Non c’è parola più bella tra centomila parole; sono due sillabe sole lucenti più d’una stella. Non c’è parola più cara, nè più soave e serena; sono due lettere appena che l’uomo subito impara. Non c’è parola più grande su tutta, su tutta la terra; risuona in pace ed in guerra, in lontanissime lande. Non c’è parola più santa, tra le parole, nel cuore, comprende tutto l’amore, dolce parola che incanta. R. Bossa
Voci Quante voci, nel mondo grande! La voce del vento tra le fronde, il fischio del treno, lo sciacquio delle onde. Il rombo del tuono lontano, il ti-tac del cuore vicino, la cascata col suo fragore e il ronzio d’un motore. …E la dolce ninna nanna cantata al più piccino da una voce soave di mamma. Gina Vaj Pedotti
Il bambino e la mamma Gli chiedo:”Mi vuoi bene?” Dice: “Mammina, sì” Insisto ancora:”Quanto?” “Guarda: tanto così!” Apre le nude braccia come ali pronte al volo: da una manina all’altra c’è un mezzo metro solo. E sorride, con gli occhi color del cielo terso. Fra le due braccine tese c’è tutto l’universo. Gina Vaj Pedotti
Mamma Mammina cara, per la tua festa vorrei regalarti una collana d’oro per dirti: “Mamma, ti adoro!”. Vorrei regalarti una perla blu, per dirti quanto preziosa sei tu. Vorrei regalarti un anello con un grosso diamante per dirti, mamma, quanto sei importante. Vorrei regalarti un orologio con un fiore per dirti, mamma, “Ti voglio bene a tutte le ore”. A. A.
Poesie per la festa della mamma– Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche per Pasqua – una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La sorpresa Son di zucchero? Son vere? Hanno il tuorlo o la sorpresa? Zitti zitti miei bambini, che ci son dentro i pulcini. Spunta un becco poi un ciuffetto una zampina una codina. Quanti! E in quell’uovo cosa c’è? La sorpresa, la sorpresa! Non ci credi? Sì davvero! Un pulcino tutto nero! (K. Jackson)
Pasqua Che chiasso c’è nell’aria che si svaria in mille suoni? Son canzoni vagabonde, come l’onde, che si perdono nel cielo con un velo di sonora poesia, dolce e pia. Sono accordi di campane, cori striduli di rane; gridi allegri di monelli su le piazze e dentro l’aia. Son risate di grondaie, animate da nidiate, di festosi passerotti; son strambotti musicali, batter d’ali… (M. Argante)
Resurrezione Che hanno le campane che squillano vicine, che ronzano lontane? E’ un inno senza fine or d’oro, ora d’argento nell’ombre mattutine… (G. Pascoli)
Pasqua A festoni la grigia paretaria come un bimba gracile s’affaccia ai muri della casa centenaria. Il ciel di pioggia è tutto una minaccia sul bosco triste, che lo intrica il rovo spietatamente, con tenaci braccia, quand’ecco dai polla, sereno e nuovo, il richiamo di Pasqua empie la terra con l’antica favola dell’uovo. (G. Gozzano)
Pasqua La gemma priì, dal pesco, un occhiolino; vide il cielo turchino e il sol di primavera, si ridestò, leggera… dopo il suo lungo sonno un roseo fiore donò al suo ramo. Allora tutta la schiera dei ciliegi, dei mandorli, dei meli, su verso i puri cieli gettò petali bianchi e profumati, lievi come carezza, cantando con la brezza: “O sole, o primavera, ben tornati!” Passò il vento ridendo gaiamente e destò, la campana del villaggio: “Oh, si avvicina maggio!” e din don dan si dette a scampanare din don! Din dan! Erano così chiare, fresche, squillanti, trepide, sonore le sue note canore! Uomini, donne, bimbi in allegrezza di nuova vita, in un con la natura gettarono alla pura aria, al sereno cielo il nuovo canto! Pasqua, il suo dolce incanto dona alla terra che sorride e tace per troppa gioia! E la Pasqua parlò: “Con voi sia pace!” (Hedda)
Pasqua E’ Pasqua stamattina, per questo la collina si sveglia tutta in fiore. L’argento degli ulivi illumina i declivi: ogni fontana aspetta con l’acqua benedetta; campane e campanelle sono tutte sorelle; festose, umili, chiare cominciano a cantare. (D. Rebucci)
Pasqua Din don dan: le campane nell’azzurro pasquale hanno un tono cordiale, quasi di voci umane. Che cosa farai, tu, di nuovo e di fecondo? Con sua cert’aria scaltra la gallinella arzilla prima da una pupilla ti guarda e poi dall’altra, e dice: “Ho fatto l’uovo pasquale, coccodè. Adesso tocca a te, cot cot, a far del nuovo!” Uscita dall’ovile la pecora brucando fa un belato blando tra attonito e gentile: “Be-eh, vi ho fatto dono dei miei figlioli cari, e tu non ti prepari a un sacrificio buono?” La colomba nel sole con aria un poco tronfia tuba dalla rigonfia gola le sue parole: “Io sono dell’amore il simbolo, glu glu. Ma, rissosetto, tu cos’hai in fondo al cuore?” Una mano cortese a capo del tuo letto un fragile rametto di fresco ulivo appese, e, se ogni cosa tace, non sembra dire anch’esso un non so che, sommesso, di dolcezza e di pace? (F. Bianchi)
Giorno benedetto Il passero all’alba cinguetta sopra il tetto: -Di Pasqua, ecco, è spuntato il giorno benedetto! Ed il ramo fiorito del pesco, giù, nell’orto, fremendo all’aria lieve dice: -Gesù è risorto. Lo festeggia l’aprile col verde, i fiori, il sole; coll’aria che ha un profumo di tenere viole. E di mille campane s’ode il festoso suono, che al cuor dell’uomo parla di amor, pace e perdono. (M. Bernardini)
Pasqua -Uscite, uscite!- dice allegro il sole; -volete star in casa ad ammuffire? Tra l’erba nova olezzano le viole e tornan tutti i rami a rinverdire. -Uscite, uscite!- cantano gli uccelli; -ogni nido, ogni zolla si ridesta, la terra, il cielo, il mar son tanto belli; e prati e colli son vestiti a festa. Inni giocondi canta lieto il core, e la parola del rancor si tace; torna la Pasqua, festa dell’amore, che ci vuol tutti buoni e tutti in pace. (A. C. Pertile)
Campane di Pasqua Per l’aria si spande la voce del pio campanile. Squillate in letizia, campane, che è festa d’amore nel cielo! In terra, tra i solchi, lo stelo matura del pane. So so quel che dite a rintocchi – La pace… il perdono… la fede…- (L. Rinaldi)
La domenica dell’ulivo Han compiuto in questo dì gli uccelli il nido (oggi è la festa dell’ulivo) con foglie secche, radiche, fuscelli; quel sul cipresso, questo sull’alloro, al bosco, lungo il chioccolo d’un rivo, nell’ombra mossa d’un tremolio d’oro. E covano sul musco e sul lichene, fissando muti il cielo cristallino, con improvvisi palpiti, se viene un ronzio d’api, un vol di maggiolino. (Giovanni Pascoli)
Campane di Pasqua Gli orti di rosa chiaro restano stupefatti: musico è il campanaro. Il giacinto si sente il riso sulla bocca: gioiscono le mente, la vigna immusolita, tanto è bello il concerto che ritorna alla vita. E il bambinetto balla tutto vestito a festa tra un fiore e una farfalla. (L. Carpanini)
Pasqua La gemma aprì, dal pesco, un occhiolino; vide il cielo turchino e al sol di primavera, si ridestò leggera… Allor tutta la schiera dei ciliegi, dei mandorli, dei meli, su, verso i puri cieli, gettò petali bianchi e profumati, lievi come una carezza cantando con la brezza: -O sole, o Primavera, ben tornati!- Passò il vento ridendo gaiamente e destò la campana del villaggio: -Oh, s’avvicina maggio!- e: din don dan! si dette a scampanare. Erano così chiare, fresche, squillanti, trepide, sonore le sue note canore! Uomini, donne, bimbi, in allegrezza di nuova vita, in un con la natura gettarono alla pura aria, al sereno cielo il nuovo canto! Pasqua il suo dolce incanto dona alla terra che sorride e tace per troppa gioia. E la Pasqua parlò: -Con voi sia pace!- (Hedda)
La dolce festa -Dimmi, chiesina candida e gentile, che cosa ti rallegra stamattina? -Aspetto che si svegli il campanile con la squilla più dolce ed argentina. Per la festa di Pasqua tutta splendo, per dire al mio Signor che anch’io l’attendo. E tu, caro piccino, dove vai in questa bianca luce mattutina? Questi bei fiori a chi li donerai? -A Gesù ch’è risorto stamattina, perchè in ogni fior veda brillare il cuor che voglio a Lui tutto donare! (L. Nason)
Odor di rose E’ Pasqua. Quanta festa c’è nell’aria, nei campi, fra la gente! Il bel tempo si desta e il mondo lo saluta allegramente. I bambini, ridendo, saltellano nei prati e sui ciglioni, van viole cogliendo, e cantan della scuola le canzoni. Cristo è risorto e gioia si legge in tutti i volti e delle cose. Com’è lungi la noia… Si sente, fra le siepi, odor di rose. (A. Castoldi)
Pasqua Perchè le campane, stamane, hanno un suono sì lieto? Perchè odorano tanto le viole e il sole risplende sereno? Perchè gli uccellini e i bambini cantan con gioia sì pura? Perchè risorge l’amore e la dolcezza nel cuore; perchè nel cielo, laggù, torna a guardarci Gesù. (T. Stagni)
E’ risorto Vola una gentil rondinella portando nel becco l’ulivo, essa reca una lieta novella, e colui che l’ascolta è giulivo. Nel prato sorridono i fiori, ancor tardi sul timido stelo; li bacia coi miti tepori il sole, splendente nel cielo. Ogni cosa gioisce e si tace, profonda letizia è nel cuore: in questo bel giorno di pace, risorto è da morte, il Signore. (M. Mariconda) Aprite il cuore E Pasqua viene con la primavera, col sole, con le rondini e le stelle: e il cielo è di brillanti, quand’è sera. E mentre tutto s’addormenta e tace, un angelo, col ramo suo d’argento, batte a ogni porta e dice: -Uomini, pace!- Dice ai bambini: -Aprite il vostro cuore in boccio alle speranze della vita! E’ la resurrezione del Signore!- (zietta Liù)
Pasqua Un odore di viole l’aria ci porta in dono, lassù fiorisce il sole per tutti: oh, com’è buono! Il mandorlo è gremito il pesco non decide di farsi un bel vestito aspetta e intanto ride… Un bambino già muove sull’aia il primo passo, il sole scherza e piove nel ruscello, più in basso… Una bambina bionda si guarda le scarpine, una cincia gioconda prova le canzoncine. La chioccia già ammaestrata la sua piccola schiera, spalanca una finestra in ciel la primavera; un angelo si sporge e guarda e si compiace, dice: -Gesù risorge, agli uomini sia pace!- (L. Nason)
Sabato santo Sabato santo perchè sei stato tanto? perchè non sei venuto? -Perchè non ho potuto!- Una coscia di gallina, un uovo benedetto, una fetta di schiacciata… Ecco Pasqua bell’e ritornata! (versi popolari)
Pasqua
Dice il sole: “Voglio oggi brillare, lucente come l’oro” E gli uccellini: “E noi cantare in coro” E i fiori: “Freschi e belli oggi vogliam sbocciare” E le campane: “A festa vogliam suonare” Dicono i bimbi: “E’ Pasqua, giorno del Signore il suo splendore doni una voce ad ogni cuore”
Mattino di Pasqua Din-don, din-don, din-don! Sole sui fiori e rondini sul tetto Sia benedetto il nome del Signore. Din-don, din-don, din-don! Festa d’amore Gesù è risorto, l’inverno è morto. Din-don, din-don, din-don! (G. Fanciulli)
Pasqua Tre campane ha il campanile che fan festa a tutto il cielo, e vicino al dolce ovile son fioriti il pesco e il melo; è tra i fiori un’acqua chiara che rallegra e che consola; è nei cuori una parola che ogni fior sbocciando impara. Oggi è Pasqua d’ogni fiore; è la festa del Signore. Giù dai monti il pastorello per la messa arriverà col vestito nuovo e bello per la pia solennità; e il viandante frettoloso ed il povero mendico troveranno un tetto amico e buon pane e buon riposo. (L. Nason)
Ritorno di Pasqua Una fonte che ci parla fra l’erbette e le viole, una nuvola dorata, rose sparse in mezzo a il sole, la finestra spalancata fin dall’alba, il prato in fiore; una storia che, a cantarla, ci vuol proprio il nostro cuore, una siepe e una agnellino, una chioccia ed un pulcino, l’uovo in bianca e rossa vesta, tutto ornato per la festa, la colomba con l’ulivo nel tramonto rosso vivo, tornan tutti al nostro cuore per la Pasqua del Signore. Din don dan… L’angioletto ancor si vede con la croce della fede la campana che stornella, il capretto che saltella, il pastore che s’affretta per la festa benedetta, la massaia che conduce il suo bimbo in questa luce. Din don dan… Ma una cosa non si vede senza l’occhio de la fede; non si vede il nostro cuore col bel dono del Signore che, nel giorno Suo divino accompagna ogni bambino. (L. Nason)
Resurrezione Dormivi, e la siepe è fiorita; dormivi, ed il rovo che ancora al crepuscolo nere tendeva le braccia, stamane è tutto un rigoglio di fiori E il cielo ha smaglianti colori. E squillano mille campane. Le rondini volano a schiere nell’aria: già sono lontane. E’ Pasqua: la chiesa gremita odora d’incenso e di ceri. Sfiorato da tremule dita già l’organo geme e un inno tra i fiocchi leggeri d’incenso dilaga nell’aria che tutta ne palpita e freme. (M. Castoldi)
Pasqua
I cieli sono in festa la terra si è ridesta canta felice il cuore è risorto il Signore! (L. Schwarz)
Campane di Pasqua Dalla valle rifiorita alle vette più lontane dice il suon delle campane ch’è risorto il Salvator. Splende il sole dell’aprile sul sorriso d’ogni fior! Dolce Pasqua d’amor tu, che porti col sole, mille fresche viole, mille rondini in vol, fa sbocciare nei cuori di chi spera e chi crede, al calore delle fede, mille rose d’amor! (R. Tosi)
Rami d’olivo -Quanti rami d’olivo! Avanti! Avanti! Son bell’e benedetti: o chi ne vuole? Li ho colti stamattina, e tutti quanti coi primi raggi li ha baciati il sole. Sull’uscio, alla finestra, a capo al letto metteteci l’olivo benedetto; come la luce e le stelle serene un po’ di luce, al cor, fa tanto bene… (M. Giarrè Billi)
Pasqua
Esulta la terra di fiori ammantata si veste di luce la silfide alata e sfreccia nel cielo tra stormi di uccelli che al Cristo cinguettano i canti più belli Nell’acqua le ondine tra veli fluenti rispecchiano i cieli d’azzurro ridenti Scintilla la pietra dal sole irradiata tra il verde giocondo dell’erba spuntata Il Cristo è risorto trionfa di morte a impulsi di amore spalanca le porte Al coro armonioso di tutto il creato s’unisce la voce dell’uomo rinato La luce del Cristo ha accolta nel cuore la tenebra ha vinto fa Pasqua d’amore. (E.Minoia)
Pasqua del bambino O Signore, Signore, che ritorni al Tuo regno, potessi del mio amore darti un piccolo segno. Ho chiesto fiori al pesco ho chiesto al vecchio ulivo il rametto più fresco che si celava schivo. L’offro: ma se più care le promesse ti sono, oh, le vedrai sbocciare. Sarò il tuo bimbo più buono. (D. Rebucci)
La Pasqua viene Questa voce innocente che ci chiama dal bosco è voce, la conosco, di sorgente. Là in margine s’adorna di steli e di corolle, l’agnello all’erba molle, già ritorna. Bambini, apriamo il cuore alle gioie serene: la dolce Pasqua viene: la Pasqua del Signore. (D. Rebucci)
Pasqua Il sole stamattina è molto affaccendato a risvegliare i fiori del frutteto e del prato. Poi bussa d’ogni nido alla porta piccina: -Su, cinguettate, presto: è festa stamattina. Alle campane dona il raggio più lucente e prega: -Sorelline, chiamate tanta gente! Chiede mammina rondine: -Che succede laggiù? Cantano i bimbi in coro: – E’ risorto Gesù! Ogni bimbo ha nel cuore un fiore ed un sorriso; Gesù tutto contento li porta in Paradiso. (L. Nason)
Pasqua Senti… Canta una fonte l’armonia dolce di Pasqua: come canta bene! e un usignolo le fa compagnia Senti… cantano i rami dei frutteti, cantano i fior di pesco e le verbene; è Pasqua, oggi non hanno più segreti. Senti… Cantano insieme le campane; dal monte e dalla cerula prianura ci porta il vento le voci lontane. Ascolta… C’è una voce nel tuo cuore come una fonte di dolcezza pura: -E’ Pasqua, è Pasqua, è risorto il Signore!- Non vedi… ogni finestra par fiorita: se non ha fiori il soli li provvede che si compiace a risvegliar la vita; ed ogni viso è ormai senza dolore, perchè alle pene basta questa fede: -E’ Pasqua, è Pasqua, è risorto il Signore!- (L. Nason)
Poesie e filastrocche per Pasqua – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche il papà una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il babbo Povero babbo! Stanco, scalmanato, tutte le sere torna dal lavoro, ma per cantar la nanna al suo tesoro ha sempre un po’ di forza e un po’ di fiato. L. Schwarz
Festa del papà Tanti auguri babbo caro di salute e d’ogni bene or che sono un o scolaro li so far come conviene. Se sapessi, babbo mio, in cucina che da fare un gran moto, un tramestio un andare e ritornare. Già ti annuncio in confidenza (tanto tu non lo dirai) che un budin nella credenza c’è, ma grande, grande assai. Che tripudio, che contento! Ah, se fosse ognor così che giulivo movimento caro babbo, che bel dì.
Il padre Mio padre non è morto, mio padre cammina con me, sento ancora il suo passo. Sento che s’accosta ai libri, toglie la bibbia dallo scaffale: da tanto la sua immagine è scomparsa, ma mio padre è sempre con me. Sotto la lampada egli siede la sera, e tiene il libro in mano: e a volte chiede piano se ho trovato la pace. A volte lo sento parlare, ma non vedo il suo viso, mi sembra d’essere ancora bambino e ascolto le parole d’Isaia. E se siedo alla notte sulla soglia, e la luna percorre il dorato sentiero, sento che siede accanto a me come un tempo sedava. (E. Wiechert)
A mio padre Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi un uomo estraneo per te stesso egualmente t’amerei. Chè mi ricordo d’un mattin d’inverno che la prima viola sull’opposto muro della tua camera scopristi e ce ne desti la novella allegro. Poi la scala di legno tolta in spalla di casa uscisti e l’appoggiavi al muro. Noi piccoli stavamo alla finestra. E di quell’altra volta mi ricordo che la sorellina, bambinetta ancora, per la casa inseguivi minacciando (la caparbia avea fatto non so che). Ma raggiuntala che strillava forte dalla paura, ti mancava il cuore: chè avevi visto te inseguir la tua piccola figlia, e tutta spaventata tu vacillando l’attiravi al petto, e con carezze dentro le tue braccia l’avviluppavi come per scamparla da quel cattivo ch’era il tu di prima. Padre se anche tu non fossi il mio padre, se anche tu fossi un uomo estraneo fra tutti quanti gli uomini già tanto pel tuo cuore fanciullo t’amerei. (C. Sbarbaro)
Padre Padre, un giorno ti condurrò per queste vie, con queste mani che reggevi un giorno nelle tue. T’indicherò come facevi, i seminati, i colli, le case sparse, quasi con le tue stesse parole; e tutto sarà nuovo per te, come per me in quei lontani giorni, e sorriderai col mio sorriso. Allora io non avrò più l’innocenza, ma la ritroverò negli occhi tuoi, e sarà, padre, il tuo ultimo dono. (T. Colsalvatico)
A mio padre Caro papà che te ne stai rinchiuso in quell’ufficio sempre a lavorare esci a vedere il sole, vieni anche tu un po’ fuori a respirare. Fai quattro passi, arriva alla stazione, arriva al bar a prendere un gelato, mettiti un po’ a giocare in mezzo a noi, sopra un grande prato. Se stai fra noi, papà, ritornerai felice, e tante noie scorderai. (A. Valsecchi)
Poesie e filastrocche il papà Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche Carnevale – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria
Pranzo e cena Pulcinella ed Arlecchino cenavano insieme in un piattino: e se nel piatto c’era qualcosa chissà che cena appetitosa. Arlecchino e Pulcinella bevevano insieme in una scodella, e se la scodella vuota non era chissà che sbornia, quella sera. (G. Rodari)
Il vestito di Arlecchino Per fare un vestito ad Arlecchino ci mise una toppa Meneghino: ne mise un’altra Pulcinella, una Gianduia, una Brighella. Pantalone, vecchio pidocchio, ci mise uno strappo sul ginocchio, e Stenterello, largo di mano, qualche macchia di vino toscano. Colombina che lo cucì fece un vestito stretto così. Arlecchino lo mise lo stesso, ma ci stava un tantino perplesso. Disse allora Balanzone, bolognese dottorone: “Ti assicuro e te lo giuro che ti andrà bene il mese venturo se osserverai la mia ricetta: un giorno digiuno e l’altro bolletta.” (G. Rodari)
La maschera Vent’anni fa mi mascherai pur io! E ancora tengo il muso di cartone che servì per nasconder quello mio. Sta da vent’anni sopra un credenzone quella maschera buffa, ch’è restata sempre con la medesima espressione, sempre con la medesima risata. (Trilussa)
Pagliaccio Ed ecco un flauto si mette a suonare. Allora un pagliaccio rosso coperto di campanellini esce a ballare con lazzi ed inchini! E tenta una capriola… fa finta di farsi male… ride… Si rizza con un salto mortale! Poi s’arrampica, come fa il gatto per acchiappare i pipistrelli! E poi fa finta di ruzzolare, perchè ridano tutti quanti. (U. Betti)
L’allegra mascherata Che risate che allegria per la via! Con tamburi di cartone, con lustrini di… stagnola, i monelli van cantando a squarciagola. Son vispi come uccelli che han trovato l’usciolino spalancato dell’aerea prigione. Chi s’è tinto di carbone, chi s’è tutto infarinato, chi strombetta per la via… che allegria! (M. Castoldi)
Burattini Son di legno, son piccini, sono svegli e birichini, semre buoni ed ubbidienti, sempre allegri e sorridenti, son delizia dei bambini: viva, viva i burattini. Pulcinella ed Arlecchino, Stenterello e Meneghino, e Brighella e Pantalone, Facanappa e Balanzone, fanno ridere i bambini: viva, viva i burattini. Quando alcun non li molesta, dormon tutti nella cesta, se ne stanno in compagnia, sempre in pace ed armonia, come tanti fratellini, viva, viva i burattini. (E. Berni)
Il gioco dei “se” Se comandasse Arlecchino il cielo sai come lo vuole? A toppe di cento colori cucite con un raggio di sole. Se Gianduia diventasse ministro dello Stato farebbe le case di zucchero con le porte di cioccolato. Se comandasse Pulcinella la legge sarebbe questa: a chi ha brutti pensieri sia data una nuova testa. (G. Rodari)
Maschere Sono una maschera dotta e sapiente chiacchiero molto, concludo niente! Son di Bologna un gran dottore, mi sottopongono ogni malore, ed io con l’abile mia parlantina sputo sentenze di medicina. Curo il malato col latinorum per omnia saecula saeculorum! Sono una maschera multicolore di professione fo il servitore. Mia prima origine fu bergamasca, ma non avendo mai un soldo in tasca vissi a Venezia come emigrante. Son litigioso, furbo, intrigante, ma sono il principe dei birichini! Sono una maschera sempre affamata biancovestita e mascherata. Mia patria è Napoli, dove perfetti nascono i piatti degli spaghetti. Son della terra delle canzoni, son del paese dei maccheroni, son specialista in bastonate: quante ne ho prese tante ne ho date! (D. Volpi)
La trombettina Ecco che cosa resta di tutta la magia della fiera: quella trombettina, di latta azzurra e verde che suona una bambina… Ma, in quella nota sforzata, ci son dentro i pagliacci bianchi e rossi, c’è la banda d’oro rumoroso, la giostra coi cavalli, l’organo, i lumini. Come, nel gocciolare della gronda, c’è tutto lo spavento della bufera, la bellezza dei lampi e dell’arcobaleno; nell’umido cerino d’una lucciola che si sfa su una foglia di brughiera, tutta la meraviglia della primavera. (C. Govoni)
Armi dell’allegria Eccole qua le armi che piacciono a me: la pistola che fa solo “pum” (o “bang”, se ha letto qualche fumetto) ma buchi non ne fa… Il cannoncino che spara senza fare tremare nemmeno il tavolino… il fuciletto ad aria che talvolta per sbaglio colpisce il bersaglio ma non farebbe male nè a una mosca nè a un caporale… Armi dell’allegria! Le altre, per piacere, ma buttatele tutte via! (G. Rodari)
Le maschere Io sono fiorentino vivace e birichino; mi chiamo Stenterello l’allegro menestrello. Cantando stornellate fo far mille risate. Ed ecco qua Brighella, la più brillante stella del gaio carnevale quando ogni scherzo vale… Arrivo io ballando, scherzando e poi saltando. Mi chiamano Arlecchino e sono il più carino. Mi chiamo Pantalone: il vecchio brontolone; ma in tutto onor vi dico: “Io sono vostro amico”. Ed io son Pulcinella! La maschera più bella. Oh oh, che ballerino, somiglio ad un frullino… (S. Antonelli)
Carnevale E’ arrivato carnevale con coriandoli e stelline e graziose mascherine. Van cantando per la via in allegra compagnia Arlecchino e Pulcinella Balanzone con Brighella, e Rosaura e Colombina. Con le maschere la gente se la spassa assai beata: è stagione spensierata va passata allegramente. (L. Borselli)
Che allegria! Guarda, mamma, nella via quanta gente e che allegria! Che bizzarre mascherate, dalla banda rallegrate! Quante voci, quanti fiori quanta gioia inonda i cuori! Vedo Cecca e Meneghino, Scaramuccia ed Arlecchino, e quell’altro? Ah, è Trivella, che dà il braccio a Pulcinella! E quel goffo Pantalone con i baffi… di cartone? Or s’avanzano bel bello e Pagliaccio e Stenterello… Senti, senti, mia mammina, che gazzarra! Una ventina di giocondi fanciulletti mascherati da folletti. (G. Pisani)
Viva le maschere Viva le maschere! Evviva! Evviva! Io ti conosco, maschera bella: tu sei Gianduia, tu sei Brighella, qui Colombina con Pantalone, quindi Arlecchino con Pulcinella. O mascherine, chi ve l’ha fatto quell’abituccio tutto a colori quell’abituccio che ci ricorda la primavera coi mille fiori? Chi ve l’ha messa nel fondo del cuore quell’allegrezza che a tutti date? O mascherine, grazie di cuore per tanta gioia che ci portate. (A. Caramellino)
Volta la carta di carnevale Volta la carta di carnevaletto quattro salti e uno sgambetto. C’è Arlecchino “venessiano” Pulcinella “nabbolidano” c’è Gianduia piemontese Pantalone bolognese. C’è Rosaura e Colombina cameriera sopraffina, Meneghin vien da Milano Sor Tartaglia gli è toscano. L’uno mangia maccheroni l’altro grossi panettoni, uno suona il mandolino l’altro al fianco ha lo spadino, ma son tutta una brigata bella, allegra, indiavolata, che si bacia, che s’azzuffa, che combina una baruffa, ma che alfin allegramente, ricomincia come niente il più gaio girotondo che rallegra tutto il mondo. (C. Gasparini)
A carnevale Pensato han tutti e due che in carnevale ogni burletta vale. E per fare un bella mascherata, la camera dei nonni han saccheggiata. Lui s’è pigliato il panama, il bastone, un solenne giubbone; ed una grossa pipa con la canna, certamente più lunga di una spanna. Lei s’è messa una gran cuffia trinata, la vestaglia fiorata, ha preso un ombrellino del Giappone e con gli occhiali legge un giornalone. Così a braccetto, come due sposini, vanno a far chiasso in casa dei cugini, perchè ogni burla vale nella lieta stagion di carnebale
Mascherata Carnevale pazzerello, sei davvero tanto bello! Tu porti sulla via un pochino d’allegria. Coi coriandoli e le stelle, mascherine gaie e belle fanno smorfie e sorrisini, fan balletti e fanno inchini. C’è Pierrot e Pierottina, Arlecchino e Colombina, Rugantino e Pantalone con Tartaglia e Balanzone; Stenterello e Meneghino vanno a spasso con Gioppino; e si vede Pulcinella fare chiasso con Brighella. Carnevale pazzerello, sei davvero tanto bello. (T. Romei Correggi)
Carnevale Il febbraio pazzerello ci ha portato Carnevale a caval di un asinello e con seguito regale: Pantalone e Pulcinella e Rosaura e Colombina, Balanzone con Brighella e Pieretta piccolina. A braccetto con Gioppino, che dimena un gran bastone, van Gianduia e Meneghino sempre pronti a far questione. Arlecchin chiude la schiera, che, fra canti e balli e lazzi lieta va, da mane a sera, con gran coda di ragazzi. Va, tra salti e piroette, seminando per la via, di coriandoli una scia, tra un frastuono di trombette. (L. Re)
Teste fiorite Se invece dei capelli sulla testa ci spuntassero i fiori, sai che festa? Si potrebbe capire a prima vista chi ha il cuore buono, chi la mette trista. Il tale ha in fronte un bel ciuffo di rose: non può certo pensare a brutte cose. Quest’altro, poveraccio, è d’umor nero: gli crescono le rose del pensiero. E quello con le ortiche spettinate? Deve aver le idee disordinate, e invano ogni mattina spreca un vasetto o due di brillantina. (G. Rodari)
Canzoncina Danza lieta, mascherina, danza fino a domattina! Son coriandoli le stelle! E i panini son frittelle. Sono tutti sorridenti, sono tutti assai contenti. Lo sapete che Arlecchino fu vestito, poverino, con cenci regalati dai bambini fortunati? Arlecchino sorridente è l’immagine vivente dell’aiuto che può dare chi anche agli altri sa pensare. Danza lieta, mascherina, danza fino a domattina!
Il girotondo delle maschere E’ Gianduia torinese Meneghino milanese. Vien da Bergamo Arlecchino Stenterello è fiorentino veneziano è Pantalone con l’allegra Colombina. Di Bologna Balanzone con il furbo Fagiolino. Vien da Roma Rugantino, pur romano è Meo Patacca, siciliano il buon Pasquino di Verona Fracanapa. (G. Gaida)
La giostra Eccola nella piazza della chiesa, eccola sorta come per incanto! Chi non l’avea desiderata tanto? Chi non l’avea tanto sognata e attesa? Bella la giostra! E’ tutta luce e argento, tutta specchi, bagliori, oro, turchesi, così come quei fantastici paesi ch’io vedo solo quando mi addormento. (M. Moretti)
Carnevale Carnevale vecchio e pazzo s’è venduto il materasso per comprare pane e vino tarallucci e cotechino. E mangiando a crepapelle la montagna di frittelle gli è cresciuto un gran pancione che somiglia ad un pallone. Beve e beve e all’improvviso gli diventa rosso il viso poi gli scoppia anche la pancia mentre ancora mangia, mangia… Così muore carnevale e gli fanno il funerale dalla polvere era nato ed in polvere è tornato. (G. D’Annunzio – Filastrocche del mio paese)
Maschere Rosaura geme Florindo freme, Lelio domanda, Pantalon nega; Brighella stringe solida lega con Arlecchino; chè, se Cavicchio trova Batocchio presso un crocicchio, gli strizza l’occhio e stretto il patto, saldo il contratto. Pierrot non vede… egli strimpella la serenata… e Colombina che l’ha sentito fruscia in sordina nel vano scuro della vetrata… E là, premendosi la man sul cuore, trepida ascolta… (G. Adami)
La mascherina povera Lazzi e schiamazzi fanno i ragazzi tutti un po’ pazzi. E il bimbo va col cappello del nonno, la giacca del papà, stanco, pieno di sonno, per la grande città. Lazzi e schiamazzi fanno i ragazzi. e il bimbo è lì aria di funerale a godersi così il suo “bel” carnevale. (A. Novi)
Mascherine Bentornate, mascherine, nell’allegro girotondo! Arlecchini e Colombine in un palpito giocondo. Trallalera, trallalà. Ogni lieto scherzo vale: benvenuto carnevale che vi porta tutte qua. C’è bisogno d’un sorriso dopo tante tante pene, che c’illumini un po’ il viso. Vi vogliamo tanto bene. (Zietta Liù)
Carnevale Che fracasso! Che sconquasso! Che schiamazzo! E’ arrivato carnevale buffo e pazzo, con le belle mascherine, che con fischi, frizzi e lazzi, con schiamazzi, con sollazzi, con svolazzi di sottane e di vecchie palandrane, fanno tutti divertire. Viva viva carnevale, che fischiando, saltellando, tintinnando, viene innanzi e non fa male, con i sacchi pieni zeppi di coriandoli e confetti, di burlette e di sberleffi, di dispetti, di vestiti a fogge strane, di lucenti durlindane, di suonate, di ballate, di graziose cavatine, di trovate birichine! Viva viva carnevale, con le belle mascherine! (M. Giusti)
Stornellate di carnevale Fior di melone! Giochiamo e divertiamoci ben bene: è carnevale! Evviva Pantalone! Fior di mortella! A carnevale tutto il mondo balla; la maschera più gaia è Pulcinella! Fior di cedrina! Anche Rosaura danza la furlana, con Florindo e la vispa Colombina! Fiore di grano! Arrivano Tartaglia e Rugantino; facciamo girotondo: qua la mano! Fiore di spino! Ogni viso sia lieto e il cor sereno. Viva, viva, Brighella ed Arlecchino! (V. Masselli)
Carnevale E’ tornato carnevale. Quante belle mascherine per per strade e per le sale! Son tesori di damine in merletti e crinoline, con la cipria sui musetti. Castellane e gnomettini, pellirosse e gnomettini, che si scambiano gli inchini: “Colombina, i miei rispetti” “Un saluto ad Arlecchino!” “Ciao, Brighella!” “Pierottino, vuoi confetti?” “Mi regali una ciambella?” Ora fanno un girettino per le strade, per le sale per mostrare il costumino, dell’allegro carnevale. Poi la sera stanche, alfine, delle chicche e dei balletti, tutte a nanna, mascherine, a sognare gli angioletti. (V. S. Pagani)
Carnevale Mascherine, mascherine, per i bimbi e le bambine son venute da lontano, nel costume antico e strano Pulcinella ed Arlecchino, Pantalone e Colombina facce buffe, occhio ridente, saltan tutte lietamente tra i bambini e le bambine, benvenute mascherine! (G. Vaj Pedotti)
Carnevale Chiuso nel suo cappottino, sta nella terra il semino sogna le cose più belle: sono dei fiori o son stelle? Fuori c’è un mare di gelo, vento tra i rami del melo cime coperte di neve, che scende placida e lieve ad un tratto il silenzio si rompe: tra rumori e squilli di trombe mille canti si sentono fuori, nelle strade frastuoni e colori mascherine allegre cantate, che l’inverno ha le ore contate ricordate voi tutte al semino, che il suo sogno è davvero vicino.
La canzone delle mascherine Un saluto a tutti voi: dite un po’: chi siamo noi? ci guardate e poi ridete? Oh, mai più ci conoscete! Noi scherziam senza far male. Viva, viva il Carnevale! Siamo vispe mascherine, Arlecchini e Colombine, diavolini, follettini, marinari, bei ciociari, comarelle, vecchiarelle: noi scherziam senza far male. Viva, viva il Carnevale! Vi doniamo un bel confetto, uno scherzo, un sorrisetto: poi balliamo, poi scappiamo. Voi chiedete: “Ma chi siete?” Su, pensate, indovinate. Siamo vispe mascherine, Arlecchini e Colombine, diavolini, follettini, marinari, bei ciociari, comarelle, vecchiarelle: noi scherziam senza far male. Viva, viva il Carnevale! (A. Cuman Pertile)
Viva carnevale La stagion di carnovale tutto il mondo fa cambiar. Chi sta bene e chi sta male carneval fa rallegrar. Chi ha denari, se li spende; chi non ne ha, ne vuol trovar; e s’impegna, e poi si vende per andarsi a sollazzar. Qua la moglie e là il marito, ognun va dove gli par; ognun corre a qualche invito chi, a giocar e chi a ballar. Par che ognun di carnovale, a suo modo possa far, par che ora non sia male anche pazzo diventar. Viva dunque il carnovale, che diletti ci suol dar. Carneval che tanto vale, che fa i cuori giubilar. (C. Goldoni)
Mascherine Ecco qui le mascherine tutte vispe tutte belle mascherine pazzerelle che vorrebbero danzar. Io vo’ fare un bell’inchino un bacetto io vo’ mandar. Una gaia piroetta con bel garbo io voglio far. Ecco qui un girotondo pieno di grazia e di allegria che saluta tutto il mondo prima ancor di andare via. L’allegria non fa mai male, viva viva il carnevale!
Pulcinella
Sono una maschera sempre affamata, biancovestita e mascherata. Mia patria è Napoli, dove perfetti nascono i piatti degli spaghetti. Son della terra delle canzoni; son del paese dei maccheroni. Son specialista in bastonate: quante ne ho prese, tante ne ho date.
Rugantino
Sono la maschera più brontolona, anche se arguta, semplice e buona. Se ti facessero ‘na prepotenza, chiamami subito: corro d’urgenza! Faccio una strage, faccio macelli, specie col vino de li Castelli! Se dopo tutto vengo alle mani c’è poco da rugà, semo romani.
Meneghino
Sono una maschera innamorata della città che m’ha creata. Porto nel cuore la Madunina e canto sempre ogni mattina, col panettone in una man, ch’ el me’ Milan, l’è un gran Milan. Contro i ribaldi e gli oppressori in ogni tempo feci fuori.
Balanzone
Sono una maschera dotta e sapiente: chiacchiero molto, concludo niente. Son di Bologna un gran dottore: mi sottopongono ogni malore ed io con l’abile mia parlantina sputo sentenze di medicina. Curo il malato col latinorum per omnia saecula saeculorum.
Carnevale viene
Viva viva Carnevale che fischiando saltellando tintinnando viene avanti e non fa male, con i sacchi pien di zeppi di coriandoli e confetti, di burlette e di sberleffi, di dispetti, di vestiti a fogge strane, di lucenti durlindane, di suonate, di ballate; di graziose cavatine, di trovate birichine. Viva viva Carnevale con le belle mascherine. (M. Giusti)
A carnevale ogni scherzo vale
Pensato han tutti e due che in Carnevale ogni burletta vale. E per fare una bella mascherata, la camera dei nonni han saccheggiata. Lui s’è pigliato il panama, il bastone, un solenne giubbone; ed una grossa pipa con la canna, certamente più lunga di una spanna. Lei s’è messa una gran cuffia trinata, la vestaglia fiorata. Ha preso un ombrellino del Giappone e con gli occhiali legge un giornalone. Così a braccetto, come due sposini, vanno a far chiasso in casa dei cugini, perchè ogni burla vale nella lieta stagion del Carnevale.
Il gioco dei se
Se comandasse Arlecchino il cielo sai come lo vuole? A toppe di cento colori cucite con un raggio di sole. Se Gianduia diventasse ministro dello stato farebbe le case di zucchero con le porte di cioccolato. Se comandasse Pulcinella la legge sarebbe questa: a chi ha brutti pensieri sia data una nuova testa. (G. Rodari)
Ecco le maschere
Io sono fiorentino vivace e birichino; mi chiamo Stenterello l’allegro menestrello. Cantando stornellate, fo’ far mille risate. Ed ecco qua Brighella, la più brillante stella del gaio Carnevale, quando ogni scherzo vale… Arrivo io ballando, scherzando e poi saltando. Mi chiamo Arlecchino e sono il più carino. Mi chiamo Pantalone, il vecchio brontolone; ma in tutto onor vi dico: “Io sono vostro amico”. Ed io son Pulcinella la maschera più bella. Oh oh, che ballerino somiglio ad un frullino. (S. Antonelli)
Burattinaio al lavoro
Da paese a paese egli cammina portando la baracca sulle spalle da paese a paese, dalla valle alla collina. E quando incontra un piccolo villaggio egli si ferma per quei tre marmocchi chiama Arlecchino che straluni gli occhi per suo vantaggio chiama la reginetta e il suo bel paggio che si facciano ancor qualche moina e Brighella cuor d’oro e Colombina rosa di maggio; e raccattato qualche buon soldino dal capannel che un poco si dirada, egli continua sull’aperta strada il suo cammino. (M. Moretti)
Il vestito di Arlecchino
Stan le allegre mascherine strette intorno alla lor mamma ch’è davvero molto stanca: da più giorni taglia e cuce cuce e taglia senza posa variopinti costumini per Gianduia e Meneghino Pulcinella e Pantalone Stenterello e Rugantino ma pel povero Arlecchino nulla ancora ha preparato… E’ domani Carnevale tutte insiem le mascherine dovran vispe folleggiare; e lei, povera mammina, cerca e fruga dappertutto fruga e cerca sempre invano. Cassettoni ha ribaltato armadietti e cassapanche, neppur l’ombra di una pezza per il povero Arlecchino le riesce di trovare… Ma un’idea meravigliosa le balena all’improvviso: coi ritagli avanzati degli altri vestitini tutto a scacchi un abituccio potrà ancora preparare. Mezzanotte è già suonata, ma felice veglia ancora quella mamma industriosa, chè il più allegro dei vestiti Arlecchin potrà indossare! (G. Martinelli)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
I GIORNI DELLA MERLA – Racconti, dettati ortografici e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
I GIORNI DELLA MERLA
Una volta i merli erano bianchi come la neve. Ma un anno gli ultimi tre giorni di gennaio furono così freddi, che gli uomini non uscivano di casa per non rimanere assiderati; i rami degli alberi scricchiolavano per il gelo e cadevano a terra spezzati; i corsi d’acqua erano gelati e gli uccellini si rifugiavano nelle case degli uomini per non morire. Una merla, coi suoi tre piccini, si riparò nel camino di una casa. Ma, ahimè, le penne della merla e dei suoi merlotti divennero, per il gran fumo del camino, nere come la notte. Da allora tutti i merli furono neri. I tre ultimi giorni di gennaio vengono detti anche oggi “i giorni della merla”.
I GIORNI DELLA MERLA
Quell’inverno, tanti anni fa, quando i merli erano ancora bianchi, la merla e i suoi figlioli se la videro brutta: neve, freddo e fame. Se la merla fosse riuscita ad arrivare fino al granaio di quella casa, laggiù! Ma sì, chi aveva il coraggio con quel freddo? Finalmente passò Dicembre e anche Gennaio si avviò alla fine. Un raggio di sole forò il cielo bianco e intiepidì l’aria. “L’inverno è finito” disse con un gran sospiro la merla ai suoi figlioli. “Oggi voglio proprio arrivare fino al granaio”. Proprio in quel momento Gennaio passava sotto il nido. Udì i discorsi della merla e, da quel vecchio dispettoso che era, borbottò fra sè: “Partito, vero? Ora te lo faccio vedere io!”. La merla era arrivata al granaio, aveva fatto una buona provvista e stava per tornare indietro quando la tempesta si scatenò. Dove ripararsi? Finalmente trovò un buon posticino riparato e caldo: il comignolo di una casa. La merla se ne stava lassù mezzo soffocata dal fumo, ma incapace di volar via. Per tre giorni durò, finchè Gennaio non partì. Allora la merla potè tornare al nido. “Che cosa vuoi, brutto uccellaccio nero?”, le gridarono i figlioletti impauriti. “Ma sono io, la vostra mamma!” “Non è vero. La nostra mamma è bianca e bella, e tu sei nera e brutta!”. La merla cercò di ripulirsi, ma non ci funiente da fare; dovette rassegnarsi. Da allora i merli sono rimasti neri, e proprio per questo gli ultimi tre giorni di gennaio si chiamano i giorni della merla. (F. Giovannelli)
I GIORNI DELLA MERLA Narra una strana storia che in tempi assai lontani c’era una merla bianca più bianca della neve. Volava lentamente sui rami delle siepi cercando qualche bacca: aveva tanta fame! Tirava forte il vento sugli orti e sui giardini pioveva senza sosta dall’alba fino a notte: gennaio ormai finiva con giorni grigi e freddi. La povera uccellina fischiando disperata cercava invano un seme un piccol moscerino un chicco di frumento un briciolo di pane. Infine, giunta sera, si rifugiò al calduccio di un alto fumaiolo: dormì sognando il sole. Svegliandosi al mattino scoprì con meraviglia d’avere nera l’ala nerissimo il piumaggio e il becco color d’oro.
I GIORNI DELLA MERLA – Dettati ortografici e filastrocche – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie per bambini e filastrocche sul tema epifania, befana e re magi; una collezione di autori vari, adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La Befana spaziale Su quel pianeta la Befana viaggia a cavallo di un razzo a diciassette stadi, e in ogni stadio c’è un bell’armadio zeppo di doni e un robot elettronico con gli indirizzi dei bambini buoni. Anzi con gli indirizzi di tutti i bambini, perchè ormai s’è capito che di proprio cattivi non ce n’è. (G. Rodari)
La befana La befana vien pianino cala giù per il camino, porta ai bimbi che son buoni tante chicche, tanti doni. Ma se buoni non sarete, nella calza troverete, come chicchi, come doni, aglio, cenere e carboni. (M. Maltoni)
I Re Magi Tre Re Magi da lontano son venuti piano piano per veder Gesù bambino. Una stella fra il turchino li ha guidati col suo raggio, li ha guidati col suo lume. Gesù dorme e non ha piume, non ha fuoco, non ha fiamma, ha soltanto la sua mamma… (L. Nason)
I Re Magi La notte è tiepida e serena. I Magi d’Oriente vanno, vanno sui lor cammelli, e ancor non sanno dove sia nato al mondo il Re dei Re. Dice il moro: “Io gli porto l’oro”. L’altro gli fa eco: “L’incenso io reco”. Dice il terzo prono: “La mirra gli dono”. (M. Ronzoni)
I Re Magi Lontano, tra il fischiare del vento per le forre i biondi angeli in coro: ed ecco Baldassarre, e Gaspare e Melchiorre con mirra, incenso ed oro. (G. D’Annunzio)
Epifania I Re Magi dall’Oriente si son messi già in cammino, per trovar Gesù bambino, il figliolo di Maria. Buon Natale! Epifania! (Anonimo)
I tre santi re I tre santi Re Magi d’Oriente chiedevano sostando a ogni città: “Oh bimbe, oh donne, ci sapreste dire la strada per Betlemme dove va?” Né giovani né vecchi lo sapevano ed essi riprendevano il cammino ma una cometa dalla chioma d’oro or li guidava come un lumicino. La stella sulla casa di Giuseppe ristette e i santi tre Re Magi entrar; muggiva il bove, gridava il bambino, ed i Re Magi presero a cantar. (E. Heine)
La Befana Discesi dal lettino son là presso il camino, grandi occhi estasiati, i bimbi affaccendati a metter la calzetta che invita la vecchietta a portar chicche e doni per tutti i bimbi buoni. Ognun chiudendo gli occhi, sogna dolci e balocchi; e Luca, il più piccino, accosta il suo visino alla grande vetrata per veder la sfilata dei Magi, su nel cielo, nella notte di gelo. Quelli passano intanto nel lor gemmato manto, e li guida una stella nel cielo, la più bella. Che visione incantata, nella notte stellata! E la vedon i bimbi come vedono i nimbi degli angeli festanti ne’ lor candidi ammanti. (G. Gozzano)
La Befana Vien da lontano, per le vie nevose, lascia giù, al cancello del giardino, il somarello, e tra le sue calzette una ne sceglie per ciascun bambino e gliela porta: e sal dritta e sicura per ogni stanza, sia pur chiusa e scura. In ogni stanza di bambini buoni entra pian piano, e il loro sonno spia: e ai piedi del lettino lascia i suoi doni. (P. Calamandrei)
La Befana Quando è l’ora, la Befana alla scopa salta in groppa l’alza su la tramontana, fra le nuvole galoppa. Ogni bimbo nel suo letto, fa l’esame di coscienza: maledice il capriccetto, benedice l’obbedienza. La mattina, al primo raggio, si precipita al camino: un regalo ha il bimbo saggio, il monello… ha un carboncino! (C. Rosselli)
I Re Magi Una luce vermiglia risplende nella pia notte e si spande via per miglia e miglia e miglia. “Oh, nuova meraviglia! Oh fiore di Maria!” Passa la melodia e la terra s’ingiglia. Cantano tra il fischiare del vento per le forre i biondi angeli in coro; ed ecco Baldassarre, Gaspare e Melchiorre, con mirra, incenso e oro. (Gabriele d’Annunzio)
La Befana Con la diaccia tramontana è arrivata la Befana e gironzola in calzini tra comignoli e camini che l’aspettano impalati, sorridenti e affumicati. “Qui” un comignolo l’avverte “c’è un piccin che si diverte tutto il giorno: un fannullone!” “Ecco, cenere e carbone!” “Qui c’è un bimbo giudizioso? Ecco un dono generoso, ma al fratello negligente lascio subito un bel niente. C’è una bimba vanerella? Ecco qua la paperella, ma il giocattolo più bello lo regalo a un orfanello: per un attimo il sorriso tornerà sul mesto viso. (E. Zedda)
La Befana Senti? Suona mezzanotte. Dormi! Viene la Befana con le scarpe tutte rotte dalla casa sua lontana… Entra: il dito sulla bocca, con quel sacco che le pesa… Tutto vede e nulla tocca, vuol silenzio come in chiesa. Vuota il sacco mano mano, posa tante cose belle… Torna a casa piano piano, alla casa tra le stelle. (Zietta Liù)
La Befana Viene viene la Befana vien dai monti a notte fonda. Com’è stanca! La circonda neve, gelo e tramontana. Viene viene la Befana e la neve è il suo mantello. Ha le mani al petto in croce ed il gelo è il suo pennello ed è il vento la sua voce. Ha le mani al petto in croce. E s’accosta piano piano alla villa, al casolare, a guardare, ad ascoltare, or più spesso, or più lontano. Piano, piano, piano, piano… (G. Pascoli)
La burla della Befana Presso la nera cappa del camino, una calzina in grande attesa sta. Con il suo sacco ed il suo lumicino a notte la Befana scenderà. Ma un tormento sta in cuore a Tino e a Tina: “Ci vorrebbe la calza di una donna, la nostra è troppo corta e piccolina!” “Appendiamoci quella della nonna!”. Vanno al mattino i piccoli bricconi alla scoperta dei sognati doni. Ma che c’è nella calza lunga e nera? Un paio d’occhiali e una dentiera… (G. Vaj Pedotti)
I re magi Nei paesi lontani di Uno Due e Tre vivevano tre re chiamati da una stella si misero in cammino per andare a trovare Gesù bambino. “Stella, siamo lontani?” “Stella, siamo arrivati?” dicevano i re magi affaticati. “Il nostro viaggio sarà lungo ancora?” La stella rispondeva: “Ancora… ancora…” E finalmente la stella si fermò e sopra una capanna si posò e svanì la fatica del cammino in un sorriso di Gesù bambino.
La stella dei re magi Era una cometina che neanche si vedeva ma capitò che un giorno altissima volò “Tu giungi qui a proposito” le dissero lassù e una gran coda lucida di dietro si trovò. E corri, e corri, e corri, tornò a volar quaggiù la videro i re magi e giunsero a Gesù.
I re magi Tre re magi, da lontano son venuti piano piano per veder Gesù bambino. Una stella ha il turchino li ha guidati nel viaggio dolcemente col suo raggio li ha guidati col suo lume. Gesù dorme e non ha piume non ha fuoco, non ha fiamma, ha soltanto la sua mamma.
Oh magi d’oriente Oh magi d’oriente, che siete sì belli nello splendore dei vostri mantelli chi vi ha insegnato la via di Betlemme? Ce l’ha insegnata una stella splendente nata improvvisa nel cielo d’oriente. Vedi? La stella che ancora, lassù, guida la gente al cuor di Gesù.
I balocchi di Titina Sui balocchi di Titina è discesa la sventura: già la palla Saltellina mostra un’ampia spaccatura. Già il cavallo Vincilvento alla morte è condannato e si regge in piedi a stento tentennante e spelacchiato. L’automobile di latta è ridotta una frittata ed invano s’arrabatta malinconica e malata. Al pagliaccio (poverino!) distaccata s’è la testa; guarda questa il burattino con un’aria afflitta e mesta. Il bel libro adorno tutto di bellissime figure ora è un cencio, brutto brutto, tutto sgorbi e spaccature, e Titì, tutta piangente della strage ora si pente, nel pensar quanto lontana sia la prossima Befana. (Antonio Rubino)
I Re Magi Questa notte dai lucidi paesi dove il sol nasce sono giunti i Magi… Han cavalcato a lungo i Re cortesi per le notturne ambagi. Come ai begli anni vecchio cuore, udisti a notte il trotto dei bruni cavalli? Sbocciarono fiori ed astri non mai visti per i cieli e per le valli mentre passan i vegliardi buoni! Ed essi lungo l’aspettato viaggio nelle scarpette, rosse, sui veroni come rose di maggio, han messo per voi, felici bimbi, mani di giglio e boccucce di rosa, i giocattoli strani, i fiori, i nimbi… ogni più dolce cosa. Ma ai bimbi che li udirono, da una brulla tana, passare fra il tinnir dell’arpe, i buoni Magi non ha dato nulla… Quei bimbi non han scarpe! (S. Satta)
Sempre lei “Nonna, ai tuoi tempi c’era la Befana?” E la nonna sorride e dice: “Sì. Se mi ricordo! L’alba era lontana, era ancor notte, non spuntava il dì: ma presto andavo accanto al focolare dov’era la mia calza ad aspettare…” “Mamma, ai tuoi temi la Befana c’era?” E la mamma sorride e dice: “Sì. Era d’inverno, ma come primavera, Mi pareva che fosse quel bel dì… Mi alzavo quasi all’alba, in tutta fretta e correvo a cercar la mia scarpetta…” E passa il tempo, e il mondo avanti va: e la Befana antica è ancora qui; Per monti valli e isole e città ritorna come un tempo, in questo dì; è sempre lei, non può mutare più perchè c’è sempre al mondo gioventù. (A. Galante Garrone)
I Re Magi Nella notte che odora di gelsomino e acacie, tre re, mirando il cielo, vedono una gran brace di stella. Il dolce lume al grande arco confitto è un divino presagio che nei libri è già scritto. Svegliano dal sonno un servo e gli dicono: “Presto, metti un basto al cammello più robusto e più lesto”. E cercando con mano felice nel tesoro ricolmano tre scrigni di mirra, incenso e oro. E notte e giorno vanno, alti sopra i cammelli. Tintinna il loro passo di sonagli e gioielli. Si piegano talora, a domandar la via. Vanno a Gerusalemme per cercare il Messia. Vanno per pianure dove non è casa né pianta, né vi odora un cespuglio, né un ruscello vi canta. Vedon fuochi di stoppie, vedon occhi di brace accessi in mezzo ai campi come falò di pace. Cantano insieme un inno tolto alla Scrittura e la stella li guarda come una creatura. Ma d’un tratto declina, così lustra che abbaglia su una povera casa con il tetto di paglia, e rimane sospesa come un frutto sul ramo come a dire ai tre re: “Pellegrini, ci siamo!” Sono giunti. Han lasciato pascolare i cammelli e davanti alla porta han buttato i mantelli. S’inginocchiano insieme e con gli occhi rotondi adorano il bambino Gesù dai riccioli biondi. poi, aprendo gli scrigni che ognun porta con sé, fanno vedere i doni degni del Re dei Re. (Renzo Pezzani)
Dopo Natale Son passati i bei giorni di Natale. Suon di zampogna, non ci culli più. Forse tornasti ai placidi tuoi monti insieme ai verdi abeti rilucenti? Ma un angelo passò, lieve, e v’ha spenti. Solo, in un canto d’una stanza buia, un piccolo presepe ancor rimane; ma che abbandono, che malinconia: è secco il muschio, pendono le case, stanchi i pastori cadono per via. Stanchi, sì, è vero; stanchi di portare sopra l’esili spalle i molti doni. Vorrebbero posarli per un poco, vorrebbero sedersi sopra un masso ed accendere almeno un po’ di fuoco. Così, in tutto il minuscolo paese, c’è malcontento e una stanchezza estrema. Solo Gesù, nel fieno, ancor sorride, guarda e perdona, senza nulla dire: e non si stanca, Lui, di benedire! (Mario Pucci)
I Re Magi La notte è tiepida e serena. I Magi d’Oriente vanno, vanno sui loro cammelli e ancor non sanno dove sia nato al mondo il re dei re. Dice il re moro: “Io gli porto l’oro!” L’altro gli fa eco: “L’incenso io reco!” Dice il terzo prono: “La mirra gli dono!”. (Maria Ronzoni)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: Capodanno. Una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Capodanno Filastrocca di Capodanno fanno gli auguri per tutto l’anno: voglio un gennaio col sole d’aprile, un luglio fresco, un marzo gentile, voglio un giorno senza sera, voglio un mare senza bufera, voglio un pane sempre fresco, sul cipresso il fiore di pesco, che siano amici il gatto e il cane, che diano latte le fontane. Se voglio troppo non darmi niente, dammi una faccia allegra solamente. (G. Rodari)
L’anno nuovo Indovinami, indovino tu che leggi nel destino: l’anno nuovo come sarà? Bello, brutto, o metà e metà? “Trovo stampato nei miei libroni che avrà certo quattro stagioni, dodici mesi, ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragosto, e il giorno dopo del lunedì sarà sempre un martedì. Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo: per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno”. (Gianni Rodari)
L’anno nuovo Con il tren di mezzanotte puntualissimo, in orario, ecco il nuovo calendario. E’ arrivato un treno merci con un solo passeggero piccolissimo, ma fiero. Tra gli evviva dei ragazzi l’anno nuovo mostra, gaio, il duo grande bagagliaio, pien di gioia e di dolori, di successi, ed amarezze. Su, ragazzi, son per voi, queste merci, e si vedrà chi ben scegliere saprà. (E. Zedda)
Calendario nuovo Nel chiudo tuo blocco trecento sessanta più cinque foglietti: un libro che sfogliasi lento nel volger di un anno. Puoi dire che cosa ci aspetti nei dì che verranno? Ignoro se belli o se brutti ma so che dipende dall’uomo di far che ogni giorno sia buono. (A. Fucili)
Anno nuovo Anno nuovo! Ed ogni anno una promessa una promessa che per via si perde, e che ogni anno, purtroppo, è ancor la stessa. Si promette, si tenta… Ed io non so, non so capir perchè crescan le gambe ed il giudizio dei bambino no! Ma questa volta, per quest’anno nuovo quello che si promette si farà: a cominciar da oggi mi ci provo, mamma, e il tuo bimbo ci riuscirà. (Zietta Liù)
Anno nuovo Anno nuovo anno nuovo, qui alla porta già ti trovo rechi forse nel cestello un impulso buono e bello? Porti agli uomini l’amore, che riscaldi a tutti il cuore? Anno nuovo non scordare la salute nel tuo andare e la pace porta teco che nel mondo abbia un’eco veglia sempre sui miei cari, serba loro doni rari ed a me concedi, senti, di poter farli contenti Se benigno il volto avrai, benedetto tu sarai.
Buon Capodanno! Buon Capodanno! S’alza il sipario… via il primo foglio del calendario! Sui suoi foglietti scritto che hai, anno che sorgi? Letizia e guai, giornate bianche, giornate nere? No, i tuoi segreti non vo’ sapere; sopra ogni pagina che Iddio mi dona io voglio scrivere: “Giornata buona”. (L.Schwarz)
Auguri per il nuovo anno O mamma e papà, vi porti il nuov’anno salute e tesori senz’ombra d’affanno; vi porti le gioie più pure e serene! Centuplichi il bene che fate per me! (G. Soli)
Capodanno Mezzanotte suonò sopra il villaggio nella placida piazza solitaria: le ore sobbalzarono nell’aria per la tacita notte senza raggio; recava da lontano intanto il vento come un tintinno garrulo d’argento, e pel villaggio solitario errare un trotto di cavalli si sentì. La diligenza a dodici cavalli arrivava con dodici signori, e tutti, presto presto, venner fuori con valige, con scatole, con scialli: e il primo, un vecchio tremulo e bonario: “Benissimo!” esclamò “siamo in orario!” (Andersen)
Lunario Cos’è mai un anno? Un mazzolino di giorni: qualche fiore e qualche spino, fiori di campo, spini della siepe; è il viaggio da un presepe ad un presepe; un volgere di lune in grembo a Dio; un dolce ritrovarsi e dirsi addio; una nube che passa, il sol che torna; pan seminato e pane che si sforna; dodici mesi tra bagnati e asciutti; quattro stagioni cariche di frutti. Su ogni giorno stende il suo sorriso un santo che vien giù dal Paradiso. Così è fatto, mutevole, il lunario e l’anno nuovo l’ha per sillabario e si legge ogni dì fra stella e stella che per chi ama, la vita è bella. (R. Pezzani)
Anno nuovo Salutiamo riverenti il vecchio anno che se ne va col greve suo fardello e fidando muoviamo incontro al nuovo uscente dal mistero tutto bello. Porta al mondo, che tiepido t’aspetta, doni d’amore, di pace, di armonia. E così sia. (E. Minoia)
Felice nuovo anno Nella notte di magia l’anno vecchio scappa via non sei neppure addormentato che uno nuovo è già arrivato bello, ricco di giornate, sia d’inverno, che d’estate. Anno allegro e fortunato sia quest’anno appena nato!
Anno nuovo Ho incontrato per la via un vecchietto tutto bianco camminava curvo e stanco pieno di malinconia. Tristemente ha mormorato “Sono l’anno che è passato”. Saltellando poi veniva un allegro fanciullino e rideva birichino dietro l’anno che finiva; pien di gioia mi ha cantato “Sono l’anno appena nato”.
Anno vecchio ed anno nuovo Tin tin l’orologio rintocca tin tin quanti colpi ha suonato? Tin tin qual è l’ora che scocca? Tin tin qualcheduno ha bussato! Anno vecchio, tin tin, ti saluto! Anno nuovo, tin tin, benvenuto!
Sole d’inverno Capo d’anno: sì mite, e quanto sole! Io già respiro il marzo, in questa luce d’oro che so breve e bugiarda. E rido alla menzogna, ma ne godo e ad essa mi scaldo, come fan pruno e castagno cui rispunta a capriccio qualche gemma nella certezza che morrà domani prima d’aprirsi. Gemme senza fiore sui rami e nel mio cuore, gioia d’un giorno, conscia d’esser viva sol per un giorno! Non importa. E’ gioia. (A. Negri)
Il futuro Il futuro, credetemi, è un gran simpaticone, regala sogni facili a tutte le persone. “Sarai certo promosso” giura allo scolaretto. “Avrai voti lodevoli, vedrai, te lo prometto”. Che gli costa promettere? “Oh, caro ragioniere, di cuore mi congratulo: lei sarà cavaliere!”. “Lei che viaggia in filobus, e suda e si dispera: guiderà un’automobile entro domani sera”. “Lei sogna di far tredici? Ma lo farà sicuro! Compili il suo pronostico: ci penserà il futuro!” Sogni, promesse volano… Ma poi cosa accadrà? Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà. (G. Rodari)
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Poesie e filastrocche sul Natale – una raccolta di poesie e filastrocche di autori vari sul Natale, per la scuola d’infanzia e primaria.
Lo zampognaro Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale, sai che cosa direbbe il giorno di Natale? “Voglio che in ogni casa spunti dal pavimento un albero fiorito di stelle d’oro e d’argento”. Se comandasse il passero che sulla neve zampetta, sai che cosa direbbe con la voce che cinguetta? “Voglio che i bimbi trovino quando il lume sarà acceso tutti i doni sognati più uno, per buon peso”. Se comandasse il pastore del presepio di cartone sai che legge farebbe firmandola col lungo bastone? “Voglio che non pianga nel mondo un solo bambino, che abbiano lo stesso sorriso il bianco, il moro, il giallino”. Sapete che cosa vi dico io che non comando niente? “Tutte queste belle cose accadranno facilmente; se ci diamo la mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno”. (Gianni Rodari)
Invito al presepio Venne un angelo al mio cuore, al mio cuore di bambino. Disse: mettiti in cammino, troverai il tuo signore, più radioso di una fiamma, sui ginocchi della mamma.” Nella notte santa e bella camminai dietro i pastori camminai dietro la stella coi miei piccoli dolori, e ad ogni passo mi sentivo più leggero e più giulivo. Giunsi infine ad una grotta, (come povera di tutto!) dalla porta vecchia e rotta la Madonna col suo putto vidi, e l’angelo e il pastore adorare il mio signore; e tre re soavi e buoni giunti là chissà da dove; ed un asino ed un bove silenziosi testimoni che l’avevano scaldato con la nuvola del fiato. Adorai il bimbo, e poi lo pregai di farmi buono e gli chiesi qualche dono qualche dono anche per voi. (R. Pezzani)
Il presepe Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi son le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino, tante casette sparse qua e là un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia. un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… oh, quanta gente intorno inginocchiata anche i re magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli. (E. Morini Ferrari)
L’asinello di Gesù L’asinello lascia il pasto e la schiena sotto il basto va per strade senza siepe e vuol giungere al presepe. Son passati i pastorelli con le lane, con gli agnelli, c’è un fiorire per le fratte, le fontane danno latte e tra i pruni zuccherini è un vagar di cherubini. Lui, ch’è irsuto, bigio, brutto, non ha un dono per il putto: ma riscalderà col fiato il signore del creato. (L. Carpanini)
Presepio E’ una notte fredda e serena con in mezzo la luna piena; poi la luce di fa più bella per l’accendersi di una stella; e quando gli angeli scendono a volo in terra nasce il divino figliolo. Ora è Natale e nella capanna c’è un dolce bimbo con la sua mamma mentre il padre dal volto sereno la mangiatoia riempie di fieno. C’è tanto freddo e tanto gelo e per coprirlo non c’è un velo. Ma l’asino e il bue messisi a lato lo riscaldano col fiato. (G. Rossi)
E’ nato Dite se avete mai visto un fantolino più bello con qui colori di pomo. E’ vispo come un uccello. Ha tutto il cielo negli occhi, tutte le grazie sono sue. E’ nato re in una grotta, tra un asinello ed un bue. (R. Pezzani)
Notte santa Scintillano le stelle, fiaccolette d’argento, e illuminano a festa l’azzurro firmamento, mentre a migliaia, in terra, spandono le campane ad invitar le genti mistiche note arcane. Laggiù, nella chiesetta, brillano come gemme i ceri sacri, accesi al bimbo di Betlemme. Ed al presepio santo c’invita il redentore: qui la preghiera sale dal cuore come un fiore. (R. Tosi)
E’ nato, alleluia alleluia è nato il sovrano bambino la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino orsù cornamuse, più gaie sonate, squillate campane venite pastori e massaie oh genti vicine e lontane per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore è nato, è nato il Signore è nato nel nostro paese la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino è nato il sovrano bambino è nato, alleluia alleluia. (G. Gozzano)
Doni al bambino Gesù bambino nella notte santa ebbe i doni del cielo e della terra: ebbe i fiori più belli d’ogni serra, e le più belle foglie di ogni pianta. Ogni stella gli offerse un raggio vivo: ebbe da tutti i re gemme e corone: il vento gli cantò la sua canzone, gli mandò i suoi sospiri il dolce rivo. E chi soffriva gli donò il suo pianto, chi godeva gli diede il suo sorriso. Dalle soglie dell’alto paradiso gli gettarono le nubi un roseo manto. Ebbe la lana di ogni pecorina, tutto quello che aveva ogni pastore. Ogni mamma gli diede un suo dolore, ogni siepe gli diede una sua spina. Ma c’era un bimbo povero che, senza mantello, verso il suo destino andava. Era giunto così presso il bambino: cercava un dono, ma non lo trovava! Toccare non osò la santa culla: un muto pianto gli bagnò le gote: si strinse al cuore le manine vuote, guardò il bambino e non gli diede nulla. Ma nella notte così fredda e nera quel nulla diventò luce e calore: di tutti gli astri aveva lo splendore e tutti i fiori d’ogni primavera. (Milly Dandolo)
Albero di Natale Le candeline accese sui rami dell’abete sembrano tutte liete di vegliar da vicino il dolce sonno di Gesù bambino. I gingilli d’argento, le belle arance d’oro, chiedono tra di loro scampanellando piano: “Ci toccherà la sua piccola mano?” Gli angioletti di cera dalle manine in croce sussurrano con voce quasi di paradiso: “Se avessimo soltanto un suo sorriso!” E la stella cometa che vide tutto il mondo dice con profondo sospiro di dolcezza: “Non vidi mai quaggiù tanta bellezza!” (Milly Dandolo)
Notte di prodigio Mezzanotte! Le fonti gelate si disciolgono per incanto; si ridestano dal greve sonno tutte le piante addormentate. E le strade non hanno più spini, i sassi non fanno più male; le siepi sono tutte chiare, come fiorite di biancospino. Ogni cuore si leva al richiamo d’un azzurro messaggero, ogni viandante segue una stella che gli illumina il sentiero… (Graziella Ajmone)
Il Cristo bambino I suoi occhi acquamarina si aprono al sorridente mare del mattino. Due soli splendenti hanno illuminato l’alba. Le sue gote di melagrana sono fiori di rosa di alloro, fiori rosa i cui steli e radici salutano l’umanità con amore. Le sue esili braccia levate in un simmetrico arco armonioso che abbraccia il mondo. La sua bocca due petali di rosa la sua lingua un’arpa dolce e melodiosa i capelli brillano di luce intrecciati con rami di rosmarino. I polsi mazzolini di violette e quando respira la stanza si riempie d’incenso che brucia in un fuoco divino. Quando cammina sarà un ondeggiare di broccato vermiglio, blu e d’oro bordato d’argento e tempestato di pietre. Gloria eterna a Lui neonato salvatore, il Re e a Colui che Lo adorna. (K. Naregarsi)
Oh bambino Gesù, sei piccolino e poveretto forse più di me hai solo un po’ di paglia per lettino ma tu scendi dal cielo, oh re dei re tutto quello che ho, Gesù bambino è tutto dono della mia bontà tu mi hai dato la vita, un cuoricino la mia mamma adorata, il mio papà mi hai fatto tanti doni cari e belli ed io, che non ti ho dato ancora nulla prego in ginocchio come i pastorelli dinnanzi allo splendor della tua culla e il mio piccolo cuore dono a te oh signore del mondo, oh re dei re.
Canto di Natale del ciliegio Giuseppe e Maria passeggiando qua e là scorsero ciliegie e mele in grande quantità e Maria chiese a Giuseppe. con fare gentile e carino: coglimi qualche ciliegia perchè aspetto un bambino rispose Giuseppe così rozzo e scortese chiedi al padre del bimbo perchè non te le ha prese e allora il bambino dal grembo ordinò piegati ciliegio che mia madre ne abbia un po’ e il ciliegio come un arco si piegò un istante per far raggiungere a Maria il ramo più distante e allora Giuseppe prese Maria sulle ginocchia dicendo: Signore, perdona la mia spocchia e abbracciando Maria disse: Negli anni che verranno mio piccolo salvatore, per il tuo compleanno colline e montagne a te si inchineranno e dal ventre materno parlò ancora il bambino il mio compleanno sarà a Natale, di mattino quando colline e montagne mi faranno un inchino.
Natale Si squarcia nella notte il fondo velo ed un vivo splendore appare in cielo. Scendon giù dalle saperne sfere infinite degli angeli le schiere: -Osanna, osanna- cantano in coro e manifestan la grandezza loro. Abbagliati i pastori, ed esultanti senton nel cuore l’eco di quei canti. Balzan in piedi, pieni di fervore per cercare nel mondo il redentore. e van e vanno guidati dalla stella fin sulla soglia della capannella E’ nato là il salvatore, è nato le genti vuol redimer dal peccato è venuto qui in terra il Dio d’amore per riscaldare a tutti a tutti il cuore nell’anime la pace scenderà agli uomini di buona volontà. (E. Minoia)
O Simplicitas Un angelo mi visitò ed ero impreparata a esser di Dio strumento madre diventerò ma ero spaventata tremai per un momento l’angelo era ancora là, sia fatta la sua volontà ed accettai l’avvento. Dovrebbe un re solenne nascere in nobile dimora pensavo in quel momento partimmo per Betlemme, tutto era strano allora soffiava un freddo vento portavo un vecchio mantello, non ci accolsero nell’ostello la città era in fermento Un bimbo appena nato, che ancor non sa parlare giace in umiltà Giuseppe lo ha vegliato, le bestie lo san scaldare si muovono a pietà è nato in una stalla? Capii quella novella più di un re lo adorerà era un fatto strano, la stalla di un pastore un gregge che belava, il verbo fatto umano giaceva sul mio cuore, la gioia mi inondava e i pastori vennero a rendere onore a quel bimbo nostro signore e a tutta la saggezza che incarnava. (M. L’Engle)
Natale Nel cuor dell’inverno tra neve e tra geli discende il bambino dall’alto dei cieli riporta alla terra la luce e il calore e accende nei cuori speranza ed amore. (E. Minoia)
Una sposa magica Ebbi una dolce, candida visione una sposa magica, splendida apparizione che sapeva parlare di gioia e di dolore una giovane madre che con devozione a vegliare il bimbo nella culla si dispone lo custodisce cantando per ore ninna nanna, ninna oh, dormi dolce bambino.
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno lassù, tra i monti, ha lasciato il capanno e scende a visitare il re dei re. Va, scalzo, per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la gioia gli scalda il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il cuore. (L. Barberis)
Natale Voli d’angeli nel ciel di turchese, sorrisi incantanti di bimbi, ceppi tra gli alari di mille focolari. Presepi fasciati di sogno di trepida attesa, alberelli raggianti di luce, voci di chiese in ogni paese. Doni che giungono a mille da mille remote contrade, biglietti d’augurio, conviti che tutti ci voglion riuniti. (Luisa Zoi)
Natale Stella stellina che brilli lassù ravviva il tuo lume, che passa Gesù Campana piccina che attendi lassù intona il tuo canto che nasce Gesù Oh cuore piccino che attendi quaggiù prepara i tuoi doni che nasce Gesù.
Natale Un canto nell’aria Un campo innevato! Una stalla piena di fieno! Ronfa un asinello! Una madre il suo bimbo culla! Una mangiatoia, e una mucca col vitello! -Noi ricordiamo tutto quello_ e voci gaie, nell’aria quieta! E tre re magi, e una cometa! Duemila anni di neve sanno che nell’aria c’è un canto a Natale ogni anno e si sente in questo incanto una melodia serafica, un inno fatato che dice a tutti che lui è rinato che tutto ciò che amiamo è rinato. (J. Stephens)
Natale Lo spirito del mondo discende sulla terra e in quel grembo profondo per mesi si rinserra. Con la mano leggera mille fiaccole accende sì che la notte nera ad un tratto risplende. La pietra si ravviva, si ridestano i semi la larva si fa viva. Anche nel cuore dell’uomo lo spirito discende e una fiamma d’amore e una speranza accende. (E. Minoia)
Salus mundi Vidi una stalla bassa e scura nella mangiatoia giaceva un neonato i buoi lo conoscevano, se ne presero cura dagli uomini era ignorato del mondo la salvezza futura ai rischi del mondo abbandonato. (M. Coleridge)
Natale Nella notte oscura io non ho paura brillano le stelle nel cielo così belle guardan Gesù bambino piccolino piccolino che ci è nato per amore sulla Terra e qui nel cuore. (L.Baratto)
Natale Quanto più triste è attorno a noi l’inverno quanto dura è la zolla e spento il cielo dal profondo fiorisce a noi tra il gelo un fiore eterno. Suonano dai suoi petali parole di pace in terra ad ogni buon volere e per il cuore che lo sa vedere rinasce il sole. (L. Schwarz)
Natale Lei giaceva tranquilla sulla paglia mentre lui veglia il bambino, incerto e le ombre danzano sulla porta della stalla i buoi ondeggiano, nella capanna volteggia una falena è Gabriele con ali di seta, che va dove lei giace tranquilla sulla paglia un falegname e sua moglie, ignari che re e pastori li cercan da lontano e le ombre danzano sulla porta della stalla dorme il bambino, un asinello sbuffa lui mormora prudente e guarda lei che giace tranquilla sulla paglia canta il gallo, ma il canto non vien fuori sulla collina sagome scure di pastori e le ombra danzano sulla porta della stalla nell’aria calma si sente vita nuova che copre il profumo lontano della mirra lei giace tranquilla sulla paglia e le ombre danzano sulla porta della stalla. (J. Nicholls)
Natale Nato è il bambino nella capanna veglia Giuseppe, veglia la mamma nel cielo appare la nuova stella che annuncia il mondo la gran novella gli angeli cantan in una schiera risorgi uomo, risorgi e spera fa che il bambino ti nasca in cuore e che ti porti luce ed amore. (E. Minoia)
Natale …che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella; ed ecco sembrò primavera. La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla, e un palpito d’ali d’argento, e un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù sull’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino, Gesù. (Zietta Liù)
Ascolta… senti? Senti! Non odi questa melodia, non senti il grido del pastor contento un coro di fanciulli; e per la via, tra gli alberi, frusciar lieto il vento? Non vedi dunque il fiocco lieve lieve, non vedi su nel cielo la cometa non vedi il folleggiare della neve, che nel cadere sembra bianca sete? Ascolta! …Senti questo battere d’ale che pare il tintinnar di mille gemme, e il richiamo dell’angelo trionfale, perdersi nella valle di Betlemme? Non scorgi dunque il fioco lanternino che illumina la stalla, non vedi il bove quieto ed il ciuchino, non vedi il bimbo sulla paglia gialla? Non vedi la dolce maria che rapita mira il bambino? E al fianco suo Giuseppe cui trema la gran barba incanutita? E i tre re Magi giunger dalle steppe? Ascolta!… Senti? Il coro celestiale canta lassù: “Auguri! Oggi è Natale!” (A. Zelli)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma d’un tratto sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto, e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, e posata nel mezzo una scodella; e chi mangiava ecco non mangiava più chi ha preso il cibo non lo tira su chi leva la man la tiene levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare fa il pastor per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma e i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento tornò sopra i suoi passi, udì un vagito Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle vide un castello con tre grandi porte e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Gesù bambino apparve a tre pastori poverelli. (S. Plona)
Natale Cosa mai porterà quel poveretto al bambino che è nato il cespo è nudo, spoglio è l’alberetto e le sue mani, ruvide di gelo pendono vuote, vuota è la bisaccia ma la sua scarna faccia si illumina di cielo. Va nella notte bianca di neve aspro il sentiero ma più s’accosta, più il passo è leggero s’affretta, si rinfranca. Eccolo, è giunto, è giunto al limitare della santa capanna fulgori, incensi, osanna ed egli non ha nulla da donare. Vuote le mani, lacrime alle ciglia… oh, dai cenci scuote i bianchi fiocchi e d’improvviso pare, meraviglia, che una cascata di gemme trabocchi. (D. Mc Arthur)
Natale Canta la chiesetta del monte la sua pastorale è apparsa nel buio orizzonte la stella del santo Natale è apparso un angelico stuolo nel cielo d’oriente e annunzia ch’è nato il Figliolo di Dio a tutta la gente Din don din don! Che dolcezza, che gioia nel cuore o notte di eterna bellezza, o notte di pace e d’amore! La terra di neve s’ammanta, cammina una stella lassù è questa la notte più santa, din don din don è nato Gesù.
Natale Che ti ha portato il Bambino? Un aeroplano che vola, tre arance, un burattino e la cartella di scuola con libri belli ha riempito poi c’era accosto al mio letto un nuovo grazioso vestito e, nuovo, su quello, un berretto… Nient’altro il Bambino ti ha offerto? Nient’altro ti ha fatto gioire? E’ molto mi pare, ma certo, qualcosa ancora ho da dire e a dirtelo, vedi, ora stento oh, dentro al cuore un bel dono io solo, io solo lo sento: la voglia di esser più buono. (G. Fanciulli)
Natale Cosa c’è sull’abete piccino che ride come un bambino? C’è una lieve campana sospesa a un filo bianco a chi l’urta nel fianco parla con voce umana C’è un grazioso uccellino occhietti d’oro, alucce d’argento se appena lo tocca il vento è pronto a spiccare un saltino C’è una trombetta discreta che non suona forte ma brilla e in alto, come sfavilla! C’è la stella cometa E c’è un angelo che vola: non risponde se lo chiamo appende stelle di ramo in ramo e candeline celesti e viola Questo c’è sull’abete piccino che ride come un bambino.
Natale Attraverso quelle nubi onde è oscuro il nostro ciel passan pur di gloria i raggi e si squarcia il denso vel. Odi l’eco dolce e arcano di quegl’inni pien d’ardor che si cantan nella luce nella patria dell’amor.
I pastori “La luce di una stella” dice il vecchio pastore “ci insegna la strada, la strada che porta al Signore”. Ed i pastori, umili e buoni, alla capanna vanno e recano doni. E le pie pastorelle preparan lini candidi, e latte, e lana delle agnelle. Il più piccolo pastorello ha già pronto lo zufoletto, per cantare la ninna nanna al divino pargoletto. Don… dan… don… Dice il vecchio pastore: “La mezzanotte scocca udite il cor degli angeli? E’ nato il redentore!”. “Gloria al signore!” ripete ogni pastore “E pace in terra agli uomini! Pace… ed amore!” (Elisa Furiosi)
Ninna nanna a Gesù bambino Nella gelida capanna c’è un bambin che fa la nanna. Gli è vicino la sua mamma che lo ninna e che lo nanna. Fa’ la nanna, o piccolino, fa’ la nanna, o re divino! San Giuseppe poverello sta attizzando il fuocherello per scaldare il corpicino di quel fiore di bambino. Fa’ la nanna, o fiorellino, fa’ la nanna, o re divino! Son venuti i pastorelli con le pecore e gli agnelli, le zampogne per suonare e Gesù riaddormentare. Fa’ la nanna, o fantolino, fa’ la nanna, o re divino! (Domenico Vignali)
Natale Nella notte tutta stelle passa un angelo piccino. Ha soltanto un camicino e le alucce chiare e belle. Van pastori e pastorelli dietro a lui nella capanna, dove il bimbo fa la nanna, e gli portano gli agnelli. La Madonna veglia e tace, veglia e tace a capo chino; guarda trepida il bambino, il suo cuore non ha pace. Lo riavvolge dentro il manto, lo contempla con dolore; senza fasce è il Dio d’amore. Trattenere non può il pianto. San Giuseppe inginocchiato guarda il bove e l’asinello che riscaldano col fiato quel bambino così bello. Ed intanto tutti in coro cantan gli angeli l’osanna a Gesù che fa la nanna sotto la cometa d’oro. (Giannina Facco)
Notte santa Il sole accesso calava dietro i monti di Giuda: lungo la valle nuda il vento mugolava. Ma sul colle alto, Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole, montavate. Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste; e tu Maria, dicesti: “Così sia”. Su rozza paglia stavi, sonno ti prese. Sognavi che ti nasceva Gesù. Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi! Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva, piccoletta quasi uliva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe in rapimento muto, le braccia in croce, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu, che voce, che grido, o Maria, mettesti. quando aprì gli occhi celesti! (Angiolo Silvio Novaro)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti. A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa; qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato nel giorno bianco e nella notte azzurra canta le dodici ore che sussurra la notte, e dice al mondo : “E’ nato!” (M. Moretti)
Natale Maria dentro la grotta si posò e Giuseppe a Betlemme si avviò, ma un momento sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e gli uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto e poi vide operai sdraiati a terra e posata nel mezzo una scodella e chi mangiava, ecco non mangia più chi ha preso il cibo non lo tira su chi levava la man la tien levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare, fa il pastore per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma. E i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso. E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale Bianca la terra, il cielo grigio “Suonate campane a distesa, è nato!”. Sul vivo prodigio la Vergine è china e protesa. Non broccati, non grevi tende, proteggono il bimbo dal gelo qualche tela di ragno pende dal soffitto che mostra il cielo. Gesù tutto bianco e vermiglio sulla paglia fredda si muove gli rifiatano sul giaciglio a scaldarlo l’asino e il bove. Sopra il tetto che si spalanca nero, la neve fiocca uguale. Angioletti in tunica bianca ricantano ai greggi: “E’ Natale!” (T. Gautier)
Quieta notte Quieta notte, santa notte! Tutto dorme, veglia solo la diletta coppia santa; il bel bimbo, capelli ricciuti dorme in pace celestiale. Quieta notte, santa notte! Ai pastori il primo annuncio con il cantico degli angeli squilla forte, lontano e vicino: “Gesù il salvatore è qui!”. Quieta notte, santa notte! Figlio di Dio, oh come sorride l’amore sulla tua divina bocca! Suona per noi l’ora salvatrice, Cristo, nel suo Natale! (G. Regini)
Serenità natalizia E’ Natale! Batte l’ale per il freddo l’angioletto e si scalda il fanciulletto della mamma presso il cor. E’ Natale! Nessun male faccia piangere i bambini anche gli orfani e i tapini passin lieto questo dì. E’ Natale! Sovra l’ale scenda l’angiol come neve porti a tutti, dolce e lieve, i bei doni dell’amor! (A. C. Pertile)
Uber sonne, uber sterne Lentamente va Maria tra le chiare stelle d’or, prende luce, prende gloria per il bimbo suo Signor. Nell’immensità stellare su nel cielo Maria va reca i doni che il Natale alla terra porterà. Chiede al sole ed alla luna fili bianchi e fili d’or per cucire una vestina al bambino suo Signor. Stan le stelle tutte attorno a guardar Maria che va con i doni che il Natale alla terra porterà. (canto tradizionale)
Natale è vicino Il gelido vento che scende giù giù dal camino ha detto: “E’ vicino” Il passero in cerca di briciole l’abete ed il pino Han detto: “E’ vicino” Col vecchio dicembre la neve vien giù e i bimbi vicino al camino ripetono lieti: “E’ vicino” “Arriva il bambino Gesù”.
Vigilia di Natale Nella grande cucina di campagna era riunita tutta la famiglia per quella dolce sera, tanto attesa. Oh, dolce sera della gran vigilia! Erano i grandi intorno al focolare, a rievocar Natali ormai lontani, come in un sogno, pieno di dolcezza, lieti Natali della fanciullezza. E i bimbi erano intorno ad un presepe a rimirar pastori e pecorelle, laghetti, monti, limpidi ruscelli e la capanna umile, e in ciel le stelle. La mezzanotte lentamente suona. Tutti in ginocchio dicon la corona. Sulla capanna splende un sole d’oro: nato è Gesù e or vive in mezzo a loro. Il nonno, una figura patriarcale, intona l’inno della pastorale: “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Un angelo si ferma ad ascoltare la dolce nenia della pastorale. Un palpito nei cuoi, un fruscio d’ale, e l’angelo sussurra: “Buon Natale!”. (Elisa Furiosi)
Notte di Natale Chiara notte, notte bella i pastori, gli agnellini gli angioletti ed i bambini tre re magi ed una stella vanno tutti da Gesù.
Notte di Natale Nella gelida notte di Natale un canto di campane si diffonde: nell’aria ondeggia, e il firmamento sale azzurro e cupo come mar senz’onde. Gli angeli piegan sulle culle l’ale narrando ai bimbi favole gioconde. Chi stanco vigilò, riposa in pace. Cantano le campane e il mondo tace. (Fausto Salvatori)
La sacra famiglia Maria lava al ruscello e gli uccellini intanto accompagnano il moto col loro dolce canto. San Giuseppe sui rami i panni va stendendo e l’acqua del ruscello scorre via sorridendo. Cantano gli angioletti e i rami sono in fiore dove brillano le fasce di Gesù mio signore. (S. Plona)
La notte di Natale Mamma, chi è nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di campanella. Sono i pastori, mio piccolo buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un battere d’ali un sussurrar di voci intorno intorno. Son gli angeli discesi ad annunciar il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuori degli uomini è l’aurora del giorno dell’amore. (D. Valeri)
Notte di Natale Calma è la notte, limpida, serena; la luce delle stelle è mite e buona. Il venticello fiata appena appena, nelle braccia al mistero s’abbandona. La neve bianca arricchisce la scena della natura e più luce le dona, la ciaramella intona una novena che arriva al cielo come una canzona. Sacro è il silenzio, misterioso e fondo, quasi che non volesse profanare l’aspettativa dolce che è nel mondo! (P. G. Cesareo)
Sogno di Natale Stanotte ho sognato che tu, dolce mamma, accanto mi stavi, quand’ecco una fiamma nel cielo s’è accesa. La notte già buia qualcuno ha percorso cantando alleluja. E il coro armonioso di voci d’argento ho udito cantare sull’ali del vento: “Dio vero discese tra gli uomini: osanna!” E il coro era preso una grigia capanna. Fin là siamo andati. Pian piano. La neve di soffici piume sembrava più lieve: fasciava la terra sopita nel bianco. Il viaggio fu dolce, o mamma, al tuo fianco! Allora l’ho visto il bimbo divino più bello di un fiore e piccino piccino. Splendeva, coperto soltanto d’un velo d’un tenero, azzurro chiarore di cielo. Per te, dolce mamma, per il babbo mio, il bene gli ho chiesto di cui son capace: pei morti il riposo, pel mondo la pace; pei poveri un tetto, pei tristi l’oblio. (Mario Pucci)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona, Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente, ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti… A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa, qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa, e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato, nel giorno bianco e nella notte azzurra, conta le dodici ore che sussurra la notte e dice al mondo: “E’ nato!”. (Marino Moretti)
Piccole mani Manine di Gesù, piccoli petali rosa che mamma stringe di più per riscaldarvi al suo cuore, manine che or vi schiudete in atto d’amore; o soavissime mani che le pupille dei ciechi risanerete domani, piccole dita di fiore che dalla fronte d’ognuno nel giorno di Natale cancellerete il dolore, sfioratemi la fronte, venite al mio guanciale e da babbo e mamma mia ogni pensiero doloroso, io vi prego, mandate via, soavi piccole mani. E così sia! (Zietta Liù)
Offerta “Io porto al presepe il sempreverde, ancora fresco della mia siepe”. “Io un bocciolo che odora di primavera, lieve bocciolino di serra, bianco come la neve che vela cielo e terra”. “Io a mani giunte andrò al bimbo mio Signore; in dono porterò il mio piccolo cuore”. (Dina Mc Arthur Rebucci)
La Madonna dei pastori Come sempre, Maria, la notte di Natale, al suo presepe antico, nel gran gelo invernale, discese in compagnia: c’era Gesù sul fieno, Giuseppe, i Magi, gli angeli tutti del paradiso e Giovanni con l’esile croce premuta al seno. C’erano le Madonne di tutti i santuari di tutti gli oratori discese dagli altari, nelle lucenti gonne, discese dai dipinti di tutti i dipintori, da tutti i crocevia, ricche di sete e d’ori di ninnoli e di cinti. Recavano in omaggio voti, gioielli, fiori; recavano il perdono per tutti i peccatori giunti in pellegrinaggio. Ce n’era una, di legno, scolpita rozzamente con abito e mantello stinti dalle tormente del piccolo suo regno: apparve la più povera, senza cuori d’argento. Scendeva dai suoi monti dove ululava al vento il lupo solitario, e lassù non salivano che pochi pastorelli forse una volta all’anno, con la bisaccia e il pane, avvolti nei mantelli. Essa è là, non si muove, quasi mortificata di tutte le ricchezze stipate sull’entrata, sparse per ogni dove; e reggendo con molta cura il grembiule nero, reca sol bianca neve: quella del suo sentiero, così, per via, raccolta. Maria la scorse, e lieve: “Come ti chiami?”. Ed ella dal suo cantuccio, fuori: “Mi chiamano, sorella, Madonna dei pastori”. Disse, ed in quel momento le cadde giù il grembiule dalle mani tremanti, e una pioggia di falce si sparse sul viale: diventarono fiori, si dilatò un profumo ed una luce, e fuori belarono le agnelle. Maria sorrise al dono, felice. E a quella i venti che vagano sul monte, e i torrenti e le genti, infiorarono il trono. Ogni Natale ancora rifioriscono al molle tepore del suo piede cespugli di corolle candide, come allora. (Giuseppe Porto)
Natale Ascolta mammina… C’è qualcuno che bussa alla porta! E’ un angel del cielo che porta un dolce messaggio per te! E’ un dolce messaggio d’amore, è un dolce messaggio di pace che certo ti piace, messaggio che dice: “Ti rendo felice!”. Lo manda il celeste bambino che tanto ho pregato per te, con tante promesse di bene al mio piccolo re. Babbo non senti? Qualcuno qui batte per te! E’ il mio piccolo cuore che ha detto al Signore le dolci parole cercate per te. Gli ha detto: “Celeste bambino, il babbo, ti prego deh, fallo contento! Un sacco d’argento tu portagli qui, un sacco con dentro la pace, la gioia, l’onesto lavoro”. Così ho pregato, e Gesù redentore ascoltarmi saprà. Vedrai tu mamma… vedrai papà! (B. Marini)
Messa di mezzanotte C’era un silenzio come d’attesa lungo la strada che andava alla chiesa; è fredda l’aria di notte, in quell’ombra là, solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi tenea oh, mio sogno lontano mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco il presepe, con te, bambino… (Pietro Mastri)
Natale Gremito di stelle è il firmamento; di ghiaia d’argento brilla la strada del mare per qualcuno che deve arrivare. Manti di neve agli alti crinali come drappi ai davanzali parano i monti a festa. Vicino, lontano, di luce accesa, pare la terra un altare. Socchiuse tuttora son le porte dei casolari; sconosciuti che in quest’ora si salutano in cammino si riconoscono familiari. Il mastino li guarda passare e si scorda di abbaiare. Non nelle fiabe soltanto è questa notte d’incanto. O cuore di tanta gente che ritornato innocente t’apri come un fiore, nasce, stanotte, nasce il Signore! (Ignazio Drago)
Le sue ricchezze Gesù, Gesù bambino è nato poverino come nessuno fu. La casa una capanna, la culla un po’ di fieno, per vestirlo una spanna di lino o forse meno. Per fargli caldo, il fiato d’un asino e d’un bue. Queste che vi ho contato son le ricchezze sue. (Renzo Pezzani)
Natale Quei fiori di brina alla finestra sono piume di tenere colombe, così candidi e fragili, mio Dio. Oh Maria, gentile madre amorosa che una spina già punge: i tuoi occhi sono dolcemente tristi, mentre preghi tuo Figlio. Gli angeli intanto con le trombe lucenti del giorno del giudizio annunciano la lieta novella: “Dei poveri è il regno dei cieli, Alleluia”. Ma i poveri piangono ancora di freddo, o Signore, e di pena. (A. Franchi)
Natale al lago turchino E’ un Natale poverino quello di Lago Turchino piccolo paese lassù che non ha neppure un campano per farsi sentire lontano. Forse un lumino di più arderà sui focolari; brucerà un ciocco di più tra le castagne e il vino. Ma a mezzanotte quando romberanno gli angeli osannando sopra il sospeso sonno di ogni piccolo giaciglio si schiuderanno nimbi di fulgide comete trepide e liete più d’ogni bella strenna di città. (Marcello del Monaco)
L’albero di Natale La stella d’Oriente, arrivata a Betlemme, fu più veloce dei Magi, che andavan lemme lemme. Un po’ per aspettarli, un po’ per contemplare, si fermò su un abete vicino a un casolare. Ma, ohimè, la bella coda tra i rami si impigliò: di frammenti una pioggia frusciando cascò, Balzarono i dormenti, stupirono i bambini nel mirare l’abete palpitar di lumini. (Giuseppe Consolaro)
La notte che verrai Gesù, la notte che verrai la porta aperta troverai del cuore mio. Ci sarà il fuoco acceso ed un lumino, così la letterina leggerai. Mi lascerai i tuoi doni, ed io del cuore ti farò offerta. Vieni, Gesù, e troverai la porta aperta. (da Il corriere dei piccoli)
Una casina di pace In una casina di pace c’è un bimbo che giace su un poco di paglia. Sì povero è nato che il bove lo scalda col fiato. Tra canti divini la madre lo adora lo fascia di candidi lini. Giuseppe va in cerca di legna per fare un fuochetto, ed ogni angelo insegna, ad ogni pastore, la strada che guida al Signore. Anch’io l’ho visto il mio Dio. Anch’io confuso agli agnelli gli chiedo per mamma e papà la pace e la felicità. (Renzo Pezzani)
Natale, notte santa L’angelo: “Di Natale la notte santa vengo ai bimbi ad annunciare: tutto il cielo al mondo canta che il suo re sta per passare, che il suo re sta per venire senza manto né corona per lasciare a tutti in dono una gioia dolce e buona”. La stella: “Son la stella d’oro e argento che ha segnato la sua via per gridare al freddo e al vento: Presto, presto, andate via! Per guidare il pastorello che la via non conosceva con la pecora e l’agnello fino al Re che l’attendeva”. Pastorelli: “Siamo noi quei pastorelli, che han sentito il dolce canto, che per valli e per ruscelli han trovato il luogo santo”. Pecorelle: “E noi siam le pecorine che han belato di dolcezza, nel mirar quelle manine che han creato ogni bellezza”. Bambini: “E noi siamo quei bambini che al presepio hanno portato puri doni e fiorellini. Or torniamo col cuor beato per recare a tutti in dono la parola del Signore la promessa del perdono la promessa dell’amore”. (Luisa Nason)
Bimbi attorno al presepio Quando s’apre il velario che il lontano paese di Betlemme cela, dalla calca dei bimbi sgorgano torrenti di gioiosi sguardi. Solo allora l’ingenua stella d’argento risplende e gli animali al chiuso dello speco fiatano e il cereo fantolino vive e Maria dice: “Sorridi, sono essi, i bimbi: quelli che sui muretti e le deserte vie colsero il muschio per il suo presepe”. (Vittorio Maselli)
La rosa di Natale L’angelo annuncia d’improvviso: “Nasce Gesù del paradiso!” E il rosaio che buca tutto, le sue spine ha senza frutto, butta una rosa porporina gocciolata dalla brina. Il giardino raggelato se n’è tutto illuminato! La fontana che era muta canta, il prato l’invelluta; e già occhieggian mele appiole, s’apron gigli e fresche viole, al colore senza uguale della rosa di Natale. (Lina Carpanini)
Annuncio Ascoltate la novella che portiamo a tutto il mondo; è di tutte la più bella, è fiorita dal profondo. Nella stalla ecco ora è nato il dolcissimo bambino; la Madonna l’ha posato sulla paglia, il poverino, ma dal misero giaciglio già la luce si diffonde, già sorride il divin figlio ed il cielo gli risponde. Quel sorriso benedetto porti gioia a ogni tetto! (Giuseppe Fanciulli)
Notte di Natale Porti ognuno il suo cuore il suo cuore come un agnello: se incontra un lupo lo chiami fratello, se incontra un povero, quello è il Signore. Andiamo, dunque, che l’ora è propizia. Notte d’angeli s’è fatta ormai. Sotto la neve dan fiori i rosai. Ecco la stella natalizia. Non fu mai vista più chiara stella sul campanile del nostro paese. La più povera delle chiese fa sentire la campanella. Una campana così contenta che non c’è cuore che non lo senta. (Renzo Pezzani)
Bacia, o figlio Stava dentro la capanna Maria, figlia di Sant’Anna: e mirando il suo bel sole gli diceva queste parole: Dormi, dormi, o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna! Dormi, o figlio tenerello dormi, figlio vago e bello; chiudi, chiudi i lumi santi, le tue stelle fiammeggianti. Dormi, dormi o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna. Vedi su dall’oriente tre corone risplendenti: porteranno per ristoro mirra, incenso e un dono d’oro. Bacia, o figlio, la tua mamma, non più ninna e non più nanna. (Canzone popolare toscana)
Natale Cielo nero, terra bianca: lieti, i bronzi hanno squillato. Maria china il dolce viso sul bambino: Cristo è nato. Non cortine festonate per proteggerlo dal gelo ma le trame, i ragni, ai travi hanno ordito al re del cielo. Giace il re dell’universo sulla paglia. Con il fiato miti il bove e l’asinello il bambino han riscaldato. Frange bianche sulla stoppia, ma sul tetto spalancato vedi il ciel. “Gloria al Signore!” hanno gli angeli cantato. “Pace agli uomini di buona volontà”. Guidò il pastore al presepe l’astro. “Osanna!” grida, “E’ nato il redentore!” (M. Lucchesi)
La capannuccia Dov’è la stella, che sì rade e smorte faceva tutte le altre nella quieta notte, battendo alle terrene porte col suo pendulo raggio di cometa? Noi lo vedemmo, o bambino Gesù. Passava per l’aria un balenio di chiare fiamme e un rombar di grandi ali veloci: pareva che avessero sovrumane voci, passavano alte con un gran cantare. Noi le ascoltammo, o bambino Gesù- E i pastori che stavano nel ghiaccio alzavano gli occhi alla buona novella, E si avviarono e avevano in braccio, chi l’agnellino e chi una caramella. Noi li seguimmo, o bambino Gesù. (Pietro Mastri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle, vide un castello con tre grandi porte, e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte, presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Dio bambino apparve: a tre pastori poverelli. (Stefania Plona)
Davanti al presepio Santo Gesù bambino che a te chiami i fanciulli col tuo amore divino ho lasciato i trastulli eccomi qui in ginocchio per farti, umile, un dono: t’offro tutto il mio cuore serbalo puro e buono. (Edvige Pesce Gorini)
Notte di Natale Mezzanotte: discende all’improvviso un angelo che sta nel paradiso. Sfiorando con le bianche ali distese il campanile aguzzo del paese, risveglia dolcemente le campane. Ora chiese vicine, altre lontane, dagli angeli destate, fanno un coro chiamando e rispondendosi tra loro. Dicono “pace, pace sulla terra!” mentre gli uomini s’odiano e fan guerra. Un angelo che ha visto pianto e male in questa notte santa di Natale, con l’ali s’è coperto il dolce viso poi tornato è lassù, nel paradiso. (Matilde Caccia)
La santa notte Il vecchio pastore: “La luce della stella, questa notte, è più bella. Oh giovane pastore seguiamo quella luce: di certo ci conduce dov’è nato il Signore”. Coro di pastori: “Siamo tutti pastori umili e buoni, svegliati dalla stella luminosa veniamo tutti con anima gioiosa, a recar doni”. Coro di pastorelle: “Noi siamo giovinette pastorelle e faremo noi pur la stessa via. Vogliamo recare al figlio di Maria latte ed agnelle”. Il più piccolo dei pastorelli: “Il pastorello io sono più timido, più buono, più di tutti piccino; al celeste bambino farò la ninna nanna con lo zufolo di canna”. Il vecchio pastore: “Mezzanotte è suonata… La stella si è fermata! E’ nato il redentore: sia lodato il Signore!” Voce d’angeli: “La stella, in cielo, immobile, chiara e lucente sta. Sia pace, in terra, agli uomini di buona volontà”.
Il pellegrino L’orto secco acqua non beve, il campo dorme sotto la neve; lume di luna cammina a passo sulle montagne di freddo sasso. Solo i pastori vegliano al chiuso presso i fuochi, com’è d’uso. Ed ecco giungere il pellegrino fatto di e di cielo turchino. “Non temete, mi manda il Signore”. Batte a ognuno forte il cuore. E la pastora va coi lini il pastore con gli otri di vini. Gli alberi che lo guardano passare, si fanno belli di corolle chiare, l’acqua che era impietrita, scrolla il sonno, torna alla vita, e il biancospino fiorisce la siepe lungo la strada, fino al presepe. Là il pastore depone l’agnello presso il lupo che gli è fratello e per la gioia grande che ne ha tutta notte suonerà. (Lina Carpanini)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma un momento sentì, che mentre andava, a mezzo il passo il piè gli si arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, posata nel mezzo una scodella: e chi mangiava, ecco, non mangia più, chi ha preso il cibo non lo tira su, chi levava la man la tien levata, e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare; fa il pastor per colpire con la verga e gli resta la man sospesa e ferma; e i capretti che all’aria aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso… E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (Diego Valeri)
Umili visitatori Poiché mezzanotte scocca e Gesù la terra tocca in un bel fiorir di fratte San Giuseppe va per latte. E “Venite” dice a tutti gli animali belli e brutti. Dietro a lui si sono messi tutti in fila, e i serpi anch’essi. Vedi l’anatra da fiume e la lucciola col lume, la cicala senza sporta che ancor canta, mezza morta. L’ermellino che dormiva per la strada si vestiva di quel bianco immacolato per veder Gesù beato. (Lina Carpanini)
La notte di Natale Mamma, chi è che nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di ciaramella… Sono i pastori, o mio bambino buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un batter d’ali, un sussurrare di voci intorno intorno… Son gli angeli discesi ad annunciare il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuor degli uomini e l’aurora del giorno dell’amore. (Diego Valeri)
Canzoncina di Natale San Giuseppe sega e pialla pialla e sega in fretta in fretta, ché il suo bimbo è in una stalla e ci vuole una culletta. La Madonna cuce e taglia taglia e cuce a testa china ché il suo bimbo è sulla paglia e non ha la camicina. Non ha niente il bambinello ma sorride ed è beato le stelline su nel cielo sembra fiori dentro un prato. San Giuseppe, che t’affanni? Maria dolce, leva il capo. Senza culla e senza panni s’è il bambino addormentato. (Lia Zerbinotti)
L’agnellino di Gesù L’agnellino nato appena cammina nella notte, dietro le sante frotte dei pastori che vanno di lena. Ma con sottile belare odora di latte la bocca e il tenue passo non tocca le strade di neve chiare. Giungerà con il pastore l’agnellino, o cadrà? L’angelo solo lo sa che gli ode battere il cuore. (Lina Carpanini)
Carrettiere O carrettiere che dai neri monti vieni tranquillo, e fosti nella notte sotto ardue rupi e sopra aerei ponti; che mai diceva il querulo aquilone che muggia nelle forre e fra le grotte? Ma tu dormivi sopra il tuo carbone. A mano a mano, lungo lo stradale venia fischiando un soffio di procella: ma tu sognavi ch’era di Natale; udivi i suoni d’una ciaramella. (Giovanni Pascoli)
La nascita del Messia Quando a Betlemme giunsero tutti gli alberghi pieni già erano. Brillavano le stelle, alte, nel seno del freddo ciel d’inverno, che ancora un posticino, per le lor membra rotte, trovato non avevano; E dalle torri l’ore incalzanti battevano: E nove!… E dieci!… E undici! Oh, Signore! Oh, Signore! Quando la mezzanotte scoccò, si udì un vagito nell’umile capanna: era nato, il divino sovrano, il redimito dalla più grande attesa! Portò l’annuncio l’astro ai Magi d’Oriente; cacciarono i pastori con l’esile vincastro le greggi dalle grotte, e ognuno al grande invito accorse. E un cor d’angeli cantò, per tutti i secoli che sono e che verranno, alto, nell’infinito: “Osanna! Osanna! Osanna!” (Vincenzo Bosari)
Natale Dicembre… Che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella… La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla e un palpito d’ali d’argento un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù, nell’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino: Gesù. (Zietta Liù)
Il presepe di Greccio Salgono i frati: vien dalla vallata la buona gente nella notte fonda. Fiaccole e lumi segnano i sentieri e l’aria è immota sotto lo stellato. Culla la valle suono di campane. Lieve è il cammino; vanno i passeggeri recando ognuno un cuore di bambino colmo di attesa. Van come i pastori verso il presepio e intorno è tanta pace. Ecco appare la grotta, ecco, sospesa, brilla la stella! Gli occhi desiosi guardan la greppia, il bue e l’asinello guardan l’altare; poi ciascuno sogna. Ma il Santo vede: vede il Dio bambino piccolo e bianco nella mangiatoia. Si china; ascolta il tenero vagito, gli fa culla d’amore tra le braccia sopra il suo saio povero e sdrucito e il cuor divino batte sul suo cuore. Angeli scendon lungo vie di stelle; un cielo d’indicibile splendore s’incurva sul presepe; a tratti, sale un dondolio lontano di campane. Vive ciascuno il sogno di Natale. (Graziella Ajmone)
La notte santa “Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanco sei”. Il campanile scocca lentamente le sei. “Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio, un po’ di posto avete per me e per Giuseppe?” “Signori me ne duole; è notte di prodigio, son troppi i forestieri; le stanze sono zeppe”. Il campanile scocca lentamente le sette. “Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!” “Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi, tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto”. Il campanile scocca lentamente le otto. “O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!” “S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove”. Il campanile scocca lentamente le nove. “Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci”. “Ma fin sul tetto ho gente: attendono la stella… Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…” Il campanile scocca lentamente le dieci. “Oste di Cesarea…”. “Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame: non amo la miscela dell’alta e bassa gente”. Il campanile scocca le undici lentamente. La neve! “Ecco una stalla!”. Avrà posto per due? “Che freddo!”. Siamo a sosta. “Ma quanta neve, quanta! Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…” Maria già trascolora, divinamente affranta… Il campanile scocca la mezzanotte santa. E’ nato! Alleluia! Alleluia! E’ nato il sovrano bambino. La notte, che già fu sì buia, risplende d’un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaie suonate: squillate, campane! Venite, pastori e massaie; o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. E’ nato! E’ nato il Signore! E’ nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino la notte che già fu sì buia. E’ nato il sovrano bambino. E’ nato! Alleluia! Alleluia! (Guido Gozzano)
Natività Bei pastori, venite alla Capanna: sentirete cantar gloria ed osanna. Solleciti veniti e con amore. In ciel vedrete una lucente stella che mai si vide al mondo la più bella. Solleciti venite e con amore. Voi troverete giacer sopra il fieno quel che ha creato il ciel vago e sereno. Solleciti venite e con amore. Maria vedrete. Maria graziosa, più bella assai che non è giglio o rosa. Solleciti venite e con amore. Giuseppe ancora in quel presepio santo voi troverete pien di gloria e canto. Solleciti venite e con amore. (Fra Serafino Razzi)
Ninna nanna Ninna nanna, c’è la neve sulla siepe, c’è una stella sul presepe e c’è un bimbo che sorride nella gelida capanna… Ninna nanna. Ninna nanna, lo difendono dal gelo la Madonna col suo velo, l’asinello col suo fiato… anche il bove immacolato a scaldarlo ecco s’affanna… Ninna nanna. Ninna nanna, come nevica di fuori! Ma gli agnelli ed i pastori vanno, fra nevischio e vento; e un grande angelo d’argento scende in terra e grida osanna! Ninna nanna. Ninna nanna, fra la neve e fra le spine delle siepi montanine s’ode un piccolo singhiozzo. E’ un uccello, un passerotto. Tanta neve, tanto freddo a morire lo condanna… Ninna nanna. Ninna nanna, ma Gesù che non s’inganna e ha sentito il pigolio, parla piano alla sua mamma. Ninna nanna. E con l’alito divino sul suo cuore, il bimbo biondo, già riscalda l’uccellino, l’uccellino moribondo… Vola il passero guarito. Ride in festa la capanna… Ninna nanna. (Pasquale Ruocco)
Il pianeta degli alberi di Natale Dove sono i bambini che non hanno l’albero di Natale con la neve d’argento, i lumini e i frutti di cioccolata? Presto, presto, adunata, si va nel Pianeta degli alberi di Natale, io so dove sta. Che strano, beato Pianeta… Qui è Natale ogni giorno. Ma guardatevi intorno: gli alberi della foresta, illuminati a festa, sono carichi di doni. Crescono sulle siepi i panettoni, i platani del viale sono platani di Natale. Perfino l’ortica non punge mica, ma tiene su ogni foglia un campanello d’argento che si dondola al vento. In piazza c’è il mercato dei balocchi. Un mercato coi fiocchi, ad ogni banco lasceresti gli occhi. E non si paga niente, tutto gratis. Osservi, scegli, prendi e te ne vai. Anzi, anzi, il padrone ti fa l’inchino e dice: “Grazie assai, torni ancora domani, per favore: per me sarà un onore…” Che belle vetrine senza vetri! Senza vetri, s’intende, così ciascuno prende quello che più gli piace: e non si passa mica alla cassa, perchè la cassa non c’è. Un bel Pianeta davvero anche se qualcuno insiste a dire che non esiste… Ebbene, se non esiste, esisterà: che differenza fa? (Gianni Rodari)
Zampognari Vanno con le zampogne sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, tengono il volto chino verso terra e hanno il corpo sì alto e vigoroso e si muovono con tanta tristezza, come nessuno mai. Vanno con lo strumento sulle labbra, vanno con i berretti di pelliccia, e ora con la destra ora con la sinistra suonano la zampogna così tristi, come nessuno mai. Vanno con la zampogna sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, vanno con i berretti di pelliccia, vanno e rivanno lo stesso cammino, parlano modulando la zampogna, come nessuno mai. (Josip Murn-Aleksandrov)
Presepe Già tutto è un presepe: i campi, e d’attorno, la siepe, il piccolo borgo, la pieve sepolti sotto la neve. Passano angeli in cielo con grandi ali di velo: bussano con lieve tocco sui vetri, al primo rintocco; li insegnano a dito, a momenti, i bimbi, con occhi innocenti. E’ musica di campane sperdute, ovattate, lontane; o un suono già tanto vicino di zampognari in cammino? Cuore di povera gente, povera gente lieta che ha visto una stella cometa. Ognuno, lo può giurare sul tetto l’ha vista brillare. C’è un bimbo sotto ogni tetto che sogna il tepore del letto. Sia bruno o ricciolino somiglia a Gesù bambino. Sogna il corteo dei Re Magi che muove, dai grandi palagi, cofani d’oro e brillanti, cammelli, paggi, elefanti, o doni di piccole cose meravigliose? Scompaiono sotto la neve il piccolo borgo, la pieve, i campi, e, attorno, la siepe… Che grande presepe! (Mario Pompei)
Cantilena di Natale Dormi, bambino della mamma! Se dormi, fra poco vedrai l’angelo grande, e la stella cometa. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i pastori con gli agnellini e la dolce zampogna. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i Re Magi carichi d’oro, d’argento, di mirra. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, vedrai la Madonna che adora in ginocchio Gesù Bambino. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, ti verrà vicino, per giocare, Gesù Bambino: ti dirà i balocchi del cielo, le stelle del firmamento, zampogne d’oro e d’argento, perchè tu dorma contento, bambino della mamma! Ninna nanna! (M. Dandolo)
Vigilia di Natale Sotto il cielo chiaro ed uguale la nuvola d’oro distesa resta come un drappo spiegato a festa per la fiera di Natale. Le bancarelle coi sempreverdi, hanno gli abeti, le stelle argentate, bianchi angioletti dall’ali gemmate, e campane rosse e blu. Ma chi attira la folla, laggiù, è l’omino che vende casette, pecorelle, pastori, caprette, e il presepio di Gesù. C’è una casina con l’orticello che ha il suo pozzo con la puleggia e vicino un alberello (un rametto di saggina tinto di verde) che ombreggia tutta la rossa casina. I bimbi intorno a guardano intenti sorridendo di gioia sincera: i loro volti, così contenti, hanno una luce di primavera. E’ per tutti un incanto d’amore: è il Natale del Signore! (G. Liburdi Giovanelli)
Vespro d Natale Incappucciati, foschi, a passo lento, tre banditi percorrevano la strada deserta e grigia, tra la selva rada dei sughereti, sotto il ciel d’argento. non rumore di mandrie o voci, il vento Vasto silenzio. In fondo, Monte Spada ridea bianco nel vespro sonnolento. O vespro di Natale! Dentro il core ai banditi piangea la nostalgia di te, pur senza udirne le campane: e mesti eran, pensando al buon odore del porchetto e del vino, e all’allagria del ceppo, nelle lor case lontane. (S. Satta)
Le ciaramelle Udii tra il sonno le ciaramelle ho udito un suono di ninne nanne. Ci sono i lumi nelle capanne. Sono venute dai monti oscuri le ciaramelle senza dir niente; hanno destata nei suoi tuguri tutta a buona povera gente. Ognuno è sorto dal suo giaciglio; accende il lume sotto a trave: sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio, si cauti passi, di voce grave. Le pie lucerne brillano intorno là nella casa, qua su la spiepe: sembra la terra, prima del giorno, un piccoletto grande presepe. Nel cielo azzurro tutte le stelle paion restare come in attesa; ed ecco alzare le ciaramelle il loro dolce canto di chiesa: suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla. (G. Pascoli)
Notte santa Il sole acceso calava dietro i monti di Giuda lungo la valle nuda il vento mugulava, ma sul colle alto Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole montavate! Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste e tu, Maria, dicesti: “Così sia!” Sulla rozza paglia stavi, sonno ti prese… sognavi che ti nasceva Gesù… Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi: così fu. Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva piccoletta quasi oliva; punto freddo non dentiva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe, in rapimento, muto, le braccia in crode, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu che voce, che grido, o Maria, mettesti quando aprì gli occhi celesti! (A. S. Novaro)
Natale Un asinello, un bue, una stella, una grotta… Fate presto voi due, fate presto che annotta. Vi basterebbe un guscio di casa e una fiammella… Date una voce a quella gente che chiude l’uscio. Il cielo è così nero e solo il ciel v’ascolta. Prendete quel sentiero. Arrivati a una svolta fate altri venti passi. Lì c’è una capannuccia: un tetto su una gruccia e un muretto di sassi. Maria ha il cuor sgomento, non trova più coraggio. Fu così lungo il viaggio, fu così aspro il vento; la strada così brutta nel polverone bianco! Ma Giuseppe le è al fianco e gli si affida tutta. Son giunti, oh, finalmente! S’è mai visto ricovero più sconnesso, più povero? dite voi, buona gente. Giuseppe andò per brocche. Tocca spini e si punge. Ah ecco, quando giunge vede tra quattro cocche d’un lino di bucato un fagottino tondo il più bello del mondo, un bimbo appena nato. Piegata sulla cuna che raggia non più squallida, Maria, ch’è tanto pallida splende come la luna. E vede pel deserto sentiero e in mezzo ai prati dei pellegrini alati che provano un concerto; e soavi cantori calan dal firmamento; vede arrivar pastori dalla barba d’argento; il fabbro e l’arrotino; il servo, il falegname; la mamma e il suo bambino; l’uomo sazio e chi ha fame. E in mezzo a un gregge vede, vello di color cupo, venire, mansueto, un lupo… E quasi non ci crede. (R. Pezzani)
Campane di Natale Per gli umili e pei grandi le campane suonano tutte nella Notte Santa. Per le case vicine e lontane degli angeli la schiera in cielo canta. C’era una santa donna che cercava con il suo sposo un posto per dormire. Cercava, la Madonna, e non trovava; ed il figlio di dio dovea venire. Dovea venire in terra per morire spora la croce, martire d’amore, dovea venire in terra per patire tutto il tormento dell’uman dolore. Cercava la Madonna , e non trovava. Infin l’accolse una capanna pia; sulla capanna il ciel chino vegliava e sul figlio divino di Maria. Campane di Natale, ora v’imploro che portiate al Signor la mia preghiera. Oh, non ci sia nessun senza ristoro nel chiaro giorno e nella notte nera! Campane di Natale, non ci sia chi cova l’odio triste nel suo cuore; intenda ognun la santa poesia, la vostra voce di fraterno amore. (L. Orsini)
Su, pastore, e seguila C’è una stella in Oriente il mattino di Natale. Su, pastore, e seguila. Ti condurrà nel luogo dove è nato il Salvatore. Su, pastore, e seguila. Lascia le greggi e lascia gli agnelli. Su, pastore, e segui, segui. Lascia le pecore e lascia i montoni. Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui. Su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, su, pastore, e seguila. Se vuoi dare ascolto alla voce dell’angelo… Su, pastore, e seguila. Dimentica il tuo gregge, dimentica la mandria. Su, pastore, e seguila. Lascia greggi e lascia agnelli, Su, pastore, e segui, segui. Lascia pecore e lascia montoni… Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui, su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, Su, pastore, e seguila. (J. W. Johnson)
La stella di Natale E’ la prima parte, la più semplice, di una bella poesia dello scrittore russo Boris Pasternak. Nota come il paesaggio di questo piccolo presepe ha un che di tipicamente russo, della Russia orientale, con la steppa, la neve, i pastori che, alzandosi, si scuotono di dosso la paglia dei poveri giacigli e, in alto, il grande cielo della mezzanotte, tutto pieno di stelle. E’ un altro omaggio al Natale. C’era l’inverno. Soffiava il vento dalla steppa. E freddo aveva il neonato nella tana sul pendio del colle. L’alito del bue lo riscaldava. Animali domestici stavano nella grotta, sulla culla vagava un tiepido vapore. Scossi dalle pelli il polverio del giaciglio e i grani di miglio, dalle rupi guardavano assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte. Lontano era il campo della neve e il cimitero, i recinti, le pietre tombali, le stanghe di corro confitte nella neve, e il cielo sul camposanto, pieno di stelle. E lì accanto, sconosciuta prima di allora, più modesta di un lucignolo nella finestrella del capanno tremava una stella sulla strada di Betlemme. (B. Pasternak)
La messa di mezzanotte C’era un silenzio come di attesa lungo la strada che andava alla chiesa; e fredda l’aria di notte, in quell’ombra là solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi teneva, oh, mi sogno lontano, mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! Fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco, il Presepe con Te, Bambino… (P. Mastri)
Gesù Bambino Quello di Francis Thompson è un omaggio personale, una conversazione amichevole con il Bambino Gesù. Il poeta si mette nei panni di un bimbo e s’informa., con preoccupazioni e parole di bimbo, sulla vita trascorsa in terra da un bambino abituato a stare in cielo a giocare con gli angeli belli. Eri tu fragile, Gesù Bambino, un giorno, e come me piccino? E che sentivi a vivere fuori dai Cieli, e proprio come io vivo? Pensavi mai le cose di lassù, dove fossero gli angeli chiedevi? Io al tuo posto avrei pianto per la mia casa fatta di cielo; io cercherei d’intorno a me, nell’aria, “Gli angeli dove sono?” chiederei, e destandomi mi dispererei che non ci fosse un angelo a vestirmi! Anche tu possedevi dei balocchi come li abbiamo noi, bimbe e bambini? E giocavi nei Cieli con tutti gli angeli non troppo alti, con le stelle a piastrella? Si giocava a rimpiattino, dietro le loro ali? Tua madre ti lasciava sciupare le sue vesti sul nostro suol giocando? Com’è bello serbarle, sempre nuove, per i cieli d’azzurro sempre tersi T’inginocchiavi, a notte, per pregare, e le tue mani come noi giungevi? E a volte erano stanche, le manine, e assai lunga sembrava la preghiera? E ti piace così, che noi giungiamo le nostre mani per pregare te? A me sembrava, avanti io lo sapessi, che la preghiera solo così vale. e tua madre, la sera, ti baciava, i tuoi panni piegandoti con cura? Non ti sentivi proprio buono, a letto, baciato e quieto, dette le orazioni? A tuo Padre, la mia preghiera mostra, (Egli la guarderà, sei così bello!), e digli: “O Padre, io, Figlio tuo, ti reco la preghiera di un bambino”. Sorriderà, che la lingua dei bimbi sia la stessa di quando tu eri bambino! (F. Thompson)
Ho nel cuore un presepe Ho nel cuore un presepe senz’angeli a volo: con solo… con solo un vagito di bimbo. Non voglio pastori, né greggi sui monti, ma un mazzo di cuori e pupille… di volti africani cinesi ed indiani. Ho nel cuore un presepe… da nulla: una culla, un bimbo sconsolato, un pellerossa a lato che lo scalda col fiato: e poi con aria tranquilla un bimbetto lo ninna. E il bambino Gesù non piange più. (M. Ricco)
Il pellerossa nel presepe Il pellerossa con la piuma in testa e con l’ascia di guerra in pugno stretta, come è finito tra le statuine del presepe, pastori e pecorine; e l’asinello e i maghi sul cammello, e le stelle ben disposte, e la vecchina delle caldarroste? Non è il suo posto, via, Toro Seduto: torna presto di dove sei venuto. Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano. Se lo lasciamo, dite, fa lo stesso? O darà noia agli angeli di gesso? Forse è venuto fin qua, ha fatto tanto viaggio perché ha sentito il messaggio; pace agli uomini di buona volontà. (G. Rodari)
Il mago di Natale S’io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l’alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all’Upim: un vero abete, un pino di montagna. con un po’ di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti. (G. Rodari)
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno, lassù tra i monti ha lasciato il capanno e scende a visitare il Re dei re. Va scalzo per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la fede gli brucia il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il suo cuore. (L. Barberis)
Il presepio Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi sono le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino tante casette sparse qua e là, un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia, un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del Messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… Oh, quanta gente intorno inginocchiata, anche i Re Magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli… (B. Morino Ferrari)
I pastori al presepe Mossero; e Betlehem, sotto l’osanna de’ cieli ed il fiorir dell’infinito, dormiva. E videro, ecco, una capanna. Ed ai pastori l’accennò col dito un Angelo: una stalla umile e nera, donde gemeva un filo di vagito. E d’un figlio dell’uomo era, ma era quale d’agnello. Esso giacea nel fieno del presepe, e sua madre, una straniera, sopra la paglia… … e non aveva ella né due assi: all’albergo alcun le disse: “E’ pieno”. Nella capanna povera le sue lacrime sorridea sopra il suo nato; su cui fiatava un asino ed un bue. “Noi cercavamo quei che vive…” entrato disse Maath. Ed ella: “Il figlio mio morrà (disse, e piangeva su l’agnello suo tremebondo) in una croce…”. “Dio…!” Rispose all’uomo l’universo: “E’ quello!” (G. Pascoli)
Luce nel presepe Gesù Bambino, c’è tanto freddo nel mondo in questa notte del tuo Natale. C’è ancora tanto male e tante anime sono come giardini di ville abbandonate, povere anime agghiacciate e senza fiori. Gesù bambino, il mondo forse è un vecchio pellegrino carico di stanchezza e di dolore, che va cercando nel buio della notte la luce del suo presepe. Gesù, Gesù bambino, lasciati ritrovare nella tua culla d’amore perché il mondo ti possa riabbracciare.
Piccolo albero Piccolo albero piccolo silenzioso albero di Natale così piccolo sei che sembri piuttosto un fiore chi ti ha trovato nella verde foresta e tanto ti dispiacque di venire via? Vedi, io ti conforterò perché odori di tanta dolcezza bacerò la tua fresca corteccia ti terrò stretto stretto al sicuro tu non devi avere paura guarda: i lustrini che tutto l’anno dormono in una scatola buia e sognano d’esserne tolti per poter luccicare le palline le catenelle rosso-oro i fili di lana alza le tue piccole braccia e teli darò tutti ogni dito avrà il suo anello e non ci sarà più un solo posto buio d’infelicità poi quando sarai completamente vestito ti affaccerai alla finestra, ché tutti ti vedano e con che meraviglia ti guarderanno! E tu ne sarai molto orgoglioso… e la mia sorellina ed io ci piglieremo per mano con gli occhi incantati sul nostro bell’albero danzeremo canteremo “Natale! Natale!” (E.E. Cummings)
Al bambin Gesù Lo so perché sei nato poverello tu che comandi a tutto il mondo e al cielo: per ricordare al ricco ch’è fratello di chi soffre la fame e soffre il gelo: per ricordare al povero che il core può trovar pace in ogni povertà, per dire al mondo che non c’è dolore che non sia vinto dalla carità. Lo so, lo so! Ma sono pigro a dare: ma, se per poco soffro, mi dispero; ancora amar non so; non so sperare come vorresti tu, proprio davvero. Benedici dal cielo, mio Signore, la mia piccola buona volontà: fammi sempre più buono e forte il core, il core che ubbidirti ancor non sa. (V. Battistelli)
Poesie e filastrocche sul Natale – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche per San Martino per bambini della scuola materna e primaria.
San Martino Umido e freddo spunta il mattino, ed a cavallo va San Martino Quand’ecco appare un mendicante, lacero e scalzo vecchio e tremante Il cavaliere mosso a pietà, vorrebbe fargli la carità Ma nella borsa non ha un quattrino, e allora dice Oh poverino Mi spiace nulla io posso darti, ma tieni questo per riscaldarti Divide in due il suo mantello, metà ne dona al poverello Il sole spunta e brilla in cielo, caccia la nebbia con il suo velo E San Martino continua il viaggio, sempre allietato dal caldo raggio.
San Martino Nero il cielo era; la pioggia fitta al suol precipitava nè una casa nè una roggia al meschin si presentava avanza sconfortato, le sue gambe eran tremanti ecco un giovane soldato si presenta a lui davanti snello biondo ardito e bello, ei sta ritto sul cavallo guarda e subito il mantello svelto taglia senza fallo ne dà mezzo al poveretto, che l’indossa, e il donatore fissa. Dice ” Benedetto, sia per sempre il tuo buon cuore.” Il meschino era Gesù, e Martin si prosternava ora non pioveva più, ecco il cielo rischiarava riapparì smagliante il sole, s’udì dolce un’armonia gelsomini, rose, viole, infioravano la via. (N. Giustino)
San Martino La nebbia agl’irti colli piovigginando sale e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar; ma per le vie del borgo dal ribollir dei tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar. Gira su ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando su l’uscio a rimirar. Tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri com’esuli pensieri nel vespero migrar. (G. Carducci)
San Martino Lampioncini colorati che sfilate lungo i prati stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare voi fiorite nei giardini come lieti fiorellini stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare siete come le farfalle, bianche rosse verdi e gialle stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare.
San Martino Chi passa al gran galoppo su quel cavallo bianco? Un prode cavaliere con la sua spada al fianco. Poi torna al suo castello e per il bosco va gli uccelli lievemente gorgheggiano qua e là.
San Martino Se passa un cavaliere con un pennacchio rosso sull’elmo è san Martino, senza mantello indosso. Il sole novembrino che stacca foglie gialle, pelliccia bionda e soffice gli cade sulle spalle (R. Pezzani)
La leggenda di San Martino San Martino sul destiero galoppava, galoppava, tutto avvolto nel mantello, tutto assorto nel pensiero. Nero il cielo, freddo il vento ed un turbine di foglie… Era autunno. San Martino galoppando udì un lamento. “Muoio”, un poverello ripeteva irrigidito. San Martino con la spada tagliò a mezzo il suo mantello. Che tepore! Al poverino gli ritorna sangue e vita, or ch’è avvolto nel mantello del pietoso San Martino. Ricomincia a galoppare nel grigiore il cavaliere quando tiepido il bel sole, per prodigio, ecco riappare! D’un azzurro intenerito che ricorda primavera si sinnova tutto il cielo, pare il mondo rifiorito. (Olga Siniscalchi)
Poesie e filastrocche per san Martino – tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche IL GIORNO DEI MORTI – Una collezione di poesie e filastrocche sul tema, per la scuola primaria, di autori vari.
Crisantemi O pallidi fiori dei morti, vi guardo ma senza tristezza. Vi sfiora, con lieve carezza, negli orti la luce del sole un po’ stanca. Fiorite vicino alla scuola, e il canto dei bimbi consola la bianca ghirlanda dei petali fini. Novembre vi soffia dal colle, l’aroma del mosto che bolle nei tini. (M. Castoldi)
Il cimitero C’è un lungo sentiero fra siepi di mirto che va al cimitero. Silenzio! Si tace perchè i nostri morti riposino in pace. Dormono, e il sole coi raggi li bacia, e a marzo le viole profuman le fosse. Le croci già bianche non sono mai stanche di tender le braccia al cielo lontano. Silenzio! Andiamo… Lasciamo che i morti riposino in pace: silenzio! Si tace. (A. Caramellino)
Strada del cimitero Strada disabitata, in mezzo agli orti piena di fiori e di malinconia, strada che mena al soggiorno dei morti che frequenta la mia nostalgia: strada silenziosa dove l’erba prospera come in un vecchio monastero, solitaria straducola che serba come un sentor di ceri e di mistero. (G. Govoni)
Nel giorno dei morti Piove nebbia sulle croci. Poche voci van nell’aria pianamente; cantilene dolci e tristi, bisbigliate, fra le tombe seminate. Va la gente lenta, assorta; altra ne viene, altra sosta al tuo cancello per segnarsi, o campicello benedetto. Sulle braccia tese, ha un fiore ogni croce, e più d’un lume fioco spande il suo chiarore nelle brume. (M. Castoldi)
Camposanto Dormono i morti con le mani in croce. Che silenzio nel verde camposanto! Entro i cancelli pregano con voce sommessa i bimbi alle pie tombe accanto. Un passero risponde alla preghiera. Che dolcezza dormir tra bimbi e uccelli! “Grazie per la pietà vostra sincera!” dicono i morti, “grazie a voi, fratelli!”. (A. Colombo)
Sotto la pioggia O camposanto che sì crudi inverni hai per mia madre gracile e sparuta, oggi ti vedo tutto sempiterni e crisantemi. A ogni croce roggia pende come abbracciata una ghirlanda donde gocciano lagrime di pioggia. Sibila tra le festa lagrimosa una folata, e tutto agita e sbanda. Sazio ogni morto di memorie, posa. (G. Pascoli)
Il giorno dei morti
Vuoi darmi la mano? Andremo così, per il viale dei pioppi, laggiù, al Camposanto, coi fiori e coi ceri. Diremo una muta preghiera e i morti l’udranno. E poi ci daranno risposta in silenzio, di dietro agli avelli di marmo, e i tumuli gravi di terra. E noi li avremo nel cuore, e li vedremo vicini, vicini, vicini: i nonni dai bianchi capelli i bimbi coi riccioli biondi, le mamme, i papà, i fratellini… Diciamo una muta preghiera: li avremo qui tutti vicini. (Ada Capitani Campari)
Crisantemi A tratti versa qualche goccia il cielo, qualche piccola lacrima smarrita, e la selva si scuote irrigidita in un subito brivido di gelo. Il colchico nei luoghi più deserti sboccia pensoso, e sotto i pioppi lunghi sorgono nel silenzio umido i funghi, che tengo sempre i loro ombrelli aperti: e nei giardini taciti e negli orti nascon, quasi piangendo, i crisantemi, i crisantemi per i nostri morti. (M. Moretti)
I crisantemi Non più frutti negli orti, non c’è quasi più un fiore nei giardini, è questa la stagione del crisantemo, il triste fior dei morti. A mazzi od in corone, tra i salici ed i neri cipressi dei solinghi cimiteri, or tutte se ne infiorano le tombe, perchè nella lor casa ultima e mesta abbiano pur gli estinti un pio giorno di festa. (U. Ghiron)
Due novembre E’ il dì dei ricordi. I morti ritornano vivi, nei cuori. Rinascono tutti gli acerbi dolori d’antichi, di prossimi lutti. E il tempo che vola, che alterna le sorti del riso e del pianto, che dona conforti d’oblio, quest’oggi, più triste, ma pio, ripete una sola parola: “Ricorda i tuoi morti”. (D. Borra)
Un cimitero Nel cimitero che ha l’aspetto c’una gran casa son un solo muro che gira tutto attorno, (senza tetto perchè i poveri morti possan godere ancora un poco d’aria e la vista del cielo turchino nella lor triste vita solitaria) è tanto il verde e l’erba è così densa che camminando si lascia un sentiero come in un prato, con tanti fiori che quasi si pensa d’essere in un magnifico giardino abbandonato. La commovente confusione! I papaveri con le rose, i fiordalisi con i cardi, e tra le ortiche il dente di leone con le barbane, il fiore che si spegne con un soffio… Così diversi e così belli! Solo qui dentro tutti son fratelli. (G. Govoni)
La notte dei morti La casa è serrata: ma desta; ne fuma alla luna il camino, non filano o torcono: è festa. Scoppietta il castagno, il paiolo borbotta. Sul desco c’è il vino, cui spilla il capoccio da solo. In tanto essi pregano al lume del fuoco: via via la corteccia schizza arida… Mormora il fiume con rotto fragore di breccia… E’ forse (io non odo; non sento che il fiume passare, portare quel murmure al mare) d’un lento vegliardo la tremula voce che intuona il rosario, e che pare che venga da sotto una croce, da sotto un gran peso: da lunge. Quei poveri vecchi bisbigli sonora una romba raggiunge col trillo dei figli de’ figli. Oh! I morti! Pregarono anch’essi la notte dei morti, per quelli che tacciono sotto i cipressi. Passarono… O cupo tinnito di squille dagli ermi castelli! o fiume dell’inno infinito! Passarono… Sopra la luna che tacita sembra che chiami, io vedo passare un velo, una breve ombra, ma bianca, di sciami. (G. Pascoli)
Se torneranno Se torneranno i morti questa sera lasciando un poco il bianco cimitero, se torneranno come una preghiera dentro la cappa del camino nero, fate, o piccini, che non vadan via con gli occhi tristi e con le mani in croce cantando come mesta litania il loro pianto con la smorta voce! Se tornerà quaggiù la sorellina con le ali degli angeli e il sorriso, dopo aver camminato tra la brina, non scappi così in fretta in Paradiso, e baciandovi piano con le ali candide e rosa come un dì di maggio, preghi: “Signori, tien lontano il male”. Dica: “Addio, fratellini! Buon viaggio!”. Se tornerà, orfanelli, la mammina a rimirarvi ed a baciarvi il cuore, a pettinarvi un poco la testina, a contemplarvi con lo stesso amore, fate che trovi tanta gentilezza e tanto sole sul visetto buono, che non dica con voce di tristezza: “Sono cattivi, mio Signor, perdono!”. Se tornerà la nonna sempre bella, fate che venga presso il focolare a raccontarvi ancora la novella e voi fatevi tutti ad ascoltare. Se torneranno i morti questa sera non abbiate paura; vesti d’oro hanno, e di luce, e fior di primavera fra le mani, corolle di tesoro. Essi son vivi, o bimbi, più di noi, hanno sofferto ed ora stanno in festa. In cielo ancora li vedremo poi, con fiori tra le mani e fiori in testa. (L. Nason)
Poesie e filastrocche IL GIORNO DEI MORTI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche SAN MICHELE – una collezione di poesie e filastrocche su San Michele. La raccolta è in costruzione…
San Michele Quando il sol tramonta in cielo e alle nubi dà fulgore ecco brilla il tuo mantello rosso e giallo di splendore. La tua spada è sfavillante fiero indomito guerriero il tuo sguardo rilucente ci rammenta sempre il vero. Oh, tu prode San Michele che nei cieli hai vinto il male dacci forza e puro cuore chè s’affermi alfin l’amore.
Atmosfera di Michele Divengono i giorni più brevi divengono i cuori più chiari Al di sopra dell’autunno splende il luminoso San Michele. San Michele, signore del tempo! Tu dai il vero pane ed una nuova veste. (H. Ritter)
Il cavaliere Me ‘n vo, me ‘n vo sul mio destrier timor non ho da solo andrò se vincerò, ritornerò.
Poesie e filastrocche SAN MICHELE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: 2 ottobre, la festa dei nonni. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Nonno e nipotino Passan sul prato nonno e nipotino. Il nonno è vecchio, il bimbo è piccolino: il bimbo è biondo, il nonno è tutto bianco, il bimbo è dritto, il nonno è curvo e stanco. Passan sul prato dandosi la mano. Il nonno dice: “Presto andrò lontano, molto lontano e più non tornerò…” E il bimbo: “Nonno mio, ti scriverò”. L. Schwarz
La nonna D’inverno ti mettevi una cuffietta coi nastri bianchi come il tuo visino, e facevi ogni sera la calzetta, seduta al lume, accanto al tavolino. Io imparavo la storia sacra in fretta e poi m’accoccolavo a te vicino per sentir narrar la favoletta del Drago Azzurro e del Guerrier Moschino. E quando il sonno proprio mi vinceva m’accompagnavi fino alla mia stanza e m’addormivi al suono dei tuoi baci. Agli occhi chiusi allor mi sorrideva in mezzo ai fiori una gioconda danza di sonni dolci, splendidi e fugaci. G. D’Annunzio
La nonna Era partita la nonna per un luogo lontano mentre diceva: “Sì…” piano la nipotina alla gonna le stava “… nel bosco… la fata…” e poi s’era addormentata. La nipotina attendeva diceva: “Ritornerà, tanto, che aspetto lo sa”. E giocava e sorrideva. Ma la nonna s’era svagata, chissà! Non era tornata. L. C. Zilioli
Cari nipoti miei Cari nipoti miei, veri e onorari, mi giungono ogni tanto accenni vari, lievi, gentili… “Oh sì, l’abbiamo amata come poeta, un dì! Ora è invecchiata”. E’ vero. Ma c’è un piccolo segreto che voglio dirvi con animo lieto: or la zia lascia a voi tutto il moderno. e lei va a rifugiarsi nell’eterno”. Lina Schwarz
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Poesie e filastrocche: san Giovanni – 24 giugno. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
San Giovanni va nei campi nell’ardor del mezzogiorno
quiete immensa tutt’intorno, sopra il cielo tutto blu
il sorriso suo giocondo, benedice la natura
e ogni specie che matura. (L.Schwarz)
(in costruzione)
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Poesie e filastrocche: la famiglia – mamma, papà, bimbi, fratelli … una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Chiede il bimbo
Chiede all’albero succoso frutto
a al prato chiede un fiore
la pappina alla mammina
e alla zia qualche allegra poesia…
Che dà in cambio il bimbo al mondo?
Il sorriso suo giocondo. Lina Schwarz
E’ nata una creatura
Tranquillo come ogni giorno,
così anche questo mattino
hai aperto gli occhi, bambino,
e sorridendo guardi intorno.
Filtra un vivido sole
attraverso la chiusa finestra
insieme a piane parole
che hanno sapore di festa.
Ascolti un volar tacito
di passi in qualche stanza:
sembra d’angeli una danza
tra un sussurro di soffici baci.
Ecco un tremulo vagito,
quasi un belare umano:
sembra giungere da lontano
dopo un viaggio infinito.
Rapido t’alzi, chiedi,
ansioso, che mai c’è.
La voce ripete: “Uèeee… Uèeee!”
Qualcuno leva dalla bocca un dito;
tu vai in punta di piedi
verso un silenzioso invito
e sorridi a ciò che vedi.
Scesa da chissà quali cieli,
ravvolta in candidi veli,
come tra i petali il cuore
profumato di un fiore,
in una culla vaporosa
s’agita qualcosa:
una creatura novella
la tua piccola sorella.
I suoi occhi color del mare
non sanno ancora guardare;
la sua boccuccia fresca
odora di latte e di pesca;
le sue chiuse manine
paiono in boccio roselline.
Tu la contempli quasi smarrito.
Quand’ella, col suo vagito,
sembra chiedere: “Uèèèè…
la mia mammina, dov’è?”
Domandi anche tu perchè
lì, presso, mamma non c’è.
La mamma è tanto stanca!
Ella passò la notte bianca:
fece un lungo cammino
stringendo al cuore quel cuoricino.
Ora dorme, ma appena
si sveglierà serena,
vicino a sè vorrà
la sua trepida felicità:
tu e quella creatura fresca
che odora di latte e di pesca
e vagisce così
come tu pure un dì. M. Chierighin
C’è un neonato
C’è un neonato in casa mia
chi non sa che cosa sia?
Un neonato è un fratellino
tutto nuovo e piccolino,
con due occhioni e una boccuccia
che dì e notte succia succia;
succia il latte e succia il dito
con un fare sbigottito.
Dorme spesso e strilla assai,
ma è carino quanto mai;
già lo dice anche la balia:
“E’ il più bel bimbo
che ci sia in Italia!”. Lina Schwarz
Fratelli
Dice la mamma: “Guarda com’è bello!
Amalo tanto tanto: è tuo fratello!”
“Sì, ma se tutti siam figli di Dio,
ogni bambino è un fratellino mio”. Lina Schwarz
Casa colonica
In famiglia siamo sette:
due figlioli ed una figlia,
babbo, mamma, nonno, nonna,
ecco tutta la famiglia.
Ma per casa siamo tanti, siamo tanti…
La coniglia e i coniglietti,
la gattina e i suoi micini,
la gallina e la covata,
la capretta e i caprettini:
siamo dieci, siamo venti, siamo trenta…
Nove ochette becco giallo
nel porcile un maialetto.
Fido il cane, Astro il cavallo.
Ed i passeri sul tetto?
Va a finir che tutti insieme siamo cento…
G. Vai Pedotti
Sorellina – La partenza per la scuola
Arrivederci! Me ne vado alla scuola
a studiare; lo vedi, ho la cartella!
Che? Ti dispiace ch’io ti lasci sola?
Non vuoi restar senza la tua sorella?
Oh, sul tuo naso c’è una lacrimona;
non pianger, via, ritornerò, sii buona!
La mia bambola, vuoi? La lascio a te,
tienla di conto, sai? (Povera me!). Lina Schwarz
Quel che possiede un bimbo
Due piedi lesti lesti
per correre e saltare
due mani sempre in moto
per prendere e per fare
la bocca chiacchierina
per tutto domandare
due orecchi sempre all’erta
intenti ad ascoltare
due occhioni spalancati
per tutto investigare
e un cuoricino buono
per molto molto amare. Lina Schwarz
Chi sono io?
Chi sono io? Io sono Gianni
ho compiuto già i cinqu’anni
non distinguo l’I dall’O
ma più tardi imparerò
tanto a leggere che a scrivere…
e per ora imparo a vivere.
Io respiro e i miei polmoni
so gonfiar come palloni.
Senza smorfie mangio e bevo
volentier fo quel che devo.
L’acqua fresca e l’aria pura
non mi fanno mai paura;
tutto il giorno faccio il chiasso
cresco sano, forte e grasso.
Desto appena spunta il giorno
me ne vo girando attorno
osservando i miei tesori
sassi e piante, bestie e fiori;
tutto ancora ho da esplorare
tutto ancora da imparare.
Anche a leggere ed a scrivere
ma per ora imparo a vivere. Lina Schwarz
Un buon compagno
Quel caro Francolone
dovrebbe uscire a far la passeggiata
ma ha tanta compassione
per la sua mamma ch’è a letto malata.
Piglia dunque il balocco suo più bello
il gran cammello
e glielo mette accanto
dicendogli: “Sta qui, cammello, intanto
ch’io vado via
sta qui buonino a farle compagnia.”
Il gran cammello è molto soddisfatto
di tanto onore, e non disturba affatto.
E la mamma quieta
con gli occhi chiusi, pensa tutta lieta
ai suoi cari bambini
che intanto si divertono ai giardini.
Due lucide fiammelle
Sul mio visino brillano
due lucide fiammelle
vedono il sol, le stelle
la luce e i bei color.
Vedono i prati
i fiori variopinti
le rose ed i giacinti
la mamma ed il papà.
Ma quando viene sera
si cala una tendina
e fino alla mattina
non ci si vede più. O. C. Levi
Quando il bambino
Quando vagisce il bambino
lo sa Iddio quello che dice
solo, sorride ed accenna…
Che pensa? Che dice? Ride. Perchè?
E, come il vento della sera al fiore,
così gli parla la sua mamma
tenera e dolce gli parla
ma non la intende nessuno.
Che dicono tra loro così a lungo
nemmeno al babbo è dato sapere:
linguaggio celeste. Segreto profondo.
Nessuno lo intende, gli angeli solo. G. Geza
La famiglia
Eccola, è tutta qua
nella nostra piccola casa
la dolce felicità!
Non la cercare lontano:
volersi bene, darsi
dolcemente la mano,
parlarsi a cuore a cuore,
godere insieme ogni gioia,
è questa la felicità.
Non la cercare lontano:
essa è qui prigioniera
nel nostro nido piccino. (G. Ajmone)
La famigliola
Non son che due stanzette e una cucina
al quarto piano. Tre modesti ambienti
d’una casa tra un prato e un’officina,
voltati al sole che li fa ridenti.
E babbo e mamma, un bimbo e una bambina
in quel guscio ci vivono contenti.
Mamma tien tutto lustro e alla mattina
dà perfino la cera ai pavimenti.
E quando il babbo torna a casa dal cantiere
e s’è lavato, e siede a mensa, e taglia
il pane, e versa il vino nel bicchiere,
macchiando qualche volta la tovaglia,
e i bimbi son lì, davanti al piatto
ad aspettar la mamma che scodelli
la fumante minestra di piselli,
e ad aspettare ci si aggiunge il gatto,
non c’è casa di ricco e di potente
che valga questa di povera gente. (R. Pezzani)
I miei bimbi
Come trovo dipinto il mio bambino
dopo desinare, è uno sgomento!
Ha le patacche addosso a cento a cento
e la bocca color di stufatino;
ha il nasetto, si sa, tinto di vino.
e sulla fronte un po’ di condimento,
e uno spaghetto appiccicato al mento,
che gli spenzola giù dal grembialino.
E sfido! In tutto pesca e tutto tocca,
e si strofina la forchetta in faccia,
e stenta un’ora per trovar la bocca;
e sono tutti i miei strilli inefficaci;
egli, vecchio volpone apre le braccia
ed io gli netto il muso coi miei baci.
Benedetti ragazzi! E’ un gran destino
dover troncare un inno od un bozzetto
per aggiustar le rote d’un carretto,
per incollar la testa a un burattino:
e trovarmi un giorno, in sul mattino,
un bastimento a vela in fondo al letto,
o una villetta svizzera sul petto,
o l’arca di Noè sotto il cuscino!
E sentir per le stanze e per le scale
squillar trombette da mattina a sera
come il dì del giudizio universale!
Ah! un giorno o l’altro li rimando a balia…
eccoli qui, quei musi da galera,
non ce n’è due più belli in tutt’Italia! (E. De Amicis)
Dolce famiglia
Dolce famiglia, qual più bella cosa
di te, che unisci ne’ più santi affetti
una mamma solerte ed amorosa,
un caro babbo e i lieti figlioletti?
Sei un nido d’amore e di speranza,
hai la fiamma che scalda e che consola,
hai la luce che dona l’esultanza;
e dir famiglia è dire la parola
che fa piangere il cuore dell’assente;
egli lavora tanto per tornare
un giorno benedetto al suo ridente,
al suo memore e dolce focolare.
Bussa il dolore e busserà la morte,
ma la famiglia nell’amore
divide la gioiosa e cruda sorte
e sopporta con fede ogni dolore.
Iddio ti guardi, famigliola mia,
Iddio t’aiuti sempre! Così sia. (T. Romei Correggi)
Casa, dolce casa
Casa, dolce casa!
Tra piaceri e palazzi
per quanto si possa vagare
non c’è un posto che possa valere
la nostra sia pur umile casa.
Là un incanto dal cielo
sembra consacrare ogni cosa
e, per quanto si cerchi,
in nessun’altra parte si trova.
Un esule lo splendore
invano abbaglia:
oh, dammi la mia umile casetta
dal tetto di paglia!
Gli uccelli cantando allegramente
venivano al mio richiamo:
dammi queste cose
è la serenità dello spirito,
più cara d’ogni altra!
Casa, dolce casa!
Non c’è altro posto
come la nostra casa! (J. Howard Payne)
Il meglio sii di quello che tu sei
Se non puoi esser pino in vetta al monte
sii prunaia di valle, ma sii sempre
il cespuglio più bello accanto al fonte;
sii cespuglio se non puoi esser albero.
Se non puoi esser pruno sii bell’erba
ed allieta di te la via maestra:
se non puoi esser paris sii ginestra,
la ginestra più bella del deserto.
C’è un comandante, ma ci sono i mozzi,
quaggiù per tutti v’è da lavorare.
A chi compiti piccoli e a chi grossi:
a ognuno quello che sa meglio fare.
Se non sei via, sii viottolo tra il verde;
se non puoi esser sole, sii una stella;
non è per mole che si vince o perde
ma il meglio sii di quello che tu sei. (D. Malloch)
Girotondo di tutto il mondo
Filastrocca per tutti i bambini
per gli italiani e per gli abissini,
per i russi e per gli inglesi,
gli americani ed i francesi,
per quelli neri come il carbone,
per quelli rossi come il mattone,
per quelli gialli che stanno in Cina
dove è sera se qui è mattina,
per quelli che stanno in mezzo ai ghiacci
e dormono dentro un sacco di stracci,
per quelli che stanno nella foresta
dove le scimmie fan sempre festa
per quelli che stanno di qua e di là
in campagna od in città,
per i bambini di tutto il mondo
che fanno un grande girotondo,
con le mani nelle mani,
sui paralleli e sui meridiani. (G. Rodari)
Chi sa?
Chi sa donde mai venga il sonno lieve
che sugli occhi dicende d’un bambino?
Io lo so. Esso viene da un paese
incantato. C’è un bosco pieno d’ombra:
le lucciole vi brillano debolmente,
vi crescon fiori colmi di magia.
Di là quel sonno viene,
a baciar sugli occhietti il mio bambino.
Chi sa donde mai venga il dolce riso
sulle labbra di un bimbo addormentato?
Io lo so. Baciò un tempo un raggio pallido
della giovane luna il bianco viso
di una nube d’autunno, ed un mattino
rugiadoso di sogno, ecco il sorriso.
Quel sorriso che vien
a fiorir sui labbruzzi al mio bambino.
Chi sa donde sbocciò tanta freschezza
che splende sulla guancia d’un bambino?
Io lo so. Da quand’era giovinetta,
lo portava la mamma dentro il cuore,
tacito dono della sua purezza;
nel mister delicato del suo amore.
Di là freschezza viene
ad ingigliar la guancia al mio bambino.
(R. Tagore)
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