Poesie e filastrocche ERBA E PRATO

Poesie e filastrocche ERBA E PRATO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Un filo d’erba

Che cos’è un filo d’erba?
Un filo d’aria
che si sente e non si vede,
sperduto
affogato
nel mare del prato;
un filo di verde
che si perde
nell’azzurro,
tracciato da un pittore
di valore;
un filo di luce
come niente,
ma che non si pente
d’esser così poco,
quasi scintilla
di un grande fuoco,
un filo di profumo,
che in silenzio
dice: “Mi consumo
d’amore”,
un filo di voce,
che sussurra
bisbiglia
ci parla con cuore
puro.
Un filo d’erba
è una cosa da nulla
che si trastulla
col vento,
che gioca col sole
a nascondino
come un bambino
birichino;
che guarda con occhi sempre nuovi
la luna, falcata
o a frittata,
il pulviscolo d’oro e d’argento
delle stelle
ricamate nel firmamento;
che fa l’occhiolino
a un fiore
vicino;
che per nutrimento
si contenta
di un chicco di sale
e di una sola gocciolina
piovuta dal cielo
o scappata bel bello
al ruscello;
che si adorna
con una perlina
di brina
dai colori dell’arcobaleno,
tanto piccolina
e leggera
che appena si vede
e può volar via
così,
ma tanto grande
da contenere il sole,
tutto il sole
visto di qui.
Un filo d’erba
è proprio una cosa da niente:
c’è e non si scorge,
esiste e non si sente,
si sporge
dal balcone
e poi si pente,
ha la sua casa piccolina
sulla terra verdolina
accanto allo stelo
di un papavero,
ma cerca disperatamente
le vie del cielo
splendenti di luce. (M. Giusti)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane

Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane

Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane: una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per la scuola d’infanzia e primaria.

Stornello
Fior di frumento!
Sussurrano le spighe sotto il vento:
“Un chiccolin di grano ne dà cento!”

Semina
Getta i semi nella terra il contadino,
poi si riposa e guarda tutto intorno;
guarda il campo, la casa e il mulino,
pensa che i semi saran pane un giorno. (C. Del Soldato)

Le stelline del bosco
C’era nel bosco un seme piccolino
come nera capocchia di spillino.
A poco a poco ne sbocciò una pianta
che nel maggio si ornava tutta quanta
di vaghi fiori bianchi come stelle,
con corolle delicate e belle.
Ogni fiore più tardi fece frutto
che si riempì di semi tutto tutto.
Poi venne frate vento e li strappò,
tutt’intorno li sparse e sotterrò.
E’, frate vento, un buon seminatore
che i semi porta via d’ogni colore;
li sparpaglia peri campi e le colline,
perfin sopra le mura e le rovine.
Indovinate quel che avvenne poi?
Ditelo, bimbi, indovinate voi! (A. Cuman Pertile)

Al campo
Su, coi fecondi raggi novelli,
al campo, al campo, cari fratelli!
Al campo, al campo. Dio benedica
del campagnolo l’umile fatica.
Dolce il lavoro, quando in bel giorno
tutto il creato ci arride intorno;
e sotto il piede ci odora il fiore
che ignoto vive, che ignoto muore. (G. Carducci)

La semina
Semina un uomo ove passò il bifolco
con la forza dei tori: il seme splende
e in pioggia d’oro scende
fra l’ombra delle bianche nubi e i voli.
Tempo verrà che i dolci rosignoli
canteranno fra i verdi lauri e i mirti,
e nei solchi, sugli irti
steli, la spuga granirà feconda. (G. Pascoli)

La semina
Cadon le foglie;
e tristi i grilli piangono l’estate.
L’altra notte non chiusi occhio tanto era
quel grido! “Seminate! Seminate!”
credei sentire…
O Dio, fa che non invano
nei rudi solchi quella gente in riga
semini il pane suo quotidiano. (G. Pascoli)

Seminagione
Chi ha seminato, in pace
riposa. Anche il solco, col seme
che nel grembo si preme,
in grande quiete ora giace.
Ora Dio radunerà i venti
dalle grotte lontane
per spingere nubi sul pane
ch’è dentro le sementi.
Così dall’umano lavoro,
con la pioggia del cielo e la luce
del sole, Iddio produce
il sano pane d’oro. (Giuseppe Porto)

L’aratro
Io solco la terra che dorme;
la desto dal greve riposo,
e suscito i succhi e gli umori
che danno, alle zolle, i colori
rossicci e ferrigni del saio.
E va la mia punta lucente
fra steli e germogli appassiti,
tra larve minute ed insetti,
tra foglie marcite e bruchetti. (Edvige Pesce Gorini)

La semenza
Nella terra il bove traccia
con l’aratro il dritto solco;
con la forza delle braccia
sparge il seme il buon bifolco. (V. Brocchi)

La novellina del grano
Un giorno un chiccolino
giocava a nascondino;
nessuno lo cercò
ed ei s’addormentò.
Dormì sotto la neve
un sonno lugno e greve;
alfine si destò
e pianta diventò,
La pianta era sottile,
flessibile, gentile,
la spiga mise fuor
d’un esile color.
Il sole la baciava,
il vento la cullava:
di chicchi allor s’empì
pel pane di ogni dì. (A. Cuman Pertile)

Il grano
Suda suda il contadino:
il frumento è già grandino.
Viene maggio:
è verdolino;
viene giugno:
è giallo giallo.
Ecco il vento: si diverte
con le spighe un poco aperte. (L. Galli)

Grano

Sepolto da provvida mano
dormivi nel solco celato,
oh piccolo chicco di grano,
nel sen della terra adagiato:
la culla era calda, sicura,
vegliava su te la natura.
Sui campi deserti, silenti,
un umido velo discese,
poi freddi soffiarono i venti;
ma i solchi dal gelo difese
la neve, e coi bianchi mantelli
te, chicco, protesse, e i fratelli.
Ma giunse coi dolci tepori
di marzo il benefico sgelo.
Dal molle terriccio uscì fuori
un verde, esilissimo stelo:
al sole di marzo così
il piccolo chicco fiorì.
E crebbe, e la fragile spiga
fu colma del nuovo tesoro
che premia l’umana fatica:
i solchi rifulsero d’oro.
Al sole, cantando, i coloni
raccolsero i biondi covoni. (I. Alliaud)

Chiccolino
Chiccolino, dove stai?
Sotto terra, non lo sai?
E là sotto non fai nulla?
Dormo dentro la mia culla.
Dormi sempre? Ma perchè?
Voglio crescer come te.
E se tanto crescerai
Chiccolino, che farai?
Una spiga metterò,
tanti chicchi ti darò. (A. Cuman Pertile)

La spiga
Eri un chicco di frumento
chiuso in grembo alla campagna.
Ora al vento,
ora all’acqua che ti bagna
pieghi umile
il tuo lungo stel sottile,
le tue reste delicate.
Brillerai d’oro vestita,
bionda figlia dell’estate,
quando al cielo il canto sale
delle tremule cicale. (M. Castoldi)

Il pane
S’io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
così grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumato
come le viole.
Un pane così
verrebbero a mangiarlo…
…i poveri, i bambini,
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data
da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia. (G. Rodari)

Il pane
Il pane ha un sapore
che il sole ricorda, e la spica
dal biondo colore.
Conosce l’umana fatica
quel pane dorato
che trovi sul desco ogni giorno,
che a volte hai spezzato
ancora fragrante di forno.
E’ sempre gustoso,
condito di gioia e di pene.
E’ un dono prezioso,
la prova che ci si vuol bene. (M. Castoldi)

Il nostro pane
Ricordi quel grano nel solco,
quel grano piccino così,
caduto di mano al bifolco
(che inverno!) e di gel non morì?
Ricordi quel piccolo stelo
d’un verde lucente, che in campo
tremava d’un tuono, d’un lampo,
fidando soltanto nel cielo?
Ricordi la spiga ancor molle
piegata sul gambo cresciuto?
Il giorno, bambino, è venuto
che l’uomo la tolga alle zolle.
Di giugno si miete. Ciascuno
raccolga nel campo perchè,
un poco più bianco o più bruno,
ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)

Il pane
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio.
Così dorato, così croccatne,
sei uscito da mani sante.
Sei sbocciato come un fiore
dalla gioia e dal dolore,
dalla terra lavorata,
dal sudore che l’ha bagnata.
Pane, panetto mio,
così buono ti volle Iddio. (R. Pezzani)

Il pane
Un pane grande, caldo, rotondo,
luminoso come il sole
da spartire a chi ne vuole,
un pane grande, più grande del mondo.
Che ce ne sia per vecchi e bambini
e per i poveri nostri vicini. (R. Pezzani)

Il pane

Nella terra il bove traccia
con l’aratro il dritto solco;
con la forza delle braccia
sparge il seme il pio bifolco.
Spiga già la messe al vento
ondeggiando tutta d’oro;
ogni chicco di frumento
si trasforma in un tesoro.
Il mulin, rombando, il grano
frange in candida farina;
il fornaio la raffina,
staccia, intride a mano a mano;
cuoce poi nel forno ardente
gli odorosi bianchi pani
e li porge alle tue mani,
o mio piccolo ridente.
Bambini, per noi
l’aratro, il molino
il buon contadino
lavorano, e i buoi.  (V. Brocchi)

Il pane
Laggiù in mezzo al campo bruno,
sotto un cielo basso, aggrondato,
un piccolo uomo inginocchiato
si curva tutto sul solco oscuro,
a guardare, ad ascoltare,
a parlare a qualcosa, che non si sa.
Pare un prete sull’altare
quando comunica col Signore;
ed p un poveretto seminatore
che si gode d’accarezzare
la sua terra di pena e d’amore
e tra le zolle dure spiare
il suo grano che cosa fa. (D. Valeri)

Il forno
Il forno è aperto: dalla nera volta
e dai larghi mattoni dello spiazzo,
un odore di cenere si spande.
S’accende il fuoco e dai sarmenti secchi
e dai fasci di lucida ginestra
creste di fiamme salgono cricchiando.
Oscillano a raggiera bianche e rosse,
come gigli infiammati. Poi di giallo
si colorano tutte e d’arancione.
Un luccichio rosato
invade la fuliggine indurita;
una vampa di porpora colora
i mattoni porosi; un’ampia brace
fa corona alle fiamme che, guizzando,
lambiscono la volta, diventata
bianca, d’un bianco di calcina secca.
Qualche fuscello si contorce ancora
Tra la brace ammucchiata e spinta in giro
da verdi fascinelle di sambuco.
Il forno è pronto: candido, infuocato;
entrano in fila, le pagnotte bianche
segnate dalla croce ad una ad una. (Edvige Pesce Gorini)

Il pane
Il pane ha un sapore
che il sole ricorda, e la spiga
dal biondo colore.
Conosce l’umana fatica
quel pane dorato
che trovi sul desco ogni giorno,
che a volte hai spezzato
ancora fragrante di forno.
E’ sempre gustoso,
condito di gioie e di pene.
E’ un dono prezioso,
la prova che Dio ci vuol bene. (Maggiorina Castoldi)

Il forno abbandonato
C’è una cupola maliziosa
in disparte presso la casa,
che alla porta guarda curiosa.
L’apertura è una bocca nera
che al mattino s’empie d’aurora
che al tramonto beve la sera.
Sempre aperto rimane il forno:
entrano polvere, acqua ed aria;
tutto quanto capita il giorno.
S’entra il vento diventa fioco,
s’entra un seme germoglia bianco;
ed il forno sospira: “Fuoco!”
E vorrebbe tante fiammelle
rosse, gialle, multicolori,
di crepitanti fascinelle!
Ma è sempre vuoto, sempre spento;
il buon pane non entra mai;
entrano l’aria, l’acqua e il vento! (Edvige Pesce Gorini)

L’ora del pane
Sorprendono le campane
l’ultima stella accesa.
Sa d’incenso la chiesa
l’alba è l’ora del pane.
Chi comincia il suo giorno
e nel ciel non dispera
sente nella preghiera
l’odor buono del forno.
Sente che la promessa
chiusa nell’orazione
si farà nella Messa
pane di comunione:
pan di lievito, fresco
nella madia e sul desco. (R. Pezzani)

Terra e pane
Appoggiato al suo aratro
in mezzo al solco bruno
della terra rimossa,
il vecchio contadino
mangia un pezzo di pane.
Pane solo, raffermo
che lentamente affetta
e mastica pacato.
Intorno è il vasto campo
che il vomero ha segnato
di ferite profonde…
e l’uomo antico è solo;
mangia e guarda la terra,
e assapora il pane
il gusto misterioso
del suo grembo infinito. (G. Di Leo Catalano)

 Mietitura

O San Giovanni della mietitura,
apri le porte d’oro; è tempo ormai.
La falce è in filo e la messe è matura;
apri le porte d’oro ai  tuoi granai,
o San Giovanni della mietitura.
Eccoli i mietitori. Hanno percorso
le vie bianche di sole a schiere a schiere.
A ognun la falce rilucea sul dorso
come un tempo la daga al cavaliere.
Domani questa messe ampia cadrà. (P. Mastri)

Si miete

Ricordi quel grano nel solco,
quel giorno, piccino così,
caduto di mano al bifolco
(che inverno!) e di gel non mori?
Ricordi quel piccolo stelo
d’un verde lucente, che in campo
tremava d’un tuono, d’un lampo,
fidando soltanto nel cielo?
Ricordi la spiga ancor molle,
piegata sul campo cresciuto?
Il giorno, bambino, è venuto
che l’uomo la tolga alle zolle.
Di giugno si miete. Ciascuno
raccolga nel campo, perchè
un poco più bianco o più bruno,
ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)

La mietitura

Già si mieteva, e già la trebbiatrice,
appiattatta tra i meli alla pianura,
martellava con l’eco la pendice,
ed era il polso della mietitura.
Gianni sognava l’aia, i miti buoi,
l’aspro tribbio che stritola i mannelli
e scivola e trabalza; e a sera, poi,
la loppa al vento e in cumulo i granelli. (N. Venieri)

Trebbiatura

Meriggio. La macchina trebbia
ansando con rombo profondo.
Il grano, rigagnolo biondo,
giù scorre. Nell’aria è una nebbia
sottile. Sogguarda per l’aia
il nonno, con faccia rubizza.
Nell’aria una rondine guizza
radendo la bassa grondaia.
E intanto, che ressa sul ponte
tra i mucchi di spighe e di paglia,
col sole negli occhi che abbaglia,
col sole che infuoca ogni fronte!
Le donne di rosse pezzuole
avvolgono le trecce sudanti.
Non s’odon nè risa nè canti.
Ma il nonno: “Su, allegre, figliole!” (E. Panzacchi)

I covoni

Sui campi disteso
al sole ed al vento
non ondula più
il biondo frumento.
Or tacite stanno
qua e là grandi spighe;
ai piedi vi accorrono
le industri formiche.
Che ricca cuccagna!
Si carican, vanno.
Che importa se pesa,
se grave è l’affanno?
Il lungo corteo
così laborioso
c’insegna che il grano
è un dono prezioso. (G. Consolaro)

La falce

Falce, sei bella,
quando, nell’ore
calde di giugno
splendi nel pugno
del mietitore.
Prona la terra
ride col sole
in un sonoro
fremito d’oro.
L’uomo l’afferra,
per sè la vuole:
e con la manca
gli steli abbranca
d’oro, siccome
ciuffi di chiome;
con l’altra mano
te vibra. E’ un lampo
che fende il grano
da campo a campo
che guizza e va. (P. Mastri)

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Poesie e filastrocche sui FIORI

Poesie e filastrocche sui fiori: una collezione di poesie e filastrocche sui fiori, di autori vari, per bambini della scuola materna e primaria.

Fiore

Portatemi pure l’anello del re
ma questo fioretto lo tengo per me.
C’è forse nel mondo qualcuno che vide
un fior di geranio che scotta, che ride,
macchiare d’un sangue più rosso e cocente
di questo, una casa di povera gente?
C’è forse più fresco, più vago giardino
di questo vasetto che vale un soldino;
che guarda la nuvola, aspetta l’uccello,
nè siepe ha di spino, nè chiuso cancello?
In quale camino c’è dunque una brace
più viva, più pronta a scaldare la pace?
C’è forse nel mondo, più ricco uno scrigno
di questo vasetto di coccio rossigno;
un salvadanaio di tanti tesori
che dà, come questo, a chi vuole, i suoi ori?
C’é forse altra grazia più vera e segreta
che accenda pensieri, che ispiri il poeta?
Se spicco quel fuoco e lo metto all’occhiello,
il mondo mi guarda, diventa il più bello.
Portatemi pure lo scettro del re
ma questo fioretto lo tengo per me. (R. Pezzani)

Fiori
Sono i fiori
una sublime lezione
d’altruismo:
a tutti, per niente,
dispensan profumi e colori:
sanno
di render meno triste la terra.
Degli uomini nessuno può guardarli
senza diletto,
a meno che in suo petto
dell’egoismo non racchiuda i tarli. (R. Penaglia)

Primule
Sbocciano al tenue sole
di marzo ed al tepor de’ primi venti,
folte, a mazzi, più larghe e più ridenti
de le viole.
Pei campi e su le rive,
a piè de’ tronchi, ovunque, aprono a bere
aria e luce anelando di piacere,
le bocche vive.
E son tutti esultanza
per esse i colli; ed io le colgo a piene
mani, mentre mi cantan per le vene
sangue e speranza. (Ada Negri)

Il biancospino
Di marzo, per la via delle fontane,
la siepe s’è svegliata tutta bianca:
ma non è neve, quella: è biancospino
tremulo ai primi soffi del mattino.
Si destano lontano le campane
e l’acqua di cantar non è mai stanca. (Angelo Orvieto)

Camomilla
Oh Camomilla, tenero fiore
togli la bua, togli il dolore,
alla mia bimba disperata,
che piange tutta sconsolata.
Con la corona dai raggi bianchi,
fai ristorar gli occhietti stanchi.
Con il giallo del capolino,
togli la bua dal suo pancino.
Con il profumo dolce e grazioso
concedi a lungo un buon riposo.
(di C. Folcando – Edita)

Margherite
Sopra l’erba novella
fiorite a cento a cento,
fremon le margherite
nel brivido del vento.
Testolina dorata,
collaretto d’argento,
stelo breve e diritto
grazioso portamento.
Coglierla? Ma vi pare?
Pel gusto di un momento
stroncar tanta esistenza?
Triste divertimento.
Vedete come godono
la carezza del vento?
E come si compiacciono
d’essere a cento a cento? (C Del Soldato)

La pratolina
“Oh, graziosa pratolina
che sorridi fra l’erbetta
tinta ancor di bianca brina,
perchè mai cotanta fretta?
Bigio e tetro è ancora il cielo,
fredda è l’aria e gelo in terra;
stende ancor la neve un velo,
sono i vasi ancora in serra.”
“Non m’importa della brina
non m’arresta un po’ di neve;
primavera è qua vicina
col suo passo lieve lieve.
Fra non molto spunteranno
sulle prode le viole;
dalle nubi eromperanno
caldi i raggi del bel sole. (Domizio Vignali)

Fiorita
Ecco i peri, i peschi, il melo
in fiorita prodigiosa;
ci fu mai più bella cosa
di quei ciuffi bianchi e rosa
contro il cielo? (Puch)

Il biancospino
Il biancospino è in fiore.
Della neve ha il colore.
Le brocche son gremite
di corolle infinite,
leggiadra nevicata
che non dilegua al sole,
ma cede a una ventata…
Per te ridon le aiuole
più chiare nel mattino
lucente biancospino. (M. Castoldi)

Bucaneve
Scricchiolando lieve lieve
l’ultima crosta di neve
s’è infranta. Chi la rompeva?
E dalla neve il bucaneve è nato.
Così, di dentro al suo guscio,
anche il pulcino apre un uscio
per farsi avanti nel mondo… (F. M. Bongioanni)

La canzone delle viole
Piccine, azzurrine,
baciate dal sole
noi siamo le dolci,
le prime viole.
Superbe non siamo,
non siamo curiose
le foglie tenere
ci tengono ascose.
Col mite profumo,
con voce sommessa,
cantiamo del marzo
la dolce promessa. (Ida Alliaud)

La prima margherita
Si risvegliò la prima margherita
tra l’erbe nuove sopra il breve stelo;
ancora tutta chiusa e infreddolita
levò la testa per guardare il cielo.
Vide venir la primavera e allora
gridò: “Fiorite, o sorelline, è l’ora!”
(Lina Schwarz)

La pratolina
Sulle rive del ruscello
tinte ancor di bianca brina,
è sbocciata, timidetta,
una bella pratolina.
Allo zefiro si culla
e sorride al sol, felice;
al bambin che la saluta
in segreto parla e dice:
“La stagione fredda e tetra
finalmente è per finire,
guarda il mandorlo ed il pesco,
sono lì per rifiorire! (Domiziano Vignali)

Il fiore
Ferma sopra la zolla
guardava con stupore
una bambina un fiore
dalla strana corolla.
“Oh corolla stupenda
che tremi in mezzo al prato,
per lo stelo dorato
aspetta che ti prenda!”
E corsero i piedini
sul prato di rugiada
trapunta di rubini.
Tese la mano. E la gialla
corolla stese al vento
l’ala di un volo lento.
Era un gran farfalla. (Giuseppe Porto)

Frutto e fiore
Non lo toccare il fiorellin del melo:
esso ci annuncia ch’è passato il gelo.
Rispetta il fiore se del frutto hai voglia;
rispetta il fiore e non toccar la foglia. (F. Dall’Ongaro)

Prato
Guarda giù nell’erba folta:
forse un angelo è passato;
mai si videro nel prato
tanti fiori in una volta.
Tanti e tutti così belli
che farfalle e farfallini
stupefatti fanno inchini
ora a questi ed ora a quelli.
E se poi deve passare
svolazzando qua e là,
sai la brezza cosa fa?
Chiude l’ali e sta a guardare. (D. Rebucci)

Pratolina
Pratolina appena nata,
chi di frangia ti ha vestita
chi ti ha d’oro incoronata?
Ti dischiudi sul mattino
e saluti di lontano
le farfalle e l’uccellino.
Ti raccogli verso sera
come un cuor che si prepara
al silenzio e alla preghiera. (D. Rebucci)

A nascondino
C’era una piccola
margheritina
nata da poco,
vispa e carina.
Diceva: “Mamma,
voglio giocare,
ma sono sola,
che posso fare?”
“Gioca col sole,
piccina mia,
fa’ a nascondino
con allegria!”.
La piccolina
col sole giocò:
ed lui, sì grande,
non rifiutò.
Sotto una foglia
lei si celava,
chiamava: “Cu cu!”
Lui la cercava.
Ed anche l’aria
si divertiva,
passava cauta
e il fiore scopriva. (A. Cuman Pertile)

 La violetta e la pervinca

La violetta mammola è sbocciata
in mezzo all’erba tenerella e bassa;
ma subito in gran fretta s’è chinata
per potersi nascondere a chi passa.
Ma l’azzurra pervinca a lei vicina
guarda in alto col grande occhio contento
tutta si mostra e dice: “O sorellina,
esci tu pure, e godi il sole e il vento.”
La violetta mammola risponde:
“Dio concesse una grazia ad ogni fiore:
da me un profumo lieve si diffonde,
a te fu dato invece un bel colore”. (M. Dandolo)

La violetta

Troppo presto sei nata,
mite viola del pensiero!
Forse il cielo ti ha ingannata,
ieri azzurro ed oggi nero?
Fredda e cupa vien la sera
con la notte torna il gelo.
Trema e muore sullo stelo
la gentile mammoletta
che voleva, troppo in fretta,
annunciar la primavera. (E. Ottaviani)

La prima viola
La neve è stata tanta e sulla via
anche quel cespo triste di viole
sembrò morir, ma guarda che magia!
da quanto è ritornato il biondo sole
apparve qualche foglia e, meraviglia!
un profumo mi tocca, mi commuove
come una voce che nel cuor consiglia
e sveglia in fondo al cuore voci nuove.
Quel profumo mi fece un po’ curiosa
e, cercando, una timida viola
scopersi come fata misteriosa
tra l’erba verde così sola sola… (L. Nason)

Nel prato

Nel mare verde del prato
tutto fili d’erba novella,
il bimbo si tuffa beato
e grida, ride, saltella
come uccello spensierato.
Meraviglie di coccinelle.
di farfalle, di bruchi, insetti,
variopinte campanelle,
scarabei in corsaletti;
e poi gocciole di brillanti,
gocciole di rugiada,
sui fili d’erba tremanti
verdi come la giada.
Papaveri tinti di rosso,
lucertole nel canneto,
raganelle lungo il fosso,
scopre il bimbo ogni segreto,
nel mare verde del prato.
Come lieve passan l’ore,
che meraviglia il creato
e le opere del Signore! (V. Seganti Pagani)

Il fiore di prato

Guarda com’è vestito,
neppur l’imperatore
ebbe un simile manto.
Che seta! Che splendore!
Lo lava la rugiada,
lo distende l’aurora,
col suo pennello vivo
il sole lo colora.
Che mirabile cosa
ogni fiore di prato!
La margherita ha un nitido
colletto inamidato:
il ranuncolo giallo
un abito tessuto
con i raggi del sole:
la viola è di velluto,
la mammola nei petali
ha il velo della sera,
e il miosotide è cielo,
cielo di primavera.
Che seta, che spendore
ogni fiore di prato.
Nessuno l’ha vestito,
nessun l’ha seminato.
Soltanto tu, Signore. (L. Nason)

Il gelsomino notturno

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle…

Il fiore azzurro (il lino)

Disse un bel fiore azzurro:
“Il vento mi carezza
con un lieve sussurro;
l’aurora mi regala
brillanti di rugiada,
che il calore del sole poi dirada.
Non profumo gli altari
né mi recano in dono,
in giorni lieti e cari,
i bimbi e le fanciulle;
sullo stelo fiorisco,
specchio l’azzurro cielo e poi finisco.
E mi tramuto in tela
candidissima e molle,
per l’altare e la vela,
per bendare le ferite
e fasciare il bambino
nudo, nella sua culla:
io sono il lino!” (E. Pesce Gorini)

Alla primula 
Nel nome hai la modesta
tua grazia e col timido colore,
o primula, sei lesta
più di qual si sia fiore
ad inseguir la neve spaventata.
Tu credi a primavera dubitosa. (R. Bacchieri)

La violetta mammola 
La violetta mammola è sbocciata
in mezzo all’erba tenerella e bassa;
ma subito in gran fretta s’è chinata
per potersi nascondere a chi passa.
(M. Dandolo)

Le violette
Le violette? Le scorsi a piè d’un muro:
facevano una chiazza di viola,
come di sangue, sul tappeto scuro
dell’ortica e dell’erba vetriola.
Erano lì: fiorivano ignorate
in quel luogo selvaggio, tra un sentiero
perduto e un muro cieco; inebriate
d’ombra e silenzio; dietro al cimitero.
(D. Valeri)

Il pesco e la viola
Ancora è freddo, ancora
luccica sulle vette
la neve, e il pesco mette
le sue gemme e s’infiora.
E’ tutto brullo intorno
l’orto, ma il pesco pare
voglia un po’ consolare
questo pallido giorno.
E dice a una viola,
che ora gli è sorta ai piedi:
-Primavera, non vedi?
torna, ma è troppo sola.
(M. Moretti)

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Poesie e filastrocche GLI ALBERI

Poesie e filastrocche GLI ALBERI – una raccolta di poesie e filastrocche sugli alberi, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Nel bosco
Nel bosco ogni vecchio gigante
sia abete, sia quercia, sia pino,
ha intorno, ai suoi piedi, un giardino
di piccole piante.
Son muschi, son felci, son fiori,
e fragole rosse e lichene
cui l’albero antico vuol bene
suoi teneri amori.
E mentre le fronde superbe
protende più su verso i cieli
ai pensa a quegli umili steli
nell’ombra, fra l’erbe. (L. Schwarz)

Albero secco
Un albero secco
fuori della mia finestra
solitaria
leva nel cielo freddo
i suoi rami bruni.
Il vento rabbioso la neve il gelo
non possono ferirlo.
Ogni giorno quell’albero
mi dà pensieri di gioia:
da quei rami secchi
indovino il verde a venire. (Wang Ya-Ping)

Pioppi al tramonto
Io so chi colora
di rosso, nell’ora
già prossima a sera,
il cielo, soffuso di un pallido blu:
i giovani pioppi
a specchio nell’acqua laggiù.
Li ho visti piegare il pennello
dell’agile chioma
e intingerlo dentro il ruscello
di limpida porpora, sempre, a quell’ora.
Poi, subito ritti, con zelo
svettando; striare di rosso
la pagina chiara del cielo.
So ancora
nel suo folleggiare nel fosso
nel suo folleggiare monello
si lascia sfuggire talora
qua e là qualche macchia vermiglia
che a nube sospesa somiglia. (G. Vaj Pedotti)

Pini in cortile
Crescono i pini
di fronte alla scala.
Toccano coi rami il muro
della casa dai tegoli bruni;
e di mattina e di sera
li visita il vento e la luna.
Nelle tempeste d’autunno
sussurrano un verso vago;
contro il sole d’estate
ci prestano un’ombra fresca.
Nel colmo della primavera
una pioggia sottile, a sera,
riempie le loro foglie
d’un carico di perle pendule;
e alla fine dell’anno,
il tempo della gran neve
stampa sui loro rami
una trina lucente. (liriche cinesi)

Alberi
Alberi!
Frecce voi siete
dall’azzurro cadute?
Quali tremendi guerrieri
vi scagliarono?
Sono state le stelle?
Vengon le vostre musiche
dall’anima degli uccelli,
dagli occhi di dio. (F. Garcia Lorca)

Il pioppo
Il pioppo nell’azzurro
è un vivo tremolio di grigio e argento;
fa in mezzo ai rami il vento
lento sussurro. (G. Camerano)

Festa a scuola
Mamma, lo sai che abbiamo fatto festa
a scuola, stamattina? Allineati
dapprima; e poi, con il maestro, in testa
a piantar gli alberelli siamo andati.
E ne abbiamo piantati un per ciascuno,
ma bello come il mio non è nessuno:
svelto, diritto, a cuspide perfetta,
verde cupo nel folto e chiaro in vetta.
Un per ciascuno, eravamo in cento:
Ora cento alberelli al sole, al vento,
come fiere sentinelle se ne stanno…
e pensa che bel bosco diverranno! (L. Salvatore)

Castagni
Nulla è più bello dei frondosi e ampi
castagni a selve sterminate in mezzo
a questi monti…
Nulla è più dolce. Cascano con tonfi
leggeri le castagne, e a quando a quando
ne sguscia fresca sotto il piede una.
Casca in gran copia e tutte l’erbe imbruna
di bei cardi spinosi il frutto buono. (G. Marradi)

Speranza
C’è un grande albero spoglio
in mezzo all’orto: pare
che soffra e non si possa
coprire e riscaldare.
Vola sui nudi rami
un passero sperduto,
e cinguetta più forte
in segno di saluto.
Geme l’albero: “Un tempo
fui giovane e fui bello:
candidi fiorellini
erano il mio mantello.”
Il passero cinguetta:
“Oh vecchio albero, spera!
Si scioglieran le nevi:
verrà la primavera. (M. Dandolo)

L’alberetto
Sul principio del boschetto
l’alberetto
guarda intorno, aspetta e spera
primavera.
Non ha foglie, non ha fiori,
non ha umori;
non ha nidi, nè richiami
sopra i rami.
AL suo piede una viola
sola sola,
stenta a fare capolino
tra uno spino.
Fischia il vento, scuro è il cielo:
ahi, che gelo!
Com’è triste, nell’aspetto,
l’alberetto. (F. Socciarelli)

 

Il bosco
Specie per voi bambini il bosco è bello,
ospita tanti uccelli e tanti nidi:
c’è talvolta un ruscello
e l’eco che risponde ai vostri gridi.
D’estate che bell’ombra! Che frescura!
Quante frutta selvatiche e gustose
in mezzo alla verdura!
E di notte, quante voci misteriose!
Anche d’autunno, quando s’è spogliato
e di frutta e di nidi, è bello ancora,
ma i colpi del pennato
vi si fanno sentir fino all’aurora.
Or più non vi canta l’assiolo
con la sua voce dolorosa: “Chiù!”
E’ l’inverno, e il boscaiolo
picchia di scure e molto butta giù.
E taglia tanta legna, chè i bambini
quando sentono il freddo stanno male.
Avran tutti i camini
un ceppo per la notte di Natale. (F. Socciarelli)

Due palme
Due palme son nel giardino;
al mattino
che allegro cinguettio
le anima al sole.
E se talvolta il fragore
di motorini, camion o altro motore
lo sovrasta per poco,
ben presto passa il rumore,
ma il cinguettio rimane
come limpida acqua
da cui traspare
incantato fondo di mare. (F. Gisondi)

Alberi
Sempre fermi, sempre ritti,
sempre zitti,
come impavidi soldati,
stanno i buoni alberi, armati
sol di foglie e fiori e frutti,
di cui fanno dono a tutti.
Tutto danno quel che hanno
e per sè tengono solo
un gorgheggio d’usignolo
un fischietto di fringuello
un sussurro di ruscello. (D. Valeri)

Il ciliegio
Ho un ciliegio nell’orto
(proprio sotto al murello)
vecchio, rugoso e storto,
che rinnova il mantello
ad ogni primavera;
e tra le nuove foglie,
quando viene la sera,
i passeri raccoglie.
Nel sussurrar del vento,
tra il cinguettar vivace,
parla, sereno e lento:
“Son vecchio, ma mi piace
allargare i miei rami
nell’aria cilestrina,
udir questi richiami
di sera e di mattina…”.
“Se poi i dolci frutti”
un passero gli dice
“te li mangiamo tutti,
ancora sei felice?”
“Ma sì!” lieto risponde
il ciliegio. “La vira
di queste annose fronde
se non dona… è finita”. (G. Fanciulli)

Boschetto
In questo boschetto di poche gaggie
ricanta un uccello le sue poesie.
Se un cuore vi passa, si ferma e ristà,
riparte provvisto di felicità.
E’ un bosco d’un’ombra armoniosa e leggera
e un angelo viene a dormirvi la sera.
Per farsi un lettuccio men duro raccoglie,
dai ceppi muschiosi, bracciate di foglie.
E vede, addondando nell’umida cuna
passare tra i rami più alti la luna;
e sente tra fronde dal vento toccate
tremore e bisbigli di calde nidiate;
e trova la pace d’un sonno tranquillo
tra un canto d’uccello e il canto d’un grillo. (R. Pezzani)

Il testamento dell’albero
Un albero d’un bosco
chiamò gli uccelli e fece testamento:
“Lascio i miei fiori al mare,
lascio le foglie al vento,
i frutti al sole e poi
tutti i semetti a voi,
a voi, poveri uccelli,
perchè mi cantavate la canzone
della bella stagione…
E voglio che gli stecchi,
quando saranno secchi,
facciano il fuoco per i poverelli. (Trilussa)

L’abete
Nel nord sull’altura nuda
un abete sorge solo,
ha sonno, e di ghiacci e di neve
lo cinge un bianco lenzuolo.
Sognando va d’una palma,
che nel remoto levante,
solinga e muta s’attrista
sopra il dirupo bruciante. (E. Heine)

L’arbusto
Un arbusto si protende
dalla roccia alta sul mare;
vede un solco che risplende,
ode l’onda sussurrare…
E vorrebbe volar via
per svanire nell’azzurro,
dietro la fiammante scia,
dietro il magico sussurro.

Il pioppo
Conosci il riso del pioppo
al margine del ruscello?
E’ come un allegro monello
che sia cresciuto troppo.
Ride alla melodia
dell’ospite usignolo,
ride alla luna e al volo
d’un’ala che sfiora e va via.
Quando scherzoso arriva
tra le fogliette il vento,
ride e fruscia contento
d’una risata viva.
E guarda piegando piano
la cima di qua e di là,
l’acqua passata che va
lontano lontano lontano. (L. P. Mazzolai)

 

La foresta
Pare un gran tempio ad agili colonne,
un tempio antico, scuro, con tappeti
di muschio e con festoni verdi e lieti.
Un tempio antico che ha per finestra il cielo;
di canzoni n’ha tante e la preghiera
la dicono gli uccelli mane e sera. (M. Bertolini)

Nel libro della natura
Vanta una storia la quercia superba,
ma l’ha forse men grande un filo d’erba? (M. Spiritini)

Se odorano le felci
Se odorano le felci
e il sole entra discreto tra le foglie
e l’aria sfiora tra i castagni
il sonno degli uccelli
prendi la tua sorella per mano
falle un cuscino di muschio
e nel silenzio
ascolta l’ora più bella del bosco.
Domani la pioggia ed il vento
avranno disperso l’incanto. (L. Deli Gazo)

Pini
All’estremo orizzonte i grandi pini
se n’andavano curvi in lunga traccia,
a uno a uno come pellegrini:
e ciascuno recava per bisaccia,
alto sopra la livida brughiera,
una nuvola d’oro della sera. (D. Valeri)

L’olivo
Argento placcato di verde
mi sembra la foglia
che il verno giammai non dispoglia
nè il vento disperde.
Egli offre la drupa sua nera
in tempo d’avvento,
al tordo che vola contento,
all’uomo che spera.
E quando il freddo è più vivo,
con funi, con scale,
con cesti e panieri si sale
la pianta d’olivo.
Usando un arnese ad uncino
s’incurvan le vette,
si strusciano e s’empion sacchette
chè aspetta il mulino. (F. Socciarelli)

La canzone dell’ulivo
Non vuole
per crescere, che aria, che sole,
che tempo, l’ulivo!
Nei massi le barbe, e nel cielo
le piccole foglie d’argento!
Tra i massi s’avvinghia, e non cede
se i massi non cedono, al vento. (G. Pascoli)

Il canto del ciliegio

Sorrise con l’aprile
la gioia in ogni cuore
e zefiro gentile
vide i ciliegi in fiore.
I bianchi fiorellini
zefiro si portò
e in frutti corallini
il maggio li cambiò.
Su verde ramo appese
con le ciliegie rosse
dai bimbi sempre attese
e piccoline e grosse.
Al vivido richiamo
venite coi cestelli
ma resti sopra il ramo
la parte degli uccelli!
“Uccelli e bimbi avanti!”
canta il ciliegio, “I frutti
che porto sono tanti!
Venite! Ne ho per tutti!”

I doni dell’albero

L’albero è tanto bello,
l’albero è tanto buono,
ha sempre pronto un dono
per te e per l’uccello.
A te regala l’ombra,
la frutta nutriente
e la provvida legna
per la stagione algente.
E ti dà il legno, utile
per i mobili tuoi,
chiedendoti bonario:
“Che cosa ancora vuoi?”
“Io voglio che tu arrsti
i venti e le bufere,
le frane, le alluvioni
di morte messaggere…”
“Lasciatemi dunque vivere
sulla natia pendice;
non venirmi a tagliare!
Ti aiuterò felice.” (T. Romei Correggi)

Alberi

Gli alberi tengono il cielo
azzurro prigioniero dei rami,
si vestono di silenzi
e di abbandoni
e tremano di voli e di canzoni.
Spandono un lume di fiori
ai mesi chiari
e camminano col vento
per ignoti reami.
La notte li ritrova incappucciati
monaci solitari nel convento:
ma, dove cantò l’usignolo,
resta, nel fiato dell’alba,
l’eco di un singhiozzo d’oro. (I. Dell’Era)

L’albero taciturno

L’albero aveva un cartello
che solo gli uccelli potevan decifrare:
“S’affittano rami per nidificare”
dicea la scritta
che un uomo non avrebbe potuto capire.
Pur malgrado l’annuncio
non venne alcun uccello,
nè picchio, nè fringuello,
e, deserto di nidi, a capo chino
muor di tristezza l’albero,
lungo il cammino. (A. M. Ferreiro)

L’albero

Vennero da vie lontane
le rondini rapide e snelle
a bere presso le fontane
ancora fresche di stelle.
Il sole apparve dal tetto
effondendo oasi d’oro
e l’albero del giardinetto
sfavillò come un tesoro.
S’accese di mille collane
e stette estatico a udire
le voci delle campane.
Dalla dolce terra veniva
musica d’onde lontane
e verso il suo cuore saliva. (G. Titta Rosa)

Il cipresso

Al margine di un breve praticello
sta un cipressetto solo e sembra triste
tutto ravvolto nel verde mantello.
Scherza, invece, col vento; a nascondino
fa con la luna, o pure, in cima ai rami
svelto l’appende come un lampioncino.
Più spesso a sera, quando tutto imbruna,
chiama le stelle a inghirlandargli il capo,
fino all’alba le conta ad una ad una!
E se piove, se rugge la tempesta,
si piega, grida, stringe le sue braccia,
ma non si spezza e fermo al suolo resta.
Chè un bel nido protegge: un nidietto
fragile e lieto, colmo di gorgheggi,
tesoro grande per il cipressetto. (T. Stagni)

La quercia caduta

Dov’era l’ombra, ora sè la quercia spande
morta, nè più coi turbini tenzona.
La gente dice: “Or vedo: era pur grande!”.
Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: “Or vedo: era pur buona!”.
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto… d’una capinera
che cerca il nido che non troverà. (G. Pascoli)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche – I frutti dell’autunno

Poesie e filastrocche – Una raccolta di poesie e filastrocche per bambini del nido, della scuola d’infanzia e della scuola primaria sul tema “I frutti dell’autunno”, di autori vari.

La filastrocca delle frutta
Gira, gira, s’arrivasse
nel paese delle frutta
che, si dice, ha una stagione!
E ci fosse proprio tutta,
pera, fragola, popone,
quella bella frutta sana,
melarancia, melagrana,
quella bella frutta fina,
l’albicocca, la susina,
quella bella frutta aspretta,
uva spina, nespoletta,
giuggioletta di montagna;
e il marrone, e la castagna;
e, tra i pampini a corona,
l’uva buona!
E ci fosser le nocciole
e le mele lazzerole
con le noci tutte quante
tutte insieme sulle piante,
tutte insieme nel corbello;
ce ne fossero mai tante
da giocarci a rimbalzello,
da poterne regalare,
da poterne dare a tutti
da poterne (che allegria!)
far razzia!                                      (Térésah)

 

Filastrocca
Il castagno ha lavorato:
tanti frutti ci ha donato
or col canto più giocondo
intrecciamo il girotondo.
Il castagno s’addormenta
e la luna lo inargenta,
si addormenta a poco a poco
mentre stiamo accanto al fuoco.
C’è un paiolo che borbotta:
“Non è cotta, non è cotta!”
mentre stiamo ad aspettare,
su corriamo a lavorare!
Ravviviamo un po’ la fiamma
aiutiamo un po’ la mamma
riordiniamo la cucina:
verrà poi la merendina.
Merendina di castagne;
dolci, piccole compagne
il castagno ce le ha date
non le abbiamo guadagnate! (L. Nason)

 

Vendemmia
Con un secchio ed un cestello,
con le forbici o il coltello,
donne ed uomini, da ieri,
tutti allegri e faccendieri
colgon l’uva zuccherina
e la portano in cantina.
La vendemmia è un gran lavoro!
Nella vigna era un tesoro
di bei grappoli dorati.
Or li han colti e li han pigiati;
ed il mosto, in un gran tino,
già fermenta e si fa vino.         (F. Socciarelli)

 

Il castagno
Sotto il castagno, durante l’estate,
fu una festa di bimbi e d’allegria;
che dolci ombre egli diede alle chiassate
della garrula e vispa compagnia!
Or solitario, al gran cielo velato,
nel deserto squallor delle campagne
s’alza quel nudo tronco desolato.
E i bimbi? … I bimbi mangian le castagne. (L. Schwarz)

 

Si vendemmia
Lieta festa di bei colori:
pampini, grappoli maturi,
grappoli biondi, grappoli scuri…
Su cantate, vendemmiatori.
Colmo il canestro, colma la gerla
e il tralcio è ricco di frutti ancora:
brilla ogni chicco che il sole sfiora
come il rubino, come la perla.
Bigoncia colma, colmo il cestello:
vendemmiatrici, uno stornello. (D. Rebucci)

 

Il pesco e la vite
Diceva un pesco altero
all’uva: “Oh, sciagurata,
tu finirai calcata!”
Gli fu risposto: “E’ vero;
ma, all’uom che mi calpesta,
fo’ poi girar la testa. (Luigi Carrer)

 

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

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