Il ciclo dell’acqua – dettati ortografici e letture

Il ciclo dell’acqua – dettati ortografici  e letture sul ciclo dell’acqua e i fenomeni atmosferici, di autori vari, per bambini della scuola primaria e d’infanzia

Pioggia, neve e grandine

Oggi il cielo è nuvoloso e a tratti cade una pioggia fitta e sottile che bagna ogni cosa. Essa può risultarci fastidiosa, ma è benefica alle coltivazioni dei campi ed è indispensabile alla vita di tutti gli esseri viventi.
Mentre osserviamo la pioggia, chiediamoci un po’ da dove arriva. Già lo sappiamo: viene dalle nubi che stanno in cielo e che il vento porta qua e là a suo piacere. Bene! Ma le nubi come si sono formate?
Le acque dei fiumi, dei laghi, dei fossati e specialmente le estese acque del mare, sotto il benefico effetto dei caldi raggi del Sole, si sentono, in  superficie, diventare più leggere, ed evaporano, trasformandosi in nuvolette invisibili di vapore acqueo.
Il vapore si alza leggero nell’aria e lassù in cielo si raggruppa formando le nubi. Quando le nubi incontrano correnti di aria fredda, le goccioline che le formano si condensano, si uniscono cioè tra loro, e formano gocce più grosse e più pesanti che cadono: è la benefica pioggia.
D’inverno, quando l’aria è freddissima, le goccioline delle nubi possono trasformarsi il leggeri cristalli di ghiaccio che scendono dal cielo come bianchi e soffici fiocchi: è la neve che ammanta di bianco ogni cosa.
D’estate, durante certi violenti temporali, le goccioline delle nubi sono investite da improvvise correnti di aria fredda. Il rapido abbassamento della temperatura le trasforma in chicchi di ghiaccio: è la grandine, che danneggia interi raccolti.

Il cammino dell’acqua sulla terra

Piove, grandine, nevica: l’acqua ristagna sulla terra nel luogo in cui è caduta. In breve tempo l’aria e il sole la fanno nuovamente evaporare.
Altre volte l’acqua penetra sottoterra, scioglie il terriccio necessario alla vita delle piante e delle erbe e, in parte, compie un lungo percorso nel sottosuolo, per poi zampillare da una roccia e formare una sorgente.
Ma non tutta l’acqua che cade sulla terra ristagna o viene assorbita dal terreno. Una buona parte si raccoglie in rigagnoli, in brevi ruscelli, in impetuosi torrenti, forma i grandi corsi d’acqua: i fiumi.
I fiumi si versano nei laghi e, più spesso, nel mare che tanta acqua ha già raccolto direttamente, con le piogge.

Come si formano le nuvole

E’ il sole che forma le nuvole, ed è il vento che le raduna, le sparpaglia, le sposta. Il sole riscalda le acque dei mari, dei laghi, dei fiumi, degli stagni. Una parte dell’acqua riscaldata si trasforma in una fumata leggera e trasparente di vapore.
Il vapore acqueo si solleva a grandi altezze e si raccoglie, si condensa nelle nuvole. Quando una nuvola è così carica di vapore da apparire scura, a contatto con l’aria fresca di lassù, si trasforma in acqua e piove.

Le nuvole

Scherzano, passeggiano nel cielo azzurro. Nuvole color di rosa, nuvole pensose color di perla, nuvole vanesie in trina rossa e gialla, nuvole serie in velluto scuro coi bordi d’oro. Vengono dal profondo, danzano intorno al sole in veli tenui, si sciolgono nel profondo. Passano greggi mansuete al pascolo, cavalieri in cerca di ventura, belle addormentate dai capelli sciolti alla brezza. Sorgono e si disfanno torri e castelli, cupole di chiese e case di villaggi. Tumulti di battaglie diradano, diradano, s’illuminano, vaporano in file d’angeli d’argento. (G. Manacorda).

L’eterno ciclo dell’acqua

Le nubi mandano sulla terra molta acqua sotto forma di pioggia, di neve o di grandine. Quest’acqua va poi ad alimentare ruscelli e fiumi che la trasportano nuovamente al mare. Poi dal mare e dai corsi d’acqua che attraversano la superficie terrestre l’acqua ritorna in cielo a formare le nubi. Così il giro dell’acqua non si interrompe mai.

Utilità della neve

La neve, cadendo al suolo, ricopre tutto con il suo strato candido e crea meravigliosi spettacoli invernali nelle campagne, nei parchi, nei giardini.
Ma, naturalmente, i suoi effetti non sono semplicemente decorativi. Innanzitutto, l’accumularsi delle nevi sui monti costituisce delle grandiose riserve d’acqua.
La neve protegge la terra dal gelo e favorisce quindi la vegetazione erbacea, soprattutto quella del grano: sotto la neve pane, diceva il proverbio. La neve è pessima conduttrice di calore perchè racchiude molta aria, perciò mentre la temperatura dello strato superiore del manto nevoso può scendere a parecchi gradi sotto zero, quella dello strato inferiore, a immediato contatto col suolo, di solito si mantiene intorno agli zero gradi.
Al esempio, in uno strato nevoso di 40 centimetri di spessore, se la temperatura in superficie è di 8° sotto zero, lo strato più basso è a circa 0°.
Questo spiega bene quale ottima difesa contro il gelo invernale abbiano nella neve le tenere pianticelle di grano, i tuberi, le radici.

Fulmini e tuoni

D’estate, dopo ore di grande calura, qualche volta, nel cielo si addensano nuvoloni scuri. Il temporale sfoga con una pioggia battente. Tra le nuvole guizzano a tratti lingue di fiamma vivida che rischiarano il paesaggio. Qualche attimo dopo la fiammata, si sente un rumore secco, come uno sparo.
La fiamma che serpeggia da una nuvola all’altra è un fulmine; il rumore che segue è quello del tuono. Talvolta il fulmine scocca da una nuvola alla terra e colpisce persone, cime di alberi, edifici.
I fulmini sono enormi scintille elettriche prodotte tra le nuvole. Nell’aria del temporale sono sospese gocciole a milioni. Forti colpi di vento le afferrano, le fanno ruotare a grande velocità. Questo turbine di pioggia produce elettricità, come la dinamo di una centrale.
Il tuono non è altro che il rumore dell’aria colpita dalla scarica, come da una frustata. Fulmine e tuono avvengono nello stesso tempo: noi vediamo prima il bagliore e udiamo dopo il tuono, perchè la luce corre nell’aria assai più veloce del suono.
Per sapere a quale distanza da noi è scoppiato un fulmine bisogna calcolare i secondi che intercorrono tra il bagliore e il tuono e poi moltiplicare il numero dei secondi per 340: il prodotto dirà a quanti metri da noi è scoppiato il fulmine.

L’acquazzone

Da oriente vennero galoppando grandi nuvole bianche che poi si fecero bigie e pesanti. L’azzurro sparì, ingoiato da quella nuvolaglia spessa. Scoccò un lampo abbagliante, seguito, da lontano, da un tuono profondo. Qualche goccia cominciò a cadere, rada.
Poi la pioggia s’infittì, precipitò, scrosciò violenta. Le strade subito ruscellarono, le foglie degli alberi stormirono sotto la sferza, la terra giacque ristorata sotto l’acqua dirotta. (F. Herczeg)

Si avvicina il temporale

La nebbia si era da poco addensata e accavallata in nuvoloni che, rabbuiandosi sempre più, davano l’idea di un annottare tempestoso; se non che, verso il mezzo di quel cielo cupo e abbassato, traspariva, come da un fitto velo, la sfera del sole, pallida, che spargeva intorno a sè un barlume fioco e sfumato, e pioveva un colore smorto e pesante. (A. Manzoni)

La rugiada

Quando, d’estate, nelle prime ore del mattino si attraversa un prato o si cammina su un tappeto di foglie cadute, le scarpe si bagnano di rugiada. La rugiada è formata da goccioline brillanti sulle erbe e sulle fronde. Come si è formata?
Durante il giorno il sole ha riscaldato il terreno. Nella notte esso ha ceduto il suo calore all’aria intorno ed è diventato freddo. Il contatto tra l’aria tiepida ed il terreno freddo ha provocato la trasformazione del vapore acqueo nelle goccioline di rugiada.

La brina

La brina è la sorella della rugiada, poichè nasce dallo stesso fenomeno; ma per realizzarsi le occorre una temperatura minori di 0°. Allora le minutissime goccioline di vapore condensato, congelandosi, si trasformano in minuscoli aghi di ghiaccio, che si dispongono bizzarramente a piume e a mazzetti sulle foglie, sull’erba, sulle siepi, sugli alberi, su ogni cosa. E la natura appare allora delicatamente incipriata, avviluppata da un velo argenteo e iridescente che crea mille piccoli arcobaleni, mille colori e mille sprazzi di luce ai raggi del nascente sole.

La nebbia

Se un raggio di sole filtra attraverso le imposte socchiuse, noi vediamo in esso muoversi una quantità infinita di grani di polvere: è il pulviscolo, sempre sospeso nell’aria e specialmente in quella di città, dove fumano ciminiere e camini e corrono automobili a migliaia.
Nei mesi d’autunno e d’inverno, soprattutto nelle pianure attraversate da numerosi corsi d’acqua, l’aria è sovente umida, carica di minuscole goccioline che a causa del freddo non riescono a sollevarsi.
Si forma così un velo, più o meno denso, che si distende pigramente su ogni cosa: è la nebbia. Questo velo si fa più grigio e impenetrabile nelle città, dove appunto è abbondante il pulviscolo che si impasta con le innumerevoli gocciole sospese nell’aria.

Perchè nasce il vento

La Terra è avvolta da una fascia spessa di aria che la segue nella sua rotazione. A tratti, grandi masse di aria, i venti, si spostano sfiorando la sua superficie. Il vento è leggero o forte secondo la velocità di queste masse in spostamento.
La causa prima del vento è il calore del sole. Quando una zona terrestre è stata molto riscaldata, riscalda a sua volta l’aria che le sta sopra. L’aria calda diventa più leggera e sale. Lo spazio lasciato libero dell’aria calda è subito occupato da correnti di aria più fresca e quindi più pesante. Il movimento di queste masse provoca il vento.
L’uomo utilizza la forza del vento per la navigazione a vela e per il movimento di mulini e di elevatori d’acqua. Molte piante affidano al vento il trasporto del polline e dei semi.

Il sole e le nuvole

Le nuvole invidiose dello splendore del sole decisero di ricoprirlo. Si radunarono nel cielo, diventarono nere e continuarono a salire. Ma lassù faceva un gran freddo; le nuvole si strinsero fra loro e qualcuna cominciò a piangere con grossi goccioloni. In breve tutto fu un pianto e le nuvole si sciolsero in pioggia. Dall’alto il sole tornò a sfolgorare. (G. Fanciulli)

La nuvola rosa

La nuvola correva con la gonna lieve e rosata gonfia di vento; era lieta come una bimba in vacanza nei prati azzurri del cielo.
Alzatasi al primo raggio dell’alba, ora era tutta rosa nel sole: uno splendore di quel mattino d’aprile.
Pochi però la guardavano a quell’ora; gli uomini o dormivano o lavoravano; gli alberi erano intenti a prepararsi il vestito nuovo. Ma sulla collina c’era un piccolo pesco diverso dagli altri: era giovane, trovava tutto bello e nuovo ed era tanto felice di essere al mondo!
Fu il solo ad accorgersi della nuvoletta rosa. La vide salire all’orizzonte, lieve, luminosa: uno splendore.
Si incantò a guardarla, mormorando fra sè: “Com’è bella…!” (G. Aimone)

Le nubi

Vagavano il lenta processione, bianche come spuma lattea, gonfie, bislunghe, ricciute, ondulate e dalle forme più strane. Alcune, più basse, annaspavano i loro fiocchi attorno alle guglie rocciose; alte, superbe, bianche come la neve; navigavano sull’azzurro inseguite da un corteo di nembi e di cirri; altre ancora, più sottili e trasparenti, parevano lembi di garza leggera o fiocchi di bambagia cardata dal vento. (G. Deledda)

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Il ciclo dell’acqua La storia di Diamantina

Il ciclo dell’acqua La storia di Diamantina – Questo racconto è utile sia per illustrare il ciclo dell’acqua, sia per introdurre in geografia gli ambienti naturali montagna, collina e pianura. Andrebbe proposto a blocchi, ed ogni blocco illustrato dai bambini con matite, cerette, acquarello, ecc…  (anche copiando dalla lavagna). Questo solo a titolo di esempio:

C’era una volta, molto ma molto tempo fa, un regno immenso fatto di acqua, dove tutto era pace e armonia. Era il regno di Oceano. Custodiva tante e tante meraviglie: negli abissi più profondi e inesplorati, si nascondevano grotte misteriose e montagne di sabbia e roccia rivestite di un  mantello verde evanescente che danzava all’ondeggiare dell’acqua. C’erano giardini incantati, pieni di fiori e coralli dai colori più sgargianti, e piante grandi e piccole, alcune delle quali aprivano e richiudevano le loro chiome per mangiare e riposare.

Piccole e grandi creature si muovevano senza sosta tra quelle meraviglie. La loro pelle era simile al colore delle piante e dei fiori che le circondavano, e  lucente, e piante e creature si confondevano tra loro.

Ogni creatura aveva un nome. C’era ad esempio il polipo, con la sua grande testa allungata dalla quale spuntavano lunghi tentacoli che si muovevano in tutte le direzioni. C’era poi la medusa, leggiadra e trasparente, che si muoveva così leggera e sinuosa da sembrare una ballerina sulle punte, in perfetta sintonia coi movimenti dell’acqua. La conchiglia dell’ostrica sembrava un ventaglio colorato e custodiva al suo interno una magnifica, perfetta perla splendente. La balena era la più grande creatura del regno. Un gigante buono. Quando nuotava, attorno a lei c’erano tanti pesciolini che le tenevano compagnia. Per respirare la balena doveva, di tanto in tanto, uscire dall’acqua, ed in quel momento spruzzava dal suo dorso una gorgogliante fontana che saliva verso il cielo e poi ricadeva su se stessa aprendosi come un fiore. C’era poi il delfino, l’acrobata di quel regno. I delfini nuotavano sempre in gruppo, ed il loro gioco preferito consisteva nel balzare fuori dall’acqua, il più alto possibile, per poi rituffarsi in acqua disegnando  nell’aria archi d’argento e allegri spruzzi d’acqua.

Il colore verdazzurro del regno di Oceano gli donava un’atmosfera di sogno e di pace. In superficie tutto era un luccichio, grazie alla luce del sole:  milioni di piccole stelline sembravano posarsi a danzare sul pelo dell’acqua.

Oceano aveva moltissime figlie: le gocce d’acqua, che vivevano felici nel suo regno. Oceano si occupava amorevolmente di loro e provvedeva a tutti i loro bisogni: le nutriva, le cullava cantando per loro, le proteggeva dai pericoli. Le gocce amavano Oceano, e gli erano grate e riconoscenti per quella vita così felice e spensierata.

Un giorno, mentre tutte le piccole gocce erano impegnate a giocare tra loro, si spinsero fino alla cresta delle onde, pericolosamente troppo vicino alla superficie, e lontane dal palazzo verdazzurro di Oceano. Lì udirono una misteriosissima voce chiamarle: “Goccioline! Fatevi riscaldare dai miei raggi, vi prometto che conoscerete cose fantastiche… vi farò vedere tutte le meraviglie che esistono oltre al vostro regno…”

Le gocce si spaventarono e fuggirono via. Non appena furono di nuovo a palazzo si sentirono al sicuro, ma non riuscivano a smettere di pensare a quello che era successo, e non riuscivano a darsi una spiegazione. Di chi era quella voce? Chi le aveva chiamate? Era il caso di tornare vicine alla superficie e cercare di scoprirlo, o era meglio dimenticare tutto e lasciar perdere?

Una piccola goccia parlò: “Oh, io sono così stanca di tutta questa pace, ogni giorno uguale all’altro, ogni giorno sempre più noioso di quello prima… Questo regno lo conosco ormai fino al più piccolo granello di sabbia che contiene. Basta! Voglio qualcosa di nuovo! Voglio avventura! Voi fate come volete: io salgo!”.

A parlare era Diamantina, la più curiosa e irrequieta goccia che ci fosse mai vista nel vasto oceano. Senza esitazione, dunque, si diresse verso la superficie, e molte delle sue sorelle decisero di seguirla…

… un brivido misterioso percorse le acque, e giunse fin negli abissi più profondi dell’oceano.

Appena giunte in superficie, le piccole avventuriere si sentirono avvolte da un piacevole tepore: un raggio di sole le aveva infatti accarezzate e le stava attirando a sè con forza sempre maggiore. Diamantina e le sue compagne si lasciano andare e, piano piano, con grande gioia, si arrampicarono sul raggio di sole, lasciando sotto di sè il regno di Oceano. Man mano che salivano diventavano sempre più leggere: fluttuavano nell’aria più leggere di trasparenti farfalle, e salivano sempre più in alto, sempre più su… per la prima volta in tutta la sua vita Diamantina, fuori dal regno di Oceano, vide tutti i colori del mondo.

(disegno)

Diamantina e le sue sorelle erano così felici! Ed ecco, videro comparire mago Vento: un gigante buono che se ne stava là nell’aria e  sembrava divertirsi come un matto a gonfiare le sue guance a più non posso. Quando aprì la bocca, ne uscì una bella folata fresca che investì tutte le gocce, allora loro si diedero la mano e si strinsero, per evitare di venire sparpagliate chissà dove.  Così unite , formarono una bella nuvola bianchissima nell’azzurro del cielo, e mago Vento continuò a soffiare, spingendo la nuvola fino alla cima di un’alta montagna rocciosa.

Lassù faceva molto freddo, non si vedevano nè erba nè alberi, ma solo rocce gigantesche, immobili e solenni. Per proteggersi dal gran freddo, ed estasiate dalla bellezza di ciò che vedevano, Diamantina e le altre gocce si strinsero ancoro  più forte le une alle altre: erano nel regno di mago Gelo. Divennero per opera sua sempre più consistenti e solide e bianche, e scesero lievemente sulle montagne, trasformate in meravigliosi cristalli stellati. Si adagiarono con dolcezza al suolo formando un mantello soffice soffice e bianco bianco, e caddero in un piacevolissimo sonno che per lungo tempo le cullò su quelle alte vette.

Finalmente, un mattino, un lieve tepore le svegliò dal loro sonno, e le gocce ad una ad una si accorsero che potevano nuovamente muoversi: era arrivata la primavera.

(disegno)

Scivolarono lungo il pendio della montagna verso la valle, lungo il percorso cantavano e saltellavano e giocavano a rincorrersi, riprendendo  via via la loro trasparenza. Scorrevano sempre più veloci, e ridevano, ridevano… L’eco delle loro risa risuonava tutto intorno, e improvvisamente ebbero come l’impressione di prendere velocità e di volare nel vuoto: l’emozione le fece ridere ancora più forte! E il loro salto aveva formato un’incantevole cascata.

Lungo il percorso capitava che alcune gocce scegliessero altre strade, ma sempre accadeva che un po’ più a valle si ricongiungessero. Ritrovarono perfino le sorelle che avevano scelto per un po’ di scorrere sottoterra, per poi riaffiorare dalla roccia e riunirsi a loro come acqua di sorgente.  Quando furono di nuovo tutte insieme,  i loro mille rigagnoli erano diventati un bel torrente limpido e lastricato di sassi grandi e piccoli.

Diamantina e le altre gocce si scambiarono i loro racconti di viaggio: c’era chi aveva conosciuto la regina Stella Alpina, chi aveva spiato una cordata di coraggiosi alpinisti, chi era passata vicino a paurosissimi burroni… un profumo molto intenso le avvolgeva e felici più che mai contemplavano il verde giovane della primavera.

Diamantina per prima si fece coraggio, e chiese: “Chi siete? Perchè ve ne state lì fermi e non venite con noi?”. “Noi siamo l’erba”, risposero in coro, “non potremmo vivere separati dalla terra, che ci nutre, ci protegge, ha cura di noi. Tappezziamo la montagna formando i pascoli, e la facciamo soffice e morbida… su di noi giocano i bambini, e senza di noi mucche, pecore, caprette, morirebbero di fame”. Diamantina e le sue compagne domandarono perplesse: “Mucche? Pecore? Caprette? E che cosa sono?” . “Sono quegli animali laggiù, vedete? Quelli a quattro zampe!”.

Le gocce conobbero così gli animali, strani esseri che, a differenza dell’erba, possono correre, saltare, galoppare…

“Anche tu ti chiami Erba?”, chiese Diamantina ad un bel fiore. “Beh, non proprio… il mio nome è Calendula, anch’io appartengo alla famiglia dell’Erba, ma a me aria e luce hanno dipinto un bel fiore con i raggi del sole…”. Mentre Calendula parlava, Diamantina si accorse di un piccolo essere simile a un fiore, ma che volteggiava nell’aria. Quando lo vide posarsi su una dolce margherita, urlò: “Attento bel fiore bianco e giallo, quella cosa ti farà male!”. “Mia cara Diamantina,” rispose Margherita, “questa è nostra sorella, la Farfalla. Non vedi come somiglia a noi fiori? Le sue ali sono come i nostri petali, ma sono petali speciali perchè possono prendere la strada del cielo. La farfalla, sai, volando qua e là per il prato, raccoglie tutte le storie che racconta la natura e le passa di fiore in fiore. Ora è a me che vuole raccontare qualcosa…”

Dopo aver salutato tutti i nuovi amici conosciuti nel pascolo montano, Diamantina e le sue compagne ripresero il loro viaggio. Ad un tratto sentirono un brivido di freddo e di paura: videro attorno a loro non più il verde dei pascoli, ma una miriade di giganti maestosi ed immobili che, nascondendo la luce del sole, creavano un’atmosfera cupa e misteriosa.  Le gocce, unite nel torrente, stavano infatti attraversando un fitto bosco di pini, abeti e larici.

La luce tornò e le gocce tirarono un bel sospiro di sollievo. Avevano ripreso il loro corso naturale, quando questa volta fu un grosso sasso a sbarrar loro la strada. Alcune gocce riuscirono ad aggirarlo, passare oltre e proseguire il loro cammino; altre si fermarono a discutere a lungo davanti al masso, presero a litigare, e così divennero ben presto acqua stagnante, e il fango le imprigionò.

(disegno: montagna)

Le altre, passate il grande sasso, decisero di rallentare un po’ la loro corsa per ammirare il meraviglioso paesaggio che andava cambiando. Via via la pendenza si faceva più dolce e cominciavano ad apparire verdeggianti colline, che si susseguivano simili alle onde di un mare incantato, pronto ad offrire nuovi tesori e nuove bellezze: argentei ulivi dal tronco contorto, filari di viti, frutteti, tappeti di terra coltivata, boschetti di castagni e querce, fiori variopinti. Tante casette colorate erano sparse qua e là tra il verde. Le gocce si beavano di tutte queste meraviglie.

Diamantina e le sue compagne di viaggio si guardavano intorno felici, e la loro attenzione presto si concentrò su una specie di prato verde sospeso in alto. “Forse è un prato che vola, una specie di grande farfalla…” disse Diamantina a voce alta.  “Ma che sospeso! Ma che farfalla!” disse un grosso vocione da contrabbasso, “Sono la Quercia. Le mie radici affondano nella terra, e la terra mi ha nutrita e fatta crescere così alta e maestosa perchè desiderava guardare il cielo da vicino. I miei rami servono da riparo per gli uccelli: loro cantano e volano, mentre io sto immobile a custodire la loro casa. Solo mago Vento viene ogni tanto a scuotermi un po’ le fronde: lui è mio grande amico. “

Un canto improvviso distrasse presto Diamantina: nascosto tra i fili d’erba c’era un piccolo cosino nero, ed era lui a cantare. “E tu chi sei?”, chiese Diamantina, “una capretta nana?”. “No, no!”, rispose quello. “Allora sei una mucca piccola!”. “Ma no! Sono un insetto, un grillo canterino, per la precisione, e mentre mi occupo di pulire e riordinare la tana, canto”.

“E quei fili d’erba che saltano, cosa sono?” chiese ancora Diamantina al grillo. “Sono cavallette! Non sono fili d’erba, sono insetti come me. Non stanno mai ferme, saltano, saltano… mi fanno girare la testa!”. Detto questo il grillo riprese le sue faccende e il suo canto.

(disegno: collina)

Le gocce, intanto, cominciavano a sentirsi molto stanche, dopo quel lunghissimo viaggio, ed erano confuse e stordite per la quantità di cose nuove che avevano visto lontane da casa. Rallentarono l’andatura e udirono un ronzio insistente provenire dalla riva, da un bel prato fiorito. Videro tanti piccoli esserini gialli e neri: volavano di fiore in fiore producendo il ronzio che aveva attirato la loro attenzione.

“Quelle non sono certo farfalle” pensò Diamantina, che proprio per colpa delle farfalle aveva già fatto tante brutte figure. Si avvicinò e chiese: “E voi chi siete?”. “Noi siamo le api” risposero loro, “e ci posiamo sui fiori per raccogliere il dolce nettare. Loro ce lo danno molto volentieri, perchè sanno che così noi potremo preparare la pappa reale per la nostra regina e il miele per tutti.”

Diamantina non sapeva proprio cosa fosse il miele, ma era troppo stanca per fare altre domande, così, insieme alle sue compagne, riprese il suo viaggio, muovendosi sempre più lentamente.

Il letto sul quale Diamantina e le altre gocce scorrevano non era più così ripido, ed era anche diventato molto più largo. Le gocce ora non avevano più quella voce sonora e squillante di una volta, non saltellavano, non guizzavano: scivolavano pacatamente e via via perdevano la loro limpidezza di acqua di montagna, per diventare acqua di fiume. Il fiume si allargava sempre più. Diamantina e le sue compagne si sentivano ora pesanti e stanche e provavano una grande nostalgia per il regno verdazzurro di Oceano. Attorno a loro c’erano tante cose meravigliose: le barche, le case, la vasta pianura verdeggiante, i campi dorati di grano, i filari di vite… ma Diamantina aveva perso ogni curiosità.

(disegno: pianura)

Ora le gocce scorrevano così lentamente che il tempo sembrava non passare mai…ma ecco che, in lontananza, scorsero il regno di Oceano, la loro casa. Ma come era possibile?

“Ogni fiume porta al mare, ragazze mie!” diceva Oceano, “Forza, correte, fatevi abbracciare!”

E tornate finalmente nel regno di Oceano, Diamantina potè raccontare a tutti gli abitanti del mare com’è fatta la terra: montagna, collina e pianura.

(adattamento da un racconto in uso nelle scuole steineriane)

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Racconti sull’acqua

Racconti sull’acqua di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Storia di una goccia d’acqua

C’era una volta una goccia d’acqua che, con tante sorelline, se ne stava beata in fondo al mare. Un giorno salì alla superficie. In altro c’era un’immensa volta turchina su cui vagavano certe nuvole bianche, e in mezzo a tutto quell’azzurro, una gran palla d’oro mandava raggi infuocati.

“Com’è bello!” disse la gocciolina. “E come andrei volentieri fin lassù”.

Come se qualcuno l’avesse sentita e avesse potuto esaudire il suo desiderio, la gocciolina si sentì diventare leggera leggera, finchè si accorse che saliva verso il cielo.

“Che cosa succede?” disse spaventata.

“Nulla, sorellina!” rispose una goccia che saliva insieme a lei. “O almeno nulla di speciale. Io lo so perchè ho già fatto questo viaggio. Il sole ci ha scaldato e siamo diventate leggere leggere. Il fatto è” aggiunse “che non siamo più gocce d’acqua”.

“E cosa siamo, allora?” chiese la nostra gocciolina incuriosita.

“Siamo vapore, o meglio vapore acqueo. Una parola difficile, ma io sono una gocciolina istruita”.

“E cosa ci capiterà adesso? Mi piacerebbe saperlo!”.

“Ih, quanta fretta! Aspetta e lo saprai.”

Che viaggio meraviglioso! Dall’alto, la gocciolina, ormai non più gocciolina, poteva vedere i prati verdi, il mare spumeggiante, i ruscelli argentini, i grandi laghi. La gocciolina si divertì moltissimo a vedere tante belle cose, ma poi si guardò intorno e vide che con tante sorelline che erano salite insieme a lei, si era formata una nuvoletta bianca come quella che tante volte aveva visto quando era sperduta nel mare.

Il viaggio fu piuttosto lungo.

Intanto altre gocce, trasformate anch’esse in vapore acqueo, si erano unite a loro e avevano formato un nuvolone bianco che andava, andava, portato dal vento. E il vento lo portò vicino alle montagne che si levavano diritte, con le loro vette rocciose.

Non era più quel venticello scherzoso che aveva portato a spasso la nuvoletta bianca, era un vento gelido che stracciava la nuvola e la portava di qua e di là senza riguardo.

Quelle che erano state goccioline divennero tutte molto tristi e la nuvola prese il colore della loro tristezza e si fece grigia: e poichè chi è triste piange, anche la nuvola cominciò a far cadere sulla terra certi goccioloni grossi che parevano lacrime. Ma non si trattava di tristezza.

Glielo spiegò, alla nostra gocciolina, la goccia istruita che aveva viaggiato con lei. “Siamo diventate troppe” disse ” e poi non senti che freddo? Questo vento non ha proprio nessun riguardo. Io mi sento tutta rabbrividire. E non sono più vapore acqueo, ma sono di nuovo acqua, anzi, di nuovo una goccia d’acqua.”

Anche la nostra gocciolina dovette abbandonare il cielo. E, dopo aver attraversato un nembo tempestoso, si ritrovò sul petalo di un fiore dove brillò come un diamante. La gocciolina era di nuovo felice.

Il sole splendeva ed era proprio il sole che le dava dei colori così belli. Ma era tanto caldo, il fiore ebbe sete e bevve la gocciolina, che si trovò così sotto terra, al buio.

“Il buio non mi piace!” disse la gocciolina. “Se devo essere acqua, voglio tornare al mare!”

“Ci tornerai” disse una voce e la gocciolina si accorse di essere nuovamente accanto alla sorellina istruita “Ma prima dovrai viaggiare un bel po’. Ne so qualcosa io!” aggiunse, dandosi molta importanza.

La gocciolina cominciò a camminare, a infiltrarsi fra le zolle, e durante il suo cammino vide mille boccucce che volevano succhiarla. Erano le radici che avevano sete. Le goccioline erano tante e contentarono un po’ tutti, finchè a forza di camminare, si ritrovarono tutte all’aperto.

Era una bella sorgente di acqua pura e fresca e un uccellino vi volò sopra e bevve. Poi, molto soddisfatto, fece una cantatina e se ne andò.

“E’ finito?” chiese la gocciolina alla goccia istruita “Comincio a essere un po’ stanca”.

“Finito? Si può dire che il nostro viaggio comincia adesso!”

La sorgente si era trasformata in un ruscello che correva correva come sospinto da una forza misteriosa. Lungo il cammino si riunivano altri ruscelli e insieme formarono un bel fiume. Il fiume, scorrendo calmo e placido, faceva lungo il suo corso tante cose.

Muoveva le pale dei mulini, entrava in certi tubi lunghi per mettere in movimento grandi macchine che dovevano dare l’elettricità, alimentò le fontane, si precipitò nei laghi e non c’era pericolo che la nostra gocciolina, sballottata in quel modo, s’annoiasse.

Ma ormai era stanca e il ricordo della sua vita in quella bella distesa azzurra, si faceva sempre più vivo in lei. E arrivò finalmente il giorno in cui il fiume sboccò in mare e la gocciolina rivide di nuovo i suoi amici pesci e li salutò con affetto.

“Sapete” disse loro dandosi grande importanza “non mi chiamo più gocciolina. D’ora in poi mi chiamerete la grande viaggiatrice”. E quelli risero. Si capisce, come sanno ridere i pesci.

M. Menicucci

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Poesie e filastrocche ACQUA

Poesie e filastrocche ACQUA – una raccolta di poesie e filastrocche sull’acqua, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

La goccia (G. Noseda)

Io sono la piccola
garrula goccia
che sgorga timida
fuor dalla roccia
sono la gocciola
fresca e lucente
che scende querula
lungo il torrente
sono la tremula
splendente stilla
che mite e placida
nel lago brilla
e con innumeri
gocce sorelle
nell’ampio oceano
specchio le stelle.

 

Acqua (E. Minoia)
Acqua fresca che saltelli,
canticchiando sopra i massi
ti salutan gli alberelli,
ristorati quando passi.
E son liete l’erbe e i fiori,
di specchiarsi nel tuo seno
mentre in altro ti sorride,
il bel ciel terso e sereno.

 

Amo (G. Noseda)
Amo il bel fuoco ardente,
e rosso, che scintilla
che s’alza arditamente,
che scalda, guizza e brilla.
La luce amo, splendente,
di qua, di là, d’intorno
che chiara e trasparente,
mi rende bello il giorno.
Amo l’acqua fluente,
azzurra tersa e viva
distesa dolcemente
tra l’una e l’altra riva.
Amo la terra bruna che,
madre di noi tutti
nel grembo suo ci aduna,
e nutre dei suoi frutti.

 

La canzone dell’acqua
Sotto il ponte, l’acqua chiara
fa una conca, tutta cielo;
vi si specchiano, ridendo,
due casette e un pino nero.
Ma, correndo, l’acqua canta
le novelle ai pesciolini,
quelli verdi e quei d’argento,
che s’inseguon più piccini:
“Nasco, su, da una sorgente
fra due sassi di montagna;
son ruscello e poi torrente,
son cascata e poi fiumana;
ma di correre ho gran fretta,
perchè il mar, laggiù, m’aspetta.
Il gran mar con le tempeste,
le balene e i pescicani
e le navi che van leste
ai paesi più lontani. (M. Mazza)

 

L’acqua
Ora sonante e torbiba
precipito dal monte,
or limpida e freschissima
zampillo dalla fonte.
Nel basso piano immobile,
talora imputridita,
coi miasmi pestiferi
insidio la tua vita.
Ed or con veste candida,
bella figlia del cielo,
il suol ricopro e gli alberi
del soffice mio velo.
Così, irrequieta, instabile,
muto forma e colore;
son limpida, son solida,
sono tenue vapore. (E. Berni)

 

L’acqua
Acqua pura di sorgiva
chi ti tocca ti sente viva,
chi ti porta via col secchio
porta il cielo in uno specchio.
Beve luce chi ti beve,
eri nuvola, eri neve,
eri canto di fontana
eri squillo di campana.
Sei la gioia del giardino
sei la forza del mulino.
Pellegrina affaccendata
tornerai dove sei nata. (R. Pezzani)

 

Acqua
Sempre indocile, trepida, infantile,
con che dolcezza timida ti lagni
nella discreta pace di un cortile!
Ma lietamente garrula, tra spini
d’agreste fosso, il misero accompagni
per ombre solitarie di cammini. (F. Pastonchi)

 

Fontanella
Perchè stasera la fontanella
piange con tanta malinconia?
Eppure è nata di già una stella
e farle un poco di compagnia.
E non è molto che la comare
venne ad attingere l’ultima secchia,
non fece quindi che chiacchierare
allegramente con ogni vecchia.
La luna, invece, tanto curiosa,
nella sua lunga pallida via,
di sopra i tetti vide, ogni cosa,
sa d’ogni pena, lieve che sia.
E sa che, quando l’aria dorata
a poco a poco si fa più scura,
forse sentendosi abbandonata,
la fontanella quasi ha paura. (Guazzoni)

 

La fontanina
Sola, ai piedi del monte
tutto verde di aberi,
sta una piccola fonte
che sa molti segreti.
Sa i segreti dei grilli
e i sospiri dei fiori,
d’ogni uccello sa i trilli
e d’ogni alba i colori.
Nelle notti d’argento
mormora una canzone
e ridice col vento
le novelle più buone.
Sembra, il suo mormorio
gentile, una preghiera
che salga verso Dio
da un’anima sincera. (T. Stagni)

 

Filastrocca della fontana
Fontanella d’acqua ricciuta,
dico a tutti che t’ho bevuta:
ho bevuta quest’acqua matta,
cielo caduto, neve disfatta,
questa luce limpida e pronta
che un po’ canta e un po’ racconta. (R. Pezzani)

 

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici: L’acqua

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Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.

L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.

L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.

L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.

L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.

L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.

La sorgente
Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)

La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.

Dettati ortografici sull’acqua – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

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