Il giorno più lungo dell’anno (o se preferite la notte più corta), cioè il giorno del solstizio d’estate che quest’anno si è verificato il 21 giugno, è da sempre considerato un giorno magico.
Il Sole è il corpo celeste che più di ogni altro ha influenzato la vita dell’uomo e le sue abitudini. In particolare, fin dall’antichità. in corrispondenza del solstizio d’estate si organizzavano feste e cerimonie per celebrare questo avvenimento che coincide con l’inizio dell’estate.
Il solstizio d’estate corrisponde al momento in cui il Sole raggiunge la massima declinazione positiva nel nostro emisfero, e in questa posizione i suoi raggi, a mezzogiorno, sono allo Zenith del Tropico del Cancro e il Sole si trova nel punto più alto della volta celeste.
Il termine solstizio deriva dal latino solstitium, che significa “il fermarsi del sole”. Gli antichi infatti erano convinti che in questo giorno il sole si fermasse, e il 24 giugno cambiasse direzione per tornare indietro.
Le tradizioni e i rituali precristiani legati al solstizio d’estate sono moltissimi, e tutti sono stati assorbiti dal Cristianesimo nella sua liturgia, associandoli a un santo e a un particolare giorno dell’anno.
Secondo un’antica leggenda pagana, nel giorno del solstizio il Sole si ferma per sposarsi con la Luna, così è facile comprendere come l’acqua ed il fuoco sono da sempre i simboli del solstizio e perchè acqua e fuoco entrino in gioco in tutti i rituali dedicati a questo giorno.
I più importanti tra questi rituali sono l’acqua di fiori che deve essere bagnata dalla rugiada e dalla luce della luna, i falò, il salto del fuoco, l’albume nell’acqua, la preparazione dell’olio di iperico e del nocino.
San Giovanni, che cade il 24 giugno, è il giorno più vicino al solstizio e nella maggior parte delle regioni italiane tutti questi riti sono “di San Giovanni”.
Amo festeggiare questo giorno con i bambini, perchè trovo sia un’occasione importante per creare una connessione con i fenomeni astronomici, col nostro pianeta, con le trasformazioni della natura e con la vita dei nostri antenati. Sono anche momenti di condivisione tra i bambini a scuola, e tra i bambini e le loro famiglie. Maria Montessori parla di questo intrecciarsi di saperi come di educazione cosmica.
Quest’anno il giorno di san Giovanni è caduto di sabato, quindi per fare in modo di viverlo comunque anche a scuola ho modificato un po’ le regole che detta la tradizione.
Così siamo riusciti a preparare la nostra acqua di San Giovanni, la nostra barca di San Giovanni, il nostro olio di San Giovanni… e abbiamo inventato anche una nuova tradizione tutta nostra: l’acquerello botanico coi fiori dell’erba di San Giovanni, l’iperico.
L’acqua di san Giovanni
La tradizione vuole che si raccolgano fiori ed erbe il 23 giugno, dopo il tramonto, facendoli galleggiare in un contenitore pieno d’acqua. Il contenitore va poi esposto all’aperto perchè possa accogliere la rugiada della notte e la luce della luna. Al mattino la famiglia si raccoglie attorno a questa acqua profumata per bagnarsi il viso e le mani. Si tratta di un antichissimo rituale propiziatorio che prometteva ai nostri antenati di ottenere salute, serenità e fortuna.
Nella tradizione cristiana assume anche un significato di rinascita e purificazione, in quanto ricorda il battesimo del santo.
Poichè la notte tra il 23 e il 24 è nella tradizione anche la “notte delle streghe”, che proprio in questa notte si mettevano in viaggio per il loro raduno sotto il grande noce di Benevento, esiste anche un’altra tradizione legata alla raccolta delle erbe: farne mazzetti legati con una cordicella a sette nodi, da appendere sulla porta di casa per difendersi dagli incantesimi delle streghe di passaggio.
Non esiste una “ricetta” per la scelta delle erbe e dei fiori da usare per preparare l’acqua di San Giovanni, ma solitamente non possono mancare l’iperico, l’artemisia, la salvia e il rosmarino.
Come dicevo, noi abbiamo un po’ modificato le regole da seguire per la preparazione, e abbiamo iniziato a raccogliere i fiori e le erbe qualche giorno prima, nei prati e nel nostro giardino, anche per imparare a riconoscerle.
La mattina del 23 abbiamo allestito un tavolo per classificarle insieme
Non abbiamo trovato l’iperico, ma ne ho una pianta nel mio orto tintorio, e visto che è anche chiamato “erba di San Giovanni” gli abbiamo dedicato più attenzione, arricchendo anche la nostra collezione di storie delle piante con la sua scheda
Abbiamo poi iniziato a mettere i fiori e le erbe nella nostra bacinella, con delicatezza, come per realizzare un quadro galleggiante. Dal giardino abbiamo preso anche rose, rosmarino, salvia, viole e gelsomino
Prima di andare a casa, per riuscire a condividere coi bambini anche il momento della profumazione, ci siamo seduti in cerchio e abbiamo parlato di nuovo di solstizi ed equinozi, delle antiche usanze di San Giovanni, delle piante e dei fiori e dei loro nomi così affascinanti, e abbiamo deciso di fare una “prova generale” del rito che ognuno avrebbe poi ripetuto in famiglia, la mattina di sabato, con la vera acqua di San Giovanni bagnata dalla rugiada e dalla luna.
Per donarsi fortuna e coccole, prima i bambini si sono bagnati mani e viso (ma anche gambe, piedini, braccia, ecc.)
poi si sono fatti dono di coccole e fortuna anche tra di loro, pregustando il momento in cui avrebbero potuto farlo a genitori e fratelli
Infine abbiamo diviso l’acqua in vaschette, da portare a casa
L’olio di San Giovanni
All’iperico sono attribuite numerose proprietà terapeutiche. L’olio di iperico è da sempre utilizzato come cicatrizzante per curare scottature, punture di insetto e ferite, ma anche come cosmetico. Già nel Medioevo veniva usato per curare le ferite da spada. Questa pianta viene utilizzata anche per uso interno perchè contiene principi attivi espettoranti, utili nella cura dell’asma e perfino della depressione e del diabete, ma per questo è meglio rivolgersi a un medico, un farmacista, un erborista.
Noi abbiamo preparato il nostro vasetto di olio di san Giovanni per avere a scuola un rimedio miracoloso rilasciatore di endorfine in caso di piccoli incidenti: è fatto da noi, carico di ricordi e legato ad un giorno speciale, ma anche impreziosito da una lunga attesa durante la quale i bambini osservano l’olio diventare da giallo a rosso.
E’ un oleolito, cioè un infuso macerato di fiori in olio vegetale. La preparazione è semplicissima.
Servono fiori e foglie di iperico appena colti, olio di oliva o di girasole, un vasetto di vetro con coperchio, il sole dell’estate e 30 giorni. L’ingrediente segreto è sempre la partecipazione di simpatiche affascinate/affascinanti menti assorbenti.
Avrete già capito: riempite il vasetto con fiori e foglie di iperico, coprite con olio, chiudete il vasetto ed esponetelo al sole per 30 giorni. Avrete catturato per almeno un anno un momento speciale! Ed avrete per almeno un anno un alleato salvacrisi!
Nell’attesa, si può sempre fare un assaggio
Altro fatto importante: l’iperico fiorisce da giugno ad agosto, non è necessario prepararlo proprio il giorno di San Giovanni… anche se prepararlo il 24 è un po’ più magico, se non l’avete già fatto, siete sempre in tempo!
Questo è un esempio di olio al giusto grado di macerazione:
Per l’evoluzione del nostro olio, seguici sui nostri canali social o vieni a trovarci!
Questo è il nostro olio dopo tre giorni:
La barca di San Giovanni
Si tratta, come dicevo, di uno dei molti rituali di origine pagana legati al solstizio d’estate. In alcune regioni italiane si prepara la notte tra il 23 e il 24 (San Giovanni), in altre la notte tra il 28 e il 29 (San Pietro). Se non l’avete ancora fatta, scegliete san Pietro e siete ancora in tempo!
Servono solo un contenitore di vetro trasparente (bottiglia, vaso, caraffa), acqua del rubinetto e un albume d’uovo.
Semplicemente, dopo cena, riempi il contenitore scelto con acqua e fai cadere nell’acqua un albume, senza mescolare.
Prima di andare a dormire, metti il contenitore in giardino, meglio se appoggiato a terra. Se non disponi di un giardino, può funzionare anche il balcone o il davanzale della finestra.
La mattina seguente, il giorno di San Giovanni (o di San Pietro) osserva coi tuoi bambini la magia!
Secondo la tradizione contadina cristiana San Giovanni (o San Pietro) hanno soffiato nell’acqua per dar forma alla struttura e parlarci. Infatti, interpretando queste forme, i nostri antenati traevano previsioni sulla loro sorte, sul raccolto, e in alcune regioni italiane anche sulla riuscita dei matrimoni.
Cosa può dirne la scienza?
In questo periodo dell’anno le variazioni termiche tra il giorno e la notte sono particolarmente accentuate.
Il freddo-umido della notte fa aumentare la densità dell’albume e lo fa cadere sul fondo del contenitore.
Il fondo, a sua volta, a contatto con il calore del suolo, fa risalire le molecole dell’albume con dei piccoli moti convettivi, creando le vele.
Poi, al mattino, l’albume si riscalda nuovamente e sale verso l’alto, facendo aprire le vele.
Acquerello botanico ai fiori di iperico
Il procedimento è molto semplice. In un mortaio formiamo una pasta con fiori di iperico e acqua distillata o acqua piovana
Filtriamo
e il nostro acquerello è pronto. Non si conserva a lungo, per cui è bene tenerlo in un contenitore di vetro con coperchio ermetico, in frigorifero o in luogo fresco con l’aggiunta di chiodi di garofano o di una punta di miele.
Per lavorare con questi acquerelli botanici con i bambini preparo per loro un vassoio da tenere nell’area di vita pratica, con tutto l’occorrente per sperimentare le variazioni di colore modificando il pH. Questo è quello che ho preparato per lavorare con l’acquerello al mallo di noce:
E questo è il quaderno dove conservo le sperimentazioni. Ogni bambino ha il suo:
Pigmento lacca in polvere di fiori di iperico
Per conservare a lungo i colori botanici, un metodo che può dare grandi soddisfazioni è quello di estrarre il pigmento per ricavarne una polvere
Per farlo versiamo l’acquerello in un pentolino, quindi aggiungiamo della polvere di allume
e scaldiamo per farlo sciogliere bene. Versiamo il liquido caldo in un recipiente
e aggiungiamo polvere di carbonato di calcio (o guscio d’uovo polverizzato)
Se tutto funziona, nel recipiente si genera un’intensa effervescenza
lasciamo riposare, quindi filtriamo
sempre se tutto funziona nel filtro rimarrà il nostro pigmento in polvere, mentre nel vaso colerà acqua pulita.
Non resta che lavare il pigmento ottenuto con acqua distillata e far asciugare bene. Questa polvere non è idrosolubile, quindi per poterla utilizzare come acquerello è necessario lavorarla con gomma arabica, aggiungendo glicerina vegetale e miele, che funziona da conservante
Il tutto va lavorato con spatole e muller di vetro, possibilmente su un tagliere di vetro
io conservo i colori nei gusci di vongola, e una volta pronti li uso come normali acquerelli solidi.
LE PIANTE CARNIVORE dettati ortografici e letture per la scuola primaria.
Le piante carnivore
Le piante carnivore, o insettivore, costituiscono una delle parti più interessanti e più strane dell’immensa flora terrestre. Si tratta, come il nome stesso indica, di piante che si nutrono di piccoli animali, per lo più insetti o minuscoli crostacei, dai quali utilizzano le sostanze loro necessarie, ad esempio l’azoto, che non possono trovare nell’ambiente in cui vivono. Infatti crescono generalmente in luoghi umidi, acquitrinosi o sono piante acquatiche: solo alcune abitano terreni sabbiosi o rocciosi.
Dato il singolare modo di nutrizione, esse sono fornite di speciali dispositivi per imprigionare la preda e producono sostanze dette enzimi che permettono la digestione e quindi l’assimilazione dell’animale catturato. Gli apparati per la cattura non sono altro che foglie trasformate in organi cavi (ascidi) di vario aspetto, simili ad urne o a vescicole, così da essere perfettamente adatte alla nuova funzione. La parte più interessante dunque di questi vegetali sono le foglie, dall’apparenza innocua, che si tendono simili a tentacoli, per catturare l’incauto insetto. Queste piante carnivore prosperano nei nostri paesi come in quelli tropicali, e ve ne sono di moltissime specie, circa cinquecento; ma qui parleremo delle più interessanti.
Bellissima è la Nepente, pianta rampicante delle foreste indonesiane; la parte terminale delle sue foglie costituisce un ascidio a forma di urna ricoperta di piccoli peli, munita di coperchietto e colorata vivacemente. La natura, così saggia e giusta nel disporre l’ordine delle cose, ha donato a queste foglie, nell’orlo dell’ulna, sostanze zuccherine che attirano gli insetti verso quell’irresistibile dolcissimo cibo. Essi si posano, ignari della fine crudele che li attende, e succhiano avidi lo zucchero, ma la foglia muove i peli come minuscoli tentacoli e l’insetto vi resta inesorabilmente impigliato, scivola nel fondo dell’ulna, dove il liquido secreto della pianta stessa prepara il processo di digestione.
L’Erba vescica, invece, che è una pianta acquatica priva di radici, ha foglie trasformate in piccole vesciche, vere e proprie trappole per gli incauti animaletti che vi penetrano.
E stranamente belle, ma piene di insidie, sono le foglie della Drosera, le cui tre specie Drosera rotundifolia, intermedia e longifolia sono molto diffuse anche da noi, specialmente nelle torbiere di montagna. Le foglie,rotonde od allungate, di un bel verde, sono ricoperte da numerosi e lunghi tentacoli rossi, le cui estremità secernono una sostanza vischiosa, rifrangente la luce, che appare come una gocciolina di rugiada. L’insetto, richiamato da quella multicolore trasparenza, vi si posa e subito rimane invischiato, mentre i tentacoli, lasciato ormai il loro aspetto innocuo e bellissimo, si curvano su di lui e lo soffocano.
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Terminato il processo di digestione, i tentacoli ritornano nella posizione primitiva, pronti ad attirare altri animaletti, con spietata ed incosciente crudeltà. Un’altra interessantissima pianta carnivora è la Dionaea muscipola, comunemente detta “piglia – mosche”. E’ un’erba alta circa 20 centimetri, che cresce nell’America settentrionale e le cui foglie sono dotate di una sensibilità notevolissima. La lamina fogliare, sostenuta da un picciolo spatolato, ha i margini provvisti di denti lunghi e acuminati: essa è divisa dalla nervatura principale che funziona da cerniera, in due tempi mobili. Su ciascuno di essi si trovano, oltre a numerose ghiandole, tre setole, che stimolate dal contatto di piccoli animali, fanno avvicinare i due lembi con movimento brusco e rapido, cosicchè i denti marginali si incastrano uno all’altro e la preda resta prigioniera.
E cento e cento altre piante, di apparenza strana e diversa, che qui sarebbe impresa ardua elencare, vivono sui monti, negli acquitrini, tra le misteriose folte vegetazioni tropicali. Ma ognuna ha in comune l’istinto crudele di catturare le piccole prede, ragione del loro nutrimento e della loro perpetuazione.
Il carnivoro verde Io non sapevo che al mondo vi fossero piante che mangiano animali. Un giorno, durante un viaggio nell’America Centrale, la guida mi fece vedere un albero e mi disse: “Ora vedremo come mangia”. A un cenno, mi fermai sulla sponda dello stagno presso il quale eravamo, e rimasi in attesa. Poco dopo, un leggero fruscio mi fece volgere il capo. Trotterellando sulle corte zampette, un topolino avanzava guardingo. Quando l’animaletto si avvicinò ai rami dell’albero “cacciatore” la guida, con un gesto, mi invitò a fare attenzione. Ciò che vidi mi lasciò tristemente stupito. Non appena il porcellino toccò uno di quei rami, questo, con una mossa fulminea. lo strinse a sé, mentre altri rami si volsero verso la presa, serrandola nelle loro spire. Il topolino gridava e si dibatteva con tutte le sue forze. Balzai avanti, sfoderando il coltello. Ma la guida mi fermò. “Troppo tardi” disse e, comprendendo il mio disappunto, mormorò: “E’ la legge della foresta”. Egli aveva ragione. La morte del topolino dava vita alla pianta. Non trovando in quel terreno le sostanza azotate di cui aveva bisogno per vivere, la pianta se la procurava succhiando la carne animale attraverso le ventose di cui sono muniti i suoi rami. Ero scosso. La guida se ne accorse e mi portò via da quel luogo. Ma non ho più dimenticato il carnivoro verde, il terribile laudocapto.
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Introduzione alla Botanica col metodo Montessori, per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Presentazioni e il materiale pronto per la stampa.
“Il fatto più interessante ed insieme impressionante (…) è che la terra è una creazione della vita. La vita ha creato rocce e suolo, ed è la vita che sostiene l’armonia della terra (…). Gli oceani sono tenuti in equilibrio chimico costante dagli esseri viventi, e sono sempre gli viventi che conservano la purezza dell’aria. Tutte le creature che vivono sulla terra hanno un ruolo cosmico da svolgere. Il mantenimento della vita sulla terra dipende da molte specie, ognuna delle quali ha una funzione particolare e specifica. Gli animali si nutrono, vivono e si riproducono; ognuno ha un ciclo vitale che svolge un ruolo speciale in relazione alla vita di altre specie. Tutti sanno, ad esempio, che la scomparsa di una specie in un certo luogo sconvolge l’equilibrio, perché le vite di tutte le specie sono interrelate. La vita può quindi essere considerata come un’energia che mantiene la vita stessa. (Maria Montessori – Educazione e Pace, capitolo 9)”
Introduzione alla Botanica col metodo Montessori
I bambini sono intrinsecamente connessi alla natura e affascinati dalle “cose reali e viventi”, ed è meraviglioso seguire il loro interesse naturale verso lo studio delle piante e degli animali.
Il primo modo davvero montessoriano per approcciare la Botanica e la Zoologia consiste semplicemente nel favorire il più possibile la vita all’aperto dei bambini. Molte ricerche dimostrano che i bambini che interagiscono in modo regolare con la natura ne traggono grandi benefici. Il metodo Montessori sottolinea che l’immersione nella natura è imperativa per uno sviluppo fisico e psichico adeguato.
Grazie all’accesso regolare all’aperto con molteplici opportunità all’interno della classe per esplorare i materiali naturali, i bambini entrano in connessione con la natura. L’aumento delle interazioni tra i bambini e la natura influenza stili di vita responsabili verso l’ambiente. I bambini che possono trascorrere del tempo nella natura svolgendo attività all’aperto, traggono innumerevoli benefici: stress ridotto, aumento della curiosità, della creatività e della capacità di risoluzione dei problemi e una migliore salute fisica ed emotiva. Noi adulti dobbiamo sentire l’obbligo di collegare i bambini alla natura. “La terra è dove sono le nostre radici. Dobbiamo insegnare ai bambini a vivere in armonia con la terra“, dice Maria Montessori. Per Maria Montessori la natura è fonte di ispirazione per l’apprendimento: il senso di indipendenza, la fiducia in se stessi e la creatività dei bambini può essere notevolmente migliorata semplicemente uscendo dalla classe. Quando i bambini hanno un contatto regolare con la natura, in modo non strutturato, sono più attenti e creativi. La natura stimola la capacità di osservazione, favorisce la creatività, instilla un senso di pace e di essere uno con il mondo.
Attraverso il gioco all’aperto, i bambini piccoli possono imparare le abilità dell’interazione sociale e dell’amicizia, la cura delle cose vive e del loro ambiente, essere curiosi e affascinati, sperimentare, meravigliarsi, “perdersi nell’esperienza”. Gli insegnanti devono aiutare i bambini a diventare naturalisti, incoraggiarli a vedere l’ambiente esterno come luogo autentico per esplorare i viventi come esistono in natura, e a vedere la classe come un luogo dove ricreare piccole parti del mondo esterno per guardarle più da vicino. Gli obiettivi di questa esplorazione sono: osservare più attentamente la vita intorno a loro, costruire una comprensione di ciò che è vivente e non vivente, sviluppare le capacità di ricerca scientifica, “sviluppare dispositivi scientifici, tra cui la curiosità, la voglia di scoprire, la mente aperta, il rispetto per la vita e la gioia di essere un giovane naturalista“.
Gli adulti devono modificare la loro mentalità: il tempo trascorso all’aria aperta non è un’interruzione dell’insegnamento. È importante consentire ai bambini di disegnare, registrare o documentare le loro esperienze o osservazioni, e più i bambini hanno l’opportunità di uscire regolarmente nella natura, più diventano più pazienti nel fare le loro osservazioni. Spendono più tempo a disegnare e mostrano una maggiore attenzione ai dettagli nei loro disegni. L’aula deve trasmettere l’eccitazione e la meraviglia per l’osservazione e la conoscenza dei viventi. L’ambiente deve trasmettere rispetto per le cose vive, favorire l’indagine, la condivisione di osservazioni e idee, la documentazione e la registrazione, e focalizzarsi su elementi viventi reali. È l’entusiasmo e l’interesse per la natura dell’adulto, più che le sue conoscenze scientifiche, che avranno il maggior impatto nel suscitare la curiosità e l’impegno dei bambini.
Molti dei materiali presenti in classe sostengono le scoperte avvenute in natura e aiutano a collegare l’ambiente esterno con l’ambiente interno, soprattutto per quanto riguarda storia naturale, geografia economica, botanica e zoologia. Maria Montessori ha sottolineato che “Quando il bambino esce, è il mondo stesso che si offre a lui. Non esiste una descrizione, un’immagine in qualsiasi libro che sia in grado di sostituire la vista di alberi reali e tutta la vita che si trova intorno a loro, in una foresta vera e propria. Qualcosa emana da quegli alberi che parla all’anima, qualcosa che nessun libro, nessun museo è in grado di dare. “
Introduzione alla Botanica col metodo Montessori
Nel periodo della scuola primaria i bambini approfondiscono tutti i gruppi e sottogruppi della botanica (classificazione delle piante, fisiologia, struttura, ecologia, distribuzione geografica, importanza economica ecc. ), mentre nella scuola d’infanzia lo scopo dell’insegnamento è principalmente quello di gettare le basi per lo studio successivo e di portare i bambini ad avere consapevolezza degli esseri viventi che lo circondano.
Dai tre ai sei anni i bambini si devono sempre occupare dell’oggetto reale prima di passare ai materiali (incastri, nomenclature, ecc.). La conoscenza sensoriale delle piante deve sempre precedere la conoscenza della nomenclatura. E’ molto importante fare in modo che i bambini entrino in contatto con una vasta gamma di piante vive diverse, e se non abbiamo a disposizione un giardino, dovremo impegnarci molto per portare la natura in classe. Il principio dell’Educazione Cosmica dell’interrelazione di tutti i viventi tra loro si può portare incontro ai bambini in modo efficace solo attraverso la cura delle piante. Naturalmente poter coltivare un giardino o un orto insieme è l’ideale, ma è altrettanto importante avere in casa vari esemplari di piante da curare. Quando è il bambino a farlo, egli si sentirà non solo in armonia con la natura, ma anche di aiuto ad essa.
L’esplorazione sensoriale deve comprendere vista, tatto, olfatto, udito, e se la pianta non è velenosa anche il gusto. Dopo l’esplorazione sensoriale il lavoro prosegue con la nomenclatura: etichettare le parti della pianta, etichettare le forme delle foglie, etichettare le diverse specie di pianta, ecc. Quindi si sperimentano le funzioni della pianta imparando a riconoscere il ruolo delle varie parti della pianta in relazione alla pianta intera, e poi in relazione all’ambiente circostante. Perchè il bambino componga il quadro completo delle informazioni sulla pianta è importante organizzare tutte le presentazioni procedendo dalla radice al seme, cominciando nella stagione invernale per poter seguire l’evoluzione della pianta in natura. Si presenteranno dunque: pianta intera, radice, stelo, foglia, fiore, frutto, seme. Se scegliamo di iniziare in autunno partiremo dal frutto e procederemo in questo modo: pianta intera, frutto, seme, radice, fusto, foglia, fiore.
Affrontando in questo modo la biologia, con la botanica e la zoologia, i bambini vedono come ogni parte del mondo naturale è interconnesso e importante per la sopravvivenza dell’uomo, e sviluppano un grande rispetto nei confronti della natura. Di solito cominciamo con la botanica perché è più facile per i bambini occuparsi delle piante. Parallelamente alla botanica si sviluppano poi zoologia ed ecologia, seguendo l’interesse dei bambini.
Come già detto, è importante disporre di un buon assortimento di piante all’interno della classe o in casa, per mostrare una gamma completa di strutture diverse: piante monocotiledoni e dicotiledoni, piante con foglie semplici e composte, piante con steli verticali e rampicati, fiori completi ecc. I bambini hanno bisogno di osservare un ciclo completo di crescita, e per fare questo si utilizzano in genere piselli o fagioli. Per gli esperimenti di solito si usano semi di rapida crescita, come piselli, fagioli, semi di senape e crescione. I semi possono essere piantati nel terriccio, nella sabbia, nell’ovatta, nella carta, su vassoi e piattini di varie forme e dimensioni. Possiamo fornire i bambini di lenti di ingrandimento, microscopio, strumenti per la dissezione (coltelli affilati, forbici, pinzette, taglieri ecc.
Tutte le informazioni sulla biologia fornite al bambino classificano indirettamente ciò che è vivente da ciò che non lo è. L’adulto introduce gli elementi costruiti sulla realtà facendo leva sulla mente assorbente e fornisce le chiavi perchè sia poi il bambino ad esplorare indipendentemente il mondo delle piante e degli animali.
Ma la botanica nella scuola d’infanzia non si svolge solo attraverso lezioni e presentazioni: lo studio si estende alle attività di vita pratica, agli esercizi sensoriali, alla matematica, al linguaggio, alla musica, all’arte e all’ecologia. La preparazione dei pasti, la preparazione di composizioni floreali, la semina e le altre attività di giardinaggio, la raccolta della frutta e verdura avanzati nel cestino dell’umido, sono tutte lezioni di botanica.
Maria Montessori ha osservato che “quando gli individui si sviluppano normalmente, manifestano amore per tutte le creature viventi“, e l’atmosfera di amore e rispetto per la vita che si respira in classe è la migliore base per lo studio di piante e animali.
Introduzione alla Botanica col metodo Montessori
Questa una breve rassegna di idee: – le attività di vita pratica sono tutte quelle legate alla cura delle piante: innaffiatura, pulizia delle foglie, potatura, taglio di fiori ecc. _ le attività d’arte possono riguardare l’uso di cortecce grattugiate, di fiori pressati, ecc. – per permettere al bambino di sviluppare consapevolezza verso la flora del luogo in cui vive, è importante organizzare passeggiate nella natura e gite in orti botanici e giardini – se abbiamo la fortuna di avere un giardino, tutta l’attrezzatura per il giardinaggio dovrebbe essere a misura di bambino e a sua disposizione – nell’ambiente interno, possiamo etichettare tutte le piante, in modo che il bambino impari a conoscerne i nomi – un ulteriore elemento che possiamo allestire in classe o in casa è la Tavola della Natura, dove i bambini possono portare cose trovate all’esterno, per condividerle con la classe. Il tavolo sarà allestito in un angolo pieno di sole e abbastanza basso da poter essere raggiunto anche dai bambini più piccoli. Sulla Tavola della Natura possiamo riporre anche i vassoi degli esperimenti in corso, di modo che possano essere osservati da tutti i bambini; possiamo affiancare agli esperimenti una lente d’ingrandimento per incoraggiare l’osservazione. E’ quindi utile predisporre la Tavola della Natura nell’Angolo della Scienza. Può anche trattarsi di un piccolo scaffale. È importante mantenere questa zona molto pulita, bella e in continua evoluzione. Un piccolo vassoio con una lente d’ingrandimento potrebbe essere tenuto sul tavolo da tavola per osservare più da vicino. E’ anche utile tenere accanto alla tavola della natura un secchiello con un spugna e uno straccetto: per molti bambini è piacevole curare gli oggetti della tavola e non solo guardarli.
– mettiamo a disposizione dei bambini libri sulla botanica. Consigliati, ad esempio: L’albero di Shel Silverstein, L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, La vita segreta dell’orto di Gerda Muller, Ravanello cosa fai? Con tante storie per imparare la pazienza di Emanuela Bussolati, Inventario illustrato dei frutti e degli ortaggi di Emmanuelle Tchoukriel, Il mondo segreto delle piante di Jeanne Failevic, Vagabonde! Una guida pratica per piccoli esploratori botanici di Marianna Merisi – per quanto riguarda il linguaggio, come detto accanto alla prima esperienza sensoriale viene aggiunta una semplice spiegazione verbale. Cominciamo quindi con la lingua parlata per poi aggiungere lettura e scrittura: i bambini leggono le nomenclature, scrivono cartellini, registrano esperimenti. Sappiamo che dai tre ai sei anni i bambini si trovano nel periodo sensibile per la lingua – presentiamo una pianta alla volta – colleghiamo le discussioni sulle piante al clima, ai tipi di terreno, all’alimentazione e così via, fornendo il corretto vocabolario – nella casa dei bambini il nostro obiettivo è aumentare la consapevolezza dei fenomeno fisico quotidiani, della successione giorno e notte, luce e oscurità, dei cambiamenti di temperatura, dei cambiamenti della stagione.
Esaminiamo ora in particolare l’organizzazione degli esperimenti scientifici. Secondo Maria Montessori i bambini dovrebbero utilizzare il loro proprio ambiente per l’esplorazione scientifica e la sperimentazione.
Gli esperimenti scientifici dovrebbero prima dimostrare un dato concetto generale, e le ulteriori sperimentazioni dovrebbero poi entrare nello specifico. La presentazione di un esperimento ha poche regole: presentare la nomenclatura corretta per attrezzi, strumenti e altri oggetti usati nell’esperimento; presentazione dell’esperimento (metodo e modo di utilizzo degli strumenti); lasciare infine che il bambino lavori in modo indipendente con i materiali. Nella Casa dei Bambini dovrebbe esserci un Angolo della Scienza dove svolgere gli esperimenti. I vari esperimenti da svolgere possono essere organizzati su vassoi preparati, che varieremo regolarmente per mantenere acceso l’interesse dei bambini. Per la scelta degli strumenti che mettiamo a disposizione dei bambini per i loro esperimenti, dovremmo considerare queste indicazioni: – devono essere attraenti, puliti, completi, funzionanti, proporzionati alle mani dei bambini – i bambini devono poter lavorare in modo sicuro ed efficace, dopo la presentazione, senza la presenza dell’adulto – dovremmo scegliere strumenti che offrano ulteriori possibilità di esplorazione – i vassoi dovrebbero stimolare il bambino ad esprimere le conoscenze che ha acquisito con l’esperimento in modo creativo attraverso la scrittura, il disegno, il modellaggio ecc. – l’esperimento dovrebbe essere breve e specifico.
_________________________ Introduzione alla Botanica col metodo Montessori Presentazione iniziale della Botanica ai bambini
Con questa presentazione introduciamo il nome della materia di studio e riconosciamo la pianta come essere vivente. Questa presentazione può essere portata a partire dai tre anni.
Materiali: – una pianta – un vasetto di vetro con coperchio vuoto (pieno d’aria) su un piattino etichettato con la parola ARIA – un vasetto di vetro con coperchio contenente della terra, su un piattino etichettato con la parola NUTRIMENTO – un vasetto di vetro con coperchio contenente dei semi, su un piattino etichettato con la parola RIPRODUZIONE – un vasetto di vetro con coperchio contenente dell’acqua, su un piattino etichettato con la parola ACQUA – cartellino-titolo con la scritta ESSERE VIVENTE – tavolo o tappeto.
Presentazione: – portiamo il vassoio al tavolo o al tappeto e invitiamo un piccolo gruppo di bambini ad unirsi a noi perchè abbiamo qualcosa di molto speciale da mostrare loro
– mettiamo la pianta sul piano di lavoro, lungo il margine superiore e al centro e diciamo: “La pianta è un essere vivente” , quindi mettiamole accanto il cartellino-titolo
– diciamo: “Tutti gli esseri viventi hanno quattro cose in comune” e contiamo toccandoli i quattro vasetti nel vassoio
– mettiamo sul piano di lavoro il vasetto di terra e davanti ad esso il piattino etichettato. Indichiamo l’etichetta e diciamo “Nutrimento”, poi indichiamo il vasetto e diciamo: “Nutrimento”. Prendiamo in mano il vasetto e diciamo “Le piante sono vive e tutte le cose vive hanno bisogno di nutrimento”, quindi posiamo nuovamente il vasetto sul piano di lavoro – mettiamo sul piano di lavoro il vasetto di acqua e davanti ad esso il piattino etichettato, , formando una riga orizzontale da sinistra a destra man mano che presentiamo gli elementi . Indichiamo l’etichetta e diciamo “Acqua”, poi indichiamo il vasetto e diciamo: “Acqua”. Prendiamo in mano il vasetto e diciamo “Le piante sono vive e tutte le cose vive hanno bisogno di acqua”, quindi posiamo nuovamente il vasetto sul piano di lavoro – mettiamo sul piano di lavoro il vasetto di aria e davanti ad esso il piattino etichettato. Indichiamo l’etichetta e diciamo “Aria”, poi indichiamo il vasetto e diciamo: “Aria”. Prendiamo in mano il vasetto e diciamo “Le piante sono vive e tutte le cose vive hanno bisogno di aria”, quindi posiamo nuovamente il vasetto sul piano di lavoro – mettiamo sul piano di lavoro il vasetto di semi e davanti ad esso il piattino etichettato. Indichiamo l’etichetta e diciamo “Riproduzione”, poi indichiamo il vasetto e diciamo: “Riproduzione”. Prendiamo in mano il vasetto e diciamo “Le piante sono vive e tutte le cose vive hanno bisogno di nutrimento”, quindi posiamo nuovamente il vasetto sul piano di lavoro
– indichiamo la pianta e diciamo “Questa pianta è un essere vivente: ha bisogno di nutrimento (rimettiamo la terra nel vassoio), di acqua (rimettiamo nel vassoio), di aria (rimettiamo nel vassoio) di riprodursi (rimettiamo nel vassoio) – riponiamo il materiale.
Dopo aver riconosciuto la pianta come essere vivente, il giorno dopo o in un altro momento della giornata, possiamo offrire al bambino una presentazione per collegare il nome Botanica al concetto di studio della pianta. Questa presentazione può essere portata a partire dai tre anni.
Materiale: – un cartellino-titolo con la parola BOTANICA – una pianta e alcune parti della pianta (una foglia, una radice, uno stelo, dei semi ecc.) – tavolo o tappeto.
Presentazione: – portiamo il vassoio al tavolo o al tappeto e invitiamo un piccolo gruppo di bambini ad unirsi a noi perchè abbiamo qualcosa di nuovo da mostrare – diciamo: “Oggi vorrei parlarvi della Botanica.” – mettiamo il cartellino titolo sul piano di lavoro, al centro, e ripetiamo “Botanica” – diciamo: “La botanica è lo studio delle piante. Vi ricordate cosa abbiamo detto delle piante?”, “Sì, le piante sono esseri viventi. Tutti gli esseri viventi hanno in comune nutrimento, acqua, aria e riproduzione” – prendiamo la pianta, osserviamola tenendola in mano, poi passiamola ai bambini, chiedendo di dire cosa osservano – mettiamo la pianta nel piano di lavoro e indicando il titolo diciamo: “La botanica è lo studio delle piante”. – prendiamo in mano la foglia e diciamo “Questa foglia fa parte della pianta” – osserviamola con attenzione tenendola in mano, poi passiamola ai bambini, chiedendo di dire cosa osservano – mettiamo la foglia sul piano di lavoro e indicando il titolo diciamo: “La botanica è lo studio delle piante”. – facciamo la stessa operazione anche con altre parti della pianta
– al termine riponiamo il materiale.
Dopo aver collegato il nome Botanica al concetto di studio della pianta utilizzando materiali reali, il giorno dopo o in un altro momento della giornata, procediamo col rafforzare l’apprendimento utilizzando immagini e cartellini. Anche questa presentazione può essere portata a partire dai tre anni.
Materiali: – una decina di immagini di piante e parti della pianta (radice, seme, fiore, frutto, stelo, foglia, ecc – cartellino titolo “Botanica” – una scatola o un cesto – tavolo o tappeto.
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Presentazione: – portiamo il materiale al tavolo o al tappeto e invitiamo un piccolo gruppo di bambini ad unirsi a noi perchè abbiamo preparato per loro una nuova attività – prendiamo il cartellino titolo e mettiamolo lungo il margine superiore del piano di lavoro, al centro. Leggiamo: “Botanica” – diciamo: “La Botanica studia tutte le cose illustrate in queste immagini” – una alla volta prendiamo un’immagine, mettiamola in ordine sotto al titolo, formando una riga orizzontale da sinistra a destra, e chiediamo ai bambini: “Cos’è?”. I bambini rispondono, ad esempio, “Fiore” e noi diciamo: “Sì, la Botanica è lo studio del fiore” – al termine, indichiamo di nuovo il cartellino titolo e leggiamolo: “Botanica”, quindi indichiamo le immagini e diciamo: “In queste immagini ci sono delle piante. La botanica è lo studio delle piante” – terminata la presentazione riponiamo il materiale.
L’INCASTRO DELLA PIANTA. Presentazione ed esercizi per bambini a partire dai 3 ai 5 anni.
L’incastro della pianta utilizzato per la presentazioni è offerto da :
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Materiale: – incastro della pianta
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Presentazione 1 (presentazione del materiale)
Presentazione – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – diciamo: “Questo è il cofanetto degli incastri della botanica, e questi sono gli incastri della botanica” – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della pianta e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto – arrivati al posto diciamo: “Questo è l’incastro della pianta. Su questo incastro noi possiamo vedere le parti della pianta” – attiriamo l’attenzione del bambino sugli incastri, e diciamo che si tratta di un materiale molto utile a tutti e che lo maneggeremo con delicatezza e cura
– mostriamo al bambino come prendere i pezzi in modo corretto utilizzando i pomoli, per rimuoverli dalla tavola – prendiamo il primo incastro e posiamolo sul tappeto – chiediamo al bambino di rimuovere i rimanenti incastri e metterli sul tappeto
– dopo aver rimosso tutti i pezzi, prendiamone uno per i pomoli e mostriamo al bambino come riposizionarlo correttamente nell’incastro
– invitiamo il bambino a proseguire l’attività con gli altri incastri – quando il lavoro è concluso, riponiamo l’incastro della pianta nel cofanetto degli incastri della botanica, se lo abbiamo a disposizione, oppure sullo scaffale della botanica – incoraggiamo il bambino a prendere dal cofanetto gli incastri dei vegetali e lavorare con essi ogni volta che lo desidera.
Scopo: – introdurre i nomi delle parti dell’albero – dare informazioni particolari sulle diverse parti della pianta – consentire al bambino di confrontare la morfologia della pianta con quella degli esseri umani. – sviluppare interesse e rispetto verso le piante.
Controllo dell’errore: – visivo e tattile – interconnessione degli incastri tra loro
Età consigliata: dai 4 anni
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Presentazione 2 (nominare le parti della pianta)
Materiali: – incastro della pianta – alfabeto mobile (facoltativo) – cartellini della parte della pianta pronti (oppure cartellini in bianco e penna nera).
Nomenclatura utilizzata: tronco, fogliame, radice principale, radici laterali, radichette, ramo primario, ramo secondario, sistema delle radici.
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA – Presentazione: – invitiamo un bambino che ha già lavorato col cofanetto della botanica e chiediamogli di aiutarci a stendere il tappeto e a portare l’incastro della pianta sul piano di lavoro – togliamo i primi tre incastri nominandoli, cioè dicendo ad esempio: “fogliame, tronco, radici” – ripetere i nomi: “fogliame, tronco, radici” – chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto il tronco?” – quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi tre pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro del fogliame?” – fatto questo chiediamo: “Quale parte della pianta vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di una parte e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto – ripetiamo questa lezione in tre tempi con le altre parti della pianta, finché il bambino conoscerà i nomi di tutti gli incastri – se lo riteniamo efficace, mentre introduciamo i nomi delle parti possiamo darne una breve descrizione – se il bambino mostra vivo interesse per questo genere di presentazioni, continuiamo nei giorni seguenti, finché non avrà acquisito familiarità con i nomi delle parti della pianta – per l’esercizio della lettura e della scrittura togliamo un incastro alla volta dalla tavola e componiamo la parola corrispondente con l’alfabeto mobile
(vedi anche la presentazione seguente).
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Presentazione 3 (scrivere i nomi delle parti della pianta)
Materiali: – incastro della pianta – alfabeto mobile.
Nomenclatura utilizzata: tronco, fogliame, radice principale, radici laterali, radichette, ramo primario, ramo secondario, sistema delle radici.
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA – Presentazione: – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della pianta e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto, quindi chiediamogli di portarci anche l’alfabeto mobile – mettiamo l’alfabeto mobile lungo il margine superiore del tappeto – mettiamo l’incastro della pianta accanto all’alfabeto mobile – rimuoviamo il primo pezzo e mettiamolo sul tappeto – nominiamo la parte della pianta corrispondente – con l’alfabeto mobile componiamo la parola a destra del pezzo
– continuiamo così con ogni altro pezzo dell’incastro della pianta
– rimettiamo le parti nell’incastro – rimettiamo le lettere nella scatola dell’alfabeto mobile – riponiamo il materiale nello scaffale.
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Scopo: – nominare le parti della pianta – scrivere il nome delle parti della pianta.
Controllo dell’errore: – interconnessione degli incastri tra loro.
Età consigliata: dai 4 anni.
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Presentazione 4
Materiale: – una pianta – incastro della pianta – set per le attività con gli incastri della pianta.
Se il bambino è in grado di leggere, scriviamo sui cartellini in bianco i nomi delle parti della pianta ed abbiniamoli agli incastri, oppure introduciamo i cartellini pronti e i fogli di controllo.
I set per le attività con gli incastri della botanica sono molto interessanti perché isolano le singole parti dell’albero, della foglia e del fiore riportando il nome di ogni parte.
Si possono realizzare facilmente anche in proprio riportando i margini dell’incastro in nero su foglio bianco e preparando i cartellini da abbinare. Fogli e cartellini possono essere plastificati.
Per l’incastro della pianta ho preparato: – foglio di lavoro senza nomi – foglio di lavoro con nomi – cartellini dei nomi.
PDF qui:
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Presentazione a (foglio di lavoro con nomi)
– mostriamo una pianta in vaso o andiamo in giardino a guardare un albero – chiediamo ai bambini di toccarlo, seguirne i margini, annusarlo, guardarlo – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della pianta – toccando le parti nominate, ricordiamo insieme i nomi delle parti della pianta che conosciamo e indichiamole sugli incastri – mettiamo accanto all’incastro della pianta il foglio di lavoro con i nomi
– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo a un bambino di leggere il nome corrispondente sul foglio di lavoro
– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.
_______________________________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA
Presentazione b (foglio di lavoro senza nomi) – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della pianta – mettiamo accanto all’incastro della pianta il foglio di lavoro senza nomi
– distribuiamo i cartellini tra i bambini (oppure mettiamoli in ordine sparso sul piano di lavoro) – togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo ai bambini chi pensa di avere il cartellino da abbinare (oppure chiediamo a un bambino di cercarlo tra quelli sul piano di lavoro)
– posizioniamo il cartellino sul foglio di lavoro – procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.
Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Attività che possiamo proporre con l’incastro della pianta
Le attività legate all’utilizzo dell’incastro della pianta possono essere di discriminazione visiva, di discriminazione tattile, di nomenclatura, di preparazione alla scrittura, di lettura; possono coprire varie fasce d’età: – discriminazione visiva: lavorare con gli incastri; assemblare le parti della pianta su un foglio di controllo; gioco del “Cosa manca” – discriminazione tattile: gioco del “Cosa manca”, borse del mistero, assemblaggio alla cieca – preparazione alla scrittura: ricreare l’incastro col ritaglio – sviluppo del linguaggio: gioco del detective, fogli di controllo e cartelli, nomenclature, definizioni.
__________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Lavorare con gli incastri
E’ l’attività più ovvia. Il bambino più piccolo può avere bisogno di procedere per più tentativi ed errori, mentre i più grandi sono in grado di mettere facilmente i pezzi negli incastri.
_______________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Assemblare la pianta su un foglio di controllo
Una volta che un bambino sa maneggiare gli incastri con facilità nella cornice, può provare a costruire la pianta utilizzando un foglio di controllo.
_______________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Gioco: “Cosa manca?”
– mettiamo l’incastro completo davanti al bambino – chiediamo al bambino di voltarsi o di chiudere gli occhi (oppure bendiamolo), togliamo un pezzo dalla tavola e nascondiamolo – chiediamo al bambino di guardare e di dirci il nome della parte mancante – il gioco può essere reso più difficile, togliendo due pezzi invece di uno; oppure chiedendo di rispondere non a voce, ma scrivendo o disegnando la parte mancante – si potrebbe anche chiedere di riconoscere al tatto la parte mancante (cioè tenendo gli occhi chiusi o con la benda sugli occhi).
_____________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Incastro alla cieca
Il bambino può ricomporre l’incastro con gli occhi bendati. Ricordate che è più semplice, all’inizio, se tutti gli incastri sono posizionati ordinatamente a lato della tavola, prima di bendare il bambino.
_______________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Borsa del mistero
– scegliamo un pezzo dell’incastro e mettiamolo in una piccola borsa del mistero – il bambino tastando la borsa (oppure bendato) identifica la parte – si possono anche inserire nella borsa più pezzi alla volta, o anche tutti.
________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Ricreare l’incastro col ritaglio
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura, e si può rendere più interessante tracciando con la matita i pezzi e poi ritagliandoli, oppure tracciando i pezzi direttamente col punteruolo.
Materiale: – incastro della pianta – fogli di carta colorata – foglio di carta bianca – matita – punteruolo o forbici – colla da carta
Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta colorato e mostriamo come tracciarne il contorno con il punteruolo. Possiamo scegliere di punteggiare interamente il contorno, oppure di fare fori distanti tra loro di circa mezzo centimetro, che serviranno come guida per le forbici – con l’aiuto dei bambini ritagliamo tutte le parti della pianta nello stesso modo – al termine componiamo la pianta sul foglio di carta – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
____________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Ricreare l’incastro col disegno e preparare fogli di controllo da soli
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura. Creare il disegno completo dell’incastro è più impegnativo rispetto al collage, perché richiede che il bambino posizioni correttamente i pezzi sul foglio bianco prima di tracciarli.
Materiale: – incastro della pianta – foglio di carta – matita e matite colorate.
Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta e mostriamo come tracciarne il contorno con la matita – togliamo l’incastro e coloriamo usando lo stesso colore dell’incastro originale – prendiamo un altro incastro e posiamolo sul foglio nella stessa posizione in cui si trova nella tavola originale. Tracciamone i contorni e coloriamolo – continuiamo allo stesso modo finché non avremo disegnato tutta la pianta – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
___________________ Botanica Montessori L’INCASTRO DELLA PIANTA Caccia al tesoro (o gioco del detective)
Una volta che il bambino conosce il nome di ogni parte del corpo della pianta, è possibile utilizzare i pezzi per giocare al detective: – togliamo tutti i pezzi dall’incastro e mettiamoli a lato della tavola – diciamo: “Sto cercando… sto cercando… un pezzo che inizia con la lettera R” – se i bambini non indovinano aggiungiamo un suono – quando hanno indovinato mettiamo il pezzo nell’incastro – possiamo giocare anche con le lettere finali o centrali.
________________________ Nomenclature in tre parti immagine, titolo
– i bambini abbinano la scheda immagine+titolo all’immagine singola e al nome singolo – identificano la parte corrispondente sull’incastro, prendono il pezzo e lo pongono sulle carte corrispondenti.
_______________________ Scrivere i cartellini appropriati
Se il bambino sa scrivere le prime parole, può esercitarsi a scrivere dei propri cartellini per l’incastro. In questa fase, naturalmente, non importa se qualche parola non è scritta correttamente. Se il bambino è nella fase in cui riconosce i suoni, ma non sa gestire praticamente gli strumenti di scrittura, può utilizzare gli alfabeti mobili.
_______________________ Nomenclature in tre parti immagine, titolo, definizione
Materiale – carte delle nomenclature delle parti della pianta (titolo, immagine, definizione) – incastro della pianta.
Presentazione: – mettiamo sul piano di lavoro tutte le carte delle immagini – distribuiamo tra i bambini (o mettiamo in ordine sparso sul piano di lavoro) i titoli – chiediamo a un bambino quale parte della pianta è evidenziato nella prima immagine. Il bambino abbina all’immagine il titolo, quindi pone su di esso l’incastro corrispondente – proseguiamo allo stesso modo per tutte le parti della pianta – se i bambini sanno già leggere bene, distribuiamo le carte delle definizioni e chiediamo loro di abbinarle a titoli e immagini – se i bambini non sanno leggere bene, leggiamo noi una ad una le definizioni e discutiamo coi bambini dove è corretto metterle.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore. Presentazione ed esercizi per bambini a partire dai 3 ai 5 anni.
L’incastro utilizzato per la presentazioni è offerto da :
Botanica Montessori: l’incastro del fiore
Materiale: – incastro del fiore
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Presentazione 1 (presentazione del materiale)
Presentazione: – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – diciamo: “Questo è il cofanetto degli incastri della botanica, e questi sono gli incastri della botanica” – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro del fiore e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto – arrivati al posto diciamo: “Questo è l’incastro del fiore. Su questo incastro noi possiamo vedere le parti del fiore” – attiriamo l’attenzione del bambino sugli incastri, e diciamo che si tratta di un materiale molto utile a tutti e che lo maneggeremo con delicatezza e cura – mostriamo al bambino come prendere i pezzi in modo corretto utilizzando i pomoli, per rimuoverli dalla tavola – prendiamo il primo incastro e posiamolo sul tappeto – chiediamo al bambino di rimuovere i rimanenti incastri e metterli sul tappeto
– dopo aver rimosso tutti i pezzi, prendiamone uno per i pomoli e mostriamo al bambino come riposizionarlo correttamente nell’incastro
– invitiamo il bambino a proseguire l’attività con gli altri incastri – quando il lavoro è concluso, riponiamo l’incastro del fiore nel cofanetto degli incastri della botanica, se lo abbiamo a disposizione, oppure sullo scaffale della botanica – incoraggiamo il bambino a prendere dal cofanetto gli incastri dei vegetali e lavorare con essi ogni volta che lo desidera.
Scopo: – introdurre i nomi delle parti del fiore – dare informazioni particolari sulle diverse parti del fiore – consentire al bambino di confrontare la morfologia del fiore con quella degli esseri umani – sviluppare interesse e rispetto verso le piante.
Controllo dell’errore: – visivo e tattile – interconnessione degli incastri tra loro
Età consigliata: dai 4 anni
__________________
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Presentazione 2 (nominare le parti del fiore)
Materiali: – incastro del fiore – alfabeto mobile (facoltativo)
Presentazione: – invitiamo un bambino che ha già lavorato col cofanetto della botanica e chiediamogli di aiutarci a stendere il tappeto e a portare l’incastro del fiore sul piano di lavoro – togliamo i primi tre incastri nominandoli, cioè dicendo ad esempio: “corolla, calice, stelo” – ripetere i nomi: “corolla, calice, stelo” – chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto il calice?” – quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi tre pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro della corolla?” – fatto questo chiediamo: “Quale parte del fiore vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di una parte e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto – ripetiamo questa lezione in tre tempi con le altre parti del fiore, finché il bambino conoscerà i nomi di tutti gli incastri – se lo riteniamo efficace, mentre introduciamo i nomi delle parti possiamo darne una breve descrizione – se il bambino mostra vivo interesse per questo genere di presentazioni, continuiamo nei giorni seguenti, finché non avrà acquisito familiarità con i nomi delle parti del fiore – per l’esercizio della lettura e della scrittura togliamo un incastro alla volta dalla tavola e componiamo la parola corrispondente con l’alfabeto mobile
(vedi anche la presentazione seguente)
__________________
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Presentazione 3 (scrivere i nomi delle parti del fiore)
Materiali: – incastro del fiore – alfabeto mobile.
Presentazione: – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro del fiore e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto, quindi chiediamogli di portarci anche l’alfabeto mobile – mettiamo l’alfabeto mobile lungo il margine superiore del tappeto – mettiamo l’incastro del fiore accanto all’alfabeto mobile – rimuoviamo il primo pezzo e mettiamolo sul tappeto – nominiamo la parte del fiore corrispondente – con l’alfabeto mobile componiamo la parola a destra del pezzo
– continuiamo così con ogni altro pezzo dell’incastro del fiore – rimettiamo le parti nell’incastro – rimettiamo le lettere nella scatola dell’alfabeto mobile – riponiamo il materiale nello scaffale.
Scopo: – nominare le parti del fiore – scrivere il nome delle parti del fiore.
Controllo dell’errore: – interconnessione degli incastri tra loro
Età consigliata: dai 4 anni
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Presentazione 4
Materiale: – un fiore – incastro del fiore – set per le attività con gli incastri del fiore.
Se il bambino è in grado di leggere, scriviamo sui cartellini in bianco i nomi delle parti della pianta ed abbiniamoli agli incastri, oppure introduciamo i cartellini pronti e i fogli di controllo.
I set per le attività con gli incastri della botanica sono molto interessanti perché isolano le singole parti dell’albero, della foglia e del fiore riportando il nome di ogni parte.
Si possono realizzare facilmente anche in proprio riportando i margini dell’incastro in nero su foglio bianco e preparando i cartellini da abbinare. Fogli e cartellini possono essere plastificati.
Per l’incastro del fiore ho preparato: – foglio di lavoro senza nomi – foglio di lavoro con nomi – cartellini dei nomi.
PDF qui:
Presentazione a (foglio di lavoro con nomi): – distribuiamo un fiore per ogni bambino e teniamone uno per noi – chiediamo ai bambini di toccarlo, seguirne i margini, annusarlo, guardarlo – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro del fiore – toccando le parti nominate, ricordiamo insieme i nomi delle parti del fiore che conosciamo e indichiamole sugli incastri – mettiamo accanto all’incastro del fiore il foglio di lavoro con i nomi
– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo a un bambino di leggere il nome corrispondente sul foglio di lavoro
– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente
Presentazione b (foglio di lavoro senza nomi) – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro del fiore – mettiamo accanto all’incastro del fiore il foglio di lavoro senza nomi
– distribuiamo i cartellini tra i bambini (oppure mettiamoli in ordine sparso sul piano di lavoro) – togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo ai bambini chi pensa di avere il cartellino da abbinare (oppure chiediamo a un bambino di cercarlo tra quelli sul piano di lavoro)
– posizioniamo il cartellino sul foglio di lavoro – procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Attività che possiamo proporre con l’incastro del fiore
Le attività legate all’utilizzo dell’incastro del fiore possono essere di discriminazione visiva, di discriminazione tattile, di nomenclatura, di preparazione alla scrittura, di lettura; possono coprire varie fasce d’età: – discriminazione visiva: lavorare con gli incastri; assemblare il corpo del fiore su un foglio di controllo; gioco del “Cosa manca” – discriminazione tattile: gioco del “Cosa manca”, borse del mistero, assemblaggio alla cieca – preparazione alla scrittura: ricreare l’incastro col ritaglio – sviluppo del linguaggio: gioco del detective, fogli di controllo e cartelli, nomenclature, definizioni.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Lavorare con gli incastri
E’ l’attività più ovvia. Il bambino più piccolo può avere bisogno di procedere per più tentativi ed errori, mentre i più grandi sono in grado di mettere facilmente i pezzi negli incastri.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Assemblare il fiore su un foglio di controllo
Una volta che un bambino sa maneggiare gli incastri con facilità nella cornice, può provare a costruire il fiore utilizzando un foglio di controllo.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Gioco: “Cosa manca?”
– mettiamo l’incastro completo davanti al bambino – chiediamo al bambino di voltarsi o di chiudere gli occhi (oppure bendiamolo), togliamo un pezzo dalla tavola e nascondiamolo – chiediamo al bambino di guardare e di dirci il nome della parte mancante – il gioco può essere reso più difficile, togliendo due pezzi invece di uno; oppure chiedendo di rispondere non a voce, ma scrivendo o disegnando la parte mancante – si potrebbe anche chiedere di riconoscere al tatto la parte mancante (cioè tenendo gli occhi chiusi o con la benda sugli occhi).
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Incastro alla cieca
Il bambino può ricomporre l’incastro con gli occhi bendati. Ricordate che è più semplice, all’inizio, se tutti gli incastri sono posizionati ordinatamente a lato della tavola, prima di bendare il bambino.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Borsa del mistero
– scegliamo un pezzo dell’incastro e mettiamolo in una piccola borsa del mistero – il bambino tastando la borsa (oppure bendato) identifica la parte – si possono anche inserire nella borsa più pezzi alla volta, o anche tutti.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Ricreare l’incastro col ritaglio
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura, e si può rendere più interessante tracciando con la matita i – e poi ritagliandoli, oppure tracciando i pezzi direttamente col punteruolo.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore – Materiale: – incastro del fiore – fogli di carta colorata – foglio di carta bianca – matita – punteruolo o forbici – colla da carta
Botanica Montessori: l’incastro del fiore – Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta colorato e mostriamo come tracciarne il contorno con il punteruolo. Possiamo scegliere di punteggiare interamente il contorno, oppure di fare fori distanti tra loro di circa mezzo centimetro, che serviranno come guida per le forbici – con l’aiuto dei bambini ritagliamo tutte le parti del fiore nello stesso modo – al termine componiamo il fiore sul foglio di carta – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Ricreare l’incastro col disegno e preparare i fogli di controllo
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura. Creare il disegno completo dell’incastro è più impegnativo rispetto al collage, perché richiede che il bambino posizioni correttamente i pezzi sul foglio bianco prima di tracciarli.
Materiale: – incastro della pianta – foglio di carta – matita e matite colorate.
Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta e mostriamo come tracciarne il contorno con la matita – togliamo l’incastro e coloriamo usando lo stesso colore dell’incastro originale – prendiamo un altro incastro e posiamolo sul foglio nella stessa posizione in cui si trova nella tavola originale. Tracciamone i contorni e coloriamolo – continuiamo allo stesso modo finché non avremo disegnato tutto il fiore – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Caccia al tesoro (o gioco del detective)
Una volta che il bambino conosce il nome di ogni parte del fiore, è possibile utilizzare i pezzi per giocare al detective: – togliamo tutti i pezzi dall’incastro e mettiamoli a lato della tavola – diciamo: “Sto cercando… sto cercando… un pezzo che inizia con la lettera P” – se i bambini non indovinano aggiungiamo un suono – quando hanno indovinato mettiamo il pezzo nell’incastro – possiamo giocare anche con le lettere finali o centrali.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Nomenclature in tre parti immagine, titolo
– i bambini abbinano la scheda immagine+titolo all’immagine singola e al nome singolo – identificano la parte corrispondente sull’incastro, prendono il pezzo e lo pongono sulle carte corrispondenti.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Scrivere i cartellini appropriati
Se il bambino sa scrivere le prime parole, può esercitarsi a scrivere dei propri cartellini per l’incastro. In questa fase, naturalmente, non importa se qualche parola non è scritta correttamente. Se il bambino è nella fase in cui riconosce i suoni, ma non sa gestire praticamente gli strumenti di scrittura, può utilizzare gli alfabeti mobili.
Botanica Montessori: l’incastro del fiore Nomenclature in tre parti immagine, titolo, definizione
Materiale – carte delle nomenclature delle parti del fiore (titolo, immagine, definizione) – incastro del fiore.
Presentazione: – mettiamo sul piano di lavoro tutte le carte delle immagini – distribuiamo tra i bambini (o mettiamo in ordine sparso sul piano di lavoro) i titoli – chiediamo a un bambino quale parte del fiore è evidenziato nella prima immagine. Il bambino abbina all’immagine il titolo, quindi pone su di esso l’incastro corrispondente – proseguiamo allo stesso modo per tutte le parti del fiore – se i bambini sanno già leggere bene, distribuiamo le carte delle definizioni e chiediamo loro di abbinarle a titoli e immagini – se i bambini non sanno leggere bene, leggiamo noi una ad una le definizioni e discutiamo coi bambini dove è corretto metterle.
Botanica Montessori: l’incastro della foglia. Presentazione ed esercizi per bambini a partire dai 3 ai 5 anni.
Botanica Montessori: incastro della foglia Presentazione 1 (presentazione del materiale)
Materiali: – incastro della foglia
L’incastro utilizzato per la presentazioni è offerto da Boboto
Presentazione – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – diciamo: “Questo è il cofanetto degli incastri della botanica, e questi sono gli incastri della botanica” – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della foglia e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto – arrivati al posto diciamo: “Questo è l’incastro della foglia. Su questo incastro noi possiamo vedere le parti della foglia.” – attiriamo l’attenzione del bambino sugli incastri, e diciamo che si tratta di un materiale molto utile a tutti e che lo maneggeremo con delicatezza e cura – mostriamo al bambino come prendere i pezzi in modo corretto utilizzando i pomoli, per rimuoverli dalla tavola – prendiamo il primo incastro e posiamolo sul tappeto – chiediamo al bambino di rimuovere i rimanenti incastri e metterli sul tappeto
– dopo aver rimosso tutti i pezzi, prendiamone uno per i pomoli e mostriamo al bambino come riposizionarlo correttamente nell’incastro
– invitiamo il bambino a proseguire l’attività con gli altri incastri – quando il lavoro è concluso, riponiamo l’incastro della foglia nel cofanetto degli incastri della botanica, se lo abbiamo a disposizione, oppure sullo scaffale della botanica – incoraggiamo il bambino a prendere dal cofanetto gli incastri dei vegetali e lavorare con essi ogni volta che lo desidera.
Scopo: – sviluppare interesse e rispetto verso le piante – conoscere le parti della foglia.
Controllo dell’errore: – interconnessione degli incastri tra loro
Età consigliata: dai 4 anni
Botanica Montessori: incastro della foglia Presentazione 2 (nominare le parti della foglia)
Materiali: – incastro della foglia – alfabeto mobile (facoltativo) – cartellini della parte della foglia pronti (oppure cartellini in bianco e penna nera).
Presentazione: – invitiamo un bambino che ha già lavorato col cofanetto della botanica e chiediamogli di aiutarci a stendere il tappeto e a portare l’incastro della foglia sul piano di lavoro – togliamo i primi tre incastri nominandoli, cioè dicendo ad esempio: “picciolo, margine, base” – ripetere i nomi: “picciolo, margine, base” – chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto il picciolo?” – quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi tre pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro del margine?” – fatto questo chiediamo: “Quale parte della foglia vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di una parte e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto – ripetiamo questa lezione in tre tempi con le altre parti della foglia, finché il bambino conoscerà i nomi di tutti gli incastri – se lo riteniamo efficace, mentre introduciamo i nomi delle parti possiamo darne una breve descrizione – se il bambino mostra vivo interesse per questo genere di presentazioni, continuiamo nei giorni seguenti, finché non avrà acquisito familiarità con i nomi delle parti della foglia – per l’esercizio della lettura e della scrittura togliamo un incastro alla volta dalla tavola e componiamo la parola corrispondente con l’alfabeto mobile
(vedi anche la presentazione seguente).
Botanica Montessori: incastro della foglia Presentazione 3 (scrivere i nomi delle parti della foglia)
Materiali: – incastro della foglia – alfabeto mobile.
Presentazione: – invitiamo un bambino a lavorare con noi all’esercizio – andiamo allo scaffale della botanica e, se lo abbiamo a disposizione, indichiamo il cofanetto per gli incastri della botanica – mostriamo al bambino come prendere dal cofanetto l’incastro della foglia e tenerlo correttamente per portarlo al tavolo o al tappeto, quindi chiediamogli di portarci anche l’alfabeto mobile – mettiamo l’alfabeto mobile lungo il margine superiore del tappeto – mettiamo l’incastro della foglia accanto all’alfabeto mobile – rimuoviamo il primo pezzo e mettiamolo sul tappeto – nominiamo la parte della foglia corrispondente – con l’alfabeto mobile componiamo la parola a destra del pezzo – continuiamo così con ogni altro pezzo dell’incastro della pianta
– rimettiamo le parti nell’incastro – rimettiamo le lettere nella scatola dell’alfabeto mobile – riponiamo il materiale nello scaffale.
Scopo: – nominare le parti della foglia – scrivere il nome delle parti della foglia.
Controllo dell’errore: – interconnessione degli incastri tra loro
Età consigliata: dai 4 anni
Botanica Montessori: incastro della foglia Presentazione 4
Materiale: – foglie vere – incastro della foglia – set per le attività con gli incastri della foglia.
I set per le attività con gli incastri della botanica sono molto interessanti perché isolano le singole parti dell’albero, della foglia e del fiore riportando il nome di ogni parte.
Si possono realizzare facilmente anche in proprio riportando i margini dell’incastro in nero su foglio bianco e preparando i cartellini da abbinare. Fogli e cartellini possono essere plastificati.
Per l’incastro della foglia ho preparato: – foglio di lavoro senza nomi – foglio di lavoro con nomi – cartellini dei nomi.
Presentazione a (foglio di lavoro con nomi): – distribuiamo una foglia per ogni bambino e teniamone una per noi – chiediamo ai bambini di toccarla, seguirne i margini, annusarla, guardarla – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della foglia – toccando le parti nominate, ricordiamo insieme i nomi delle parti della foglia che conosciamo e indichiamola sugli incastri – mettiamo accanto all’incastro della foglia il foglio di lavoro con i nomi
– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo a un bambino di leggere il nome corrispondente sul foglio di lavoro
– procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi dell’incastro
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente
Botanica Montessori: incastro della foglia – Presentazione b (foglio di lavoro senza nomi) – mettiamo sul piano di lavoro l’incastro della foglia – mettiamo accanto all’incastro della foglia il foglio di lavoro senza nomi
– distribuiamo i cartellini tra i bambini (oppure mettiamoli in ordine sparso sul piano di lavoro)
– togliamo un pezzo dell’incastro e poniamolo sul foglio di lavoro – chiediamo ai bambini chi pensa di avere il cartellino da abbinare (oppure chiediamo a un bambino di cercarlo tra quelli sul piano di lavoro)
– posizioniamo il cartellino sul foglio di lavoro – procediamo allo stesso modo con tutti i pezzi del puzzle
– dopo la presentazione i bambini potranno svolgere l’attività in modo indipendente.
Botanica Montessori: incastro della foglia
Botanica Montessori: incastro della foglia Attività che possiamo proporre con l’incastro della foglia
Le attività legate all’utilizzo dell’incastro della foglia possono essere di discriminazione visiva, di discriminazione tattile, di nomenclatura, di preparazione alla scrittura, di lettura; possono coprire varie fasce d’età: – discriminazione visiva: lavorare con gli incastri; assemblare le parti della foglia su un foglio di controllo; gioco del “Cosa manca” – discriminazione tattile: gioco del “Cosa manca”, borse del mistero, assemblaggio alla cieca – preparazione alla scrittura: ricreare l’incastro col ritaglio – sviluppo del linguaggio: gioco del detective, fogli di controllo e cartelli, nomenclature, definizioni.
Lavorare con gli incastri
E’ l’attività più ovvia. Il bambino più piccolo può avere bisogno di procedere per più tentativi ed errori, mentre i più grandi sono in grado di mettere facilmente i pezzi negli incastri.
Assemblare la pianta su un foglio di controllo
Una volta che un bambino sa maneggiare gli incastri con facilità nella cornice, può provare a costruire la foglia utilizzando un foglio di controllo.
Gioco: “Cosa manca?”
– mettiamo l’incastro completo davanti al bambino – chiediamo al bambino di voltarsi o di chiudere gli occhi (oppure bendiamolo), togliamo un pezzo dalla tavola e nascondiamolo – chiediamo al bambino di guardare e di dirci il nome della parte mancante – il gioco può essere reso più difficile, togliendo due pezzi invece di uno; oppure chiedendo di rispondere non a voce, ma scrivendo o disegnando la parte mancante – si potrebbe anche chiedere di riconoscere al tatto la parte mancante (cioè tenendo gli occhi chiusi o con la benda sugli occhi).
Incastro alla cieca
Il bambino può ricomporre l’incastro con gli occhi bendati. Ricordate che è più semplice, all’inizio, se tutti gli incastri sono posizionati ordinatamente a lato della tavola, prima di bendare il bambino.
Borsa del mistero
– scegliamo un pezzo dell’incastro e mettiamolo in una piccola borsa del mistero – il bambino tastando la borsa (oppure bendato) identifica la parte – si possono anche inserire nella borsa più pezzi alla volta, o anche tutti.
Ricreare l’incastro col ritaglio
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura, e si può rendere più interessante tracciando con la matita i pezzi e poi ritagliandoli, oppure tracciando i pezzi direttamente col punteruolo.
Materiale: – incastro della foglia – fogli di carta colorata – foglio di carta bianca – matita – punteruolo o forbici – colla da carta
Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta colorato e mostriamo come tracciarne il contorno con il punteruolo. Possiamo scegliere di punteggiare interamente il contorno, oppure di fare fori distanti tra loro di circa mezzo centimetro, che serviranno come guida per le forbici – con l’aiuto dei bambini ritagliamo tutte le parti della foglia nello stesso modo – al termine componiamo la foglia sul foglio di carta – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
Ricreare l’incastro col disegno e preparare fogli di controllo da soli
Tracciare il contorno degli incastri è una valida attività di pre-scrittura. Creare il disegno completo dell’incastro è più impegnativo rispetto al collage, perché richiede che il bambino posizioni correttamente i pezzi sul foglio bianco prima di tracciarli.
Materiale: – incastro della foglia – foglio di carta – matita e matite colorate.
Presentazione: – chiediamo ai bambini di portare al tavolo il materiale – chiediamo a un bambino di scegliere un incastro e di darcelo – mettiamo l’incastro scelto dal bambino sul foglio di carta e mostriamo come tracciarne il contorno con la matita – togliamo l’incastro e coloriamo usando lo stesso colore dell’incastro originale – prendiamo un altro incastro e posiamolo sul foglio nella stessa posizione in cui si trova nella tavola originale. Tracciamone i contorni e coloriamolo – continuiamo allo stesso modo finché non avremo disegnato tutta la foglia – incoraggiamo il bambino a ripetere l’esercizio da solo – se il bambino sa già scrivere, può aggiungere al disegno la nomenclatura.
Caccia al tesoro (o gioco del detective)
Una volta che il bambino conosce il nome di ogni parte del corpo della pianta, è possibile utilizzare i pezzi per giocare al detective: – togliamo tutti i pezzi dall’incastro e mettiamoli a lato della tavola – diciamo: “Sto cercando… sto cercando… un pezzo che inizia con la lettera M” – se i bambini non indovinano aggiungiamo un suono – quando hanno indovinato mettiamo il pezzo nell’incastro – possiamo giocare anche con le lettere finali o centrali.
Nomenclature in tre parti immagine, titolo
– i bambini abbinano la scheda immagine+titolo all’immagine singola e al nome singolo – identificano la parte corrispondente sull’incastro, prendono il pezzo e lo pongono sulle carte corrispondenti.
Scrivere i cartellini appropriati
Se il bambino sa scrivere le prime parole, può esercitarsi a scrivere dei propri cartellini per l’incastro. In questa fase, naturalmente, non importa se qualche parola non è scritta correttamente. Se il bambino è nella fase in cui riconosce i suoni, ma non sa gestire praticamente gli strumenti di scrittura, può utilizzare gli alfabeti mobili.
Nomenclature in tre parti immagine, titolo, definizione
Botanica Montessori: incastro della foglia – Materiale – carte delle nomenclature delle parti della foglia (titolo, immagine, definizione) – incastro della foglia .
Botanica Montessori: incastro della foglia – Presentazione: – mettiamo sul piano di lavoro tutte le carte delle immagini – distribuiamo tra i bambini (o mettiamo in ordine sparso sul piano di lavoro) i titoli – chiediamo a un bambino quale parte della pianta è evidenziato nella prima immagine. Il bambino abbina all’immagine il titolo, quindi pone su di esso l’incastro corrispondente – proseguiamo allo stesso modo per tutte le parti della foglia – se i bambini sanno già leggere bene, distribuiamo le carte delle definizioni e chiediamo loro di abbinarle a titoli e immagini – se i bambini non sanno leggere bene, leggiamo noi una ad una le definizioni e discutiamo coi bambini dove è corretto metterle.
“Il pianeta Terra è una creazione della vita. La vita ha creato le rocce e il suolo, ed è la vita che sostiene l’armonia della terra. Gli oceani sono mantenuti in equilibrio chimico costante grazie agli esseri viventi, e sono gli esseri viventi che mantengono la purezza dell’aria. Tutte le creature che vivono sulla terra svolgono un ruolo cosmico. Il mantenimento della vita sulla terra dipende da molti esseri viventi diversi, ognuno dei quali ha una speciale, specifica funzione. Gli animali si nutrono vivono e si riproducono; ognuno ha un ciclo vitale che assume un ruolo particolare in relazione alla vita di altre specie. Tutti sanno, per esempio, che la scomparsa di una specie in un certo luogo ne sconvolge l’equilibrio, perché le vite di tutte le specie sono interconnesse. La vita quindi può essere considerata come un’energia che mantiene la vita stessa”. (Educazione e pace – Maria Montessori)
Le guide sono in fase di completamento, e saranno presto disponibili in:
I contenuti e le presentazioni relative allo studio della Botanica dai 3 ai 9 anni verranno via via pubblicati anche sul sito. Gli articoli già pubblicati sono qui:
LA GERMINAZIONE tavole e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
La pianta utilizzata ad esempio è quella del fagiolo. La tavola, oltre ad indicare le principali parti di cui si compone una pianta, ne illustra anche le quattro principali funzioni, che sono: – assorbimento – respirazione – traspirazione – funzione clorofilliana.
Questa è la tavola contenente tutte le didascalie:
ALGHE tavole riassuntive e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
MUSCHIO tavole riassuntive e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
FELCI tavole riassuntive e schede pronte per la stampa e il download gratuito,in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
LE COMPOSTE tavole riassuntive e schede pronte per la stampa e il download gratuito,in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
LE OMBRELLIFERE tavole riassuntive e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
LE ROSACEE tavola riassuntiva e schede pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.
Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:
LA CLASSIFICAZIONE DELLE PIANTE scheda riassuntiva pronta per la stampa e il download in formato pdf, per bambini della scuola primaria.
Le piante si suddividono in due grandi categorie: le piante con fiore e le piante senza fiore.
Tra le piante con fiore troviamo quelle con foglie a nervature non parallele e quelle a nervature parallele.
Tra le piante con foglie a nervature non parallele troviamo tutte le piante che presentano fiori completi, cioè con stami, petali, sepali e pistilli, che sono: – crucifere – rosacee – leguminose – ombrellifere – composte – solanacee
e piante che presentano due qualità di fiori sullo stesso albero, che sono gli alberi forestali come la quercia.
Dettati ortografici e materiale didattico sulle PIANTE
Una strana pianta Stamani la zia Bettina s’è molto inquietata con me per uno scherzo innocente che, in fin dei conti, era stato ideato con l’intenzione di farle piacere. Ho già detto che la zia è molto affezionata a una pianta di dittamo che tiene sulla finestra di camera sua, a pianterreno, e che annaffia tutte le mattine appena si alza. Basta dire che ci discorre perfino insieme e gli dice: “Eccomi, bello mio, ora ti do da bere! Bravo, mio caro, come sei cresciuto!”. E’ una mania, e si sa che tutti i vecchi ne hanno qualcuna. Essendomi dunque alzato prima di lei, stamattina, sono uscito di casa, e guardando la pianta di dittamo m’è venuta l’idea di farla crescere artificialmente per far piacere alla mia Bettina che ci ha tanta passione. Lesto lesto, ho preso il vaso e l’ho vuotato. Poi al fusto della pianta di dittamo ho aggiunto, legandovelo bene bene con un pezzo di spago, un bastoncino dritto, sottile ma resistente, che ho ficcato nel vaso vuoto, facendolo passare attraverso quel foro che è nel fondo di tutti i vasi da fiori, per farci scolare l’acqua quando si annaffiano. Fatto questo, ho riempito il vaso con la terra che vi avevo levata, in modo che la pianta non pareva fosse stata minimamente toccata; e ho rimesso il vaso al suo posto, sul terrazzino della finestra, il cui fondo è di tante assicelle di legno, facendo passare tra l’una e l’altra di esse il bastoncino che veniva giù dal foro del vaso e che io tenevo in mano, aspettando il momento il momento di agire. Dopo neanche cinque minuti, eccoti la zia Bettina che apre la finestra di camera, e incomincia con la sua scena patetica col dittamo: “Oh, mio caro, come stai? Oh, poveretto, guarda un po’: hai una fogliolina rotta.. sarà stato qualche gatto… qualche bestiaccia…” Io me ne stavo lì sotto, fermo, e non ne potevo più dal ridere. “Aspetta, aspetta! seguitò a dire la zia Bettina. “Ora piglio le forbicine e ti levo la fogliolina troncata, se no secca… e ti fa male alla salute, sai, carino!” Ed è andata a prendere le forbicine. Io allora ho spinto un po’ in su il bastoncino. “Eccomi, bello mio!” ha detto la zia Bettina tornando alla finestra. “Eccomi, caro !” Ma ha cambiato a un tratto il tono della voce ed ha esclamato: “Non sai cos’ho da dire?Che tu mi sembri cresciuto!” Io scoppiavo dal ridere, ma mi trattenevo, mentre la zia seguiva a nettare il suo dittamo con le forbicine e a discorrere: “Ma sì, che sei cresciuto.. E sai cos’è che ti fa crescere? E’ l’acqua fresca e limpida che ti do tutte le mattine… Ora, ora.. bello mio, te ne do dell’altra, così crescerai di più…” Ed è andata a pigliar l’acqua. Io intanto ho spinto in su il bastoncino, e questa volta l’ho spinto parecchio in modo che la pianticella doveva parere un alberello addirittura. A questo punto ho sentito un urlo e un tonfo. “Uh, il mio dittamo!” E la zia per la sorpresa e lo spavento di veder crescere la sua pianta a quel modo, proprio a vista d’occhio, s’era lasciata cascar di mano la brocca dell’acqua che era andata in mille pezzi. Poi sentii che borbottava queste parole: “Ma questo è un miracolo! Ferdinando adorato, che forse il tuo spirito è un questa cara pianta che mi regalasti o desti per la mia festa?” Io non capivo precisamente quel che voleva dire, ma sentivo che la sua voce tremava e, per farle più paura che mai ho spinto più in su che potevo il bastoncino. M mentre la zia, vedendo che il dittamo seguitava a crescere, continuava ad urlare: “Ah! Oh! Oh! Uh!, il bastoncino ha trovato un intoppo nella terra del vaso, e siccome io lo spingevo con forza per vincere il contrasto, è successo che il vaso si è rovesciato fuori dalla finestra, ed è caduto rompendosi ai miei piedi. Allora ho alzato gli occhi e ho visto la zia affacciata, con un viso che faceva paura. “Ah! Sei tu!” ha detto con voce stridula. Ed è sparita dalla finestra per riapparire subito sulla porta, armata di un bastone. Io, naturalmente, me la son data a gambe per il podere, e poi sono salito sopra un fico dove ho fatto una gran scorpacciata di fichi verdini, che sredovo di scoppiare. Vamba (da “Il giornalino di Gian Burrasca”)
Dal fiore al frutto
Tra la nube dei fiori del frutteto le api sono incessantemente all’opera; e se osserviamo un fiore schiuso da qualche ora, sullo stimma verde ed umido non sarà difficile scorgere qualche granulo di polline giallo portato lì da un’ape. L’impollinazione è il primo atto della nascita di un frutto. Prendiamo due fiori, il primo lasciamolo libero all’aria, il secondo ingabbiato in un sacchettino di garza in modo che le api non vi si possano posare. Il primo verrà impollinato, il secondo no; poche ore dopo vedremo che i petali del primo fiore stanno cominciando a scolorire; il rosa del fiore di pesco diventa bianco, il bianco del pero diviene grigio. Il secondo fiore si mantiene invece fresco e puro, i suoi colori risplendono per richiamare un insetto che porti il polline così necessario.
Torniamo ora al primo fiore, che è stato impollinato; i suoi petali cadono, il suolo sotto agli alberi è coperto di petali. Il fiore del mele e del pero si riduce così al solo calice, una stellina verde a cinque punte. Nel fiore del pesco anche il calice appassisce; ma entro pochi giorni vedremo che sotto alla spoglia rinsecchita c’è qualche cosa che preme e si gonfia, finchè la spoglia si spacca e cade; è l’ovario, che nel fiore era minutissimo ed ora invece è già trasformato in una minuscola pescolina. Dentro di esso vi sono diverse loggette nelle quali si trovano dei corpicini verdi: i semi.
Nel frutticino del melo, come in quello del pesco, già poche ore dopo l’impollinazione si svolge un’attività straordinaria; se potessimo osservare la respirazione di queste creaturine ci accorgeremmo che respirano il doppio o il triplo di un fiore non impollinato. Lo sviluppo dei semi, che comincia subito dopo l’impollinazione, è la causa di questa notevole attività. Il seme è la parte più importante del frutto. Nel seme vi è un embrione ossia una pianta piccolissima: lo si vede molto bene ad esempio fendendo in due il seme del cachi. Per le piante il seme è la parte più importante del frutto; avviene così che esse nutrano più volentieri un frutto che ha molti semi di uno che ne ha pochi; e che lasciano cadere un frutto che non ne ha nessuno. Si verificano così, poco dopo la fioritura, le “cascole” delle piante da frutto. Cadono prima i fiori che non hanno ricevuto il polline; poi cominciano a cadere i frutticini. Sono le mele e le pere in cui l’embrione è morto perchè ha sofferto la siccità o la brina; oppure i frutti con pochi semi. Non c’è da preoccuparsi in genere per queste cadute di frutti; sull’albero ce ne sono talmente tani che ne restano sempre abbastanza per un buon raccolto.
Ed ecco che i frutti cominciano a prendere colore; il verde diventa giallo, certe parti della buccia cominciano a prendere il color rosso. Le ciliegie, per esempio, sono di un rosso acceso bellissimo; merli e passeri non possono fare a meno di fermarsi ad ammirarle e dar loro una beccatina. Finchè il seme è immaturo, il frutto ha cercato di non farsi notare, è rimasto verde; ma ora che il seme è pronto, il frutto si rende visibile, perchè c’è il caso che il merlo o il passero invece di beccare semplicemente la ciliegia voglia portarsela via per mangiarla con comodo; e in questo caso il seme verrebbe portato lontano.
Una quantità di alberi da frutto e di altre piante vengono diffuse dagli uccelli; il caffè per esempio viene diffuso dalle scimmie e il tasso e il vischio dal merlo. Ci sono parecchi semi che hanno una buccia talmente dura da poter sopportare i succhi gastrici dello stomaco degli animali. L’animale mangia il frutto, lo digerisce e lascia cadere il seme a qualche chilometro di distanza. Confrontiamo ora due tipi di frutto, la nocciola e la ciliegia: il primo è un frutto secco, ossia l’ovario del fiore si è trasformato in un guscio durissimo che protegge il seme. Il secondo è invece un frutto polposo: all’esterno troviamo una buccia elastica; poi un secondo involucro: la polpa del frutto; infine un terzo involucro, il guscio durissimo che protegge il seme. I botanici hanno cercato di classificare i frutti in una serie di tipi diversi, e hanno avuto un bel da fare perchè su cento piante troveremo cento tipi di frutto. Vediamone qualcuno. Il baccello del fagiolo è di nuovo un frutto secco. Però, al contrario della noce, quando è maturo si apre lasciando uscire i semi.
Un altro bel tipo di frutto è la capsula: anch’esso si apre quando è maturo, ma non si divide in sue valve come il baccello. Prendiamo ad esempio la capsula del garofano e dei suoi parenti: finchè i semi sono teneri è un piccolo orciolo verde ben chiuso. Quando i semi maturano si apre alla sommità con una perfetta corona di dentini che si rovesciano all’indietro; sono sei oppure dieci, o talora cinque secondo la pianta. Anche il papavero possiede una capsula altrettanto graziosa: ha un coperchio piatto che a maturità si solleva leggermente scoprendo una serie di fessure. Gli steli nel frattempo si sono essiccati e sono divenuti rigidi; il vento non li fa più ondeggiare dolcemente, ma imprime loro una serie di scosse brusche che fanno volar fuori i semi.
Insomma la varietà di forme dei frutti è veramente straordinaria, come potremmo osservare guardando qualche decina di piante diverse. Un curioso passatempo è quello di sezionare un fiore cercando quale parte diventerà il frutto. Nel pesco e nel pisello, per esempio, togliendo il calice, la corolla e la corona degli stami rimarrà libero l’ovario con lo stimma: e sarà molto facile riconoscere nell’ovario la futura pescolina o il futuro baccello. Nel fico invece sarà piuttosto difficile trovare il fiore perchè è al sicuro e ben protetto.
sull’argmento impollinazone e fecondazione trovi altro materiale didattico qui:
Prendiamo un seme di una mela e togliamogli la buccia scura: nell’interno troveremo due masserelle simili a foglie bianche spesse e dure: i cotiledoni. In alto, tra i cotiledoni, vi è un piccolo essere dall’apparenza insignificante che racchiude in sè tutta la vita della futura pianta: è l’embrione. Questo, quando il seme sarà interrato, prenderà nutrimento dai cotiledoni e diventerà una nuova pianta. Ma i cotiledoni a che cosa servono? A nutrire l’embrione finchè non avrà la forza sufficiente per assorbire dal terreno il nutrimento.
L’astuzia delle piante per la diffusione dei semi
Le piante non si possono muovere dal posto dove si trovano abbarbicate e perciò adoperano i sistemi più ingegnosi per poter diffondere i loro semi. Alcune ricoprono il seme di una polpa dolce e succosa, perchè gli animali e l’uomo stesso se ne impadroniscano e, gettato via il nocciolo, che è duro, permettano, anche senza volere, la nascita di una nuova pianta. Alcune hanno i semi muniti di ganci e uncini, che si aggrappano al pelo degli animali e ai nostri vestiti e vengono trasportati lontano, prima di cadere sulla terra dove genereranno un’altra pianta.
Altre hanno i semi muniti di eliche o di paracadute, graziosi ombrellini di fate. Il vento li stacca dalla piante madre e, su per le vie dell’aria, li conduce con sè fino al luogo dove la terra li accoglierà. Altre piante ancora, che vivono vicino all’acqua, hanno semi come piccole navicelle, che navigano sulla corrente senza che l’acqua li corrompa, finchè approdano e danno vita ad una nuova pianta. Ma le piante più curiose sono quelle che esplodono addirittura i loro semi, come fanno il geranio, la viola, il popone. I semi sono tanto pigiati dentro la loro stanzina che, quando non ne possono più, schizzano fuori come piccoli proiettili, si capisce, senza far fracasso. (A. Lugli)
Importanza dell’albero
Enorme è l’importanza che riveste l’albero nell’economia dei popoli, con la sua triplice funzione: produttrice, difensiva e climatica. Chi può enumerare tutti i prodotti che l’albero ci fornisce sia direttamente che attraverso i mirabili processi chimici e meccanici delle industrie moderne?
Dai frutti, che ci donano, insieme con tutte le fragranze, l’intero complesso degli alimenti indispensabili alla vita (zuccheri, amidi, proteine, grassi, sali, vitamine), al legno che, nelle sue fibre dure e pur cedevoli, tenaci e pur elastiche, assomma le virtù di una materia prima insostituibile per le industrie del legname, per l’ebanista, il liutaio, il carpentiere; dal sughero soffice e impermeabile alle pregiate resine, dalle materie tannanti alle sostanze medicinali, dalla carta alla seta artificiale.
Non meno importante è la funzione difensiva esercitata dall’albero. Guai se i monti non fossero, almeno in parte, coperti dal manto protettore dei boschi, guai se i terreni incoerenti e franosi rimanessero esposti all’azione distruttiva delle acque dilavanti e degli agenti degradatori dell’atmosfera. Si chiamano dilavanti le acque che, durante le piogge torrenziali, scorrono impetuosamente lungo i declivi asportandone la coltre terrosa e mettendo a nudo la roccia. (esperimento sull’erosione del suolo )
Quanti colli, in passato adorni di magnifiche selve, sono oggi completamente isteriliti a causa di un inconsulto diboscamento e mostrano i loro fianchi incisi da solchi profondi separati da lame di roccia striata e corrosa, gli orridi calanchi e, al piede dei declivi, ammassi caotici di sfasciume, selvagge petraie di grigio calcare rupestre, in un quadro di squallore e desolazione. E’ l’albero che protegge gli argini dei torrenti e contiene l’impeto delle acque, è l’albero che trattiene e consolida i terreni franosi nell’intreccio delle sue radici salde come maglie d’acciaio, è l’albero che imbriglia le mobili dune e le trasforma in colline verdeggianti, che redime la mortifera palude, erompe trionfante dalle ardenti sabbie del deserto sol che le sue radici trovino un minimo di umidità vitale.
Ben nota è l’influenza che l’albero esercita sulle condizioni climatiche del territorio circostante. La vegetazione boscosa attenua le radiazioni solari, assorbe calore e lo restituisce lentamente all’atmosfera, rendendo meno aspra l’escursione termica diurna; rompe, con l’ostacolo opposto dal tetto delle sue chiome, la forza del vento, e la sua azione prosciugante trattiene e condensa l’umidità atmosferica, influenzando il regime delle piogge. Infine, il bosco accresce bellezza al paesaggio e gli dà un’impronta di solennità e di magnificenza. (B. D’Alessandro)
Le piante sono amiche generose degli uomini e degli animali. Chi ci darebbe il pane e gli altri cibi, le vesti e il legname per costruire mobili ed altri oggetti utili, se non ci fossero le piante? Inoltre esse ci danno medicinali, cellulosa e gomma tanto necessarie alle nostre industrie. Sono utilissime alla nostra salute. Infatti hanno il mirabile potere di assorbire dall’aria un gas nocivo, l’anidride carbonica, e di donarne un altro prezioso che si chiama ossigeno.
Le loro radici ramificate nel terreno ed i loro tronchi sono come delle barriere che impediscono il formarsi di frane e valanghe. Le loro foglie ci donano l’ombra e la frescura nelle ore afose dell’estate ed i loro fiori ci rallegrano con i loro colori.
La bellezza degli alberi
Gli alberi sono belli in qualunque stagione: quando d’inverno ricoperti di brina o di neve assumono, al nostro sguardo, le forme più strane; quando, in primavera, le tenere foglie li ricoprono; quando, d’estate, offrono comodo ristoro; quando, d’autunno, si vestono dei più vari e vivaci colori.
Per il lavoro di ricerca:
. Quali differenze ci sono tra alberi, arbusti ed erbe? . Quali sono le parti principali di una pianta? . A che cosa serve la radice? E il fusto? . A che cosa servono le foglie? . Quali piante si dicono alimentari e perchè? . Che cosa sono i cereali? . Quali piante da frutto prosperano nelle nostre campagne? . Quali sono le piante industriali? A che cosa servono? . Che cosa sono le conifere? . Dai semi o fiori o frutti o radici di molte piante si ricavano sostanze preziose per la salute dell’uomo: ricerca il nome di alcune di esse. . Che cosa scorre sotto la corteccia delle piante? . Dormono anche le piante? . Senza le piante, potrebbero vivere gli uomini e gli animali? . Che cosa sono gli ortaggi? . Perchè alcune piante si dicono tessili? . Ricerca notizie sulla canapa, il lino e il cotone. . Che cosa sono le piante grasse? . Dove vivono le alghe? . Quali sono i nemici degli alberi?
Alberi, arbusti, erbe
La terra verdeggia di piante: sono alberi, arbusti, erbe. Gli alberi hanno tronco altro e vigoroso e rami estesi, ricchi di foglie. Gli arbusti hanno gambi brevi, legnosi, flessibili, intrecciati fittamente. Le erbe hanno stelo sottile, corto, fragile e crescono folte nei prati.
Le piante offrono alimenti e sostanze utili agli uomini ed agli animali. L’uomo si nutre di frutta e di ortaggi; costruisce mobili di quercia e di noce; molti animali si nutrono di semi e di erbe.
Le parti principali di una pianta
Le parti principali di una pianta sono la radice, il fusto e le foglie. La radice serve a fissare la pianta al terreno. Assorbe da questo l’acqua e le sostanze minerali necessarie alla nutrizione della pianta.
Il fusto sorregge le foglie ed i fiori. Nel suo interno vi sono canali che servono a trasportare, dalle radici alle foglie e da queste agli altri organi, le sostanze necessarie alla nutrizione della pianta. Alcuni fusti (bulbi, rizomi, tuberi) servono alla pianta come magazzini di riserva.
Le foglie sono generalmente verdi. Esse sono i polmoni delle piante: con le foglie la pianta respira. Inoltre, le foglie provvedono a fabbricare una parte del nutrimento necessario alla pianta.
Come sono fatte le piante
Tre sono le parti fondamentali della pianta: le radici, il fusto e le foglie. Le radici affondano nel terreno come le fondamenta di una casa ben costruita. Ad esse, infatti, è affidato il compito, importantissimo, di sostenere la pianta. E come le fondamenta di un edificio racchiudono la cantina nella quale si possono conservare le provviste, anche le radici funzionano da cantina e dispensa per la pianta.
La terza funzione delle radici, forse la più importante di tutte, è quella di assorbire il nutrimento dal terreno. A questo scopo le estremità delle radici sono coperte da sottili peluzzi che si insinuano nel terreno. La parte estrema di essi è protetta da una cuffia che permette alla radice di avanzare nel terreno. Così, attraverso la sottilissima membrana che ricopre la radice, la pianta assorbe dal terreno il nutrimento che le occorre.
Il fusto ha forme diversissime; è fusto il filo d’erba come una quercia gigantesca. Si hanno così fusti che durano un anno e fusti che possono sfidare i secoli. All’esterno il grosso tronco legnoso è ricoperto da una spessa corteccia che ne difende le delicate parte interne. A volte questa corteccia si trasforma in sughero. Lungo il fusto spuntano gemme da cui nasceranno i rami e le foglie. L’interno di un fusto è un meraviglioso impianto di condutture. I canali che lo percorrono sono di due tipi: tubi legnosi che portano verso le foglie l’acqua e le sostanze alimentari assorbite dal terreno e tubi crobosi (tessuto vegetale che forma pareti sottili e ricche di fori, in funzione di crivello, cioè di setaccio) che riportano giù verso le radici ed i suoi depositi sotterranei ciò che le foglie hanno trasformato. Osservando la base tagliata di un tronco, noi vediamo tanti anelli concentrici: sono i tubi o canale crobosi. Le foglie nascono sul tronco e dai rami, che del tronco sono la continuazione. Prima appare una piccola gemma, protetta da squame pelose ed attaccaticce, poi da questa si dispiega la foglia in tutta la sua bellezza. Sole e luce sono la vita delle foglie e la loro funzione è proprio questa: assorbirne il più possibile. La loro forma può essere svariatissima, semplice, composta, ovale, tonda, irregolare, ma sempre esse rappresentano una grande finestra aperta verso il sole.
La foglia è composta di una delicata trama di nervature che sono le parti ultime e sottilissime dei vasi crobosi e legnosi. La parte (o pagina) superiore di una foglia è la grande vetrata attraverso la quale la luce entra a fiotti. Dietro questa delicata pellicola si accalcano le cellule ricche di clorofilla, la sostanza verde capace di trasformare un gas dell’aria in alimento per la pianta.
La pagina inferiore invece, molto meno verse, opaca, ha delle piccolissime aperture, dette stomi, attraverso le quali l’aria passa e circola dentro la foglia. Per vivere, anche le piante, come l’uomo, e gli animali, hanno bisogno di respirare ossigeno, un gas contenuto nell’aria, emettendo poi un altro gas, l’anidride carbonica, come sostanza di rifiuto.
Le foglie
A cosa servono le foglie? Le radici succhiano acqua e sali minerali dal terreno. Il gambo trasporta acqua e sali minerali fino alle foglie. Ma l’acqua e i sali minerali non bastano a fare il cibo per la pianta. Occorre anche aria e sole. Sotto le foglie ci sono tante piccole aperture; attraverso di esse, l’aria entra nelle foglie e si mescola all’acqua e ai sali minerali trasportati dal gambo e sparsi in tutta la foglia attraverso sottili vene. Quando il sole splende sulle foglie, esse fanno il cibo con l’aria, l’acqua ed i sali minerali. Le foglie, dunque, sono molto importanti perchè permettono alla pianta di fabbricarsi il cibo.
Quando le foglie hanno fabbricato il cibo, lo mandano in tutte le parti della pianta attraverso altri sottili canali, simili a quelli che servono a portare l’acqua e i sali minerali dalle radici alle foglie. Questo cibo ha l’aspetto di un liquido e si chiama linfa. La pianta non adopera tutto il cibo che le piante producono. Una parte del cibo prodotto dalle foglie viene immagazzinato come riserva, per quando la pianta sarà senza foglie e non potrà fabbricarne. Il cibo che non viene adoperato può essere immagazzinato in varie parti. Tutte le piante, però, immagazzinano cibo nei loro semi, perchè esso serve per far crescere le nuove piante.
Il sangue delle piante
Gli alberi dell’orto si sono svegliati nel chiaro mattino di aprile. – Che cosa succede? – domanda un giovane pesco a un pero suo vicino. – Sento qualche cosa di strano serpeggiarmi in ogni parte. Come un dolce umore che dalle radici sale fino all’ultimo ramo e mi rende forte e felice. Che sia questo tiepido sole che di ha svegliati? – – Anch’io sento lo stesso umore scorrermi dentro – risponde il pero – ma non è il sole. E’ la linfa, mio caro, è il nostro sangue che dalle radici sale su su, fino alle foglie, e da lì scende di nuovo e si spande in ogni nostra fibra. E’ la linfa: quella che darà alle foglie le sue sostanze preziose, ai fiori il colore ed il profumo, ai frutti la polpa e lo zucchero, al legno e alla scorza quanto è loro necessario per crescere. – – E darà sempre così, ogni anno? – domanda ancora il pesco.
– Sempre. Ogni anno questo miracolo si rinnova. Io sono assai più vecchio di te, vedi, e pure adesso mi sento giovane e forte. E se tu crescerai grosso e robusto e ti coprirai di fiori e darai tanti frutti, lo dovrai sempre a questo sangue nuovo e generoso che a primavera ti sentirai scorrere dentro. – – Pensare che io credevo di essere mezzo morto durante tutto l’inverno! E’ bello svegliarsi con questa nuova vita! – esclama il pesco. – Sì, è bello! – e il vecchio pero distende meglio i suoi rami in un impeto di rinnovata giovinezza.
Le piante respirano, mangiano, bevono, dormono
La pianta respira, la pianta mangia, la pianta beve, la pianta dorme. Essa respira come noi l’aria atmosferica che avviluppa il globo di una sfumatura azzurrina, ma la sua respirazione ha luogo in senso inverso della nostra: essa infatti consuma l’anidride carbonica, elemento mortale per noi.
Essa mangia e beve: i suoi alimenti sono l’acqua, il carbonio, l’ammoniaca, lo zolfo, il fosforo. L’organizzazione meravigliosa delle sue radici e delle sue foglie le permette di prendere, e perfino d’andare a cercare, i suoi principi nutritivi nell’aria e nel suolo, tanto lontano quanto le sue braccia possono estendersi.
Essa dorme: la maggior parte delle piante segue docilmente la natura e dorme dal tramonto al levar del sole; ma altre osano appena di levarsi prima del mezzogiorno e perfino non di svegliano affatto quando il tempo è piovoso. (D. Sant’Ambrogio)
Anche le piante si nutrono Oltre all’azione clorofilliana, di cui abbiamo fatto cenno, la pianta svolge altre attività, intese a crearsi il necessario nutrimento, attraverso le radici (quasi sempre sotterranee, qualche volta acquatiche). Attraverso i peli assorbenti, le radici assimilano dal terreno le sostanze indispensabili alla vita vegetale, disciolte in acqua, cioè in soluzione, come fosforo, potassio, azoto, calcio, magnesio, zolfo, tutti sotto forma di sali. Come il nostro stomaco secerne diversi acidi che trasformano il cibo ingerito in chimo, così le radici emettono acidi che trasformano le sostanze del terreno in modo da poter essere assorbite. Le radici inoltre sono molto più lunghe e più vaste della parte aerea della pianta; se mai abbiamo visto sradicare una pianta, possiamo averne un’idea approssimativa: più alta è una pianta, più profonde ed estese sono le radici, che devono non solo assorbire il nutrimento, ma sostenere anche tutta la pianta.
Alcune strani piante sono, almeno in parte, carnivore, quasi come gli animali; per esempio la dionea, che vive nell’America settentrionale, possiede foglie particolari e, quando un insetto si posa su di esse, immediatamente si chiudono, trattenendo imprigionato l’insetto. Subito dalle foglie esce un liquido che uccide la bestiolina e la rende digeribile per la pianta. Quando il pasto è consumato, le foglie si riaprono e ciò che non è stato digerito viene lasciato cadere.
La radice La pianta vive costruendo il suo corpo con i materiali che ricava dall’aria (anidride carbonica) e dal terreno (acqua e sali minerali sciolti in essa). Una parte della pianta, la radice, scende nel terreno, mentre l’altra si innalza nell’aria. Il vento, con la sua forza, potrebbe buttare a terra le parti aeree della pianta, se questa non fosse ben fissata al terreno. La radice compie questo lavoro. Inoltre la radice, come abbiamo detto, mediante i suoi peli assorbenti, che si inseriscono tra i detriti del terreno ed assorbono come tante pompe aspiranti il liquido nutritivo del terreno stesso, alimenta la pianta. La radice può anche compiere in certe piante, come la carota e la barbabietola, la funzione di magazzino di sostanze nutritive.
Ogni pianta ha una sua particolare radice che si sviluppa in maniera diversa secondo la struttura del terreno. Nel deserto dell’Africa esiste una pianta cespugliosa, l’Alhagi camelorum, che è capace di sviluppare ben 40 metri di radice per raggiungere l’acqua sotterranea. Le radici possono essere a fittone o fascicolate.
Sono a fittone le radici che si sviluppano in continuazione del fusto, come quella della fava, della carota, del pino e del garofano.
radici a fittone
radice napiforme
Sono fascicolate le radici che si sviluppano a ciuffo, come quelle del frumento, del granoturco, della segale.
radice tuberosa fascicolata carnosa
radice affastellata
L’apparato radicale e la zona pilifera Sulla superficie delle radici sono sparsi i peli radicali che facilitano l’assorbimento dell’acqua e dei sali contenuti nel terreno. Al termine la radice è protetta da una cuffia che si rinnova.
L’aria e le piante Non hai mai pensato che la pianta, oltre che della luce, del calore, dell’umidità e dell’acqua ha bisogno, per vivere, anche dell’aria? E’ proprio così: come gli uomini e gli animali tutti, anche la pianta respira. Possiamo fare un piccolo esperimento. Ci occorrono due vasi o campane di vetro. Lasciamo completamente vuoto il primo recipiente.
Nel secondo mettiamo una pianticina e ricopriamo il recipiente con un foglio di carta nera perchè non passi neppure un po’ di luce. Passato un giorno e una notte introduciamo nei recipienti una candelina accesa. Che cosa succede? Succede che la fiamma della candelina rimane accesa nel recipiente vuoto mentre si spegne in quello in cui è stata messa una pianticina.
Questo esperimento ci dimostra che la pianta ha assorbito tutto l’ossigeno contenuto nel recipiente ed ha emesso l’anidride carbonica che ha fatto spegnere la candelina. La respirazione delle piante avviene soprattutto per mezzo delle foglie, che presentano sulla loro superficie tante piccole aperture o stomi, cioè bocche attraverso le quali avviene appunto lo scambio gassoso necessario alla vita delle piante.
Funzione delle foglie Le foglie sono i polmoni della pianta, quindi respirano l’aria che le circonda, trattengono l’anidride carbonica ed emettono ossigeno. Ma come avviene? Ciò che rende verdi le foglie è la clorofilla (pigmento colorante, attivo), che sotto l’influenza della luce ed ad una certa temperatura (10° – 35°) scompone l’anidride carbonica contenuta nell’aria, trattiene il carbonio e libera l’ossigeno (infatto l’anidride carbonica è CO2, cioè composta da carbonio e ossigeno). Cosa ne fa la foglia del carbonio?
Sempre per azione della clorofilla, sotto l’influenza della luce, il carbonio si combina con gli elementi dell’acqua contenuti nella linfa proveniente dalle radici, e dall’unione si questi tre elementi inorganici (carbonio, idrogeno, ossigeno) si forma una sostanza organica vegetale: l’amido, che poi, a sua volta, si trasforma in altre sostanze, che circolano nella pianta, un poco come nel nostro sangue, che viene continuamente rifornito dai cibi digeriti e dall’ossigeno della respirazione.
Se le piante compiono questa meravigliosa funzione di purificare l’aria, diminuendo la quantità di anidride carbonica, nociva per noi, è indispensabile avere molto verde a disposizione, accrescerne il numero, rimboschire le zone prive di alberi, rispettare le piante e averne cura.
Le piante di difendono dal caldo, dal freddo, dalla fame, dalla sete, e dai pericoli. Come? Le radici delle piante affondano nel terreno. Perciò le piante non possono muoversi come gli animali per cercare il cibo e l’acqua. E, quando arriva il freddo, non possono migrare in cerca di luoghi più caldi. La maggior difesa, per una pianta, consiste nel crescere e nel vivere in quei luoghi dove essa può trovare quello che le occorre: terreno che fornisca il nutrimento necessario, acqua a sufficienza, temperatura adatta ai suoi bisogni.
Ma le piante hanno anche tanti nemici! Gli erbivori mangiano l’erba dei prati, le foglie e le cortecce degli alberi; alcune larve di insetti e insetti adulti rodono le radici o divorano foglie e frutti. Come si difendono le piante da questi nemici? In alcuni casi, le piante si difendono con armi che ricordano le unghie e i denti degli animali. Il biancospino e la rosa sono armati, per esempio, di spine; il cardo e il carciofo hanno foglie e fiori pungenti; l’ortica brucia la pelle di chi sfiora le sue foglie.
La maggior difesa di una pianta è però data dall’abbondante produzione di semi. Se una pianta muore, molte altre crescono e prendono il suo posto.
Perchè gli alberi perdono le foglie in inverno?
Quando l’albero ha le foglie circolano per tutto il tronco l’acqua e i sali minerali assorbiti dal terreno. Se questi liquidi circolassero anche d’inverno, il freddo potrebbe farli gelare e, così gelati, essi spaccherebbero internamente la piana, facendola morire. Per questo molti alberi perdono le foglie.
Vi sono però anche alberi che non perdono le foglie: l’alloro, l’ulivo, l’edera. Anche l’abete, il cipresso, il pino non perdono le foglie. Nei paesi freddi, il periodo caldo dura poco. Se l’abete e le piante simili ad esso dovessero aspettare il caldo per mettere le foglie e nutrirsi, avrebbero troppo poco tempo per farlo. Non riuscirebbero ad accumulare cibo a sufficienza per sopravvivere durante la stagione fredda. Per questo continuano a tenere le foglie, e a nutrirsi anche quando fa freddo. Ma come mai la linfa che circola nel tronco di questi alberi non gela? Quando fa molto freddo, possiamo vedere appeso ai distributori di benzina un cartello che dice: “Mettete nell’acqua della vostra automobile l’antigelo”. Vi sono cioè delle sostanze che, messe nell’acqua, impediscono a questa di gelare.
Avete mai provato a prendere in mano un pezzo di corteccia di abete, o di pino, o di cipresso? E’ appiccicosa, perchè contiene una sostanza che si chiama resina. La resina è l’antigelo delle piante che vivono dove fa freddo e continuano a tenere le foglie. Insieme con la linfa, circola nella pianta anche la resina, che impedisce alla linfa di gelare. Così l’abete, il pino, il cipresso possono continuare a tenere le foglie d’inverno.
La disseminazione
La natura ha provveduto perchè le piante giovani vadano a svilupparsi lontano dalla madre. L’abete e il pino hanno semi alati. Il tiglio ha addirittura il frutto alato. I semi del cotone sono avvolti in una peluria vaporosa.
La pianta chiamata dente di leone ha il frutto secco con tanti pelini raggiati che formano come un paracadute. Il vento stacca dalla pianta madre questi semi e questi frutti e li sparge lontano. Nelle leguminose, quando i semi sono maturi, il baccello esplode e lancia lontano i semi che contiene. Altri frutti sono pesanti e il vento non li potrebbe trasportare. E allora?
Anche questo caso è stato risolto. Il profumo, il colore, il sapore dolce dei frutti invita gli animali a mangiarli. La polpa dei frutti è facilmente digeribile, ma i semi che vi stanno dentro, coperti da una buccia durissima, no. Essi vengono espulsi dall’intestino dell’animale e lasciati a terra. Lì essi germogliano. (O. Valle)
Il fusto Il fusto o caule è quella parte della pianta che si sviluppa dal fusticino dell’embrione, in una direzione che di solito è opposta a quella della radice; serve a portare le foglie e a condurre la linfa. Per lo più ha forma cilindrica, diventando conico più in alto, verso l’apice; vi sono però anche fusti poliedrici (salvia, menta), appiattiti o sferici (come in certe piante grasse), ecc…
Varia è la consistenza: quelli deboli, pieghevoli son detti erbacei; quelli lignificati, tronchi; al fusto del grano e delle altre graminacee, vuoto nell’interno e ingrossato ai nodi, dove si inseriscono le foglie, si dà il nome di culmo. Varia è anche la lunghezza dei fusti, da quelli così brevi che si direbbero mancanti a quelli giganteschi, alti più di 100 metri, come varia è la grossezza: ve ne sono di sottilissimi e di colossali, il cui diametro raggiunge, e può anche superare, una dozzina di metri.
Il fusto che si innalza e sta dritto per virtù propria, reggendo rami e foglie, si dice eretto; quello che invece striscia sul suolo si chiama prostrato. Altri ancora per innalzarsi hanno bisogno di aiuto, e cioè o si avvolgono a spirale intorno a sostegni rigidi (fagiolo, vilucchio, luppolo) e sono detti fusti volubili, oppure diventano rampicanti, aggappandosi ai sostegni per mezzo di radici avventizie (edera) o di organi di attacco detti cirri o viticci (vite, zucca, pisello, ecc…).
E’ la necessità che hanno le foglie di essere esposte alla luce a determinare il portamento, la ramificazione del fusto ed anche il suo allungamento; così, dove sono molto fitte, le piante hanno il fusto più alto.
Gemme
L’apice vegetativo del tronco, delicato come quello della radice, è coperto, invece che dalla cuffia, da tante foglioline: all’insieme dell’apice e delle foglie che lo proteggono si dà il nome di gemma. Oltre alla gemma apicale, di solito il gusto ne porta altre laterali, che danno origine ai rami; i rami, a loro volta portano gemme terminali e laterali, dalla quali si hanno ulteriori ramificazioni, oppure foglie e fiori.
Le piante, la luce e il calore
Una delle scorse estati trovai, in una vallata alpina, una galeopsis alta circa mezzo metro. Ne raccolsi i semi e li affidai al terreno nel giardino botanico alpino Chanousia del Piccolo San Bernardo, a 2000 metri sul mare. Ebbene, l’anno dopo, ebb delle piante minuscole, alte appena due o tre centimetri. Un’altra volta, sempre nello stesso giardino, coltivai una pianta di stella alpina (edelweiss). La pianta prosperò e mise i suoi candidi e caratteristici fiori, che fotografai. A ottobre porti con me, in vaso, la pianta a Tivoli, presso Roma, e la collocai sul muro di una terrazza. Verso la fine di novembre, la pianta perdette le foglie, in aprile cominciò a rimetterle e in maggio fiorì. Con grande meraviglia di tutti però, foglie e fiori non erano più bianchi, come avrebbero dovuto, bensì verdastri, quasi come quelli di una qualunque erba. Che cosa era accaduto? La pianta si era accorta che a Tivoli le notti non erano così rigide come in alta montagna, nè i raggi del sole così ardenti e luminosi e… aveva trovato inutile l’acquisto del suo bianco mantello di lana che l’avrebbe, a un tempo, riparata dal freddo e dall’energetica insolazione. Perciò aveva abbandonato i peli che la ricoprivano e la rendevano bianca… lasciando vedere tutto il colore verde delle sue foglie. A luglio riportai la pianta in montagna; essa soffrì, per il brusco cambiamento. Avvizzì, perdette le foglie, ma non morì. Ne rimise delle nuove… che, erano bianche per fitta peluria. La stella alpina aveva rimesso il mantello. Ecco dunque provato che le piante sentono lo stimolo del calore. Ma esse avvertono anche la luce. Osservate il girasole. Non volge sempre la sua grande inflorescenza verso l’astro luminoso? E, se si piega da quella parte, non sente, forse? Osservate quelle graziose campanelline che si chiamano convolvoli. Sono aperte e bellissime sul far della sera e per tutta la notte, fino alla mattina; ma, non appena sorge il sole, una dopo l’altra si chiudono, come se temessero la luce troppo intensa. Altri fiori, al contrario (la margherita, ad esempio) temono le tenebre e chiudono e abbassano i petali non appena il sole tramonta. Non indica questo che le piante avvertono la mancanza e la presenza di luce? Osservate un campo di trifoglio. Di giorno le tre foglioline, di cui è formata ogni foglia, sono aperte a ventaglio, ma di notte sono abbassae le une contro le altre. Così fa l’ippocastano, il ben noto albero dei nostri viali. (L. Vaccani)
Curiosità sulle piante
Una scoperta recente ha svelato il segreto delle piante. Una sostanza chiamata auxina presiede alla crescita delle varie parti della pianta (radici, foglie, rami, fiori, ecc…). L’uomo è riuscito a estrarre da diverse fonti vegetali questa straordinaria sostanza e ha provato le prime applicazioni pratiche. Trattando dei fiori di pomodoro recisi con auxina estratta da frutti, ad esempio, si sono ottenuti, in vitro, dei pomodori grandi e senza semi, ma di buon sapore.
In ogni pianta vi sono gemme dette dormienti perchè possono rimanere prigioniere della corteccia anche più di cento anni senza sbocciare. Si apriranno, invece, quando, essendo stati distrutti gli altri germogli dall’uomo o dalle intemperie, la pianta si trovi in condizioni particolarmente difficili, che minacciano la sua vita.
Un seme può mantenersi vivo per anni, anche per secoli. Alcuni semi di pianta sensitiva sono infatti germogliati dopo sessant’anni. Semi di fagiolo dopo cento anni e altri di segale dopo centocinquanta anni. In mancanza di umidità, però, nessun seme è in grado di germogliare.
Alcuni alberi possono giungere a età molto avanzata. Per esempio, il cipresso e il tasso possono vivere tremila anni, il castagno duemila, il pino settecento. Le maggiori altezze raggiunte dagli alberi dei nostri boschi sono: abete bianco 75 m; larice, cipresso e pino 50 m. In America, certe conifere come la sequoia gigante, superano i 120 m di altezza, i 15 m di diametro alla base e talvolta raggiungono i cinquemila anni di età.
Una palma che cresce in Brasile ha foglie enormi: circa 20 m di lunghezza e 10 m di larghezza. Altra foglia gigante è quella della Victoria Regia che galleggia sulle acque degli stagni e dei fiumi dell’America tropicale. Ha la forma di una coppa di due metri di diametro.
I fuoriclasse della botanica
Ecco alcuni semi, fiori, frutti, piante ed alberi che sono veri e propri “campioni mondiali” di qualche specialità che indicheremo: il seme più grosso: cocco il fiore più grande: bolo il frutto più voluminoso: turien l’albero più alto: sequoia l’albero più grosso: baobab il legno più leggero: balsa il legno più pregiato: ebano la pianta più delicata: sensitiva la pianta più ricca di olio: sesamo la pianta che piange di più: vite l’albero europeo più longevo: tiglio.
Le piante alimentari
Sono piante alimentari quelle che danno all’uomo foglie, frutti e semi utili al suo nutrimento. Alimentare vuol dire nutrire. L’uomo coltiva queste piante con molta cura e cerca di migliorarne la qualità e la quantità. Esse popolano i campi, i frutteti, gli orti; fanno bella mostra di sè sui banchi del mercato e nelle vetrine dei negozi.
Il grano
In tutte le campagne d’Italia, in giugno, è facile osservare un campo di grano, che ci appare come un mare di spighe bionde. Gli steli, che prendono il nome di culmi, si piegano ed ondeggiano quando il vento soffia furiosamente. Essi resistono bene alle raffiche violente; cessato il vento, si rialzano come se nulla fosse accaduto. Anche se abbattuti al suolo, riescono a raddrizzarsi. Perchè i culmi sono tanto resistenti?
Il culmo resiste meglio alle flessioni perchè è cavo. L’uomo, forse prendendo esempio dalle piante, ha imparato a usare i tubi per le sue costruzioni. Il culmo è diviso in tanti pezzetti, o segmenti, perchè un tubo corto resiste alle flessioni meglio di uno lungo. Dai nodi dello stelo partono le foglie che lo avvolgono per un tratto. In alto, lo stelo termina con la spiga, composta di numerose spighette, difese da piccole lance, le reste. Ogni spiga porta dai trenta ai quaranta chicchi di grano. Da noi, in Italia, il grano viene seminato in autunno. L’umidità della terra fa gonfiare il seme, in cui si può vedere una puntina, detta germe o embrione della nuova pianta. Prima di tutto l’embrione forma una radichetta che si affonda nel terreno. Poi si forma una fogliolina che ben presto spunta dal suolo.
In seguito si formano molte altre foglie e poi la spiga, che contiene i semi nutrienti che il sole fa maturare e imbiondire. L’agricoltore coltiva il grano per la preparazione del pane e della pasta. Quando il sole di giugno ha maturato e indorato la spiga, il contadino miete il grano. Le spighe vengono trebbiate in una macchina che separa la paglia e la pula dai chicchi, che cadono nei sacchi.
Il grano è portato al mulino ed i chicchi vengono ridotti in farina. La farina, mescolata con lievito, acqua e sale, viene impastata; la pasta è modellata in pagnotte che sono poste a cuocere nel forno. Altra farina è utilizzata dai pastifici e trasformata in pasta alimentare.
E’ alto più di due metri, ha un gambo robusto e grosse foglie ruvide. In cima porta un ciuffo di fiori e, dove le foglie si attaccano al gambo, si forma una pannocchia protetta da un cartoccio di foglie spesse. La pannocchia è formata da un torsolo, il tutolo, sul quale sono fissati centinaia di grani rotondi, di colore giallo rossiccio. Quando la pannocchia è bionda viene raccolta, scartocciata e lasciata al sole perchè i grani finiscano di maturare. Poi è sgranata e i chicchi vengono macinati o usati interi per alimentare il pollame e il bestiame. Con la farina di granoturco si cuociono polente squisite.
Ma a quante altre cose serve il granoturco! Da esso derivano più di duecento prodotti. Si usa nella manifattura della carta, del sapone, dei bottoni, della colla, della tela cerata, delle vernici. Non basta: la radio, i telefoni, le gomme per automobili, l’industria dei gelati e dei fuochi d’artificio sono tutte tributarie del granoturco.
L’orzo e la segale
Appartengono alla stessa famiglia del grano. L’orzo ha uno stelo più breve di quello del grano e cresce in luoghi freddi. Il suo seme è usato come alimento per gli uomini e gli animali e per fabbricare la birra. La segale ha uno stelo molto più lungo e pieghevole di quello del grano e una spiga più magra, più allungata. E’ coltivata nei paesi di alta montagna. Con la sua farina si impasta il pane scuro.
Il riso
E’ un cereale che cresce sotto l’acqua, nelle risaie, che sono terreni allagati. La pianta rimane nell’acqua fino a che lo stelo è alto circa un metro e porta la spiga matura. Essa è un ciuffo che contiene un gran numero di chicchi. In Italia il riso è coltivato nella Pianura Padana.
Le piante da frutto
Quante piante da frutto prosperano nelle nostre campagne! A primavera, ecco le ciliegie, che ci giungono con le fragole di cui sono ricchi, oltre che i giardini, i boschi dei nostri monti. A giugno maturano le albicocche dorate, a cui tengono dietro le pesche morbide e vellutate. Contemporaneamente matura il ribes rosso, acidulo, apprezzato per le conserve. Le susine sono gustose e sane: la loro pianta non richiede troppe cure e cresce facilmente. I bei poponi gustosi ed i grossi cocomeri ci dissetano nel cuor dell’estate.
Poi arrivano i fichi, saporiti e dolcissimi, ci avvertono che l’autunno è vicino con le sue mele e le sue pere. L’autunno è anche la stagione dell’uva e delle noci, mentre, sui monti, si raccolgono le castagne. Lungo le sponde dei nostri mari crescono gli aranci: i loro frutti spiccano fra il verde cupo del fogliame. Ad essi si accompagnano i gialli limoni, i grossi cedri ed i mandarini profumati.
Il melo ha foglie tondeggianti, seghettate ai margini. I fiori, bianchi all’interno e rosati all’esterno, hanno cinque petali e sono riuniti in mazzetti. I frutti hanno la polpa dolce e profumata e contengono semi molto piccoli.
Il ciliegio
Ha foglie ovali, seghettate ai margini. I bianchi fiori, riuniti in mazzetti, hanno un lungo picciolo. Il frutto contiene un nocciolo che racchiude il seme. Anche il pesco e il susino hanno i semi racchiusi in un duro nocciolo.
Il fico
E’ un albero non molto alto, con rami contorti. Le foglie sono ampie e ruvide. I fiori sono racchiusi in quella specie di piccola pera che noi chiamiamo frutto e mangiamo quando è matura. I veri frutti sono i granellini contenuti nel suo interno.
L’olivo
mosca olearia
E’ un albero che ama il sole e l’azzurro. Non importa che la terra in cui affonda le radici sia arida e pietrosa. L’olivo è un albero che sa cercare con le profonde radici anche la minima goccia d’acqua. Il suo tronco è contorto e nodoso; gli anni della sua vita non si contano. Quanti anni vive un olivo? Esso vive centinaia di anni. E’ antico come i templi della Grecia, è vecchio come certi castelli in rovina. Molte volte il tronco dell’ulivo è scavato, sembra lì lì per morire. Ed ogni anno, invece, al soffio della primavera, appaiono i suoi fiori a grappolo che a poco a poco si trasformano in drupe, i suoi frutti gonfi di olio. Il tempo del raccolto dura tutto l’inverno. Le donne e gli uomini, con sacchi e ceste, si avviano verso gli oliveti.
Gli alberi aspettano gli uomini per cedere i loro preziosi frutti. Si adoperano pertiche, si battono con riguardo i rami. Sotto gli olivi sono distesi grandi lenzuoli per raccogliere i frutti che cadono e per metterci quelli che si sono staccati da soli dai rami. Le olive mature, di un bel violetto – nero, vengono poi portate all’oleificio, e da esse si estrae l’olio con macchine speciali: frantoi, torchi e filtri.
Le olive verdi vengono mangiate subito o messe in salamoia. L’uomo fin dall’antichità ha ricavato un olio alimentare, oltre che dalle olive, dalle noci, dalle arachidi, dalle mandorle.
Gli ortaggi sono le piante alimentari che di coltivano nell’orto. L’orto è un terreno che si estende, di solito, vicino alla casa dell’uomo e può essere facilmente irrigato. La famiglia degli ortaggi è molto numerosa; essi germogliano in ogni stagione, anche sotto la neve, e gli ortolani li inviano a ceste e a sacchi su tutti i mercati.
Tra essi ha particolare valore la pianta della patata, di cui consumiamo il tubero, ricco di una materia farinosa e nutriente detta fecola. Così consumiamo il bulbo dell’aglio e della cipolla, la radice della carota e della barbabietola.
Altro ortaggio di notevole valore per la nostra mensa è il pomodoro, il cui frutto rosso e saporito viene consumato fresco o conservato sotto forma di salsa. L’orto di dà anche i legumi che costituiscono un alimento gustoso e nutriente.
La carota
Le foglie della carota sono frastagliatissime e i fiori sono riuniti a formare una specie di ombrello. La radice ingrossata è per la pianta una specie di magazzino di sostanze nutritive. Proprio perchè contiene queste sostanze, noi mangiamo la radice. Anche la barbabietola e la rapa hanno radici ingrossate che noi utilizziamo come cibo.
Il cavolo
Il cavolo ha foglie larghe e carnose, che costituiscono un ottimo alimento per l’uomo. Ha un fusto breve e una grossa radice. Nell’orto crescono altre piante di cui noi utilizziamo le foglie: spinaci, insalata, prezzemolo , salvia. Le foglie della salvia non ingialliscono e non cadono in autunno: la salvia è perciò una pianta sempreverde.
La patata
Ha fiorellini bianco – violacei raccolti in mazzetti. Il fusto ha rami sotterranei ingrossati e carnosi, chiamati tuberi, ricchi di sostanze nutritive. Noi mangiamo i tuberi. Ogni tubero porta delle gemme, dalle quali può nascere una nuova pianta.
Anche la cipolla ha un fusto sotterraneo ricco di sostanze nutritive, il bulbo. Esso è la parte che mangiamo. Forse sarà una sorpresa per molti ragazzi sapere che parenti della patata sono il pomodoro, la melanzana, il peperone e perfino il tabacco.
pomodoro peperone e tabacco
Qualcuno potrà dire: “Ma la patata ha i frutti sottoterra, mentre i suoi parenti li hanno sui rami”. Non è vero: anche la patata ha i suoi frutti sui rami: sono delle piccole bacche verdi che all’uomo non servono, anzi sono velenose.
Il fagiolo
Nell’orto, anche se piccolo, possiamo trovare un gran numero di piante utili all’uomo. Tra queste, una delle più diffuse è il fagiolo. Il seme del fagiolo è formato, oltre che dall’embrione, da due parti dette cotiledoni, dapprima unite, che si dividono appena la germinazione è incominciata. Il fagiolo rampicante ha bisogno di un sostegno; lo cerca e vi si attorciglia.
Le larghe foglie del fagiolo, assetate di luce, si dispongono in modo da ricevere i raggi solari. Nel luogo in cui stavano i fiori, si formano i frutti: i baccelli, entro i quali stanno i semi. Il fagiolo ha diversi parenti, che fanno parte della famiglia delle leguminose: il pisello, che può essere consumato fresco, ma si conserva facilmente essiccato o anche cotto e inscatolato; la fava, che viene per lo più consumata fresca. Oltre a questi, sono parenti del fagiolo la lenticchia, la soia, il lupino, il glicine, l’arachide e diecimila altre piante.
Il pepe
Il pepe, la forte spezia che viene dall’Indocina e dal Siam, è fornito da alti alberi, di cui vi sono esemplari bellissimi in Sicilia. I frutti del pepe, distaccati ancora immaturi e disseccati, danno il pepe nero, mentre i frutti maturi, essiccati con parte della polpa, formano il pepe bianco, che è molto più forte.
Il caffè
E’ una pianta che è assai importante per l’economia del mondo. La sua patria originaria è stata l’Abissinia. Gli Arabi diffusero l’uso della bevanda di caffè: essi non potendo bere vino, perchè vietato dal Corano, ricorsero al caffè, che è il vino dell’Islam.
In Europa il suo uso divenne di moda alla fine del secolo XVII: a Venezia lo si beveva amaro, perchè si riteneva che l’amaro servisse a mantenere in giovinezza chi lo beveva. Ormai il caffè è bevuto da per tutto: costituisce una bevanda stimolante, che vince la stanchezza ed acuisce la mente.
Le piante tessili
C’è un gruppo di piante che forniscono, nello stelo o nelle foglie, fibre adatte ad essere intrecciate e tessute: sono le piante tessili. Le loro fibre hanno lunghezza diversa e vario spessore, resistenza e flessibilità. Dalle fibre si estraggono i fili per la tessitura che, oggi, è fatta con telai meccanici molto perfezionati. Sono piante tessili la canapa, il cotone, il lino e la iuta.
La canapa
canapa
La canapa ha uno stelo alto fino a due metri, ha foglie larghe come il palmo della mano e ciuffi di foglioline aguzze e ruvide. Il contadino coltiva la canapa con molta cura, lavora profondamente il terreno e lo concima in abbondanza. La semina avviene in febbraio o marzo, e la raccolta in luglio e agosto. Dopo il taglio, i fusti si lasciano essiccare per due o tre giorni. Poi vengono messi in vasche piene d’acqua (maceri): successivamente si sfilacciano e le fibre ottenute sono inviate nelle grandi fabbriche per la lavorazione industriale. Queste fibre servono a fare tele, corde e spago. In Itali asi coltiva la canapa nell’Emilia, nel Piemonte, nel Veneto e in Campania.
Il cotone
cotone
Molti dei nostri indumenti sono di cotone. Che cos’è il cotone? E’ una bella pianta che cresce nelle pianure di zone molto calde. Nella valle del Nilo, in Egitto, nel sud degli Stati Uniti d’America e in India è molto abbondante. In piccole quantità viene coltivato anche in Italia, in Sicilia. La pianta del cotone è piuttosto alta; può raggiungere anche i due metri. Quando i suoi frutti sono giunti a maturazione, si aprono e mostrano i semi ricoperti di un candido fiocco. Al momento della raccolta, i fiocchi vengono messi in sacchi ed inviati ai cotonifici. In queste fabbriche il cotone viene lavorato; da esso si ottengono fili lunghissimi, che apposite macchine avvolgono in grosse matasse. In seguito, altre macchine tesseranno il filo col quale si otterranno tessuti di ogni genere.
Il lino
lino
E’ una pianta alta una sessantina di centimetri. Nel periodo della fioritura, la pianta del lino si copre di piccoli fiori di color azzurro pallido e il campo assomiglia a una distesa d’acqua. Dal fusto del lino si ricavano le fibre che, filate, torte e intrecciate, sono usate per tessere tele assai fini, trine, merletti. Il seme del lino è fortemente oleoso.
Le piante industriali
Molti alberi popolano i boschi della collina e della montagna o fiancheggiano le sponde dei fiumi; essi offrono il loro tronco al lavoro dell’uomo e al riscaldamento della sua casa. Questi alberi producono legno per mobili, legname da costruzione, legna da ardere, pasta di legno per la produzione della carta. Il noce e il faggio offrono legno pregiato per mobili; il rovere ha legno adatto per i pavimenti; il pioppo produce legno per la preparazione di compensati e di cellulosa; l’acacia, l’olmo, il gelso danno legna da ardere.
Le conifere
Appartengono a questa classe gli alberi che producono frutti duri, a forma di cono: le pigne. Sono il pino, il larice, l’abete. Essi crescono sulla montagna; una specie di pino, il marittimo, ha la chioma a forma di ombrello e vive lungo le coste italiane. Questi alberi hanno foglie trasformate in sottili aghi verdi; dai loro tronchi cola una sostanza profumata: la resina. Con il tronco dell’abete e del larice si preparano travature e serramenti.
La quercia
La quercia è un albero rude e forte che si innalza lento, vestito di una scorza ruvida, ma che custodisce un legno che dura eterno e resiste alle insidie del tempo. La quercia è nel fiore della sua bellezza quando ha, almeno, un secolo di vita; ed è bellissima quando è tre, quattro volte centenaria.
Piante che guariscono
Non si può avere un’idea di quante sono le piante dai cui semi o fiori o frutti o radici si ricavano sostanze medicinali preziose per la salute dell’uomo; anche da quelle che sono velenose, purchè se ne usi il succo con molta discrezione. Per esempio c’è una pianta chiamata belladonna le cui bacche sono velenosissime; ma da esse si ricava un liquido che, preso in poche gocce, aiuta la cura di molte malattie; non solo, ma serve anche a dilatare la pupilla degli occhi, se vi si lasciano cader due o tre gocce, in modo che l’oculista possa meglio osservare chi ricorre a lui perchè ha la vista debole.
Dalla corteccia dell’albero di china si ricava un’altra sostanza preziosa che si usa soprattutto per confezionare il chinino, che abbassa la febbre ed un tempo era indispensabile per la cura della malaria. In India cresce una pianta alta fino a sette metri, che da noi non raggiunge i due metri di altezza, il ricino. La modesta camomilla, che cresce come una margherita nei nostri orti dà, bollita, un infuso che aiuta la digestione e il sonno; e così si preparano infusi con le foglie di mente, di timo, di malva. Taluni gradevoli, taluni no, ma tutti balsamici. E, d’inverno, quante volte la mamma ha preparato quella specie di polentina fatta con i semi di lino, racchiusa in una pezzuola e posta calda calda sul petto per sgombrarlo da qualche brutto catarro? E il catarro, le bronchiti e tanti altri mali delle vie respiratorie si curano con le gocce di eucalipto; l’eucalipto è una grande pianta che cresce in India e nei paesi che le sono vicini.
Dalla radice di una pianta detta liquirizia si ricava un altro succo tanto utile; non serve solo a fare dolci, ma anche a preparare pastiglie per il mal di gola perchè ha la proprietà di ammorbidire le vie respiratorie. Oggi molte medicine sono preparate esclusivamente con prodotti chimici, fabbricati nei laboratori, ma una volta quante malattie si curavano solo ricorrendo alle erbe, alle foglie, alle piante; decotti, infusi, distillati erano comuni in tutte le case. Tutte queste piante così benefiche per l’uomo hanno un nome: piante officinali.
Le piante grasse
Sono piante originarie di zone dove le piogge sono rare. Hanno il fusto verde, capace di conservare l’acqua assorbita dalle radici durante le piogge, per utilizzarla nei periodi di siccità. Anche le loro foglie si sono trasformate in spine per non disperdere l’acqua.
Le alghe
Anche sott’acqua vivono alcune pianticelle: le alghe, che formano sul fondo marino meravigliose praterie, macchie, radure e foreste. Tra queste strane piante vivono moltissimi pesci e animaletti che si nutrono di esse, vi si nascondono e vi depositano le uova. Alcune alghe sono sottili come capelli, altre larghe e ondulate come nastri, altre disposte a ventaglio e a ciuffo. Ci sono alghe rosse, verdi, brune. Ci sono alghe piccolissime che l’occhio umano non distingue e che vivono sospese nelle acque. Ce ne accorgiamo soltanto quando si trovano in grande quantità, perchè fanno apparire torbide le acque.
Le piante della strada
Un mondo meraviglioso, sconosciuto a moltissimi, ci offre persino la strada della città dove attorno allo zoccolo di un lampione, nello spigolo del marciapiede spunta un filo verde, un ciuffo di fiorellini: le erbacce, le più umili tra le creature che vivono sulla terra. Ma lo stesso filo d’erba, per quanto piccolo possa essere, è una di quelle meraviglie che l’uomo non è riuscito ancora a decifrare completamente. Anche le altre erbe della strada hanno una loro storia, le loro caratteristiche.
La lattuga selvatica è addirittura un indicatore geografico. Le sue foglie, esposte al sole, sono costantemente orientate in direzione Nord – Sud. In questo modo i loro lembi ricevono solo di striscio i raggi cocenti del mezzogiorno. La poa è l’erbetta che annuncia per prima, col suo tenue verde, l’arrivo della primavera. Questa pianta occhieggia al sole di ogni strada, a qualsiasi altitudine, resistendo al calpestamento continuo. La più audace è senz’altro la petacciola che sfida, con le foglie tenaci, persino le ruote dei carri spingendosi fino al centro della carreggiata.
Altre erbe, come la malva e la stessa ortica, sono ben note come erbe medicinali. Il fieno stellino munisce i semi di gancetti che si attaccano a tutto ciò che li avvicina; il dente di leone ha invece armato i suoi semi di un paracadute per farli volare lontano. La sanguinella, dalle foglie sottili, si difende dal calpestio dei passanti, stando aderente al suolo.
Le piante carnivore, o insettivore, costituiscono una delle parti più interessanti e più strane dell’immensa flora terrestre. Si tratta, come il nome stesso indica, di piante che si nutrono di piccoli animali, per lo più insetti o minuscoli crostacei, dai quali utilizzano le sostanze loro necessarie, ad esempio l’azoto, che non possono trovare nell’ambiente in cui vivono. Infatti crescono generalmente in luoghi umidi, acquitrinosi o sono piante acquatiche: solo alcune abitano terreni sabbiosi o rocciosi.
Dato il singolare modo di nutrizione, esse sono fornite di speciali dispositivi per imprigionare la preda e producono sostanze dette enzimi che permettono la digestione e quindi l’assimilazione dell’animale catturato. Gli apparati per la cattura non sono altro che foglie trasformate in organi cavi (ascidi) di vario aspetto, simili ad urne o a vescicole, così da essere perfettamente adatte alla nuova funzione. La parte più interessante dunque di questi vegetali sono le foglie, dall’apparenza innocua, che si tendono simili a tentacoli, per catturare l’incauto insetto. Queste piante carnivore prosperano nei nostri paesi come in quelli tropicali, e ve ne sono di moltissime specie, circa cinquecento; ma qui parleremo delle più interessanti.
Bellissima è la Nepente, pianta rampicante delle foreste indonesiane; la parte terminale delle sue foglie costituisce un ascidio a forma di urna ricoperta di piccoli peli, munita di coperchietto e colorata vivacemente. La natura, così saggia e giusta nel disporre l’ordine delle cose, ha donato a queste foglie, nell’orlo dell’ulna, sostanze zuccherine che attirano gli insetti verso quell’irresistibile dolcissimo cibo. Essi si posano, ignari della fine crudele che li attende, e succhiano avidi lo zucchero, ma la foglia muove i peli come minuscoli tentacoli e l’insetto vi resta inesorabilmente impigliato, scivola nel fondo dell’ulna, dove il liquido secreto della pianta stessa prepara il processo di digestione.
L’Erba vescica, invece, che è una pianta acquatica priva di radici, ha foglie trasformate in piccole vesciche, vere e proprie trappole per gli incauti animaletti che vi penetrano.
E stranamente belle, ma piene di insidie, sono le foglie della Drosera, le cui tre specie Drosera rotundifolia, intermedia e longifolia sono molto diffuse anche da noi, specialmente nelle torbiere di montagna. Le foglie,rotonde od allungate, di un bel verde, sono ricoperte da numerosi e lunghi tentacoli rossi, le cui estremità secernono una sostanza vischiosa, rifrangente la luce, che appare come una gocciolina di rugiada. L’insetto, richiamato da quella multicolore trasparenza, vi si posa e subito rimane invischiato, mentre i tentacoli, lasciato ormai il loro aspetto innocuo e bellissimo, si curvano su di lui e lo soffocano.
Terminato il processo di digestione, i tentacoli ritornano nella posizione primitiva, pronti ad attirare altri animaletti, con spietata ed incosciente crudeltà. Un’altra interessantissima pianta carnivora è la Dionaea muscipola, comunemente detta “piglia – mosche”. E’ un’erba alta circa 20 centimetri, che cresce nell’America settentrionale e le cui foglie sono dotate di una sensibilità notevolissima. La lamina fogliare, sostenuta da un picciolo spatolato, ha i margini provvisti di denti lunghi e acuminati: essa è divisa dalla nervatura principale che funziona da cerniera, in due tempi mobili. Su ciascuno di essi si trovano, oltre a numerose ghiandole, tre setole, che stimolate dal contatto di piccoli animali, fanno avvicinare i due lembi con movimento brusco e rapido, cosicchè i denti marginali si incastrano uno all’altro e la preda resta prigioniera.
E cento e cento altre piante, di apparenza strana e diversa, che qui sarebbe impresa ardua elencare, vivono sui monti, negli acquitrini, tra le misteriose folte vegetazioni tropicali. Ma ognuna ha in comune l’istinto crudele di catturare le piccole prede, ragione del loro nutrimento e della loro perpetuazione.
Piante viaggiatrici
Anche le piante viaggiano, e vanno addirittura da una parte del mondo all’altra. Il riso, col quale la mamma prepara la saporita minestra, nacque in India; di là fu trapiantata nell’Estremo Oriente: in Cina e in Giappone, ove divenne il cibo preferito di questi popoli. Molto più tardi, e precisamente nel 1468, giunse anche in Europa, portato da alcuni mercanti italiani Il primo riso fu da noi coltivato nella pianura di Pisa.
Quasi lo stesso viaggio del riso fecero gli agrumi. Solo che, mentre il riso scelse le umide pianure, gli agrumi scelsero le coste ben soleggiate del Mediterraneo. Nacquero essi pure in India, poi si diressero nell’Estremo Oriente. Primo ad arrivare in Europa fu il cedro, che anche i Romani adoperavano; poi arrivarono le piante di limone e di arancio amaro, portate dagli Arabi intorno all’anno mille; infine, dopo altri cinquecento anni i Portoghesi trapiantarono nel Mediterraneo anche l’arancio dolce, dai bei frutti succosi.
Ma la pianta più girellona è certo quella del caffè. Essa nacque nelle montagne dell’Abissinia e di lì passò, ma non si sa ne quando ne come, in Arabia. In Arabia fu anzi preparata la prima tazza di caffè per merito di un pastorello, attento osservatore delle sue pecore. Egli aveva notato, infatti, che le sue miti pecore diventavano irritate, belavano, restavano sveglie la notte, quando avevano mangiato i frutti di una certa pianta. Provò a cogliere quei frutti, ne fece un infuso e così nacque la prima tazza di caffè. La bevanda piacque moltissimo agli Arabi ed ai Turchi che ne fecero subito grande uso; da essi lo conobbero i mercanti veneti, e vollero introdurne l’uso anche nella loro città, dove aprirono la prima bottega del caffè. Ma da principio nessuno voleva bere quell’amaro miscuglio (allora non c’erano le macchine espresso, e lo stesso zucchero era un genere rarissimo venduto dai farmacisti, come medicina), ma poi piacque, e nessuno ne potè fare a meno.
Nel 1705 arrivò in Europa anche la prima pianta di caffè: la regalò un olandese al re di Francia Luigi XIV, Abituata ai climi caldi, non avrebbe potuto sopravvivere all’inverno di Parigi, e allora il re pensò di farla viaggiare ancora, mandandola nientedimeno che in America, nel suo possesso della Martinica. L’affidò al cavaliere Declieux che fu davvero compito cavaliere, e protesse la pianta, che minacciava ad ogni momento di morire, come se fosse stata una principessa di sangue reale. Basti dire che, quando a bordo mancò l’acqua, il fedele cavaliere rimase senza bere, pur di dissetare la sua protetta. Così essa giunse ancora viva alla Martinica, che è un’isola dell’arcipelago delle Antille; e lì riprese forza, crebbe, mise al mondo figlioli, nipoti e pronipoti a migliaia e migliaia.
Le immense coltivazioni americane di caffè ebbero tutte origine da quella prima piantina viaggiatrice, salvata dal buon Declieux. Il Nuovo Mondo ci aveva già regalato molte piante utilissime, prima che il caffè vi sbarcasse. Lo stesso Cristoforo Colombo, insieme con i sigari degli indigeni, aveva portato in Spagna i chicchi del granoturco, che dà il buon pane dei poveri negli anni di carestia. Più tardi gli Spagnoli trovarono in Cile la patata, e la mandarono in patria. Ma nessuno voleva cibarsene, ne in Spagna ne in Inghilterra ne in Francia. Ci vollero decine e decine di anni prima di convincere la gente a nutrirsene, e dovette mettersi di mezzo un re di Francia, che fece servire patate ai suoi pranzi, e portò appuntati sulla giacca mazzetti di fior di patata. Allora i cortigiani, per far cosa gradita al re, mangiarono anch’essi patate; quando le persone del popolo videro che i nobili mangiavano patate, le vollero anche loro, e così la patata entrò, come prezioso cibo, in tutte le case: in quelle ricche come in quelle povere.
Altri arrivi si ebbero in quello stesso tempo: arrivarono i pomodori dal Perù, e da altre regioni varie qualità di fagioli. E insieme con le piante arrivò anche un volatile dalla carne saporita: il tacchino, che gli Aztechi del Messico già avevano addomesticato. (R. Frattina)
Piante secolari
Non tutte le specie di piante vivono, naturalmente, lo stesso numero di anni: vi sono piante, soprattutto quelle delicate dei fiori, che hanno vita assai breve; ve ne sono invece altre la cui vita dura lunghi anni e anche secoli. Fra queste ultime poi vi sono piante eccezionali, quasi fossero i campioni della loro specie, la cui vita dura per un tempo che lascia sbalorditi.
Vicino a Gerusalemme, nell’orto dei Getsemani, vi sono ulivi che hanno più di duemila anni. Sempre in Palestina, sulle pendici del Libano, alcuni cedri di età incalcolabile hanno raggiunto alla base dei loro tronchi una circonferenza di ben dodici metri.
In Sicilia, fino a pochi anni fa, si ammirava un castagno detto dei cento cavalli perchè la tradizione narrava che un re con cento cavalieri avesse trovato ristoro sotto le sue enormi fronde. E tanti avrebbe potuto accogliere infatti; misurava, solo di tronco, sessanta metri di circonferenza!
In America, nella California, ha sempre destato la più viva curiosità un albero che per la sua gigantesca proporzione è stato battezzato Mammut. Si dice che abbia addirittura più di seimila anni di età. Un tronco altrettanto gigantesco fu portato una volta a un’esposizione di San Francisco, in America: il suo interno era stato svuotato e vi si potè tenere un concerto, con tanto di pianista davanti a un piano a coda e quaranta invitati in comode poltrone!
La terra Dentro la terra c’è un qualche cosa che nessuno conosce, che si trasforma nel tronco duro e legnoso degli alberi, nella polpa morbida e zuccherina delle fragole, in quella farinosa del grano, nel nettare dei fiori, nella sostanza carnosa del fungo. E’ un qualche cosa che sale su dalla terra per le scaglie, per i tronchi nodosi e contorti e si trasforma nel profumo delicato dei fiori, nel sapore dolce dell’uva, nel succo amarognolo delle prugne, in quello bruciante dell’ortica, in quello untuoso delle olive.
Attraverso quali filtri, in quali misteriosi laboratori si fabbricano le combinazioni chimiche che danno origine a queste sostanze? E come tutto ciò sta rinchiuso nel mistero della terra umida, scura, friabile, che non sa di nulla? Quando penso e osservo tutto ciò, mi pare impossibile che io sia sulla terra, piccino piccino, a vedere tali cose grandi.
Piante parassite
Ecco una pianta che non trae il nutrimento dal terreno: è il vischio, che affonda le sue radici sui rami di alcuni alberi, rubando loro la linfa già elaborata: è una pianta parassita.
Nasce una pianta
Prendiamo un seme di fagiolo, pianta tra le più comuni e conosciute. Mettiamolo in un bicchiere contenente un po’ d’acqua. A poco a poco l’involucro tenace che proteggeva il seme si è screpolato e ha lasciato vedere due piccoli ammassi farinosi, i cotiledoni, che serviranno ad alimentare la nuoca pianticina. Guardiamo bene il nostro seme di fagiolo: non si possono già riconoscere una radichetta, un fusticino, una piccola gemma? Nel piccolo seme non c’è dunque già tutta la pianta? Proprio così: anche la più gigantesca pianta dei monti e delle foreste è già tutta contenuta nell’umile seme.
La germinazione
Se poniamo dei semi di fagiolo a poca profondità in un terreno umido e areato, vedremo che a poco a poco si svolgerà una radichetta, che si copre di peli succiatori e si ramifica. Apparirà poi il fusticino che cerca subito la luce, mentre i cotiledoni, dopo che hanno offerto sostanze nutritive alla pianticina, appassiscono e cadono. Infine ecco le foglie che si disporranno in un modo singolare sul fusto che è erbaceo e ha bisogno di avvolgersi ad un sostegno. Il fiore del fagiolo comprende il calice, la corolla, gli stami e il pistillo: è dunque un fiore completo. Il calice è composto, come tutti fiori in cui esso è presente, dai sepali; la corolla è composta dai petali. Allorchè il frutto del fagiolo è maturo, ecco che si forma il baccello che ha la forma di un sacchettino dalle pareti assai resistenti, nel cui interno si trovano i semi, o fagioli.
Il risveglio della pianta
Dopo circa quattro mesi dalla germinazione, la nostra pianta di fagiolo incomincia ad ingiallire, dopo che ha prodotto i fiori ed i frutti. Poi, a poco a poco dissecca e muore. Il ciclo del fagiolo si compie in breve tempo: si dice che il fagiolo è una pianta annuale. Ma una forza misteriosa è racchiusa nei semi: basterà che siano messi nella buona terra perchè diano origine a nuove piante.
Esercizi di ricerca e di sperimentazione
Prova a far germogliare tra due pezzi di carta imbevuta d’acqua dei semi: le radici appariranno coperte di piccolissimi peli. Qual è la loro funzione? Come si chiamano? Prova a togliere dal terreno una piantina: vedrai che i peli radicali sono coperti di particelle terre fitte. Anche se tieni immersa a lungo la piantina nell’acqua on potrai liberare le sue radici si quelle particelle di terra. Sembra che vi siano incollate. Ricorda che le funzioni delle radici sono quelle di alimentare la pianta e di ancorarla saldamente al terreno. Studia ancora la funzione dei peli succiatori. Poni in un bicchiere contenente acqua una piantina e mettine un’altra in un bicchiere contenente olio. La pianta che la zona pilifera nell’acqua continuerà a vegetare: l’altra invece come si presenterà dopo poco tempo? In che modo i peli succiatori assorbono dal terreno l’acqua contenente i sali nutritivi in essa disciolti? Fai la seguente esperienza e saprai rispondere bene. Procurati una membrana semipermeabile (un po’ di cellophane) e metti in essa un poco di colla da falegname sciolta. Lega poi la membrana ad un tubo di vetro lungo 30 cm ed avente il diametro di mezzo centimetro. Questo apparecchio da te costruito si chiama osmometro. Prova ad immergere e a mantenere l’osmometro in acqua colorata. Vedrai che l’acqua salirà nel tubo di vetro passando attraverso i pori della membrana. Questo passaggio dall’esterno all’interno della membrana si chiama fenomeno di osmosi. Com’è l’estremità della radice delle piante? Non somiglia la cuffia al puntale di un bastone? Osservane una con l’aiuto di una buona lente. Perchè è più resistente. Quale compito ha? Che cosa emettono i peli succiatori della pianta? Prova a lasciare per alcuni giorni su una lastra levigata di marmo una pianticella in germinazione. Vedrai l’impronta che vi lascerà la zona pilifera, che ha corroso la superficie del marmo. I peli succiatori della pianta emettono acido carbonico, che ha il potere di sciogliere il carbonato di calcio, che si trova nel terreno, fornendo così il calcio utile alla nutrizione della pianta. Prova ad immergere un ramo di giglio bianco in una vasca in cui ci sia dell’acqua colorata. Come diventeranno dopo qualche giorno i candidi fiori del giglio? Perché? Puoi fare lo stesso esperimento con un fusticino legnoso. Guardalo bene dopo aver immerso immerso in acqua una parte di esso: osserva l’alone circolare colorato al centro del fusto. Perchè un albero muore, se si toglie un anello di corteccia? La clorofilla ha un immenso valore per la vita degli animali e delle piante: senza clorofilla non di sarebbe vita nella terra. Il processo clorofilliano non si produce nel buio. Prova a seminare del frumento in due vasi pieni di terra. Uno di essi lo terrai al buio, l’altro alla luce. Come saranno le pianticelle cresciute al buio? Esponendole alla luce rinverdiranno? Il colore verde è più vivo nella pagina superiore o in quella inferiore della foglia? Perchè? Pesta in un mortaio delle foglie verdi di una pianta: metti poi la poltiglia ottenuta in un bicchiere contenente alcool. Come si colorerà l’alcool? Quale sostanza si è disciolta nell’alcool? Copri una parte di una foglia con della stagnola e lasciala attaccata ala pianta per tutta la giornata. Quando è giunte la sera, stacca la foglia e togli la stagnola: immergi poi la foglia in una soluzione di iodio. Noterai subito che la parte non coperta dalla stagnola assumerà il colore blu, perchè contiene amido, mentre la parte che durante il giorno era coperta dalla stagnola rimane incolore. Ciò dimostra che la funzione clorofilliana si svolge di giorno sotto l’azione della luce e del calore del sole. In estate una grande quantità di vapore acqueo passa dalle foglie nell’aria: pensa che un solo albero in un giorno emette fino a cento litri d’acqua! Come si chiama questa attività della pianta? E’ utile per la nostra vita?
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Materiale didattico sul FIORE per bambini della scuola primaria.
I fiori
Il gambo dei fiori si chiama peduncolo.
sezione di un fiore
La parte più bella ed appariscente è la corolla, composta da foglioline variamente colorate che si chiamano petali.
petalo
Al di sotto della corolla vi è il calice, le cui foglioline verdi, dette sepali, sono più piccole dei petali. Il calice serve a proteggere il fiore quando è ancora in boccio.
sepali
Nell’interno della corolla vi sono gli stami, filamenti sottili che terminano in un rigonfiamento pieno di polline, una polverina di colore giallo.
stami
Ancora nell’interno della corolla si possono notare uno o due pistilli (simili a bottigliette), la parte più larga dei quali è l’ovario.
pistillo
Aprendo delicatamente l’ovario troviamo gli ovuli (simili a piccole uova), che daranno vita ai semi. Quando il polline entra nell’ovario, i petali e gli stami cadono, l’ovario si ingrossa ed a poco a poco si trasforma in frutto.
Com’è fatto un fiore
Per il lavoro di ricerca
– Quali parti puoi distinguere nel fiore? Tali parti esistono sempre in ogni fiore? – Che cos’è il polline e a che cosa serve? – Che cosa contiene l’ovario? – A che cosa servono gli ovuli? – Che cos’è l’impollinazione e come può avvenire? – Quando è avvenuta l’impollinazione che cosa accade? – Che cos’è il seme e a che cosa serve? – Perchè i fiori sono tanto diversi l’uno dall’altro? – Tutte le piante fioriscono? – Come si chiamano le piante che hanno fiori e frutti e che quindi si riproducono per mezzo di semi? – Come provvedono a riprodursi le piante che non hanno fiori? Quali sono le principali di esse? – Quali sono i più comuni fiori dei nostri prati e dei nostri giardini? – Generalmente i fiori si dischiudono di giorno; ve ne sono alcuni però che di giorno, quando c’è troppa luce, si chiudono. Ne hai già sentito parlare? – Altri fiori si chiudono appena toccati accartocciando i petali, come per proteggersi. Ne conosci qualcuno? – Che cosa sono le serre?
A che cosa servono gli ovuli e i granelli di polline?
Gli ovuli sono gli organi destinati a trasformarsi in semi. Perchè questa trasformazione avvenga occorre, però, che gli ovuli si incontrino con un granello di polline.
tipi di granuli di polline ingranditi
Il polline viene prodotto dalle antere. Esso dovrà perciò venir trasportato fin sulla punta del pistillo: da qui potrà scendere fin nell’ovario dove incontrerà gli ovuli. Allora si formeranno i semi, ed il fiore avrà adempiuto il suo compito; infatti a questo punto il fiore appassisce e cade.
sezione schematica di un fiore
Bisogna ricordare una importante legge che regola l’impollinazione dei fiori: in genere il fiore, perchè dai suoi semi possa nascere una pianta sana e vigorosa, deve essere fecondato con polline prodotto da un altro fiore. Ma chi provvede a portare il polline dall’uno all’altro fiore?
Ciascuna famiglia di piante ha scelto il suo modo per provvedere a questo trasporto: c’è chi si serve del vento, chi dell’acqua e chi dell’opera di diversi animaletti, generalmente insetti, ma in qualche caso anche uccelli e molluschi.
Impollinazione
Perchè possa aver luogo una impollinazione è necessario che il polline di un fiore venga portato sul pistillo di un altro fiore della stessa specie.
Impollinazione per mezzo di insetti
Molti fiori nel punto più profondo della loro corolla secernono il nettare, un succo sciropposo, dolce e profumato, che è un ottimo cibo per gli insetti. L’insetto, per nutrirsi, vola sul fiore e si intrufola fra i petali; nel raggiungere le goccioline di nettare sfiora le antere e impolvera di granelli di polline il suo corpicino peloso.
Quando ha succhiato tutto il nettare di un fiore l’insetto si leva a volo e va in cerca di un altro fiore della medesima specie per trovare altro nettare dello stesso sapore. Anche qui, intrufolandosi nella corolla, urta gli organi del fiore e finisce col depositare sulla punta appiccicosa del pistillo qualche granello del polline che reca addosso. Il polline può venire così a contatto con gli ovuli contenuti nell’ovario e fecondarli.
Gli insetti sono dunque dei diligenti corrieri di trasporto di polline; compiendo questo servizio essi compensano i fiori del nettare che viene offerto loro ad ogni sosta.
Impollinazione per mezzo del vento
Altre piante producono fiori piccoli, privi di corolle, di odore, di nettare. Esse si affidano per la fecondazione al vento. Un esempio tipico è la quercia: preleviamo in aprile – maggio, quando le foglie stanno formandosi, un rametto; noteremo dei lunghi filamenti. Se osservati con la lente, noteremo in essi dei ciuffetti di stami con le loro antere.
Piogge di polline
I pini e le conifere in genere sono fecondati dal vento. Essi, quando è l’epoca di maturazione dei loro fiori maschili, lasciano cadere il polline in quantità così grande che nelle pinete si assiste ad una vera e propria pioggia di polline.
La varietà dei fiori
La varietà dei fiori è veramente grande. Ci sono fiori con petali nettamente distinti (rosa, garofano); altri con petali tutti saldati insieme, come nelle campanule e nelle primule; fiori con petali diversi l’uno dall’altro e disposti in modo del tutto particolare; altri con petali e sepali dello stesso colore (tulipano).
Spesso i fiori sono irriconoscibili: assumono l’aspetto di animali, di foglie; alcuni sono snelli e armoniosissimi, atri tozzi e pesanti; sono piatti o cilindrici o allungatissimi, hanno forma di bottiglia, di tubo, di croce, di mano aperta, di pantofola, e altro ancora.
Naturalmente, viene subito spontanea una domanda: perchè la natura ha creato fiori tanti diversi, a volte tanto strani? Una spiegazione completa non si può dare, ma una risposta abbastanza sensata è questa: per necessità. In natura, tutto quello che chiamiamo bellezza, stranezza, non è che necessità. Le forme strane, i colori fantastici, gli odori repellenti o soavissimi non sono stati creati per nostra meraviglia e diletto, ma rispondono a bisogni ben precisi della vita vegetale. La natura non fa nulla di inutile. Quali sono queste esigenze, queste necessità? Evidentemente quelle connesse con la vita e la funzione del fiore. Il fiore è un organo della pianta a cui è affidato un compito importante e delicato: quello di produrre il seme perchè la pianta possa riprodursi.
Quindi le corolle sgargianti, le forme strane, le bizzarrie (o meglio, quelle che a noi sembrano forme strane o bizzarre), i profumi intensi servono a favorire in tutti i modi quella importantissima funzione. Servono quindi ad attirare gli insetti; a costringerli a penetrare nell’interno e magari ad agitarsi, a dibattersi per caricarsi ben bene di polline; servono per respingere gli animali non graditi; per riparare il preziosissimo polline dalla pioggia e dalla polvere, e per altri motivi ancora.
Le fanerogame
Fiori e frutti, per quanto strano possa sembrare, non sono altro che foglie trasformate. E trasformate per la più importante delle funzioni, quella di riprodursi. Non tutte le piante possiedono fiori; non ne hanno le alghe, ad esempio, nè i funghi: anch’essi provvedono naturalmente a perpetuarsi, ma lo fanno in modo diverso, mediante delle piccolissime spore.
alghe
fungo
La massima parte delle piante che cadono sotto i nostri occhi si riproducono mediante i fiori e prendono perciò il nome di fanerogame (piante a nozze visibili).
Curiosità: il linguaggio dei fiori
Per chi volesse esprimere con i fiori un proprio sentimento, ecco il significato attribuito ad alcuni di essi: gelsomino – amabilità violetta – modestia e bellezza d’animo magnolia – simpatia viola del pensiero – ricordo geranio rosso – stupidaggine miosotis – non ti scordar di me narciso – egoismo bocca di leone – non ti fidare papavero rosso – indifferenza margherita – ci penserò.
La serra
La primavera è la stagione in cui i semi che i contadini hanno seminato nei campi crescono, perchè oltre alla terra, che dà nutrimento, trovano tutte le cose di cui hanno bisogno: acqua, perchè piove molto; luce, perchè i giorni di allungano; caldo, perchè il sole riscalda più che in inverno.
Si possono far crescere le piante anche in inverno, se riusciamo a dare alle piante tutto ciò di cui hanno bisogno, cioè nutrimento, acqua, caldo, luce, se cioè facciamo in casa nostra una primavera artificiale.
Dove fa freddo, le piante si possono far crescere nelle serre. Una serra è una grande costruzione con le pareti ed il soffitto di vetro. Attraverso il vetro entra la luce del sole, che serve alle piante; ma il freddo non riesce ad entrare, inoltre ci sono stufe per scaldare le piante. Il calore della stufa non esce fuori, perchè il vetro lascia entrare la luce, ma non lascia uscire il caldo.
I fiori guardano il sole
Un rapporto misterioso lega le piante alla luce e al calore. La loro attività, si sa, è in funzione delle stagioni e delle variazioni della temperatura. Alcune sembrano conformarsi al cammino apparente del sole e seguirlo nel suo percorso in cielo: tale è il caso del papavero e del girasole, la cui grossa testa d’oro presenta sempre la sua ampia faccia all’astro del giorno. Molte, infine, variano le posizioni di veglia e di sonno in relazione con l’alternanza del giorno e della notte: ciò è rilevabile particolarmente in alcune piante delle leguminose, come il trifoglio, l’erba medica, l’acacia, il fagiolo e soprattutto la sensitiva.
All’avvicinarsi della notte, il trifoglio e l’erba medica inclinano le foglioline, portando le loro pagine superiori in contatto le une con le altre. Nel fagiolo, nell’acetosella, nel lupino, nella robinia e in alcune altre piante di questo genere, le foglioline, invece, si abbassano e accostano le loro pagine inferiori.
Nella sensitiva (Mimosa pudica), i movimenti di veglia e di sonno sono molto più complicati. Questa pianta, come abbiamo visto, ha le foglie composte di foglioline pinnate, situate lungo quattro piccioli secondari retti a loro volta da un picciolo principale. Venuta la sera, le foglioline si ripiegano verso l’alto, abbracciandosi a due a due con le loro pagine superiori e ripiegandosi sul picciolo secondario. Nello stesso tempo, il picciolo principale si abbassa e si inclina lungo lo stelo, trascinando così il resto della foglia; verso le otto della sera, il movimento di discesa è terminato. Il riposo è breve perchè, a partire dalle dieci della sera, il picciolo principale comincia a rialzarsi e prima dell’alba ha superato la linea orizzontale, i piccioli secondari divergono, le foglioline si piegano e la foglia intera riprende la posizione di veglia, che conserve poi durante tutta la giornata. Fatto curioso: se si sopprimono artificialmente i periodi alternati del giorno e della notte, cioè di luce e di oscurità, sottomettendo le sensitive a una luce continua, le fasi di attività e di riposo, di veglia e di sonno, persistono ancora per un certo periodo. Abbiamo qui un sorprendente fenomeno di memoria organica, una specie di abitudine acquisita della pianta, che essa può perdere solo gradatamente.
Anche lo sbocciare dei fiori è legato, il più delle volte, all’alternanza del giorno e della notte e, in generale, alle vicissitudini luminose o termiche.
L’orologio dei fiori
Flora, la dea della primavera, che è stata spesso rappresentata nella pittura romana come una giovane donna adorna di fiori, ha dato il suo nome al complesso delle piante spontanee e coltivate di una certa regione. Questo gentile… dono, se così possiamo chiamarlo, è opera di un famoso naturalista svedese del XVIII secolo, Carlo Linneo, il quale usò per primo con questo significato il nome di Flora in una sua opera.
Linneo ha fatto anche qualcosa d’alto, ha donato a Flora… un orologio. Egli cioè ha stabilito una specie di orologio, secondo le ore in cui si schiudono o si chiudono numerosi fiori, dai più mattinieri, che si aprono prima dell’alba, ai più tardivi, che spiegano le loro corolle all’arrivo della notte. Tra i fiori indicati da Linneo ne abbiamo scelti alcuni e abbiamo ricostruito un orologio, non completo, ma sufficientemente indicativo: convolvolo delle siepi – si apre tra le 3 e le 4 cicoria – si apre tra le 4 e le 5 lino – si apre tra le 5 e le 6 calendula officinalis – si apre tra le 6 e le 7 anagallide – si apre tra le 7 e le 8 malva – si apre tra le 9 e le 10 ornitolago – si apre tra le 10 e le 11 portulaca – si apre tra le 12 e le 13 malva – si chiude tra le 13 e le 14 polmonoria – si chiude tra le 14 e le 15 bella di giorno – si chiude tra le 15 e le 17 enotera – si apre tra le 17 e le 18 bella di notte – si apre tra le 18 e le 19 geranio – diffonde il suo profumo verso le 20.
Curiosità sui fiori
Si trovano, in natura, fiori piccolissimi, lunghi soltanto alcuni decimi di millimetro. Altri, invece, raggiungono dimensioni straordinarie, probabilmente allo scopo di rendersi visibili agli insetti, anche da lontano e tra la folta vegetazione tropicale. I due più grandi fiori esistenti vivono nelle foreste tropicali dell’arcipelago malese: la Rafflesia Arnoldii che ha il diametro di un metro e pesa circa undici chili; e lo Amorphophallus titanum che raggiunge un’altezza di due metri e mezzo!
Una strana orchidea, il selenipedio, ha petali lunghissimi, simili a un nastro, talvolta lunghi oltre 70 cm. La passiflora è anche chiamata “fiore della passione” perchè la forma degli stami e dei pistilli ricorda i simboli della passione di Gesù.
Sorprendente è la fioritura del bambù: queste piante fioriscono in età molto avanzata (alcuni a 120 anni!) e una sola volta nella loro vita. Infatti, appena fiorite, muoiono. Ma il fatto davvero curioso è che le piante di bambù di una stessa specie fioriscono contemporaneamente in ogni parte del mondo, indipendentemente dai fattori climatici.
Impollinazione e fecondazione del fiore
Spesso i fiori attirano e cedono il polline solo a un certo tipo di insetti, per evitare di disperderlo su fiori non della stessa specie. Cioè, un fiore che attira e carica di polline un calabrone, può darsi che non faccia altrettanto nei confronti di un’ape o di una farfalla. Una prova di ciò è da questo fatto curioso. Quando il trifoglio rosso fu introdotto in Australia, esso prosperò ma non si riprodusse: mancava l’insetto impollinatore adatto. Fu indispensabile acclimatare nel nuovo continente anche l’imenottero (bombo), che era l’insetto pronubo del trifoglio.
Per meglio regolare la distribuzione del polline, i fiori si aprono e chiudono a ore fisse, quasi semafori nell’intenso traffico degli insetti. Vi sono piante che emanano un odore disgustoso per l’uomo, simile a quello della carne marcia o del concime. Pronubi di questo tipo di fiore sono moscerini e mosche che amano questi odori. Quando un’ape ha visitato un’orchidea, esce a ritroso dal piccolo spazio contenente il nettare. Il fiore, allora, le configge nella nuca una freccia che porta due sacchi pollinici. L’ape vola su un altro fiore che a sua volta le toglierà questa sua curiosa acconciatura.
La natura ha pensato proprio a tutto: nei paesi tropicali dove vivono fiori dalla corolla molto lunga, si trovano farfalle che hanno la spiritromba (apparato succhiatore della farfalla) che può raggiungere anche la lunghezza di 25 cm. Esiste un fiore, il gichero, che tiene prigionieri nel calice gli insetti che vengono a succhiare il suo nettare. Questa… dolce prigionia può prolungarsi anche per diversi giorni, fintanto cioè che gli stami, maturando, non lasciano cadere il polline su di loro.
Disegni da colorare FIORI con scheda didattica e nomenclature Montessori per bambini della scuola primaria, anche stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature sono queste:
I fiori più comuni dei nostri prati e dei nostri giardini
viola del pensiero
Per mettersi bene in vista questo fiore ha colorato i suoi petali di colori diversi l’uno dall’altro. Le striature che convergono verso il centro indicano agli insetti la strada da seguire per raggiungere il nettare e, naturalmente, gli stami e i pistilli.
ranuncolo
I ranuncoli levano la loro corolla su uno stelo eretto, ornato di foglie palmate come le dita di una mano; sono detti anche “botton d’oro” perchè sembra abbiano racchiuso, nei loro cinque petali, tutto il colore del prezioso metallo.
ciclamino
I ciclamini hanno radice grossa, rotonda, carnosa; foglie leggermente ovali e graziosamente screziate di un verde più chiaro; fiori rosei, profumati, se cresciuti in località di alta montagna. Nell’Italia centrale e meridionale, i ciclamini hanno foglie e fiori più grandi; ma i fiori sono più pallidi e senza profumo.
petunia
La petunia è una pianta vivace che vive parecchi anni. Ha foglie pelose e fitte, fiori a forma di campana di vari colori: bianchi, rossi, violacei o azzurri.
zinnia
La zinnia proviene dal Messico ed è un fiore molto diffuso. I suoi fiori doppi o semplici, di svariatissime tinte, sbocciano solitari sulla cima di ogni ramoscello. Questo fiore adorna tutti i giardini, anche i più poveri, per la sua grande facilità di crescita e di coltivazione.
serenella o lillà
La serenella (o lillà) è molto diffusa nei giardini perchè si adatta ad ogni terreno e ad ogni posizione. Fiorisce in pannocchie all’estremità dei rami ed emette un soave profumo. I fiori bianchi o lilla sono semplici o doppi.
ortensia
L’ortensia è originaria dell’Asia. E’ un arboscello di piccole dimensioni, con foglie verdi, lucenti. Sulla cima di ogni ramo porta grandissimi fiori, disposti a corimbo, vivacissimi.
bocca di leone
Le bocche di leone sono così chiamati per la loro forma e per la caratteristica di aprirsi come una bocca se premuti leggermente ai lati; sono fiori riuniti all’estremità di steli rigidi; i colori vanno dal bianco al giallo, all’arancione, al rosa salmone, al rosa vivo, al cremisi intenso. Spesso in un unico fiore sono riuniti più colori, con un effetto curioso e piacevole.
peonia
Le peonie sono assai decorative e disposte in gran quantità nei giardini per la varietà dei colori e per la facilità di coltura. E’ un fiore di lunga durata e spesso di delicato profumo.
garofano
I garofani hanno steli diritti, fiori con corolle dei colori più vari: rosa, porporino, rosso, carneo, bianco. I fiori sono talora semplici, talora doppi, o di un solo colore o striati o punteggiati. Molte specie di questo fiore sono state introdotte dalla Cina e dal Giappone. Da questo fiore si ottengono prodotti di profumeria.
begonia
Le begonie hanno eleganza e bellezza di fogliame, magnificenza e durata di fioritura, estrema facilità di coltura. Le specie sono circa ottocento; provengono principalmente dall’America meridionale e dall’Asia.
fucsia
Graziosissima, coi rami rossicci, la fucsia può prendere forma di alberello, di piramide o di ombrello. Le foglie sono verdi nella parte superiore, sono rosseggianti al di sotto. I fiori pendono come ciondoli da un gambo leggero, che si china al loro peso. Le tinte dei fiori sono bellissime; fra esse spicca sempre un rosso vivo, che contrasta con un violetto splendido.
margherita
La margherita bianca o semplice è preferita alla doppia ed alla gialla. In terra e nei vasi forma un alberello regolare con foglie belle, tagliuzzate, d’un verde chiaro. I suoi fiori hanno i petali candidi, lunghi, distesi regolarmente attorno al centro giallo del fiore; sembrano stelle raggianti e stanno bene nei vasi sui balconi.
mughetto
Il mughetto è anche detto “giglio delle valli” ed ha belle foglie lucenti. Dal cespo verdissimo e compatto delle foglie sorgono gli steli dei fiori, graziosi e diritti, carichi di candide campanelle. Questi fiori emanano tutto attorno un soavissimo profumo.
erica
Le foglie sempreverdi dell’erica porporina spuntano a tre a tre dallo stelo; sono sottili, accartocciate per il lungo, così che sembrano aghi; i fiori color carminio, disposti ad intervalli sulla parte superiore dello stelo, pendono un poco l’uno sull’altro; hanno quattro sepali distinti; ma i petali, riuniti, formano una specie di campanellina rossa, ovale, la cui apertura ha quattro lobi. Il pistillo è così lungo che sporge dalla bocca del fiore; intorno al pistillo, ma ben dentro al fiore, stanno otto stami.
ginestra
La ginestra cresce in cespugli fitti e con i suoi bei fiori giallo lucente mette allegria; bisogna osservarla da vicino per trovare qualche foglia su questa pianta, perchè tanto le foglie quanto i ramoscelli si sono tutti tramutati in punte acute. I fiori sono simili a quelli del pisello, di cui le ginestre sono parenti. Esiste una ginestra nana che cresce appena a fior di terra, e per le caviglie è tutt’altro che piacevole. Le ginestre contengono i semi entro piccoli baccelli bruni che, quando sono maturi, si spaccano per il lungo come quelli dei piselli; essi sono granellini duri, verde – bruni.
orchidea delle farfalle
L’orchidea delle farfalle ha due grandi foglie oblunghe vicine al terreno, uno stelo altro da 30 a 40 cm, intorno a cui sembrano raggruppate in quantità farfalline bianchicce e piumose. Se la osserviamo nell’ora del crepuscolo, la somiglianza tra i suoi fiori e le farfalle è anche maggiore; ed è molto probabile che le farfalle vere vengano più facilmente intorno a questa pianta, ingannate appunto dal suo aspetto.
pervinca
La pervinca ha un gambo strisciante con stoloni. I fiori sono a cinque petali, di colore blu chiaro. Cresce nei boschi radi e nelle siepi.
Se possono esservi utili, qui i disegni da colorare stampabili gratuitamente in formato pdf:
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo
Anche se l’accrescimento può essere soggetto a diversi fattori ambientali, l’orientamento della pianta è guidato da tre fattori principali che sono il fototropismo, il gravitropismo e il tigmotropismo:
– il fototropismo, o crescita verso la luce, assicura che le foglie ricevano una quantità ottimale di luce per la fotosintesi; – il gravitropismo, o crescita in risposta alla gravità, permette alle radici di crescere nel suolo verso il basso e ai fusti di crescere verso l’alto, lontano dal suolo; – il tigmotropismo, o crescita a seguito di contatto, permette alle radici di crescere attorno agli ostacoli ed permette alle piante rampicanti di avvolgersi attorno alle strutture di supporto.
Il fototropismo è mediato dall’auxina (un ormone vegetale della crescita). L’auxina si forma nell’apice e poi scende distribuendosi uniformemente in tutte le cellule della pianta, ma se l’illuminazione non proviene dall’alto, l’auxina anziché distribuirsi uniformemente si sposta verso il lato non illuminato. L’accumulo di questo ormone determinerà crescita maggiore nel lato in ombra, con conseguente piegamento verso la luce.
Il fototropismo è stato descritto per la prima volta da Darwin, ed è stato osservato anche nel plancton acquatico.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Materiale necessario per costruire il labirinto:
– una scatola di cartone con coperchio, possibilmente di colore scuro – ritagli di cartone, possibilmente di colore scuro
Piantine:
l’esperimento riesce particolarmente bene utilizzando patate, patate dolci o cipolle germogliate che possono essere messe in un vaso di terriccio ben bagnato, oppure sospese in un vaso d’acqua con degli stecchini di legno:
Se usiamo il vaso con terriccio, sia per la semina, sia per patate e cipolle germogliate, occorrerà di tanto in tanto innaffiare, e anche se usiamo il vaso d’acqua dovremo controllare se serve aggiungerne.
Con le patate e le cipolle si può anche provare a metterle nella scatola così, senza acqua né terriccio: contengono in effetti acqua e nutrienti che per un po’ possono assicurare la crescita del germoglio anche in assenza di terra ed acqua. Se scegliete questa soluzione, il processo di sviluppo della pianta potrebbe essere un po’ più lento, ma vi sarà possibile sigillare meglio il coperchio alla scatola.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Obiettivi dell’esperimento:
dimostrare l’effetto della luce sulla crescita delle piante.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Tempi:
occorreranno circa due settimane dall’esperimento, per poter osservare i risultati. Di più se rinunciate a terriccio ed acqua.
Per preparare i bambini possiamo, nei giorni precedenti, invitarli ad osservare le piante sul davanzale della finestra. Cosa possiamo dire della loro crescita? Che le piante non crescono verso la stanza, ma verso l’esterno della casa. Perchè? Perchè le piante si rivolgono alla luce del sole. Possiamo anche uscire all’aperto ed osservare e confrontare la crescita delle piante che incontriamo.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Preparazione della scatola
La scatola può essere preparata in diversi modi, l’importante è che presenti un solo foro in alto per l’ingresso della luce e che i cartoni divisori siano alternati in modo tale da non impedire alla luce di seguire un certo percorso verso la pianta, ed alla pianta di crescere verso il foro, una volta che la scatola sarà chiusa.
I cartoni divisori devono avere esattamente la stessa altezza di quella della scatola, in modo tale da toccare il coperchio, quando la scatola verrà chiusa. Potete farne quanti ne volete. Possono essere di lunghezza diversa, oppure posso essere tutti lunghi come la lunghezza della scatola, e si possono praticare fori (finistrelle di circa 3×3 cm) a distanze diverse per il passaggio della luce.
Per la riuscita ottimale dell’esperimento, naturalmente, la scatola deve essere integra ed il coperchio deve chiudere perfettamente, così la luce può davvero entrare solo attraverso il foro superiore. Si può controllare inserendo una torcia,al buio, nel foro superiore, e si può provvedere a sigillare meglio con l’aiuto del nastro adesivo, ma bisogna ricordare che ogni tanto la scatola deve essere aperta per dare l’acqua alla pianta.
È essenziale che anche i cartoni divisori all’interno siano a tenuta di luce lungo i punti di fissaggio alla parete della scatola e utilizzare nastro adesivo nero può essere una buona soluzione.
Inoltre anche tutti i bordi dei cartoni divisori che toccano il coperchio, quando viene montato, devono essere a tenuta di luce; per impedire alla luce di fuoriuscire al di sopra dei divisori che vengono in contatto con il coperchio si può provvedere a rivestire l’interno del coperchio con un foglio di spugna o qualche strato di feltro, e poi mettere il coperchio premendo delicatamente, in modo tale da comprimere l’imbottitura contro i divisori di cartoni ed i bordi esterni della scatola.
Possiamo anche più semplicemente incappucciare la scatola con un telo nero che presenti solo un foro in corrispondenza del foro per la luce praticato sulla scatola.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Cosa fare
Preparata la scatola e il germoglio, posizionare la piantina sul fondo, chiudere col coperchio e posizionare in un luogo soleggiato, in modo che il foro in alto possa ricevere quanta più luce possibile.
Possiamo coi bambini fare previsioni rispetto a quello che accadrà all’interno della scatola, e i bambini possono provare a disegnarle.
Si può approfittare dell’apertura della scatola per le innaffiature, per fare misurazioni e registrazioni. Quanto velocemente può la vostra pianta di fagioli o di patate crescere? Patate e fagioli sono piante che crescono molto in fretta: una pianta di fagioli raggiunge l’altezza di circa 50 centimetri in tre settimane, e una pianta di patata cresce fino a 60 centimetri in quattro settimane. I bambini possono usare un righello per misurare la crescita della pianta, e fare un segno all’interno della scatola . Queste misurazioni possono essere fatte ogni giorno. Osserveremo che durante i primi giorni la crescita sarà molto molto lenta, ma poi accelererà notevolmente dopo il terzo o quarto giorno, soprattutto se saremo costanti con le innaffiature.
Possono inoltre essere preparate delle “scatole di controllo”. La più interessante sarà quella preparata come spiegato, ma poi, invece di essere esposta al sole col foro in alto, la si può appendere a un sostegno alto, in modo che l’apertura per la luce venga a trovarsi in basso. Cosa accadrà alla piantina in questa scatola? Sarà in grado di sfidare la forza di gravità e crescere a testa in giù per raggiungere la luce?
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo Conclusioni possibili
Le piante, che appaiono immobili per definizione in quanto saldamente ancorate alla terra con le loro radici, in realtà sono in grado di compiere movimenti in risposta a stimoli esterni.
La luce solare è essenziale per la crescita delle piante, e le piante fanno tutto il possibile per riceverla.
Coi bambini più grandi possiamo parlare nello specifico del fototropismo e dei suoi meccanismi ricorrendo ai termini esatti, oppure presentare il fenomeno a partire da ciò che è direttamente osservabile.
Le piante, come tutti gli esseri viventi, sono costituiti da piccole unità chiamate cellule. Nelle piante, alcune cellule presenti nelle foglie e negli steli sono sensibili alla luce. Mentre gli esseri umani e altri animali mangiano cibo per ottenere energia, le piante ricavano l’energia che serve loro per vivere dal sole. Una pianta che non può ricevere una quantità di luce adeguata può morire, e per questo ogni pianta cerca sempre di crescere in direzione del sole. Per la nostra piantina chiusa nel labirinto, anche la piccola quantità di luce che entra attraverso il foro è sufficiente a guidare il germoglio verso l’esterno.
All’apertura della scatola potremo notare come il germoglio e le foglioline appaiano biancastre nelle zone più lontane dal foro. Le piante infatti, ricevuta l’energia che serve loro attraverso la luce del sole, producono una sostanza chimica chiamata clorofilla, che è di colore verde. Quando la clorofilla manca, le foglie invece di essere verdi diventano bianchicce, gialle, rossicce, marroncine; come avviene naturalmente in autunno.
Esperimenti scientifici per bambini – Labirinti per germogli: il fototropismo – Fonti:
Botanica: il giardino delle meraviglie, un semplice esperimento sulla disseminazione. Prepariamo due cassette, da posizionare all’aperto sul terrazzo o sul davanzale di una finestra: in una di queste piantiamo qualche seme: grano, lenticchie, piselli, qualche bulbo. Li vedremo presto germogliare, crescere e infine fiorire. Nell’altra cassetta non pianteremo niente, e la chiameremo “Il giardino delle meraviglie”…
Coi bambini diamo le stesse cure ad entrambe le cassette, provvedendo ad innaffiare la terra, e osservando via via quello che avviene.
Cosa succederà nel Giardino delle meraviglie? Un bel giorno anche qui, pur non avendo seminato nulla, spunteranno delle piantine. Chi le ha seminate allora? Il vento, oppure un uccellino di passaggio che ha lasciato cadere un semino. Potremo così parlare ai bambini della disseminazione.
La pianta ha un solo unico fine: quello di produrre il seme; ecco perchè fiorisce e fruttifica. Quando poi i suoi semi sono maturi, la natura provvede affinchè essi siano portati il più possibile lontano dalla pianta madre.
Il vento è un gran disseminatore e così gli uccelli, che ingoiano il frutto e lasciano cadere il seme. Ma spesso è la pianta stessa che provvede a questo compito vitale. Osserviamo ad esempio il seme dell’acero, munito di elica che gli permette di volare lontano sulle ali del vento; i semi di altre piante sono, invece, muniti di pungiglioni con cui si attaccano al vello delle pecore che li porteranno lontano; altri sono forniti di peli leggeri che li faranno vagare nell’aria, come i semi del soffione e della cicoria.
Qualcuno di questi semi andrà sicuramente a cadere nel nostro Giardino delle meraviglie, e darà origine ad alcune piantine nelle quali potremo riconoscere qualche piantina che cresce nel prato vicino.
Bulbi di giacinto – fioritura invernale – I giacinti si possono piantare verso ottobre – novembre, quando comincia a fare freddo. All’aperto fioriscono da fine inverno ad inizio primavera.
Occuparsi dei bulbi è una bellissima attività per la seconda settimana dell’avvento, dedicata alle piante.
Possono essere piantati sia in vaso sia in idrocoltura, che sono due modi efficaci per ottenere fioriture precoci dei bulbi.
In vaso
Per interrare i bulbi occorrono vasetti di terracotta bassi, da riempire con circa 4 cm di terriccio. I bulbi non devono essere completamente interrati, ed è meglio evitare di pressare il terriccio. Annaffiare e aspettare…dopo qualche settimana spuntano i germogli.
Per aiutare la pianta nel suo sviluppo, il giacinto ha bisogno di un luogo fresco (intorno ai 6 -10 gradi), e di penombra. I vasetti possono essere messi quindi in un ripostiglio non riscaldato o una cantina, mantenendo il terriccio umido.
Quando i germogli avranno raggiunto un’altezza di circa 10 cm, i vasetti possono essere trasferiti in casa, al caldo e alla luce. Dopo qualche settimana fioriranno.
Altro modo per ottenere la fioritura invernale del giacinto è l’idrocoltura. Occorrono delle brocche con una strozzatura che permetta al bulbo di restare sollevato dal pelo dell’acqua. Non avendo brocche, sono andata in cerca di vasetti…
E’ importante che il bulbo non entri mai in contatto diretto con l’acqua, perchè rischierebbe di marcire, però deve essergli molto vicino, perchè questa vicinanza stimola il processo di sviluppo delle radici.
In idrocoltura
Si consiglia di usare acqua piovana o demineralizzata, ma io mi sono avventurata (piena di speranza) con quella di rubinetto.
I vasetti vanno poi portati in un luogo fresco e in penombra (si torna alla cantina o al ripostiglio di cui sopra)… e si aspetta.
Quando il vaso si sarà riempito di radici, e tra le foglie che saranno spuntate sarà possibile vedere il colore del fiore che deve nascere, si può trasferire il vaso in casa, al caldo e alla luce, e in poco tempo avremo una bella fioritura.
L’acqua contenuta nel terreno entra nella pianta attraverso le radici, più precisamente attraverso la sottile membrana che le riveste.
Tuttavia tutta la pianta è in grado di assumere acqua, come avviene per i fiori recisi, che non hanno radici.
Dalla membrana esterna l’acqua passa all’interno della radice e poi sale verso il gambo, i rami e le foglie. Infine giunge al fiore.
Sebbene una parte di tutta questa acqua assorbita dalla pianta venga utilizzata per il metabolismo, la maggiorn parte viene persa per traspirazione, tanto che alla pianta ne rimane circa l’1%.
L’evaporazione dell’acqua aiuta a mantenere la pianta fresca e permette l’ingresso dell’anidride carbonica, elemento vitale per la pianta.
Un altro classico per questo genere di esperimento è il sedano:
Un piccolo giardino verticale – Avete anche voi una bella stanza, ma un brutto panorama? Questa è un’idea semplice che può essere realizzata a scuola o anche a casa, con pochissima spesa e tantissima soddisfazione.
Per prima cosa si tagliano a misura le due assi lunghe da posizionare in verticale ai due lati della finestra:
Poi si tagliano tante assicelle più corte, da avvitare sempre in verticale alle assi lunghe, che serviranno da appoggio per le mensole; quindi si tagliano a misura le assi orizzontali e si appoggiano alle assicelle corte, così:
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
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