LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: preparativi

A volte la sera, in montagna, mio padre si preparava per gite o ascensioni. Inginocchiato a terra, ungeva le scarpe sue e dei miei fratelli con del grasso di balena; pensava che lui solo sapeva ungerle le scarpe con quel grasso. Poi si sentiva per tutta la casa un gran rumore di ferraglia: era lui che cercava i ramponi, i chiodi, le piccozze.
“Dove avete cacciato la mia piccozza?” tuonava, “Lidia! Lidia! Dove avete cacciato la mia piccozza?”
(N. Ginzburg)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: a passeggio con papà

Mio padre… mi portava ogni domenica, fin da bambino, fuori di porta.
Si andava via doli dopo mangiato, senza parlare, il babbo sapeva certe strade solitarie, deserte, fuori mano, dove si camminava adagio per ore intere e senza incontrare un’anima. Non sempre, veramente: qualche volta ci s’imbatteva in un prete, in un contadino, in una vecchia. Ci salutavano e si tirava di lungo.
Il babbo era quasi sempre sovrappensiero; io ruminavo fra me… ingenui abbozzi di idee. Ma guardavo.
(G. Papini)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: la mamma piccina
Mi rammento che, quando ero stanco di correre, andavo a sedermi davanti alla tavola del tè sul mio alto seggiolino. Era già tardi… e gli occhi mi si chiudevano dal sonno; ma non mi muovevo: restavo lì fermo e ascoltavo. Come non ascoltare? La mamma parla con alcune persone…
La guardo fisso fisso con gli occhi offuscati dal sonno e ad un tratto ella diventa piccina piccina: la sua faccia non è più grande di uno dei miei bottoni, ma la distinguo nettamente e vedo che mi guarda e mi sorride… Chiudo ancor più le palpebre, ed ella diminuisce, diminuisce…
Ma, ecco, mi sono mosso e l’incanto è rotto. Chiudo ancora gli occhi, cambio posizione, faccio di tutto per richiamare quell’immagine, ma non ci riesco…
(L. Tolstoj)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: lo zio

La piccina ordinò allo zio di sedere e gli si arrampicò sulle ginocchia. “Perchè sei venuto?” disse ella. “Non c’è mica, sai il pranzo per te”.
“Me lo farai tu il pranzo. Son venuto per stare con te”.
“Sempre?”
“Sempre.”
“Proprio sempre sempre sempre?”
“Proprio sempre sempre.”
Maria tacque pensierosa. Poi domandò: ” E che cosa mi hai portato?”
Lo zio si levò di tasca un fantoccio di gomma.
“E’ brutto questo regalo” dissuggella ricordando di altri dello zio. “E se resti qui non mi porti più niente?”
“Più niente”.
“Va’ via, zio” diss’ella.
Lo zio sorrise.
(A. Fogazzaro)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: il fratellino minore
L’ho davanti a me, piccolo, nero, vivo come un razzo. Era come una trottola: no, come un ciottolo lasciato che appena si derma, cade lungo disteso per terra. Dove arrivava si arrampicava e arrivava da per tutto. Non capisco come mai un bimbo così piccolino riuscisse a mettere l’una sull’altra tante sedie e sgabelli; ma ci riusciva, si arrampicava e appena arrivava in cima alla catasta rovinava giù con un fracasso indiavolato, che faceva accorrere spaventate tutte le donne di casa.
Cascava dalla tavola, dal letto, dai bauli, ruzzolava giù per le scale dieci volte al giorno, sì che aveva la fronte e il capo gonfi di bernoccoli.
(V. Brocchi)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: il lume dell’altra casa
Fu una sera, di domenica, al ritorno da una lunga passeggiata. Tullio Buti aveva preso in affitto quella camera da circa due mesi. La padrona di casa, signora Nini, buona vecchietta all’antica, e la figliola ormai zitellina appassita, non lo vedevano mai. Usciva ogni mattina per tempo e rincasava a sera inoltrata. Sapevano che era impiegato  al Ministero di Grazia e Giustizia; che era anche avvocato; nient’altro. La cameretta, piuttosto angusta ammobiliata modestamente, non serbava traccia dell’abitazione di lui. Pareva che di proposito, con studio, egli volesse restarvi estraneo, come in una stanza d’albergo. Aveva sì, disposto la biancheria nel cassettone, appeso qualche abito nell’armadio; ma poi, alle pareti, sugli altri mobili, nulla: né un astuccio, né un libro, né un ritratto; mai sul tavolino qualche busta lacerata; mai su qualche seggiola un capo di biancheria lasciato, un colletto, una cravatta, a dar segno che egli lì si considerava in casa sua.
(L. Pirandello)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: Geppetto fa il burattino Pinocchio
Dopo la bocca gli fece il mento, poi il collo, le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani.
Appena finite le mani  Geppetto sentì portarsi via la parrucca dal capo. Si voltò in su, e che cosa vide? Vide la sua parrucca gialla in mano al burattino.
“Pinocchio!… rendimi subito la mia parrucca!”
E Pinocchio, invece di rendergli la parrucca, se la mise in capo, rimanendovi sotto mezzo affogato.
A questo sgarbo insolente e derisorio, Geppetto si fece triste e melanconico, come non era stato mai in vita sua: e voltandosi verso Pinocchio gli disse: “Birba d’un figliolo! Non sei ancora finito di fare e già cominci di mancar di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male!”
E si asciugò una lacrima.
(C. Collodi)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Composizione del nucleo familiare

Come ti chiami?
Come si chiama il tuo papà?
E la tua mamma?
Hai fratelli e sorelle? Quanti? Qual è il loro nome?
Ci sono altri parenti che vivono con te? Chi sono? Come si chiamano?

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Aspetto dei familiari

Osserva bene ciascuna persona della tua famiglia; com’è?
Che statura ha? (Alta, bassa, normale)
Com’è la sua corporatura? (Robusta, normale, sottile)
Di che colore sono i suoi capelli? Come sono? (Ricci, ondulati, lisci)
E i suoi occhi quale colore hanno?
Com’è la sua voce?
Osserva ognuno dei tuoi familiari quando mangia, quando parla, quando ascolta, quando legge, quando scrive, quando riposa: ha qualche speciale abitudine? Compie qualche gesto caratteristico? Quale?
Quali sono i membri della tua famiglia che si assomigliano di più? In che cosa si assomigliano?

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Storia della famiglia

In che anno è nato ciascun membro della tua famiglia?
C’è qualcuno tra i tuoi zii o zie paterni e materni che sia sposato? Ha figli? Quanti? Conosci il nome di tutti i tuoi cugini?
Quali sono i parenti che vengono più spesso a farti visita? Sei contento quando vengono da te? Tu vai spesso a trovarli? Se stai molto tempo senza vederli, sei contento quando vai da loro o essi vengono da te? Che fai quando sei in loro compagnia? Quali sono i tuoi parenti per i quali provi più simpatia?

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Affetti familiari

Vi sono momenti della giornata in cui la tua famiglia si trova tutta riunita? Quando? Quale di questi momenti è quello che tu preferisci? Sei contento quando i tuoi familiari sono riuniti intorno a te? Se qualcuno di loro è assente, ti dispiace?
I tuoi familiari sono sempre contenti di ciò che tu fai?
Nella tua famiglia si usa ricordare gli onomastici e i  compleanni dei vari membri? In che modo? Hai mai avuto occasione di fare dei doni ai tuoi genitori o ai tuoi fratelli? Come li hanno accolti? E tu, ne ricevi spesso di doni? In quali occasioni? Sei più contento quando li ricevi, i doni, o quando li fai?

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Il lavoro dei familiari

Quanti sono i tuoi familiari che lavorano? Quali sono? Quale lavoro svolge ognuno di essi?
A che ora cominciano il lavoro? A che ora finiscono? Per recarsi al lavoro indossano un tenuta da lavoro? Com’è?
Dove lavorano? Il luogo dove lavorano è vicino a casa o è lontano? Di quale mezzo si servono per recarvisi?
Cosa fanno quando tornano dal lavoro? Sono stanchi? Tu fai qualcosa per aiutarli? Che cosa?
Hai mai osservato quanti lavori compiono in casa nel corso di una giornata? Prova ad elencarli.
Avanza loro molto tempo per riposare? Sono stanchi, quando è sera? Tu li aiuti nel corso della giornata? In che modo? Quando ti chiedono di aiutarli lo fai volentieri oppure ti fai pregare per accontentarli?
Qual è il lavoro dei tuoi zii? Hai anche dei cugini che lavorano? Qual è il loro lavoro?
Perchè lavorano il tuo papà, la tua mamma, i tuoi fratelli? A che serve il loro guadagno? Anche tu dovrai andare a lavorare da grande? Quale lavoro ti piacerebbe fare? Perchè?
Anche ora che sei un bambini, hai dei lavori da svolgere? Quali? Qual è il lavoro di un bambino che va a scuola? E’ importante farlo bene, questo lavoro? Perchè?

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
La mia famiglia

La mia è una famiglia felice perchè rispetta il prossimo, non guarda mai nella cassetta delle lettere degli altri, e prima di stendere la biancheria, avverte sempre i vicini del piano di sotto. In casa si dice che bisogna avere rispetto degli altri, perchè le famiglie sono come delle tessere di un grande mosaico, che rappresenta l’umanità. Se una tessera è guasta oppure stonata, si vede subito, e allora bisognerebbe cambiarla. E per essere delle famiglie per bene, ci vuole il rispetto reciproco dei genitori, l’obbedienza dei figli e la carità verso i vecchi, che sono un poco come i bambini. Nella mia famiglia ci sono tutte queste cose, ed esistevano già quando io non c’ero ancora e i miei genitori erano giovani e non avevano figli. Il mio papà dice sempre: “Una famiglia onesta e dignitosa fa la stessa figura di uno stato potente e ben organizzato; perchè uno stato potente e organizzato non è altro che la somma di tante famiglie come la nostra”.
Siamo proprio una famiglia felice: cinque persone che si vogliono tutto il bene del mondo: papà, mamma, io, la nonna di ottant’anni che sferruzza ancora tutto il giorno senza portare gli occhiali, e quel frugoletto di Paolino che ha appena quattro anni e combina già tante marachelle. I capi della ‘tribù’ (una parola che piace tanto alla mamma) sono il papà e la mamma. Il papà va in Municipio per le pratiche, in Farmacia per le medicine, e quando fa il turno di notte (lavora in una fabbrica di automobili), impiega tutta la mattina a far la spesa al mercato. La mia cara mamma ha folti capelli annodati sulla nuca e due fossette sulle guance. E’ alta, ben piantata (non ha timore di ingrassare); è proprio una bella mamma. La nonna invece, con un dente solo e tutti i capelli bianchi, è minuta come una bambola, e certe volte sembra proprio che i vestiti camminino da soli.  Non sente più niente, neanche se le bombardassi le orecchie con un megafono. Sorride sempre, mostrando il dente, e sferruzza: calze, magliette, per me, per il babbo, per Paolino. Ride, non sente e sferruzza: la sua giornata è quella. “Sia benedetta quella donna” dice sempre il babbo, “portatele rispetto. Se non ci fosse stata lei, non ci sarei io, e non ci sareste neppure voi”.
L’ultimo in graduatoria è Paolino: quattro anni, l’argento vivo addosso, dei dentini che se ti mordono lasciano il segno blu per dieci minuti, e una cascata di perchè. Perchè questo, perchè quello.
La mia famiglia è arrivata due anni fa dal sud. Prima abitavamo fuori città in una casupola che era servita da stalla per le mucche. Ci ridevano sempre dietro, perchè il babbo non parlava l’italiano. Adesso siamo in città, e la nostra casa è un alloggetto all’ultimo piano di un grattacielo. Alcuni la chiamano soffitta, ma invece è un tale paradiso di sole, che sembra di essere ancora a Sorrento. Non paghiamo l’affitto  perchè la mamma se lo guadagna pulendo le scale di tutta la casa. Uno scalino, due scalini, trecento scalini; e tutte le porte con la targa di ottone e uno spioncino che serve agli inquilini per vedere chi preme il campanello. Affitto gratuito, dunque, e molti regali a Natale.
Il babbo lavora in fabbrica, una settimana di notte, l’altra settimana tra mattina e pomeriggio. Quando fa il turno di notte, la giornata è più serena perchè a pranzo di siamo tutti. Le altre volte io mi siedo al suo posto.
Adesso che ci siamo ambientati (quanta fatica in principio, specie d’inverno, senza cappotto e col mio dialetto che non lo capiva nessuno…) la vita è proprio bella. Ridiamo sempre, specie se ci siamo tutti, e talvolta vengono dei signori del palazzo a trovarci perchè dicono che “si respira aria pura, come ai tempi d’una volta”.
E’ proprio vero. Papà e mamma,  sono sempre stanchi, ma sorridono. Paolino è un incosciente che si mordicchia il pollice tutto il giorno, dandoci una montagna di soddisfazioni. A poco a poco la nostalgia del nostro cielo e del nostro mare ci sta lasciando. Anche qui è molto bello, nonostante le ciminiere che mandano fumo.
Dimenticavo una cosa molto importante; da quando è nato Paolino, c’è una signora che non vuole rivelare il suo nome, la quale tutti i mesi consegna una busta di soldi alla mamma. E’ una benefattrice, e quel denaro cade proprio al punto giusto. Paolino non lo capisce ancora, ma quando sarà più alto, avrà tutti i suoi buoni motivi per ringraziare la provvidenza. Per intanto, tutte le volte che arriva la busta, gli regaliamo un confetto speciale ed egli se lo conficca tutto in bocca per grande che sia. Il babbo se lo guarda per delle ore, ripetendo fino alla noia: “Tutto suo nonno, guarda, mamma, come gli somiglia; tutto suo nonno. Se fosse ancora vivo, sarebbe ancora più bello…”. Poi afferra Paolino tra le braccia, se lo stringe a lungo e mormora fra sè: “Contentiamoci, contentiamoci… siamo fortunati”.
(M. Fracchia)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche FAMIGLIA – MAMMA, PAPA’, BIMBI, FRATELLI…

Poesie e filastrocche: la famiglia  – mamma, papà, bimbi, fratelli … una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

 

Chiede il bimbo
Chiede all’albero succoso frutto
a al prato chiede un fiore
la pappina alla mammina
e alla zia qualche allegra poesia…
Che dà in cambio il bimbo al mondo?
Il sorriso suo giocondo. Lina Schwarz

 

E’ nata una creatura
Tranquillo come ogni giorno,
così anche questo mattino
hai aperto gli occhi, bambino,
e sorridendo guardi intorno.
Filtra un vivido sole
attraverso la chiusa finestra
insieme a piane parole
che hanno sapore di festa.
Ascolti un volar tacito
di passi in qualche stanza:
sembra d’angeli una danza
tra un sussurro di soffici baci.
Ecco un tremulo vagito,
quasi un belare umano:
sembra giungere da lontano
dopo un viaggio infinito.
Rapido t’alzi, chiedi,
ansioso, che mai c’è.
La voce ripete: “Uèeee… Uèeee!”
Qualcuno leva dalla bocca un dito;
tu vai in punta di piedi
verso un silenzioso invito
e sorridi a ciò che vedi.
Scesa da chissà quali cieli,
ravvolta in candidi veli,
come tra i petali il cuore
profumato di un fiore,
in una culla vaporosa
s’agita qualcosa:
una creatura novella
la tua piccola sorella.
I suoi occhi color del mare
non sanno ancora guardare;
la sua boccuccia fresca
odora di latte e di pesca;
le sue chiuse manine
paiono in boccio roselline.
Tu la contempli quasi smarrito.
Quand’ella, col suo vagito,
sembra chiedere: “Uèèèè…
la mia mammina, dov’è?”
Domandi anche tu perchè
lì, presso, mamma non c’è.
La mamma è tanto stanca!
Ella passò la notte bianca:
fece un lungo cammino
stringendo al cuore quel cuoricino.
Ora dorme, ma appena
si sveglierà serena,
vicino a sè vorrà
la sua trepida felicità:
tu e quella creatura fresca
che odora di latte e di pesca
e vagisce così
come tu pure un dì. M. Chierighin

 

C’è un neonato
C’è un neonato in casa mia
chi non sa che cosa sia?
Un neonato è un fratellino
tutto nuovo e piccolino,
con due occhioni e una boccuccia
che dì e notte succia succia;
succia il latte e succia il dito
con un fare sbigottito.
Dorme spesso e strilla assai,
ma è carino quanto mai;
già lo dice anche la balia:
“E’ il più bel bimbo
che ci sia in Italia!”. Lina Schwarz

 

Fratelli
Dice la mamma: “Guarda com’è bello!
Amalo tanto tanto: è tuo fratello!”
“Sì, ma se tutti siam figli di Dio,
ogni bambino è un fratellino mio”. Lina Schwarz

 

Casa colonica
In famiglia siamo sette:
due figlioli ed una figlia,
babbo, mamma, nonno, nonna,
ecco tutta la famiglia.
Ma per casa siamo tanti, siamo tanti…
La coniglia e i coniglietti,
la gattina e i suoi micini,
la gallina e la covata,
la capretta e i caprettini:
siamo dieci, siamo venti, siamo trenta…
Nove ochette becco giallo
nel porcile un maialetto.
Fido il cane, Astro il cavallo.
Ed i passeri sul tetto?
Va a finir che tutti insieme siamo cento…
G. Vai Pedotti

 

Sorellina – La partenza per la scuola
Arrivederci! Me ne vado alla scuola
a studiare; lo vedi, ho la cartella!
Che? Ti dispiace ch’io ti lasci sola?
Non vuoi restar senza la tua sorella?
Oh, sul tuo naso c’è una lacrimona;
non pianger, via, ritornerò, sii buona!
La mia bambola, vuoi? La lascio a te,
tienla di conto, sai? (Povera me!). Lina Schwarz

 

Quel che possiede un bimbo
Due piedi lesti lesti
per correre e saltare
due mani sempre in moto
per prendere e per fare
la bocca chiacchierina
per tutto domandare
due orecchi sempre all’erta
intenti ad ascoltare
due occhioni spalancati
per tutto investigare
e un cuoricino buono
per molto molto amare. Lina Schwarz

 

Chi sono io?
Chi sono io? Io sono Gianni
ho compiuto già i cinqu’anni
non distinguo l’I dall’O
ma più tardi imparerò
tanto a leggere che a scrivere…
e per ora imparo a vivere.
Io respiro e i miei polmoni
so gonfiar come palloni.
Senza smorfie mangio e bevo
volentier fo quel che devo.
L’acqua fresca e l’aria pura
non mi fanno mai paura;
tutto il giorno faccio il chiasso
cresco sano, forte e grasso.
Desto appena spunta il giorno
me ne vo girando attorno
osservando i miei tesori
sassi e piante, bestie e fiori;
tutto ancora ho da esplorare
tutto ancora da imparare.
Anche a leggere ed a scrivere
ma per ora imparo a vivere. Lina Schwarz

Un buon compagno
Quel caro Francolone
dovrebbe uscire a far la passeggiata
ma ha tanta compassione
per la sua mamma ch’è a letto malata.
Piglia dunque il balocco suo più bello
il gran cammello
e glielo mette accanto
dicendogli: “Sta qui, cammello, intanto
ch’io vado via
sta qui buonino a farle compagnia.”
Il gran cammello è molto soddisfatto
di tanto onore, e non disturba affatto.
E la mamma quieta
con gli occhi chiusi, pensa tutta lieta
ai suoi cari bambini
che intanto si divertono ai giardini.

 

Due lucide fiammelle
Sul mio visino brillano
due lucide fiammelle
vedono il sol, le stelle
la luce e i bei color.
Vedono i prati
i fiori variopinti
le rose ed i giacinti
la mamma ed il papà.
Ma quando viene sera
si cala una tendina
e fino alla mattina
non ci si vede più. O. C. Levi

 

Quando il bambino
Quando vagisce il bambino
lo sa Iddio quello che dice
solo, sorride ed accenna…
Che pensa? Che dice? Ride. Perchè?
E, come il vento della sera al fiore,
così gli parla la sua mamma
tenera e dolce gli parla
ma non la intende nessuno.
Che dicono tra loro così a lungo
nemmeno al babbo è dato sapere:
linguaggio celeste. Segreto profondo.
Nessuno lo intende, gli angeli solo. G. Geza

 

La famiglia

Eccola, è tutta qua
nella nostra piccola casa
la dolce felicità!
Non la cercare lontano:
volersi bene, darsi
dolcemente la mano,
parlarsi a cuore a cuore,
godere insieme ogni gioia,
è questa la felicità.
Non la cercare lontano:
essa è qui prigioniera
nel nostro nido piccino. (G. Ajmone)

La famigliola
Non son che due stanzette e una cucina
al quarto piano. Tre modesti ambienti
d’una casa tra un prato e un’officina,
voltati al sole che li fa ridenti.
E babbo e mamma, un bimbo e una bambina
in quel guscio ci vivono contenti.
Mamma tien tutto lustro e alla mattina
dà perfino la cera ai pavimenti.
E quando il babbo torna a casa dal cantiere
e s’è lavato, e siede a mensa, e taglia
il pane, e versa il vino nel bicchiere,
macchiando qualche volta la tovaglia,
e i bimbi son lì, davanti al piatto
ad aspettar la mamma che scodelli
la fumante minestra di piselli,
e ad aspettare ci si aggiunge il gatto,
non c’è casa di ricco e di potente
che valga questa di povera gente. (R. Pezzani)

I miei bimbi
Come trovo dipinto il mio bambino
dopo desinare, è uno sgomento!
Ha le patacche addosso a cento a cento
e la bocca color di stufatino;
ha il nasetto, si sa, tinto di vino.
e sulla fronte un po’ di condimento,
e uno spaghetto appiccicato al mento,
che gli spenzola giù dal grembialino.
E sfido! In tutto pesca e tutto tocca,
e si strofina la forchetta in faccia,
e stenta un’ora per trovar la bocca;
e sono tutti i miei strilli inefficaci;
egli, vecchio volpone apre le braccia
ed io gli netto il muso coi miei baci.
Benedetti ragazzi! E’ un gran destino
dover troncare un inno od un bozzetto
per aggiustar le rote d’un carretto,
per incollar la testa a un burattino:
e trovarmi un giorno, in sul mattino,
un bastimento a vela in fondo al letto,
o una villetta svizzera sul petto,
o l’arca di Noè sotto il cuscino!
E sentir per le stanze e per le scale
squillar trombette da mattina a sera
come il dì del giudizio universale!
Ah! un giorno o l’altro li rimando a balia…
eccoli qui, quei musi da galera,
non ce n’è due più belli in tutt’Italia! (E. De Amicis)

Dolce famiglia
Dolce famiglia, qual più bella cosa
di te, che unisci ne’ più santi affetti
una mamma solerte ed amorosa,
un caro babbo e i lieti figlioletti?
Sei un nido d’amore e di speranza,
hai la fiamma che scalda e che consola,
hai la luce che dona l’esultanza;
e dir famiglia è dire la parola
che fa piangere il cuore dell’assente;
egli lavora tanto per tornare
un giorno benedetto al suo ridente,
al suo memore e dolce focolare.
Bussa il dolore e busserà la morte,
ma la famiglia nell’amore
divide la gioiosa e cruda sorte
e sopporta con fede ogni dolore.
Iddio ti guardi, famigliola mia,
Iddio t’aiuti sempre! Così sia. (T. Romei Correggi)

Casa, dolce casa
Casa, dolce casa!
Tra piaceri e palazzi
per quanto si possa vagare
non c’è un posto che possa valere
la nostra sia pur umile casa.
Là un incanto dal cielo
sembra consacrare ogni cosa
e, per quanto si cerchi,
in nessun’altra parte si trova.
Un esule lo splendore
invano abbaglia:
oh, dammi la mia umile casetta
dal tetto di paglia!
Gli uccelli cantando allegramente
venivano al mio richiamo:
dammi queste cose
è la serenità dello spirito,
più cara d’ogni altra!
Casa, dolce casa!
Non c’è altro posto
come la nostra casa! (J. Howard Payne)

Il meglio sii di quello che tu sei
Se non puoi esser pino in vetta al monte
sii prunaia di valle, ma sii sempre
il cespuglio più bello accanto al fonte;
sii cespuglio se non puoi esser albero.
Se non puoi esser pruno sii bell’erba
ed allieta di te la via maestra:
se non puoi esser paris sii ginestra,
la ginestra più bella del deserto.
C’è un comandante, ma ci sono i mozzi,
quaggiù per tutti v’è da lavorare.
A chi compiti piccoli e a chi grossi:
a ognuno quello che sa meglio fare.
Se non sei via, sii viottolo tra il verde;
se non puoi esser sole, sii una stella;
non è per mole che si vince o perde
ma il meglio sii di quello che tu sei. (D. Malloch)

Girotondo di tutto il mondo
Filastrocca per tutti i bambini
per gli italiani e per gli abissini,
per i russi e per gli inglesi,
gli americani ed i francesi,
per quelli neri come il carbone,
per quelli rossi come il mattone,
per quelli gialli che stanno in Cina
dove è sera se qui è mattina,
per quelli che stanno in mezzo ai ghiacci
e dormono dentro un sacco di stracci,
per quelli che stanno nella foresta
dove le scimmie fan sempre festa
per quelli che stanno di qua e di là
in campagna od in città,
per i bambini di tutto il mondo
che fanno un grande girotondo,
con le mani nelle mani,
sui paralleli e sui meridiani. (G. Rodari)

Chi sa?
Chi sa donde mai venga il sonno lieve
che sugli occhi dicende d’un bambino?
Io lo so. Esso viene da un paese
incantato. C’è un bosco pieno d’ombra:
le lucciole vi brillano debolmente,
vi crescon fiori colmi di magia.
Di là quel sonno viene,
a baciar sugli occhietti il mio bambino.
Chi sa donde mai venga il dolce riso
sulle labbra di un bimbo addormentato?
Io lo so. Baciò un tempo un raggio pallido
della giovane luna il bianco viso
di una nube d’autunno, ed un mattino
rugiadoso di sogno, ecco il sorriso.
Quel sorriso che vien
a fiorir sui labbruzzi al mio bambino.
Chi sa donde sbocciò tanta freschezza
che splende sulla guancia d’un bambino?
Io lo so. Da quand’era giovinetta,
lo portava la mamma dentro il cuore,
tacito dono della sua purezza;
nel mister delicato del suo amore.
Di là freschezza viene
ad ingigliar la guancia al mio bambino.
(R. Tagore)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

 

 

Poesie e filastrocche sulla casa

Poesie e filastrocche sulla casa – una raccolta di poesie e filastrocche sulla casa, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il mio nido
Il mio nido è una casetta:
in quel nido ci ho una fiamma
sempre accesa:
è l’amor della mia mamma
che mi aspetta in dolce attesa. (C. Prosperi)

 

La mia casetta
La mia casetta è piccola,
ma dentro si sta bene.
Di fuori il vento sibila:
lo sento, eccolo, viene.
Ma il vecchio muro mormora:
“O vento, cozzi invano.
Son rozzo, ma son solido…”
E il vento va lontano.
E pioggia e neve e grandine
flagellano le mura
e la casetta impavida:
“Son vecchia, ma sicura…”
Scintilla dolce e tiepida
nel focolar la fiamma
e il sol sempre l’illumina:
quel sole è la mia mamma! (Hedda)

 

La casetta
In un prato, fra l’erbetta
c’è una piccola casetta;
nella casa c’è un lettino
ove dorme un bel bambino.
Presso il bimbo c’è una mamma
che lo ninna e che lo nanna.
E su tutti stende l’ali
per difenderli dai mali,
il buon angelo custode
che sorride e lieto gode. (D. Vignali)

 

Casetta
Una stanza, una cucina,
tre gerani alla finestra,
una mamma e una bambina,
e laggiù la via maestra.
Prati freschi intorno intorno,
gallo, tortore, e un tacchino…
e la fonte, tutto il giorno,
canta e specchia il ciel turchino. (Lamartine)

 

Felicità
Dolci pareti, una fiamma,
sei bimbi, una mamma.
Fuoco e braci nel camino,
passi del più piccino.
Tutto il sole a primavera
e le rondini a schiera.
Sul pane una croce
fuori l’ombra del noce.
Casa mia, felicità;
serenità. (C. Ronchi)

 

Dentro casa
Dolci sere d’inverno dentro casa,
col bricco che sul fuoco sta cantando,
mentre la bora par di furia invasa
e a gran colpi la porta va squassando.
La mamma cuce, il babbo legge un libro,
io, tra di loro, sopra una sedietta,
o gioco o sto a sentir la favoletta,
fino a quando il sonno, piano piano,
non sia venuto a condurmi lontano. (A. Noel)

 

La mia casetta

La mia casetta ha due finestre sole
ma fiorite che sembrano un giardino.
Ci sono tanti garofani e viole
e un po’ di maggiorana e rosmarino.
E dentro, è tutto lindo e tutto bello
e lustro, come sa lustrar la mamma.
Quando crepita allegra nel fornello
gode a specchiarsi anche la fiamma:
Oh, com’è cara questa mia casetta,
dove la mamma tutto il dì lavora;
dove, la sera, ognun di noi s’affretta
e, nell’essere insieme, si ristora! (L. Schwarz)

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Exit mobile version

E' pronto il nuovo sito per abbonati: la versione Lapappadolce che offre tutti i materiali stampabili scaricabili immediatamente e gratuitamente e contenuti esclusivi. Non sei ancora abbonato e vuoi saperne di più? Vai qui!

Abbonati!