IL LETARGO: dettati ortografici e letture

Dettati ortografici IL LETARGO – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

Il risveglio del tasso

Quatto quatto, ancora un po’ incerto, è uscito dalla tana anche il tasso. Poveraccio, com’è dimagrito! Ne ha guadagnato la linea, è vero, ma sembra il ritratto della fame. Ghiottone com’è, si accorge che è ancor presto per le grandi scorpacciate, la natura offrendogli  ben poco; ma forse è meglio riabituarsi al cibo un po’ alla volta, con moderazione. Data un’occhiata in giro e addentato qualcosa, ritorna guardingo verso la tana; è stanco e una dormitina non gli farà male. D’improvviso si arresta, poi, rassicurato, prosegue: il fischio che aveva sentito l’aveva subito riconosciuto. Toh, s’è svegliata pure la signora marmotta: aperto il cunicolo che immette alla tana, è uscita al richiamo della primavera.
(V. De Marchi)

Lo scoiattolo si risveglia

Lo scoiattolo non riusciva più a dormire. Il sole lo guardava. Si strofinò gli occhietti, afferrò una noce e si pose a sedere. Aveva molta fame, ma era ben provvisto: tutto il nido era foderato di noci, poi ne tirava fuori un’altra di sotto il letto. Così, quando nel pancino non ce ne stettero più, si diede una gran lisciata di baffi e si mise a guardare intorno. Passava da un ramo all’altro a corsettine, senza mai toccar terra. Saltava su un abete, rimbalzava su un pino, gettava pinoli in tesa ai conigli. Riappariva su un nido di gazza per rubarvi le uova. Le uova col sole dentro.
(L. Volpicelli)

Le lucertole

Le lucertole, riscaldate dal sole tiepido, escono dai buchi dove sono state in letargo per tutto l’inverno e si fermano al calduccio, guardando qua e là con gli occhietti vispi. Sono alla caccia di un insetto. Hanno tanto dormito che ora vorrebbero proprio saziarsi di qualche insettuccio incauto che arrivi alla porta della loro lingua. (M. Menicucci)

La lucertolina

Ecco là sul muricciolo la lucertolina che sta a godersi il sole. No, non sta lì a goderselo, sta lì al sole per vera necessità. E’ una lucertolina giovane, uscita da poco da una crepa del muro, dove ha passato l’inverno, e ora aspetta che il caldo la irrobustisca, le dia snellezza per acchiappar mosche e vivere. Ecco dunque chi potrebbe diminuire il gran numero di mosche che minacciano la nostra salute. Ma vi è forse al mondo un’altra bestiola più perseguitata dai ragazzi?
(Reynaudo)

Che cos’è il letargo

Molti animali, per difendersi dai rigori dell’inverno, si rinchiudono nella tana sin dall’autunno e vanno in letargo. Durante questo sonno profondissimo, la temperatura del loro corpo si abbassa e il loro respiro si fa più lento: essi consumano pochissime energie e non hanno bisogno di nutrirsi. E’ il caso del ghiro e della marmotta. Lo scoiattolo, invece, si sveglia di tanto in tanto per mangiare il cibo immagazzinato nella sua tana.

Letargo e ibernazione

Agli inizi dell’inverno milioni di animali, in ogni parte del mondo, cadono in un particolare stato di riposo: il letargo. Il letargo è un mezzo per sopravvivere, offerto dalla natura ad alcune specie di animali che in questa stagione non troverebbero più il cibo adatto.

Molti animali hanno un letargo che consiste semplicemente in un sonno più o meno profondo e prolungato: tra questi vi sono l’orso, il tasso, lo scoiattolo, la talpa.

Alcuni mammiferi, invece, durante il letargo mutano profondamente le condizioni del loro organismo: si dice che ibernano. L’ibernazione non consiste in un semplice sonno: la temperatura del sangue dell’animale si uniforma a quella dell’ambiente (come avviene, in ogni stagione, nei rettili), il cuore dà un battito ogni due o tre minuti, il respiro si fa impercettibile, cessa completamente la necessità di nutrirsi. Sono animali ibernanti la marmotta, il riccio, il ghiro, il pipistrello.

I pesci, i rettili, gli anfibi, durante il riposo invernale limitano anch’essi tutte le funzioni del loro organismo al minimo indispensabile per conservare la vita; questo stato si dice “vita latente”.

Il riccio

Quando giunge l’inverno il riccio comincia a trovarsi nei guai; il suo mantello spinoso è un ottimo strumento di difesa contro le zanne e gli artigli dei nemici, ma è un riparo assai scadente contro gli assalti del freddo. Per combattere la grande dispersione di calore a cui è sottoposto il suo corpo dovrebbe, in inverno, mangiare moltissimo, ma ha la sfortuna di essere un insettivoro e… di insetti in questa stagione, specialmente quando il terreno è gelato, è quasi impossibile trovarne. Per risolvere questa difficile situazione il riccio, appena la temperatura comincia a scendere sotto i 15°, si appallottola nella sua tana e cade in letargo; vi resterà finchè il clima non sia tornato più favorevole alla sua nutrizione. Durante la sua ibernazione il riccio regola continuamente la temperatura del proprio corpo, mantenendola sempre di un grado superiore a quella dell’ambiente. Facciamo un esempio: se la temperatura esterna è a +10° il riccio mantiene il suo corpo  solamente a +11°. E’ questo un ottimo sistema per risparmiare… combustibile, cioè i grassi accumulati nel corpo durante l’estate. Però, se la temperatura esterna si abbassa sotto i +5°, il riccio non si può permettere di seguirla nella sua discesa, perchè finirebbe col diventare congelato; allora il suo organismo comincia automaticamente a consumare una quantità maggiore di grassi, per mantenere nel corpo la temperatura minima sufficiente alla vita. Mentre avviene tutto ciò, il riccio seguita tranquillamente a dormire. Si direbbe che questo animale sia dotato di un perfetto termostato, l’apparecchio che c’è nei nostri frigoriferi, e che riaccende automaticamente il motore se la temperatura non è più al punto voluto.

La marmotta

Il luogo ove le marmotte trascorrono in letargo sei o sette mesi invernali è una vera camerata sotterranea: essa si trova a due o tre metri di profondità ed è larga una decina di metri; vi stanno a dormire una quindicina di marmotte. Durante l’estate questi animali hanno tagliato coi denti  molta erba e l’hanno fatta seccare al sole; poi, con la bocca hanno trasportato il fieno nella caverna, disponendolo ordinatamente a strati. Ora, su questo soffice materasso, dormono un profondissimo sonno: se ne stanno acciambellate col capo stretto fra le zampe posteriori. Nella marmotta, durante il letargo, le funzioni della vita sono ridotte al minimo: l’animale compie 36.000 respirazioni in quindici giorni, tante quante ne compiva in un sol giorno durante l’estate. La temperatura del corpo, che durante la veglia è di 36°, nel letargo si mantiene sui 10° e può eccezionalmente scendere anche a 5°, quando quella esterna si approssima allo zero. Anche per mantenere queste basse temperature occorre però un certo consumo di grassi; le marmotte, infatti, durante il letargo, perdono una buona parte del loro peso.

Il ghiro

I ghiri sono i più famosi dormiglioni del regno animale; tutti conosciamo il detto “dormire come un ghiro”; figuratevi infatti che quando dorme, e se ne sta tutto raggomitolato come una palla, possiamo prenderlo e farlo rotolare per terra senza che neanche si svegli. Alla fine dell’estate i ghiri cominciano a raccogliere in un vasto nido, nel cavo di un albero, una quantità di ghiande, noci, faggiole. Poi si radunano a dormire in parecchi nella stessa tana. Le provviste che hanno raccolto serviranno per la prima colazione nell’aprile dell’anno seguente, quando si ridesteranno.

Il pipistrello

Il pipistrello cade in letargo… ogni giorno. Questo animale esce in cerca di cibo soltanto la notte; di giorno se ne sta nascosto in una caverna, in una soffitta o in una fessura della roccia e cade in uno stato di sonno detto letargo diurno; infatti, in quelle ore, il suo sangue si raffredda, i respiri e i battiti del cuore si fanno più distanziati. Ma quando giunge l’inverno e la temperatura scende al di sotto dei 10°, il sonno si prolunga per settimane e mesi e la vita rallenta ancor più il suo ritmo. Il pipistrello resiste al sonno anche se la temperatura del suo sangue scende a -2°. E’ l’unico mammifero che possa sopportare temperature del corpo inferiori a zero gradi, senza pericolo per la sua vita. Si desta invece facilmente al calore, alla luce, al tatto, al rumore e si riscuote subito, a differenza degli altri animali.  Curioso è il suo modo di dormire, appeso a capo all’ingiù; ma non si stanca? Verrebbe voglia di chiedersi. Niente affatto, perchè le sue zampette si serrano automaticamente  sull’appiglio per azione del peso del corpo che fa contrarre i tendini delle dita.

Animali in letargo

E’ sopraggiunto l’inverno e tutto, intorno, è spoglio, triste, silenzioso. Lucertole, bisce, ghiri, tassi e marmotte dormono profondamente. Consumano il grasso accumulato nella buona stagione e così possono resistere senza mangiare per i lunghi giorni dell’inverno… Anche il loro respiro si è rallentato: è quasi impercettibile e il loro cuore batte pianissimo.

Le signore Grassone a convegno

Le signore Grassone  discutevano in cerchio, attente e serie. Ognuna diceva la sua, con calma e moderazione, ma la Strillona gridava più di tutte e poichè chi grida di più ha sempre ragione, le altre tacquero e la Strillona parlò.
“Bisogna affrettarci!” gridava. “L’acqua sa già di neve. Tra poco la terra sarà tutta gelata, le piante si spoglieranno e non di troverà più un frutto né un seme da mettere sotto i denti. Presto, presto, a scavare le tane per l’inverno, abbastanza grasse per sopportare il lungo digiuno, presto, presto, che il sonno arriva a chiudere gli occhi dei giovani e degli anziani!”.
“Ah, il sonno!” esclamò una marmotta anziana con espressione di grande beatitudine. “Quando penso che fra poco ci scaveremo la tana, profonda, molto profonda, fra i sassi e le rocce, che ne imbottiremo una stanza con fieno tritato e asciutto e che lì potremo rifugiarci con tutta la famiglia, abbracciati e dormire… mi sento felice. Ah, la vita è bella!”
Un sonno lungo, quello delle signore marmotte, che durerà molti mesi e, se potessero sognare… Montagne di frutta secca, colline di semi, pascoli di radici saporite… Una delizia! Purché l’uomo… Un brivido di terrore passa su quelle schiene grasse.
La marmotta anziana ricorda, purtroppo, la gran strage di quell’anno e racconta. Si erano tutte diligentemente purgate, come ogni volta, con acqua purissima di sorgente. E intanto si erano costruite la casa: una casa profonda e sicura, con un corridoio cieco che serviva da deposito di immondizie e una bella camera calda con un letto di fieno profumato.
Avevano chiuso l’ingresso con un muro di fango, di pietre e d’erba secca, un vero calcestruzzo. Si credevano sicure lì dentro e si erano abbandonate alla beatitudine del lunghissimo letargo invernale. Altrimenti, di che cosa si sarebbero potute nutrire le povere marmotte? Durante la brutta stagione non avrebbero trovato né un frutto né un seme, forse nemmeno una radice sepolta dalla neve. La natura provvida aveva loro concesso il gran sonno.
Appena un debole fiato d’aria per tenersi in vita, e così, quasi senza respiro e senza calore, ma con una grossa riserva di grasso sotto la folta pelliccia, le marmotte si erano addormentate profondamente.
Durante il sonno era avvenuto lo scempio. Decine di famiglie non si erano più svegliate. L’uomo era avido della bella pelliccia morbida e anche del grasso che secondo lui, spalmato sulla pelle, guariva ogni male. Scavando nel muro di calcestruzzo, anche alla profondità di otto o nove metri, le aveva raggiunte e catturate senza pietà.
Per questa ragione quell’anno avevano deciso di emigrare. Avrebbero cercato di sfuggire all’insidia degli uomini, recandosi in alto, ai confini delle grandi nevi, al di là del bosco e del torrente.
In quel luogo spirava un vento propizio, Era una zona sicura… L’aveva detto il camoscio, venuto a brucare il finocchio ai margini del bosco. Nemmeno il camoscio era amico dell’uomo e sapeva dove si poteva stare al sicuro da lui.
Le signore grassone, precedute dalla Strillona, che doveva eventualmente dare l’allarme, avanzavano caute, affacciandosi prima ai cigli delle rocce per perlustrare il terreno. Un grande silenzio sulla montagna. Non un colpo d’arma da fuoco, non un colpo di piccone, ma un’aria di pace completa. Solo il lieve stormire delle fronde mosse dal vento. Non c’era traccia d’uomo. Le marmotte durante il cammino, facevano grandi bevute d’acqua di fonte e non mangiavano nulla, non di facevano tentare nemmeno dalle ultime bacche cadute per terra. Dovevano andare verso il gran sonno col corpo purificato.
Finalmente arrivarono. Alzarono verso l’aria le narici umide e vibranti per aspirare gli odori, odori rassicuranti e amici, poi cominciarono a scavare le tane. Dovevano mettersi al sicuro dall’uomo e dal falco, anche lui ghiotto di marmotte.
Finalmente, il lavoro fu compiuto. Le famiglie di radunarono, si riconobbero sfiorandosi i baffi e finalmente giù nel profondo, dove, abbracciate in una tenera stretta, avrebbero aspettato il tepore della primavera che le avrebbe svegliate.
(Mimì Menicucci)

Gli scoiattoli

Gli scoiattoli, durante l’inverno, non dormono continuamente. Quasi ogni mattino escono dal loro nido, posto sulla sommità di un albero, per sgranchirsi un poco le gambe, inseguendosi e correndo a spirale lungo il tronco ed i rami. Vanno anche a prelevare un poco del cibo che durante l’estate avevano accumulato in piccoli magazzini nascosti nelle cavità dei tronchi. Nelle altre ore del giorno se ne stanno ben tappati nel loro nido ove alternano mangiatine a lunghe dormite.

Le vipere

Le vipere, quando avvertono i primi freddi, si radunano in gruppi numerosi (talvolta anche di venti o trenta) in una sola tana, fra le radici di un albero, o sotto una pietra. Così. aggrovigliate assieme, cadono in letargo.

La lucertola

Si nasconde in qualche buchetto, per cadere in letargo, soltanto nelle zone in cui l’inverno è rigido.

Le rane

Nelle zone dove l’inverno è rigido, si sprofondano nel fango del loro stagno e vi rimangono inerti fino alla primavera seguente.

La tinca

Quando le acque si raffreddano, si immerge nel fango del fondo e vi rimane a lungo immobile.

La chiocciola

Durante l’inverno,  si nasconde fra le pietre, chiude con una membrana l’apertura del suo guscio e s’addormenta.

E’ finito il letargo

La primavera è la stagione in cui la natura si sveglia.
I fiumi, che il ghiaccio ha resi prigionieri durante l’inverno, riprendono liberi il loro corso, gorgogliando e chioccolando. Negli alberi rifluisce la linfa. Essa risveglia i germogli addormentati, che si aprono, rivelando le foglie. I fiori incominciano a sbocciare. Su dall’arida terra morta spuntano i fili della verde erba. Il mondo, che pareva diventato inerte, ricomincia a mostrare i primi segni di vita.
Gli animali, che durante l’inverno hanno dormito, si destano. Gli uccelli ritornano dal Sud. I lavori dell’anno stanno per riprendere. Tutti sono affaccendati.
Per il castoro la primavera è la stagione in cui bisogna ricominciare a lavorare. Mamma castoro vuole un bel letto per i suoi piccoli. Il padre può dormire sulla nuda terra, ma i bambini devono avere un giaciglio più soffice; perciò babbo castoro deve preparare per loro un materasso di ramoscelli teneri e di fili d’erba.
Presto vi saranno le inondazioni primaverili. I ruscelli mormoranti si trasformeranno in torrenti impetuosi. Il castoro deve, presto presto, riassettare la sua diga, se non vuole che le acque tumultuose gliela spazzino via. Deve rafforzarla con rami e pietre; deve aggiungere tronchi e grossi sassi che tengano a posto i tronchi; deve ammucchiare rami e sterpi e zolle di terra che leghino insieme ogni cosa. Deve far sì che la sua diga diventi ogni anno più grossa e più bella.
A volte le dighe dei castori diventano talmente alte e forti, che anche i cavalli ci possono camminare sopra.
Spesso papà castoro non riesce, da solo, a far tanto lavoro. Invita allora i parenti ad aiutarlo. Fa un fischio ai suoi fratelli, agli zii, alle zie, i quali arrivano al chiaro di luna e lo aiutano finchè il lavoro è terminato. A sua volta esso aiuta i parenti quando hanno bisogno di lui.
A primavera anche la marmotta si sveglia: è magra, affamata e sola. Quando era andata a rintanarsi per l’inverno era coperta di spessi strati di grasso. Sotto la sua pelliccia non ce ne sarebbe stato un pezzettino di più. Non poteva neppure correre! Perciò tutti la chiamavano “grassona”.
Quando era caduta in letargo, era un animaletto incredibilmente assonnato, e sino a primavera aveva continuato a dormire senza mai svegliarsi, neppure per mangiare.
Ed ecco che adesso, all’arrivo della primavera, la marmotta è magra, affamata e sola. Annusa nervosamente le gallerie che la circondano: alcune sono state scavate da lei stessa; altre sono state scavate dai suoi fratelli, dalle sorelle e da altri parenti.
Poi la marmotta si mette in viaggio, di galleria in galleria, in cerca dei vecchi amici. A volte, entrando in una galleria, si imbatte in un opossum che vi si è insediato, oppure in un coniglio o in una moffetta. Allora scappa in un’altra galleria.
Nel suo giro di ricerca incontra molti animali, i quali, vedendo che la marmotta si è svegliata, capiscono che è primavera. (A. Webb)

Lo scoiattolo

Lo scoiattolino non riusciva più a dormire. Nella brezza del mattino che continuava a cullarlo, lassù sul cavo più alto del faggio, sotto il cumulo delle foglie, si sentiva pungere gli occhi da uno spino d’oro, che invano cercava di togliere con la zampina. Schiuse le palpebre, fece capolino di sotto la gran coda in cui era avvolto, sbirciò da uno spiraglio del tettuccio.
Il sole lo guardava.
Presto presto si strofinò gli occhietti, diede una scrollatina al pelliccione,  arruffò il letto, afferrò una noce e si pose a sedere.
Aveva molta fame, ma era anche ben provvisto: tutto il nido era foderato di noci. Ne vuotava una, gettava via il guscio e ne tirava fuori un’altra di sotto il letto.
Quando nel pancino non ce ne stettero più, si diede una gran lisciata di baffi e si mise a considerare l’inverno.
L’aria odorosa di resina scintillava fresca e pungente perchè c’era ancora un poco di neve all’ombra degli alberi e sulla montagna; ma il lago era sgelato.
Lo scoiattolino si agitò tutto per la gran festa.
(F. Tombari)

Animali in letargo…
Lo sapevate che se gli uomini potessero cadere in letargo vivrebbero fino a 2162 anni? Infatti durante il letargo i battiti del nostro cuore subirebbero un rallentamento, e ciò prolungherebbe di molto la nostra vita.
Che cos’è l’ibernazione? E’ un periodo felice che gli animali trascorrono in luoghi diversi (tronchi, buche, tane) durante il quale la loro temperatura diminuisce. E’ inesatto dire che certi animali, come rane, rettili o pesci hanno il sangue freddo: la loro temperatura dipende unicamente dall’ambiente in cui si trovano. Per esempio una serpe, sui sassi al sole, avrà sangue caldo, ma se la troverete sotto una pietra, toccandola la sentirete gelida.
I mammiferi e gli uccelli in generale hanno temperatura costante: sia che voi andiate a spasso con un gran freddo, sia che ve ne stiate ad arrostire sulla spiaggia, la vostra temperatura interna sarà sempre di 37 gradi. Tra gli animali che vanno in letargo, o ibernanti, ce ne sono di quelli che hanno temperatura variabile e di quelli che hanno temperatura costante; comunque sia, la temperatura di questi animali diminuisce d’inverno.
E fra questi mammiferi ci possono essere i roditori, gli insettivori, ed anche i carnivori che hanno la proprietà di diminuire moltissimo la temperatura.
Ci sono poi dei falsi ibernanti, come l’orso, che pur andando in letargo non subisce una diminuzione della temperatura.
La marmotta è un esempio tipico di roditori ibernanti. Quando il termometro scende dotto i 15 gradi, dolcemente il piccolo animale si addormenta e sembra cadere in letargo: ma ogni due o tre settimane la marmotta si risveglia per eliminare dalla sua tana tutta la sporcizia.
Un abbassamento troppo rapido della temperatura la ridesta ugualmente dal letargo: occorre perciò che essa si riscaldi per non morire di freddo. Si agiterà allora in tutti i modi e farà delle vere e proprie acrobazie. Durante il letargo la marmotta non mangia più e consuma le sue riserve di grasso.
Gli invertebrati dormono proprio tutto l’inverno; gli insetti trascorrono questa stagione sia come larve, sia come crisalidi. Mi è capitato una volta di osservare una farfalla attaccata a un muro alla fine dell’estate e di averla vista immobile ancora nella stessa posizione duasi alla fine dell’inverno.
(U. Gozzano)

Dettati ortografici IL LETARGO – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici SPORT INVERNALI

Dettati ortografici SPORT INVERNALI – Una collezione di dettati ortografici sugli sport invernali: slitta, sci, pattini da ghiaccio, la seggiovia, alpinismo, ecc…

La seggiovia
E così, anche a me, una bella mattina, venne incontro l’aereo seggiolino rosso. L’uomo lo frena un attimo sulla voltata. “No, sulle ginocchia il sacco, non dietro le spalle!”. E subito mi trovai con le gambe pendule nella montagna vuota. Abbassai e fermai il paletto di sicurezza, aggiustai il sacco come l’uomo aveva detto, e mi guardai attorno. Giù a terra la mia ombra che mi seguiva, sotto il sole già alto, pareva come raggomitolata.
(M. Valgimigli)

La slitta
Non abbiamo notizie precise su chi ci ha insegnato l’uso della slitta. Di slitte ne esistono di varie forme e grandezze. Alcune di esse sono perfino munite di enormi vele. Le slitte servono come mezzo di trasporto o di diletto o di gare sportive. Lo sport praticato con questi veicoli è sano e dà l’ebbrezza della velocità, e non c’è campo da neve che non abbia la sua slittovia dove si scivola, o meglio si vola, come il vento.

Pattini da ghiaccio
Anticamente il pattinaggio era usato come mezzo di locomozione in alcuni paesi del Nord dove, per il freddo intenso, durante i mesi invernali, le strade erano ricoperte da una pericolosa lastra di ghiaccio. I pattini, costituiti da una lamina di acciaio fissata alla scarpa, pare abbiano avuto la loro origine in Olanda, ma vennero quasi contemporaneamente usati nei paesi finnici e baltici; più tardi in Inghilterra e in Germania assunsero il ruolo di vero e proprio sport. Oggi il pattinaggio su ghiaccio è in uso in tutto il mondo; è anzi uno dei giochi sportivi preferiti dai bambini per l’ebbrezza della velocità che consente di raggiungere.

Campi da sci
I campi offrono uno spettacolo magnifico. Che animazione! Che festa degli occhi e del cuore! Neve abbagliante a perdita d’occhio, le Dolomiti si ergono gigantesche contro il cielo, i ghiacciai scintillano sotto l’apparizione fugace del sole. Lungo i pendii è un continuo incrociarsi di sciatori che gridano ogni tanto: “Pista! Pista!”. Si improvvisano piccole gare, e coloro che sono giunti in fondo alle discese tornano pazientemente ad inerpicari arrancando con gli sci sulla neve soffice, annaspando un po’ di traverso alla maniera dei gamberi. C’è un bambino paffutello e impettito che fila come una rondine su due minuscoli sci che sembrano giocattolo. Dal bordo dei campi assiste una folla variopinta e lieta che batte i piedi per difendersi dal freddo.
(F. Malagodi)

Dettati ortografici SPORT INVERNALI
Allievi sciatori

A vederli, gli allievi alle prime prese con gli sci, vien voglia di tenerli, perchè appena li hanno allacciati pare debbano saettare via , e quando si rizzano ti viene di sostenerli, se no cadono da tutte le parti, o non si muovono, come se gli sci li avessero incollati al terreno… Altri, che hanno potuto, chissà come, prendere una volata dall’alto, si mettono a gridare come disperati: “Pista! Pista!”. Pare che tutto il mondo debba essere riservato a loro, che tutti debbano fuggire davanti a una valanga. Ti volti, e vedi lo sciatore che ha già fatto un capitombolo fragoroso, che sprizza neve e che arriva in fondo prosaicamente seduto… E questo quando arriva bene… Per la strada ha perduto tutto: berretto, racchette, tutto quello che si può perdere, tranne quello che non si perde mai in questi casi: l’allegria.
(G. Cenzato)

La slitta
Un urlo, uno stridore, una rabbia forsennata, un’unghiata sulla trincea gelata. Il tempo di girare la testa per accompagnare con lo sguardo il grande pazzo giocattolo, e già non lo vedi più, e già la voce rugginosa si è spenta, perchè la slitta è arrivata in fondo alla discesa, laggiù, oltre i colonnati degli abeti che scendono fra le nevi della montagna, affondando pesantemente i tronchi bruni nell’abbagliante candore.
(O. Vergani)

Com’è bello sciare
Il silenzio della montagna è rotto da un vociare giocondo. Sciamano i giovani sciatori lungo i pendii. Massimo e Maria sono felici; si agganciano gli sci, si avvolgono nella pesante sciarpa di lana, e via sulla neve. Scivolano leggeri. Risate… e risate… e ruzzoloni! Non è nulla, non si sciupano i vestiti sul soffice tappeto. L’aria è fredda, ma asciutta. Scintilla la vetta nel sole; non si può sciare lassù, dove la neve si è mutata in ghiaccio. Ma il sole già discende e gli sciatori lasciano la montagna che, nel luccicare delle prime stelle s’addormenta, tutta incappucciata di bianco e lasciata in silenzio.

Davanti al ghiacciaio
Era una conca selvaggia, con alcune lastre di macigno. Io mi sedetti, poi mi stesi sulla più lunga. Davanti erano i ghiacciai, giù in fondo, dalla parte opposta, l’azzurreggiare dei laghi, a picco sotto di me, la valle scintillante di acque e di sole. La vetta della Margna mi sorgeva accanto, nell’ombra del cielo, chiudendo da questo lato la vista, con la sua forma di trono d’argento.
(G. A. Borghese)

Sulle vette del K2
Il paesaggio era fantastico, quasi incredibile: un gran variare di vette e di montagne e sopra a loro un cielo azzurro, profondo. I colori dei monti variavano dal celestino al pallido oro, a tratti prendevano tonalità rosa che subito sfumavano nel verde tenero per poi tornare al celeste dominante delle nevi e dei ghiacci eterni.
(R. Lacedelli)

Lo sport della montagna
L’alpinismo è l’arte di comprendere, di ammirare la natura nelle sue manifestazioni più sublimi e pittoresche. E’ un ottimo sport perchè oltre a tutto il corpo, mette in esercizio l’intelligenza e l’anima. Sui monti il corpo di fa più forte; sulla cima conquistata si trova compenso alla fatica; nella conquista del monte ci si abitua alle privazioni. Sulla montagna si trova il coraggio per sfidare i pericoli, ma si imparano anche la prudenza e a la capacità di superarli.

Dettati ortografici SPORT INVERNALI
Storia degli sci

Nel museo di Oslo, in Norvegia, sono raccolti gli sci di tutti i tempi e di ogni Paese, dalla ‘scarpa da neve’ agli sci dei campionissimi di oggi.
Nei Paesi Nordici, infatti, dove la neve ricopre la terra per mesi e mesi, dove i popoli, abituati a una vita nomade, rimanevano isolati per lunghi inverni, nacque la ‘scarpa da neve’ in epoche antichissime: era una larga fasciatura, avvolta attorno al piede, costruita con strisce di pelle e che, allargando la superficie del piede, consentiva di non affondare nella neve.
In seguito, le strisce di pelle furono sostituite da assicelle di legno o da archi di rami intrecciati e si usarono anche delle rozze racchette.
Questi antenati degli sci servivano soltanto per camminare, poi ci si accorse che era più facile scivolare: si faceva meno fatica e si andava più veloci.
Uno storico romano narra che le migrazioni dei popoli nordici venivano effettuate con due assicelle assicurate ai piedi: una era lunga 140 centimetri e larga 20 e serviva per prendere la spinta; l’altra era più lunga e sottile e serviva per scivolare.
Nel 110 gli sci erano quasi simili a quelli moderni e, per prendere la spinta, si usava un lungo bastone. Erano adoperati anche dalle donne e dai bambini.
Da semplice mezzo di locomozione, lo sci servì ben presto anche per la guerra: i Finnici e i Norvegesi li usarono nelle guerre del secolo XIII e i Finnici, nel 1939, si difesero energicamente contro i Russi proprio per la possibilità di rapidissimi spostamenti mediante gli sci. Durante l’ultima guerra mondiale, poi, lo sci fu usato abitualmente sul fronte russo-tedesco.
La diffusione dello sci come attrezzo sportivo si ebbe invece agli inizi dell’Ottocento, e le prime gare si ebbero in Scandinavia. Nel 1885 il lappone Tuorda vinse la prima gara di gran fondo percorrendo 220 chilometri in 21 ore. Si ebbero presto anche gare di salto con gli sci e un norvegese sbalordì tutti saltando 23 metri.
L’introduzione dello sci nelle Alpi è relativamente recente: nel 1883 un medico svizzero fece venire gli sci dalla Norvegia e, nello stesso anno, un giovane, il pioniere dello sci alpino, Guglielmo Paulke, ebbe in regalo due sci norvegesi. Rapidamente lo sci si diffuse nella Svizzera, poi nell’Austria, infine in Francia e in Italia, dove si diffuse dapprima in Val di Susa.
Ora, si sa, lo sci è diffusissimo, come svago e come sport, e l’Italia ha campi da sci in ogni zona montana, alpina e appenninica. Ne è derivata anche un’industria alberghiera di eccezionale importanza che ha letteralmente salvato l’economia di molti paesi condannati alla stasi completa nel periodo invernale.
Sì, dalla ‘scarpa da neve’ a oggi, bisogna dire che lo sci, della strada, ne ha fatta.
(G. B. Fabian)

Dettati ortografici SPORT INVERNALI
Sulla neve

E’ arrivata, finalmente, la candida visitatrice e ha già coperto i monti col suo soffice mantello.
Sci, sci! Febbrilmente si tolgono dall’angolo dove sono stati durante l’estate. Una spazzolata alla tuta, una spalmata di grasso agli scarponi, e via, per i campi, a sciare!
Diamo un’occhiata al principale strumento di questo simpatico sport.
Fino al secolo scorso lo sci non era conosciuto in Italia, paese dal molto sole e dalla poca neve. Fu uno svizzero che, stabilitosi a Torino, sentì una forte nostalgia delle lunghe e ripide discese, e visto che la neve d’era, si fece mandare dal suo paese un bel paio di sci e via, per il parco del Valentino e per le colline torinesi, a sciare con molta soddisfazione.
Era uno spettacolo e la gente accorreva a veder quel “bel matto” che volava sulla neve. Dopo pochi anni i “matti” furono parecchi e nel 1901 fondata la prima associazione sciistica.
Le nazioni nordiche, dove la neve copre la terra per la maggior parte dell’anno, conoscevano questo sport da duemila anni almeno. A Oslo, in Norvegia, nel Museo dello Sci, esiste un’asta pietrificata che pare risalga all’epoca degli antichi Romani.
Il primo ad introdurre lo sci in Europa, fu il grande esploratore Nansen che attraversò la Groenlandia sciando. Egli descrisse il suo viaggio, durato 37 giorni, in un libro che fu letto da molti. I primi sci italiano furono costruiti sul modello di quelli norvegesi.

Dettati ortografici SPORT INVERNALI – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

I GIORNI DELLA MERLA – Racconti, dettati ortografici e filastrocche

I GIORNI DELLA MERLA – Racconti, dettati ortografici e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

I GIORNI DELLA MERLA

Una volta i merli erano bianchi come la neve. Ma un anno gli ultimi tre giorni di gennaio furono così freddi, che gli uomini non uscivano di casa per non rimanere assiderati; i rami degli alberi scricchiolavano per il gelo e cadevano a terra spezzati; i corsi d’acqua erano gelati e gli uccellini si rifugiavano nelle case degli uomini per non morire.
Una merla, coi suoi tre piccini, si riparò nel camino di una casa. Ma, ahimè, le penne della merla e dei suoi merlotti divennero, per il gran fumo del camino, nere come la notte.
Da allora tutti i merli furono neri. I tre ultimi giorni di gennaio vengono detti anche oggi “i giorni della merla”.

I GIORNI DELLA MERLA

Quell’inverno, tanti anni fa, quando i merli erano ancora bianchi, la merla e i suoi figlioli se la videro brutta: neve, freddo e fame.
Se la merla fosse riuscita ad arrivare fino al granaio di quella casa, laggiù! Ma sì, chi aveva il coraggio con quel freddo?
Finalmente passò Dicembre e anche Gennaio si avviò alla fine. Un raggio di sole forò il cielo bianco e intiepidì l’aria.
“L’inverno è finito” disse con un gran sospiro la merla ai suoi figlioli. “Oggi voglio proprio arrivare fino al granaio”.
Proprio in quel momento Gennaio passava sotto il nido. Udì i discorsi della merla e, da quel vecchio dispettoso che era, borbottò fra sè: “Partito, vero? Ora te lo faccio vedere io!”.
La merla era arrivata al granaio, aveva fatto una buona provvista e stava per tornare indietro quando la tempesta si scatenò. Dove ripararsi?
Finalmente trovò un buon posticino riparato e caldo: il comignolo di una casa. La merla se ne stava lassù mezzo soffocata dal fumo, ma incapace di volar via. Per tre giorni durò, finchè Gennaio non partì. Allora la merla potè tornare al nido.
“Che cosa vuoi, brutto uccellaccio nero?”, le gridarono i figlioletti impauriti.
“Ma sono io, la vostra mamma!”
“Non è vero. La nostra mamma è bianca e bella, e tu sei nera e brutta!”.
La merla cercò di ripulirsi, ma non ci funiente da fare; dovette rassegnarsi. Da allora i merli sono rimasti neri, e proprio per questo gli ultimi tre giorni di gennaio si chiamano i giorni della merla.
(F. Giovannelli)

I GIORNI DELLA MERLA
Narra una strana storia
che in tempi assai lontani
c’era una merla bianca
più bianca della neve.
Volava lentamente
sui rami delle siepi
cercando qualche bacca:
aveva tanta fame!
Tirava forte il vento
sugli orti e sui giardini
pioveva senza sosta
dall’alba fino a notte:
gennaio ormai finiva
con giorni grigi e freddi.
La povera uccellina
fischiando disperata
cercava invano un seme
un piccol moscerino
un chicco di frumento
un briciolo di pane.
Infine, giunta sera,
si rifugiò al calduccio
di un alto fumaiolo:
dormì sognando il sole.
Svegliandosi al mattino
scoprì con meraviglia
d’avere nera l’ala
nerissimo il piumaggio
e il becco color d’oro.

I GIORNI DELLA MERLA – Dettati ortografici e filastrocche  – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Mangiatoie per uccelli: 50 e più progetti e ricette per realizzarle coi bambini

Mangiatoie per uccelli: 50 e più progetti e ricette per realizzarle coi bambini. Con l’arrivo dell’inverno,  proprio quando  aumenta per loro la necessità di nutrirsi per mantenere la giusta temperatura corporea, gli uccellini hanno più difficoltà a trovare il cibo, soprattutto se il  terreno è coperto dalla neve.

Possiamo aiutarli costruendo coi nostri bambini delle mangiatoie, che ci permetteranno, con un po’ di fortuna, di osservare o magari fotografare i nostri piccoli amici. Non occorre abitare in aperta campagna, nè avere un giardino di proprietà: le mangiatoie possono essere installate anche su terrazzi e balconi.

Esistono molti tipi di mangiatoia e la  forma non ha solo una funzione estetica, in quanto serve a selezionare l’ingresso di alcune specie, favorendo l’accesso al cibo alle specie che più ne hanno bisogno e impedendolo ad altre; ad esempio le mangiatoie a cassetta sono l’ideale per i piccoli passeriformi, mentre quelle a rete sono frequentate da uccellini più agili come la cinciallegra e la cinciarella.

L’Ufficio Fauna Selvatica dell’ ENPA consiglia di utilizzare materiali ecologici (legni non trattati chimicamente e vernici non tossiche), di non usare colori troppo vivaci e a cui gli uccelli non sono abituati (vanno benissimo verde scuro, marrone e altri colori mimetici a imitazione di alberi, fronde e foglie). Le mangiatoie si possono costruire con  oggetti usati come bottiglie di vetro o plastica, pezzi di legno naturale, griglie di metallo.

Il cibo più idoneo è quello che gli uccelli conoscono e troverebbero anche in natura: frutta molto matura,  bacche e soprattutto miscele di semi e anche frutta secca (ad esempio arachidi senza sale e uva passa).

Non si deve esagerare con le quantità, perchè alcuni uccelli prendono il cibo dalla mangiatoia per poi nasconderlo in altri posti, togliendo la possibilità ad altri di approfittarne.

La mangiatoia, nei periodi più freddi e soprattutto quando c’e’ neve, può essere anche fornita di altri cibi meno “naturali”:  lardo, panettone, piccoli pezzettini di carne e poco cibo per cani e gatti (sia secco che umido).

Ci sono alcuni cibi che non sono assolutamente adatti per gli uccelli, ad esempio pane e uova  non vanno mai utilizzati in inverno.

Ecco alcuni esempi di possibili menu, sempre consigliati dall’ENPA:
– cinciarelle: arachidi non salate;
– picchi: carne cruda;
– passeri e merli: briciole di dolci e piccole granaglie;
– merli e pettirossi: croste di formaggio tagliate a piccoli cubetti;
– tordi, storni e pettirossi: frutta fresca;
– fringuelli e capinere: semi di girasole, fiocchi di cereali, dolci sminuzzati.

Per quando fa molto freddo e nevica, coi bambini possiamo cucinare la “palla di Babbalù”, miscelando 100 grammi di margarina, 70 grammi di farina 00 o farina gialla, uva sultanina a piacere, un pugno di semi misti, frutta secca a pezzetti e briciole di dolci e modellando l’impasto a forma di palla; lasciamo riposare la nostra palla in frigo e quando si sarà solidificata potremo appenderla con uno spago, come una pallina dell’albero di Natale.

Solitamente le mangiatoie si installano in un luogo non molto distante da una finestra, in modo da poter osservare i visitatori con facilità e senza disturbarli. Se si dispone di un giardino o di un terrazzo, si può appendere anche ad un ramo di un albero, ma non troppo in alto: si può partire da un metro e mezzo dal suolo fino ad arrivare ai tre metri. Accanto alla mangiatoia sarebbe opportuno mettere una ciotola bassa per l’acqua, elemento di grande attrazione per gli uccelli.

Una volta iniziata la somministrazione di cibo, non bisogna interromperla per tutta la stagione più fredda, poiché per gli uccelli che la frequentano diventa un punto di riferimento fondamentale. Con l’avvicinarsi della primavera, bisogna gradualmente diminuire la somministrazione di cibo anche perché, con la stagione della nidificazione, gli uccelli cambiano le abitudini alimentari prediligendo insetti, con cui alimenteranno anche i piccoli. In primavera le fonti alimentari aumentano notevolmente e l’utilizzo della mangiatoia deve essere sospeso. E’ necessario, inoltre, pulire la mangiatoia da eventuali scarti di cibo.

Se non viene utilizzata immediatamente occorre portare pazienza: gli uccellini selvatici sono molto sospettosi, e potrebbero metterci un po’ di tempo ad abituarsi alla mangiatoia, che è comunque una variazione all’interno del loro territorio.

Fonte: http://www.enpa.it/it/

Ecco la mia raccolta di progetti creativi e ricette:

1

1. per realizzare questa mangiatoia si mette una pallina decorativa di rametti di vite (quelle in vendita già pronte per decorare gli alberi di Natale) in un sacchettino di plastica, e si prepara l’impasto con strutto, cereali da colazione, mirtilli, uvetta, burro di arachidi e miele. Si scioglie il tutto in un pentolino, quindi si versa all’interno della palla, lasciandola nel sacchetto di plastica, e si mette a raffreddare. Quando la miscela si è solidificata si può appendere fuori (o decorare e regalare a qualche amico amante degli uccellini…). Tutorial illustrato qui http://www.craftster.org

2

2. di questa mangiatoia, che sembra realizzata in legno dipinto, non sono riuscita a trovare l’immagine originale, ma è presente in moltissimi articoli che parlano di mangiatoie per uccelli, anche qui:  http://dickeybirds.com. Penso che coi bambini si può usare una mela vera, scavarla, e inserire il cibo scelto.

3

3. tutorial illustrato per realizzare una mangiatoia semplicemente scavando mezza arancia e riempendola con mangime per uccellini, di http://www.simplesavingsavvy.net.

4

4. mangiatoia realizzata utilizzando come base una pigna. Si prende la pigna, si cosparge di burro di arachidi, poi si inserisce in un sacchettino di plastica insieme al mangime scelto e si agita, in modo che il mangime di appiccichi bene al burro. Il nastro per appendere  la mangiatoia è meglio metterlo prima… Tutorial illustrato qui http://www.craftjr.com

5

5. Variante di mangiatoia realizzata con pappa di burro e semi, un’arancia scavata, e spiedini con bacche, qui: http://www.flickr.com

6

6. mangiatoia per miscela di semi realizzata con due assicelle di legno, una bottiglia di vetro, il fondo di una bottiglia di plastica e del fil di ferro, tutorial di http://en.espritcabane.com

7

7. semplice progetto per miscela di semi, il vassoio può essere un coperchio riciclato di una scatola o può essere costruito, tutorial di http://familyfun.go.com

8

8. Per realizzare questa mangiatoia occorrono solo miscela di semi per uccelli, una bottiglia di plastica da 2l con tappo, degli stecchini di legno e carta da cucina. Con la carta si forma sul fondo della bottiglia uno strato di circa 5cm. Qundi si insericono gli stecchini nella bottiglia in modo tale che sporgano di pochi centimetri all’esterno, in modo che formino tra loro angoli retti e ad una distanza di circa 5-10 cm di altezza. Utilizzando un taglierino tagliare una stretta fessura circa 5cm al di sopra ogni spiedino. Riempire la bottiglia col becchime, avvitare il tappo, avvolgere il filo intorno al collo della bottiglia, capovolgere e appendere. Tutorial qui: http://www.natureskills.com

9

9. mangiatoia in materiali di recupero, qui http://www.etsy.com (non c’è tutorial)

10

10. mangiatoia scavata in una zucca, di http://pinterest.com

11

11. lussuosissime mangiatoie, in vendita qui http://www.plasticashop.com

12

12. mangiatoia per arachidi, insieme a moltissimi altri modelli, in vendita qui http://www.duncraft.com

13

13. via http://www.liveinternet.ru

14

14. via http://www.liveinternet.ru

15

15. via http://www.liveinternet.ru

16

16. via http://www.liveinternet.ru

17

17. via http://www.liveinternet.ru

18

18. frutta secca (arachidi) infilata nel fil di ferro, tutorial di http://factorydirectcraft.com

19

19. via http://www.urbangardensweb.com

20

20. altra mangiatoia di lusso, di http://www.dasmoebel.at

21

21. mangiatoia realizzato con un cono da gelato, burro di arachidi, cereali soffiati e semi. Si fora il cono gelato e si infila uno scovolino, si fa un nodo all’interno e la parte che resta all’esterno servirà ad appendere la mangiatoia. Poi si cosparge di burro il cono, e si rulla in un piatto contenente semi e cereali soffiati. Tutorial di http://www.bettycrocker.com

22

22. collana da appendere all’aperto, formata con mirtilli rossi, cereali soffiati e pane (ma secondo l’ENPA sarebbe meglio usare panettone o altro dolce), tutorial di http://www.thechocolatemuffintree.com

23

23. non è una mangiatoia, ma può aiutare gli uccellini in inverno a sistemare al meglio il nido: si tratta di mettere in una griglia piccoli scarti di lana o altri materiali naturali, e appenderli ai rami degli alberi o vicino alle siepi, via http://www.ohdeedoh.com

24

24. tutorial e ricetta per realizzare una ghirlanda di semi e gelatina dolce, di http://www.bystephanielynn.com

25

25. in vendita, via http://www.houzz.com

26

26. Mangiatoia realizzata con una rete da frutta. La ricetta richiede burro di arachidi, margarina, farina di mais e d’avena. Tutorial di http://www.marthastewart.com

27

27. di http://www.minieco.co.uk il tutorial, con ricetta,  per questa mangiatoia che per stampino usa un bicchiere di plastica o un vasetto vuoto di yogurt. La ricetta prevede l’uso di strutto fuso, frutta secca, formaggio grattuggiato e mangime per uccelli: una volta rappreso, si toglie il bicchiere e si appende. Per evitare che dal foro dello spago esca il liquido si può mettere un po’ di plastilina all’esterno o colla a caldo.

28

28. Progetto simile al precedente, gli ingredienti sono strutto in cubetti, miscela di semi per uccelli, uva passa, arachidi, formaggio grattugiato. Si mette il tutto in una ciotola e si lavora con le mani, finchè i cubetti di strutto non riescono ad amalgamare tra loro tutti gli ingredienti, quindi si versa nel bicchiere forato e con lo spago che da una parte esce (per appendere la mangiatoia) e dall’altro resta sospeso con uno stecchino, e si mette in frigo per un’ora almeno. Poi si appende all’aperto. Tutorial di http://www.rspb.org.uk

29

29. mangiatoia per pane, dolci, panettone o avanzi di carne, di http://www.coxandcox.co.uk

30

30. mangiatoia fatta a mano in legno e materia plastica, in vendita qui http://www.etsy.com

31

31. tutorial per realizzare questa mangiatoia con due piatti di legno Ikea (ad esempio), di http://www.instructables.com

32

32. tutorial per realizzare questa semplice ma bellissima mangiatoia con una latta del caffè, di http://www.homeclick.com

33

33. senza tutorial, di http://blomsterverkstad.blogspot.com

34

34. tutorial per torte per uccelli preparate con miscela di semi per uccelli e gelatina, di http://eighteen25.blogspot.com

35

35. tutorial per realizzare mangiatoie con zucche scavate  e cannucce, di http://blog.landofnod.com

36

36. In vendita qui http://www.etsy.com queste mangiatoie in alluminio, in varie forme

37

37. mangiatoie sferiche trasparenti, in vendita qui http://www.huset-shop.com

38

38. Alberello-mangiatoia realizzato con burro di arachidi spalmato sui rami e mangime, tutorial di http://www.bystephanielynn.com

39

39. mangiatoria realizzata interamente con materiale riciclato: un avanzo di filo elettrico, un barattolo in plastica con coperchio, un pezzo di tubo in PVC , un frisbee… dettagliatissimo tutorial qui http://www.instructables.com

40

40. mangiatoia in una mezza noce di cocco, di http://goldenleaf1.trustpass.alibaba.com/

41

41. mangiatoia per miscela di semi realizzata con una bottiglia di plastica e due mestoli, tutorial di http://heckfridays.blogspot.com/

42

42. mangiatoia in metallo, via http://www.homelife.com.au/

43

43. tutorial di http://www.busybeekidscrafts.com ; in inverno è meglio sostituire il pane con torta o panettone

44

44. mangiatoia realizzata con una ciotola in legno (forare il fondo col trapano), un pezzo di corda, miscela di semi per uccelli, una bottiglia di plastica, gelatina per dolci. Tutorial di http://www.designsponge.com/

45

45. mangiatoia realizzata con un cartone del latte, tutorial di http://www.notimeforflashcards.com

46

46. mangiatoia realizzata con un cartone del latte, in versione decorata e col tetto rivestito con stecchini di gelato, tutorial di http://familyfun.go.com/

47

47. coprilampada sferici diventano mangiatoie per uccellini, progetto di http://www.designsponge.com

48

48. mangiatoie realizzate con rotoli di  carta igienica e piattini di plastica, tutorial di http://jennwa.blogspot.com

49

49. mangiatoia per pezzi di frutta in fil di ferro, qui http://www.gardeners.com/

50

50. mangiatoia  in fil di ferro, tutorial di http://www.homemadesimple.com/

51

51. mangiatoia  in metallo, in vendita qui http://www.notonthehighstreet.com

52

52. mangiatoia tutta commestibile, di http://www.weupcycle.com

53

53. collana di fette di mela, mirtilli, frutta secca e semi, tutorial di http://naturalkidsteam.com/

54

54. mangiatoia realizzata con un rotolo di carta igienica spalmato di burro di arachidi e cosparso di semi, tutorial di http://moffattgirls.blogspot.com

55

55. mangiatoia realizzata con una ciotola di vetro rivestita di spago lavorato a uncinetto, tutorial di http://blog.creativekismet.com

56

56. mangiatoia ricavata da un’arancia, di http://www.amberdusick.com (nel blog c’è uno scoiattolo che ne approfitta…)

57

57. mangiatoia in legno e rete metallica, di http://www.hopandpeck.co.uk/

Bird feeders: 50 and more projects and recipes to make them with kids. With the arrival of winter, just when increases the need for them to feed to maintain proper body temperature, the birds have a harder time finding food, especially if the ground is covered by snow.

We can help them with our children by building mangers, which will allow us, with a little luck, to observe or maybe photograph our little friends. There is no need to live in the countryside, nor have a private garden: the feeders can also be installed on terraces and balconies….

There are many types of manger and shape not only has an aesthetic function, as it is used to select the input of some species, promoting access to food for the species that are most in need and to exclude other; for example mangers in box they are ideal for small passerines, while those in mesh are frequented by birds more agile as the great tit and blue tit.

We recommend using ecological materials (wood not chemically treated and non toxic paints), not to use too bright colors (are fine dark green, brown and other camouflage colors in imitation of trees, branches and leaves). The feeding troughs can be built with used objects such as bottles of glass or plastic, pieces of natural wood, metal grills.

The food more suitable It is what the birds know and would find in nature: very ripe fruit, berries and specially mixtures of seeds and even dried fruit (for example raisins and peanuts without salt).

You should not overdo the amount, because some birds take food from the manger and then hide it in other places, removing the possibility for others to take advantage.

The manger, in the coldest periods and especially when there is snow, it can also be equipped with other foods less “natural”: bacon fat, cake, small pieces of meat and little food for dogs and cats (both dry and wet).

There are some foods that are not suitable for birds, for example bread and eggs should never be used in winter.

Here are some examples of possible menu:
– Blue tits: unsalted peanuts;
– Peaks: raw meat;
– Sparrows and blackbirds: crumbs of cakes and small grain;
– Blackbirds and robins: cheese rinds cut into small cubes;
– Thrushes, starlings and robins: fresh fruit;
– Finches and warblers: sunflower seeds, cereal flakes, sweet shredded.

For when it’s cold and snowing, we can cook with kids the “Babbalù ball”, by mixing 100 grams of margarine, 70 grams of 00 flour or corn flour, raisins, a handful of mixed seeds, dried fruit into small pieces and crumbs of sweets.
Shaping the dough in the shape of the ball; let rest our ball in the fridge and when it is solidified we can hang with a string, like a Christmas tree ball.

Usually the feeders are installed in a place not far from a window, so you can observe visitors with ease and without disturbing them.
If you have a garden or a terrace, you can hang it on a branch of a tree, but not too high: you can start from a meter and a half from the ground up to three meters. Next to the manger it would be appropriate to put a shallow bowl for water, element of great attraction for birds.

Once you start the administration of food, we must not stop throughout the colder season, as for the birds that frequent it become a key reference point. With the approach of spring, we must gradually decrease the administration of food because, with the nesting season, the birds change eating habits preferring insects,  which also feed the offspring.
In spring food sources increase significantly and the use of the manger should be discontinued. It is also necessary to clean the manger from any food scraps.

If not used immediately, you must be patient: the wild birds are very suspicious, and might put some time to get used to the manger, which is still a change within their territory.

Here is my collection of creative projects and recipes:

1

1. tutorial ed recipe by http://www.craftster.org

2

2.  http://dickeybirds.com.

3

3. tutorial by http://www.simplesavingsavvy.net.

4

4. manger made using as a base a pine cone. Tutorial ed recipe here: http://www.craftjr.com

5

5. Tutorial ed recipe here:  http://www.flickr.com

6

6. tutorial here http://en.espritcabane.com

7

7. tutorial by http://familyfun.go.com

8

8. tutorial by: http://www.natureskills.com

9

9. http://www.etsy.com (there is no tutorial)

10

10.via http://pinterest.com

11

11. for sale here: http://www.plasticashop.com

12

12. for sale here: http://www.duncraft.com

13

13. via http://www.liveinternet.ru

14

14. via http://www.liveinternet.ru

15

15. via http://www.liveinternet.ru

16

16. via http://www.liveinternet.ru

17

17. via http://www.liveinternet.ru

18

18. Tutorial ed recipe here:  http://factorydirectcraft.com

19

19. via http://www.urbangardensweb.com

20

20.  http://www.dasmoebel.at

21

21.Tutorial ed recipe here: http://www.bettycrocker.com

22

22. Tutorial ed recipe here: http://www.thechocolatemuffintree.com

23

23. not a manger, but it can help the birds in winter to accommodate to best the nest: they are put in a grid small scraps of wool or other natural materials, and hang them from tree branches or near the hedges, via http://www.ohdeedoh.com

24

24. Tutorial ed recipe here: http://www.bystephanielynn.com

25

25. via http://www.houzz.com

26

26. Tutorial ed recipe here: http://www.marthastewart.com

27

27. Tutorial ed recipe here: http://www.minieco.co.uk

28

28. Tutorial ed recipe here: http://www.rspb.org.uk

29

29. http://www.coxandcox.co.uk

30

30.  http://www.etsy.com

31

31. Tutorial  here: http://www.instructables.com

32

32. Tutorial here: http://www.homeclick.com

33

33.  http://blomsterverkstad.blogspot.com

34

34. Tutorial ed recipe here: http://eighteen25.blogspot.com

35

35. Tutorial here: http://blog.landofnod.com

36

36.  http://www.etsy.com

37

37. http://www.huset-shop.com

38

38. Tutorial ed recipe here: http://www.bystephanielynn.com

39

39. tutorial here: http://www.instructables.com

40

40.  http://goldenleaf1.trustpass.alibaba.com/

41

41.tutorial here: http://heckfridays.blogspot.com/

42

42. via http://www.homelife.com.au/

43

43. Tutorial ed recipe here: http://www.busybeekidscrafts.com ;

44

44. tutorial here:  http://www.designsponge.com/

45

45. Tutorial here: http://www.notimeforflashcards.com

46

46. tutorial here:  http://familyfun.go.com/

47

47.  http://www.designsponge.com

48

48. tutorial here http://jennwa.blogspot.com

49

49.  http://www.gardeners.com/

50

50. tutorial here http://www.homemadesimple.com/

51

51. http://www.notonthehighstreet.com

52

52. http://www.weupcycle.com

53

53. Tutorial ed recipe here: http://naturalkidsteam.com/

54

54.Tutorial ed recipe here: http://moffattgirls.blogspot.com

55

55.Tutorial here: http://blog.creativekismet.com

56

56.Tutorial ed recipe here: http://www.amberdusick.com

57

57.  http://www.hopandpeck.co.uk/

_______________________________

Bird feeders: 50 and more projects and recipes to make them with kids

Racconti per l’inverno

Racconti per l’inverno – una raccolta di racconti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

La signorina formica Bruna

La signorina formica Bruna è stanca di starsene a dormire tutto il giorno al caldo e al buio sotto terra. “Forse è già primavera… forse c’è già un bel sole tiepido…” ha detto alla vicina formica Rossa, svegliatasi per caso, fra un sonnellino e l’altro. “Ma no!” ha replicato quest’ultima. “Non senti che si bene ancora a dormire sotto terra? La piccola radice piantata proprio nel corridoio d’uscita non ha ancora messo i primi germogli; guarda anche il chicco verde del pisello; proprio ieri è piombato su di noi ed è lì, tutto infreddolito, raggrinzito: quando scoppierà e getterà fuori il suo germoglio, allora sarà tempo di uscire anche per noi.” Ma la signorina formica Bruna non se la sente: scrolla con disprezzo le piccole antenne frementi e si incammina con passo ancora indeciso. “Porta un po’ di sole anche a me!” ha sghignazzato formica Rossa, fra uno sbadiglio e l’altro. C’è freddo, oltre la tana, nella terra nera. Formica Bruna passa sul dorso, morbido come un tappeto, di un talpa in letargo sgattaiola fra un chicco e l’altro, e saluta il pisello raggrinzito; poi si inerpica lungo lo stelo verde di una pianta di grano. Ma man mano che sale sente più freddo. Formica Bruna batte le sei zampette per riscaldarsi, agita le antenne e seguita a salire. Alla fine sbuca fuori. Di sole nemmeno un filo; il cielo è grigio e, miracolo, la terra è tutta bianca e fredda. Bianchi sono i rami nudi degli alberi, e il tetto della casa vicina, e i monti lontani. Tutto questo, veramente, formica Bruna non lo vede, perchè per quanto abbia migliaia di occhi piantati sul capo, è molto miope e non vede che da vicino; ma glielo dice un passero affamato che saltella sul tappeto bianco e che, per amicizia, rinuncia a mangiarsela. Che sospirone di conforto tira fuori la signorina Bruna! Saluta il passero, poi scivola lesta lesta lungo lo stelo verde del grano, non guarda neanche il pisello grinzoso, ripassa a precipizio sul dorso della talpa, s’imbuca nella terra calda, e piano piano, si corica fra le sorelline che dormono buone buone; sbircia la formica Rossa, sbadiglia due volte, poi s’addormenta di colpo.

Nerina Oddi Azzanesi

L’albero addormentato

Un albero si addormentò. Tutti gli alberi s’addormentano quando perdono le foglie e il freddo viene. Ma in genere non sognano mai. Dormono per tutto l’inverno, e a primavera si svegliano. Invece quell’albero, sognò. Gli pareva che nel cielo volassero, lenti, tanti angeli e dalle ali di quegli angeli cadevano le penne. Erano penne bianche e leggere che si posavano sui rami, sulla terra, e sulle siepi. Era un sogno così bello che l’albero si svegliò. Si guardò intorno stupito e vide tutto bianco. Il sogno non era un sogno. Dal cielo continuavano a cadere le penne degli angeli. L’albero rabbrividì di gioia e di freddo. Poi, di colpo, si riaddormentò. A primavera, quando si destò, raccontò il suo sogno a un merlo col becco giallo. Il merlo si mise a ridere. “Sei un vecchio albero, ma sei anche sciocco. Quelle non erano le penne degli angeli, era la neve, una cosa fredda che cade dal cielo!” “Non è vero!” gridò l’albero. Ma poi, quando anche una lucertola gli disse la stessa cosa, dovette crederci. “Va bene” disse al merlo dal becco giallo “Non erano le penne degli angeli, ma tu puoi trovarti un altro albero per fare il nido. Io non ti ci voglio più”. E quell’anno ospitò una coppia di cardellini.

Mimì Menicucci

C’era una volta un omino di neve

C’era una volta un omino di neve. Era venuto su panciuto e candido con un taralluccio per naso, due bottoni per occhi e una pipa in bocca. Quando poi gli misero un cappello tutto sbertucciato in testa, il pupazzo si guardò intorno con arroganza come se fosse il padrone del quartiere. I ragazzi ci giocarono intorno fino a sera e questo lo insuperbì ancora di più, tanto che quando se ne furono andati via, si rivolse al monumento di marmo che sorgeva in mezzo alla piazza e gli disse: “Non crederai mica di essere più bello di me. Io ho perfino la pipa!” La statua, che era quella di un grand’uomo, rise silenziosamente senza provare nemmeno a discutere le sciocchezze che l’omino di neve diceva; ma un passero che, si sa, è un uccellino impertinente, andò a posarsi proprio sul cappello dell’omino e gli pizzicò il naso. “Non mancarmi di rispetto!” strillò il pupazzo “e vattene subito di qui!” Ma il passero non l’ascoltò neppure e invece si accomodò meglio sul cappello dove aveva deciso di passare la notte che si annunciava fredda e rigida. Intanto si era levata la luna e l’omino, per consolarsi, le rivolse la parola dicendo: “Non pare anche a te che io sia una persona importante?” La luna rise col suo faccione largo e splendente e l’omino, imbronciato, decise di non parlare più con nessuno. La notte passò gelida e silenziosa, e poichè la neve a quel freddo rassodava, la superbia dell’omino cresceva. Ma venne la mattina, e con la mattina il bel sole tiepido che usciva fuori dopo tante giornate di cattivo tempo, e voleva rifarsi delle ore perdute. Avvolse il pupazzo di neve con la sua luce d’oro e gli fece scintillare i bottoni degli occhi. In principio, l’omino ebbe quasi piacere di sentirsi invadere da quel bel calore, ma poi si accorse che si indeboliva sempre più: grossi rigagnoli gli corsero per tutto il corpo e capì che si sarebbe infine sciolto. L’ultimo sguardo fu per il monumento che se ne stava immobile in mezzo alla piazza, illuminato dal sole che con lui non ce la faceva. Quando i ragazzi tornarono, non trovarono più l’omino di neve. Della sua superbia era rimasta soltanto una pozza d’acqua sporca nella quale galleggiava una vecchia pipa.

Mimì Menicucci

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici – INVERNO

Dettati ortografici – INVERNO – Una collezione di dettati ortografici di autori vari sull’inverno, per la scuola primaria.

Inverno
Partiti gli uccelli, il vento invase la montagna e le portò via tutti i colori e soffocò tutte le melodie del bosco. Tutto nero divenne il bosco e gli alberi, seri e imbronciati, scuotevano i rami disperatamente. Poi venne la neve e incappucciò di bianco le rocce, gli alberi, tutto. Sotto quel mantello bianco s’indovinava il fremere delle betulle giovani le quali si piegavano un poco sotto il gran peso, poi con sforzo disperato si risollevavano, e la neve: “Plaff!” cascava giù. Così di tratto in tratto le betulle che riuscivano a risollevarsi segnavano una riga nera su quel biancore infinito.
(P. Reynaudo)

Inverno
E’ la bianca, fredda stagione. La terra, coperta sovente dalla neve, riposa. Gli uomini stanno volentieri riparati nelle case, presso il fuoco. Chi può accende la stufa; nelle case i termosifoni mandano un calore uguale. Non tutti, però, hanno fuoco: i poveri, i senza tetto, soffrono di più. Eppure l’inverno ci vuole. I semi, gettati nel terreno, germoglieranno coi primi tepori, pronti a dar le pianticelle che ci forniscono il pane. La neve, l’amica dei bambini, che si distende sui campi, è una soffice coperta che li ripara, dà loro, lentamente, l’umidità necessaria. Per questo si dice “sotto la neve, pane”.

Inverno
L’inverno arrivò appoggiandosi al bastone. Dietro venivano le sue figliole: neve, pioggia e brina. La neve, al contrario delle sorelle, uggiose e malinconiche, era allegra e aveva voglia di giocare. “Non esagerate, vi prego!” disse l’inverno, rivolto alla pioggia e alla brina. “Non siate prepotenti e non pretendete di essere le padrone. Un po’ per uno non fa male a nessuno!”.

Inverno
I passeri si sono rifugiati sotto le tegole da dove viene il tepore del camino che fuma. Usciranno quando la fame li spingerà a cercare qualche semino che permetterà loro di campare alla meglio fino a primavera. Gli alberi sembrano giganti stecchiti, con le lunghe braccia scricchiolanti ad ogni soffio di vento. E il vento soffia forte, ululando per le strade.
Fa freddo, le erbe sono gelate, i campi hanno una crosta di terra indurita e sembrano morti, senza più un palpito di vita. Ma non sono morti. La vita è nascosta sotto terra e a primavera proromperà trionfante con tanti fiori, tante gemme, tante radici.

Inverno
Il vento soffia, ululando per le strade deserte. Le erbe sono gelate; una crosta di ghiaccio copre i campi che sembrano morti, senza più un palpito di vita. Ma la vita c’è. E’ nascosta sotto terra, e a primavera proromperà trionfante, con tanti fiori, con tante gemme, con tante radici.

Inverno
L’inverno avanza col suo carico di venti gelidi e rabbiosi, di neve candida e molle, di nuvole gonfie, cariche di pioggia. Il grosso ceppo, sul focolare delle case di campagna, scoppietta allegramente. Fuori, la neve ha fatto tutto bianco. Le strade sono deserte. La gente sta volentieri accanto al fuoco, o al riparo delle stelle tiepide, in attesa che il tempo diventi più mite.

Inverno
L’inverno è una stagione poco amica della povera gente. Le giornate sono brevi, le notti lunghe. Ognuno ha bisogno di fuoco e di indumenti di lana. Chi non può procurarsi queste cose vede, con tristezza, avvicinarsi l’inverno e sospira di desiderio, ricordando il tepore della primavera e il caldo sole dell’estate.

Inverno
E’ arrivato l’inverno col suo seguito di pioggia, di neve, di gelo. Nell’inverno, gli alberi sono spogli e tendono verso il cielo grigio le loro braccia stecchite. Nei prati l’erba è secca, accartocciata, bruciata dal gelo. Nei fossi e nelle fontane si forma uno strato di ghiaccio.

Inverno
I prati sono senza erba; c’è appena qualche cespuglio secco su cui si posano i passeri infreddoliti. La siepe è brulla e spinosa. Presto verrà la neve e coprirà tutto col suo bianco mantello. Ma sotto la neve non c’è freddo, e le piantine di grano, così riparate, metteranno le radici. A primavera il campo sarà tutto verde.

Inverno
Piove. Cade una pioggerella minuta e noiosa che scende sulla terra formando pozzanghere larghe e fangose. La gente cammina in fretta sotto gli ombrelli gocciolanti; tutti corrono per le loro faccende lesti lesti, e non vedono l’ora di rintanarsi a casa, al riparo.

Inverno
“E’ brutto l’inverno!”, borbottò un passero rabbrividendo di freddo. “I campi sono coperti di neve e non è possibile trovare un chicco tra tutta questa roba bianca.” “E’ brutto davvero”, rispose un altro arruffando le penne, “La notte non riesco a dormire per il gran freddo.” “Coraggio, fratellini!” esclamò un altro passerotto: “Anche il freddo finirà e verrà la primavera!”

Inverno
Io sono il freddo. Senza di me le pianticelle non diventerebbero forti, crescerebbero deboli e senza resistenza. E poi sarebbero divorate da tutti gli insetti, attaccate dalle malattie. Sono io che faccio morire i germi dannosi alle piante: sono io che freno la moltiplicazione degli insetti. Se un anno non venissi, te ne accorgeresti a primavera! Vedresti tutte le foglie delle piante attaccate dalla malattia e i raccolti sciupati da un numero sterminato di divoratori.
(P. Bargellini)

Inverno
E’ bene rilevare che l’Italia ha, rispetto ad altre terre europee, un clima prevalentemente mie, sia per la posizione intermedia tra Polo Nord ed Equatore, sia perchè il mare che la circonda tempera la calura estiva e il gelo invernale, sia infine perchè la catena alpina ripara la nostra penisola dai gelidi venti del nord.
Tutto questo, però, non impedisce che tra inverno ed estate vi sia una notevole differenza di clima. Non solo: anche nella stessa stagione vi sono discordanze tra le varie parti dell’Italia. Il settentrione, ad esempio, ha un clima prevalentemente continentale (cioè con notevoli differenze tra estate e inverno), il meridione ha invece clima mediterraneo (con piccole differenze).
Per questo abbiamo in inverno una temperatura minima di dieci gradi sotto zero a Torino e di un grado sotto zero a Palermo. Anche nella distribuzione della pioggia c’è differenza: al nord le stagioni più piovose sono la primavera e l’autunno, al sud è l’inverno: da ciò deriva la differenza di vegetazione da luogo a luogo.
Anche la neve si comporta in modo diverso da regione a regione: sono oltre i mille metri cade quasi ovunque.
(M. La Rocca e R. Tommaselli)

Inverno
Terso e lucente a volte come un cristallo, il cielo in inverno ferisce l’occhio per il suo splendore. Ma più spesso è grigio e scuro, e pare lontano, quando addirittura non si nasconde dietro un velo pesante di nebbia. Ma grigio e plumbeo o azzurro e terso il cielo assume sempre il colore e la trasparenza dell’occhio che lo guarda. Quando assume un colore grigio-biancastro, dopo qualche ora il cielo sembra quasi in attesa, si vedono scendere i fiocchi leggeri della neve.

Bosco d’inverno
Che dire del bosco d’inverno? L’occhio forse vi trova quadri diversi per una larga e cupa fronda d’abete ricurva sotto il fantastico cappuccio di neve, per i neri ricami dei ramoscelli cascanti dai larici, per la cima del pino che sporge appena dal bianco cumulo portato dal vento, ma l’orecchio nostro non ascolta che l’uguale profondo silenzio.
Pare che il gelo e il gran manto tengano immobile ogni ramo, ferma ogni fronda; e come se l’aria avesse perduto ogni sua arte, non sa cavare dal folto alcun suono, se non si gonfia in folate di vento, che fischiano aspre tra i tronchi.
(E. Mosna)

Inverno
L’inverno è arrivato. Le giornate serene si fanno sempre più rare, il cielo è grigio, il vento è freddo, spesso piove e il sole, quando riesce a farsi strada fra le nuvole, è appena tiepido. La natura si appresta al gran riposo. I campi sono brulli, le siepi spoglie, gli alberi stecchiti. Solo qualche sempreverde mette una macchia vivace in tanto squallore. Gli uccelli sono emigrati lontano, alcuni animali sono caduti in letargo. Si risveglieranno a primavera.

Inverno
L’inverno è arrivato. Gli alberi hanno perduto le foglie e, scheletriti e nudi, rabbrividiscono al vento che li scuote. Lucertole, bisce, insetti, sono tutti giù, sotto terra, a dormire. Si sveglieranno a primavera. Il cielo è spesso grigio. Cade la pioggia. Nei prati, l’erba è sparita. I passeri infreddoliti si posano sui cespugli secchi. La siepe è brulla e spinosa. Dove sono le violette della primavera? Presto, la neve coprirà tutto col suo bianco mantello.

Inverno
L’inverno è arrivato. Quasi sparito il verde, il cielo sempre o quasi sempre, almeno in Italia, nuvoloso, bigio, monotono. Le piante spoglie danno un senso di tristezza; non più il gorgheggio degli uccellini: solo i passeri, instancabili, sempre affamati, pigolano quasi a chiedere la carità di una briciola. Gli insetti, quasi tutti morti, o spariti sotto terra, non riempiono più l’aria col loro ronzio sonoro che era, pur esso, una voce della bella stagione.

Inverno
Il cielo è grigio, il vento ha strappato dagli alberi le ultime foglie. La nebbia vela i monti lontani. La siepe è spoglia, gli animali sono migrati, oppure sono caduti in letargo. Nel bosco, soltanto pochi uccellini cinguettano piano saltellando fra le foglie secche. Fra questi è il pettirosso che non lascia il luogo natio, ma resta fra noi ad aspettare la bella primavera.

Inverno
La campagna è brulla, le siepi sono rigide e spinose. Il cielo è tutto bigio e, tra le nuvole, il sole si è come sperduto. E’ inverno. I rettili dormono  profondamente nei crepacci o sotto i sassi. Dormono le lucertole verdi che non possono avere una vita attiva senza il tepore del sole; dormono ghiri, topi, marmotte. Non c’è più un fiore, solo qualche bacca rossa mette una nota vivace in tanto squallore.

Inverno
I venti soffiano gelati dalle cime nevose; dalle nubi cadono le piogge fredde e uggiose; le brine imbiancano i campi. Spento è il sorriso dei colli, i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo la chioma ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio. Le sponde dei laghi, le immense distese dei campi, gli ameni villaggi rientrano nella loro quiete, si rinchiudono nella loro semplicità.
(A. Stoppani)

Silenzio invernale
Tutto tace nella campagna. I ruscelli scorrono senza mormorio sotto il ghiaccio come sotto una volta di cristallo. I torrenti sono gelati e asciutti; le mandrie fumano sdraiate nelle tiepide stalle; i cani giacciono accovacciati in uno stato di dormiveglia. I gatti fanno le fusa accoccolati in un angolo del focolare; gli uccelli intonano sotto altri cieli le loro canzoni. Tutto tace.
(A. Stoppani)

Inverno
L’inverno è un periodo di attesa e di riposo per molte creature. Si arresta lo sviluppo della pianticella di frumento che sorrise al novembrino; si chiude in sé e quasi non respira l’albero che donò le sue foglie ai venti autunnali; le piante di fori che offrirono profumi e colori si riducono spesso a radici affondate nelle viscere del terreno. Molti animali si rifugiano nelle viscere della terra e dormono per lunghi mesi, e molti insetti sono vivi soltanto nelle piccole uova, che si schiuderanno a primavera.
Anche il riposo è una legge della natura: si risparmiano le forze per la nuova fioritura e per la nuova vita primaverile.
(G. G. Moroni)

Una giornata invernale
La strada era solitaria: le rive, le campagne si confondevano nude in tutta la squallidezza dell’inverno. La natura intirizzita, le piante aride e grame lasciavano cadere qualche ramoscello spezzato dal gelo e le ultime foglie già morte. Non un fiore, non un filo d’erba che spuntasse sotto la neve gelata, né un passero che saltellasse fra i rami avvizziti.
(G. Carcano)

Inverno
D’inverno pare che la vita, sia quella vegetale che quella animale, si arresti. In realtà subisce un notevole rallentamento. Gli uccelli migratori hanno abbandonato le zone fredde per andare a nidificare altrove, gli insetti sono morti, o sprofondati sotto terra a procedere nella loro metamorfosi; molti animali sono immersi in letargo, il profondissimo sonno durante il quale possono fare a meno perfino di nutrirsi. Anche la vegetazione osserva questo periodo di riposo: non germogli, non fiori, non foglie. Soltanto le radici, protette dal manto nevoso che spesso ricopre la terra e che le difende dal gelo, provvedono a moltiplicarsi e a rafforzarsi.

Inverno
L’inverno è brutto per i poveri. Quando è caldo, quando il sole rende tiepida l’aria, la vita è più facile. Ma, con il sopraggiungere dell’inverno, occorrono indumenti, occorre fuoco, occorre cibo più sostanzioso. E i poveri che non possono avere tutto questo, soffrono, e soffrono soprattutto i bambini, i vecchi, i malati. Non chiudere il tuo cuore. Tu, forse, hai tanto di superfluo: pensa a coloro che mancano anche del necessario.

Inverno
Ecco l’inverno: pioggia, brina, freddo, neve… una brutta stagione! E perchè brutta? Sarebbe lo stesso che chiamare brutto il sonno. Anche noi, quando dormiamo non vediamo, non sentiamo, non ci muoviamo… Ma intanto, il nostro corpo, nel sonno, riprende vigore, si riposa, si prepara alla fatica di un nuovo giorno. L’inverno è il sonno della terra e durante questo periodo la terra arresta la sua vegetazione per essere pronta al grande risveglio primaverile.
Ma non dorme tutta: radici, bulbi, semi, si danno da fare sotto la dura crosta che li difende dal gelo; gli alberi preparano i verdi germogli e non appena l’inverno ci avrà detto addio, ecco la natura risvegliarsi tutta nuova, tutta bella, tutta verde.

Inverno
Guardati intorno. Che cosa è cambiato? Il cielo non è più azzurro e sereno: grosse nuvole scure lo percorrono da un capo all’altro. Il sole non è più il caldo sole dell’estate. E’ velato e appena tiepido. Spira il vento gelido, la pioggia cade a bagnare la terra che diventa fangosa e piena di pozzanghere. E’ l’inverno che fa il suo ingresso, temuto soprattutto da coloro che mancano del necessario, che non hanno lavoro, che non hanno panni per rivestirsi, che non hanno fuoco né, talvolta, pane.

Inverno
I venti soffiano gelati dalle cime nevose delle Alpi; dalle nubi che coprono di un bigio uniforme il sereno del cielo ed accorciano un giorno già corto, cadono le piogge fredde e uggiose; le brine imbiancano i campi, presagi di più bianca canizie. Spento è il sorriso dei colli; i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo una chioma ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio.
(Antonio Stoppani)

Arriva l’inverno
D’improvviso il tempo s’è mutato. Il cielo è ancora chiuso e immobile com’è stato per tutti questi giorni tetri; vento non s’è levato che si senta, ma il selciato è asciutto e netto, e l’aria spazzata d’ogni umore, leggera e pungente. Aria che porta odore di freddo. Forse in montagna c’è già la neve.
Attraverso il Campo dei Carmini, mi trovo in mezzo a un lento mulinello di pezzetti di carta e di foglioline secche: strisciano sul suolo con un raschio sommesso e per un poco m’inseguono; poi si riadagiano giù. Appena un fiato di vento, raso terra. Ma su, sopra i tetti e le nuvole, altro vento deve passare, duro e silenzioso.
Ora vado lungo una lama di acqua ferma, lustra che raccoglie nel suo grigiore oleoso l’ultimo barlume del crepuscolo.
La sera s’è lasciata cadere pesantemente; si sono accesi i lampioni. Quello là in fondo piove una chiazza di luce cruda su un lembo di muro scrostato, rossastro; scivola per la gelida spalletta di marmo di un ponte, e va a finire dentro il rio, calando a fondo e risalendo a galla in sonnolento altalenio. Sopra non v’è più nulla: i cornicioni delle case si confondono col cielo: tutto nero.
(D. Valeri)

Inverno
L’inverno comincia il 21 dicembre e termina il 20 marzo. Le giornate sono le più corte dell’anno. Il sole sorge tardi e tramonta presto. Fa molto freddo, l’acqua delle fontane gela, i prati, al mattino, sono bianchi di brina; è necessario riscaldare le nostre case e coprirci con pesanti abiti di lana.
Spesso cade la neve, che ammanta ogni cosa di bianco; i passerotti cercano il cibo sui davanzali delle finestre.
Il bosco non è smagliante di colori come in autunno, ma è ugualmente pittoresco: si cammina sopra un soffice tappeto di foglie secche, oppure sulla neve. Gli alberi intrecciano i loro rami nudi contro il cielo che, a volte, è di un azzurro purissimo. Si va nel bosco a raccogliere foglie, rami secchi e fascine di sarmenti, mentre nei campi i contadini potano le viti o gli alberi da frutta.
Ma buona parte del lavoro invernale dei contadini si svolge al chiuso, nelle stalle, nei magazzini, nelle cantine e nei granai: si travasa il vino e si purifica l’olio; si controlla la conservazione del granoturco e del frumento; si riparano le macchine e gli attrezzi da lavoro.
La vita per gli animali diventa difficile: alcuni si sottraggono ai rigori invernali cadendo in letargo, immergendosi, cioè, in un sonno profondo per tutta la durata della stagione e nutrendosi del grasso del loro organismo, accumulato nei mesi precedenti. Altri devono affannarsi nella ricerca del cibo: la loro pelliccia si fa più folta, così sono protetti dal freddo. Gli animali più fortunati sono gli animali domestici, che se ne stanno al calduccio nelle nostre casa.
Anche l’inverno, però, ha i suoi meriti e i suoi aspetti favorevoli. In questa stagione godiamo maggiormente la famiglia e la casa; le feste invernali, come il Natale, sono tra le più belle dell’anno ed i ragazzi hanno modo di divertirsi con i giocattoli portati in dono da Santa Lucia, da Babbo Natale e della Befana.
La nostra mensa è arricchita dalla frutta autunnale, nè mancano i frutti freschi, dolcissimi, cioè l’arancia e il mandarino.

Fiori d’inverno
Anche l’inverno ha i suoi fiori: il bucaneve, la rosa di Natale e la pratolina; fiori semplici che ci fanno pensare alla meravigliosa fioritura della primavera vicina.

Inverno
L’inverno si avvicina. L’autunno dai tramonti colorati, dalle foglie dapprima rosseggianti, poi gialle, poi secche, se ne va. Gli alberi nudi aspettano il mantello bianco della neve. Dagli alti pascoli le greggi tornano al piano guidate dai fidi cani e dai pastori pazienti. Le pecorelle vanno e vanno, le une dietro le altre, e un tremulo tintinnio di campanelli le accompagna. Le giornate si fanno sempre più brevi e le notti si allungano. Nell’aria non passano ali di rondini; se ne sono andate via, laggiù, nelle terre africane, dove il sole è caldo, per tornare a primavera, quando i prati saranno verdi e il cielo turchino. Solo i passerini sono qui: essi non temono il freddo, non temono la neve, anche se in mezzo al candore il loro cuoricino si fa inquieto per il cibo. Le mamme hanno già tirato fuori dai bauli e dagli armadi gli indumenti invernali che dormivano nel profumo della canfora e della naftalina; li hanno già preparati, perchè i primi freddi sono insidiosi e conviene coprirsi subito. Ben coperti, i bambini possono continuare i loro giochi all’aperto, fino a quando le arrossate manine non li consiglieranno a cercare rifugio nella casetta tiepida e accogliente. (Cardini Marini)

Giunge l’inverno

I venti soffiano gelati dalle cime nevose delle Alpi; dalle nubi, che coprono di grigio uniforme il sereno cielo ed accorciano un giorno già corto, cadono le piogge fredde ed uggiose; le brine imbiancano i campi, presagi di più bianca canizie. Spento è il sorriso dei colli; i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo una chioma già ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio alla stagione che muore. Le sponde dei laghi, le immense distese dei campi, gli ameni villaggi, dove poco prima risuonavano i gridi di allegre brigate, rientrano nella loro quiete, si rannicchiano nella loro semplicità. (A. Stoppani)

L’inverno

L’inverno è un periodo di attesa e di riposo per molte creature. S’arresta lo sviluppo della pianticella di frumento che sorrise al novembrino; si chiude in sè e quasi non respira l’albero che donò le sue foglie ai venti autunnali; le piante di fiori che offrirono profumi e colori si riducono spesso a radici affondate nel terreno. Molti animali si rifugiano nelle viscere della terra e dormono per lunghi mesi e molti insetti sono vivi soltanto nelle piccole uova, che si schiuderanno a primavera. Piante ed animali sanno che bisogna risparmiare le forze per la nuova fioritura e per la nuova vita primaverile.

Sole d’inverno

Oh sole d’oro, quanto ti amo! Sei bello nell’estate, quando risplendi di luce vivissima, ma d’inverno tu sei più caro! Entri nelle fredde stanze, nelle scuole, nelle umide capanne, negli ospedali, e porti un raggio di luce e di allegria ai vecchi e ai bambini, ai poveri e agli ammalati! Come sei buono, sole! Quando sorgi, la terra sorride, i fiori sbocciano, gli uccelli cantano, gli uomini ti benedicono. (A. Cuman Pertile)

Durante l’inverno il sole, sia pure con volto pallido, si affaccia tra le coltri delle nubi, noi ne salutiamo la venuta come un sorriso e come un augurio. Quando arriva il sole, il tepore della casa si fa più caldo e più vivo, le ore si fanno più brevi e leggere, e, forse, i pensieri diventano più sereni.

Gli alberi in inverno

In questa stagione molti alberi protendono nel cielo i rami nudi e il mattino li ritrovi coperti di brina. Nella nebbia i tronchi spogli sono simili a fantasmi. Ma vi sono anche le piante che mantengono le foglie e queste conservano il loro colore. Sembra quasi che non avvertano il freddo. Tuttavia, se ti avvicini, vedi le foglie tremare. (G.G. M.)

Gli insetti in inverno

Ora, d’inverno, gli  insetti allo stato perfetto mancano; la maggior parte di essi è morta dopo aver deposto le uova, e i rari superstiti sono rannicchiati, al riparo dal freddo, in nascondigli dove sarebbe molto difficile poterli trovare. D’altra parte, le larve, la speranza delle future generazioni, sono intorpidite, lontane dagli sguardi, sotto terra, nel tronco dei vecchi alberi, in fondo a rifugi inaccessibili; il verme bianco, per fuggire ai geli, è disceso nel suolo a parecchi metri di profondità. Non più maggiolini per l’orecchione, non più farfalle crepuscolari per la nottola e il pipistrello, non più scarabei per il riccio. Che cosa sarà di loro? (H. Fabre)

Aspetti della stagione invernale

La natura riposa: animali e vegetali riducono il loro lavoro al minimo necessario; il rigore dell’inverno li rende inoperosi. Ecco infatti alcuni animali cadere in un lungo sonno e così lasciar trascorrere i mesi più rigidi. I graziosi abitatori del bosco dormono, dorme il riccio nella tana ben chiusa, coperta di foglie e di frasche, scavata ai piedi dei grandi alberi; dorme il ghiro, dopo aver ben provveduto a riempire la sua tana di noci, di nocciole, di castagne; dorme lo scoiattolo spesso rintanato nel cavo di un castagno…
Vicino ai muri dormono pipistrelli e chiocciole. Non si nutrono, respirano appena appena e non si muovono per serbare il calore al loro corpo.
Negli orti,  nei giardini, nei prati, nei boschi… sembra che tutto abbia cessato di vivere. La terra è fredda, poichè il sole non può giungere con la sua energia a riscaldarla sufficientemente e, mancando la luce, manca la vita.
Non vi sono insetti che ronzano per l’aria: scomparse farfalle, api, calabroni, vespe. Negli orti le verdure resistenti al freddo sono ricoperte di paglia: verze, sedano, insalata. Nei giardini nessun fiore, alberi spogli, legnosi, sembrano in attesa di una scure che, da un momento all’altro, venga a tagliarli.
Prati ed erbe appassite dal gelo, luccicanti di brina non temono di essere calpestati; vi sono però anche campi con pianticelle verdi: sono le pianticelle di frumento, piccole piccole; ma da quell’apparente riposo assoluto sorgerà un giorno rigogliosa e preziosa una nuova vita. La terra appunto riposa per accumulare il nutrimento necessario alla vegetazione primaverile.

Mezzi di riscaldamento

In alcune località di montagna si usa tuttora ritrovarsi, alla sera, nelle stalle intiepidite dal fiato dei bovini; in altre ci si raccoglie attorno a grandi camini in cui arde un bel ceppo. Ma ben altri mezzi più perfezionati hanno sostituito il focolare: stufe a legna, a gas, a carbone, a petrolio, termosifoni,…
I mezzi di riscaldamento hanno una lunga storia che si accompagna con la vita dell’uomo.
Gli uomini primitivi si difesero dal rigido freddo invernale accendendo il fuoco in mezzo alla caverna.
Poi gli uomini, quando si costruirono la casa con le pietre, si scaldarono al fuoco del caminetto, che è formato di un piano di pietra, su cui si mette a bruciare la legna, della cappa e del fumaiolo per far uscire il fumo e le faville.
Più avanti essi impararono a bruciare la legna ed il carbone nelle stufe di pietra; poi si riscaldarono anche con stufe a gas o elettriche. Il sistema più moderno di riscaldamento per i grandi caseggiati è quello a termosifone: in ogni stanza, attraverso lunghi tubi, arriva l’acqua riscaldata in una grande caldaia che può funzionare a carbone, a nafta o a metano.

La frutta dell’inverno

Nei frutteti, sulle colline, nei boschi le piante riposano. Hanno lavorato tanto e ci hanno preparato dolci frutti anche per l’inverno. Guardate le ceste dei fruttivendoli: brillano dei colori dei frutti colti in autunno.
Nelle case dei contadini le stanze sono odorose di mele e di pere che maturano e d’uva appassita; noci, nocciole, mandorle e castagne stanno ammucchiate negli angoli o distese sui graticci; arance e mandarini splendono come lampioncini; le pallide ghirlande di agli, i mazzi ramati delle cipolle, le collane di peperoni, le patate ancora un poco vestite di terra ricordano, in silenzio, i giorni dell’estate e gli ultimi raccolti d’autunno col sole impallidito e le prime nebbie.

Un dono dell’inverno: l’arancia

L’arancia è un frutto profumato, che appartiene, col mandarino e col limone, alla famiglia degli agrumi. La buccia è arancione, porosa, con uno spessore vario. La polpa, composta di spicchi, contiene un succo agrodolce e i semi. Gli aranci crescono dove l’inverno è mite; quando l’albero è in fiore è tutto una corolla rosata e leggera; al cadere dei petali maturano le arance. Prima di darci il suo dono gradito la pianta deve diventare robusta: dopo 10, 15 anni di vita produce un gran numero di frutti.
In Sicilia vi è una grande insenatura detta Conca d’Oro, perchè ricoperta, dai monti al mare, dagli aranceti.

L’arancio

E’ originario della Cina meridionale; era sconosciuto ai Greci ed ai Romani e pare sia stato introdotto in Europa dagli Arabi.
Le foglie, coriacee, lanceolate, con il margine liscio, sono di un bel verde lucente. I fiori, bianchissimi, nascono all’ascella delle foglie e mandano un profumo delizioso. L’albero raggiunge al più l’altezza dei sei metri; viene coltivato nei prati, in lunghe file regolari.
Dove il clima e il suolo gli si confanno particolarmente, un arancio che occupi lo spazio di circa tre metri e mezzo di diametro produrrà da tre a quattromila arance l’anno.
L’albero vive e fruttifica per circa cento anni e le piante vecchie danno frutti migliori di quelle più giovani.

Gli agrumi

Un tempo si chiamavano agrumi gli ortaggi di sapore agro, come le cipolle, l’aglio, ecc… Oggi si indicano con questo nome l’arancio, il limone, il cedro, il mandarino, il pompelmo, il bergamotto, il chinotto, i cui frutti contengono un succo acido che spesso ha una notevole percentuale di zuccheri.
Gli agrumi sono piante generalmente belle, ma la loro grande importanza è dovuta alla bontà dei frutti, squisiti e utilissimi al nostro organismo. La ricchezza di vitamine, zuccheri e sali in essi contenuti li rende molto preziosi per la nostra salute.
Si pensi che basta il succo di pochi limoni per vincere la terribile malattia dello scorbuto, che attacca l’organismo umano quando non si alimenta di verdure e cibi freschi. Il succo dell’arancia arricchisce il sangue di globuli rossi.
Altri agrumi, i cedri e i chinotti, vengono usati in pasticceria per confezionare canditi (ottenuti facendo cuocere la buccia del frutto in uno sciroppo).
Infine, da quasi tutte le specie si ricavano le essenze, liquidi che evaporano con estrema facilità e che sono fortemente odorosi. Queste essenze si trovano in quasi tutte le parti della pianta; esse sono contenute in piccole vescichette distribuite nello spessore delle bucce dei frutti, delle foglie e dei fiori. Osserviamo, ad esempio, controluce una foglia di arancio: la vediamo cosparsa di punti chiari; sono appunto le vescichette ripiene di un liquido profumatissimo che schizza fuori se stropicciamo con le dita la foglia.

Gli agrumi

L’arancia, il mandarino e il limone sono frutti invernali che maturano presso le trepide rive del mare, specialmente in Sicilia ed in Calabria.
Si chiamano agrumi per il loro sapore agrodolce; sono frutti nutrienti e digestivi, ottimi per preparare gustose bibite dissetanti. Esistono due tipi di arance, quelle dolci e quelle amare.
Tutti conoscono le arance dolci. Ne abbiamo di numerose varietà, da quella a buccia giallo chiara e polpa aspretta, chiamata “portogallo”, a quella a buccia sottile e polpa rossa, più dolce, detta “sanguigna”.
Le arance amare assomigliano solo esternamente a quelle dolci, ma non si mangiano. Con la loro scorza si fanno canditi per i pasticceri, il sugo serve a preparare sciroppi e liquori amari.
Il mandarino è un frutto più piccolo dell’arancia, ma ha un sapore più dolce, intensamente profumato. I bimbi ne sono molto ghiotti; del resto si sbuccia con tanta facilità!
Il limone è ormai diventato indispensabile in ogni cucina, per preparare dolci e vivande. Il suo succo agro è un buon disinfettante dell’intestino.

Gli agrumi

L’arancia, il mandarino e il limone sono frutti invernali che maturano nei paesi caldi. Le loro parti sono: il picciuolo, la buccia ruvida e profumata, la polpa sugosa divisa in tanti spicchi e i semi. La buccia dell’arancia e del mandarino è arancione; quella del limone è gialla – verdognola. Il mandarino è dolce; l’arancia è agrodolce; il limone è agro. Per il loro sapore questi frutti si chiamano agrumi. L’arancia e il mandarino sono frutti nutrienti e digestivi; il limone è disinfettante dell’intestino. Tutti servono per preparare bibite.

Le piante invernali che usiamo per ornare le nostre case

Agrifoglio. E’ un alberetto sempreverde dei boschi di querce e castagni, con foglie coriacee lucide e con drupe rosse. Parecchie piante legnose sono armate di spine finchè sono basse e quindi esposte al dente dei ruminanti; quando sono cresciute, i loro rami alti, fuori della portata di questi animali, non sviluppano più spine. Così si comporta anche l’agrifoglio.
Vischio. E’ una pianta parassita di meli, peri, mandorli, pioppi, querce ed aceri. Le foglie sono verdi, persistenti, coriacee, ovali; i fiori sono poco vistosi e biancastri alla biforcazione dei rami. Il frutto è una bacca perlacea che contiene un sugo vischioso e velenoso, usato per prendere gli uccelli al paretaio.
Muschio. E’ composto di piccolissime pianticelle che vivono in formazioni vastissime, coprendo intere regioni (ad esempio la tundra). Da noi sono frequenti nei luoghi umidi, sulle pietre e anche sulle scorze dei tronchi; formano, a volte, nei prati montani, fitti ed estesi tappeti.
Edera. E’ una pianta rampicante che si abbarbica su per alberi e muri per mezzo di numerosissime piccole radici aeree che escono dal fusto e dai rami. Le foglie sono lucenti. E’ ornamento dei muri come delle rupi. Ha fiori giallastri e bacche nerissime.

Le foglie delle piante sempreverdi

Le foglie delle piante sempreverdi non cadono mai? Cadono anch’esse; sul terreno della pineta potremo infatti osservare uno spesso strato di aghetti morti, cioè di foglie cadute dagli alberi. Ma le foglie delle sempreverdi rimangono sulla pianta per due o tre anni; ad ogni primavera, mentre spuntano le nuove foglioline color verde chiaro, cadono quelle più vecchie, nate due o tre anni prima; sulla pianta rimangono ancora quelle nate nell’anno precedente; avviene così che le sempreverdi mostrano continuamente le loro chiome munite di foglie.
Ecco il nome delle principali piante sempreverdi: pino, cipresso, magnolia, olivo, rosmarino, cembro, ginepro, mirto, oleandro, quercia da sughero, abete bianco, alloro, edera, arancio e tutti gli altri agrumi, palma da datteri.

Pini ed abeti

Si assomigliano. Danno un frutto di ugual nome: le pigne.
Il loro tronco secerne una speciale resina profumata che fa distinguere il legno di questi alberi da tutti gli altri per l’odore caratteristico che da essi emana. Sono dei sempreverdi, cioè delle piante che, perdendo le foglie poco per volta ed essendo subito rimpiazzate da nuove foglioline, mantengono un aspetto sempre verde. Anche le foglie appena spuntate sono ben resistenti al freddo essendo acuminate e spesse da sembrare aghi. Vi sono boschi interi di pini e di abeti; abetaie e pinete che, in montagna, col loro verde interrompono il grigiore monotono del paesaggio invernale.

Brutta stagione, l’inverno?
Non dire: “Che brutta stagione! Se non venisse mai!”
Anche questa che tu chiami ‘brutta stagione’ è necessaria.
Il seme, che è nella terra, ha bisogno di umidità per germogliare; l’albero che sembra rinsecchito ha bisogno del riposo invernale per rinnovarsi; i fiumi, che scorrono portando ovunque il beneficio delle loro acque abbondanti, hanno bisogno che le nevi si ammassino sui ghiacciai dai quali nascono, altrimenti inaridirebbero col giungere dell’estate.
Anche questa stagione, quindi, coi suoi venti gelidi, le sue nebbie, la pioggia, la neve, ci porta benefici non indifferenti.
(L. Colombo)

Inverno pittore
E’ straordinario pensare a quale varietà di colori ben distinti possa offrirci l’inverno, e ciò usando si tante poche tinte, se così vogliamo chiamarle. La limpidezza e la purezza particolarissima dei colori rappresentano probabilmente il fascino maggiore di una passeggiata invernale.
C’è il rosso del cielo al tramonto, e della neve di sera, e dei lembi di arcobaleno durante il giorno, e delle nuvole basse.
C’è l’azzurro del cielo, e dei riflessi dell’acqua, e del ghiaccio e delle ombre sulla neve.
C’è il giallo del sole e del cielo crepuscolare al mattino e alla sera, e del carice (o color paglierino, che diviene brillante se, a sera, viene illuminato sull’orlo del ghiaccio) e tutti e tre nei cristalli di brina.
E poi, per i colori secondari, ecco il porpora della neve in mucchi e sulle cime delle colline, sui monti, dalle nuvole serotine.
Il verde dei sempreverdi, del cielo e del ghiaccio e delle acque quando scende la sera.
L’arancione del cielo di sera.
(H. D. Thoreau)

Elogio dell’inverno
Nell’inverno tutto è vivo e vitale. La grande morte della creatura che ebbe la sua giovinezza in aprile è ormai avvenuta con l’ultima foglia volata via.
Quello che è rimasto sulla terra a me pare l’impalcatura salda e precisa di un lavoro che si inaugura, il severo cominciamento di un’esistenza che si aprirà all’amore in primavera, darà frutti nell’estate e si estinguerà nell’autunno.
Conviene guardare quel suo apparente squallore come si guarda il disegno di una grande fabbrica che profila le sue alte moli e nasconde il suo fervente lavoro dietro gli sterili steccati. Le sue lunghe piogge sono fresco sangue per la creatura nuova, la sua neve un caldo tessuto, e il fradicio impasto di melme e di foglie morte un vitale nutrimento.
(C. Tumiati)

L’assolata ora pomeridiana
Nell’assolata ora pomeridiana il paese, benchè fossimo in inverno, mi si presentò sonnolento e torpido come in una giornata d’agosto. Bianco e deserto, usci chiusi, mazzi di fichi d’India e grappoli d’uva alle finestre, silenzio. Aspetti e atmosfera comuni, del resto, a tutti i paesi seminati nella pianura leccese, arieggianti nell’architettura, se d’architettura poteva parlarsi, temi moreschi di cupole e scalette esterne; chiusi nelle intricate prospettive delle case bianche di calce e abbacinate in quella bianchezza.
Intorno a una fontanella un gruppo di donne con pezzuole nere sul capo aspettava indolentemente di riempire i grossi orci che rappresentavano la provvista d’acqua della giornata. Cinque o sei ragazzetti giocavano a piastrelle senza rumore. Qualche moscone solitario ronzava nel sole.
(C. Montella)

Sole invernale
Il gelo risuonava. Nella nebbia gelata, senza un nesso apparente, apparivano suoni e forme spezzate, si fermavano immobili, si muovevano, scomparivano. Non brillava il sole a cui si è abituati sulla terra, ma un altro sole, come artificiale, librato sul bosco come un globo scarlatto, da cui si spandevano lenti  e faticosi, come in un sogno o in una fiaba, raggi di luce rossastra, color rame, che nel loro tragitto si rapprendevano nell’aria, e aderivano gelati agli alberi.
(B. Pasternak)

Valanga
I ventotto uomini della corvèe sono giunti alla base del canalone. Cominciano a risalirlo a zig-zag, si arrestano, avanzano un passo, affondano fino al collo. Si arrestano di nuovo e guardano su.
E’ la morte che vedono?
L’hanno veduta. Hanno sentito con un brivido la sua gelida vicinanza, ma solo per una frazione di secondo… Poi non sanno più niente… perchè il mondo precipita… precipita in frantumi bianchi, si avventa con la furia di un uragano giù per il canalone… addosso a quegli uomini che guardano in su e che spalancano la bocca in un ultimo grido… e li divora… Spazza via quei poveri diavoli, scaraventa le loro misere ossa nell’abisso, donde non si può risalire.
La valanga deve essersi staccata molto in alto; la massa candida, come un’onda poderosa di risacca, rotolò giù turbinando dentro al canalone e lo percorse ululando e fracassando.
Quando il turbinio fu cessato, di quei ventotto uomini, che poco prima stavano uno sopra l’altro come dei pioli di una scala, non rimaneva più nulla, neppure un fagotto disperso…
(L. Trenker)

Tormenta
Voi conoscete la montagna d’estate quando è piena di vita e di poesia. Ma bisognerebbe che vi saliste d’inverno, quando la neve raggiunge l’altezza dei pali telegrafici o persino quella del tetto, e la temperatura discende a quindici-venti gradi sotto zero, e infuria la tormenta.
Formidabili muggiti seguiti da impressionanti silenzi istantanei, ed urli inesprimibili, fischi lunghi e laceranti si fanno allora sentire attraverso le doppie e ben connesse finestre dell’Ospizio; la stufa e tutti gli oggetti che si trovano nella mia camera vengono agitati come sul mare in burrasca, mentre al di fuori milioni di aghi invisibili, acutissimi, duri come l’acciaio, con forza inaudita vengono sferzati contro la faccia di chi sale. A poco giovano il passamontagna e i grandi occhiali neri protettori: a poco vestiti e guanti. I mille e mille aghi si insinuano attraverso gli interstizi, penetrano fino alla pelle, la punzecchiano in modo doloroso, si fondono, inzuppano le vesti e sotto l’azione di quel freddo polare gelano di nuovo al primo istante concesso al riposo, rendendo impacciati e talvolta dolorosi i movimenti. Gli occhi battuti, malgrado gli occhiali, non possono rimanere aperti. Non è possibile tener sollevata la testa per non rimaner soffocati  dalla massa d’aria e di neve che il vento inietta negli organi respiratori. Gli orecchi ronzano per l’assordante infernale rumore della tempesta, e la mente si ottenebra. Si perde il senso della direzione, la capacità di pensare, e spinti solo da una forza che trae le sue origini dall’istinto di conservazione, si cammina, si cammina sempre, senza curarsi del dove si vada, senza sapere se si procede verso la meta.
(P. Chanoux)

Esercizi di vocabolario per l’inverno
– Inverno: invernale, invernata, svernare.
– L’inverno può essere: rigido, gelato, inclemente, freddo, ventoso, tempestoso, nevoso, crudo, lungo, mite, ecc.
– Freddo: freddino, freddone, frigido, freddoloso, freddare, freddezza, infreddolire, raffreddore, raffreddarsi, frigorifero.
– Neve, brina, ghiaccio, gelo, ghiaccioli, gelata, vento, tempesta, bufera, nevicare, ghiacciare, agghiacciante, gelare, gelato, brinare, sbrinare, surgelati.
– Classificare dal più freddo al meno freddo e aggiungere a ciascuna parola un nome adatto: tiepido, freddo, gelato, rigido, ghiacciato, intirizzito.

Ricerche e relazioni per l’inverno
– Raccogliere brani, poesie, illustrazioni che riguardano l’inverno e il freddo, da applicare ad un cartellone “Calendario murale” e che serviranno, in seguito, per la compilazione delle schede o di un libro fatto da sé.
– Osservare il cielo invernale nei vari momenti della giornata e farne la descrizione.
– Osservare come si presenta una giornata d’inverno quando c’è sole, quando piove, quando nevica.
– In occasione di una nevicata, osservare accuratamente il paesaggio, i tetti delle case, gli alberi, i cespugli, i campi, le strade.
– Compilare un calendario meteorologico.
– Gli sport invernali: se nel luogo ci sono manifestazioni sportive, sia pure modeste, farne una relazione.
– I mezzi di trasporto sulla neve.
– La vegetazione d’inverno. Effetti della neve e della brina sulla campagna.
– I sempreverdi: loro aspetto d’inverno.
– Gli alberi d’inverno. Osservazione accurata dei vari tipi di alberi.
– I cespugli e le siepi d’inverno.
– Gli uccelli migratori e quelli rimasti nella località.
– Gli animali delle regioni nordiche.
– Gli insetti: larve e crisalidi.
– Gli animali che cadono in letargo.
– Esperimenti sui fenomeni fisici a cui è sottoposta l’acqua durante il freddo intenso.

I doni dell’inverno
Il pastore passava le giornate nella capanna; si sentiva tranquillo e pregava che l’inverno non diventasse molto rigido, che molti capretti venissero alla luce, che molto latte gonfiasse le mammelle delle capre.
Lo scrosciare del bosco contorto dal vento gli diceva che l’inverno era lungo e rigido: ma per la sua antica esperienza sapeva che il vento, la pioggia, la nebbia e la neve erano necessarie perché la terra s’impregnasse di umido, gli alberi si spogliassero delle foglie inutili, le sorgenti rigurgitassero di acqua, e ogni cosa infine ricevesse dall’inverno i germi fecondi della primavera.
Quindi non di lamentava mai: anzi, il tepore dei grossi tronchi accessi nella capanna lo avvolgeva spesso di sogni e dalla tristezza dell’inverno la sua vecchia esperienza presentiva il rigoglio della primavera.
(G. Deledda)

L’odore dell’inverno
Il tempo dapprincipio fu bello, calmo. Schiamazzavano i tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo faceva un brusio, come se soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e il colpo che le fu sparato risuonò nell’aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece buio e soffiò da oriente un vento freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono degli aghetti di ghiaccio. Il bosco divenne squallido, solitario.
Si sentì l’odore dell’inverno.
(A. Cechov)

Quadretto invernale
I venditori di caldarroste stavano agli angoli delle strade. Dietro i vetri appannati delle osterie c’erano uomini seduti ai tavoli, con le carte in mano e il litro davanti. Le donne, curve dal freddo, negli scialli striminziti, le mani sotto i grembiuli, traversavano le strade.
Alla fontanella di piazza Santa Croce l’acqua era gelata nella grande conchiglia di marmo ce la riceveva.
I vetturini si riscaldavano incrociando le mani sotto le ascelle. Sulla via Pietrapiana, di animava, con le luci dei negozi, il traffico della sera; davanti al venditore di castagnaccio c’era sempre ressa di avventori.
(V: Pratolini)

Inverno in montagna
L’inverno anticipò la sua venuta. La valle era tutta bianca, gli abeti verdi, quasi neri, reggevano pesi enormi di neve. La cascata accanto alla casa era ghiaccio vivo: solo un filo d’acqua cristallino scorreva liscio, oleoso sotto la crosta, lo si vedeva, alla trasparenza del ghiaccio, aprirvi delle larghe bolle d’aria biancastra. Che silenzio intorno! Il villaggio dormiva accovacciato. La mattina all’Ave Maria e la sera all’Angelus qualche ombra nera passava silenziosa sulla neve dura, con una lucerna in mano, e filava dritta alla chiesa, poi per tutta la giornata non andava intorno anima viva.
(G. Giacosa)

Mattino grigio
Mattino grigio d’inverno. Silenzio di tutte le cose. Nevica sui monti erti, sui pascoli inclinati, sui prati concavi e piani. Se, rovesciando il capo all’indietro, guardo all’indietro,  guardo all’insù, vedo l’universo intero vacillare, sfaldarsi in bioccoli e in polvere, scendermi, roteando, fin negli occhi, fin entro la bocca.
Infinito sfarfallio nell’aria. Fruscio di rami che si scrollano… Tonfo della neve che sul colpo cade… Nuovo, più profondo e misterioso silenzio… Il tempo stagna come un’acqua che il ghiaccio prenda… Forse il mondo non esiste più…
(G. Zoppi)

Dettati ortografici – Inverno – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Poesie e filastrocche INVERNO

Poesie e filastrocche INVERNO – una collezione di poesie e filastrocche sull’inverno, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Inverno
Silenzioso vieni e silenzioso vai,
o mesto inverno, che nessuno invoca.
Quando già freddo il vento della corsa
trova ancora una voce tra le piante,
e piangono lacere le foglie,
ancora non ci sei
se pur t’appressi.
E quando il primo sole un bel mattino
rischiara il cielo,
e svaniscono i cristalli della brina,
più non ci sei
se pur da poco andato.
Vieni e vai nessuno ti saluta.
Addio, autunno! Ben torni, primavera!
Sono le voci che odi al tuo passare. (G. G. Moroni)

Inverno lungo
Per un raggio di sole non è
lo sgelo.
Ancora l’intrico pallido
delle ombre
è l’unico ornamento della terra
sotto gli alberi nudi.
In Norvegia, ora, sul ghiaccio
danzano i bimbi, vestiti
di panno rosso;
con le lame dei pattini disegnano
fiori d’argento
su quella che fu
acqua oscura. (A. Pozzi)

Un dolce pomeriggio d’inverno
Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce
perchè la luce non era più che una cosa
immutabile, non alba né tramonto,
i miei pensieri svanirono come molte
farfalle, nei giardini pieni di rose
che vivono di là fuori del mondo.
Come povere farfalle, come quelle
semplici di primavera che sugli orti
volano, innumerevoli, gialle e bianche,
ecco se ne andavan via leggere e belle
ecco inseguivano i miei occhi assorti,
sempre più in alto volavano mai stanche.
Tutte le forme diventavan farfalle
intanto, non c’era più una cosa ferma
intorno a me, una tremolante luce
d’un altro mondo invadeva quella valle
dove io fuggivo, e con la sua voce eterna
cantava l’angelo che a te mi conduce. (C. Betocchi)

L’inverno e il poeta
Neppure il più pallido segno
ci resta dei mesi di sole!
La terra è uno squallido regno
che pesa sul cuore, che duole.
In ogni collina c’è un serto
di brume diffuse, stagnanti;
il cielo è un immenso deserto:
né voli, né trilli, né canti.
Eppure nella morsa del gelo
qualcosa sorride al poeta:
è un esile, povero stelo
di grano su zolla di creta.
Guardando quel tenero verde
L’artista ritorna contento
e già quel gran mare si perde
di messi cullate dal vento… (E. Ottaviani)

Inverno
Dei purziteri
ne le vetrine
xe verdoline
le ulive za;
ghe xe le renghe
bele de arzento
e sufia un vento
indiavolà:
cattivo inverno
ecote qua!
Dei salumieri
nelle vetrine
son verdoline
le olive già;
ci son le aringhe
belle d’argento
e soffia un vento
indiavolato:
cattivo inverno
eccoti qua! (V. Giotti)

Così viene l’inverno
Il cielo è grigio e freddo,
il passerotto pigola sul tetto.
Dalle sue piume scuote un che di lieve,
un batuffolo bianco, presagio della neve.
Oltre i vetri su cui si appanna il fiato,
il giardino si è tutto addormentato.
I rami sono spogli, nude sono le aiuole,
cui più non giunge il caldo raggio del sole.
Così viene l’inverno silenzioso
come un lupo che scende giù dai monti.
Ulula, a notte, ed empie gli orizzonti
(mentre la terra dorme muta e stanca)
d’un grigio sfarfallio che tutto imbianca. (F. Penna)

Sole d’inverno
Che dolce tepore! Che lieve carezza!
Lo sento che un poco di questa dolcezza
mi scende nell’animo, tutto m’invade.
E vedo nel sole un bel sogno di strade
aperte sui campi già verdi, già nuovi,
un cheto occhieggiare di gemme tra i rovi…
E il cuor si rallegra. Fra poco il susino,
il pesco, il ciliegio, fra poco, al turchino
del cielo alzeranno le rame odorose?
Io credo che presto verranno le rose
di macchia e le primule, e tutte le aiuole
saranno fiorite. Che gioia di sole!
Ma presto, freddissimo, un brivido passa
nel cielo già spento, e una nuvola bassa
nasconde l’azzurro, già tetra, già greve…
Ed ecco, nell’aria, è un presagio di neve. (A. Novi)

Inverno
Terra nera, nubi oscure
cielo freddo, pioggia, brina
già l’inverno s’avvicina
bacche rosse sulle siepi
passerotti infreddoliti
i bei giorni son finiti!
Sotto il tetto un nido vuoto
rondinella pellegrina
sei partita stamattina
guardo e aspetto. Quando torni
rondinella bianca e nera
tornerà la primavera.

Il gatto inverno
Ai vetri della scuola, stamattina,
l’inverno strofina
la sua schiena nuvolosa
come un vecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire
e ricomparire;
con le zampe di neve, imbianca il suolo
e per la coda ha un ghiacciolo…
Sì, signora maestra,
mi sono un po’ distratto:
ma per forza, con quel gatto,
con l’inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Invano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo spoglio;
o per dolce imbroglio, chiotti, chiotti,
fingono d’esser merli e passerotti. (G. Rodari)

L’inverno è qui
… e già biancheggia il capo alle montagne,
cadon le foglie, l’aria è fredda e bruna…
Il triste inverno sarà qui tra poco:
chiudi ben l’uscio e fatti accanto al fuoco. (P. Fornari)

L’inverno
L’inverno ritorna ad ogni giro di anno
e ha la sua ghirlanda di ghiaccioli e
di neve, la sua corona di stellette e
di leggende, le sue poesie e le sue
canzoni, il suo fascino e la sua bellezza. (N. Salvaneschi)

Mattino d’inverno
Nasce il giorno e non trova
che pagliuzze nell’orto,
e fogli secche e gialle,
e un vecchio albero morto.
Che tristezza, che squallore!
Non più voli di farfalle
tra gli albicocchi in fiore;
e sulla quercia enorme,
non più nidi, non più foglie…
Nasce il giorno, e non trova
che poche rame spoglie
e la terra che dorme (M. Castoldi)

Che cosa c’è nell’inverno
Oltre la pioggia irosa
con il suo gioco alterno
del batti e ribatti,
nel cuor dell’inverno
c’è un’altra cosa.
Oltre la neve che posa
coi fiocchi gelati
sui monti e le valli,
sugli alberi e i prati,
c’è un’altra cosa.
…C’è quella dolce cosa
che si chiama speranza,
e al di là della nera
nuvolaglia che avanza,
vede la primavera
color di rosa. (M. Mundula)

Com’è dolce
Com’è dolce, com’è dolce ascoltare delle storie
delle storie dei tempi passati
quando i rami degli alberi son neri
quando la neve è fitta e pesa sul suolo gelato. (A. De Vigny)

Inverno
Avanza, il vecchio inverno,
con passo lento e stanco,
coperto fino ai piedi
da un manto tutto bianco.
E porta freddo e gelo,
un cielo bianco e greve,
per l’aria fa danzare
la fredda e bianca neve.
Ghiaccioli di cristallo
ci dona a profusione
fa i passeri volare
sull’aia e sul verone.
Fa stare la nonnetta
accanto al caminetto
e, mentre lei sferruzza,
le fusa fa il micetto.
E i bimbi birichini?
Sul ghiaccio lieti vanno,
oppure con la neve
fantocci o palle fanno. (D. Vignali)

In casa d’inverno
Fra poco la pioggia ed il vento
faranno più caldo il tuo nido.
E’ dolce restare là dentro,
allora che il tempo è malfido.
La lampada sopra la mensa
diffonde soave la luce;
e mentre si studia e si pensa,
vicina è la mamma che cuce.
La stufa di terracotta,
nell’angolo del tinello,
scoppietta, scintilla, borbotta
dall’occhio del rosso fornello.
Il pendolo suona le ore;
anch’esso ti fa compagnia,
col tac tic tac del suo cuore,
mentre la sera s’avvia.
Oh, quanto d’amore è pervasa,
d’inverno, la voce di casa! (V. Seganti Pagani)

Inverno
L’inverno tessitore
appende ai rami trine
finissime, le brine
di fil d’argento.
L’inverno è uno scultore:
la neve fa, sul tetto,
un monumento.
Ed è anche musicista,
e, sulla tramontana,
ci fischia la più strana
sua sinfonia.
Sportivo, fa una pista
d’ogni campo di neve
per lo slittino
e per chi scia.
Ci offre, da cuoco esperto,
le caldarroste d’oro,
fragranti nella loro
corteccia nera.
Doni preziosi, certo,
e molto anch’io t’ammiro…
ma nel mio cuor, sospiro
la primavera. (Puck)

Lo scricciolo
Uno è rimasto, il più piccino,
di tanti uccelli volati via,
un batuffolo di piume
che non sa malinconia;
un batuffolo irrequieto
tra i rametti della siepe,
così piccolo che pare
un uccello del presepe.
Vispi occhietti, alucce lievi,
un codino impertinente,
così gaio e spensierato
che può vivere di niente.
(Graziella Ajmone)

Stornelli d’inverno
Fior di collina,
son cadute le foglie ad una ad una,
e l’erba è inargentata dalla brina.
Fior di tristezza,
i rami son stecchiti e l’erba vizza;
par fuggita dal mondo ogni bellezza.
Fior freddolino,
potessimo vedere un ciel sereno
e un raggio d’oro splender nel turchino!
Fior di speranza
sotto la neve c’è la provvidenza
che lavora per noi; c’è l’abbondanza. (D. Valeri)

Gratitudine
Fiocca la neve: ed ecco un uccellino
cade leggero sul deserto manto:
è tutto intirizzito, poverino,
e com’è triste il tenero suo canto!
Ho tanta fame. Invano, pigolando
cerca del cibo, e spera di trovare
qualcosa che lo possa riscaldare,
e sulla neve stanco va cercando.
Al mesto cinguettio, un ragazzetto
sbriciola il pane sopra l’impiantito.
Ora saltella e canta l’uccelletto
ringraziando così chi l’ha nutrito.
(Adalgisa Manenti)

Invernale
Sui monti la neve
le case e la pieve,
le strade ed i prati
ha già trasformati.
Or tutto è diverso;
io vago disperso;
è dolce l’incanto,
se dura quel bianco.
Son curve le piante:
la neve è pesante…
pesante che casca
qua e là da una frasca.
Non s’ode rumore.
Un grido vi smuore.
Un cenno di fumo…
due orme. Nessuno. (G. Consolaro)

Inverno
Muta il cielo,
muta il vento.
Che gran brivido!
S’increspa
verde – argento
tutta l’acqua.
Sono tutti un sol tremore
gli alberelli
miserelli.
Dalla grande nube oscura
ora vien la tramontana…
C’è per tutta la campagna
il silenzio e lo squallore.
Gli insettucci, ad uno ad uno,
son spariti sotto terra.
Le formiche hanno sbarrato
il portone ai formicai.
Fin la talpa s’è rinchiusa
nel salone delle feste,
disturbata un pochettino
dal buon tasso, suo vicino,
suo compagno di ritiro,
che, in pelliccia giallo scura
tondo tondo
grasso grasso
russa e russa
come un ghiro. (L. Galli)

Nonno inverno
Chi ti ha insegnato a ricamare
di bianche trine gli alberi spogli,
a disegnare giori di gelo,
a far cadere fiocchi dal cielo?
Hai un mantello ch’è senza pari,
proprio tessuto dalle tue mani,
soffice, lieve, immacolato;
in esso celi le case e il prato,
i colli e i monti, poi me lo presti
ed io vi affondo in allegria.
Oh nonno inverno, chi t’ha racchiuso
nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Aimone)

Mago gelo
In silenzio, tutto solo,
sotto un cielo di stellato,
questo notte Mago Gelo
dappertutto ha lavorato.
Ha disteso sulla gronda
un merletto inargentato;
lungo il rivo, sul laghetto,
un cristallo smerigliato.
Ha bloccato, in un istante,
la graziosa cascatella
e le ha tolto all’improvviso
il suo canto ed il suo riso.
Ha ghiacciato gli zampilli
della vasca del giardino
in un modo così vario
da formarne un lampadario.
Ha donato alle fontane
frange e pizzi senza uguale
e candele come quelle
che ci sono in cattedrale. (L. Zoi)

Mattino d’inverno
Nasce il giorno e non trova
che pagliuzze nell’orto,
e foglie secche e gialle,
e un vecchio albero morto.
Che tristezza, che squallore!
Non più voli di farfalle
tra gli albicocchi in fiore;
e sulla quercia enorme,
non più nidi, non più foglie…
Nasce il giorno, e non trova
che poche rame spoglie
e la terra che dorme.
(M. Castoldi)

Pomeriggio d’inverno
Alza la nota sua, timida e breve,
lo scricciolo di mezzo alla prunaia:
a tratti di lontano un cane abbaia
e qualche falda in aria ondeggia lieve…
Qualche labile falda, in preda al vento,
discende in un suo molle ondeggiamento…
qualche labile falda… uggiola il cane;
sale il pianto negli occhi e vi rimane.
(N. Neri)

Inverno
Silenzioso vieni e silenzioso vai,
o mesto inverno che nessuno invoca.
Quando, già freddo, il vento nella corsa
trova ancora una voce tra le piante,
e piangono lacere le foglie,
ancora non ci sei
se pur t’appressi.
E quando il primo sole un bel mattino
rischiara il cielo,
e svaniscono i cristalli della brina,
più non ci sei,
se pur da poco andato.
Vieni e vai e nessuno ti saluta.
Addio autunno! Ben tornata primavera!
Sono le voci che odi al tuo passare.
(G. G. Moroni)

Inverno
Autunno, ancora ti cercai stamane
senza trovarti: te n’eri partito
coi piedi rossi di mosto,
rigato di pioggia sottile,
senza un canto o un grido.
L’ora del giorno t’inseguì per poco
dal campanile del convento dove
le sorelle pregavano per tutte
le stagioni d’Iddio: ma non volgesti
neppure il capo. E dopo,
l’acqua cadde a rovesci, a schianti, a rombi
e fu inverno…
(F. M. Martini)

L’inverno nel villaggio
Scende dal bosco il vecchio campagnolo
col suo fascio di legna sulle spalle.
Candido è il monte, candida è la valle,
tutto di bianco s’è coperto il suolo.
C’è qualche traccia sulla neve intatta:
gente che è andata, gente che è venuta,
è fioca la campana e l’aria è muta;
gemono gli uccellini nella fratta.
Dalle finestre della casa, in fondo
al borgo, i bimbi, col nasino al vetro,
guardano il vecchio e le sue tracce dietro…
unico segno di lavoro al mondo.
Ma appena un poco il cielo si dirada
e ride il sole su tutto quel bianco,
appaiono i fanciulli in lieto branco
e far guerra di palle sulla strada.
E, mentre stan giocando allegri e fieri,
c’è un babbo silenzioso presso il fuoco:
le bestie al chiuso… si lavora poco…
e tutto questo gli dà gran pensieri.
(F. Socciarelli)

I passeri
E allorchè la notte cala
tanto fredda e tanto oscura
e la tramontana fischia
così forte che impaura,
al capino sotto l’ala
giunge solo il lamentio
degli alberi gementi:
sotto i tegoli, sgomenti,
se ne stanno i passerotti:
se ne stan rabbrividendo
col capino sopra il core
che ora batte e trema forte
di paura, di dolore.
Ma che importa
tutto questo
se doman risplende il sole?
Torneran nel nuovo giorno,
torneranno a saltellare
a giocare
folleggiare
e così
finchè una notte
verrà il gelo e nel sopore
fermerà con le sue dita
pur quel piccolo tremore. (L. Galli)

Inverno
O nonno inverno, sei già arrivato?
Anche quest’anno, triste e pensoso,
nel bianco letto sei ritornato,
nonno, dal greve manto nevoso?
Poveri nidi senza nidiate,
povere piante nude di foglie,
nel ciel di piombo stanno levate,
le braccia vostre, di rami spoglie!
Ma la gran fiamma guizza e saltella
nell’ampia cappa del focolare…
Dice la nonna la sua novella
lunga, assai lunga da raccontare.
“C’era una volta…” Ma le bruciate
sgricciano liete dentro nel guscio…
“C’erano mille candide fate…”
“Ma è freddo nonna, rinserra l’uscio!”.
Alta è la neve. “C’era una volta
tra quelle fate una regina
pallida e bionda”. Un bimbo ascolta,
ma l’altro ciondola la testolina.
E nonno inverno fuor dalla casa,
il suo gran sacco di neve stende,
l’ampia nottata n’è tutta invasa.
Sui bimbi in estasi il sonno scende (D. Maria)

Dialogo d’inverno
“Dicembre, sulla terra perchè tanto squallore?”
“Ma guarda su nel cielo, la stella dell’amore!”
“Gennaio, sul tuo bianco mantello che rimane?”
“Ma sotto dorme il dolce tesoro del tuo pane!”
“Febbraio, perchè giochi col gelo e la bufera?”
“Ma poi, morendo, lascio a te la primavera.” (A. Barocchi)

Inverno
Non c’è fiore, non c’è una foglia,
negli squallidi giardini;
tranne i gravi, antichi pini,
la campagna è muta, spoglia.
Fra gli spini ardui contorti,
non un passero che trilli:
gli uccelletti, i bruchi, i grilli
son partiti o sono morti.
Ma nel freddo raggelante
c’è qualcosa di gentile
sognan già l’amico aprile
gli occhi chiusi delle piante. (M. Carrera)

Poveri passeri!
Il vento soffia,
la neve cade,
son bianchi i tetti,
bianche le strade.
Tutte le erbe
sono gelate,
poveri passeri,
voi, come fate?
Il cielo è bigio,
la neve è bianca;
son spogli gli alberi,
la terra è stanca.
Lungo è l’inverno,
breve è l’estate;
poveri passeri,
voi, come fate? (Bruno Vaccari)

Speranza
C’è un grande albero spoglio
in mezzo all’orto; pare
che soffra e non si possa
coprire e riscaldare.
Vola sui nudi rami
un passero sperduto
e cinguetta più forte
in segno di saluto.
Geme l’albero: “Un tempo
fui giovane e fui bello,
candidi fiorellini
erano il mio mantello”.
Il passero cinguetta:
“Vecchio albero, spera,
si sciolgono le nevi,
verrà la primavera!” (M. Dandolo)

Inverno
Ho pensato: che meraviglia
ha fatto Dio con l’inverno
spogliando gli alberi
e lasciandoci ammirare
forme e profili.
Quanta libertà
al cielo in tempesta.

Nonnino Inverno
Nonnino Inverno, che mi racconti
una fiaba tutta candore
chi t’ha messo nel vecchio cuore
tanti sogni, tanta poesia?
Chi t’ha insegnato a ricamare
di bianche trine gli alberi spogli
a disegnare fiori di gelo
a far cadere fiocchi dal cielo?
Hai un mantello ch’è senza pari
proprio tessuto dalle tue mani
soffice, lieve, immacolato
in esso celi le cose e il prato,
i colli e i monti, poi me lo presti
e io vi affondo in allegria.
Oh nonno Inverno, chi t’ha racchiuso
nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Ajmone)

Inverno
Quando piove lento lento
e fa freddo, e tira il vento
nella casa sta il bambino
nel suo nido l’uccellino
nella cuccia il cagnolino
presso il fuoco il bel gattino
il ranocchio, senza ombrello
sotto un fungo sta bel bello.

Inverno
Scura è or la terra
e il buio ci pervade
ma nel mio cuor si serba
una luce che non cade.
Accesa la terrò
forte, buona e bella
e tranquillo aspetterò
che nel cielo sia una stella.

Inverno
L’albero brullo
dice al fanciullo
ora son brutto
non ho più frutto,
ma il duro inverno
non dura eterno.
Rinverdirò,
rifiorirò.

Ecco l’inverno
Freddoloso, imbacuccato
ecco l’inverno che è arrivato.
Sulle spalle egli ha un saccone
Che ci porti, buon vecchione?
Porti feste? Allegria?
Una lieta compagnia?”
Della stanza nel tepore
ben di cuore
vorrei darti il benvenuto;
ma se penso ai poveretti
il mio labbro resta muto.
Folleggianti in danza lieve
son nell’aria tanti fiocchi;
quanti fiocchi! Quanta neve!
Questo bianco abbaglia gli occhi
lietamente non si lagna
la campagna
chè il buon chicco, chicco d’oro,
che racchiude il gran tesoro
sottoterra è riparato
e lì giace addormentato.
Dorme e sogna.
“Oh, verrà la stagion buona
verso il cielo
drizzerò il mio verde stelo
e poi, grato,
verso quei che han lavorato
pel domani
darò tanti biondi pani. (C. Fontana)

Inverno
Le papere mettono i pattini
per andare sulle lastre ghiacciate,
Ma dove li han presi quei pattini,
se ricche non sono mai state?
Li ha fatti per loro un esperto
e poi glieli ha regalati
in cambio di un loro concerto.

Inverno
Io ringrazio con tutto il mio cuore
per le cose che danno calore
per i fuochi ardenti e i guanti di lana
che scaldano nella fredda tramontana
per gli abiti invernali, i giochi da giocare
quando si può sulla neve scivolare
e ringrazio per il mio letto amato
quando il gelido giorno se n’è andato.

Cantilena invernale
Un legno non fa fuoco
e due ne fanno poco;
con tre fai un fuocherello,
con quattro l’hai più bello.
Che, se poi tu ci metti
del bosco due ciocchetti,
che vivida fiammata,
oh, che bella vampata!
Che soave calore
che ti consola il cuore!
E salgon le faville
al cielo a mille a mille
a cercar le stelline,
lontane sorelline. (E. Graziani Camillucci)

Inverno
Bianco inverno, che ci porti?
Sulla terra ogni mattina,
nebbia o neve, ghiaccio o brina.
Ma per voi bambini buoni,
guanti, scarpe, calzettoni,
bei mantelli coi cappicci
caldi e morbidi lettucci;
e regali sul guanciale
per la notte di Natale. (R. Rompato)

Inverno
Oh, che gioconda fiamma
guizza nel caminetto!
Ride il babbo, la mamma
vi bacia e stringe al petto;
e bambole e balocchi
fan tutti un’allegria. (G. Mazzoni)

Dietro i vetri
Che freddo questa mattina!
I vetri coperti di brina
invitano ai ghirigori;
“Facciamo una bella cortina
con stelle, casupole e fiori!”
I prati son tutti gelati,
ma, dietro i vetri appannati,
non temon del freddo i rigori
e stanno, con gli occhi incantati,
estatici tre spettatori.
Tre bimbi che stanno a guardare
il vecchio inverno arrivare. (V. Seganti Pagani)

I doni dell’inverno
E l’inverno vien tremando,
vien tremando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
“Un fastel d’aridi ciocchi,
un fringuello irrigidito;
e poi neve, neve a fiocchi,
e ghiaccioli grossi un dito”. (A. S. Novaro)

L’inverno
Signori miei, son qua!
Sono il solito inverno
che ripiglia il governo
finchè la primavera tornerà.
Non porto novità:
con la solita neve
comincerò tra breve
a decorare paesi e città.
In rosso tingerò
ogni punta di naso;
non fate proprio caso
se qualche volta vi pizzicherò! (L. Schwarz)

Buon vecchione
Freddoloso,
imbacuccato
ecco Inverno ch’è arrivato.
Sulle spalle egli ha un saccone..
“Che ci porti, buon vecchione?
Porti feste ed allegria
nella lieta compagnia?
Della stanza nel tepore
ben di cuore
vorrei darti il benvenuto;
ma se penso ai poveretti
il mio labbro resta muto”.
Folleggianti in danza lieve
son nell’aria tanti fiocchi:
quanti fiocchi, quanta neve!
Quanto bianco abbaglia gli occhi! (C. Fontana)

La fredda stagione
Non mi piaci, o freddo inverno,
che ci tieni qua in prigione,
dove il giorno sembra eterno:
fuggi, perfida stagione!
Senza i fiori e la verdura
sembra morta la natura.
Più non canta il vago uccello,
trema e soffre il poverello.
Ma la mamma sa le fole
e ci chiama attorno a sè
con le magiche parole:
“Una volta c’era un re…”
Poi ritornano il Natale,
la Befana, il Carnevale;
ognuno d’essi reca un dono:
freddo inverno, ti perdono! (A. Cuman Pertile)

Lo scricciolo
Uno è rimasto, il più piccino,
di tanti uccelli volati via;
un batuffolo di piume
che non conosce malinconia;
un batuffolo irrequieto
tra i rametti della siepe,
così piccolo che pare
un uccello da presepe.
Vispi occhietti, alucce lievi,
un codino impertinente,
così gaio e spensierato
che può vivere di niente.
Nella campagna tacita, bianca,
che il gelo tiene prigioniera,
pare la nota dimenticata
d’una canzone di primavera.
Sempre gaio, sempre lieto,
senza timore del domani,
pare un bimbo poverello
che tiene la gioia nelle sue mani. (G. Ajmone)

Inverno
Il cielo ha spiegato un sudario
candido sopra il mondo.
Distende a croce le braccia
l’albero solitario.
La terra pare che giaccia
in sonno tanto profondo
che somiglia a una morta
con quel sudario addosso,
con quella pianta storta
che tende i suoi rami d’osso.
E ci vien da pensare
che forse né sole né grida
la possano richiamare
un’altra volta alla vita.
(Giuseppe Porto)

In montagna
Triste quella casetta
dimenticata in vetta
a quel monte lontano,
spogliato d’ogni erbetta,
d’ogni segnale umano.
(da Note di Samisen)

L’inverno
Inerte e silenziosa
dorme la terra avvolta in bianco velo,
ed il ruscello riposa
muto tra i sassi, prigionier del gelo.
Il gelido rovaio
soffia dai monti e nei camini è greve;
non più vezzoso e gaio
svolazza l’uccellin dentro la siepe.
Pendon dai brulli rami
innumeri ghiaccioli, mentre le brine
disegnano ricami,
frange, nastri, gale e trine.
E tutto è calma e oblio,
non più canti nei campi o in vigna sento;
non più sono presenti
sui colli e i prati a pascolar gli armenti.
Ma più ringiovanita
la terra sorgerà dai suoi torpori;
un dì novella vita
avrà con nuovi frutti e nuovi fiori.
(A. Rossini)

L’inverno
Di notte
nell’ultima notte,
è sceso il sipario
sulla festa di autunno.
Solo una traccia
di foglie rosse
fradice e morte
nel fango
rimane
dell’orgia pagana
piena di colori
e di luci
piena di voluttuosi profumi
di bagliori ardenti
e talvolta
nell’estasi romantica
dell’alba
e nel tramonto,
anche
piena di brividi.
Incantevole sempre
nell’opulenza
della sua sfatta bellezza.
Ora un pallido dole
avvolge
la religiosa maestà
dell’inverno.
Gli alberi nubi
tremano
nell’aria cristallina.
Solo i pioppi
svettano ancora nel cielo
con le chiome d’oro,
d’oro fino,
trasparente.
Mossi dal vento
piovono sulla terra
scudi d’oro
che nella terra
si dissolvono
per rivivere
al primo soffio
di primavera.
(M. Battigelli)

L’inverno viene
Com’è triste il pianto dell’autunno
dell’autunno che muore!
Spento ormai è il canto
sulle labbra del pastore…
Or la nebbia stanca
si distende sulla terra
e la neve imbianca
le alte cime della sierra.
Solitario fiore
vuoi tu dirmi le tue pene?
Muto è il tuo dolore,
ben lo so: l’inverno viene.
(antico motivo asturiano)

L’inverno
Viene a gran passi l’inverno
col suo lungo barbone di neve
E, camminando, la barba gli cade
spargendosi in candidi fiocchi.
E il suo fiato affannoso di vecchio
di muta in vento che soffia gelato.
Ogni capello che pergde per via
gli si raggruma in gocce di brina
o in filamenti sottili di pioggia.
Eppure il vecchio conduce con sé
un alberello bello di Natale
che porta un po’ di gioia nelle case;
e non importa se fuori fa freddo!
(G\. Serafini)

Paesaggio invernale
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanza raccolte, più intente.
Rintoccano l’ore. Ne vibra
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sopra gli alari, lo schianto d’un ciocco
che in lampi e faville rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno l fuori s’accresce,
divien sempiterno infinito.
(R. Maria Rilke)

Inverno lungo
Per un raggio si sole non è
lo sgelo.
ancora l’intrico pallido
delle ombre
è l’unico ornamento della terra
sotto gli alberi nudi.
In Norvegia, ora, sul ghiaccio
danzano i bimbi vestiti
di panno rosso;
con le lame dei pattini disegnano
fiori d’argento
su quella che fu
acqua oscura.
(A. Pozzi)

Gli uccelli aspettano, d’inverno, davanti alla finestra
Io sono il passerotto.
Bimbi, il mio tempo muore.
E sempre vi ho chiamati nell’anno che è passato
quando tornava il corvo tra i cespi d’insalata.
Una piccola offerta, per favore.
Passero, vieni vicino.
Passero, un chicco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
Io sono il picchio.
Bimbi, il mio tempo muore.
Picchio tutta l’estate e dove arrivo
col becco, spare ogni insetto nocivo.
Una piccola offerta, per favore.
Picchio, vieni vicino,
Picchio, un bruco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
Io sono il merlo.
Bimbi, il mio tempo muore.
Ed ero io a cantare nel grigio dei mattini
quanto durò l’estate, dall’orto dei vicini.
Una piccola offerta,  per favore.
Merlo, vieni vicino.
Merlo, un chicco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
(B. Brecht)

Contentarsi di poco
Dal gelido fogliame
spicca il volo il pettirosso:
ha tanto freddo addosso,
e tanta fame…
E vola, vola
fino al ruscello
ove un solicello
fioco fioco
lo scalda, un poco,
e lo consola.
Ora si mette a cercare
qualcosa da mangiare:
ecco, laggiù,
un seme di frumento!
Non chiede di più,
e tutto contento
si mette a cantare.
(E. Ottaviani)

Alberi spogli
Dal muro alto sporgono
alberi spogli
forche, braccia, grucce.
La conifera scura resiste al gelo,
il platano più alto
(belle macchie sul tronco glorioso),
ha ancora qualche foglia d’oro
e l’evonimo puntato, rosse bacche.
Melanconici come vecchi in riposo
in attesa della dolce fioritura.
Nel grigio fine un’ala appena,
fa musica.
(F. De Pisis)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Poesie e filastrocche: Le quattro stagioni

Poesie e filastrocche: Le quattro stagioni. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

I doni
Primavera vien danzando,
vien danzando alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
ghirlandette di farfalle
campanelle di villucchi,
quali azzurre quali gialle
e poi rose a fasci e a mucchi.
E l’estate vien cantando,
vien cantando alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
un cestel di bionde pesche
vellutate, appena tocche,
e ciliegie lustre e fresche
ben divise a mazzi e a ciocche.
Vien l’autunno sospirando,
sospirando alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
qualche bacca porporina
nidi vuoti rame spoglie,
e tre gocciole di brina
e un pugnel di morte foglie.
E l’inverno vien tremando,
vien tremando alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
un fastel d’aridi ciocchi
un fringuello irrigidito,
e poi neve neve a fiocchi
e ghiaccioli grossi un dito.
La tua mamma vien ridendo
vien ridendo alla tua porta;
sai tu dirmi che ti porta?
Il suo vivo e rosso cuore,
e lo colloca ai tuoi piedi,
con in mezzo, ritto, un fiore;
ma tu dormi e non lo vedi. (A. S. Novaro)

Le stagioni

Diceva primavera: “Io porto amore
e ghirlande di fiori e di speranza”.
Diceva estate: “Ed io, col mio tepore,
scaldo il seno fecondo all’abbondanza”.
Diceva autunno: “Io spando a larga mano
frutti dorati alla collina e al piano”.
Sonnecchiando diceva inverno annoso:
“Penso al tanto affannarvi e mi riposo”.

Le quattro stagioni
Di fior si smaltano prati e giardini
attorno un’aura spira leggera;
gioite: arriva per voi, bambini, la primavera.
Ma già nel campo matura il grano,
dal sol le viottole sono infocate;
cantan cicale… suda il villano:
ecco l’estate.
Cade il settembre: le viti spoglie
furon dell’uve di licor piene,
l’aria rinfresca, cadon le foglie:
l’autunno viene.
Le notti allungano, s’infosca il cielo;
dal freddo il fiore spira consunto;
sulla campagna domina il gelo:
l’inverno è giunto. (E. Panzacchi)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Exit mobile version

E' pronto il nuovo sito per abbonati: la versione Lapappadolce che offre tutti i materiali stampabili scaricabili immediatamente e gratuitamente e contenuti esclusivi. Non sei ancora abbonato e vuoi saperne di più? Vai qui!

Abbonati!