Dettati ortografici MARZO

Dettati ortografici MARZO – Una collezione di dettati ortografici di vari autori sul mese di marzo, per la scuola primaria, adatti alle classi dalla prima alla quinta.

Sui rami si gonfiano le gemme; tornano gli uccelli migratori. Il sole sorge più presto e tramonta più tardi; a qualche giornata ancora fredda si alternano giornate tiepide e assolate. Il contadino teme la grandine che può mettere in pericolo i raccolti e le fioriture delle piante da frutto che in questo mese si riempiono di corolle delicate.
Marzo era il primo mese del calendario romano ed era consacrato a Marte, dio della guerra, da cui prese il nome.

Marzo comincia. Il suo nome viene da Marte, l’antico e sempre minaccioso dio della guerra. Come uscendo dal letargo invernale, il pagano guerriero, proprio in questo mese, si accingeva a percorrere la terra. Per gli antichi, la guerra era un’avventura primaverile. Si attendeva marzo, il mese dedicato al dio bellicoso, per dar fiato ai corni e muovere gli eserciti che invadevano i campi come le acque del disgelo. (P. Bargellini)

Marzo. Il cielo di marzo è mutevole; qualche giorno è di un gentile azzurro con nuvolette bianche e morbide, qualche giorno è tempestoso e freddo come se l’inverno volesse tornare indietro.

Il vento. Spesso soffia forte, sbatacchia finestre e porte, scuote violentemente i rami degli alberi e sfoglia i fiori delicati del mandorlo e del pesco. Ma qualche volta è gentile come una carezza.

Primi fiori.  Nei prati sbocciano le pratoline bianche orlate di rosso, tra l’erba si nasconde la violetta, sui rami dei mandorli e dei peschi c’è tutta una fioritura di stelle bianche e rosa.

Primavera. E’ primavera. Il cielo è dolcemente azzurro, il vento tiepido, gli alberi sono fioriti, gli uccellini cinguettano preparando il nido per i piccini che verranno.

E’ ora. Una violettta si affacciò e chiese: “E’ ora?”. Una margheritina aprì il suo collettino bianco, orlato di rosso, e domandò: “E’ ora?”. Una farfalla picchiò alla porta della sua prigione e disse: “E’ ora?”. “Avanti, avanti!” esclamò allegramente un bel raggio di sole.

Marzo. E’ un mese pezzerello, ora ride e ora piange. Ecco il sole che splende nel cielo sgombro di nubi; subito dopo il tempo s’imbroncia e giù acqua a catinelle!

Primi tepori. La campagna è ancora spoglia, pure a guardare bene i rami, si possono vedere le gemme avvolte nella loro peluria, ma pronte a dischiudersi ai raggi tiepido del sole.

Marzo. Fra le zolle di terra ecco i fili d’erba affacciarsi timidamente e nell’aria c’è un leggero odore di fiori non ancora sbocciati, ma che presto si schiuderanno al dolce vento di primavera.

Marzo. Non bisogna voler male a questo mese pazzerello: basta un giorno di sole ed ecco i mandorli fioriti miracolosamente ecco le violette che odorano fra l’erba, ecco le pratoline che riempiranno i prati di stelle.

Marzo. Marzo è pazzo. Ora piove, ora c’è il sole. Via le nuvole ed ecco l’azzurro; via l’azzurro ed ecco le nuvole. Marzo è un mese pazzerello; ora ride e ora piange.

Marzo è il mese dei venti e delle piogge. I giorni continuano ad allungarsi; la temperatura aumenta; si hanno, però, frequenti burrasche. I campi e i prati si fanno verdi e cominciano a coprirsi di fiori. Fioriscono gli anemoni, le primaverine, le pervinche e soprattutto i pioppi e, in genere, tutte le piante amiche del vento. Fanno pompa dei loro fiori i mandorli, i ciliegi, i susini. Nelle siepi compaiono i candidi fiori dei prugnoli e dei biancospini. (L. Vaccari)

Il tiepido vento si marzo giocava a cacciare, con furia scherzosa, le nuvole chiare. Le arruffava, le scapigliava, le lacerava a frange, a cirri, le fugava dai colli, le inseguiva, le disperdeva e trascorreva lontano. Ma subito dopo ritornava col suo lungo ululo festoso; s’aggirava per il cielo mulinando nel sole gli ultimi fiocchi di nubi. (V. Brocchi)

Il vento di marzo si aggirava per il cielo mulinando nel sole gli ultimi fiocchi di nubi, li sbandava, scuoteva gli alberi sui colli, rapiva petali di fiori novelli, godeva di farli sperdere nella limpidezza dell’aria; li lasciava piovere sulle piazze e sulle vie, metteva un tintinnio a tutti i vetri. (V. Brocchi)

A marzo guardati attorno. Osserva il ramo di un albero: vedrai tanti piccoli bottoni verdi, ancora accartocciati, stretti stretti. Sono le gemme che aspettano un’ora di tepore per aprirsi. Da quelle gemme verranno le foglioline verdi e tenere, verranno i fiori gentili del mandorlo e del pesco. Guarda sul prato. Vedrai l’erba che, improvvisamente, è spuntata ed ha ricoperto la terra con un morbido tappeto verde. Le siepi, già brulle e spoglie, si coprono, da un giorno con l’altro, di una fioritura candida e fitta. E’ il biancospino che ha fretta, che vuol fiorire, che dice: “Primavera è qui che viene”.

Marzo era un fantasticone, bizzarro, che pareva fatto apposta per far impazzire la gente. Bello e gagliardo, con gli occhi azzurri, che qualche volta si oscuravano per un repentino corruccio, capelli a ciocchette del color della viola, era sempre con le gambe in aria a correre, a far dispetti, a gridare per il cielo come un indemoniato, scagliando acqua e qualche volta anche grandine, sui fiori e sugli alberi spaventati, (F. Perri)

Terzo mese dell’anno, primo della primavera, fu il primo mese dell’anno fino a Numa Pompilio che premise il gennaio e il febbraio. Era dedicato a Marte che, forse, in origine era dio della vegetazione primaverile, ma ben presto, fu considerato dio della guerra. Il sole entra nell’Ariete. Marzo è, qualche volta, ventoso e freddo, ma cominciano le belle giornate di primavera, i fiori sbocciano e le erbette smaltano i prati.

Era il marzo temperato e sereno, coi primi fiori degli alberi da frutto e delle siepi di biancospino. Le prode stellate di margheritine e di primule, sapevano di violette nascoste fra i cespi dell’erba; il grano era tenero sul campo. Bello era il mondo nella bella giornata del mese bellissimo; l’allodola, perduta in canto ed in luce nell’alto del cielo, s’incantava lassù, nel mentre gli uccelletti di minor volo cinguettavano d’ogni parte il loro canto contento più umile. (R. Bacchelli)

Verso la metà di marzo, il cielo era turchino; un vento tiepido attraversava la foresta e arrivava alle case. La neve si scioglieva; larghi spacchi vi si formavano, subito riempiti di acqua bruna, e, per la china, cento improvvisi ruscelli scorrevano. Dalle potenti spalle degli abeti cadevano larghi drappi bianchi. Ovunque era fruscio, mormorio d’acqua. (G. Fanciulli)

Marzo è matto. Ormai si è fatto questo nome, chi glielo leva più? Eppure, vorrei vedere un altro al posto suo, così a cavalcioni tra inverno ed estate, fra caldo e freddo e, da una parte, lo tira il vento di febbraio, dall’altra, il cielo d’aprile gli fa l’occhiolino. C’è ancora il gelo nei crepacci della montagna e già nei prati, le violette hanno fretta di venir su. E quel povero marzo corre di qui, di là, aiuta le gemme a schiudersi, spazza il cielo dalle nuvole, si dà da fare da tutte le parti… Si capisce che qualche volta, gli vengono le bizze e fa il matto. Troppe esigenze per questo povero mese! E l’umore cambia.

Il malumore di marzo dura poco, ed eccolo ridere fra le lacrime, eccolo fare una smorfia buffa e saltabeccare fra i prati di nuovo tutti in fiore. Poi, appena vede una rondine, si quieta. E sta a guardarla che guizza per l’aria, veloce come una freccia e dice: “Mi par di riconoscerla. Dev’essere quella dell’altro anno”. E la rondine grida che sì sì, è lei e dice trovato a marzo e a tutte le cose.

Marzo è matto. Un giorno ride pazzamente e si sente allegro come un fringuello; allora è tutta una meraviglia: peschi fioriti, viole sbocciate, cielo sereno, venticelli scherzosi e tiepidi… Ma poi marzo si stanca e arriva il malumore. E allora son dolori: venti strapazzoni che spogliano quei poveri rami di pesco, pioggia a dirotto e tutti si rintanano in casa dicendo: “E’ tornato l’inverno!”.

Il cielo di marzo
Il cielo di marzo è mutevole. Qualche volta manda la pioggia e persino un po’ di nevischio, ma spesso è azzurrino, quasi trasparente, con nuvole leggere, ben diverse da quelle compatte e bigie dell’inverno. Il sole è ormai tiepido e al suo dolce calore, si schiudono i primi fiori.

Il mese del risveglio
Marzo è il mese della primavera, quando tutto si risveglia, piante e animali e perchè no? L’uomo. Infatti, anche l’uomo, con l’arrivo della bella stagione, sente rinnovate le sue energie, ha desiderio di camminare, di sgranchirsi le gambe tenute troppo tempo a impigrirsi nel chiuso, di buttar via gli indumenti pesanti, di guardarsi attorno e godere di quanto la natura gli offre in questo ridestarsi del creato.

Marzo, il cui nome deriva da Marte, il dio a cui i Romani lo avevano dedicato, fu il primo mese dell’anno romano fino all’anno 601 dalla fondazione di Roma. Nel nostro calendario è il terzo, ma nel calendario astronomico è sempre il primo perchè in questo mese il sole entra nell’Ariete, che è il primo segno dello Zodiaco. Nel plenilunio di marzo si celebra la Pasqua. In questo mese, e precisamente il 21, ha luogo l’equinozio di primavera in cui la notte e il giorno sono di uguale lunghezza.

E’ arrivato marzo e con lui la primavera. E’ un mese un po’ pazzerello, ci porta sole e solicello, vento e venticello, qualche temporale o una pioggerellina che bagna la terra e la sveglia dal suo lungo sonno invernale. Ecco infatti le gemme sui rami degli alberi, i primi mandorli fioriti, le siepi di biancospino piene di stelline bianche e profumate; tra l’erbetta tenera spuntano le margherite col cuore d’oro e le timide violette. Il grano spunta e sembra un morbido tappeto verde.

In marzo, in alcuni paesi, si possono osservare le migrazioni di stormi di uccelli che vengono dai luoghi caldi per recarsi al  nord dove usano fare il nido.  L’uccello migratore delle nostre regioni è principalmente la rondine. Tra l’erba possiamo osservare il brulichio degli insetti che escono dalle loro tane, o che hanno addirittura cambiato aspetto e cominciano a volare, a succhiare, a riprodursi secondo il loro ciclo vitale. Qualche farfalla già vola tra i primi fiori.

Quali sono questi primi fiori? Innanzi tutto le pratoline: bianche, orlate di rosso, sono le più audaci e le più allegre; al primo raggio di sole tiepido, le vediamo sbocciare miracolosamente tra l’erba e si chiudono non appena il sole mette il broncio. Altri fiori dell’acerba primavera: le primule, gli anemoni e la trionfatrice della stagione: la violetta. E’ il simbolo della modestia; è di un bel colore, profumatissima, di una forma graziosa, eppure si cela tra l’erba, non ostenta nè la sua bellezza, nè il suo colore, nè il suo profumo. Soltanto chi la sa cercare la trova e può godere delle sue belle virtù.

I colori di marzo sono il bianco del mandorlo, il rosa del pesco, il viola della violetta, il violaceo dell’anemone, il bianco orlato di rosso della margheritina, il rosso viola della primula, il giallo della giunchiglia. Cogliamo i fiori a volontà, specie i fiori dei prati che sono di tutti e di nessuno, ma attenzione a non troncare i rami fioriti degli alberi, perchè ogni fiore diventerà un frutto. Vi sono frutti commestibili e frutti che non si mangiano, ma ogni fiore diventa frutto. Il fine di ogni fioritura è quello di preparare il seme per dare origine a una nuova pianta. Infatti, dentro ogni frutto, c’è il seme.

Gli uccellini cominciano a cinguettare; prima degli altri, i passeri, i quali cominciano già a pensare al nido. Il passero fa il nido sotto un tegolo, al riparo. Gli altri uccellini lo fanno, in genere, tra i rami degli alberi. Hai mai visto un nido? E’ intrecciato di rametti come se fosse tessuto. Questo meraviglioso lavoro è fatto dagli uccelli col becco e le zampette. Poi la femmina lo imbottisce di lanuggine che trova nei fiori di pioppo, di salice e nel cardo. Ma gli uccelli non si peritano di strappare anche qualche filo a un lembo di stoffa, di afferrare al volo qualche piumetta e qualche fiocco di ovatta. I piccoli devono stare morbidi e caldi.

Non tutti gli uccelli fanno il nido tra i rami degli alberi: ve ne sono alcuni che si accontentano di un crepaccio, di un buco nel muro, alcuni che lo fabbricano con due foglie cucite insieme abilmente con fili d’erba per mezzo del becco, altri, come i rapaci, non fanno che un rozzo groviglio di rami in una anfrattuosità della roccia.

Marzo è matto, dice il proverbio, perchè il cielo è mutevole: qualche giorno è di un gentile azzurro con nuvolette bianche e morbide, qualche giorno tempestoso e freddo come se l’inverno volesse tornare indietro. Il vento spesso soffia forte, sbatacchia le finestre, scuote violentemente i rami degli alberi e sfoglia i delicati fiori del mandorlo e del pesco. Ma anche il vento è necessario perchè rinnova l’aria e la purifica, trasporta il polline da un albero all’altro e passando da un fiore ad un altro della stessa specie, lo trasforma in frutto. Tra i benefici del vento dobbiamo mettere anche quello di portare le nuvole qua e là e di modificare, quindi, il clima, con le piogge che derivano da questo movimento del vapore acqueo. In alcune regioni il vento viene utilizzato per muovere le pale dei mulini e si ha così un’energia che non costa niente.  Quando però il vento assume la forza di un ciclone può arrecare danni gravissimi: svelle da terra interi alberi, fa crollare muri e soprattutto sconvolge il mare causando naufragi e disgrazie.

Dicono che marzo è pazzo; ma che deve fare il poveretto, se è a servizio di due padroni che lo comandano a piacer loro? Se è l’inverno che ordina, marzo deve mandare giù la pioggia e scatenare il vento che strapazza i rami pieni di gemme; se è la primavera che lo chiama a sè, allora ecco che sparge i fiori sui prati, mette in fuga le nuvole, intiepidisce l’aria, invita i bambini all’aperto.

Sereno a volte e limpido come un immenso specchio azzurro, anche il cielo partecipa alla festa della natura. Ma talvolta, all’improvviso, il cielo si oscura e assume il color cinerino dell’autunno: la nuvolaglia nasconde il sole e una pioggia fitta e insistente cade sulla terra. Un broncio di breve durata. Dopo la pioggia il sole torna a splendere più luminoso e più caldo.

Al torrente è arrivata tanta acqua dai nevai che si sfanno, e la sua voce canta più alta fra i ciottoli, parla più tenera fra i salici… Per tutta la valle scende un vento fresco, non freddo; scioglie gli ultimi nodi dell’inverno, porta il fumo dei camini, il suono delle campane e le prime libere canzoni. (G. Fanciulli)

Il torrente sussultava in fondo alla valle, fra i peschi e i mandorli fioriti. E tutto era puro, giovane, fresco, sotto la luce argentea di quel gran cielo mite, sul cui orizzonte i profili morbidi dei monti, ancora coperti di neve, si stendevano come file di colombi addormentati. (G. Deledda)

Quando l’inverno muore lentamente nella primavera, nelle sere di quei bei giorni limpidi, lieti, senza vento, in cui si tengono spalancate per le prime volte le finestre e si portano sulle terrazze i vasi di fiori, le città offrono uno spettacolo gentile e pieno di allegria e di poesia. A passeggiare per le vie, si sente di tratto in tratto nel viso un’ondata d’aria tiepida, odorosa. Di che? Di quali fiori? Di quali erbe? Chi lo sa! Sono profumi indistinti e sconosciuti, che sanno di freschezza, di giovinezza e di vita (E. De Amicis)

Lungo le rive dei fossi si aprono i primi fiori e sui pendii dei colli, altri, di colori più intensi, azzurri o gialli. Sulle cime dei monti gli ultimi filoni di neve sfumano in nere nubi. Il verde del frumento si accresce, ed altri campi, si fanno gialli di ravizzone. Biancheggiano i susini, i peri, alterni al rosa dei peschi. Le galline hanno un canto diverso, appare la prima farfalla, e gli uccelli cantano tra gli alberi che ancora non danno ombre. Finisce l’inverno, si entra in primavera; certi anni il passaggio viene come velato da un lungo periodo di piogge, ritorna il sole e sui rami si scopre la frutta già segnata senza esserci accorti dei fiori. (G. Comisso)

Ora la primavera avanza. La rondine dà la sveglia ai pigri, e la collina si veste da sposa con quei suoi bianchi filari di ciliegi fioriti, che sembrano da lontano lunghi festoni serpeggianti, tesi lungo i pendii per un corteo di angeli. E accanto al bianco dei ciliegi, ecco la meraviglia rosea dei peschi. E’ un succedersi di bianco e di rosa, di superbe macchie vivissime sul verde, ormai deciso, della campagna. E’ questo il momento più bello della primavera, che avanza regalmente con profumi, colori e tepori, con ronzii e cinguettii. Le gemme spuntano, ingrossano, scoppiano in fronde di un verde tenero e, a poco a poco, l’impeto interno della terra madre si sfoga in una vegetazione lussureggiante, e la campagna, la collina e il monte si vestono si un manto imperiale. (A. Dusso)

Il trepido vento di marzo giocava a cacciare con furie scherzose le nuvole chiare. Le arruffava, le scapigliava, le lacerava a frange, a cirri, le fugava dai colli, le inseguiva, le disperdeva e trascorreva lontano. Ma, subito dopo, ritornava col suo ululo festoso; s’aggirava per il cielo mulinando nel sole gli ultimi fiocchi di nubi, li sbandava, scuoteva gli alberi sui colli, rapiva petali di fiori novelli, godeva di farli sperdere nella limpida aria; li lasciava piovere sulle piazze e sulle vie; metteva un tintinnio a tutti i vetri. (V. Brocchi)

Appena giunto in città, il venticello di marzo cominciò a soffiare in tutte le direzioni, allegro, invadente, felice di scorrazzare. Chiudeva ed apriva le imposte, sbatacchiava usci, il monello, come se fosse stato a casa sua. Faceva tremare i grandi cristalli delle vetrine, e si trastullava tra i vestiti dei passanti e distribuiva loro sulla faccia i biglietti del tram gettati a terra. (Lunarino)

Dettati ortografici MARZO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche su MARZO

Poesie e filastrocche su marzo – una raccolta di poesie e filastrocche sul mese di marzo, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria

Farfalle
Fiocchi di cielo
alitano intorno
alla chioma fiorita
degli albicocchi:
messaggeri del sole
intessuti di seta. (Wei Li Bo)

Marzo
Nel fiato di marzo la neve
diventa ruscello che ha fretta
e tutta la terra ne beve
per fare più fresca l’erbetta
che trema per nulla, stupita,
che sia così bella la vita. (Renzo Pezzani)

Marzo
E’ nevicato. Non è il tempo ancor
che mille e mille fior…
che mille e mille fior…
mi fan beato.
C’inganna il sole col suo dolce ardor.
Le rondini anche lor…
le rondini anche lor…
giungon, ma sole. (J. W. Goethe)

Passa marzo
Attenti, bambini,
la mano al cappello:
c’è marzo che passa,
che urla, che spazza,
che gioca monello
per strade e giardini…
Attenti, bambini!
E ride, quel matto!
E l’occhio vi strizza.
Si china su un fiore
con tenero amore…
poi, lesto, una bizza:
disfà quel che ha fatto.
E ride, quel matto!
E sempre combina
scherzetti e pasticci:
sparpaglia il bucato
disteso sul prato,
scompiglia i bei ricci,
le nubi trascina…
scherzetti combina.
Ma quando di sera
il cielo si ammanta
di un rosso di fuoco,
fermandosi un poco
vi guarda e vi canta:
“Or vien primavera”
Poi va, nella sera. (Adriano Caramellino)

Uno dei dodici
“Bel cavaliere che andate e correte
sopra una nuvola bianca, chi siete?”
“Io sono marzo e son figlio del vento.
Sono pastore e nel cielo ho l’armento.
Sorrido, brontolo, piango per niente,
ti porto il tuono, ma sono innocente”. (Renzo Pezzani)

Marzo
A marzo, il solicello
fa tanto di cappello
e viene in pompa, fuori,
stendendo sete e ori.
Una bellezza! Chiaro
per tutto, il grande faro
riaccende; e somiglia
un’allegra famiglia
la siepe, il campo e l’orto
A un tratto, tutto è smorto:
un vento strapazzone
ti mangia in un boccone
quella famiglia allegra.
Geme la terra negra
e canta il funerale
con un bigio piviale.
Ma la mattina appresso,
dice il sole: “E’ permesso?” (Lina Campanini)

Marzo
Gli alberi nudi come croci
metton gemme e piccole voci;
il passero riveste il suo oro
e saltella sui rami dorati;
la lucertola sputa da un foro
del muro, con occhi sgranati;
il lombrico si torce e si stira
come un serpente… E la terra gira. (Diego Valeri)

Marzo
Marzo, che mette nuvole a soqquadro
e le ammontagna in alpi di broccati,
per poi disfarle in mammole sui prati,
accende all’improvviso, come un ladro,
un’occhiata di sole
che abbaglia acqua e viole.
Con in bocca un fil d’erba primaticcio,
marzo è un fanciullo in ozio, a cavalcioni
sul vento che separa due stagioni;
e, zufolando, fa, per suo capriccio,
con strafottenti audacie,
il tempo che gli piace… (Arturo Onofri)

Marzo
Chi mai salutano dalle terrazze
con tanta foga che sembran pazze,
tutte ondeggianti di frenesia,
le corde tese di biancheria?
Cos’è che han visto questa mattina
laggiù nell’aria lucente e turchina
per cui si sbracciano così in fermento
gonfie nell’impeto forte del vento?
e schiamazzanti sbattono l’ale
come le vele nel maestrale
e par che vogliano tagliar gli ormeggi
ed in candore par l’aria che ondeggi?
Eccola, è lei! l’han vista arrivare
sull’orizzonte là verso il mare,
festosa, turchina com’una bandiera
col vento di marzo… è lei, primavera. (Vincenzo Fraschetti)

Marzo
Poi, quando arriva marzo che daffare!
Tutto vuole pulire e lucidare;
con le scrosciate di pioggerellina
lustra nei prati l’erba fina;
pulisce l’aria, lava il rosso ai tetti,
rinnova l’acqua dentro ai ruscelletti,
con la corsa del vento spazza i cieli,
per portar via i grigi ragnateli.
Quando nell’orto del sole ridente
tutto scintilla, nitido e lucente,
marzo, allora, si volge indietro a dire:
“Oh, primavera, adesso puoi venire.” (P. Antico)

Marzo
Un sentore di viole…
Ecco marzo pazzerello
piedi nudi e giubberello,
ricci al vento e viso al sole.
E’ una gioia rivederlo,
e se a tratti si fa mesto
pur si rasserena presto
e fischietta come un merlo. (Diego Valeri)

Neve di marzo
Una danza di pazze farfalle,
questa notte ha tramato un tappeto
che si stende dal monte alla valle.
Pur non s’ode il più lieve sussurro;
tutto il mondo è coperto d’argento,
tutto il mondo è asfaltato d’azzurro.
Ma il sole che vien su tutto d’oro
pare un poco sorpreso: non trova
gli uccelletti che cantano in coro.
Saran morti, schiacciati nel suolo?
Ei s’innalza, si scalda frugando,
e giù, strappi sul bianco lenzuolo.
Addio! Tutto il bel manto è perduto…
Alla reggia fa il sole ritorno,
degli uccelli al canoro saluto. (T. Colsalvatico)

Canto di marzo
Destati, destati, primavera!
Il cielo pare lino in fiore
e la terra che era nera
ha mutato colore.
Destati, destati! Le viole
sono sbocciate nei praticelli.
Pare nuovo anche il sole:
scorrono, freschi, i ruscelli.
Il pesco è una nuvola rosa
e il mandorlo t’ha preparato
il vestito da sposa
di trina, tutto stellato.
Fra l’erba tenera c’è un grillo
nero, piccolo così.
Può servirti da spillo.
Ascolta il suo cri cri!
Son tornate le rondini ai nidi.
Hanno passato tanto mare
ed empiono il cielo di gridi.
Perchè non ti vuoi destare? (Giannina Facco)

Marzo
Marzo è un poco matterello!
Piace molto alla ranocchia
che si gonfia e da la spocchia,
ma non garba al passerotto
che si stringe nel cappotto.
Forse il merlo meno saggio,
sogna già d’essere in maggio
e si gela la zampina
fra la brina.
Ma la cincia, nel suo nido,
ride e dice: “Non mi fido!
Presto è ancor! La messaggera
bianca e nera,
non è già sotto la gronda
e chi ha freddo si nasconda:
non è ancora primavera!”
Chiotto chiotto,
le risponde un passerotto:
“Tu sei saggia e veritiera!”
Marzo è bello
col cappotto e con l’ombrello,
con le scarpe e col cappello.
Marzo porta il vento, il fiore,
e la pioggia e il raffreddore! (A. Beltramelli)

Gioia di marzo
Fresca gioia, l’erba nasce
così lustra e così breve
dove il sol ruppe la neve
e l’agnello se ne pasce.
Anche l’acqua ch’era ghiaccio
s’incammina dentro il fosso
con un po’ di cielo in dosso,
mormorando: “Se ti piaccio,
vieni a bermi così pura
aria che tocchi la pianura”.
L’alberello di cotogno
apre gli occhi e guarda il mondo
e nel rivo vispo e fondo
getta l’ultimo suo sogno;
poi, toccato dal Signore,
sui rametti più lontani,
come dentro esili mani,
posa un candido suo fiore
così allegro che la gente
dentro l’anima lo sente. (Renzo Pezzani)

Marzo
Marzo, che bel mantello
ricamato di sole,
ornato di viole!
Di lucidi ghiaccioli!
Marzo, che bel castello
di petali, di gemme!
E marzo ridarello
i primi fiori getta
sopra i gelidi broli,
sul mandorlo, e sul pesco,
e poi, quasi pentito,
solleva un vento fresco
e gli adornati rami
spoglia dei bei ricami.
Poi se ne pente ancora
e lancia, d’ora in ora,
gemmule e verdi fronde
sopra spinosi tralci
ricurvi come falci.
Ammassa nubi in cielo
e stende sulla terra
di fitta pioggia un velo.
Poi dal cestello prende
manciate di ghiaccioli
e il primo verde copre
il bianco della brina
che riscintilla al sole
della chiara mattina. (Edvige Pesce Gorini)

Vento di marzo
Vento di marzo, che soffi la sera
e che scuoti al mattino la rugiada,
oh! Lo so che tu rechi primavera,
mentre s’empie di fiori la contrada.
Carezza il tuo tepor l’erba dei prati,
l’onda del rivo, il nido degli uccelli;
tu alle primule dici e alle viole:
“Aprite le corolle, io porto il sole!” (Guido Fabiani)

Marzo
Oggi il sol come un prodigio
brilla in cielo,
e domani un triste velo
scende giù sul mondo bigio;
poi d’un tratto
vento… sole… marzo è matto. (Puck)

Marzo
Oh marzo pazzerello,
dietro l’ombrello
rovesciato
vedo improvviso
il tuo viso
scaltrito,
a volte piangente
di lucida pioggia,
a volte ridente
di splendido sole.
Volubile come un bambino,
alterni scrosci di pianto,
attimi uggiosi,
scatti rabbiosi,
a sorrisi di cielo turchino.
Imbronciato,
metti trine di cristallo
fra le dita degli alberi stanchi
di riposo,
fai bianchi
di grandine chiassosa
il tetto, il balcone il selciato
e, sguaiato,
spettini la mimosa.
Metti viole nell’orto,
pratoline nel prato
e sciogli la brina sulle invetriate
malate, se ridi.
Ma se impazzi,
getti il tuo scompiglio folle
nella veste del cielo leggera,
fra le foglie del bosco,
fra i riccioli dei bambini
e sulle aiuole dei giardini
che aspettano la primavera. (Enrico Tomei)

Marzo
Mentre affannato e irrequieto
corre l’uomo da mane a sera
marzo che ride in suo segreto
prepara il tempo a primavera.
Ecco, ad ogni margherita
ponendosi alacre al lavoro,
appresta il collare di trina
e cesella il bottone d’oro.
Per te sotto l’erbe nasconde
una fragola ormai matura,
ed intreccia un serto di fronde
che ti salvi dalla calura. (Teophille Gauthier)

Che dice la pioggerellina di marzo?
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gemmule d’oro!
“Passata è l’uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia
domani uscirà primavera
guarnita di gemme e di gale
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d’ale,
di nidi,
di gridi
di rondini, ed anche
di stelle di mandorlo bianche…”
Ciò dice la pioggerellina
di marzo che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gemmule d’oro.
Ciò canta, ciò dice:
e il cuor che l’ascolta è felice. (Angiolo Silvio Novaro)

Fiorita di marzo
La fioritura vostra è troppo breve,
o rosei peschi, o gracili albicocchi
nudi sotto i bei petali di neve!
Troppo rapido è il passo cui tocchi
il suolo; e al tuo passar l’erba germoglia,
o primavera, gioia de’ miei occhi.
Mentr’io contemplo, ferma sulla soglia
dell’orto, il miracolo dei fiori,
sbocciati sulle rame senza foglie;
essi, ne’ loro tenui colori,
tremano già del vento alla carezza,
volan per l’aria densa di languori;
e se ne va così la tua bellezza,
come una luce, o come un sogno muori,
o fioritura di marzo, o giovinezza! (Ada Negri)

Marzo
Ecco marzo, il terzo mese,
che, scrollando i folti ricci,
un po’ matto e un po’ cortese
fa le smorfie ed i capricci.
Tutto nervi e argento vivo,
muta umore ogni momento
ed annuncia il proprio arrivo
con la grandine e col vento.
Fischia e morde, piange e ride,
ed ingemma il colle e il prato
mentre, ancora, il vento stride…
Ma l’inverno è terminato.
Quanta luce nel creato,
dopo i tuoni e la bufera!
Marzo è il paggio scapigliato
della dolce primavera. (Pasquale Ruocco)

Marzo e la speranza
Col marzo e col sereno,
dentro ogni fibra, il senso della vita
torna freschezza. Tocchi
rigermogliano anche gli sterpeti
della tristezza, e fuor da l’aridume
in minuscoli scrignetti, tutte le ricchezze
della nuova vegetazione. (F. Faifofer)

Marzo
Nei boschi, da sera a mattina,
si schiudono fresche sorprese:
leggero sui prati cammina
marzo, incantevole mese.
Ancora non c’è l’usignolo
ricolmo di note e di trilli,
ma lungo le prode e nel brolo
già fremono e ciarlano i grilli.
E, guarda, la siepe s’è desta,
coperta di fiori, odorosa:
il pesco s’ammanta di festa
schiudendo i suoi petali rosa.
C’è pioggia, c’è vento, c’è sole:
è marzo, ogni cosa ha un incanto;
è marzo, che piange e non vuole,
che mostra il sorriso tra il pianto. (Alfredo de Musset)

Marzo
Attenti bambini,
la mano al cappello
c’è marzo che passa,
che urla, che urla,
che spazza
che gioca monello
per strade e giardini.
Attenti bambini!

Marzo
Un sentore di viole…
ecco marzo pazzerello
piedi nudi e giubberello
ricci al vento e viso al sole.
E’ una gioia rivederlo;
e se a tratti si fa mesto,
pur si rasserena presto
e fischietta come un merlo. D. Valeri

Che dice la pioggerellina di marzo?
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gemmule d’oro?
“Passata è l’uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia
domani uscirà primavera
guarnita di gemme e di gale
di lucido sole
di fresche viole
di primule rosse, di battiti d’ale
di nidi
di gridi
di rondini, ed anche
di stelle di mandorlo, bianche…”.
Ciò dice la pioggerellina
di marzo che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gemmule d’oro.
Ciò canta, ciò dice;
e il cuor che l’ascolta è felice. Angiolo Silvio Novaro

Marzo
Filastrocca marzolina
filastrocca corri in fretta
che c’è il vento che ti aspetta
e che tutta ti scombina.
Filastrocca pazzerella
coi vestiti rattoppati:
c’è la neve, ma nei prati
spunta già l’erba novella

Marzo
Nel fiato di marzo la neve
diventa ruscello che ha fretta
e tutta la terra ne beve
per fare più fresca un’erbetta
che trema per nulla, stupita
che sia così bella la vita. Renzo Pezzani

Fioritura di marzo
La fioritura vostra è troppo breve,
o rosei peschi, o gracili albicocchi
nudi sotto i bei petali di neve.
Troppo rapido è il passo con cui tocchi
il suol (e al tuo passar l’erba germoglia),
o primavera, o gioia dei miei occhi. Ada Negri

Marzo
O marzo, che i petali rosa
dei fiori di pesco colori,
o marzo, che a volte disserri
i primi soavi tepori,
e a volte ventoso e gelato
tormenti le erbette del prato.
O marzo, non fare il cattivo,
non rompere i rami fioriti,
i rami dei peri e dei meli,
che poi daran frutti squisiti!
E vi pianteranno i bambini
il morso dei bianchi dentini. A. Cuman Pertile

Il biancospino
Di marzo, per la via delle fontane,
la siepe s’è svegliata tutta bianca;
ma non è neve, quella, è biancospino
tremulo ai primi soffi del mattino.
Si destano lontane le campane
e l’acqua di cantar mai non si stanca. Angelo Orvieto

Marzo
E marzo ridarello
i primi fiori getta
sopra i gelidi broli,
sul mandorlo e sul pesco,
e poi, quasi pentito,
solleva un vento fresco
e gli adornati rami
spoglia dei bei ricami. E. Pesce Gorini

Vento di marzo
Ma chi è quel capo ameno?
Porta l’acqua ed il sereno
sparge semi per il mondo
sbuffa e frulla in tondo in tondo
mena schiaffi e scappellotti
fischia per i vetri rotti
ora è dolce e profumato
ora è proprio uno sgarbato. E. Bossi

Marzo
La primavera aspetta
là dietro l’uscio. Viene
marzo e in fretta in fretta
le accomoda per bene
sedili di verdura
letti di fiorellini;
poi, fuori delle mura,
chiama allegro i bambini,
perchè le faccian festa
con i lor giochi e canti.
Quando ogni cosa è presta,
grida: “Signora, avanti!”. G. Mazzoni

Marzo

Filastrocca del vento di marzo
Marzo, marzo, che pazienza…
te lo dico in confidenza…
te lo devo proprio dire:
tieni a fren quel ragazzaccio,
quella birba di ventaccio.
Hai cucito, notti e notti,
sopra i peschi, fior per fiore,
eran tutti uno splendore,
egli adesso te li strappa,
li volteggia, ride e scappa.
Guarda i mandorli imbronciati:
li ha spogliati
tutti quanti.
Guarda il cielo com’è scuro!
L’hai spazzato tutt’un giorno
con la scopa d’oro fino.
Or non vedi che galoppo,
quel tuo figlio stravagante,
con le nubi tutte quante,
per guastare la tua festa?
C’è da perdere la testa! Lina Galli

Vento di marzo
C’è un signore che va a spasso
con la mazza e l’occhialino,
lo accompagna passo passo
marzo allegro e birichino;
e ad un tratto (oh, che monello!)
manda in aria il suo cappello.
Sciorinato lì sull’aia
vede un candido bucato;
lo contempla la massaia
con lo sguardo più beato,
ma di marzo il venticello
le fa un tiro da monello.
I ragazzi, sulla piazza
stan giocando in lieti crocchi,
ad un tratto, infuria; impazza;
han la polvere negli occhi:
cos’è stato? E’ sempre quello,
è di marzo il venticello.
Poveretta quella donna!
Non sa dove riparare:
poveretta! La sua gonna
è una vela in alto mare
e, di marzo, il venticello
più che mai fa il pazzerello.
Raggi d’oro e nuvolette
cielo azzurro a pecorine,
pruni in fiore, nuove erbette,
bucanevi e pratoline;
sole, pioggia e venticello:
ecco marzo pazzerello. Rosalia Calleri

Marzolina
Marzolina dolce e pura
dallo sguardo mattutino.
Ella ancora ha un po’ paura
dell’inverno,
risalito sulle vette,
ma si stringe contro il cuore
quattro pallide violette. L. Galli

Marzo
Un sentore di viole…
Ecco marzo pazzerello,
piedi nudi e giubberello,
ricci al vento e riso al sole.
E’ una gioia rivederlo,
e se a tratti si fa mesto,
pur si rasserena presto
e fischietta come un merlo. Diego Valeri

Marzo pazzerello
Marzo, una lacrimetta
che una ventata asciuga,
e qualche nuvoletta
che il sole mette in fuga;
minaccia di bufera
e poi, tutto ad un tratto,
riso di primavera.
Ah, marzo, marzo matto! R. Pezzani

Marzo
La primavera aspetta
là dietro l’uscio. Viene
marzo e in fretta in fretta
le accomoda per bene
sedili di verzura,
letti di fiorellini;
poi, fuori dalle mura,
chiama allegro i bambini,
perchè le faccian festa
con i loro giochi e canti.
Quando ogni cosa è presta,
grida: “Signora, avanti!”. G. Mazzoni

Filastrocca
Filastrocca marzolina
filastrocca, corri in fretta,
che c’è il vento che t’aspetta
e che tutto ti scombina.
Filastrocca pazzerella
coi vestiti rattoppati:
c’è la neve, ma nei prati
spunta già l’erba novella. Anonimo

Marzo bello
Ecco, ecco che è arrivato
marzo bello!
Le viole in mezzo al prato
escon fuori con l’ombrello.
Giò in un campo un contadino
per voi canta uno stornello;
è fiorito il biancospino
che fa siepe a un campicello.
Marzo è bello,
col cappotto e con l’ombrello,
con le scarpe e col cappello.
Marzo porta il vento e il fiore
e la pioggia e il raffreddore! ( A. Beltramelli)

Gioia di marzo

Fresca gioia, l’erba nasce
così lustra e così breve
dove il sol ruppe la neve
e l’agnello se ne pasce.
Anche l’acqua ch’era ghiaccio
s’incammina dentro il fosso
con un po’ di cielo in dosso,
mormorando: “Se ti piaccio,
vieni a bermi così pura
pria che tocchi la pianura.
L’aberello di cotogno
apre gli occhi e guarda il mondo
e nel rivo vispo e fondo
getta l’ultimo suo sogno;
po, toccato dal Signore,
sui rametti più lontani,
come dentro esili mani,
posa un candido suo fiore
così allegro che la gente
dentro l’anima lo sente. (R. Pezzani)

Marzo

Nei boschi, da sera a mattina,
si schiudono fresche sorprese:
leggero sui prati cammina
Marzo, incantevole mese.
E’ già non più sonnolento
il rio, nè risuona sì dura
la terra: nel tiepido vento
già verzica la verzura.
Ancora non c’è l’usignolo
ricolmo di note e di trilli,
ma lungo le prode e nel brolo
già fremono e ciarlano i grilli.
E, guarda, la siepe s’è desta
coperta di fiori, odorosa:
il pesco s’ammanta di festa
schiudendo i suoi petali rosa.
C’è pioggia, c’è vento, c’è sole:
é marzo, che piange e non vuole,
che mostra il sorriso tra il pianto. (A. De Musset)

Canto di marzo

Destati, destati, primavera:
il cielo pare lino in fiore
e la terra che era nera
ha mutato colore.
Destati, destati! Le viole
sono sbocciate nei praticelli.
Pare nuovo anche il sole;
scorrono, freschi, i ruscelli.
Il pesco è una nuvola rosa
e il mandorlo t’ha preparato
il vestito da sposa
di trina, tutto stellato.
Fra l’erba tenera d’è un grillo
nero, piccolo così.
Può servirti da spillo.
Ascolta il suo cri cri!
Sono tornate le rondini nei nidi.
Hanno passato tanto mare
ed empiono il cielo di gridi.
Perchè non ti vuoi destare? (G. Facco)

Marzo
E’ tutta incoronata di fiori la terra,
di fiori di ogni colore.
Ceci d’oro crescevano
lungo le spiagge del mare. (Saffo)

Marzo
Che torbida notte di marzo!
ma che mattina tranquilla!
che cielo pulito! che sfarzo
di perle! ogni stelo, una stilla
che ride. (G. Pascoli)

Risveglio
La siepe brulla, che ha tanto dormito
mette un lucente vestito
e appunta sul verde a piccoli spilli
fiori bianchi, tra due trilli.
Ora sollecita la zolla nuda
a fare che il seme, paziente, cresce
e prova se gli riesce
di uscire fuori, al sole, tra gli odori
dei tenerissimi fiori. (L. Carpanini)

Vento di marzo

C’è un signore che va a spasso
con la mazza e l’occhialino,
lo accompagna passo passo
marzo allegro e birichino;
e ad un tratto (oh, che monello!)
manda in aria il suo cappello.
Sciorinato lì sull’aia
vede un candido bucato;
lo contempla la massaia
con lo guardo più beato,
ma di marzo il venticello
le fa un tiro da monello.
I ragazzi, sulla piazza
stan giocando in lieti crocchi,
ad un tratto, infuria; impazza;
han la polvere negli occhi:
cos’è stato? E’ sempre quello,
è di marzo il venticello.
Poveretta quella donna!
non sa dove riparare:
poveretta! La sua gonna
è una vela in alto mare
e, di marzo, il venticello
più che mai fa il pazzerello.
Raggi d’oro e nuvolette
cielo azzurro a pecorine,
pruni in fiore, nuove erbette,
bucanevi e pratoline;
sole, pioggia e venticello:
ecco marzo pazzerello. (R. Calleri)

San Benedetto (si festeggiava il 21 marzo)

San Benedetto
Se passa un frate nero che ha nome Benedetto
e cerca i vecchi nidi sotto l’ala del tetto;
ed apre una gabbiuzza e una rondine avvia
nei cieli perchè subito canti una poesia,
fategli grazia, non lasciatelo fuori.
Mentre attraversa il mondo lo semina di fiori.
Dategli una scodella con un poco del poco.
La notte è così lunga! Fategli un posto al fuoco. Renzo Pezzani

San Benedetto
San benedetto, San Benedetto!
Fiori nei prati, rondini al tetto!
Ecco s’avanza il fraticello,
agile e lieve come un uccello.
Dentro il cappuccio, nei maniconi,
tiene celati tutti i suoi doni:
rondini brune, nidi, farfalle,
margheritine candide e gialle.
Ridono i bimbi, saltan giocondi,
li bacia il sole coi raggi biondi;
San Benedetto, San Benedetto!
Fiori nei prati, rondini al tetto! Lina Marorana

San Benedetto
A San Benedetto
su l’alba rosata fu vista
una rondinella vispa
cadere a tese ali sul tetto.
Rondine bruna, rondine gaia,
posata sulla grondaia
accanto al pendulo nido
mise un piccolo grido.
Ed ecco
il povero albero secco
irrigidito
che tanto avea dormito
si svegliò tra tesori
di ciocche di fiori. A. S. Novaro

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Proverbi sui mesi dell’anno

Proverbi sui mesi dell’anno – una raccolta di proverbi e detti popolari sui mesi dell’anno, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Gennaio
Non c’è gallina nè gallinaccia che di gennaio l’uovo non faccia.
Epifania tutte le feste si porta via.
Gennaio asciutto, grano dappertutto.
Gennaio ortolano tutta paglia e niente grano.

Febbraio
Febbraio asciutto, erba da per tutto.
Pioggia di febbraio empie il granaio.
Chi vuol di avena un granaio, la semini in febbraio.
A Carnevale ogni scherzo vale.
A Carnevale, si conosce chi ha la gallina grassa.

Marzo
Marzo asciutto e april bagnato, beato il villan che ha seminato.
La nebbia di marzo non fa male, quella di aprile toglie il vino e il pane.
Di marzo chi non ha scarpe vada scalzo, e chi le ha le porti un po’ più in là.
Per l’Annunziata è finita l’invernata.
Se marzo non marzeggia, aprile non verdeggia.
Se marzo non marzeggia, april mal pensa.

Aprile
Aprile, dolce dormire.
Aprile freddo: molto pane e poco vino.
Aprile temperato non è mai ingrato.
Se tagli un cardo in aprile, ne nascon mille.
Aprile e maggio son la chiave di tutto l’anno.
D’aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie.
D’aprile non ti scoprire, di maggio vai adagio.
Aprile fa il fiore e maggio gli dà il colore.
Aprile dolce dormire, gli uccelli a cantare, gli alberi a fiorire.

Maggio
Maggio asciutto e soleggiato, molto grano a buon mercato.
Se di maggio rasserena ogni spiga sarà piena, ma se invece tira vento nell’estate avrai tormento.

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre
Tuono dell’ottobrata, bella e calma l’invernata.
Uomo di vino non vale un quattrino.
Ottobre piovoso, campo prosperoso.
A santa Riparata ogni oliva olivata.

Novembre
A novembre si lasciano campi e orti per dedicarsi più ai nostri morti.
Di novembre quando tuona è segnal d’annata buona.
Novembre bagnato, in aprile fieno al prato.
Per santa Caterina, o acqua o neve o brina.

Dicembre
Dicembre gelato non va dispezzato.
Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia.
Fino a Natale, il freddo non fa male, da Natale il là, il freddo se ne va.
Dolce invernata, poca derrata.

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Poesie e filastrocche I MESI DELL’ANNO

Poesie e filastrocche I MESI DELL’ANNO – una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Mesi
Gennaio porta il ghiaccio sul mantello
febbraio è corto e porta freddo e neve
marzo ha con sè il tempo poco bello
aprile vien con fiori ed aria leve
maggio ha i fiori e il tempo mite
giugno fa biondeggiar le messi d’oro
luglio porta i bagni e lunghe gite
agosto al contadin porta lavoro
settembre mette il vino nelle botti
ottobre getta il seme nella terra
novembre porta le lunghe notti
dicembre abbraccia l’anno e lo sotterra.

L’anno, i mesi e i giorni
Io so, bimbo, d’un albero
che cresce in tutti i siti,
i sami suoi son dodici,
di foglie rivestiti.
Ad ogni ramo pendule
stan trenta foglioline,
addentellate al margine
da ventiquattro spine.
Trapunte d’or, di porpora,
sa un verso scintillanti,
son nell’opposta pagina
oscure e scoloranti.
Ed ogni notte staccasi
dall’albero una foglia
infin ch’ei nudo all’aria
rimane di sua spoglia.
Ma in quell’istante spuntano
le gemme a cento a cento
e i rami si ricoprono
di nuovo vestimento.
Così per anni e secoli
quella vicenda dura;
e l’albero fatidico
del tempo è la misura. (E. Berni)

I dodici fratelli
Gennaio vien tremando
col cappotto e lo scaldino
vien febbraio schiamazzando
in costume d’Arlecchino
marzo porta vento a iosa,
una rondine e due viole
porta aprile un pesco rosa
che ti desta al nuovo sole
maggio canta e da lontano,
tre usignoli fanno coro
giugno tiene nella mano
una spiga tutta d’oro
luglio porta ceste piene
di susine e pesche bionde
porta agosto due sirene
che si specchiano nell’onde
se settembre si fa bello
con tre pampini di vite
reca ottobre un gran fardello
di castagne abbrustolite
poi novembre viene stanco
per la nebbia che l’assale
vien dicembre tutto bianco
con l’abete di Natale.
Sono dodici fratelli
che si tengono per mano
tutti buoni tutti belli,
anno nuovo ti aspettiamo. (G. Noseda)

I mesi dell’anno
Gennaio porta pasqua epifania,
febbraio sciala in maschera per via,
marzo per mano tien la primavera,
aprile d’ogni verde s’imbandiera.
Maggio i giardini sogna delle fate,
giugno dispensa l’oro dell’estate,
luglio ed agosto nella gran calura
godon beati la villeggiatura.
Settembre s’affaccenda per il vino,
ottobre rompe ricci di castagne,
novembre fa canute le montagne,
dicembre esulta davanti al Bambino. (I. Drago)

I mesi dell’anno
Gennaio mette ai monti la parrucca,
febbraio grandi e piccoli imbacucca;
marzo libera il sol di prigionia.
April di bei color gli orna la via;
maggio vive tra musiche d’uccelli,
giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli;
luglio falcia le messi al solleone,
agosto, avaro, ansando le ripone;
settembre i dolci grappoli arrubina,
ottobre di vendemmia empie la tina;
novembre ammucchia aride foglie in terra,
dicembre ammazza l’anno e lo sotterra. (A. S. Novaro)

I mesi dell’anno
Gennaio porta gelo e nevicate,
febbraio grandi balli e mascherate,
marzo arriva col vento e le viole,
aprile ha l’erba per le capriole.
Maggio ci dà le rose profumate,
giugno le spighe dal bel sol dorate,
luglio ha le trebbie e sempre gran lavoro,
agosto buone frutta rosse e d’oro.
Settembre mette l’uva giù nel tino,
ottobre cambia il mosto in un buon vino,
novembre butta giù tutte le foglie,
dicembre per il fuoco le raccoglie. (O. Turchetti)

I mesi
Aprendo la sua porta
gennaio tira tira.
Febbraio gamba corta,
lo segue e gira gira.
Va marzo pazzerello
col vento nel cestello.
E sparge i fiori aprile,
sì gaio e sì gentile.
Il maggio par che voli
fra rondin e usignoli.
Poi giugno va beato
di spighe inghirlandato.
E luglio porta il sacco
di candida farina.
Agosto ha la sua sporta
di frutta sopraffina.
S’aggirano settembre
e ottobre dentro il tino.
E mesto va novembre
coi fiori e il lumicino.
Dicembre chiude l’anno
in una stanza oscura.
Ma, furbo, capodanno,
vi scopre una fessura.
Gennaio fa passare
per poi ricominciare
il giro giro tondo
che dura quanto il mondo. (F. Manisco)

Girotondo di dodici fratelli
Girotondo, girotondo!
Quanti sono? Una dozzina.
La farandola mulina
senza posa intorno al mondo.
Quello lì che a stento arranca,
tetro, livido, ingrugnato,
striminzito, infagottato
nella sua mantella bianca,
è gennaio, il primogenito
della bella fratellanza;
a ogni passo della danza,
batte i denti e manda un gemito.
Tien per mano il più piccino
della schiera e il più furbetto;
febbrarin carnevaletto,
detto pure il ventottino.
Lo vedete quant’è buffo
nel vestito d’Arlecchino,
lo vedete il birichino
come ride sotto il ciuffo?
Un sentore di viole…
ecco marzo pazzerello,
piedi nudi e giubberello
ricci al vento e viso al sole.
E’ una gioia rivederlo;
e, se a tratti si fa mesto,
pur si rasserena presto,
e fischietta come un merlo.
Si trascina appresso un bimbo
dolce, pallido, gentile.
Pratolino, ovvero aprile,
che di foglie al capo ha un nimbo.
Bello e caro quel biondino.
Ma più bello e più lucente,
ma più caro e più ridente,
questo qui che gli è vicino.
Maggio, eterno amor del mondo,
per guardarti, per goderti,
si vorrebbe trattenerti
arrestando il girotondo.
Lascia almeno che odoriamo
le tue rose inebrianti;
benedici tutti quanti
con quel tuo fiorito ramo!
Sei già andato! Ecco al tuo posto
sopraggiungere i fratelli
tuoi più simili, i gemelli
buoni: giugno, luglio, agosto.
Nudi sono come l’aria,
ma ciascun porta un suo fregio:
l’uno un ramo di ciliegio
che di frutti ondeggia e svaria,
il secondo ghirlandette
di papaveri fiammanti;
spighe, il terzo, barbaglianti,
in manipolo costrette.
Bravi e validi figlioli,
rosolati al solleone;
saltan come in un trescone
di gagliardi campagnoli.
Ma quest’altro, avviluppato
dentro un nuvolo di veli
azzurrini come i cieli,
è un fanciullo delicato.
E’ settembre, occhi di sogno,
cuore di malinconia:
spande intorno una malia,
ch’ha il profumo del cotogno…
Malinconica non pare
quella faccia rubiconda
che vien dopo, ed è gioconda
la canzon ch’odo cantare:
“Sangue chiaro e sangue fosco
dà la vigna, e noi beviamo
l’uno e l’altro, e salvi siamo!”
Matto ottobre, ti conosco.
Ahi, quei due che vengon ora,
musi lunghi, brutta cera
da ammalati, veste nera
ci predicon la malora!
Tien novembre un ramo secco
all’occhiello del gabbano,
e dicembre nella mano
più non porta che uno stecco.
Nei tasconi del loro saio
racan freddo e amare pene…
Ma vedete, ora chi viene?
Di bel nuovo è qui gennaio…
Girotondo, girotondo,
sono dodici ragazzi,
buoni e tristi, savi e pazzi:
e nel mezzo è il vecchio mondo. (D. Valeri)

I mesi dell’anno
Gennaio porta il ceppo e la Befana
febbraio carnevale e tramontana;
marzo le pratoline e le viole;
le rondinelle aprile e il dolce sole;
salutan maggio gli uccellini in coro;
giugno ha tra il fieno lucciolette d’oro;
luglio è biondo di grano al solleone;
agosto porta frutte dolci e buone;
settembre ha l’uva d’oro e di rubino,
ottobre poi la pigia dentro il tino;
novembre porta i fiori al camposanto,
dicembre culla i semi sotto il manto. (E. Bossi)

I mesi dell’anno
Vien gennaio freddoloso
con la barba di ghiaccioli
sotto il ciel cupo e nevoso.
I suoi undici fratelli
son febbraio, marzo, aprile,
maggio, giugno, luglio, agosto,
poi settembre il più gentile
ed ottobre col suo mosto
ed infin novembre brullo
e dicembre ultimo nato
che riporta nel cuore di ognuno
il bambino tanto sognato.
Che simpatica famiglia
reca sotto il suo mantello!
Nessun mese si somiglia
e a suo modo ognuno è bello.

I mesi dell’anno
Gennaio infreddolito
chiamò febbraio intirizzito
marzo, il burlone
svegliò aprile dormiglione.
Maggio aprì i suoi fiori
giugno uscì coi suoi colori,
luglio portò calura,
agosto recò l’arsura,
settembre andò al mare
e non aiutò ottobre a vendemmiare.
Vicino al camino novembre
aspettava l’ultimo, dicembre.

I mesi dell’anno
Va a sciare il buon gennaio
veste in maschera febbraio
marzo ha tante rondinelle
d’april piove a catinelle
con le rose giunge maggio
con le spighe giugno il saggio
ci fa luglio soffocare
si riposa agosto al mare
a settembre piace il mosto
ha già ottobre a scuola un posto
con le nebbie vien novembre
gioia e feste canta dicembre.

I mesi dell’anno
Dice gennaio: chiudete l’uscio
dice febbraio: io sto nel mio guscio
marzo apre gli occhi e inventa i colori
aprile copre ogni prato di fiori
maggio ti porge la rosa più bella
giugno ha nel pugno una spiga e una stella
luglio si beve il ruscello d’un fiato
sonnecchia agosto all’ombra sdraiato
settembre morde le uve violette
più saggio ottobre nel tino le mette
novembre fa di ogni sterpo fascina
verso il presepe dicembre cammina.

I mesi dell’anno
I bimbi lo sanno
che i mesi dell’anno
tra grandi e piccini
son dodici in tutto.
Se ognuno ha il suo fiore
se ognuno ha il suo frutto
nessuno è tra loro
più bello o più brutto.
Son tutti fratelli
ognuno ha un mestiere
chi cura i piselli
chi porta un paniere
chi pota, chi innesta,
chi ara, chi miete,
chi porta una brocca
di acqua a chi ha sete;
chi versa uno scroscio
di pioggia lucente.
Nessuno sta in ozio
guardando la gente.
Più bella famiglia
nessun vedrà mai.
Son dodici mesi,
e tutti operai. (R. Pezzani)

Girotondo dei dodici mesi
Girotondo sul nevaio
con gennaio e con febbraio
e per marzo pazzerello
girotondo con l’ombrello.
Girotondo al campanile
con la Pasqua dell’aprile
e per maggio ciliegino
girotondo col cestino.
Giugno ai campi, luglio al mare
girotondo da sudare.
Fugge ai monti agosto in fretta
girotondo sulla vetta.
Con settembre ottobre vola
girotondo per la scuola
e novembre, ecco, è già qui
girotondo con gli sci.
Poi, vestito di Natale,
fa dicembre il gran finale
e saluta capodanno
girotondo tutto l’anno.

I mesi
Cari amici il tempo vola
vanno i mesi a malincuore
presto giugno mietitore
verrà a chiudere la scuola
a trovare sotto il sole
fra boschetti, prati, aiuole,
ecco luglio un po’ monello
con agosto suo fratello.
Porteranno tanti doni
profumati, freschi, buoni!
Poi settembre canterino
farà festa nel vigneto
ed ottobre ancor più lieto
pigerà l’uva nel tino.
Oh, davvero il tempo vola
bimbi miei, si torna a scuola!
Di novembre poverello
parleranno le castagne
poi dicembre vecchiarello
stenderà sulle montagne
un gran manto di candore
darà gioia ad ogni cuore
e in un canto di bontà
anche l’anno finirà.

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