Le pianure italiane

Le pianure italiane materiale didattico vario per la scuola primaria.

Le pianure italiane
La Penisola Italiana, circondata a Nord dalle Alpi e percorsa in tutta la sua lunghezza dagli Appennini, presenta poche e non vaste pianure. L’unica che meriti tale nome è la pianura padano-veneta. Le altre o sono ristrette e limitate fasce costiere oppure sono conche interne, chiuse tra le catene dell’Appennino.

La Pianura Padana
Con i suoi 46.000 kmq di superficie, la Pianura Padana è la più vasta delle pianure italiane ed occupa da sola circa 1/7 della superficie totale del territorio italiano. E’ situata in quella zona che alla fine dell’era terziaria non era che un vasto golfo del Mare Adriatico. I detriti trasportati dal Po e dagli altri fiumi provenienti dalle Alpi e dall’Appennino Settentrionale respinsero gradatamente l’acqua marina, colmarono il golfo, trasformandolo prima in laguna, poi in palude ed infine in terreno compatto e fertile.
Dall’estremità meridionale dei laghi è breve il passo alla pianura. Già i fiumi che ne escono nel loro andare calmo e largo lo preannunciano. A destra e a sinistra delle loro rive i colli man mano si abbassano e si discostano; le ultime ondulazioni si vanno spianando come gli orli di un manto regale che si adagino al suolo. Comincia la grande pianura padana che insensibilmente degrada dalle Prealpi verso la lunghissima ruga trasversale in cui scorre il Po e poi insensibilmente risale verso le prime pendici dell’Appennino. L’orizzonte si fa sterminato, il cielo si distende a perdita d’occhio, sparso di nuvole bianche, sopra la terra di un verde uguale e intenso, rigata da strade dritte, fitta di città popolose e operose. Eppure anche questa grande e bella e ricca Valle Padana è il risultato di una millenaria e dura e oscura fatica. Nell’età in cui la valle del Po giaceva ancora fuori d’Italia, di là dal civile dominio di Roma, i rudi coloni cominciarono con infaticabile pazienza a costruir difese contro le acque rapinose, a colmare gli stagni, a spianare i campi, a dissodare le macchie, a mondare la terra, a coltivarla, e così di generazione in generazione, di secolo in secolo, finchè questa terra è diventata una delle più produttive regioni agricole d’Europa.
Oggi, soltanto qualche meandro dei maggiori fiumi, là dove essi si svolgono lontani dagli abitati entro più folte cortine di boschi, può ancora evocare la solitudine del paesaggio primordiale. Per tutta la restante ampiezza della sua superficie, la valle del Po è una maglia fittissima e interrotta di canali, di argini, di filari, d’alberi rettilinei, di strade, di rotaie, di fasci di fili elettrici, di città e di villaggi posti ai punti di incrocio dei traffici secondo un piano che, osservato dall’alto, dà l’impressione di un disegno eseguito dall’ingegnere di una gigantesca bonifica.

Le pianure minori italiane
Le altre pianure italiane sono piuttosto piccole e quasi tutte situate in vicinanza del mare. Sono per lo più dovute al lento e progressivo depositarsi dei detriti che i fiumi erodono dai monti e spingono verso il mare.
Le principali sono:
– il Valdarno inferiore, la Versilia e la Maremma Toscana in Toscana;
– la Campagna Romana e l’Agro Pontino nel Lazio;
– la Pianura Campana, formata dai depositi alluvionali del Volturno e dall’abbondante materiale vulcanico eruttato dai vicini crateri di Roccamonfina, dei Campi Flegrei e del Vesuvio, e la Piana di Pesto, in Campania;
– la Terra d’Otranto e il Tavoliere in Puglia;
– la Piana di Catania, formata dai depositi alluvionali del Simeto, in Sicilia;
– il Campidano, tra i golfi di Cagliari e di Oristano, in Sardegna.
Fra le pianure interne ricordiamo:
– la Pianura di Pistoia e di Firenze e la Val di Chiana in Toscana;
– la Conca di Spoleto, la Conca di Foligno e la Conca di Terni in Umbria;
– la Conca dell’Aquila, la Piana di Sulmona e la Conca del Fucino, in Abruzzo.

Come nacque la Pianura Padana
La pianura del Po è filiazione diretta dei due sistemi montani delle Alpi e dell’Appennino, nel senso che è nata effettivamente per l’accumulo di materiali rocciosi derivati dalla loro graduale demolizione ad opera dell’aria e dell’acqua, erosi e trasportati in basso da ghiacciai, da torrenti e da fiumi, e da questi ridotti in ciottoli, in ghiaia, in sabbia, in melma. E’ certo che se la montagna ha fornito i materiali, il maggior lavoro nella gigantesca impresa l’hanno compiuto i fiumi.
All’uscita delle valli, che avevano percorso ripidi e impetuosi, essi venivano perdendo velocità e capacità di trasporto. Avveniva quello che anche oggi possiamo vedere allo sbocco di valli secondarie nella principale e cioè la formazione di cumuli appiattiti costituiti di massi e ciottoloni, primi depositi perchè più voluminosi e più pesanti. Tanti erano i maggiori fiumi alpini e appenninici sboccanti al piano, altrettanti furono questi cumuli. E per il loro sviluppo in estensione, vennero stabilendosi dei contatti fra l’uno e l’altro, così da dare in complesso origine a un piano inclinato, a partire dalle falde alpine e appenniniche.

Pianura Padana
Nel paese di mia madre v’è un campo quadrato, cinto di gelsi.
Di là da quel campo altri campi quadrati, cinti di gelsi.
Rogge scorrenti vi sono, tra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire.
La terra s’allarga a misura del cielo, e non si sa dove vada a finire.
Nel paese di mia madre v’han ponti di nebbia, che il vespro solleva da placidi fiumi;
varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi.
Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan dell’acque il fluire;
quando nei rami s’impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.
Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia
e ronzano mosche lucenti, ghiotte intorno ad un ammasso di concio.
Possanza di morte, possanza di vita, nell’odore del concio; ne gode
la terra dall’humus profondo, sotto la vampa d’agosto che immobile sta.
Nel paese di mia madre quando il tramonto s’insanguina obliquo sui prati,
vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via;
la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all’aie fiorite di lucciole,
vecchia canzone di gente lombarda: “La violetta la vaa la vaaa…”. (A. Negri)

Origine delle pianure
Le varie pianure, pur conservando sotto certi aspetti qualche tratto comune, si differenziano molto l’una dall’altra. Anche tra le pianure fertili e coltivate, comprese nelle zone temperate (come ad esempio tutte le pianure italiane), si manifestano notevoli differenze, a seconda della relativa estensione, della rete idrografica sufficiente o no all’irrigazione, ma, soprattutto, in relazione alla loro origine.
Infatti on tutte le pianure si sono formate nello stesso modo.
Pianure alluvionali sono quelle che si sono venute formando, nel lungo corso di secoli e millenni, per l’erosione dei fiumi che scendendo a valle, portarono con sè ogni sorta di detriti e colmarono in tal modo laghi, golfi, insenature.
Tipico esempio di pianura alluvionale è la Pianura Padana, costituitasi per l’apporto di limo e di detriti del Po, là dove un tempo esisteva soltanto un golfo marino. I depositi alluvionali hanno, come conseguenza, il continuo avanzamento della foce dei fiumi, e l’arretramento di città che da costiere diventano sempre più di terraferma (vedi ad esempio Adria, un tempo celebrato porto sull’Adriatico ed ora distante circa venti chilometri dalla costa).
Le pianure alluvionali in genere sono costituite da ottimo terreno dalla composizione assai minuta, detto “terreno di medio impasto” perchè contenente in giuste proporzioni silice, argilla, calcare e humus, complesso di sostanze organiche putrescenti, cariche di batteri, indispensabile al processo vegetativo: così che il terreno alluvionale permette una ricca e varia vegetazione, anche di quelle colture che trovano l’optimum in altri tipi di terreno (come certo terreno vulcanico per gli ortaggi, il terreno di collina per vini scelti e frutta, certo terreno di costa per agrumi e fiori).
Alcune pianure, dette strutturali, sono dovute a sollevamenti dei fondali marini a piattaforma; altre sono costituite da ceneri e da frammenti di lava eruttati dai vulcani: sono le pianure vulcaniche; vi sono poi le pianure di bacino lacustre, così chiamate perchè si sono formate da riempimento alluvionale entro conche lacustri (e perciò alla testata dei laghi subalpini). E’ facile trovare, in tali piane, delle miniere di lignite, dovute all’accumulo di alberi trascinati nella conca dai fiumi o cresciuti sul fondo della conca stessa prima del riempimento alluvionale.
Abbiamo dunque, secondo l’origine, quattro tipi di pianure, che in Italia sono così distribuite:
– alluvionali: Pianura Padano-Veneta 46.000 kmq di superficie, di fronte ai 15.000 di tutte le altre pianure assommate); il Campidano in Sardegna; le piane dell’Arno in Toscana e del Crati in Calabria; la piana di Catania in Sicilia; l’Agro Pontino,
– strutturali: Tavoliere di Puglia e altre minori,
– vulcaniche: la Campagna di Roma e quella Campana,
– di bacino lacustre: Piane della Val Tiberina, d’Assisi, di Terni, di Spoleto, di Gubbio, del Mugello, del Casentino, ecc…

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La pianura – materiale didattico vario

La pianura – materiale didattico vario: dettati ortografici, racconti, testi brevi, di autori vari, per la scuola primaria.

La pianura

La pianura è un’estensione di terreno piatto o leggermente ondulato che, di solito, non supera i 200 metri di altitudine, misurando dal livello del mare.

Nei tempi antichissimi scorrevano sulla Terra fiumi giganteschi: le loro acque trascinavano con sè, strappandoli dalla montagna, frammenti di roccia e terriccio. Questo materiale, accumulandosi per millenni e millenni, formò le pianure.

Anche oggi, nelle pianure, scorrono i grandi fiumi. Gli uomini devono costruire argini potenti per trattenerne le acque e ponti di cemento e di ferro per scavalcarne le correnti.

Centinaia di anni fa,   gli uomini non si fermavano volentieri nella pianura a costruire case e città. Temevano gli assalti dei nemici e il pericolo delle paludi. Nei tempi moderni, invece, la pianura è il luogo preferito per la costruzione delle grandi città, centri di industrie e di commerci. Nella pianura è possibile tracciare strade, autostrade, ferrovie ed aeroporti senza troppi impedimenti di salite, discese e curve.

Le pianure, bene irrigate dai fiumi e dai canali scavati dall’uomo, sono coltivate intensamente. Negli ampi terreni pianeggianti è possibile l’uso dei trattori e delle altre macchine agricole. Nelle pianure si coltivano i foraggi (erbe di cui si ciba il bestiame), cereali (grano, granoturco, riso), tabacco, barbabietole da zucchero, alberi per legname (pioppi, faggi) e alberi da frutto.

Nasce una pianura

Molti e molti secoli fa, la grande valle del Po era occupata dal mare e le sue onde si frangevano ai piedi delle Prealpi. Ma poi, dalle gole nascoste delle Alpi, discesero i ghiacciai, i quali colmarono i fiumi e i torrenti che portavano tonnellate di detriti.

Questa terra, strappata alle acque, si coprì di immense foreste e qua e là, nelle grandi radure che si aprivano nell’intrico della vegetazione, sorsero miseri villaggi di capanne, circondati da brevi campi coltivati a cerali o a viti.

Furono i Romani che, dopo molti secoli, cominciarono per primi ad abbattere le dense boscaglie per farvi passare le larghe strade che dovevano congiungere i paesi conquistati. Più avanti nel tempo, specialmente per opera dei monaci, altre vastissime zone furono diboscate; si prosciugarono plaghe paludose, si costruirono canali di irrigazione.

La pianura era ormai nata e l’intensa opera dell’uomo la rendeva di anno in anno più fertile; eppure ancora oggi il vomere del contadino affonda nei resti delle antiche vette demolite dal gelo, e qualche volta appare, tra i sassi, il fossile di qualche antica spiaggia dalle onde che flagellavano le scogliere di ghiaccio. (A. Stoppani)

Flora e fauna 

Nei campi della pianura vivono i lombrichi e moltissimi insetti di ogni specie. Ci sono i ricci, voraci insettivori, e i timidi conigli selvatici.

Gli uccelli sono numerosi: il cardellino, la tortora, la quaglia e l’allodola amano le ampie distese della pianura. In alcune zone della Maremma e della Sardegna si trova ancora il cinghiale, che è un maiale selvatico. Ma anche gli animali selvatici, come le piante spontanee, vanno scomparendo dalla pianura.

Anche la pianura ha le sue piante. Nella zona di alta pianura crescono platani, robinie, betulle, pini silvestri, sambuchi, ginestre e brughi. Dai cespugli di brugo, certe zone di alta pianura hanno preso il nome di brughiere.

Nella bassa pianura troviamo pioppi, salici e numerosissimi tipi di erbe.

Ora le brughiere e le zone non coltivate della pianura vanno scomparendo perchè l’uomo, mediante imponenti lavori di bonifica e di irrigazione, cerca di sfruttare ogni zona di terreno.

Le comunicazioni

In pianura le comunicazioni sono facili e dirette: anche per questo la vita tende ad accentrarsi nelle pianure. Qui sorgono grandi città, centri industriali e commerciali dove le merci e i prodotti possono rapidamente giungere e partire per le varie destinazioni.

Il traffico maggiore è svolto per mezzo delle ferrovie e degli automezzi. Veloci automobili e autotreni col loro rimorchio corrono sulle autostrade. Queste sono grandi e moderne strade riservate agli automezzi: pedoni e ciclisti non possono percorrerle. Esse congiungono direttamente le grandi città, sono abbastanza larghe e ben pavimentate e non sono mai tagliate di strade trasversali.

Così i veicoli possono viaggiare a grande velocità senza pericolo. Agli incroci spesso una strada scavalca l’altra come un ponte: si ha così un cavalcavia. Anche i fiumi talvolta vengono usati in pianura come vere e proprie vie d’acqua. Per mezzo di barconi e chiatte, molte merci vengono trasportate lungo i fiumi e i grandi canali.

Il lavoro industriale

Le facili comunicazioni permettono il rapido trasporto delle materie prime che le industrie lavorano e trasformano in utili prodotti. Per questo i più grandi stabilimenti industriali sorgono più numerosi in pianura che altrove. Quante industrie sono necessarie per rifornirci di tutto quello che ci serve per vivere! Gli stabilimenti tessili ci forniscono i vestiti che indossiamo, i calzaturifici ci preparano le scarpe, le cartiere fabbricano i nostri quaderni, i mobilifici arredano di mobilio le nostre case, gli stabilimenti  meccanici ci donano utensili e macchine di ogni tipo, necessari per il nostro lavoro, per i nostri trasporti e per rendere la nostra casa più comoda. Ma ad essi occorrono ferro, acciaio ed altri metalli che sono lavorati negli stabilimenti siderurgici e metallurgici.

Paludi e stagni

Non tutte le zone di pianura sono abitate e coltivate. Vi sono dei luoghi dove l’acqua, non  assorbita dal terreno, si ferma e ristagna, formando le paludi. Molte di esse, separate da sottili lingue di terra, si trovano lungo le coste dei mari: sono le lagune.

Quando l’acqua si raccoglie in piccole conche del terreno, forma gli stagni, acquitrini melmosi, ricchi di erbe acquatiche, di arbusti intricati e di canneti. In questi luoghi, che rappresentano il paradiso dei cacciatori per i molti uccelli acquatici che vi si possono trovare, l’aria è malsana, densa di moscerini e di zanzare.

In alcune regioni d’Italia sono state compiute opere di bonifica, per prosciugare e rendere produttivi molti terreni paludosi.

Nelle marcite, tipi particolari di campi in cui l’acqua circola tra le piantine e le mantiene umide, si possono fare anche otto tagli di erba all’anno.

Il riso

Il riso è una pianta che cresce solo nell’acqua: viene perciò coltivata  nei terreni paludosi o appositamente allagati. In marzo i contadini preparano i piccoli appezzamenti destinati alla semina del riso, zappano la terra a mano, lavorando nel fango, e sminuzzano le zolle con l’erpice tirato da due robusti cavalli. Prima della semina, che di solito si effettua in aprile, immettono l’acqua nei campi.

Dopo due mesi le piantine verdi, cresciute fitte fitte nel campo, sono pronte per il trapianto. Le mondine scavano un piccolo buco nella melma e vi affondano ad una ad una le radici dei cespi di riso. In giugno o in luglio procedono a varie mondature, cioè strappano le erbacce dalla risaia.

In settembre le pianticelle si incurvano sotto il peso dei chicchi maturi: è l’ora della mietitura. Le risaie vengono prosciugate e le pianticelle falciate a mano. Quindi il riso viene trebbiato con la macchina trebbiatrice e portato sull’aia ad essiccare.

Infine passa nelle riserie, dove altre macchine trasformano i chicchi scuri, violacei, rossastri, in granelli bianchi e brillanti. La sua lunga storia è finita: il riso è pronto per apparire nelle nostre cucine.

In campagna

Dalla casa colonica lo sguardo spazia, al di sopra della pianura, per un vasto orizzonte; sono lontani i monti che appaiono di un azzurro più scuro nell’azzurro vivo del cielo.

Attorno alla casa, prati e campi di frumento, di granoturco, di avena. Da campo a campo, lunghe file di pioppi fanno alta siepe di verde; le foglie tremano al vento leggero.

Nelle belle, calde sere di giugno, dai prati rigogliosi, dai campi dove già le messi cominciano a biondeggiare, si levano a mille le lucciole. Sembrano stelline vaganti che si agitano per rispondere, con la loro minuscola lucetta, allo scintillio delle grandi stelle nei cielo.

Nel silenzio si leva il canto dei grilli.

Le grandi fattorie

In pianura sorgono numerose fattorie. Visitiamone una. Appena entrati ci troviamo in un ampio cortile cinto da un alto porticato. Nel mezzo si trova l’aia, sulla quale si stendono le biade ad essiccare. Intorno si affacciano le stanze di abitazione, le stalle e i ripostigli. Sotto il portico è ammucchiato il fieno, vicino a cataste di legna da ardere e a balle di paglia. Qua e là si scorgono diverse macchine agricole. Tutt’intorno è un brulicare di galline, di anatre, di oche, e non mancano mai cani fedeli che fanno la guardia e agili gatti a dar la caccia ai topi.

Perchè il fiume è chiuso fra due argini?

In pianura i fiumi non hanno forte corrente, dato che la pendenza del terreno è minima. I barconi e le chiatte cariche di merci possono così risalire facilmente i grandi fiumi placidi della pianura. Ci sono anche i canali scavati dagli uomini per irrigare i campi o per impedire che in certe zone l’acqua del fiume ristagni a formare le paludi. I canali, togliendo molta acqua ai fiumi, impediscono anche che essi inondino la campagna durante le piene. Servono perciò a regolare il corso dei fiumi. In certe zone però ciò non basta. Il fiume, che in pianura scorre lento, deposita sul fondo tutti  i detriti che le sue acque portano via dalla montagna. Il solco del suo letto si riempie e il fiume viene poco per volta ad essere più alto del terreno che sta intorno e minaccia di straripare. Per impedirlo, l’uomo ha dovuto costruire dei robusti argini di terra lungo le sponde. Per costruire questi argini, gli uomini adoperano la terra che tolgono dallo stesso letto del fiume con le draghe. Le draghe che scavano il fondo del fiume servono a rendere navigabili tutte le sue parti anche ad imbarcazioni piuttosto grosse. Inoltre contribuiscono ad impedire che il fondo del fiume si alzi troppo.

(in costruzione)

La pianura –  dettati ortografici e letture – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

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