La marcia dei tre re

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Introduzione

Questa storia è legata a due materiali Montessori molto specifici: il Cubo del Trinomio e il Cubo del Trinomio Gerarchico.
Si tratta di materiali piuttosto complessi, ma la cui natura pratica li rende facili da usare, anche per i bambini in età prescolare.
Il primo cubo, il Cubo del Trinomio, è utilizzato dai bambini a partire dalla Casa dei Bambini, e viene generalmente utilizzato come puzzle tridimensionale.
Il secondo cubo, il Cubo del Trinomio Gerarchico, è uguale al primo, ma presenta colori diversi.
Entrambi i cubi presentano ventisette pezzi ed esprimono lo sviluppo del trinomio:

(a+b+c)³ = a³+3a2b+3a²c + 3ab² + 6abc + 3ac² + b³ + 3b²c + 3bc2 + c3

Ovviamente, si tratta di idee complesse, quindi una storia piacevole è l’ideale come introduzione.
Questa storia immagina che i tre piccoli pezzi a forma di cubo siano dei re. Ognuno di loro conduce il proprio seguito a fare una passeggiata. Durante la passeggiata, si trasformano tutti, i loro colori cambiano e, in alcuni casi, cambiano anche le loro alleanze.
Questo porta i bambini a passare dal cubo del trinomio al cubo del trinomio gerarchico, per poi tornare indietro.
La procedura inizia con il Cubo del Trinomio.

I suoi tre cubi, che rappresentano i tre re, guideranno il loro seguito dei restanti ventiquattro prismi verso un ponte immaginario che conduce alla Terra dei Numeri.
Si fermeranno lì, a riflettere, poi, un re alla volta, guideranno i loro seguaci attraverso il ponte.
Mentre i re conducono i loro seguaci attraverso il ponte, l’insegnante scambia i blocchi del primo set con quelli corrispondenti del set gerarchico.

(Questo è il contenuto del cubo del trinomio gerarchico. L’immagine mostra tutti i pezzi del Cubo del Trinomio Gerarchico smontato).

Cubo del Trinomio

Ecco come sono distribuiti i ventisette pezzi del Cubo del Trinomio:

. 1 cubo rosso 4 x 4 x 4 cm, chiamato il “Primo Re Rosso”;
. 6 prismi con le facce quadrate dipinte di rosso. Sono chiamati i “Servitori del Re Rosso” e sono divisi in due gruppi: 3 di loro misurano 4 x 4 x 3 cm; gli altri 3 misurano 4 x 4 x 2 cm;

. 1 cubo blu 3 x 3 x 3 cm chiamato il “Primo Re Blu”;
. 6 prismi con le facce quadrate dipinte di blu. Sono chiamati i “Servitori del Re Blu” e sono divisi in due gruppi: 3 di loro misurano 3 x 3 x 4 cm; gli altri 3 misurano 3 x 3 x 2 cm

. 1 cubo giallo 2 x 2 x 2 cm chiamato il “Re Giallo”;
. 6 prismi con le facce quadrate dipinte di giallo. Sono chiamati i “Servitori del Re Giallo” e sono divisi in due gruppi: 3 di loro misurano 2 x 2 x 4 cm; gli altri 3 misurano 2 x 2 x 3 cm;

. 6 prismi neri 4 x 3 x 2 cm. Sono chiamati le “Guardie del Corpo”.

Cubo del Trinomio Gerarchico

Ecco come sono distribuiti i ventisette pezzi del Cubo del Trinomio Gerarchico:

. 1 cubo blu 4 x 4 x 4 cm, chiamato il “Nuovo Re Blu”
. 3 prismi verdi 4 x 4 x 3 cm che diventano i “Primi Servitori del Nuovo Re Blu”
. 6 prismi marroni che diventano anch’essi “Servitori del Nuovo Re Blu” e sono divisi in due gruppi: 3 misurano 4 x 4 x 2 cm; 3 misurano 3 x 3 x 4 cm

. 1 cubo rosso 3 x 3 x 3 cm, chiamato il “Nuovo Re Rosso”
. 6 prismi rossi 4 x 3 x 2 cm, che diventano le “Guardie del Corpo del Nuovo Re Rosso”

. 6 prismi arancioni che diventano i “Servitori del Re Bianco” e sono divisi in due gruppi: 3 misurano 3 x 3 x 2 cm; 3 misurano 2 x 2 x 4 cm
. 3 prismi gialli 2 x 2 x 3 cm. Sono anche loro “Servitori del Re Bianco”
. 1 cubo bianco 2 x 2 x 2 chiamato il Re Bianco.

Il racconto: versione 1

Molto tempo fa, in un luogo al di là del mare, c’era un regno immenso. Nel regno c’era una foresta, al centro di quella foresta c’era una città, e al centro di quella città c’era uno splendido palazzo. E nello splendido palazzo vivevano tre Re.

Il palazzo in cui vivevano aveva una forma davvero insolita: era un cubo perfetto.

(Mostriamo ai bambini il cubo assemblato nella sua scatola).

Si racconta che ognuno dei tre Re fosse a sua volta un cubo, e che questi tre Re a forma di cubo fossero alleati e amici.
Lavoravano insieme e si aiutavano a vicenda, tuttavia, erano separati e ognuno aveva la propria personalità.

Il primo di questi Re era un grande e bel cubo rosso.
Il secondo Re era un bellissimo cubo blu medio.
Il terzo Re era un grazioso cubo giallo, piccolo e di bell’aspetto.

Questi tre Re governavano insieme il loro territorio cubico. Erano a capo di un vasto dominio. L’importanza di ciascuno dei tre Re era diversa, ed era determinata dalla sua dimensione.

(Indichiamo ogni Re nominandone la dimensione, il colore e le caratteristiche).

Il Re più grande, il Re rosso, era il più importante. E il Re rosso era anche il più avventuroso. (Indichiamo il Re rosso).
Dopo il Re rosso, veniva il Re blu, il secondo in ordine di importanza. Il Re blu amava la sicurezza e la protezione; amava essere circondato dagli altri, quindi era felice di essere proprio al centro, con tutti gli altri intorno a lui. (Indichiamo il Re blu).
Infine, c’era il Re giallo. Al Re giallo non gli piaceva mettersi troppo in mostra: gli piaceva arrivare per ultimo, perché era un po’ timido. (Indichiamo il Re giallo).

Capitava che, di tanto in tanto, i tre Re lasciassero il loro palazzo: magari andavano a un ballo, magari andavano in guerra, magari andavano a esplorare nuovi territori, o forse semplicemente andavano a fare una passeggiata.

Una delle regole dei tre Re era che dovevano sempre marciare con il loro seguito in un certo modo, secondo un certo schema, seguendo sempre lo stesso ordine: prima doveva venire il Re Rosso col suo seguito, poi il Re Blu col suo seguito e infine il Re Giallo col suo seguito.

II Re Rosso doveva sempre camminare davanti a tutti, subito dietro di lui aveva sei servitori che indossavano giacche abbinate ai colori del lore Re, e due guardie del corpo, che stavano sempre dietro ai servitori.

Dopo il Re Rosso, veniva sempre il Re Bu. Il Re Blu era il secondo in ordine di importanza. Il Re Blu amava la sicurezza e la protezione, e per questo preferiva camminare circondato dal suo seguito: non voleva che i suoi servitori lo seguissero, ma preferiva che gli camminassero tre daventi e tre dietro, mentre le due Guardie del Corpo dovevano sempre stargli a destra e a sinistra. Amava essere circondandolo da ogni lato ed era felice di trovarsi proprio al centro

Infine, veniva il Re Giallo. Il re giallo era timido e non gli piaceva mettersi in mostra: per questo si sentiva a suo agio camminando in coda al suo seguito; davanti a lui stavano le sue Guardie del Corpo, e davanti alle Guardie stavano i sei servitori.

Un giorno, il Re Rosso disse agli altri due Re: “Oggi esploreremo nuove terre. Andremo in altri luoghi alla ricerca di nuovi territori”.

Poiché era il capo, gli altri Re fecero come voleva.

Si schierarono: prima il Re Rosso col suo seguito:

poi il Re Blu col suo seguito:

e infine il Re Giallo col suo seguito:

Il Re Rosso si voltò indietro per assicurarsi che tutto fosse secondo la regola e chiese: “Siete tutti pronti?”. Il Re Blu disse che il suo gruppo era pronto, e anche il Re Giallo fece lo stesso, così iniziarono a marciare.

Marciarono su per le colline e giù per le valli, e finalmente arrivarono ai confini di un nuovo territorio, un luogo che non avevano mai visto prima.

Il confine era segnato da un fiume e per entrare nel nuovo territorio era necessario attraversare un ponte.

Il corteo si fermò ad osservare.

Sembrava che al di là del ponte il territorio fosse ricco di segni e simboli, forse numeri: una cosa molto insolita per i tre re, che di numeri non sapevano nulla.

Tutti guardarono di nuovo il ponte e si chiesero se attraversarlo o lasciar perdere.

Il Re Rosso avrebbe dovuto procedere per primo e, come sappiamo, era un tipo molto audace, forte ed eroico, e non ebbe un attimo di esitazione: voleva assolutamente entrare nella nuova terra. Gli altri due re, anche se erano più riluttanti, dovettero obbedire alla sua volontà.

Così il corteo si mosse, con il Re Rosso in testa.

Non appena il Re Rosso ebbe attraversato il ponte, accadde qualcosa di incredibile: nell’istante stesso in cui entrò nel nuovo territorio, il Re Rosso cambiò colore e diventò blu!
(Mentre parliamo, sostituiamo il Re Rosso del cubo del trinomio con il cubo blu congruente del cubo gerarchico).

Questo è il Nuovo Re Blu.

Erano tutti senza parole. Nessuno sapeva cosa pensare. Perché il Re Rosso ora era blu? Cosa era successo? Cosa poteva averlo reso blu? Stava bene?

Nessuno lo sapeva, ma tutti potevano vedere che era diventato blu.

I suoi tre servitori più grandi si avvicinarono al Nuovo Re Blu per cercare di aiutarlo, per fare qualcosa per salvarlo, se ne avesse avuto bisogno.

Ma non appena attraversarono il ponte, diventarono verdi.
Oh, mio Dio! Erano verdi! Non avevano nemmeno più giacche intonate al loro re, ora che erano diventate verdi!
(Mentre parliamo, sostituiamo i tre prismi del cubo del trinomio con i prismi verdi congruenti del cubo gerarchico).

I tre servitori più piccoli iniziarono ad attraversare il ponte, ed erano molto nervosi e preoccupati. Pensavano: “E adesso?Cosa ci succederà adesso?”.

Beh, non ci potrete credere, ma attraversando il ponte uno alla volta, diventarono marroni!
(Mentre parliamo, sostituiamo i tre prismi del cubo del trinomio con i prismi marroni congruenti del cubo gerarchico).

Il loro nuovo colore non si accordava più a quello del loro re, e nemmeno a quello dei tre servitori più grandi!

Arrivati a quel punto, le due Guardie del Corpo erano così spaventate che decisero di indietreggiare e non attraversare il ponte. Sì, dovremmo aspettarci più spirito di azione e coraggio da loro, invece non fu così. Le due Guardie del Corpo non attraversarono il ponte e rimasero semplicemente indietro a vedere cosa sarebbe successo.

Così arrivò il turno del Re Blu, che mandò avanti i suoi primi tre servitori.

Dritti per tutta la loro altezza, i tre servitori attraversarono il ponte, e non appena toccarono terra diventarono marroni.

Non appena diventarono marroni, si guardarono e si resero conto che la loro fedeltà non era più rivolta al vecchio Re Blu: si erano uniti al Nuovo Re Blu, il grande Nuovo Re Blu, il re che prima era rosso.

Il Nuovo Re Blu ora aveva nove servitori.

A questo punto, il primo re blu non aveva più nessuno davanti a sé, e dato che la strada era libera, pensò di attraversare il ponte.

Non appena lo fece, cambiò colore e divenne un re rosso. Si trasformò completamente in rosso. Era diventato il Nuovo Re Rosso.

(Mentre parliamo, sostituiamo il cubo blu del cubo del trinomio con cubo rosso congruente del cubo gerarchico).

Alla fine, le due Guardie del Corpo che erano rimaste indietro decisero che era il momento di andare a vedere cosa stava succedendo. Le altre quattro Guardie del Corpo si unirono a loro.

Attraversarono il ponte e, improvvisamente, divennero tutti e sei rossi.

Ora c’erano sei Guardie del Corpo rosse. E sapendo che il vecchio Re Blu, che ora era il Nuovo Re Rosso, amava la sicurezza e la protezione, si disposero intorno a lui in modo da circondarlo completamente.

Ciò rese molto felice il Nuovo Re Rosso, perché, a differenza del Nuovo Re Blu che non aveva servitori del suo stesso colore, lui aveva servitori rossi proprio identici a lui.

Naturalmente, il Re Giallo continuava a restare al suo posto, in attesa, perché gli piaceva arrivare sempre per ultimo: era un re timido e un po’ ansioso. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto anche lui attraversare il ponte, ma fece di tutto per rimandare quel momento.

Si guardò intorno e si rese conto che il vecchio Re Blu aveva lasciato indietro tre dei suoi servitori. I poverini non sapevano proprio cosa fare.

Così il Re Giallo disse: “Dovete attraversare il ponte, lo ordino io! Voglio portare la mia gente nel nuovo territorio e non posso farlo finché voi non avrete attraversato il ponte”.

I tre servitori blu obbedirono e al termine del ponte si trasformarono tutti e tre in arancioni.

Non si sa perché fossero diventati proprio arancioni, ma loro non se ne preoccuparono più di tanto, perché in fondo quel colore aveva un po’ di rosso e anche un po’ di giallo: erano una via di mezzo, e questo li faceva sentire a proprio agio.

A questo punto il Re Giallo si rivolse al suo seguito e disse: “Miei fedeli servitori, è il vostro momento. Potete procedere”.

I suoi primi tre servitori, quelli alti, andarono avanti e, con loro grande sorpresa, anche loro diventarono arancioni.

Venne quindi il turno degli ultimi tre servitori, quelli più piccoli. Erano molto spaventati. Era sicuro attraversare attraversare il ponte? E di che colore sarebbero diventati? Erano abituati a essere gialli, e non sapevano cosa sarebbe successo se fossero anche loro cambiati.

Con grande timore, iniziarono ad attraversare il ponte, e non appena la marcia fu conclusa, il loro colore divenne giallo uniforme. Erano ancora gialli, che gioia! Ma ora, invece di avere solo alcune facce gialle, erano gialli dappertutto! Che meraviglia!

Tutto questo rese molto felice il piccolo Re Giallo: capì che poteva continuare a essere giallo e che, una volta attraversato il ponte, si sarebbe riunito al suo seguito giallo e non ci sarebbero stati problemi.

Così, finalmente, si decise ad attraversare il ponte.

Ma indovinate un po’? Quando finalmente lo attraversò, perse il suo colore giallo e diventò tutto bianco!

Ora tutto il corteo al completo aveva varcato il ponte.

I tre re si guardarono intorno e videro che ora c’erano un Re Blu, un Re Rosso e un Re Bianco.

I tre re, esausti dopo la lunga marcia verso il nuovo territorio, decisero di tornare a casa. Si apprestarono a riattraversare il ponte, e fu così che scoprirono che i colori che avevano assunto nel nuovo territorio non andavano via: erano cambiati per sempre.

Si avviarono verso il loro palazzo cubico, e tornare ognuno alle proprie stanze. Ma che sorpresa! Persino il palazzo aveva cambiato colore!

Il primo a entrare, secondo la regola, fu il Nuovo Re Blu.

I suoi tre servitori verdi lo seguirono di corsa per proteggerlo, coprendolo completamente. Ora, nessuno poteva vederlo.

Subito si unirono a loro i servitori marroni attendenti marroni, per assicurarsi a loro volta che il posto fosse sicuro. Si disposero in modo tale da coprire tutti i servitori verdi.

Quando tutti i servitori marroni ebbero finalmente trovato il loro posto, il Nuovo Re Rosso notò che era stato preparato per lui un trono alto, un posto speciale dove avrebbe potuto sedersi. Evviva! Così, andò immediatamente a sedersi su quel trono, che era solo per lui.

Le sue Guardie del Corpo, tutte e sei rosse, accorsero immediatamente a proteggerlo e lo circondarono da ogni lato. Il Nuovo Re Rosso si sentiva importante e imponente perché era proprio nel mezzo, proprio al centro, proprio come piaceva a lui.

Il Re Bianco e tutto il suo seguito osservarono il palazzo. Il Re Bianco sperava davvero che ci fosse un trono tutto suo, ma dovette constatare che non ce n’era. A quanto pareva, essendo l’ultimo, non era abbastanza potente per averne uno… così, con profonda tristezza, ordinò ai suoi sei servitori arancioni di entrare a palazzo e prendere posto dove volevano.

I servitori arancioni entrarono nel palazzo e trovarono subito un posto dove sentirsi a casa, disponendosi attorno al Nuovo Re Rosso.

Poi, il Re Bianco diede ordine anche ai suoi servitori gialli, gli ultimi tre, di entrare a palazzo e trovarsi un posto dove stare. I servitori gialli erano i preferiti del Re Bianco perchè erano di un giallo brillante proprio come il suo prima della trasformazione.

Dunque entarono e si disposero in modo da poter accogliere al meglio il loro re. In effetti, i tre servitori gialli avevano creato un trono alto e bellissimo, perfetto per il Re Bianco.

Il re bianco ne fu così entusiasta che si unì immediatamente alla compagnia altri e completò la dimora cubica.

E per quanto ne sappiamo, i tre re con il loro seguito vivono ancora lì.

(Chiudiamo la scatola).

Ma qualcosa era cambiato per sempre, e non parlo solo dei colori: ora il re bianco era diventato audace e forte, al punto che adesso era sempre lui il primo ad uscire dal palazzo, e non più l’ultimo.

Fu così che il Cubo del Trinomio cambiò colore e si trasformò in Cubo Gerarchico, e i tre re con il loro seguito passarono dalla terra delle lettere a quella dei numeri.

Ma volete sapere una cosa interessante? Tutta questa storia si svolse in un solo pomeriggio!

Il racconto: versione 2

Molto tempo fa c’erano Tre Re. Ognuno di questi Re viveva separatamente nel proprio Regno, ma questi Regni erano così strettamente collegati che, insieme, formavano un unico grande Impero.

Ogni Re aveva un certo aspetto, una certa dimensione e un suo colore distintivo.

Il Re del Regno Rosso era completamente vestito di rosso,

il Re del Regno Blu era completamente vestito di blu

e il Re del Regno Giallo era completamente vestito di giallo.

Ogni re aveva i propri attendenti, che erano strettamente imparentati con gli attendenti degli altri re.

Nelle occasioni speciali, i re si riunivano e sfilavano in parata con il loro seguito.

Il Re del Regno Rosso era il più grande. Avanzava maestosamente in testa alla parata. I suoi sei attendenti lo seguivano; erano vestiti dello stesso colore del loro Re, sia davanti che dietro, e indossavano mantelli neri.

Poi arrivava il Re del Regno Blu, seguito dai suoi sei attendenti. Erano vestiti di blu davanti e dietro, e i loro mantelli erano neri.

Infine, arrivava il Re del Regno Giallo. Era seguito anche dai suoi sei attendenti. Davanti e dietro erano vestiti di giallo e indossavano mantelli neri.

C’erano anche sei guardie del corpo. Erano vestite di nero e ogni Re ne aveva due, che camminavano al loro fianco

Era davvero una sfilata bellissima, e ogni volta che uscivano, marciavano sempre allo stesso modo. L’ordine e l’armonia che mostravano era davvero uno spettacolo meraviglioso.

Un giorno, tuttavia, il Re del Regno Blu si stancò di questo particolare ordine. Non era più soddisfatto di stare sempre in mezzo alla parata. A suo avviso, meritava un posto migliore: voleva essere in prima fila.

Il Re Blu e il Re Giallo erano molto diversi tra loro. Pur adempiendo a tutti i suoi obblighi, il Re Giallo era molto modesto e riservato.

In questo giorno, il Re Blu diede inizio a una rivolta.

Ordinò a tre dei suoi attendenti di arrestare gli attendenti del Re Rosso.

Questa ribellione durò solo per un breve periodo, perché le guardie del corpo intervennero immediatamente per ripristinare l’ordine e circondarono il Re Blu.

Tre attendenti del Re Giallo si ritirarono e catturarono i tre attendenti rimasti del Re Blu. Anche gli altri tre attendenti del Re Giallo avanzarono per supportare gli altri. Il Re Giallo finì in fondo alla parata, e in questo modo la ribellione ebbe fine.

Il Re Rosso, che era in testa alla parata, quasi non si accorse di ciò che era successo, perché tutto avvenne molto velocemente.
Anche il Re Blu continuò il suo cammino, ora sorvegliato da sei guardie del corpo.
Il Re Giallo era molto contento di camminare in fondo al corteo. Non gli era mai piaciuto lo spettacolo.

Tuttavia, qualcosa era cambiato: i tre Regni erano diventati un Regno Unico.
I Re, i servitori e le guardie del corpo avrebbero presto indossato i colori dei loro Regni, secondo il valore posizionale del sistema decimale.

Il Re Rosso era diventato il cubo del milione nel Regno del Sistema Decimale, il Re Blu il cubo del mille e il Re Giallo il cubo dell’uno.
Gli attendenti derivano il loro valore dai loro Re e dai Re con cui erano imparentati.
Infine, le guardie del corpo derivano il loro valore da tutti e tre i Re.

Qual era il loro valore? E quali erano i loro nuovi colori? Scopriamolo!

Perché è successo tutto questo?
Qual è stata la causa del cambiamento nella sequenza?

Senza che i Re lo sapessero, avevano rinunciato ai loro regni e ora formavano il Regno Unico del Sistema Decimale.

Il racconto: versione 3

C’erano una volta, in una terra molto lontana, tre re davvero speciali.

Ogni re governava il proprio regno, ma tutti e tre i regni erano strettamente alleati tra loro e formavano un unico grande impero.

Sebbene ogni re avesse un ruolo importante e contribuisse in modo significativo alla pacifica esistenza dell’impero, le loro dimensioni variavano a seconda della loro importanza.

Ogni re aveva un proprio colore distintivo e indossava sempre le sue vesti regali, e anche tutti i suoi servitori e consiglieri indossavano abiti che richiamavano il colore del loro Re.

Ogni volta che c’era una grande occasione, i tre Re marciavano formando un grande corteo, accompagnati ciascuno dai propri attendenti, consiglieri e guardie reali.

Il Re Rosso, essendo il più grande, guidava fiero il corteo, insieme al suo seguito. Ogni consigliere indossava i colori del Re Rosso sul davanti e sul retro, per mostrare a chi apparteneva e che era un consigliere leale al proprio re.
Tre dei consiglieri del Re Rosso fungevano anche da ambasciatori del Re Giallo.
Tre dei consiglieri del Re Rosso fungevano anche da ambasciatori del Re Blu.

Il Re Blu col suo seguito, essendo il secondo re in ordine di grandezza, seguiva il Re Rosso. Ogni consigliere indossava i colori del Re Blu sul davanti e sul retro, per dimostrare a chi apparteneva e che era un consigliere leale al proprio re.
Tre dei consiglieri del Re Blu fungevano anche da ambasciatori del Re Giallo.
Tre dei consiglieri del Re Blu fungevano anche da ambasciatori del Re Rosso.

Il Re Giallo, essendo il re più piccolo, chiudeva la processione, seguito da sei fedeli consiglieri. Ogni consigliere indossava i colori del Re Giallo sul davanti e sul retro, per mostrare a chi apparteneva e che era un consigliere leale al proprio re.
Tre dei consiglieri del Re Giallo fungevano anche da ambasciatori del Re Blu.
Tre dei consiglieri del Re Giallo fungevano anche da ambasciatori presso il Re Rosso.

Oltre a tutti i consiglieri del re, c’erano anche sei guardie reali, tutte vestite di nero. Queste guardie erano fedeli non a un singolo re, ma a tutti e tre, e avevano ricevuto l’incarico per decreto reale di proteggere la pace e la sicurezza di tutti. Le sei guardie reali erano assegnate equamente ai tre re e si univano alla processione in modo di stare in due al fianco di ciascun re.

Ora, sebbene queste sei guardie reali avessero il compito di garantire protezione e mantenere l’armonia, per rispetto verso i re si assicuravano anche di non essere mai più alte del re che stavano proteggendo.

In tutto il paese regnavano l’armonia e l’ordine.

Un giorno, durante una delle tante parate che si svolgevano in una città, accadde qualcosa.

La processione procedeva da diversi minuti quando, all’improvviso, il Re Blu decise che ne aveva abbastanza. Iniziò a brontolare tra sé e sé, e più brontolava più si arrabbiava, finchè cominciò ad urlare: “Devo sempre marciare in mezzo al corteo! Non mi è mai permesso di marciare in prima fila! Perché c’è sempre il Re Rosso in prima fila, ogni giorno? Di sicuro non ci sarebbe niente di male a cambiare un po’ le cose!”

Il Re Blu era fermamente convinto di meritare di meglio che essere costantemente messo al centro, così diede il via a una ribellione.

Con una mossa sconsiderata, mandò rapidamente tre dei suoi consiglieri in avanti, nel tentativo di catturare tre consiglieri del Re Rosso.

Che confusione! All’inizio, nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo. Per un popolo così armonioso e pacifico, era una cosa inaudita e del tutto inaspettata.

Non appena ciò accadde, tutte le guardie del corpo reali circondarono il Re Blu.

Re Giallo osservava tutto ciò ed era veramente sotto shock. Era il più piccolo e molto modesto, e detestava fare scenate. Per riportare la pace nella processione, Re Giallo ordinò a tre dei suoi consiglieri di avanzare e bloccare i consiglieri del Re Blu.

Avendo ancora bisogno di ulteriore supporto, il Re Giallo mandò avanti i suoi tre consiglieri rimasti per creare una zona cuscinetto per sé, data la sua piccola statura. Questo fece sì che Re Giallo si trovò in fondo alla processione. A lui la cosa non dispiaceva affatto. Si posizionò con orgoglio in fondo alla fila, senza fare storie, chiudendo la fila in silenzio e con modestia.

Perché è successo tutto questo?

Perché il corteo ora si trovava in nuovo regno: il regno del sistema decimale!

I loro valori erano cambiati per sempre!

Il corteo si diresse nella direzione opposta e indovinate chi era in testa… Il Re delle Unità, il più piccolo di tutti! Ora lui marciava fiero in testa, guidando ordinatamente gli altri re attraverso lungo il cammino.

Leggende della Liguria

Leggende della Liguria per la scuola primaria. 

Leggende della Liguria
Capitan Bresca

Da quanti secoli quell’obelisco giaceva, mezzo interrato, vicino alla Basilica di San Pietro?
Era venuto dall’Egitto, perchè in quel paese, antichissimamente, gli obelischi servivano a segnare le ore con la loro lunga ombra.
Infatti gli obelischi erano altissimi e strettissimi massi di granito, terminanti a punta. Sulle facce rivelavano incise quelle strane figurine che costituivano la scrittura degli antichi Egizi.
Riusciva dunque difficile far reggere in piedi un obelisco. E infatti l’obelisco, che si trovava vicino a San Pietro, giaceva da secoli  e secoli sdraiato per terra e nessuno si era sentito la capacità e il coraggio di rimetterlo dritto.
Il granito pesa moltissimo, tanto è vero che, a poco a poco, l’obelisco era affondato nella terra, dalla quale affiorava soltanto una faccia, tutta piena di scrittura figurata.
Ma nel 1584 papa Sisto V chiamò il suo architetto, che si chiamava Domenico Fontana, e gli disse: “Avete veduto quel bellissimo obelisco, che giace vicino alla sagrestia di San Pietro? E’ nostro desiderio raddrizzarlo proprio nel mezzo della piazza”.
“Sarà fatto, Santità” rispose l’architetto.
Misurò l’obelisco. Ne calcolò il volume e quindi il peso. Studiò macchine speciali, con ruote a ingranaggio e grosse funi di canapa, e quando gli parve d’essere sicuro del fatto suo, si presentò al papa e gli disse: “Santità, io sarei pronto per la manovra, ma ho paura”.
“Che cosa vi spaventa?” chiese Sisto V.
“Mi spaventa la folla,” disse l’architetto. “La notizia si è sparsa per tutta Roma, e il giorno della manovra sulla Piazza San Pietro accorrerà una gran folla”.
“Certamente” disse il papa “Anche noi ci saremo, con tutti i Cardinali. Che noia vi daremo?”.
“Mi darà noia il clamore, che coprirà la mia voce. I miei ordini non verranno uditi. Poi ci sarà chi griderà una cosa e chi un’altra. Invece io ho bisogno del più assoluto silenzio. Gli ordini devono venire soltanto da me, durante la difficilissima manovra”.
Sisto V era un papa molto energico e severo. Tutti lo temevano, perchè sapevano come fosse rigoroso contro coloro che disobbedivano.
Fece un editto, nel quale si ordinava il più assoluto silenzio. Chi avesse alzato la voce, durante la manovra di innalzamento, sarebbe stato punito con la morte.
Il papa Sisto non scherzava. Perciò i cittadini , nel giorno fissato, affluirono in Piazza San Pietro a bocca chiusa. S’intendevano a gesti e sembravano tanti sordomuti. Il papa aveva fatto mescolare alla folla molte guardie svizzere, con l’ordine di arrestare chi gridasse anche una sola parola.
Nel silenzio, l’architetto Fontana cominciò a dare gli ordini per la manovra. Le funi si tesero, le ruote cigolarono e l’obelisco, lentissimamente, cominciò ad alzarsi da un lato.
Tutti trattenevano il fiato, anche il papa e i Cardinali, attenti alla pericolosa operazione.
Sempre nel più assoluto silenzio, si udiva la voce dell’architetto, che seguitava a dare ordini. E l’obelisco continuava ad inclinarsi sempre di più, a drizzarsi sempre meglio.
Eccolo quasi verticale. Un ultimo strattone delle funi e l’obelisco sarebbe andato a posto, perfettamente dritto.
Ma le funi tese sono giunte alla  fine del loro tratto e non si muovono più. Le ruote degli argani sembrano inchiodate. Tutta la grande macchina è ferma. L’architetto Fontana ha sbagliato i calcoli e l’obelisco rimane leggermente inclinato. Com’è possibile lasciarlo così?
Il papa guarda severamente l’architetto. L’architetto, costernato, guarda il papa. Tutto il lavoro fatto è dunque inutile?
Allora si ode una voce alzarsi dalla piazza. E’ la voce distinta, chiara, d’un uomo solo, che sembra abituato al comando e che grida: “Acqua alle funi!”.
Il papa volge lo sguardo irato verso il punto della piazza dal quale si è levata quella voce gagliarda e imperiosa. Le guardie accorrono per arrestare il ribelle agli ordini papali.
Ma l’architetto si batte la fronte e ordina di stare tutti fermi.
Fa portare secchi d’acqua, con i quali bagna davvero le funi. E le funi, con l’umidità, si accorciano, e quell’accorciamento è sufficiente per mandare a posto l’obelisco.
Intanto le guardie svizzere avevano arrestato l’autore del grido. Era un capitano marittimo di Sanremo, e si chiamava Bresca.
Condotto dinanzi al papa, tutti attendevano la sua condanna. Invece Sisto V gli disse benignamente: “Chi sei?”
“Sono il capitan Bresca”
“Di dove sei?”
“Di Sanremo”
“Perchè hai gridato?”
“Perchè noi marinai conosciamo bene le corde di canapa e sappiamo che quando sono bagnate si ritirano”
“Conoscevi l’editto che prometteva la morte a chi avesse gridato?”
“Sì, ma noi marinai liguri siamo abituati a sfidare la morte pur di fare un’opera buona!”.
La risposta piacque al papa, il quale, non solo perdonò il bravo marinaio ligure, ma lo volle premiare.
“Che cosa desideri?”
“Santità, prima di tutto la vostra benedizione”.
Dopo averlo benedetto, Sisto V chiese al capitano Bresca: “Vuoi altro?”
“Santità, l’onore per me e per i miei discendenti di fornire le palme al Palazzo Apostolico. Sulla riviera ligure crescono le più belle palme d’Italia.”
Il papa si stupì. Quel bravo capitano di mare non chiedeva, ma voleva dare.
E allora Sisto V volle essere generoso con lui. Lo nominò Capitano dell’Armata pontificia. Gli diede il privilegio di issare sulla sua nave la bandiera papale.
Così il capitano Bresca ebbe più onori dell’architetto Fontana e riportò, per sè e per la sua famiglia, un titolo di benemerenza e d’onore.
(P. Bargellini)

Leggende della Liguria
Le galline dell’isola Gallinara

L’isola Gallinara, questo già lo sai, sorge nel mare di Albenga, poco ad ovest della città. Quello che forse non sai è il perchè, ancora oggi, la solitaria isoletta porta questo singolare nome.
“Perchè era abitata dalle galline!” mi pare di sentirti esclamare.
Bravo, proprio cosi! Essa era abitata da galline, da galline selvatiche. Ascolta ora quel che avvenne…
Si sa che le galline sono alquanto pettegole. A volte il loro chiacchiericcio era talmente alto e petulante da essere udito perfino dalla costa per giornate e giornate intere.
Ti figuri gli abitanti? Ad un certo punto ebbero i loro nervi così fuori posto da non poterne più e cominciarono a imprecare contro quelle bestiacce e chi le aveva create.
Proprio così. Tu dirai che non è giusto. Sono d’accordo con te, ma questa, purtroppo, è la verità.
Ma quelle bestemmie non rimasero sulla costa ligure e tanto meno sulla terra. Arrivarono nientemeno che all’orecchio del buon Dio, il quale maledì l’isola e fece sì che da allora, nessuna gallina mai più ci vivesse.
Passarono gli anni…
Un giorno giunse ad Albenga l’abate francese Martino; scorse l’isola e la volle visitare. Innamoratosi della grande solitudine e della profonda pace che vi regnavano, la scelse per sua dimora e vi si stabilì.
Martino era un santo e le preghiere che egli quotidianamente innalzava a Dio arrivavano diritte al Creatore, nel Regno dei Cieli. Spesso, dunque, Martino, nelle sue orazioni invocava il buon Dio, affinché permettesse nuovamente alle galline di ritornare a vivere nell’isola.
Inutilmente, però, in quanto Dio non si lasciò commuovere nemmeno dalle parole del santo. E da allora le galline non vi fecero più ritorno. Di esse rimase soltanto il ricordo… nel nome dell’isola.
Il buon abate, ad ogni modo, se non riuscì a far tornare le galline, potè invece operare un altro miracolo.
Devi sapere che, anche in Liguria, esiste una certa pianta chiamata elleboro. Essa possiede una certa sostanza velenosa. Ebbene, San Martino riuscì a togliere ogni traccia di veleno all’elleboro che cresceva sulla Gallinara.
Difatti sull’isola oggi cresce soltanto una varietà di quella pianta, non velenosa.

Leggende della Liguria
La trave del tesoro

Un giorno d’ottobre dell’anno 1202 giunse a Portovenere, portato dalle onde, un grosso tronco. Era un normale tronco d’albero, anche se di grandezza non comune. I Portovenerini, vedendolo così lungo e grosso, si dissero: “Di questo tronco ce ne faremo una bella riserva di legna da ardere per quest’inverno”.
Detto fatto, ritornarono con asce e picconi, e giù colpi da orbo che avrebbero spaccato una montagna.
Non fu così per il tronco; infatti per quanto gli dessero non riuscirono neppure a scalfirlo.
Un fatto simile non era mai successo nella storia di Portovenere e dintorni; per cui l’impressione fu assai grande. Qualcuno disse: “Dev’essere certamente una cosa sacra! Per conto mio questo è un miracolo”.
E la voce del miracolo corse veloce per tutto il paese. La curiosità, però non diminuì, nei Portovenerini, anzi aumentò. Decisero allora di spaccare quel singolare tronco con ogni delicatezza.
Così, infatti, cominciarono a fare.
Ed ecco che ai primi colpi (erano quasi carezze) la misteriosa trave si aprì dolcemente, come uno scrigno, mostrando agli stupefatti abitanti immagini, quadri, arredi sacri e quattro cofanetti d’avorio tutti istoriati a penna, in rosso e nero.
Da dove mai veniva quel tronco? E chi aveva mandato la trave misteriosa?
Nessuno ha mai saputo rispondere a queste domande: ma i quattro cofanetti (unici in Italia di così prezioso e delicato lavoro in avorio) sono ancora nella chiesa di San Lorenzo, a Portovenere.

Leggende della Liguria per la scuola primaria – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Il cavaliere e la mosca – racconto sul Medioevo

Il cavaliere e la mosca – racconto sul Medioevo. Un uomo dei nostri giorni si trova trasportato al tempo dei cavalieri erranti, ed è costretto a fare un lungo viaggio con l’armatura addosso. Ed ecco quanto gli capita…

Cominciava a far caldo, senza alcun dubbio, e stavo facendo una lunghissima tirata, senza ombra affatto. Cose di sui sulle prime non mi importava niente, cominciarono ad importarmi sempre più, via via che il tempo passava. Le prime dieci o quindici volte che avrei voluto il fazzoletto, avevo tirato avanti e avevo detto: “Pazienza, non fa nulla”, e non ci avevo pensato più. Ma ora era diverso; era un assillo continuo e non me lo potevo levar dalla mente; e così alla fine, perdetti la pazienza e dissi: “Accidenti a chi ha fatto quest’armatura senza tasche!”. Capirete, aveva il fazzoletto in fondo all’elmo, insieme ad altre cosette; ma era uno di quegli elmi che uno non si può levare da solo. E così, ora, il pensiero che fosse lì, tanto vicino e ciononostante irraggiungibile, rendeva la cosa anche più difficile da sopportare. Quel pensiero distoglieva la mia mente da qualsiasi altra cosa e la concentrava sull’elmo a immaginare il fazzoletto, a dipingersi il fazzoletto; era quanto mai irritante sentirsi gocciolare il sudore dentro gli occhi e non essere in grado di raggiungere il fazzoletto.

Decisi che la prossima volta mi sarei portato dietro una borsetta, qualunque fosse l’effetto e checché dicesse la gente: il benessere prima e lo stile poi.

E così, seguitavo ad arrancare e di tanto in tanto arrivavo a una distesa polverosa e la polvere si alzava in nugoli e mi entrava nel naso e mi faceva starnutire e piangere; e, naturalmente, dicevo cose che non avrei dovuto dire; non lo nego. Non sono migliore degli altri. Pareva che non si dovesse incontrare nessuno, in quella solitaria landa, neppure un orco; e dato il mio umore in quel momento, ciò era un bene per l’orco; vale a dire, per l’orco che avesse avuto un fazzoletto. La maggior parte dei cavalieri non avrebbe pensato che a prendergli l’armatura; per conto mio, mi sarebbe bastato arrivare al suo moccichino e poi si sarebbe potuto tenere tutto il suo armamentario.

Intanto, lì dentro faceva sempre più caldo. Capirete, il sole dardeggiava e riscaldava il ferro; più andavo avanti e più il peso del ferro mi gravava addosso: ogni minuto che passava mi pareva di pesare una tonnellata di più. E bisognava cambiar mano ogni momento e passare la lancia da una parte all’altra; non potevo reggerla a lungo con una mano sola.

Insomma, sapete che quando si suda a quel modo, a torrenti, viene il momento in cui… beh, in cui tutto ti dà prurito. Tu sei dentro, le tue mani sono fuori, e in mezzo c’è il ferro.

Non è una cosa da nulla, checché paia. Prima in un punto, poi in un altro, il prurito continua a diffondersi e a dilagare e alla fine tutto il territorio è occupato e potete immaginare come ci si sente. E quando fui arrivato al punto di non poterne più, una mosca entrò di fra le sbarre e mi si posò sul naso: la visiera si era inceppata e io non potevo alzarla; potevo soltanto scuotere la testa che nel frattempo si era arroventata, e la mosca (beh, sapete come agisce la mosca quando è sicura del fatto suo) si curava dei miei scuotimenti giusto quel tanto che bastava per cambiare posto dal naso al labbro e da labbro all’orecchio, ronzando e ronzando tutto in giro e continuando a posarsi e a pungere in un modo che una persona già tribolata come lo ero io non poteva assolutamente sopportare. Non mi restava che buttarmi a capofitto nel primo stagno che avrei incontrato: e così feci. Che refrigerio, ragazzi!

(da “Un americano alla Corte di Re Artù”, di Mark Twain)

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Il cavaliere e la mosca – racconto sul Medioevo

RACCONTO I tre ladri

RACCONTO I tre ladri

Tre ladri erano amici per la pelle. Un giorno, uno di loro disse alla moglie: -Devo andare a trovare mio fratello, che è malato. Se intanto venissero i miei amici, trattali bene: da’ loro da bere e da mangiare.-

-Va tranquillo- rispose la moglie; e il ladro partì.

Verso mezzogiorno arrivarono i due amici e subito chiesero dove egli fosse.

-E’ andato da suo fratello, che è malato; tornerà stasera- rispose la moglie, apparecchiando la tavola. I due bricconi sedettero e videro, appesi a una trave del soffitto, dei bellissimi salami.

-Che bella barba!- esclamò uno, indicandoli furbescamente.

-Gliela faremo, gliela faremo!-  disse subito l’altro.

Quando ebbero mangiato e bevuto se ne andarono. Strada facendo, pensarono di fare uno scherzo all’amico, e decisero di tornare la notte per prendergli i salami.
Quando quello tornò, la moglie gli disse che i due erano venuti a cercarlo.

-Che ti hanno detto?- domandò il ladro.

-Nulla di speciale… però, guardarono in alto e uno disse “che bella barba” e l’altro “gliela faremo, gliela faremo”… ma non ho capito che cosa intendessero-

-Ho capito io!- rispose il marito; e subito staccò i salami e li nascose nella stalla, sotto la paglia. Poi i due sposi cenarono e andarono a letto. A mezzanotte, quando dormivano come ghiri, arrivarono i due ladri coi grimaldelli: aprirono la porta di casa ed entrarono zitti zitti… ma i salami non c’erano più.

-Scommetto che li ha nascosti, quel furbone!- disse uno. Allora, in punta di piedi, si avvicinò al letto, scosse l’amico che dormiva e gli domandò facendo la voce sottile: -Marito caro, dove li hai nascosti i salami?-

-Nella stalla. Ma lasciami dormire!- brontolò quello, rigirandosi nel letto.

Allora i due, di corsa, scesero nella stalla, si presero i salami, e via!

Poco dopo, però, il ladro si svegliò del tutto e chiamò la moglie.

-Perchè mi disturbi, quando dormo?- le disse. -Lo sapevi già dov’erano i salami!-

-Disturbarti? Salami? Ma io dormivo e non ti ho chiesto nulla!-

Egli comprese di essere stato ingannato: corse al nascondiglio: i salami erano scomparsi. Allora si vestì in fretta, uscì di corsa e cercò di raggiungere i due soci. Infatti li scorse, poco dopo, che gli camminavano innanzi, nella notte buia. Uno reggeva i salami. Il nostro amico gli si avvicinò e gli disse: -Sarai stanco, adesso: dammi i salami, così riposerai un poco.-

L’altro, senza sospettare nulla, glieli diede, e il furbone, quatto quatto, se ne tornò a casa.

Alle prime luci dell’alba, quello che aveva portato i salami si rivolse al compagno: -Ridammeli, che li porto un po’ io!-

-Ma non li hai tu?-

-Ma come? Se me li hai chiesti un’ora fa?-

-Io? Tu sei matto!-

Cominciarono così a litigare e poi se le dettero di santa ragione. E quando entrambi furono ben pesti, capirono che l’amico li aveva gabbati.

L’indomani passarono, ancora indolenziti, davanti alla casa dell’amico: i salami penzolavano tranquilli dal soffitto e sembravano canzonare i due birboni.

-Guarda là!- disse uno – E… vedi come siamo ridotti…-

-Colpa nostra, caro mio, chi la fa, l’aspetti!-

(racconto popolare)

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FAVOLA La pelle dell’orso

FAVOLA La pelle dell’orso

La gente del villaggio era tutta impaurita, perchè nel bosco vicino era apparso un orso terribile, e nessuno si arrischiava più ad uscire dall’abitato.

Un giorno capitarono alla locanda due giovanotti forestieri, cacciatori di professione: e, udito di quell’orso, franchi e sicuri dissero all’oste: -Lasciate fare a noi! Gli faremo noi la festa in quattro e quattr’otto.-

Si fecero dire il punto preciso del bosco dove l’orso era stato veduto, la parte ove si credeva che fosse, le macchie ove se n’era riscontrata la traccia.

-Lasciate fare a noi! Domattina ci apposteremo lì!-

E la mattina, puntuali, andarono al bosco. Batterono i sentieri indicati, frugarono la macchia: ma di orso nemmeno l’ombra.

-Non si è lasciato vedere: ha paura di noi. Ma non ci sfuggirà.-

Intanto, sebbene non avessero il becco di un quattrino, ogni sera ordinavano all’oste un fiasco del migliore, e mangiavano e bevevano allegramente.

-Lo scotto- dicevano -lo pagherà l’orso con la sua pelle!-

Ma un giorno, che percorrevano di nuovo, per la centesima volta, i sentieri del bosco, eccoti l’orso per davvero: un orso nero, enorme, che si avanzava brontolando minacciosamente.

Uno dei due giovanotti puntò subito il fucile e fece fuoco; ma per la paura, il braccio gli tremava, e il colpo andò fallito. Egli non stette lì ad aspettare che impressione avesse fatto all’orso lo sparo: si arrampicò lesto come uno scoiattolo sull’albero più alto che si trovò vicino, e vi si appollaiò tutto ansante.

L’altro aveva fatto anch’egli per sparare, ma, fosse paura, fosse disgrazia, il fucile gli fece cilecca e il colpo non partì. L’orso sempre più infuriato si avvicinava, senza lasciargli il tempo di salire, come il compagno, su di un albero; e allora, vedendosi spacciato, il nostro giovanotto ebbe un’idea.

Sapeva che gli orsi non toccano i morti, ed egli si buttò a terra lungo, disteso, trattenendo perfino il respiro, per fingersi morto.

L’orso gli fu subito sopra. Gli annusò la bocca, gli occhi, gli orecchi, sempre sbuffando e brontolando, poi, come sdegnoso, si allontanò e si perdette tra gli alberi.

Per un po’ di tempo, ne l’uno ne l’altro dei due cacciatori si arrischiò a fiatare. Poi, il primo si lasciò scivolare piano piano dall’albero e si avvicinò al compagno, il quale stava sempre disteo a terra, chè per poco dallo spavento non era morto davvero.

A vedergli quella cera livida, gli venne quasi da ridere: -Ohè, biondino!- chiamò, -L’orso ti ha parlato all’orecchio, eh? Che ti ha detto di bello?-

L’altro levò il capo prima, guardò fra mezzo agli alberi se proprio l’orso non si vedesse più, poi cominciò a levarsi, a fatica, come lo avessero bastonato.

-L’orso mi ha detto- rispose -che non bisogna vendere la sua pelle prima d’averla nelle mani!-

E tutti e due dettero in una risata amara, pensando alle passate vanterie ed al conto dell’oste che rimaneva da pagare.

(C. Schmid)

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