Il tributo: recita sul Medioevo

Il tributo: recita sul Medioevo. La scena è immaginata nell’umile casa di un servo della gleba, il contadino di allora.

Personaggi: il servo della gleba, il figlio, due alabardieri (soldati)

Figlio: Babbo, perchè sei triste? Sono stato al castello, sai! Mi hanno fatto entrare per aiutare gli sguatteri, perchè ieri c’è stata festa al castello, fino a notte fonda! Sono passato per lunghi corridoi e grandi stanze; una di queste è lunga quasi tutto il borgo… Ma perchè sei triste?

Servo della gleba: Per niente! Ti ascolto!

Figlio: Alle pareti sono appese teste di lupi e di cinghiali, corna di cervi e di caprioli. Questi animali li ha uccisi il conte, sai! E poi dappertutto si trovano lance, alabarde, mazze ferrate, e sui tavoli si vedono vassoi d’argento e coppe d’oro. Vedessi come sono lunghe le tavole della sala per il banchetto! Cento brocche di vino c’erano sopra. Nello spiedo ho visto girare un cinghiale intero e sul camino friggere in padella cento e cento uova. Uno scudiero mi ha fatto assaggiare una pietanza strana, che era avanzata e che io non avevo mai visto… Com’era buona!… Ma perchè sei triste?

Servo della gleba: Per niente, ti ripeto. Continua.

Figlio: Poi un paggio mi ha fatto entrare nella sala del banchetto, dove, insieme col conte e la contessa, c’erano i cavalieri, le dame, il menestrello, il buffone. Il conte e la contessa mi hanno sorriso.

Si sente battere alla porta con forza.

Una voce (con alterigia): Aprite! Aprite!

Il ragazzo corre ad aprire ed entrano due alabardieri.

Servo della gleba: Ah, gli esattori!

Soldato: Per ordine di messere il conte cerchiamo te. Tu devi ancora pagare la tassa del pascolo.

Servo della gleba: Messeri, ieri vi ho corrisposto il pedaggio per passare il ponte sul torrente e la tassa si mulitura. I miei prodotti li ho portati tutti al castello.

Soldato: Bene. Pagaci il tributo del pascolo con quel sacco di farina.

Servo della gleba: Ma è l’unico rimasto per me e il mio figliolo!

Soldato: Allora vieni con noi.

Servo della gleba: Dove mi conducete?

Soldato: Per ora davanti a messere il Conte, e poi…

Servo della gleba: Ma io…

Soldato: Ordine di messere il Conte!

(Lo afferrano)

Figlio: No! No! Babbo, diamo il sacco di farina. In qualche modo ci sfameremo.

Servo della gleba: E va bene, figliolo. Prendete pure, alabardieri. Il tributo per il pascolo è pagato.

(da: Recitiamo la Storia, Rodolfo Botticelli, editrice La Scuola)

Recita sul Medioevo – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recita sul Medioevo

L’investitura del feudatario

L’investitura del feudatario
Personaggi: l’Imperatore e il Feudatario.

L’investitura del feudatario – Dialogo tra Imperatore e Feudatario

Feudatario (inginocchiato): Sire, inginocchiato davanti alla vostra augusta persona, con le mani giunte per umiltà nelle vostre, prometto di essere vostro uomo e di servirvi lealmente e fedelmente.

Imperatore: Nobile dignitario, io sono pronto a te, che mi presti omaggio come vassallo, a trasmettere il possesso del grande feudo di Pieve Lontana e a concedere il titolo di Marchese, purché tu presti giuramento che tu e la Marca mi sarete di valido aiuto nei perigli: giuramento che farai in nome di Dio Nostro Signore, mancando al quale sarai dichiarato fellone e spogliato del feudo.

Feudatario: In nome d’Iddio Nostro Signore, giuro davanti alla Vostra Grazia, o Sire, che mi concedete il beneficio del feudo, di custodire i vostri segreti, di rispettare e fare rispettare il vostro onore, di seguirvi in battaglia accompagnato dai miei cavalieri e fanti; vi giuro formalmente fedeltà, mi dichiaro formalmente vostro uomo, vostro fedele, e vi riconosco mio signore.

Imperatore: Per il tuo sacro giuramento ti offro il simbolo del feudo di Pieve Lontana e il titolo di Marchese concedendoti le immunità secondo il Capitolare della mia legge.

Avvenuta l’investitura del marchese o del conte, questi possono trasmettere parte del feudo ad altri minori feudatari, valvassori, ripetendo la stessa cerimonia, e questi ultimi ad altri ancora, valvassini. Basterà cambiare alcune parole e il simbolo del feudo, ricordando che si usavano gonfaloni, spade e scettri, se si trattava di feudi cospicui, e zolle, rametti o mazzi di spighe, se si trattava di feudi minori. Un pezzo di stoffa può fare da gonfalone, una riga da spada, e così via…

(da: Recitiamo la Storia, Rodolfo Botticelli, editrice La Scuola)

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L’investitura del feudatario

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica, per bambini della scuola primaria. Trovi altre recite per Carnevale qui: RECITE PER CARNEVALE.

Personaggi: il primario e quattro medici.

Costumi: grembiuli bianchi e guanti di gomma.

Scenografia: in un angolo un attaccapanni o una sedia su cui sono appesi un camice bianco e un paio di guanti di gomma.

Azione: quattro personaggi sono in scena, posti uno dietro l’altro, fronte al pubblico, ma sfasati di mezza persona in diagonale, così che il pubblico possa vedere distintamente mezza persona di ognuno di loro. Entra il primario, si toglie la giacca, la appende all’attaccapanni e prende il camice. Due medici lo aiutano ad indossarlo. Va a mettersi all’inizio della fila, più vicino al pubblico: gambe leggermente divaricate, aria superiore. Si lascia infilare i guanti dagli altri, i quali lo trattano con deferenza.

Primario (voltandosi, verso quello immediatamente dietro di lui): Avanti l’ammalato.

Primo medico (voltandosi verso quello immediatamente dietro di lui, con lo stesso tono dottorale e annoiato): Avanti l’ammalato.

Secondo medico (al terzo, come sopra): Avanti l’ammalato.

Terzo medico (al quarto, come sopra): Avanti l’ammalato.

(Il quarto medico si volta, fa un passo, imita l’apertura di una porta, spinge una barella immaginaria fino davanti al primario).

Primario (considera attentamente l’ammalato sulla barella. Lo tasta. Gli sente il polso. Poi ordina): Bisturi!

Primo medico, secondo, terzo: Bisturi. Bisturi. Bisturi.

Quarto medico (raccoglie dal tavolo chirurgico il bisturi, tenendolo delicatamente come una penna, e lo fa passare a ogni compagno).

Primario (prende il bisturi, prende la mira e, calmissimo, lo affonda nel paziente. Si china a guardare dentro): Pinze.

Primo, secondo, terzo: Pinze!

Quarto (raccoglie, mimicamente, un paio di tenaglie e le passa).

Primario (continuando l’operazione, allarga i lembi della ferita, ne estrae parecchi metri di intestino che arrotola sulle braccia del secondo. Estrae il cuore, lo ascolta, lo massaggia, sorride e lo rimette dentro. Riprende la matassa degli intestini e la dispone nel paziente. Poi, soddisfatto) Ago!

Primo, secondo, terzo: Ago!

Quarto (prende l’ago e, porgendolo al secondo, lo punge inavvertitamente. Sussulto del secondo. Con precauzione, l’ago arriva al primario).

Primario: Filo!

Primo, secondo, terzo: Filo! (Il filo giunge al primario. Questi lo infila, poi, tenendo l’ago alto, si volta al primo)

Primario: Nodo!

Primo: (esegue)

Primario (incomincia a dare i primi punti. Ma il filo non scorre bene): Sapone!

Primo, secondo, terzo: Sapone!

Quarto (prende il sapone e lo passa. La saponetta sfugge di mano al terzo, il quale riesce a prenderla al volo, e la passa al secondo).

Primario (passa la saponetta sul filo, poi, imitando un enorme sforzo, punta il piede sul malato e riesce a cucire. Improvvisamente si interrompe, accorgendosi che il paziente sta male. Con voce svelta): Etere!

Primo, secondo, terzo (tutti con voce svelta guardando curiosamente oltre le spalle del primario) Etere!

Quarto (passa la bottiglietta dell’etere).

Primario (versa l’etere sul malato. Ne versa troppo. Si sente male lui. Accenna a cadere all’indietro).

Primo, secondo, terzo: Sali!

Quarto (prende i sali, li odora, li passa al terzo che li odora anche lui, così il secondo, il primo li mette sotto il naso del primario).

Primario (rinviene, si china sul paziente, mostra grande spavento. Con voce concitata): Ossigeno!

Primo, secondo, terzo: Ossigeno!

Quarto (faticosamente spinge la grossa bombola dell’ossigeno. Così gli altri).

Primario (Fa il gesto di staccare la mascherina dalla bombola e di porgerla al paziente. Si capisce che l’ossigeno non è sufficiente. Con voce agitatissima): Ossigeno! Ossigeno!

Primo, secondo, terzo (con la stessa voce agitatissima): Ossigeno! Ossigeno!

Quarto (passa altro ossigeno, asciugandosi il sudore, e si sporge ad osservare).

Primario (porge l’altro ossigeno, osserva, poi, tornando calmo, con voce normale): Acqua santa!

Primo, secondo, terzo: Acqua santa!

Quarto (raccoglie un immaginario aspersorio, che viene fatto passare).

Primario (agita l’aspersorio sul malato. Lo posa. Poi, veloce, con aria annoiata, mentre col piede spinge via la barella del morto): Avanti un altro!

Primo, secondo, terzo: Avanti un altro!

(M. L. e R. Varvelli)

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica

Amalfi e la bussola – recita

Amalfi e la bussola – recita per la scuola primaria

Amalfi e la bussola – Personaggi
-Feliciano, figlio di un navigatore amalfitano
– Marina, sua sorella
– un compagno, che entra alla fine della scena.

Amalfi e la bussola – Testo
Marina: Feliciano, hai visto che nebbia c’è sul mare?
Feliciano: E’ davvero una cosa rara per Amalfi
Marina: Da lontano non si deve distinguere né la costa né il faro. Sto in pensiero per il nostro babbo. La sua nave dovrebbe essere la prima ad arrivare in porto.
Feliciano: Oh, non temere! Il babbo e i suoi marinai sono abili navigatori. Noi Amalfitani abbiamo il mare nel sangue, dice il babbo. Anche io sarò un navigatore!
Marina: Tu dici così, ma io non sono affatto tranquilla. Primo, per il maltempo; secondo, perchè so che il babbo dovrebbe far scaricare le sue stoffe, provenienti da Costantinopoli, entro domani l’altro per un impegno preso con certi mercanti. Come potrà trovare la direzione giusta con questa nebbia?
Feliciano: Senti, Marina. Tu forse non sai ancora che le galee amalfitane hanno a bordo qualcosa che fa trovar loro l’orientamento anche senza il sole né le stelle.
Marina: Ma che dici?
Feliciano: Sì. Si tratta di una cosa semplice, ma meravigliosa: un ago calamitato, che il babbo chiama magnetico, fissato sopra un pezzo di legno, il quale viene fatto galleggiare in un recipiente con acqua. Questo ago ha una proprietà particolare: volge la sua punta verso nord, e così i naviganti possono conoscere la posizione dei punti cardinali. Credo che i nostri marinai abbiano appreso l’udo di questo strumento dai naviganti arabi; ma c’è chi dice che sia invenzione di un Amalfitano.
Marina: Ma a me il babbo non ha detto nulla di tutto ciò!
Feliciano: (con orgoglio) Tu sei una bambina. Non sarai mai un navigatore. Invece io…!
Un compagno: (entrando trafelato) Feliciano! Marina! Sta entrando in porto la nave di vostro padre!
Marina: Papà! Papà!

(da: Recitiamo la Storia, Rodolfo Botticelli, editrice La Scuola)

Amalfi e la bussola 

Amalfi e la bussola Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Amalfi e la bussola

Recita per San Martino

Recita per San Martino per bambini della scuola primaria, o per allestire un teatrino per i più piccoli.

Narratore: San Martino era un santo guerriero e viveva nei paesi del Nord dove già da novembre fa un gran freddo. Spesso, tutto avvolto nel proprio mantello per proteggersi dal gelo, egli galoppava sul suo bianco cavallo per le strade della sua terra, andando da un paese all’altro. Egli, in uno dei primi giorni di novembre, stava galoppando a briglia sciolta per una di queste strade di campagna. Era un giorno particolarmente freddo, e…

Martino: Questo gelo intorpidisce le membra e toglie il fiato. Per fortuna ho il mantello che mi copre e mi ripara…

Narratore: il cavallo scalpitava forte. Il respiro, uscendo dalle sue narici, si condensava in nuvole di vapore, e Martino…

Martino: La corsa fa sentir meno il gelo al mio cavallo. Ma che cosa vedo laggiù? Quei due che vengono lentamente sulla strada sembrano ombre avvolte negli stracci.

Narratore: Martino rallentò l’andatura del proprio destriero e quando i due uomini che aveva intravisti nella gelida bruma gli furono vicini, gli si strinse il cuore.

Martino: Poveretti! E’ dunque tanto grande la loro miseria da non avere nemmeno un mantello per ripararsi dal freddo?

Primo mendicante: Fammi la carità, o cavaliere! Ho freddo e ho fame.

Secondo mendicante: Fa’ la carità anche a me, buon cavaliere!

Narratore: Pietosa era la voce di entrambi i mendicanti e Martino pensò che avrebbe potuto lenire la sofferenza di uno di loro, donandogli metà del suo mantello. Si tolse il mantello, impugnò la spada e, con un taglio netto, recise a metà l’indumento.

Martino: Prendi questo, copriti le spalle e continua il tuo cammino. Non avrai più freddo.

Primo mendicante: grazie, cavaliere! Con questo tuo dono potrò raggiungere la città vicina senza il timore di morire assiderato.

Narratore: Il primo mendicante, avvolto nella calda stoffa, continuò felice il suo cammino, ma l’altro mendicante fece udire la sua lamentevole voce.

Secondo mendicante: E a me non dai nulla, cavaliere? Anch’io sono povero come lui! Anch’io ho freddo e fame!

Narratore: A Martino era rimasta soltanto una metà del mantello. Impugnò nuovamente la spada e la divise ancora.

Martino: Prendi, ravvolgiti in questo. Basterà per tutti e due.

Secondo mendicante: Dio ti ricompensi per la tua bontà, cavaliere! Ma ora avrai freddo… un quarto del mantello che avevi non basterà a ripararti dal freddo mentre cavalchi.

Martino: Se ripara te, riparerà anche me. Va’? Raggiungi anche tu la città. Io continuo il mio cammino.

Narratore: Martino spronò il suo destriero e partì al galoppo. Il suo mantello non svolazzava più. Era una pezza di stoffa gettata sulle spalle, ma sulle labbra del santo c’era un sorriso. Era felice di aver fatto del bene. E il cielo lo premiò con una improvvisa dolcezza dell’atmosfera, con una giornata di tiepido sole, sereno… Quel breve periodo che ancora oggi si chiama l’ “estate di San Martino”.

(adattato da D. Volpi e D. Forina)

Recita per San Martino

Recita per la festa della mamma – La fata

Recita per la festa della mamma – La fata  – Una semplice recitina scritta da T. Lovera, adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Primo atto: in un giardino

Giulianella:
Mi piacerebbe tanto andare un po’ nella casa delle fate.
Devono essere molto belle e piene di bontà.

(Un fruscio leggero leggero: appare una fatina tutta vestita d’azzurro)

Giulianella:
Oh, la bella fata!

La fatina azzurra:
Mi ha mandato a prenderti la regina delle fate.

Giulianella:
Sono tanto contenta! Vengo con te!

(La bambina si alza, si avvicina alla fata. I fiori si muovono e recitano)

Fiori:
Un palazzo pieno di fiori è lassù nel cielo turchino,
fra le nuvole e le stelle delle fate è il regno d’or.
Cara bambina, ti salutiamo:
addio, piccina, ritorna ancor!
Fru… fru… fru… fru…

(I fiori ritornano al loro posto. Gli uccelli svolazzano intorno alla pianta, poi si fermano davanti alla bambina ed alle fate per dire)

Uccelli:
Un palazzo pien di luce,
è lassù nel ciel turchino,
fra le nuvole e le stelle,
delle fate è il regno d’or.
Cara bambina, ti salutiamo,
addio piccina, ritorna ancor!
Cip… cip… cip… cip…

(Anche gli uccelli ritornano al loro posto)

Azzurrina: Allora, vuoi proprio venire?

Giulianella: (battendo le mani)
Sì! Sì!

(La fatina prende per la mano la bimba. Escono insieme. I fiori e gli uccelli le accompagnano con un gesto di saluto)

Fiori e uccelli:
Cara bambina, ti salutiamo:
addio piccina, ritorna ancor!

Secondo atto: nel palazzo delle fate

(Nel palazzo delle fate, la regina delle fate è seduta in una poltroncina. Entrano la fata Azzurrina e Giulianella)

Giulianella: (inginocchiandosi)
Sono io.

Regina:
Vuoi rimanere sempre nel mio palazzo?

Giulianella:
Sì, sempre.

Regina:
Va bene, diventerai anche tu una piccola fata.

La fatina azzurrina: (avvicinandosi)
Vieni con me, ti metterai il vestito bianco.

(Escono insieme)

Regina:
Chiamerò tutte le fate.
(Suona un campanello)

(Entrano le fate ad una ad una. Ogni fatina ha un vestito di colore diverso: rosso, rosa, giallo, verde e arancio)

Fatine:
Un inchino alla nostra regina!

Regina:
Vi ho chiamate per farvi vedere una fatina nuova, la fata più piccola.

(Entra Giulianella, tutta vestita di bianco: ha in mano la sua bacchetta magica)

Fatine:
Evviva la fatina bianca!

(Le fate danzano a due a due e dicono):

Fatine:
Giriamo, giriamo nel cielo,
portate da nuvole d’or.
Cantiamo vaghe canzoni
per dire la gioia del cuor!

Fatina rossa:
vieni con noi!

Fatina gialla:
vedrai cose belle!

(Riprende il coro)

Fatine:
Giriamo, giriamo nel cielo,
portate da nuvole d’or.
Cantiamo le vaghe canzoni
per dire la gioia del cuor!

Terzo atto: nel palazzo delle fate

(Entra la fatina bianca con altre fatine. Si dispongono davanti alla regina)

Regina:
E così ti sei divertita?

Fatina bianca:
Ho visto tante cose belle.
Ho guardato giù giù…

Regina:
Che cosa hai visto?

Fatina bianca:
Una casa piccina piccina, in fondo al bosco, con tanti bambini. Sulla porta, una bella fata, piena di luce…

Regina:
Una fata?

Fatina bianca:
Sì sì, una fata tanto bella!

Regina: (lentamente)
In quella casa c’è la tua mamma…

Fatina bianca:
Mamma, mamma! Voglio ritornare dalla mia mamma!

Regina:
Hai ragione, non si può essere contenti lontani dalla mamma.

Fatina bianca:
Aiutami, regina, a ritornare dalla mamma.

Regina:
Chiudi gli occhi, in un momento sarai dalla mamma.

Fatina bianca:
Grazie, fata regina, grazie, fatine buone!

(La bambina chiude gli occhi, porta le mani alla fronte. Si avvicinano due fatine, fanno il seggiolino con le mani incrociate e portano fuori la bimba. Le altre fate recitano):

Fatine:
In ogni cuore di bimbo buono
c’è una gran fiamma di luce d’or.
Fiamma d’amore per la sua mamma,
fiamma radiosa che mai non muor.

Di T. Lovera

Recita per la festa della mamma – Con lo stesso amore

Recita per la festa della mamma – Con lo stesso amore – una semplice recita adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Personaggi
Due presentatori e tredici mamme. Ogni mamma ha un bambino (una bambola) tra le braccia e rappresenta un’epoca e un paese diverso. I presentatori sono ai due lati della scena sulla quale man mano arriveranno le varie mamme.

Primo presentatore
In tutti i tempi le mamme hanno cullato i loro bambini

Secondo presentatore
In tutte le epoche e in tutti i paesi del mondo le mamme hanno cantato la ninna nanna

Primo presentatore
Con lo stesso cuore…

Secondo presentatore
Con lo stesso amore…

Primo presentatore
Quando gli uomini vivevano nelle caverne c’era talvolta un bimbo che non voleva dormire. Ascoltate!

(Avanza nel mezzo della scena la mamma della preistoria)
Mamma dell’età preistorica
Perchè piangi? Hai paura? Il sole si è spento, ma il fuoco è acceso e fa fuggire le fiere. Dormi… L’orso non si può avvicinare, il lupo fugge lontano. Sei tra le braccia della mamma, non temere, bambino!

Secondo presentatore
(Mentre la mamma dell’età preistorica si allontana). Nell’antico Egitto, dove regnavano i Faraoni e si costruivano le piramidi… (Entra la mamma egiziana)

Mamma egiziana
Il tempio del sole è chiuso: le stelle aspettano la luna; il Nilo va e va. Le mie braccia come l’onda sulla riva, la mia voce come il vento tra le canne… Qui, sul cuore della mamma, fa’ la nanna, fa’ la nanna…

Primo presentatore
A Sparta, la città greca degli eroi. (Entra la mamma spartana, mentre l’altra si ritira)

Mamma spartana
Il carro del sole si è tuffato nel mare. Dormi, bambino. Un giorno sarai lo scudo della tua patria: il tuo petto sarà saldo come il bronzo, il tuo braccio sarà il terrore di ogni nemico. Dormi intanto tra le braccia della mamma.

Secondo presentatore
A Roma, al tempo degli Imperatori, quando i cristiani vivevano nelle catacombe. (Entra la mamma romana e prende il posto della spartana)

Mamma romana
Ti segno sul petto con la croce; nulla potrà farti male, bambino mio. Sarai seguace di Cristo e come tuo padre non rinnegherai la tua fede. Dormi dolcemente sul mio cuore, bambino; oggi, questo cuore, laggiù sotto le volte delle catacombe al lume delle fiaccole, ha ricevuto la visita del Signore. Ninna nanna con Gesù. Con la tua mamma…

Prima presentatrice
Nel Medioevo, l’età dei castelli, dei cavalieri, delle lotte e dei tornei. (Mentre si allontana la mamma di Roma, avanza la castellana)

La castellana
Perchè piangi? Il ponte levatoio è stato alzato, le guardie vegliano sugli spalti, le mura ti difendono e se ancor non bastasse, c’è il cuore della mamma. Fa’ la nanna… non senti? Un suono di mandola ti dice: “Dormi… dormi…”. E’ spuntata la luna ed io voglio filare i suoi raggi per farti una coltre d’argento. Ninna nanna, mio tesoro.

Secondo presentatore
All’epoca delle scoperte, quando i navigatori andavano lontano alla ricerca di terre sconosciute. (Entra una donna della fine del ‘400)

Donna del ‘400
Il babbo se n’è andato. Oltre il mare, lontano, che terra ci sarà? Anche tu, bimbo mio, un giorno te ne andrai: già ti corre nel sangue l’ansia di navigare. Sogna tra le mie braccia! Sogna di dondolare in una bella nave. Il vento apre le vele, l’onda ti culla piano. E’ tanto grande il mare! Piano piano, così…

Primo presentatore
Venne l’età del nostro Risorgimento: gli Italiani combattevano per l’indipendenza e avevano a cuore il tricolore (Entra una donna dell’800)

Donna dell’800
Ti voglio fare una culla di fiori, tutta tessuta di gigli bianchi, di verdi foglie, di vermiglie rose. Sono tre colori da portare in cuore: ninna nanna, mio tesoro.

Secondo presentatore
(Mentre si allontana la donna dell’800). Vedete? In tutti i tempi è sempre stato lo stesso cuore di mamma; cambia la foggia del vestito, cambiano le case e le abitazioni degli uomini, ma l’amore di una mamma che cullo il suo bambino non può mutare.

Primo presentatore
E non solo, lo stesso è sempre avvenuto in ogni tempo in ogni luogo della terra. Così in Giappone…

Mamma giapponese
Come sei bello, bambino mio! Il tuo vasino è più dolce del glicine. Chiudi gli occhietti: domani, quando li aprirai, fioriranno i ciliegi. Giocheremo con la pioggia dei petali. Chiudi gli occhietti, amore mio.

Secondo presentatore
E così nel cuore dell’Africa

Mamma africana
La notte batte le ali sulla foresta; urlano le belve. Ma non temere: tra le braccia nessuno potrà farti male, neppure il leopardo, la pantera, il serpente. Ti preparerò, domani mattina, un frutto dolcissimo.

Primo presentatore
E lassù, nelle terre polari…

Mamma eschimese
Com’è lunga la notte, lunga… lunga… Com’è fredda la notte, fredda… fredda… Ma il nostro igloo è caldo… caldo… Il cuore della mamma lo riscalda. Dormi bene, bambino. Dormi… dormi…

Primo presentatore
E così tutte le nostre mamme: per ogni bambino una canzone, per ogni culla una stella, per ogni cuore piccino il cuore di una mamma.

Entrano tre mamme di oggi e cantano in coro e recitano una dopo l’altra qualche ninna nanna popolare e tradizionale. Alla fine tornano in scena le mamme di tutti i tempi e di tutti i paesi; tutte cullano i loro bambini.

Tutte le mamme
Ninna nanna, ninna nanna…

Primo presentatore
Vedete, con lo stesso amore…

Secondo presentatore
Con lo stesso cuore…

Primo presentatore
Ogni cuore che è più grande del mare…

Secondo presentatore
Più splendido del sole…

Primo presentatore
Più ardente della fiamma…

Secondo presentatore
Il cuore della mamma!

(recita per la festa della mamma da “I giorni più belli”, edizioni CEM)

Recita per Carnevale – CARNEVALE IN RIMA

Recita per Carnevale – CARNEVALE IN RIMA – Personaggi: Meneghino, Colombina, Arlecchino, Pinocchio, Pierrot, Brighella, Pantalone, le damine, le comari, Balanzone, le pettegole, pagliacci e Gianduia…

Meneghino
Io sono Meneghino
ed ecco la mia Cecca.
Di questa gran Milano
le maschere noi siamo.
Siamo persone serie
e sodo lavoriamo
ma quando è carnevale
saltar, ballar vogliamo!
Oh, chi ci tiene allora,
vogliamo far buon sangue
almeno per un’ora!

Colombina
Ed io son Colombina
la moglie di Arlecchino
un buon uomo, sapete,
ma il carattere, ahimè,
non c’è, non c’è, non c’è.
Cerco sotto i colori
smaglianti del vestito
ma invano: se n’è ito!
Mi infurio qualche volta
faccio baruffa, e poi
accetto il mio destino,
e pace sia con noi!

Arlecchino
Non badarci, cara mia
non crucciarti per me,
quello che oggi è stato,
domani è già passato…

Pinocchio
Fate largo, fratelli,
fate largo al mio naso,
vedete che sventura?
La fata mi ha punito
perchè senza volerlo
qualche volta ho mentito.
Il trascinarmi attorno
questa lunga appendice
è cosa ben penosa
e mi rende infelice!
Oh, la brutta bugia!
Dobbiam tutti lottare
per ricacciarla via.
Ma questo non è il giorno
di pianto e di lamento
il signor carnevale
esige cuor contento.
In me voglio fidare
per poter l’allegrezza
di nuovo ritrovare.

Pierrot
Oh, quale quale incanto
questa sera di luna!
Invita a passeggiare
a cantare, a suonare.
Mi trema qui nel cuore
la dolce serenata
che nasce dall’amore
per una bella fata.

Brighella
Non perderti nel canto
fratello tristolino
ci metti una gran voglia
di fare un sonnellino.
Andiamo, andiam, brighiamo,
che oggi è carnevale
non si deve sognare
ma saltare e ballare.

Pantalone
Oh, non corriamo troppo!
Mi voglio divertire,
ma con calma, fratelli.
Mi fareste soffrire
se dovessi affannarmi:
amo la vita quieta
senza scosse funeste,
il mio cuor non è fatto
per le grandi tempeste.
Vi seguo piano piano
fratelli burrascosi
chi sa camminare piano
va sano e va lontano.

Damina
Permetti a una damina
che composta vuol stare
di farti compagnia
nel tuo tranquillo andare?
Io pure amo le cose
gentili e misurate
mi fan rabbrividire
le genti non pacate.

Comari
Oh, dio, che schizzinosa!
Guarda, guarda, sorella,
non sembra una pavona
con quella veste bella?

Balanzone
Voi siete criticone
mie piccole comari
badate solo a voi
e non ai vostri pari.
Il dottor Balanzone
la sa lunga, sapete?
Voi criticate solo
quello che non avete.

Pettegola
Mio caro Balanzone
oggi si può parlare
non fare il dottorone
vogliamo ridacchiare.

Pagliaccio
Chi non ha voglia, cari,
di smascellarsi un poco
oggi dalle risate?
Questi istanti son rari!
Eccomi qui per questo
un salto, un bel balletto,
un capitombolino
un piccolo scherzetto,
fan ridere un pochino.
Io tutti ve li faccio
per obbedire sempre
al mio umor di pagliaccio.
Se poi divento triste
me ne vado lontano
a piangere da solo
in luogo fuori mano.
Ma ora son pagliaccio
e ridere vi faccio!

Gianduia
Sì, sì, ridiamo pure
io da Torino vengo
per ridere con voi.
Mi dicono “Bugiardo”
ma non è vero affatto
e lo prova questo oggi
il miracolo che ho fatto.
E’ l’amore che mi muove
oh miei cari fratelli
perchè lo stare insieme
è un piacere tra i più belli.
Balliamo dunque amici
e godiamoci uniti
senza turbarle mai
queste ore felici!

di E. Minoia

Recite per bambini – La bella Primavera e Primosole

Recite per bambini – La bella Primavera e Primosole. La recita è scritta in rima da Lina Schwarz e racconta lo scorrere delle stagioni; anche il libro illustrato di Sibylle v.Olfers  racconta di Madre Terra, delle stagioni, e dei piccoli semi…

Wurzelkinder, i bimbi radice è diventato un classico della letteratura per l’infanzia in lingua tedesca. Scritto e illustrato da Sibylle von Olfers all’inizio del secolo scorso, non ha mai perso la sua attualità. Con delicatezza e poesia le illustrazioni e il testo ci narrano dei bimbi radice che, come i fiori e le piante del bosco, si svegliano a primavera per sbocciare in estate e tornare a riposare alla fine dell’autunno. Età di lettura: da 3 anni. Io ce l’ho in tedesco, dono di una cara amica, ma ne è uscita l’edizione italiana:

Wurzelkinder, i bimbi radice

Madre Terra
(vecchia, veste un immenso mantello bruno, che copre tutto intorno a lei. Accovacciata in mezzo alla scena. Davanti a lei dorme distesa la bella Primavera)
Di notte e di giorno, di mattina e sera, sempre tu dormi, oh figlia Primavera! La Madre Terra che non si conforta che tu sia morta, ti canta la nanna, come dormissi in braccio alla tua mamma. Di notte e giorno, di mattina e sera, sempre tu dormi, oh figlia Primavera!

Il ricordo dei giorni belli
(vestito d’azzurro con una stella in fronte; entra in punta di piedi e parla sommesso…)
Ti ricordi com’era bella la figlia tua, quando rideva d’aprile, e tutto il mondo brillava di luce e i fiori sbocciavano a gara, e tutta l’aria trillava di canti d’uccelli?

Madre Terra
(singhiozza col capo tra le mani)
Oh, se era bella la figlia mia! Più bella dei fiori e più soave del canto degli uccelli! Più bella della luce stessa. Ed ora è morta, Ohimè! Ohimè!

Ricordo dei giorni belli
Ti ricordi i crepuscoli sereni, quando il cielo era tutt’una fioritura di giacinti, che la piccola falce della luna andava mietendo a poco a poco, affinchè potessero brillare le sue figlie, le stelle?

Madre Terra
(Sollevando il capo)
Ma la figlia mia era più fulgida di tutte le stelle! Ed ora è morta! Ohimè! Ohimè!
(si rimette a singhiozzare)

Ricordo dei giorni belli
Ti ricordi quando Primosole l’amò e la volle sua sposa? Andavano insieme per la foresta e sotto i loro piedi tutto rinverdiva. E la bellezza dell’una faceva sfolgorare lo splendore dell’altro; nel vederli tutto il mondo gridava: “Com’è bella la vita!”. Una cosa più meravigliosa non s’era vista mai.

Madre Terra
Ed ora è morta! Morta!

Ricordo dei giorni tristi
(vestito di grigio, con un velo nero intorno al capo)
Ti ricordi quando giunse l’estate crudele a rapir Primosole alla sua sposa? Severa, imperiosa, gridò: “Perchè indugi così tra i fiori e i sorrisi? Il mondo ha bisogno di te! Vogliono spighe i miei campi! Vogliono frutti i miei alberi! Vogliono grappoli maturi le mie vigne! Al lavoro! Al lavoro!”

Madre Terra
E Primosole partì, fedele al suo dovere

Ricordo dei giorni tristi
E partendo cantò un canto meaviglioso.

Coro
(da dietro le quinte come un eco)
Primavera, dolce amore, da te parte il tuo signore. Primosol dai raggi d’oro ha un divino suo lavoro, che gli toglie amor giocondo per amor di tutto il mondo, tutto il mondo che lo vuole: “Dammi vita, oh sole, oh sole!”

Madre Terra
Ed essa, dolcemente, soavemente, lo lasciò partire. “Va, splendi e matura!” gli disse. Gli mandò il più luminoso dei suoi sorrisi, lo seguì con lo sguardo. E poi… quand’egli dileguò nella lontananza, mi cadde tra le braccia addormentata per sempre

Tempo
(vecchio, curvo, con una lunghissima barba bianca ed una falce in mano)
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa, chi dorme si sveglierà.

Vento di tramontana
(prorompe sulla scena con violenza, urlando e sibilando, scompigliando col suo grande mantello svolazzante tutti i fiori e le foglie sparsi per terra. Davanti a lui fuggendo entrano le foglie secche e i semini)
La fine! La fine! Ecco la mia gloria, il mio trionfo! Ecco le mie ultime vittime! Oh morte! Oh gioia! Tutto è devastato! Tutto è distrutto! Non più una foglia sugli alberi. Io solo regno ormai! Io solo padrone del mondo!

Tempo
(in disparte)
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: il male si annienterà.

Le foglie secche
Brillava magnifica la nostra foresta, trillava di giubilo ogni albero in festa. Quand’ecco il gran brivido di morte ci assale, col vento fatale. Quel soffio malefico che tutto distrugge, c’investe strappandoci all’albero e fugge. Rapite dal turbine, lontane dal ramo, disperse moriamo.

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: che piange sorriderà.

Madre Terra
(raccogliendo dolcemente le foglie le compone a dormire intorno al giaciglio di bella Primavera)
La madre che piange la figlia sua morta, pietosa le lacrime degli altri conforta; nel seno amorevole qui tutte raccoglie le povere foglie.

I semini
Siamo semini piccini piccini, nati e cresciuti dentro scatolini: bei scatolini fatti dai fiori…oh, come ci si stava da signori! Ed ora? Ohimè, per la ribalderia di quel ventaccio che ci spazza via, eccoci sparsi, poveri semini! Che sarà mai di noi così piccini?

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: chi è piccolo crescerà.

Madre Terra
(li raccoglie e li mette a dormire intorno a bella Primavera, poi li copre tutti col suo grande mantello, si accoccola e s’addormenta anche lei)
La madre che piange la figlia sua morta, pietosa le lacrime degli altri conforta; nel seno amorevole raccoglie qui insieme fin l’ultimo seme.

Ricordi tristi e ricordi belli
(insieme)
Morte, morte! Dura sorte! Ogni vita ha l’ore corte. Vien la morte e picchia forte, perchè le aprano le porte. Morte morte, dura sorte!

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: chi è morto rinascerà.
(esce con passo lento e misurato)

Neve
(dopo un intervallo di silenzio, entra in punta di piedi, con passo leggero e saltellante, vestita di bianco e scuotendo candidi fiocchi dalle braccia levate)
Lieve lieve, nel sonno greve, cade la neve. Fior senza stelo, bacio di gelo, scende dal cielo. Segnano l’orme sull’uniforme terra che dorme, soavi e buoni sogni e visioni, benedizioni.
(cala il sipario; si riapre con uno squillo di tromba)

Tempo
(entrando)
Il tempo ve l’ha detto, il tempo che tutto sa: chi è morto rinascerà.

Madre Terra
(altro squillo di tromba, Madre Terra comincia a muoversi, agita le braccia con movimenti lenti e misurati, sollevando come a ondate il grande mantello)
Semi! Piccoli semi! Svegliatevi dal sonno! Su, su, piccoli dormiglioni! Il tempo torna, è l’ora, è l’ora!
(Li tocca uno ad uno carezzandoli)

Tempo
Il tempo ve l’ha detto, il tempo che tutto sa: chi dorme si sveglierà.

Semini
(Si sfregano gli occhi e si stiracchiano)
Dal sonno ci svegliamo, semini più non siamo. Guardate, ormai si mette germogli e radichette. Miracolo stupendo! Mentre stavam dormendo, ognun di noi s’apriva; or siamo piante, evviva!
(ora sono adorni di foglie sul capo e di radici ai piedi; agitano le fronde con le mani e si contemplano con meraviglia)

Madre Terra
(Da sotto il mantello escono fiori, altri entrano da fuori scena e insieme formano un semicerchio intorno a bella Primavera)
Bravi! Bravi! Come siete germogliati bene! Bravi semini, ed ora a voi foglioline! A voi fiori! Su tutti, da bravi! Margheritine, violette, primule, campanelline. E voi miosotodi, crochi, ranuncoli, reseda, anemoni, lillà, amorini… Lesti, piccini, pronti a fiorire! Il tempo torna, e Primosole già sento venire!

Primosole
(Inizia a parlare da fuori, finchè arriva dalla bella Primavera e la bacia… lei comincia a muoversi)
Primavera, dolce amore, fa ritorno il tuo signore! Primosole dai raggi d’oro ha compiuto il suo lavoro, e ritorna a lei che l’ama, che nel sonno ancor lo chiama, che da lui baciata vuole ridestarsi al mondo, al sole.

I fiori e i semi
(in girotondo)
Margheritini, violette, primule, campanelline, e voi miosotidi, crochi, ranuncoli, reseda, anemoni, pronti alla festa! Vien Primosole, e bella Primavera si ridesta!

Bella Primavera
(si alza)
Son desta o sogno ancor? Non ero morta! Dolce era il sogno. Accanto ognor gli fui nel lungo viaggio; sempre fui sua scorta, la fida scorta che vegliò su lui.

Primosole
Io ti sentii, soave compagnia, mentre seguivo la mia lunga via. Sentivo il tuo pensiero, o dolce sposa, che mi spronava all’opera gloriosa.

Bella Primavera
Ed io sentivo nel sonno profondo l’anima mia più forte e più sicura, e ti dicevo: aiuta, aiuta il mondo! Dà luce e vita, vai, splendi e matura!

Primosole
Fu la potenza del tuo santo amore, che luce e vita diede al mio calore, fu la dolcezza del tuo cuor profondo, che mi diede la forza di illuminare il mondo.

Primavera e Primosole
(insieme)
Come una madre mi ha di te nutrito, t’ho di me nutrito, sia benedetto il dì che ci ha riunito.

Tempo
(si inginocchia guardandoli con reverenza)
Il tempo che tutto ha visto, il tempo che tutto sa, dinanzi a tal miracolo sente l’eternità.

Fiori e semi
(si inginocchiano in semicerchio guardandoli)
Come risplendono, come sono belli! Spiri di zefiri, voli d’uccelli, sorrisi d’angeli, passano su loro.

Madre Terra
(getta il mantello e appare ringiovanita)
E contemplandovi forme leggiadre, v’intona un cantico la Terra Madre: “Al mondo, amandovi, donate amore!”

Rugiada
(dopo un silenzio, entra con passo leggero)
Su voi la rada gocciola cada della rugiada. E’ il ciel che manda questa sua blanda sacra bevanda. Ogni creatura goda la pura rinfrescatura, che il mondo invita a nuova vita.
(cala il sipario)

Testo: Lina Schwarz
Illustrazioni: Sibylle v.Olfers (Etwas von den Wurzelkindern, edizioni Esslinger)

Della stessa autrice (solo in lingua inglese):

THE STORY OF THE WIND CHILDREN 

MOTHER EARTH AND HER CHILDREN 

THE STORY OF LITTLE BILLY BLUESOCKS

THE STORY OF THE SNOW CHILDREN 

 

THE PRINCESS IN THE FOREST

THE STORY OF THE BUTTERFLY CHILDREN

Recite per bambini – I nani

Recite per bambini –  I nani. Una recita in rima che narra della fine dell’amicizia tra uomini e nani… Faustino,  il re dei nani, chiede in sposa la bella Matilde, e così ha inizio la storia…

Il re dei nani Faustino siede sul suo trono; attorno a lui stanno molti nani…

Faustino: Sul mio trono manca, a me vicina, gentile e generosa una regina

Primo nano: Fra picchi e vette andai a cercare, oh re, ma nessuna ne trovai degna di te.

Secondo nano: Nei pascoli e nei boschi io pur cercai, ma donna di te degna non trovai.

Terzo nano: Io scesi fino al piano; in un paese vicino al nostro, vidi un re cortese. Ed una principessa bella e buona, che sembra degna della tua corona. E’ Matilde, di mirabile bellezza, garbata e dolce, tutta gentilezza.

Faustino: Dal padre di Matilde dunque andate, e di Faustino ambasciatori siate. Dite che chiedo d’ottenerla in sposa e sempre mi sarà cara e preziosa.

I nani: Sarà come tu chiedi, o re Faustino

Faustino: Andate, e non sostate nel cammino.

Davanti al castello di Matilde…

Poldo: Omuncoli, chi siete? Che cosa pretendete?

Primo nano: Noi ti chiediamo di lasciarci entrare, perchè con il tuo re dobbiam parlare.

Poldo: Nemmeno per idea, via via, smammare. Da questa porta non vi lascio entrare.

Secondo nano: Di re Faustino siamo ambasciatori, fateci entrare, e coi dovuti onori.

Poldo: Ma senti questi nani, che villani! Ma guarda che sfacciati! Chi dunque vi ha chiamati?

Terzo nano: Messaggio portiamo, ma non certo a te. Fa’ il tuo dovere, e portaci dal re.

Poldo: Va bene, allora entrate, e col mio re parlate. Potessi comandare, vi farei bastonare e mettere alla porta, gente di razza corta!

Ildebrando: O Poldo, perchè tanto rancore? Sono esseri di senno e di valore, che non hanno meritato le tue offese. Devi imparare ad esser più cortese!

Nella stanza del trono…

Primo nano: Oh re potente, innanzi a te mi inchino, siamo inviati qui da re Faustino.

Re: Di lui m’han detto che è potente e saggio, or dite la ragion del vostro viaggio.

Secondo nano: Il re Faustino, nostro buona sovrano, della figliola tua chiede la mano.

Re: Son grato al vostro re per la proposta, che mi lusinga assai: ma la risposta da mia figlia soltanto può venire, che è libera di scegliere e di agire.

Terzo nano: Di re Faustino ambasciatori siamo, e la richiesta sua ti trasmettiamo; Matilde bionda, bella, generosa, del nostro re vuoi essere la sposa?

Matilde: Signori, la richiesta assai mi onora, e di respingerla invero m’addolora; ma son giovane molto, impreparata ad essere regina, e affezionata alla terra nativa, alla mia gente… Piangerei nel lasciarla, amaramente… Ma dite al re che grata assai gli sono, e del rifiuto mio chiedo perdono.

Re: La decisione di mia figlia accetto, ma dite al re che molto lo rispetto, per la saggezza sua e il suo valore.

Primo nano: Oh, sire, noi partiamo col dolore, di portare un rifiuto a re Faustino, ma cortese tu fosti, e a te mi inchino.

Secondo nano: Noi pure, sire, molto ti onoriamo, e alla bella Matilde ci inchiniamo.

Davanti al castello di Matilde… 

Poldo: Guardali i cavalieri, che andavan tanto fieri! Direi che l’ambasciata è stata sfortunata…

Terzo nano: Tu, che sei il guardiano del castello, dovresti comperare un chiavistello da metterti alle labbra ed imparare a fare il tuo mestier senza parlare!

Poldo: Omuncolo borioso, sfacciato, vanitoso! Non creder di salvarti, verrò presto a cercarti!

Nella sala del trono di re Faustino…

Primo nano: Sventura, sventura su di noi, oh re Faustino!

Secondo nano: Trovammo la morte sul nostro cammino!

Faustino: La morte? Partiste in missione di pace!

Primo nano: Trafitto nel bosco un tuo fido ora giace.

Faustino: Notizie inattese e crudeli portate; che avvenne? In che modo? Or tutto narrate!

Secondo nano: Matilde le nozze con te rifiutò, e un servo cattivo di noi si beffò-

Primo nano: Venimmo a parole, e a mezza strada, ci diede l’assalto con lancia e con spada.

Faustino: A offerta d’amore risposta di morte? Non sanno, gli stolti, che sfidan la corte? Che sono maestro d’incanti e magia? Vendetta crudele dev’esser la mia!

Narratore: La sala risplende di luci festose , si canta, si danza… Ma cadon le rose, in magica pioggia che tutti stupisce, e al padre, non visto, Matilde rapisce…”

Nel castello di Re Faustino…

Matilde: Faustino è un ospite perfetto ed io pure lo stimo e lo rispetto, ma quando penso al padre, nel mio cuore, risuona sempre un canto di dolore

Primo nano: Abbi fede signora, certo un giorno, alla tua casa potrai far ritorno.

Nel castello di Matilde…

Fratello: Amici, una notizia assai gradita! Ho trovato Matilde! Fu rapita, per mezzo di un incanto da Faustino, che la tiene nascosta a sè vicino. Seguitemi, che andiamo a liberarla!

Ildebrando: Tutti siamo impazienti di trovarla, ma il nano è un avversario molto forte, e noi siam pochi per tentar la sorte. Chiedi aiuto al potente Teodorico, che è un eroico guerriero, e un fido amico.

Fratello: Oh re, per mia sorella ci accingiamo a un’impresa difficile e chiediamo aiuto a te, che sei l’eroe famoso, da cento lotte uscito vittorioso.

Teodorico: Ben volentieri accetto, e sono pronto, a unirmi a voi per vendicar l’affronto.

Poldo: Vi seguo nell’impresa, che ho lungamente attesa. Quella gente sfacciata dev’esser bastonata!

Davanti al castello di Faustino…

Fratello: Giungemmo all’alba in vista del giardino, ma lungo e faticoso fu il cammino.

Ildebrando: Meravigliosamente belle e profumate sono le rose, al sole dell’estate.

Teodorico: E’ questa, dunque, la gloriosa impresa? Qui non vedo nè mura nè difesa. Solo un filo di seta qui m’appare, che non posso e non voglio sorpassare. Facciamo entrare un messo nel giardino, che porti i nostri patti a re Faustino.

Poldo: Questa idea di far pace davvero non mi piace. Voglio con queste mani, schiacciare il re dei nani! (Spezza il filo e calpesta le rose)

Faustino: Guai a chi invade e offende il regno mio!

Poldo: Io non ti temo, Poldo sono io!

(Duello tra Poldo e Faustino; Poldo cade a terra sconfitto)

Fratello: Di mia sorella devi render conto.

Faustino: Non subì, stanne certo, alcun affronto. Ha delle belle sale per dimora, e uno stuolo d’ancelle che la onora.

Fratello: Mettila sull’istante in libertà, o la tua testa mozza qui cadrà.

Teodorico: Perchè tanta durezza contro il nano? E’ un nemico leale e un buon sovrano. Non permetto che qui, in presenza mia, gli si parli con tanta scortesia.

Matilde: Fratello, finalmente m’hai trovata! Ti ringrazio d’avermi liberata, però mi spiace che vi sia contesa fra te e Faustino, chè nessuna offesa ebbi da lui, che sempre mi onorò, e come una regina mi ospitò.

Teodorico: Hai parlato con senno e con giustizia, motivo più non v’è d’inimicizia. Abbiamo combattuto con onore, ora sia pace e cada ogni rancore.

Poldo: Io preferisco star per conto mio, piuttosto che venire a patti, addio!

Faustino: Ora che siamo amici, permettete che vi mostri il mio regno e le segrete ricchezze che contiene; mi sarà gradito offrirvi la mia ospitalità.

Narratore: Agli occhi stupiti dei cavalieri apparvero mirabili cose; il regno dei nani conteneva tesori inestimabili e opere d’arte di grandissimo pregio. Ebbe luogo un ricchissimo banchetto, rallegrato da canti e balli… ma a mezzanotte, mentre tutti dormivano, Poldo con una schiera di armati assalì di sorpresa il regno dei nani. Si accese una lotta terribile, ed alla fine, dopo alterne vicende, re Faustino fu vinto e fatto prigioniero. Lo chiusero in una vecchia casa solitaria e gli diedero Poldo per custode. La dura prigionia di Faustino durò per molti anni…

Poldo: Che freddo! Quanta neve!

Soldato: Vieni qui presso al fuoco. (Giocano a dadi e bevono birra)

Poldo: Che sonno! Dormo un poco seduto accanto al fuoco, tu veglia al posto mio.

Soldato: Così sia, ma ho sonno anch’io.

Faustino: Mi accosto piano piano al focolare, sulla cenere ardente consumare lascio la corda che mi tien legato… nessuno ha visto, ed io son liberato!

Faustino fugge, giunge nel giardino davanti al suo castello…

Faustino: Ecco le rose rosse del giardino, che splendono nel sole del mattino. Sono esse che han mostrato all’uomo indegno, la via per penetrare nel mio regno. In roccia muterò tutto il roseto, che diventi invisibile e segreto. Sia notte o giorno, pietra resterà, e nessun occhio umano lo vedrà.

Narratore: Ma nell’incantesimo Faustino aveva dimenticato il crepuscolo, che non è nè giorno nè notte… così ogni sera, dopo il tramonto, si rivedono le rose rosse del giardino incantato. Allora gli abitanti della montagna escono dalle loro capanne e guardano e ammirano e, per un attimo solo, nelle loro menti inconsapevoli, sorge una confusa intuizione del buon tempo passato, quando gli uomini non di odiavano nè si uccidevano, e tutte le cose erano belle e buone. 

(Di autore ignoto.)

Recite per bambini – Qua qua, attaccati là

Recite per bambini – Qua qua, attaccati là. Qualche anno fa, per la mia prima prima classe,  avevo messo in rima questa fiaba, che fa parte delle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino. Mi sono presa qualche licenza, ad esempio per me il papà del Tignoso non fa il ciabattino, ma lavora nella vigna (che fa rima con tigna… )…

Qua qua, attaccati là (la fiaba originale)

Un Re aveva una figlia, bella come la luce del sole, che tutti i principi e i gran signori l’avrebbero voluta in sposa, se non fosse per via del patto che aveva stabilito con suo padre.
Bisogna sapere che una volta questo Re aveva offerto un gran pranzo, e mentre tutti gli invitati ridevano e stavano in allegria, solo sua figlia rimaneva seria  e scura in volto. “Perchè sei così triste?” le domandarono i commensali. E lei: zitta. Tutti si provarono a farla ridere, ma nessuno ci riusciva.
“Figlia mia, sei arrabbiata?” le chiese il padre.

“No, no, padre mio.”
“E allora, perchè non ridi?”
“Non riderei nemmeno se ne andasse della mia vita.”
Al Re allora venne quest’idea: “Brava! Visto che ti sei così intestata a non ridere, facciamo una prova, anzi un patto. Chi ti vorrà sposare, dovrà riuscire a farti ridere.”
“Va bene, padre” disse la principessa, “Ma ci aggiungo questa condizione: che chi cercherà di farmi ridere e non ci riuscirà, gli sarà tagliata la testa”.
E così fu stabilito, tutti i commensali erano testimoni e ormai la parola data non si poteva più ritirarla.
La voce si sparse per il mondo, e tutti i principi e i gran signori volevano provare a conquistare la mano di quella Principessa così bella. Ma quanti ci provavano, tutti ci rimettevano la testa. Ogni mattina di buonora la Principessa si metteva sul poggiolo ad aspettare che arrivasse un pretendente. Così passavano gli anni, e il Re aveva paura di vedersi questa figlia andarsene in spiga come un vecchio cespo di insalata.
Ora accadde che la notizia capitò anche in un paesotto. Si sa che a veglia si vengono a sapere storie di tutti i generi, e così si parlò di quel patto della Principessa. Un ragazzo con la tigna in testa, figlio di un povero ciabattino, era stato a sentire a bocca aperta. E disse: “Ci voglio andare io!”
“Ma va’ là, tu! Non dire sciocchezze, figlio mio.” fece suo padre.
“Sì, padre, voglio andare a vedere. Domani mi metto in viaggio.”

“T’ammazzeranno, quelli non scherzano”
“Padre, io voglio diventare Re!”
“Sì, sì” risero tutti “un Re con la tigna in testa!”
L’indomani mattina, il padre non pensava nemmeno più a quell’idea del figlio, quando se lo vide comparire davanti e dire: “Allora, padre, io vado; qui tutti mi guardano brutto per via della tigna. Datemi tre pani, tre carantani (moneta di rame) e una boccia di vino.”
“Ma pensa…”
“Ho già pensato a tutto”, e partì.
Cammina cammina, incontra una povera donna che si trascinava appoggiandosi a un bastone. “Avete fame, padrona?”, le chiese il tignoso.
“Sì, figlio, e tanta. Avresti qualcosa da darmi da mangiare?”
Il tignoso le diede uno dei suoi tre pani, e la donna lo mangiò. Ma visto che aveva ancora fame, le diede anche il secondo, e poichè gli faceva proprio pietà, finì col darle anche il terzo.
E cammina cammina. Trova un’altra donna, tutta in stracci: “Figliolo, mi daresti qualche soldo per comprarmi un vestituccio?”

Il tignoso le diede un carantano; poi pensò che forse un carantano solo non bastava, gliene diede un altro; ma la donna gli faceva tanta pietà che le diede anche il terzo.
E cammina cammina. Incontra un’altra donna, vecchia, grinzosa, che se ne stava a lingua fuori dalla sete che aveva: “Figliolo, se mi dai un po’ d’acqua da bagnarmi la lingua, salvi un’anima del Purgatorio”.
Il tignoso le porse la sua boccia di vino; la vecchia ne bevve un po’ e lui la invitò a berne ancora, finchè non gliel’ebbe scolata tutta. Rialzò il viso, e non era più una vecchia, ma una bella fanciulla bionda, con una stella tra i capelli: “Io so dove vai, e ho conosciuto il tuo buon cuore perchè le tre donne che hai incontrato ero sempre io. Voglio aiutarti. Prendi questa bella oca, e portala sempre con te. E’ un’oca che quando qualcuno la tocca, stilla “Quaquà” e tu devi dire subito: ‘Attaccati là’.” E la bella fanciulla sparì.
Il tignoso continuò la strada portandosi dietro l’oca. A sera arrivò a un’osteria e, senza soldi com’era, si sedette fuori, su una panca. Uscì l’oste e voleva cacciarlo via, ma in quella capitarono le due figlie dell’oste e, vista l’oca, dissero al padre: “Ti prego, non mandar via questo forestiero. Fallo entrare e dagli da mangiare e da dormire”.
L’oste guardò l’oca, capì cosa avevano in testa le figlie e disse: “Bene, il giovane dormirà in una bella camera, e l’oca la porteremo nella stalla”.

“Questo poi no” disse il tignoso “l’oca la tengo con me; è un’oca troppo bella per stare in una stalla”.
Dopo mangiato, il tignoso andò a dormire e l’oca la mise sotto il letto. Mentre dormiva, gli parve di sentire un tramestio; e tutt’a un tratto l’oca fece “Quaquà”. “Attaccati là” gridò lui, e s’alzò per vedere.
Era la figlia dell’oste, che s’era avvicinata carponi, in camicia, aveva abbrancato l’oca per portarle via le piume e ora era rimasta appiccicata in quella posizione.
“Aiuto sorella! Vienimi a staccare!” gridò. Venne la sorella, in camicia anche lei, abbraccia la sorella alla vita per staccarla dall’oca, ma l’oca grida: “Quaquà”. E il tignoso: “Attaccati là!”, e anche la sorella resta lì attaccata.
Il giovane s’affacciò alla finestra: era quasi giorno. Si vestì e uscì dall’osteria, con l’oca dietro e le due figlie dell’oste attaccate. Per strada incontrò un prete. Vedendo le figlie dell’oste in camicia, il prete cominciò a dire: “Ah, svergognate! E’ così che si va in giro a quest’ora? Ora vi faccio vedere io!”. E giù una sculacciata.
“Quaquà!” fa l’oca.
“Attaccati là!” dice il tignoso, e il prete resta attaccato anche lui.

Continuano la strada, con tre persone attaccate all’oca. Incontrano un calderaio carico di casseruole, pentole e tegami. “Ah, cosa mi tocca di vedere! Un prete in quella posizione! Aspetta me!” E giù una bastonata.
“Quaquà!” fa l’oca.
“Attaccati là!” fa il tignoso, e ci resta attaccato anche il calderaio, con tutte le sue pentole.
La figlia del Re quella mattina era come al solito sul poggiolo, quando vide arrivare quella compagnia: il tignoso, l’oca, la prima figlia dell’oste attaccata all’oca, la seconda figlia dell’oste attaccata alla prima, il prete attaccato alla seconda, il calderaio con casseruole, pentole e tegami attaccato al prete. A quella vista la Principessa scoppiò a ridere come una matta, poi chiamò il padre, e anche lui si mise a ridere: tutta la Corte s’affacciò alle finestre e tutti ridevano a crepapancia.
Sul più bello della risata generale, l’oca e tutti quelli che c’erano attaccati sparirono.
Restò il tignoso. Salì le scale e si presentò al Re. Il Re gli diede un’occhiata, lo vide lì con la tigna in testa, vestito di mezzalana, tutto rattoppato, e non sapeva come fare. “Bravo, giovane” gli disse ” ti prendo per servitore. Ti va?”. Ma il tignoso non volle accettare: voleva sposare la Principessa.

Il Re, per prendere tempo, cominciò a farlo lavare bene, e vestire da signore. Quando si ripresentò, il giovane non si riconosceva più: era tanto bello che la Principessa se ne innamorò e non vide più che per gli occhi suoi.
Per prima cosa, il giovane volle andare a prendere suo padre. Arrivò in carrozza, e il povero ciabattino si stava lamentando sulla soglia della porta, perchè quell’unico figlio lo aveva abbondonato.

Lo portò alla Reggia, lo presentò al Re suo suocero e alla Principessa sua sposa e si fecero le nozze.

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Recite per bambini – Qua qua, attaccati là

In rima per una recita

Narratore:
Un Re aveva una figlia più bella di una rosa,
tutti i principi e i gran signori
l’avrebbero voluta in sposa
ma tanto tempo fa ad una festa
di non ridere si era messa in testa

Re:
Tutti ci provano a farti divertire
ma nessuno ci sembra riuscire
ordino che il primo che ce la farà
come premio in sposa ti avrà!

Principessa:
Va bene padre, ma aggiungo una richiesta
a chi fallirà taglierai la testa.

Narratore:
La notizia circolò rapidamente
e ogni giorno arrivava un pretendente.
Niente.
Il tempo passava
e il Re si disperava
neanche un piccolo sorriso
si affacciava su quel viso
e temeva che la figlia tanto bella
sarebbe rimasta per sempre zitella.
Ora accadde che passando di bocca in bocca
la notizia arrivò ad una bicocca
di un contadino che lavorava la sua vigna
col suo ragazzo che in testa avea la tigna.

Tignoso:
Dalla Principessa ci voglio andare io!

Contadino:
Va’ là, non dir sciocchezze, figlio mio!
Tignoso:
Sì, padre, domani partirò!

Contadino:
T’ammazzeranno, mai più ti rivedrò.
Tignoso:
Padre, io sarà Re, e tu verrai alla festa…

Contadino:
Sì, un Re con la tigna in testa!

Narratore:
La mattina seguente il contadino
non ricordava più l’idea del ragazzino
quando gli comparì davanti e prese a dire:

Tignoso:
Padre, io ti saluto, ho da partire
Dammi tre pani, vino e tre denari.

Contadino:
Pensaci figlio, ti uccideran domani!
Tignoso:
Ho già pensato, padre tanto amato,
ma mentre tu lavori nella vigna
tutti mi guardan storto per la tigna…

Narratore:
Il ragazzo comincia il suo cammino
e una povera donna gli si fa vicino
il viaggio della vecchia è assai penoso
e compassione muove nel tignoso

Tignoso:
Avete fame, povera comare?

Vecchia uno:
Sì caro, e tanta. Hai da mangiare?

Narratore:
Il tignoso le porse uno dei pani
la donna se lo prese tra le mani
lo mangiò, ma ancor non era sazia
seppur felice di cotanta grazia:
voi penserete forse ad uno scherzo,
finì col darle anche il secondo e il terzo.
E cammina, cammina, cammina
un’altra donna al tignoso s’avvicina
mal vestita, di stracci ricoperta
dice al tignoso con voce sofferta:

Vecchia due:
Figliolo, qualche soldo mi puoi dare
chè un vestituccio mi possa comprare?

Narratore:
il tignoso le diede un carantano
poi le allungò il secondo nella mano
e vide così povera e indifesa
che anche il terzo le donò con sua sorpresa.
E cammina cammina cammina
ora un vecchia al tignoso di avvicina
dalla gran sete con la lingua fuori.

Tignoso:
Povera vecchia, se tu non bevi muori!

Narratore:
il tignoso le porge la sua brocca
il vino già le scorre nella bocca
la la invita a berne un altro sorso
lei gliela vuota senza alcun rimorso
ma quando poi finito ebbe di bere
il tignoso un gran prodigio ebbe a vedere:
era una fanciulla bionda e bella
e tra i capelli d’oro avea una stella!

Fata:
So dove vai e vincerai sicuro
so di certo che il tuo cuore è puro
io ero le tre donne che hai aiutato
e ho deciso che vai ricompensato.
Prendi quest’oca dal bianco piumaggio
e portala con te lungo il tuo viaggio
e se qualcuno te la toccherà
la sentirai stillare “Quaquaquà”

Tignoso:
E se strilla che cosa devo fare?

Fata
“Attaccati là” presto dovrei gridare.

Narratore:
Il tignoso riprese il suo cammino
tenendo sempre l’oca a lui vicino.
A sera arrivò ad un’osteria
ma senza soldi, ne ne restò per via.
Uscì l’oste a cacciare il forestiero
ma alle sue figlie balenò un pensiero

Figlie:
Diamogli da mangiare e da dormire
mentre lui dorme l’oca può sparire…

Narratore:
Dopo aver mangiato e senza alcun sospetto
il tignoso prese sonno con l’oca sotto il letto.
Mentre dormiva ebbe un balzo al cuore:
nella sua stanza c’era un gran rumore

Oca: Quaquaquà
Tignoso: Attaccati là!

Narratore
La figlia dell’oste in camicione
voleva compier la cattiva azione
carponi sotto il letto s’era intrufolata
ed ora all’oca era rimasta appiccicata

Figlia uno: Aiuto sorella, vienimi a salvare!
Figlia due: Arrivo, arrivo, smetti di strillare!

Oca: Quaquaquà
Tignoso: Attaccati là!

Narratore:
E per voler salvare la sorella
rimase appiccicata pure quella.
Il tignoso si vestì e uscì dall’osteria
davanti a quella strana compagnia
di due ragazze ancora in camicione
appiccicate all’oca in quella posizione.
E cammina cammina cammina
a loro un sacerdote si avvicina…

Prete: Ah, svergognate, in camicia da notte!

Narratore:
E si avvicina per dar loro le botte

Oca: Quaquaquà
Tignoso: Attaccati là!

Narratore:
la mano che stava per dar la sculacciata
al sedere della ragazza rimase appiccicata.
E cammina cammina cammina
un pentolaio adesso si avvicina
e vedendo un prete in quella situazione
si arrabbia e vuole dargli una lezione

Pentolaio:
Ma guarda che mi tocca di vedere
un prete tocca una donna sul sedere!

Narratore:
E giù un bel colpo di bastone

Oca: quaquaquà
Tignoso: Attaccati là!

Narratore:
Il pentolaio con tutta la mercanzia
si aggiunge a quella strana compagnia.
La Principessa affacciata tristemente
al suo poggiolo, attendeva un pretendente
quando vide arrivare in fila indiana
quella strana sgangherata carovana:
un povero tignoso davanti a un’oca bella
una ragazza in camicione e dietro sua sorella
un prete che la toccava sul sedere
e il pentolaio con i suoi attrezzi del mestiere.
A quella vista la Principessa scontrosa
scoppiò in una risata fragorosa
chiamò suo padre, e anche lui non si trattenne
tutta la corte rideva a crepapelle.
E sul più bello del riso generale
sparì l’oca col suo corteo da carnevale.
La Principessa vide il tignoso avanti a sè
salir le scale e presentarsi al Re.
Egli lo vide così brutto e rattoppato

Re:
Quel che è giusto ti verrà dato
a mia figlia hai ridato il buon umore
per premio diverrai mio servitore

Narratore:
Ma il tignoso non volle accettare
la Principessa voleva sposare
E per prendersi il tempo di pensare
il Re gli ordinò intanto di andarsi a imbellettare.
Quando davanti a loro si ripresentò
la Principessa se ne innamorò
così bello era diventato quel tignoso
che ora lo amava e lo voleva in sposo.

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