Poesie e filastrocche su SAN FRANCESCO

Poesie e filastrocche su SAN FRANCESCO – una collezione di poesie e filastrocche su San Francesco, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

San Francesco
A quei che avean sol cenci, ai poverelli
parlava come a teneri fratelli:
Dicea: “Se fame vi rimorde e sete,
vostro è il mio pan, vostro è il mio vin, prendete”.
E il bianco pan, l’alfore colme, i vari
panni, le fibbie, i nitidi calzoni,
la morbida e sottil giubba di seta,
tutto ei donava con faccia lieta,
fin la cintura pallida d’argento…
E più donava e più vivea contento! (A. S. Novaro)

San Francesco
Parlava alle cicale,
predicava agli uccelli,
e l’albero e l’arbusto
erano suoi fratelli.
Le agnelle al suo passare
accorrevano liete,
le tortore selvagge
rendeva mansuete.
Ai lupi furiosi
donava la dolcezza,
tanta virtù gentile
avea nella carezza. (G. Salvatori)

L’amore di San Francesco per le creature
Agli uomini con elmo e con corazza,
con la spada al fianco e la ferrata mazza,
diceva: “Il cielo nessuna guerra vuole,
vuol che vi amiate sotto il dolce sole.
La tortorella mai non piange sola:
presso ha il compagno che la racconsola;
le piccole api fanno le cellette
concordi, e ognuna un po’ di miele mette,
le rondinelle vanno per miglia e miglia,
concordi, e ognuna un chicco solo piglia.
Amatevi anche voi, dunque! Lasciate
il ferro e l’ira! Amatevi e cantate!”
E a quei che aveano solo cenci, ai poverelli,
parlava come a teneri fratelli.
Diceva: “Se fame vi morde, o sete,
vostro è il mio pane, vostro il mio vin: prendete!”
E il bianco pan, l’anfore colme, i rari
panni, le fibbie, i nitidi calzari,
la morbida e sottil giubba di seta;
tutto donava egli con faccia lieta:
fin la cintura di forbito argento:
e più donava, e più ridea, contento.
Ma quando nulla gli rimase addosso
fuor che un bigello assai ruvido e grosso,
a mo’ d’uccel che frulla, in un giocondo
impeto, uscì cantando in mezzo al mondo:
Lodato sia il Signore
a tutte l’ore!
Lodato sia che alzò i turchini cieli,
che dai notturni veli
delle tenebre oscure
cavò le palpitanti creature.
Cavò dal buio il sole,
il mio fratello sole!
Grande lo fe’, magnifico, raggiante,
a sè somigliante.
Lodato sia con mia sorella luna.
Bianca la fece il mio signor come una
perla del mare,
e di gemmette rare
la volle incoronare!
Lodato sia col mio fratello fuoco.
Egli è robusto, allegro, ardimentoso:
veglia nell’ombra e non ha mai riposo;
monta ostinato e non si stanca al gioco.
Lodato sia con mia sorella acqua.
Pura la volle Iddio, semplice e casta;
serve all’uomo preziosa,
bacia i fioretti, e fugge vergognosa.
Lodato sia col mio fratello vento,
col nuvolo e il sereno ad ogni tempo
onde ha ogni vita il suo sostentamento.
Lodato sia con la mia madre terra:
assai tesori ella nel grembo serra,
e porta i frutti e la foresta acerba,
i fior, gli uccelli coloriti, e l’erba.
Mettete le ali al cuore
e lodate il Signore.
Così cantava; e su gli eretti steli
rideano i fiori, e gli uomini crudeli
sentiano il cuor puro e leggero farsi;
e i ruscelletti alla campagna sparsi
muovevan lesti ad abbracciargli il piede
come un fanciul che a un tratto il babbo vede:
e le irrequiete rondini dai tetti
facean silenzio; e più, pe’ chiari e schietti
azzurri, a volo discendevano calme
a passeggiargli su le aperte palme.
Così cantava da mattina a sera;
e quando il buio intorno al capo gli era,
sul nudo suol che gli facea da cuna
dormia sognando la sorella luna.

(A. S. Novaro)

La predica agli uccelli
Francesco, andando con la compagnia,
alberi vide ai lati della via
ed una moltitudine di uccelli
che piegavano col peso i ramoscelli.
“Fratelli miei, voi grati esser dovete
a chi vi fece creature liete”.
Mentre Francesco così stava a dire,
loro battevan l’ali quasi ad applaudire,
e abbassavano le brune testoline
e allegrezza mostravan senza fine.
Poi disse loro “Andate!”
e a quella dolce voce
in aria si levarono festanti
e si sentivano meravigliosi canti. (F. Salvatori)

San Francesco e il lupo

Viveva un dì, narra un’antica voce,
intorno a Gubbio un lupo assai feroce
che aveva denti più acuti dei mastini
e divorava uomini e bambini.
Dentro le mura piccole di Gubbio
stavan chiusi i cittadini e in dubbio
ciascuno della vita. La paura
non li faceva uscire dalle mura.
E San Francesco venne a Gubbio e intese
del lupo, delle stragi, delle offese;
ed ebbe un riso luminoso e fresco,
e disse: “O frati, incontro al lupo io esco!”
Le donne aveano lacrime così
grosse, ma il santo ilare e ardito uscì.
E a mezzo il bosco ritrovò il feroce
ispido lupo, e con amica voce
gli disse: “o lupo, o mio fratello lupo,
perchè mi guardi così ombroso e cupo?
Perchè mi mostri quegli aguzzi denti?
Vieni un po’ qua, siedimi accanto, senti:
io so che tu fai molto male a Gubbio
e tieni ogni della vita in dubbio,
e so che rubi e uccidi e non perdoni
nemmeno ai bimbi, e mangi i tristi e i buoni;
orbene, ascolta: com’è vero il sole
cioè che tu fai è male. Il ciel non vuole.
Ma tu sei buono, e forse ti ha costretto
a ciò la fame. Ebbene, io ti prometto
che in Gubbio avrai d’ora in avanti il vitto:
ma tu prometti essere onesto e dritto
e non dare la minima molestia:
essere, insomma, una tranquilla bestia.
Prometti, dunque tutto questo, di’?”
E il lupo abbassò il capo, e fece: “Sì”
“Davanti a Dio tu lo prometti?” E in fede
il lupo alzò molto umilmente il piede.
Allora il santo volse allegro il passo
a Gubbio; e il lupo dietro, a capo basso.
Il Gubbio fu grande festa, immensi evviva:
scoppiò la gioia e fino al ciel saliva.
E domestico il lupo entro rimase
le chiuse mura e andava per le case
in mezzo ai bimbi come un vero agnello
e leccava la gota a questo e a quello.
E poi morì. E fu da tutti pianto
e seppellito presso il camposanto.

(A. S. Novaro)

 La leggenda di Fra Cipresso

Per il cielo, pianametne
(era un tuo mattino, aprile),
ascendea benedicente
San Franscesco tutto umile
ne la dolce chiarità.
Lunga ed aspra era la via
in fra i rovi e fra le spine.
Quante spine! Egli via via
le mutava in roselline
che spiccavano qua e là.
Pianamente il Santo andava,
ch’era a fin del suo viaggio:
ogni arbusto si inchinava
reverente al suo passaggio,
domandando: “Chi sarà?”
Proseguiva il Santo, ed ecco
s’impigliò la veste un poco:
c’era un ramo rotto, secco.
Pensò allora “Frate fuoco
per sua preda oggi l’avrà”.
Era un ramo di cipresso:
lo raccolse il poverello,
si servì, contento, d’esso
qual di forte bastoncello,
fido amico per chi va.
Ma su fuoco del convento
no, non arse il vecchio ramo;
si contorse, quasi il vento
gli fischiasse un suo richiamo
da le azzurre immensità.
E le foglie gialle e trite
non s’accesero, no, d’oro:
si piegarono, stecchite,
scricchiolando, quasi in coro,
domandassero pietà…
Passò allora ne gli azzurri
occhi del santo una visione:
udì canti, udì sussurri,
vide tante cose buone
per un atto di bontà,
e da fuoco trasse il ramo.
Disse: “Vuol vivere, e anch’esso
vegetare, il ramo gramo!
crescerai, frate cipresso,
ne la mia comunità!”.
E, ne l’orto mite e breve,
lo piantò con le sue mani;
ed il ramo secco, lieve,
mise rami, rami, rami…
fu un colosso: e ancora è là.
Là si culla ne l’azzurro;
ogni ramo ci ha il suo nido,
ogni ramo ha il suo sussurro,
ogni nido ci ha il suo grido
di bellezza e di bontà.
Là, nel quieto orto dimesso
dolce e vigile cantore,
vive ancor, frate cipresso;
ed è il frate che non muore
nella pia comunità. (Giuseppe Nanni)

San Francesco
Dolce era l’aria e limpido il mattino
e passava nel ciel più d’un uccello,
e allegramente si mise in cammino
per la Marca d’Ancona un fraticello.
Egli cantava una canzon gioconda,
quella che aveva fatto da se stesso
mentre, nascosto in una verde fronda,
qualche usignol gli rispondea sommesso.
E il venticello gli girava attorno
e gli portava il buon profumo fresco
tolto un po’ prima che facesse giorno
al bosco e all’orticello, al pino e al pesco.
E le cincie calando alla campagna,
seguendo i raggi rapidi del sole;
“Non sei per caso quello che a Bevagna
ci disse tante tenere parole?”
E i fiorellini si volgeano verso
i piedi suoi che non facean già male,
quasi essi pure ad ascoltare il verso
che uscia dai labbri armonioso e uguale.
E il sole che avea il santo odor del cielo,
e il sol che avea il buon odor del bosco,
gli facea dire da un suo raggio anelo:
“Sei tu quel di San Damiano, ti conosco”.
L’altro diceva: “Sì, sono quello”,
con un accento semplicetto e gaio,
e palpitava il cuor del fraticello,
il dolce cuore dentro il rozzo saio.
Tutte le cose dal buon Dio create
cantava con inchini e con sorrisi
il fraticello che avea nome Frate
Francesco, ed era di lassù, d’Assisi. (M. Moretti)

Il cantico delle creature
Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue creature,
specialmente il fratello Sole,
che reca il giorno: Tu per suo mezzo ci illumini
ed egli è bello e raggiante con grande splendore,
di Te Altissimo porta significazione.
Laudato sìì, mio Signore, per sora Luna e le stelle:
Tu le hai formate in cielo, chiare preziose e belle.
Laudato sii mio Signore, per frate Vento
e per l’aria e il nuvolo e il sereno ed ogni tempo
col quale alle tue creature dai sostentamento.
Laudato sii, mio Signore, per frate Foco
con il quale tu illumini la notte:
egli è bello, e giocondo e robusto e forte.
Laudato sii per nostra madre Terra,
la quale ne sostenta e ne governa,
e produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba.
Laudato sii per quelli che perdonano pel tuo amore
e sostengono infermità e tribolazione.
Beati quelli che le sosterranno in pace,
che da Te, Altissimo, saranno incoronati. (San Francesco)

Poesie e filastrocche su San Francesco – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici SAN FRANCESCO

Dettati ortografici SAN FRANCESCO – Una collezione di dettati ortografici su San Francesco, di autori vari, per la scuola primaria.

San Francesco era ricco e si fece povero. Vedeva in tutte le cose grandezza e bontà. Amava tutte le creature: le piante, i fiori, le erbe, il fuoco che riscalda e illumina, l’acqua che corre, canta, lava, disseta. Parlava agli uccelli, alle cicale, ai pesci. E le creature lo amavano, capivano le sue parole e lo seguivano.

San Francesco

Vi era in quel tempo molto odio nella città fra uomini e famiglie; le strade erano spesso insanguinate per zuffe feroci, di cui sola causa erano superbia ed egoismo. E Francesco parlò di carità, di amore, di umiltà, di pace. Prima fu deriso e maltrattato; poi la sua bontà e la sua dolcezza invincibili, l’amore accorato con cui parlava algi uomini che non erano buoni e non sapevano amare, vinsero i cuori più duri e in molti entrò la pace, e molti lo seguirono.

San Francesco

Un giorno San Francesco incontra un giovane che va a vendere delle tortore. Francesco lo guarda con occhio pietoso, ha timore che esse vengano poi uccise da persone crudeli e chiede al giovane le care bestiole. Il giovane regala le tortore a Francesco, che le porta al convento, ed esse, senza gabbia, stanno libere assieme ai frati, libere e felici fino a che Francesco dà loro il permesso di andar via.

Dettati ortografici SAN FRANCESCO

Dove compariva, l’aria fioriva tutta di miracoli limpidi. Un giorno San Francesco andava con alcuni dei suoi frati verso Alviano, un paesello, per predicare e convertire quella gente. Arrivato in paese, salì su un muretto della piazza dove c’era il mercato. Domandò il silenzio e incominciò. Tutti zitti e attenti.

Ma poichè si era d’aprile, il cielo era pieno di rondini che volavano attorno alle torri dove avevano i nidi, garrivano, garrivamo come delle matte, fino a disturbare il predicatore. Francesco allora si voltò alle rondini e disse: “Sorelle rondini, avete già parlato abbastanza. Ora state zitte, perchè devo parlare io”.

Come se fossero tanti cristiani, quelle rondini capirono a volo e, raccoltesi tutte sulle gronde delle case vicine, stettero lì ferme e quiete sino all’ultimo. Finita la predica, la gente di Alviano si raccolse tutta attorno a Francesco acclamandolo e dicendo “Quest’uomo è un santo”. C. Angelini

San Francesco

Il 4 ottobre dovrebbe essere giorno di festa per tutti gli animali. Tanti anni fa, infatti, proprio il 4 ottobre, andò in cielo San Francesco, il miglior amico degli animali.

Egli diceva: “Noi siamo tutti figli dello stesso Padre, il buon Dio che è in cielo, che è il creatore di tutte le cose: il sole. la luna, i fiori del prato, gli uomini e tutti quanti gli animali.”.

Così dunque egli chiamava il bianco bue: “Fratello bue!”. E il piccolo asino: “Fratello Asino!”. E la gallinella nera: “Sorella Gallina!”. E l’anitra chiacchierona: “La mia cara sorella Anitra, che parla troppo!”.
P. Worm

Dettati ortografici SAN FRANCESCO

Una volta san Francesco, mentre con i suoi compagni si trovava a passare vicino alla cittadina di Brevagna, vide una moltitudine di uccelli posata sugli alberi che fiancheggiavano la via ed altri ancora intenti a beccare in un campo vicino.

Il santo si rallegrò alla vista di quelle innocenti bestiole; entrò nel campo e, mentre gli uccellini facevano circolo intorno a lui, alzò la scarna mano nel segno della benedizione e così parlò: “Fratelli miei uccellini, infinita è la riconoscenza che voi dovete avere verso Dio, vostro creatore, e continue lodi dovete fare di Lui, che vi ha dato il permesso di volare liberamente in ogni luogo.

Voi non seminate nè mietete, ma c’è Iddio che provvede al vostro nutrimento e dà fiumi e fonti perchè possiate bere. Vi dà, inoltre, le alte piante per costruire i vostri nidi e, benchè non sappiate filare nè cucire, Egli vi veste riccamente. Non peccate, quindi, di ingratitudine verso di Lui che tanto vi ama e studiatevi di lodarLo sempre”. Nell’udire queste parole, tutti gli uccelli cominciarono ad aprire i becchi, a muovere le alucce, a chinare il capo verso terra, a dimostrare, con atti e canti, che frate Francesco procurava loro gran gioia.

Finita la sua predica, il Santo diede agli uccellini il permesso di andarsene: e quelli, allora, si levarono in aria con meravigliosi canti e poi si divisero in quattro schiere: una diretta ad Oriente, un’altra ad Occidente, una terza verso Sud e la quarta verso Nord. (da “Fioretti di San Francesco”)

San Francesco

San Francesco saliva un giorno lentamente per la collina. Al suo passare le spine diventavano rose e i fiori si inchinavano. Ed ecco, un ramo secco di cipresso si impigliò nella tonaca del santo. San Francesco, tutto contento, prese con sè il ramo, pensando di farne un bel fuoco.

Appena fu giunto al convento, buttò il ramo secco nel grande camino; ma il ramo non volle ardere. San Francesco, allora, lo levò dal fuoco dicendo: “Tu vuoi vivere, fratello.

Bene, ti pianterò nel mio orto; crescerai, diventerai un grande albero, metterai tanti rami, e gli uccellini vi costruiranno il nido e canteranno lietamente. Infatti, con le sue stesse mani, il santo piantò il ramo secco e bruciacchiato nel suo piccolo orto; e il ramo mise le radici, crebbe, diventò alto alto.

Per anni e anni fu gran festa di voli e di canti. Oh, quante uova furono deposte! Quante si schiusero nei caldi nidi sostenuti dagli intricati e forti ram del cipresso, piantato dalle mani del santo! (N. Oddi Azzanesi)

San Francesco

Fra tutte del creature del mondo, San Francesco amava di più gli uccelli, bestiole innocenti; e, tra gli uccelli, l’allodola. E sapete perchè? Perchè, diceva, l’allodola è un uccellino senza superbia, che si accontenta di mangiare quello che capita, perfino un piccolo chicco di frumento che trova in mezzo al letame. E dopo aver mangiato tutto quello che le capita, che fa l’allodola? Sempre contenta, se ne sale in alto nel cielo, e comincia a cantare il suo ringraziamento… (G.. E. Nuccio)

San Francesco e gli uccelli

Un giorno, mentre Francesco predicava, sentì che le rondini, con le loro strida, coprivano la sua voce. Dolcemente egli disse loro di tacere e quelle tacquero finchè egli non finì di predicare. Nello stesso posto, scorgendo in quel prato moltissimi uccelli, Francesco rivolse loro la parola e quelli si affollarono intorno a lui per ascoltarlo e quando egli ebbe terminato il suo parlare, si sparsero per il cielo in direzione della croce che il santo aveva tracciato nell’aria. (M. Menicucci)

Dettati ortografici SAN FRANCESCO Un giorno di festa

C’è un giorno in cui tutti gli animali del mondo possono ballare, ridere, cantare ed è loro concesso ciò che vogliono mangiare. Ogni anno, il 4 ottobre, è il gran giorno di festa per tutti gli animali. Ma perchè il 4 ottobre? Perchè la notte prima, un uomo, il più grande amico delle creature, andò in cielo. Quest’uomo era San Francesco. Non è questa una ragione per fare festa, una grande festa? Ed è la festa di tutte le creature, perchè egli chiamava tutte le creature  suoi fratelli e sorelle. Egli diceva: “Noi siamo tutti figli dello stesso padre: il sole, la luna, i fiori del prato, gli uomini e tutti gli animali”. Così era il poverello, sempre lieto e felice. (P. Worms)

San Francesco

La pietà di San Francesco per le bestie era infinita e senza esclusione. Gli agnelli belanti portati al mercato gli ferivano il cuore, e li riscattava vendendo il suo grande cappuccio, anche a costo di battere i denti dal freddo. Faceva dare miele e vino, d’inverno, alle api perchè il freddo non le uccidesse. Incontrando i vermi per strada li raccoglieva e li metteva da parte perchè non fossero calpestati. (L. Salvatorelli)

San Francesco d’Assisi

Tra le belle brigate d’Assisi che passavano la notte cantando e musicando, egli era il più ardente e il più ardito. Lo chiamavano “il fiore della gioventù”. Ma un bel giorno Francesco parve stanco di questa giovinezza dorata, sentì noia di festini e di feste, di tornei e cortei, e divenne solitario e pensoso. Che cosa era mai accaduto? Aperto a caso il vangelo, aveva letto l’invio che Gesù fa al giovane ricco di lasciare ogni cosa diletta e di seguirlo nell’umile povertà.
Francesco, che aveva cuore generoso, l’intese come una chiamata. Lasciò brigate e fondachi, si spogliò di ogni cosa che apparteneva al padre, e fu tutto preso della povertà. (Cesare Angelini)

San Francesco

Il ricco Francesco, fattosi poverello per amore, andò mendicando di uscio in uscio, accettò l’ospitalità della buona gente, non curò l’ira dei suoi familiari nè il disprezzo degli altri.
Fu uno dei più grandi imitatori di Gesù. Tutto sentì fraternamente: il sole, il vento, il fuoco, l’aria e l’acqua, la tortorella e il lupo, e lodò Dio a nome di tutte le creature in un suo inno al sole, “che è bello e radiante con grande splendore”.  (Cesare Angelini)

Il santo poeta

Il santo poeta è da molti secoli nella memoria degli uomini e la sua poesia è ormai nella natura stessa. Francesco d’Assisi non è solo un santo che si veneri nelle chiese; è il poeta che noi sentiamo e veneriamo davanti a tutte le cose belle. Tutto ciò che vive e palpita sulla terra, dal cuore dell’uomo alla venatura di una foglia. Francesco amava col fervore più materno, col trasporto più ingenuo. (M. Moretti)

Dettati ortografici SAN FRANCESCO
Nacque in Assisi nel 1182, da un ricco mercante di stoffe, Pietro Bernardone, e da una nobildonna provenzale, chiamata Pica. Trascorse la giovinezza tra i divertimenti, la musica e la vita delle armi.

Durante una malattia, a Spoleto, ebbe una visione che gli rivelò la sua vocazione: “…non al servizio degli uomini, ma al servizio di Dio”. Si recò a Roma in pellegrinaggio e, sulla porta di San Pietro, distribuì tutto ciò che aveva ai poveri; ritornò in Assisi in veste da mendicante.

La gente prese a schernirlo; il padre lo rinchiuse in casa, poi lo trascinò davanti ai Consoli della città. Francesco fu irremovibile. In presenza del vescovo di Assisi, si spogliò degli abiti, rinunciò ai beni paterni, indossò una specie di sacco (con un foro per lasciar passare la testa e con una croce cucita sulla parte posteriore) e si dichiarò, misticamente, sposo di Madonna Povertà.

Il suo esempio, la sua virtù, la sua parola, che predicava pietà, amore, pace e salvezza per le anime, attrassero gli umili e li consolarono, mentre si univano a lui i primi discepoli, che presto divennero moltissimi. Allora Francesco dettò una regola per sè e per loro; Papa Innocenzo III la approvò nel 1210.

San Francesco scelse come sede la Porziuncola vicino ad Assisi, attorno alla quale sorsero le umili capanne dei frati suoi seguaci. Francesco si recò missionario in Oriente. Ritornato in patria, nel 1224 salì in ritiro e in preghiera sul monte della Verna e qui ricevette le sacre stimmate.

Predicò e compì miracoli; finchè, vinto dal male, dalle fatiche, dalle terribili privazioni, e sentendo vicina la morte, si fece portare alla Porziuncola dove, nella notte fra il 3 e il 4 ottobre 1226, morì. Nel 1228, Papa Gregorio IX lo proclamò santo.

Nel 1230, il corpo di San Francesco fu traslato trionfalmente in Assisi e sepolto dove oggi sorge la basilica a lui dedicata. (G. D’Alesio)

San Francesco
Il nostro grande poeta Dante Alighieri dice che con San Francesco d’Assisi “nacque al mondo un sole”. Un sole! L’immagine non poteva essere più ampia, nè più vera, perchè la luce di Francesco che tiene ancora estatica Assisi tra l’avorio delle sue pietre e il suo cielo felice, illuminò e illumina tutta l’Umbria, e l’Italia, e il mondo intero. Si sente che, parlando di lui, si parla dell’uomo che più si è avvicinato a Gesù, nella santità della vita, tutta ardore per Dio, tutto amore per il prossimo.
Il bisogno della letizia era sempre vivo in san Francesco e nella sua predicazione. Egli tutto sentì in modo nuovo e fraterno: il sole e il vento, il fuoco e l’acqua e l’aria, la luna e le stelle, le tortorelle e il lupo; e, a nome di tutte le creature, lodò Dio in un suo inno al sole, che è bello e raggiante con grande splendore. (C. Angelini)

Dettati ortografici SAN FRANCESCO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

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