Educazione libertaria

[wpmoneyclick id=88399 /]Francesco Codello, dirigente scolastico di Treviso, da anni impegnato nella ricerca storico-educativa, è autore di numerosi articoli e saggi apparsi su diverse riviste, animatore dell’I.D.E.N. (International Democratic Education Network) in Italia e redattore della rivista «Libertaria». http://www.educazionelibertaria.org/ 

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Arriva il bambino a una dimensione

di Francesco Codello

I sistemi educativi nelle società del primo mondo stanno formando nuovi soggetti. Adatti alle esigenze della New-economy e alla divisione internazionale del lavoro. L’apprendimento deve quindi essere necessariamente e utilmente parcellizzato. Un processo che determina la formazione di una mente duttile, elastica, flessibile, assoggettata a una funzione di dominio e potere che si regge sull’assenza di principi come la libertà e la diversità. Questa è la riflessione che propone Francesco Codello, dirigente scolastico a Treviso e studioso dei problemi dell’educazione.

Chiunque si accinga a riflettere sulla personalità infantile non può che constatare come progressivamente, ma decisamente, i ragazzi abbiano ormai uno sviluppo precoce di tutte le abilità cognitive.
Bambini e ragazzi di entrambi i sessi, infatti, presentano una spiccata maturazione della sfera razionale e logica della loro personalità, che interessa soprattutto l’ambito cognitivo e intellettuale.
Questo fatto incontrovertibile emerge chiaramente da tutte le analisi, le osservazioni e gli studi psicologici, pedagogici, sociali che sono stati pubblicati in questi ultimi anni, ma anche dall’osservazione sistematica che genitori e insegnanti fanno quotidianamente nei vari contesti educativi.

L’intellettualizzazione dello sviluppo della personalità è ormai un dato incontrovertibile che evidenzia un abbassamento precoce e un anticipo dell’età nella quale ogni bambino sviluppa performance intellettive.

Tutta l’organizzazione sociale dell’infanzia ruota attorno a questa impostazione:
– anticipo dell’età della scolarizzazione ai tre anni;
– organizzazione del tempo libero improntata a un «arricchimento delle opportunità formative»;
– invasione pressante della tecnologia audio-visiva tanto da provocare una diffusa intossicazione tecnologica;
– decisa impostazione pedagogica dei programmi e dei curricoli scolastici in senso cognitivo-efficentista;
– frammentazione sistematica delle modalità di insegnamento e ricerca di modelli organizzativi della didattica che rispondano a criteri di produttività;
– intera organizzazione del sapere scolastico improntata a una logica economicistico-industriale;
– filosofia del tempo come opportunità di accumulazione di nozioni ed esperienze intellettive;
– assenza di spazi e tempi nei quali non vi sia presenza organizzata di adulti;
– radicale espulsione di fatto da ogni esperienza formativa di attività pratiche, manuali e corporee;
– progressiva trasformazione della famiglia da luogo deputato all’educazione (autoritaria) a nucleo di assimilazione e consumo.

Questo quadro produce inevitabilmente la nascita del bambino a una dimensione, quella cognitivo-intellettiva appunto, contribuendo in maniera decisiva alla formazione di personalità assolutamente disarmoniche.

Bambini e ragazzi si distanziano sempre più da una propria autonoma personalità, da un individuale stare al mondo, da un distacco esistenziale e conscio dalla massificazione. Ciò si manifesta in vari modi: prolungamento della permanenza in casa fino a età più avanzate, perdita di abilità e competenze elementari, dipendenza da modelli determinati non più dalla famiglia ma dal «branco», …

Questa anticipazione dello sviluppo cognitivo, unitamente alla progressiva esclusione degli altri aspetti della personalità, forma individui monodimensionali che ben si inseriscono però nel contesto socio economico e culturale dei Paesi post-industriali del nord del mondo e nell’occidente capitalista.

Il processo di globalizzazione, che altro non è se non un nuovo feudalesimo culturale, si fonda proprio sui presupposti della divisione internazionale del lavoro conseguenza logica del primato della conoscenza intellettiva su quella operativa.

Lo stesso ruolo dell’insegnante viene modificato da questo processo producendo uno spostamento radicale delle sue funzioni sociali. La scuola, in virtù della precoce scolarizzazione, diventa sempre più l’istituzione totale per eccellenza, contenitore esclusivo del processo istruttivo.

L’esperienza dominante e tipica si risolve nella scuola in apprendimento intellettivo e astratto, in spazio di consumo e fruizione di conoscenze e nozioni, in unicità e settorialità di sviluppo della personalità. L’insegnante, l’educatore, diventa pertanto sempre più tecnico specifico di una disciplina. Ha perso completamente la sua funzione sociale di coscienza critica, di intellettuale disorganico della società.

La scuola deve formare la «risorsa umana», che in quanto riconosciuta e definita come tale, viene assimilata alle altre «risorse» e acquisisce lo stesso valore. L’economia è economia della conoscenza, risorsa principale della New-economy.

Il sapere esclusivo diventa il veicolo e lo strumento per la formazione del privilegio: padroneggiare e commercializzare il «saper sapere», una struttura metodologica che consenta di imparare ad imparare.  Soltanto chi possiede una capacità meta-cognitiva è in grado di pensarsi o come dominatore o come contestatore.

Insomma un nuovo dominio viene formandosi basato sulla centralità e sull’importanza della formazione strutturale dell’uomo a una dimensione.

Vale la pena sottolineare come questo impianto sociale produca l’affermarsi del valore della tolleranza (vale a dire l’accettazione passiva dell’altro.) e non della solidarietà, che implica esattamente il contrario della passività.

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Scuole democratiche e scuole libertarie

Intervista a Francesco Codello.
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/332/25.htm

Qual è l’origine di questa corrente delle scuole democratiche, dov’è nata e per iniziativa di chi? Nella sua origine storica, si può dire che la prima scuola democratica mai istituita sia quella di Summerhill, creata nel 1921 da Alexander Neill in Inghilterra.

All’origine c’è Summerhill? Sì, e dopo Summerhill, sempre in Inghilterra, c’è stata un’altra esperienza importante, una scuola che si chiamava Dartington Hall School.

Questa corrente delle scuole democratiche inglesi si è affermata abbastanza nel mondo, ci sono altri paesi che la seguono in quel metodo pedagogico? Sì, penso che sia così; certo ogni paese ha caratteristiche proprie, tradizioni specifiche. Si può dire che quelle scuole si sono sviluppate in base alle caratteristiche dei paesi d’origine.

E oggi quali sono i paesi più rappresentativi, i più impegnati in questo movimento delle scuole democratiche? Attualmente mi pare che sia Israele il paese dove il movimento è più importante. Lì ci sono ventisei scuole già attive, oggi, ma se ne trovano anche in Inghilterra e negli Stati Uniti e in Canada. Ce ne sono pure nella Corea del Sud e in Giappone, in Tailandia e in Indonesia, in Nuova Zelanda e in Australia, in India, in Nepal, in Costa Rica, in Equador, in Brasile e in Guatemala, in Cile e in Colombia, e, ovviamente, in Europa: in Spagna e in tutta l’Europa dell’Est, a Budapest, in Polonia, in Ucraina, a Mosca…

E in Francia e in Italia? Be’, in Italia no, non c’è nemmeno un’esperienza di scuola democratica. In Francia io credo che l’esperienza più significativa sia stata quella di Bonnaventure, ma Bonnaventure è una scuola libertaria. Per l’Italia e per una parte della Francia, ciò che spiega la scarsezza di esperimenti del genere è il posto che occupa la scuola laica di Stato, che in effetti ha svolto un ruolo importante nella lotta contro l’ingerenza della Chiesa e della religione cattolica, e per questo molti progressisti l’hanno appoggiata, senza preoccuparsi di sviluppare un modello alternativo, purtroppo confondendo il pubblico con lo statale.

Anche le pratiche delle scuole Freinet sono forse abbastanza vicine a quelle esperienze? Mi pare di sì, ma non del tutto, perché le scuole Freinet non hanno sviluppato la democratizzazione e la partecipazione diretta degli studenti alla vita scolastica, nel senso della formulazione delle decisioni. Nella maggior parte dei casi, la cooperazione si ferma davanti alla porta dell’aula e investe la sfera della didattica ma non va ad intaccare la gestione della vita scolastica.

Quanti studenti coinvolge il movimento in tutto il mondo? Nel mondo non saprei, ma posso dire che le dimensioni di ogni scuola non sono molto grandi e mi pare che questo sia un bene, perché permette una relazione diretta e di qualità tra le persone, cosa che non è possibile se hai troppi allievi.

Per questo c’è un rapporto tra la «democrazia diretta» nella scuola e le dimensioni della popolazione scolastica? Sì, sì. C’è senz’altro un rapporto importantissimo, perché la partecipazione diretta è possibile solo in una dimensione limitata.

Quali sono i principi pedagogici di queste scuole democratiche? Non mi pare che abbiano una teoria pedagogica di riferimento, ma s’ispirano a varie concezioni, come quella di Janusz Korczack e anche a quella dell’anarchico Francisco Ferrer, di Carl Rogers come di Alexander Neill. Negli USA esiste ancora un movimento della scuola ispirato a Ferrer. Si può dire che le modalità caratteristiche di queste scuole siano quelle che riassumerò brevemente così: tutte le decisioni sono prese con la partecipazione di tutti coloro che vivono nella scuola.

Tutti quelli che ci vivono, vale a dire i non docenti, gli insegnanti, gli studenti e i genitori? Sì, tutti quelli che ci lavorano e ci studiano, i genitori non sempre, ma solo in certi casi. Riguardo a questo primo principio ci sono differenze tra le scuole: in alcune si decide tutto a maggioranza qualificata e in altre si decide all’unanimità. Una scuola dove ogni decisione è presa all’unanimità, per esempio, è la Carl Rogers di Budapest; una dove si decide a maggioranza è quella di Summerhill. Ma io penso che il concetto che si svilupperà di più è quello dell’unanimità, che è applicabile dovunque: se si trova una minoranza che non sia d’accordo con una certa decisione, non fanno propria la decisione che si sta per prendere, se è fondamentale lasciano perdere. Questo modo di procedere è indubbiamente libertario, perché rimanda a un contesto più ampio e più ricco una questione che non può limitarsi a decisioni puramente formali. Si tratta in sostanza di fare delle scelte, ma anche di rispettare le ragioni di una minoranza.

Deve essere un’azione volontaria e libera, che non può mai essere imposta. L’insegnamento non è obbligatorio? No, non lo è. Ma anche di questo principio ci sono differenti applicazioni a seconda del luogo. Sono stato in visita al liceo autogestito di Oslo, che è stato fondato negli anni sessanta da un gruppo di studenti indipendenti. In quella scuola, per esempio, una parte dei corsi, del programma, è destinata a tutti ed è obbligatoria, ma la parte prevalente è facoltativa e libera. Ogni studente si fa un programma di studi personalizzato. C’è un modello di scuole democratiche molto radicale, che si ispira all’esperienza di Sudbury Valley (www.sudval.org) nel Massachusetts: lo si ritrova applicato in Germania e in molti altri paesi: non esiste la frequenza obbligatoria, non c’è un orario delle lezioni, tutto si svolge in base alle decisioni prese ogni mattina, secondo le esigenze che emergono dalla discussione collettiva. Questo è il modello radicale. Mi pare che il congresso di Berlino nel 2005 abbia votato questa mozione: «Gli studenti apprendono quando vogliono, dove vogliono, con chi vogliono.» È il principio che riassume un po’ lo spirito delle scuole democratiche. Gli studenti hanno il diritto di scegliere in totale libertà con chi, che cosa, quando e come studiare.

Nella costruzione del curriculum, del programma, c’è sempre un consiglio di insegnanti o di animatori che dica agli studenti perché sia meglio cominciare con questo o con quello? Anche in questo caso ci sono metodi diversi. Devi sapere che la maggioranza di queste scuole non è statale: sono istituti privati che funzionano secondo regole proprie. Chi, però, vuole avere alla fine un riconoscimento o un diploma, deve sostenere un esame, non nella scuola ma con l’amministrazione statale, per attestare il livello raggiunto. In genere i risultati degli allievi delle scuole democratiche sono altrettanto buoni, sono migliori? Io credo che siano come nelle altre scuole, da questo punto di vista. Ci sono risultati eccellenti, altri meno buoni, ma non sta qui la differenza. Alla fine, quello che distingue gli allievi delle scuole democratiche è il fatto che chi ha vissuto la loro esperienza è senza dubbio più sorridente, più aperto, più abituato a confrontarsi con gli altri, a partecipare alle decisioni.

Il che significa che le scuole democratiche non sono solo democrazia pedagogica, ma anche scuole di democrazia sociale. Si, è questo uno degli aspetti. Io la penso così: ritengo che quella pratica sociale sia importante per sviluppare una certa sensibilità; ma poi la si deve consolidare anche con altri principi, con altri valori che sono importantissimi, perché, come sappiamo bene, la democrazia non è tutto. L’obiettivo chiaramente espresso di queste scuole, mi pare, e tu l’hai detto in un’altra occasione, è che esse fanno la differenza tra «essere» e «dover essere». Io lo interpreto così: è la mia lettura di queste esperienze in Europa, ma non è sempre così esplicito.

Ovvero? Credo che sarebbe meglio costruirsi una teoria basata sull’esperienza diretta di queste scuole, e la teoria che io propongo dice che l’educazione libera, come la intendo io, ma io sono un anarchico, deve educare «a essere» e non a «dover essere». Nel senso in cui tutte le filosofie dell’educazione hanno lo stesso principio di fondo, l’idea preconfezionata, di conformare l’uomo e la donna. L’uomo e la donna devono essere come li vuole lo Stato, come li vuole la Chiesa, o il comunismo, il fondamentalismo, il capitalismo…

Vogliono un « uomo nuovo» pre-pensato e non un individuo libero e autonomo? In quei sistemi la scuola conforma l’individuo a un progetto costruito autoritariamente. Sì, a un progetto di società autoritaria. Io credo che l’importanza dell’esperienza di queste scuole democratiche stia nello sviluppare le potenzialità di ogni studente, di ogni persona. Ma anche degli insegnanti, dei genitori, che la vivono, che si confrontano, che imparano a comunicare. Ognuno può decidere che cosa vuol diventare e soprattutto può sviluppare quanto ha di sensibilità, come attitudine, come progetto di vita.. Perché io credo che tutti, anche i bambini più piccoli, abbiano un progetto di vita.

Qual è la differenza con le scuole libertarie? Anche queste esprimono l’idea di permettere a ciascuno di costruirsi, di fabbricarsi per diventare «un uomo fiero e libero». Sì, certo, ma la differenza sta nel fatto che le scuole libertarie hanno un progetto più ampio, che comprende anche l’uguaglianza economica, sociale, culturale, mentre le scuole democratiche tutto questo non lo esplicitano. Si può dire allora che in queste scuole la sensibilità sociale si coltiva o si acquisisce soltanto con l’esperienza diretta, ma non nel contesto di una riflessione più ampia sulla società. La differenza fondamentale è questa. Questo non significa anche che le scuole libertarie devono fare molta attenzione in modo da permettere ai bambini di «essere» e non riprodurre modelli di normalizzazione, in altre parole, «costringerli» a diventare libertari. Se vogliamo che i giovani si realizzino secondo le proprie potenzialità, non si può dare un giudizio a priori sul loro divenire ideologico.

È una scommessa molto difficile per noi, questa. Sì, è vero.

Si scommette sulla libertà prodotta dalla libertà? Sì. Si può dire così, è quello che penso. Lavorare con la corrente delle scuole democratiche è importantissimo per gli anarchici che hanno una sensibilità pedagogica, che s’interessano a questi problemi, perché si può avere un ruolo importante. Si può fare in modo che queste esperienze si trasformino e si evolvano, da un’assimilazione di tecniche pedagogiche democratiche verso tecniche e riflessioni che producano e moltiplichino valori sociali di libertà, di uguaglianza, di fraternità, di aiuto reciproco…

Quando si lavora con la rete delle scuole democratiche si ha probabilmente una funzione che è di contributo d’informazione ideologica e teorica, da trasmettere a questa corrente democratica che è di fatto assai poco ideologizzata. Sì, è vero. Ma anche di critica. Serve a mettere sempre un punto interrogativo, a sollevare dubbi, in modo che chi vi agisce non accetti mai di vivere in una ambiente definito, chiuso, in uno spazio che non sia aperto al mondo.

Il rischio, in queste scuole democratiche, è che il capitalismo si accorga della loro efficacia, che ne applichi i principi pedagogici per formare dirigenti, politici, generali… Certo, certo. Sono uno strumento, un mezzo che va mantenuto sempre con caratteristiche il più possibile libertarie, per non permettere allo Stato e ai padroni d’impadronirsene. È questa la posta in gioco.

Ci sono altre differenze importanti tra scuole libertarie e scuole democratiche? Io penso che la scuola democratica sia una approssimazione che progredisce per gradi, un’evoluzione verso un modello libertario. È come l’anarcosindacalismo, che si impiega con l’azione diretta a formare persone che pretendono di diventare e di essere libere. Per gli anarchici è un mezzo per essere nella storia, come dico, ma anche contro la storia che altro non è che una costruzione sociale del pensiero borghese.

È un momento di transizione? Sì, per non rinchiuderci nell’ideologia e per confrontarci sempre con gli altri, stando però sempre attenti a non finire ingabbiati nelle logiche del mondo autoritario. Un’altra cosa interessante nelle scuole democratiche, per quanto riesco a capire, è che ci sono sì principi generali, ma non si dice mai che la scuola deve funzionare in questo o in quel modo, ogni scuola democratica ha un  suo modo di funzionare: in un certo senso il movimento delle scuole democratiche accetta il principio del federalismo.

Nello stesso tempo ha principi generali, valori che si applicano diversamente in ogni luogo, da qualsiasi parte. Sì, sì.

Come sono organizzati gli incontri tra queste scuole? Quando si riuniscono non c’è un programma precostituito, ma è deciso dai partecipanti, le decisioni sono prese all’unanimità. Nella pratica è un movimento molto libertario, che non ha la consapevolezza di esserlo, mi pare.

I partecipanti fanno pratica anarchica senza saperlo? Sì, in qualche modo penso che sia così.
Intervista realizzata da Hugues Lenoir il 23 settembre 2007

Dalla scuola obbligatoria all’apprendimento

Nel corso della storia gli esseri umani hanno generalmente appreso dall’esperienza pratica, vale a dire attraverso:
– l’osservazione e l’imitazione di comportamenti utili, convenienti o accettabili;
– la sperimentazione e l’invenzione, ad esempio procedendo per tentativi e arrivando alla scoperta di nuove forme di comportamento.

Una volta non esisteva la distinzione tra vivere e apprendere e non vi era nemmeno l’idea che questi due aspetti potessero essere tenuti separati.
Per la grande maggioranza delle persone questo è stato il caso per parecchi secoli, anche quando le prime scuole sono state fondate in Egitto e a Babilonia.
E anche quando l’immagine delle scuole come centri privilegiati di apprendimento si è installata nelle menti di quasi tutti, l’apprendere dalla pratica di vita e l’apprendimento come un processo che dura tutta una vita sono concetti che non sono mai venuti meno. L’apprendimento attraverso la scuola, pur sorgendo in epoca posteriore rispetto all’apprendimento dalla pratica di vita, è nondimeno un fenomeno abbastanza antico.

L’invenzione e la diffusione della scrittura unitamente alle altre capacità connesse quali il leggere e il calcolare, favorirono la fondazione di scuole, prima in Egitto e a Babilonia e poi in Grecia. In Grecia, Socrate divenne l’esponente famoso di un modo di educare, chiamato maieutica, in cui colui che è disposto ad apprendere viene aiutato, attraverso una serie di domande e risposte appropriate, a portare alla luce consapevolmente quello che si riteneva fosse già presente, in una forma latente e poco sviluppata, nella sua mente e nei suoi sensi.

E questo è ciò che la parola stessa “educazione” significa dal punto di vista etimologico e cioè e-ducere (portare fuori) vale a dire stimolare e agevolare la piena espressione delle energie e delle qualità dell’individuo. In contrasto con questa concezione e pratica educativa, una nuova schiera di istruttori emerse nell’antica Grecia che avrebbe rappresentato un modello per la maggior parte dei futuri insegnanti: i sofisti.

Il metodo adottato dai sofisti consisteva nell’insegnare elementi collaudati dell’arte della persuasione (dialettica) e dell’espressione (retorica) di modo che i figli dei ricchi Ateniesi potessero prevalere nelle contese oratorie contro i loro avversari politici.

Il metodo sofistico assegna una importanza enorme alla capacità di servirsi delle parole e alla loro disposizione formale, aspetti che influenzeranno la maggior parte dell’insegnamento scolastico nel corso dei secoli. La separazione tra scuola e vita che questo modo di insegnare e di apprendere non poteva non favorire, emerse anche a Roma.

Ed è proprio contro questo aspetto negativo dell’educazione Romana che si levò il famoso monito di Seneca: “non scholae sed vitae discimus” [impariamo non per la scuola ma per la vita].

Dopo la caduta dell’Impero Romano e la decadenza delle città, le scuole diminuirono di numero e quasi scomparvero e l’educazione ritornò a svolgersi soprattutto in famiglia e attraverso le attività quotidiane. Con la ripresa urbana (intorno all’anno 1000) e con lo sviluppo delle produzioni e dei commerci, riapparvero insegnanti ed istituzioni educative per soddisfare le esigenze dei figli delle nuove famiglie aristocratiche e dei ricchi artigiani e mercanti.

Nel corso del Medio Evo, la Chiesa si assunse il compito di preservare le opere di autori greci e romani, salvandole dalla scomparsa e dall’abbandono. Gli ecclesiastici divennero quindi gli elementi della società più dotati di istruzione, praticamente i soli in grado di leggere e scrivere e in possesso di conoscenze provenienti da età passate.

I limiti all’apprendimento consistevano negli stessi che avevano riguardato la pratica dei sofisti: la separazione tra le materie e i modi dell’insegnamento da una parte e le attività e i problemi della vita degli individui dall’altra.

Aspetti formali, apprendimento a memoria, studio pedantesco delle lingue greca e latina, divennero i pilastri fondanti di gran parte delle scuole medioevali. Lo studente era tenuto a familiarizzarsi in maniera pedissequa con i testi degli autori classici come se essi fossero le vette insuperate e insuperabili della cultura.

L’educazione classica basata sullo studio del latino era allora ritenuta essenziale per entrare a far parte delle più alte professioni quali l’avvocato, il medico, il teologo. Però, contemporaneamente, data la richiesta dei tempi, cominciarono ad apparire scuole di tipo professionale, indirizzate ai figli della classe commerciale in ascesa, nelle quali erano insegnate materie più attinenti alla vita pratica quali la matematica applicata al commercio e il leggere e scrivere in volgare.

Viene così a crearsi una varietà di esperienze educative da parte di una serie di promotori educativi. Questo sarà ancor più evidente con la Rivoluzione Industriale, quando i miglioramenti generali nelle condizioni di vita permisero di dedicare una sempre più ampia quota di tempo e di energie all’educazione formale dei bambini.

Durante la prima metà del secolo XIX, una incredibile serie di iniziative di istruzione scolastica si sviluppò in Inghilterra che stava diventando il paese più avanzato d’Europa. Il numero delle cosiddette scuole private vide una crescita del 545% in dieci anni.

Ma in altre parti d’Europa ci si stava già muovendo in una direzione diversa, con lo stato che assumeva sempre più il controllo dell’educazione.

In Prussia, che va considerata assieme alla Francia come la culla della scuola di stato, i “Regolamenti generali delle scuole” emessi nel 1763 sotto Federico II decretarono l’obbligo scolastico per tutti i ragazzi dai cinque ai tredici anni di età e in seguito tutti gli istituti educativi furono posti sotto la supervisione dello stato.

Nel frattempo in Francia, B. G. Rolland, presidente del Parlamento di Parigi, produceva un rapporto sull’educazione nazionale (1768) in cui invocava l’intervento dello stato attraverso un sistema nazionale gerarchico, centralizzato nella capitale, che controllasse tutte le scuole locali.

Le fondamenta teoriche e pratiche della scuola di stato furono dunque poste nella seconda metà del secolo XVIII.

In Francia la Rivoluzione, con la sua mitizzazione dello stato presentato come il protettore dei cittadini, preparò la strada al dispotismo imperiale di Napoleone.

Napoleone vedeva nell’educazione di stato un mezzo per produrre amministratori preparati e ufficiali dell’esercito a lui obbedienti.

A tal fine istituì i Licei statali, lo stato si arrogò il diritto di nominare gli insegnanti, e venne costituita l’ Università Imperiale, una sorta di Ministero dell’Educazione preposto al controllo di tutto il sistema scolastico e dell’apparato di insegnamento della Francia.

Dopo la caduta di Napoleone, la legge obbligò ogni comune in Francia a istituire una scuola elementare statale. Una serie di leggi ridussero notevolmente e in alcuni casi eliminarono la presenza delle scuole cattoliche, introducendo la proibizione di insegnamento da parte del clero. Il curriculum delle scuole di ogni ordine e grado fu elaborato centralmente e espurgato a fondo di ogni riferimento o tema religioso. Venne deciso di finanziare le scuole di stato attraverso il prelievo fiscale e quindi la loro frequenza divenne apparentemente gratuita.

Seguendo l’esempio della Francia e della Prussia, molti stati Europei assunsero il controllo dell’educazione.

Da quei primi inizi nella seconda metà del secolo XVIII, la scuola di stato si è diffusa dappertutto e ha assunto il controllo dell’educazione a tal punto che l’educazione stessa ha finito per essere identificata con la scuola e per scuola si intende quasi implicitamente la scuola di stato.

Occorre quindi focalizzare l’attenzione un po’ più a fondo sulla scuola di stato, presentando brevemente le giustificazioni offerte per la sua introduzione e le funzioni, le caratteristiche, i protagonisti e gli effetti che caratterizzano la sua esistenza.

La ragione principale a sostegno dell’introduzione della scuola di stato è consistita in considerazioni di tipo egalitario e umanitario: migliorare la condizione dei diseredati e abolire le disparità culturali e gli scompensi sociali, al fine di formare cittadini liberi dall’ignoranza e una società libera dalle disuguaglianze. In realtà, in molti paesi, l’alfabetizzazione delle masse veniva considerata come una possibile causa di ribellioni e di disordini.

Dobbiamo inoltre correggere  l’opinione diffusa che lo stato sia stato il vero promotore dell’alfabetizzazione di massa.

In realtà, dalla fine del secolo XVIII, la diffusione dell’alfabetismo stava già avvenendo nonostante e contro l’opposizione dello stato, se si tiene conto che il governo liberale Inglese aveva introdotto tasse sulla carta per scoraggiare la diffusione della lettura e della scrittura tra i meno abbienti.

Nonostante ciò, l’ampia circolazione di documenti rivoluzionari rappresentavano un segno che la capacità di leggere si stava diffondendo anche senza l’intervento dello stato e nonostante gli ostacoli posti dallo stato. E non appena la tassa sulla stampa venne abolita nel 1855, diciassette nuovi giornali di provincia vennero fondati, una indicazione ulteriore della presenza consolidata di capacità di lettura tra la popolazione inglese in generale, molto prima di qualsiasi scolarizzazione di stato in Inghilterra.

Una ulteriore giustificazione per l’intervento dello stato sotto forma di frequenza scolastica obbligatoria per tutti i ragazzi fino ad una certa età, si basava sulla volontà di porre fine al loro sfruttamento nelle miniere e nelle fabbriche. Ma mentre è vero che un numero ristretto di genitori non si comportavano in maniera umana nei confronti della loro prole, la maggior parte di essi compiva ogni sforzo per assicurare ai loro figli un futuro migliore. E a scuola o a frequentare corsi vari di istruzione essi andarono in numero crescente, con un incremento annuo del numero degli alunni doppio rispetto all’incremento della popolazione. Al tempo stesso la grande maggioranza dei lavoratori si era già alfabetizzata o attraverso un impegno personale o tramite l’assistenza di altre persone.

Anche se accettiamo che queste siano ragioni valide per sostenere la promozione dell’educazione da parte dello stato (ad esempio finanziando e facilitando in molti modi ogni tipo di attività educativa), queste stesse ragioni non portano necessariamente a diventare fautori della scuola di stato e del controllo generale dell’educazione da parte dello stato. Altri motivi sostanziali hanno condotto alla scolarizzazione obbligatoria in scuole di stato.

Essere in favore dell’educazione delle classi meno abbienti, in vista della loro emancipazione, non si identifica con la frequenza obbligatoria della scuola di stato, se si considera quanti altri modi esistono per promuovere e accedere all’educazione.

Il sistema di educazione statale sia in Francia sia in Prussia fu perfezionato su basi nazionaliste e le scuole divennero uno degli strumenti più efficaci dell’arsenale politico dello stato.

L’esperienza Prussiano-Tedesca mostrò che “le scuole sono strumenti di politica statale, come l’esercito, la polizia e gli esattori delle imposte”. E praticamente tutti i governanti statali, a tempo debito, appresero la lezione. Lezione che assorbirono creando un sistema scolastico statale rigidamente controllato dal centro, ed emarginando o eliminando ogni influsso esterno allo stato (Chiesa, comunità, genitori, ecc…). Questo è il sistema che sarà adottato in molti paesi, ad esempio l’Italia e che sopravviverà durante quasi tutto il corso del secolo XX.

Una conferma riguardo alle funzioni effettive della scuola di stato, si ha osservando i tratti che ancor oggi, in molti casi, la caratterizzano fondamentalmente, e cioè:
– Finanziamento obbligatorio generalizzato (imposte). La scuola di stato è un servizio fornito in regime praticamente monopolistico considerato che è finanziato obbligatoriamente da tutti, non solo senza distinzione tra coloro che hanno o non hanno figli ma soprattutto, non tenendo conto se il contribuente tassato è a favore della scuola di stato o si rifiuta di utilizzarla, investendo tempo e risorse in esperienze educative alternative per i suoi figli (insegnamento a casa, scuole di comunità, utilizzo di esperti, corsi particolari, acquisto di materiali educativi, ecc.).

– Frequenza obbligatoria generalizzata (fino ad una certa età). La frequenza scolastica è imperativamente prescritta per legge (l’insegnamento in famiglia è permesso solo in alcuni paesi) e i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola altrimenti lo stato interviene con la polizia e la magistratura.

– Irreggimentazione degli insegnanti (formazione degli insegnanti e pratiche di insegnamento). Gli insegnanti sono addestrati sotto la supervisione dello stato e devono trasmettere nozioni che sono previste in un curriculum approntato dallo stato, utilizzando manuali approvati dallo stato, seguendo per lo più tecniche convenzionali di insegnamento approvate dallo Irreggimentazione degli studenti. Gli studenti sono suddivisi in base alla loro età cronologica (le loro capacità mentali o gli interessi personali non vengono minimamente presi in considerazione), e sono collocati in gruppi di dimensioni variabili (secondo l’ammontare delle risorse disponibili) sotto il controllo e le direttive di uno o più insegnanti. Tutti gli studenti sono tenuti a seguire con attenzione, memorizzare e ripetere le nozioni trasmesse loro dagli insegnanti, senza mettere in discussione né la forma né il contenuto del processo di istruzione.

– Apprendimento a base nazionale. Le nozioni trasmesse fanno riferimento principalmente, in particolare nel caso delle scienze umane, alla cultura dell’élite nazionale dominante e a ciò che tale élite considera degno di essere assorbito e tramandato. La creatività e il cosmopolitismo non sono, in linea generale, nell’agenda educativa della scuola di stato.

– Certificazione legale dei titoli di studio. Se gli studenti si sono mostrati sufficientemente capaci nel loro sforzo di attenzione, memorizzazione e ripetizione di quanto è stato loro presentato, possono attendersi di ricevere un documento avente valore legale, un diploma.  Quel pezzo di carta è una chiave magica che, purtroppo, non sempre riflette ciò che le persone sono davvero capaci di fare.
Quando l’educazione era un portato delle esperienze di vita, tutti coloro che, all’interno o all’esterno della famiglia, erano dotati di particolari capacità diventavano insegnanti (diffusori di conoscenze) in maniera informale.
Successivamente, individui letterati, appartenenti soprattutto a congregazioni religiose, dedicarono i loro sforzi all’insegnamento in maniera strutturata, mettendosi al servizio dei poveri o diventano precettori di ricche famiglie. Con la nascita dell’idea della scuola moderna, signore appartenenti a famiglie aristocratiche si impegnarono in istituzioni educative caritatevoli.
Contemporaneamente, individui, spesso di umili origini, che avevano appreso a leggere e scrivere, iniziarono ad offrire i loro servizi educativi, diventando il primo nucleo di quella che sarà la schiera degli insegnanti; essi erano pagati dai genitori ed erano sotto l’occhio vigile della comunità locale o del clero da cui venivano impiegati.
Le incertezze finanziarie della professione alla mercé di genitori e gruppi locali, e la dipendenza dalla Chiesa che controllava la maggior parte delle istituzioni educative, rappresentarono le ragioni principali per cui, nel corso del tempo un numero sempre più numeroso di insegnanti favorirono e accettarono di buon grado l’intervento dello stato nel campo educativo. Altre categorie di persone che hanno accettato volentieri il sorgere e il diffondersi della scuola di stato, sono stati tutti coloro che hanno trovato una occupazione in ruoli burocratici all’interno di un gigantesco apparato che, dal centro,  guida e modella la macchina educativa.

La scuola di stato obbligatoria ha conseguito non meno di tre risultati negativi, che non erano stati previsti da molti di coloro che erano favorevoli all’intervento dello stato nel campo dell’educazione:

Ha svalutato i genitori, in base alla premessa che la frequenza scolastica deve essere imposta ai genitori, altrimenti essi non mostrerebbero alcun interesse nell’educazione dei loro figli. Questa generalizzazione è stata applicata nei confronti di tutti i genitori, con il risultato di eliminare il loro essere attivamente responsabili dell’educazione ed attribuendo questo compito a un gruppo di figure professionali e di burocrati che prendono quasi tutte le decisioni al riguardo.

Ha svalutato l’apprendimento. Un’altra premessa della scuola statale obbligatoria consiste nel ritenere che l’apprendimento debba essere imposto ai ragazzi, altrimenti essi non mostrerebbero alcun interesse e curiosità e rimarrebbero per sempre pigri e ignoranti. Questa è, ancora una volta, una generalizzazione priva di fondamenta, non presa nemmeno in considerazione dalla quasi totalità dei pedagogisti; in maniera paradossale, essa è valida solo laddove la motivazione personale ad apprendere è stata eliminata e rimpiazzata dalla costrizione.

Ha svalutato l’attività. L’approccio di base della scuola di stato consiste nel radunare i ragazzi in un luogo specifico (l’aula scolastica all’interno dell’edificio scolastico) dove a qualcuno è stato affidato il compito di presentare talune nozioni. In questo modo, l’unione tra apprendere e fare è spezzata del tutto. L’apprendimento appare come un lungo intervallo trascorso al di fuori della vita reale. Questo modello deriva anche da una visione della società divisa tra attività manuali e attività intellettuali.

In generale, la scuola di stato fallisce nella sua funzione essenziale, e cioè nell’elaborare e promuovere un sapere che permetta di affrontare nuove realtà.

E questo non è possibile in quanto privilegia la ripetizione del passato rispetto alla costruzione del futuro, la trasmissione di nozioni a base nazionale rispetto all’esplorazione di una scienza universale, lo studio di teorie convenzionali rispetto alla sperimentazione di ipotesi originali.

Uno dei casi più famosi di rifiuto della scuola è quello che riguardò nel 1854 un bambino di sette anni di nome Thomas Alva Edison. Dopo una animata discussione con il direttore della scuola, disapprovando i rigidi metodi di insegnamento, la madre giudicò opportuno educare il figlio a casa.

Non così fortunato, per quanto riguarda la frequenza scolastica, fu un altro genio come Albert Einstein, il quale, riandando con la memoria ai suoi trascorsi scolastici, scrisse le seguenti parole: “Uno doveva immagazzinare tutte quelle nozioni nel proprio cervello, che lo volesse o no. Questa costrizione ebbe un tale effetto deterrente che, dopo aver superato l’esame finale, per un anno intero provai un rigetto nell’affrontare qualsiasi problema di natura scientifica.”

Purtroppo vi sono molti ragazzi incapaci di mettere in pratica la risoluzione di Mark Twain che dichiarò “Non ho mai permesso che la scuola interferisse con la mia educazione“.

Per molti critici del sistema scolastico i risultati educativi sono apparsi sempre più scoraggianti a tal punto che, a partire dagli anni 1960, una serie di libri sono stati pubblicati con titoli molto illuminanti quali:
La diseducazione obbligatoria (Compulsory Miseducation) e “Individuo e comunità“-1962 – Paul Goodman
Come fallire l’educazione dei bambini (How Children Fail) – 1964 – John Holt
La scuola è morta (School is dead) – 1971 – Everett Reimer
Descolarizzare la società (Deschooling society) – 1971 –  Ivan Illich.

Le analisi e le diagnosi erano tutte molto simili: l’apprendimento non può essere basato sulla costrizione e sull’acquisizione e ripetizione mnemonica, ma si sviluppa attraverso la libertà dell’individuo e la curiosità naturalmente insita in lui che lo porta ad osservare e scoprire, e quindi a imparare. Sulla base di queste idee, e come reazione al fallimento del sistema scolare, nuove esperienze sono apparse soprattutto nel corso degli anni 1980 e 1990 e si stanno moltiplicando.

Mentre la scuola di stato era/è incentrata sull’insegnante, basata su sussidiari e lezioni cattedratiche, obbligatoria e irregimentata, l’educazione progressista era/è incentrata sul discente (Maria Montessori), focalizzata sull’apprendimento attraverso le attività (John Dewey), libera dall’obbligo e dall’irreggimentazione (A. S. Neill e l’esperienza di Summerhill).

Ma queste esperienze sono state o isole in un mare di conformismo o una spruzzata di novità nell’ambito di un approccio formulato in termini generalmente burocratici. Le inadeguatezze del sistema scolastico statale sono rimaste e sono state aggravate da una dinamica sociale e tecnologica che sta facendo apparire la scuola ancor più insignificante e lontana dai veri bisogni di chi vuole apprendere.

Vi sono tre idee che, al tempo stesso, iniziano ad essere accettate da un numero crescente di individui e spingono verso la messa in atto di alternative alla situazione presente:

la fine della identificazione della scuola con la scuola di stato. Negli Stati Uniti la fine della criminalizzazione nei confronti dell’homeschooling ha consentito il fiorire di molte esperienze nelle quali i genitori hanno assunto la responsabilità diretta nell’educazione dei loro figli.
Il numero di studenti che imparano a casa è passato negli Stati uniti da 350.000 nel 1990 a 1 milione e 300 mila nel 1998. Un altro campo di scuole non statali in crescita è rappresentata da scuole promosse da istituzioni religiose, che mirano a trasmettere anche un forte insegnamento morale.
Questo tipo di scuole sono scelte da coloro che attribuiscono una importanza speciale all’educazione etica e alla trasmissione di alcuni valori basilari. Abbiamo quindi scuole Protestanti, Cattoliche, Ebree, Islamiche, Quacchere, Mennonite e Amish, per citare le più note.
Accanto alle scuole di impronta religiosa, in molti paesi sono sempre esistite scuole non statali (chiamate in Inghilterra “public schools” e altrove “scuole private”) promosse da individui e gruppi e finanziate attraverso le rette pagate dai genitori e contributi volontari. Per citare solo un caso, in Polonia dopo la caduta del comunismo di stato sono state aperte quasi 300 nuove università non statali, frequentate da metà della attuale popolazione di studenti universitari.
Tutti questi sono solo esempi che mostrano che l’associazione mentale che si opera convenzionalmente tra stato e scuola come binomio indispensabile e necessario sta diventando sempre meno valida.

la fine dell’identificazione dell’apprendimento con la scolarità. Oltre a nuove scuole, vi sono anche esperienze educative progettate a misura dell’individuo e strumenti di apprendimento che l’individuo può utilizzare per un processo di auto-insegnamento.
In generale, l’elevata circolazione di informazioni e la quantità rilevante di risorse e di opportunità educative disponibili, al di là della scuola, rendono l’ambiente stesso nella sua totalità un luogo di apprendimento, e le scuole diventano solo uno tra i tanti centri.

la fine della identificazione dell’apprendimento con uno specifico periodo della vita (gli anni di scuola) o con uno specifico luogo (l’edificio scolastico). L’apprendimento è, ed è sempre stato, un processo che dura tutta la vita. La più errata delle idee, è che l’apprendimento è una pena inevitabile che deve essere imposta come un obbligo, mentre è, in realtà, un’esperienza naturale e piacevole.
Quello che è davvero una pena è l’essere confinati in un’aula.  durante quello che è il periodo più attivo della vita di un essere umano, per ascoltare ed assorbire esperienze di seconda mano e nozioni che devono essere memorizzate e ripetute e pappagallo in modo da superare un esame che permette di iniziare ad ascendere la scala sociale.

L’apprendimento è qualcosa di completamente diverso dalla scuola attuale, anzi i suoi tratti sono antitetici ad essa:

– il processo di apprendimento è caratterizzato dall’essere: libero non forzato, piacevole non penoso, creativo non ripetitivo, motivato dagli interessi dell’individuo non diretto dall’esterno, spontaneo non irregimentato, personalizzato non massificato, che dura tutta la vita non limitato nel tempo, diffuso nello spazio non ristretto in un unico luogo. Per questi motivi, invece di destinare ancora energie e risorse al vecchio sistema scolastico, dovremmo favorire progetti e attività che promuovono: l’apprendimento autogestito (apprendimento come esplorazione personale) e gli ambienti di apprendimento (apprendimento come esperienza sociale).

– L’aspetto centrale dell’apprendimento risiede nel fatto che esso è una esplorazione personale che porta ad uno sviluppo personale. L’apprendimento è iniziato dall’individuo che trova in esso il modo di soddisfare alcune inclinazioni naturali.

– La curiosità e un desiderio attivo di scoperta rappresentano tratti basilari di tutti gli esseri umani. La curiosità e il desiderio di scoperte portano necessariamente l’individuo a impegnarsi personalmente in attività ricche di soddisfazioni e di significati che diventano esperienze di apprendimento.

Vivere e apprendere rappresentano quindi una realtà unica. Ciò che emerge dalla motivazione e dall’impegno è, con tutta probabilità, lo sviluppo di nuove qualità personali. Questo motiva l’individuo a impegnarsi in ulteriori esperienze di apprendimento, in un processo infinito in cui la persona trova sempre più soddisfazioni e appagamento quanto più procede nella sua esplorazione del mondo.

Il processo educativo dovrebbe basarsi su:

Individualizzazione: l’apprendimento è in stretta relazione con i bisogni, gli interessi e le motivazioni della persona;
Personalizzazione: colui che apprende seleziona il percorso esplorativo, l’ambiente e il ritmo che più gli si adattano;
Integrazione: i materiali oggetto di esplorazione non solo si legano l’uno all’altro ma anche si integrano con la precedente base conoscitiva dell’individuo e la allargano/approfondiscono.

Dovremmo sostituire le scuole con un insieme scintillante di esperimenti e di esperienze. Non vi sono limiti all’apprendimento e non vi dovrebbero essere limiti a ciò che può essere fatto nel campo dell’apprendimento.

(liberamente tratto da: http://www.polyarchy.org/paradigm/italiano/scolarizzazione.html )

Violino e pianoforte a partire dalla scuola d’infanzia

 

Due parole sulla musica…

 

… non mi aggiungerò al coro di tutte le persone che lamentano quanto in Italia siamo ignoranti musicalmente, noi proprio noi, la patria del bel canto ecc…, non mi aggiungerò nemmeno al coro di quanti sono scandalizzati da quello che i tagli alla scuola hanno prodotto nei Conservatori e i tagli alla Cultura alla possibilità di esprimersi dei musicisti.

 

Volevo solo dire qui, che da insegnanti e genitori, possiamo considerare la musica come qualcosa non di distante, per pochi, da ricchi ecc…, ma come qualcosa di assolutamente accessibile a tutti e importante quanto la matematica e lo studio delle lingue.

 

Diamo qualche numero (che con la musica la matematica va molto d’accordo)

– un violino di produzione cinese nuovo costa non più di 100 euro, ma è sciocco comprarlo nuovo: i maestri di musica hanno di solito un “giro” di violini usati e a metà prezzo. Diciamo che un violino costa come una barbie.

 

– il pianoforte se abiti in città lo puoi noleggiare, è vero, ma se abiti in un condominio ti trovi in casa un oggetto che spesso occupa una stanza (considerando le dimensioni delle stanze dei condomini di oggi parlo di un pianoforte verticale, non a mezza coda) e in più non lo puoi nemmeno suonare perchè appunto è pianoforte, e i vicini difficilmente apprezzano. Però è decisamente una suppellettile chic… La soluzione per studenti è una bella pianola elettrica, molto meno chic, ma coi tasti pesati (non giocattolo…), che permette di regolare il volume (o anche di usare le cuffie) e per il costo  vale quanto detto per il violino: il mercato dell’usato è vivacissimo.

 

Infine le lezioni: poichè un diploma in violino o pianoforte comporta un curriculum di studi che impegna per 10-15 anni, è molto facile trovare studenti che danno lezioni a prezzi assolutamente competitivi rispetto alle federazioni giovanili di calcio e danza e pallavolo. Senza nulla togliere alla pratica degli sport, anzi, solo per dire che se consideriamo accessibile la pallavolo, possiamo considerare ancor più accessibile la musica.

Inoltre ovunque è facile assistere a concerti gratuiti di musica classica, soprattutto in primavera-estate, e molte sono le orchestre giovanili e le “scuole di musica”, che permettono ai bambini di suonare insieme. Si parla tanto di socializzazione… c’è qualcosa di più socializzante dell’intonarsi agli altri e produrre una cosa bella insieme?

Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile)

Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile). La presentazione ai bambini dell’alfabeto tattile, nel metodo Montessori, rappresenta la prima tappa dell’apprendimento della scrittura e della lettura.

Capita a volte che bambini anche molto piccoli (due o tre anni) comincino a chiedere agli adulti cosa significa una certa scritta, oppure che desiderino scrivere una certa parola e chiedano aiuto, ma sarebbe bene non spingere i bambini alla scrittura così presto. Al di sotto dei tre anni essi stanno ancora lavorando allo sviluppo delle loro capacità di linguaggio, sensoriali e motorie, stanno cioè costruendo le solide basi per tutti gli apprendimenti successivi.
Dall’altro versante, se a qualunque età il bambino si mostra più interessato a mordicchiare le lettere o a vedere quanto sono belle mentre le lancia in aria, è chiaro che vi state muovendo in anticipo rispetto al suo stadio di sviluppo, ed è quindi consigliato, con tutta la dovuta delicatezza, riporre il materiale e attendere del tempo prima di riproporlo.

photocredit: http://www.alisonsmontessori.com/

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Se possibile il consiglio è di cominciare con lo stampato minuscolo, iniziando a lavorare al solo riconoscimento delle singole lettere, abbinando correttamente fonema e grafema. In un secondo momento, quando il bambino sarà davvero pronto, potrà dedicarsi a collegare le lettere fra loro per formare le parole, utilizzando l’alfabeto mobile.

Nell’approccio montessoriano i suoni delle lettere vengono insegnati prima dei nomi delle lettere. Le ricerche hanno dimostrato che è meglio imparare una cosa alla volta.

Se si insegna al bambino parola e suono delle lettere, il bambino è confuso e fatica a riconoscere il suono delle singole lettere, dovendole trovare all’interno di una parola, e per lui è difficile ricordare la lettera che rappresenta un dato suono nella parola stessa.

Perciò per prima cosa si insegna il suono di ogni lettera, mentre la formazione delle parole e i nomi delle lettere stesse vengono insegnati più tardi. E siccome alcune lettere possono rappresentare più di un suono, si comincia con l’attribuire alla lettera il suono che si incontra più di frequente, e solo più tardi si aggiungono gli altri. Il bambino all’inizio deve imparare così: un suono per ogni lettera.

E’ un errore pensare che per i bambini sia più facile identificare la lettera iniziale delle parole. Ma è un errore ancor più grave confondere i bambini pensando che essi debbano ascoltare solo il primo suono di una parola. I bambini hanno bisogno di sentire i suoni in tutte le parti della parola. Secondo l’approccio montessoriano, i bambini vengono perciò guidati a sentire come i suoni che loro stanno imparando si trovano in parti diverse delle parole. Con questo esercizio cominciano presto a rendersi conto della sequenza di suoni nelle parole.

L’apprendimento dei suoni e delle lettere avviene attraverso un lavoro multisensoriale.
Il bambino sente il suono, ne vede la sua rappresentazione nella forma della lettera, sente il modo in cui è scritta attraverso il tatto, con le sue dita.

Siccome ogni schema motorio deve essere imparato correttamente da subito, è molto importante che il bambino sia seguito con grande attenzione mentre traccia le lettere con le dita. Questo lo aiuterà a sviluppare una calligrafia chiara e pulita.

Il primo alfabeto proposto al bambino, dunque, dovrebbe essere lo stampato minuscolo, che è una forma base del corsivo.

Questo perchè, quando il bambino passerà dallo scrivere le lettere staccate ad uno stile corsivo e collegato, non dovrà cambiare il suo schema motorio, ma soltanto estendere il modello connettendo tra loro le lettere. Questo non avverrebbe cominciando l’apprendimento dell’alfabeto con lo stampato maiuscolo.

L’unica differenza per il bambino tra la lettera stampata e la sua scrittura corsiva, sarà dunque la connessione, il non staccare la penna dal foglio. La tracciatura delle lettere sulle schede tattili seguirà dunque questo modello di movimento:

La scelta di cominciare con lo stampato minuscolo, però, non è condivisa da tutti gli insegnanti che usano questo metodo, e in molte scuole Montessori si sceglie di cominciare da subito con il corsivo, proponendo l’alfabeto tattile in corsivo, gli alfabeti mobili, le schede delle nomenclature e tutto il materiale di lettura e scrittura, tutto in corsivo.

Questa scelta è sostenuta dal fatto che la scrittura del corsivo, col suo scorrere continuo, è più dolce per il bambino e rappresenta un esercizio motorio migliore rispetto allo stampato che prevede continue interruzioni del tratto. Inoltre si sostiene che il corsivo permette meglio di visualizzare le singole parole, che risultano staccate in modo più netto le une dalle altre.

Tuttavia va considerato che i bambini con problemi di dislessia e disgrafia incontrano maggiori problemi nella lettura e nella scrittura del corsivo: infatti nella scrittura del corsivo il bambino, mentre scrive una lettera è costretto a pensare a quale lettera sarà la successiva che deve essere connessa a quella che sta scrivendo.

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Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile) – Presentazione ai bambini: panoramica generale

Lo scopo della presentazione dell’alfabeto tattile  è  imparare il suono e la forma delle lettere dell’alfabeto ed acquisire una memoria corporea manuale della forma delle lettere come preparazione alla scrittura.

Prima di iniziare a lavorare con l’alfabeto si può raccontare una breve storia della scrittura su questa traccia: “Quando l’uomo scoprì la possibilità di rappresentare ognuno dei suoni di una lingua con un simbolo, fu una grande scoperta, perchè significò che tutte le parole potevano essere scritte usando pochi simboli. Prima di ciò ogni parola aveva un simbolo suo proprio, e imparare a scrivere richiedeva uno sforzo mnemonico monumentale. E poi era un problema trovare simboli per le parole nuove. Oggi invece chiunque può scrivere il suono  di qualsiasi parola.”

Si consiglia di cominciare offrendo al bambino una selezione di tre lettere, pronunciando il suono di ogni lettera mentre se ne segue il percorso con indice e medio uniti.

E ‘importante pronunciare il suono e non il nome della lettera (“P” e non “PI”).

Lasciare poi che il bambino tracci la lettera più volte, sempre pronunciandone il suono. Solo dopo molte ripetizioni offrire la seconda lettera, e quindi la terza. Al termine presentare le tre lettere insieme davanti al bambino per verificare se è in grado di abbinare correttamente grafema e fonema.

Naturalmente è consigliabile che tra le prime lettere presentate ci siano delle vocali, perchè questo aiuta tantissimo il bambino a intuire la formazione delle sillabe e delle parole.

Durante il periodo in cui si presenta l’alfabeto tattile, è importante che il bambino abbia a disposizione vari materiali coi quali esercitarsi a riprodurre le lettere: la lavagna di sabbia, naturalmente,

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ma anche pasta da modellare, chicchi e semi, pennelli e colori, ecc…

Osservando con attenzione le attività che svolge il bambino, possiamo accorgerci che è molto sicuro nel riconoscimento di alcune lettere, mentre non lo è per altre: in questi casi è importante riproporre la presentazione.

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Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile) – Lezione in tre tempi per presentare l’alfabeto tattile: prima versione

Primo tempo
1. Il bambino si lava le mani con l’acqua calda, così che esse siano calde e sensibili. L’insegnante prende due lettere che si contrappongono per suono e forma, ad esempio t ed a, poi siede accanto al bambino.
2. Mette una lettera di fronte al bambino, gli chiede di guardare e traccia leggermente molte volte la lettera, nella direzione corretta, con indice  e medio uniti della mano dominante, ripetendo il suono della lettera mentre la traccia
3. Affida la lettera al bambino e gli chiede di tracciarla con le sue dita, e mentre lo fa l’insegnante continua a ripeterne il suono; non chiede al bambino pronunciarlo già da solo,  ma se il bambino la copia, è positivo.
4. Si ripete lo stesso processo anche per la seconda lettera.

Secondo tempo
L’insegnante controlla che il bambino abbia associato correttamente ogni suono alla lettera corrispondente ponendo entrambe le lettere di fronte al bambino e chiedendogli: “Indicami t e tracciala con le dita”. Se il bambino sceglie la lettera giusta, l’insegnate lo invita a tracciarla di nuovo più volte, mentre lei ripete il suono. Questo esercizio viene ripetuto per ogni lettera molte volte.

Terzo tempo
L’insegnante ora verifica che il bambino sia capace di pronunciare correttamente i suoni proponendogli una lettere alla volta e chiedendogli di tracciarla e di pronunciare lui stesso il suono. Anche questo esercizio va ripetuto più volte.

Ricapitolazione

L’insegnante propone al bambino di ascoltare delle parole che contengono i suoni imparati. Ad esempio gli mostra la lettera t e gli dice: “Ascolta. Senti se ci sono delle t mentre dico queste parole: tavolo, vite, gatto, caduto?”. E’ importante scegliere parole nelle quali il bambino possa sentire il suono della lettera in esame  in posizioni diverse, e non solo all’inizio.
Poi si può chiedere al bambino di pensare a parole che contengano i suoni che ha imparato nella lezione, ad esempio dicendo: “Se ti vengono in mente parole con t o con a, vieni a dirmele”.

Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile) – Variante di presentazione

Parte uno: scegliete tre lettere, ad esempio a, t, s. Usando indice e medio insieme, seguite il contorno della prima lettera rispettando la direzione nella quale viene normalmente scritta, e pronunciandone il suono mentre lo fate. Mettete poi la lettera davanti al bambino e invitatelo a seguirne il contorno come avete fatto voi pronunciando anche lui il suono corrispondente. Presentate allo stesso modo anche le altre due lettere,  ma senza formare sillabe o parole, per il momento.

Parte due: chiedete al bambino di mostrarvi la t (pronunciando il suono e non il nome della lettera, cioè dicendo t, e non “ti”). Ripetere per le altre due lettere scelte. Se il bambino indica le lettere corrispondenti ai suoni in modo corretto, rinforzarlo dicendo ad esempio “Sì, questa è la t”.

Parte tre: indicate una lettera e chiedete al bambino: “Questa che è lettera è?”. Se il bambino pronuncia il suono corretto, ripetere “Sì, questa è la t”, quindi passare allo stesso modo alle altre lettere presentate.

Potete interrompere la lezione in qualsiasi momento, se vedete che il bambino è stanco. La cosa più importante è che il bambino ascolti bene i suoni, guardi con attenzione, e tracci le lettere pronunciando correttamente i suoni corrispondenti. Tracciare le lettere è parte integrante dell’esercizio, per questo le lettere smerigliate non sono sostituibili con lettere stampate che non permettono la stessa esperienza tattile.

Può succedere che un bambino abbia già imparato i nomi delle lettere prima che voi gli proponiate questo metodo; in questo caso sarà importante spiegargli che ogni lettera ha un nome ma ha anche un suono, e che siccome lui conosce già i nomi, ora ne conoscerà i suoni. Si dovrà durante la lezione fare attenzione a che il bambino usi sempre il suono della lettera presentata e non il nome…

Uso delle lettere smerigliate Montessori (o alfabeto tattile) – Qualche video:




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Metodo Montessori per l’apprendimento della scrittura e della lettura

Metodo Montessori per l’apprendimento della scrittura e della lettura – Maria Montessori, fin dall’inizio del suo lavoro nel 1900, notò che imparare a scrivere  è un problema dell’adulto, convinto che l’apprendimento dell’alfabeto debba costare grande fatica. Scoprì invece che per i bambini è un divertimento occuparsi delle lettere, se solo avviene al momento giusto.

Osservò che l’interesse per la lettura e la scrittura non comincia con l’inizio della scuola. Fin dall’età di due o tre anni il bambino si rende conto che per gli adulti scrivere è di grande importanza e così cerca di imitarli scarabocchiando sulla carta e leggendo poi a voce altra quello che crede di aver scritto.

Dopo un poco il bambino scopre che non basta semplicemente scarabocchiare, ma che bisogna tracciare determinati segni, allineati uno vicino all’altro, che poi possono essere letti.

Per giungere a questo si mettono a disposizione del bambino le lettere tattili. Soprattutto i piccoli si divertono molto nel sentire un suono e insieme vedere e toccare il misterioso segno che gli corrisponde.

photo credit: http://kidkenmontessori.com/product_info.php?cPath=48&products_id=383 
 
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Questo modo di prepararsi a scrivere, fatto di movimento e di esperienza sensoriale, è particolarmente interessante per il bambino piccolo mentre a sei anni la scrittura delle lettere non segue lo stesso processo spontaneo.
In prima elementare può essere utile una tabella delle lettere da mettere a disposizione di ogni bambino.

 
photo credit: http://crisblogmeumundo.blogspot.com/2008/11/alfabeto-e-silabrio-simples.html

Il secondo alfabeto figurato è fatto a tasche in modo che, grazie a una vasta offerta di lettere e di materiale illustrativo, il bambino possa inserire figure la cui iniziale corrisponda a quella della tasca.
In questo modo impara molto presto a memorizzare le lettere.

Inoltre compone parole con l’alfabeto mobile, usa i timbri, scrive alla lavagna con il gesso, o con le matite su di un grande foglio di carta.

In principio scriverà la parola come la sente pronunciare, ad esempio mama, papa, nona, nono. Altri scrivono addirittura interi messaggi: cometiciami (come ti chiami) o simili.

A questo stadio il comportamento dell’adulto è di enorme importanza. Spesso non si riesce a resistere quando i bambini, nei loro tentativi grafici, seguono percorsi personali o addirittura fanno deviazioni e procedono in maniera del tutto diversa gli uni dagli altri.

Molti adulti tendono ad intervenire con impazienza per dire al bambino che ha fatto qualcosa di sbagliato; gli propongono percorsi “migliori”, più precisi e veloci.

Il bambino però aveva manifestato la sua conoscenza dei suoni e dei segni acquisita con fatica, e ne era fiero.
In questo modo comincia a dubitare dei propri processi di apprendimento e di percezione e forse smette anche di scrivere.
Nella fase della scrittura spontanea dovremmo partecipare con gioia alla gioia del bambino, e non bloccarla per paura che commetta errori.

Dal momento che i bambini spesso chiedono che si legga a voce alta quello che hanno scritto, è doveroso farlo con esattezza, poichè questo offre un aiuto alla comprensione sia per il bambino sia per noi adulti. Se con tono allegro leggiamo “mama”, è facile che il bambino dica: “Ma io volevo scrivere mamma!”. Allora si aggiunge un’altra lettera emme.

In questa fase è importante preservare la fiducia del bambino. Per costruirla è sufficiente ricordare quanto abbiamo gioito delle prime parole e delle prime frasette del bambino dette nel primo anno di vita: a nessuno verrebbe in mente di proibire o di correggere le parole sbagliate a un piccino che comincia a parlare.

Gli adulti dovrebbero piuttosto prender nota delle parole inventate dai bambini, poichè vi si scopre un’ingegnosità che spesso noi adulti abbiamo perduto.
Le divergenze fra la lingua infantile e quella degli adulti non sono da considerarsi scorrette, ma solo tappe verso la lingua “normale”.

Allo stesso modo, nella conquista della lingua scritta, gli adulti dovrebbero riconoscere nel cometiciami una vera prestazione del bambino in una determinata fase di sviluppo, e non considerarlo un errore rispetto alla “scrittura normale”.

D’altra parte c’è da stare tranquilli: i bambini infatti abbandonano ben presto lo stadio della trascrizione fonetica, poichè fanno nuove esperienze e imparano nuove regole dello scrivere. E’ necessario però fare loro offerte adeguate.

Noi non dobbiamo occuparci se il bambino, nello svolgimento del processo, imparerà prima a leggere o a scrivere e se gli sarà più facile l’una o l’altra cosa; questo noi lo dobbiamo attendere dall’esperienza senza alcun preconcetto, anzi aspettandoci probabili differenze individuali nello svolgimento prevalente dell’uno o dell’altro atto.
Ciò permette uno studio di psicologia individuale assai interessante e la continuazione dell’indirizzo pratico del nostro metodo, che si fonda sulla libera espansione dell’individualità“. Maria Montessori, La scoperta del bambino.

Il linguaggio

Il linguaggio è un elemento fondamentale per la società umana e gli individui. Le persone non possono vivere senza comunicare, e la civiltà umana non può sopravvivere se l’uomo non usa il linguaggio per tramandare il pensiero collettivo. Le persone usano la lingua per esprimere sentimenti, pensieri, idee e desideri, e per ricevere informazioni da altri. Attraverso la lingua possiamo creare amore, odio e tutte le sfumature che stanno in mezzo. Il linguaggio è molto  più del leggere e dello scrivere.

Maria Montessori definì il linguaggio come “espressione di accordo fra un gruppo di uomini, che può essere capito solo da quelli che sono d’accordo col fatto che determinati suoni rappresentano determinate idee. E’ lo strumento del pensare insieme”.

Il linguaggio è l’essenza dello sviluppo del bambino, perchè lo rende capace di comunicare con gli altri, e perchè è un’espressione dello spirito umano.

Quando un bambino è in grado di parlare, ascoltare, scrivere e leggere, è pronto per accedere alla conoscenza ed esplorare la civiltà umana da solo!

Ma prima che lui possa farlo indipendentemente, ha bisogno di una guida che lo aiuti ad esplorare il linguaggio.
Maria Montessori osservò che il bambino è interessato prima di tutto alla voce umana, ed emette prima delle sillabe, poi parole di più sillabe, poi afferra la sintassi e la grammatica, applicando al linguaggio genere e numero, tempo verbale e tono sentimentale.

Maria Montessori osservò che il periodo sensibile del linguaggio dura dalla nascita ai 6 anni:
nascita – 1 anno: il bambino è sensibile ai suoni, guarda ed ascolta
1 – 2 anni: il bambino è sensibile alle parole, e comincia ad usare parole semplici
2 – 3 anni: il vocabolario del bambino aumenta in modo impressionante (circa da 300 a 1000 parole)
4 anni: è il periodo sensibile per l’apprendimento della scrittura
4 – 5 anni e mezzo: il bambino impara a classificare le parole e leggere
5 – 6 anni: il bambino è sensibile allo studio delle parti del discorso ed all’uso delle parole.

In ognuno di questi periodi il bambino ha dei compiti da realizzare dettati dal potere interno che lo guida all’apprendimento del linguaggio verso il raggiungimento della perfezione. L’insegnante deve saper osservare i bisogni del bambino e seguire le sue necessità offrendogli l’aiuto di cui ha bisogno, utilizzando un approccio indiretto.

Deve preparare il bambino a raggiungere le sue mete di apprendimento con un atteggiamento positivo, sicuro di sé e delle proprie capacità, tenendo vivo l’interesse ad imparare che poi lo accompagnerà per tutta la vita.
Il linguaggio nella scuola non viene curato come materia a sè, ma tutte le attività vanno ad alimentare naturalmente lo sviluppo delle abilità richieste per imparare la lingua, scrivere e leggere.

Con le attività di vita pratica il bambino sviluppa il controllo del movimento e la coordinazione occhio-mano (pulire la tavola, abbottonarsi, levigando oggetti, ecc…).

Con le attività sensoriali si sviluppano le capacità di percezione, discriminazione uditiva e visuale, abilità di comparare e classificare, il movimento fine, la leggerezza del tocco, ecc.. Tutte queste abilità sono fondamentali per la preparazione alla lettura ed alla scrittura.

Lo sviluppo del linguaggio continua con i libri, le attività di gruppo (canto, teatrini, giochi cantati), la conversazione di gruppo, l’arricchimento del vocabolario (materiali di nomenclatura, schede illustrate, ecc).

Quando l’insegnante è sicuro che il bambino è consapevole dei suoni presenti nelle parole, presenta l’alfabeto tattile. I sensi della vista e del tatto del bambino sono molto sensibili verso i 3 anni e mezzo di età, ed il bambino è in grado senza fatica di sviluppare una memoria muscolare in relazione ad ogni lettera. In questa fase non si incoraggia la scrittura, si tratta solo di un’esplorazione del suono e della forma.

Quando il bambino conosce circa 10 lettere, è pronto per l’alfabeto mobile.
Il bambino comincia a voler scrivere anche senza alfabeto mobile, e scriverà come parla, per cui non sillaberà correttamente, perchè sta utilizzando il suo proprio modo di analizzare le parole, sta esprimendo il suo modo personale di percepirle. Non va corretto, mai in questa fase. Il processo è più importante del prodotto finito.

Contemporaneamente si possono presentare al bambino i materiali per la lettura (scatola dei segreti, ecc…), in accordo con quelli che sono i suoi desideri.

Facendo fare al bambino molte esperienze di lettura e scrittura, egli capirà che scrivere significa codificare i pensieri. Il suo vocabolario orale è ora il suo vocabolario di lettura.

Poi si presenta al bambino la funzione delle parole e durante questa fase il bambino legge da solo.

Più tardi si dà avvio alla grammatica, alla lettura avanzata ed alla scrittura creativa.

L’apprendimento del linguaggio è un processo che dura per tutta la vita, ma i primi anni sono la formazione di base.

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Presentazione della pedagogia Montessori

Presentazione della pedagogia Montessori. Il termine “Scuola” evoca molto spesso idee quali dovere, noia, di obbligo a fare cose stabilite da altri, la paura delle interrogazioni e dei giudizi, il gusto del sotterfugio e del come farla franca. La bellezza del sapere e del crescere è quasi un incidente, trasversale alla scuola.

Nella mia ricerca, accanto a tutte le altre esperienze didattico-educative che mi piacciono, e che sono peraltro anche più sconosciute, ci fa piacere incontrare la didattica Montessori: anche lei ha puntato a rovesciare questa situazione.

La scuola montessoriana basa il piacere dello studio sul fare e sul capire, sulla libera scelta delle attività e sulla gioia di lavorare coi compagni, sul collaborare guidati da un adulto che non esprime giudizi e confronti continui, ma sostiene il percorso individuale e il gruppo, in un clima di scambio e di libera esplorazione.

Quando ci si chiede come mai le scuole montessoriane in Italia siano sempre state così rare, e lo siano ancora oggi, forse possiamo rispondere che il motivo profondo è proprio questo: la differenza sostanziale rispetto al modello diffuso di educazione, che si basa su una profonda sfiducia nell’essere umano e nelle sue capacità auto formative.

Il pregiudizio di base era ed è che il bambino, per svilupparsi al meglio, non possa fare a meno di una guida autoritaria, severa, punitiva e noiosa.

Insomma parliamo di un tentativo di opporre a questo pregiudizio un agire rivolto ad assecondare il gusto dell’imparare secondo i propri interessi, l’esplorazione personale ma anche l’impegno comune, il piacere di immaginare, la felicità, la fiducia e il coraggio.

Parliamo di un tentativo  che risale ormai agli inizi del 1900.

Oggi, mentre la scuola non è certo molto cambiata, dovremmo già essere impegnati nel superamento anche delle didattiche, e percorrere strade educative che non si basano sull’una o l’altra idea di uomo.

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Presentazione della pedagogia Montessori

I dieci desideri dei bambini
Da “I dieci desideri dei bambini” – Claus-Dieter Kaul-Auer Verlag GmgH

Qualche estratto da questo piccolo grande libro, che consiglio di cuore…

In Italiano: I dieci desideri dei bambini, Auer Verlag 2002. Da richiedere a:

ASSOCIAZIONE “FACCIAMO UN NIDO”

Località Zuel di Sotto n. 101
32043 – CORTINA D’AMPEZZO (BL)
Telefono e Fax 0436/861776
e-mail: ass.facciamounnido@virgilio.it

 

1.   Donateci amore
2.   Prestateci attenzione
3.   Lasciateci crescere, non obbligateci
4.   Accompagnateci
5.   Permetteteci di sbagliare
6.   Dateci un orientamento
7.   Indicateci limiti chiari
8.   Siate affidabili
9.   Mostrate i vostri sentimenti
10. Date spazio alla gioia

“Il bambino è la più grande e confortante meraviglia della natura, non un essere senza forza, quasi un recipiente vuoto da riempire della nostra saggezza, ma il costruttore della sua intelligenza, l’essere che, guidato da un maestro interiore, lavora infaticabilmente con gioia e felicità, secondo un preciso programma, alla costruzione di quella meraviglia della natura che è l’Uomo.  Noi insegnanti possiamo soltanto aiutare l’opera già compiuta”.
Maria Montessori, La mente del bambino.

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Presentazione della pedagogia Montessori
Donateci amore

Molti adulti mettono condizioni. Espressioni tipiche, che tutti conoscono, sono per esempio “Quando avrai fatto i compiti, potrai andare a giocare”, oppure “Se finisci quello che hai nel piatto avrai il gelato”, ecc….
Il bambino recepisce questo comportamento e a sua volta pone le proprie condizioni: “Se sarò gentile con mia sorella, potrò andare al cinema”, “Se vado bene a scuola riceverò una macchinina telecomandata”…

Al bambino viene comunicato inconsciamente che l’amore può essere comprato, o quanto meno essere messo sullo stesso piano di qualsiasi oggetto. Così per i bambini qualsiasi lavoro e perfino il gioco diventa finalizzato soltanto a ricevere considerazione. Rimangono assolutamente strabiliati quando scoprono che, come adulto, dedico loro tempo e attenzione spontaneamente, senza aspettarmi nulla in cambio. In questo modo imparano a godere del loro lavoro o del loro gioco unicamente per sviluppare e perfezionare la propria personalità.

I bambini, per loro natura, possiedono la meravigliosa capacità di immergersi nell’immediato e di soffermarsi contemporaneamente nel presente. Perfino bambini che hanno perso tale equilibrio naturale e quindi la loro tranquillità interiore, possono trovare la via per mettere nuovamente in relazione il loro mondo interiore con il mondo esterno.

Per ritrovare questo equilibrio hanno bisogno di cerimonie e di rituali fissi, che diano loro la possibilità di ricevere vero amore.

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Presentazione della pedagogia Montessori
Prestateci attenzione

Noi adulti abbiamo molte idee astratte su ciò che il bambino può o non può imparare. E’ essenziale invece prenderci tempo sufficiente per osservarli giocare e per imparare da loro, e non pretendere sempre che raggiungano i nostri obiettivi e soddisfino le nostre aspettative.

Ciò significa che dovremmo vedere i bambini come sono e non come vorremmo che fossero. La capacità di osservare diventa un’arte vera e propria, vuol dire riuscire a reprimere l’impulso ad intrometterci nei processi infantili o addirittura cercare di accelerarli.

Maria Montessori chiama tutto ciò “attendere osservando“.

I bambini imparano attraverso attività spontanee, durante le quali sviluppano un’enorme energia.

E’ bello vedere con quale gioia, con quale profonda capacità immaginativa i bambini siano in grado di prendere personalmente in mano il proprio apprendimento quando sanno di essere rispettati.

Per noi adulti è importante distinguere fra osservare in modo attento e interessato, e osservare in maniera annoiata, per controllare.

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Lasciateci crescere, non obbligateci

Maria Montessori in un saggio dal titolo “Quando il vostro bambino ne sa più di voi” scrisse: “Facciamo l’ipotesi di una mamma rana, impazzita, che dica ai suoi girini “Uscite dall’acqua, inspirate bene l’aria fresca, giocate e divertitevi nell’erba verde e diventate delle piccole rane forti e sane. Venite con me perchè la mamma sa quello che è meglio per voi.”

Se però i girini tentassero di obbedirle, questo significherebbe di certo la loro fine.

Eppure questo è il modo in cui molti di noi cercano di educare i propri figli, pensando di farne cittadini utili e intelligenti. A questo scopo sprechiamo molto tempo e molta pazienza per correggerli. Se solo riuscissimo a rendercene conto, capiremmo che ci stiamo comportando esattamente come la rana impazzita.

Che cosa possiamo fare noi adulti, affinché il bambino utilizzi i suoi talenti e le sue potenzialità per svilupparsi al meglio?

E’ necessario creare per loro, a casa e a scuola, un ambiente olistico, ricco di stimoli. Nel far questo dobbiamo prestare molta attenzione per offrire ai bambini la possibilità, mentre studiano, di accumulare esperienze anche con la parte destra del cervello, perchè in generale oggi la maggior parte delle offerte di apprendimento sono indirizzate alla parte sinistra.

Accompagnateci

Molti degli adulti che adottano un’educazione libera si pongono in continuazione la domanda: ” Quando presento qualcosa a un bambino, questo non è già troppo direttivo o manipolativo? Non lo costringo ad una visione mia delle cose? Dove rimane allora la creatività?”

Col termine “presentazioni” nella scuola Montessori si intende il lavoro concentrato e rivolto totalmente al materiale: mostrare come lo si usa in maniera corretta senza la pretesa di doverlo usare sempre in quel modo.

Si tratta di risvegliare l’interesse per l’essenza del materiale, e si può parlare di un’esperienza olistica per il bambino come per l’adulto, solo nel momento in cui viene raggiunta una concatenazione di rapporti tra materiale e bambino, bambino e insegnante e insegnante e materiale.

Per entrambi nasce un’unione tra corpo, anima e spirito.

Tuttavia alcune presentazioni sono state interpretate ed usate dagli adulti in modi molto diversi.

Spesso il materiale viene “insegnato” con una presentazione e questa viene considerata una lezione da dover impartire. Per altri adulti invece la presentazione è paragonabile a un rituale pieno d’amore.

Si tratta in effetti di una questione di atteggiamento nei confronti del bambino.

I bambini chiedono una presentazione quando hanno un reale interesse per un dato materiale, o quando la vogliono sfruttare come possibilità di contatto con l’adulto.

Sanno che in questo modo avranno tutta la sua attenzione.

Naturalmente anche la qualità del materiale gioca un ruolo importante: il materiale montessoriano non ha bisogno di spiegazioni verbali e consente di agire affidandosi interamente alla mimica espressiva.

Durante la presentazione l’adulto deve tenere presente che per il bambino sta sempre in primo piano l’aspirazione cosciente a staccarsi dall’adulto per raggiungere la maggior indipendenza possibile e un libero sviluppo della sua personalità.

Per dirla con la Montessori egli chiede “Aiutami a farlo da solo!”.

Con questo concetto il bambino intende dire: mostrami come si fa. Non farlo tu al mio posto. Posso e voglio farlo da solo. Abbi però la pazienza di capire i miei percorsi. Forse sono più lunghi, forse ho bisogno di più tempo perchè voglio fare diversi tentativi. Per favore stammi solo a guardare e non intervenire. Farò esercizio, riconoscerò gli errori che faccio. Il materiale me li farà vedere.

Per questo motivo, anche dopo la presentazione, è importante che noi adulti ci teniamo semplicemente a disposizione senza intervenire, lasciando i bambini liberi di provare e di esprimersi a modo loro. Solo così potremo notare come agiscano in modi diversi con i vari materiali durante il lavoro libero.

Quando i bambini si sentono veramente accompagnati da noi adulti e non istruiti o controllati e quando noi diamo il tempo e la tranquillità necessari per le loro scoperte, si può notare quanto siano attenti nell’usare il materiale. Il rapporto amorevole e rispettoso verso di loro e con gli oggetti produce un effetto positivo anche nel contatto con gli altri bambini e con gli adulti.

Per genitori ed educatori accettare che l‘educazione non consista tanto in quello che si insegna, ma che sia piuttosto un processo che avviene da sé nel bambino, può essere difficile.

L’efficacia dell’educazione è tanto maggiore se non cerchiamo di educare direttamente, in maniera programmatica e intenzionale.

Il bambino intraprende attività che ci fanno stupire enormemente.

Come genitori e maestri dovremmo attribuire più importanza all’ambiente, alla preparazione e alla presentazione di materiali stimolanti, invece di darlo alle lezioni verbali: insomma, dovemmo parlare poco, spiegare meno, e fidarci di più dei bambini.

Permetteteci di sbagliare

Che cosa cerchiamo realmente in un bambino? Quasi sempre siamo alla ricerca di errori e non solo di quelli che ha fatto, ma anche di quelli che potrebbe fare.

L’unica cosa che possiamo veramente fare è cambiare il nostro atteggiamento nei riguardi del bambino e amarlo di un amore che crede nella sua personalità e nel fatto che egli è buono, che non vede i suoi difetti, ma le sue virtù, che non lo reprime, ma lo incoraggia e gli dà libertà.

Maria Montessori, Educazione e pace.

Molti adulti credono di essere di valido aiuto ai bambini facendogli notare continuamente i suoi errori o correggendoglieli. Spesso intervengono già prima, proprio per impedire ogni sbaglio.

I bambini educati da adulti così ambiziosi, sviluppano ben presto complessi di inferiorità e succede che poco dopo aver iniziato la scuola dicano “Non lo so fare” ancor prima di aver cominciato un lavoro.

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Dateci un orientamento

Noi adulti abbiamo per prima cosa bisogno di sapere come educare. Genitori e maestri sono spesso perplessi e privi di un orientamento quando devono trattare coi bambini.

Chiedono consigli, metodi e indicazioni per fare diversamente o meglio il loro lavoro educativo.

Ma trasmettere ad altri qualche esempio non serve, in fin dei conti si tratta solo di uno scambio di potere fra noi adulti: chi chiede esercita un potere con la sua impotenza, il “consigliere” tranquillizza con una risposta intelligente basata sulla sua apparente competenza.

In questo modo però non nasce un vero contatto che permetta di prendere seriamente e serenamente in considerazione il problema.

Dobbiamo sempre tenere in considerazione che i bambini non hanno bisogno di metodi migliori o nuovi, ma di persone pronte a cambiare.

Dovremmo essere sempre disponibili ad accettare il nuovo, l’imprevisto, e quindi ogni cambiamento in noi e nel nostro ambiente con pazienza, interesse, attenzione.

E’ importante che ci chiariamo le idee sulla direzione che vogliamo prendere, contemporaneamente però dobbiamo essere aperti a inevitabili cambiamenti di direzione.

E alla fine possiamo fidarci solo della nostra capacità di capire e, nell’educare, dobbiamo prenderci personalmente la responsabilità di ogni passo.

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Indicateci limiti chiari

La richiesta di limiti ben definiti provoca spesso grande insicurezza e senso di impotenza negli adulti che cercano strade nuove e vogliono resistere ai modelli educativi tradizionali.

Tra genitori ed insegnanti la paura di mettere limiti è dovuta a esperienze personali infantili, quando i limiti sono stati usati come sistema repressivo per fare o non fare quello che altri si aspettavano da noi. Si trattava per lo più di divieti indicazioni o ammonizioni che si appellavano al nostro Io “migliore”.

Ieri come oggi, nel porre questi limiti spesso non vengono viste né prese in considerazione le necessità personali. I bambini il più delle volte si devono adattare alle esigenze degli adulti per avere un riconoscimento e l’attenzione necessari al loro sviluppo.

A partire dagli anni ’70 è apparsa una marea di letteratura, la più diversa, che ha fornito in proposito consigli ed esempi. In primo piano troviamo le possibilità di risolvere i problemi con intelligenza, parlando in modo democratico.
In questo modo l’adulto ha la sensazione di venir incontro al bambino con molta comprensione, di non condizionarlo e tanto meno di trattarlo male, imponendo dei limiti.

Dimentichiamo tuttavia che i bambini piccoli non sono assolutamente in grado di seguire tali trattative sui limiti: essi percepiscono unicamente il modello linguistico, senza capire realmente il nocciolo del problema, che sarà loro chiaro solo in una successiva fase di sviluppo.

Per i bambini è importante constatare che noi adulti siamo consapevoli del fatto che i limiti posti spesso non piacciono e che riteniamo legittimo che esprimano i loro sentimenti piangendo o brontolando. Tuttavia i limiti restano fermi: non svaniscono con le proteste, né con i pianti.

E’ importante che lo percepiscano insieme al fatto che anche noi ci troviamo in una situazione difficile nei loro confronti: vogliamo loro bene, ma non permettiamo di fare qualsiasi cosa venga loro in mente.
I bambini hanno bisogno di confini per crescere in pace.

Se noi adulti abbiamo il coraggio di indicarli, in maniera chiara e rispettosa, il vantaggio è di tutti.
I bambini, sperimentando limiti e regole nel gioco, possono acquisirne una conoscenza profonda. Più tardi riuscirà loro più facile accettare limiti e regole e potranno usare libertà e limiti in maniera più autentica.

Con la competenza acquisita in questo modo, nella scuola elementare, possono raggiungere un elevato grado di consapevolezza nella fase successiva di sviluppo, tra i 14 ed i 21 anni. In questo periodo i giovani mostrano uno spiccato interesse per temi come giustizia e dignità umana, cause sociali, scoperte scientifiche di ogni tipo e responsabilità politica.

Riconosceranno che non porre limiti significa mancanza di responsabilità nei riguardi di se stessi e del prossimo.
“Nessuno deve oltrepassare i miei confini”, significa che in fondo il mancato rispetto e il disprezzo dei limiti porta a violazioni di individui e di popoli.

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Siate affidabili

I bambini hanno bisogno di relazioni stabili, sicure, basate sulla fiducia, nelle quali trovare un orientamento per le loro necessità.

Nella scuola elementare per i bambini più grande è di grande aiuto ad esempio lo scrivere ogni mattina alla lavagna il decorso che avrà la giornata.
E’ importante per loro che determinate attività, come il lavoro libero, il gruppo di discussione, la pausa, la lettura a voce alta, ecc…, abbiamo luogo sempre con lo stesso ritmo.

Così possono essere certi di avere a disposizione tempo sufficiente per i loro interessi e le loro inclinazioni personali, e tuttavia trovano anche uno spazio nel gruppo di discussione per esprimere i loro desideri e arrivare a una convivenza affettuosa e piena di rispetto.

Nascono così accordi e regole che adulti e bambini rispettano sicuramente.
Allo stesso tempo è chiaro per i bambini, che qualche volta le regole si devono cambiare per adattarle a necessità contingenti.

Accettare e rispettare questi cambiamenti è tanto più facile per i bambini, quanto più sono certi che determinati rituali, come la lettura a voce alta oppure festeggiare il compleanno tutti insieme, avranno sempre luogo con regolarità.

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Mostrate i vostri sentimenti

Per noi adulti è chiaro che i bambini oggi vivono più liberi e che si è più attenti ai loro sentimenti: anche per questo sono più facilmente vulnerabili.

Spesso, nell’accompagnare i bambini con l’intelligenza emotiva necessaria, dobbiamo fronteggiare richieste particolari.

Siamo attenti nel trattare i nostri bambini con giustizia, pazienza e rispetto e, nel far questo, comunichiamo loro informazioni perchè possano risolvere i problemi con sensibilità e avere buone relazioni. Ma esiste grande discrepanza fra la buona educazione e l’effettiva realizzazione.

Molti adulti pensano di  poter risolvere i problemi in maniera razionale e per questo spesso parlano e discutono coi bambini, danno consigli, fanno esempi, in realtà si limitano a parlare ai bambini, anziché parlare con i bambini ed ascoltarli. Con tutti questi consigli si trascura spesso il fatto che una buona educazione ha molto a che vedere con i sentimenti.

Daniel Goleman, nel suo libro Intelligenza emotiva, descrive i risultati di ricerche che dimostrano quale ruolo giochino i sentimenti nella nostra vita.

Dagli studi fatti risulta evidente che successo e felicità, sia in campo familiare, sia in campo professionale, non dipendono tanto dal quoziente d’intelligenza, quanto da una vita emotiva consapevole. Egli chiama questa qualità “intelligenza emotiva“.

Per genitori ed insegnanti ciò significa pensare maggiormente ai sentimenti dei bambini, cercare di consolarli e di guidarli, immedesimandosi in loro.

Lo stesso principio vale per i nostri sentimenti personali.
Dovremmo imparare ad accettare sentimenti quali rabbia, tristezza, paura come parte della nostra vita, e considerare le tensioni emotive come un’opportunità.

Molti adulti invece non sono in grado di affrontare i sentimenti negativi propri e dei bambini: c’è chi sorvola e addirittura minimizza le emozioni negative, chi rimprovera o punisce i bambini per la loro esplosione emotiva. Altri sembrano particolarmente tolleranti perchè accettano i sentimenti dei bambini, però osservandoli più da vicino si constata che non offrono loro alcun aiuto concreto per risolvere i problemi o per porre limiti al loro comportamento.

John Gottman (Intelligenza emotiva per un figlio) dice che occorre:
. essere consapevoli dei sentimenti del bambino;
. vedere nella manifestazione dei sentimenti un’opportunità per potergli essere vicino e comunicargli qualcosa;
. ascoltare in maniera partecipe e confermare i sentimenti del bambino;
. aiutarlo a dare un nome alle emozioni;
. porre alcuni limiti e prospettare una possibile soluzione del problema.
Dalle ricerche è emerso che i bambini certi dell’amore e dell’appoggio degli adulti riguardo i loro sentimenti, sono più tutelati da un’eccessiva aggressività, da un comportamento asociale, da dipendenza da droghe, da un’attività sessuale prematura, dal suicidio.
Gottman e Goleman hanno inoltre appurato che i bambini che si sentono apprezzati e considerati dagli adulti, hanno prestazioni migliori a scuola, più amici, e una vita più sana e ricca di successi.

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Date spazio alla gioia

Stare con i bambini permette a noi adulti di affrontare le responsabilità della vita con una leggerezza tale che dovremmo sempre farci coinvolgere.

In tutte le situazioni difficili e nelle provocazioni, mi hanno sempre fatto ridere di cuore e reso felice le osservazioni dei bambini o le storie scritte da loro. Ricordiamo che gli sciamani indiani guariscono i malati nel momento in cui riescono a farli ridere.

Per me quindi è diventato un principio di vita e di lavoro provocare il riso nelle persone, raccontando favole scritte da bambini, e noto come la maggior parte delle persone si senta subito bene perchè è proprio il senso dell’umorismo che riesce a ristabilire un nuovo equilibrio fra sentire e pensare, tra ragione  e fantasia.

 

Prospettive per una “nuova” educazione in questo secolo

Molti adulti pensano ancora che l’essere umano sia incline alla pigrizia e all’inerzia e per questo debba essere istruito, guidato da persone di maggiore autorità e soprattutto essere da loro controllato.

Ma gli esseri umani sono degni di fiducia, ricchi di inventiva, auto motivati, dinamici, creativi e costruttivi.

In un ambiente educativo olistico si crea un clima rassicurante nel quale vengono soddisfatti la curiosità e il desiderio naturale di imparare.

Al posto di una competitività distruttiva troviamo cooperazione, rispetto per gli altri, disponibilità reciproca. In questo ambiente i bambini, ma anche gli adulti, imparano ad apprezzarsi, sviluppano fiducia e considerazione in se stessi.

Scopriamo, in maniera sempre crescente, che l’origine della nostra idea di valore è dentro di noi e che un senso positivo della vita viene dal nostro interno.

In questo modo nasce in ogni singolo un dialogo costante fra scoperte intellettuali e scoperte emotive che portano a una gioia di imparare che dura per tutta la vita.

Anche Montessori disse: “La questione della vera riforma educativa è una questione di odio o amore. Il bambino che ama, che si sente amato, ha una natura dinamica. E’ un bambino che lavora molto, che non ha paura di far fatica e cerca disciplina, elemento naturale per le persone che vivono una vita normale. Un bambino che ama, nella sua maturità, diventerà l’uomo nuovo. E’ possibile prevedere una nuova società, nella quale l’uomo sarà più capace perchè quando era bambino gli è stata insegnata la fiducia.

L’esperienza, ormai da anni, ha dimostrato che l’educazione futura sarà soprattutto una provocazione alla nostra immaginazione e la riscoperta del bambino che è in noi.

E’ quindi necessario abbandonare aspettative e pregiudizi e aprirci all’oggi. Noi adulti, quando impariamo, dobbiamo considerarci in modo olistico, cioè un insieme di corpo, anima e spirito per sentirci elementi integrati in un tutto attivo.

Ciò significa che non dobbiamo più insegnare i particolari ai bambini, ma far loro sentire il mondo visibile e invisibile come un insieme. L’educazione olistica include il cuore del bambino, il suo istinto, la sua fantasia, i suoi sentimenti.
Maria Montessori ha sviluppato questo modo particolare di imparare nella cosiddetta “Educazione Cosmica” elaborata tra il 1939 e il 1947, periodo in cui era in India.
C’era una volta una regina che aveva tre figli. Il maggiore era un drago, il secondo era un cavallo e il più piccolo un uomo. I tre fratelli erano così diversi fra loro che nessuno capiva la lingua dell’altro. Benché la regina non avesse promesso il suo regno ad alcuno di loro, il più giovane si impadronì del potere e lo esercitò con grande crudeltà. Quando poi la regina ebbe anche una figlia, il figlio più giovane temette per il suo potere, fece un brutto incantesimo alla piccola principessa che si addormentò e non si svegliò mai più.”
La vecchia regina è la nostra anima. I tre figli sono il drago, ovvero la struttura cerebrale reticolare che corrisponde al tronco encefalico; il cavallo, che è la struttura limbica cerebrale, centro delle emozioni; la corteccia cerebrale, l’uomo, è la capacità razionale.

La principessa dormiente però è il quarto figlio, la farfalla cerebrale. Dobbiamo liberare la bella dormiente che è in noi. Come la farfalla ha le ali, e quando verrà svegliata il mondo delle larve e delle crisalidi scomparirà: la principessa distenderà le ali e volerà libera.
Spero che anche voi riusciate a liberare la farfalla assopita della vostra mente, che sappiate trovare diverse alternative per un’altra forma di educazione in questo secolo, anche se, talvolta, nella vita di tutti i giorni, ci possiamo sentire scoraggiati.

Nell’interesse di bambini mi esercito ogni giorno a credere nell’impossibile, e vi prego, fatelo anche voi.

Claus-Dieter Kaul

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Bibliografia consigliata 

Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori – di John Gottman e Joan Declaire
Ogni genitore si interroga sui modi migliori per educare i propri figli a realizzare i loro talenti e godere della vita nella sua pienezza: in questo percorso di crescita, un ruolo fondamentale è rivestito dall’intelligenza emotiva, cioè dalla capacità di fondere le proprie attitudini con qualità come l’empatia e l’attenzione ai rapporti con gli altri. Psicologo noto in tutto il mondo proprio per i suoi studi sulle relazioni tra genitori e figli, Gottman mostra in questo libro in che modo i genitori possono diventare dei bravi “allenatori emotivi”: attraverso limpide spiegazioni e un ampio numero di esempi pratici, l’autore esamina le fasi cruciali dello sviluppo di bambini e ragazzi – dalla gestione dei sentimenti al controllo degli impulsi, dall’importanza dell’ascolto al superamento dei conflitti – e illustra passo dopo passo come trasmettere ai figli le qualità necessarie per crescere più forti e felici.

La pace giusta. Testimoni e maestri tra ‘800 e ‘900 – di Emilio Butturini

Educare ad essere. Una scuola dalla parte dei bambini (momentaneamente non disponibile)

Infanzia e società in Maria Montessori. Il bambino padre dell’uomo – di Raniero Regni
Il contributo che Maria Montessori ha dato alla pedagogia italiana ha attraversato il tempo e conserva intatto il suo valore anche oggi. Nel presente volume si mette a confronto la Montessori con alcune delle punte più avanzate della riflessione psicopedagogica, sociologica, etologica, filosofica e letteraria (Piaget, Bruner, Hayek, Lorenz Camus, Popper tra gli altri); accostamenti inaspettati che permettono di esplorare aspetti poco valorizzati o malintesi del messaggio educativo montessoriano.

I bambini, che belle persone! Centro nascita Montessori
Questo libro è un invito a guardare il mondo dell’infanzia con occhi molto attenti, ad osservare il bambino nella sua dignità di persona sensibile e sempre attiva. Si è scelto quindi di presentare una serie di fotografie che, nella loro immediatezza e semplicità di lettura, ci facciano riflettere su situazioni quotidiane che i nostri occhi distratti non vedono più: sulla straordinaria espressività dei bambini, sulle loro azioni mai banali, mai superflue… Accompagnano le illustrazioni alcune parole di Maria Montessori.

Montessori: perchè no? – a cura di G. Honegger Fresco
Si tratta di una vicenda del passato oppure il pensiero e le esperienze della pedagogista italiana hanno continuato a vivere, costituendo modello e spunto per imprese scolastiche e pedagogiche che vanno ben oltre le Case dei Bambini cui il suo nome è soprattutto legato? La risposta che viene offerta nel testo è affermativa e si fonda su scritti inediti della stessa Montessori, su testimonianze di discepoli, amici, studiosi di fenomeni formativi, personaggi di cultura, su resoconti di sue iniziative e realizzazioni nei vari luoghi in cui è trascorsa la sua esistenza, su documentazioni di “scuole” montessoriane sparse nel mondo e frequentate da bambini piccoli e adolescenti.

Paesaggio educatore. Per una geo-pedagogia mediterranea – di Raniero Regni
Il ruolo del paesaggio e la delineazione di una sua fisionomia: è questo il tema centrale del volume. Un argomento importante della psicologia sociale che si interroga su cosa sia oggi il paesaggio, che cosa insegna e come possa essere insegnato, indagando anche un particolare tipo di paesaggio che è il nostro, quello mediterraneo, capace di ispirare ancora una psicologia sociale, e addirittura un modello non solo educativo.

di Maria Montessori: 

Il bambino in famiglia
Il bambino in famiglia raccoglie i testi di una serie di conferenze tenute nel 1923 a Bruxelles, nelle quali Maria Montessori traccia le proprie proposte per una Scuola dei genitori. Il volume è quindi una guida di igiene mentale a uso di genitori ed educatori, perché non si creino – anche inavvertitamente le premesse di quella che si manifesterà un giorno come una penosa (ma inevitabile) incomprensione nei rapporti tra genitori e figli.

Il segreto dell’infanzia
Madri ed educatori troveranno in questo libro il mondo in cui s’ambienta il metodo montessoriano: “l segreto dell’infanzia” crea infatti lo stato d’animo preliminare all’intelligenza di una pratica pedagogica logica e chiara, che conduce sottilmente alla progressiva scoperta delle verità intellettuali. Il muto e misterioso lavoro del bambino nei suoi primi tre anni, l’incarnazione dello spirito umano nella giovane creatura divengono una verità acquisita alla nostra coscienza, una rivelazione a cui ognuno può attingere suggerimenti per meglio orientare il processo formativo.

La scoperta del bambino
La scoperta del bambino è la sintesi e il coronamento degli scritti in cui Maria Montessori ha delineato il suo metodo pedagogico, basato sul lavoro creativo cui è chiamato l’insegnante. Il volume segue lo sviluppo psicologico del bambino da quando, dopo il segreto travaglio dell’apprendimento del linguaggio, si volge al mondo che lo circonda, fino agli anni dell’insegnamento elementare. Sottolineando l’incessante interazione tra le percezioni del bambino, i suoi atti e la mente che acquisisce, illustra il materiale montessoriano e il suo uso negli esercizi pratici e sensoriali. Centrali sono anche il tema della formazione dell’insegnante e la polemica contro i pregiudizi che pesano sullo sviluppo della mente infantile.

Educazione per un mondo nuovo
Il libro propone un’analisi scientifica della personalità del bambino. Con un’esposizione sempre piana, Maria Montessori tratta delle grandi capacità del bambino e delle sperimentate possibilità del suo sviluppo psichico e intellettuale. Scritto dopo la terribile esperienza della guerra, questo libro segna il tentativo di delineare attraverso l’educazione i tratti di una comunità mondiale pacifica e armonica.

Dall’infanzia all’adolescenza
In questo lavoro, pubblicato al culmine della maturità intellettuale e dell’impegno in campo pedagogico, Maria Montessori analizza le caratteristiche psicologiche che contraddistinguono il periodo evolutivo che va dalla seconda infanzia all’adolescenza sino alle soglie della maturità e alla frequenza universitaria, individuando risposte educative e didattiche pertinenti con le specifiche esigenze cognitive, emozionali e sociali emergenti in queste particolari fasi evolutive. Dalle sue riflessioni emergono un quadro psicologico di grande interesse e attualità, indicazioni didattiche chiare e coerenti, nonché una proposta curricolare e organizzativa di scuola secondaria centrata su una preparazione culturale “ampia, profonda, completa”, attenta alla esigenza prioritaria di fornire ai giovani condizioni concrete per la costruzione della propria identità sociale e personale. Ne emerge un modello di scuola che pone al centro dell’attenzione i bisogni dell’adolescente, un soggetto da cui dipende il futuro dell’umanità, come sottolinea l’autrice, ma che si trova ad attraversare una fase di “cambiamento radicale nella sua persona” che richiede un “cambiamento radicale nella sua educazione”.

L’aritmetica sviluppata secondo le indicazioni della psicologia infantile durante venticinque anni di esperienze.
Il libro presenta la proposta montessoriana per l’apprendimento dell’aritmetica con materiali autocorrettivi per i bambini da tre a dodici anni.

Educare alla libertà
II metodo educativo Montessori, applicato in centinaia di scuole in tutto il mondo, ha rivoluzionato nel profondo la pedagogia degli ultimi cent’anni, proponendo un’idea del bambino completamente diversa da quella fino allora accettata. Il fanciullo viene visto come un essere completo, dotato naturalmente di un’energia creativa e affettiva, e il principio fondamentale che deve improntare la sua educazione è quello della libertà, da cui naturalmente emergerà la disciplina. Questo volume comprende alcuni dei brani chiave del pensiero montessoriano che offrono ai genitori e agli educatori di oggi utili spunti di riflessione per crescere dei bambini liberi, autentici, spontanei, responsabili.

La mente del bambino. Mente assorbente
In questo libro Maria Montessori si inoltra nel mistero di quel periodo in cui si organizza la mente. Definisce i caratteri, i limiti e le insospettate possibilità della prima forma della mente del bambino, quella mente assorbente che tutto riceve e ritiene, ma che di alimento ha bisogno per il suo sviluppo così come di alimento materiale ha bisogno il corpo.

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L’importanza dell’ambiente nella pedagogia Montessori

L’ambiente riveste per la Montessori un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la crescita dei bimbi; la scuola deve essere in grado di accogliere bambini di età diverse coinvolgendoli e stimolandoli nelle attività individuali e di gruppo, accrescendo in loro il senso di appartenenza a una collettività e nello stesso tempo dando loro piena libertà di movimento e di azione.

In altre parole, accogliendoli in un luogo caldo e rassicurante, aperto alle scelte e al lavoro di ciascun piccolo alunno.

Gli arredi devono essere pensati e studiati tenendo conto dell’età e della corporatura dei piccoli e costruiti all’insegna della leggerezza in modo che, proprio a causa della loro fragilità, rivelino un utilizzo sbagliato o mancanza di rispetto da parte di coloro che ne fanno regolarmente uso (per questo motivo, nelle scuole montessoriane gli scolari si servono di piatti di ceramica, bicchieri di vetro, soprammobili fragili: i bambini sono, in questo modo, invitati a coordinare i movimenti con esercizi quotidiani di autocontrollo, autocorrezione e prudenza).

Il mantenimento dell’ordine, della pulizia e della bellezza sono i compiti principali che i bimbi sono chiamati ad adempiere e ciò nella convinzione che solo un ambiente ordinato e organizzato è in grado di far emergere le virtù nascoste di chi lo frequenta e lo vive.

L’istinto e il bisogno fondamentali del bambino sono quelli di un adattamento attivo al mondo delle cose e delle persone, misurate e commisurate alle sue personalissime istanze.

Non v’è ambiente sociale, ha scritto Maria Montessori, nel quale non vi siano individui che abbiano esigenze e livelli diversi.

Per questo stesso fatto la scuola è un ambiente che deve accogliere bambini di età eterogenea e adatto al lavoro individuale o di piccolo gruppo.

Il suo parametro di misura è dunque la casa, con spazi articolati, irregolari, ricchi di ‘angoletti nascosti’, di ‘cantucci tranquilli’ dove lavorare, pensare, immaginare con i propri tempi e ritmi interiori.

Ma anche ambiente preparato nel senso della misura, con oggetti e arredi proporzionati all’età e al corpo dei bambini stessi, rivelatori dell’esattezza e dell’ordine, qualità che suggeriscono una disciplinata attività autonoma; ambiente accogliente e caldo, rassicurante e vissuto con un positivo senso di appartenenza.

L’ambiente scolastico diventa ambiente di vita nel quale i bambini sono impegnati gioiosamente al mantenimento dell’ordine, della pulizia, della bellezza. Queste attività, definite esercizi di vita pratica, hanno una funzione importante e significativa sia nella “Casa dei bambini” dove favoriscono il perfezionamento psico-fisico e la coordinazione dei movimenti, sia nella scuola elementare dove assume maggior rilievo la dimensione della autonomia responsabile e quindi della socialità.

La scelta metodologica montessoriana assegna all’insegnante e all’adulto anche da questo punto di vista una assunzione di responsabilità circa i rischi collegati all’uso di materiali ‘reali’.
Nella Scuola Elementare l’ambiente sarà razionalmente organizzato e articolato anche in vista della più attiva ricerca di relazione e di socialità che sono caratteristiche di questa età.

Esso dovrà favorire:

la sperimentazione e il lavoro individuale e di gruppo;

la lettura e la consultazione di testi con una essenziale biblioteca di classe;

la raccolta, lo studio e la valorizzazione di elementi forniti dalla natura come occasione per la ricerca e le uscite di osservazione;

l’apertura alla realtà extrascolastica e al territorio (la scuola entra nel mondo e il mondo entra nella scuola);

le attività manuali legate al “lavoro dell’umanità”, ma sempre collegate allo sviluppo della mente.

Il lavoro della mani” ha scritto Maria Montessori “deve sempre accompagnare il lavoro della mente in virtù di una unità funzionale della personalità”.

Come è noto, l’ambiente tipico di una scuola montessoriana si distingue per la presenza dei necessari ‘strumenti’ di lavoro psico-motorio e intellettivo dei bambini, strumenti definiti “materiali di sviluppo e di formazione interiore”.

Il bambino, come peraltro ogni essere vivente, è guidato dai suoi misteriosi impulsi vitali ad adattarsi all’ambiente, assorbendone i caratteri.

Laddove esso sia confuso, instabile, incompiuto, né utile né necessario, privo di attrattiva e di interesse e non direttamente utilizzabile per una personale sperimentazione di conoscenza, ebbene il bambino assimilerà questi caratteri negativi senza poter esercitare in modo chiaro, preciso e finalizzato i propri poteri psichici e mentali. In sostanza gli è impedita o resa difficile la stessa formazione del suo proprio carattere.

Per questo motivo di fondo, strettamente legato alla costruzione di una personalità attiva e disciplinata, l’ambiente educativo montessoriano è stato definito come maestro di vita e di cultura, come ambiente educatore.

Il lavoro organizzato è la dimensione pratica nella quale vivono e si realizzano i due presupposti scientifici che sostengono le ragioni e la necessità del metodo Montessori:

Il primo di essi riguarda il bambino, ossia la sua natura che gli ‘comanda’, attraverso spinte interiori, impulsi delicati e profondi, di realizzare il proprio sviluppo psichico.

È soltanto la natura che gli suggerisce che cosa fare, quando farlo e come farlo, e lo guida nella creazione dei propri ‘organi psichici’ (si pensi al movimento e al linguaggio) mettendogli a disposizione particolari e temporanee sensitività.

Queste presiedono alla preparazione e formazione di forze e poteri che non potranno essere positivamente acquisiti quando i corrispondenti periodi sensitivi abbiano cessato di agire in modo intenso e dominante.

Pertanto lo sviluppo psichico non avviene a caso né ha origine da stimoli esterni: certamente il bambino deve essere esposto all’ambiente alle cui spese si sviluppa; ma se l’ambiente è necessario affinché il bambino agisca e incarni se stesso, la propria creazione psichica e mentale è il risultato di una ‘volontà interna’, di un misterioso segreto vitale: “In questi rapporti sensitivi tra il bambino e l’ambiente, sta la chiave che può aprirci al fondo misterioso in cui l’embrione spirituale compie i miracoli della crescenza”.

Il secondo presupposto afferma che i bambini hanno una forma mentale propria e diversa dall’adulto: è la mente inconscia e assorbente, creatrice della natura dell’uomo e della sua cultura: movimento, linguaggio, pensiero, amore.

Ma il bambino non crea e assorbe a caso, ma attraverso una guida severa e ordinata.

Egli segue leggi costanti che creano normalmente i fatti dello sviluppo rispettandone i tempi di manifestazione ed esplosione.

Per il solo fatto di vivere il bambino impara o meglio assorbe e fa suo tutto ciò che l’ambiente offre alla sua attenzione trasformandolo in cultura e civiltà e assicurando così la continuità storica dell’umanità.

La scuola, a partire da questi fatti e fenomeni naturali, è perciò ‘coltivazione’ dell’umanità, aiuto alla sua espansione e formazione: “le menti in via di sviluppo hanno l’avidità di un corpo affamato”.

La cultura del bambino è, dunque, il risultato del suo libero lavoro nel corso di esperienze personali donde egli trae e assorbe gli elementi costitutivi, i quali si fissano nel suo spirito preparandosi a dare nuovi frutti.

La scuola nel suo insieme e le aule non sono confini limitanti, ma luoghi di storie e di esperienze, perché il bambino circolandovi liberamente scopre nuove possibilità di lavoro e di conoscenza.
Il bambino istintivamente si porta dove c’è opportunità di lavoro, di esperienza, di osservazione, di studio.

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Il ruolo dell’insegnante nella scuola Montessori

I bambini desiderano conoscere e sapere, domandano e ricercano, pensano e immaginano perché istintivamente sanno che i fenomeni e i fatti debbono essere spiegati e giustificati e che essi ‘vivono’ e esistono secondo determinate leggi e proprietà.

Ogni cosa è pensata in una visione più vasta della realtà.

Ma, ha scritto Maria Montessori, essi “hanno bisogno di ricevere risposte complete, che provocano il loro entusiasmo e suscitano il bisogno di nuove ricerche e di attività intensa”.

Gli insegnanti dovranno essere all’altezza di tale prorompente bisogno, “ampliando la loro vita psichica”, penetrando con le loro ricerche in campi inesplorati, aprendosi a più larghi orizzonti, impadronendosi di nuove conoscenze di cui forse non sospettano l’esistenza.
L’insegnante montessoriano opera con la fondata speranza che ogni individuo è chiamato dalla natura a realizzare la propria evoluzione psichica, secondo un disegno da essa preordinato, purché egli viva in un ambiente adatto alle forme del suo lavoro.

L’insegnante non giudica i risultati conseguiti dal bambino, ma le cause che ne impediscono o ritardano l’ascesa, provvedendo ad osservarle e capirle, e a modificare le circostanze che ostacolano il normale sviluppo.

Per questo motivo egli non ha un centro e una periferia nella classe ed è contemporaneamente assente e presente: è vicino al bambino che richiede la sua presenza, gli siede accanto con una piccola sedia, gli parla dolcemente e brevemente, senza sovrastare il bambino con il corpo e la parola adulti.

Aiuta senza interrompere e correggere, e questo aiuto è dato senza disturbare il lavoro e la concentrazione degli altri bambini.

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Il materiale Montessori

Il materiale Montessori è il capitolo centrale del metodo.

Il materiale è, per così dire, un eserciziario dello spirito, in quanto il bambino vi esercita la propria sensorialità ed intelligenza, liberamente attirato dalle segrete informazioni e dalle inesplorate soluzioni che esso racchiude.

Penetrando il materiale strutturato, i bambini si rendono conto di come operano, pensano, adottano ipotesi, congetture e soluzioni, di come classificano, risolvono problemi e modificano le proprie rappresentazioni mentali.

Poiché il loro lavoro è intimamente personale, essi sperimentano e conquistano il sentimento della propria autonomia e identità.

Maria Montessori, pur scusandosi di non aver saputo individuare un termine equivalente e meno ambiguo, ha sempre precisato che la normalizzazione non è una azione correttiva e emendativa dell’adulto.

Essa è il ‘ritorno’ spontaneo del bambino alla espressione e sperimentazione delle sue forze positive e costruttive: è dunque, un processo di auto-normalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di comportamento che ne impediscono l’adattamento attivo.

La normalizzazione è la rinascita della normalità bio-psichica attraverso la quale il bambino riprende interesse, desiderio di lavoro, sforzo e soddisfazione nell’attività prescelta.

La libera scelta e il lavoro appropriato sono le ‘medicine miracolose’ che canalizzano lo spirito del bambino nella scoperta della sua più profonda natura: il fare e il saper fare, non imposti e giudicati dall’adulto, ma sperimentati nell’attività con le ‘cose’ in un ambiente sociale a sua volta non violento, non competitivo, né selettivo, né emarginante.

Questo aspetto dell’educazione montessoriana è stato sempre notato e riconosciuto come il tipico effetto di un intervento indiretto dell’ambiente che offre l’opportunità di ‘auto-riformare’ le proprie tendenze di fuga, di opposizione, di abbandono, di capriccio.

La guarigione del bambino è nelle sue stesse mani, proprio nel senso della mano che riprende ad esplorare, a fare, a pensare, a conoscere.

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Il curricolo nelle scuole Montessori

Il termine curricolo viene usato in questo progetto nel suo significato largo, come espressione operativa di un programma o di un corso di studio organizzato e sequenziato secondo particolari assunti psicologici che ne motivano sia i processi che i metodi.

Gli obiettivi non sono, nella metodologia montessoriana, qualcosa da cui partire o a cui giungere; essi sono modificazioni di conoscenze e comportamenti iscritti nel processo stesso del lavoro del bambino.

Pertanto il curricolo che si propone è  la scoperta e la descrizione della cultura infantile di cui la Montessori è stata la ricercatrice infaticabile, facendocene conoscere la nascita, lo sviluppo e i contenuti, e il modo in cui il bambino la incarna diventando individuo colto e competente.

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IL CURRICOLO DELLA SCUOLA D’INFANZIA

Vita pratica e socialità
La vita pratica e la cura dell’ambiente. La vita pratica e la cura della persona. La vita pratica nella relazione sociale. Motricità fine e controllo della mano. Esercizi di movimento determinanti il bisogno di coordinazione e controllo psicomotorio. I travasi. L’esercizio del silenzio. L’esercizio del filo.

Obiettivi: ordine mentale; verso l’autonomia e l’indipendenza; autodisciplina; rispetto di sé, degli altri, delle cose; unità di libertà e responsabilità; l’analisi dei movimenti.

Educazione sensoriale

Senso visivo: dimensioni, forme, colori. Senso uditivo: rumori e suoni. Senso tattile:  barico, termico, stereognostico. Sensi gustativo e olfattivo. La lezione dei tre tempi. Il training sensoriale: ulteriori sviluppi e raffinamenti. La memoria muscolare. Suono e movimento.

Obiettivi: verso l’astrazione; analisi; attenzione; concentrazione (capacità di distinzione, discriminazione, confronto, misura, classificazione, seriazione, generalizzazione, ecc.).

Il linguaggio.

Arricchimento e proprietà del linguaggio. Nomenclature classificate. Giochi linguistici per la scoperta della funzione logica, comunicativa e grammaticale del linguaggio. Preparazione diretta e indiretta alla scrittura. L’analisi dei suoni. L’esplosione della scrittura. Il perfezionamento: calligrafia, ortografia, composizione. L’esplosione della lettura: dalla parola alla frase. I comandi. La grammatica come preparazione alla lettura totale. Giochi grammaticali intuitivi: funzione, posizione, simbolo. Le scatole grammaticali; prima tavola per l’analisi logica (materiale fisso e mobile); tavole dei suffissi e dei prefissi. Il libro: la lettura, la conversazione, l’ascolto. L’arte di interpretare. Le parole delle immagini.

Obiettivi: padronanza fonemica del continuum fonico; padronanza grafemica del continuum grafico. Il linguaggio come denominazione e classificazione; la costruzione delle parole e le loro variazioni semantiche; analisi del linguaggio e analisi del pensiero; la funzione comunicativa: narrazione e auto-narrazione; il linguaggio e la vita simbolica; il bambino grammatico verso la metalinguistica.

La mente logico-matematica

La base sensoriale delle strutture d’ordine e le astrazioni materializzate. Primo piano della numerazione (cellula germinativa del sistema decimale). La struttura del sistema decimale: 2° piano. La simbolizzazione. Le quattro operazioni: approccio sensoriale e intuitivo. La memorizzazione.

Obiettivi: la scoperta del numero come unità e insieme; la padronanza simbolica delle quantità; le funzioni del contare: separare, aggiungere, dividere, distribuire, togliere, sottrarre, ripetere, ecc… Il lavoro della mente: successioni, gerarchie, seriazioni, relazioni, uguaglianze, differenze, ordinamento, ecc… Il linguaggio matematico e l’ordine delle cose.

Educazione cosmica

Il tempo dell’io e il tempo sociale: passato, presente, futuro. La misura del tempo cronologico. Il tempo biologico. Tempi e cicli della natura. Il tempo della civiltà: storia materiale (utensili, casa, trasporti, mezzi di protezione, ecc.). Lo spazio dell’io. Gli spazi sociali. Lo spazio bi e tridimensionale. Lo spazio rappresentato. Lo spazio misurato. Lo spazio del mondo: costituzione e forme (acqua, terra, continenti, penisole, isole, fiumi, montagne, vulcani, pianure, ecc.). La materia: forme e stati. Le forze della materia. Gli organismi viventi: funzioni e bisogni. Il cosmo nel giardino: lo stagno, l’orto, la fattoria (etologia e biologia animale, biologia vegetale). Il linguaggio scientifico della natura: nomenclature e classificazioni.

Obiettivi: primo avvio alla comprensione delle costanti cosmiche; approccio alla visione di interdipendenza ed ecosistema nei processi evolutivi umani e naturali; osservazione e sperimentazione tra favola (cosmica) e realtà; introduzione al vissuto dei viventi.

L’educazione musicale
Rumori e suoni nella natura e nella super-natura; riconoscimento, analisi, rappresentazione (altezza, timbro, durata, intensità, ecc). Il bambino costruttore di suoni e di oggetti sonori. Suoni, ritmi e movimento. Il suono e il gesto; suono e colore. I suoni organizzati: analisi e riproduzione: ninne nanne, filastrocche, cantilene, fiabe musicali e loro traduzione drammaturgica in piccolo gruppo. Il coro; l’inventa-canto; l’inventa-orchestra. Striscia storica degli strumenti musicali. Il silenzio e l’ascolto. Approccio ai generi musicali. Verso la scrittura e la lettura musicali.

Obiettivi: comprensione della natura e del fenomeno del suono; esplorazione dell’io sonoro; educazione sensoriale all’ascolto; la socialità del suono; creatività interpretativa e produttiva.

Educazione all’arte rappresentativa

Il contesto: educazione alle forme, alle dimensioni, ai colori. Composizione di colori e scale cromatiche. Educazione della mano, organo motore del segno. Dall’arte degli incastri alle decorazioni spontanee.Le carte colorate. Forme e colori nella storia; forme e colori nella natura. Il disegno spontaneo: gli aiuti indiretti. Il disegno spontaneo si ‘racconta’. L’espressione plastica: materiali e tecniche. La cartella personale ed evolutiva del lavoro pittorico del bambino. Il museo dei manufatti artistici.

Obiettivi: dal controllo della mano al controllo del segno; dalla composizione dei colori alla espressività del colore; il disegno decorativo ed ornamentale e la geometria delle forme; disegnare per raccontare e immaginare; la mano e la materia: le forme dei volumi.

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Metodo Montessori MATEMATICA – Presentazione

Metodo Montessori MATEMATICA – Presentazione. Quando  pensiamo alla matematica insegnata col metodo Montessori, non possiamo considerare solamente l’uso dei materiali specifici di questa materia, perché anche lo sviluppo sensoriale  è di estrema  importanza nel gettare le basi per il pensiero matematico.

Anche nella Vita Pratica, lo sviluppo di “Ordine”,  “Concentrazione,  “Coordinazione” e  “Indipendenza” sono importanti per la mente  matematica.
La matematica è fatta di sequenze, si basa sull’ordine.

La capacità di concentrazione sul compito è importantissima nella Matematica per sviluppare il pensiero logico e la capacità di risolvere problemi. Sviluppare il pensiero  indipendente e l’abilità di soluzione dei problemi è una delle mete principali.

Perché così tanti bambini provano antipatia per la matematica?
Perché la trovano noiosa come un raffreddore, con tutti i suoi simboli astratti.

Si presume che bambini imparino, nei modelli di istruzione tradizionale, se gli insegnanti semplicemente correggono i loro errori e presentano la risposta corretta. Ma i bambini hanno bisogno di vedere, senza fretta o pressione, come i numeri cambiano, crescono, e sono in relazione tra loro. Hanno bisogno di sviluppare un modello mentale del territorio, prima di fare il primo passo.

Come ha detto Piaget “La conoscenza non è una copia della realtà. Conoscere  un oggetto un evento, non è semplicemente guardarlo e farsene una copia mentale, o un’immagine. Conoscere un oggetto è agire su lui. Sapere è cambiare, trasformare l’oggetto e capire il processo di questa trasformazione”.

Le matematica è molto importante nella vita quotidiana: il numero è dappertutto.  Maria Montessori scrisse: ” I bambini sono esortati dalle leggi della loro natura a trovare esperienze attive nel mondo circostante. Per questo  usano le loro mani: non solo per scopi pratici, ma anche per la conoscenza.”

Basandosi su questo principio, la matematica Montessori è presentata in modo divertente ed interessante, usando materiali concreti che aiutano i bambini a costruire solide fondamenta per i concetti astratti.

I bambini hanno la possibilità di scegliere liberamente i materiali che rispondono alle loro necessità interne. Il principio della scelta libera si aggiunge al principio della ripetizione dell’esercizio.
La scelta libera fatta dai bambini aiuta l’insegnante ad osservare le loro necessità psichiche e le loro tendenze.

La ripetizione è necessaria per il bambino per raffinare i suoi sensi, perfezionare le sue abilità e costruire il sapere sulle sue competenze. Attraverso scelta libera e ripetizione, i bambini possono compiere i loro progressi nella conoscenza, seguendo un ritmo che dipende dalle loro necessità interne, e non da quanto stabiliscono insegnanti o genitori.

I materiali per la matematica Montessori vengono proposti secondo questo ordine: si comincia con la numerazione da uno a dieci.

Metodo Montessori MATEMATICA – i materiali includono:

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aste numeriche

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Metodo Montessori MATEMATICA – numeri tattili

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Metodo Montessori MATEMATICA – numeri scritti

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Metodo Montessori MATEMATICA – scatola degli stecchini (casellario dei fuselli),

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numeri scritti e gettoni ed altri giochi coi numeri

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Metodo Montessori MATEMATICA

Grazie alla manipolazione di questi  materiali, i bambini non solo costruiscono il concetto di base del numero da uno a dieci memorizzando il naturale ordine di numeri, ma anche riconoscono le relazioni tra quantità e qualità.

Dopo aver acquisito padronanza con questi concetti di base, i bambini hanno bisogno di capire il valore posizionale delle cifre. Si presenta ai bambini il Sistema Decimale, facendo esplorare il valore posizionale delle cifre entro le migliaia.

Lavorando con le perle doratele carte dei numeri grandi i bambini svilupperanno il concetto di quantità oltre il dieci.

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Quando riconoscono i simboli scritti e il loro significato, hanno bisogno di esercitarsi nel ricordare i numeri. Questa abilità si svilippa attraverso l’uso dei materiali seguenti:

le barre di perline colorate

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le tavole di Seguin

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L’insegnante ha un importante ruolo in tutto ciò: deve saper comprendere cosa i bambini rivelano attraverso il loro lavoro; non deve insistere ripetendo la lezione, o comunicare al bambino che ha commesso un errore o che non ha capito.

L’insegnante insegna poco ed osserva molto, perché solo così può aiutare bambini a rimuovere i loro ostacoli e può guidarli al passo successivo, secondo le necessità e i desideri dei bambini.

Metodo Montessori MATEMATICA – qui trovi la lista dei materiali Montessori dai 3 ai 6 anni per la matematica, con tutti i links che possono esserti utili…

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