La biodanza è un sistema esperienziale che combina musica, movimento ed esercizi di incontro per sviluppare i potenziali umani di vitalità, creatività, affettività, sessualità e trascendenza.
Il potenziale della vitalità è la sensazione dell’energia vitale, del dinamismo, della motivazione a vivere e dello slancio vitale. Comprende anche l’autoregolazione organica.
Il potenziale della creatività è la capacità di espressione verbale e non verbale. E’ la capacità di esplorare il mondo con fiducia, di scegliere e di innovare. E’ la funzione che ci rende capaci di rinnovare e rigenerare la nostra vita.
Il potenziale dell’affettività è la capacità di provare amore, solidarietà, generosità, senso di appartenenza e di fratellanza. E’ la capacità di creare unione, vincolo, legame e relazione con la vita. Per Rolando Toro, creatore della Biodanza, l’affettività rappresenta “l’intelligenza della specie”.
Il potenziale della sessualità implica in Biodanza innanzitutto la riconciliazione con il piacere. Il piacere di sentire se stessi, di viversi nel proprio corpo, di ritrovare e riscoprire intimità, abbandono, contatto, sensualità.
Il potenziale della trascendenza è la funzione umana legata a tutte le sensazioni interiori di pienezza, di espansione, di percezione e di intima comunione con tutte le manifestazioni della vita. E’ la capacità di sentirsi parte dell’umanità, della natura, dell’universo.
La Biodanza nasce ispirandosi alle più recenti scoperte delle neuroscienze e delle scienze umane e offre uno stimolo continuo a muoversi con gioia, a entrare in relazione con gli altri, ad avere il coraggio di esprimersi, a percepire i propri ritmi naturali, a sentire la vita piuttosto che pensarla, ad avere stima di sè e coscienza della propria identità.
Attraverso l’esperienza del corpo, dell’emozione e dell’incontro con gli altri, viene facilitata una sensibilizzazione profonda verso se stessi, verso l’umanità e verso il mondo che ci comprende.
E’ nata a partire dalla ricerca e dall’esperienza personale di Rolando Toro Araneda, psicologo e antropologo cileno.
Le più recenti scoperte delle neuroscienze e le più innovative teorie della psicologia evolutiva hanno ormai definitivamente stabilito che l’intelligenza umana non è soltanto quella logico-razionale, ma un insieme strutturato di più intelligenze in profonda relazione tra loro che richiedono tutte di essere opportunamente stimolate per arrivare a uno sviluppo armonico e completo della personalità.
Parliamo oggi di intelligenza affettiva, intelligenza interpersonale, intelligenza intrapersonale, intelligenza cinestetica, intelligenza musicale, intelligenza ecologica ed intelligenza esistenziale.
In biodanza inoltre si ritiene che l’intelligenza affettiva sia il nucleo fondante dell’identità umana, nucleo a partire dal quale si possono poi sviluppare nel modo più sano tutte le altre intelligenze e potenzialità.
La biodanza coi bambini
L’applicazione della biodanza nelle istituzioni educative ha lo scopo di migliorare la qualità della vita all’interno del sistema scolastico attraverso una metodologia esperienziale che favorisce l’integrazione e lo sviluppo dei potenziali sani di ciascuno, con particolare riferimento all’espressione affettiva, creativa e alla comunicazione interpersonale.
La biodanza si propone come educazione biocentrica con lo scopo di integrare l’apprendimento e la conoscenza cognitiva con i linguaggi del corpo e dell’emozione, al fine di facilitare uno sviluppo globale ed armonico del bambino e dell’adolescente.
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
CANTI DI NATALE The first nowell con spartito, file mp3 e testo italiano e inglese, stampabili e scaricabili gratuitamente.
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CANTI DI NATALE The first nowell TESTO
The first Nowell
the angel did say
was to certain poor shepherds
in fields as they lay;
in fields where they lay
keeping their sheep
in a cold winter’s night
that wa so deep.
Nowell, nowell, nowell, nowell,
born is the King oh Israel!
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CANTI DI NATALE The first nowell SPARTITO e mp3 qui;
CANTI DI NATALE Tacita notte con spartito stampabile, file mp3 e testo, per la scuola primaria e d’infanzia.
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CANTI DI NATALE Tacita notte TESTO
1. Scende dal ciel mistico vel, di silenzio e di mister, santa notte sublime d’amor, c’è chi veglia con l’ansia nel cuor, tra Giuseppe e Maria dorme il bambino Gesù.
2. Santo Natal festa d’amor, di purezza e di bontà, all’annuncio ch’è nato il Signor, sono accorsi alla grotta i pastor, alleluia alleluia, nato è il bambino Gesù.
CANTO DI NATALE Donde vieni, pastorella? Canto natalizio francese. Con spartito stampabile e testo, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
CANTO DI NATALE Donde vieni, pastorella? TESTO
coro: Donde vieni, pastorella? Donde vieni? pastorella: Vengo dal Presepio, dal Bambin Gesù. coro: Dimmi, è bello, pastorella? Dimmi è bello? pastorella: Bello più del cielo, bello più del sol. coro: Dimmi, è solo, pastorella? Dimmi è solo? pastorella: È con lui Maria, che lo tiene al sen.
coro: Chi c’è ancora, pastorella? Chi c’è ancora? pastorella: C’è anche S. Giuseppe, padre di Gesù. coro: Chi c’è ancora, pastorella? Chi c’è ancora? pastorella: Stanno a riscaldarlo bue ed asinel. coro: Più nessuno, pastorella? Più nessuno? pastorella: Cantan l’alleluia Angeli del Ciel.
CANTO DI NATALE Donde vieni, pastorella? SPARTITO e mp3 qui:
Canto di Natale (Germania) per bambini della scuola d’infanzia e primaria, per flauto dolce e canto, con spartito stampabile, file mp3 e testo gratuiti.
Chi è nato in gennaio? (Germania) Gioco cantato per bambini della scuola primaria e d’infanzia, con istruzioni di gioco, testo italiano e tedesco, spartito.
Chi è nato in gennaio? (Germania) Gioco cantato Istruzioni di gioco
Un cerchio e un giocatore all’esterno. Tutti cantano.
Al “vieni, vieni, gira anche tu” i giocatori il cui mese di nascita corrisponde a quello cantato, escono dal cerchio e vanno a formarne un altro col giocatore esterno.
Chi è nato in gennaio? (Germania) Gioco cantato Spartito stampabile e mp3 qui:
Chi è nato in gennaio? (Germania) Gioco cantato Testo tedesco
Und wer im Januar geboren ist, tritt ein, tritt ein, tritt ein! Er macht im Kreis einen tiefen Knix, einen tiefen, tiefen Knix. Heidi, heidi, hopsassasa! Heidi, heidi, hopsassasa! Und wer im Februar goboren ist, …
Il musicista di Forlì canzoncina per bambini della scuola d’infanzia e primaria, con testo, spartito stampabile e traccia mp3.
Il canto è ad eco. Tutta la canzone è un’alternanza tra il solista e il coro. Quando vengono nominati i diversi strumenti, i bambini imitano i gesti del musicista corrispondente. La canzone può essere accompagnata con le percussioni, come da istruzioni inserite nello spartito sonoro (tamburo, piatti, battimano, mani battute sulle cosce, piedi battuti a terra).
[wpmoneyclick id=88190 /]Rolly Polly Rolly Polly gioco con le dita per l’Inglese per bambini della scuola d’infanzia e primaria, con breve racconto introduttivo.
Rolly Polly, rolly Polly
Up up up.
Rolly Polly, rolly Polly
Down down down.
Rolly Polly, rolly Polly
Clap clap clap.
Rolly Polly, rolly Polly
Hands behind your back.
C’era una volta la principessa Polly, che non aveva mai voglia di fare niente. Tutto il giorno si aggirava per il castello a dare ordini a tutti, perchè lei non faceva proprio niente.
“Alzami la coperta”
“Mettimi il pigiama”
“versami l’acqua”
“portami a passeggio il cane”
E via così. Nel regno tutti erano ormai stanchi di Polly che non faceva mai niente, così un giorno la cuoca pensò di canticchiarle una filastrocca, la filastrocca di Polly che si gira i pollici. Pensava così di darle una lezione, ma invece a Polly la filastrocca piacque così tanto, che la imparò subito e non smise più di cantarla.
Adesso bisognava anche sopportare la filastrocca di Polly, e lei non la smetteva mai, così finì che tutti caddero addormentati: i servi e le serve, le cameriere, il giardiniere e lo stalliere, la cuoca e il maggiordomo…
Povera Polly! Cominciò a volersi alzare dal letto, ma nessuno le alzava la coperta. Poi nessuno le lavava i denti, e se aveva sete nessuno le versava l’acqua, e se aveva fame nessuno cucinava per lei.
E fu così che, prima facendo dei gran pasticci, ma poi diventando sempre più brava, Polly imparò a fare tutte le cose nel castello, perfino il caffè.
E quando finalmente, dopo giorni e giorno di sonno, tutti si risvegliarono, Polly preparò ad ognuno una buonissima colazione …
Rolly Polly, rolly Polly (i bambini si girano i pollici)
Up up up. (indici verso l’alto)
Rolly Polly, rolly Polly (i bambini si girano i pollici)
Down down down. (indici verso il basso)
Rolly Polly, rolly Polly (i bambini si girano i pollici)
Clap clap clap. (i bambini battono le mani)
Rolly Polly, rolly Polly (i bambini si girano i pollici)
Hands behind your back. (mani dietro la schiena)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
La lezione di silenzio di Maria Montessori – Maria Montessori ha raccontato come ha “scoperto” la lezione di silenzio, e come ha pututo osservare non solo la capacità del bambino di produrre silenzio, ma anche la grande gioia che ne prova.
Un giorno, in classe, aveva tra le braccia un bambino di quattro mesi, che dormiva placidamente. Allora ha chiesto ai bambini di osservare il suo sonno, e come fosse bello, rilassato, felice. Dopo poco i bambini potevano persino sentire il suo respiro delicato. Così li ha invitati ad imitare il suo silenzio, ed i bambini hanno accolto curiosi questo gioco. Così, dopo poco, i bambini cominciarono ad accorgersi delle gocce di pioggia che cadevano in cortile, e del canto di un uccello posato su un albero lontano.
I bambini avevano cessato ogni movimento e prodotto un silenzio collettivo, che è stato per loro una profonda esperienza artistica. E una liberazione.
Maria Montessori consiglia la lezione di silenzio come mezzo per portare i bambini ad un maggior livello di consapevolezza di sé. E’ un’esperienza che, una volta fatta, lascia al gruppo classe una coscienza nuova delle proprie capacità.
La lezione del silenzio è una lezione di gruppo, e si fonda sul rispetto degli altri.
Attraverso questo insegnamento i bambini arrivano alla comprensione del fatto che il silenzio è anche cessazione del movimento.
Per raggiungere il silenzio si richiede un grande sforzo di attenzione e una grande forza di volontà, ma si pone il bambino ad un livello superiore nella conquista di sé.
La lezione del silenzio non deve mai essere utilizzata per calmare il caos, per fare ciò è molto più corretto portare i bambini in giardino o in un altro ambiente, per fare qualcosa di speciale.
Ci sono molti modi per invitare i bambini al silenzio.
L’insegnante può sussurrare la parola “silenzio” molto dolcemente, o compiere un certo gesto preparato con cura e senso estetico.
In un primo momento, solo pochi dei bambini presenti in classe vi si immergeranno, ma ben presto tutti ne saranno contagiati.
Dopo due o tre minuti, quando tutti sono in silenzio, l’insegnante può cominciare a sussurrare il nome dei bambini dal fondo della stanza, da dietro la porta, dal giardino.
L’insegnante avrà cura di chiamare per primi i nomi dei bambini che fanno più fatica a stare in silenzio.
Tutti i bambini della classe devono essere chiamati.
Una volta che i bambini hanno esplorato il silenzio in gruppo, ne hanno conosciuto attraverso molte lezioni le qualità musicali, si può insegnare il gioco individuale del silenzio.
Allora, quando ne sente il bisogno, il bambino può di sua iniziativa prepararsi il materiale: un materassino, il cartellino “Silenzio” o altri simboli e strumenti utilizzati dall’insegnante durante la lezione collettiva, una clessidra e uno stumento sonoro che utilizzerà l’insegnante al termine dell’attività, e un piccolo cuscinetto di fiori di lavanda per gli occhi.
Dispone il materiale, si sdraia in posizione comoda e si sistema il cuscino sugli occhi.
I simboli che indicano la lezione di silenzio, servono agli altri bambini a chiarire che si tratta di un lavoro che il compagno di classe sta eseguendo e che non può essere osservato e disturbato.
Esistono molte varianti della lezione di silenzio. Le prime volte è consigliabile chiedere ai bambini di chiudere gli occhi.
Chiamare i bambini ad uno ad uno può essere un modo di terminare le lezioni di silenzio collettive, altri modi possono essere predisporre una clessidra e un piccolo campanellino dal suono lievissimo, che deve essere usato esclusivamente per la lezione di silenzio, e in nessuna altra occasione scolastica.
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Disclaimer: “Per redigere questa mia presentazione ho utilizzato i miei album e appunti personali e consultato vari album di altri autori e articoli nel web. Per leggere online o acquistare le copie legali di tali opere consultate segui i link:
– The silence game di Infomontessori.com
– The silence game di montessoriteacherscollective (Moteaco)
– The silence game di wikisori.org
– The silence activity di montessoricommons.cc
– The silence lesson di montessoriworld.org
– Introduction to the exercises of practical life di montessoricommons
– The joyfull child di Susan Mayclin Stephenson
– The importance of the silence game di montessoriservice.com
– Montessori foundation activities – The silence game di montessoritraining.blogspot.it
– MANUAL 2: MONTESSORI EXERCISES OF PRACTICAL LIFE di Montitute.com
– PRACTICAL LIFE teacher manual di khtmontessori
– MONTESSORI PRACTICAL LIFE MANUAL di montessoritraining.net
– PRACTICAL LIFE MANUAL EARLY CHILDHOOD.PDC di themontessoriparent.com, che ha suggerito l’aggiunta di questo disclaimer in accordo con la sua politica di copyright. Ho inoltre consultato i testi di riferimento di Maria Montessori per le attività di vita pratica: Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini La scoperta del bambino.
Per una bibliografia completa delle opere di Maria Montessori vai qui.
ebook Favole e altre storie di animali, per la lettura e il riassunto in scheda – Racconti brevi adatti ad una seconda classe per esercitare la lettura e il riassunto, da far illustrare ai bambini… altro materiale qui: https://www.lapappadolce.net/ scaricabili e stampabili gratuitamente in scheda, ebook o testo, in formato pdf.
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ebook Favole e altre storie di animali, per la lettura e il riassunto
Per scaricare il materiale clicca sul link di seguito:
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Preparare l’ambiente per iniziare a lavorare col metodo Montessori a casa e a scuola. Un grande vantaggio dato dal costruire i materiali di apprendimento ed organizzarli in proprio a casa come a scuola, è che il bambino può partecipare al lavoro.
Questa è un’esperienza meravigliosa e che sicuramente può diventare parte integrante della programmazione scolastica, insieme a tutte le altre materie di apprendimento.
Il bambino può partecipare alla realizzazione di mensole e scaffali, ad esempio, carteggiando e dipingendo. Può partecipare all’assemblaggio delle parti imparando a prendere misure e via via ad utilizzare correttamente i vari attrezzi.
In classe i materiali sono collocati su scaffali bassi, organizzati per materia, secondo una configurazione generale semplice e ordinata.
Questi scaffali sono a due o tre ripiani: la mensola più alta non dove superare l’altezza dei bambini e deve essere raggiungibile comodamente.
Il materiale viene sempre rimesso nello stesso posto sullo scaffale, in modo da trasmettere affidabilità e la sensazione che il materiale è sempre presente, quando serve.
Tradizionalmente i materiali vengono conservati all’interno di scatole di legno, ma questa soluzione può risultare molto costosa. E’ quindi più semplice utilizzare scatole di cartone, avendo cura di dipingerle o rivestirle cercando di creare un insieme ordinato e coordinato.
L’arredamento tradizionale di una classe Montessori comprende infine riproduzioni di opere d’arte alle pareti, delle piante delle quali il bambino possa occuparsi ogni giorno, ed anche piccoli animali come pesci e criceti.
Trasformare i vari ambienti della casa, oltre che lo spazio destinato a fungere da “classe” in funzione di un approccio montessoriano all’istruzione ed all’educazione non è così difficile.
Sia che la vostra casa sia spaziosa e ben attrezzata o invece piccola, con un po’ di sensibilità ed attenzione è possibile creare un ambiente familiare che segue le linee guida indicate da questa pedagogia per aiutare lo sviluppo armonico del bambino.
Le aree di vita comune, come soggiorno, cucina e sala da pranzo dovrebbero contenere anche elementi di arredo a misura di bambino, in modo tale da permettergli di partecipare alla vita domestica essendo indipendente nel gestire le varie situazioni quotidiane: ad esempio prendere un bicchiere da solo quando ha sete, un libro se desidera leggere, ecc…
photo credit: http://www.melanieandersen.com/
A maggior ragione la cucina e la dispensa dovrebbero anch’esse avere arredi a misura di bambino, e gli alimenti dovrebbero essere riposti in basso per permettere al bambino di prepararsi da solo la merenda, ad esempio, oppure di partecipare con gli adulti alla preparazione dei pasti.
photo credit: http://www.melanieandersen.com/
Tenere sempre uno sgabellino o un qualsiasi altro rialzo in prossimità del lavello è un’idea ottima.
Creare mobili bassi, tavolini, librerie, ecc… per le stanze comuni della casa, come per l’area di gioco, permette al bambino di unirsi agli adulti nella pratica delle attività quotidiane e gli consente di avere all’interno di ogni stanza della casa il suo spazio, anche in mezzo a tantissimi oggetti troppo grandi per lui.
Assicurarsi che il bambino sia sempre in grado di avere accesso alle cose che desidera toccare ed usare, ma anche insegnargli come vanno usate correttamente. Ad esempio non aver timore ad insegnare come maneggiare con cura un CD prendendolo con due mani sul bordo (per le sue manine farlo con una mano sola come facciamo noi è impossibile).
Il bagno dovrebbe essere totalmente accessibile per il vostro bambino, e dovrebbe poterlo usare in maniera indipendente. Sgabellini per il lavello e rialzi per il wc sono un must, insieme con gli scaffali bassi per gli oggetti di uso frequente come lo spazzolino da denti. Creare luoghi dedicati per tutti gli oggetti d’uso quotidiano aiuta il bambino a sviluppare e mantenere un senso di ordine nel suo spazio. Non trascurare anche di installare porta asciugamani, ganci e porta abiti bassi.
Camera da letto
Ripiani bassi, cassetti, grucce del guardaroba basse, creano per il vostro bambino un ambiente gestibile anche in camera da letto, e gli permettono di mantenere, modificare e utilizzare con facilità tutte le sue cose. Non è difficile mantenere un ambiente pulito e ordinato , se tutto (giocattoli, libri, scarpe, ecc…) ha un posto dedicato, accessibile, facile da usare.
Un buon accorgimento è anche predisporre un armadietto o uno scaffale per gli oggetti di uso più frequente (ad esempio scarpe, zainetto, giacca, ecc…) e tutto quello che serve al bambino per uscire di casa. Questo spazio può essere o vicino alla porta della sua camera, oppure alla porta d’ingresso. Questo lo aiuterà immensamente a prepararsi ogni giorno per andare fuori.
E’ sempre fondamentale ricordare che secondo il metodo Montessori sono i bambini stessi a farsi carico del proprio processo di apprendimento, sperimentando in modo indipendente attraverso un processo fatto di sperimentazione, errore e scoperta.
In casa come a scuola aiuta l’indipendenza e la sperimentazione predisporre l’ambiente in modo tale che il bambino possa partecipare alle attività di vita pratica, ad esempio:
– elementi che richiedono di essere spostati con due mani, come vassoi o piatti da tavola;
– imparare vestirsi e svestirsi da soli con indumenti che presentano cerniere, lacci, bottoni e altre chiusure;
– strumenti per travasare ingredienti da un contenitore all’altro a misura di bambino (soprattutto in cucina)
– uno scolapiatti posto in basso nel quale mettere e togliere le stoviglie, oppure caricare e scaricare la lavastoviglie;
– apparecchiare e sparecchiare la tavola;
– strumenti per la pulizia di casa a misura di bambino (scopa, paletta, spugne, spazzoloni, ecc…)
– occuparsi di piante in vaso o fiori recisi.
Per lo sviluppo sensoriale del bambino, questi sono esempi di attività che possono presentarsi tutti i giorni, a casa come a scuola:
– srotolare i tappeti per lavorare ai materiali di apprendimento;
– piegare tovaglioli e altro in cucina;
– esplorare forme e colori degli oggetti presenti nelle stanze;
– esplorare forma e qualità degli alimenti (frutta, ortaggi, altro…)
– manipolazione di oggetti di dimensioni variabili in scala, ordinandole per altezza, lunghezza, diametro, o tutti e tre.
Quando si inizia a lavorare col metodo Montessori, presto ci si accorge di come ogni attività prettamente scolastica finisce con l’intersecarsi con la vita quotidiana, e si scoprono sempre modi nuovi per esercitarsi e sperimentare.
Tornando invece all’area appositamente dedicata allo studio, ricapitoliamo i punti essenziali dell’ambiente:
– piccoli vassoi che il bambino sia in grado di gestire facilmente
– scatole con coperchio di diverse dimensioni
– tappeti e contenitori idonei a contenerli, ad esempio una mensola bassa dello scaffale, oppure un cesto a bordi alti
– tavolo, scrivania, sedie a misura di bambino
– scaffali che costituiscano aree separate per le diverse materie del programma scolastico, con tutti i materiali necessari per ogni sezione
– opere d’arte per le pareti
– lavagne bianche con pennarelli colorati
– mensola della natura dove conservare oggetti naturali e reperti (nidi d’uccello, alveari, foglie, sassi, ecc…)
– sgabellini per raggiungere lavandini e altre zone non a misura di bambino
– ripiani bassi
– una buona illuminazione per il lavoro e la lettura
– piante, pesci o piccoli animali.
Se lo spazio che avete a disposizione è molto piccolo, vedrete che l’uso dei tappetini vi sarà molto utile, in quanto il bambino potrà lavorare sul pavimento e poi mettere via tutto alla fine dell’esercizio.
Come già detto, questo tappetino serve a diversi scopi. Inizialmente aiuta il bambino a delineare il suo spazio fisico sul pavimento per il lavoro. Ma questa non è la funzione più importante. La delimitazione dello spazio fisico aiuta la stessa organizzazione di pensiero del bambino, portandolo a concentrarsi all’interno di questo spazio. Inoltre se il materiale a cui sta lavorando è molto ingombrante, questo, a differenza del tavolo, è uno spazio facilmente estensibile, aggiungendo altri tappeti.
L’altra funzione fondamentale è quella di fornire una superficie stabile per la costruzione verso l’alto, ad esempio con la torre rosa (per saperne di più http://www.lapappadolce.net/la-torre-rosa/) o verso l’esterno con materiali quali ad esempio le spolette dei colori.
Così i bambini sono in grado di fare propria attraverso la pratica questa capacità mentale di creare un’area di lavoro e lavorare in qualsiasi altro contesto, come un museo nel corso di una visita, una coperta sul prato durante una gita di classe, ecc…
Indicazioni montessoriane per il lavoro artistico e manuale. Attraverso il lavoro manuale e l’arte i bambini perfezionano i loro movimenti, sperimentano la gioia di creare e sono stimolati intellettivamente alla conoscenza dei principi della tecnica.
Si risveglia la loro capacità di apprezzare il valore artistico degli oggetti: colore, linea, modello, struttura, design e diventano appassionati osservatori del mondo che li circonda.
Dal lavoro manuale e dalla pratica dell’arte i bambini imparano il senso del loro valore delle cose e sperimentano una grande soddisfazione interiore.
La creatività dei bambini si sviluppa a partire dalla conoscenza.
Le potenzialità creative si espandono quando il bambino sviluppa la capacità di osservare, impara ad utilizzare in modo efficace ed efficiente gli strumenti, affina il movimento delle dita, ha la possibilità di ammirare esempi e di fare esperienze dirette.
E’ un errore lasciare i bambini alla loro “ignoranza” nella convinzione che in questo modo li si rende liberi di essere creativi.
La creazione casuale non è arte. La vera creatività è uno sforzo consapevole, pianificato, attuato con finalità definite.
Non dobbiamo aver paura di insegnare ai bambini quello che prima di loro i nostri migliori artisti ed artigiani hanno imparato. Ciò non significa che i bambini non siano in grado di gestire da soli i materiali, solo che devono essere indicate loro quali sono le potenzialità dei materiali stessi.
Noi dobbiamo semplicemente insegnare ai nostri bambini ciò che prima di loro abbiamo imparato, sapendo che ciò ha uno scopo: dopo aver imparato le basi, il bambino può andare lontano e ottenere grande piacere dal lavoro manuale ed artistico realizzando le proprie idee creative. Ma al fine di sviluppare la creatività, è prima necessario un passaggio di conoscenze.
C’è un modo per utilizzare un particolare strumento, per poterne trarre la massima utilità; un uso improprio può danneggiare gli strumenti e soprattutto lasciare il bambino insoddisfatto dal loro uso.
E’ importante dare ai bambini buoni strumenti da utilizzare, e materiali che può controllare e manipolare facilmente.
Le forbici devono tagliare bene; un grande set di matite colorate, nel quale siano presenti molte tonalità diverse di ogni colore, permetterà ai bambini di sviluppare una comprensione più precisa del colore; i pennelli devono essere di buona qualità e devono essere messi a disposizione in una vasta gamma di dimensioni per consentire ai bambini di sviluppare una maggior abilità nella pittura.
L’arredamento e gli strumenti della falegnameria devono essere di dimensioni adeguate alla loro corporatura, ma ben progettati e funzionali.
Un bambino di 5 o 6 anni può trascorrere anche molte ore a martellare chiodi su un blocco di legno, ma dopo questa prima fase in cui gode della semplice sperimentazione della tecnica, desidera fare qualcosa, realizzare un progetto che possa essere completato in tempi relativamente brevi, come un semplice aereo.
Bisogna sempre mostrare ai bambini le tecniche e le procedure che seguono gli artisti e gli artigiani veri nel loro lavoro. Se si vuole insegnare a un bambino la tecnica per la pittura ad acquarello, è bene proporgliela su un foglio leggermente inclinato piuttosto che su un cavalletto verticale, dove il colore scivolerebbe in modo incontrollato e la carta bagnata si arriccerebbe.
Bisogna insegnare ai bambini la cura e la corretta manutenzione degli strumenti: come lavare ed asciugare i pennelli ecc… Quando si cammina con le forbici, bisogna insegnare a tenerle con la punta rivolta verso il basso, quando le di devono passare a un altro, bisogna insegnare a farlo porgendole dalla parte dell’impugnatura.
Per quanto riguarda i lavori realizzati, la loro conservazione è molto importante. I bambini dovrebbero avere delle cartelline abbastanza grandi da contenerli, e queste cartelline possono essere periodicamente portate a casa, per poi essere riportate a scuola.
Normalmente non si espongono i lavori alle pareti dell’aula, perché l’ambiente va mantenuto il più possibile tranquillo e l’attenzione dei bambini deve essere diretta principalmente verso i materiali di apprendimento e gli altri oggetti di particolare interesse.
Anche proteggere l’ambiente di lavoro è molto importante. I bambini devono indossare grembiuli e devono coprire i banchi con i giornali prima di usare la colla o i colori da pittura.
Una volta apprese le tecniche, l’insegnante fornisce modelli che i bambini possono realizzare autonomamente, sfruttando le loro nuove competenze, oppure essi stessi possono realizzare progetti propri. E’ importante che inizialmente i lavori possano essere conclusi in poco tempo, una o due lezioni al massimo.
Oggi il lavoro manuale è spesso considerato inferiore al lavoro dei colletti bianchi, e così anche a scuola il lavoro della mente è considerato superiore all’utilizzo delle mani. Dobbiamo stare attenti a non perpetuare questo atteggiamento.
Oltre alle tecniche artistiche ed artigianali, il lavoro manuale può essere rivolto alla studio della natura, alla fisica, agli studi sociali, alla matematica, alla musica e altro.
Applicato allo studio della natura, il lavoro manuale insegna ad essere osservatori appassionati, a guardare la tela di un ragno e trarre le proprie conclusioni,… Lo studio della geografia è accompagnato dalla realizzazione di mappe e globi, e anche l’arte in generale diventa geografia culturale, ad esempio con la realizzazione di maschere. Molte attività manuali possono arricchire lo studio della matematica.
E’ utile ed interessante raccontare ai bambini le storie di alcuni dei grandi artisti del passato e contemporanei, e portarli a capire come ciascuno di questi artisti ha dovuto imparare tutto quello che stanno imparando loro, prima di creare grandi opere.
Hanno dovuto imparare a macinare i colori, a preparare la tela, a fare schizzi; hanno dovuto trascorrere anni di apprendistato prima che il maestro desse loro l’autorizzazione a dipingere, fosse anche solo una parte di uno sfondo o un albero.
E’ importante avere buoni libri d’arte in aula, in modo che i bambini possano sedersi e guardarli. Bisogna insegnare ai bambini a porre il libro sul tavolo ed a girare le pagine con cura.
E’ una buona idea anche avere una o due belle pitture in aula, appese al livello degli occhi dei bambini.
Naturalmente oggi è possibile visitare tutti i grandi musei nel web. Il computer quindi assiste lo studio dell’arte e può aiutare tutti noi a conoscere ed apprezzare la grande arte, acquisire familiarità con i vari stili artistici, e sviluppare la nostra sensibilità per gli elementi di design.
Nella pratica dell’arte a scuola, è bene mostrare ai bambini begli esempi di opere provenienti da tutto il mondo; questo collega la propria esperienza personale alle espressioni creative di persone provenienti da culture diverse.
La “pedagogia” steineriana e una doverosa premessa. A tutte le indicazioni date nel sito relative alla Pedagogia steineriana, devo fare una doverosa premessa.
Questa pedagogia, infatti, rientra in un sistema organizzato, messo a punto (i sostenitori preferiscono usare i termini “fondato” o “donato”) da Rudolf Steiner, e che abbraccia praticamente ogni possibile aspetto dell’umano, compresi esoterismo, religione, misticismo, spiritualismo, occultismo, e che passa per abbigliamento e acconciatura, alimentazione, sessualità, economia, e insomma abbiamo capito…
Le persone che abbracciano questo sistema si definiscono “antroposofi” da “antroposofia”, appunto (o “Scienza dello Spirito”). La definizione di “movimento religioso” non viene però assolutamente accettata dagli antroposofi.
La pedagogia steineriana, si tiene a precisare con estrema fermezza e a garanzia di una certa ortodossia negli ambienti steineriani, non è un metodo, ma si fonda imprescindibilmente sull’Antroposofia.
Per chi volesse approfondire la questione, esiste una quantità di materiale praticamente sterminato: ci si può fare una piccola idea semplicemente scorrendo il catalogo delle Edizioni Antroposofiche, dove abbondano le parole occulto, cristico, iniziazione, spirituale, karmico ecc…
Io personalmente, e nel rispetto del credo e del pensiero di tutti, amo della pedagogia e della didattica, indipendentemente dalla matrice ideologica o religiosa di riferimento, tutto quello che porta al bambino magia, bellezza, gioia di apprendere. E tutto ciò che è utile a “tirar fuori” il meglio da ognuno, e a rimuovere ostacoli nell’apprendere. E’ l’unico aspetto che mi interessa. Cerco di scegliere con buonsenso, con senso critico sempre vigile, e liberamente.
Se il tale approccio rappresenta una risposta per i bambini reali che seguo, lo scelgo.
Altrimenti no.
I tratti più illuminati di questa pratica pedagogica, a mio parere, si trovano nel piacere-diritto alla lentezza, nella capacità di attingere alla tradizione popolare europea per riscoprire i ritmi della natura, nel contrastare con la bellezza le tendenze materialistiche e consumistiche che troppo attaccano il mondo dell’infanzia, nella possibilità di valorizzazione all’interno della scuola non solo i bambini “brillanti” da un punto di vista intellettivo.
E poi ad ognuno le proprie considerazioni…
Del resto non si può nemmeno negare che le Scuole Steineriane, almeno in Italia, svolgono anche un nobilissimo ruolo di “rifugio” (e senza nemmeno la preoccupazione dell’esame di passaggio come avviene nell’homeschooling) per tutti quei bambini che non sono in grado di frequentare con successo o per lo meno senza sofferenza, classi di 30 alunni in questa “nuova” scuola pubblica.
Io credo che, volendo portare ai bambini elementi della pratica steineriana, al di fuori della scuola steineriana, si possa decidere con le famiglie dei bambini se festeggiare San Martino, il Natale, ecc… e se la cosa non offende in alcun modo il pensiero o il credo religioso di nessuno, si festeggia. E’ un bel modo per sentire i ritmi delle stagioni, (tutte le festività cristiane affondano le loro radici nella tradizione contadina precristiana-pagana) e soprattutto per scandire l’anno con giorni speciali e più gioiosi degli altri. Ma la stessa cosa si può fare anche in tantissimi altri modi.
Che poi San Michele sia un essere spirituale ecc… o meno, non è cosa della quale si occupa la scuola. Posso non crederlo, ma anche rispettare chi lo crede, se ha altrettanto rispetto.
E’ l’atteggiamento che ho tenuto anche all’interno della scuola steineriana, per un po’ con successo. Poi la convivenza è diventata impossibile, per me e soprattutto per “loro” 😉
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Cenni sulla pedagogia Steiner-Waldorf
(testi ad uso “esterno”, privi dei tipici termini steineriani che invece abbonderebbero in una versione per “uso interno”)
La pedagogia Steiner-Waldorf si fonda su un’attenta osservazione delle tappe evolutive del bambino.
Lo sviluppo armonico del bambino come centro di ogni attività didattica è l’obiettivo che viene perseguito, tenendo conto dell’integrità della persona nei suoi aspetti corporei, emozionali ed intellettivi. Le attività proposte vengono quindi indirizzate alle aree motoria, affettiva e cognitiva in modo ritmico ed equilibrato.
L’insegnante ha il compito di aiutare il bambino nell’armonioso sviluppo di tutti i suoi elementi costitutivi, di favorirne la crescita, di aiutarlo ad affrontare e superare gli ostacoli che via via si possono presentare.
Il bambino in età prescolare è un essere che assorbe tutto ciò che gli proviene dall’ambiente e dalle persone che lo circondano: sensazioni, stimoli di varia natura, parole.
In questa età ciò che educa è il modo in cui l’adulto che gli sta vicino, pensa, sente, parla ed agisce. Il gesto esteriore come l’atteggiamento interiore ci chi lo circonda raggiunge il bambino, lasciando una profonda traccia nel suo linguaggio, nei suoi sentimenti e nel suo modo di pensare e di agire.
All’età di sei sette anni il legame immediato ed imitativo del bambino col mondo gradualmente recede e lascia spazio ad una nuova forma di rapporto con la realtà sempre più cosciente.
Al bambino tra i 7 ed i 14 anni le conoscenze devono essere trasmesse attraverso il sentimento e l’esperienza, e per questo nelle scuole Waldorf viene attribuita grande importanza all’attività artistica e manuale.
L’arte nella scuola Waldorf non è intesa come un’aggiunta di attività didattiche al piano di studi (musica, recitazione, pittura, modellaggio, scultura, ecc…), ma è insita nel modo stesso di presentare tutte le materie di studio. Lavorare per immagini, rintracciare i fili che collegano le cose tra di loro e all’uomo, significa ritrovare ciò che le cose e gli esseri sono ed esprimono prima di venire catalogati, definiti, analizzati. Come la lingua madre si impara ben prima di studiare la grammatica, così tutte le discipline vengono proposte in modo creativo e ricco di immagini per giungere in un secondo tempo alla loro sistematizzazione scientifica.
Le caratteristiche didattiche che contraddinguono la scuola Waldorf sono:
. il maestro unico, che resta l’insegnante di riferimento della classe per tutti gli otto anni del primo ciclo di istruzione (elementari e medie). Il maestro di classe è dunque colui che assiste a tutte le fasi di crescita di ogni bambino per un lungo arco di tempo, e diventa la guida e il sostegno cui rivolgersi con fiducia, conoscendo il bambino nel suo contesto biografico e la sua famiglia. Suo compito è anche quello di confrontarsi con gli altri docenti nel Consiglio di Classe e coordinare le attività didattico-educative;
. il Collegio Docenti, che si riunisce settimanalmente per valutare i processi di apprendimento dei bambini, il raggiungimento degli obiettivi, e per delineare le strategie e gli interventi pedagogici. Il medico scolastico, oltre alla normale attività sanitaria, affianca gli insegnanti del Collegio nella valutazione del processo evolutivo dei bambini;
. insegnamento ad epoche. L’insegnamento delle discipline viene condotto all’interno di una ripartizione a periodi, chiamati “epoche”. Le discipline non si susseguono giornalmente secondo un orario spezzato, ma vengono proposte dall’insegnante una per volta, nella prima parte della mattinata, per un periodo di tempo continuativo che va dalle tre alle quattro settimane (epoca di Storia, epoca di Matematica, epoca di Grammatica, ecc…). Senza la frammentazione si favorisce lo sviluppo della capacità di concentrazione, la comprensione, l’acquisizione e la padronanza da parte del bambino dei contenuti proposti. Dopo le ore di “epoca”, nella seconda parte della giornata si alternano tutti gli altri insegnamenti, comprese alcune ore di esercitazione di Italiano e Matematica, che vanno ad integrare l’insegnamento ad epoche.
. assenza di libri di testo. I bambini producono essi stessi i libri di studio, dedicandosi alla costruzione di quaderni dove, sotto la guida del maestro, confluiscono in forma artistica i contenuti salienti di ogni materia.
. ricchezza della proposta didattica. Nella scuola Waldorf viene proposta ai bambini una molteplicità di attività didattico-educative, per permettere uno sviluppo equilibrato di tutte le loro potenzialità: musica strumentale, canto, danza, recitazione, pittura, disegno, modellaggio, lavori manuali, artigianato, agricoltura, ecc… In tal modo l’abituale differenza che si crea nella scuola tra allievi intellettualmente dotati e meno dotati perde molta della sua importanza: ogni bambino, in qualche elemento della sua personalità, possiede delle doti ed è compito dell’insegnante scoprire e valorizzare qualità e capacità di ognuno.
. due lingue straniere. Sin dal primo anno di scuola primaria si inizia a far vivere ai bambini l’esperienza di due lingue straniere attraverso un approccio inizialmente solo orale, con canti, giochi, filastrocche e girotondi che avvicinano con naturalezza e gioia ai modi, alle espressioni, ai fonemi, che vengono assorbiti ed imitati come avviene con la lingua madre. Negli anni successivi vengono introdotte gradualmente la scrittura, la lettura e l’analisi della lingua;
. la comunità-scuola. Nella pedagogia Waldorf viene data grande importanza allo sviluppo del senso comunitario, per esempio con le feste stagionali. Inoltre ci sono le “feste del mese”, dove tutte le classi della scuola, dalla prima all’ottava, propongono agli altri alunni della scuola, ai maestri ed ai genitori, rappresentazioni artistiche di vario genere, rendendoli partecipi del lavoro da ognuno svolto nelle lezioni. Questi incontri sviluppano un sano senso sociale e creano interesse per gli altri. I più piccoli, di fronte all’esibizione dei più grandi, sono pieni di ammirazione e sentonon che anche loro, un giorno, saranno in grado di fare altrettanto; i più grandi possono rivivere esperienze significative del loro passato;
. valutazione. I genitori ricevono periodicamente dagli insegnanti una relazione che riguarda il comportamento ed i progressi del bambino in ogni ambito, inserendo non solo gli aspetti non solo prettamente legati al raggiungimento di obiettivi didattici. Al bambino invece viene consegnata una breve storia o una poesia che, con un linguaggio artistico, rispecchia il suo carattere, i talenti, le qualità, e fornisce una qualche chiave che in prospettiva può aiutarlo a progredire. Il documento di valutazione ufficiale, invece, è destinato solo ai genitori.
(per farsi un’idea di quanto espresso nella premessa)
Classe prima: la fase di passaggio fra scuola d’infanzia e scuola primaria
Il bambino nel primo anno di scuola viene accompagnato nell’esperienza delle forme e dei suoni delle lettere dell’alfabeto e dei simboli numerici e nell’acquisire il giusto atteggiamento nei confronti della scuola, adeguandosi alle sane abitudini ed al ritmico lavoro della classe.
I maestri lavorano affinchè i bambini formino un gruppo coeso, che mostra interesse per gli altri e sa ascoltare.
Il primo biennio (classi seconda e terza)
I primi tre anni di scuola hanno un’impronta unitaria. Tutto ciò che è stato avviato in prima classe, viene portato avanti in modo che il bambino si trovi inserito con vivacità e naturalezza negli elementi plastico-pittorici e musicali-linguistici presenti nelle varie materie di insegnamento.
Il secondo biennio (classi quarta e quinta)
Il nono anno rappresenta una cesura importante e richiede da parte degli insegnanti e degli educatori la massima attenzione. E’ l’età in cui per il bambino si compie il vero distacco dall’ambiente, fino ad ora ha vissuto con naturalezza. La coscienza di sè aumenta. Questa fase richiede molto tatto e molta saggezza da parte dell’educatore, che deve cercare di salvaguardare i bambini dalle delusioni a cui a quest’età vanno facilmente incontro, soprattutto nei confronti degli adulti.
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Italiano scrittura
In PRIMA CLASSE la scrittura si sviluppa a partire dal disegno pittorico. Dapprima il bambino non ha un rapporto col disegno astratto dei caratteri grafici delle lettere (anche nella storia si può notare come l’umanità abbia sviluppato l’alfabeto da una scrittura ideografica).
Se si mette il bambino a contatto direttamente con la scrittura convenzionale, si provoca in lui un precoce invecchiamento.
La natura umana in divenire richiede che si progredisca dalla forma artistica a quella intellettuale, che l’attività della testa scaturisca dall’attività manuale, vale a dire dalla pittura e dal disegno, alla scrittura e alla lettura. Tramite racconti si caratterizzano da un lato i sentimenti che si esprimono nelle vocali (nella A la meraviglia, nella U la paura, …), dall’altro le consonanti come immagini degli oggetti del mondo esterno (M di monte, V da valle, S da serpente…).
Dal disegno di tali immagini viene poi ricavata la relativa lettera.
Se per esempio per scrivere la F facciamo imitare al bambino la forma di una falce, gli avremo dato una lettera in forma di immagine. Si procede con un ritmo di tre giorni: primo giorno racconto, secondo giorno disegno guidato, terzo giorno lettera.
La mano, scrivendo, deve eseguire qualcosa che l’occhio ha prima guardato con compiacimento, e l’occhio deve guidare la penna con amore. Allora la scrittura sarà bella e caratteristica. Vengono utilizzati quaderni bianchi e senza righe. Prima di impegnare il bambino nell’ortografia, si cura la sensibilità del bambino per la lingua e per le diverse lunghezze dei suoni attraverso il canto e la recitazione.
E’ estremamente importante che le discipline apparentemente più lontane, confluiscano l’una nell’altra in modo unitario.
In SECONDA CLASSE si passa allo stampato minuscolo ed al corsivo. Gradualmente il bambino deve imparare a riassumere ciò che gli è stato raccontato e poi a descrivere brevemente ciò che ha appreso.
Per la scrittura si fa ancora uso delle cerette e delle matite colorate. Si dedica particolare cura alla struttura ed articolazione del linguaggio. La sensibilità per i suoni brevi lunghi accentati deve arrivare ad una certa consapevolezza. L’ortografia si perfeziona soprattutto attraverso l’ascolto.
In TERZA CLASSE si cerca di ampliare la capacità di riferire per iscritto quando è stato visto o letto. L’ortografia viene esercitata attraverso l’articolazione del linguaggio, l’ascolto e il parlare.
In QUARTA CLASSE la capacità acquisita di riferire e riassumere per iscritto deve essere applicata nella composizione di lettere di ogni genere, anche commerciali.
In QUINTA CLASSE il bambino non deve più limitarsi a riferire liberamente ciò che ha sentito o letto, ma deve cominciare a servirsi del discorso diretto.
E’ importante che a quest’età si sviluppi la capacità di distinguere la propria opinione da quella altrui; il bambino deve essere in grado di riferire cose che lui stesso ha pensato, visto e udito o di riportare il parere di altri.
In tutto ciò che scrive ed espone deve imparare a tener conto di questa differenza, deve approfondire l’uso dei segni di interpunzione, delle virgolette, …
Il materiale narrativo per la PRIMA CLASSE verrà scelto tra le fiabe classiche con le loro immagini così vivide, stimolanti per le forze rappresentative e ricche di profondi misteri, o tratto da aspetti evidenti della realtà esteriore. Tutto acquista efficacia se è espresso con un linguaggio chiaro, distinto, pittoresco, colorito. Nella scelta delle poesie si tiene conto della melodia, della rima, del ritmo e della metrica.
In SECONDA CLASSE dalla fiaba si passa alla favola e alle leggende, soprattutto sulla vita e le imprese dei santi cristiani, uomini alla ricerca della perfezione.
In TERZA CLASSE Nella scelta delle poesie oltre al ritmo ed alla melodia, si cerca la bellezza espressiva, Il racconto in questa classe viene attinto dalle storie dell’Antico Testamento, che rappresentano per la pedagogia steineriana l’inizio della storia culturale del mondo.
In QUARTA CLASSE il materiale di lettura e narrativa viene attinto dalla mitologia nordica e germanica e dalle imprese degli eroi antichi.
In QUINTA CLASSE la lettura e la narrazione vertono sulla mitologia classica greca.
In SECONDA CLASSE i primi elementi di Grammatica devono essere integrati in modo piacevole nel racconto, senza far mai mancare una certa nota umoristica.
Si inizia col verbo, che per il bambino è l’elemento più vivo. Se pensa un’azione, il bambino prova subito il desiderio di muoversi; se pensa al verbo “martellare” ad esempio, è portato a compiere il gesto con le braccia. L’aggettivo qualificativo lo lascia più indifferente: le qualità degli oggetti le sperimenta con il sentimento e non col fare (volontà).
I sostantivi poi sono ancora più estranei alla sua natura: freddi, astratti, oggetti del puro pensare. Così la grammatica viene sperimentata umanamente. Si introduce la costruzione della frase, in modo semplice ed evidente, tenendo presente che la grammatica a quest’età deve rappresentare una tacita presa di coscienza di un qualcosa che già è usato istintivamente.
Addentrandosi nelle leggi del linguaggio si tocca la grandezza dell’Io umano che evolve lentamente nella vita.
In TERZA CLASSE il bambino deve avere una visione dell’analisi grammaticale e della costruzione della frase, e imparare l’uso dei segni di interpunzione.
In QUARTA CLASSE deve venir spiegato con chiarezza il significato dei tempi dei verbi e delle coniugazioni e si deve fare in modo che i bambini imparino a sentire istintivamente il rapporto che lega la proposizione alla parola. La lezione di italiano tra i nove e i dieci anni deve soprattutto accentuare l’aspetto plastico e strutturale del linguaggio.
In QUINTA CLASSE il bambino deve imparare a sentire la differenza tra la forma attiva e la forma passiva del verbo.
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Lezioni di vita pratica (o scienze umane integrate)
in TERZA CLASSE con questi argomenti si cerca di favorire un inserimento cosciente nella realtà circostante. Si può spiegare come avviene la preparazione della calce e il suo uso nelle costruzioni, la coltivazione dei campi, l’aratura e la semina, inoltre si fanno conoscere i vari cereali.
Si fa sentire che l’animale ha bisogno della pianta per nutrirsi, e che la pianta richiede l’apporto dell’animale per la concimazione e del minerale come nutrimento e sostegno.
Si suscita così la sensazione che tutto quanto esiste al mondo è legato da una connessione meravigliosa e si risveglia un senso di riconoscenza verso ciò che sta sopra l’uomo. Da questo aspetto di sentimento si torna però sempre al campo pratico, predisponendo attività pratiche di agricoltura.
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Lingue straniere
in PRIMA CLASSE si sperimenta la lingua parlata, attraverso esercizi di conversazione e servendosi di canzoni, filastrocche e poesie, per formare l’orecchio per il ritmo, la melodia ed il suono della lingua straniera.La grammatica non viene studiata.
La tendenza all’imitazione, ancora molto marcata a quest’età, e la grande plasmabilità degli organi vocali che hanno permesso al bambino l’apprendimento della lingua madre, non devono restare inattive e possono venire impiegate per un primo approccio con le lingue straniere.
Nel secondo biennio l’insegnamento prosegue in forma orale, mirando però sempre più alla conversazione, in particolare costruite sulle professioni dell’uomo e sull’ambito familiare. Si imparano inoltre i giorni della settimana, i mesi e le stagioni. In terza classe si introduce la scrittura delle lettere dell’alfabeto e dei primi vocaboli.
In QUARTA CLASSE si inizia la grammatica delle lingue straniere in rapporto al grado di coscienza raggiunto dai bambini. Dalla poesia, che nei primi tre anni era stata il tema quasi esclusivo delle lezioni di lingua, si passa alla prosa. La grammatica viene esercitata in modo induttivo, sevendosi di esempi liberamente scelti e facendo studiare a memoria non gli esempi, ma le regole. Si inizia la coniugazione del verbi. Si inizia anche a scrivere e a tradurre, non però letteralmente ma a senso.
In QUINTA CLASSE si prosegue con l’analisi grammaticale e si danno i primi elementi di sintassi.
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Latino e greco
in QUINTA CLASSE si avvia lo studio delle lingue antiche, allo scopo di rendere viva e sensibile la lingua e la cultura greca e latina.
Fino alla nona classe questa materia è obbligatoria e fondamentale per tutti i ragazzi. In quinta classe si tratta più che altro di una preparazione: i bambini sono introdotti alla lingua antica senza costrizione e senza uno studio sistematico della grammatica.
Devono sentire l’essenzialità del suono, ripetere ed imparare a memoria brevi testi. Prima di capire devono imparare a parlare, ed è sufficiente che sappiano il contenuto di ciò che dicono.
Possibilmente si trattano insieme il latino e il greco, si scelgono frasi brevi riguardanti l’ambiente, oppure motti e proverbi in prosa e in poesia, favolette e brani conosciuti dei Vangeli.
In seguito si introducono poesie assecondando il senso del ritmo che vive nel bambino. Non si usano libri di testo.
in PRIMA e SECONDA CLASSE, attraverso racconti e fiabe, vengono messi in risalto i rapporti di successione tra i vari eventi. Vengono proposte esperienze collegate ai ritmi del mondo naturale e in particolare alle stagioni.
In TERZA CLASSE si comincerà lo studio vero e proprio della Storia, dai racconti dell’Antico Testamento (non dalla preistoria).
In QUARTA CLASSE l’apprendimento della storia dovrebbe sfociare dall’osservazione dell’ambiente circostante. Le caratteristiche del luogo vengono descritte nel loro sviluppo storico.
In QUINTA CLASSE viene data la prima vera visione storica, attraverso lo studio della storia e della cultura dei popoli orientali e dei greci.
Prima d’ora si era trattato più di singole storie, di biografie di personaggi importanti e così via. Adesso di cerca di rendere evidente e comprensibile l’essenza particolare delle singole epoche di cultura indivando sintomi storici caratteristici.
L’esposizione deve avere un’accentuazione artistico-immaginativa e rivolgersi sempre alla sensibilità del ragazzo. La storia, descrivendo le gesta e le sofferenze dell’uomo, tende nel bambino a farlo rivolgere verso il suo mondo interiore.
Geografia
in PRIMA CLASSE si portano al bambino conoscenze del proprio paese; questo ha il compito di risvegliare nel bambino ancora sognante l’interesse per l’ambiente con cui deve legarsi in maniera più cosciente. Il maestro deve presentare alla sua coscienza ed alla sua capacità di immaginazione cose già note, come piante animali pietre monti fiumi prati, non con descrizioni astratte, ma secondo un criterio in cui viva la fantasia morale. Cielo nuvole stelle fiori animali pietre e via dicendo, devono esprimere e far sentire vivacemente, come in un dialogo, la loro grandezza, la loro devozione, la dolcezza e la fierezza.
In TERZA CLASSE comincia lo studio della Geografia, partendo dall’ambiente più vicino per ampliare ed approfondire le conoscenze del territorio e delle attività umane come parte integrante dell’ambiente.
In QUARTA CLASSE la geografia scaturisce ancora dall’osservazione dell’ambiente circostante.
In QUINTA CLASSE la conoscenza del proprio paese diviene vera e propria geografia. Si tratta della configurazione del terreno e delle condizioni economiche delle zone più prossime. La geografia fa spaziare per il mondo e risveglia nei bambini un senso di fraternità per tutte le regioni della terra.
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Scienze
nelle prime classi elementi noti quali animali, piante, pietre, vengono presentate ai bambini in forma artistico-immaginativa come preparazione ad un approccio scientifico.
In QUARTA CLASSE i regni della natura vengono osservati e studiati più oggettivamente. La scienza naturale può aver inizio allorchè il bambino ha acquisito di per sè maggiore oggettività. L’essere umano viene presentato per primo, in maniera elementare, ma allo stesso tempo artistica e riverente. Il regno animale viene descritto nel suo rapporto con l’uomo, osservando singoli animali e confrontando il loro organismo con quello umano. Il bambino dovrà sentire che la molteplicità delle forme animali è riunita nell’essere umano con ordine ed armonia.
In QUINTA CLASSE si parla di forme animali meno note. Dall’essere umano e dall’animale si passa alla pianta. La botanica viene svolta in rapporto alla vita della terra, considerata come un organismo vivente unitario. A quest’età il bambino sente fortemente il bisogno di cercare i rapporti di causalità.
E’ un’esigenza che può venire soddisfatta nel modo migliore se potrà osservare le varie forme vegetali e studiare le loro trasformazioni a seconda delle condizioni del terreno, del clima,…
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Aritmetica
in PRIMA CLASSE si inizia con le quattro operazioni entro il venti per arrivare se possibile al cento seguendo un criterio artistico: passare dall’intero alle parti (nell’addizione si parte dalla somma, nella moltiplicazione dal prodotto,…). Nella vita infatti l’uomo, prima di notare i particolari, coglie l’intero.
Il modo in cui il bambino apprende il calcolo è formativo per si cervello e i primi elementi del calcolo influiscono sul futuro modo di pensare dell’adulto, che può diventare incline alla sintesi o tendere ad atomizzare. Vi è poi un aspetto morale nel fatto che il bambino cominci con la distribuzione, per esempio di mele, oppure che accumuli per sè quelle stesse mele.
Il movimento ritmico, la corsa, il salto, il battito delle mani faciliteranno la presa di contatto con il calcolo. Vengono utilizzati quaderni bianchi senza righe, per favorire l’organizzazione spaziale, e viene praticato intensivamente il calcolo orale.
In SECONDA CLASSE le quattro operazioni vengono estese a numeri più elevati e si insiste molto sul calcolo orale. Non si tema di far lavorare la memoria, perchè il calcolo è fondamentale per la sua sana formazione. Quando il bambino ha quasi completato la seconda dentizione, gli si fanno studiare a memoria le tabelline, aiutandolo con movimenti ritmici, battito delle mani, salti,…
Nel periodo che va dalla seconda dentizione alla pubertà la memoria si sviluppa e si rafforza ed è giusto che venga debitamente curata e formata.
In TERZA CLASSE le quattro operazioni vengono esercitate sulla base di numeri più complessi e applicate ai piccoli casi della vita pratica.
In QUARTA CLASSE si passa allo studio delle frazioni ordinarie e decimali.
In QUINTA CLASSE si prosegue con le frazioni e con le frazioni decimali. Il calcolo comprenderà tutti i numeri interi e decimali.
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Geometria
dal disegno di forme, che è stato coltivato fin dall’inizio della scuola, emerge in QUINTA CLASSE la geometria.
Le forme che finora sono state disegnate in modo artistico, come il triangolo, il quadrato, il cerchio,… devono venir comprese secondo concetti geometrici.
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Pittura
pittura e disegno introducono il bambino nel mondo delle forze plastico-formative. Il senso del colore si sviluppa sperimentando il colore puro nei suoi accordi e contrasti e considerando la forma come opera del colore stesso (approccio goetheanistico). All’inizio le linee vengono sperimentate come incontro di superfici di colore.
Nei primi anni i bambini hanno imitato per lo più ciò che il maestro proponeva o mostrava loro.
A partire dalla QUARTA CLASSE lavorano servendosi della loro fantasia creativa. Usando il colore fluido il loro senso del colore si è destato ed ora possono usarlo come mezzo espressivo.
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Disegno di forme
in PRIMA CLASSE il disegno evolve da un lato dalla pittura, dall’altro dall’esperienza stessa del movimento. La linea retta e la linea curva vengono sperimentate camminando o tracciandone plasticamente la forma nell’aria. Deve essere coltivato un senso interiore della forma.
Se il bambino percorre dei cerchi, delle ellissi, delle lemniscate seguendo la curva che si forma, quando poi disegna queste linee sente vivere un altro se stesso nelle linee che traccia, ed impara a comprendere il linguaggio delle forme. La copiatura degli oggetti viene inizialmente evitata.
In QUARTA CLASSE, dopo aver sperimentato negli anni precedenti le forme pure ed aver acquisito il senso della forma curva, semicurva, acuta, ellittica, retta,… arriva il momento di far ritrovare loro tutte queste forme negli oggetti esteriori, di farli copiare dal vero.
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Modellaggio
attraverso il modellaggio della cera vergine d’api viene curata ulteriormente l’abilità plastica del bambino. In QUARTA CLASSE comincia la copia dal vero.
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Lavoro Manuale
in PRIMA CLASSE i bambini di entrambi i sessi imparano a lavorare a maglia con i due ferri e ad eseguire semplici lavori di cucito, ricamo e tessitura a telaio. Il lavoro a maglia da un lato favorisce la consapevolezza e l’abilità manuale, dall’altro è un’attività che risveglia e stimola le disposizioni spirituali del bambino. Per suscitare il senso del colore e della forma, si fanno eseguire alla lavagna diversi esercizi coi gessetti colorati.
In SECONDA CLASSE si proseguono i lavori iniziati in prima, poi si passa all’uncinetto. Nella seconda parte della lezione di fanno eseguire oggetti dove i bambini possono manifestare liberamente il loro gusto sia nella preparazione del disegno, che nel ricamo e nella decorazione.
In TERZA CLASSE sia i maschi che le femmine eseguono all’uncinetto lavori più impegnativi come berretti e simili, oltre a confezionare lavoretti collaterali come in seconda.
In QUARTA CLASSE i bambini imparano a cucire con precisione e a conoscere i vari punti eseguendo, per esempio, una borsa da lavoro ricamata in modo da permettere l’esplicarsi delle qualità artistiche oltre che tecniche. La decorazione dell’oggetto dovrà infatti essere in accordo col suo uso.
In QUINTA CLASSE si confezionano calze e guanti in maglia, animali di stoffa e bambole di ogni tipo.
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Musica
in PRIMA CLASSE per prima cosa i bambini devono avvicinarsi all’esperienza della quinta (scala pentatonica). Si esercita l’orecchio mediante semplici melodie e ritmi, coltivando il sentimento per ciò che è bello e per ciò che non lo è.
Alternando l’ascolto attivo all’interpretazione canora e strumentale, il bambino riesce ad apprendere i brani musicali proposti.
Si cantano canzoncine comprese nelle cinque note e tutti i bambini in gruppo suonano il flauto dolce. Alcuni potranno poi passare al violino e si potranno aggiungere anche gli strumenti a percussione. Grande importanza viene data al canto con accompagnamento di strumenti.
In SECONDA CLASSE alle canzoni comprese nell’intervallo di quinta si aggiugono quelle comprese nell’ottava.
In TERZA CLASSE si inizia la scrittura delle note nella tonalità di do maggiore. Il canto acquista maggiore espansione.
In QUARTA CLASSE si fa sperimentare l’intervallo di terza maggiore e minore. Negli anni precedenti la musica era servita per il canto e per coltivare l’orecchio, ora va elaborata in modo che il bambino impari ad assecondare le esigenze della musica come arte.
Si cerca di far comprendere semplici concetti teorici mediante esercizi di ritmo, melodia ed armonia. Si fanno conoscere attraverso l’ascolto pezzi musicali di pregio particolare. Si prosegue con la lettura delle note e si fanno eseguire canti a due voci e canoni.
In QUINTA CLASSE vengono insegnate le tonalità. Si eseguono canti a due e tre voci e canoni.
l’euritmia è una nuova arte nata nel 1912 dalle indicazioni di Rudolf Steiner. Si può definire poesia e canto resi visibili attraverso il gesto ed il movimento corporeo. Si basa sulla recitazione e sulla musica.
Quando pronunciamo un suono, dentro di noi si crea una sorta di atteggiamento volitivo ed è questo che viene tradotto e reso visibile mediante il movimento euritmico.
Ogni vocale e consonante ha il suo specifico gesto. Anche nel canto si estrinsecano quegli atteggiamenti interiori in corrispondenza delle singole note ed intervalli che a loro volta vengono rappresentati con i movimenti del corpo.
Quando ci di immedesima nella poesia e nella musica e si cerca di seguirne le leggi col movimento, si svolge un’attività che coinvolge l’essere nella sua interezza.
In PRIMA CLASSE il bambino percorre delle forme geometriche o libere seguendo i motivi musicali. Si iniziano i movimenti euritmici relativi alle vocali ed alle consonanti attraverso l’imitazione e servendosi di poesie, filastrocche o brevi fiabe nelle quali sia presente l’elemento ritmico, che si evidenzia alternando passi lunghi e brevi e si cerca di sviluppare la capacità di ascolto facendo battere il tempo con le mani e con il passo secondo la metrica.
In SECONDA CLASSE si eseguono esercizi del tipo “io-tu” o “noi ci cerchiamo” che hanno la funzione di armonizzare i temperamenti, coltivare l’intelligenza, la vivacità dell’animo, ed un sano senso sociale. Nell’eseguire queste forme ogni bambino deve conoscere esattamente il cammino che deve percorrere e al tempo stesso muoversi in gruppo con gli altri.
In TERZA CLASSE i movimenti corrispondenti ai suoni sono divenuti così sicuri da permettere la rappresentazione di parole e di frasi.
L’euritmia, per il fatto che ogni suono viene espresso con il movimento di tutto il corpo, rappresenta un mezzo efficace per correggere la trascuratezza nello scrivere. Per favorire un rapporto più consapevole con quanto li circonda, rapporto che si risveglia intorno ai nove-dieci anni, si esercita il passo, che li fa sentire saldamente posati a terra.
In QUARTA CLASSE si inizia la rappresentazione degli elementi grammaticali attraverso forme spaziali (verbi e sostantivi).
In QUINTA CLASSE si favorisce il controllo degli arti mediante esercizi con le verghe e l’accentuazione del passo.
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Ginnastica
l’insegnamento della ginnastica inizia in TERZA CLASSE, intesa come proseguimento dell’euritmia. La ginnastica si può definire linguaggio visibile, cioè manifestazione visibile del processo respiratorio che vive in ciò che si esplica quando la respirazione influisce sul sistema sanguigno.
Nel movimento ginnico si ha una irrorazione della muscolatura da parte del sangue con il conseguente irrobustimento e l’acquisto di elasticità di tutto il sistema muscolare.
Eseguendo la ginnastica si sperimentano la statica e la dinamica, si acquista il senso dello spazio dominato da forze. La volontà si manifesta in modo diretto, mentre nei movimenti euritmici abbiamo piuttosto l’espressione volitiva del sentimento e della vita dell’anima.
Fino ai dieci anni la base fisiologica della ginnastica va vista soprattutto nell’attività del sangue e dei muscoli, e solo dopo i dodici ani si dovrà tenere conto maggiormente della base organica e meccanica del sistema osseo.
La caratteristica degli esercizi adatti ai bambini di terza, quarta e quinta classe sarà dunque la vivacità: si dovrà rcreare un rapporto emotivo e fantasioso tra il bambino e l’esercizio da eseguire.
In QUARTA CLASSE nella ginnastica con attrezzi sono particolarmente indicati la spalliera, la corda, la scala a corda, gli anelli, il cavallo e il salto. Nella ginnastica a corpo libero si prediligono i giochi in cerchio.
In quinta classe cominciano i movimenti indipendenti, fuori dal cerchio, su parole scandite ritmicamente.
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Collegio insegnanti: il colloquio pedagogico
Il modello tradizionale del colloquio pedagogico qui presentato è nato nei Camphill ed è stato creato da un team di medici. Questo modello invece è stato messo a punto da insegnanti.
Il medico agisce attraverso medicamenti, il pegagogo e il terapista agiscono attraverso l’autoeducazione, devono in un certo senso diventare loro stessi medicamento. Il medico si chiede: “Che cosa posso fare per in bambino?”, il maestro si chiede: “Cosa posso fare per me, per aiutare il bambino?”.
Il colloquio termina nel momento in cui ogni partecipante ha trovato un’immagine interiore del bambino (non una terapia); un’immagine archetipica, e questo archetipo ha la caratteristica di essere creativo e vuole manifestarsi. Dalla creazione di questa immagine archetipica ogni partecipante troverà la sua azione terapeutica per il bambino.
Il colloquio pedagogico si differenzia per età; questo modello si può adottare con bambini in età scolare. L’immagine è quella del labirinto, come cammino di conoscenza, e quindi come percorso figurato del colloquio pedagogico.
Esterno (davanti al labirinto)
Immagine esteriore, descrizione del corpo fisico
. atteggiamento del bambino, postura
. movimento: mimica, sguardo, gestualità, controllo del movimento, forza
. figura del movimento: si muove nell’aria, nell’acqua, nella terra
. come manifesta il rifiuto, la dedizione (ridere, piangere)
. come avviene il contatto col mondo esterno
. come si sente nel proprio corpo (senso della vita)
. destrezza
. pesantezza/leggerezza Linguaggio
. tono
. volume
. articolazione
. espressione
. respiro Alimentazione
. comportamento prima e dopo il pasto
. sue sensazioni rispetto a gusto, odorato, vista, calore
Elemento animico
(dentro il labirinto, tra le strade, a volte vicino a volte lontano, perchè non c’è una visione oggettiva, si entra nel soggettivo e ogni maestro del Collegio ha un soggettivo diverso)
Comportamento
. attenzione nell’ascoltare, nel capire, nel parlare, incontro con l’io altrui
. pensare: orientamento spazio-temporale, orientamento dei pensieri, saper fare sintesi, memoria, fantasia, intelligenza, intelligenza pratica, capacità di rappresentazione
. sentire: sentire e adattarsi alla realtà, affettività intesa come tono dell’umore o fondamento base del sentimento, entusiasmo, aspetti sociali ( autostima, comportamento sociale, reazione allo stress, paure)
. volontà: istinto, brame, desideri, motivazione (quattro aspetti della volontà); determinazione (portare avanti l’iniziativa), costanza, volontà di apprendere e di vivere.
Insegnante
(è il punto in cui si deve essere arrivati al centro, stare al centro del labirinto col bambino, vedere coi suoi occhi, sentire con la sua anima
. come deve essere il maestro perchè il bambino si possa sentire capito
. come incoraggiare le sue potenzialità
. qual è l’ambiente adatto al bambino
. quali regole lo fanno star bene
. qual è il quadro più adatto per la sua stanza
. che ruolo proporgli nelle recite e perchè.
Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare. Il modo migliore per iniziare a lavorare col metodo Montessori non richiede alcun investimento in materiali di apprendimento.
Semplicemente uscite di casa col vostro bambino e fate con lui una bella passeggiata nella natura. Lasciate che sia il bambino stesso a guidarvi nel processo di esplorazione, fermandovi ogni volta che vede qualcosa di interessante.
Invece di incoraggiarlo a continuare a camminare, seguite il suo esempio e fermatevi con lui ad esaminare qualunque cosa catturi la sua attenzione.
Osservate il vostro bambino, il suo modo di interessarsi alle cose e di interagire con esse. Aggiungete pure le vostre osservazioni personali e le vostre domande alle sue, se ne avete, ma sempre senza che queste scavalchino per importanza il processo di esplorazione del bambino.
Tornati a casa, si può iniziare a lavorare rielaborando in chiave artistica, scientifica, ecc… l’esperienza appena vissuta. Si possono catalogare e classificare campioni raccolti, fare ricerche, scrivere o disegnare un resoconto, contare, misurare, e tutto quello che può nascere dal vostro interesse.
Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare
Poniamo invece il caso di essere alle prime esperienze nell’uso dei materiali montessoriani di apprendimento. I punti chiave che possiamo individuare per l’utilizzo di qualsiasi materiale possono essere riassunti così:
1. Vi capiterà spesso di leggere a introduzione delle lezioni per presentare i materiali montessoriani “invitare il bambino a unirsi a voi nell’esercizio”. Questa indicazione significa letteralmente chiedere al vostro bambino se gli piacerebbe fare quel dato esercizio con voi.
A scuola gli insegnanti, per incoraggiare i bambini ad intraprendere una data attività, utilizzano queste semplici regole:
a. saper aspettare fino a quando il bambino stesso chieda che gli venga mostrato un particolare materiale;
b. iniziare una lezione di gruppo e renderla aperta, di modo che ogni altro bambino che lo desideri possa unirsi ad essa;
c. permettere e anzi incoraggiare ogni bambino ad osservare in silenzio la lezione individuale che viene sviluppata dall’insegnante con un altro bambino;
d. disporre il materiale sugli scaffali in modo attraente, ordinato e pulito, in modo tale che i bambini siano stimolati a chiederlo.
Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare
2. Il gioco libero è importantissimo e va previsto per almeno tre volte al giorno, ma in uno spazio diverso da quello dedicato al materiale di apprendimento.
Se andare all’aperto non è possibile, è importantissimo capire come riorganizzare l’arredamento e l’organizzazione degli spazi interni (casa o scuola) per creare una speciale area giochi al coperto.
3. Per quanto riguarda l’organizzazione del tempo, pur non potendo parlare di “programma di insegnamento” in senso stretto, si consiglia un periodo di lavoro ai materiali di 90 minuti al mattino, e un secondo periodo di uguale durata nella seconda parte della giornata, anche al pomeriggio, per il primo ciclo;
4. Rispetto alla programmazione delle materie di insegnamento, non preoccupatevi della grande varietà di proposte previste dal curriculum Montessori concentrate in periodi di tempo apparentemente così brevi e apparentemente così poco organizzate, in quanto discriminate dalla libera decisione del bambino. Nella realtà molte scuole, anche Montessori, hanno adottato un “orario scolastico giornaliero e settimanale” per scandire le lezioni, ma non perchè è un bisogno dei bambini, quanto perchè è un bisogno dei loro genitori vedere che i loro figli a scuola “fanno qualcosa”.
In realtà l’unica programmazione che ha senso comprende un periodo di tempo più ampio della giornata o della settimana: diciamo almeno mensile e trimestrale. Il vostro obiettivo dovrebbe essere dunque saper pianificare lo studio di tutte le materie previste nel medio periodo, mantenendo questa visione d’insieme nello svolgimento della pratica quotidiana.
Se un bambino ad esempio si dedica con passione agli esperimenti di scienza oppure all’arte per un mese intero, non c’è necessità di costringerlo a mettere da parte le pitture e i microscopi e tirare fuori i materiali di apprendimento per la matematica, solo per il gusto di rispettare un programma regolare.
Lavorare col metodo Montessori: consigli per iniziare
Vi capiterà altrettanto spesso di leggere a introduzione delle lezioni per presentare i materiali montessoriani:
1. “il bambino porta il tappeto al pavimento e lo srotola” : si tratta di una sequenza che descrive un’unica importantissima azione, e che rappresenta per il bambino stesso il suo creare autonomamente all’interno della casa o della scuola uno spazio delimitato di lavoro, tutto suo, diverso da ogni altro spazio che ne sta al di fuori, e nel quale egli si concentra. E’ il processo che lo porta, fin da molto piccolo, all’interno del suo stesso processo di apprendimento. E’ quindi molto importante, appunto, chi il bambino impari a portare e srotolare il tappeto sul pavimento in modo autonomo e competente, con concentrazione.
2. “sedersi accanto al bambino, al suo lato non dominante”, non a caso dunque. Non di fronte, perchè vedrebbe ogni immagine a specchio, e dalla parte non dominante del bambino perchè è importante che dalla parte dominante egli abbia la massima libertà di movimento possibile.
3. “presa a tre dita con medio indice e pollice” , è quello che troverete indicato tutte le volte che si tratta di prendere oggetti di piccole dimensioni nella presentazione dei materiali, perché appunto osservando le manine dei bambini piccoli vedrete che loro fanno così spontaneamente, mentre noi adulti, avendo dita più grandi, usiamo spontaneamente due dita soltanto (indice e pollice). Naturalmente è un’indicazione riservata agli adulti che presentano il materiale, mentre non c’è alcun bisogno di correggere il bambino se lo fa in modo diverso.
Gioco cantato: Passez, pompon. Per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Con testo italiano e francese, spartito stampabile, traccia mp3 e istruzioni di gioco.
Gioco cantato: Passez, pompon Testo italiano
Passate, pompon,
i carillons,
le porte sono aperte.
Passate, pompon,
i carillons,
le porte sono chiuse.
A chiave!
Gioco cantato: Passez, pompon Testo francese
Passez, pompon,
les carillons,
les portes sont ouvertes.
Passez, pompon,
les carillons,
les portes sont fermées. (Gridato) A clef!
Gioco cantato: Passez, pompon Spartito stampabile e file mp3 qui:
Due bambini formano un arco. Sotto di esso passa la fila degli altri giocatori che si tengono per mano, in fila per uno.
Alle parole “A clef” i giocatori che fanno l’arco abbassano le braccia facendo prigioniero il bambino che sta passando
mentre gli altri giocatori riagganciano la fila e continuano il canto e la marcia.
Il prigioniero deve scegliere tra due oggetti della stessa natura (es. rosa o giglio) che i due bambini che fanno l’arco hanno in precedenza convenuto tra loro.
A seconda della risposta si mette dietro ad uno o all’altro dei giocatori.
Il gioco finisce quando tutti i giocatori sono disposti in due file.
Gioco cantato: Giro giro rosa, per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Con testo italiano e tedesco, spartito stampabile, traccia mp3 e istruzioni di gioco.
Gioco cantato: Giro giro rosa Testo italiano
Giro giro rosa, gialla la mimosa, prato verde, cielo blu, tutti cascan giù!
Gioco cantato: Giro giro rosa Testo tedesco
Ringel, Rangel, Rosen, gelbe Aprikosen, Veilchen blau, Vergissmeinnicht, alle Kinder setzen sich!
Gioco cantato: Giro giro rosa spartito stampabile e file mp3 qui:
Gioco cantato: La gallina bella bianca, per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Con testo, spartito stampabile, traccia mp3 e istruzioni di gioco.
Gioco cantato: La gallina bella bianca Testo
A. La gallina bella bianca,
se ne andava per l’alto mare,
se ne andava per l’alto mare.
B. I cancelli sono chiusi,
non si può passare,
non si può passare.
C. Figli siam della gallina,
apriteci le porte,
apriteci le porte.
D. Passa via, passa via,
chi è l’ultima sarà mia,
chi è l’ultima sarà mia.
Gioco cantato: La gallina bella bianca Spartito stampabile
Gioco cantato: La gallina bella bianca Istruzioni di gioco
Due giocatori formano un arco, tutti gli altri sono fermi davanti all’arco in fila per uno.
La fila canta la STROFA A, i due giocatori rispondono con la STROFA B.
La fila inizia a camminare cantando la STROFA C, i due giocatori cantano la successiva e alzano le braccia, per far passare la fila sotto l’arco.
Quando l’ultimo giocatore della fila passa sotto l’arco, questo si abbassa e lo prende prigioniero.
I due giocatori gli chiedono di scegliere tra due nomi opposti (si sono accordati in precedenza e hanno assunto segratamente due nomi diversi), e a seconda della scelta il prigioniero si dovrà mettere dietro a uno dei due bambini che formano l’arco, ponendogli le mani sui fianchi.
Il gioco continua finchè tutti non saranno sistemati dietro ai giocatori che formano l’arco.
Al termine le due file inizieranno a tirare fino a spezzare la fila.
[wpmoneyclick id=88443 /]La psicomotricità è una scienza che studia l’attività motoria dal punto di vista psicologico. Obiettivo della psicomotricità è approfondire, esaminare e teorizzare l’interazione tra il corpo, inteso dal punto di vista di movimento biologico e l’atto psichico che da individuale diventa sociale.
Il termine “psicomotorio” fu usato per la prima volta intorno al 1870, per indicare le regioni della corteccia cerebrale vicine alle aree propriamente definite motorie, dove si ipotizzava avvenisse l’unione tra movimento e immagine mentale.
In Francia, dove ha preso il via l’applicazione di questo concetto nei primi anni del ‘900, si è provato che aspetti corporei legati al movimento possono colmare e risolvere determinati blocchi cognitivi o relazionali, connessi magari a handicap particolari.
Da questo punto ha preso il via un nuovo modo di concepire il corpo e i suoi movimenti: da una ginnastica “militare” eseguita solo per far irrobustire il corpo, si è passati a una ginnastica che potremmo definire “ armonica”, in grado cioè di tenere conto dei bisogni sia fisici sia anche alle necessità mentali e interiori.
Nella Psicomotricità si trova la confluenza armonica, la sintesi equilibrata di diverse discipline (psichiatria, psicoanalisi, sociologia, pedagogia, etologia, arti teatrali..) tale da permettere una nuova lettura, unificata e globale della persona, nel suo essere e nel suo agire.
La Psicomotricità è l’interdipendenza e la reciprocità costante, all’interno della relazione individuo-ambiente, fra motricità, intelligenza e vita emotivo-affettiva alla cui base sta primariamente il corpo.
La Psicomotricità è centrata sul corpo, sul movimento in quanto esso esprime se stesso ma nel contempo esprime le emozioni e precede e traduce l’intelligenza.
Psicomotricità, ancora, è l’acquisizione della presa di coscienza da parte del bambino delle proprie sensazioni, del proprio movimento, delle varie funzioni psicomotorie come dei comportamenti ed emozioni corrispondenti cosicchè il bambino possa controllare il tutto in quanto attore delle proprie azioni e delle proprie difficoltà senza subirle.
Ciò che è essenziale per la psicomotricità è la costituzione dell’atto psicomotorio, che possiamo definire come la sintesi di più livelli di espressione dell’azione:
• desiderio di agire, che deve essere proprio del bambino
• possibilità di agire, che fa riferimento tanto all’aspetto strumentale e funzionale quanto alla possibilità di agire, permessa e riconosciuta dall’altro
• saper fare, che è dato dalle proprie capacità cognitive e dagli apprendimenti
• voler fare come espressione dell’Io, dell’autonomia, dell’integrazione delle regole
sociali, e ciò permette, attraverso l’esercizio, l’acquisizione di competenze e capacità tali da potersi adattare alla realtà.
L’obiettivo della Psicomotricità è favorire in un bambino l’integrazione e l’armonizzazione di questi differenti aspetti.
La Psicomotricità parte dal presupposto che favorire un reinvestimento del corpo e migliori realizzazioni motorie determina sicuramente una maggiore attenzione, una migliore espressione delle emozioni, una migliore organizzazione del pensiero e delle relazioni interpersonali.
L’attività psicomotoria è un’occasione all’interno della relazione psicomotricista-bambino per ripercorrere lo sviluppo psicomotorio integrando aspetti organizzanti e meno organizzanti a qualsiasi livello e funzione essi si esprimano, al fine di “agire sull’origine neuro-motoria o psichica delle difficoltà” ricostruendo le tappe in modo simbolico o reale.
In questa evoluzione lo psicomotricista deve saper considerare i ritmi del bambino secondo una progressione ben definita:
• fare
• fare facilmente
• fare bene
• fare meglio.
Una motricità libera e nello stesso tempo controllata è espressione di un pensiero libero, creativo e ben partecipato emozionalmente.
E infine la Psicomotricità sviluppa la volontà o perlomeno ne facilita l’esercizio mediante un controllo preciso dell’impulso e della inibizione. Ciò, così, rende più agevole e dunque più piacevole il passaggio all’atto; rende possibile la ripetizione di atti semplici, complessi, alternativi e simultanei.
LA PSICOMOTRICITÀ
Origini L’educazione psicomotoria nasce nei primi anni del novecento come terapia per il trattamento di problemi ” mentali” attraverso l’uso del corpo.
Nasce quindi nei centri di neuropsichiatria infantile, ma da quelli presto fuoriesce per diventare strumento di stimolo e crescita per tutti i bambini.
Laddove prima lo scopo era rieducativo adesso diventa educativo, teso a sostenere e stimolare il bambino in quel lavoro che porta dal fantastico al reale, dall’affettivo al razionale, dall’egocentrismo alla socializzazione in un’ottica non di contrapposizione ostile, ma di differenziazione che permette quindi il riconoscimento e di conseguenza la possibilità di “uso”.
L’educazione psicomotoria nella scuola dell’infanzia deve essere innanzitutto un’esperienza di piacere, non indotta quindi attraverso un atteggiamento autoritario o affettivamente ricattatorio, ma attraverso la proposta e l’ascolto, l’osservazione di ciò che accade, non come asettico “scienziato”, ma come parte attiva della situazione e del gruppo che comprende quindi ora non solo i bambini , ma anche l’insegnante, che calibra e valuta , e varia le sue proposte/risposte in base alle proposte/risposte dei bambini.
In secondo luogo deve trattarsi di un’esperienza attiva di confronto con l’ambiente.
Non si tratta quindi di dare del materiale ai bambini, immaginiamo corde, e di chiedergli di fare, per esempio, dei cerchi che più tardi gli chiederemo di nominare e quindi di disegnare, quanto piuttosto di proporre le nostre immaginarie corde ai bambini che attraverso un gioco libero arriveranno a fare delle scoperte, tra le quali probabilmente anche la possibilità di formare con queste un cerchio, che non è necessariamente cerchio, ma magari è casa, e noi saremo pronti a cogliere ciò che sta accadendo per parlare prima di casa e quindi di cerchio (passaggio dall’affettivo al razionale), per fare giochi dentro le case dove si dorme, si cucina e altro, e fuori dalle case per andare al mercato, e poi, perché no, disegnare la nostra bella casa o la strada che da questa ci ha portati al mercato.”In questo stadio l’attività motoria, in relazione con l’adulto o con altri fanciulli, traduce l’espressione di un bisogno fondamentale di movimento, d’investigazione e di espressione che deve essere soddisfatto. Questa esperienza espressiva del corpo vissuto, carica di tutto un contenuto emozionale, si organizza ad un livello di comportamento sensorio-motorio globale favorevole all’emergenza della funzione di aggiustamento.”
Naturalmente l’insegnante non diventa una sorta di vaso vuoto che i bambini riempiono come meglio credono, lasciati a una libertà che non può fare altro che renderli insicuri, è giusto e necessario invece che l’insegnante abbia dei programmi di proposta a breve e lungo termine, che partono da osservazioni per tendere verso degli obiettivi, ma questi programmi non devono diventare una gabbia per sè e per i bambini, devono essere al contrario il reticolato che ci sorregge ma che muta la sua forma nello spazio a seconda che ci si poggi da una parte , dall’altra, in tanti, in pochi, se c’è vento , se piove o c’è il sole.
Per potersi porre in questa situazione di ascolto e reattività è necessario che l’educatore abbia un bagaglio di informazioni e di possibilità alle quali attingere, più ampio è il bagaglio, più sono i colori che ci portiamo appresso più variopinto è il quadro che potremo dipingere.
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Gioco cantato: Ponticello d’oro Istruzioni di gioco
Due bambini, uno di fronte all’altro, formano una porta tenendosi per mani a braccia in alto: essi hanno concordato tra loro chi sarà oro e chi argento.
I bambini in fila indiana vi passano sotto uno ad uno cantando.
L’ultimo viene fermato, tra le braccia dei bambini che formano la porta, si stacca dalla fila e gli viene chiesto: Che cosa vuoi, oro o argento? Secondo la risposta, si mette dietro a uno dei due portieri.
Quando tutti si sono messi così in fila,
i bambini delle due file formano due catene tenendosi per i fianchi (il primo bambini si tiene al suo portiere, il secondo al primo ecc…). Al via dato dai portieri tutti tirano: vince la fila che rimane unita.
I vincitori diventano angeli, gli altri diavoletti.
I due bambini che hanno fatto la porta formano un seggiolino con le mani, vi fanno sedere gli angeli uno ad uno e li fanno dondolare.
Nel dondolare dicono: “Portiamo gli angeli in cielo”.
I diavoletti, invece di essere dondolati, vengono scossi dai due che contemporaneamente dicono: “Scuotiamo fuori il diavolo dall’inferno”.
Gioco cantato: Passatelo il ponte istruzioni di gioco
Due bambini, i guardiani, si tengono per entrambe le mani uno di fronte all’altro e formano una porta. Uno raccoglie l’oro, l’altro l’argento per costruire il ponte.
Gli altri bambini si preparano in fila per due, (a due a due per mano) davanti alla porta, dicendo: “Vogliamo passare il ponte”. guardiani: il ponte è rotto bambini: lo costruiamo noi guardiani: con che cosa? bambini: con oro e argento.
A questo punto tutte le coppie, cantando la prima strofa, passano sotto la porta. Gli ultimi due bambini vengono fermati nella porta
e scelgono se vogliono essere oro o argento. Secondo la scelta si mettono, sempre in coppia, dietro al bambino che raccoglie oro o argento.
Il gioco continua fino a che l’ultima coppia ha fatto la sua scelta.
Poi i bambini della fila più lunga, insieme ai guardiani, si dispongono a coppie formando un ponte lungo.
I bambini dell’altra fila formano a due a due le carrozze (i due bambini si mettono uno dietro l’altro, il bambino davanti porta le mani indietro e il bambino dietro gliele tiene) e passano sotto al ponte mentre tutti cantano la seconda strofa.
Il rito del compleanno nella scuola Montessori con il cerchio dell’anno. I presupposti di base per questo rituale rendono necessaria una collaborazione assolutamente affidabile tra scuola e genitori i quali, insieme al loro bambino, preparano un libro del compleanno.
Dentro vi è incollata una fotografia per ogni anno di vita.
Oltre alla fotografia si aggiungono aneddoti o avvenimenti particolari, concernenti il bambino.
Nel giorno del suo compleanno viene preparato per il bambino il cerchio dell’anno, composto da 12 spicchi con il nome dei mesi.
Sul lato esterno dello spicchio del mese in cui il bambino è nato, si mette un piccolo mappamondo.
Vicino al sole viene posta al centro una grossa candela, simbolo della luce della vita.
Sullo spicchio del mese in cui il bambino è nato si dispongono tante piccole candele quanti sono gli anni che compie.
Intorno al sole c’è anche lo spazio per i regali e per una torta di compleanno.
Tutti i bambini del gruppo, con i maestri ed i genitori, siedono attorno al cerchio.
Il festeggiato accende la candela grande a simboleggiare che è venuto alla luce.
Ora prende il mappamondo con due mani e cammina, cominciando dal mese in cui è nato, girando tutto intorno.
Facendolo racconta gli avvenimenti più importanti del suo primo anno di vita (se il bambino è piccolo, un adulto racconta al suo posto, naturalmente).
Una volta ritornato al mese in cui è nato, il bambino accende la prima candelina, perchè ha compiuto un anno.
Si celebrano allo stesso modo tutti gli altri anni, uno dopo l’altro.
Infine, tutti fanno gli auguri al festeggiato, cantano una canzone e fanno festa insieme a lui.
Il libro del suo compleanno può essere messo nell’angolo dei libri, per quel giorno, e venir sfogliato dagli altri bambini del gruppo, da soli o con il festeggiato.
I bambini imparano in questo modo qualcosa di estremamente importante: la vita di ogni singola persona è interessante per tutti gli altri e ciascuno è parte di un tutto.
L’adulto fornisce il suo contributo personale, dedicando il tempo necessario, con tutto il cuore e con profonda convinzione.
E’ questo un modo per accompagnare il bambino lungo la strada per trovare se stesso.
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Disclaimer: “Per redigere questa mia presentazione ho utilizzato i miei album e appunti personali e consultato vari album di altri autori e articoli nel web. Per leggere online o acquistare le copie legali di tali opere consultate segui i link:
– Practical life album di Infomontessori.com
– Practical life album di montessoriteacherscollective (Moteaco)
– Practical life album di Montessorialbum.com – Introduction to the exercises of practical life di montessoricommons
– Come liberare il potenziale del vostro bambino di Daniela Valente
– Teaching Montessori in the home di Elizabeth G. Hainstock
– The joyfull child di Susan Mayclin Stephenson (part two, age 1-3)
– MANUAL 2: MONTESSORI EXERCISES OF PRACTICAL LIFE di Montitute.com
– PRACTICAL LIFE teacher manual di khtmontessori
– MONTESSORI PRACTICAL LIFE MANUAL di montessoritraining.net
– PRACTICAL LIFE MANUAL EARLY CHILDHOOD.PDC di themontessoriparent.com, che ha suggerito l’aggiunta di questo disclaimer in accordo con la sua politica di copyright. Ho inoltre consultato i testi di riferimento di Maria Montessori per le attività di vita pratica: Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini La scoperta del bambino.
Per una bibliografia completa delle opere di Maria Montessori vai qui.
Scioglilingua per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Utili per giocare con le parole, ma anche per la dettatura, in relazione all’esercizio con le difficoltà ortografiche.
Se scopo la casa la scopa si sciupa: ma se non scopo sciupando la scopa, la mia casetta con cosa la scopo?
Pesca fresca chiusa in tasca di chi pesca con la fiasca. Dalla tasca di chi pesca scappa e casca fresca pesca.
Tre fanti duranti scarabernanti entrarono in un fosso durosso scarosso trovarono un’anguilla durilla scarilla scarabernilla la portarono da una vecchia durecchia scarecchia scarabernecchia le dissero: vecchia durecchia scarecchia scarabernecchia ci cuoci questa anguilla dulilla scarilla scarabernilla?
Avevo un quattrino da squattrire, da squattrare, da squattrovolibucare e lo portai al maestro squattrì squattrò squattrovolibucherò de’ quattrini il maestro squattrì squattrò squattrovolibucherò de’ quattrini non c’era. E mi misi a squattrirlo a quattrarlo a squattrovolibucarlo da solo E lo squattrii, e lo squattrai e lo squattrovolibucai meglio del maestro squattrì squattrò squattrovolibucherò de’ quattrini.
Filo fine dentro il foro, se l’arruffi non lavoro. Non lavoro e il filo fine, fora il foro come un crine.
C’era una volta una ciribiciacola e questa ciribiciacola aveva centocinquanta ciribiciacolini e questi centocinquanta ciribiciacolini ciribiciacolavano salta fuori la ciribiriciacola: taceve voi ciribiciacolini che quando sarete grandi come noi ciribiciacolerete anche voi .
La bella e birbante bambina, ballava bene e con bravura ventisei cavalieri che vivevano a Vivaro vennero vogando velocemente.
Sei seghe segano sei sedie, se siedi su sei sedie segate, caschi.
Tre tozzi di pan secco in tre strette tasche stanno.
Sotto un uscio tutto liscio cadde a striscio un grosso guscio.
In una conca nuotano a rilento tre trote, cinque triglie e tinche cento.
Da te di lor un dar ben s’impone.
Scuro rumor, d’un fuor d’un lor, sol pur or, su vol più su, punto d’orror, giù por non più.
Sopra ogni cima è pace, in ogni vetta, spira appena un soffio, gli uccelli tacciono nel bosco, attendi… in breve, riposo… pur avrai. (Goethe)
Un cavaliere spagnolo superbo e largo: ABRACADABRA un cavaliere scozzese aggressivo: RABADACABRA un uomo viscido cordiale e invitante: RADACARRABA un uomo che lotta con la massima aggressività: CADARABRABA
Odo fioco in fondo loco, brividi nividi sibili lividi, tumulo tumulo cumulo. La calda fiamma vampa, alta divampa! Brucia distrugge e … muore. Fuochino e fiammella, fratelli fedeli, in fumo e faville, dal bel focolare, su pel fumaiolo, finirono al fin (Giosuè Carducci)
Essenze leggere, di ben messaggere, scendete accorrete, rendete oh celesti, lo spirito immortal. (dal Faust di Goethe)
Acciuffa quel buffo camuffo, di piffero gneffo e sberleffo.
Soffia afferra e sferza, furore di fiamma e fuoco, forte fiero furfante, funesto funebre, fiacco finito, ei fu.
Avvolgi svelto la vela che sventola, se la vela sventola avvolgila svelto, non lasciare che la vela sventoli, ma avvolgila svelto, se avvolgi svelto la vela non sventola, la vela avvolta non può sventolare, non sventola la vela avvolta.
Tremula brina su fronda, fragile trina fiorita, brivido breve di brezza, fresca graffia, brilla vibra, trilla grida, stride strepida stronca.
Nevvero evvero, s’avverte s’avvolge, s’avvalla, ravvolta in ovvia nuvola.
Eva ave, leva avel, lella allel.
Questa pesta cesta cresta, lesta festa scorza scherza, questa tresca pesta cesta cresta, lesta sferza festa scorza scherza.
Se svelto svolta svigna, svolazza sventola svuota svia sviene.
Da dove vuoi va via.
Vede la luce, splende rifulge rischiara, sublime magnifica. Offrile rifugio, affinchè giunga al tuo cuore.
Sai che la bianca biacca, la bianca biacca che tu sai, la bionda biada in fiore sfiocca, sfiocca un fiore di biada bionda, pioggia non piovi più ormai, ormai piove la pioggia non più.
Indovinelli – una collezione di indovinelli per la scuola d’infanzia e primaria. Leggete ai bambini lentamente, una frase alla volta, fermandovi dopo ogni frase per consentire ai bambini di tentare la risposta. A descrizione ultimata, più di uno sicuramente dovrebbe avere scoperto di cosa si tratta…
Son quadrupede fedele
della casa buon guardiano.
Vado a caccia al monte a l piano
ed allora son crudele:
non ho un briciolo di pietà…
indovini chi lo sa. (cane)
Trova un nome nella lingua italiana che comincia per “h”. (accademia)
Scende dalla nave prima di ogni marinaio e di ogni passeggero. (ancora)
Siamo tante e laboriose:
amorose
domandiamo un dolce dono,
con la madre ch’è regina,
al gentil piccolo cuore
d’ogni fiore.
Ed il nettare squisito, saporito,
ben più dolce a voi rendiamo.
Sai chi siamo? (api)
Volano, ma non sono aerei.
Hanno le ali, ma non sono uccelli.
Pungono, ma non sono spilli.
Hanno la regina, ma non il re.
Fanno colazione in un fiore.
Sono molto utili, ma non conviene stuzzicarle. (api)
Non son mela, non son pera, ho la forma di una sfera
il mio succo è nutriente, è una bibita eccellente
non procuro il mal di pancia, ho la buccia e son … l’arancia
Son modesto e laborioso,
son paziente ed operoso.
Ho gli orecchi lunghi assai.
Indovina dunque tu:
chi son io? Dimmelo, tu. (L’asino)
Nella foglia un filo d’oro
so trovar per mio lavoro
e mi tesso una casina
tutta seta, bianca e gialla,
senza porta o finestrina.
N’esco fuori poi farfalla
e deposito gli ovini.
Sei dottor se m’indovini. (baco da seta)
Sono duro, sono stretto,
o mio caro scolaretto,
ti fo fare penitenza.
Ma che vuoi? Con la pazienza
tante cose imparerai
qui seduto: non lo sai? (banco)
Sono grasso e paziente
non mi curo mai di niente
con l’aratro rompo il solco
son l’aiuto del bifolco (bue)
Se sai l’indovinello indovinare,
cervello hai fino e te ne puoi vantare.
Orologio ti sembro a prima vista,
chè di sfera e quadrante son provvista;
eppur l’ore che passano non segno,
nè pulsa un cuore dentro il mio congegno.
Ad alte imprese, a portentose gare,
io guido l’uomo per l’immenso mare;
con arcana virtù che in seno io porto,
la via gli addito e lo conduco in porto. (La bussola, di T. Gallori)
Se c’è non si vede e se si vede non c’è (il buio)
Tutti e due stanno sul capo
e son due originali:
sembran proprio tali e quali.
Ma se un p aggiungi a uno
ch’è di sotto, tosto all’opra
lo vedrai passar di sopra. (Capello e cappello)
Siamo lisci oppur ricciuti,
siamo d’oro, rossi o neri;
ci leviam sopra i pensieri
e col tempo siam canuti. (I capelli)
C’è un bosco d’alberelli che è tutto da tagliar
nè scure nè coltelli si posso adoprar (i capelli)
Qual è quell’animale che vorrebbe fare il postino?
(Il canguro con la sua borsa.)
Sono il ritratto del mondo;
tuttavia il mio mare
non ebbe mai acqua
e i miei campi
non hanno messi;
non ho casa e ho grandi città.
Io riduco ad un punto
mille opere diverse:
non ho quasi nulla
e sono l’universo. (cartina geografica)
Viene già dalla montagna
questa buona morettina:
la sua bella testolina
era come un riccio d’oro.
Ma discesa dai suoi monti
fra di noi, quell’imprudente,
fu veduta dalla gente
che la volle cucinar… castagna
Alto il padre, aspra la madre,
nero il figlio, bianco il nipote.
Il padre di legno, la madre di spina…
ma la nipote, che dolce farina! (la castagna)
Son piccina, rotondetta,
son dolcina, son moretta,
son di razza montanina,
dell’autunno sono regina,
son dei bimbi la cuccagna,
e mi chiamano castagna
I miei frutti il riccio chiude,
il mio tronco ha scorza rude,
i miei rami son possenti,
le mie foglie son lucenti… castagno
La mia casa sta riposta,
del gran fiume sulla riva,
e l’entrata è ben nascosta,
sotto l’acqua di una diga,
che da solo ho costruito
con sapiente e buon lavoro.
Bimbo penso avrai capito,
che si parla del … castoro.
Casina stretta casina storta,
non ha finestre ma solo una porta
casina storta casina stretta,
ha tanti piani e nessuna scaletta (chiocciola)
Qual è quella cosa che ha la testa sotto le scarpe? (il chiodo)
Rossa rossetta
in tavola fu messa
in tavola fu mangiata
e la coda le fu strappata.
(ciliegia)
Tutti mi prendono per il collo,
ma non sono ne una gallina ne una bottiglia. (cravatta)
L’orologio che ho più caro viene sempre insieme a me
è un oggetto molto caro e si carica da sè (il cuore)
Sta nel mare, ma la gente lo ritiene intelligente.
Non è uomo, non è pesce, ma saltar ben gli riesce.
Sulla groppa con gran lena, spesso porta una sirena.
Questo dicon le leggende, quando narran sue vicende.
Alle navi sta vicino, è il simpatico … delfino.
Una fila di fratini tutti bianchi e piccolini
stanno sempre a chiacchierare ed a ridere e mangiare (i denti)
Stanno in compagnia nella rossa scuderia
tanti bianchi cavallini, sull’attenti che carini
trenta e tutti d’un colore, li indovina il buon dottore (i denti)
Quali sono quelle cose di cui,
in una famiglia di quattro persone,
ce ne sono ottanta? Le dita.
Fresca, verde e ben fiorita
o seccata o inaridita
sono igienico alimento
per il gregge e per l’armento. (erba)
Or sull’erba ed or su un fiore
mi rincorri e non mi cogli.
Sono un libro di due fogli
del più splendido colore. (farfalla)
Qual è quella cosa che ci tiene in vita,
che non si vede d’estate
e si vede solo d’inverno? Il fiato.
Fuori verde, dentro rosso,
come frutto non son grosso,
ma nemmen tanto piccino,
sono un frutto settembrino.
Dolce, buono, saporito,
anche scuro son gradito.
Ma chi son non te lo dico.
Indovina, sono il … fico.
Curiosa come l’occhio di un bambino
se la spalanchi di primo mattino
il sol che nasce vi fa capolino. (la finestra)
Son piccin, piccin, piccina,
ho nel bosco la casina
del lavoro sono amica
e mi chiamano … formica
Mi metton sotto terra
ed io rispunto su,
mi battono, mi pestano,
da non poterne più.
Mi mettono nel forno,
ed io me n’esco fuor
fragrante e saporoso,
bel premio del lavor. (Il chicco di frumento)
Io sono l’oscuro figlio
di un padre luminoso;
disprezzo la terra
e mi innalzo verso il cielo.
Se mio padre è amato,
nessuno sopporta me,
perchè io faccio piangere
anche le persone più felici. (fumo)
Un cappello, un gambo lungo,
pare un ombrello, si chiama … fungo.
Nasco all’ombra in mezzo al bosco,
e talvolta so di tosco.
Son grassoccio, son carnoso,
profumato e saporoso.
Col mio gambo ed il cappello,
rassomiglio ad un ombrello. (fungo)
E’ piumata, è discreta
vive in pace, buona e cheta
la massaia la tien cara
perchè sa che le prepara
un bel dono prezioso
nutriente, assai gustoso:
indovina indovinare
chi il suo nome sa trovare? (gallina)
Sono pigro e ghiotto un poco:
amo il sole, l’ozio e il fuoco.
Mi ravvolgo agile e bello
nel mio morbido mantello.
Piglio i sorci, sai chi sono?
Dillo, dunque, bimbo buono (Gatto)
Ha un bel nome.
E’ un fiore alto e robusto.
Si trova in campagna e raramente in qualche giardino di città.
Di esso, non si mangiano che i semi.
I suoi petali sono simili a quelli di una grossa margherita.
La su “testa” si muove e il nome descrive proprio tale movimento.
E’ il (girasole)
Indovina indovinare,
io non fo che saltellare,
giù fra l’erba, e quando è sera
a mia musica leggera
spando intorno: son tranquillo,
buono e lieto. Sono il (grillo)
Vivo nei campi, sono un insetto
di giorno taccio, di notte trillo, mi chiamo … grillo
Una pera che ogni giorno
puoi vederti in casa, attorno,
ha la pelle molto dura
anche se è vecchia, matura.
Ha dei semi luminosi,
e mangiarla tu non osi
perchè polpa non ne ha.
Bimbo mio, che mai sara? (Lampadina)
Nera e dritta sta sul muro, il suo corpo è freddo e duro
ma assai spesso viene usata, ed allora trasformata
che disegni colorati di caratteri cifrati
divien bella e interessante, per i bimbi assai importante
cancellata non si lagna, l’utilissima… lavagna
Se lo mangi strizzi gli occhi, non così quando li tocchi
aspro ha il succo e profumato, vien da tutti spesso usato
puoi trovarlo a ogni stagione, giallo ovale il buon … limone
Tiro, tiro, tiro,
eppur braccia non ho.
Sibilo oppur sospiro,
eppur bocca non ho.
E giro, giro, giro,
eppur piedi non ho. (locomativa)
Alta alta, fine fine,
io somiglio ad un paletto
e non ho rami nè spine;
solo il corpo stretto stretto.
Questo corpo, son sincera,
non è poi di molto tristo;
ma ho l’anima sì nera
che di pari non ne ho visto.
L’uom lo sa, e mi taglia il collo
con l’intento dichiarato
di rapire il mio midollo
sin che tutto è consumato.
Me lo toglie, e quanti segni
eleganti ne sa fare!
Ma anche tu, per i tuoi disegni,
bimbo, me lo vuoi rubare! (matita)
Son graziosa son piccina,
son dei prati la regina
la mia veste è tanto bella,
ch’io somiglio ad una stella
son dai bimbi preferita
e mi chiamo … margherita
Qual è il mare più dolce? (marmellata)
E il mare più duro? (marmo)
E il mare più sicuro? (marciapiedi)
Tonda, liscia e profumata;
rossa, gialla oppur rosata;
ne daremo una fettina,
a chi bene la indovina mela
Ho uno scrigno di rubini,
sono grossi e sono fini,
sono tutti d’un colore,
chi indovina è un gran dottore. (la melagrana)
Sono dodici fratelli,
certi brutti certi belli;
il secondo è piccolino,
chi lo sa è un indovino… mesi
Per Capodanno sono arrivati:
erano dodici, li ho contati.
Sono sicuro che viaggeranno
uno alla volta, per tutto l’anno.
Era il secondo più piccolino:
dimmelo, dunque, bravo indovino.(mesi)
C’è una cosa bianca
come un’oca;
oca non è.
Sparge le foglie,
albero non è. Neve
Sono bella e immacolata
come il velo di una fata,
scendo bianca, lieve e molle
sulle vette e sulle zolle.
Scendo lenta giù dal cielo:
tutto avvolgo nel mio velo… neve
Al riparo d’un cappotto verde e amaro,
d’un vestito di buon legno,
sotto lieve camicina,
sta la polpa bianca e fina,
buona fresca e buona secca.
Te lo dico sottovoce,
ho parlato della….. noce.
Scorro il cielo lieve lieve.
Sono bianca o grigia o greve;
l’aria fredda, che dispetto,
mi trasforma in rubinetto.
Allor acqua mando giù
finchè in ciel non ci son più. (nuvola)
Nasco dal mare, nasco dal fiume,
volo nel cielo ma non ho piume
dal sol che nasce, dal sol che muore,
libera ed alta prendo colore
quando son stanca di camminare,
piango un pochino e ritorno al mare. (la nuvola)
Ho due tonde finestrelle, sempre aperte sopra il mondo
se le chiudo è buio fondo, se le riapro vedo te
vedo i fiori, il ciel, le stelle, vedo il monti, vedo il mare
si fa presto a indovinare (gli occhi)
Ho due perle belle assai, che tu prender non puoi mai
son lo specchio in mezzo al viso, del celeste Paradiso. (gli occhi)
Cupolina nera e tonda,
giostra mia, tu sei gioconda
col tuo manico di legno
che ti serve da sostegno.
Ma se piove tanto tanto,
giostra mia, sei tutta un pianto… ombrello
Cammino, cammino
in ogni momento,
e il tempo che passa
a tutti rammento.
Se stanco alla fine
un poco ristò
un giro di chiave
e… ancora me ne vò.
(orologio)
Qual è quella cosa per la quale
mezzogiorno e mezzanotte
sono la stessa cosa? Orologio
Qual è quella cosa che per essere fresca deve essere calda? Il pane.
Pesca e ripesca,
qual è la cosa che più è calda,
più è fresca? (il pane)
Indovina indovinare
io non faccio che ciarlare
dalla gruccia a destra e a manca
ed ognun di me si stanca:
sono rosso, verde e giallo,
e mi chiamo (pappagallo)
Ho la coda maestosa
ricca di riflessi a iosa
ho la coda bella e occhiuta
chi di voi non l’ha veduta? (pavone)
Io rimbalzo giù dai tetti
coi miei mille martelletti.
Batto ai vetri, son noiosa,
ma pur servo a qualche cosa.
Chè ristoro piante e fiori
e più belli fo i colori.
Sciolgo in ciel la nube scura
e fo l’aria bella e pura. (pioggia)
Dita non ho, ma batto
ai vetri della finestra;
scopa non ho, ma lavo
bene la via maestra.
Son lieta, eppur di me
tremano fiori e fronde.
Uccellino non sono
ma canto nelle gronde,
e per andar sui tetti
metto gli zoccoletti. (pioggia)
Al principio della notte,
esco coi fratelli a frotte.
Io non son topo nè uccello,
sono poco o punto bello.
Ho due ali in pelle schietta,
e svolazzo in fretta in fretta.
Util son per la campagna,
pur qualcun di me si lagna.
Hanno torto, non è bello,
ma vi serve il … pipistrello.
siam verdi e piccini, siam fatti a pallini
stiam dentro a una cuccia verdina verduccia
siam tutti fratelli, ci chiaman … piselli
Quattro gambe e non cammina:
ci riposa la nonnina. (la poltrona)
Ho la veste verdolina
dello stagno son regina
è noioso il mio cantare
indovina indovinare. (Rana)
Mi somiglia nel viso e nell’aspetto
ma non ha voce e il mio color non ha,
vediamo un po’ se qualche scolaretto
indovinare in mio nome saprà.
(ritratto)
All’inverno vado via
ma poi torno a casa mia,
mangio mosche ed altri insetti:
chi mai sono o bambinetti? (rondine)
Va per l’aria a primavera, è veloce, bianca e nera
la sua coda è biforcuta, dimmi bimbo l’hai veduta?
Va per l’aria lieve e snella, è la prima … rondinella
O in due o in quattro o in otto
lungo le strade andiamo:
sempre ci rincorriamo
e mai ci raggiungiamo! (ruote)
Si trova in casucce modeste
e dentro ai palazzi si trova;
di pietra o di marmo ha la veste.
“La salgo o la discendo?” Sì, prova! (scala)
Hanno gambe, ma non camminano.
Hanno schiena, ma non hanno testa.
Qualche volta zoppicano.
Non si mangiano.
Possono essere di legno di plastica o di metallo.
Possono essere rozze o di lusso.
Piacciono ai gatti e ai cani, ma gli altri animali non sanno cosa farsene.
Ce ne sono in ogni casa.
Quando è l’ora di pranzo stanno intorno alla tavola, ma non mangiano. (sedie)
Indovina bambinello:
io ti faccio brutto o bello,
sorridente oppur piangente,
come sei o come vuoi.
Indovinami, se puoi.
(specchio)
Io, sebben non sia pittore,
fo ritratti a tutte l’ore.
Ne fo al brutto, ne fo al bello:
indovina indovinello. Lo specchio
Chi sono le quattro sorelle
che si vogliono bene,
ma quando l’una viene
quell’altra se ne va? Le stagioni
Qual è quella cosa che vive
passando da un buco all’altro?
(Non è il topo, non è la chiave… è la stringa delle scarpe)
Ho una veste assai pesante, molto dura ed ingombrante
sembra quasi una corazza, ce l’ha tutta la mia razza
il mio andare è calmo e lento, goffo tutto il movimento
vivo spesso nei giardini, faccio d’erba i miei spuntini
volentier mangio lattuga, il mio nome è … tartaruga
Sotto il sole, sotto le stelle
stan come rosse pecorelle
quando son giornate brutte
se una piange, piangon tutte. (tegole)
Tonda tonda è la casetta…
Che ci fate, dolce mammetta?
Scaldo e imbecco i miei piccini,
or sentiamo se indovini. (uccelli nel nido)
Io conosco un botticino
tutto pieno d’un buon vino;
questo vino, dico franco,
non è nero e non è bianco.
Chi sa dir che vino è?
Co co, co co, coccode! (uovo)
Vengo cotto in più di un modo,
se son duro sono sodo
tu mi mangi solo rotto,
che sia crudo oppure cotto
di star dritto non mi provo,
nè seduto, sono … l’uovo
A Natale son più corte, ma dai bimbi molto amate
e la loro gioia è forte, in sì splendide giornate
poi si fanno brevi e rare, sempre accolte in esultanze
ma in estate, ai monti e al mare, si fan lunghe le … vacanze
Mi piace far dispetti, piegare gli alberetti
far volare i cappelli, rovesciare gli ombrelli
sollevo polveroni, ma scaccio i nuvoloni
i panni al sole stesi e alle finestre appesi
asciugo in un momento
sono il monello …vento
E’ noioso e fastidioso
quando fischia impertinente
nelle orecchie della gente,
quando passa da padrone
sollevando il polverone,
quando ruba a questo e a quello
il cappello. (vento)
Urla, soffia, fischia e geme
e non ha bocca;
investe, scuote, urta e preme
e non si tocca;
spazza i piani, spazza i cieli
e non è scola (vento)
E’ uno strumento delicato
ed è un fiore profumato.
Indovina che cos’è. La viola
Qual è il fiume che non scherza mai? Il Serio
Qual è il fiume che può essere letto indifferentemente dalla prima o dall’ultima lettera? L’Adda
Qual è il monte a cui tutti aspirano? Il Gran Paradiso
Qual è il Colle sotto cui ci si può riposare? Il Colle di Tenda
Qual è il fiume d’Italia che se facesse il barbiere non avrebbe clienti? Il Tagliamento
Qual è il fiume più sonoro? Il Don
Qual è la linea ferroviaria più dolce? Lecco – Crema
Sono monte ardito e fiore gentile. Rosa
Bella donna d’alto palazzo,
bianca son, nera mi faccio,
casco in terra e non mi sfaccio;
vado in chiesa e lume faccio. (la candela)
C’è una vecchiaccia
su una finestraccia;
le ciondola un dente,
e chiama tutta la gente. (la campana)
C’è un botticino
che mesce due sorte di vino. (l’uovo)
Uccellin che passa il mare
tiene strette le sue ali
tiene stretti l’ali e il becco
parla italiano, francese, tedesco. (la lettera)
Cosa fa una gallina quando va da un marciapiede all’altro? Attraversa la strada.
Qual è quell’animale che cammina con i piedi sul capo? Il pidocchio.
Come si deve prendere un pollo per ucciderlo? Vivo.
Che fanno tre polli su di un muro? Un numero dispari.
Perchè le oche attraversano la strada camminando una dietro all’altra? Per andare dall’altra parte.
Chi abbaia più forte di un cane? Due cani.
Che cos’è un asino? Un cavallo che non ha terminato gli studi
Qual è quell’animale che vivo ha le budella in corpo e morto il corpo nelle budella? Il maiale.
Un elefante cade in un lago. Come lo tiri fuori? Bagnato.
A che famiglia appartiene l’oca? A quella che la compera.
Qual è l’animale più veloce? Il pidocchio perchè è sempre in testa.
Perchè il baco da seta è furbo? Perchè mangia la foglia.
Una scimmia si arrampica su di un albero e si siede su una foglia. Cosa fa? Cade.
Cosa fa una gallina quando va da un marciapiede all’altro? Attraversa la strada.
Cosa fa un asino cieco al sole? Ombra.
Perchè le cicale non dormono d’estate? Perchè sono destate.
Cosa fa una gallina quando va da un marciapiede all’altro? Attraversa la strada.
Qual è l’animale che ha il pelo di gatto, gli occhi di gatto, i baffi di gatto, la coda di gatto, la voce di gatto… ma non è un gatto? La gatta.
Più piccola sono e più si ha paura di incontarmi La passerella sul burrone.
Durante la vita bevo acqua salata, dopo la morte acqua dolce. Chi sono? La spugna.
Tutti mi prendono per il collo, ma non sono una bottiglia. La cravatta.
Lo si può battere, ma non picchiare. Il tempo musicale.
Vola e non è un uccello, vola velocissimo e non è un aeroplano, può rodere e non è un tarlo. Il pensiero.
Sono inseparabili, ma il secondo che è innocuo spaventa molto più del primo che è più pericoloso. Il lampo e il tuono.
Se c’è non si vede e se si vede non c’è. Cos’è? Il buio.
Che cos’è che attraversa il prato senza muoversi? Il sentiero
Qual è la città più pericolosa ed esplosiva? Granata
Qual è la città che detta la maniera di vestire? Foggia
Qual è la città più profumata? Colonia
Qual è la città che ha sei occhi? Treviso
Qual è la città dove le persone stanno sempre sedute^ Assisi
Qual è la città la città più mattiniera? Alba
Qual è la città più luminosa? Lucerna
Qual è la città più religiosa? Monaco
Qual è la città preferita dagli animali? Prato
Qual è la città più perseverante? Costanza
Qual è la città che senza il cuore diventa triste? Tri – e- ste
Qual è la città italiana che proibisce l’oro? Or – vieto
Qual è la città più ghiotta? Lecco
Indovinelli – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche: La grammatica. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Verbi ausiliari
Il verbo avere andò pavoneggiandosi:
“Io ho, ho avuto ed ebbi e avrò
e nulla al mio confronto è il verbo essere…”
Questi tacque e più saldo in sè poggiò.
Quando saliron dell’Eterno al trono
“E’ il nome mio” disse il Signore “Io sono”. (L: Schwarz)
Le qualità
Verde verde, l’erba lungo il ruscello
folto folto, il salice nel giardino
liscia liscia, la canna del bambù
bianca bianca, la colomba sul davanzale
snella snella, la biscia sul prato
nera nera, la notte che viene
tutto tutto, ha la sua qualità.
Filastrocca corta e matta
Filastrocca corta corta,
il porto vuole sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice: “Mio figlio è il mulino;
la mela dice: “Mio nonno è il melone;
il matto vuole essere un mattone;
e sapete cosa vuole il più matto della terra?
Vuole fare la guerra. (G. Rodari)
(in costruzione)
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Recite per bambini – Grammatica in rima. Vengono presentati, in rima, nome, articolo, aggettivo, verbo, avverbio, pronome, congiunzione, preposizione, interiezione, per l’analisi grammaticale; proposizione, soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, per l’analisi logica. Il testo si presta ad essere drammatizzato, o anche possono essere usate come filastrocche le varie parti, per rendere più divertente l’approccio all’analisi grammaticale.
Nel teatrino illuminato, il sipario già s’è alzato.
Or vedrai venire fuori, sulla scena nove attori.
Del Discorso son le Parti, che mi piace di mostrarti.
Ecco il NOME, il buon curato, che battezza ogni neonato.
Gli è accanto un chirichetto, che l’ARTICOLO vien detto.
Gli si pone ora vicino l’AGGETTIVO, un arlecchino.
Entra un paggio vellutato, che PRONOME è nominato.
Ecco il VERBO, il gran regnante, del discorso il più importante.
Queste parti presentate, son VARIABILI chiamate.
Altre quatto ora verranno, e INVARIABILI saranno.
Entra prima quel donnone di comar PREPOSIZIONE.
Poi l’AVVERBIO, passo a passo, sempre uguale, grasso e basso. CONGIUNZIONE è una damina seria e niente chiacchierina.
Viene infin col suo bastone quella vecchia INTERIEZIONE.
Nove parti e non di più e il sipario scende giù.
“Bello, bello! Bene, bene!” gridan tutti a voci piene.
“Bravo, bravo! Per piacere, ce li fate rivedere?
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Il nome
Ogni cosa che vediamo, con un NOME la chiamiamo.
Le persone, gli animali, e le piante e i minerali.
Città, fiumi, monti, stati, son dai nomi nominati.
Molti nomi conosciamo, or tanti altri ne impariamo.
E nei lor significati, ti saranno ben spiegati.
Chè conoscere per bene, ogni cosa ti conviene.
E’ pertanto necessario, proprio un buon vocabolario.
Dove i nomi son segnati, con i lor significati.
Con la nascita si pone, NOME PROPRIO alle persone
e di nomi ne son tanti, quanti son le sante e i santi
Carlo, Marta, Anna, Maria, Pietro, Alberto, Ida, Lucia
le città e i monti e i mari, nomi propri son del pari
se tu guardi la cartina, già ne trovi una ventina
Roma, Napoli, Torino, Alpi, Tevere, Appennino
nome proprio è Italia mia, il più bello che ci sia!
Gabbia, uccello, sedia, pruni, questi NOMI son COMUNI
sono i nomi delle cose quasi sempre numerose
sono nomi di animali, fiori, piante, minerali
chè le cose, belle o brutte, certo un nome l’hanno tutte
ecco i nomi tra i più belli, mamma, babbo, zio, fratelli
sono brutti per davvero fame, guerra, cimitero
“Io fra i brutti” dice Lola “metto libro, studio, scuola
e tra i belli passeggiata, giochi, feste e cioccolata!”
Ora I GENERI ti canto, che son due e due soltanto
Uno è il genere maschile, l’altro è quello femminile
son maschili i nomi Gino, babbo, figlio, soldo, lino
femminili son Teresa, mamma, scuola, nonna, chiesa
faccio un gioco, dal maschile volgo i nomi al femminile
da cavallo, zio, padre, vien cavalla, zia e madre
e dall’oste vien l’ostessa, da dottore dottoressa
vien dal re la sua regina e dal gallo la gallina
ecco l’albero è maschile, ma il suo frutto è femminile
melo e pero se piantiamo, mela e pera poi mangiamo
ed il pesco dà la pesca vettutata buona e fresca.
Anche i NUMERI son due, come i corni d’un bel bue
il plurale e il singolare che dovrai ora imparare
ma se un poco stai attento, tu li impari in un momento
sono nomi al singolare in soldato, un libro, um mare
ma due libri, tre soldati, al plurale son passati
singolare sono orgoglio, ago, pesca, amico, foglio
al plurale fanno orgogli, aghi, pesche, amici, fogli
“Ecco qui” dice Giorgetto “singolare è un solo oggetto
se gli oggetti sono in più, il plurale spunta su!
Una pera, quattro pere, la bandiera, le bandiere
L’ho capito e con giudizio, ora faccio l’esercizio.
Pur essendo al singolare, qualche nome può indicare
molti oggetti, la riunione di animali o di persone
come popolo, pollaio, gregge, classe, formicaio
come folla, battaglione, schiera, esercito, legione
ora i nomi qui segnati, COLLETTIVI son chiamati
“Collettivi” dice Andrea “Son comizio ed assemblea
dove sono radunati furbi, sciocchi e sfaccendati”.
Bue, aratro, casa, abeti, questi nomi son CONCRETI
di materia son formati, son veduti, son toccati
é concreto il nome giglio, come stella, come figlio
se le cose le vedere, dite pur che son concrete
ma l’onore è nome ASTRATTO, di materia non è fatto
che esso esista ci si crede, ma con l’occhio non si vede
così pure la costanza non ha forma nè sostanza
nomi astratti son pietà, gloria, astuzia ed onestà
or distinguere saprete, cose astratte da concrete
Carlo, tu, sempre distratto, l’hai capito il nome astratto?
Dice Carlo un poco offeso “Credo sì di aver compreso
ciarle e sogni sono astratti e concreti sono i fatti
chè le chiacchiere col vento se ne vanno in un momento
solo i fatti, brutti o lieti, solo i fatti son concreti
sicchè dicono anche i matti ‘Meno chiacchiere e più fatti’ “
Vanno i nomi ora spiegati, PRIMITIVI e DERIVATI
ecco, prendo il nome ulivo, questo nome è primitivo
ma uliveto è derivato, dall’ulivo è generato
e da giorno vien giornale, e da tempo temporale
da campana campanile, e da cane vien canile
“L’ho capito, l’ho capito!” tutto allegro esclama Tito
“Primitivo rassomiglia proprio a un padre di famiglia
sono i figli derivati, che han del padre i connotati
ecco il nome legno io piglio, questo padre ha più di un figlio
ha legnaia ed ha legname, legnaiolo e falegname
questi quattro detivati son dal legno ricavati”
“Ma non va dimenticata” dice Carlo “la legnata!”
Per far crescere gli animali, come pure i vegetali
certo occorrono degli anni, se non giungono malanni
ora qui, col mio talento, cresceranno in un momento
siano cose che persone, con l’aggiunta sol di un ONE
non ci credi? Vieni qua, or la prova ti si dà
prendi un gatto, aggiungi un ONE, ed ottieni un bel gattone
e da un libro hai un librone e da zucca uno zuccone
ora alcuni sentirai che son falsi e riderai
da una botte hai un bottone, poi da un monte un bel montone
dice Giorgio, quel ghiottone, “Da una torre avrò un torrone?”
No, non piace il mio arrivo, perchè son DISPREGIATIVO
sì, mi piace disprezzare, ho il poter di peggiorare
vuoi sapere come faccio? ecco, aggiungo ai nomi un accio
quando l’ho così conciato, vien da tutti disprezzato
di una carta fo cartaccia, di una casa fo casaccia
ma non credo ti dispiaccia, se di foca fai focaccia
“Certamente non dispiace” dice Anna “anzi mi piace
ma vorrei che fosse vera la focaccia e bella intera
mentre questa qui segnata sol di chiacchiera è impastata
che volete che io ne faccia, d’una simile focaccia?”
Ecco un altro gran portento! Io ti posso in un momento
ogni cosa impicciolire, ogni oggetto ingentilire
non con l’ascia o lo scalpello, ma con ino, un etto, un ello
quando al gatto attacco un ino, lo riduco a un bel gattino
se al mio libro aggiungo un etto, io ne faccio un bel libretto
a campana metto un ello, e poi suono il campanello
ci son poi diminuitivi che son falsi, son cattivi
senti questi e non m’inganno, il tuo riso desteranno
ho una pulce aggiungo un ino, cosa ottengo? Un bel pulcino
E da un tacco? Un buon tacchino. E da un mulo? Hai un mulino.
“Matto” infine dice Nello “Matto è un nome pazzerello.
Se l’accresci con un one, hai che cosa? Un buon mattone.
Lo riduci con un ino e ne ottieni un bel mattino!”
_________________________
Gli articoli
Oh, gli ARTICOLI, le belle, operose particelle
quando ai nomi le premetti sono come i chirichetti
ed i nomi accompagnati meglio son determinati
Vuoi vederli? Eccoli qua: singolare il lo e la
ve ne sono poi altri tre, pel plurale: i, gli e le
scrivi qunque il professore, la fontana, lo scultore
e al plurale i professori, le fontane, gli scultori
ecco qua sei scolaretti pronti a fare i chirichetti
per poter un po’ giocare e gli articoli imparare
or cantate intorno a me: il, lo, la, i, gli, le.
La è articolo gentile, per il nome femminile
e non sbagliare non puoi mai, altro articolo non hai
che a tal genere conviene, perciò LA va sempre bene
metti LE poi al plurale, la cicala le cicale
per maschili hai IL e LO, ora di essi ti dirò
qual dovrai adoperare, senza tema di sbagliare
quando il nome ha l’iniziale ESSE impura o una vocale
o se ZETA ci vedrai, sempre LO tu metterai
per esempio lo zampino, l’orologio, lo stanzino
al plurale gli zampini, gli orologi, gli stanzini
se poi vedi l’iniziale consonante e non vocale
metti un IL bello e pulito, ed il nome è ben servito
così scrivi il canarino, il pavone ed il tacchino
al plurale i canarini, i pavoni ed i tacchini
se lo zero non dirai, certamente zero avrai
dice Andrea: “Voglio provare che li so adoperare
l’ortolano, lo studente, lo scolaro ed il serpente
poi lo zucchero e lo spillo, il leone e il coccodrillo
poi lo zio ed ho finito, vedi ben che l’ho capito”.
Altri articoli son questi, ma più semplici e modesti
UN ed UNO son maschili, UNA è sol pel femminile
tre soltanto, meno male, e neppure hanno il plurale
or li adopero: uno sciocco, una stella ed un balocco
“Un balocco!” esclama Puccio “Quale quale, un cavalluccio?
Uno schioppo? Un organino? Un pallone? Un bel teatrino?
Preferisco una trombetta e una bella bicicletta”
“Io vorrei, dice Giancarla “una bambola che parla”
L’aggettivo
L’AGGETTIVO è un arlecchino rosso, verde, blu, turchino
esso al nome sempre dà una qualche qualità
certo il nome non modifica, sol gli dona una qualifica
se ti dicono educato, sei così qualificato
babbo è serio ed operoso, bello è il giglio ed odoroso
quei monelli son cattivi, guarda un po’ quanti aggettivi
se per poco ti ci provi, Piero quanti tu ne trovi
del maestro quali sono gli aggettivi? Bravo, buono
della scuola di’ qualcosa, ora allegra ora noiosa.
L’aggettivo che qualifica, può subir qualche modifica
che di GRADO può passare come fosse un militare
primo grado è il positivo: buono, bello, aspro, cattivo
questi esprimon solamente qualità semplicemente
senza forme accrescitive e neppur diminuitive
dice Arturo: “Ecco aggettivi tra i migliori positivi
forte, svelto, laborioso, giusto, onesto, generoso”
“Ed aggiungo” dice Ornella “buona, brava, saggia e bella”.
Altro grado d’aggettivo detto è poi COMPARATIVO perchè fa comparazione sia tra cose che persone
primo è quel di MAGGIORANZA: sei più brava di Costanza
poi c’è quel di MINORANZA: sei meno altra di Speranza d’UGUAGLIANZA infin ti dico: sei alto tanto quanto Enrico
così buona come Gemma, tanto vispa quanto Emma
Se hai capito ora mi scrivi questi tre comparativi?
ed io scrivo: “Io sì, di Checco son più alto, son più secco
ma in compenso son di Rocco meno grullo e meno sciocco
poi son tanto birichino, quanto Mario e quanto Gino
così ho fatto maggioranza, minoranza ed uguaglianza”.
Or passiamo al grado altissimo, come dir generalissimo
ecco qui il SUPERLATIVO, che è assoluto e relativo l’ASSOLUTO è facilissimo, basta aggiunger solo un issimo
da una cara vien carissima, da una bella vien bellissima
l’altro poi superlativo, quello detto relativo
io lo formo in un baleno, premettendo il più o il meno
così dico il più curioso, il meno alto, il più noioso
dice Mimmo, un frugolino, della classe il più piccino
“Sulla sedia faccio un salto, e di tutti son più alto
ora tutti vi sorpasso e vi guardo d’alto in basso!”
Quanti grandi che tu vedi, han la sedia sotto i piedi.
POSSESSIVI, da possesso, son di corsa giunti adesso
stai attento, io te li mostro: mio tuo suo e nostro e vostro
poi c’è loro e niente più, su ripetili ora tu
tutti questi son maschili, ci son poi i femminili
e ciascuno, è naturale, è fornito di plurale
nello scritto che farai, tutti tu li segnerai
ma un esempio è ben ch’io dica, per ridurti la fatica
il mio libro, i miei strumenti, la mia zia, le mie parenti
la nostra arte, i nostri cuori, le nostre ansie, i vostri errori
poi c’è loro, ch’è invariabile, così dico il loro stabile
come dico i loro figli, le loro armi, i loro artigli.
Dice Luca assai mordace: “Possessivo, sì mi piace!
La mia casa che non ho, i tuoi campi non li so
i miei libri li ho prestati e nessun me li ha ridati
e così da possessivi, son passati donativi.
Salutiamo i nuovi arrivi, gli aggettivi INDICATIVI
Ora di essi io fo appello: questo c’è, codesto e quello
ci son pure stesso e tale, e medesimo, altro, quale
questa è cosa accanto a me, e codesta accanto a te
quella cosa in verità, da noi due lontana sta.
Ora giungono graditi gli aggettivi INDEFINITI
essi esprimono si sa, una incerta qualità
e per questo son chiamati altresì indeterminati
poco, tanto, altro, ciascuno, molto troppo ogni nessuno
qualche alcuno tutto alquanto, e parecchio ed altettanto
ce ne son degli altri ancora, ma fermiamoci per ora.
Nella scuola quanti siamo? Per saperlo ci contiamo
un due tre… sei sette otto…, diciassette poi diciotto
due alunni sono assenti, in totale siamo venti
ecco i numeri segnati, aggettivi son chiamati AGGETTIVI NUMERALI ed aggiungi CARDINALI.
Ordinato è il buon Lindoro, nelle cose e nel lavoro
un alunno sì ordinato, studia meglio ed è lodato
la sorella sua Simona, è il disordine in persona
e il disordine bel bello, passa pure al suo cervello
le famiglie e scuole e stati, voglion essere ordinati
or per l’ordine io prescrivo l’AGGETTIVO ORDINATIVO
Claudio è il primo della fila, tiene in mano lui la pila
il secondo è poi Pierino, Carlo il terzo, quarto Gino
Leo il quinto e poi Ernesto, se non sbaglio, è proprio sesto
ma chi è l’ultimo lo so, quel simpatico Totò
ora i bimbi qui chiamati, sono tutti già ordinati
ecco dunque gli aggettivi numerali ordinativi
scatta e dice ora Totò “Che son ultimo lo so
tu però nell’ordinare, puoi dall’ultimo iniziare
ecco allora in un momento, io primissimo divento”
______________________
La preposizione
Viene adesso quel donnone, di comar PREPOSIZIONE
è una brava mercantessa, invariabile pur essa
quando è semplice ci porta, regalucci nella sporta
sono nove parolin: di a da con su per in
fra e tra e nulla più, contentarsi è gran virtù
or vogliamo adoperare, i regali di comare
cuor di mamma, per la via, vien da casa, con la zia
in silenzio, ho da parlare, vado a letto a riposare
ma quest’A, stai ben attento, non ha l’ACCA nè l’accento.
Ma purtroppo quando ha voglia, la comare poi ci imbroglia
non per niente ho detto ch’essa, è una brava mercantessa
le sue piccole parole, han paura a stare sole
così spesso le trovate, agli articoli abbinate
di con la ci danno della, in e la producon nella
a con lo compongon allo, da con lo ci forma dallo
comprendete come questi, son dei veri e propri innesti
matrimoni belli e buoni, che ci dan preposizioni
quelle dette ARTICOLATE, che van tutte ben studiate.
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L’interiezione
Son la vecchia col bastone e mi chiamo INTERIEZIONE
io pel mondo giro e giro, or sorridi ed or sospiro
tra le gioie e il pianto io vivo, porto il punto esclamativo!
con un’ACCA sempre addosso grido, esclamo più che posso
oh che perdita! ah che gioia! ahi mi dolgo! uffa che noia!
deh mi salvi! ahimè mi pento! Ih che fetta! Ohibò che sento!
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La congiunzione
Ma chi batte al mio portone? Ecco vien la CONGIUNZIONE
favorisci, signorina, ti aspettavo stamattina
entra, mettiti a sedere, cosa porti, fai vedere
già, tu porti quegli anelli, per congiunger questi con quelli
son carini, belli assai, signorina me ne dai?
t’assicuro, non abuso, piglio quelli più nell’uso
scelgo un’ E, poi scelgo un O, un eppure ed un perciò
prendo un quindi ed un perchè, ed infine un dunque e un che
grazie grazie, starò attento, che quest’E non porta accento
e che un O se congiunzione, non ha l’ACCA sul groppone
ora un’E mettiamo in prova: pane e burro, frutta e uova
oh che buona colazione, per la bella congiunzione.
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Il pronome
Se il maestro è un giorno assente, vi fa scuola il buon supplente
nel discorso pure il nome, ha il supplente ed è il PRONOME
quando il nome scomparisce, il pronome lo supplisce
e si dice che il pronome, fa le veci ognor del nome
come un paggio, in tutte l’ore, è al servizio del signore
ore del nome, state attenti, vi dirò tutti i supplenti
vi dirò tutti i pronomi, che le veci fan dei nomi.
I PRONOMI PERSONALI certo sono i principali
hanno infatti la missione di supplire le persone
essi vengono studiati in tre gruppi separati
son divisi in tre persone per non fare confusione
son di prima l’io e il noi, di seconda il tu e il voi
son di terza gli e coloro, lui e lei, ed essi e loro
e si aggiungono altresì lo, la, le e gli li
che pronomi sono anch’essi, quando a un verbo sono premessi
per esempio io lo richiamo, tu le scrivi, noi gli diamo.
Ci son certe PARTICELLE che ci paiono gemelle
piccoline, quasi uguali, dette son PRONOMINALI
te le mosto, eccole qui, sono mi ti si ci vi
e poi me te se ce ve, con l’aggiunta pur di un ne
or le adopero: mi piace, ti saluto, mi dispiace
vieni a me, io corro a te, tu ne parli, pensa a sè.
Or vedete qui riuniti i PRONOMI INDEFINITI
hanno questi la missione d’indicar cose e persone
in maniera imprecisata, vaga ed indeterminata
essi sono: altri ciascuno, niente chiunque qualcheduno
chicchessia e nulla e tanto, e nessuno e tutti e alquanto
bada, veh, che son pronomi, se non hanno accanto i nomi
altrimenti tu li scrivi, come sai , tra gli aggettivi
“Il pronome” dice Arturo, ” è un supplente un poco oscuro
par che faccia il doppio gioco, che agli onesti piace poco
ci vorrebbe un distintivo, pel pronome e l’aggettivo.
Senti un po’, senti una cosa, veramente assai curiosa
tu ricordi gli aggettivi, quelli detti INDICATIVI?
essi possono mutare, e PRONOMI diventare
a spiegarlo si fa presto, ecco qua prendiamo questo
se c’è un nome a lui vicino, per esempio questo tino
questo allora è un aggettivo, propriamente indicativo
Ma se dico solamente “questo è cotto” e poi più niente
senza dir che cosa è cotto, se l’arrosto o se il risotto
questo allora tu lo scrivi, tra i pronomi indicativi
perchè qui fa da supplente, ad un qualche nome assente
altri esempi vorrei quelli, questa è buona, quei son belli
anche ciò va poi aggiunto, e con ciò io faccio il punto.
Dei pronomi pel finale, or presento che e il quale
posso aggiungere altresì, anche cui ed anche chi
questi quattro ultimi arrivi, sono detti RELATIVI
che pronome sempre vale, come se dicessi il quale
negli esempi qui segnati, or li vedi adoperati
questo è un libro che diletta, c’è lo zio il quale aspetta
dico solo a chi è segreto, la ragion per cui son lieto
attenzione poi perchè, questo chi e quale e che
tu li puoi adoperare, quando devi interrogare
ecco allor da relativi, passan a INTERROGATIVI
per esempio: che succede? Quale scegli? Chi mi vede?
E così, Dio sia lodato, il pronome è terminato.
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Il verbo
Le bandiere tutte al vento per il grande avvenimento
viene il VERBO quel regnante nel discorso il più importante
a regione va superbo, è un monarca il grande verbo
cos’è il verbo? E’ un’azione sia di cose o di persone
per esempio io posso amare, posso scrivere e giocare
e tu puoi sentire e bere, puoi studiare, poui cadere
e la rosa può fiorire, può odorare, può appassire
queste azioni che ho segnate tutte verbi son chiamate
altri verbi vorrei dire, ma ho gran voglia di finire.
Guarda un verbo può finire solo in are ere o ire
son le tre terminazioni dette tre coniugazioni
è la prima quella in are, come andare, stare, entrare
la seconda è quella in ere, come credere e vedere
poi la terza è quella in ire, come offrire uscire e dire.
Pur nel verbo puoi notare il plurale e il singolare
quando è fatta qualche azione da più cose o più persone
certo allora è naturale che quel verbo sia plurale
per esempio gli astri brillano, noi cantiamo, i bimbi strillano
ma se invece è sola sola, quel che canta, brilla, vola
una ed una solamente, quel che sboccia, strilla, sente
ecco allor non puoi sbagliare, cono verbi al singolare
perchè il verbo, insomma è detto, che si accorda col soggetto.
Giunto è il tempo di imparare tutti i verbi a coniugare
prima l’essere e l’avere a puntin dovrai sapere
quindi i verbi regolari, e poi quelli irregolari
un po’ strano questo verbo, è davvero un re superbo
or si mostra transitivo, or lo vedi intransitivo
or lo trovi regolare, ora invece è irregolare
ora è attivo, ora è passivo, spesso spesso è riflessivo
e talvolta è impersonale, che regnante originale
ed aggiungo che ha tre trono per le tre coniugazioni
cinque modi ha per mangiare, molti tempi per ballare
tre persone per suonare e due numeri a cantare
tutta questa gran famiglia il cervello mi scompiglia.
Che vuol dire transitare? Transitar vuol dir passare
ci son verbi transitivi, ci son verbi intransitivi
riconoscerli dobbiamo, e dai primi cominciamo
transitivo un vetro pare, che la luce fa passare
fa passare ogni azione, quelle tristi e quelle buone
e l’azione dal soggetto, passa al complemento oggetto
transitivi son mangiare, bere, cogliere, aspettare
bevo l’acqua, mangio un panino, colgo un giore, aspetto Gino
qui la cosa è un po’ curiosa, se domando chi? Che cosa?
e risposta mi darà, transitivo allor sarà
oh, che modo sbrigativo, per trovare il transitivo.
Meglio il verbo INTRANSITIVO, ciò che fa, buono o cattivo
sol per lui se lo mantiene, di passarlo se ne astiene
non è vetro, nè cristallo, ma una lastra di metallo
che non fa giammai passare, ogni luce che vi appare
senza il complemento oggetto, qui l’azione resta al soggetto
sono verbi intransitivi essi andarono, tu arrivi
io cammino, noi entriamo, ci fermiamo e riposiamo.
Ecco il verbo ha forma attiva, e può aver forma passiva
per spiegarlo stamattina, entro un po’ nella cucina
mamma cuoce un buon cappone, chi la fa la bella azione?
la fa mamma, che è il soggetto, la riceve poveretto
quel cappone non più vivo. Ecco cuoce è un verbo attivo.
Ma se dico, un po’ mutato, il cappone è cucinato
qui il soggetto è quel cappone, che riceve lui l’azione
ed il verbo è cucinato, in passivo s’è mutato.
All’attivo ed al passivo segue il verbo riflessivo
questo verbo è un po’ burlone: il soggetto fa l’azione
ed il verbo per diletto, la riflette sul soggetto
e l’azione, in verità, così torna a chi la fa
riflessivi sono coprirsi, annoiarsi, divertirsi
nota bene, i verbi qui, voglion mi, ti, ci, vi, si
l’ausiliare poi deve essere, sempre sempre sempre l’essere
per esempio io mi diverto, ti sei alzato, si è coperto
noi ci amiamo, voi vi alzate, esse si erano stancate
ecco prendo uno specchietto, contro il sole poi lo metto
lo specchietto cosa fa? lo riflette or qua or là
guarda il sol come riluce, dove il gioco lo conduce
spesso il verbo è uno specchietto, che riflette sul soggetto.
Allegria! Ora si pranza, ogni MODO una pietanza
cinque i modi e cinque piatti, ben sarete soddisfatti
se con calma mangerete, meglio i modi gusterete
primo piatto INDICATIVO, segue poi l’IMPERATIVO
è pesante il primo, è vero, ma il secondo è assai leggero CONGIUNTIVO è una portata, un po’ dura un po’ salata
ma è seguita, meno male, da quel buon CONDIZIONALE
e poi ecco l’INFINITO, che è quel dolce ben guarnito
con GERUNDIO al cioccolato, PARTICIPIO zuccherato
così il pranzo è terminato, ed i modi tu hai imparato.
Or del verbo senti quali, sono i modi principali
quando dico “Mangio adesso”, il presente viene espresso
ma se dico io ho mangiato, questo è un tempo già passato
per futuro poi dirò, che domani mangerò.
Ora spiego e metto a posto, tempo semplice e composto
quando è semplice ha una sola, voce, unica parola
come: andavo, leggerò, studierebbe, lavorò
questi tempi ora li detto: il presente e l’imperfetto
il futuro e quel passato, che remoto è nominato
pei composti è necessario, che intervenga l’ausiliario
due parole allora avrai, e un composto formerai
per esempio sono uscito, ero entrato, avrei gradito
ai composti van segnati, e passati e i trapassati.
Ecco in essere e in avere, gli ausiliari puoi vedere
essi debbono aiutare, gli altri verbi a coniugare
questo ausilio è a loro imposto, quando un tempo vien composto
qualche verbo ora ti dico, che dell’essere è un amico
stare andare entrare uscire, cader scendere salire
così scrivi essere andato, ero sceso, sarei stato
altri verbi invece e tanti, sempre avere hanno davanti
dici quindi io ho bevuto, hai pranzato, avrà creduto
aver detto, avere udito, hanno scritto, avrei capito.
Claudio s’alza, fa un inchino, e poi dice pian pianino
“L’uno e l’altro non dispiace, ma più l’essere mi piace
sol per l’essere qui sono, e son vivo e sono buono
scherzo sì ma in verità, chiudo in cuor tanta bontà
or credete son fanciullo, gioco rido mi trastullo
ma nell’anima io sento, un profondo sentimento
per le cose vere e belle, per i fiori per le stelle
per la mamma che consola, per gli amici per la scuola”.
Dell’avere ora ci parla, quella birba di Giancarla
e Giancarla, con bell’arte, così recita la parte
“Dell’avere che dirò? Le ricchezze io no, non ho
non ho gemme perle ed ori, ma posseggo altri tesori
altri beni ancor più rari, ho l’affetto dei miei cari
ho la buona mia mammina, come un angelo vicina
chi mi cura e che mi guida, che mi loda che mi sgrida
poi un un cuor che non oscilla, ho una mente che scintilla
ho una grande volontà, che un bel giorno fiorirà.”
Ecco qui le tre persone, che del verbo fan l’azione
tante sono proprio come, le persone del pronome
con cui vivono a braccetto, nell’accordo più perfetto
e la prima vuoi trovarla? E’ colei la quale parla
son di prima: io dico io chiamo noi verremo noi scriviamo
la seconda per trovarla, guarda a quello a cui si parla
di seconda son voi siete tu comprendi voi saprete
e la terza puoi trovarla, in colei di cui si parla
son di terza egli obbedì essi vanno il babbo uscì
negli esempi son ben chiari, i plurali e i singolari.
Questo verbo impersonale, proprio agli altri non è uguale
è un gran povero padrone, se gli mancan due persone
e lo puoi sol coniugare con la terza singolare
questi verbi son tuonare, grandinare, nevicare
e poi piovere albeggiare e fioccare e balenare
così dici pioverà, albeggiava, fioccherà
ed aggiungi pur tuonò grandinava nevicò
questi verbi poverelli, a me sembrano pur belli
non ci trovi confusione, quell’imbroglio di persone
così semplici e modesti, non son mai troppo molesti
mentre invece ogni altro verbo, mette innanzi l’io superbo
l’io gerarca l’io borioso, sempre l’io più pretenzioso
verbi verbi, per pietà, un pochino d’umiltà
e cercate essere uguali, ai colleghi impersonali.
___________________________
L’avverbio
Or l’AVVERBIO viene a te, invariabile com’è
lui s’avanza passo a passo, sempre uguale grasso e basso
salutiamo, giù il cappello, salve a te, sei sempre quello
volentieri si saluta, chi non cambia, chi non muta
stai attento questi avvervi, or modificano i verbi
ora invece gli aggettivi per esempio poco scrivi
sempre bello, non mi sente, scrivi troppo lentamente
non so dirti proprio quanti, ma di avverbi ne son tanti
son però ben ordinati, nelle specie separati
ecco qui le principali, con gli avverbi più usuali
son di tempo poi adesso, ora e sempre quando e spesso
son di luogo dove e qua, sopra e sotto dentro e là
quantità sono più e tanto, poco assai e molto e quanto
certo e sì di affermazione, mai non nè di negazione
son di modo dolcemente, così come lentamente
poi di dubbio forse e ma, basta basta per pietà
tutti gli altri se vorrò, nel mio libro troverò.
___________________________
Analisi logica
Le proposizioni
Guarda il ciel, lo vedo scuro, dico allora il cielo è oscuro
vedo mamma che sorride, dico allor la mamma ride
queste semplici espressioni, sono due PROPOSIZIONI
che son poi dei pensierini, assai facili e piccini
mamma e ciel di cui parliamo, qui SOGGETTI li chiamiano
ride è oscuro son chiamati, propriamente PREDICATI
ecco il babbo lavorava, la farfalla svolazzava
i bambini sono buoni, sono tre proposizioni
che son semplici chiamate, perchè solo son formate
dal soggetto e il predicato, come bene avrai notato.
Se un pochino state attenti, io vi spiego i complementi
son gli amici più fidati, di soggetti e predicati
sono i buoni messaggeri, che completano i pensieri
ecco il COMPLEMENTO OGGETTO, che chiamato è pur diretto
chi? Che cosa? chiederai, se conoscerlo vorrai
noi amiamo (chi?) il nonnino, Lea comprò (cosa?) un gattino
io ascolto la maestra, tu chiudesti la finestra
ecco qui ben chiari e netti, quattro complementi oggetti
che son poi tra tutti quanti, certamente i più importanti
tutti gli altri complementi, hanno nomi differenti
per adesso li riuniamo, e indiretti li chiamiamo
or qualcuno ve ne dico, Gianni scrive oggi all’amico
Nina torna dalla scuola, sento un buon odor di viola.
(Autore ignoto)
Recite per bambini – Grammatica in rima. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche: difficoltà ortografiche per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste: ca cu co, che chi, ci ce, cqu, gl, gn, mp mb, qui quo qua que, sc, ha a, c’è c’era, consonanti doppie, apostrofo, accento, divisione in sillabe, segni di interpunzione.
CA CU CO
Cuoco cuoco, cuoci un poco
nel tuo forno grande e fondo
la focaccia dall’odore
che rallegra il nostro cuore.
Scuote mamma i panni al sole
spuntan già le prime viole
Batte il cuoio il ciabattino
nel suo buio sgabuzzino
Zappa il babbo la sua aiuola
mentre il bimbo corre a scuola.
Chi e Che
Tre vecchiette stanche
su tre panchine bianche.
Tre tacchini neri
con tre becchi fieri.
Tre pesche per tre bambini
tre lische per tre gattini.
Che chi, ce ci
La Checca aveva un gallo
rosso verde e giallo
che allo spuntar del dì
facea Chicchirichì.
La Cecca sua sorella
aveva un bel fringuello
che allo spuntar del dì
facea cicciricì.
Un dì era freddo atroce, e l’acca senza voce
rifugio domandò al ca, al cu, al co
tutti risposero. NO.
Pietosa una vocina, allora di sentì
vieni da noi piccina, vieni tra il ce e il ci
rispose l’acca. SI’.
Cade cheta
come stanca
l’aria chiara
che su cose
case e chiese
batte e canta.
Nella cesta
sta l’arancia
le ciliegie
nella pancia
se sei un ciuco
tiri calci
se sei un sorcio
stai nel cacio
se sei un bimbo
mandi un bacio.
CI e CE
Ci e Ce erano amici: a Ci piaceva Ce
a Ce piaceva Ci. Erano due piccoli
cinesini di marzapane, alti così
tanto ma tanto carini
“Sei dolce Ci” diceva Ce
“Sei dolce Ce” diceva Ci.
Passavano i giorni a darsi bacetti
erano esposti nella vetrina
della più bella pasticceria
della citta di Cincillà.
Diceva la gente passando di là:
“Si amano proprio alla follia
quei due graziosi pupazzetti
poco più alti di due confetti”.
Venne il giorno che si sposarono
il piccolo Ci e la piccola Ce.
Da quel giorno oltre che amici
furono anche sposi felici
Se accanto a me si trova l’E
o giù di lì capita l’I
ho il suono dolce, leggi con me
CI CE, CI CE
ma se vien qua madama A
o il signor O con tanti ohibò
che insieme ad U sbuffa di più
allora il suono si fa più duro
come in CANGURO
sentilo qua: CU CO CA
ripeti su: CA CO CU
ancora un po’: CA CU CO
Cade cheta come stanca l’acqua chiara
che su cose case e chiese batta e canta
nella cesta sta l’arancia
le ciliegie nella pancia
se sei un ciuco tiri calci
se sei un sorcio stai nel cacio
se sei un bimbo mandi un bacio.
Lucciola, lucciola, vieni da me
ti darò un pan da re
ti darò un pan da regina.
Lucciola lucciola lucciolina.
Cincirinella aveva un bel gallo
tutto il giorno ci andava a cavallo
ricco di briglia, di sproni, di sella,
evviva il gallo di Cincirinella!
cqu
Piove piove
l’acqua vien giù.
Bel bello
mi riparo
con l’ombrello.
Ma quant’acqua
viene giù
è già piena
la c e la q.
GL
Passa il vento, muore la foglia
zio Guglielmo fa la sfoglia
a pezzetti poi la taglia
zia Teresa lavora a maglia
frigge la sogliola nella teglia
il bambino ecco si sveglia
apre la bocca poi sbadiglia
con il sonno fra le ciglia
dice la mamma: “Figlio mio,
se sbadigli, sbadiglio anch’io”.
Fogliolina di trifoglio
io cerco l’erba voglio.
Erba voglio qui non c’è
ne pei bimbi, ne pei re.
Figlio mio, metti la maglia:
se non la metti la piglia il coniglio.
Il coniglio la indosserà
e mio figlio si raffredderà.
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Metodo Montessori: metodologia di insegnamento, dal capitolo IV – Il metodo Montessori. Considerato il fatto che, grazie al clima di libertà nel quale sono immersi a scuola, i bambini possono manifestare le loro tendenze naturali, e che a tal fine abbiamo preparato l’ambiente ed i materiali (gli oggetti con cui il bambino lavora), l’insegnante non deve limitare la sua azione all’osservazione, ma deve continuare a sperimentare.
In questo metodo la lezione corrisponde ad un esperimento continuo.
Nei primi giorni di scuola l’insegnante non può dare lezioni collettive. Tali lezioni saranno comunque sempre molto rare anche in seguito, dal momento che i bambini non sono liberi nel loro apprendere se hanno l’obbligo di rimanere al loro posto tranquilli e pronti ad ascoltare l’insegnante, e di vedere cosa sta facendo. Le lezioni collettive sono di importanza molto secondaria, e sono state quasi del tutto abolite nelle scuole Montessori.
CARATTERISTICHE DELLE LEZIONI INDIVIDUALI: Concisione, semplicità ed oggettività.
La lezione, quindi, è individuale, e la brevità deve essere una delle sue principali caratteristiche. Più saremo stati capaci di eliminare da essa tutte le parole inutili, più perfetta sarà la lezione. E nel preparare le lezioni l’insegnante deve prestare particolare attenzione a questo punto, e contare e pesare il valore delle parole che sta per utilizzare col bambino.
Un’altra qualità caratteristica della lezione è la sua semplicità. Essa deve essere spogliata di tutto ciò che non è verità assoluta: le parole dovrebbero essere attentamente scelte ed essere le più semplici che è possibile trovare, e naturalmente devono fare riferimento alla verità.
La terza qualità della lezione è la sua oggettività. La lezione deve essere presentata in modo tale che la personalità dell’insegnante deve scomparire. Deve rimanere in piena evidenza solo l’oggetto a cui si vuole richiamare l’attenzione del bambino. Questa lezione, breve e semplice, deve essere considerata dall’insegnante come una spiegazione dell’oggetto e dell’uso che il bambino può fare di esso.
Durante la lezione, la guida fondamentale deve essere il metodo di osservazione, metodo che include la piena comprensione della libertà del bambino. L’insegnante deve osservare se il bambino si interessa all’oggetto, come è questo interesse, per quanto tempo si protrae, ecc.., anche notando l’espressione del suo viso.
Ma deve sempre fare molta attenzione a non offendere il principio di libertà.
Infatti, se si porta il bambino a compiere uno sforzo innaturale, tale situazione impedirà l’osservazione scientifica dell’attività spontanea del bambino.
Se dunque la lezione, per quanto preparata secondo le regole di semplicità, brevità e verità non è compresa dal bambino, cioè non è da lui accettata come una spiegazione dell’oggetto, il maestro dovrà:
– in primo luogo, non insistere ripetendo la lezione;
– in secondo luogo, non fare sentire il bambino come se avesse commesso un errore, o come se non fosse capace di comprendere, perché così facendo lo spingerebbe a fare uno sforzo per capire, e quindi a modificare quello stato naturale che dovrebbe essere l’oggetto dell’osservazione psicologica del maestro.
Un piccolo esempio può illustrare meglio questo punto
Supponiamo che l’insegnante voglia insegnare ad un bambino i due colori rosso e blu, e che quindi voglia attirare l’attenzione del bambino verso tale oggetto. Dice, dunque: -Guarda questo-. Poi, mostrandogli il rosso: -Questo è il rosso.-, alzando leggermente il tono di voce e pronunciando la parola “rosso” lentamente e chiaramente. Poi mostrerà il secondo colore dicendo: -Questo è il blu-. Infine, per assicurarsi che il bambino abbia capito, gli dice: -Dammi il rosso…- , -Dammi il blu…-. Supponiamo che il bambino in questa ultima fase della lezione faccia un errore. L’insegnante non ripete e non insiste, sorride, dà al bambino una carezza amichevole e porta via i colori.
Gli insegnanti di solito sono molto sorpresi da tanta semplicità. Spesso dicono: “Ma tutti sanno fare una lezione così!” E in effetti è un po come l’uovo di Colombo… ma la verità è che non è affatto vero che tutti sanno come fare le cose in modo semplice, che tutti siano in grado di creare una lezione con tanta semplicità.
Misurare la propria attività, rendere il proprio insegnamento conforme ai principi di chiarezza, brevità e verità, è nella pratica una questione molto difficile.
Spesso, senza renderci conto, investiamo i bambini con parole inutili e addirittura false. Poniamo l’esempio di un insegnante che sceglie di utilizzare il metodo della lezione collettiva, e che inizia la sua lezione in questo modo per presentare i colori rosso e blu: -Bambini, riuscite a indovinare quello che ho in mano?-. Questo insegnante naturalmente sa bene che i bambini non possono indovinare, e quindi attira la loro attenzione per mezzo di una menzogna. Poi dice: -Guardare il cielo… Guardate il mio grembiule… Sapete di che colore è? Non vi sembra dello stesso colore del cielo? Molto bene allora, guardare questo colore che ho in mano. E’ dello stesso colore del cielo e del mio grembiule. E’ blu. Ora guardatevi intorno e vedete se è possibile trovare qualcosa di blu anche nella nostra stanza… E sapete di che colore sono le ciliegie? E la brace nel camino?-. Ecc…
Ora, nella mente del bambino, dopo aver fatto lo sforzo inutile di cercare di indovinare l’oggetto nelle mani dell’insegnante, dopo che intorno a tale oggetto è ruotata una confusione di idee varie (il cielo, il grembiule, le ciliegie, ecc…), sarà difficile estrarre da tutta questa confusione il riconoscimento dei due colori blu e rosso. Tale lavoro di selezione è quasi impossibile per la mente di un bambino che non è ancora in grado di seguire un lungo discorso.
Ricordo di essere stata presente ad una lezione di aritmetica, dove ai bambini veniva insegnato che due e tre fanno cinque. A tal fine, l’insegnante aveva fatto uso di perline colorate. Aveva preparato due perline sulla riga superiore, poi su una linea inferiore tre perline, e infine ancora più in basso cinque perline. Non ricordo molto chiaramente lo sviluppo di questa lezione, ma ricordo che l’insegnante aveva ritenuto necessario porre accanto alla fila di due perline una piccola ballerina di cartone con una gonna blu, che aveva battezzato col nome di uno dei bambini della classe, dicendo: -Questa è Mariettina-. E poi, accanto alle altre tre perle una ballerina vestita di un colore diverso, “Gigina”. Non so esattamente come l’insegnante sia poi arrivata alla dimostrazione della somma, ma di certo ha parlato a lungo con questi piccoli danzatori, spostandoli su, giù, ecc… Se ora io ricordo i ballerini più chiaramente del processo di aritmetica, come deve essere stato con i bambini? Se da un tale metodo sono stati in grado di apprendere che due più tre fa cinque, devono aver fatto un enorme sforzo mentale!
In un’altra lezione un’insegnante voleva dimostrare ai bambini la differenza tra rumore e suono. Ha iniziato raccontando una lunga storia. Poi, all’improvviso, qualcuno in combutta con lei ha bussato rumorosamente alla porta. L’insegnante si è fermata e si è messa a gridare: -Che cosa è successo! Che problema! Bambini, sapete cosa ha fatto questa persona alla porta? Non posso più andare avanti con la mia storia, non la ricordo più. Dovrò lasciarla incompiuta. Sapete cosa è successo? Avete sentito? Avete capito? Quello era un rumore, un rumore. Oh! Avrei preferito giocare con questo piccolo bambino ( riprendendo un mandolino che aveva vestito in una copertina). Sì, caro bambino, avrei proprio preferito giocare con te. Vedete questo bambino che ho in mano fra le mie braccia?- Diversi bambini hanno risposto: -Non è un bambino-. Altri dicevano: -E’ un mandolino-. Ma l’insegnante ha continuato: -”No, no, è un bambino. Volete che ve lo dimostri? Mi sembra che il bambino stia piangendo. O, forse sta parlando, forse sta per dire papà o mamma.- Quindi ha messo la mano sotto la coperta e ha toccato le corde del mandolino. -Ecco! Avete sentito il bambino piangere? Avete sentito bussare alla porta? -Poi ha scoperto il mandolino e ha cominciato a suonarlo dicendo: -Questo è il suono-.
Supporre che il bambino da una lezione come questa possa arrivare a capire la differenza tra rumore e suono, è ridicolo.
Il bambino avrà probabilmente l’impressione che o la maestra ha voluto giocare uno scherzo alla classe, oppure che è una persona un po’ matta, perché ha perso il filo del suo discorso quando interrotta dal rumore, e perché ha scambiato un mandolino per un bambino.
Certamente, è la figura della maestra che si è impressa nella mente del bambino attraverso una tale lezione, e non l’oggetto della lezione stessa.
Questi esempi dimostrano che per un maestro preparato secondo i metodi tradizionali, è molto difficile arrivare a tenere lezioni semplici.
Ricordo che, dopo aver spiegato il materiale in modo dettagliato, ho chiamato uno dei miei maestri per insegnare, per mezzo degli incastri geometrici, la differenza tra un quadrato e un triangolo. Il compito del docente era semplicemente quello di inserire un quadrato e un triangolo di legno negli spazi vuoti fatti per riceverli, e mostrare al bambino come seguire con il dito i contorni dei pezzi di legno e delle cornici in cui si inseriscono, dicendo: -Questo è un quadrato… questo è un triangolo-.
L’insegnante che avevo chiamato ha iniziato facendo toccare al bambino il quadrato e dicendo: -Questa è una linea, questa un’altra…, un’altra…, e un’altra. Vi sono quattro linee. Contale con l’indice e dimmi quante sono. E gli angoli, conta gli angoli, sentili col tuo indice. Vedi, ci sono anche quattro angoli. Guarda bene questo pezzo. Si tratta di un quadrato. ”
Ho corretto l’insegnante, dicendogli che in questo modo non stava insegnando al bambino a riconoscere una forma, ma gli stava dando un’idea di lati, di angoli, di numero, e che questa era una cosa molto diversa da quella che doveva insegnare al bambino attraverso questa lezione. Non è la stessa cosa.
E’ infatti possibile per il bambino avere un’idea della forma del quadrato senza saper contare fino a quattro. I lati e gli angoli sono astrazioni che di per sé non esistono; ciò che esiste è questo pezzo di legno di una determinata forma. Le spiegazioni elaborate del maestro non solo confondono la mente del bambino, ma creano ancora maggior distanza tra il concreto e l’astratto, tra la forma di un oggetto e la matematica.
Non crediamo che il bambino sia troppo immaturo per apprezzare la forma nella sua semplicità; non è affatto uno sforzo per lui guardare una finestra quadrata o una tavola, o riconoscere le forme negli oggetti nella sua vita quotidiana. Per richiamare la sua attenzione su una determinata forma basta tenere presente che il bambino ha già ricevuto un’impressione di quella forma nel suo quotidiano, ed ora si tratta soltanto di fissarne l’idea. E’ come se, mentre stiamo guardando distrattamente la riva di un lago, un artista improvvisamente ci dice: -Com’è bella la curva che prende la costa, là, sotto l’ombra di quella rupe.-
Ed a queste parole, ciò che stavamo guardando distrattamente, si imprime nella nostra mente come se fosse stata illuminata da un improvviso raggio di sole, e noi sperimentiamo la gioia di questa consapevolezza. Il nostro dovere nei confronti del bambino è proprio questo: gettare raggi di luce sul suo cammino.
Per quanto riguarda la psicologia infantile, c’è ancor oggi una grandissima quantità di pregiudizi che allontanano da una conoscenza reale dell’argomento. Abbiamo, fino ad oggi, voluto dominare il bambino con la forza, con l’imposizione di leggi esterne.
E così i bambini hanno vissuto accanto a noi senza che noi potessimo conoscerli. Ma se riusciamo ad eliminare totalmente l’artificialità nella quale li abbiamo avvolti, e la violenza attraverso cui abbiamo scioccamente pensato di educarli, allora essi ci riveleranno tutta la verità della natura infantile.
Poesie e filastrocche PAESE QUARTIERE CITTA’ – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Dalla mia finestra
M’affaccio alla finestra,
e vedo un mondo intero.
C’è una casetta bianca
e c’è un camino nero…
C’è un pezzetto di prato
e un alberello verde,
c’è, in alto, in alto, il cielo
e l’occhio ci si perde;
vi passano le nuvole,
la luna, il sol, le stelle…
nel mio piccolo mondo,
oh, quante cose belle! (L. Schwarz)
Il mercato
Quanta gente c’è al mercato
c’è chi va per curiosare,
ma finisce per comprare.
C’è chi invece ha il tornaconto
d’ottenere un po’ di sconto
e combina pure lui
un acquisto non previsto.
Al mercato puoi trovare:
camiciole, pentolini,
scarpe, fiori, calzettini,
melanzane, cipolline
e insalate riccioline…
Quanti suoni, che colori!
Che gazzarra mamma mia;
ho la testa frastornata,
io ritorno a casa mia.
(Elpidio)
Paese
Tre case di mattoni;
una chiesa per le orazioni;
una torre con due campane,
un forno per il pane;
la gallina che canta l’uovo
una scuola col tetto nuovo;
un vasetto con un fiore,
un giardino per chi vuole…
è un paese, ve l’ho detto,
che starebbe in un fazzoletto. ( R. Pezzani )
Villaggio di montagna
Sulla cima d’un monte verde
c’è un villaggio di poche case
che dipinto sembra nel cielo.
E’ un paese sospeso in aria
or si vede, or non si vede:
tra le nuvole si disperde.
Ma la sera, che luminaria!
C’è la luna che si dondola
sulla punta del campanile
ed è là: sembra una gondola,
a far lume a quel villaggio (G. Noventa)
Paesino
Paesino chiomato di vento,
fra i castagni che fan girotondo,
gaio squittire, l’estate, ti sento
col bel cuore pulito e giocondo.
La chiesina sul fianco ti sta
con tre campane rotonde e piccine
che han la dolcezza della bontà,
dentro le gole turchine, turchine. (I. Dell’Era)
Notte in paese
Sul paesino bianco bianco
scende la notte scura scura;
ma il cuor piccino non ha paura,
anzi è preso da un dolce incanto.
Cosa c’è che lenta si leva
per il cielo vasto e d’oro?
C’è una luna di rosa e d’oro,
che sembra un fiore di primavera.
Cosa c’è nell’aria quieta,
come un pianto grave e soave?
C’è la campana che prega l’Ave
e accarezza ogni pena segreta.
Che cos’ha per compagnia
la piazzetta solitaria?
Ha la fontana che sempre varia
la sua canzone di fantasia. (D. Valeri)
Paese
Tu, per me, sei tanto bello
paesello di campagna
stretto attorno al campanile:
hai due file di cipressi
tre campane
vive come melegrane,
tante azzurre campanelle
e di notte mille stelle.
Verso sera sul sagrato
porti bimbi in girotondo,
sei piccino,
ma per me sei come il mondo.
Sei piccino:
basta un lampo
perchè il campo tremi d’oro;
basta un soffio di levante
perchè il pioppo tocchi il moro.
Così bello, così bianco
non mi stanco di guardarti,
mi vien voglia di baciarti,
paesello,
paesello! (L. Davanzo)
Rio Bo
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde ponticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, è vero,
paese da nulla… ma però…
c’è sempre sopra una stella,
una grande, magnifica stella,
che a un dipresso…
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata!
Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città. (A. Palazzeschi)
Alba in un paese di montagna
Rintocchi assonnati
dell’Ave Maria
nell’aria pungente.
Attorno
l’antico silenzio
e odore di pane
appena sfornato.
Seduto sul muro
del piccol sagrato
un candido vecchio
immerso nel ciel mattinale
attende paziente
che suoni la messa. (C. Gaioni)
Villaggio cinese
Tre capannucce formano
l’estatico villaggio;
s’incrocian tre straducole
sul ponticel di faggio;
si cela lo scoiattolo
ch’ode un bambu frusciar,
ruba oro e incenso agli alberi
l’onda e li reca al mar. (Yu – Tsuen)
Paese
Noi percorremmo tutto il paese nell’ora
che tornano gli asini col carico di legna
dalle cime profumate della Serra.
Raspavano le orecchie pelose contro le grezze
muraglie delle case, e tinniva, attaccata al collo,
la campanella della capretta che il vecchio
trascina al buio come un cane. Qualcuno
ci disse buona notte seduto davanti alla porta.
Le strade sono così strette e gli arredi
stanno così addossati alle soglie che noi
sentimmo friggere, al nascere della luna,
i peperoni calati nell’olio. (L. Sinisgalli)
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
L’uso delle schede secondo il metodo globale e della scuola attiva: schede di ricerca, schede di esercizio e schede di recupero.
La scheda è un cartoncino formato cartolina sul quale è incollata un’illustrazione o enunciato un esercizio, ad esempio.
La scheda non va assegnata come compito da svolgere in un momento prestabilito. Il lavoro sulle schede segue sempre l’attività quotidiana, la affianca, secondo il principio di insegnamento individualizzato a cui la scuola si ispira.
Possiamo fare una sommaria distinzione fra:
schede di ricerca
schede di esercizio
schede di recupero.
La scheda di ricerca, viene compilata in seguito a ricerche personali del bambino o a ricerche di gruppo. Col sistema delle schede, i bambini non non personaggi passivi, seduti ordinatamente sui banchi, in supino ascolto di ciò che l’insegnante dice.
Non sono il “vaso da riempire”. Sono individui operanti che si avviano a quel lavoro di ricerca personale che darà ottimi frutti non soltanto nel lavoro scolastico, ma nella formazione spirituale e intellettuale del bambino.
Facciamo un esempio.
Un argomento di ricerca potrà scaturire da un avvenimento o dall’esplorazione dell’ambiente. Posto l’argomento, gli alunni sono invitati a fare ricerche personali, le quali però, saranno predisposte nel senso che ogni bambino o ogni gruppo ha un lavoro specifico da compiere.
Prendiamo ad esempio che l’argomento scelto sia “il bue”. Un gruppo sarà incaricato di riferirne osservando l’animale: il bue è un quadrupede, erbivoro, ruminante, ha uno zoccolo fatto così e così, ecc… Un altro gruppo può avere l’incarico di trovare tutti i nomi che possono riferirsi al bue: mucca, vitello, manzo, toro, bove, giovenca, vacca…stalla, stalliere, fieno, paglia, pungolo, giogo,…aratro, erpice, carro,… Altri bambini dovranno riferire le qualità del bue: placido, mansueto, lavoratore, erbivoro,… Altri ancora rispondere alla domanda: “cosa fa il bue?” (ara, mugge, trascina l’aratro, rumina,…)
Naturalmente i bambini, specie quelli di prima classe, dovranno essere seguiti e sostenuti in questo lavoro, per sviluppare in loro la capacità di dedicarsi alla ricerca autonoma che darà i suoi frutti negli anni successivi. Mettiamo che un bambino abbia fatto questa osservazione: “il bue mangia l’erba”. L’insegnante lo avvierà alla ricerca di altri animali erbivori, consiglierà di osservare bene il bue quando mangia, ed ecco che salterà fuori l’espressione: “il bue è ruminante”. E quindi la ricerca di altri ruminanti.
Quello che importa non è soltanto il risultato pratico del lavoro, ma quell’abitudine all’osservazione e alla ricerca personale che è il fondamento stesso dell’acquisizione intelligente del sapere.
Ma perchè questo lavoro non si può fare meglio sul quaderno, specie se l’esercizio è lungo e in una scheda non ci può entrare? Perchè la scheda invita all’ordine nella ricerca, per prima cosa; poi, trovando posto in uno schedario, permette non soltanto la consultazione, ma soprattutto l’arricchimento delle notizie in seguito ad ulteriori ricerche.
L’esercizio compiuto sul quaderno, vi resta così come è stato fatto in principio, ormai definito, completato (anche se incompleto), e soprattutto superato. Le ulteriori ricerche potranno costituire materia di un’altra esercitazione, staccata, avulsa dalla prima, e mancheranno così quel coordinamento, quell’ordine, quella sistematicità che soltanto la scheda, in quanto parte di uno schedario, potrà avere.
Schede di esercizio
Le schede di esercizio sono schede su cui è indicato un esercizio di applicazione sulle conoscenze già acquisite o da acquisire. Questo esercizio, soprattutto per quel che riguarda la prima classe, sarà corredato da illustrazioni.
L’efficacia delle schede di esercizio è anche nel fatto che ogni bambino ha un esercizio diverso dagli altri o lo può eseguire nei momenti di lavoro libero, in quanto non si tratta di un’occupazione collettiva.
Questo lo sprona, lo sollecita a compilare la scheda nel miglior modo possibile.
Per il bambino non esiste il facile e il difficile. Esiste quello che può fare e quello che non può fare; ma oltretutto, preferisce ciò che lo interessa.
Schede di recupero.
Differiscono dalle schede di esercizio soltanto perchè sono schede impiantate appositamente dall’insegnante allo scopo di farle compilare da quel dato bambino.
Non sarà il bambino a doversi adattare a un esercizio che potrebbe essere inadeguato alle sue possibilità, ma sarà l’esercizio che si adatterà a lui.
Non tutti i bambini sono allo stesso livello.
Mettiamo che ce ne sia uno che abbia difficoltà ad usare il chi e che. Se questa difficoltà non si riscontra più nel resto della classe, sarà inutile fare tutta una serie di esercitazioni collettive che finirebbe per annoiare ed ottenere scarsi risultati.
Vi sono però delle schede di esercizio appositamente preparate dall’insegnante per quel singolo bambino, ed ecco che, piano piano, questi potrà superare la difficoltà che lo inceppa. Il bambino sarà “recuperato” e potrà essere in breve alla pari con gli altri.
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie per la buonanotte – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Ninna nanna
Dormi, bimbo mio;
dal ciel ti veglia Iddio.
Un bel raggio di luna
carezza la tua cuna.
Ti circondano alati,
i bei sogni dorati.
Che pace nel tuo cuore!
Felice notte, amore!
G. Vai Pedotti
Ninna nanna
Si muove lenta, oscilla
la campana della sera:
din don… din don…
una nenia, una preghiera.
Anche un nido piccolino
si dondola nel vento,
anche la culla d’un bambino
ha un moto dolce e lento.
Tutto oscilla piano piano:
din don… chiudi gli occhi!
Vien la notte da lontano,
culla il mondo sui ginocchi. G. Ajmone
Ninna nanna
Dormi dormi, mio piccino,
van pel ciel le pecorelle
e le stelle sono agnelle,
fa la luna da pastora…
tu, piccin, non dormi ancora.
Dormi, piccolo angioletto,
dormi fino al nuovo dì,
fin che all’alba il tuo galletto
canti un bel chicchirichì. D. Gnoli
Ninna nanna
Ninna nanna, cocco santo
che il tuo babbo è ritornato,
t’ha portato un bel cestino
pien di rose e gelsomino;
pien di rose del buon odore,
il bambino è il nostro amore;
il bambino fa la nanna,
è il cocco santo della sua mamma. D. Valeri
La luna Chiara la luna
in mezzo al cielo
corre veloce
tutta in un velo
corre veloce
perchè ha fretta
nell’altro mondo
la gente aspetta
sopra la torre
vista da qui
la luna sembra
un punto sull’i.
Ninna nanna
Dolce sonno, vieni a cavallo!
Fino al canto, resta, del gallo… Ninna oh!
Treppe, treppe, viene, lo sento,
soffia e sbuffa come il vento.
Scuote i fiori per le strade,
non è quella, neve che cade… Ninna oh!
Il cavallo scrolla la testa…
i sonagli suonano a festa… Ninna oh!
Il bambino s’addormentò. G. Pascoli
Ninna nanna al bambino malato
Che ti senti, caro figlio?
Poverino, non puoi dirlo!
L’uccellino, quando imbruna.
mette il capo sotto l’ala,
fa un batuffolo di piuma,
dorme dorme sopra la rama.
Esso ha il vento che lo picchia,
tu la mamma che ti ninna;
esso ha il vento che lo urta,
tu la mamma che ti culla;
esso ha il vento che lo schianta
tu la mamma che ti canta.
Dormi amore, dormi o fiore. G. Latronico
Stelline Quattro stelline ho visto passare,
quattro stelline sull’onda del mare
Una per me, una per te,
una la vuole la figlia del re
la quarta stellina, il reuccio cattivo,
grida e comanda “La voglio per me!”
Ma la stellina si ferma a guardare,
poi sorridendo si spegne nel mare.
I bimbi vanno a nanna I bimbi vanno a nanna,
col bacio della mamma.
Dentro nel nido morbido e fido,
dopo un istante dormono.
Discendon sui dormienti,
i sogni più ridenti,
veglian su di loro le stelle d’oro,
e li proteggon gli angeli.
Sogni d’oro
Quando brillava il vespero vermiglio
e il cipresso pareva oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
“Così è fatto lassù tutto un giardino!”.
Il bimbo dorme e sogna i rami d’oro,
gli alberi d’oro, le foreste d’oro;
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera. G. Pascoli
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie per i pasti – una collezione di pensieri, poesie e filastrocche per i pasti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Terra, tu il cibo ci hai dato,
sole tu l’hai maturato.
Cara terra, sole amato
il nostro cuor vi è tanto grato.
Come va (L. Schwarz)
Del cibo che mi mettono nel piatto
sempre ne do una parte al mio gattino
e come va che in lui diventa gatto
mentre dentro di me divien bambino?
Chiccolino
Un giorno chiccolino,
giocava a nascondino
nessuno lo cercò,
e allor s’addormentò.
Dormì sotto la neve,
un sonno lungo e greve
infine si svegliò
e pianta diventò.
La pianta era sottile,
flessibile e gentile
la spiga mise fuor,
di un esile color.
Il sole la baciava,
il vento la cullava
di chicchi allor si empì,
per il pane d’ogni dì.
La polenta
Borbotta l’acqua, per due brocche al fuoco.
E il fuoco ride e la sua vampa cresce.
L’acqua borbotta, ma lo fa per gioco.
E ne paiolo ora la mamma mesce
farina d’oro, e i bimbi son d’attorno…
sembra che cuocia il sol di mezzogiorno!
E quando è cotta e messa sul tagliere
la mamma dice: “A tavola, ch’è pronta!”
E prende il filo, e mentre taglia conta
quanti ne vede a tavola sedere.
Nè il cuor guidò giammai mano più attenta
di questa che spartisce una polenta. (R. Pezzani)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: gnomi e nanetti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Otto nanetti si tengon per mano
saltano, giocano, fanno baccano
corrono in fila ben stretti in catena
volano insieme sull’altalena
nessuno la mano dell’altro molla
appiccicati son ben con la colla
se uno salta saltano tutti
se uno cade cadono tutti
ma sempre ognuno rimane sano
porta fortuna tenersi per mano.
Con i rossi cappuccetti, se ne vanno giù i nanetti
presto presto la mattina, con piccozza e lanternina
viva viva il sole splende, e il nanetto giallo scende
ben felice nel profondo, bei tesori dona al mondo
verde veste barba bianca, grossa pancia mano stanca
pure noi nanetti siamo, ma dormire preferiamo
la miniera buia e scura, sempre mette a noi paura
com’è triste scender giù, torna indietro nano blu
su prendiamoci per mano, e al lavoro insieme andiamo
rossi gialli verdi e blu, bimbo vieni pure tu
oro avrai dalla miniera, pietre rare ed ogni sera
quando ti addormenterai alle stelle le darai.
Le stelline ci han chiamato
e dal sonno ci han destato
un gran compito ci aspetta
su al lavoro in fretta in fretta.
I tesori della terra
noi dobbiamo custodire
la natura piano piano
voi vedrete impallidire.
Raccogliamo con gran cura
le preziose polverine
che abbellito hanno le ali
delle lievi farfalline.
Poi dei lor fratelli fiori
serberemo i bei colori
e il profumo inebriante
delle più svariate piante.
Gli uccellini affideranno
a noi il loro cinguettio
e le api e gli altri insetti
di daranno il lor ronzio.
Così in grembo a Madre Terra
noi faremo tanti viaggi
finchè al sole chiederemo
il calore dei suoi raggi.
La sua calda luce d’oro
giù nelle profondità
dove non si può vedere
in segreto splenderà.
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Poesie e filastrocche: destra e sinistra, per bambini della scuola d’infanzia e primaria, di autori vari.
Destra e sinistra
Con la sinistra prendo le stelle
con la destra tocco le onde belle
con la sinistra mi tocco il cuore
vedo ai miei piedi un rosso fiore
lesto lo colgo e sai perchè
con la mia destra per darlo a te
Destra e sinistra
Questa è la mia destra
la voglio in alto alzare
questa è la mia sinistra
che vuole il cuor toccare
la destra e la sinistra
poi fanno un girotondo
sinistra con la destra
che vanno per il mondo.
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