L’uso delle schede secondo il metodo globale e della scuola attiva: schede di ricerca, schede di esercizio e schede di recupero.
La scheda è un cartoncino formato cartolina sul quale è incollata un’illustrazione o enunciato un esercizio, ad esempio.
La scheda non va assegnata come compito da svolgere in un momento prestabilito. Il lavoro sulle schede segue sempre l’attività quotidiana, la affianca, secondo il principio di insegnamento individualizzato a cui la scuola si ispira.
Possiamo fare una sommaria distinzione fra:
schede di ricerca
schede di esercizio
schede di recupero.
La scheda di ricerca, viene compilata in seguito a ricerche personali del bambino o a ricerche di gruppo. Col sistema delle schede, i bambini non non personaggi passivi, seduti ordinatamente sui banchi, in supino ascolto di ciò che l’insegnante dice.
Non sono il “vaso da riempire”. Sono individui operanti che si avviano a quel lavoro di ricerca personale che darà ottimi frutti non soltanto nel lavoro scolastico, ma nella formazione spirituale e intellettuale del bambino.
Facciamo un esempio.
Un argomento di ricerca potrà scaturire da un avvenimento o dall’esplorazione dell’ambiente. Posto l’argomento, gli alunni sono invitati a fare ricerche personali, le quali però, saranno predisposte nel senso che ogni bambino o ogni gruppo ha un lavoro specifico da compiere.
Prendiamo ad esempio che l’argomento scelto sia “il bue”. Un gruppo sarà incaricato di riferirne osservando l’animale: il bue è un quadrupede, erbivoro, ruminante, ha uno zoccolo fatto così e così, ecc… Un altro gruppo può avere l’incarico di trovare tutti i nomi che possono riferirsi al bue: mucca, vitello, manzo, toro, bove, giovenca, vacca…stalla, stalliere, fieno, paglia, pungolo, giogo,…aratro, erpice, carro,… Altri bambini dovranno riferire le qualità del bue: placido, mansueto, lavoratore, erbivoro,… Altri ancora rispondere alla domanda: “cosa fa il bue?” (ara, mugge, trascina l’aratro, rumina,…)
Naturalmente i bambini, specie quelli di prima classe, dovranno essere seguiti e sostenuti in questo lavoro, per sviluppare in loro la capacità di dedicarsi alla ricerca autonoma che darà i suoi frutti negli anni successivi. Mettiamo che un bambino abbia fatto questa osservazione: “il bue mangia l’erba”. L’insegnante lo avvierà alla ricerca di altri animali erbivori, consiglierà di osservare bene il bue quando mangia, ed ecco che salterà fuori l’espressione: “il bue è ruminante”. E quindi la ricerca di altri ruminanti.
Quello che importa non è soltanto il risultato pratico del lavoro, ma quell’abitudine all’osservazione e alla ricerca personale che è il fondamento stesso dell’acquisizione intelligente del sapere.
Ma perchè questo lavoro non si può fare meglio sul quaderno, specie se l’esercizio è lungo e in una scheda non ci può entrare? Perchè la scheda invita all’ordine nella ricerca, per prima cosa; poi, trovando posto in uno schedario, permette non soltanto la consultazione, ma soprattutto l’arricchimento delle notizie in seguito ad ulteriori ricerche.
L’esercizio compiuto sul quaderno, vi resta così come è stato fatto in principio, ormai definito, completato (anche se incompleto), e soprattutto superato. Le ulteriori ricerche potranno costituire materia di un’altra esercitazione, staccata, avulsa dalla prima, e mancheranno così quel coordinamento, quell’ordine, quella sistematicità che soltanto la scheda, in quanto parte di uno schedario, potrà avere.
Schede di esercizio
Le schede di esercizio sono schede su cui è indicato un esercizio di applicazione sulle conoscenze già acquisite o da acquisire. Questo esercizio, soprattutto per quel che riguarda la prima classe, sarà corredato da illustrazioni.
L’efficacia delle schede di esercizio è anche nel fatto che ogni bambino ha un esercizio diverso dagli altri o lo può eseguire nei momenti di lavoro libero, in quanto non si tratta di un’occupazione collettiva.
Questo lo sprona, lo sollecita a compilare la scheda nel miglior modo possibile.
Per il bambino non esiste il facile e il difficile. Esiste quello che può fare e quello che non può fare; ma oltretutto, preferisce ciò che lo interessa.
Schede di recupero.
Differiscono dalle schede di esercizio soltanto perchè sono schede impiantate appositamente dall’insegnante allo scopo di farle compilare da quel dato bambino.
Non sarà il bambino a doversi adattare a un esercizio che potrebbe essere inadeguato alle sue possibilità, ma sarà l’esercizio che si adatterà a lui.
Non tutti i bambini sono allo stesso livello.
Mettiamo che ce ne sia uno che abbia difficoltà ad usare il chi e che. Se questa difficoltà non si riscontra più nel resto della classe, sarà inutile fare tutta una serie di esercitazioni collettive che finirebbe per annoiare ed ottenere scarsi risultati.
Vi sono però delle schede di esercizio appositamente preparate dall’insegnante per quel singolo bambino, ed ecco che, piano piano, questi potrà superare la difficoltà che lo inceppa. Il bambino sarà “recuperato” e potrà essere in breve alla pari con gli altri.
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie per la buonanotte – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Ninna nanna
Dormi, bimbo mio;
dal ciel ti veglia Iddio.
Un bel raggio di luna
carezza la tua cuna.
Ti circondano alati,
i bei sogni dorati.
Che pace nel tuo cuore!
Felice notte, amore!
G. Vai Pedotti
Ninna nanna
Si muove lenta, oscilla
la campana della sera:
din don… din don…
una nenia, una preghiera.
Anche un nido piccolino
si dondola nel vento,
anche la culla d’un bambino
ha un moto dolce e lento.
Tutto oscilla piano piano:
din don… chiudi gli occhi!
Vien la notte da lontano,
culla il mondo sui ginocchi. G. Ajmone
Ninna nanna
Dormi dormi, mio piccino,
van pel ciel le pecorelle
e le stelle sono agnelle,
fa la luna da pastora…
tu, piccin, non dormi ancora.
Dormi, piccolo angioletto,
dormi fino al nuovo dì,
fin che all’alba il tuo galletto
canti un bel chicchirichì. D. Gnoli
Ninna nanna
Ninna nanna, cocco santo
che il tuo babbo è ritornato,
t’ha portato un bel cestino
pien di rose e gelsomino;
pien di rose del buon odore,
il bambino è il nostro amore;
il bambino fa la nanna,
è il cocco santo della sua mamma. D. Valeri
La luna Chiara la luna
in mezzo al cielo
corre veloce
tutta in un velo
corre veloce
perchè ha fretta
nell’altro mondo
la gente aspetta
sopra la torre
vista da qui
la luna sembra
un punto sull’i.
Ninna nanna
Dolce sonno, vieni a cavallo!
Fino al canto, resta, del gallo… Ninna oh!
Treppe, treppe, viene, lo sento,
soffia e sbuffa come il vento.
Scuote i fiori per le strade,
non è quella, neve che cade… Ninna oh!
Il cavallo scrolla la testa…
i sonagli suonano a festa… Ninna oh!
Il bambino s’addormentò. G. Pascoli
Ninna nanna al bambino malato
Che ti senti, caro figlio?
Poverino, non puoi dirlo!
L’uccellino, quando imbruna.
mette il capo sotto l’ala,
fa un batuffolo di piuma,
dorme dorme sopra la rama.
Esso ha il vento che lo picchia,
tu la mamma che ti ninna;
esso ha il vento che lo urta,
tu la mamma che ti culla;
esso ha il vento che lo schianta
tu la mamma che ti canta.
Dormi amore, dormi o fiore. G. Latronico
Stelline Quattro stelline ho visto passare,
quattro stelline sull’onda del mare
Una per me, una per te,
una la vuole la figlia del re
la quarta stellina, il reuccio cattivo,
grida e comanda “La voglio per me!”
Ma la stellina si ferma a guardare,
poi sorridendo si spegne nel mare.
I bimbi vanno a nanna I bimbi vanno a nanna,
col bacio della mamma.
Dentro nel nido morbido e fido,
dopo un istante dormono.
Discendon sui dormienti,
i sogni più ridenti,
veglian su di loro le stelle d’oro,
e li proteggon gli angeli.
Sogni d’oro
Quando brillava il vespero vermiglio
e il cipresso pareva oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
“Così è fatto lassù tutto un giardino!”.
Il bimbo dorme e sogna i rami d’oro,
gli alberi d’oro, le foreste d’oro;
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera. G. Pascoli
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie per i pasti – una collezione di pensieri, poesie e filastrocche per i pasti, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Terra, tu il cibo ci hai dato,
sole tu l’hai maturato.
Cara terra, sole amato
il nostro cuor vi è tanto grato.
Come va (L. Schwarz)
Del cibo che mi mettono nel piatto
sempre ne do una parte al mio gattino
e come va che in lui diventa gatto
mentre dentro di me divien bambino?
Chiccolino
Un giorno chiccolino,
giocava a nascondino
nessuno lo cercò,
e allor s’addormentò.
Dormì sotto la neve,
un sonno lungo e greve
infine si svegliò
e pianta diventò.
La pianta era sottile,
flessibile e gentile
la spiga mise fuor,
di un esile color.
Il sole la baciava,
il vento la cullava
di chicchi allor si empì,
per il pane d’ogni dì.
La polenta
Borbotta l’acqua, per due brocche al fuoco.
E il fuoco ride e la sua vampa cresce.
L’acqua borbotta, ma lo fa per gioco.
E ne paiolo ora la mamma mesce
farina d’oro, e i bimbi son d’attorno…
sembra che cuocia il sol di mezzogiorno!
E quando è cotta e messa sul tagliere
la mamma dice: “A tavola, ch’è pronta!”
E prende il filo, e mentre taglia conta
quanti ne vede a tavola sedere.
Nè il cuor guidò giammai mano più attenta
di questa che spartisce una polenta. (R. Pezzani)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Canto: Primavera. Con testo, traccia mp3 e spartito stampabile, per bambini della scuola di infanzia e primaria.
Testo
Un ramo di pesco
vestito di rosa
un cantico fresco
nell’aria odorosa
un nido, un grido,
il sole, tre viole,
un soffio di vento,
un rosso di sera…
e il cuore è contento
perchè è primavera.
Poesie e filastrocche LE ORE E L’OROLOGIO – una collezione di poesie e filastrocche per la scuola d’infanzia e primaria.
Il cucù malato
C’è un gran pendolo lassù,
dove vive quel cucù
che ogni giorno col suo verso
dà la sveglia all’universo.
Ma stamane ha il mal di gola,
ha perduto la parola,
e non può cantar l’ora
a chi dorme, a chi lavora;
sorge il sole rosso e giallo,
ma beato dorme il gallo;
con la sua mandolinata
apre il grillo la giornata;
come scocca mezzogiorno,
nonno gufo imbocca il corno;
quando poi la notte cala,
stride allegra la cicala,
e la luna sonnolenta,
chiude gli occhi e si addormenta. (M. Punter)
Senza orologio
Senza orologio s’indovinan l’ore
da certi segni messi dal Signore.
Se cala il sole, si capisce bene
che tra pochi minuti il babbo viene.
Al primo canto ch’esce dal pollaio
si svegliano il pastore e l’operaio.
Quand’entra il sole dalla mia finestra
m’alzo perchè m’aspetta la maestra.
Quando con la cartella a casa torno
è da poco suonato mezzogiorno;
mangio e, quand’ho finito di studiare
scocca l’ora precisa di giocare.
Sempre così: l’ora che fa piacere
suona quand’uno ha fatto il suo dovere.
(F. Socciarelli)
L’orologio
Trotto sempre: uguale il passo,
e non porto cavaliere.
Ho due lance a bilanciere:
l’una innalzo, l’altra abbasso,
l’una e l’altra incrocio spesso,
l’una corre e l’altra appresso.
E ne roteo un’altra ancora,
che non sa cos’è dimora.
Tondo è il campo della lotta,
bianco e liscio a perfezione,
neri i segni alla mia botta;
trotto e picchio, e non mi scotta
polso e cuor nella tenzone:
chè non ho lancia di cerro,
e nel petto ho un cuor di ferro.
Trotto e picchio: non ho scorte,
ma al mio passo guardan tutti:
ch’io segno, nel cammino
fatto a regola di danza,
per ognuno il suo destino,
per ognuno la speranza. (V. Bosari)
Il vecchio pendolo
Vecchio pendolo tarlato
è già un secolo che batti
e conosci tanti fatti
del romantico passato;
la tua nenia che non varia
questa notte s’è arrestata,
e l’ho invan ricaricata;
la tua nenia che non varia
s’è spezzata! Ahimè, si sa
ogni cosa quaggiù muore;
del metallico tuo cuore
il tic tac più non s’udrà. (U. Magnani)
L’orologio
Montavo sopra una sedia, poggiavo il mento sul davanzale della finestra, e guardavo l’orologio. Grande, bianco. Un fantasma in forma di disco. Tutt’in giro strani segni, che cominciavano da una semplice asta, poi raddoppiavano, si moltiplicavano, si complicavano… Due lance, una più corta e tocca, l’altra più lunga sottile e ardita, veramente la lancia di un cavaliere paladino, infisse al centro del disco, si spostavano lungo la periferia tra quei segni. La minore… si spostava con molta lentezza; svogliata, riluttante a seguire lo slancio dell’altra, l’arma bellissima del guerriero, che a scatti e salti inseguiva quei segni e a uno a uno li superava, senza mai inciampare.
(M. Saponaro)
Poesie e filastrocche LE ORE E L’OROLOGIO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.
L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.
L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.
L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.
L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.
L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.
La sorgente Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)
La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.
Dettati ortografici sull’acqua – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
IL GATTO: dettati ortografici e letture – una raccolta di dettati ortografici a tema, per la scuola primaria, di autori vari. Difficoltà ortografiche varie.
Accovacciato con la lunga coda tra le zampe, il gatto sembra dormire. A un tratto un topolino sbuca dalla fessura di una porta. Dapprima il gatto finge di non vederlo, ma lo osserva a occhi socchiusi. Poi si anima, muove il capo con rapidi scatti, si avvicina alla preda con passo silenzioso, quasi camminasse sul velluto. Infine compie un balzo, piomba addosso al topolino e lo afferra con gli unghioni che nel frattempo ha sfoderato.
Il gatto è furbo, malizioso, pigro ed egoista. Tutti i difetti! Ma si fa perdonare volentieri per le sue moine, le sue smorfiette gentili; per la voglia di giocare che lo fa ruzzolare per ore e ore con una palla, con un gomitolo, con un pezzetto di qualcosa legato ad un filo. Ha il pelo morbido ed è un piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e chiude gli occhi e par che dica: “Che piacere mi fai, padroncino!” (G. Reichelt)
Il gatto ha il pelo morbido e fa piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e sembra molto soddisfatto. Ma ecco che si stanca, e allora tira fuori le unghie e giù un bel graffio sulla mano!
Micia, micia, dove sono i tuoi micini? Eccoli qua, morbidi e tiepidi nel cesto dove sono nati. La micia non li lascia mai e li lambisce amorosamente.
Miao miao fa il gattino affamato. Qualcuno gli dà un piattino di latte tiepido. Il gattino lecca il latte con la linguetta ruvida e rosa.
Il gattino ha preso un gomitolo e ora ci gioca, arruffandolo tutto. Povero gomitolo e povera nonna! Lo fa ruzzolare da tutte le parti.
Il balzo rapido che il gatto compie e che gli permette di piombare dritto alla preda senza che questa abbia il tempo di sottrarsi con la fuga, è consentito dalle agili zampe posteriori, molto più sviluppate delle zampe anteriori, mosse da robusti muscoli che consentono di compiere salti anche di due o tre metri. Inoltre, mentre la spinta delle zampe proietta il corpo in avanti, l’elastica colonna vertebrale consente al corpo di allungarsi, mentre la coda, funzionando da timone, rende preciso e infallibile il salto. (Palombi)
Forse mai altro animale al mondo, ha avuto, nel corso dei secoli, tanti sostenitori e tanti nemici come il gatto. Forse mai altro animale è stato oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato, incolpato dei peggiori misfatti come il gatto. La fierezza del suo carattere gli impedisce di rendersi utile al suo padrone assoggettandosi a un qualsiasi lavoro. Il gatto è utile per la caccia ai topi, ma non bisogna dimenticare che esso compie questo lavoro seguendo il proprio istinto di predatore.
In Egitto, i gatti erano certamente allevati in gran numero e tenuti nel massimo conto. Antichi monumenti raffigurano i più famosi rappresentanti delle dinastie egizie in compagnia del fedele gatto che, a quel che pare, godeva considerazione al pari di un essere divino. Con i più terribili supplizi erano puniti coloro che si rendevano colpevoli della morte di un gatto.
Un caldo e morbido cuscino, la carezza ripetuta del padrone, il piacere di sentirsi delicatamente grattare fra le orecchie, provocano il caratteristico ron ron. Il gatto si abbandona anche a far le fusa e giunge ad accarezzare il suo padrone ritirando le unghiette entro le zampine di velluto.
Il gatto è un dormiglione e per lunghe ore sta accoccolato, placidamente immerso in un sonno in apparenza profondo, ma in realtà assai leggero. Anzi, molto spesso, a un’osservazione più attenta, il gatto che crediamo addormentato, ci sta scrutando attraverso una fessura delle sue palpebre, osservando i nostri movimenti.
Si dice che il gatto preferisca la casa al padrone. Infatti, si è constatato in moltissimi casi che i gatti, portati dal padrone in una nuova abitazione, hanno saputo, con mirabile senso dell’orientamento, ritrovare l’antica dimora, preferendo questa, magari a costo di abitarne solamente la cantina o la soffitta, all’accogliente appartamento del padrone.
E’ notorio che il gatto ha la zampa lunga. Punito severamente per le sue imprese ladresche, il gatto persevera nelle sue abitudini e approfitta di qualsiasi occasione. Ruba anche quando è ben pasciuto, spinto dalla gola o semplicemente dal suo istinto di predatore che, in mancanza di prede vive, si rivolge a qualsiasi leccornia venga imprudentemente lasciata alla sua portata.
La straordinaria potenza visiva del gatto si spiega con la grande capacità di adattamento della sua pupilla alle diverse intensità luminose. Ridotta a una strettissima fessura, quando la luce è intensa, la pupilla si dilata enormemente nella penombra, sì da percepire anche il più debole raggio luminoso.
Il gatto tigrato, detto anche soriano, è uno dei gatti più comuni di tutto il mondo. Di mole piuttosto massiccia, ha la testa grossa e il muso corto. La pelliccia è morbida, vellutata, composta di peli corti e fitti variamente colorati. I colori più comuni sono il grigio e il giallastro, a righe alterne. La coda è relativamente corta.
Il gatto ha una vista acutissima; da ciò deriva la credenza popolare che esso vede anche al buio. Si tratta di un’esagerazione, perchè se è vero che il gatto è in grado di distinguere gli oggetti e di orientarsi anche quando la luce è scarsissima, è tuttavia incapace di vedere al buio assoluto.
Quando il gatto ha sentito la preda, i suoi istinti selvaggi si accendono e si sfrenano nella caccia. Non si accontenta di tenere a lungo la preda sotto l’incubo dell’agguato, ma una volta afferratala con gli uncinati artigli, non la sopprime immediatamente, ma si diverte a farle provare, minuto per minuto, il tormento della morte che si avvicina.
Il gatto, di fronte al nemico, generalmente scappa, ma se non trova via di scampo, non esita a combattere con coraggio e slancio. Il pelo irto sul dorso arcuato, gli occhi lampeggianti, gli artigli interamente sfoderati, la schiuma alla bocca, richiamano alla mente che questo piccolo, leggiadro felino altro non è che un parente assai prossimo del leone, della tigre e di altri ferocissimi felini selvaggi.
La gatta mette al mondo i suoi piccoli in un giaciglio preparato con cura in un angolo tranquillo, dal quale trasloca in gran fretta, trasportando i suoi piccoli ad uno ad uno, quando l’istinto le faccia temere qualche minaccia. La gatta è ottima paziente nutrice che non si accontenta soltanto di nutrire i suoi piccoli, ma si preoccupa di tenerli sempre puliti e ravviati, lisciandoli di continuo con la sua ruvida lingua.
La famiglia dei felini è la più grande e la più importante nell’ordine dei carnivori e comprende animali di dimensione molto varia, dal gatto alla tigre, dal leone al leopardo, al giaguaro. Tutti sono formidabili mangiatori di carne. Di forme flessuose ed eleganti, queste fiere hanno una pupilla che si restringe alla luce fino a diventare una sottile fessura e le unghie retrattili che possono, cioè, rinfoderarsi entro apposite guaine.
Agili, scattanti, fulminei nel salto, i felini sanno arrampicarsi e nuotare, sono veloci nella corsa anche se non resistenti. Hanno per lo più abitudini notturne e cacciano all’agguato: poichè devono seguire prede che non vedono e di cui talora non sentono l’odore, imparano a giovarsi delle minime indicazioni come le impronte. Controllano i loro movimenti istintivi e si spostano con leggerezza senza fare il minimo rumore.
Quanto è morbido il pelo del gatto! La testa rotonda, le orecchie appuntite, i begli occhi dalla pupilla cangiante e i lunghi baffi lo rendono assai grazioso. E’ un quadrupede, e le sue zampe, terminanti con cinque dita per ogni piede, poggiano su speciali cuscinetti elastici con cui tocca il suolo quando cammina, per modo che i suoi passi non producono rumore. Le unghie sono di solito nascoste e sollevate da terra quando non sono usate. Ma, al momento del bisogno, il gatto è in grado di spingerle all’esterno e, acutissime come sono, diventano un’arma formidabile per catturare la preda. Se poi deve difendersi da un animale più forte di lui, esse gli servono per mettersi in salvo arrampicandosi sugli alberi. I denti aguzzi gli consentono di strappare e sminuzzare la carne di cui si nutre. Il gatto è un mammifero carnivoro. Appartiene alla famiglia dei felini, di cui fanno parte altri animali grossi e feroci: il leone, la tigre, il leopardo, la pantera, la lince.
Il gatto
Forse nessun altro animale è stato nel corso dei secoli oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato , incolpato dei peggiori delitti e messo al bando dalla società umana, come il gatto. Ma forse ciò dipende dalla sua natura, perchè il gatto, pur in tanti e tanti anni di vita domestica, non è ancora riuscito a vincere la sua diffidenza per l’uomo. Ciò, forse, dipende dalla sua appartenenza alla famiglia dei felini, che annovera gli animali più feroci della terra.
Dettati ortografici sui gatti – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE – Una collezione di dettati ortografici sul giorno e la notte: il mattino, il sorgere del sole, l’alba, l’aurora, il crepuscolo, ecc…
Sorge il sole
Verso oriente appare un’aureola di un colore rosso sanguigno. Poi ad un tratto una scintilla luminosa guizza in mezzo a quel rosso sfolgorante, cresce, si innalza, si ingrossa, prende la forma di un disco, che ad ogni punto manda sprazzi luminosi. Il sole spande la sua luce sulla terra e nel cielo. G. Mercanti
Il mattino
Le stelle si spengono ad una ad una, mentre il cielo si rischiara. E’ l’alba. Poi il cielo si tinge di rosa. E’ l’aurora. Cantano i galli, pigolano gli uccelli, squillano le campane. Il sole appare all’orizzonte. Nelle case la gente si alza e si prepara per il lavoro. Fischiano le sirene degli stabilimenti. SI aprono i negozi, le botteghe, e i bambini si avviano verso la scuola.
La sera
Il sole tramonta e l’aria si fa scura: è il crepuscolo, poi viene la sera. Nelle vie si accendono i lampioni e le insegne pubblicitarie. E’ tutto uno sfavillare di luci. Chi lavora nei campi torna a casa. Si chiudono i negozi, i laboratori, gli stabilimenti. In cielo brillano le stelle. Nelle case, dopo la giornata di lavoro, le famiglie si riuniscono, cenano, chiacchierano, riposano, ascoltano la radio, assistono agli spettacoli televisivi.
Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.
Il sole
Il sole era l’orologio degli antichi: un orologio luminoso che non si fermava mai, che non si guastava mai, ma che solo una nuvola, una piccola nuvola rosea, bastava a celare agli occhi degli uomini.
Il sole
Sia benedetto il sole che ci illumina, ci riscalda, fa nascere i fiori e le piante, dona a tutta la natura i più bei colori. Esso è sempre benefico e meraviglioso, sia che indori le messi, sia che risplenda sulle montagne coperte di neve!
Il sole
Il sole, che ci appare come un bel disco bianco e luminoso verso mezzogiorno, rosso sanguigno verso il tramonto, è un globo immenso, molto più grande della nostra minuscola terra. Se rappresentassimo il sole come una grossa arancia, la terra sarebbe come la testa di uno spillo. La terra, con tutte le sue magnificenze, con i suoi monti altissimi, i suoi oceani immensi, diverrebbe, paragonata al sole, solo un insignificante puntolino.
La luna
E’ l’astro pallido delle notti. Viaggia solitaria nel cielo e passa sopra il mondo addormentato. La sua luce fa la terra tutta d’argento e i grilli cantano e le fanno la serenata.
L’alba
L’alba si veste di rosa e corre a spalancare le porte al sole! Avanti oh re sole, tu sei benvenuto fra noi! Tu fai prosperare le piante, fai sbocciare i fiori, riscaldi e illumini la terra, dai salute e forza all’uomo.
Il sole
Prima di levarsi, il sole mandò un saluto al cielo e diede una pennellata di rosa alle nuvolette bianche. L’allodola, allora, partì dalla zolla dove aveva dormito e gli venne incontro nel cielo per fargli il suo bel canto mattutino. (G. E. Nuccio)
Mattino
Il sole s’affacciò sul mare, indorò le cime dei monti e dei campanili, i tetti delle case, le cime delle piante, poi gettò un tappeto d’oro sulla campagna e mille specchietti sulle onde del mare e sulle acque dei fiumi e dei laghi. Allora i galli cantarono la sveglia, le campane gridarono: din don, din don, e gli uccelli, dagli alberi, si scambiarono i saluti del buon giorno. (G. E. Nuccio)
Il sole
Noi non lo pensiamo, ma tutto ciò che si muove, circola, vive, sul nostro pianeta, è figlio del sole. Le messi che ci daranno il pane quotidiano maturano per opera del sole. E così la frutta, così gli ortaggi. Il legno che ci scalda l’inverno racchiude il calore che il sole donò all’albero. Tutto il mangiare, la vita stessa, ci viene dal meraviglioso astro del giorno.
Il mattino
L’ora in cui si sveglia la natura è un’ora di pace ed insieme di attività. Tutti gli esseri riprendono il loro lavoro. Gli uccelli cantano, rivolti all’astro raggiante. Intorno alle case campestri, gli animali domestici riprendono la loro attività. Quale spettacolo più bello che quello di vedere sputare il sole? Esso si leva nel cielo cacciando le ombre, illuminando gli angoli più nascosti, mettendo dappertutto gioia, calore, luce.
Le stelle
Tutto il cielo è popolato di stelle. Sembrano piccolissime e sono immense. Sembrano lucciole in un prato infinitamente vasto. Oppure innumerevoli fanalini di una stupenda illuminazione. ALcune ardono solitarie, altre si raggruppano formando immagini di animali, di fiori, fontane di luce, carri luminosi. Sembrano occhi aperti sulla terra; occhi degli angeli che guardano gli uomini dal cielo.
Le stelle
Le stelle hanno i più diversi colori. Ve ne sono di quelle rosse come la lanterna di un vascello all’ancora, di notte; come i tizzoni che vegliano nei caminetti deserti, o come occhi di fantastici animali. Altre hanno il pallore della perla o della della goccia d’acqua che racchiude un riflesso di luna. Altre sono azzurrine come fossero tanti fiorellini sbocciati lungo le rive di un ruscello.
Risveglio mattinale
Dal monte e dalla pianura, dai fiumi e dai prati, si alza un’armonia infinita, in cui si confondono le mille voci della natura. E’ canto degli uccelli pei campi; è suono di campane pei borghi; è frequente svolazzare di insetti; è raro camminare di uomini. Più tardi il canto dei contadini copre quello dei fringuelli, nelle selve l’eco porta dai casolari il greve rumore dell’incudine. Il rumore cresce, cresce, a poco a poco e, dalle officine stridenti, dai campi vaganti, si alza solenne la voce del lavoro umano. (F. M. Martini)
Il mattino
Al mattino gli uomini sono più buoni. E’ l’ora che gli angeli entrano nelle case per esaudire le preghiere e mettono il pane nelle madie, il latte nelle scodelle, l’acqua nei catini, ravvivano il fuoco sulla cenere, aprono le finestre alla luce. E il cuore vola via come l’allodola ad incontrare il giorno. (R. Pezzani)
A sera
Il sole è spento, la terra ravvolta nel suo mantello notturno nasconde le sue membra agli occhi di tutti: le creature dormono quasi tutte e non si parlano che all’orecchio. Perfino il mare si raccoglie e nasconde le sue tinte smaglianti. E’ allora che il cielo ci parla col silenzio dei suoi spazi infiniti, con lo scintillio dei suoi milioni di stelle e con la luce malinconica e fredda della luna. (P. Mantegazza)
Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.
Il giorno
Il cielo schiarisce all’alba; il sole sorge all’aurora. Quando il sole è arrivato in alto, nel cielo, è mezzogiorno. Quando declina è pomeriggio; quando si nasconde dietro l’orizzonte si dice che tramonta. Ed ecco la sera e infine la notte, quando tutti riposano.
Il sole sulla casa
La casa è soleggiata. I vetri scintillano alla luce del sole, la facciata bianca splende. Chiudiamo le persiane, abbassiamo le tende, faremo un po’ d’ombra. Un raggio passa fra le stecche delle persiane e traccia righe di luce sul pavimento. Ma si sta bene nella stanza fresca, semioscura.
Mezzogiorno
E’ l’ora della luce e del rumore. Le strade si animano, i bambini escono dalla scuola, corrono, si spingono, vociano. Gli uomini tornano al lavoro: i contadini dai campi, gli operai dalle officine. Le campane suonano, i tram corrono sulle rotaie, le automobili si incrociano e rombano. Tutti vanno verso la propria casa dove li aspetta la tavola apparecchiata.
Il tramonto in campagna
Era il tramonto; ma il chiarore del giorno non voleva cedere alla notte, e s’indugiava tremando su tutte le cose, sui comignoli delle cascine, sui filari dei meli in fiore, sui pini, sulle cime ondeggianti dei cipressi. Da tutte le parti gli uccelletti salutavano chiassosi e cinguettanti il giorno che moriva lento e restio; avevano ancora qualche cosa da fare, non fuggisse via; c’era ancora qua e là da raccogliere per i nidi l’ultima pagliuzza e poi sciogliere dall’albero l’ultimo canto. (G. Pascoli)
Il sorgere del sole
Ormai le stelle sono impallidite e ad una ad una scomparse. La campagna si ridesta col cinguettio degli uccelli che aspettano il primo raggio di sole. Ed il sole ritorna. Dapprima è un crescendo di luce in un punto, sulla cresta della collina, dove i veli e le nuvolette si fanno d’oro splendente, poi la luce trabocca in un getto di raggi che si slanciano su nel cielo e inondano la terra, finchè il disco ardente si affaccia e sale con lentezza maestosa e riprende il suo cammino nel cielo. (M. Maggini)
Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Recite per bambini – Qua qua, attaccati là. Qualche anno fa, per la mia prima prima classe, avevo messo in rima questa fiaba, che fa parte delle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino. Mi sono presa qualche licenza, ad esempio per me il papà del Tignoso non fa il ciabattino, ma lavora nella vigna (che fa rima con tigna… )…
Qua qua, attaccati là (la fiaba originale)
Un Re aveva una figlia, bella come la luce del sole, che tutti i principi e i gran signori l’avrebbero voluta in sposa, se non fosse per via del patto che aveva stabilito con suo padre.
Bisogna sapere che una volta questo Re aveva offerto un gran pranzo, e mentre tutti gli invitati ridevano e stavano in allegria, solo sua figlia rimaneva seria e scura in volto. “Perchè sei così triste?” le domandarono i commensali. E lei: zitta. Tutti si provarono a farla ridere, ma nessuno ci riusciva.
“Figlia mia, sei arrabbiata?” le chiese il padre.
“No, no, padre mio.”
“E allora, perchè non ridi?”
“Non riderei nemmeno se ne andasse della mia vita.”
Al Re allora venne quest’idea: “Brava! Visto che ti sei così intestata a non ridere, facciamo una prova, anzi un patto. Chi ti vorrà sposare, dovrà riuscire a farti ridere.”
“Va bene, padre” disse la principessa, “Ma ci aggiungo questa condizione: che chi cercherà di farmi ridere e non ci riuscirà, gli sarà tagliata la testa”.
E così fu stabilito, tutti i commensali erano testimoni e ormai la parola data non si poteva più ritirarla.
La voce si sparse per il mondo, e tutti i principi e i gran signori volevano provare a conquistare la mano di quella Principessa così bella. Ma quanti ci provavano, tutti ci rimettevano la testa. Ogni mattina di buonora la Principessa si metteva sul poggiolo ad aspettare che arrivasse un pretendente. Così passavano gli anni, e il Re aveva paura di vedersi questa figlia andarsene in spiga come un vecchio cespo di insalata.
Ora accadde che la notizia capitò anche in un paesotto. Si sa che a veglia si vengono a sapere storie di tutti i generi, e così si parlò di quel patto della Principessa. Un ragazzo con la tigna in testa, figlio di un povero ciabattino, era stato a sentire a bocca aperta. E disse: “Ci voglio andare io!”
“Ma va’ là, tu! Non dire sciocchezze, figlio mio.” fece suo padre.
“Sì, padre, voglio andare a vedere. Domani mi metto in viaggio.”
“T’ammazzeranno, quelli non scherzano”
“Padre, io voglio diventare Re!”
“Sì, sì” risero tutti “un Re con la tigna in testa!”
L’indomani mattina, il padre non pensava nemmeno più a quell’idea del figlio, quando se lo vide comparire davanti e dire: “Allora, padre, io vado; qui tutti mi guardano brutto per via della tigna. Datemi tre pani, tre carantani (moneta di rame) e una boccia di vino.”
“Ma pensa…”
“Ho già pensato a tutto”, e partì.
Cammina cammina, incontra una povera donna che si trascinava appoggiandosi a un bastone. “Avete fame, padrona?”, le chiese il tignoso.
“Sì, figlio, e tanta. Avresti qualcosa da darmi da mangiare?”
Il tignoso le diede uno dei suoi tre pani, e la donna lo mangiò. Ma visto che aveva ancora fame, le diede anche il secondo, e poichè gli faceva proprio pietà, finì col darle anche il terzo.
E cammina cammina. Trova un’altra donna, tutta in stracci: “Figliolo, mi daresti qualche soldo per comprarmi un vestituccio?”
Il tignoso le diede un carantano; poi pensò che forse un carantano solo non bastava, gliene diede un altro; ma la donna gli faceva tanta pietà che le diede anche il terzo.
E cammina cammina. Incontra un’altra donna, vecchia, grinzosa, che se ne stava a lingua fuori dalla sete che aveva: “Figliolo, se mi dai un po’ d’acqua da bagnarmi la lingua, salvi un’anima del Purgatorio”.
Il tignoso le porse la sua boccia di vino; la vecchia ne bevve un po’ e lui la invitò a berne ancora, finchè non gliel’ebbe scolata tutta. Rialzò il viso, e non era più una vecchia, ma una bella fanciulla bionda, con una stella tra i capelli: “Io so dove vai, e ho conosciuto il tuo buon cuore perchè le tre donne che hai incontrato ero sempre io. Voglio aiutarti. Prendi questa bella oca, e portala sempre con te. E’ un’oca che quando qualcuno la tocca, stilla “Quaquà” e tu devi dire subito: ‘Attaccati là’.” E la bella fanciulla sparì.
Il tignoso continuò la strada portandosi dietro l’oca. A sera arrivò a un’osteria e, senza soldi com’era, si sedette fuori, su una panca. Uscì l’oste e voleva cacciarlo via, ma in quella capitarono le due figlie dell’oste e, vista l’oca, dissero al padre: “Ti prego, non mandar via questo forestiero. Fallo entrare e dagli da mangiare e da dormire”.
L’oste guardò l’oca, capì cosa avevano in testa le figlie e disse: “Bene, il giovane dormirà in una bella camera, e l’oca la porteremo nella stalla”.
“Questo poi no” disse il tignoso “l’oca la tengo con me; è un’oca troppo bella per stare in una stalla”.
Dopo mangiato, il tignoso andò a dormire e l’oca la mise sotto il letto. Mentre dormiva, gli parve di sentire un tramestio; e tutt’a un tratto l’oca fece “Quaquà”. “Attaccati là” gridò lui, e s’alzò per vedere.
Era la figlia dell’oste, che s’era avvicinata carponi, in camicia, aveva abbrancato l’oca per portarle via le piume e ora era rimasta appiccicata in quella posizione.
“Aiuto sorella! Vienimi a staccare!” gridò. Venne la sorella, in camicia anche lei, abbraccia la sorella alla vita per staccarla dall’oca, ma l’oca grida: “Quaquà”. E il tignoso: “Attaccati là!”, e anche la sorella resta lì attaccata.
Il giovane s’affacciò alla finestra: era quasi giorno. Si vestì e uscì dall’osteria, con l’oca dietro e le due figlie dell’oste attaccate. Per strada incontrò un prete. Vedendo le figlie dell’oste in camicia, il prete cominciò a dire: “Ah, svergognate! E’ così che si va in giro a quest’ora? Ora vi faccio vedere io!”. E giù una sculacciata.
“Quaquà!” fa l’oca.
“Attaccati là!” dice il tignoso, e il prete resta attaccato anche lui.
Continuano la strada, con tre persone attaccate all’oca. Incontrano un calderaio carico di casseruole, pentole e tegami. “Ah, cosa mi tocca di vedere! Un prete in quella posizione! Aspetta me!” E giù una bastonata.
“Quaquà!” fa l’oca.
“Attaccati là!” fa il tignoso, e ci resta attaccato anche il calderaio, con tutte le sue pentole.
La figlia del Re quella mattina era come al solito sul poggiolo, quando vide arrivare quella compagnia: il tignoso, l’oca, la prima figlia dell’oste attaccata all’oca, la seconda figlia dell’oste attaccata alla prima, il prete attaccato alla seconda, il calderaio con casseruole, pentole e tegami attaccato al prete. A quella vista la Principessa scoppiò a ridere come una matta, poi chiamò il padre, e anche lui si mise a ridere: tutta la Corte s’affacciò alle finestre e tutti ridevano a crepapancia.
Sul più bello della risata generale, l’oca e tutti quelli che c’erano attaccati sparirono.
Restò il tignoso. Salì le scale e si presentò al Re. Il Re gli diede un’occhiata, lo vide lì con la tigna in testa, vestito di mezzalana, tutto rattoppato, e non sapeva come fare. “Bravo, giovane” gli disse ” ti prendo per servitore. Ti va?”. Ma il tignoso non volle accettare: voleva sposare la Principessa.
Il Re, per prendere tempo, cominciò a farlo lavare bene, e vestire da signore. Quando si ripresentò, il giovane non si riconosceva più: era tanto bello che la Principessa se ne innamorò e non vide più che per gli occhi suoi.
Per prima cosa, il giovane volle andare a prendere suo padre. Arrivò in carrozza, e il povero ciabattino si stava lamentando sulla soglia della porta, perchè quell’unico figlio lo aveva abbondonato.
Lo portò alla Reggia, lo presentò al Re suo suocero e alla Principessa sua sposa e si fecero le nozze.
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Recite per bambini – Qua qua, attaccati là
In rima per una recita
Narratore: Un Re aveva una figlia più bella di una rosa, tutti i principi e i gran signori l’avrebbero voluta in sposa ma tanto tempo fa ad una festa di non ridere si era messa in testa
Re:
Tutti ci provano a farti divertire
ma nessuno ci sembra riuscire
ordino che il primo che ce la farà
come premio in sposa ti avrà!
Principessa:
Va bene padre, ma aggiungo una richiesta
a chi fallirà taglierai la testa.
Narratore: La notizia circolò rapidamente e ogni giorno arrivava un pretendente. Niente. Il tempo passava e il Re si disperava neanche un piccolo sorriso si affacciava su quel viso e temeva che la figlia tanto bella sarebbe rimasta per sempre zitella. Ora accadde che passando di bocca in bocca la notizia arrivò ad una bicocca di un contadino che lavorava la sua vigna col suo ragazzo che in testa avea la tigna.
Tignoso:
Dalla Principessa ci voglio andare io!
Contadino:
Va’ là, non dir sciocchezze, figlio mio! Tignoso:
Sì, padre, domani partirò!
Contadino:
T’ammazzeranno, mai più ti rivedrò. Tignoso:
Padre, io sarà Re, e tu verrai alla festa…
Contadino:
Sì, un Re con la tigna in testa!
Narratore: La mattina seguente il contadino non ricordava più l’idea del ragazzino quando gli comparì davanti e prese a dire:
Tignoso:
Padre, io ti saluto, ho da partire
Dammi tre pani, vino e tre denari.
Contadino:
Pensaci figlio, ti uccideran domani! Tignoso:
Ho già pensato, padre tanto amato,
ma mentre tu lavori nella vigna
tutti mi guardan storto per la tigna…
Narratore: Il ragazzo comincia il suo cammino e una povera donna gli si fa vicino il viaggio della vecchia è assai penoso e compassione muove nel tignoso
Tignoso:
Avete fame, povera comare?
Vecchia uno:
Sì caro, e tanta. Hai da mangiare?
Narratore: Il tignoso le porse uno dei pani la donna se lo prese tra le mani lo mangiò, ma ancor non era sazia seppur felice di cotanta grazia: voi penserete forse ad uno scherzo, finì col darle anche il secondo e il terzo. E cammina, cammina, cammina un’altra donna al tignoso s’avvicina mal vestita, di stracci ricoperta dice al tignoso con voce sofferta:
Vecchia due:
Figliolo, qualche soldo mi puoi dare
chè un vestituccio mi possa comprare?
Narratore: il tignoso le diede un carantano poi le allungò il secondo nella mano e vide così povera e indifesa che anche il terzo le donò con sua sorpresa. E cammina cammina cammina ora un vecchia al tignoso di avvicina dalla gran sete con la lingua fuori.
Tignoso:
Povera vecchia, se tu non bevi muori!
Narratore: il tignoso le porge la sua brocca il vino già le scorre nella bocca la la invita a berne un altro sorso lei gliela vuota senza alcun rimorso ma quando poi finito ebbe di bere il tignoso un gran prodigio ebbe a vedere: era una fanciulla bionda e bella e tra i capelli d’oro avea una stella!
Fata:
So dove vai e vincerai sicuro
so di certo che il tuo cuore è puro
io ero le tre donne che hai aiutato
e ho deciso che vai ricompensato.
Prendi quest’oca dal bianco piumaggio
e portala con te lungo il tuo viaggio
e se qualcuno te la toccherà
la sentirai stillare “Quaquaquà”
Tignoso:
E se strilla che cosa devo fare?
Fata
“Attaccati là” presto dovrei gridare.
Narratore: Il tignoso riprese il suo cammino tenendo sempre l’oca a lui vicino. A sera arrivò ad un’osteria ma senza soldi, ne ne restò per via. Uscì l’oste a cacciare il forestiero ma alle sue figlie balenò un pensiero
Figlie:
Diamogli da mangiare e da dormire
mentre lui dorme l’oca può sparire…
Narratore: Dopo aver mangiato e senza alcun sospetto il tignoso prese sonno con l’oca sotto il letto. Mentre dormiva ebbe un balzo al cuore: nella sua stanza c’era un gran rumore
Oca: Quaquaquà Tignoso: Attaccati là!
Narratore La figlia dell’oste in camicione voleva compier la cattiva azione carponi sotto il letto s’era intrufolata ed ora all’oca era rimasta appiccicata
Figlia uno: Aiuto sorella, vienimi a salvare! Figlia due: Arrivo, arrivo, smetti di strillare!
Oca: Quaquaquà Tignoso: Attaccati là!
Narratore: E per voler salvare la sorella rimase appiccicata pure quella. Il tignoso si vestì e uscì dall’osteria davanti a quella strana compagnia di due ragazze ancora in camicione appiccicate all’oca in quella posizione. E cammina cammina cammina a loro un sacerdote si avvicina…
Prete: Ah, svergognate, in camicia da notte!
Narratore: E si avvicina per dar loro le botte
Oca: Quaquaquà Tignoso: Attaccati là!
Narratore: la mano che stava per dar la sculacciata al sedere della ragazza rimase appiccicata. E cammina cammina cammina un pentolaio adesso si avvicina e vedendo un prete in quella situazione si arrabbia e vuole dargli una lezione
Pentolaio:
Ma guarda che mi tocca di vedere
un prete tocca una donna sul sedere!
Narratore: E giù un bel colpo di bastone
Oca: quaquaquà Tignoso: Attaccati là!
Narratore: Il pentolaio con tutta la mercanzia si aggiunge a quella strana compagnia. La Principessa affacciata tristemente al suo poggiolo, attendeva un pretendente quando vide arrivare in fila indiana quella strana sgangherata carovana: un povero tignoso davanti a un’oca bella una ragazza in camicione e dietro sua sorella un prete che la toccava sul sedere e il pentolaio con i suoi attrezzi del mestiere. A quella vista la Principessa scontrosa scoppiò in una risata fragorosa chiamò suo padre, e anche lui non si trattenne tutta la corte rideva a crepapelle. E sul più bello del riso generale sparì l’oca col suo corteo da carnevale. La Principessa vide il tignoso avanti a sè salir le scale e presentarsi al Re. Egli lo vide così brutto e rattoppato
Re:
Quel che è giusto ti verrà dato
a mia figlia hai ridato il buon umore
per premio diverrai mio servitore
Narratore: Ma il tignoso non volle accettare la Principessa voleva sposare E per prendersi il tempo di pensare il Re gli ordinò intanto di andarsi a imbellettare. Quando davanti a loro si ripresentò la Principessa se ne innamorò così bello era diventato quel tignoso che ora lo amava e lo voleva in sposo.
DIVISIONE IN SILLABE – schede: i bambini hanno a disposizione in classe una scatola-schedario di esercizi vari per ogni materia, da scegliere liberamente, che è uno per tutti: abbiamo per cominciare uno schedario per la Matematica, uno per l’Italiano, uno per la Musica e uno per l’Inglese.
Ogni bambino ha poi una scatola-schedario individuale, col suo nome, dove conserva i cartellini che ha usato per i suoi esercizi. E’ assurdo incollare fotocopie su fotocopie sui quaderni! Questa modalità favorisce il lavoro individuale e individualizzato, ma anche l’aiuto reciproco e la collaborazione: se un bambino ha già provato un dato esercizio, può dare una mano al compagno che lo sta facendo; poi ci sono anche schede per lavorare in coppia, ad esempio quelle dei dettati che prevedono che un bambino legga al bambino che scrive.
E’ naturalmente sempre il bambino a scegliere; se lo desidera può portare anche il lavoro a casa: vi sembrerà assurdo, ma a me che non uso dare compiti, i bambini li chiedono…
A differenza degli eserciziari “a libro”, lo schedario mi permette di aggiornare l’offerta di esercizi in base agli interessi dei bambini, o alle difficoltà che mostrano, e inoltre si integra benissimo coi materiali montessoriani già a disposizione.
Cominciamo con le schede per esercitare la divisione in sillabe.
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DIVISIONE IN SILLABE – REGOLE
Le regole della nostra lingua non sono affatto semplici, ricordiamole:
– una vocale a inizio parola, seguita da una sola consonante, fa sillaba a sè: a-nima, i-sola, o-livo
– le consonanti semplici fanno sillaba con la vocale che segue: li-mo-na-ta, se-re-ni-tà
– le consonanti doppie di dividono in due sillabe: pez-zet-ti-no, am-mat-ti-re; rientrano tra le doppie le parole con cqu: ac-qua, ac-quisto, nac-que
– due o tre consonanti diverse tra loro (non doppie) fanno sillaba con la vocale seguente, se esistono come gruppo anche all’inizio delle parole: a-bra-sivo ( perchè br esiste come inizio di parole, ad esempio in brina), ca-tra-me (treno), pu- le -dro (dritto),
– la esse impura (s seguita da consonanti) si attacca alla sillaba: e-scludo, ma-stino
– quando il gruppo di consonanti non esiste come inizio di parole, la prima consonante si stacca dalla sillaba: arit- metica (tme), pal-ma (lm), bam-bino (mbi),
– dittonghi e trittonghi non si possono dividere (au, ia, …), a meno che non si tratti di uno iato (ma meglio prendere la regola come generale, per non sbagliare, perchè ad esempio pi-o-lo è giusto, ma non si può fare pi-o-ve; allora meglio pio-lo pio-ve)
– digrammi e trigrammi non di dividono mai (sc, gl, gn,…)
– l’apostrofo in fin di riga è ammesso.
I bambini piccoli naturalmente imparano molto meglio a ricoscere la sillaba e quindi a dividere correttamente, seguendo la musicalità dei suoni e facendo esercizio. Ad esempio quando devono andare a capo insegniamo loro a dire la parola a voce alta battendo forte le mani ad ogni interruzione di sillaba: non sbagliano quasi mai!
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DIVISIONE IN SILLABE – Ecco le schede, se possono esservi utili:
coordinarecoperta copia coprifuoco copriletto coraggio corda cordialità coriandolo cornacchia cornetto cornuto corpo correggere corrente corridoio cortesia Co – or – di – na – reCo – per – taco – pia co – pri – fuo – co co – pri – let – to co – rag – gio cor- da cor – dia – li- tà co – rian – do – lo cor- nac – chia cor – net – to cor – nu – to cor – po cor – reg – ge – re cor – ren – te cor – ri – do – io cor –te – sia
Sul retro, dove ci sono le soluzioni per la correzione e l’autocorrezione, pinzo un foglietto, così prima di riporre la scheda il bambino può mettere la sua firma. E poi fa un po’ da “tenda del mistero”…
Poesie per salutarsi prima della campanella in uso nella scuola steineriana, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Di lavorare ho terminato
riposi adesso quel che ho imparato
e viva nel profondo del mio cuore
per darmi luce, saggezza e amore
perch’io sia buono nel profondo
per tutti gli uomini e per il mondo.
Chiocciola
Chiocciolina chiocciolina
vieni dentro alla casina
che se dentro tu verrai
bello il mondo sognerai. si parte in cerchio per mano, l’insegnante lascia la mano di un bambino e guida la fila a formare una spirale verso l’interno Chiocciolina chiocciolina
vieni fuor dalla casina
che se fuori tu verrai
bello il mondo tu vedrai. il bambino più esterno, il “capofila” guida tutti a sciogliere la spirale e si riforma il cerchio.
Chi entra in questa casa porti amore
chi vi sta dentro cerchi conoscenza
chi ne esce porti pace nel suo cuore
Perchè siamo scesi dal cielo?
Non era più bello restare
tra nuvole d’oro, fra stelle,
fra gli angeli in coro a cantare? spirale verso l’interno, per mano Sì, certo, ma è solo qui in terra
che io posso imparare
a voler diventare
un libero uomo
capace di fare. spirale verso l’esterno, per mano, poi cerchio
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche del mattino, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Alba nel mio giardino
O l’alba luminosa del mio giardino…
il sole brilla, gli uccelli cantano…
io scendo in giardino, e sono felice e contento
quanti fiori odorosi… quanta freschezza!
Che bellezza nel mio giardino…
i meli hanno già le foglie verdi
con dei piccoli fiori bianchi che si aprono.
Il fico alza le foglie larghe nell’aria.
Le acque zampillano da ogni parte.
Le farfalle si posano leggere sui fiori.
Ah! che gioia entrare in quel giardino! (Agur)
Io sono Io sono
cammino
più forte che posso
io salto, io salto, io salto
e m’arresto.
Io salto sul muro
raggiungo la torre
e suono le campane
che suonano a stormo.
Lontano ed ampio
ampio e alto
ancora più ampio
io sono.
Scuoletta
La scuoletta tutta bella
del paese piccolino
fa suonar la campanella
ch’è al muretto del giardino.
Chiama, squilla, canta, invita!
Non lo vedi che, a star cheta,
la catena è arruginita?
Hedda
Campanella
Cara voce, campanellina
che dormivi dimenticata
finalmente ti sei svegliata
e rallegri la mattina.
Pallido il sole; giù dai rami
qualche foglia lenta vola;
campanellina della scuola
ma tu canti, ma tu chiami.
Scolarine, scolaretti,
già si affrettano ai cancelli
così lieti, così belli:
uno stuolo d’uccelletti.
D. Rebucci
Io vengo dalle stelle
Io vengo dalle stelle
che proteggono i miei pensieri
io vengo dalla terra
che sostiene i miei passi
io offro il mio cuore
al mondo intero.
Cose belle
Nell’aria gli uccellini,
nell’acqua i pesciolini
in terra i frutti e i fiori,
di splendidi colori
in cielo tante stelle,
ah, quante cose belle.
C’è gioia
C’è gioia nell’acqua che scorre
nel vento che corre
nel fuoco che brilla
nel canto che trilla
c’è gioia nel fiore che sboccia
in tutto è la gioia, la vita
che freme infinita
che ride, che chiama
che palpita ed ama.
Nel cielo stellato
Nel cielo stellato,
che guardo ammirato
nel sasso nel fiore,
ti vedo o Signore
nell’essere mio,
ti sento buon Dio
mi accendi nel cuore,
per tutto l’amore.
Ammirare il bello
Ammirare il bello,
difendere la verità
venerare ciò che è nobile,
decidere il bene
ciò conduce l’uomo,
alle mete nella vita
al giusto nelle sue azioni,
alla pace nel suo sentire
alla luce nel suo pensare,
e gli insegna a confidare
nel governo divino
in tutto ciò che è
nell’universo
in fondo all’anima.
(Rudolf Steiner)
Le montagne
Le montagne sono silenziose e immobili.
Nel loro silenzio, nella loro quiete
parlano della tua grandezza
aiutami ad essere quieto e silenzioso
come una montagna
seduto in silenzio
per ascoltare la tua voce.
Il sole
“Dimmi bel sole”
chiede il bambino
“Che fai levandoti presto al mattino?”
Risponde il sole: “Spengo le stelle
che della notte sono fiammelle.
Fasci di rose spargo sul mare
tutta la terra vado a destare.
Bacio coi raggi fiori e uccellini
batto ai balconi
sveglio i bambini”
Del sol l’amata luce
Del sol l’amata luce,
il giorno a me rischiara
dell’anima la forza,
agli arti dà vigore
nello splendor solare,
onoro o Dio la forza
che tu benevolmente,
nell’anima ponesti
che io sia laborioso,
di apprendere desioso
nascon così da te,
la luce ed il vigore
fluisca ognor a te,
riconoscenza e amore.
(Rudolf Steiner)
Sole che porti la notte e il giorno Sole che porti la notte e il giorno
lieto saluto il tuo ritorno
sotto il tuo raggio crescon le piante
sotto il tuo raggio sbocciano i fiori
tutti vestiti di bei colori
nella tua luce vola l’uccello
pascon sui monti pecora e agnello
l’ape ronzando raccoglie i succhi
per dare il miele a tutti, a tutti
ed io bambino, t’apro il mio cuore
perchè v’accenda luce e calore
come te sole, forte e giocondo
vorrei irradiarli in questo mondo.
Pura
Pura come l’oro più fino
forte come la roccia
limpida come il cristallo
sia l’anima mia.
(Silesio)
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