Dettati ortografici CA CU CO

Dettati ortografici CA CU CO – una raccolta di dettati per la scuola primaria per questa difficoltà ortografica.

colore, cuoio, caramella, colbacco, cucina, cameriere, conto, cuoco, casolare, consolazione, taccuino, carattere, incombenza, cucito, carpentiere, incollare, cubo, incasso, bancone, scuola.

Il cane e il gatto sono animali domestici. Vivono nella casa dell’uomo. Il cane cura la casa e difende l’uomo dai pericoli. Il gatto miagola. Il caco è un frutto autunnale. La castagna è caduta dal riccio spinoso. La corteccia di alcuni alberi è rugosa. Cade la pioggia con violenza. Carla e Carluccio hanno vinto la gara di corsa.

Un cuoco sopraffino
Sei un cuoco sopraffino?
Nota, allora, sul taccuino:
a me il cuor non cucinare:
non lo posso sopportare.
Scuoti bene l’insalata:
se c’è l’acqua è ancor bagnata!
Come cuoio è la braciola
se sul gas la lasci sola:
devi sempre sorvegliare
che non abbia ad attaccare!
E… se cuocere non sai,
torna a scuola e imparerai!

Dettati ortografici CA CU CO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici CHE CHI

Dettati ortografici CHE CHI Una raccolta di dettati per la scuola primaria per queste difficoltà ortografiche.

Cherubino, chiarore, chetichella, chiodo, amiche, buchi, tasche, chiamare, formiche, chiarimento, lumache, chiaroscuro, checchessia, chiacchierata, birichino, vacche, mucche, placche, chimica.

La letterina h è sempre di buon umore, ma non parla mai. Un giorno un uccellino sul ramo di un albero, faceva: “Ci ci ci!”. La letterina h si mise in mezzo, e l’uccellino, con molta sorpresa, non fece più ci ci ci, ma chi chi chi!

Chiave, chiesa, chiodo, chiamare, chiaro, chiedere, chiudere, chioccia, chitarra, oche, fichi, barche, fatiche, chiasso, chiazza, chioma, chiocciola, cherubino, forchetta, ciuchi, falchi.

Inchiodare, schiodare, fischiare, fiaschi, pesche, schiena, scheda, schiuma, taschino, maschera, mosche.

Occhio, occhiali, orecchio, vecchio, specchio, invecchiare, Pinocchio, inchiostro, secchio, occhiata, specchiare, orecchia, mucchio, chicchirichì, chiacchierare, chicca, facchino, tacchino, mucchi, ricchi, chicchi.

La chiesetta chiama con la sua campana. “Venite! Venite!”. Arrivano vecchietti e vecchiette, uomini e bambini, e tutti si inginocchiano davanti all’altare.

Il galletto Codadoro canta a squarciagola. Chicchirichì! Il galletto canta per far uscire il sole. Chicchirichì!

Giovanni si è voluto mettere gli occhiali del nonno. Naturalmente li ha rotti. Il povero vecchietto non ci vede più a leggere.

La chiave è di ferro. Serve per aprire porte e cancelli. Ma anche per inchiavare la serratura quando si vuol chiudere.

I fichi sono dolci e zuccherini. Le pesche sono morbide e succose. Mario chiede alla mamma fichi e pesche. Che golosone!

Co co co! La chioccia chiama i pulcini. Li chiama accanto a sè perchè ha paura che si perdano.

Pippo piange. Vuol la luna che si specchia nell’acqua del pozzo. Pippo è un bambino scioccherello. Non si può avere la luna che si specchia nell’acqua del pozzo.

Occhio, occhiata, occhiello, occhieggiare, occhiali, cannocchiale, vecchio, invecchiare, orecchio, orecchiare, orecchiuto, secchio, secchiello, mucchio, ammucchiare, macchia, smacchiare, chiodo, inchiodare, schiodare, ago, agucchiare, aghino, aghetto, ginocchio, ginocchiata, inginocchiarsi, specchio, specchiarsi, specchietto, Pinocchio.

Dettati ortografici CHE CHI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici CE C’E’

Dettati ortografici CE C’E’ – una raccolta di dettati per la scuola primaria per questa difficoltà ortografica.

Qui di aria buona ce n’è fin che vuoi.

Non c’è nessuno? Allora ce ne andiamo.

Che c’è da ridere?

Ecco, qui c’è tutto; se qualcosa non andasse bene ce lo faccia sapere.

Non abbiamo fatto apposta; ce ne dispiace.

(in costruzione)

Dettati ortografici CE C’E’ – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici – Il vento

Dettati ortografici sul vento – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

 

Il vento è necessario: esso purifica l’aria, e trasportando qua e là le nuvole, modifica il clima. E’ il vento che regola le piogge, che rinfresca e rinnova l’aria, che porta l’umidità così necessaria alle piante. Inoltre, il vento è un gran disseminatore e porta i semi lontano dalla pianta madre, dove possono crescere e prosperare liberamente.

Quando il vento è troppo forte può arrecare grandi disastri. Sradica gli alberi, fa volare i tegoli, solleva, in mare, le procelle. Ma, nonostante i danni che arreca, anche il vento è necessario perchè, trasportando le nuvole, modifica il clima con le piogge e purifica l’aria.

Il vento se la piglia coi vostri capelli e vi soffia dentro come fosse un cespuglio. La gente tira via, serrata nei mantelli, a capo basso, con gli occhi chiusi. Qui il lastrico è liscio, là sepolto sotto piccole dune di sabbia e di bruciaglie sormontate da rotoli di lanugine. A ogni passo ti ruzzano tra i piedi, corrono via folleggiando, la foglia del platano e il brano di giornale, la piuma di gallina e ciocche di paglia, fiocchi di bambagia, di lana, che finiscono a darsi la posta agli angoli delle vie, sulle piazzette, nei cortili, dove si raggruppano, si sbandano, si raccolgono di nuovo e danzano a tondo finchè si sollevano insieme da terra, turbinando in balia di un mulinello. (A. Stoppani)

Il vento radeva impetuoso i  ghiaioni, le sabbie e le acque. Dagli argini si sollevava la polvere delle strade e tutte le fronde dei salici si rovesciavano, imbianchendo; l’aria s’era fatta fredda; gli arbusti e i cespugli davano sibili al vento; un lampo balenò, seguito da un tuono ripercosso dalla terra. (G. Comisso)

Giorno di vento

Nuvole scure mossero contemporaneamente dalle vette dei due versanti; al centro della vallata rimasero separate da una sottile striscia d’un celeste inverosimile, quasi verse.
Si levò un ventaccio gelido; e le nuvole si sfrangiarono, scoprendo un cielo chiaro e infido, che, altissimo, parve un vertiginoso abisso capovolto. (G. Manzini)

I venti
Uno è caldo e uno gelido; questo è furioso e quello dolce e mite; un altro squassa gli alberi schiantando i rami, e un altro invece fa lietamente ondeggiare le erbe, mormorare le fronde… Quale solleva sul mare onde giganti e quale increspa appena le acque gonfiando le vele. Uno ti accarezza dolcemente e un altro ti scaraventa addosso un nuvolo di polvere. (V. Gaiba)

Il vento
Il vento arrivò di colpo dietro la siepe e la passò d’un salto: nessuno lo aveva visto venire, nessuno lo vedeva ed era dappertutto. Aveva sempre sospiri, carezze e parole per le cose amiche. Scavalcando la siepe, il vento rise. Era già sull’erba e piegava i fili verdi ad uno ad uno. La menta e il trifoglio dettero al vento un po’ del loro profumo che lo portasse dove non potevano andare. (G. Fanciulli)

 Venti di marzo
Violenti e scontrosi tra loro, muovono alla pugna uno per volta, dominando il campo nemico. Ecco il vento del nord. Muove dal Polo, freddissimo, nemico dei fiori, delle piogge.  Rischiara l’aria, uccide le api, gela i laghi, le montagne. Il Ponente è cagione di contrasti, piagnucoloso, spira verso sera. E’ utile agli orti, alle fave, alle biade. Suo opposto è il vento dell’est, il vento che arriva dal mare. E’ temperatamente caldo e secco, propizio alle arature, pastore di mandrie di onde. Lo Scirocco, suscitatore di marette d’argento, è vento caldo, turbolento, impetuoso. E’ amico dei fiori, degli orti, utile ai frutti. (F. Tombari)

Effetti del vento
Il vento piega i rami e rovescia le foglie e gli alberi; i prati su cui il vento passa, sembrano più chiari; ciò avviene perchè ogni foglia è più pallida al suo rovescio. Gli alberi che il vento piega maggiormente sono quelli più alti e sottili e nei vasti boschi e nelle praterie le onde prodotte dal vento sono simili a quelle del mare. Gli alberi che nascono presso la spiaggia, e sono esposti al vento, sono tutti piegati; e così piegati crescono e restano. (Leonardo da Vinci; adattamento)

Il vento
Il vento passò dai paesi caldi, prese dagli alberi di aranci e di limoni il loro gradito profumo e continuò il suo cammino. Giunse in una grande città.
Tutti gli abitanti delle case, gli operai delle officine, i sagrestani delle chiese spalancarono finestre e balconi, e il buon vento entrò, portando ovunque la soave fragranza delle erbe e dei fiori… (G. E. Nuccio)

Il figlio del vento
Quando nacque il figlio del vento, alla reggia fecero gran festa. Ma un figlio del vento non può essere che un disastro.
Infatti il vento neonato non era ancora stato messo dalle fate nella culla, che già le copertine e i lenzuolini se ne volavano come bandiere per il cielo. Poi fu la volta delle fasce e dei camicini.
Quando diventò più grandicello e incominciò a camminare, alla reggia accadde il finimondo. Porte, imposte e finestre scrollate, sbattute, spezzate. Che schianti!
Finalmente il monellaccio uscì di casa per andare a giocare. E incominciò a piegare i rami degli alberi fino a spezzarli, giocò a rincorrere le foglie, a strappare i manifesti, a rubare i cappelli ai signori. Poi s’arrampicò nel cielo e giocò al treno con le nuvole.
Un giorno il figlio del vento fu mandato a scuola e imparò a suonare con le canne del fiume e con le spighe del grano. Imparò a spazzare il cielo e a raccogliere insieme i nuvoloni, a far corree le vele sul mare, a far girare le pale dei mulini e a seminare.
Ti piacerebbe conoscerlo?
Guarda fiori dalla tua finestra. E’ lì che il vento passa, nel cielo.

Dettati ortografici sul vento – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici: L’acqua

[wpmoneyclick id=88431 /]

Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.

L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.

L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.

L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.

L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.

L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.

La sorgente
Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)

La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.

Dettati ortografici sull’acqua – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

IL GATTO: dettati ortografici e letture

IL GATTO: dettati ortografici e letture – una raccolta di dettati ortografici a tema, per la scuola primaria, di autori vari. Difficoltà ortografiche varie.

Accovacciato con la lunga coda tra le zampe, il gatto sembra dormire. A un tratto un topolino sbuca dalla fessura di una porta. Dapprima il gatto finge di non vederlo, ma lo osserva a occhi socchiusi. Poi si anima, muove il capo con rapidi scatti, si avvicina alla preda con passo silenzioso, quasi camminasse sul velluto. Infine compie un balzo, piomba addosso al topolino e lo afferra con gli unghioni che nel frattempo ha sfoderato.

Il gatto è furbo, malizioso, pigro ed egoista. Tutti i difetti! Ma si fa perdonare volentieri per le sue moine, le sue smorfiette gentili; per la voglia di giocare che lo fa ruzzolare per ore e ore con una palla, con un gomitolo, con un pezzetto di qualcosa legato ad un filo. Ha il pelo morbido ed è un piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e chiude gli occhi e par che dica: “Che piacere mi fai, padroncino!” (G. Reichelt)

Il gatto ha il pelo morbido e fa piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e sembra molto soddisfatto. Ma ecco che si stanca, e allora tira fuori le unghie e giù un bel graffio sulla mano!
Micia, micia, dove sono i tuoi micini? Eccoli qua, morbidi e tiepidi nel cesto dove sono nati. La micia non li lascia mai e li lambisce amorosamente.

Miao miao fa il gattino affamato. Qualcuno gli dà un piattino di latte tiepido. Il gattino lecca il latte con la linguetta ruvida e rosa.

Il gattino ha preso un gomitolo e ora ci gioca, arruffandolo tutto. Povero gomitolo e povera nonna! Lo fa ruzzolare da tutte le parti.

Il balzo rapido che il gatto compie e che gli permette di piombare dritto alla preda senza che questa abbia il tempo di sottrarsi con la fuga, è consentito dalle agili zampe posteriori, molto più sviluppate delle zampe anteriori, mosse da robusti muscoli che consentono di compiere salti anche di due o tre metri. Inoltre, mentre la spinta delle zampe proietta il corpo in avanti, l’elastica colonna vertebrale consente al corpo di allungarsi, mentre la coda, funzionando da timone, rende preciso e infallibile il salto. (Palombi)

Forse mai altro animale al mondo, ha avuto, nel corso dei secoli, tanti sostenitori e tanti nemici come il gatto. Forse mai altro animale è stato oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato, incolpato dei peggiori misfatti come il gatto. La fierezza del suo carattere gli impedisce di rendersi utile al suo padrone assoggettandosi a un qualsiasi lavoro. Il gatto è utile per la caccia ai topi, ma non bisogna dimenticare che esso compie questo lavoro seguendo il proprio istinto di predatore.

In Egitto, i gatti erano certamente allevati in gran numero e tenuti nel massimo conto. Antichi monumenti raffigurano i più famosi rappresentanti delle dinastie egizie in compagnia del fedele gatto che, a quel che pare, godeva considerazione al pari di un essere divino. Con i più terribili supplizi erano puniti coloro che si rendevano colpevoli della morte di un gatto.

Un caldo e morbido cuscino, la carezza ripetuta del padrone, il piacere di sentirsi delicatamente grattare fra le orecchie, provocano il caratteristico ron ron. Il gatto si abbandona anche a far le fusa e giunge ad accarezzare il suo padrone ritirando le unghiette entro le zampine di velluto.

Il gatto è un dormiglione e per lunghe ore sta accoccolato, placidamente immerso in un sonno in apparenza profondo, ma in realtà assai leggero. Anzi, molto spesso, a un’osservazione più attenta, il gatto che crediamo addormentato, ci sta scrutando attraverso una fessura delle sue palpebre, osservando i nostri movimenti.

Si dice che il gatto preferisca la casa al padrone. Infatti, si è constatato in moltissimi casi che i gatti, portati dal padrone in una nuova abitazione, hanno saputo, con mirabile senso dell’orientamento, ritrovare l’antica dimora, preferendo questa, magari a costo di abitarne solamente la cantina o la soffitta, all’accogliente appartamento del padrone.

E’ notorio che il gatto ha la zampa lunga. Punito severamente per le sue imprese ladresche, il gatto persevera nelle sue abitudini e approfitta di qualsiasi occasione. Ruba anche quando è ben pasciuto, spinto dalla gola o semplicemente dal suo istinto di predatore che, in mancanza di prede vive, si rivolge a qualsiasi leccornia venga imprudentemente lasciata alla sua portata.

La straordinaria potenza visiva del gatto si spiega con la grande capacità di adattamento della sua pupilla alle diverse intensità luminose. Ridotta a una strettissima fessura, quando la luce è intensa, la pupilla si dilata enormemente nella penombra, sì da percepire anche il più debole raggio luminoso.

Il gatto tigrato, detto anche soriano, è uno dei gatti più comuni di tutto il mondo. Di mole piuttosto massiccia, ha la testa grossa e il muso corto. La pelliccia è morbida, vellutata, composta di peli corti e fitti variamente colorati. I colori più comuni sono il grigio e il giallastro, a righe alterne. La coda è relativamente corta.

Il gatto ha una vista acutissima; da ciò deriva la credenza popolare che esso vede anche al buio. Si tratta di un’esagerazione, perchè se è vero che il gatto è in grado di distinguere gli oggetti e di orientarsi anche quando la luce è scarsissima, è tuttavia incapace di vedere al buio assoluto.

Quando il gatto ha sentito la preda, i suoi istinti selvaggi si accendono e si sfrenano nella caccia. Non si accontenta di tenere a lungo la preda sotto l’incubo dell’agguato, ma una volta afferratala con gli uncinati artigli, non la sopprime immediatamente, ma si diverte a farle provare, minuto per minuto, il tormento della morte che si avvicina.

Il gatto, di fronte al nemico, generalmente scappa, ma se non trova via di scampo, non esita a combattere con coraggio e slancio. Il pelo irto sul dorso arcuato, gli occhi lampeggianti, gli artigli interamente sfoderati, la schiuma alla bocca, richiamano alla mente che questo piccolo, leggiadro felino altro non è che un parente assai prossimo del leone, della tigre e di altri ferocissimi felini selvaggi.

La gatta mette al mondo i suoi piccoli in un giaciglio preparato con cura in un angolo tranquillo, dal quale trasloca in gran fretta, trasportando i suoi piccoli ad uno ad uno, quando l’istinto le faccia temere qualche minaccia. La gatta è ottima paziente nutrice che non si accontenta soltanto di nutrire i suoi piccoli, ma si preoccupa di tenerli sempre puliti e ravviati, lisciandoli di continuo con la sua ruvida lingua.

La famiglia dei felini è la più grande e la più importante nell’ordine dei carnivori e comprende animali di dimensione molto varia, dal gatto alla tigre, dal leone al leopardo, al giaguaro. Tutti sono formidabili mangiatori di carne. Di forme flessuose ed eleganti, queste fiere hanno una pupilla che si restringe alla luce fino a diventare una sottile fessura e le unghie retrattili che possono, cioè, rinfoderarsi entro apposite guaine.

Agili, scattanti, fulminei nel salto, i felini sanno arrampicarsi e nuotare, sono veloci nella corsa anche se non resistenti. Hanno per lo più abitudini notturne e cacciano all’agguato: poichè devono seguire prede che non vedono e di cui talora non sentono l’odore, imparano a giovarsi delle minime indicazioni come le impronte. Controllano i loro movimenti istintivi e si spostano con leggerezza senza fare il minimo rumore.

Quanto è morbido il pelo del gatto! La testa rotonda, le orecchie appuntite, i begli occhi dalla pupilla cangiante e i lunghi baffi lo rendono assai grazioso. E’ un quadrupede, e le sue zampe, terminanti con cinque dita per ogni piede, poggiano su speciali cuscinetti elastici con cui tocca il suolo quando cammina, per modo che i suoi passi non producono rumore. Le unghie sono di solito nascoste e sollevate da terra quando non sono usate. Ma, al momento del bisogno, il gatto è in grado di spingerle all’esterno e, acutissime come sono, diventano un’arma formidabile per catturare la preda. Se poi deve difendersi da un animale più forte di lui, esse gli servono per mettersi in salvo arrampicandosi sugli alberi. I denti aguzzi gli consentono di strappare e sminuzzare la carne di cui si nutre. Il gatto è un mammifero carnivoro. Appartiene alla famiglia dei felini, di cui fanno parte altri animali grossi e feroci: il leone, la tigre, il leopardo, la pantera, la lince.

Il gatto

Forse nessun altro animale è stato nel corso dei secoli oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato , incolpato dei peggiori delitti e messo al bando dalla società umana, come il gatto. Ma forse ciò dipende dalla sua natura, perchè il gatto, pur in tanti e tanti anni di vita domestica, non è ancora riuscito a vincere la sua diffidenza per l’uomo. Ciò, forse, dipende dalla sua appartenenza alla famiglia dei felini, che annovera gli animali più feroci della terra.

Dettati ortografici sui gatti – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE  – Una collezione di dettati ortografici sul giorno e la notte: il mattino, il sorgere del sole, l’alba, l’aurora, il crepuscolo, ecc…

Sorge il sole
Verso oriente appare un’aureola di un colore rosso sanguigno. Poi ad un tratto una scintilla luminosa guizza in mezzo a quel rosso sfolgorante, cresce, si innalza, si ingrossa, prende la forma di un disco, che ad ogni punto manda sprazzi luminosi. Il sole spande la sua luce sulla terra e nel cielo. G. Mercanti

Il mattino
Le stelle si spengono ad una ad una, mentre il cielo si rischiara. E’ l’alba. Poi il cielo si tinge di rosa. E’ l’aurora. Cantano i galli, pigolano gli uccelli, squillano le campane. Il sole appare all’orizzonte. Nelle case la gente si alza e si prepara per il lavoro. Fischiano le sirene degli stabilimenti. SI aprono i negozi, le botteghe, e i bambini si avviano verso la scuola.

La sera
Il sole tramonta e l’aria si fa scura: è il crepuscolo, poi viene la sera. Nelle vie si accendono i lampioni e le insegne pubblicitarie. E’ tutto uno sfavillare di luci. Chi lavora nei campi torna a casa. Si chiudono i negozi, i laboratori, gli stabilimenti. In cielo brillano le stelle. Nelle case, dopo la giornata di lavoro, le famiglie si riuniscono, cenano, chiacchierano, riposano, ascoltano la radio, assistono agli spettacoli televisivi.

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il sole

Il sole era l’orologio degli antichi: un orologio luminoso che non si fermava mai, che non si guastava mai, ma che solo una nuvola, una piccola nuvola rosea, bastava a celare agli occhi degli uomini.

Il sole
Sia benedetto il sole che ci illumina, ci riscalda, fa nascere i fiori e le piante, dona a tutta la natura i più bei colori. Esso è sempre benefico e meraviglioso, sia che indori le messi, sia che risplenda sulle montagne coperte di neve!

Il sole
Il sole, che ci appare come un bel disco bianco e luminoso verso mezzogiorno, rosso sanguigno verso il tramonto, è un globo immenso, molto più grande della nostra minuscola terra. Se rappresentassimo il sole come una grossa arancia, la terra sarebbe come la testa di uno spillo. La terra, con tutte le sue magnificenze, con i suoi monti altissimi, i suoi oceani immensi, diverrebbe, paragonata al sole, solo un insignificante puntolino.

La luna
E’ l’astro pallido delle notti. Viaggia solitaria nel cielo e passa sopra il mondo addormentato. La sua luce fa la terra tutta d’argento e i grilli cantano e le fanno la serenata.

L’alba
L’alba si veste di rosa e corre a spalancare le porte al sole! Avanti oh re sole, tu sei benvenuto fra noi! Tu fai prosperare le piante, fai sbocciare i fiori, riscaldi e illumini la terra, dai salute e forza all’uomo.

Il sole
Prima di levarsi, il sole mandò un saluto al cielo e diede una pennellata di rosa alle nuvolette bianche. L’allodola, allora, partì dalla zolla dove aveva dormito e gli venne incontro nel cielo per fargli il suo bel canto mattutino. (G. E. Nuccio)

Mattino
Il sole s’affacciò sul mare, indorò le cime dei monti e dei campanili, i tetti delle case, le cime delle piante, poi gettò un tappeto d’oro sulla campagna e mille specchietti sulle onde del mare e sulle acque dei fiumi e dei laghi. Allora i galli cantarono la sveglia, le campane gridarono: din don, din don, e gli uccelli, dagli alberi, si scambiarono i saluti del buon giorno. (G. E. Nuccio)

Il sole
Noi non lo pensiamo, ma tutto ciò che si muove, circola, vive, sul nostro pianeta, è figlio del sole. Le messi che ci daranno il pane quotidiano maturano per opera del sole. E così la frutta, così gli ortaggi. Il legno che ci scalda l’inverno racchiude il calore che il sole donò all’albero. Tutto il mangiare, la vita stessa, ci viene dal meraviglioso astro del giorno.

Il mattino
L’ora in cui si sveglia la natura è un’ora di pace ed insieme di attività. Tutti gli esseri riprendono il loro lavoro. Gli uccelli cantano, rivolti all’astro raggiante. Intorno alle case campestri, gli animali domestici riprendono la loro attività. Quale spettacolo più bello che quello di vedere sputare il sole? Esso si leva nel cielo cacciando le ombre, illuminando gli angoli più nascosti, mettendo dappertutto gioia, calore, luce.

Le stelle
Tutto il cielo è popolato di stelle. Sembrano piccolissime e sono immense. Sembrano lucciole in un prato infinitamente vasto. Oppure innumerevoli fanalini di una stupenda illuminazione. ALcune ardono solitarie, altre si raggruppano formando immagini di animali, di fiori, fontane di luce, carri luminosi. Sembrano occhi aperti sulla terra; occhi degli angeli che guardano gli uomini dal cielo.

Le stelle
Le stelle hanno i più diversi colori. Ve ne sono di quelle rosse come la lanterna di un vascello all’ancora, di notte; come i tizzoni che vegliano nei caminetti deserti, o come occhi di fantastici animali. Altre hanno il pallore della perla o della della goccia d’acqua che racchiude un riflesso di luna. Altre sono azzurrine come fossero tanti fiorellini sbocciati lungo le rive di un ruscello.

Risveglio mattinale
Dal monte e dalla pianura, dai fiumi e dai prati, si alza un’armonia infinita, in cui si confondono le mille voci della natura. E’ canto degli uccelli pei campi; è suono di campane pei borghi; è frequente svolazzare di insetti; è raro camminare di uomini. Più tardi il canto dei contadini copre quello dei fringuelli, nelle selve l’eco porta dai casolari il greve rumore dell’incudine. Il rumore cresce, cresce, a poco a poco e, dalle officine stridenti, dai campi vaganti, si alza solenne la voce del lavoro umano. (F. M. Martini)

Il mattino
Al mattino gli uomini sono più buoni. E’ l’ora che gli angeli entrano nelle case per esaudire le preghiere e mettono il pane nelle madie, il latte nelle scodelle, l’acqua nei catini, ravvivano il fuoco sulla cenere, aprono le finestre alla luce. E il cuore vola via come l’allodola ad incontrare il giorno. (R. Pezzani)

A sera
Il sole è spento, la terra ravvolta nel suo mantello notturno nasconde le sue membra agli occhi di tutti: le creature dormono quasi tutte e non si parlano che all’orecchio. Perfino il mare si raccoglie e nasconde le sue tinte smaglianti. E’ allora che il cielo ci parla col silenzio dei suoi spazi infiniti, con lo scintillio dei suoi milioni di stelle e con la luce malinconica e fredda della luna. (P. Mantegazza)

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il giorno
Il cielo schiarisce all’alba; il sole sorge all’aurora. Quando il sole è arrivato in alto, nel cielo, è mezzogiorno. Quando declina è pomeriggio; quando si nasconde dietro l’orizzonte si dice che tramonta. Ed ecco la sera e infine la notte, quando tutti riposano.

Il sole sulla casa
La casa è soleggiata. I vetri scintillano alla luce del sole, la facciata bianca splende. Chiudiamo le persiane, abbassiamo le tende, faremo un po’ d’ombra. Un raggio passa fra le stecche delle persiane e traccia righe di luce sul pavimento. Ma si sta bene nella stanza fresca, semioscura.

Mezzogiorno
E’ l’ora della luce e del rumore. Le strade si animano, i bambini escono dalla scuola, corrono, si spingono, vociano. Gli uomini tornano al lavoro: i contadini dai campi, gli operai dalle officine. Le campane suonano, i tram corrono sulle rotaie, le automobili si incrociano e rombano. Tutti vanno verso la propria casa dove li aspetta la tavola apparecchiata.

Il tramonto in campagna

Era il tramonto; ma il chiarore del giorno non voleva cedere alla notte, e s’indugiava tremando su tutte le cose, sui comignoli delle cascine, sui filari dei meli in fiore, sui pini, sulle cime ondeggianti dei cipressi. Da tutte le parti gli uccelletti salutavano chiassosi e cinguettanti il giorno che moriva lento e restio; avevano ancora qualche cosa da fare, non fuggisse via; c’era ancora qua e là da raccogliere per i nidi l’ultima pagliuzza e poi sciogliere dall’albero l’ultimo canto. (G. Pascoli)

Il sorgere del sole

Ormai le stelle sono impallidite e ad una ad una scomparse. La campagna si ridesta col cinguettio degli uccelli che aspettano il primo raggio di sole. Ed il sole ritorna. Dapprima è un crescendo di luce in un punto, sulla cresta della collina, dove i veli e le nuvolette si fanno d’oro splendente, poi la luce trabocca in un getto di raggi che si slanciano su nel cielo e inondano la terra, finchè il disco ardente si affaccia e sale con lentezza maestosa e riprende il suo cammino nel cielo. (M. Maggini)

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Favole e altre storie di animali

Favole e altre storie di animali – una raccolta di favole adatte alla lettura e il riassunto per le classi prima e seconda della scuola primaria, disponibili anche in  scheda e stampabili gratuitamente in formato pdf.

Il picnic degli animali

Le orchidee erano in fiore nella giungla.
Per festeggiare la primavera gli animali avevano fatto un picnic. Alla fine…
“Brrr!” barrì l’elefante sollevando la proboscide. “Non si può lasciare così la radura: con tutti questi piatti e questi bicchieri di plastica sparsi, con le bottiglie vuote e le cartacce e gli avanzi di cibo… Qualcuno deve far pulizia!”
“Io non posso” disse l’ippopotamo. “Devo tornare subito al fiume.”
“Neppure io” disse l’airone rosa “ho paura di sporcarmi le piume.”
“Rrrr!” ruggì il leone “Neppure le grandi piogge potranno distruggere questi orribili rifiuti: la foresta intristirà con tanti pezzi di vetro, di plastica e di latta. Non ci sarà dunque nessuno che farà pulizia?”
“Lo farò io!” disse allora lo scimpanzé “ho le mani!”

Bra, il diverso
Bra il bradipo viveva nella giungla, sull’alto albero della gomma, penzoloni a trenta metri da terra.
Gli altri animali lo prendevano in giro: “Guarda quello: sta sempre aggrappato ad un ramo! Sta sempre capovolto! E’ diverso da noi!”
Ma un giorno le grandi ali spiegate dell’aquila rapace disegnarono nel cielo un’ombra scura.
Il tapiro dalla paura infilò il muso nell’ortica. Il formichiere dallo spavento si coprì la testa con la coda.
L’armadillo dal terrore cominciò a tremare.
Tutti gli animali tacquero agghiacciati. E Bra?
“Bra è stato l’unico a non aver avuto paura” dissero gli animali non appena l’aquila se ne fu andata.
“Nessun animale della foresta riesce a nascondersi meglio di lui. Chi volete che lo veda? Appeso a un ramo anche quando dorme, sembra una palla di muschio. E pensare che noi lo prendevamo in giro!”

L’uccellin del freddo
Viene l’inverno: e con gelide tramontane spazza ogni cosa e copre di neve e di silenzio la terra. L’inverno è lì che mette bianco sui campi, quando vede un uccellino che va volan-do da una siepe all’altra.
“O tu che fai?” domanda. “Da dove scappi?”
“Stavo su, nella boscaglia; e sono venuto al basso a far due chiacchiere col mio amico pettirosso”.
“Ah sì? E il tuo amico dov’è? Partito? E tu che fai qui? Perché non sei andato con lui?”
“Io non ho paura del freddo. Dopo di te tornerà la prima-vera; e sto ad aspettarla.  Trre trre terit!”
“Ora comando io; e non voglio che voli e canti, ma riposo e silenzio”: Ciò dicendo, l’inverno copre di neve anche le siepi degli orti e dei giardini. L’uccellino, che si era nascosto in una catasta di legna, si trova al mattino in mezzo alla neve, ma non si perde d’animo e ricomincia a cantare “Trre trre terit!” L’inverno apre il sacco dei venti e da uscire una tramontana così arrabbiata da far scappare anche i lupi.
L’uccellino, che si era nascosto in un tronco d’albero, trova al mattino tutto gelato, ma non si perde d’animo e ricomincia a cantare: “Trre trre terit!”
“Ma insomma, tu chi sei?”
“Io sono il Re di macchia, sono lo scricciolo, il reattino.”
“Ah! E ancora non senti freddo?”
“Lo sopporto. Sono abituato ai venti delle montagne.”
L’inverno rimane sopra pensiero; dice:
“Sei piccolo ma ardito. Mi piaci. Resta pure con me. Sarai il mio uccellino: l’uccellin del freddo.”

Il topino sapientone
C’era un bambino che non  studiava; il suo libro sempre lasciava di qua, di là.
Un topolino, per imparare, le lunghe pagine a rosicchiare incominciò. E rodi e rodi coi forti denti, lettere e sillabe, virgole e accenti, tutto mangiò. Credette allora d’esser sapiente; agli altri topi diceva: “Oh gente, v’insegnerò. “
Tutti li accolse nella sua scuola, ma aperto un libro… una parola non rivelò. Risero tanto tutti i topini e poi scapparono, quei birichini, gridando: “Oh! Oh! Rodere i libri non vuol dir niente, bisogna leggerli, signor sapiente!”

Chi troppo vuole…
C’era una volta una gallinella nera che faceva un uovo tutti i giorni. Figuratevi la contentezza della sua padrona! Appena sentiva il coccodè, correva al pollaio e beveva l’uovo fresco.
Ma quella donna, avendo osservato che la gallina era molto magra, pensò: “Se diventasse grassa, mi farebbe almeno due uova al giorno!”
E per questa speranza, incominciò a nutrire la gallina con bocconi ghiotti e abbondantissimi. La gallina cresceva a vista d’occhio. Ma quando davvero fu bella grassa, smise di fare le uova.

La rosa e il bruco
Un bruco verde disse a una rosa: “Tu sei bella e odorosa; ma che peccato! Il tuo gambo è pieno di spine!”
E la rosa rispose: “Caro mio, se non avessi le spine, a quest’ora tu saresti arrivato fin quassù e avresti mangiato il bocciolo mio fratello”.

Piccioncini
Nel nido nacquero due piccioncini. Non avevano penne, tenevano sempre gli occhi chiusi. Il babbo e la mamma li vegliavano continuamente. Li imbeccavano; li coprivano col loro corpo per tenerli caldi. E i piccioncini facevano:”Pio pio!”. Come per dire che erano contenti di essere nati, come per ringraziare il babbo e la mamma delle premure che avevano per loro.

La tartaruga
Una mattina la tartaruga si mise in cammino per sbrigare certi suoi affari piuttosto urgenti.
Doveva recarsi da un coniglio banchiere, che aveva il suo ufficio a due miglia di distanza. Cammina cammina, una fermatina qui, e una chiacchierata più là, in dieci ore e più fece appena cinquanta passi.
E allora dovette accorgersi che già faceva buio. Si guardò intorno, e disse con un sospiro: “Ah, come sono corte le giornate!”

La mosca e il moscerino
Due bovi aravano faticosamente il campo, spinti dal contadino. Una mosca volava intorno ai bovi e poi andava a posarsi sull’aratro, con un’aria di grande importanza; poi tornava a volare, a ronzare, a fermarsi sull’aratro: insomma, quanto daffare!
Un moscerino, intanto, passava di lì e le chiese: “Perché ti affatichi così? E che cosa fai?”
La mosca arrogante rispose: “Non lo vedi? E’ proprio necessario spiegarlo? Solamente tu non capisci; noi ariamo la terra.”
A questa risposta perfino il moscerino si mise a ridere.

Il gallo e il sole
Un gallo faceva chicchirichì tutte le mattine, prima che il sole si levasse. E ripeteva spesso con grande vanità: “Sono io che faccio levare il sole!”. Tutti i polli avevano un gran rispetto per il gallo perchè credevano che fosse davvero il padrone del sole.
Una mattina il gallo dormì più del solito, e quando si svegliò, si accorse che il sole era già alto.
Povero gallo, come rimase confuso e avvilito! Perfino le galline risero di lui.

Il corvo e la volpe
“Quanto sei bello!” diceva la volpe a un corvo, che se ne stava appollaiato sul ramo di un albero, e teneva nel becco un pezzo di cacio.
“Che belle piume nere! Se tu avessi una voce melodiosa, ognuno ti chiamerebbe il re degli uccelli!”.
Queste lodi fecero girar la testa al povero corvo, che aprì il becco per cantare.
Ma il cacio cadde in terra e fu subito addentato dalla volpe.

Il ghiro e il mastino
Dopo aver dormito cinque mesi interi, un ghiro usciva per la prima volta dalla sua tana, ancora tutto intorpidito. Ed ecco, appena arrivato all’orlo del bosco, vide passare un cerbiatto che correva come il vento. Il ghiro rimase sbalordito, impaurito, e subito tornò nella sua tana. Stando sull’uscio diceva: “Ma che stranezza! Che sciocchezza! La gente assennata non corre mai in quel modo!” Un vecchio mastino, che era lì fermo a godersi il sole, udì quelle parole e osservò: “Caro mio perché vuoi misurare gli altri, confrontandoli con te? Se la natura ha fatto tanto diversi il ghiro e il cervo, non devi meravigliarti se tu sei tanto lento e il cervo è tanto rapido.”

Tra i due litiganti il terzo gode
Un orso e un leone si litigavano tra di loro per un pezzo di carne.
“L’ho visto prima io!” esclamava l’orso.
“Ma io l’ho preso!”, ribatteva il leone.
“Dunque dividiamolo a metà!”
“No, perché è tutto mio!”
Dalle parole passarono ai fatti, e cominciarono a picchiarsi come disperati. Picchia picchia, si stancarono, e alla fine dovettero distendersi per riposare un poco. Così distesi, si addormentarono.
Intanto il pezzo di carne era rimasto in terra e ci camminavano sopra le formiche.
Una volpe sbucò dalla macchia, prese il pezzo di carne,  e se ne fece una bella scorpacciata con tutto il suo comodo.

La parola data
Un lupo affamato uscì dal bosco e arrivò fino alle case degli uomini. Dalla finestrina di una casuccia uscivano le grida di un bimbo imbizzito, e il lupo disse fra sé: “Come mi piacerebbe non far gridare più quel bambino!” e si leccava le labbra. Giusto in quel momento una vecchia, dentro la casuccia, diceva: “Bada, bambino, se non smetti di piangere ti darò al lupo!”.
“Benissimo” pensò il lupo “è proprio quello che cerco io”. E si mise a sedere, perché era inutile andare a cercare più lontano quello che orai era tanto vicino. Bastava solo aspettare.
Aspetta, aspetta, si fece notte e nessuno gli portava il bambino. Forse si erano tutti addormentati. Ma verso la metà della notte, si udì il bimbo piagnucolare, e la vecchia gli diceva: “Non piangere, bambino mio, tesorino mio. Non ti darò al lupo; anzi,  se viene lo ammazzeremo col fucile di tuo padre.” Il lupo brontolò:
“Che gente! Si vede che qui non usa mantenere la parola data.”

Il rondinino pigro
Le rondini insegnavano a volare ai rondinini, che lesti lesti facevano un giro in aria, e poi tornavano a riposarsi nel nido. Però un rondinino pigro e pauroso non voleva muoversi mai dal nido. Il suo babbo e la sua mamma non riuscivano a persuaderlo con il loro cinguettio. Il rondinino nascondeva perfino la testa dentro al nido. Finalmente il babbo e la mamma si stizzirono. E afferrato per le ali il rondinino pigro, lo trasportarono insieme con loro. Poi lo lasciarono andare nell’aria.
Il rondinino traballò, come se dovesse cadere; ma dopo un istante volò allegramente insieme con tutti gli altri.

Il topo e il leone
Un topo, senza volere, passò una volta sul corpo di un leone addormentato. Il leone si destò di soprassalto, e con una delle sue zampone afferrò il topo. “Per carità non mi ammazzi!” esclamò il povero animalino “Non volevo disturbarla e le prometto che ad ogni occasione l’aiuterò volentieri”…Il leone cominciò a ridere, nel sentir dire che un topo gli prometteva di aiutarlo. E tanto rise, che allargò la zampa, e il topolino potè fuggire tutto contento.
Passò del tempo, e una volta il leone restò impigliato in un laccio teso dai cacciatori. Si dibatteva furiosamente, ruggiva in modo da far tremare gli alberi, ma la fune non si spezzava perché era molto grossa e resistente. In quel momento arrivò di corsa il topolino. “Aspetti un poco” disse quando ebbe visto di che cosa si trattava, “Per me il rodere è un divertimento!”. In verità dovette rodere con molta fatica per più di un’ora. Ma alla fine la  corda si spezzò e il leone fu libero. “Vede?” disse il topo “Ora lei non ride più; e ha capito che anche un poveraccio come me può essere utile davvero al re degli animali.”

Il gatto e i topi
In una casa vivevano moltissimi topi. Un gatto riuscì ad entrare nella casa e cominciò a catturarli. Questi si accorsero che la faccenda si metteva male, e dissero: “Sapete che facciamo? Non scendiamo più dal soffitto, fin quassù il gatto non potrà certamente raggiungerci.
I topi smisero così di scendere in basso, ma il gatto cercò il modo di essere più furbo di loro. Si aggrappò con una zampa al soffitto e si lasciò penzolare, fingendo di essere morto. Uno dei topi lo vide in quella posizione, ma gli disse: “No, amico mio. Neppure se ti riducessi a sembrare un sacchetto, io ti avvicinerei!”

Gli uccelli nella rete
Un cacciatore tese la rete sulla riva di un lago. Vi rimasero prigionieri molti uccelli. Ma erano grossi: sollevarono la rete da terra e volarono via con essa. Il cacciatore si mise a rincorrerli.
Un contadino lo vide e gli disse: “Dove corri? Credi di poter raggiungere un uccello che vola?
Il cacciatore rispose: “Se fosse un uccello solo, non lo raggiungerei. Ma questi non mi sfuggiranno.”
E così avvenne. Al calar della sera, gli uccelli volevano ritornare al loro nido ciascuno in luoghi diversi: uno verso il bosco, un altro verso la palude, un terzo verso i campi. E finirono per cadere a terra insieme alla rete.
Così il cacciatore li catturò.

La coda della volpe
Un uomo aveva catturato una volpe e le domandò: “Chi ha in-segnato alle volpi ad ingannare i cani con le loro code?”
La volpe ribattè: “Ingannare i cani? Noi non li inganniamo; fuggiamo dinanzi a loro più in fretta che possiamo.”
L’uomo insistette: “No, voi li ingannate con la coda. Quando i cani stanno per raggiungervi e cercano di catturarvi, voi scuotete la coda da un lato; il cane si slancia sulla coda, e voi fuggite dal lato opposto.”
“Non lo facciamo per ingannarli,” spiegò la volpe sorridendo “ma per cambiare direzione. Quando il cane sta per raggiungerci e noi vediamo che non possiamo sfuggirgli, cerchiamo di cambiare direzione; ma per girarci in fretta, dobbiamo spingere la coda dal lato opposto, come fate voi uomini con le braccia, quando correte e fate una curva. Non è un inganno; ce lo ha insegnato la natura stessa quando ci ha create per impedire che i cani acchiappassero tutte le volpi, dalla prima all’ultima.”

Il cervo e la vigna
Un cervo, inseguito dai cacciatori, si nascose in una vigna. Appena i cacciatori si allontanarono, il cervo cominciò a brucare le foglie larghe della vite.
I cacciatori notarono le foglie muoversi, e pensarono: “Forse, laggiù si nasconde qualche animale selvaggio.”
Spararono e ferirono il cervo. E questi, già vicino alla morte, disse: “Me lo sono proprio meritato: ho voluto mangiare proprio ciò che mi aveva nascosto e salvato la vita.”

L’asino e il cavallo
Un uomo possedeva  un asino e un cavallo. Mentre percorrevano la stessa strada con il loro carico, l’asino disse al cavallo: “Che fatica! Non ho più le forze per portare tutto questo peso. Prendi tu qualcosa.”
Il cavallo rifiutò e l’asino, privo di forze, cadde a terra e morì.
Il padrone, allora, caricò tutta la roba sul dorso del cavallo, e per giunta, anche la pelle dell’asino. E il cavallo si lamentò: “Ahimè, come sono sfortunato! Poco fa non ho voluto dare un piccolo aiuto al mio compagno, ed ora devo portare tutto il suo carico e per di più anche la sua pelle.

La testa e la coda del serpente
Un giorno la coda del serpente attaccò lite con la  testa: si doveva stabilire quale delle due dovesse andare avanti per prima.
La testa diceva: “Tu non puoi andare avanti per prima; non hai occhi e non hai orecchi!”.
La coda rispondeva: “In compenso però, io ho la forza. Sono io che ti faccio muovere. Se per capriccio mi arrotolo intorno ad un albero, tu non ti puoi spostare più.
Propose la testa: “Allora, separiamoci.”
La coda si staccò dalla testa e cominciò a strisciare da sola. Ma poco dopo non vide un crepaccio e vi precipitò dentro.

La gru e la cicogna
Un contadino tese le reti e riuscì a catturare alcune gru che gli danneggiavano il raccolto. Fra di esse vi era anche una cicogna. Per salvarsi, disse al contadino: “Lasciami andare, io non sono una gru, ma una cicogna. Fra tutti gli uccelli, noi siamo la specie più rispettabile: io abito infatti sul tetto della casa di tuo padre. Se guardi le mie piume, ti accorgi che non sono una gru”.
Il contadino rispose: “In compagnia di gru ti ho acciuffato, in compagnia di gru ti mangerò”.

La formica e la colomba
Una formica era assetata e si avvicinò alla riva di un ruscello. Un’onda la investì e la fece cadere nell’acqua. Una colom-ba, che passava portando un ramoscello nel becco, vide la formica in pericolo e le lanciò il ramoscello. La formica vi si aggrappò e fu salva. Qualche tempo dopo, un cacciatore stava per catturare la colomba nella sua rete. La formica gli si accostò e gli morse una gamba. Il cacciatore sussultò e si lasciò sfuggire la rete dalle mani. La colomba aprì le ali e volò via.

La mucca da latte
Un uomo possedeva una mucca, che gli dava ogni giorno un secchio di latte. L’uomo invitò alcuni amici a casa sua e, per avere più latte da offrire loro, per dieci giorni non munse la mucca. Pensava che  il decimo giorno avrebbe potuto avere dieci secchi di latte. Invece, il latte si era fatto denso e acido; così quando il padrone munse la mucca, questa gli diede meno latte che le altre volte.

Il lupo nella polvere
Un lupo voleva catturare una pecora del gregge e si accostò sotto vento, in modo da restare nascosto nel polverone che il gregge si lasciava dietro.
Il cane del pastore lo vide e gli disse: “Sbagli, lupo mio, a camminare nella polvere: gli occhi ti si ammaleranno.”

I cani e il cuoco
Un cuoco preparava il pranzo e i cani stavano sdraiati davanti alla porta della cucina. Il cuoco uccise un vitello e gettò gli intestini in cortile. I cani mangiarono tutto allegramente e dissero: “Che bravo cuoco! Cucina benissimo!”
Poco dopo il cuoco cominciò a ripulire piselli, rape, cipolle, e gettò fuori ciò che scartava. I cani annusarono e dissero: “Come ha peggiorato il nostro cuoco! Prima faceva da mangiare così bene, ma ora non vale più nulla.
Il cuoco, però, non si curò dei cani e continuò a preparare il pranzo, che fu consumato e lodato dai clienti del ristorante.

Il lupo e i cacciatori
Un lupo aveva catturato una pecora e se l’era mangiata. Sopraggiunsero alcuni cacciatori, riuscirono a prenderlo e deci-sero di ucciderlo. Il lupo disse loro: “Voi volete uccidermi, ma non è giusto. Se io sono povero, non è colpa mia: la natura mi ha fatto così”.
I cacciatori risposero: “Noi ti uccidiamo, non perché sei povero, ma perché ti mangi tutte le pecore che ti capitano a tiro”.

Il cavallo e lo stalliere
Uno stalliere rubava l’avena al suo cavallo e la rivendeva. In compenso, ogni giorno lo strigliava ben bene per farlo apparire bello. Il cavallo gli disse: “Se vuoi davvero che  io sia bello, non rivendere la mia avena!”.

La chioccia e i suoi pulcini
Una chioccia aveva appena finito di covare: i pulcini erano usciti dalle uova, ma lei non sapeva come proteggerli dai pe-ricoli. Perciò disse loro: “Rientrate nei vostri gusci. Io mi accovaccerò sopra di voi come quando vi covavo, e così sarete al sicuro.”
I pulcini obbedirono, tentarono di rimettersi nei loro gusci, ma inutilmente. Allora il più piccolo disse alla madre: “Se pretendevi di farci stare sempre dentro il nostro guscio, avresti fatto meglio a non farci uscire.

Il leone, l’orso e la volpe
Un leone ed un orso trovarono un pezzo di carne e si misero a litigare. L’orso non voleva cedere  e il leone altrettanto. Lottarono a lungo e alla fine caddero a terra privi di forze. Una volpe, nascosta lì vicino, vide il pezzo di carne, lo addentò e fuggì via.

Il bugiardo
Un giovane pastore stava vigilando le sue pecore e, come se avesse visto il lupo, cominciò a gridare: “Al lupo! Al lupo!”.
I contadini accorsero per aiutarlo, ma il lupo non c’era e capirono che erano stati ingannati.
Il ragazzo ripetè lo scherzo una seconda e una terza volta, ma un giorno il lupo sbucò fuori per davvero. ll ragazzo si mise a gridare: “Presto, correte! C’è il lupo! C’è il lupo!”
I contadini pensarono che egli, ancora una volta, volesse far loro uno scherzo, e non gli diedero retta. Il lupo si accorse che non c’era nessun pericolo e, comodo comodo, si mangiò tutto il gregge.

L’anitra e la luna
Un’anitra andava a nuoto per il fiume in cerca di pesci: in tutta la giornata non ne aveva cattu-rato uno. Appena fece notte, l’anitra vide la luna riflessa nell’acqua, credette fosse un pesce e si immerse per acchiapparla. Le altre anitre la videro e si burlarono di lei.
Da quel giorno divenne tanto vergognosa e impacciata che, anche quando vedeva un pesce sott’acqua, aveva timore ad immergersi e non l’acchiapava. E così morì di fame.

L’asino selvatico e l’asino domestico
Un asino selvatico vide un asino domestico; gli si avvicinò e si complimentò della sua sorte felice: era ben nutrito e dall’aspetto pareva essere trattato assai bene dai padroni.
Ma poi, quando l’asino domestico fu caricato col basto e il conduttore lo faceva trottare a tutta forza, l’asino selvatico disse: “Ora, fratello, non ti invidio più: vedo che ti guadagni la vita col sudore e con le più dolorose umiliazioni.

Il topo sotto il granaio
Un topo viveva sotto un granaio. Nel pavimento vi era un piccolo foro che lasciava cadere il grano, chicco per chicco. Col cibo sempre a disposizione, il topo viveva tranquillo, ma non era soddisfatto e volle vantarsi delle sue comodità. Rosicchiò il pavimento, allargò il foro, e invitò altri topi a fargli visita.
“Venite a far festa a casa mia” disse “Ci sarà da mangiare per tutti”.
Ma quando condusse gli amici sul posto, si avvide che il foro non c’era più. Evidentemente il padrone di casa lo aveva notato e aveva provveduto a chiuderlo.

La rana e il leone
Un leone udì una rana gracidare a gran voce e si spaventò: pensò che fosse un animale molto grosso ad emettere quel grido così forte.
Si avvicinò pian piano per vedere di che si trattasse e vide una piccola rana uscire dal pantano.
Allora disse fra sé: “D’ora in poi, se prima non avrò visto coi miei occhi di che si tratta, non mi spaventerò più.”

La cornacchia e i piccioni
Una cornacchia osservò che i piccioni vivono comodamente e sono ben nutriti, perché l’uomo pensa a loro. Si tinse le penne di bianco e volò nella piccionaia. Dapprima i piccioni pensarono che fosse dei loro, e la lasciarono entrare. Ma la cornacchia si dimenticò per un attimo del suo travestimento e si mise a gracchiare come tutte le cornacchie. Allora i piccioni presero a canzonarla e la cacciarono fuori a beccate. La cornacchia ritornò fra le compagne, ma queste, spaventate dalle sue penne bianche, la cacciarono via come avevano fatto i piccioni.

Il gallo e le lavoranti
Una padrona svegliava di notte le donne al suo servizio e al primo canto del gallo le metteva al lavoro.
A queste la vita parve molto dura; tanto che decisero di uccidere il gallo perché non svegliasse più la padrona. Gli torsero il collo, ma la loro vita peggiorò.
La padrona, infatti, per timore di non svegliarsi a tempo, da quel giorno fece alzare le lavoranti ancora prima.

La cicala e le formiche
In autunno, nel formicaio, il grano si era un po’ inumidito; le formiche lo portarono fuori ad asciugare. Una cicala affamata chiese loro qualche cosa da mangiare. Le formiche dissero: “Perché, quando era estate, non hai provveduto a farti le provviste?”
Quella rispose: “Mi mancava il tempo, avevo le mie canzoni da cantare!”.
Le formiche risero e dissero: “Se in estate hai fatto musica, in inverno ballerai”.

La volpe dallo stomaco gonfio
Una volpe affamata riuscì a scovare nella cavità di una quercia pezzi di pane e di carne lasciati là dai pastori. Vinta dalla fame vi entrò e mangiò tutto. Ma il suo stomaco si gonfiò tanto che non poteva più uscire dall’albero. Prese allora a gemere. Di lì passò, per caso, un’altra volpe; udì i suoi lamenti, si avvicinò e gliene domandò la causa. Venuta a conoscenza dell’accaduto, “Ebbene” disse “resta lì fino a quando non ritorni ad essere magra, come quando sei entrata. Allora uscirai senza alcuna difficoltà.”

Il leone vecchio e la volpe
Un leone, ormai vecchio, era incapace di procurarsi il cibo con le proprie forze. Per poter sopravvivere, pensò di ricorrere all’astuzia. Si ritirò in una caverna e, sdraiatosi, finse di essere infermo. Così poteva assalire e divorare tutti  gli animali che andavano a fargli visita. Ne aveva già mangiato un buon numero, quando gli si presentò la volpe, che si fermò a distanza dalla caverna e prese a domandargli come stava di salute.
“Male!” rispose il leone e le chiese per quale motivo non entrava.
“Io entrerei” rispose la volpe “se non vedessi tante orme di animali che entrano e nessuna di animali che escono.”.

Il toro e la zanzara
Una zanzara andò a posarsi sul corno di un toro.
Vi rimase per lungo tempo e, quando fu per andarsene, chiese al forte animale se era soddisfatto di liberarsi del peso.
Il toro le rispose: “Ma io non mi sono accorto quando ti sei posata su di me, né mi accorgerò quando te ne andrai.”

La vipera e la lima
Una vipera si introdusse nell’officina di un fabbro e chiese ai diversi utensili di farle l’elemosina.
Dopo averla ricevuta dagli altri, si avvicinò alla lima e la pregò di darle anche lei qualche cosa.
La lima rispose: “Tu sei molto sciocca, se credi di ottenere anche una piccola cosa da me, che ho l’abitudine, non di dare, ma di prendere a chiunque mi capiti vicino.”.

Il lupo e la capra
Un lupo vide una capra che stava pascolando sulle rupi scoscese di un’alta montagna. Non poteva raggiungerla per catturarla; perciò la esortò a scendere, altrimenti, per inavvertenza, poteva cadere.
“Il prato” le diceva “dove io mi trovo, è meno pericoloso e l’erba è molto più alta.”
Ma la capra rispose: “Non è per me e per la mia salvezza che tu mi chiami al pascolo, ma per te, per procurarti da mangiare.”

Il leone chiuso a chiave e l’agricoltore
Un leone si introdusse nella fattoria di un agricoltore. Questi voleva catturarlo e chiuse a chiave il cancello del cortile. La belva, che non trovava via d’uscita, prese a sbranare le pecore e poi assalì persone e buoi. L’agricoltore, temendo anche per la sua vita, aprì il cancello. Dopo che il leone si era allontanato, il contadino prese a lamentarsi di quella disgrazia. E la moglie, vedendolo in lacrime: “Ben ti sta” gli disse “hai voluto rinchiudere in casa tua un animale, che persino da lontano devi fuggire!”.

La volpe e il cane
Una volpe si introdusse in un gregge di pecore, prese un agnello e finse di baciarselo. Il cane, custode delle pecore, le chiese per quale motivo si comportasse in quel modo.
“Lo accarezzo” rispose la volpe “e gioco con lui”.
“Se non lo lascia” ribattè ringhioso il cane “vengo io a farti carezze di cane.”

Il leone, il cinghiale e gli avvoltoi
Nella stagione estiva, quando l’afa ed il caldo opprimente generano la sete, un leone ed un cinghiale si trovarono con-temporaneamente vicino ad una piccola sorgente.
Presero subito a litigare, poiché entrambi volevano bere per primi. Dalle parole passarono ai fatti: iniziarono una lotta morta-le. I due contendenti erano già feriti e sanguinanti, quando, sollevando lo sguardo al cielo, scorsero uno stormo di avvoltoi, gli uccelli che si nutrono dei cadaveri. Questi volteggiavano sopra di loro, in attesa di divorare il primo che fosse caduto morto. Così interruppero la lotta e dissero: “Meglio essere amici fra di noi, che pasto per gli altri.”

L’orso e i pesci
Se talvolta nei boschi l’orso non riesce a procurarsi il cibo, corre alle scogliose rive del mare, si afferra ad una roccia e, lasciandosi penzolare, immerge pian piano le zampe pelose nell’acqua. Così, tra i ciuffi del pelo, i granchi e i pesci restano presi. Il furbo poi si arrampica, si scrolla di dosso le sue prede e, passo passo, se le mangia comodamente.
La fame aguzza l’ingegno.

Le lepri e le rane
Nel bosco un giorno le lepri presero a protestare con grande strepito: non volevano rassegnarsi a vivere nella continua paura. Così si diressero ad uno stagno, col proposito di buttarsi dentro e di morire. Al loro accorrere le rane, spaventate, balzarono in fuga e si acquattarono sotto le verdi alghe.
“Caspita!” disse una lepre “Ci sono altri presi dal panico e sempre timorosi del male. Fermiamoci e sopportiamo la vita come tanti.

La rana gonfiata e il bue
Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza, prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue. Essi risposero di no.
Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.
Quelli risposero: “Il bue”.
Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.

La volpe e l’uva
Spinta dalla fame sotto un alto pergolato, una volpe cercava di afferrare l’uva, saltando con tutte le sue forze.
Visto che non riusciva neppure a toccarla, allontanandosi disse: “Non è ancora matura. Non voglio mangiarla acerba.”

Il lupo e la gru
Un lupo aveva inghiottito un osso che gli era rimasto in gola. Disperato, prese a vagare in cerca di qualcuno che lo liberasse dal male.
Incontrò una gru e la pregò di estrarglielo, dietro compenso. L’ingenua gru introdusse il capo nella gola del lupo, la liberò dell’osso e chiese il premio, secondo il patto. Ma il lupo rispose: “Non ti basta di aver ritirato sana e salva la testa dalla mia bocca? Chiedi anche una ricompensa?”

La mucca, la capra, la pecora e…
Una mucca, una capra e una debole pecora, rassegnata a tutte le ingiurie, fecero alleanza con un leone per andare a caccia. Riuscirono a catturare un magnifico cervo, ed il leone, fatte le parti, così ruggì: “Io mi prendo la prima poiché il mio nome è leone; la seconda dovete darla a me, perché sono socio; la terza mi spetta perché valgo di più; e se qualcuno osa toccare la quarta, finirà male”.
E così la prepotenza, da sola, si portò via tutta la preda.

La volpe e la maschera
Un giorno una volpe trovò una maschera, di quelle che si usano in teatro.
“Quant’è bella!” disse “Ma non ha cervello”

Il cane e il pezzo di carne
Un cane nuotava per il fiume, portando in bocca un pezzo di carne. Ad un tratto vide la sua immagine nello specchio delle acque e, credendo che un altro cane portasse una seconda preda, volle strappargliela.
Ma la sua avidità fu punita: lasciò cadere il cibo che teneva in bocca e non riuscì neppure a toccare quello che desiderava.

L’assemblea dei topi
Un gatto, chiamato Rodilardus, faceva un tale sfacelo di topi che non se ne vedevano quasi più, in giro, tanti ne aveva messi dentro… la sepoltura.
Ora, un giorno che il birbaccione era lontano, i topi sopravvissuti tennero assemblea. Un topo molto prudente sostenne che sarebbe stato necessario attaccare un bubbolo al collo di Rodilardus; così appena il gatto si metteva in caccia, tutti, avvertiti dei suoi movimenti, si sarebbero rifugiati sottoterra.
Tutti furono d’accordo con lui. La difficoltà fu di attaccare il sonaglio. Uno disse: “Io non ci vado, non sono mica così scemo!”
Un altro disse: “Io non sarei capace”.
Così, senza far niente, si lasciarono.

Il lupo e l’agnello
Un agnello si dissetava alla corrente di un ruscello purissimo. Sopraggiunse un lupo in caccia: era digiuno e la fame lo aveva attirato in quei luoghi. “Chi ti dà tanto coraggio da intorbidare l’acqua che bevo?” disse questi furioso.
“Sire…” rispose l’agnello “io sto dissetandomi nella corrente sotto di lei, perciò non posso intorbidare la sua acqua!”
“La sporchi” insistè la bestia crudele “E poi so che l’anno scorso hai detto male di me”.
“Io? Ma se non ero nato”, rispose l’agnello.“Se non sei stato tu, è stato tuo fratello”. “Non ho fratelli”. “Allora qualcuno dei tuoi; perché voi, i vostri pastori e i vostri cani ce l’avete con me. Me l’hanno detto: devo vendicarmi. Detto questo il lupo trascinò l’agnello nel fitto della foresta e se lo mangiò.

Pdf delle favole in formato scheda e in formato testo qui:

Exit mobile version

E' pronto il nuovo sito per abbonati: la versione Lapappadolce che offre tutti i materiali stampabili scaricabili immediatamente e gratuitamente e contenuti esclusivi. Non sei ancora abbonato e vuoi saperne di più? Vai qui!

Abbonati!