Poesie e filastrocche sulla NEBBIA – una raccolta di poesie e filastrocche sulla nebbia per la scuola d’infanzia e primaria, di autori vari.
Nella nebbia Stupore! Ognuno sta solo: un albero non sa dell’altro, ognuno è solo. (H. Hesse)
La nebbia Questa mattina all’alba il sole tutto intorno mandò una luce scialba, e poi che fu nascosto, parve più lento il giorno, monotono e piovoso. Sopra la terra il cielo si abbassa col nebbione l’avvolge in denso velo; come ombre son le cose, come ombre le persone passano frettolose, e ogni viso imbronciato, anche senza parole dice: “Sarei beato di rivedere il sole”. (R. Calleri)
Nella nebbia E guardai nella valle: era sparito tutto! Sommerso! Era un gran mare piano grigio, senz’onde, senza lidi, unito. E c’era appena, qua e là, lo strano vocio di gridi piccoli e selvaggi; uccelli sparsi per quel mondo vano. E alto, in cielo, scheletri di faggi, come sospesi, e sogni di rovine e di silenziosi eremitaggi. E un cane uggiolava senza fine, nè seppi donde, forse a certe peste che sentii, nè lontane nè vicine. (G. Pascoli)
Nebbia Nebbia, forse sei di festa con quel lungo velo in testa? Con un velo così fino che ti scende fino al piede? C’è là in fondo un lumicino, ma si vede e non si vede; ma la casa non c’è più; è scomparso il campanile. Anche il bosco di laggiù. anche il gregge, anche l’ovile. Con due salti, ecco, mi celo nel grigiore del tuo velo. (D. Mac Arthur Rebucci)
La nebbia La nebbia avvolge ogni cosa; tutto è coperto da un velo; un’aria c’è misteriosa sospesa fra terra e cielo. E vanno lievi i passanti nascosti dentro la bruma: figure vaghe, sognanti, in quei vapori di spuma. Il velo fitto s’aduna così diafano, ovattato; sembra il sole un’altra lua tanto è scialbo ed ammalato. E il berretto d’un piccino, con la nappa in rossa lana, dondolante palloncino, nella nebbia s’allontana. (V. Seganti Pagani)
La nebbia Sopra la terra il cielo si abbassa, e col nebbione l’avvolge in denso velo; come ombra son le cose come ombre le persone passano frettolose, e ogni viso imbronciato anche senza parole dice: “Sarei beato di rivedere il sole”. (R. Calleri)
Pastello Dal grigio della nebbia fitta fitta traspaiono cipressi ombre nere spugne di nebbia. E di lontano diradando lento viene un suono di campana quasi spento. (A. Palazzeschi)
Nebbia Come nuvola caduta la nebbia è sulla città. Una torre galleggia sperduta, sola in bianco mare. Ma fa che il sole appaia, fa che torni a brillare sui tetti e sulla ghiaia! Dal nulla emergerà la ben nota contrada e il cielo rivedrà l’asfalto della strada. (M. Castoldi)
Nebbia d’inverno Ho visto la nebbia stamane! S’alzava fumando contenta, portando, così sonnolenta, le cose vicine, lontane. Lontane, lontane, nel nulla. Difatti inghiottiva golosa la strada, la piazza, ogni cosa. Del mondo restava più nulla. Ma, in alto, che cielo d’incanto! Vedevo l’azzurro sfumato con l’oro del sole levato tra il cielo e la nebbia soltanto. (L. Davanzo)
Nebbia Le fate del bosco han fatto sparire sotto veli bianchi la montagna! Anche le fronde, i tetti, il campanile, il velo della pioggia li allontana. Oh, come il mondo è lieve e si svapora in questa luce bianca inargentata!
Nebbia La nebbia, che bel bello s’addensa, una bambagia, lentamente s’adagia su tutto il paesello, e il mondo alfin s’appiatta in quella bigia ovatta. Forse, forando il velo soffice, la sottile punta del campanile giunge a vedere il cielo? Ma nel grigiore avvolti siam tutti, anzi sepolti. D’un tratto ecco il prodigio; l’aria di muta e in breve un venticello lieve spazza l’uggioso bigio. Spunta di già un pezzetto d’azzurro; oh benedetto! Il sol di nuovo brilla. Il campanil gigante e le strade e le piante e il cuor, tutto scintilla. Il mondo è un caro viso su cui torna il sorriso. (F. Bianchi)
Poesie e filastrocche sulla NEBBIA – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
I GIORNI DELLA MERLA – Racconti, dettati ortografici e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
I GIORNI DELLA MERLA
Una volta i merli erano bianchi come la neve. Ma un anno gli ultimi tre giorni di gennaio furono così freddi, che gli uomini non uscivano di casa per non rimanere assiderati; i rami degli alberi scricchiolavano per il gelo e cadevano a terra spezzati; i corsi d’acqua erano gelati e gli uccellini si rifugiavano nelle case degli uomini per non morire. Una merla, coi suoi tre piccini, si riparò nel camino di una casa. Ma, ahimè, le penne della merla e dei suoi merlotti divennero, per il gran fumo del camino, nere come la notte. Da allora tutti i merli furono neri. I tre ultimi giorni di gennaio vengono detti anche oggi “i giorni della merla”.
I GIORNI DELLA MERLA
Quell’inverno, tanti anni fa, quando i merli erano ancora bianchi, la merla e i suoi figlioli se la videro brutta: neve, freddo e fame. Se la merla fosse riuscita ad arrivare fino al granaio di quella casa, laggiù! Ma sì, chi aveva il coraggio con quel freddo? Finalmente passò Dicembre e anche Gennaio si avviò alla fine. Un raggio di sole forò il cielo bianco e intiepidì l’aria. “L’inverno è finito” disse con un gran sospiro la merla ai suoi figlioli. “Oggi voglio proprio arrivare fino al granaio”. Proprio in quel momento Gennaio passava sotto il nido. Udì i discorsi della merla e, da quel vecchio dispettoso che era, borbottò fra sè: “Partito, vero? Ora te lo faccio vedere io!”. La merla era arrivata al granaio, aveva fatto una buona provvista e stava per tornare indietro quando la tempesta si scatenò. Dove ripararsi? Finalmente trovò un buon posticino riparato e caldo: il comignolo di una casa. La merla se ne stava lassù mezzo soffocata dal fumo, ma incapace di volar via. Per tre giorni durò, finchè Gennaio non partì. Allora la merla potè tornare al nido. “Che cosa vuoi, brutto uccellaccio nero?”, le gridarono i figlioletti impauriti. “Ma sono io, la vostra mamma!” “Non è vero. La nostra mamma è bianca e bella, e tu sei nera e brutta!”. La merla cercò di ripulirsi, ma non ci funiente da fare; dovette rassegnarsi. Da allora i merli sono rimasti neri, e proprio per questo gli ultimi tre giorni di gennaio si chiamano i giorni della merla. (F. Giovannelli)
I GIORNI DELLA MERLA Narra una strana storia che in tempi assai lontani c’era una merla bianca più bianca della neve. Volava lentamente sui rami delle siepi cercando qualche bacca: aveva tanta fame! Tirava forte il vento sugli orti e sui giardini pioveva senza sosta dall’alba fino a notte: gennaio ormai finiva con giorni grigi e freddi. La povera uccellina fischiando disperata cercava invano un seme un piccol moscerino un chicco di frumento un briciolo di pane. Infine, giunta sera, si rifugiò al calduccio di un alto fumaiolo: dormì sognando il sole. Svegliandosi al mattino scoprì con meraviglia d’avere nera l’ala nerissimo il piumaggio e il becco color d’oro.
I GIORNI DELLA MERLA – Dettati ortografici e filastrocche – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie per bambini e filastrocche sul tema epifania, befana e re magi; una collezione di autori vari, adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La Befana spaziale Su quel pianeta la Befana viaggia a cavallo di un razzo a diciassette stadi, e in ogni stadio c’è un bell’armadio zeppo di doni e un robot elettronico con gli indirizzi dei bambini buoni. Anzi con gli indirizzi di tutti i bambini, perchè ormai s’è capito che di proprio cattivi non ce n’è. (G. Rodari)
La befana La befana vien pianino cala giù per il camino, porta ai bimbi che son buoni tante chicche, tanti doni. Ma se buoni non sarete, nella calza troverete, come chicchi, come doni, aglio, cenere e carboni. (M. Maltoni)
I Re Magi Tre Re Magi da lontano son venuti piano piano per veder Gesù bambino. Una stella fra il turchino li ha guidati col suo raggio, li ha guidati col suo lume. Gesù dorme e non ha piume, non ha fuoco, non ha fiamma, ha soltanto la sua mamma… (L. Nason)
I Re Magi La notte è tiepida e serena. I Magi d’Oriente vanno, vanno sui lor cammelli, e ancor non sanno dove sia nato al mondo il Re dei Re. Dice il moro: “Io gli porto l’oro”. L’altro gli fa eco: “L’incenso io reco”. Dice il terzo prono: “La mirra gli dono”. (M. Ronzoni)
I Re Magi Lontano, tra il fischiare del vento per le forre i biondi angeli in coro: ed ecco Baldassarre, e Gaspare e Melchiorre con mirra, incenso ed oro. (G. D’Annunzio)
Epifania I Re Magi dall’Oriente si son messi già in cammino, per trovar Gesù bambino, il figliolo di Maria. Buon Natale! Epifania! (Anonimo)
I tre santi re I tre santi Re Magi d’Oriente chiedevano sostando a ogni città: “Oh bimbe, oh donne, ci sapreste dire la strada per Betlemme dove va?” Né giovani né vecchi lo sapevano ed essi riprendevano il cammino ma una cometa dalla chioma d’oro or li guidava come un lumicino. La stella sulla casa di Giuseppe ristette e i santi tre Re Magi entrar; muggiva il bove, gridava il bambino, ed i Re Magi presero a cantar. (E. Heine)
La Befana Discesi dal lettino son là presso il camino, grandi occhi estasiati, i bimbi affaccendati a metter la calzetta che invita la vecchietta a portar chicche e doni per tutti i bimbi buoni. Ognun chiudendo gli occhi, sogna dolci e balocchi; e Luca, il più piccino, accosta il suo visino alla grande vetrata per veder la sfilata dei Magi, su nel cielo, nella notte di gelo. Quelli passano intanto nel lor gemmato manto, e li guida una stella nel cielo, la più bella. Che visione incantata, nella notte stellata! E la vedon i bimbi come vedono i nimbi degli angeli festanti ne’ lor candidi ammanti. (G. Gozzano)
La Befana Vien da lontano, per le vie nevose, lascia giù, al cancello del giardino, il somarello, e tra le sue calzette una ne sceglie per ciascun bambino e gliela porta: e sal dritta e sicura per ogni stanza, sia pur chiusa e scura. In ogni stanza di bambini buoni entra pian piano, e il loro sonno spia: e ai piedi del lettino lascia i suoi doni. (P. Calamandrei)
La Befana Quando è l’ora, la Befana alla scopa salta in groppa l’alza su la tramontana, fra le nuvole galoppa. Ogni bimbo nel suo letto, fa l’esame di coscienza: maledice il capriccetto, benedice l’obbedienza. La mattina, al primo raggio, si precipita al camino: un regalo ha il bimbo saggio, il monello… ha un carboncino! (C. Rosselli)
I Re Magi Una luce vermiglia risplende nella pia notte e si spande via per miglia e miglia e miglia. “Oh, nuova meraviglia! Oh fiore di Maria!” Passa la melodia e la terra s’ingiglia. Cantano tra il fischiare del vento per le forre i biondi angeli in coro; ed ecco Baldassarre, Gaspare e Melchiorre, con mirra, incenso e oro. (Gabriele d’Annunzio)
La Befana Con la diaccia tramontana è arrivata la Befana e gironzola in calzini tra comignoli e camini che l’aspettano impalati, sorridenti e affumicati. “Qui” un comignolo l’avverte “c’è un piccin che si diverte tutto il giorno: un fannullone!” “Ecco, cenere e carbone!” “Qui c’è un bimbo giudizioso? Ecco un dono generoso, ma al fratello negligente lascio subito un bel niente. C’è una bimba vanerella? Ecco qua la paperella, ma il giocattolo più bello lo regalo a un orfanello: per un attimo il sorriso tornerà sul mesto viso. (E. Zedda)
La Befana Senti? Suona mezzanotte. Dormi! Viene la Befana con le scarpe tutte rotte dalla casa sua lontana… Entra: il dito sulla bocca, con quel sacco che le pesa… Tutto vede e nulla tocca, vuol silenzio come in chiesa. Vuota il sacco mano mano, posa tante cose belle… Torna a casa piano piano, alla casa tra le stelle. (Zietta Liù)
La Befana Viene viene la Befana vien dai monti a notte fonda. Com’è stanca! La circonda neve, gelo e tramontana. Viene viene la Befana e la neve è il suo mantello. Ha le mani al petto in croce ed il gelo è il suo pennello ed è il vento la sua voce. Ha le mani al petto in croce. E s’accosta piano piano alla villa, al casolare, a guardare, ad ascoltare, or più spesso, or più lontano. Piano, piano, piano, piano… (G. Pascoli)
La burla della Befana Presso la nera cappa del camino, una calzina in grande attesa sta. Con il suo sacco ed il suo lumicino a notte la Befana scenderà. Ma un tormento sta in cuore a Tino e a Tina: “Ci vorrebbe la calza di una donna, la nostra è troppo corta e piccolina!” “Appendiamoci quella della nonna!”. Vanno al mattino i piccoli bricconi alla scoperta dei sognati doni. Ma che c’è nella calza lunga e nera? Un paio d’occhiali e una dentiera… (G. Vaj Pedotti)
I re magi Nei paesi lontani di Uno Due e Tre vivevano tre re chiamati da una stella si misero in cammino per andare a trovare Gesù bambino. “Stella, siamo lontani?” “Stella, siamo arrivati?” dicevano i re magi affaticati. “Il nostro viaggio sarà lungo ancora?” La stella rispondeva: “Ancora… ancora…” E finalmente la stella si fermò e sopra una capanna si posò e svanì la fatica del cammino in un sorriso di Gesù bambino.
La stella dei re magi Era una cometina che neanche si vedeva ma capitò che un giorno altissima volò “Tu giungi qui a proposito” le dissero lassù e una gran coda lucida di dietro si trovò. E corri, e corri, e corri, tornò a volar quaggiù la videro i re magi e giunsero a Gesù.
I re magi Tre re magi, da lontano son venuti piano piano per veder Gesù bambino. Una stella ha il turchino li ha guidati nel viaggio dolcemente col suo raggio li ha guidati col suo lume. Gesù dorme e non ha piume non ha fuoco, non ha fiamma, ha soltanto la sua mamma.
Oh magi d’oriente Oh magi d’oriente, che siete sì belli nello splendore dei vostri mantelli chi vi ha insegnato la via di Betlemme? Ce l’ha insegnata una stella splendente nata improvvisa nel cielo d’oriente. Vedi? La stella che ancora, lassù, guida la gente al cuor di Gesù.
I balocchi di Titina Sui balocchi di Titina è discesa la sventura: già la palla Saltellina mostra un’ampia spaccatura. Già il cavallo Vincilvento alla morte è condannato e si regge in piedi a stento tentennante e spelacchiato. L’automobile di latta è ridotta una frittata ed invano s’arrabatta malinconica e malata. Al pagliaccio (poverino!) distaccata s’è la testa; guarda questa il burattino con un’aria afflitta e mesta. Il bel libro adorno tutto di bellissime figure ora è un cencio, brutto brutto, tutto sgorbi e spaccature, e Titì, tutta piangente della strage ora si pente, nel pensar quanto lontana sia la prossima Befana. (Antonio Rubino)
I Re Magi Questa notte dai lucidi paesi dove il sol nasce sono giunti i Magi… Han cavalcato a lungo i Re cortesi per le notturne ambagi. Come ai begli anni vecchio cuore, udisti a notte il trotto dei bruni cavalli? Sbocciarono fiori ed astri non mai visti per i cieli e per le valli mentre passan i vegliardi buoni! Ed essi lungo l’aspettato viaggio nelle scarpette, rosse, sui veroni come rose di maggio, han messo per voi, felici bimbi, mani di giglio e boccucce di rosa, i giocattoli strani, i fiori, i nimbi… ogni più dolce cosa. Ma ai bimbi che li udirono, da una brulla tana, passare fra il tinnir dell’arpe, i buoni Magi non ha dato nulla… Quei bimbi non han scarpe! (S. Satta)
Sempre lei “Nonna, ai tuoi tempi c’era la Befana?” E la nonna sorride e dice: “Sì. Se mi ricordo! L’alba era lontana, era ancor notte, non spuntava il dì: ma presto andavo accanto al focolare dov’era la mia calza ad aspettare…” “Mamma, ai tuoi temi la Befana c’era?” E la mamma sorride e dice: “Sì. Era d’inverno, ma come primavera, Mi pareva che fosse quel bel dì… Mi alzavo quasi all’alba, in tutta fretta e correvo a cercar la mia scarpetta…” E passa il tempo, e il mondo avanti va: e la Befana antica è ancora qui; Per monti valli e isole e città ritorna come un tempo, in questo dì; è sempre lei, non può mutare più perchè c’è sempre al mondo gioventù. (A. Galante Garrone)
I Re Magi Nella notte che odora di gelsomino e acacie, tre re, mirando il cielo, vedono una gran brace di stella. Il dolce lume al grande arco confitto è un divino presagio che nei libri è già scritto. Svegliano dal sonno un servo e gli dicono: “Presto, metti un basto al cammello più robusto e più lesto”. E cercando con mano felice nel tesoro ricolmano tre scrigni di mirra, incenso e oro. E notte e giorno vanno, alti sopra i cammelli. Tintinna il loro passo di sonagli e gioielli. Si piegano talora, a domandar la via. Vanno a Gerusalemme per cercare il Messia. Vanno per pianure dove non è casa né pianta, né vi odora un cespuglio, né un ruscello vi canta. Vedon fuochi di stoppie, vedon occhi di brace accessi in mezzo ai campi come falò di pace. Cantano insieme un inno tolto alla Scrittura e la stella li guarda come una creatura. Ma d’un tratto declina, così lustra che abbaglia su una povera casa con il tetto di paglia, e rimane sospesa come un frutto sul ramo come a dire ai tre re: “Pellegrini, ci siamo!” Sono giunti. Han lasciato pascolare i cammelli e davanti alla porta han buttato i mantelli. S’inginocchiano insieme e con gli occhi rotondi adorano il bambino Gesù dai riccioli biondi. poi, aprendo gli scrigni che ognun porta con sé, fanno vedere i doni degni del Re dei Re. (Renzo Pezzani)
Dopo Natale Son passati i bei giorni di Natale. Suon di zampogna, non ci culli più. Forse tornasti ai placidi tuoi monti insieme ai verdi abeti rilucenti? Ma un angelo passò, lieve, e v’ha spenti. Solo, in un canto d’una stanza buia, un piccolo presepe ancor rimane; ma che abbandono, che malinconia: è secco il muschio, pendono le case, stanchi i pastori cadono per via. Stanchi, sì, è vero; stanchi di portare sopra l’esili spalle i molti doni. Vorrebbero posarli per un poco, vorrebbero sedersi sopra un masso ed accendere almeno un po’ di fuoco. Così, in tutto il minuscolo paese, c’è malcontento e una stanchezza estrema. Solo Gesù, nel fieno, ancor sorride, guarda e perdona, senza nulla dire: e non si stanca, Lui, di benedire! (Mario Pucci)
I Re Magi La notte è tiepida e serena. I Magi d’Oriente vanno, vanno sui loro cammelli e ancor non sanno dove sia nato al mondo il re dei re. Dice il re moro: “Io gli porto l’oro!” L’altro gli fa eco: “L’incenso io reco!” Dice il terzo prono: “La mirra gli dono!”. (Maria Ronzoni)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Proverbi sui mesi dell’anno – una raccolta di proverbi e detti popolari sui mesi dell’anno, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Gennaio Non c’è gallina nè gallinaccia che di gennaio l’uovo non faccia. Epifania tutte le feste si porta via. Gennaio asciutto, grano dappertutto. Gennaio ortolano tutta paglia e niente grano.
Febbraio Febbraio asciutto, erba da per tutto. Pioggia di febbraio empie il granaio. Chi vuol di avena un granaio, la semini in febbraio. A Carnevale ogni scherzo vale. A Carnevale, si conosce chi ha la gallina grassa.
Marzo Marzo asciutto e april bagnato, beato il villan che ha seminato. La nebbia di marzo non fa male, quella di aprile toglie il vino e il pane. Di marzo chi non ha scarpe vada scalzo, e chi le ha le porti un po’ più in là. Per l’Annunziata è finita l’invernata. Se marzo non marzeggia, aprile non verdeggia. Se marzo non marzeggia, april mal pensa.
Aprile Aprile, dolce dormire. Aprile freddo: molto pane e poco vino. Aprile temperato non è mai ingrato. Se tagli un cardo in aprile, ne nascon mille. Aprile e maggio son la chiave di tutto l’anno. D’aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie. D’aprile non ti scoprire, di maggio vai adagio. Aprile fa il fiore e maggio gli dà il colore. Aprile dolce dormire, gli uccelli a cantare, gli alberi a fiorire.
Maggio Maggio asciutto e soleggiato, molto grano a buon mercato. Se di maggio rasserena ogni spiga sarà piena, ma se invece tira vento nell’estate avrai tormento.
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre Tuono dell’ottobrata, bella e calma l’invernata. Uomo di vino non vale un quattrino. Ottobre piovoso, campo prosperoso. A santa Riparata ogni oliva olivata.
Novembre A novembre si lasciano campi e orti per dedicarsi più ai nostri morti. Di novembre quando tuona è segnal d’annata buona. Novembre bagnato, in aprile fieno al prato. Per santa Caterina, o acqua o neve o brina.
Dicembre Dicembre gelato non va dispezzato. Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia. Fino a Natale, il freddo non fa male, da Natale il là, il freddo se ne va. Dolce invernata, poca derrata.
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: gennaio. Una raccolta di poesie e filastrocche sul mese di gennaio, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Gennaio Quello lì che a stento arranca, tetro, livido, ingrugnato, striminzito, infagottato nella sua mantella bianca, è gennaio, il primogenito della bella fratellanza; a ogni passo della danza, batte i denti e manda un gemito. (D. Valeri)
Gennaio Vien gennaio con il saio con il fianco tutto bianco. Viene innanzi il vecchierello, e via caccia il tempo bello. Reca seco giorni brevi, nebbie, venti, ghiacci, nevi. (C. Prosperi)
Gennaio Io sono il primo di dodici figli, tutto vestito di candidi fiocchi, spargo brillanti per campi e per cigli, porto ai camini la festa dei ciocchi. Di ghiaccio e neve ricopro le vette e metto al fuoco le dolci ballate. (O. Coccia)
Gennaio Pensa a gennaio che il fuoco del ciocco non ti bastava, tremavi, ahimè! E le galline cantavano: un cocco ecco, ecco, un cocco, un cocco per te! (G. Pascoli)
Gennaio Entra gennaio e dal mantello grave scuote la neve. Assiso ai focolari narra le vecchie fiabe ai familiari. Il vischio splende, appeso all’architrave. (B. Osimo)
Gennaio Quando nasce nessun mese è così gaio come il piccolo gennaio: lo saluta ancora in fasce, l’allegria di San Silvestro piena d’estro. Del nuov’anno egli è il primo pargoletto, il più atteso, il prediletto, e per questo onor gli fanno e ciascun se lo propizia e lo vizia. Quanto a quello che crescendo saprà fare, quello è invece un altro affare: forse porta, il bricconcello, raffreddori, sdruccioloni e geloni. Strano artista, egli fa sui vetri e i rami candidissimi ricami ed appende, in gaia vista, sulle gronde e sui poggioli i ghiaccioli. Con la gerla dei regali l’accompagna la Befana, una cuccagna! Ma lo segue poi la Merla, che la neve reca e geli più crudeli… Ma si deve confessar, siamo sinceri, che anche il gelo ha gran piaceri: ha battaglie con la neve, slitte, pattini; oggidì fin gli sci. Dunque sia benvenuto, sor gennaio: non ci punga col rovaio, ed il buon esempio dia ai suoi undici fratelli ridarelli! (F. Bianchi)
Gennaio Cerchi il fuoco e porti indosso umor nero, vento e gelo; col tuo sguardo incanti il fosso, col tuo fiato appanni il cielo. Tardi il mondo in te raggiorna, ma la sera assidua cala silenziosa come un’ala sulla terra disadorna. Per il freddo che tu porti prati e boschi sembran morti, ma di sotto la tua neve vita nuova il grano beve. (R. Pezzani)
Gennaio Eccomi qua, bambini, io son gennaio il primo di una lunga compagnia triste, imbronciato, qualche volta gaio voi m’incontrate spesso per la via. Voglio aprirvi un pochino il mio fardello nascosto sotto il candido mantello: ghiaccio, neve contiene, ma in fondo in fondo, c’è come a maggio il raggio più giocondo.
Gennaio Nevica: l’aria brulica di bianco; la terra è bianca, neve sopra neve; gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco, cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera; passano bimbi; un balbettio di pianto; massa una madre; passa una preghiera! (Giovanni Pascoli)
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Poesie e filastrocche I MESI DELL’ANNO – una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Mesi Gennaio porta il ghiaccio sul mantello febbraio è corto e porta freddo e neve marzo ha con sè il tempo poco bello aprile vien con fiori ed aria leve maggio ha i fiori e il tempo mite giugno fa biondeggiar le messi d’oro luglio porta i bagni e lunghe gite agosto al contadin porta lavoro settembre mette il vino nelle botti ottobre getta il seme nella terra novembre porta le lunghe notti dicembre abbraccia l’anno e lo sotterra.
L’anno, i mesi e i giorni Io so, bimbo, d’un albero che cresce in tutti i siti, i sami suoi son dodici, di foglie rivestiti. Ad ogni ramo pendule stan trenta foglioline, addentellate al margine da ventiquattro spine. Trapunte d’or, di porpora, sa un verso scintillanti, son nell’opposta pagina oscure e scoloranti. Ed ogni notte staccasi dall’albero una foglia infin ch’ei nudo all’aria rimane di sua spoglia. Ma in quell’istante spuntano le gemme a cento a cento e i rami si ricoprono di nuovo vestimento. Così per anni e secoli quella vicenda dura; e l’albero fatidico del tempo è la misura. (E. Berni)
I dodici fratelli Gennaio vien tremando col cappotto e lo scaldino vien febbraio schiamazzando in costume d’Arlecchino marzo porta vento a iosa, una rondine e due viole porta aprile un pesco rosa che ti desta al nuovo sole maggio canta e da lontano, tre usignoli fanno coro giugno tiene nella mano una spiga tutta d’oro luglio porta ceste piene di susine e pesche bionde porta agosto due sirene che si specchiano nell’onde se settembre si fa bello con tre pampini di vite reca ottobre un gran fardello di castagne abbrustolite poi novembre viene stanco per la nebbia che l’assale vien dicembre tutto bianco con l’abete di Natale. Sono dodici fratelli che si tengono per mano tutti buoni tutti belli, anno nuovo ti aspettiamo. (G. Noseda)
I mesi dell’anno Gennaio porta pasqua epifania, febbraio sciala in maschera per via, marzo per mano tien la primavera, aprile d’ogni verde s’imbandiera. Maggio i giardini sogna delle fate, giugno dispensa l’oro dell’estate, luglio ed agosto nella gran calura godon beati la villeggiatura. Settembre s’affaccenda per il vino, ottobre rompe ricci di castagne, novembre fa canute le montagne, dicembre esulta davanti al Bambino. (I. Drago)
I mesi dell’anno Gennaio mette ai monti la parrucca, febbraio grandi e piccoli imbacucca; marzo libera il sol di prigionia. April di bei color gli orna la via; maggio vive tra musiche d’uccelli, giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli; luglio falcia le messi al solleone, agosto, avaro, ansando le ripone; settembre i dolci grappoli arrubina, ottobre di vendemmia empie la tina; novembre ammucchia aride foglie in terra, dicembre ammazza l’anno e lo sotterra. (A. S. Novaro)
I mesi dell’anno Gennaio porta gelo e nevicate, febbraio grandi balli e mascherate, marzo arriva col vento e le viole, aprile ha l’erba per le capriole. Maggio ci dà le rose profumate, giugno le spighe dal bel sol dorate, luglio ha le trebbie e sempre gran lavoro, agosto buone frutta rosse e d’oro. Settembre mette l’uva giù nel tino, ottobre cambia il mosto in un buon vino, novembre butta giù tutte le foglie, dicembre per il fuoco le raccoglie. (O. Turchetti)
I mesi Aprendo la sua porta gennaio tira tira. Febbraio gamba corta, lo segue e gira gira. Va marzo pazzerello col vento nel cestello. E sparge i fiori aprile, sì gaio e sì gentile. Il maggio par che voli fra rondin e usignoli. Poi giugno va beato di spighe inghirlandato. E luglio porta il sacco di candida farina. Agosto ha la sua sporta di frutta sopraffina. S’aggirano settembre e ottobre dentro il tino. E mesto va novembre coi fiori e il lumicino. Dicembre chiude l’anno in una stanza oscura. Ma, furbo, capodanno, vi scopre una fessura. Gennaio fa passare per poi ricominciare il giro giro tondo che dura quanto il mondo. (F. Manisco)
Girotondo di dodici fratelli Girotondo, girotondo! Quanti sono? Una dozzina. La farandola mulina senza posa intorno al mondo. Quello lì che a stento arranca, tetro, livido, ingrugnato, striminzito, infagottato nella sua mantella bianca, è gennaio, il primogenito della bella fratellanza; a ogni passo della danza, batte i denti e manda un gemito. Tien per mano il più piccino della schiera e il più furbetto; febbrarin carnevaletto, detto pure il ventottino. Lo vedete quant’è buffo nel vestito d’Arlecchino, lo vedete il birichino come ride sotto il ciuffo? Un sentore di viole… ecco marzo pazzerello, piedi nudi e giubberello ricci al vento e viso al sole. E’ una gioia rivederlo; e, se a tratti si fa mesto, pur si rasserena presto, e fischietta come un merlo. Si trascina appresso un bimbo dolce, pallido, gentile. Pratolino, ovvero aprile, che di foglie al capo ha un nimbo. Bello e caro quel biondino. Ma più bello e più lucente, ma più caro e più ridente, questo qui che gli è vicino. Maggio, eterno amor del mondo, per guardarti, per goderti, si vorrebbe trattenerti arrestando il girotondo. Lascia almeno che odoriamo le tue rose inebrianti; benedici tutti quanti con quel tuo fiorito ramo! Sei già andato! Ecco al tuo posto sopraggiungere i fratelli tuoi più simili, i gemelli buoni: giugno, luglio, agosto. Nudi sono come l’aria, ma ciascun porta un suo fregio: l’uno un ramo di ciliegio che di frutti ondeggia e svaria, il secondo ghirlandette di papaveri fiammanti; spighe, il terzo, barbaglianti, in manipolo costrette. Bravi e validi figlioli, rosolati al solleone; saltan come in un trescone di gagliardi campagnoli. Ma quest’altro, avviluppato dentro un nuvolo di veli azzurrini come i cieli, è un fanciullo delicato. E’ settembre, occhi di sogno, cuore di malinconia: spande intorno una malia, ch’ha il profumo del cotogno… Malinconica non pare quella faccia rubiconda che vien dopo, ed è gioconda la canzon ch’odo cantare: “Sangue chiaro e sangue fosco dà la vigna, e noi beviamo l’uno e l’altro, e salvi siamo!” Matto ottobre, ti conosco. Ahi, quei due che vengon ora, musi lunghi, brutta cera da ammalati, veste nera ci predicon la malora! Tien novembre un ramo secco all’occhiello del gabbano, e dicembre nella mano più non porta che uno stecco. Nei tasconi del loro saio racan freddo e amare pene… Ma vedete, ora chi viene? Di bel nuovo è qui gennaio… Girotondo, girotondo, sono dodici ragazzi, buoni e tristi, savi e pazzi: e nel mezzo è il vecchio mondo. (D. Valeri)
I mesi dell’anno Gennaio porta il ceppo e la Befana febbraio carnevale e tramontana; marzo le pratoline e le viole; le rondinelle aprile e il dolce sole; salutan maggio gli uccellini in coro; giugno ha tra il fieno lucciolette d’oro; luglio è biondo di grano al solleone; agosto porta frutte dolci e buone; settembre ha l’uva d’oro e di rubino, ottobre poi la pigia dentro il tino; novembre porta i fiori al camposanto, dicembre culla i semi sotto il manto. (E. Bossi)
I mesi dell’anno Vien gennaio freddoloso con la barba di ghiaccioli sotto il ciel cupo e nevoso. I suoi undici fratelli son febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, poi settembre il più gentile ed ottobre col suo mosto ed infin novembre brullo e dicembre ultimo nato che riporta nel cuore di ognuno il bambino tanto sognato. Che simpatica famiglia reca sotto il suo mantello! Nessun mese si somiglia e a suo modo ognuno è bello.
I mesi dell’anno Gennaio infreddolito chiamò febbraio intirizzito marzo, il burlone svegliò aprile dormiglione. Maggio aprì i suoi fiori giugno uscì coi suoi colori, luglio portò calura, agosto recò l’arsura, settembre andò al mare e non aiutò ottobre a vendemmiare. Vicino al camino novembre aspettava l’ultimo, dicembre.
I mesi dell’anno Va a sciare il buon gennaio veste in maschera febbraio marzo ha tante rondinelle d’april piove a catinelle con le rose giunge maggio con le spighe giugno il saggio ci fa luglio soffocare si riposa agosto al mare a settembre piace il mosto ha già ottobre a scuola un posto con le nebbie vien novembre gioia e feste canta dicembre.
I mesi dell’anno Dice gennaio: chiudete l’uscio dice febbraio: io sto nel mio guscio marzo apre gli occhi e inventa i colori aprile copre ogni prato di fiori maggio ti porge la rosa più bella giugno ha nel pugno una spiga e una stella luglio si beve il ruscello d’un fiato sonnecchia agosto all’ombra sdraiato settembre morde le uve violette più saggio ottobre nel tino le mette novembre fa di ogni sterpo fascina verso il presepe dicembre cammina.
I mesi dell’anno I bimbi lo sanno che i mesi dell’anno tra grandi e piccini son dodici in tutto. Se ognuno ha il suo fiore se ognuno ha il suo frutto nessuno è tra loro più bello o più brutto. Son tutti fratelli ognuno ha un mestiere chi cura i piselli chi porta un paniere chi pota, chi innesta, chi ara, chi miete, chi porta una brocca di acqua a chi ha sete; chi versa uno scroscio di pioggia lucente. Nessuno sta in ozio guardando la gente. Più bella famiglia nessun vedrà mai. Son dodici mesi, e tutti operai. (R. Pezzani)
Girotondo dei dodici mesi Girotondo sul nevaio con gennaio e con febbraio e per marzo pazzerello girotondo con l’ombrello. Girotondo al campanile con la Pasqua dell’aprile e per maggio ciliegino girotondo col cestino. Giugno ai campi, luglio al mare girotondo da sudare. Fugge ai monti agosto in fretta girotondo sulla vetta. Con settembre ottobre vola girotondo per la scuola e novembre, ecco, è già qui girotondo con gli sci. Poi, vestito di Natale, fa dicembre il gran finale e saluta capodanno girotondo tutto l’anno.
I mesi Cari amici il tempo vola vanno i mesi a malincuore presto giugno mietitore verrà a chiudere la scuola a trovare sotto il sole fra boschetti, prati, aiuole, ecco luglio un po’ monello con agosto suo fratello. Porteranno tanti doni profumati, freschi, buoni! Poi settembre canterino farà festa nel vigneto ed ottobre ancor più lieto pigerà l’uva nel tino. Oh, davvero il tempo vola bimbi miei, si torna a scuola! Di novembre poverello parleranno le castagne poi dicembre vecchiarello stenderà sulle montagne un gran manto di candore darà gioia ad ogni cuore e in un canto di bontà anche l’anno finirà.
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Poesie e filastrocche: Capodanno. Una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Capodanno Filastrocca di Capodanno fanno gli auguri per tutto l’anno: voglio un gennaio col sole d’aprile, un luglio fresco, un marzo gentile, voglio un giorno senza sera, voglio un mare senza bufera, voglio un pane sempre fresco, sul cipresso il fiore di pesco, che siano amici il gatto e il cane, che diano latte le fontane. Se voglio troppo non darmi niente, dammi una faccia allegra solamente. (G. Rodari)
L’anno nuovo Indovinami, indovino tu che leggi nel destino: l’anno nuovo come sarà? Bello, brutto, o metà e metà? “Trovo stampato nei miei libroni che avrà certo quattro stagioni, dodici mesi, ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragosto, e il giorno dopo del lunedì sarà sempre un martedì. Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo: per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno”. (Gianni Rodari)
L’anno nuovo Con il tren di mezzanotte puntualissimo, in orario, ecco il nuovo calendario. E’ arrivato un treno merci con un solo passeggero piccolissimo, ma fiero. Tra gli evviva dei ragazzi l’anno nuovo mostra, gaio, il duo grande bagagliaio, pien di gioia e di dolori, di successi, ed amarezze. Su, ragazzi, son per voi, queste merci, e si vedrà chi ben scegliere saprà. (E. Zedda)
Calendario nuovo Nel chiudo tuo blocco trecento sessanta più cinque foglietti: un libro che sfogliasi lento nel volger di un anno. Puoi dire che cosa ci aspetti nei dì che verranno? Ignoro se belli o se brutti ma so che dipende dall’uomo di far che ogni giorno sia buono. (A. Fucili)
Anno nuovo Anno nuovo! Ed ogni anno una promessa una promessa che per via si perde, e che ogni anno, purtroppo, è ancor la stessa. Si promette, si tenta… Ed io non so, non so capir perchè crescan le gambe ed il giudizio dei bambino no! Ma questa volta, per quest’anno nuovo quello che si promette si farà: a cominciar da oggi mi ci provo, mamma, e il tuo bimbo ci riuscirà. (Zietta Liù)
Anno nuovo Anno nuovo anno nuovo, qui alla porta già ti trovo rechi forse nel cestello un impulso buono e bello? Porti agli uomini l’amore, che riscaldi a tutti il cuore? Anno nuovo non scordare la salute nel tuo andare e la pace porta teco che nel mondo abbia un’eco veglia sempre sui miei cari, serba loro doni rari ed a me concedi, senti, di poter farli contenti Se benigno il volto avrai, benedetto tu sarai.
Buon Capodanno! Buon Capodanno! S’alza il sipario… via il primo foglio del calendario! Sui suoi foglietti scritto che hai, anno che sorgi? Letizia e guai, giornate bianche, giornate nere? No, i tuoi segreti non vo’ sapere; sopra ogni pagina che Iddio mi dona io voglio scrivere: “Giornata buona”. (L.Schwarz)
Auguri per il nuovo anno O mamma e papà, vi porti il nuov’anno salute e tesori senz’ombra d’affanno; vi porti le gioie più pure e serene! Centuplichi il bene che fate per me! (G. Soli)
Capodanno Mezzanotte suonò sopra il villaggio nella placida piazza solitaria: le ore sobbalzarono nell’aria per la tacita notte senza raggio; recava da lontano intanto il vento come un tintinno garrulo d’argento, e pel villaggio solitario errare un trotto di cavalli si sentì. La diligenza a dodici cavalli arrivava con dodici signori, e tutti, presto presto, venner fuori con valige, con scatole, con scialli: e il primo, un vecchio tremulo e bonario: “Benissimo!” esclamò “siamo in orario!” (Andersen)
Lunario Cos’è mai un anno? Un mazzolino di giorni: qualche fiore e qualche spino, fiori di campo, spini della siepe; è il viaggio da un presepe ad un presepe; un volgere di lune in grembo a Dio; un dolce ritrovarsi e dirsi addio; una nube che passa, il sol che torna; pan seminato e pane che si sforna; dodici mesi tra bagnati e asciutti; quattro stagioni cariche di frutti. Su ogni giorno stende il suo sorriso un santo che vien giù dal Paradiso. Così è fatto, mutevole, il lunario e l’anno nuovo l’ha per sillabario e si legge ogni dì fra stella e stella che per chi ama, la vita è bella. (R. Pezzani)
Anno nuovo Salutiamo riverenti il vecchio anno che se ne va col greve suo fardello e fidando muoviamo incontro al nuovo uscente dal mistero tutto bello. Porta al mondo, che tiepido t’aspetta, doni d’amore, di pace, di armonia. E così sia. (E. Minoia)
Felice nuovo anno Nella notte di magia l’anno vecchio scappa via non sei neppure addormentato che uno nuovo è già arrivato bello, ricco di giornate, sia d’inverno, che d’estate. Anno allegro e fortunato sia quest’anno appena nato!
Anno nuovo Ho incontrato per la via un vecchietto tutto bianco camminava curvo e stanco pieno di malinconia. Tristemente ha mormorato “Sono l’anno che è passato”. Saltellando poi veniva un allegro fanciullino e rideva birichino dietro l’anno che finiva; pien di gioia mi ha cantato “Sono l’anno appena nato”.
Anno vecchio ed anno nuovo Tin tin l’orologio rintocca tin tin quanti colpi ha suonato? Tin tin qual è l’ora che scocca? Tin tin qualcheduno ha bussato! Anno vecchio, tin tin, ti saluto! Anno nuovo, tin tin, benvenuto!
Sole d’inverno Capo d’anno: sì mite, e quanto sole! Io già respiro il marzo, in questa luce d’oro che so breve e bugiarda. E rido alla menzogna, ma ne godo e ad essa mi scaldo, come fan pruno e castagno cui rispunta a capriccio qualche gemma nella certezza che morrà domani prima d’aprirsi. Gemme senza fiore sui rami e nel mio cuore, gioia d’un giorno, conscia d’esser viva sol per un giorno! Non importa. E’ gioia. (A. Negri)
Il futuro Il futuro, credetemi, è un gran simpaticone, regala sogni facili a tutte le persone. “Sarai certo promosso” giura allo scolaretto. “Avrai voti lodevoli, vedrai, te lo prometto”. Che gli costa promettere? “Oh, caro ragioniere, di cuore mi congratulo: lei sarà cavaliere!”. “Lei che viaggia in filobus, e suda e si dispera: guiderà un’automobile entro domani sera”. “Lei sogna di far tredici? Ma lo farà sicuro! Compili il suo pronostico: ci penserà il futuro!” Sogni, promesse volano… Ma poi cosa accadrà? Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà. (G. Rodari)
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Poesie e filastrocche LA BRINA E IL GELO – una raccolta di poesie e filastrocche sulla brina e sul gelo, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Brinata Non è neve: men candida, più sfumata fioritura, esalata nel silenzio, della magica natura. Nella notte l’incantesimo si fermò tra gli alti rami, stese lento in mezzo agli alberi le sue trine e i suoi ricami. Ma la trama ormai dissolvesi, vinta dal sol che già l’ha tocca; un gocciar di gravi lacrime, piove intorno, intorno fiocca. (G. Bertacchi)
Brinata La terra era squallida e grigia e grigio e monotono il cielo; l’inverno riaprì la valigia e poi disse al gelo: “Ricama con mano gentile quest’umida nebbia sottile!” Il gelo si mise al lavoro: sui penduli rami tremanti profuse, con arte, un tesoro di perle, e diamanti, e, all’alba del nuovo mattino, la terra fu tutta un giardino. (R. Calleri)
Il gelo Dormiva la vallata nella notte serena: s’affacciò il gelo e disse: “Bene, mi sento in vena! Quest’ora è tranquilla, nessuno sta a vedere e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere. Io non somiglio punto a quei furioni miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni. Quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.” Così borbotta il gelo, ride la luna piena mentr’ei va silenzioso per la notte serena. (C. Del Soldato)
Nebbia e brina Nebbia, che cosa hai fatto! Un velario di seta. Ogni cosa è segreta a un tratto. Che ricamo, che trina, quanti gioielli intorno! Li dona al nuovo giorno la brina. (D. Rebucci)
Brina Lo squallido rosaio sotto il freddo rovaio s’è coperto di brina. Ogni fronda, ogni spina porta un fiore, una stella. Il passero saltella sui bianchi ciuffi e spera: “C’è forse primavera?” (O. Visentini)
Brina La nebbia del mattino s’impiglia come un velo, tra i rami del giardino scintillanti di gelo: è la brina, la lieve sorella della neve. Ella tesse ricami minuti, di bianche perline, su tutti i rami e sulle foglioline; fa un candido contorno ad ogni cosa intorno. Ieri non c’era niente: in una notte il vago lavoro diligente fu fatto, a punta d’ago. Com’è svelta e felice questa ricamatrice! (Puck)
Fiori di ghiaccio Mentr’io dormivo oh, quanti strani fiori sulla finestra ha disegnato il gelo! Fiori di ghiaccio, i cui steli ricurvi compongono arabeschi fantasiosi. Belli davvero! Ma il fiato li scioglie, subito. Di quel magico giardino che resta? Un par di lacrime sul vetro…
Il gelo Dormiva la vallata nella notte serena; s’affacciò il Gelo e disse: “Bene, mi sento in vena! Quest’è un’ora tranquilla, nessuno sta a vedere e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere. Io non somiglio punto a tutti quei furioni miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni. Quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro”. Così borbotta il Gelo; ride la luna piena mentr’ei va silenzioso nella notte serena. (C. Del Soldato)
Il gelo Dimmi il segreto, candido gelo: hai imparato forse nel cielo a far sui vetri i tuoi ricami, così fantastici di foglie e rami? Metti alle piante rari merletti, ghiaccioli a frangia cuci sui tetti; doni alle siepi mille trafori, dispensi ai campi gelidi fiori: fredda bellezza che fa sognare, mistero eterno che fa pensare. (T. Romei Correggi)
Il gelo Al sole ch’è malao certo il gelo è molesto, e si corica presto poichè s’è tardi alzato. Con braccia scarne aiuto chiede il gelso e il cipresso trema per freddo acuto nel suo mantello stesso. (V. Bettolini)
L’arrivo di Mago Gelo Dormiva la vallata nella notte serena. S’affacciò il Gelo e disse: -Bene, mi sento in vena. Questa è un’ora tranquilla: nessuno sta a vedere e si lavora in pace. Mi far proprio piacere. Io non somiglio proprio a quei furioni miei parenti: la grandine, il vento, gli acquazzoni; quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro, e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.- Così borbotta il Gelo: ride la luna piena mentre lui va silenzioso nella notte serena; e viene alle casette della valle silente; e alle chiuse vetrate soffiando lievemente va ricamando trine così fini e istoriate come il meraviglioso mantello delle fate. E dappertutto dove, alitando si arresta, al lume della luna d’un tratto ecco una testa di fiori scintillanti, di candidi alberelli, di brillanti alucce di farfalle ed uccelletti; ecco templi d’argento dalle guglie lucenti e intricate foreste dai rami trasparenti. Ogni cosa s’adorna di bianco luccichio: -Eh- dice Mago Gelo -se mi ci metto io!- (Camilla del Soldato)
Brinata La terra era squallida e grigia, e grigio e monotono il cielo; l’inverno riaprì la valigia e poi disse al gelo: “Ricama con mano gentile quest’ultima nebbia sottile”. Il gelo si mise al lavoro; sui penduli rami tremanti profuse con arte un tesoro di perle e diamanti; e all’alba del nuovo mattino la terra fu tutta un giardino. Il sole dai monti si affaccia i candidi fiori a guardare, la nebbia fumosa discaccia, li viene a baciare; e allora si rompe l’incanto. I fiori si sciolgono in pianto. (R. Calleri)
Brina Che rovina nell’orto in tre brinate! Squallido tutto e morto;; spogliato il susino, rigido il pero; tre bianche mattinate orbar di fiori l’orto, fecero un cimitero. Ultime, e al cuor per questo più soavi, rose cadute qua, là fucsie a terra non più pendule e gravi; beate le viole nella serra! Più non sta tra le sue foglie il fico: trovarne uno grinzoso ed infermiccio tra quegli stecchi è un caso; non tiene più un racimolo il viticcio e l’amorin nel vaso langue. (E. Giardini)
Brinata Non è neve: men candida, più sfumata fioritura, esaltata nel silenzio della magica natura. Nella notte l’incantesimo si fermò tra gli altri rami, stese lento in mezzo agli alberi le sue trine e i suoi ricami, ma la trama ormai dissolversi, vinta al sol che già l’ha tocca; un gocciar di gravi lacrime piove intorno, intorno fiocca. (G. Bertacchi)
Brinata Ve’, che gli alberelli stamattina all’improvviso fecero i fiori belli ed orditi come la trina, che sanno fare le ricamatrici! Ieri ogni cimarella avea una spina, come che fosse una spina d’amore, oggi una rama porta un grumolo, tutto bello nel suo candore; e c’è Mariella dalla balconata, che lascia l’anima su questi fiorellini, fatti di niente, fatti di brina, e riguardando or questi e or quelli, gode e non s’accorge che in un subito, dileguano tutti come tante stelle. (V. De Simone)
La brina Già la brina s’è levata, la campagna ha ricamata. Con le perle, col diamante che scintilla al nuovo sole ha adornato già le piante, e sentieri, prode, aiuole. E salta sopra il tetto della mia modesta casa ha disteso il suo merletto lungo tutta la cimasa. Come splende la mattina al passare della brina! (R. Rebucci)
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Poesie e filastrocche sulla neve – una raccolta di poesie e filastrocche sulla neve, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La neve Neve bella, fatta a stella, bianca neve, lieve lieve vienmi in mano, piano piano Sei per poco dolce gioco, dolce gioco in mille fiocchi che mi frullan sotto gli occhi. (Ada Negri)
Scenetta bianca Da un bel boschetto a far la serenata la luna tutta bianca s’è affacciata: sono i monti, le valli, le colline tutti sparsi di pecore piccine. La luna ride un poco: un faggio stanco dorme sognando un gran cappuccio bianco. Sola sul monte una chiesetta in pace con la pupilla d’oro guarda e tace. (Luisa Nason)
Nevica Sopra i tetti, sulle strade piano piano, lieve lieve cade giù la bianca neve. Danza, scherza, su nell’aria, si rincorre, si riprende e poi lenta lenta scende. Come candida farfalla che è già stanca del suo volo si riposa sopra il suolo ed in breve lo ricopre d’un uguale bianco manto: sembra tutto un dolce incanto. (P. Guarnieri)
C’è una bimba C’è una bimba che spazza davanti alla sua porta! La bimba è piccola e la granata è corta; la neve è tanta tanta che copre la città: a spazzarla via tutta chi mai ci arriverà? Ci arriveremo tutti, se ognuno spazza un po’… la bimba è piccolina, ma fa quello che può. (L. Schwarz)
Il gelo Dormiva la vallata nella notte serena: s’affacciò il gelo e disse: “Bene, mi sento in vena! Quest’è un’ora tranquilla, nessuno sta a vedere e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere. Io non somiglio punto a quei furioni miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni. Quanto fracasso fanno! Par che ci sian che loro e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.” Così borbotta il gelo, ride la luna piena mentr’ei va silenzioso per la notte serena. (Camilla Del Soldato)
Neve Cade la neve a falde larghe e piane, da ore e ore, senza mutamento. Non una voce; non un fil di vento; non echi alle casupole lontane. Nei boschi e nelle immense Alpi lontane ogni soffio di vita sembra spento. Sotto quel bianco ammanto è un sognar lento di piante, d’erbe e di speranze umane. (Ada Negri)
Paese nuovo Il bimbo guarda alla finestra i fiocchi taciti, ch’empion turbinando l’aria; guarda la strada bianca e solitaria, che non ha che un ombrello e due marmocchi. E guarda la casina dirimpetto, ch’è agghiacciata dal vento e dalla bruma. ma che pur nel silenzio algido fuma con la pipa del suo comignoletto. Sorride il bimbo nel suo caldo covo, ed è stupito perché i fiocchi, a un tratto, d’un paesello nero e vecchio han fatto un paesello tutto bianco e nuovo. (Marino Moretti)
La neve e la culla Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. Senti: una zana dondola pian piano. Un bimbo piange, il piccol dito in bocca, canta una vecchia, il mento sulla mano, la vecchia canta: “Intorno al tuo lettino c’è rose e giglio, tutto un bel giardino:” Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta… (G. Pascoli)
Nevicata C’è la mostra del bianco. Ecco, ogni cosa lentamente si veste di candore. Lieve cade la neve senza posa… Quanto biancore! Son di bambagia i tetti diventati, di lattemiele sembrano i camini; le gronde e i cornicioni sono ornati di trine fini. Tra le farfalle bianche della neve spaurito vola, nero, un uccellino. Nell’aria si disperde il fumo lieve d’alto camino. All’improvviso appare un po’ di rosa, lassù, nel cielo, fra la neve bianca; ma vince ancor la neve silenziosa, e il rosa imbianca. (A. Castoldi)
Fiocchetti bianchi Candida, lieve, morbida, fina, questa mattina scende la neve. I fiocchi bianchi mi sembran ali: sui davanzali si posan stanchi. Dal grigio cielo, su prati e fonti, su chiese e ponti, stendono un velo. Vestono i rami d’alberi spogli; i sassi grami sembrano scogli. In girotondo copron la siepe; adesso il mondo pare un presepe. (C. Ronchi)
Nevicata Nevica; l’aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve; gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera; passano bimbi: un balbettio di pianto; passa una madre: passa una preghiera. (G. Pascoli)
Canzoncina della neve Dal cielo tutti gli angeli videro i campi brulli senza fronde né fiori, e lessero nel cuore dei fanciulli che amano le cose bianche. Scossero le ali stanche di volare. E allora scese lieve lieve la fiorita di neve. (O. Visentini)
La neve Ieri sull’alto colle, oggi nel piano arato, la neve è sulle zolle, e copre il seminato. “Buon raccolto di grano!” fa il provvido bifolco; ma un passerotto invano cerca l’amico solco. E saltella leggero, e pare quasi stanco, piccolo punto nero sopra l’immenso bianco. (Rubber)
La neve Danzi nel cielo, candida e lieve, o bella neve. Poi silenziosa, distendi al suolo il tuo lenzuolo. “Uh com’è freddo questo mantello!” geme l’uccello. E i poverelli dicon sgomenti: “Ah quanti stenti e quanto freddo patir si deve con questa neve!”. Dicono i bimbi: “Andremo a sciare e a scivolare, a fare palle e un fantoccione tutto burlone: la pipa in bocca, i baffi neri, gli occhi severi…”. Dice contento il campagnolo: Non gela il suolo sotto la neve: e il chiccolino sta ben caldino!”. (T. Romei Correggi)
La neve Sui campi e sulle strade, silenziosa e lieve, volteggiando, la neve cade. Danza la falda bianca, nell’ampio ciel, scherzosa, poi sul terren si posa stanca. In mille immote forme, sui ceppi e nei giardini dorme. Tutto dintorno è pace: chiuso in oblio profondo, indifferente , il mondo tace. (Ada Negri)
Nevicata Nevica: l’aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve: gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade del bianco con un tonfo lieve. (G. Pascoli)
Povero pettirosso! Eccolo lì, povero pettirosso! Con la neve, per lui c’è carestia; e chi sa mai quanta malinconia si sente addosso… Nè bacche, nè granelli, eh, poverino! e le belle giornate son lontane… Li vuoi questi minuzzoli di pane, pettirossino? (C. Del Soldato)
Neve bella Neve bella, fatta a stella, bianca bianca, lieve lieve, vienmi in mano, piano piano, sei, per poco, dolce gioco; dolce gioco in mille fiocchi che mi frullan sotto gli occhi.
Allegria sulla neve Sulla neve è ritornata l’allegria dei ragazzi: c’è chi ride, c’è chi canta, chi bersaglia i bei pupazzi. Tutti bianchi, incappucciati, van correndo qua e là; sono allegri, spensierati, pien di gran serenità. (V. Battù)
Nevicata Le casette stupefatte sono bianche come il latte. Tutto è bianco, monte e valle… è un diluvio di farfalle. Lungo i tetti sopra i rami, che merletti che ricami! Che stupore per gli uccelli! Che cappucci sugli ombrelli! (P. Ruocco)
Ballatella della neve In una casetta dell’Alpe lontana dimora una vecchia fra biche di lana: di soffice lana di sue pecorelle da essa tosate a un lume di stelle; ed ora la dona al vento che in breve la muta in fiocchetti di candida neve. Mulina, mulina nell’aria gelata la morbida lana così trasformata! Che gioia vederla! Per tutta la valle è come una danza di lievi farfalle: un piover giocondo di piume d’argento che cambia, oh portento la scena del mondo. Intanto, dal cavo d’un buio crepaccio or esce un vegliardo con barba di ghiaccio. Che torbido sguardo, che cera stizzosa! Al freddo suo fiato s’ammala ogni cosa… Ei spegne le foglie sugli alberi foschi, discaccia gli uccelli lontano dai boschi, trasmuta le fonti in lastre di vetro e brontola brontola un monito tetro. Ma sotto la neve e bulbi e radici riposano in pace sicuri, felici. E sognan l’aprile e il sole giocondo che ancor farà verde la scena del mondo. (G. Striuli)
Fata bianchina La sai tu la storia di Fata Bianchina che soffice, cheta, dal cielo calò? Tranquilla discese, una grigia mattina e il candido manto su tutto gettò- I bimbi, felici, batteron le mani, i passerottini gemeron “Ci ci”. Guardò il contadino sui campi lontani e disse contento: “Va bene così”. Ma il sole col vivido disco di fuoco nel cielo schiarito a un tratto brillò e Fata Bianchina dovè, a poco a poco disfarsi nel pianto. Così se ne andò. (P. Bianchi)
Neve Dal cielo tutti gli angeli videro i campi brulli senza fronde nè fiori, e lessero nel cuore dei fanciulli che aman le cose bianche. Scossero le ali stanche di volare ed allora discese lieve lieve, la fiorita neve. (U. Saba)
Neve Giù dal cielo grigio grigio zitta zitta, lieve lieve lenta lenta, bianca bianca sulla terra vien la neve. Mille bianche farfalline fanno il manto alle colline mille candide farfalle tintinnando fanno ai campi un bianco scialle mille fiocchi immacolati danno ai monti, ai boschi, ai prati alle strade, ai tetti, al suolo un bellissimo lenzuolo i bambini guardan fuori e non apron più la bocca e la neve lenta lenta scende scende, fiocca fiocca. (Ruocco)
Neve Le casette stupefatte, sono bianche come latte tutto è bianco, monte e valle, è un diluvio di farfalle lungo i tetti, sopra i rami, che merletti, che ricami.
La nevicata Sulla campagna squallida e pensosa scende la neve, a larghi fiocchi e lenti, e sui morbidi strati rilucenti immacolata e tacita si posa. Scende d’un fitto vel, copre ogni cosa; copre casette, ponti, acque dormienti; e colma fossi, imbianca bastimenti e scende senza fine e senza posa. (E. De Amicis)
Neve Cadono i fiocchi ma non si posano subito. Restano un poco in alto esitano sospesi, come cercassero un posto pulito per riposare e raccogliersi. (G. Serafini)
Sgocciola la tettoia Dalle nuvole rotte il sole ad intervalli in berretta da notte mette fuori la faccia stralunata sbadigliando di noia. E frattanto, di neve disgelata sgocciola la tettoia come il nasuccio d’uno scolaretto che smarrì il fazzoletto. Al margine del fosso squittisce un pettirosso. (A. Ghislanzoni)
Fiori di neve Petali bianchi nell’aria greve. Fiori di neve sui rami stanchi. Sul verde tenero del nuovo grano s’adagian piano gigli e asfodeli: fiorita lieve che ignora stelo… Gemme del cielo fiori di neve. (M. Castoldi)
Tracce sulla neve Chi è passato di qui? Un bruno cervo timido. Chi è passato di là? Un coniglietto trepido, un orso vecchio e placido. Chi è passato di qui? Un topo velocissimo che corre al suo cunicolo tiepido e comodissimo. (K. Jackson)
La neve Giù dal cielo grigio grigio, zitta zitta, lieve lieve lenta lenta bianca bianca sulla terra vien la neve. Mille bianche farfalline fanno il manto alle colline, mille candide farfalle tintinnando, fanno ai campi un bianco scialle. Mille fiocchi immacolati danno ai monti, ai boschi, ai prati, alle strade, ai tetti, al suolo un bellissimo lenzuolo. I bambini guardan fuori e non aprono più bocca e la neve lenta lenta scende, scende, fiocca, fiocca. (Ruocco)
Nevica Le casette stupefatte sono bianche come latte. Tutto è bianco, monte e valle… E’ un diluvio di farfalle. Lungo i tetti, sopra i rami, che merletti! Che ricami! Che stupore per gli uccelli! Che cappucci per gli ombrelli!
Ballatella della neve In una casetta dell’alpe lontana dimora un vecchia fra sacchi di lana; di soffice lana di sue pecorelle da essa tosate a lume di stelle; ed ora la dona al vento che in breve la muta in fiocchetti di candida neve. Mulina, mulina, nell’aria gelata la morbida lana così trasformata! Che gioia vederla, per tutta la valle è come una danza di lievi farfalle: un piover giocondo di piume d’argento che cambia, oh portento! la scena del mondo. Ma sotto la neve e bulbi e radici riposano in pace sicuri e felici, e sognan l’aprile e il sole giocondo che ancor farà verde la scena del mondo.
Inverno Ma cosa accade? Guardati intorno! Alberi spogli e breve il giorno. Oh quanto freddo lungo le strade forse tra poco la neve cade. Con questo freddo dentro restiamo e un ritornello insiem cantiamo.
Inverno Il ghiaccio e la neve copron la terra Il rigido gelo gli alberi afferra. I rami si piegano al fischio del vento. S’ode nel bosco un triste lamento. Ma sotto la terra umida e scura il seme prepara la vita futura.
Nella siepe Nella siepe tutta spini son rimasti gli uccellini perchè il rovo e il biancospino il sambuco e l’agazzino hanno bacche colorite nutrienti e saporite. Ma lombrichi e chioccioline ricci, serpi, e formichine la lucertola curiosa e il ramarro che riposa stan nascosti a sonnecchiare finchè il sol potrà tornare. Stan nascosti giorno e sera aspettando primavera.
Neve Scendono le stelline dal cielo a mille a mille avvolte in bianco velo la terra desolata copron silenti e pure d’una coltre gemmata. Benedice la madre quel prezioso mantello ed il cielo saluta col sorriso più bello. (G. Noseda)
La neve Sui campi, sulle strade, silenziosa, bella, lieve, volteggiando già la neve, cade. Danzan fiocchi bianchi contro il cielo rosa poi a terra posan, stanchi. Su mille immote forme sui tetti e sui camini sui cippi e sui giardini, dorme. Tutto intorno è pace chiuso in oblio profondo indifferente il mondo, tace. (Ada Negri)
La neve Bianca neve silenziosa scendi lieve senza posa. Eri pioggia su nel cielo t’ha gelato il crude gelo ogni goccia fu stellina bianca neve piccolina. Ora scendi bianca e bella ogni fiocco è una stella così bianca resterai finchè al sol ti scioglierai. Bianca neve silenziosa scendi scendi senza posa.
La canzone della neve Sotto il morbido mantello della neve immacolata dorme l’erba scolorata dorme nudo l’alberello. Dorme il ghiro, dorme il tasso la lucertola si stira lo scoiattolo sospira con un suon di contrabbasso. Ma nel solco che lo serra veglia il seme di frumento lo vedremo al sole, al vento, rinverdir tutta la terra. Lo vedremo al tempo bello d’oro il campo rivestire finge intanto di dormire sotto il candido mantello.
Cade lenta, silenziosa, bianca, soffice, la neve, è una danza misteriosa di farfalle, lieve, lieve. Senza fretta, piano piano, si distende il bianco manto, si ricopre il monte, il piano, la natura è un dolce incanto.
Sotto la neve pane Cadde la neve, ma non fu tormenta sì cadde come fa quando rimane un bianco sfarfallio nell’aria spenta un morbido calar di bianche lane. E da prima infiorò le rame, i fusti, le nude siepi, tutti i secchi arbusti. Poi disegnò come di netto smalto i margini, le prode, ogni rialto. Poi s’allargò, s’alzò a mano a mano stese una coltre là dal monte al piano. Sii benvenuta, neve. La sementa non crescerà precoce in spighe vane chè la fredda tua coltre l’addormenta. Io sento dir: “Sotto la neve, pane!”. (P. Mastri)
Giorno di neve Scende scende lieve e bianca sulla terra così stanca scende lenta lenta lenta e la valle si addormenta. Notte serena. Dorme, sogna, mentre il cielo torna azzurro, senza velo, e sorride una stellina, alla valle piccolina.
La prima neve Questa mattina quando apersi gli occhi guardai dalla finestra vidi la neve che cadeva a fiocchi sulla strada maestra. Tutto era bianco: il tetto ed il cortile e avea un cappello bianco il campanile.
La neve Dorme la neve, dorme in mille strane forme sui sentieri, sulle strade, sui fossati, sulle case, sui tetti, su campagne, su poggi, su montagne, su quel tappeto bianco dorme l’inverno stanco.
La neve Fiocca fiocca, neve bianca, fiocca fiocca, non si stanca. Posa qua, posa là, alla terra un manto fa.
Nevicata Nevica: l’aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve; gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco; cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera: passano i bimbi: un balbettio di pianto; passa una madre; passa una preghiera. (G. Pascoli)
La danza della neve Neve, neve, scendi lieve sopra i campi e le contrade; neve, copri col tuo manto boschi e case, tutto quanto; neve, scuoti, bianca e bella, il tuo vel di reginella. Sulla terra che rinserra il tesor del contadino mille chicchi, mille semi, scenda in fiocchi il tuo mantello, bianco bianco… fino fino, e niun chicco al freddo tremi! Verrà il sol di primavera dispiegando una bandiera di roselle e gigli e viole: da ogni chicco il fusticino s’alzerà lieto nel sole, verde verde, fino fino. Scendi, scendi, o reginella, tutta bianca pura e bella, scendi piano piano piano… Benedice il contadino il tuo manto fino fino, chè la neve è madre al grano. (Hedda)
Ballatella della neve In una casetta dell’Alpe lontana dimora una vecchia fra biche di lana: di soffice lana di sue pecorelle da essa tosata a un lume di stelle; ed ora la dona al vento che in breve la muta in fiocchetti di candida neve. Mulina, mulina, nell’aria gelata la morbida lana così trasformata! Che gioia vederla! Per tutta la valle è come una danza di lieve farfalle: un piover giocondo di piume d’argento che cambia oh portento la scena del mondo. Ma sotto la neve e bulbi e radici riposano in pace sicuri e felici, e sognan l’aprile e il sole giocondo che ancor farà verde la scena del mondo. Ma sotto la neve e bulbi e radici riposano in pace sicuri, felici, e sognan l’aprile e il sole giocondo che ancor farà verde la scena del mondo. Intanto, dal cavo d’un buio crepaccio or esce un vegliardo con barba di ghiaccio. Che torbido sguardo, che cera stizzosa! Al freddo uso fiato s’ammala ogni cosa… Ei spegne le foglie sugli alberi foschi, discaccia gli uccelli lontano. (G. Striuli)
Orfano Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. Senti: una zana dondola pian piano. Un bimbo piange, il piccol dito in bocca; canta una vecchia, il mento sulla mano. La vecchia canta: “Intorno al tuo lettino c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.” Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta… (G. Pascoli)
Neve Candida, lieve, quasi danzando scende la neve infiocchettando l’albero spoglio che dorme e spera qualche germoglio per primavera. La neve cade cade silente copre le strade morbidamente, mette il mantello alla montagna, uno più bello alla campagna che si riposa; imbianca i tetti veste ogni cosa, di bei fiocchetti, semina un velo immacolato tessuto in cielo e sbriciolato sopra la terra ch’è vecchia e stanca, vi si rinserra, diventa bianca, e serba in cuore gelosamente, sotto il candore tanta semente. (M. Voltolini)
Neve
Dal cielo tutti gli angeli videro i campi brulli, senza fronde nè fiori e lessero nel cuore dei fanciulli che aman le cose bianche. Scossero le ali stanche di volare ed allora discese lieve lieve la fiorita neve. (U. Saba)
L’uomo di neve Bella è la neve per l’uomo di neve, che ha vita allegra anche se breve e in cortile fa il bravaccio vestito solo d’un cappellaccio. A lui non vengono i geloni, i reumatismi, le costipazioni… Conosco un paese, in verità, dove lui solo fame non ha. La neve è bianca, la fame è nera. E qui finisce la tiritera. (Gianni Rodari)
Neve Poveretto chi non sa sciare nè pattinare. Di tanta neve, che ne fa? Tutto quel ghiaccio non gli serve a nulla. Di tanta gioia lui non può godere: al massimo si farà una granita in un bicchiere. (Gianni Rodari)
Neve Una danza di pazze farfalle, questa notte ha tramato un tappeto che si stende dal monte alla valle. Or non s’ode il più lieve sussurro; tutto il mondo è coperto d’argento, tutto il cielo asfaltato d’azzurro… (T. Colsalvatico)
Neve Cade la neve a falde larghe e piane, da ore e ore senza mutamento. Non una voce; non un fil di vento; non echi alle casupole lontane. Nei boschi e nelle immense Alpi lontane ogni soffio di vita sembra spento. Sotto quel bianco ammanto è un sognar lento di piante, d’erbe e di speranze umane. (A. Negri)
Nevicata Dalle profondità dei cieli tetri scende la bella neve sonnolenta, tutte le cose ammanta come spettri; scende, risale, impetuosa, lenta, di su, di giù, di qua, di là, s’accenta alle finestre, tamburella i vetri… Turbina densa in fiocchi di bambagia, imbianca i tetti ed i selciati lordi, piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi… Nel caminetto crepita la bragia… (G. Gozzano)
Ricami di neve Il gelo appende calici di vetro dalle gronde, il fiato stende impronte di fiori sui cristalli. L’alba cuce vivagni di seta gialla e rosa lungo la luminosa curva delle montagne. Sul manto della neve ci sono orme di stelle: le han lasciate gli uccelli, tante, col piede lieve. Ci sono orme in fila di chiodi a croce, ad arco, che hanno segnato un varco profondo sulla via: di qua e di là le siepi sono sparse di trine fragili, senza fine, soffici come sete; e i rami scheletriti per i campi ed i prati si sono ritrovati a un tratto rifioriti. Il passo vagabondo d’un felice bimbetto va segnando un merletto sul candore del mondo. (G. Porto)
Come petali Nella bigia aria sciamano i fiocchi della neve, come petali che cadono da invisibili rame. C’è un silenzio, che pare stia per compiersi un miracolo. I bimbi lascian di giocare e guardano con uno stupore che li fa docili. Si metton le fantasie in chi sa quale viaggio per chi sa quale reame. I poveri vecchi si fan coraggio sospirando avemarie. (I. Drago)
Neve Nevica: l’aria brulica di pianto; la terra è bianca; neve sopra neve: gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade nel bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera. (G. Pascoli)
Nevicata Su in cielo, un immenso fatato giardino, v’è certo di mandorli in fiore! Stamane di sopra il grigiore qualcuno li ha scossi giocondo, e i fiori, sfacendosi piano, cadere han lasciato man mano sul torpido mondo con timidi frulli, con fremiti d’ale i piccoli petali lievi… (A. Carlini Venturino)
Quadretto invernale Il bimbo guarda alla finestra i fiocchi taciti, ch’empion turbinando l’aria; guarda la strada bianca e solitaria, che non ha che un ombrello e due marmocchi. E guarda la casina dirimpetto, che è agghiacciata dal vento e dalla bruma, ma che pur nel silenzio algido fuma con la pipa del suo comignoletto. Sorride il bimbo nel suo caldo covo, ed è stupito perchè i fiocchi, a un tratto d’un paesello nero e vecchio han fatto un paesello tutto bianco e nuovo. (M. Moretti)
Primo inverno Il cielo ha spiegato un sudario candido sopra il mondo. Distende a croce le braccia l’albero solitario. La terra pare che giaccia in sonno tanto profondo che somiglia a una morta con quel sudario addosso, con quella pianta storta che tende i suoi rami d’osso. E ci vien da pensare che forse ne sole ne grida la possano richiamare un’altra volta alla vita. (G. Porto)
Neve Fischia un grecale gelido, che rade: copre un tendone i monti solitari: a notte il vento rugge, urla: poi cade. E tutto è bianco e tacito al mattino nuovo: e dai bianchi e nudi casolari il fumo sbalza qua e là turchino. (G. Pascoli)
Nella neve Sull’alba, intatta al suolo, è la gran nevicata che fioccò tutta notte. Poi sul bianco lenzuolo appar qualche perdata: piè grandi e scarpe rotte. Soffre la vita o dorme. Coi bambini il verno è crudo e con l’età cadente. Veggo, tra l’altre, l’orme d’un piccol piede ignudo, che m’attrista la mente… Ahi! Ahi! chi vi ristora, o tremanti piedini di fanciullo errabondo? Dunque vi sono ancora dei poveri bambini, che van, scalzi, pel mondo? (E. Panzacchi)
Regina bianca Regina bianca, gioia dei fanciulli, tu vesti come petti di colobi, le rupi sui declivi, le punte dei cipressi e gli alti pini. Rendi la guancia soffice alle strade, e fai turgidi i tetti delle case raccolte nel tepore delle stufe. I campi, che sconfinano col cielo hanno il tuo volto candido da sposa. (M. Mazzeo)
Giochi d’inverno Nebbia, che cosa hai fatto! Un velario di seta. Ogni cosa è segreta a un tratto. Che ricamo, che trina, quanti gioielli intorno: li dona al nuovo giorno la brina. Ma zitti… bianca, lieve tutto copre e nasconde, viali, casette e fronde, la neve… (D. Rebucci)
La neve Tutta bianca nella notte bruna la neve cade lenta volteggiando. O pratoline, ad una ad una, tutte bianche nella notte bruna! Chi dunque lassù spiuma la luna? O fresca peluria, o fiocchi fluttuanti! Tutta bianca nella notte bruna, la neve cade lenta volteggiando. (G. Richepin)
Neve Eri candida foglia volando e sul ramo fioristi senza sole e vita più lieve del fiore del mandorlo, non soffia uno sguardo di rosa e subito cadi e t’infanghi. (C. Govoni)
Il biglietto del passero Stamane, dopo la nevicata, il davanzale del mio balcone, candido, eguale, sembra una pagina immacolata. Ma, se la guardo con maggior cura un po’ dappresso vedo sovr’esso non so che segni, quale scrittura… Chi avrà scavato dentro la neve quei fiorellini tutti a tre petali, stellucce fini, allineati con grazia lieve? Son le zampine d’un passerotto meschino: ed ecco i bucherelli fatti col becco, che qualche briciola cercava sotto. Ahimè! Stamane quel poveretto restò a digiuno, e d’avvertirmi trovò opportuno, forse, lasciandomi… il suo biglietto. (Puck)
Mattino di neve Il risveglio fu lento: dalle pievi un suono giunse, timido e smorzato; indi gli spalatori, a colpi brevi, urtarono le pietre del selciato. S’udirono di sotto al porticato gli schiaffi sordi di stivali grevi. Uno in istrada disse: “E’ nevicato. Chi dorme o indugia a letto non si levi”. E fu d’imposte un secco sbatacchiare ed un cantilenar di voci breve, e qualche dialoghetto di comare; indi l’alba si alzò, pallida e lieve, e ognuno vide la città posare nella luce d’argento della neve. (Anna Maria Beccanulli)
La neve Viveva in una nuvola come una gatta in soffitta: stanotte, zitta zitta la neve è caduta giù. Cosa diranno i bambini a vederla, già morta sui gradini della porta, come un povero caduto lì? Aveva freddo e nessuno gli aprì. (R. Pezzani)
Cade la neve Cade la neve, la neve. Alle bianche stelline nella tempesta si protendono i fiori di gennaio dal telaio della finestra… Cade la neve, la neve. Non come cadessero fiocchi, ma come se sopra un rappezzato mantello scendesse a terra la volta del cielo… Cade la neve, la neve, la neve, e ogni cosa è smarrita, il pedone imbiancato le piante stupite… (Boris Pasternak)
La neve Dal cielo tutti gli angeli videro i campi brulli senza fronde nè fiori, e lessero nel cuore dei fanciulli che ama le cose bianche. Scossero le ali stanche di volare. Ed allora scese lieve lieve la fiorita di neve. (O. Visentini)
La nevicata Sulla campagna squallida e pensosa scende la neve, a larghi fiocchi e lenta, e sui morbidi strati rilucenti immacolata e tacita si posa. Scende, d’un fitto vel copre ogni cosa; copre casette, ponti, acque dormenti; e colma fossi, imbianca bastimenti e scende senza fine e senza posa. (E. De Amicis)
Nevicata Sui campi e sulle strade silenziosa e lieve volteggiando, la neve cade. Danza la falda bianca nell’ampio ciel scherzosa, poi sul terren si posa stanca. In mille immote forme sui tetti e sui camini, sui cippi e sui giardini dorme. Tutto d’intorno è pace; chiuso in oblio profondo indifferente il mondo tace. (A. Negri)
La pioggia di stelle Chi ha detto alle neve: “Vieni?” Ed ecco la neve è venuta, obbediente, muta. L’hanno chiamata i fanciulli, forse, a vestire di bianca allegria i campi brulli, la deserta via? O sono stati i granelli sepolti nei freddi terreni, rabbrividenti a tutti i venti, che han detto alla neve: “Vieni?” O fu l’ordine di Dio? Si muove dal cielo di stelle un minuto scintillio: misterioso s’affretta verso la terra che aspetta. Sulla terra i sapienti studiosi, curiosi, con delicati strumenti, scrutano il bianco mistero, e dicono: “E’ vero: la neve è una pioggia di belle, di minime stelle!” Le minime stelle all’aurora un poco scintillano ancora. (Gina Vaj Pedotti)
Gli esquimesi Strana gente, gli esquimesi: sono di ghiaccio i loro paesi; di ghiaccio piazze, strade e stradette, sono di ghiaccio le casette; il soffitto e il pavimento sono di ghiaccio, non di cemento. Perfino il letto è di buon ghiaccio, tagliato e squadrato col coltellaccio. Ed è di ghiaccio, almeno pare, anche la pietra del focolare. Di non – ghiaccio c’è una cosa, la più segreta, la più preziosa: il cuore degli uomini che basta da solo a scaldare persino il polo. (G. Rodari)
La neve E’ scesa la neve, divina creatura, a visitare la valle. E’ scesa la neve, sposa della stella, guardiamola cadere. Dolce! Giunge senza rumore come gli esseri soavi che temono di far male. Così scende la luna, così scendono i sogni… Pura! Guarda la valle tua, come sta ricamandola di gelsomino soffice. Ha così dolci dita, così lievi e sottili, che sfiorano senza toccare. Bella! Non ti sembra che sia il dono mirabile d’un alto donatore? Chissà che agli uomini non rechi un messaggio da parte del Signore. (G. Mistral)
Nevicata Dalle profondità dei cieli tetri scende la bella neve sonnolenta, tutte le cose ammanta come spettri: scende, risale, impetuosa, lenta. Di su, di giù, di qua, di là s’avventa alle finestre, tamburella i vetri… Turbina densa in fiocchi di bambagia, imbianca i tetti ed i selciati lordi, piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi… Nel caminetto crepita la bragia… (G. Gozzano)
I passeri Fischia un grecale gelido che rade: copre un tendone i monti solitari: a notte il vento rugge, urla: poi cade. E tutto è bianco e tacito al mattino: nuovo; e dai bianchi e muti casolari il fumo balza, qua e là turchino. La neve! Allora, poi che il cibo manca, alla città dai mille campanili scendono, alla città fumida e bianca: a mendicare. Dalla lor grondaia spiano nelle chostre e nei cortili la granata o il grembiul della massaia. Scende. Scende. Il cielo tutto a terra cade col bianco polverio d’una rovina. Non un’orma. Svanite anche le strade. La terra è tutto un solo mare a onde bianche, di zolle ov’erano le biade. Resta il mio casolare unico, donde esploro invano. Non c’è più nessuno. E solo a me chiamo, ecco risponde il pigolio d’un passero digiuno. (G. Pascoli)
Il borgo sotto la neve Nel borgo, una breve piazzetta, una fontanina in un canto che fa cioc cioc ogni tanto, tre alberi, una chiesetta col campanile sottile come un dito che accenni lassù, dieci case, non una di più, un ponticello, un fienile… Un borgo, capite, assai breve che basta a coprirlo un grembiule inamidato ed uguale, un grembiuletto di neve… Lui dorme, lì sotto, imbacuccato di lana… (Aldo Gabrielli)
Nevicata La bella neve! Scendete, scendete, leggiadri fiocchi danzanti nei cieli: come perlucce coprite, pingete i tetti, i tronchi, la mota, gli steli… (Emilio Praga)
Un po’ d’amore Quando la neve coprì la mia casa, un passero volò dalla cimasa. – O passerotto, non volar lontano, troverai neve e gelo in tutto il piano – gli dissi. – Resta e non sarai mai solo – M’intese? Un frullo e si posò nel brolo. Di là ritorna spesso al davanzale, mi chiama con un trillo e un batter d’ale. Gli offro briciole e chicchi di gran cuore. Quanto bene può fare un po’ d’amore! (Dina Rebucci)
Nella neve Sull’alba, è intatta al suolo la grande nevicata che fioccò tutta notte. Poi sul bianco lenzuolo appar qualche pedata: piè grandi e scarpe rotte. Soffre la vita o dorme. Ai bimbi il verno è crudo come all’età cadente. Veggo, tra l’altro, l’orma d’un picciol piede ignudo che m’attrista la mente… Ahi, ahi, chi vi ristora, o tremanti piedini di fanciullo errabondo? E vi son dunque ancora dei poveri bambini che van, scalzi, per ‘l mondo? (E- Panzacchi)
La neve Viveva in una nuvola come una gatta in soffitta: stanotte, zitta zitta la neve è caduta giù. Cosa diranno i bambini a vederla, già morta sui gradini della porta, come un povero caduto lì? Aveva freddo e nessuno gli apri? (R. Pezzani)
Cade la neve, la neve Cade la neve, la neve. Alle bianche stelline nella tempesta si protendono i fiori a gennaio dal telaio della finestra… Cade la neve, la neve. Non come cadessero fiocchi, ma come se sopra un rappezzato mantello scendesse a terra la volta del cielo… Cade la neve, la neve, la neve, e ogni cosa è smarrita, il pedone imbiancato le piante stupite… (B. Pasternak)
La neve Tutta bianca nella notte bruna la neve cade lenta, volteggiando. O pratoline, ad una ad una, tutte bianche nella notte bruna! Chi dunque lassù sprimaccia la luna? O fresca peluria, o fiocchi fluttuanti! Tutta bianca nella notte bruna, la neve cade lenta, volteggiando. (G. Richepin)
Uccelli nella neve Nel pomeriggio diafano di neve parlottano i merli affamati, note varie, in gorgheggi pacati. Ho messo un po’ di riso in uno spiazzo nero nel gran biancore, fin da stamane all’alba. Dolce mi è pensare alla lor festa. “C’è del riso, c’è del riso!” “Attenzione alle trappole!” (il più vecchio) “No, no è quel pittore lo conosco da un pezzo. O, le lor voci dal mio letto in penombra contro il muro miele canoro che scorre! M’affaccio pian piano alla grande finestra socchiusa. Un volo lento sul muretto con la sua coltre di neve nel cielo che appena s’arrossa. (F. De Pisis)
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Poesie e filastrocche INVERNO – una collezione di poesie e filastrocche sull’inverno, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Inverno Silenzioso vieni e silenzioso vai, o mesto inverno, che nessuno invoca. Quando già freddo il vento della corsa trova ancora una voce tra le piante, e piangono lacere le foglie, ancora non ci sei se pur t’appressi. E quando il primo sole un bel mattino rischiara il cielo, e svaniscono i cristalli della brina, più non ci sei se pur da poco andato. Vieni e vai nessuno ti saluta. Addio, autunno! Ben torni, primavera! Sono le voci che odi al tuo passare. (G. G. Moroni)
Inverno lungo Per un raggio di sole non è lo sgelo. Ancora l’intrico pallido delle ombre è l’unico ornamento della terra sotto gli alberi nudi. In Norvegia, ora, sul ghiaccio danzano i bimbi, vestiti di panno rosso; con le lame dei pattini disegnano fiori d’argento su quella che fu acqua oscura. (A. Pozzi)
Un dolce pomeriggio d’inverno Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce perchè la luce non era più che una cosa immutabile, non alba né tramonto, i miei pensieri svanirono come molte farfalle, nei giardini pieni di rose che vivono di là fuori del mondo. Come povere farfalle, come quelle semplici di primavera che sugli orti volano, innumerevoli, gialle e bianche, ecco se ne andavan via leggere e belle ecco inseguivano i miei occhi assorti, sempre più in alto volavano mai stanche. Tutte le forme diventavan farfalle intanto, non c’era più una cosa ferma intorno a me, una tremolante luce d’un altro mondo invadeva quella valle dove io fuggivo, e con la sua voce eterna cantava l’angelo che a te mi conduce. (C. Betocchi)
L’inverno e il poeta Neppure il più pallido segno ci resta dei mesi di sole! La terra è uno squallido regno che pesa sul cuore, che duole. In ogni collina c’è un serto di brume diffuse, stagnanti; il cielo è un immenso deserto: né voli, né trilli, né canti. Eppure nella morsa del gelo qualcosa sorride al poeta: è un esile, povero stelo di grano su zolla di creta. Guardando quel tenero verde L’artista ritorna contento e già quel gran mare si perde di messi cullate dal vento… (E. Ottaviani)
Inverno Dei purziteri ne le vetrine xe verdoline le ulive za; ghe xe le renghe bele de arzento e sufia un vento indiavolà: cattivo inverno ecote qua! Dei salumieri nelle vetrine son verdoline le olive già; ci son le aringhe belle d’argento e soffia un vento indiavolato: cattivo inverno eccoti qua! (V. Giotti)
Così viene l’inverno Il cielo è grigio e freddo, il passerotto pigola sul tetto. Dalle sue piume scuote un che di lieve, un batuffolo bianco, presagio della neve. Oltre i vetri su cui si appanna il fiato, il giardino si è tutto addormentato. I rami sono spogli, nude sono le aiuole, cui più non giunge il caldo raggio del sole. Così viene l’inverno silenzioso come un lupo che scende giù dai monti. Ulula, a notte, ed empie gli orizzonti (mentre la terra dorme muta e stanca) d’un grigio sfarfallio che tutto imbianca. (F. Penna)
Sole d’inverno Che dolce tepore! Che lieve carezza! Lo sento che un poco di questa dolcezza mi scende nell’animo, tutto m’invade. E vedo nel sole un bel sogno di strade aperte sui campi già verdi, già nuovi, un cheto occhieggiare di gemme tra i rovi… E il cuor si rallegra. Fra poco il susino, il pesco, il ciliegio, fra poco, al turchino del cielo alzeranno le rame odorose? Io credo che presto verranno le rose di macchia e le primule, e tutte le aiuole saranno fiorite. Che gioia di sole! Ma presto, freddissimo, un brivido passa nel cielo già spento, e una nuvola bassa nasconde l’azzurro, già tetra, già greve… Ed ecco, nell’aria, è un presagio di neve. (A. Novi)
Inverno Terra nera, nubi oscure cielo freddo, pioggia, brina già l’inverno s’avvicina bacche rosse sulle siepi passerotti infreddoliti i bei giorni son finiti! Sotto il tetto un nido vuoto rondinella pellegrina sei partita stamattina guardo e aspetto. Quando torni rondinella bianca e nera tornerà la primavera.
Il gatto inverno Ai vetri della scuola, stamattina, l’inverno strofina la sua schiena nuvolosa come un vecchio gatto grigio: con la nebbia fa i giochi di prestigio, le case fa sparire e ricomparire; con le zampe di neve, imbianca il suolo e per la coda ha un ghiacciolo… Sì, signora maestra, mi sono un po’ distratto: ma per forza, con quel gatto, con l’inverno alla finestra che mi ruba i pensieri e se li porta in slitta per allegri sentieri. Invano io li richiamo: si saranno impigliati in qualche ramo spoglio; o per dolce imbroglio, chiotti, chiotti, fingono d’esser merli e passerotti. (G. Rodari)
L’inverno è qui … e già biancheggia il capo alle montagne, cadon le foglie, l’aria è fredda e bruna… Il triste inverno sarà qui tra poco: chiudi ben l’uscio e fatti accanto al fuoco. (P. Fornari)
L’inverno L’inverno ritorna ad ogni giro di anno e ha la sua ghirlanda di ghiaccioli e di neve, la sua corona di stellette e di leggende, le sue poesie e le sue canzoni, il suo fascino e la sua bellezza. (N. Salvaneschi)
Mattino d’inverno Nasce il giorno e non trova che pagliuzze nell’orto, e fogli secche e gialle, e un vecchio albero morto. Che tristezza, che squallore! Non più voli di farfalle tra gli albicocchi in fiore; e sulla quercia enorme, non più nidi, non più foglie… Nasce il giorno, e non trova che poche rame spoglie e la terra che dorme (M. Castoldi)
Che cosa c’è nell’inverno Oltre la pioggia irosa con il suo gioco alterno del batti e ribatti, nel cuor dell’inverno c’è un’altra cosa. Oltre la neve che posa coi fiocchi gelati sui monti e le valli, sugli alberi e i prati, c’è un’altra cosa. …C’è quella dolce cosa che si chiama speranza, e al di là della nera nuvolaglia che avanza, vede la primavera color di rosa. (M. Mundula)
Com’è dolce Com’è dolce, com’è dolce ascoltare delle storie delle storie dei tempi passati quando i rami degli alberi son neri quando la neve è fitta e pesa sul suolo gelato. (A. De Vigny)
Inverno Avanza, il vecchio inverno, con passo lento e stanco, coperto fino ai piedi da un manto tutto bianco. E porta freddo e gelo, un cielo bianco e greve, per l’aria fa danzare la fredda e bianca neve. Ghiaccioli di cristallo ci dona a profusione fa i passeri volare sull’aia e sul verone. Fa stare la nonnetta accanto al caminetto e, mentre lei sferruzza, le fusa fa il micetto. E i bimbi birichini? Sul ghiaccio lieti vanno, oppure con la neve fantocci o palle fanno. (D. Vignali)
In casa d’inverno Fra poco la pioggia ed il vento faranno più caldo il tuo nido. E’ dolce restare là dentro, allora che il tempo è malfido. La lampada sopra la mensa diffonde soave la luce; e mentre si studia e si pensa, vicina è la mamma che cuce. La stufa di terracotta, nell’angolo del tinello, scoppietta, scintilla, borbotta dall’occhio del rosso fornello. Il pendolo suona le ore; anch’esso ti fa compagnia, col tac tic tac del suo cuore, mentre la sera s’avvia. Oh, quanto d’amore è pervasa, d’inverno, la voce di casa! (V. Seganti Pagani)
Inverno L’inverno tessitore appende ai rami trine finissime, le brine di fil d’argento. L’inverno è uno scultore: la neve fa, sul tetto, un monumento. Ed è anche musicista, e, sulla tramontana, ci fischia la più strana sua sinfonia. Sportivo, fa una pista d’ogni campo di neve per lo slittino e per chi scia. Ci offre, da cuoco esperto, le caldarroste d’oro, fragranti nella loro corteccia nera. Doni preziosi, certo, e molto anch’io t’ammiro… ma nel mio cuor, sospiro la primavera. (Puck)
Lo scricciolo Uno è rimasto, il più piccino, di tanti uccelli volati via, un batuffolo di piume che non sa malinconia; un batuffolo irrequieto tra i rametti della siepe, così piccolo che pare un uccello del presepe. Vispi occhietti, alucce lievi, un codino impertinente, così gaio e spensierato che può vivere di niente. (Graziella Ajmone)
Stornelli d’inverno Fior di collina, son cadute le foglie ad una ad una, e l’erba è inargentata dalla brina. Fior di tristezza, i rami son stecchiti e l’erba vizza; par fuggita dal mondo ogni bellezza. Fior freddolino, potessimo vedere un ciel sereno e un raggio d’oro splender nel turchino! Fior di speranza sotto la neve c’è la provvidenza che lavora per noi; c’è l’abbondanza. (D. Valeri)
Gratitudine Fiocca la neve: ed ecco un uccellino cade leggero sul deserto manto: è tutto intirizzito, poverino, e com’è triste il tenero suo canto! Ho tanta fame. Invano, pigolando cerca del cibo, e spera di trovare qualcosa che lo possa riscaldare, e sulla neve stanco va cercando. Al mesto cinguettio, un ragazzetto sbriciola il pane sopra l’impiantito. Ora saltella e canta l’uccelletto ringraziando così chi l’ha nutrito. (Adalgisa Manenti)
Invernale Sui monti la neve le case e la pieve, le strade ed i prati ha già trasformati. Or tutto è diverso; io vago disperso; è dolce l’incanto, se dura quel bianco. Son curve le piante: la neve è pesante… pesante che casca qua e là da una frasca. Non s’ode rumore. Un grido vi smuore. Un cenno di fumo… due orme. Nessuno. (G. Consolaro)
Inverno Muta il cielo, muta il vento. Che gran brivido! S’increspa verde – argento tutta l’acqua. Sono tutti un sol tremore gli alberelli miserelli. Dalla grande nube oscura ora vien la tramontana… C’è per tutta la campagna il silenzio e lo squallore. Gli insettucci, ad uno ad uno, son spariti sotto terra. Le formiche hanno sbarrato il portone ai formicai. Fin la talpa s’è rinchiusa nel salone delle feste, disturbata un pochettino dal buon tasso, suo vicino, suo compagno di ritiro, che, in pelliccia giallo scura tondo tondo grasso grasso russa e russa come un ghiro. (L. Galli)
Nonno inverno Chi ti ha insegnato a ricamare di bianche trine gli alberi spogli, a disegnare giori di gelo, a far cadere fiocchi dal cielo? Hai un mantello ch’è senza pari, proprio tessuto dalle tue mani, soffice, lieve, immacolato; in esso celi le case e il prato, i colli e i monti, poi me lo presti ed io vi affondo in allegria. Oh nonno inverno, chi t’ha racchiuso nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Aimone)
Mago gelo In silenzio, tutto solo, sotto un cielo di stellato, questo notte Mago Gelo dappertutto ha lavorato. Ha disteso sulla gronda un merletto inargentato; lungo il rivo, sul laghetto, un cristallo smerigliato. Ha bloccato, in un istante, la graziosa cascatella e le ha tolto all’improvviso il suo canto ed il suo riso. Ha ghiacciato gli zampilli della vasca del giardino in un modo così vario da formarne un lampadario. Ha donato alle fontane frange e pizzi senza uguale e candele come quelle che ci sono in cattedrale. (L. Zoi)
Mattino d’inverno Nasce il giorno e non trova che pagliuzze nell’orto, e foglie secche e gialle, e un vecchio albero morto. Che tristezza, che squallore! Non più voli di farfalle tra gli albicocchi in fiore; e sulla quercia enorme, non più nidi, non più foglie… Nasce il giorno, e non trova che poche rame spoglie e la terra che dorme. (M. Castoldi)
Pomeriggio d’inverno Alza la nota sua, timida e breve, lo scricciolo di mezzo alla prunaia: a tratti di lontano un cane abbaia e qualche falda in aria ondeggia lieve… Qualche labile falda, in preda al vento, discende in un suo molle ondeggiamento… qualche labile falda… uggiola il cane; sale il pianto negli occhi e vi rimane. (N. Neri)
Inverno Silenzioso vieni e silenzioso vai, o mesto inverno che nessuno invoca. Quando, già freddo, il vento nella corsa trova ancora una voce tra le piante, e piangono lacere le foglie, ancora non ci sei se pur t’appressi. E quando il primo sole un bel mattino rischiara il cielo, e svaniscono i cristalli della brina, più non ci sei, se pur da poco andato. Vieni e vai e nessuno ti saluta. Addio autunno! Ben tornata primavera! Sono le voci che odi al tuo passare. (G. G. Moroni)
Inverno Autunno, ancora ti cercai stamane senza trovarti: te n’eri partito coi piedi rossi di mosto, rigato di pioggia sottile, senza un canto o un grido. L’ora del giorno t’inseguì per poco dal campanile del convento dove le sorelle pregavano per tutte le stagioni d’Iddio: ma non volgesti neppure il capo. E dopo, l’acqua cadde a rovesci, a schianti, a rombi e fu inverno… (F. M. Martini)
L’inverno nel villaggio Scende dal bosco il vecchio campagnolo col suo fascio di legna sulle spalle. Candido è il monte, candida è la valle, tutto di bianco s’è coperto il suolo. C’è qualche traccia sulla neve intatta: gente che è andata, gente che è venuta, è fioca la campana e l’aria è muta; gemono gli uccellini nella fratta. Dalle finestre della casa, in fondo al borgo, i bimbi, col nasino al vetro, guardano il vecchio e le sue tracce dietro… unico segno di lavoro al mondo. Ma appena un poco il cielo si dirada e ride il sole su tutto quel bianco, appaiono i fanciulli in lieto branco e far guerra di palle sulla strada. E, mentre stan giocando allegri e fieri, c’è un babbo silenzioso presso il fuoco: le bestie al chiuso… si lavora poco… e tutto questo gli dà gran pensieri. (F. Socciarelli)
I passeri E allorchè la notte cala tanto fredda e tanto oscura e la tramontana fischia così forte che impaura, al capino sotto l’ala giunge solo il lamentio degli alberi gementi: sotto i tegoli, sgomenti, se ne stanno i passerotti: se ne stan rabbrividendo col capino sopra il core che ora batte e trema forte di paura, di dolore. Ma che importa tutto questo se doman risplende il sole? Torneran nel nuovo giorno, torneranno a saltellare a giocare folleggiare e così finchè una notte verrà il gelo e nel sopore fermerà con le sue dita pur quel piccolo tremore. (L. Galli)
Inverno O nonno inverno, sei già arrivato? Anche quest’anno, triste e pensoso, nel bianco letto sei ritornato, nonno, dal greve manto nevoso? Poveri nidi senza nidiate, povere piante nude di foglie, nel ciel di piombo stanno levate, le braccia vostre, di rami spoglie! Ma la gran fiamma guizza e saltella nell’ampia cappa del focolare… Dice la nonna la sua novella lunga, assai lunga da raccontare. “C’era una volta…” Ma le bruciate sgricciano liete dentro nel guscio… “C’erano mille candide fate…” “Ma è freddo nonna, rinserra l’uscio!”. Alta è la neve. “C’era una volta tra quelle fate una regina pallida e bionda”. Un bimbo ascolta, ma l’altro ciondola la testolina. E nonno inverno fuor dalla casa, il suo gran sacco di neve stende, l’ampia nottata n’è tutta invasa. Sui bimbi in estasi il sonno scende (D. Maria)
Dialogo d’inverno “Dicembre, sulla terra perchè tanto squallore?” “Ma guarda su nel cielo, la stella dell’amore!” “Gennaio, sul tuo bianco mantello che rimane?” “Ma sotto dorme il dolce tesoro del tuo pane!” “Febbraio, perchè giochi col gelo e la bufera?” “Ma poi, morendo, lascio a te la primavera.” (A. Barocchi)
Inverno Non c’è fiore, non c’è una foglia, negli squallidi giardini; tranne i gravi, antichi pini, la campagna è muta, spoglia. Fra gli spini ardui contorti, non un passero che trilli: gli uccelletti, i bruchi, i grilli son partiti o sono morti. Ma nel freddo raggelante c’è qualcosa di gentile sognan già l’amico aprile gli occhi chiusi delle piante. (M. Carrera)
Poveri passeri! Il vento soffia, la neve cade, son bianchi i tetti, bianche le strade. Tutte le erbe sono gelate, poveri passeri, voi, come fate? Il cielo è bigio, la neve è bianca; son spogli gli alberi, la terra è stanca. Lungo è l’inverno, breve è l’estate; poveri passeri, voi, come fate? (Bruno Vaccari)
Speranza C’è un grande albero spoglio in mezzo all’orto; pare che soffra e non si possa coprire e riscaldare. Vola sui nudi rami un passero sperduto e cinguetta più forte in segno di saluto. Geme l’albero: “Un tempo fui giovane e fui bello, candidi fiorellini erano il mio mantello”. Il passero cinguetta: “Vecchio albero, spera, si sciolgono le nevi, verrà la primavera!” (M. Dandolo)
Inverno Ho pensato: che meraviglia ha fatto Dio con l’inverno spogliando gli alberi e lasciandoci ammirare forme e profili. Quanta libertà al cielo in tempesta.
Nonnino Inverno Nonnino Inverno, che mi racconti una fiaba tutta candore chi t’ha messo nel vecchio cuore tanti sogni, tanta poesia? Chi t’ha insegnato a ricamare di bianche trine gli alberi spogli a disegnare fiori di gelo a far cadere fiocchi dal cielo? Hai un mantello ch’è senza pari proprio tessuto dalle tue mani soffice, lieve, immacolato in esso celi le cose e il prato, i colli e i monti, poi me lo presti e io vi affondo in allegria. Oh nonno Inverno, chi t’ha racchiuso nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Ajmone)
Inverno Quando piove lento lento e fa freddo, e tira il vento nella casa sta il bambino nel suo nido l’uccellino nella cuccia il cagnolino presso il fuoco il bel gattino il ranocchio, senza ombrello sotto un fungo sta bel bello.
Inverno Scura è or la terra e il buio ci pervade ma nel mio cuor si serba una luce che non cade. Accesa la terrò forte, buona e bella e tranquillo aspetterò che nel cielo sia una stella.
Inverno L’albero brullo dice al fanciullo ora son brutto non ho più frutto, ma il duro inverno non dura eterno. Rinverdirò, rifiorirò.
Ecco l’inverno Freddoloso, imbacuccato ecco l’inverno che è arrivato. Sulle spalle egli ha un saccone Che ci porti, buon vecchione? Porti feste? Allegria? Una lieta compagnia?” Della stanza nel tepore ben di cuore vorrei darti il benvenuto; ma se penso ai poveretti il mio labbro resta muto. Folleggianti in danza lieve son nell’aria tanti fiocchi; quanti fiocchi! Quanta neve! Questo bianco abbaglia gli occhi lietamente non si lagna la campagna chè il buon chicco, chicco d’oro, che racchiude il gran tesoro sottoterra è riparato e lì giace addormentato. Dorme e sogna. “Oh, verrà la stagion buona verso il cielo drizzerò il mio verde stelo e poi, grato, verso quei che han lavorato pel domani darò tanti biondi pani. (C. Fontana)
Inverno Le papere mettono i pattini per andare sulle lastre ghiacciate, Ma dove li han presi quei pattini, se ricche non sono mai state? Li ha fatti per loro un esperto e poi glieli ha regalati in cambio di un loro concerto.
Inverno Io ringrazio con tutto il mio cuore per le cose che danno calore per i fuochi ardenti e i guanti di lana che scaldano nella fredda tramontana per gli abiti invernali, i giochi da giocare quando si può sulla neve scivolare e ringrazio per il mio letto amato quando il gelido giorno se n’è andato.
Cantilena invernale Un legno non fa fuoco e due ne fanno poco; con tre fai un fuocherello, con quattro l’hai più bello. Che, se poi tu ci metti del bosco due ciocchetti, che vivida fiammata, oh, che bella vampata! Che soave calore che ti consola il cuore! E salgon le faville al cielo a mille a mille a cercar le stelline, lontane sorelline. (E. Graziani Camillucci)
Inverno Bianco inverno, che ci porti? Sulla terra ogni mattina, nebbia o neve, ghiaccio o brina. Ma per voi bambini buoni, guanti, scarpe, calzettoni, bei mantelli coi cappicci caldi e morbidi lettucci; e regali sul guanciale per la notte di Natale. (R. Rompato)
Inverno Oh, che gioconda fiamma guizza nel caminetto! Ride il babbo, la mamma vi bacia e stringe al petto; e bambole e balocchi fan tutti un’allegria. (G. Mazzoni)
Dietro i vetri Che freddo questa mattina! I vetri coperti di brina invitano ai ghirigori; “Facciamo una bella cortina con stelle, casupole e fiori!” I prati son tutti gelati, ma, dietro i vetri appannati, non temon del freddo i rigori e stanno, con gli occhi incantati, estatici tre spettatori. Tre bimbi che stanno a guardare il vecchio inverno arrivare. (V. Seganti Pagani)
I doni dell’inverno E l’inverno vien tremando, vien tremando alla tua porta. Sai tu dirmi che ti porta? “Un fastel d’aridi ciocchi, un fringuello irrigidito; e poi neve, neve a fiocchi, e ghiaccioli grossi un dito”. (A. S. Novaro)
L’inverno Signori miei, son qua! Sono il solito inverno che ripiglia il governo finchè la primavera tornerà. Non porto novità: con la solita neve comincerò tra breve a decorare paesi e città. In rosso tingerò ogni punta di naso; non fate proprio caso se qualche volta vi pizzicherò! (L. Schwarz)
Buon vecchione Freddoloso, imbacuccato ecco Inverno ch’è arrivato. Sulle spalle egli ha un saccone.. “Che ci porti, buon vecchione? Porti feste ed allegria nella lieta compagnia? Della stanza nel tepore ben di cuore vorrei darti il benvenuto; ma se penso ai poveretti il mio labbro resta muto”. Folleggianti in danza lieve son nell’aria tanti fiocchi: quanti fiocchi, quanta neve! Quanto bianco abbaglia gli occhi! (C. Fontana)
La fredda stagione Non mi piaci, o freddo inverno, che ci tieni qua in prigione, dove il giorno sembra eterno: fuggi, perfida stagione! Senza i fiori e la verdura sembra morta la natura. Più non canta il vago uccello, trema e soffre il poverello. Ma la mamma sa le fole e ci chiama attorno a sè con le magiche parole: “Una volta c’era un re…” Poi ritornano il Natale, la Befana, il Carnevale; ognuno d’essi reca un dono: freddo inverno, ti perdono! (A. Cuman Pertile)
Lo scricciolo Uno è rimasto, il più piccino, di tanti uccelli volati via; un batuffolo di piume che non conosce malinconia; un batuffolo irrequieto tra i rametti della siepe, così piccolo che pare un uccello da presepe. Vispi occhietti, alucce lievi, un codino impertinente, così gaio e spensierato che può vivere di niente. Nella campagna tacita, bianca, che il gelo tiene prigioniera, pare la nota dimenticata d’una canzone di primavera. Sempre gaio, sempre lieto, senza timore del domani, pare un bimbo poverello che tiene la gioia nelle sue mani. (G. Ajmone)
Inverno Il cielo ha spiegato un sudario candido sopra il mondo. Distende a croce le braccia l’albero solitario. La terra pare che giaccia in sonno tanto profondo che somiglia a una morta con quel sudario addosso, con quella pianta storta che tende i suoi rami d’osso. E ci vien da pensare che forse né sole né grida la possano richiamare un’altra volta alla vita. (Giuseppe Porto)
In montagna Triste quella casetta dimenticata in vetta a quel monte lontano, spogliato d’ogni erbetta, d’ogni segnale umano. (da Note di Samisen)
L’inverno Inerte e silenziosa dorme la terra avvolta in bianco velo, ed il ruscello riposa muto tra i sassi, prigionier del gelo. Il gelido rovaio soffia dai monti e nei camini è greve; non più vezzoso e gaio svolazza l’uccellin dentro la siepe. Pendon dai brulli rami innumeri ghiaccioli, mentre le brine disegnano ricami, frange, nastri, gale e trine. E tutto è calma e oblio, non più canti nei campi o in vigna sento; non più sono presenti sui colli e i prati a pascolar gli armenti. Ma più ringiovanita la terra sorgerà dai suoi torpori; un dì novella vita avrà con nuovi frutti e nuovi fiori. (A. Rossini)
L’inverno Di notte nell’ultima notte, è sceso il sipario sulla festa di autunno. Solo una traccia di foglie rosse fradice e morte nel fango rimane dell’orgia pagana piena di colori e di luci piena di voluttuosi profumi di bagliori ardenti e talvolta nell’estasi romantica dell’alba e nel tramonto, anche piena di brividi. Incantevole sempre nell’opulenza della sua sfatta bellezza. Ora un pallido dole avvolge la religiosa maestà dell’inverno. Gli alberi nubi tremano nell’aria cristallina. Solo i pioppi svettano ancora nel cielo con le chiome d’oro, d’oro fino, trasparente. Mossi dal vento piovono sulla terra scudi d’oro che nella terra si dissolvono per rivivere al primo soffio di primavera. (M. Battigelli)
L’inverno viene Com’è triste il pianto dell’autunno dell’autunno che muore! Spento ormai è il canto sulle labbra del pastore… Or la nebbia stanca si distende sulla terra e la neve imbianca le alte cime della sierra. Solitario fiore vuoi tu dirmi le tue pene? Muto è il tuo dolore, ben lo so: l’inverno viene. (antico motivo asturiano)
L’inverno Viene a gran passi l’inverno col suo lungo barbone di neve E, camminando, la barba gli cade spargendosi in candidi fiocchi. E il suo fiato affannoso di vecchio di muta in vento che soffia gelato. Ogni capello che pergde per via gli si raggruma in gocce di brina o in filamenti sottili di pioggia. Eppure il vecchio conduce con sé un alberello bello di Natale che porta un po’ di gioia nelle case; e non importa se fuori fa freddo! (G\. Serafini)
Paesaggio invernale Respirano lievi gli altissimi abeti racchiusi nel manto di neve. Più morbido e folto quel bianco splendore riveste ogni ramo via via. Le candide strade si fanno più zitte: le stanza raccolte, più intente. Rintoccano l’ore. Ne vibra percosso ogni bimbo, tremando. Di sopra gli alari, lo schianto d’un ciocco che in lampi e faville rovina. In niveo brillar di lustrini il candido giorno l fuori s’accresce, divien sempiterno infinito. (R. Maria Rilke)
Inverno lungo Per un raggio si sole non è lo sgelo. ancora l’intrico pallido delle ombre è l’unico ornamento della terra sotto gli alberi nudi. In Norvegia, ora, sul ghiaccio danzano i bimbi vestiti di panno rosso; con le lame dei pattini disegnano fiori d’argento su quella che fu acqua oscura. (A. Pozzi)
Gli uccelli aspettano, d’inverno, davanti alla finestra Io sono il passerotto. Bimbi, il mio tempo muore. E sempre vi ho chiamati nell’anno che è passato quando tornava il corvo tra i cespi d’insalata. Una piccola offerta, per favore. Passero, vieni vicino. Passero, un chicco per te. E tante grazie per il tuo lavoro! Io sono il picchio. Bimbi, il mio tempo muore. Picchio tutta l’estate e dove arrivo col becco, spare ogni insetto nocivo. Una piccola offerta, per favore. Picchio, vieni vicino, Picchio, un bruco per te. E tante grazie per il tuo lavoro! Io sono il merlo. Bimbi, il mio tempo muore. Ed ero io a cantare nel grigio dei mattini quanto durò l’estate, dall’orto dei vicini. Una piccola offerta, per favore. Merlo, vieni vicino. Merlo, un chicco per te. E tante grazie per il tuo lavoro! (B. Brecht)
Contentarsi di poco Dal gelido fogliame spicca il volo il pettirosso: ha tanto freddo addosso, e tanta fame… E vola, vola fino al ruscello ove un solicello fioco fioco lo scalda, un poco, e lo consola. Ora si mette a cercare qualcosa da mangiare: ecco, laggiù, un seme di frumento! Non chiede di più, e tutto contento si mette a cantare. (E. Ottaviani)
Alberi spogli Dal muro alto sporgono alberi spogli forche, braccia, grucce. La conifera scura resiste al gelo, il platano più alto (belle macchie sul tronco glorioso), ha ancora qualche foglia d’oro e l’evonimo puntato, rosse bacche. Melanconici come vecchi in riposo in attesa della dolce fioritura. Nel grigio fine un’ala appena, fa musica. (F. De Pisis)
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Poesie e filastrocche per dicembre – una raccolta di poesie e filastrocche sul mese di dicembre, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Vecchio dicembre E’ tanto vecchio, povero dicembre, che cammina appoggiandosi a un bastone; del sole non è amico, a quanto sembra, perchè d’accordo va con il nebbione. Nel fango affonda sino alle calcagna, spruzza di neve l’albero e la siepe, di prima neve imbianca la montagna mentre nasce Gesù, là nel presepe. (G. Marzetti Noventa)
Dicembre Dicembre… La neve sui monti, la fiamma nel focolare, volti cari attorno a una lampada, una campana che chiama per la novena di Natale. Dicembre… Un ramo d’abete e il presepe fatto di bambagia leggera col Bambino che s’addormenta fra le candeline di cera. (A. T. Bordoni)
Dicembre La neve sui monti, la fiamma nel focolare, volti cari attorno a una lampada, una campana che chiama per la novena di Natale. Un ramo d’abete e il presepe fatto di bambagia leggera col bambino che s’addormenta tra le candeline di cera.
Dicembre Il vento soffia, la neve cade, son bianchi i tetti, bianche le strade. Il cielo è grigio la neve è bianca, son spogli gli alberi, la terra è stanca. (B. Vaccari)
Dicembre Va novembre, vien dicembre. Ciel nebbioso, suol fangoso… Sopra i campi brulli e tetri, soffia il vento e batte ai vetrim mentre il passero sul tetto, trema al freddo, poveretto! (C. Prosperi)
Dicembre Dai campi desolati, sui viali deserti di bambini, dagli orti abbandonati, levano al cielo di piombo le braccia ferme, nude, gli alberi disperati. Nell’aria non c’è un volo, nell’aria non c’è un grido; sotto l’antico ponte, con un rombo freddo, il torrente… (V. Bosari)
Dicembre Or è bello novellare; fuori piove e mugghia il vento; nel camino c’è un lamento, ch’empie i bimbi di spavento, mentre stanno al focolare. E’ dicembre, un buon vecchietto, canta loro una novella dove c’è una mamma bella un bambino ed una stella ed un bove ed un ciuchetto. (D. Dini)
Dicembre Chi la ricorda ancora la bella primavera, che sorridendo infiora il monte e la riviera? Chi ricorda l’estate coi suoi fulgidi soli con l’aure profumate piene di trilli e voli? E l’autunno che infonde gioia e tristezza insieme che ingiallisce le fronde e i bei grappoli spreme? Un’uggia, un sopor greve pei campi, per le strade; e il silenzio… e la neve che cade, cade, cade. (A. Tona)
Dicembre Dicembre ha un suo ricamo, sospeso ad ogni ramo; l’ha fatto con la nebbia l’ha fatto con la brina: è nuovo ogni mattina. Dicembre ha un suo sorriso, diffuso in ogni viso: lo porta in ogni casa, dove la gente aspetta la notte benedetta. (M. C.)
Il mese poverello Bigio il ciel, la terra brulla: questo mese poverello nella sporta non ha nulla, ma tien vivo un focherello. Senza gregge e campanello solo va, pastor del vento. Con la neve nel cappello fischia all’uscio il suo lamento. Breve il dì, lunga la notte, cerca il sole con affanno. Ha le tasche vuote e rotte, ma nasconde il pan d’un anno. (R. Pezzani)
Ecco dicembre Ecco dicembre, vien bel bello. E’ vero, porta ventaccio e neve ma quanti doni sotto il mantello! Sì, raffreddori, qualche malanno; ma ci riporta tanta dolcezza con la più cara festa dell’anno. Ed ogni bimbo, pel suo presepe, già si prepara stelle e pastori, casette bianche, bianca la siepe. E già si sente, nel cuoricino più buono, forse, perchè, tra poco, nasce a Betlemme Gesù bambino. (Zietta Liù)
Dicembre Ecco dicembre! Dicembre, sì vecchio e canuto, col suo pesante fardello. E sembra un buon poverello, così, senza un fiore nè un frutto. Viene sul mondo deserto, dormiente sotto la neve… La terra è arida e nera… i rami stecchiti… E come ulula il vento! Che tristi lamenti! Son forse bambini gementi, i pini piangenti, smarriti nelle tormente? E viene, viene dicembre, carico di doni. Ne ha colmi il pesante fardello, e le tremule mani oscillano nell’alberello. E viene il bianco Natale col capo pieno di neve e la gran stella lucente. Stormiscon gli abeti leggeri, fioriscon le siepi di brina… e viene viene dicembre: è carico di doni, … viene per consolare. Spoglia, è sì triste la terra nel plumbeo abbraccio del mare! (L. Galli)
Dicembre Il falcetto secco taglia; fondo addenta, mai non sbaglia; sopra è il cielo decembrino, con fumate di camino. Le ramaglie ammonticchiate che cantarono l’estate son la foglia moritura hanno adesso sepoltura. Tra la siepe senza frasca già di sonno l’orto casca… C’è chi prova una zampogna e il presepe il bimbo sogna. (L. Carpanini)
Dicembre Vien Dicembre e non trova che pagliuzze nell’orto, e foglie secche e gialle, e un vecchio albero morto. Che tristezza, che squallore! Non più voli di farfalle tra gli albicocchi in fiore; e sulla quercia enorme non più nidi, non più foglie… Vien dicembre, e non trova che poche rame spoglie e la terra che dorme. (M. Castoldi)
Dicembre Dalla profondità dei cieli tetri scende la bella neve sonnolenta, tutte le case ammanta come spettri; di su, di giù, di qua, di là, s’avventa, scende, risale, impetuosa, lenta, alle finestre tamburella i vetri… Turbina densa in fiocchi di bambagia, imbianca i tetti ed i selciati lordi, piomba dai rami curvi, in blocchi sordi… Nel caminetto crepita la bragia… (G. Gozzano)
Dicembre Va dicembre, in mezzo al gelo, col suo sacco sulle spalle, mentre scendono dal cielo bianchi sciammi di farfalle. Ecco il mese che raccoglie tutti al fuoco dei camini e che va, di soglia in soglia, festeggiato dai bambini. Che letizia si diffonde nei palazzi e i casolari con le tenere e gioconde melodie dei pifferai! Tutti corrono festanti, sotto il turbine dei fiocchi, fra i negozi scintillanti di dolciumi e di balocchi. E dicembre, allegro in viso nel vedere facce liete, nel tinello, d’improvviso, fa sbocciare un verde abete; e l’abete, tutto adorno di lustrini, chicche e doni, vi sussurra in questo giorno: “O fanciulli, siate buoni! Non sentite cosa dice questa nenia di campane? Ogni cuore sia felice, ogni desco abbia il suo pane! Date un dono all’orfanello che giocattoli non ha: e il Natale assai più bello, bimbi miei, per voi sarà”. (P. Ruocco)
Rose di dicembre Vedere ancor due roselline, oggi, a mezzo dicembre, mi pare un inganno degli occhi, un prodigio, trovar queste povere due roselline. Con voce di foglie già morte, il rosaio risponde alle scosse del vento; si tien dritto al muro, a sentir se l’intonaco tiepido è ancora. Sì; forse un po’ tiepido; e basta ai due bocci che s’aprono lenti, in silenzio; e pare un celato sorridere, un muoversi vago di labbra. (F. Chiesa)
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Poesie e filastrocche sul Natale – una raccolta di poesie e filastrocche di autori vari sul Natale, per la scuola d’infanzia e primaria.
Lo zampognaro Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale, sai che cosa direbbe il giorno di Natale? “Voglio che in ogni casa spunti dal pavimento un albero fiorito di stelle d’oro e d’argento”. Se comandasse il passero che sulla neve zampetta, sai che cosa direbbe con la voce che cinguetta? “Voglio che i bimbi trovino quando il lume sarà acceso tutti i doni sognati più uno, per buon peso”. Se comandasse il pastore del presepio di cartone sai che legge farebbe firmandola col lungo bastone? “Voglio che non pianga nel mondo un solo bambino, che abbiano lo stesso sorriso il bianco, il moro, il giallino”. Sapete che cosa vi dico io che non comando niente? “Tutte queste belle cose accadranno facilmente; se ci diamo la mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno”. (Gianni Rodari)
Invito al presepio Venne un angelo al mio cuore, al mio cuore di bambino. Disse: mettiti in cammino, troverai il tuo signore, più radioso di una fiamma, sui ginocchi della mamma.” Nella notte santa e bella camminai dietro i pastori camminai dietro la stella coi miei piccoli dolori, e ad ogni passo mi sentivo più leggero e più giulivo. Giunsi infine ad una grotta, (come povera di tutto!) dalla porta vecchia e rotta la Madonna col suo putto vidi, e l’angelo e il pastore adorare il mio signore; e tre re soavi e buoni giunti là chissà da dove; ed un asino ed un bove silenziosi testimoni che l’avevano scaldato con la nuvola del fiato. Adorai il bimbo, e poi lo pregai di farmi buono e gli chiesi qualche dono qualche dono anche per voi. (R. Pezzani)
Il presepe Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi son le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino, tante casette sparse qua e là un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia. un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… oh, quanta gente intorno inginocchiata anche i re magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli. (E. Morini Ferrari)
L’asinello di Gesù L’asinello lascia il pasto e la schiena sotto il basto va per strade senza siepe e vuol giungere al presepe. Son passati i pastorelli con le lane, con gli agnelli, c’è un fiorire per le fratte, le fontane danno latte e tra i pruni zuccherini è un vagar di cherubini. Lui, ch’è irsuto, bigio, brutto, non ha un dono per il putto: ma riscalderà col fiato il signore del creato. (L. Carpanini)
Presepio E’ una notte fredda e serena con in mezzo la luna piena; poi la luce di fa più bella per l’accendersi di una stella; e quando gli angeli scendono a volo in terra nasce il divino figliolo. Ora è Natale e nella capanna c’è un dolce bimbo con la sua mamma mentre il padre dal volto sereno la mangiatoia riempie di fieno. C’è tanto freddo e tanto gelo e per coprirlo non c’è un velo. Ma l’asino e il bue messisi a lato lo riscaldano col fiato. (G. Rossi)
E’ nato Dite se avete mai visto un fantolino più bello con qui colori di pomo. E’ vispo come un uccello. Ha tutto il cielo negli occhi, tutte le grazie sono sue. E’ nato re in una grotta, tra un asinello ed un bue. (R. Pezzani)
Notte santa Scintillano le stelle, fiaccolette d’argento, e illuminano a festa l’azzurro firmamento, mentre a migliaia, in terra, spandono le campane ad invitar le genti mistiche note arcane. Laggiù, nella chiesetta, brillano come gemme i ceri sacri, accesi al bimbo di Betlemme. Ed al presepio santo c’invita il redentore: qui la preghiera sale dal cuore come un fiore. (R. Tosi)
E’ nato, alleluia alleluia è nato il sovrano bambino la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino orsù cornamuse, più gaie sonate, squillate campane venite pastori e massaie oh genti vicine e lontane per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore è nato, è nato il Signore è nato nel nostro paese la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino è nato il sovrano bambino è nato, alleluia alleluia. (G. Gozzano)
Doni al bambino Gesù bambino nella notte santa ebbe i doni del cielo e della terra: ebbe i fiori più belli d’ogni serra, e le più belle foglie di ogni pianta. Ogni stella gli offerse un raggio vivo: ebbe da tutti i re gemme e corone: il vento gli cantò la sua canzone, gli mandò i suoi sospiri il dolce rivo. E chi soffriva gli donò il suo pianto, chi godeva gli diede il suo sorriso. Dalle soglie dell’alto paradiso gli gettarono le nubi un roseo manto. Ebbe la lana di ogni pecorina, tutto quello che aveva ogni pastore. Ogni mamma gli diede un suo dolore, ogni siepe gli diede una sua spina. Ma c’era un bimbo povero che, senza mantello, verso il suo destino andava. Era giunto così presso il bambino: cercava un dono, ma non lo trovava! Toccare non osò la santa culla: un muto pianto gli bagnò le gote: si strinse al cuore le manine vuote, guardò il bambino e non gli diede nulla. Ma nella notte così fredda e nera quel nulla diventò luce e calore: di tutti gli astri aveva lo splendore e tutti i fiori d’ogni primavera. (Milly Dandolo)
Albero di Natale Le candeline accese sui rami dell’abete sembrano tutte liete di vegliar da vicino il dolce sonno di Gesù bambino. I gingilli d’argento, le belle arance d’oro, chiedono tra di loro scampanellando piano: “Ci toccherà la sua piccola mano?” Gli angioletti di cera dalle manine in croce sussurrano con voce quasi di paradiso: “Se avessimo soltanto un suo sorriso!” E la stella cometa che vide tutto il mondo dice con profondo sospiro di dolcezza: “Non vidi mai quaggiù tanta bellezza!” (Milly Dandolo)
Notte di prodigio Mezzanotte! Le fonti gelate si disciolgono per incanto; si ridestano dal greve sonno tutte le piante addormentate. E le strade non hanno più spini, i sassi non fanno più male; le siepi sono tutte chiare, come fiorite di biancospino. Ogni cuore si leva al richiamo d’un azzurro messaggero, ogni viandante segue una stella che gli illumina il sentiero… (Graziella Ajmone)
Il Cristo bambino I suoi occhi acquamarina si aprono al sorridente mare del mattino. Due soli splendenti hanno illuminato l’alba. Le sue gote di melagrana sono fiori di rosa di alloro, fiori rosa i cui steli e radici salutano l’umanità con amore. Le sue esili braccia levate in un simmetrico arco armonioso che abbraccia il mondo. La sua bocca due petali di rosa la sua lingua un’arpa dolce e melodiosa i capelli brillano di luce intrecciati con rami di rosmarino. I polsi mazzolini di violette e quando respira la stanza si riempie d’incenso che brucia in un fuoco divino. Quando cammina sarà un ondeggiare di broccato vermiglio, blu e d’oro bordato d’argento e tempestato di pietre. Gloria eterna a Lui neonato salvatore, il Re e a Colui che Lo adorna. (K. Naregarsi)
Oh bambino Gesù, sei piccolino e poveretto forse più di me hai solo un po’ di paglia per lettino ma tu scendi dal cielo, oh re dei re tutto quello che ho, Gesù bambino è tutto dono della mia bontà tu mi hai dato la vita, un cuoricino la mia mamma adorata, il mio papà mi hai fatto tanti doni cari e belli ed io, che non ti ho dato ancora nulla prego in ginocchio come i pastorelli dinnanzi allo splendor della tua culla e il mio piccolo cuore dono a te oh signore del mondo, oh re dei re.
Canto di Natale del ciliegio Giuseppe e Maria passeggiando qua e là scorsero ciliegie e mele in grande quantità e Maria chiese a Giuseppe. con fare gentile e carino: coglimi qualche ciliegia perchè aspetto un bambino rispose Giuseppe così rozzo e scortese chiedi al padre del bimbo perchè non te le ha prese e allora il bambino dal grembo ordinò piegati ciliegio che mia madre ne abbia un po’ e il ciliegio come un arco si piegò un istante per far raggiungere a Maria il ramo più distante e allora Giuseppe prese Maria sulle ginocchia dicendo: Signore, perdona la mia spocchia e abbracciando Maria disse: Negli anni che verranno mio piccolo salvatore, per il tuo compleanno colline e montagne a te si inchineranno e dal ventre materno parlò ancora il bambino il mio compleanno sarà a Natale, di mattino quando colline e montagne mi faranno un inchino.
Natale Si squarcia nella notte il fondo velo ed un vivo splendore appare in cielo. Scendon giù dalle saperne sfere infinite degli angeli le schiere: -Osanna, osanna- cantano in coro e manifestan la grandezza loro. Abbagliati i pastori, ed esultanti senton nel cuore l’eco di quei canti. Balzan in piedi, pieni di fervore per cercare nel mondo il redentore. e van e vanno guidati dalla stella fin sulla soglia della capannella E’ nato là il salvatore, è nato le genti vuol redimer dal peccato è venuto qui in terra il Dio d’amore per riscaldare a tutti a tutti il cuore nell’anime la pace scenderà agli uomini di buona volontà. (E. Minoia)
O Simplicitas Un angelo mi visitò ed ero impreparata a esser di Dio strumento madre diventerò ma ero spaventata tremai per un momento l’angelo era ancora là, sia fatta la sua volontà ed accettai l’avvento. Dovrebbe un re solenne nascere in nobile dimora pensavo in quel momento partimmo per Betlemme, tutto era strano allora soffiava un freddo vento portavo un vecchio mantello, non ci accolsero nell’ostello la città era in fermento Un bimbo appena nato, che ancor non sa parlare giace in umiltà Giuseppe lo ha vegliato, le bestie lo san scaldare si muovono a pietà è nato in una stalla? Capii quella novella più di un re lo adorerà era un fatto strano, la stalla di un pastore un gregge che belava, il verbo fatto umano giaceva sul mio cuore, la gioia mi inondava e i pastori vennero a rendere onore a quel bimbo nostro signore e a tutta la saggezza che incarnava. (M. L’Engle)
Natale Nel cuor dell’inverno tra neve e tra geli discende il bambino dall’alto dei cieli riporta alla terra la luce e il calore e accende nei cuori speranza ed amore. (E. Minoia)
Una sposa magica Ebbi una dolce, candida visione una sposa magica, splendida apparizione che sapeva parlare di gioia e di dolore una giovane madre che con devozione a vegliare il bimbo nella culla si dispone lo custodisce cantando per ore ninna nanna, ninna oh, dormi dolce bambino.
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno lassù, tra i monti, ha lasciato il capanno e scende a visitare il re dei re. Va, scalzo, per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la gioia gli scalda il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il cuore. (L. Barberis)
Natale Voli d’angeli nel ciel di turchese, sorrisi incantanti di bimbi, ceppi tra gli alari di mille focolari. Presepi fasciati di sogno di trepida attesa, alberelli raggianti di luce, voci di chiese in ogni paese. Doni che giungono a mille da mille remote contrade, biglietti d’augurio, conviti che tutti ci voglion riuniti. (Luisa Zoi)
Natale Stella stellina che brilli lassù ravviva il tuo lume, che passa Gesù Campana piccina che attendi lassù intona il tuo canto che nasce Gesù Oh cuore piccino che attendi quaggiù prepara i tuoi doni che nasce Gesù.
Natale Un canto nell’aria Un campo innevato! Una stalla piena di fieno! Ronfa un asinello! Una madre il suo bimbo culla! Una mangiatoia, e una mucca col vitello! -Noi ricordiamo tutto quello_ e voci gaie, nell’aria quieta! E tre re magi, e una cometa! Duemila anni di neve sanno che nell’aria c’è un canto a Natale ogni anno e si sente in questo incanto una melodia serafica, un inno fatato che dice a tutti che lui è rinato che tutto ciò che amiamo è rinato. (J. Stephens)
Natale Lo spirito del mondo discende sulla terra e in quel grembo profondo per mesi si rinserra. Con la mano leggera mille fiaccole accende sì che la notte nera ad un tratto risplende. La pietra si ravviva, si ridestano i semi la larva si fa viva. Anche nel cuore dell’uomo lo spirito discende e una fiamma d’amore e una speranza accende. (E. Minoia)
Salus mundi Vidi una stalla bassa e scura nella mangiatoia giaceva un neonato i buoi lo conoscevano, se ne presero cura dagli uomini era ignorato del mondo la salvezza futura ai rischi del mondo abbandonato. (M. Coleridge)
Natale Nella notte oscura io non ho paura brillano le stelle nel cielo così belle guardan Gesù bambino piccolino piccolino che ci è nato per amore sulla Terra e qui nel cuore. (L.Baratto)
Natale Quanto più triste è attorno a noi l’inverno quanto dura è la zolla e spento il cielo dal profondo fiorisce a noi tra il gelo un fiore eterno. Suonano dai suoi petali parole di pace in terra ad ogni buon volere e per il cuore che lo sa vedere rinasce il sole. (L. Schwarz)
Natale Lei giaceva tranquilla sulla paglia mentre lui veglia il bambino, incerto e le ombre danzano sulla porta della stalla i buoi ondeggiano, nella capanna volteggia una falena è Gabriele con ali di seta, che va dove lei giace tranquilla sulla paglia un falegname e sua moglie, ignari che re e pastori li cercan da lontano e le ombre danzano sulla porta della stalla dorme il bambino, un asinello sbuffa lui mormora prudente e guarda lei che giace tranquilla sulla paglia canta il gallo, ma il canto non vien fuori sulla collina sagome scure di pastori e le ombra danzano sulla porta della stalla nell’aria calma si sente vita nuova che copre il profumo lontano della mirra lei giace tranquilla sulla paglia e le ombre danzano sulla porta della stalla. (J. Nicholls)
Natale Nato è il bambino nella capanna veglia Giuseppe, veglia la mamma nel cielo appare la nuova stella che annuncia il mondo la gran novella gli angeli cantan in una schiera risorgi uomo, risorgi e spera fa che il bambino ti nasca in cuore e che ti porti luce ed amore. (E. Minoia)
Natale …che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella; ed ecco sembrò primavera. La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla, e un palpito d’ali d’argento, e un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù sull’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino, Gesù. (Zietta Liù)
Ascolta… senti? Senti! Non odi questa melodia, non senti il grido del pastor contento un coro di fanciulli; e per la via, tra gli alberi, frusciar lieto il vento? Non vedi dunque il fiocco lieve lieve, non vedi su nel cielo la cometa non vedi il folleggiare della neve, che nel cadere sembra bianca sete? Ascolta! …Senti questo battere d’ale che pare il tintinnar di mille gemme, e il richiamo dell’angelo trionfale, perdersi nella valle di Betlemme? Non scorgi dunque il fioco lanternino che illumina la stalla, non vedi il bove quieto ed il ciuchino, non vedi il bimbo sulla paglia gialla? Non vedi la dolce maria che rapita mira il bambino? E al fianco suo Giuseppe cui trema la gran barba incanutita? E i tre re Magi giunger dalle steppe? Ascolta!… Senti? Il coro celestiale canta lassù: “Auguri! Oggi è Natale!” (A. Zelli)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma d’un tratto sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto, e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, e posata nel mezzo una scodella; e chi mangiava ecco non mangiava più chi ha preso il cibo non lo tira su chi leva la man la tiene levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare fa il pastor per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma e i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento tornò sopra i suoi passi, udì un vagito Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle vide un castello con tre grandi porte e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Gesù bambino apparve a tre pastori poverelli. (S. Plona)
Natale Cosa mai porterà quel poveretto al bambino che è nato il cespo è nudo, spoglio è l’alberetto e le sue mani, ruvide di gelo pendono vuote, vuota è la bisaccia ma la sua scarna faccia si illumina di cielo. Va nella notte bianca di neve aspro il sentiero ma più s’accosta, più il passo è leggero s’affretta, si rinfranca. Eccolo, è giunto, è giunto al limitare della santa capanna fulgori, incensi, osanna ed egli non ha nulla da donare. Vuote le mani, lacrime alle ciglia… oh, dai cenci scuote i bianchi fiocchi e d’improvviso pare, meraviglia, che una cascata di gemme trabocchi. (D. Mc Arthur)
Natale Canta la chiesetta del monte la sua pastorale è apparsa nel buio orizzonte la stella del santo Natale è apparso un angelico stuolo nel cielo d’oriente e annunzia ch’è nato il Figliolo di Dio a tutta la gente Din don din don! Che dolcezza, che gioia nel cuore o notte di eterna bellezza, o notte di pace e d’amore! La terra di neve s’ammanta, cammina una stella lassù è questa la notte più santa, din don din don è nato Gesù.
Natale Che ti ha portato il Bambino? Un aeroplano che vola, tre arance, un burattino e la cartella di scuola con libri belli ha riempito poi c’era accosto al mio letto un nuovo grazioso vestito e, nuovo, su quello, un berretto… Nient’altro il Bambino ti ha offerto? Nient’altro ti ha fatto gioire? E’ molto mi pare, ma certo, qualcosa ancora ho da dire e a dirtelo, vedi, ora stento oh, dentro al cuore un bel dono io solo, io solo lo sento: la voglia di esser più buono. (G. Fanciulli)
Natale Cosa c’è sull’abete piccino che ride come un bambino? C’è una lieve campana sospesa a un filo bianco a chi l’urta nel fianco parla con voce umana C’è un grazioso uccellino occhietti d’oro, alucce d’argento se appena lo tocca il vento è pronto a spiccare un saltino C’è una trombetta discreta che non suona forte ma brilla e in alto, come sfavilla! C’è la stella cometa E c’è un angelo che vola: non risponde se lo chiamo appende stelle di ramo in ramo e candeline celesti e viola Questo c’è sull’abete piccino che ride come un bambino.
Natale Attraverso quelle nubi onde è oscuro il nostro ciel passan pur di gloria i raggi e si squarcia il denso vel. Odi l’eco dolce e arcano di quegl’inni pien d’ardor che si cantan nella luce nella patria dell’amor.
I pastori “La luce di una stella” dice il vecchio pastore “ci insegna la strada, la strada che porta al Signore”. Ed i pastori, umili e buoni, alla capanna vanno e recano doni. E le pie pastorelle preparan lini candidi, e latte, e lana delle agnelle. Il più piccolo pastorello ha già pronto lo zufoletto, per cantare la ninna nanna al divino pargoletto. Don… dan… don… Dice il vecchio pastore: “La mezzanotte scocca udite il cor degli angeli? E’ nato il redentore!”. “Gloria al signore!” ripete ogni pastore “E pace in terra agli uomini! Pace… ed amore!” (Elisa Furiosi)
Ninna nanna a Gesù bambino Nella gelida capanna c’è un bambin che fa la nanna. Gli è vicino la sua mamma che lo ninna e che lo nanna. Fa’ la nanna, o piccolino, fa’ la nanna, o re divino! San Giuseppe poverello sta attizzando il fuocherello per scaldare il corpicino di quel fiore di bambino. Fa’ la nanna, o fiorellino, fa’ la nanna, o re divino! Son venuti i pastorelli con le pecore e gli agnelli, le zampogne per suonare e Gesù riaddormentare. Fa’ la nanna, o fantolino, fa’ la nanna, o re divino! (Domenico Vignali)
Natale Nella notte tutta stelle passa un angelo piccino. Ha soltanto un camicino e le alucce chiare e belle. Van pastori e pastorelli dietro a lui nella capanna, dove il bimbo fa la nanna, e gli portano gli agnelli. La Madonna veglia e tace, veglia e tace a capo chino; guarda trepida il bambino, il suo cuore non ha pace. Lo riavvolge dentro il manto, lo contempla con dolore; senza fasce è il Dio d’amore. Trattenere non può il pianto. San Giuseppe inginocchiato guarda il bove e l’asinello che riscaldano col fiato quel bambino così bello. Ed intanto tutti in coro cantan gli angeli l’osanna a Gesù che fa la nanna sotto la cometa d’oro. (Giannina Facco)
Notte santa Il sole accesso calava dietro i monti di Giuda: lungo la valle nuda il vento mugolava. Ma sul colle alto, Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole, montavate. Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste; e tu Maria, dicesti: “Così sia”. Su rozza paglia stavi, sonno ti prese. Sognavi che ti nasceva Gesù. Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi! Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva, piccoletta quasi uliva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe in rapimento muto, le braccia in croce, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu, che voce, che grido, o Maria, mettesti. quando aprì gli occhi celesti! (Angiolo Silvio Novaro)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti. A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa; qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato nel giorno bianco e nella notte azzurra canta le dodici ore che sussurra la notte, e dice al mondo : “E’ nato!” (M. Moretti)
Natale Maria dentro la grotta si posò e Giuseppe a Betlemme si avviò, ma un momento sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e gli uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto e poi vide operai sdraiati a terra e posata nel mezzo una scodella e chi mangiava, ecco non mangia più chi ha preso il cibo non lo tira su chi levava la man la tien levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare, fa il pastore per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma. E i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso. E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale Bianca la terra, il cielo grigio “Suonate campane a distesa, è nato!”. Sul vivo prodigio la Vergine è china e protesa. Non broccati, non grevi tende, proteggono il bimbo dal gelo qualche tela di ragno pende dal soffitto che mostra il cielo. Gesù tutto bianco e vermiglio sulla paglia fredda si muove gli rifiatano sul giaciglio a scaldarlo l’asino e il bove. Sopra il tetto che si spalanca nero, la neve fiocca uguale. Angioletti in tunica bianca ricantano ai greggi: “E’ Natale!” (T. Gautier)
Quieta notte Quieta notte, santa notte! Tutto dorme, veglia solo la diletta coppia santa; il bel bimbo, capelli ricciuti dorme in pace celestiale. Quieta notte, santa notte! Ai pastori il primo annuncio con il cantico degli angeli squilla forte, lontano e vicino: “Gesù il salvatore è qui!”. Quieta notte, santa notte! Figlio di Dio, oh come sorride l’amore sulla tua divina bocca! Suona per noi l’ora salvatrice, Cristo, nel suo Natale! (G. Regini)
Serenità natalizia E’ Natale! Batte l’ale per il freddo l’angioletto e si scalda il fanciulletto della mamma presso il cor. E’ Natale! Nessun male faccia piangere i bambini anche gli orfani e i tapini passin lieto questo dì. E’ Natale! Sovra l’ale scenda l’angiol come neve porti a tutti, dolce e lieve, i bei doni dell’amor! (A. C. Pertile)
Uber sonne, uber sterne Lentamente va Maria tra le chiare stelle d’or, prende luce, prende gloria per il bimbo suo Signor. Nell’immensità stellare su nel cielo Maria va reca i doni che il Natale alla terra porterà. Chiede al sole ed alla luna fili bianchi e fili d’or per cucire una vestina al bambino suo Signor. Stan le stelle tutte attorno a guardar Maria che va con i doni che il Natale alla terra porterà. (canto tradizionale)
Natale è vicino Il gelido vento che scende giù giù dal camino ha detto: “E’ vicino” Il passero in cerca di briciole l’abete ed il pino Han detto: “E’ vicino” Col vecchio dicembre la neve vien giù e i bimbi vicino al camino ripetono lieti: “E’ vicino” “Arriva il bambino Gesù”.
Vigilia di Natale Nella grande cucina di campagna era riunita tutta la famiglia per quella dolce sera, tanto attesa. Oh, dolce sera della gran vigilia! Erano i grandi intorno al focolare, a rievocar Natali ormai lontani, come in un sogno, pieno di dolcezza, lieti Natali della fanciullezza. E i bimbi erano intorno ad un presepe a rimirar pastori e pecorelle, laghetti, monti, limpidi ruscelli e la capanna umile, e in ciel le stelle. La mezzanotte lentamente suona. Tutti in ginocchio dicon la corona. Sulla capanna splende un sole d’oro: nato è Gesù e or vive in mezzo a loro. Il nonno, una figura patriarcale, intona l’inno della pastorale: “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Un angelo si ferma ad ascoltare la dolce nenia della pastorale. Un palpito nei cuoi, un fruscio d’ale, e l’angelo sussurra: “Buon Natale!”. (Elisa Furiosi)
Notte di Natale Chiara notte, notte bella i pastori, gli agnellini gli angioletti ed i bambini tre re magi ed una stella vanno tutti da Gesù.
Notte di Natale Nella gelida notte di Natale un canto di campane si diffonde: nell’aria ondeggia, e il firmamento sale azzurro e cupo come mar senz’onde. Gli angeli piegan sulle culle l’ale narrando ai bimbi favole gioconde. Chi stanco vigilò, riposa in pace. Cantano le campane e il mondo tace. (Fausto Salvatori)
La sacra famiglia Maria lava al ruscello e gli uccellini intanto accompagnano il moto col loro dolce canto. San Giuseppe sui rami i panni va stendendo e l’acqua del ruscello scorre via sorridendo. Cantano gli angioletti e i rami sono in fiore dove brillano le fasce di Gesù mio signore. (S. Plona)
La notte di Natale Mamma, chi è nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di campanella. Sono i pastori, mio piccolo buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un battere d’ali un sussurrar di voci intorno intorno. Son gli angeli discesi ad annunciar il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuori degli uomini è l’aurora del giorno dell’amore. (D. Valeri)
Notte di Natale Calma è la notte, limpida, serena; la luce delle stelle è mite e buona. Il venticello fiata appena appena, nelle braccia al mistero s’abbandona. La neve bianca arricchisce la scena della natura e più luce le dona, la ciaramella intona una novena che arriva al cielo come una canzona. Sacro è il silenzio, misterioso e fondo, quasi che non volesse profanare l’aspettativa dolce che è nel mondo! (P. G. Cesareo)
Sogno di Natale Stanotte ho sognato che tu, dolce mamma, accanto mi stavi, quand’ecco una fiamma nel cielo s’è accesa. La notte già buia qualcuno ha percorso cantando alleluja. E il coro armonioso di voci d’argento ho udito cantare sull’ali del vento: “Dio vero discese tra gli uomini: osanna!” E il coro era preso una grigia capanna. Fin là siamo andati. Pian piano. La neve di soffici piume sembrava più lieve: fasciava la terra sopita nel bianco. Il viaggio fu dolce, o mamma, al tuo fianco! Allora l’ho visto il bimbo divino più bello di un fiore e piccino piccino. Splendeva, coperto soltanto d’un velo d’un tenero, azzurro chiarore di cielo. Per te, dolce mamma, per il babbo mio, il bene gli ho chiesto di cui son capace: pei morti il riposo, pel mondo la pace; pei poveri un tetto, pei tristi l’oblio. (Mario Pucci)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona, Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente, ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti… A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa, qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa, e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato, nel giorno bianco e nella notte azzurra, conta le dodici ore che sussurra la notte e dice al mondo: “E’ nato!”. (Marino Moretti)
Piccole mani Manine di Gesù, piccoli petali rosa che mamma stringe di più per riscaldarvi al suo cuore, manine che or vi schiudete in atto d’amore; o soavissime mani che le pupille dei ciechi risanerete domani, piccole dita di fiore che dalla fronte d’ognuno nel giorno di Natale cancellerete il dolore, sfioratemi la fronte, venite al mio guanciale e da babbo e mamma mia ogni pensiero doloroso, io vi prego, mandate via, soavi piccole mani. E così sia! (Zietta Liù)
Offerta “Io porto al presepe il sempreverde, ancora fresco della mia siepe”. “Io un bocciolo che odora di primavera, lieve bocciolino di serra, bianco come la neve che vela cielo e terra”. “Io a mani giunte andrò al bimbo mio Signore; in dono porterò il mio piccolo cuore”. (Dina Mc Arthur Rebucci)
La Madonna dei pastori Come sempre, Maria, la notte di Natale, al suo presepe antico, nel gran gelo invernale, discese in compagnia: c’era Gesù sul fieno, Giuseppe, i Magi, gli angeli tutti del paradiso e Giovanni con l’esile croce premuta al seno. C’erano le Madonne di tutti i santuari di tutti gli oratori discese dagli altari, nelle lucenti gonne, discese dai dipinti di tutti i dipintori, da tutti i crocevia, ricche di sete e d’ori di ninnoli e di cinti. Recavano in omaggio voti, gioielli, fiori; recavano il perdono per tutti i peccatori giunti in pellegrinaggio. Ce n’era una, di legno, scolpita rozzamente con abito e mantello stinti dalle tormente del piccolo suo regno: apparve la più povera, senza cuori d’argento. Scendeva dai suoi monti dove ululava al vento il lupo solitario, e lassù non salivano che pochi pastorelli forse una volta all’anno, con la bisaccia e il pane, avvolti nei mantelli. Essa è là, non si muove, quasi mortificata di tutte le ricchezze stipate sull’entrata, sparse per ogni dove; e reggendo con molta cura il grembiule nero, reca sol bianca neve: quella del suo sentiero, così, per via, raccolta. Maria la scorse, e lieve: “Come ti chiami?”. Ed ella dal suo cantuccio, fuori: “Mi chiamano, sorella, Madonna dei pastori”. Disse, ed in quel momento le cadde giù il grembiule dalle mani tremanti, e una pioggia di falce si sparse sul viale: diventarono fiori, si dilatò un profumo ed una luce, e fuori belarono le agnelle. Maria sorrise al dono, felice. E a quella i venti che vagano sul monte, e i torrenti e le genti, infiorarono il trono. Ogni Natale ancora rifioriscono al molle tepore del suo piede cespugli di corolle candide, come allora. (Giuseppe Porto)
Natale Ascolta mammina… C’è qualcuno che bussa alla porta! E’ un angel del cielo che porta un dolce messaggio per te! E’ un dolce messaggio d’amore, è un dolce messaggio di pace che certo ti piace, messaggio che dice: “Ti rendo felice!”. Lo manda il celeste bambino che tanto ho pregato per te, con tante promesse di bene al mio piccolo re. Babbo non senti? Qualcuno qui batte per te! E’ il mio piccolo cuore che ha detto al Signore le dolci parole cercate per te. Gli ha detto: “Celeste bambino, il babbo, ti prego deh, fallo contento! Un sacco d’argento tu portagli qui, un sacco con dentro la pace, la gioia, l’onesto lavoro”. Così ho pregato, e Gesù redentore ascoltarmi saprà. Vedrai tu mamma… vedrai papà! (B. Marini)
Messa di mezzanotte C’era un silenzio come d’attesa lungo la strada che andava alla chiesa; è fredda l’aria di notte, in quell’ombra là, solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi tenea oh, mio sogno lontano mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco il presepe, con te, bambino… (Pietro Mastri)
Natale Gremito di stelle è il firmamento; di ghiaia d’argento brilla la strada del mare per qualcuno che deve arrivare. Manti di neve agli alti crinali come drappi ai davanzali parano i monti a festa. Vicino, lontano, di luce accesa, pare la terra un altare. Socchiuse tuttora son le porte dei casolari; sconosciuti che in quest’ora si salutano in cammino si riconoscono familiari. Il mastino li guarda passare e si scorda di abbaiare. Non nelle fiabe soltanto è questa notte d’incanto. O cuore di tanta gente che ritornato innocente t’apri come un fiore, nasce, stanotte, nasce il Signore! (Ignazio Drago)
Le sue ricchezze Gesù, Gesù bambino è nato poverino come nessuno fu. La casa una capanna, la culla un po’ di fieno, per vestirlo una spanna di lino o forse meno. Per fargli caldo, il fiato d’un asino e d’un bue. Queste che vi ho contato son le ricchezze sue. (Renzo Pezzani)
Natale Quei fiori di brina alla finestra sono piume di tenere colombe, così candidi e fragili, mio Dio. Oh Maria, gentile madre amorosa che una spina già punge: i tuoi occhi sono dolcemente tristi, mentre preghi tuo Figlio. Gli angeli intanto con le trombe lucenti del giorno del giudizio annunciano la lieta novella: “Dei poveri è il regno dei cieli, Alleluia”. Ma i poveri piangono ancora di freddo, o Signore, e di pena. (A. Franchi)
Natale al lago turchino E’ un Natale poverino quello di Lago Turchino piccolo paese lassù che non ha neppure un campano per farsi sentire lontano. Forse un lumino di più arderà sui focolari; brucerà un ciocco di più tra le castagne e il vino. Ma a mezzanotte quando romberanno gli angeli osannando sopra il sospeso sonno di ogni piccolo giaciglio si schiuderanno nimbi di fulgide comete trepide e liete più d’ogni bella strenna di città. (Marcello del Monaco)
L’albero di Natale La stella d’Oriente, arrivata a Betlemme, fu più veloce dei Magi, che andavan lemme lemme. Un po’ per aspettarli, un po’ per contemplare, si fermò su un abete vicino a un casolare. Ma, ohimè, la bella coda tra i rami si impigliò: di frammenti una pioggia frusciando cascò, Balzarono i dormenti, stupirono i bambini nel mirare l’abete palpitar di lumini. (Giuseppe Consolaro)
La notte che verrai Gesù, la notte che verrai la porta aperta troverai del cuore mio. Ci sarà il fuoco acceso ed un lumino, così la letterina leggerai. Mi lascerai i tuoi doni, ed io del cuore ti farò offerta. Vieni, Gesù, e troverai la porta aperta. (da Il corriere dei piccoli)
Una casina di pace In una casina di pace c’è un bimbo che giace su un poco di paglia. Sì povero è nato che il bove lo scalda col fiato. Tra canti divini la madre lo adora lo fascia di candidi lini. Giuseppe va in cerca di legna per fare un fuochetto, ed ogni angelo insegna, ad ogni pastore, la strada che guida al Signore. Anch’io l’ho visto il mio Dio. Anch’io confuso agli agnelli gli chiedo per mamma e papà la pace e la felicità. (Renzo Pezzani)
Natale, notte santa L’angelo: “Di Natale la notte santa vengo ai bimbi ad annunciare: tutto il cielo al mondo canta che il suo re sta per passare, che il suo re sta per venire senza manto né corona per lasciare a tutti in dono una gioia dolce e buona”. La stella: “Son la stella d’oro e argento che ha segnato la sua via per gridare al freddo e al vento: Presto, presto, andate via! Per guidare il pastorello che la via non conosceva con la pecora e l’agnello fino al Re che l’attendeva”. Pastorelli: “Siamo noi quei pastorelli, che han sentito il dolce canto, che per valli e per ruscelli han trovato il luogo santo”. Pecorelle: “E noi siam le pecorine che han belato di dolcezza, nel mirar quelle manine che han creato ogni bellezza”. Bambini: “E noi siamo quei bambini che al presepio hanno portato puri doni e fiorellini. Or torniamo col cuor beato per recare a tutti in dono la parola del Signore la promessa del perdono la promessa dell’amore”. (Luisa Nason)
Bimbi attorno al presepio Quando s’apre il velario che il lontano paese di Betlemme cela, dalla calca dei bimbi sgorgano torrenti di gioiosi sguardi. Solo allora l’ingenua stella d’argento risplende e gli animali al chiuso dello speco fiatano e il cereo fantolino vive e Maria dice: “Sorridi, sono essi, i bimbi: quelli che sui muretti e le deserte vie colsero il muschio per il suo presepe”. (Vittorio Maselli)
La rosa di Natale L’angelo annuncia d’improvviso: “Nasce Gesù del paradiso!” E il rosaio che buca tutto, le sue spine ha senza frutto, butta una rosa porporina gocciolata dalla brina. Il giardino raggelato se n’è tutto illuminato! La fontana che era muta canta, il prato l’invelluta; e già occhieggian mele appiole, s’apron gigli e fresche viole, al colore senza uguale della rosa di Natale. (Lina Carpanini)
Annuncio Ascoltate la novella che portiamo a tutto il mondo; è di tutte la più bella, è fiorita dal profondo. Nella stalla ecco ora è nato il dolcissimo bambino; la Madonna l’ha posato sulla paglia, il poverino, ma dal misero giaciglio già la luce si diffonde, già sorride il divin figlio ed il cielo gli risponde. Quel sorriso benedetto porti gioia a ogni tetto! (Giuseppe Fanciulli)
Notte di Natale Porti ognuno il suo cuore il suo cuore come un agnello: se incontra un lupo lo chiami fratello, se incontra un povero, quello è il Signore. Andiamo, dunque, che l’ora è propizia. Notte d’angeli s’è fatta ormai. Sotto la neve dan fiori i rosai. Ecco la stella natalizia. Non fu mai vista più chiara stella sul campanile del nostro paese. La più povera delle chiese fa sentire la campanella. Una campana così contenta che non c’è cuore che non lo senta. (Renzo Pezzani)
Bacia, o figlio Stava dentro la capanna Maria, figlia di Sant’Anna: e mirando il suo bel sole gli diceva queste parole: Dormi, dormi, o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna! Dormi, o figlio tenerello dormi, figlio vago e bello; chiudi, chiudi i lumi santi, le tue stelle fiammeggianti. Dormi, dormi o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna. Vedi su dall’oriente tre corone risplendenti: porteranno per ristoro mirra, incenso e un dono d’oro. Bacia, o figlio, la tua mamma, non più ninna e non più nanna. (Canzone popolare toscana)
Natale Cielo nero, terra bianca: lieti, i bronzi hanno squillato. Maria china il dolce viso sul bambino: Cristo è nato. Non cortine festonate per proteggerlo dal gelo ma le trame, i ragni, ai travi hanno ordito al re del cielo. Giace il re dell’universo sulla paglia. Con il fiato miti il bove e l’asinello il bambino han riscaldato. Frange bianche sulla stoppia, ma sul tetto spalancato vedi il ciel. “Gloria al Signore!” hanno gli angeli cantato. “Pace agli uomini di buona volontà”. Guidò il pastore al presepe l’astro. “Osanna!” grida, “E’ nato il redentore!” (M. Lucchesi)
La capannuccia Dov’è la stella, che sì rade e smorte faceva tutte le altre nella quieta notte, battendo alle terrene porte col suo pendulo raggio di cometa? Noi lo vedemmo, o bambino Gesù. Passava per l’aria un balenio di chiare fiamme e un rombar di grandi ali veloci: pareva che avessero sovrumane voci, passavano alte con un gran cantare. Noi le ascoltammo, o bambino Gesù- E i pastori che stavano nel ghiaccio alzavano gli occhi alla buona novella, E si avviarono e avevano in braccio, chi l’agnellino e chi una caramella. Noi li seguimmo, o bambino Gesù. (Pietro Mastri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle, vide un castello con tre grandi porte, e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte, presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Dio bambino apparve: a tre pastori poverelli. (Stefania Plona)
Davanti al presepio Santo Gesù bambino che a te chiami i fanciulli col tuo amore divino ho lasciato i trastulli eccomi qui in ginocchio per farti, umile, un dono: t’offro tutto il mio cuore serbalo puro e buono. (Edvige Pesce Gorini)
Notte di Natale Mezzanotte: discende all’improvviso un angelo che sta nel paradiso. Sfiorando con le bianche ali distese il campanile aguzzo del paese, risveglia dolcemente le campane. Ora chiese vicine, altre lontane, dagli angeli destate, fanno un coro chiamando e rispondendosi tra loro. Dicono “pace, pace sulla terra!” mentre gli uomini s’odiano e fan guerra. Un angelo che ha visto pianto e male in questa notte santa di Natale, con l’ali s’è coperto il dolce viso poi tornato è lassù, nel paradiso. (Matilde Caccia)
La santa notte Il vecchio pastore: “La luce della stella, questa notte, è più bella. Oh giovane pastore seguiamo quella luce: di certo ci conduce dov’è nato il Signore”. Coro di pastori: “Siamo tutti pastori umili e buoni, svegliati dalla stella luminosa veniamo tutti con anima gioiosa, a recar doni”. Coro di pastorelle: “Noi siamo giovinette pastorelle e faremo noi pur la stessa via. Vogliamo recare al figlio di Maria latte ed agnelle”. Il più piccolo dei pastorelli: “Il pastorello io sono più timido, più buono, più di tutti piccino; al celeste bambino farò la ninna nanna con lo zufolo di canna”. Il vecchio pastore: “Mezzanotte è suonata… La stella si è fermata! E’ nato il redentore: sia lodato il Signore!” Voce d’angeli: “La stella, in cielo, immobile, chiara e lucente sta. Sia pace, in terra, agli uomini di buona volontà”.
Il pellegrino L’orto secco acqua non beve, il campo dorme sotto la neve; lume di luna cammina a passo sulle montagne di freddo sasso. Solo i pastori vegliano al chiuso presso i fuochi, com’è d’uso. Ed ecco giungere il pellegrino fatto di e di cielo turchino. “Non temete, mi manda il Signore”. Batte a ognuno forte il cuore. E la pastora va coi lini il pastore con gli otri di vini. Gli alberi che lo guardano passare, si fanno belli di corolle chiare, l’acqua che era impietrita, scrolla il sonno, torna alla vita, e il biancospino fiorisce la siepe lungo la strada, fino al presepe. Là il pastore depone l’agnello presso il lupo che gli è fratello e per la gioia grande che ne ha tutta notte suonerà. (Lina Carpanini)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma un momento sentì, che mentre andava, a mezzo il passo il piè gli si arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, posata nel mezzo una scodella: e chi mangiava, ecco, non mangia più, chi ha preso il cibo non lo tira su, chi levava la man la tien levata, e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare; fa il pastor per colpire con la verga e gli resta la man sospesa e ferma; e i capretti che all’aria aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso… E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (Diego Valeri)
Umili visitatori Poiché mezzanotte scocca e Gesù la terra tocca in un bel fiorir di fratte San Giuseppe va per latte. E “Venite” dice a tutti gli animali belli e brutti. Dietro a lui si sono messi tutti in fila, e i serpi anch’essi. Vedi l’anatra da fiume e la lucciola col lume, la cicala senza sporta che ancor canta, mezza morta. L’ermellino che dormiva per la strada si vestiva di quel bianco immacolato per veder Gesù beato. (Lina Carpanini)
La notte di Natale Mamma, chi è che nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di ciaramella… Sono i pastori, o mio bambino buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un batter d’ali, un sussurrare di voci intorno intorno… Son gli angeli discesi ad annunciare il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuor degli uomini e l’aurora del giorno dell’amore. (Diego Valeri)
Canzoncina di Natale San Giuseppe sega e pialla pialla e sega in fretta in fretta, ché il suo bimbo è in una stalla e ci vuole una culletta. La Madonna cuce e taglia taglia e cuce a testa china ché il suo bimbo è sulla paglia e non ha la camicina. Non ha niente il bambinello ma sorride ed è beato le stelline su nel cielo sembra fiori dentro un prato. San Giuseppe, che t’affanni? Maria dolce, leva il capo. Senza culla e senza panni s’è il bambino addormentato. (Lia Zerbinotti)
L’agnellino di Gesù L’agnellino nato appena cammina nella notte, dietro le sante frotte dei pastori che vanno di lena. Ma con sottile belare odora di latte la bocca e il tenue passo non tocca le strade di neve chiare. Giungerà con il pastore l’agnellino, o cadrà? L’angelo solo lo sa che gli ode battere il cuore. (Lina Carpanini)
Carrettiere O carrettiere che dai neri monti vieni tranquillo, e fosti nella notte sotto ardue rupi e sopra aerei ponti; che mai diceva il querulo aquilone che muggia nelle forre e fra le grotte? Ma tu dormivi sopra il tuo carbone. A mano a mano, lungo lo stradale venia fischiando un soffio di procella: ma tu sognavi ch’era di Natale; udivi i suoni d’una ciaramella. (Giovanni Pascoli)
La nascita del Messia Quando a Betlemme giunsero tutti gli alberghi pieni già erano. Brillavano le stelle, alte, nel seno del freddo ciel d’inverno, che ancora un posticino, per le lor membra rotte, trovato non avevano; E dalle torri l’ore incalzanti battevano: E nove!… E dieci!… E undici! Oh, Signore! Oh, Signore! Quando la mezzanotte scoccò, si udì un vagito nell’umile capanna: era nato, il divino sovrano, il redimito dalla più grande attesa! Portò l’annuncio l’astro ai Magi d’Oriente; cacciarono i pastori con l’esile vincastro le greggi dalle grotte, e ognuno al grande invito accorse. E un cor d’angeli cantò, per tutti i secoli che sono e che verranno, alto, nell’infinito: “Osanna! Osanna! Osanna!” (Vincenzo Bosari)
Natale Dicembre… Che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella… La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla e un palpito d’ali d’argento un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù, nell’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino: Gesù. (Zietta Liù)
Il presepe di Greccio Salgono i frati: vien dalla vallata la buona gente nella notte fonda. Fiaccole e lumi segnano i sentieri e l’aria è immota sotto lo stellato. Culla la valle suono di campane. Lieve è il cammino; vanno i passeggeri recando ognuno un cuore di bambino colmo di attesa. Van come i pastori verso il presepio e intorno è tanta pace. Ecco appare la grotta, ecco, sospesa, brilla la stella! Gli occhi desiosi guardan la greppia, il bue e l’asinello guardan l’altare; poi ciascuno sogna. Ma il Santo vede: vede il Dio bambino piccolo e bianco nella mangiatoia. Si china; ascolta il tenero vagito, gli fa culla d’amore tra le braccia sopra il suo saio povero e sdrucito e il cuor divino batte sul suo cuore. Angeli scendon lungo vie di stelle; un cielo d’indicibile splendore s’incurva sul presepe; a tratti, sale un dondolio lontano di campane. Vive ciascuno il sogno di Natale. (Graziella Ajmone)
La notte santa “Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanco sei”. Il campanile scocca lentamente le sei. “Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio, un po’ di posto avete per me e per Giuseppe?” “Signori me ne duole; è notte di prodigio, son troppi i forestieri; le stanze sono zeppe”. Il campanile scocca lentamente le sette. “Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!” “Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi, tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto”. Il campanile scocca lentamente le otto. “O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!” “S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove”. Il campanile scocca lentamente le nove. “Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci”. “Ma fin sul tetto ho gente: attendono la stella… Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…” Il campanile scocca lentamente le dieci. “Oste di Cesarea…”. “Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame: non amo la miscela dell’alta e bassa gente”. Il campanile scocca le undici lentamente. La neve! “Ecco una stalla!”. Avrà posto per due? “Che freddo!”. Siamo a sosta. “Ma quanta neve, quanta! Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…” Maria già trascolora, divinamente affranta… Il campanile scocca la mezzanotte santa. E’ nato! Alleluia! Alleluia! E’ nato il sovrano bambino. La notte, che già fu sì buia, risplende d’un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaie suonate: squillate, campane! Venite, pastori e massaie; o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. E’ nato! E’ nato il Signore! E’ nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino la notte che già fu sì buia. E’ nato il sovrano bambino. E’ nato! Alleluia! Alleluia! (Guido Gozzano)
Natività Bei pastori, venite alla Capanna: sentirete cantar gloria ed osanna. Solleciti veniti e con amore. In ciel vedrete una lucente stella che mai si vide al mondo la più bella. Solleciti venite e con amore. Voi troverete giacer sopra il fieno quel che ha creato il ciel vago e sereno. Solleciti venite e con amore. Maria vedrete. Maria graziosa, più bella assai che non è giglio o rosa. Solleciti venite e con amore. Giuseppe ancora in quel presepio santo voi troverete pien di gloria e canto. Solleciti venite e con amore. (Fra Serafino Razzi)
Ninna nanna Ninna nanna, c’è la neve sulla siepe, c’è una stella sul presepe e c’è un bimbo che sorride nella gelida capanna… Ninna nanna. Ninna nanna, lo difendono dal gelo la Madonna col suo velo, l’asinello col suo fiato… anche il bove immacolato a scaldarlo ecco s’affanna… Ninna nanna. Ninna nanna, come nevica di fuori! Ma gli agnelli ed i pastori vanno, fra nevischio e vento; e un grande angelo d’argento scende in terra e grida osanna! Ninna nanna. Ninna nanna, fra la neve e fra le spine delle siepi montanine s’ode un piccolo singhiozzo. E’ un uccello, un passerotto. Tanta neve, tanto freddo a morire lo condanna… Ninna nanna. Ninna nanna, ma Gesù che non s’inganna e ha sentito il pigolio, parla piano alla sua mamma. Ninna nanna. E con l’alito divino sul suo cuore, il bimbo biondo, già riscalda l’uccellino, l’uccellino moribondo… Vola il passero guarito. Ride in festa la capanna… Ninna nanna. (Pasquale Ruocco)
Il pianeta degli alberi di Natale Dove sono i bambini che non hanno l’albero di Natale con la neve d’argento, i lumini e i frutti di cioccolata? Presto, presto, adunata, si va nel Pianeta degli alberi di Natale, io so dove sta. Che strano, beato Pianeta… Qui è Natale ogni giorno. Ma guardatevi intorno: gli alberi della foresta, illuminati a festa, sono carichi di doni. Crescono sulle siepi i panettoni, i platani del viale sono platani di Natale. Perfino l’ortica non punge mica, ma tiene su ogni foglia un campanello d’argento che si dondola al vento. In piazza c’è il mercato dei balocchi. Un mercato coi fiocchi, ad ogni banco lasceresti gli occhi. E non si paga niente, tutto gratis. Osservi, scegli, prendi e te ne vai. Anzi, anzi, il padrone ti fa l’inchino e dice: “Grazie assai, torni ancora domani, per favore: per me sarà un onore…” Che belle vetrine senza vetri! Senza vetri, s’intende, così ciascuno prende quello che più gli piace: e non si passa mica alla cassa, perchè la cassa non c’è. Un bel Pianeta davvero anche se qualcuno insiste a dire che non esiste… Ebbene, se non esiste, esisterà: che differenza fa? (Gianni Rodari)
Zampognari Vanno con le zampogne sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, tengono il volto chino verso terra e hanno il corpo sì alto e vigoroso e si muovono con tanta tristezza, come nessuno mai. Vanno con lo strumento sulle labbra, vanno con i berretti di pelliccia, e ora con la destra ora con la sinistra suonano la zampogna così tristi, come nessuno mai. Vanno con la zampogna sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, vanno con i berretti di pelliccia, vanno e rivanno lo stesso cammino, parlano modulando la zampogna, come nessuno mai. (Josip Murn-Aleksandrov)
Presepe Già tutto è un presepe: i campi, e d’attorno, la siepe, il piccolo borgo, la pieve sepolti sotto la neve. Passano angeli in cielo con grandi ali di velo: bussano con lieve tocco sui vetri, al primo rintocco; li insegnano a dito, a momenti, i bimbi, con occhi innocenti. E’ musica di campane sperdute, ovattate, lontane; o un suono già tanto vicino di zampognari in cammino? Cuore di povera gente, povera gente lieta che ha visto una stella cometa. Ognuno, lo può giurare sul tetto l’ha vista brillare. C’è un bimbo sotto ogni tetto che sogna il tepore del letto. Sia bruno o ricciolino somiglia a Gesù bambino. Sogna il corteo dei Re Magi che muove, dai grandi palagi, cofani d’oro e brillanti, cammelli, paggi, elefanti, o doni di piccole cose meravigliose? Scompaiono sotto la neve il piccolo borgo, la pieve, i campi, e, attorno, la siepe… Che grande presepe! (Mario Pompei)
Cantilena di Natale Dormi, bambino della mamma! Se dormi, fra poco vedrai l’angelo grande, e la stella cometa. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i pastori con gli agnellini e la dolce zampogna. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i Re Magi carichi d’oro, d’argento, di mirra. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, vedrai la Madonna che adora in ginocchio Gesù Bambino. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, ti verrà vicino, per giocare, Gesù Bambino: ti dirà i balocchi del cielo, le stelle del firmamento, zampogne d’oro e d’argento, perchè tu dorma contento, bambino della mamma! Ninna nanna! (M. Dandolo)
Vigilia di Natale Sotto il cielo chiaro ed uguale la nuvola d’oro distesa resta come un drappo spiegato a festa per la fiera di Natale. Le bancarelle coi sempreverdi, hanno gli abeti, le stelle argentate, bianchi angioletti dall’ali gemmate, e campane rosse e blu. Ma chi attira la folla, laggiù, è l’omino che vende casette, pecorelle, pastori, caprette, e il presepio di Gesù. C’è una casina con l’orticello che ha il suo pozzo con la puleggia e vicino un alberello (un rametto di saggina tinto di verde) che ombreggia tutta la rossa casina. I bimbi intorno a guardano intenti sorridendo di gioia sincera: i loro volti, così contenti, hanno una luce di primavera. E’ per tutti un incanto d’amore: è il Natale del Signore! (G. Liburdi Giovanelli)
Vespro d Natale Incappucciati, foschi, a passo lento, tre banditi percorrevano la strada deserta e grigia, tra la selva rada dei sughereti, sotto il ciel d’argento. non rumore di mandrie o voci, il vento Vasto silenzio. In fondo, Monte Spada ridea bianco nel vespro sonnolento. O vespro di Natale! Dentro il core ai banditi piangea la nostalgia di te, pur senza udirne le campane: e mesti eran, pensando al buon odore del porchetto e del vino, e all’allagria del ceppo, nelle lor case lontane. (S. Satta)
Le ciaramelle Udii tra il sonno le ciaramelle ho udito un suono di ninne nanne. Ci sono i lumi nelle capanne. Sono venute dai monti oscuri le ciaramelle senza dir niente; hanno destata nei suoi tuguri tutta a buona povera gente. Ognuno è sorto dal suo giaciglio; accende il lume sotto a trave: sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio, si cauti passi, di voce grave. Le pie lucerne brillano intorno là nella casa, qua su la spiepe: sembra la terra, prima del giorno, un piccoletto grande presepe. Nel cielo azzurro tutte le stelle paion restare come in attesa; ed ecco alzare le ciaramelle il loro dolce canto di chiesa: suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla. (G. Pascoli)
Notte santa Il sole acceso calava dietro i monti di Giuda lungo la valle nuda il vento mugulava, ma sul colle alto Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole montavate! Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste e tu, Maria, dicesti: “Così sia!” Sulla rozza paglia stavi, sonno ti prese… sognavi che ti nasceva Gesù… Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi: così fu. Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva piccoletta quasi oliva; punto freddo non dentiva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe, in rapimento, muto, le braccia in crode, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu che voce, che grido, o Maria, mettesti quando aprì gli occhi celesti! (A. S. Novaro)
Natale Un asinello, un bue, una stella, una grotta… Fate presto voi due, fate presto che annotta. Vi basterebbe un guscio di casa e una fiammella… Date una voce a quella gente che chiude l’uscio. Il cielo è così nero e solo il ciel v’ascolta. Prendete quel sentiero. Arrivati a una svolta fate altri venti passi. Lì c’è una capannuccia: un tetto su una gruccia e un muretto di sassi. Maria ha il cuor sgomento, non trova più coraggio. Fu così lungo il viaggio, fu così aspro il vento; la strada così brutta nel polverone bianco! Ma Giuseppe le è al fianco e gli si affida tutta. Son giunti, oh, finalmente! S’è mai visto ricovero più sconnesso, più povero? dite voi, buona gente. Giuseppe andò per brocche. Tocca spini e si punge. Ah ecco, quando giunge vede tra quattro cocche d’un lino di bucato un fagottino tondo il più bello del mondo, un bimbo appena nato. Piegata sulla cuna che raggia non più squallida, Maria, ch’è tanto pallida splende come la luna. E vede pel deserto sentiero e in mezzo ai prati dei pellegrini alati che provano un concerto; e soavi cantori calan dal firmamento; vede arrivar pastori dalla barba d’argento; il fabbro e l’arrotino; il servo, il falegname; la mamma e il suo bambino; l’uomo sazio e chi ha fame. E in mezzo a un gregge vede, vello di color cupo, venire, mansueto, un lupo… E quasi non ci crede. (R. Pezzani)
Campane di Natale Per gli umili e pei grandi le campane suonano tutte nella Notte Santa. Per le case vicine e lontane degli angeli la schiera in cielo canta. C’era una santa donna che cercava con il suo sposo un posto per dormire. Cercava, la Madonna, e non trovava; ed il figlio di dio dovea venire. Dovea venire in terra per morire spora la croce, martire d’amore, dovea venire in terra per patire tutto il tormento dell’uman dolore. Cercava la Madonna , e non trovava. Infin l’accolse una capanna pia; sulla capanna il ciel chino vegliava e sul figlio divino di Maria. Campane di Natale, ora v’imploro che portiate al Signor la mia preghiera. Oh, non ci sia nessun senza ristoro nel chiaro giorno e nella notte nera! Campane di Natale, non ci sia chi cova l’odio triste nel suo cuore; intenda ognun la santa poesia, la vostra voce di fraterno amore. (L. Orsini)
Su, pastore, e seguila C’è una stella in Oriente il mattino di Natale. Su, pastore, e seguila. Ti condurrà nel luogo dove è nato il Salvatore. Su, pastore, e seguila. Lascia le greggi e lascia gli agnelli. Su, pastore, e segui, segui. Lascia le pecore e lascia i montoni. Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui. Su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, su, pastore, e seguila. Se vuoi dare ascolto alla voce dell’angelo… Su, pastore, e seguila. Dimentica il tuo gregge, dimentica la mandria. Su, pastore, e seguila. Lascia greggi e lascia agnelli, Su, pastore, e segui, segui. Lascia pecore e lascia montoni… Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui, su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, Su, pastore, e seguila. (J. W. Johnson)
La stella di Natale E’ la prima parte, la più semplice, di una bella poesia dello scrittore russo Boris Pasternak. Nota come il paesaggio di questo piccolo presepe ha un che di tipicamente russo, della Russia orientale, con la steppa, la neve, i pastori che, alzandosi, si scuotono di dosso la paglia dei poveri giacigli e, in alto, il grande cielo della mezzanotte, tutto pieno di stelle. E’ un altro omaggio al Natale. C’era l’inverno. Soffiava il vento dalla steppa. E freddo aveva il neonato nella tana sul pendio del colle. L’alito del bue lo riscaldava. Animali domestici stavano nella grotta, sulla culla vagava un tiepido vapore. Scossi dalle pelli il polverio del giaciglio e i grani di miglio, dalle rupi guardavano assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte. Lontano era il campo della neve e il cimitero, i recinti, le pietre tombali, le stanghe di corro confitte nella neve, e il cielo sul camposanto, pieno di stelle. E lì accanto, sconosciuta prima di allora, più modesta di un lucignolo nella finestrella del capanno tremava una stella sulla strada di Betlemme. (B. Pasternak)
La messa di mezzanotte C’era un silenzio come di attesa lungo la strada che andava alla chiesa; e fredda l’aria di notte, in quell’ombra là solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi teneva, oh, mi sogno lontano, mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! Fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco, il Presepe con Te, Bambino… (P. Mastri)
Gesù Bambino Quello di Francis Thompson è un omaggio personale, una conversazione amichevole con il Bambino Gesù. Il poeta si mette nei panni di un bimbo e s’informa., con preoccupazioni e parole di bimbo, sulla vita trascorsa in terra da un bambino abituato a stare in cielo a giocare con gli angeli belli. Eri tu fragile, Gesù Bambino, un giorno, e come me piccino? E che sentivi a vivere fuori dai Cieli, e proprio come io vivo? Pensavi mai le cose di lassù, dove fossero gli angeli chiedevi? Io al tuo posto avrei pianto per la mia casa fatta di cielo; io cercherei d’intorno a me, nell’aria, “Gli angeli dove sono?” chiederei, e destandomi mi dispererei che non ci fosse un angelo a vestirmi! Anche tu possedevi dei balocchi come li abbiamo noi, bimbe e bambini? E giocavi nei Cieli con tutti gli angeli non troppo alti, con le stelle a piastrella? Si giocava a rimpiattino, dietro le loro ali? Tua madre ti lasciava sciupare le sue vesti sul nostro suol giocando? Com’è bello serbarle, sempre nuove, per i cieli d’azzurro sempre tersi T’inginocchiavi, a notte, per pregare, e le tue mani come noi giungevi? E a volte erano stanche, le manine, e assai lunga sembrava la preghiera? E ti piace così, che noi giungiamo le nostre mani per pregare te? A me sembrava, avanti io lo sapessi, che la preghiera solo così vale. e tua madre, la sera, ti baciava, i tuoi panni piegandoti con cura? Non ti sentivi proprio buono, a letto, baciato e quieto, dette le orazioni? A tuo Padre, la mia preghiera mostra, (Egli la guarderà, sei così bello!), e digli: “O Padre, io, Figlio tuo, ti reco la preghiera di un bambino”. Sorriderà, che la lingua dei bimbi sia la stessa di quando tu eri bambino! (F. Thompson)
Ho nel cuore un presepe Ho nel cuore un presepe senz’angeli a volo: con solo… con solo un vagito di bimbo. Non voglio pastori, né greggi sui monti, ma un mazzo di cuori e pupille… di volti africani cinesi ed indiani. Ho nel cuore un presepe… da nulla: una culla, un bimbo sconsolato, un pellerossa a lato che lo scalda col fiato: e poi con aria tranquilla un bimbetto lo ninna. E il bambino Gesù non piange più. (M. Ricco)
Il pellerossa nel presepe Il pellerossa con la piuma in testa e con l’ascia di guerra in pugno stretta, come è finito tra le statuine del presepe, pastori e pecorine; e l’asinello e i maghi sul cammello, e le stelle ben disposte, e la vecchina delle caldarroste? Non è il suo posto, via, Toro Seduto: torna presto di dove sei venuto. Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano. Se lo lasciamo, dite, fa lo stesso? O darà noia agli angeli di gesso? Forse è venuto fin qua, ha fatto tanto viaggio perché ha sentito il messaggio; pace agli uomini di buona volontà. (G. Rodari)
Il mago di Natale S’io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l’alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all’Upim: un vero abete, un pino di montagna. con un po’ di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti. (G. Rodari)
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno, lassù tra i monti ha lasciato il capanno e scende a visitare il Re dei re. Va scalzo per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la fede gli brucia il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il suo cuore. (L. Barberis)
Il presepio Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi sono le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino tante casette sparse qua e là, un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia, un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del Messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… Oh, quanta gente intorno inginocchiata, anche i Re Magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli… (B. Morino Ferrari)
I pastori al presepe Mossero; e Betlehem, sotto l’osanna de’ cieli ed il fiorir dell’infinito, dormiva. E videro, ecco, una capanna. Ed ai pastori l’accennò col dito un Angelo: una stalla umile e nera, donde gemeva un filo di vagito. E d’un figlio dell’uomo era, ma era quale d’agnello. Esso giacea nel fieno del presepe, e sua madre, una straniera, sopra la paglia… … e non aveva ella né due assi: all’albergo alcun le disse: “E’ pieno”. Nella capanna povera le sue lacrime sorridea sopra il suo nato; su cui fiatava un asino ed un bue. “Noi cercavamo quei che vive…” entrato disse Maath. Ed ella: “Il figlio mio morrà (disse, e piangeva su l’agnello suo tremebondo) in una croce…”. “Dio…!” Rispose all’uomo l’universo: “E’ quello!” (G. Pascoli)
Luce nel presepe Gesù Bambino, c’è tanto freddo nel mondo in questa notte del tuo Natale. C’è ancora tanto male e tante anime sono come giardini di ville abbandonate, povere anime agghiacciate e senza fiori. Gesù bambino, il mondo forse è un vecchio pellegrino carico di stanchezza e di dolore, che va cercando nel buio della notte la luce del suo presepe. Gesù, Gesù bambino, lasciati ritrovare nella tua culla d’amore perché il mondo ti possa riabbracciare.
Piccolo albero Piccolo albero piccolo silenzioso albero di Natale così piccolo sei che sembri piuttosto un fiore chi ti ha trovato nella verde foresta e tanto ti dispiacque di venire via? Vedi, io ti conforterò perché odori di tanta dolcezza bacerò la tua fresca corteccia ti terrò stretto stretto al sicuro tu non devi avere paura guarda: i lustrini che tutto l’anno dormono in una scatola buia e sognano d’esserne tolti per poter luccicare le palline le catenelle rosso-oro i fili di lana alza le tue piccole braccia e teli darò tutti ogni dito avrà il suo anello e non ci sarà più un solo posto buio d’infelicità poi quando sarai completamente vestito ti affaccerai alla finestra, ché tutti ti vedano e con che meraviglia ti guarderanno! E tu ne sarai molto orgoglioso… e la mia sorellina ed io ci piglieremo per mano con gli occhi incantati sul nostro bell’albero danzeremo canteremo “Natale! Natale!” (E.E. Cummings)
Al bambin Gesù Lo so perché sei nato poverello tu che comandi a tutto il mondo e al cielo: per ricordare al ricco ch’è fratello di chi soffre la fame e soffre il gelo: per ricordare al povero che il core può trovar pace in ogni povertà, per dire al mondo che non c’è dolore che non sia vinto dalla carità. Lo so, lo so! Ma sono pigro a dare: ma, se per poco soffro, mi dispero; ancora amar non so; non so sperare come vorresti tu, proprio davvero. Benedici dal cielo, mio Signore, la mia piccola buona volontà: fammi sempre più buono e forte il core, il core che ubbidirti ancor non sa. (V. Battistelli)
Poesie e filastrocche sul Natale – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche GLI ALBERI – una raccolta di poesie e filastrocche sugli alberi, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Nel bosco Nel bosco ogni vecchio gigante sia abete, sia quercia, sia pino, ha intorno, ai suoi piedi, un giardino di piccole piante. Son muschi, son felci, son fiori, e fragole rosse e lichene cui l’albero antico vuol bene suoi teneri amori. E mentre le fronde superbe protende più su verso i cieli ai pensa a quegli umili steli nell’ombra, fra l’erbe. (L. Schwarz)
Albero secco Un albero secco fuori della mia finestra solitaria leva nel cielo freddo i suoi rami bruni. Il vento rabbioso la neve il gelo non possono ferirlo. Ogni giorno quell’albero mi dà pensieri di gioia: da quei rami secchi indovino il verde a venire. (Wang Ya-Ping)
Pioppi al tramonto Io so chi colora di rosso, nell’ora già prossima a sera, il cielo, soffuso di un pallido blu: i giovani pioppi a specchio nell’acqua laggiù. Li ho visti piegare il pennello dell’agile chioma e intingerlo dentro il ruscello di limpida porpora, sempre, a quell’ora. Poi, subito ritti, con zelo svettando; striare di rosso la pagina chiara del cielo. So ancora nel suo folleggiare nel fosso nel suo folleggiare monello si lascia sfuggire talora qua e là qualche macchia vermiglia che a nube sospesa somiglia. (G. Vaj Pedotti)
Pini in cortile Crescono i pini di fronte alla scala. Toccano coi rami il muro della casa dai tegoli bruni; e di mattina e di sera li visita il vento e la luna. Nelle tempeste d’autunno sussurrano un verso vago; contro il sole d’estate ci prestano un’ombra fresca. Nel colmo della primavera una pioggia sottile, a sera, riempie le loro foglie d’un carico di perle pendule; e alla fine dell’anno, il tempo della gran neve stampa sui loro rami una trina lucente. (liriche cinesi)
Alberi Alberi! Frecce voi siete dall’azzurro cadute? Quali tremendi guerrieri vi scagliarono? Sono state le stelle? Vengon le vostre musiche dall’anima degli uccelli, dagli occhi di dio. (F. Garcia Lorca)
Il pioppo Il pioppo nell’azzurro è un vivo tremolio di grigio e argento; fa in mezzo ai rami il vento lento sussurro. (G. Camerano)
Festa a scuola Mamma, lo sai che abbiamo fatto festa a scuola, stamattina? Allineati dapprima; e poi, con il maestro, in testa a piantar gli alberelli siamo andati. E ne abbiamo piantati un per ciascuno, ma bello come il mio non è nessuno: svelto, diritto, a cuspide perfetta, verde cupo nel folto e chiaro in vetta. Un per ciascuno, eravamo in cento: Ora cento alberelli al sole, al vento, come fiere sentinelle se ne stanno… e pensa che bel bosco diverranno! (L. Salvatore)
Castagni Nulla è più bello dei frondosi e ampi castagni a selve sterminate in mezzo a questi monti… Nulla è più dolce. Cascano con tonfi leggeri le castagne, e a quando a quando ne sguscia fresca sotto il piede una. Casca in gran copia e tutte l’erbe imbruna di bei cardi spinosi il frutto buono. (G. Marradi)
Speranza C’è un grande albero spoglio in mezzo all’orto: pare che soffra e non si possa coprire e riscaldare. Vola sui nudi rami un passero sperduto, e cinguetta più forte in segno di saluto. Geme l’albero: “Un tempo fui giovane e fui bello: candidi fiorellini erano il mio mantello.” Il passero cinguetta: “Oh vecchio albero, spera! Si scioglieran le nevi: verrà la primavera. (M. Dandolo)
L’alberetto Sul principio del boschetto l’alberetto guarda intorno, aspetta e spera primavera. Non ha foglie, non ha fiori, non ha umori; non ha nidi, nè richiami sopra i rami. AL suo piede una viola sola sola, stenta a fare capolino tra uno spino. Fischia il vento, scuro è il cielo: ahi, che gelo! Com’è triste, nell’aspetto, l’alberetto. (F. Socciarelli)
Il bosco Specie per voi bambini il bosco è bello, ospita tanti uccelli e tanti nidi: c’è talvolta un ruscello e l’eco che risponde ai vostri gridi. D’estate che bell’ombra! Che frescura! Quante frutta selvatiche e gustose in mezzo alla verdura! E di notte, quante voci misteriose! Anche d’autunno, quando s’è spogliato e di frutta e di nidi, è bello ancora, ma i colpi del pennato vi si fanno sentir fino all’aurora. Or più non vi canta l’assiolo con la sua voce dolorosa: “Chiù!” E’ l’inverno, e il boscaiolo picchia di scure e molto butta giù. E taglia tanta legna, chè i bambini quando sentono il freddo stanno male. Avran tutti i camini un ceppo per la notte di Natale. (F. Socciarelli)
Due palme Due palme son nel giardino; al mattino che allegro cinguettio le anima al sole. E se talvolta il fragore di motorini, camion o altro motore lo sovrasta per poco, ben presto passa il rumore, ma il cinguettio rimane come limpida acqua da cui traspare incantato fondo di mare. (F. Gisondi)
Alberi Sempre fermi, sempre ritti, sempre zitti, come impavidi soldati, stanno i buoni alberi, armati sol di foglie e fiori e frutti, di cui fanno dono a tutti. Tutto danno quel che hanno e per sè tengono solo un gorgheggio d’usignolo un fischietto di fringuello un sussurro di ruscello. (D. Valeri)
Il ciliegio Ho un ciliegio nell’orto (proprio sotto al murello) vecchio, rugoso e storto, che rinnova il mantello ad ogni primavera; e tra le nuove foglie, quando viene la sera, i passeri raccoglie. Nel sussurrar del vento, tra il cinguettar vivace, parla, sereno e lento: “Son vecchio, ma mi piace allargare i miei rami nell’aria cilestrina, udir questi richiami di sera e di mattina…”. “Se poi i dolci frutti” un passero gli dice “te li mangiamo tutti, ancora sei felice?” “Ma sì!” lieto risponde il ciliegio. “La vira di queste annose fronde se non dona… è finita”. (G. Fanciulli)
Boschetto In questo boschetto di poche gaggie ricanta un uccello le sue poesie. Se un cuore vi passa, si ferma e ristà, riparte provvisto di felicità. E’ un bosco d’un’ombra armoniosa e leggera e un angelo viene a dormirvi la sera. Per farsi un lettuccio men duro raccoglie, dai ceppi muschiosi, bracciate di foglie. E vede, addondando nell’umida cuna passare tra i rami più alti la luna; e sente tra fronde dal vento toccate tremore e bisbigli di calde nidiate; e trova la pace d’un sonno tranquillo tra un canto d’uccello e il canto d’un grillo. (R. Pezzani)
Il testamento dell’albero Un albero d’un bosco chiamò gli uccelli e fece testamento: “Lascio i miei fiori al mare, lascio le foglie al vento, i frutti al sole e poi tutti i semetti a voi, a voi, poveri uccelli, perchè mi cantavate la canzone della bella stagione… E voglio che gli stecchi, quando saranno secchi, facciano il fuoco per i poverelli. (Trilussa)
L’abete Nel nord sull’altura nuda un abete sorge solo, ha sonno, e di ghiacci e di neve lo cinge un bianco lenzuolo. Sognando va d’una palma, che nel remoto levante, solinga e muta s’attrista sopra il dirupo bruciante. (E. Heine)
L’arbusto Un arbusto si protende dalla roccia alta sul mare; vede un solco che risplende, ode l’onda sussurrare… E vorrebbe volar via per svanire nell’azzurro, dietro la fiammante scia, dietro il magico sussurro.
Il pioppo Conosci il riso del pioppo al margine del ruscello? E’ come un allegro monello che sia cresciuto troppo. Ride alla melodia dell’ospite usignolo, ride alla luna e al volo d’un’ala che sfiora e va via. Quando scherzoso arriva tra le fogliette il vento, ride e fruscia contento d’una risata viva. E guarda piegando piano la cima di qua e di là, l’acqua passata che va lontano lontano lontano. (L. P. Mazzolai)
La foresta Pare un gran tempio ad agili colonne, un tempio antico, scuro, con tappeti di muschio e con festoni verdi e lieti. Un tempio antico che ha per finestra il cielo; di canzoni n’ha tante e la preghiera la dicono gli uccelli mane e sera. (M. Bertolini)
Nel libro della natura Vanta una storia la quercia superba, ma l’ha forse men grande un filo d’erba? (M. Spiritini)
Se odorano le felci Se odorano le felci e il sole entra discreto tra le foglie e l’aria sfiora tra i castagni il sonno degli uccelli prendi la tua sorella per mano falle un cuscino di muschio e nel silenzio ascolta l’ora più bella del bosco. Domani la pioggia ed il vento avranno disperso l’incanto. (L. Deli Gazo)
Pini All’estremo orizzonte i grandi pini se n’andavano curvi in lunga traccia, a uno a uno come pellegrini: e ciascuno recava per bisaccia, alto sopra la livida brughiera, una nuvola d’oro della sera. (D. Valeri)
L’olivo Argento placcato di verde mi sembra la foglia che il verno giammai non dispoglia nè il vento disperde. Egli offre la drupa sua nera in tempo d’avvento, al tordo che vola contento, all’uomo che spera. E quando il freddo è più vivo, con funi, con scale, con cesti e panieri si sale la pianta d’olivo. Usando un arnese ad uncino s’incurvan le vette, si strusciano e s’empion sacchette chè aspetta il mulino. (F. Socciarelli)
La canzone dell’ulivo Non vuole per crescere, che aria, che sole, che tempo, l’ulivo! Nei massi le barbe, e nel cielo le piccole foglie d’argento! Tra i massi s’avvinghia, e non cede se i massi non cedono, al vento. (G. Pascoli)
Il canto del ciliegio
Sorrise con l’aprile la gioia in ogni cuore e zefiro gentile vide i ciliegi in fiore. I bianchi fiorellini zefiro si portò e in frutti corallini il maggio li cambiò. Su verde ramo appese con le ciliegie rosse dai bimbi sempre attese e piccoline e grosse. Al vivido richiamo venite coi cestelli ma resti sopra il ramo la parte degli uccelli! “Uccelli e bimbi avanti!” canta il ciliegio, “I frutti che porto sono tanti! Venite! Ne ho per tutti!”
I doni dell’albero
L’albero è tanto bello, l’albero è tanto buono, ha sempre pronto un dono per te e per l’uccello. A te regala l’ombra, la frutta nutriente e la provvida legna per la stagione algente. E ti dà il legno, utile per i mobili tuoi, chiedendoti bonario: “Che cosa ancora vuoi?” “Io voglio che tu arrsti i venti e le bufere, le frane, le alluvioni di morte messaggere…” “Lasciatemi dunque vivere sulla natia pendice; non venirmi a tagliare! Ti aiuterò felice.” (T. Romei Correggi)
Alberi
Gli alberi tengono il cielo azzurro prigioniero dei rami, si vestono di silenzi e di abbandoni e tremano di voli e di canzoni. Spandono un lume di fiori ai mesi chiari e camminano col vento per ignoti reami. La notte li ritrova incappucciati monaci solitari nel convento: ma, dove cantò l’usignolo, resta, nel fiato dell’alba, l’eco di un singhiozzo d’oro. (I. Dell’Era)
L’albero taciturno
L’albero aveva un cartello che solo gli uccelli potevan decifrare: “S’affittano rami per nidificare” dicea la scritta che un uomo non avrebbe potuto capire. Pur malgrado l’annuncio non venne alcun uccello, nè picchio, nè fringuello, e, deserto di nidi, a capo chino muor di tristezza l’albero, lungo il cammino. (A. M. Ferreiro)
L’albero
Vennero da vie lontane le rondini rapide e snelle a bere presso le fontane ancora fresche di stelle. Il sole apparve dal tetto effondendo oasi d’oro e l’albero del giardinetto sfavillò come un tesoro. S’accese di mille collane e stette estatico a udire le voci delle campane. Dalla dolce terra veniva musica d’onde lontane e verso il suo cuore saliva. (G. Titta Rosa)
Il cipresso
Al margine di un breve praticello sta un cipressetto solo e sembra triste tutto ravvolto nel verde mantello. Scherza, invece, col vento; a nascondino fa con la luna, o pure, in cima ai rami svelto l’appende come un lampioncino. Più spesso a sera, quando tutto imbruna, chiama le stelle a inghirlandargli il capo, fino all’alba le conta ad una ad una! E se piove, se rugge la tempesta, si piega, grida, stringe le sue braccia, ma non si spezza e fermo al suolo resta. Chè un bel nido protegge: un nidietto fragile e lieto, colmo di gorgheggi, tesoro grande per il cipressetto. (T. Stagni)
La quercia caduta
Dov’era l’ombra, ora sè la quercia spande morta, nè più coi turbini tenzona. La gente dice: “Or vedo: era pur grande!”. Pendono qua e là dalla corona i nidietti della primavera. Dice la gente: “Or vedo: era pur buona!”. Ognuno loda, ognuno taglia. A sera ognuno col suo grave fascio va. Nell’aria, un pianto… d’una capinera che cerca il nido che non troverà. (G. Pascoli)
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Poesie e filastrocche per San Martino per bambini della scuola materna e primaria.
San Martino Umido e freddo spunta il mattino, ed a cavallo va San Martino Quand’ecco appare un mendicante, lacero e scalzo vecchio e tremante Il cavaliere mosso a pietà, vorrebbe fargli la carità Ma nella borsa non ha un quattrino, e allora dice Oh poverino Mi spiace nulla io posso darti, ma tieni questo per riscaldarti Divide in due il suo mantello, metà ne dona al poverello Il sole spunta e brilla in cielo, caccia la nebbia con il suo velo E San Martino continua il viaggio, sempre allietato dal caldo raggio.
San Martino Nero il cielo era; la pioggia fitta al suol precipitava nè una casa nè una roggia al meschin si presentava avanza sconfortato, le sue gambe eran tremanti ecco un giovane soldato si presenta a lui davanti snello biondo ardito e bello, ei sta ritto sul cavallo guarda e subito il mantello svelto taglia senza fallo ne dà mezzo al poveretto, che l’indossa, e il donatore fissa. Dice ” Benedetto, sia per sempre il tuo buon cuore.” Il meschino era Gesù, e Martin si prosternava ora non pioveva più, ecco il cielo rischiarava riapparì smagliante il sole, s’udì dolce un’armonia gelsomini, rose, viole, infioravano la via. (N. Giustino)
San Martino La nebbia agl’irti colli piovigginando sale e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar; ma per le vie del borgo dal ribollir dei tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar. Gira su ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando su l’uscio a rimirar. Tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri com’esuli pensieri nel vespero migrar. (G. Carducci)
San Martino Lampioncini colorati che sfilate lungo i prati stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare voi fiorite nei giardini come lieti fiorellini stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare siete come le farfalle, bianche rosse verdi e gialle stan le stelle ad osservare per vedervi scintillare.
San Martino Chi passa al gran galoppo su quel cavallo bianco? Un prode cavaliere con la sua spada al fianco. Poi torna al suo castello e per il bosco va gli uccelli lievemente gorgheggiano qua e là.
San Martino Se passa un cavaliere con un pennacchio rosso sull’elmo è san Martino, senza mantello indosso. Il sole novembrino che stacca foglie gialle, pelliccia bionda e soffice gli cade sulle spalle (R. Pezzani)
La leggenda di San Martino San Martino sul destiero galoppava, galoppava, tutto avvolto nel mantello, tutto assorto nel pensiero. Nero il cielo, freddo il vento ed un turbine di foglie… Era autunno. San Martino galoppando udì un lamento. “Muoio”, un poverello ripeteva irrigidito. San Martino con la spada tagliò a mezzo il suo mantello. Che tepore! Al poverino gli ritorna sangue e vita, or ch’è avvolto nel mantello del pietoso San Martino. Ricomincia a galoppare nel grigiore il cavaliere quando tiepido il bel sole, per prodigio, ecco riappare! D’un azzurro intenerito che ricorda primavera si sinnova tutto il cielo, pare il mondo rifiorito. (Olga Siniscalchi)
Poesie e filastrocche per san Martino – tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche su NOVEMBRE – Una collezione di poesie e filastrocche sul mese di Novembre per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Novembre Il novembre sta alla porta freddoloso e intabarrato, poggia in terra la sua sporta ed un sacco ben legato. Scioglie il sacco: nebbia, neve… La va mal pei poverini! Ma la sporta è colma e greve di castagne pei bambini. (Ferraresi)
Novembre Io son novembre: i buoi conduco all’aratura e nella terra scura nascondo i semi d’or. Cadon le foglie, i rovi splendon di bacche rosse, s’empion rivi e fosse e a me si stringe il cor. (D. Valeri)
Nenia di novembre Al contadino, nel novembre, piace la terra che riposa contemplare in pace. Al contadino, nel novembre, piace pensare alla semente che nei solchi giace. Al contadino, nel novembre, piace pei campi lavorati camminare in pace. (V. Masselli)
Novembre E’ triste questo mese! Nella campagna spoglia trema sui rami, appesa, qualche ingiallita foglia! Nei prati brulli e arsicci lassù sulle montagne, sgusciano fuor dai ricci le lucide castagne. (Bruno Grella)
Novembre Sferza, fischiando, il vento gli alberi nudi, ch’alzan verso il cielo gli scheletrici rami e tutto, intorno, dice che presto arriverà la neve, il gelo. Non più frutti negli orti, non c’è quasi più un fiore nei giardini, è questa la stagione del crisantemo, il triste fior dei morti. A mazzi, od in corone, tra i salici ed i neri cipressi dei solinghi cimiteri or tutte se ne infiorano le tombe, perchè nella lor casa ultima e mesta abbiano pur gli estinti un pio giorno di festa. (U. Ghiron)
Novembre La donnetta nello scialle si rannicchia intirizzita, piovon foglie e foglie gialle sulla terra insonnolita. Nubi fosche, nubi nere, van pel cielo a stormi, a frotte, calan rapide le sere, scende rapida la notte. (A. Ferraresi)
Novembre Un velo d’acqua trema al calore d’un raggio una foglia di faggio si distacca e non cade. Lembi di nebbie rade fumano a fior di terra dal leggio di una serra piovon gocce iridate. Sulle cose create che sembravano morte che sembravano assorte in un sonno dolente ecco! vola il sole d’oriente con la chioma di nubi (R. Mucci)
Chi lo sa? Ora dormono tutti i prati, senza l’erbe, senza i fiori; dove mai son rimpiattati i grillini saltatori? Dove mai saranno andate le graziose farfalline? Perchè mai si son chetate le cicale canterine? Chi lo sa? (B. L. Pistamiglio)
Galline Al cader delle foglie, alla massaia non piange il vecchio cor, come a noi grami: chè d’arguti galletti ha piena l’aia; e spessi nella pace del mattino delle utili galline ode i richiami: zeppo, il granaio, il vin canta nel tino. Cantano a sera intorno a lei stornelli le fiorenti ragazze, occhi pensosi, mentre il granoturco sfogliano e i monelli ruzzano nei cartocci strepitosi. (G. Pascoli)
La foglia nella pozzanghera Sullo specchio appannato d’una pozzanghera ho visto cadere una foglia. Tremava nell’acqua limacciosa portando con sè l’ultimo brivido del vento di novembre. Girava lentamente lungo le sponde del livido lago senza approdare mai. Nel silenzio si udì cadere qualche goccia e la fragile foglia rovesciò l’oro di tutte le stagioni nell’acqua fangosa. (M. Altieri)
Novembre San Martino cavaliere trova un cielo di nuvole nere: ogni nuvola un mantello che regala al poverello. Dolce tepore si scioglie nell’aria rifattasi celeste; splendono le foglie nell’effimero oro della veste. (Ignazio Drago)
Canzoncina di novembre Schiarita di novembre, al tuo breve sereno già il camposanto di fioretti è pieno. Di solingo giardino quasi marmoree panche, aspettano le tombe, al sole, bianche. L’erba, che ai sonni invita, come d’aprile è folta; gonfiano le radici un’altra volta. Come aprile sia tornato e l’amoroso affanno, dentro la terra i morti crederanno. Schiarita di novembre, al pallido sereno il camposanto di fioretti è pieno. (U. Betti)
Novembre Gemmea l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore e nel prunalbo l’odorino amaro senti nel cuore. Ma secco è il pruno e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno; e vuoto è il cielo e cavo al piè sonante sembra il terreno. Silenzio intorno. Solo alle ventate di lontano, da giardini e orti, di foglie è un cader fragile. E’ l’estate fredda dei morti. (G. Pascoli)
Gemmea: limpida e fredda come una gemma. che tu ricerchi: tanto chiaro è il sole che vien quasi da ricercare gli albicocchi fioriti, come se fosse già primavera. del prunalbo… nel cuore: l’atmosfera fa quasi sentire quell’odore amarognolo proprio del biancospino (prunalbo). Ma secco: è un’illusione, quel presentimento di primavera: gli alberi sono secchi. le stecchite… il sereno: rami stecchiti tracciano disegni oscuri contro il fondo sereno del cielo. cavo… il terreno: in quell’atmosfera secca e cristallina il terreno risuona sotto i passi, come fosse vuoto. alle ventate: ad ogni folata di vento. fragile: le foglie morte battono al suolo col rumore secco e breve delle cose che si rompono. l’estate: la cosiddetta “estate di San Martino”. Ma è un’estate senza calore, appropriata alla ricorrenza dei defunti.
Novembre Io son novembre: i bovi conduco all’aratura e nella terra scura nascondo i semi d’or. Cadon le foglie, i rovi splendon di bacche rosse, s’empiono e rivi e fosse, e a me si stringe il cuor. (Diego Valeri)
Canzoncina di novembre Schiarita di novembre, al tuo breve sereno il camposanto di fioretti è pieno. Di solingo giardino quasi marmoree panche, aspettano le tombe, al sole, bianche. L’erba, che ai sonni invita, come d’aprile è folta: gonfiano le radici un’altra volta. Che aprile sia tornato e l’amoroso affanno, dentro la terra, i morti crederanno. Schiarita di novembre, al tuo breve sereno il camposanto di fioretti è pieno. (Ugo Betti)
Novembre Al monte e alla pianura ecco novembre toglie anche l’ultimo verde, e morte, al suol, marciscono le foglie. Sferza, fischiando, il vento gli alberi nudi, ch’alzan verso il cielo gli scheletriti rami e, tutto, intorno, dice che presto arriverà la neve, il gelo. Non più frutti negli orti, non c’è quasi più un fiore nei giardini; é queste la stagione del crisantemo; il triste fior dei morti. (Ugo Ghiron)
Novembre Oh, quei fanali come s’inseguono accidiosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce sul fango. Oh, qual caduta di foglie, gelida, continua, muta, greve, sull’anima! Io credo che solo, che eterno, che per tutto il mondo è novembre. (G. Carducci)
Inverno vicino
Oh, come piove! …Da più giorni, il cielo, tutto il suo pianto, inconsolabilmente versa alla terra… D’ogni intorno un velo, grigio, si stende sull’immensità, Oh, come piove! … Son le vie, veloci torrenti, e laghi immensi le campagne. Che grigiore! … Non s’odono più voci: squallida, desolata è la città. Ma dove, i poverelli, senza tetto e senza pane, dove, nel rigore di sì cruda stagione hanno ricetto? Qual è il rifugio della povertà? Pietoso concedi agli indigenti un poco del tuo pane e un po’ di sole: accogli gli infelici, i sofferenti, tra le grandi braccia di pietà. (Gaetano Corrado)
Novembre
Dicon le siepi brulle: “O dolce sole di marzo, quando ci darai di nuovo il verde delle foglie, le viole?” Dice sotto la gronda il nido vuoto: “Quando ritornerà la rondinina, che mi ha lasciato per un lido ignoto?” Dicono i morti nella terra greve: “Siamo più tristi e desolati qui, sotto il bianco mantello della neve!” Dicono i poverelli, che la sera han per coperta il cielo senza stelle: “Torna per noi, sorella primavera!” (Zietta Liù)
Fuochi di novembre Bruciano nella gramigna Nei campi, Un’allegra fiamma suscitano E un fumo brontolone. La bianca nebbia si rifugia Fra le gaggie, Ma il fumo lento si avvicina. Non la lascia stare. I ragazzi corrono intorno Al fuoco Colle mani nelle mani, Smemorati, Come se avessero bevuto Del vino Per lungo tempo si ricorderanno Con gioia Dei fuochi accesi in novembre Al limitare del campo. (A. Bertolucci)
Paesaggio Nell’autunno sereno la pianura non offre al sol che bacche aspre di arbusti e tra un grigiore argenteo di fusti riposa, stanca d’ogni genitura. Uomini attendon gravi all’aratura spingendo i bovi sotto il giogo angusti, altri già spargon, d’una sacca onusti, il seme biondo sulla zolla oscura. Raggiano i monti vigilando eccelsi l’opere agresti, e nel loro grembo giace qualche nuvola, e qualche fumo impigra. A tratti un volo da spogliati gelsi si leva e, come a non turbar la pace laboriosa, tacito, trasmigra. (F. Pastonchi)
Poesie e filastrocche su NOVEMBRE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche IL GIORNO DEI MORTI – Una collezione di poesie e filastrocche sul tema, per la scuola primaria, di autori vari.
Crisantemi O pallidi fiori dei morti, vi guardo ma senza tristezza. Vi sfiora, con lieve carezza, negli orti la luce del sole un po’ stanca. Fiorite vicino alla scuola, e il canto dei bimbi consola la bianca ghirlanda dei petali fini. Novembre vi soffia dal colle, l’aroma del mosto che bolle nei tini. (M. Castoldi)
Il cimitero C’è un lungo sentiero fra siepi di mirto che va al cimitero. Silenzio! Si tace perchè i nostri morti riposino in pace. Dormono, e il sole coi raggi li bacia, e a marzo le viole profuman le fosse. Le croci già bianche non sono mai stanche di tender le braccia al cielo lontano. Silenzio! Andiamo… Lasciamo che i morti riposino in pace: silenzio! Si tace. (A. Caramellino)
Strada del cimitero Strada disabitata, in mezzo agli orti piena di fiori e di malinconia, strada che mena al soggiorno dei morti che frequenta la mia nostalgia: strada silenziosa dove l’erba prospera come in un vecchio monastero, solitaria straducola che serba come un sentor di ceri e di mistero. (G. Govoni)
Nel giorno dei morti Piove nebbia sulle croci. Poche voci van nell’aria pianamente; cantilene dolci e tristi, bisbigliate, fra le tombe seminate. Va la gente lenta, assorta; altra ne viene, altra sosta al tuo cancello per segnarsi, o campicello benedetto. Sulle braccia tese, ha un fiore ogni croce, e più d’un lume fioco spande il suo chiarore nelle brume. (M. Castoldi)
Camposanto Dormono i morti con le mani in croce. Che silenzio nel verde camposanto! Entro i cancelli pregano con voce sommessa i bimbi alle pie tombe accanto. Un passero risponde alla preghiera. Che dolcezza dormir tra bimbi e uccelli! “Grazie per la pietà vostra sincera!” dicono i morti, “grazie a voi, fratelli!”. (A. Colombo)
Sotto la pioggia O camposanto che sì crudi inverni hai per mia madre gracile e sparuta, oggi ti vedo tutto sempiterni e crisantemi. A ogni croce roggia pende come abbracciata una ghirlanda donde gocciano lagrime di pioggia. Sibila tra le festa lagrimosa una folata, e tutto agita e sbanda. Sazio ogni morto di memorie, posa. (G. Pascoli)
Il giorno dei morti
Vuoi darmi la mano? Andremo così, per il viale dei pioppi, laggiù, al Camposanto, coi fiori e coi ceri. Diremo una muta preghiera e i morti l’udranno. E poi ci daranno risposta in silenzio, di dietro agli avelli di marmo, e i tumuli gravi di terra. E noi li avremo nel cuore, e li vedremo vicini, vicini, vicini: i nonni dai bianchi capelli i bimbi coi riccioli biondi, le mamme, i papà, i fratellini… Diciamo una muta preghiera: li avremo qui tutti vicini. (Ada Capitani Campari)
Crisantemi A tratti versa qualche goccia il cielo, qualche piccola lacrima smarrita, e la selva si scuote irrigidita in un subito brivido di gelo. Il colchico nei luoghi più deserti sboccia pensoso, e sotto i pioppi lunghi sorgono nel silenzio umido i funghi, che tengo sempre i loro ombrelli aperti: e nei giardini taciti e negli orti nascon, quasi piangendo, i crisantemi, i crisantemi per i nostri morti. (M. Moretti)
I crisantemi Non più frutti negli orti, non c’è quasi più un fiore nei giardini, è questa la stagione del crisantemo, il triste fior dei morti. A mazzi od in corone, tra i salici ed i neri cipressi dei solinghi cimiteri, or tutte se ne infiorano le tombe, perchè nella lor casa ultima e mesta abbiano pur gli estinti un pio giorno di festa. (U. Ghiron)
Due novembre E’ il dì dei ricordi. I morti ritornano vivi, nei cuori. Rinascono tutti gli acerbi dolori d’antichi, di prossimi lutti. E il tempo che vola, che alterna le sorti del riso e del pianto, che dona conforti d’oblio, quest’oggi, più triste, ma pio, ripete una sola parola: “Ricorda i tuoi morti”. (D. Borra)
Un cimitero Nel cimitero che ha l’aspetto c’una gran casa son un solo muro che gira tutto attorno, (senza tetto perchè i poveri morti possan godere ancora un poco d’aria e la vista del cielo turchino nella lor triste vita solitaria) è tanto il verde e l’erba è così densa che camminando si lascia un sentiero come in un prato, con tanti fiori che quasi si pensa d’essere in un magnifico giardino abbandonato. La commovente confusione! I papaveri con le rose, i fiordalisi con i cardi, e tra le ortiche il dente di leone con le barbane, il fiore che si spegne con un soffio… Così diversi e così belli! Solo qui dentro tutti son fratelli. (G. Govoni)
La notte dei morti La casa è serrata: ma desta; ne fuma alla luna il camino, non filano o torcono: è festa. Scoppietta il castagno, il paiolo borbotta. Sul desco c’è il vino, cui spilla il capoccio da solo. In tanto essi pregano al lume del fuoco: via via la corteccia schizza arida… Mormora il fiume con rotto fragore di breccia… E’ forse (io non odo; non sento che il fiume passare, portare quel murmure al mare) d’un lento vegliardo la tremula voce che intuona il rosario, e che pare che venga da sotto una croce, da sotto un gran peso: da lunge. Quei poveri vecchi bisbigli sonora una romba raggiunge col trillo dei figli de’ figli. Oh! I morti! Pregarono anch’essi la notte dei morti, per quelli che tacciono sotto i cipressi. Passarono… O cupo tinnito di squille dagli ermi castelli! o fiume dell’inno infinito! Passarono… Sopra la luna che tacita sembra che chiami, io vedo passare un velo, una breve ombra, ma bianca, di sciami. (G. Pascoli)
Se torneranno Se torneranno i morti questa sera lasciando un poco il bianco cimitero, se torneranno come una preghiera dentro la cappa del camino nero, fate, o piccini, che non vadan via con gli occhi tristi e con le mani in croce cantando come mesta litania il loro pianto con la smorta voce! Se tornerà quaggiù la sorellina con le ali degli angeli e il sorriso, dopo aver camminato tra la brina, non scappi così in fretta in Paradiso, e baciandovi piano con le ali candide e rosa come un dì di maggio, preghi: “Signori, tien lontano il male”. Dica: “Addio, fratellini! Buon viaggio!”. Se tornerà, orfanelli, la mammina a rimirarvi ed a baciarvi il cuore, a pettinarvi un poco la testina, a contemplarvi con lo stesso amore, fate che trovi tanta gentilezza e tanto sole sul visetto buono, che non dica con voce di tristezza: “Sono cattivi, mio Signor, perdono!”. Se tornerà la nonna sempre bella, fate che venga presso il focolare a raccontarvi ancora la novella e voi fatevi tutti ad ascoltare. Se torneranno i morti questa sera non abbiate paura; vesti d’oro hanno, e di luce, e fior di primavera fra le mani, corolle di tesoro. Essi son vivi, o bimbi, più di noi, hanno sofferto ed ora stanno in festa. In cielo ancora li vedremo poi, con fiori tra le mani e fiori in testa. (L. Nason)
Poesie e filastrocche IL GIORNO DEI MORTI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Poesie e filastrocche SAN MICHELE – una collezione di poesie e filastrocche su San Michele. La raccolta è in costruzione…
San Michele Quando il sol tramonta in cielo e alle nubi dà fulgore ecco brilla il tuo mantello rosso e giallo di splendore. La tua spada è sfavillante fiero indomito guerriero il tuo sguardo rilucente ci rammenta sempre il vero. Oh, tu prode San Michele che nei cieli hai vinto il male dacci forza e puro cuore chè s’affermi alfin l’amore.
Atmosfera di Michele Divengono i giorni più brevi divengono i cuori più chiari Al di sopra dell’autunno splende il luminoso San Michele. San Michele, signore del tempo! Tu dai il vero pane ed una nuova veste. (H. Ritter)
Il cavaliere Me ‘n vo, me ‘n vo sul mio destrier timor non ho da solo andrò se vincerò, ritornerò.
Poesie e filastrocche SAN MICHELE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: 2 ottobre, la festa dei nonni. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Nonno e nipotino Passan sul prato nonno e nipotino. Il nonno è vecchio, il bimbo è piccolino: il bimbo è biondo, il nonno è tutto bianco, il bimbo è dritto, il nonno è curvo e stanco. Passan sul prato dandosi la mano. Il nonno dice: “Presto andrò lontano, molto lontano e più non tornerò…” E il bimbo: “Nonno mio, ti scriverò”. L. Schwarz
La nonna D’inverno ti mettevi una cuffietta coi nastri bianchi come il tuo visino, e facevi ogni sera la calzetta, seduta al lume, accanto al tavolino. Io imparavo la storia sacra in fretta e poi m’accoccolavo a te vicino per sentir narrar la favoletta del Drago Azzurro e del Guerrier Moschino. E quando il sonno proprio mi vinceva m’accompagnavi fino alla mia stanza e m’addormivi al suono dei tuoi baci. Agli occhi chiusi allor mi sorrideva in mezzo ai fiori una gioconda danza di sonni dolci, splendidi e fugaci. G. D’Annunzio
La nonna Era partita la nonna per un luogo lontano mentre diceva: “Sì…” piano la nipotina alla gonna le stava “… nel bosco… la fata…” e poi s’era addormentata. La nipotina attendeva diceva: “Ritornerà, tanto, che aspetto lo sa”. E giocava e sorrideva. Ma la nonna s’era svagata, chissà! Non era tornata. L. C. Zilioli
Cari nipoti miei Cari nipoti miei, veri e onorari, mi giungono ogni tanto accenni vari, lievi, gentili… “Oh sì, l’abbiamo amata come poeta, un dì! Ora è invecchiata”. E’ vero. Ma c’è un piccolo segreto che voglio dirvi con animo lieto: or la zia lascia a voi tutto il moderno. e lei va a rifugiarsi nell’eterno”. Lina Schwarz
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche – Una raccolta di poesie e filastrocche per bambini del nido, della scuola d’infanzia e della scuola primaria sul tema “I frutti dell’autunno”, di autori vari.
La filastrocca delle frutta
Gira, gira, s’arrivasse
nel paese delle frutta
che, si dice, ha una stagione!
E ci fosse proprio tutta,
pera, fragola, popone,
quella bella frutta sana,
melarancia, melagrana,
quella bella frutta fina,
l’albicocca, la susina,
quella bella frutta aspretta,
uva spina, nespoletta,
giuggioletta di montagna;
e il marrone, e la castagna;
e, tra i pampini a corona,
l’uva buona!
E ci fosser le nocciole
e le mele lazzerole
con le noci tutte quante
tutte insieme sulle piante,
tutte insieme nel corbello;
ce ne fossero mai tante
da giocarci a rimbalzello,
da poterne regalare,
da poterne dare a tutti
da poterne (che allegria!)
far razzia! (Térésah)
Filastrocca
Il castagno ha lavorato:
tanti frutti ci ha donato
or col canto più giocondo
intrecciamo il girotondo.
Il castagno s’addormenta
e la luna lo inargenta,
si addormenta a poco a poco
mentre stiamo accanto al fuoco.
C’è un paiolo che borbotta:
“Non è cotta, non è cotta!”
mentre stiamo ad aspettare,
su corriamo a lavorare!
Ravviviamo un po’ la fiamma
aiutiamo un po’ la mamma
riordiniamo la cucina:
verrà poi la merendina.
Merendina di castagne;
dolci, piccole compagne
il castagno ce le ha date
non le abbiamo guadagnate! (L. Nason)
Vendemmia
Con un secchio ed un cestello,
con le forbici o il coltello,
donne ed uomini, da ieri,
tutti allegri e faccendieri
colgon l’uva zuccherina
e la portano in cantina.
La vendemmia è un gran lavoro!
Nella vigna era un tesoro
di bei grappoli dorati.
Or li han colti e li han pigiati;
ed il mosto, in un gran tino,
già fermenta e si fa vino. (F. Socciarelli)
Il castagno
Sotto il castagno, durante l’estate,
fu una festa di bimbi e d’allegria;
che dolci ombre egli diede alle chiassate
della garrula e vispa compagnia!
Or solitario, al gran cielo velato,
nel deserto squallor delle campagne
s’alza quel nudo tronco desolato.
E i bimbi? … I bimbi mangian le castagne. (L. Schwarz)
Si vendemmia
Lieta festa di bei colori:
pampini, grappoli maturi,
grappoli biondi, grappoli scuri…
Su cantate, vendemmiatori.
Colmo il canestro, colma la gerla
e il tralcio è ricco di frutti ancora:
brilla ogni chicco che il sole sfiora
come il rubino, come la perla.
Bigoncia colma, colmo il cestello:
vendemmiatrici, uno stornello. (D. Rebucci)
Il pesco e la vite
Diceva un pesco altero
all’uva: “Oh, sciagurata,
tu finirai calcata!”
Gli fu risposto: “E’ vero;
ma, all’uom che mi calpesta,
fo’ poi girar la testa. (Luigi Carrer)
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie e filastrocche AUTUNNO – Una collezione di poesie e filastrocche di autori vari, per i bambini, della scuola materna e della scuola primaria.
Cadon le foglie
Cadon le foglie come farfalle:
ve n’è di rosse, ve n’è di gialle,
volteggiano un momento,
e partono col vento.
E la povera pianta là, nell’aria,
rabbrividisce, nuda e solitaria. (M. Maltoni)
La nuova stagione
Le svelte rondinelle son partite
in cerca di una terra solatia;
le brune passerine, infreddolite,
cinguettano canzoni in armonia.
Le tiepide giornate son finite:
la fitta nebbia dà malinconia;
le foglie, intanto, vizze ed ingiallite,
cadono volteggiando sulla via.
Ara la terra il rude contadino
e sparge i duri chicchi di semente,
e corre, col pensiero, lietamente,
alle castagne nuove, al dolce vino.
Mugghiano bovi nelle chiuse stalle
e canta il boscaiolo nella valle. (C. Mazzoleni)
Ora l’autunno
Ora l’autunno guasta il verde ai colli,
o miei dolci animali. Ancora udremo,
prima di notte, il richiamo della grigia
pianura che va incontro a quel rumore
alto di mare. E l’odore di legno
alla pioggia, l’odore delle tane,
com’è vivo qui fra le case,
fra gli uomini, o miei dolci animali. (S. Quasimodo)
Autunno
Biondo autunno che ci porti?
Uva, fichi e noci a staia.
Pioggia e vento alle montagne
mucchi, al fuoco, di castagne. (R. Rompato)
L’autunno
Vien l’autunno sospirando,
sospirando alla tua porta.
Qualche bacca porporina,
nidi vuoti, rame spoglie,
e tre gocciole di brina,
e un pugnel di morte foglie. (A. S. Novaro)
L’autunno
Io vidi una mattina
l’autunno camminare.
Aveva nella mano
tre gocciole di brina,
nel cesto un venticello
per sollevar le foglie.
Portava per mantello
un grigio nuvolone
e andava lento lento
curvo sul suo bastone. (A. Mazzeo)
L’autunno
Quando piove lento lento
e fa freddo e tira il vento
nella casa sta il bambino
nella cuccia il cagnolino
presso il fuoco il mio gattino.
E il ranocchio senza ombrello
sotto un fungo sta bel bello. (O. Cicogna)
Vien l’autunno piano piano
Nel silenzio del mattino, getta il chicco il contadino
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
gli gnometti nel profondo, si rallegran per il mondo
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
una spiga nascerà, che il buon pane ci darà
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
guarda il ciel benedicente, il cader della semente
getta il chicco, getta getta, la semenza è benedetta
vien l’autunno piano piano, cavalcando da lontano
sulla testa un gran cappello, foglie rosse nel mantello
porta grappoli e castagne, nuvolette alle montagne
nei vigneti gli stornelli, acque chiare nei ruscelli
nelle sacche più profonde, nebbia e freddo vi nasconde
ed ai bimbi che son buoni, reca belli e ricchi doni. (E. Minoia)
Autunno
Un colpo di vento,
spalanca la porta
ed entra l’autunno,
che regge una sporta
è piena di noci,
di frutta nostrane
faremo merenda,
per più settimane
l’autunno nel bosco,
va a far la fascina
che dopo regala,
a qualche vecchina
le rondini liete,
son tutte partite
a terra le foglie,
son tutte ingiallite.
Il tempo dei giochi,
ahimè come vola!
Con libri e cartella
l’autunno va a scuola. (Nidario)
Foglie gialle
La nonnetta nello scialle
si rannicchia intirizzita.
Piovon foglie e foglie gialle
sulla terra insonnolita.
Nubi fosche, nubi nere
van pel cielo a torme a frotte;
calan rapide le sere
scende rapida la notte. (Anita Ferraresi)
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie e filastrocche su ottobre: una collezione di poesie e filastrocche di autori vari per la scuola materna e primaria
Io sono ottobre
Io sono ottobre che stringo il vinello
ne’ solchi nuovi ci semino il grano
metto di nuvole a’ monti il cappello
guido dai monti le pecore al piano. (Otto Cima)
Vien l’ottobre
Vien l’ottobre e sopra il cielo,
di sue nebbie stende il velo;
improvviso s’alza il vento
con un lungo alto lamento.
Pur, che festa di colori,
che tripudio id canzoni,
che splendor, qua e là, di falci
e che porpora nei tralci!
Quest’ottobre un po’ bizzarro
mette e toglie il suo tabarro,
è venuto con l’ombrello,
se ne va col tempo bello.
Nel settembre generosa,
or la terra si riposa
sotto un fremito di foglie;
pur già dentro il grembo accoglie
nuovi semi di lavoro;
i preziosi chicchi d’oro
che in un mese ancor lontano
diverran spighe di grano. (F. Castellino)
Ottobre
Son spariti i fiori e le farfalle,
e per le strade spesso si cammina
sopra il tappeto delle foglie gialle.
Alla scuola ritornano i bambini
con dentro al cuore un po’ di nostalgia.
Il mosto nuovo bolle già nei tini,
e nei campi la terra arata freme
sotto il passo dei bovi. Il contadino
sparge nei solchi lentamente il seme. (Zietta Liù)
Ottobre
Tempo d’uva,
la terra si spoglia tutta,
la casa odora di frutta,
il cielo piange di addio.
Alla prima pioggia si è più soli,
il muro sanguina di rampicanti:
nei giorni dorati di incanti
la rondine scrive gli ultimi voli. (R. Pezzani)
Mattini d’ottobre
Di giorno in giorno il sole
si fa sempre più pallido.
E’ un pallore che fiacca i nervi
e l’anima rattrista:
un’agonia di luce che si spegne,
un singhiozzo che muore lentamente.
In queste mattine d’ottobre
io vagolante in mezzo alla ressa
vo come un’ombra che cader
potrebbe senza rumore,
assaporando il sole d’autunno
ch’è il solicello della lunga morte. (V. Cardarelli)
Sole d’ottobre
Il sole giallo d’ottobre
m’è così dolce! Non scalda quasi: lo cerco tremando.
Ferisce obliquo le cave volte dei boschi ingialliti;
ardono d’oro, divampano violentemente al tramonto.
Mi par che l’aria sia anch’essa più tenue e rara. (E. Thover)
Ottobre
Ottobre ha una cara anima pensosa
che gli sorride fra le ciglia d’oro,
ma sentendo partirsi un vol canoro
talor vorrebbe piangere e non osa.
Dolce sui colli, quando in radiosa
pace, concesso tutto il suo tesoro
d’uve, spenta l’eco ultima di un coro,
serenamente stanco si riposa.
Ma più l’amo nei piani, ove ampio svaria
e gli orizzonti ceruli vapora,
mite persuadendo alla fatica.
Tutto è divino: il cielo intento, l’aria
che tace e splende, l’uomo che lavora
coi bovi il grembo della madre antica. (Francesco Pastonchi)
Al lavoro
Caro ottobre, che porti alle tue soglie,
un lento mulinar di foglie gialle,
dimmi un po’, dove sono le farfalle?
Le uccidi forse tu, come le foglie?
Pure, ti voglio bene! Nel mio cuore
tu porti una dolcezza che consola.
Tu per la mano mi riporti a scuola,
e dici a me, come al seminatore:
“Comincia il tuo lavoro, lieto in volto;
a giugno, quando sarà d’oro il piano,
il libri ti daranno, come il grano,
piccolo amico, abbondante raccolto”. (Zietta Liù)
Ottobre
Ottobre ha il berretto di sghembo:
odora di mosto e di viole;
negli occhi gli luccica un lembo
di cielo, una spera di sole:
Trascina un mantello corroso
ma ricco di porpore e d’ori;
appende sul tralcio rugoso,
sul cespo, sul ramo tesori.
Tra un colchico e una farfalletta
cammina cammina bel bello;
al bivio novembre l’aspetta
col bavero alzato e l’ombrello. (D. Mc Arthur Rebucci)
Ottobre
Ottobre i prati riveste d’argento,
al bosco fa tutte d’oro le foglie,
le nubi in pioggia sottile discioglie,
poi s’accapiglia e combatte col vento.
E vien l’autunno cui campi rimossi;
viene e ci porta nel fresco cestello
l’uva che ha colto, goloso monello,
incoronato di pampini rossi.
Di sera accende le fiamme dei ciocchi,
quando la nebbia comincia a salire,
e getta il sonno a manciate negli occhi
a tutti i bimbi per farli dormire.
Li fa sognare l’estate, che vola
via nel ricordo, col sole rovente;
e poi li prende per man, dolcemente,
come un buon mago, per portarli a scuola. (A. Lugli)
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):
Poesie e filastrocche: I punti cardinali. Una raccolta, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
I punti cardinali
“Dalla mia parte bello e raggiante
si leva il sole” dice il Levante;
“e poi tramonta placidamente
dalla mia parte” dice il Ponente;
“raggi focosi io spargo intorno!”
dice superbo il Mezzogiorno;
“ed io alle membra già stanche e rotte,
dono riposo. Son Mezzanotte!”
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Motti, aforismi e frasi brevi di autori vari, per bambini della scuola primaria.
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Per arrivare alla fonte, bisogna nuotare controcorrente.
Un viaggio di mille miglia deve cominciare con un passo.
La lontananza rimpicciolisce gli oggetti all’occhio, li ingrandisce al pensiero.
Poesie e filastrocche: Conte per stabilire i turni di gioco, che possono essere veri e propri giochi a loro volta. Per bambini della scuola d’infanzia e primaria. D’autore e tradizionali.
Anghingò, tre galline e tre cappò
per andare alla cappella
c’era una ragazza bella
che suonava il ventitre
uno, due e tre.
Uccellin che vien dal mare
quante penne puoi portare?
Io ne porto mille e tre
uno, due e tre.
Pescatore che navighi in mare
quanti pesci puoi tu pescare?
E uno, e due, e tre,
pesciolino tocca a te.
Padre nostro alla romana
quattro pecore senza lana
quattro pecore senza fiocca
vediamo un po’ a chi tocca.
L’uccellin dal becco rosso
è caduto giù nel fosso
giù nel fosso non c’è più
resti fuori proprio tu.
A bi ci di
la mia gatta mi fuggì
mi fuggì su per un pero
gambe storte e muso nero.
Mare mare grande assai
dimmi quanti pesci hai
ne ho duecento in tutto il mondo
il più bello è bianco e biondo
non mangia pane, non beve vino,
assomiglia a quel bambino.
Farfalla tutta bianca
che vola e non si stanca
che vola sempre in su
resti fuori proprio tu.
Gallinella zoppa zoppa
quante penne porti in groppa?
Io ne porto ventiquattro,
uno, due, tre e quattro.
Pim pom d’oro
la lince e la lancia
quanti giorni sei stato in Francia?
Lune lunedì, marte martedì,
pim pom d’oro, vai via di qui.
Diman diman domenica
la festa della Menica
la Menica non c’è
perciò vai fuori te.
Sette quattordici ventuno ventotto
fa la conta a chi sta sotto
a chi sta sotto per la nascondina:
tocca a te che sei regina.
Il cannoniere porta il cannone
sotto il portone, uno due e tre,
che ho preso te.
Mi lavo le mani
per fare la pappa
per uno per due
per tre per quattro
per cinque per sei
per sette per otto,
stai sotto!
Gobbo rotondo
che fai a questo mondo?
Faccio quel che posso
con la gobba addosso
e se non ne posso più
piglio la gobba e la butto giù.
Piso pisello colore sì bello
colore sì fino di Santo Martino
la bella molinara che sale sulla scala
la bella zitella che gioca a piastrella
col figlio del re: tocca e ritocca
che vai fuori te.
I soldati che vanno alla guerra
mangiano beveno e dormono in terra
e allo scoppio del cannò
pappa, ciccia, e maccherò.
Casca una bomba in mezzo al mare
mamma mia mi sento male
mi sento male in agonia
prendo una barca e fuggo via
fuggo via di là dal piano
dove stanno i marinai
che lavorano per tre
toc-che-reb-be pre-ci-sa-men-te a te!
Spia spione
portalampione
portabandiera
cent’anni di galera.
Sotto la pergola nasce l’uva
prima acerba poi matura
quando il vento la fa cascà
pepe, spezie e baccalà.
Tredici tredici voglio fare
non so come incominciare
1, 2, 3, 4, 5!
Anello di legno
anello di ferro
mettilo al dito
che va fuori quello.
Uno due, un due tre
cerchi il papa e trovi il re
cerchi il capo e trovi il fondo
cerchi il quadro e trovi il tondo
cerchi il savio e trovi il matto
cerchi il cane e trovi il gatto
cerchi il gatto e trovi il topo
io vengo prima, tu vieni dopo.
Trucci trucci cavallucci
trotta trotta e va a cavallo
proprio il re del Portogallo
va a trovare la regina
che fa la torta con la farina
la farina è troppo bianca
la regina è molto stanca
molto stanca del lavoro
esci fuori e vai con loro.
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Poesie e filastrocche – Storia.Una raccolta di poesie e filastrocche su argomenti storici, di autori vari, per la scuola primaria.
Storia universale
In principio la Terra era tutta sbagliata,
renderla più abitabile fu una bella faticata.
Per passare i fiumi non c’erano i ponti.
Non c’erano sentieri per salire sui monti.
Ti volevi sedere?
Neanche l’ombra di un panchetto.
Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto.
Per non pungerti i piedi, nè scarpe, nè stivali.
Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali.
Per fare una partita non c’erano palloni:
mancava la pentola e il fuoco
per cuocere i maccheroni,
anzi a guardare bene mancava anche la pasta.
Non c’era nulla di niente.
Zero via zero, e basta.
C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare,
e agli errori più grossi si potè rimediare.
Da correggere, però, ne restano ancora tanti:
rimboccatevi le maniche,
c’è lavoro per tutti quanti!
(G. Rodari)
La caverna
Era una volta all’uomo dolce nido
la tiepida caverna tra le rocce…
Uscio non c’era: entrava e usciva il vento,
servo dell’uomo, con le sue bracciate
di foglie secche; a sera il firmamento
chiudeva il varco con le sue vetrate
fitte di stelle; e innanzi alla caverna
appendeva la luna la lanterna. (N. Venieri)
Poesie e filastrocche – Storia. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: san Giovanni – 24 giugno. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
San Giovanni va nei campi nell’ardor del mezzogiorno
quiete immensa tutt’intorno, sopra il cielo tutto blu
il sorriso suo giocondo, benedice la natura
e ogni specie che matura. (L.Schwarz)
(in costruzione)
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Poesie e filastrocche GIUGNO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Giugno
Sul bosco già placida cala
la sera,
ma un’invisibil cicala
persiste a sgranare tenace,
nella dolcissima pace,
la sua tiritera.
E, mentre l’ombra s’estende
e qualche stella compare,
s’ostina a voler prolungare
quel ritornello di roche
parole
che mettono ancora nella notte
un poco di sole. (L. Spina)
Canzone di giugno
Stormiscono le fronde
nell’aria greve e il sole
ride alle prataiole
ed alle biche bionde,
e rende tutto l’oro
il campo donde arriva
la canzone giuliva
dell’agreste lavoro.
Ecco, è piena la spiga
e la falce è nel pugno;
il buon sole di giugno
rallegra la fatica.
E la canzone sale
dal campo del lavoro
e s’accompagna a un coro
stridulo di cicale;
e sale il canto anelo
da bocche più lontane
lodando in terra il pane
ed il buon padre in cielo. (M. Moretti)
Giugno
Vieni giugno tutto d’oro! Che cos’hai nel tuo tesoro?
Pesche, fragole, susine, spighe spighe senza fine
prati verdi, biondi fieni, lampi tuoni arcobaleni
giorni lunghi, notti belle, con le lucciole e le stelle.
La canzoncina del mulino
Quando, a giugno, biondeggiare
per i bei campi fiorenti
vedo il gran che lieto ai venti
freme e ondeggia come un mare,
nella mia felicità
dico in cuor: “Se non mi inganno,
grazie al cielo, anche quest’anno
il lavor non mancherà”.
Un timor solo mi punge:
il timor della tempesta.
Ma che gioia, ma che festa
quando il gran vedo che giunge!
Me lo portan di lontano,
dicon tutti: “Buon mulino,
trita, trita, il nostro grano!”
Ed io macino contento,
e la ruota gira e canta:
dalle pale l’acqua infranta
spuma e brilla come argento. (U. Ghiron)
La canzone delle ciliegie
Il buon giugno ha maturato,
coi suoi raggi d’oro puro,
tutte rosse le ciliegie
tra il fogliame verde scuro.
Ora occhieggiano invitanti
ragazzini e ragazzine.
Rosse, nere, morettine,
ciliegione e ciliegine.
Con un paio di bei frutti
io vi faccio gli orecchini,
scintillanti, rossi e belli,
come fossero rubini.
Bimbi belli, bimbe care,
dai capelli bruni e biondi:
tutti ornati di ciliegie
siete ancora più giocondi.
Rosse, nere, morettine,
ciliegione, ciliegine. (R. Paccarie)
Sole di giugno
Giugno! Un bel sole rotondo
promessa del pane d’oro
splende sul nostro lavoro,
la festa alla gente del mondo.
Colma la casa di tutti,
carità buona e fiorita,
porta sapore ai frutti,
l’ombra di là dalla vita.
Porta letizia ai bambini,
provvidenza alle bicocche,
calabroni ai biancospini,
canti alle cune e alle rocce.
Porta miele agli alveari
incendia l’aureola dei santi,
beve nei fiumi e nei mari
con avide lingue fiammanti.
E muore ogni sera tra i monti,
felice del bene compiuto.
La terra gli scaglia un saluto
dall’arco degli orizzonti. (R. Pezzani)
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Poesie e filastrocche: il cane. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il cane
Noi mentre il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l’affanno,
e perchè vada, e perchè lento vada.
Tal, quando passa il grave carro avanti
del casolare, che il rozzon normanno
stampa il suolo con zoccoli sonanti,
sbuca il can dalla fratta, come il vento;
lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dilungato lento lento.
Il cane torna sternutando all’aia. (G. Pascoli)
Ah, cane briccone!
Quel grosso cappone
è un grasso boccone
ma è frutto di un furto!
Ah, cane birbone,
ingordo furfante,
leccardo brigante!
Tu scappi e io sbuffo
però se ti acciuffo
ti do una lezione
di santa ragione!
Cane fedele
Neve, freddo intenso.
Immobile, intirizzito,
un cane sta di guardia
davanti alla porta
di una misera casa.
Dice con gli occhi buoni:
“Vigilo la miseria,
sono fedele ed amo il padrone
anche se è molto povero.
(G. Serafini)
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Poesie e filastrocche ASINO MULO CAVALLO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola materna e primaria.
Il muletto
Lontano lontano lontano
si sente suonare un campano
è un muletto per un sentiero
che si arrampica su su su!
Che tra i faggi piccolo e nero
si vede e non si vede più.
Ma il suo campanaccio si sente
sonare continuamente. (G. Pascoli)
L’asino
Asinello trotta trotta
con la soma sulla groppa
quando a casa tornerai
la tua biada tosto avrai.
Ma se accade che ti impunti
prima ancor che siete giunti
tu diventi, o somarello,
come il mulo tuo fratello
e può darsi che il padrone
somministri una lezione. (E. Minoia)
L’asino e le cicale
Fermatosi ad ascoltare le cicale
un asino invidioso, dalla strada
ingenuo chiese loro come accada
che avessero tale voce celestiale.
E quelle, conosciuto l’animale:
“Se come noi, anzicchè fieno e biada,
ti nutrissi soltanto di rugiada,
ti verrebbe una voce tale e quale.”
E il ciuco a tali detti, per un pezzo,
non mise mai più biada sotto il dente
sì che le ossa erano fuor del cuoio.
“Quale disdetta!” ragliò, “Or ch’ero avvezzo
a mangiar rugiada solamente,
invece di cantar ecco che muoio!”.
I tre asinelli
I tre asinelli
che vanno in Egitto
ah che piacere
oh che tragitto
andare a vedere
la stella polare
che brilla nel cielo
che cade nel mare.
Disse un asino
Disse un asino:
“Dal mondo voglio stima e rispetto
ben so come!” e così detto
in gran manto si serrò
oilà oilà oilà
in gran manto si serrò.
Indi ai pascoli comparve
con tal passo maestoso
che all’incognito vistoso
ogni bestia si inchinò.
Oilà oilà oilà
ogni bestia si inchinò.
E dai prati corse al fonte
a specchiarsi si trattenne
ma sventura! Non contenne
il suo giubilo, e ragliò.
Fu scoperto e fino al chiuso
fu dai fischi accompagnato
e il somaro mascherato
in proverbio a noi passò.
Oilà oilà oilà
in proverbio a noi passò.
Tu che base del tuo merito
veste splendida sol fai
taci ognor, se no scoperto
come l’asino sarai.
Oilà oilà oilà
come l’asino sarai.
Poesie e filastrocche ASINO MULO CAVALLO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche IL CORPO UMANO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il corpo umano
A un congresso si vuole stabilire
quale parte val più del corpo umano.
Uno dice: “Non posso che asserire
che val di più la mano”.
E, dopo quello,
un altro grida: “Val di più il cervello!”
E un altro: “Gli occhi!”
E un altro: “Il cuore!”.
Il congresso ora è tutto un gran rumore.
“Perdinci! Qui si ignora
che è la mano che agisce e che lavora!”.
“Macchè! Macchè! E’ la mente
che fa dell’uomo un uomo intelligente!”.
“D’accordo! Ma che credi?
E’ per mezzo degli occhi che ci vedi!”.
“Viva il fegato!”, “No, viva il polmone!”.
D’un tratto, in mezzo a quella confusione,
un congressista salta su per dire:
“La volete finire?
Ciascun di voi sostiene
ciò che più vale. Ebbene,
mi sapete ora dir ciò che vale meno?
Lo stomaco? Il duodeno?
C’è qualcuno tra voi che è persuaso
di lasciarmi la lingua, oppure il naso?
O che rinunci anche soltanto a un etto
del proprio cervelletto?”.
Queste parole un gran silenzio accoglie.
E il congresso si scioglie. (A. Novi)
Quello che io ho
Ho una manina bella,
ne ho un’altra, sua sorella;
ho un paio di piedini;
due occhi birichini.
Ho poi due orecchiette
attente e curiosette.
Linguetta ne ho una sola,
ma in bocca lesta vola:
mi sa assai ben servire,
tutto oramai sai dire.
Ho il cuore per amare,
la testa per pensare.
Tutto quello che ho
chissà chi me lo donò. (Renzo Pezzani)
Quel che possiede un bimbo
Due piedi lesti lesti
per prendere e per dare;
due mani sempre in moto
per prendere e per fare;
una bocca chiacchierina
per tutto domandare,
due orecchie sempre all’erta
intente ad ascoltare;
due occhioni spalancati
per tutto investigare
e un cuoricino buono
per molto molto amare. (Lina Schwarz)
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Poesie e filastrocche I CINQUE SENSI una raccolta di poesie e filastrocche sui cinque sensi, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La torta
Con gli occhietti la guardò.
con le dita la toccò,
col nasino l’annusò.
con la bocca la gustò:
con le orecchie poi sentì
che la mamma lo sgridò. (V. Gaiba)
La vecchina
Era una fila di dentini,
e tutti lucidi, bianchi, piccini.
Ne avea la bimba, oh, quanta cura,
se li lavava con l’acqua pura.
Due sul davanti ne perse un giorno
ed un gran pianto suonò d’intorno.
Ci fu che rise: “Buondì, vecchina!
Hai, nella bocca, la porticina.
Che non ti scappi qualche bugia!
Chiudi la porta, vecchina mia!” (A. Cuman Pertile)
La bimba e l’acqua
C’era una bimba che aveva paura
dell’acqua pura.
Quando la mamma sua la lavava
sempre strillava.
Un giorno l’acqua la rispecchiò
e le parlò:
“Vedi sei brutta, sporca così,
lavati qui”.
La bimba allora si vergognò
e si lavò. (A. Cuman Pertile)
I cinque sensi
Dice la vista: -Guarda lì Pierino
che magnifica torta inzuccherata!-
Dice l’olfatto: -Mettici il nasino
e sentirai Pierino mio che odore!-
E il gusto: – E’ buona, assaggiane un pochino-.
Pierino assaggia, ma col batticuore…
Infatti alla mamma va l’udito
e dice: -Senti, corri che c’è un gatto,
un gatto ladracchiolo-. Eh! Ha capito
Pierino a scapaccioni cos’è il tatto. (Zietta Liù)
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Poesie e filastrocche: topolini e criceti – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Topino
il codino d’un topino
fuor dal buco un dì spuntò
venne il gatto quatto quatto
e coi denti l’afferrò
proprio in questa, questa è bella
un gran cane capitò
ed il gatto, quatto quatto
impaurito se ne andò
il topino il suo codino
dentro il buco ritirò.
Bice, il topolino
Sono Bice, un topolino
con due baffi ed un codino.
Mi piace rosicchiare
squittire e curiosare
giocare a girotondo
col gattone Edmondo
e poi correre in un buchetto
che per lui è troppo stretto
tanta voglia ho di studiare
che anche i libri so mangiare.
Il criceto
Caro criceto, hai calcolato bene
se aprire la casetta ti conviene?
Nel suo grembo la buona madre terra
al caldo ed al sicuro ti rinserra
mettendoti vicino nella stanza
ricche provviste e cibo in abbondanza.
Pure fatti coraggio, salta fuori,
e ricomincia ad ammucchiar tesori. (G. Grohmann)
Il topino
Il codino di un topino
fuor da un buco un dì spuntò.
Venne il gatto, quatto quatto,
e coi denti l’afferrò.
Proprio in quella, questa è bella,
un gran cane capitò,
ed il gatto, quatto quatto,
impaurito se ne andò.
Il topino il suo codino
dentro il buco ritirò.
I topini birichini
Dorme il gatto
quatto quatto
fa un topino
capolino
poi s’avanza
nella stanza.
Zitto e scaltro
n’esce un altro
poi anche un terzo
ma è uno scherzo?
Ad un tratto
miao fa il gatto
e sbadiglia
parapiglia.
In un lampo
vuoto è il campo
e i topini
birichini
han per ore
il batticuore.
Vanno avanti
or son tanti
dieci, venti,
fan commenti
giochi e sfide
burle infide
al micione
dormiglione.
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Poesie e filastrocche: lo scoiattolo, il ghiro e la marmotta. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Scoiattolo
Lieto fra ombre e sole, come il più bel giocattolo
nel bosco lo scoiattolo, ruba ghiande e nocciole
saluta poi dal ramo, il riccio buon vicino
“che dolce tempo abbiamo” “Buondì scoiattolino”
e alla talpa “Signora, come avete dormito?”
“Un sonno saporito, ma dormirei ancora”
Come dev’esser bello, avere un bosco intero
scherzare col ruscello, giocar senza pensiero. Aveva
Lo scoiattolino
Lo scoiattolino non riusciva più a dormire. Nella brezza del mattino che continuava a cullarlo, lassù sul cavo più alto del faggio, si sentiva pungere gli occhi da uno spino d’oro che invano cercava di togliere dalla zampina. Schiuse le palpebre, fece capolino da sotto la gran coda in cui era avvolto, sbirciò da uno spiraglio del tettuccio. Il sole lo guardava. Presto presto si strofinò gli occhietti, una scrollatina al pelliccione, arruffò il letto, afferrò una noce e si pose a sedere. Aveva molta fame, ma era anche ben provvisto: tutto il nido foderato di noci. Ne vuotava una, gettava via il guscio e ne tirava fuori un’altra da sotto il letto.
Così, quando nel pancino non ce ne stettero più, si diede una gran lisciata di baffi e si mise a considerare l’Universo.
(F. Tombari)
Lo scoiattolo
Ed ecco il piccolo corpo fulvo drizzarsi sottile ed elegante, poco più alto della coda, rimasta anche essa ritta e a ventaglio, luminosa contro la luce; ecco le zampine anteriori portar la nocciola alla bocca e farsi mani. Erano due manine aeree, bianche, che non avevano più nulla di ferino e pareva facessero un gioco, districassero una trina delicata. Anche il triturar fine dei denti, lesti lesti, aveva qualche cosa di infantile e di birichino. Le manine hanno lavorato non so per quanti minuti in quell’opera delicata, poi d’un tratto hanno lasciato cadere due pezzi di buccia. Allora il musino è rimasto per un momento assorto e contento, con le due zampette alzate e inoperose.
(F. Tombari)
I ghiri
Nella tana, babbo ghiro
fa: “Ron ron, dunque dormite!”.
E i ghirini, tutti in giro:
“Ron ron ron, sì sì, dormiamo!”.
Sbadigliando, mamma ghira,
fa un sorriso: “Bravi figli!”.
La famiglia si rigira
e ron ron, si riaddormenta.
C’è là fuori la tormenta!
C’è là fuori il freddo inverno!
“Sì, ron ron, che ce ne importa?
Noi dormiamo qui all’interno!”.
Il risveglio della marmotta
“Toc toc toc, in piedi marmotta
di alzarti è più che ora
non sai ancora stupidotta
che oggi arriva primavera?”
“Chi osa bussare al mio uscio
e disturbare il mio letargo?
Ma ora che ci penso bene
è meglio che io esca al sole”.
“Sono la donnola amica
senti fischiare il gaio merlo?
Alzati e lavati la faccia
poi vieni con noi a giocare”
“Ah, bondì, che tempo splendido!
Ma già gli alberi sono in fiore
ed è uno spettacolo magico
grazie per avermi chiamata!”
L’allegro scoiattolo Geraldino
Sembra volare tra i rami di pimo
e sull’abete sia bianco che rosso
saltella e zampetta a più non posso.
Rosicchia pinoli, noci e nocciole,
me fa grandi scorte,
qualcuno ne vuole?
E quando nel bosco scende la neve
che vola a fiocchi candida e lieve
nel morbido nido di muschi e licheni
dorme beato sonni sereni.
Lo scoiattolo Rossetto
Lo scoiattolo Rossetto,
coda all’aria, naso al vento,
guizza su, salta giù,
sempre vispo e affaccendato:
i suoi baffi gli hanno detto
che il calduccio se n’è andato,
che l’autunno non è eterno,
che l’inverno è già alle viste
e bisogna far provviste.
Già ci pensa, già raccoglie
muschio e foglie
per far calda la casina
e riempir le dispensine
di castagne e noccioline.
Lo scoiattolo
Lieto, tra ombra e sole,
come il più bel giocattolo,
nel bosco lo scoiattolo
ruba ghiande e nocciole.
Saluta poi dal ramo
il riccio buon vicino
“Che dolce tempo abbiamo!”
“Buondì, scoiattolino!”
E alla talpa: “Signora,
come avete dormito?”
“Oh, un sonno saporito,
ma dormirei ancora!”
Come dev’esser bello
avere un bosco intero!
Scherzare col ruscello,
giocar senza pensiero.
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Poesie e filastrocche INSETTI – una collezione di poesie e filastrocche sugli insetti, per la scuola d’infanzia e primaria.
Insetti
… del buon Dio le mille bestioline
ivi si son raccolte: gallinette
di San Giovanni, erranti farfalline,
mantidi inginocchiate sulle erbette
quasi a pregare, magre e silenziose,
e pecchie intorno al tetto laboriose.
E vi sono pur anche le innocenti
cicale che per quanto è lungo il giorno
stridono sotto l’ali tralucenti.
(F. Mistral)
La cicala
Acuta tra le foglie degli alberi
la dolce cicala, di sotto le ali,
fitta vibra il suo canto, quando
il sole a picco sgretola la terra. Alceo (poeta greco)
Il grillo
Son piccin, cornuto e bruno;
me ne sto fra l’erbe e i fior:
sotto un giunco o sotto un pruno
la mia casa è da signor.
Non è d’oro nè d’argento,
ma rotonda e fonda ell’è:
terra è il tetto e il pavimento
e vi albergo come un re.
Canto all’alba e canto a sera
in quell’atrio o al mio covil;
monacello in veste nera
rodo l’erbe e canto april.
So che il cantico di un grillo
è una gocciola nel mar;
ma son mesto s’io non trillo:
deh, lasciatemi cantar! (G. Prati)
Il calabrone
Questo ispido villoso calabrone
l’ho trovato ubriaco fradicio
di polline e di rugiada,
nella campana di un fiore arancione.
Zampettava qua e là, ronzando
per uscire, ma non trovava più la strada.
Lo tirai fuori, ed ora è lì, che vola
in un raggio di sole tutto d’oro,
come un ubriacone che s’alza dal marciapiede
e s’incammina malsicuro, borbottando. (C. Govoni)
L’ape, la formica e il baco
Su un gelso s’incontrò un baco da seta
intento a mangiucchiare
le ghiotte foglie, con la vecchia amica
l’ape, in cerca di miele, e la formica
affaccendata sempre ed irrequieta.
“Quanto, quanto da fare!”
diceva l’ape, “Ho tanto miele e cera
ancora da recare all’alveare
del mio vecchio padrone!
Ma godo sol pensando a quanto ghiotto
miele pei suoi piccini avrò prodotto.”
“Ed io, qui sto facendo indigestione,”
soggiunse il bravo baco,
“Per rendere più liete
le donne, con le mie lucenti sete.
Ma tu, cara formica,
che sempre intorno vai
con sì lunga fatica,
agli uomini che utile tu dai?”
E la formica: “Ciò che offro loro
vale più della sete e del miele;
é meglio di un tesoro:
l’esempio del lavoro”. (Favolello)
Poesie e filastrocche INSETTI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche: orso e panda. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Panda
Il panda è un orsetto curioso,
che ha gli occhi cerchiati di bianco
mi ha detto un compagno di banco,
di averne saputo il perchè
un giorno a una porta laccata,
ci volle il musetto accostare
e pur se era ancora bagnata,
da un buco all’interno spiare
così gli rimase quel segno,
che portano i panda suoi amici
che son nonostante le occhiaie,
dei sani orsacchiotti felici.
(in costruzione)
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Poesie e filastrocche: bovini. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Mucchina
Dammi, mucchina
quel tuo latte bello;
ti metterò un bel nastro
e un campanello.
Campanello d’argento
nastro azzurro,
dammi il tuo latte
che vo’ fare il burro. (Camilla Del Soldato)
Il bove
Al rio sottile, di tra vaghe brume,
guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano
che fugge, a un mare sempre più lontano
migrano l’acque d’un ceruleo fiume;
ingigantisce agli occhi suoi, nel lume
pulverulento, il salice e l’ontano;
svaria su l’erbe un gregge a mano a mano,
e par la mandra dell’antico nume:
ampie ali aprono imagini grifagne
nell’aria; vanno tacite chimere,
simili a nubi, per il ciel profondo;
il sole immenso, dietro le montagne
cala, altissime: crescono già, nere,
l’ombre più grandi d’un più grande mondo. (G. Pascoli)
(in costruzione)
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Poesie e filastrocche: rane ranocchie e rospi. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il ranocchio
Da mane a sera è sempre a bagno
dorme e vive nello stagno.
Ha l’aspetto proprio buffo
e sparisce con un tuffo.
Quando gracchia fa il suo verso
nel pantano sporco o terso.
Mangia insetti ed è mangiato
come cibo prelibato.
Nel passato con le streghe
ha condiviso molte beghe,
ma resta sempre un animale
che a un bimbo non fa male.
da Filastroccola…ndo – per le mamme e per i bimbi
(in costruzione)
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Poesie e filastrocche: il ragno. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Ragno (L. Santucci)
Col lucido fil, di bava sottil
un nido d’argento, che oscilla nel vento
si fabbrica il ragno, fra il bosco e lo stagno.
Sussurra il ragnetto “D’impegno mi metto
con questa mia rete, bambini sapete
da sol mi procuro, ne sono sicuro
il letto e la cena: non vale la pena?”.
Il ragno
Un ragnetto birichino
stava chiuso in un buchino.
Vide il sole, uscì di lì,
vide un ramo, vi salì.
E pian piano, senza mano,
senza filo, senza ago,
una rete si cucì,
poi tranquillo vi dormì. (C. Bresadola)
Il ragno portacroce
Diceva alla libellula
il ragno tessitore:
“Ai tempi miei, da giovane,
ero un contemplatore;
lo sguardo fisso e attonito
al cielo ognor levavo
e di cercarmi i viveri
persin dimenticavo.
Poi giunse crudelissima
la cecità più nera
ed io mi misi a tessere
la tela mia leggera
cercando di ripetere
per chi vive quaggiù
i misteriosi circoli
che un dì vidi lassù”.
Allora la libellula
gli chiese incuriosita:
“E le innocenti vittime
cui suggi sangue e vita?”
Rispose il ragno subdolo:
“Dagli ospiti molesti
io devo pur difendere
i miei cerchi celesti!”. (G. Grohmann)
Il ragno e il baco da seta
“Signor baco, per favore,
non mi faccia perder tempo
mentre tesso il fil d’argento.
Guardi quanto ho lavorato
mentre lei si chiude in casa
per non esser disturbato!”
“Signor ragno, non lo sa?
La sua tela è per il vento
la mia casa è tutta seta
io la fo col mio lavoro
e mi faccio prigioniero
per donare un filo d’oro.
Ragnatela
Col lucido fil
di bava sottil
un nido d’argento
che oscilla nel vento
si fabbrica il ragno
fra il bosco e lo stagno.
Sussurra il ragnetto:
“D’impegno mi metto.
Con questa mia rete,
bambini, sapete,
da sol mi procuro
(ne sono sicuro)
il letto e la cena:
non vale la pena?” (L. Santucci)
Il ragno nel prato
Oh ragno nel prato,
che tessi la tela
con arte sì fina!
Che la rugiada
la ingemma dal cielo
al raggio che tocca
te pure, e ti svela
più brillante
di un velo di regina
a stendere il ponte
del filo sottile
tra stelo e stelo.
Dì tu, come fai,
che ali non hai?
La terra mi è madre
faccio opera umile
il filo a uno stelo sospendo
mi fermo e attendo.
Ed ecco un celeste momento
un alito nuovo di vento
lo lega allo stelo vicino
sul breve mio spazio:
ascendo, lo corro,
e ringrazio. (G. Salvadori)
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Poesie e filastrocche: la mosca. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La mosca
Mi ronza d’attorno insistente
curiosa.
Dovunque si posa:
sul bricco del latte, sul forno
lucente,
sul pane, sul terso bicchiere
che accosto alla bocca
per bere.
E vola nell’aria
(non varia
quel sordo ronzio), sul mio
quaderno si ferma, riposa…
che mosca noiosa! (M. Castoldi)
Il toro e la mosca
Postasi una mosca
sulla fronte di un toro,
gli disse con sussiego:
-Se peso troppo dimmelo, ti prego,
ed io volerò via-.
-Quanto a me- disse il toro
-vattene o resta come più ti piace.
Se tu, piccina mia,
non mi avessi avvertito,
che tu ci fossi non avrei sentito-. (Ugo Ghiron)
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Poesie e filastrocche sulle lucertole – una raccolta di poesie e filastrocche sulle lucertole, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Lucertolina
Lucertolina
di primavera,
sei ritornata!
La testolina
hai riaffacciata
sotto la spera
del primo sole
tra le viole… (D. Valeri)
Lucertolina
Lucertolina, col primo caldo,
ha messo un abito verde smeraldo,
e gode il sole, lieta ed arzilla,
lì sul balcone della sua villa.
Salve, buongiorno, lucertolina!
Alfin ti vedo, questa mattina!
Si può sapere dove sei staaa
nei meri rigidi dell’invernata?
Risponde pronta Lucertolina,
muovendo rapida la sua testina:
“Appena inverno giunge dai monti
e oscura i limpidi, vasti orizzonti
appena il freddo scende sul cuore
e spoglia l’albero, e uccide il fiore,
Lucertolina, per non soffrire
si chiude in casa e va a dormire.
(D. Patrignoni)
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