Tutorial pop up 13 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; così:
Mettere la colla sulla linguetta di destra:
ed incollatela sul segno che si trova sulla facciata destra del foglio (contrassegnata C D):
Infilate la linguetta di sinistra nel taglio (A B) praticato sulla facciata sinistra del foglio:
Girate e incollate la linguetta sul retro:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 12 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Questo è uno dei classici meccanismi pop up che servono a produrre un rumore all’apertura della pagina.
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; così:
infilate la parte dentellata all’interno della fessura ritagliata, in questo modo:
incollate l’elemento a forma di sega in questo modo (D su D), dopo aver ripiegato ed incollato la linguetta che serve da rinforzo:
poi incolliamo la linguetta B sul segno B presente sempre sulla pagina di destra, ed infine la linguetta C sul segno C:
infiliamo l’elemento seghettato lungo all’interno del foro :
Infilate la linguetta di sinistra nel taglio A praticato sulla facciata sinistra del foglio:
Girate e incollate la linguetta sul retro:
Ed è fatta!
Questo è lo stesso modello realizzato con carta bianca da pittura e decorato dal bambino con colori ad olio:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 11 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; così:
Mettere la colla sulla linguetta C e chiudete la piramide:
mettete la colla sulla linguette A e B ed infilate A nel taglio presente nella pagina di sinistra; incollate invece B in corrispondenza del segno B presente nella pagina di destra:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 10 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto)
e ritagliate i vari elementi. Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; così:
Mettere la colla sulla levetta che andrà montata all’interno del cubo per sostenere il “tetto” e chiudere, così:
chiudere il cubo incollando la linguetta C e la linguetta del “tetto”, quindi incollare la levetta interna (B sul segno B):
Infilate la linguetta D nel taglio presente nella pagina di sinistra e incollarla sul retro:
Girate e incollate la linguetta sul retro. Mettere della colla sulla linguetta E ed incollarla sul segno presente nella pagina di destra:
Fissare la linguetta A della levetta interna al fondo:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 9 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
praticate il taglio richiesto dal modello:
fatte tutte le pieghe “a monte” e “a valle” richieste:
Preparate la levetta interna, che servirà a tenere in posizione il “coperchio” del maccanismo, così:
e incollatela in corrispondenza del segno C tracciato sulla pagina di sinistra:
chiudiamo il lato del cubo utilizzando la linguetta laterale:
inseriamo la linguetta A nel taglio A presente nella pagina di sinistra:
quindi incolliamo la linguetta B in corrispondenza del segno B presente sulla pagina di destra:
mettete della colla sulla linguetta della levetta di carta:
e sull’interno del “coperchio” dove andrà fissata la levetta:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 8 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; praticate il taglio richiesto:
inserite la linguetta A nel taglio A della pagina di sinistra:
ed incollatela sul retro della pagina:
mettete la colla sulla linguetta B:
e fissatela sul segno B presente sulla pagina di destra:
incollate la linguetta che serve a chiudere la piramide:
e fissatela:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 7 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
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MATERIALE OCCORRENTE
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; così:
inserire la linguetta A nel taglio A praticato nella pagina di sinistra:
mettete della colla sulla linguetta B:
ed incollatela in corrispondenza del segno B presente sulla pagina di destra:
Girate e incollate la linguetta A sul retro:
ora mettete della colla sulla linguetta che serve a chiudere l’elemento
e fissatelo:
Ed è fatta!
Questo è lo stesso modello realizzato con carta bianca da pittura e decorato dal bambino:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 6 – questo è un meccanismo pop up semplice e di grande effetto, che non necessita di cartamodello.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
Le piegature richieste sono due piegature “a monte”:
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MATERIALE OCCORRENTE
carta forbici e taglierino colla da carta matita
COME SI FA
Riportate su un foglio la misura della pagina:
e ritagliatelo in modo che risulti un po’ più piccolo della pagina, e con due linguette sporgenti, così:
piegate le linguette, entrambe così:
poi incollate così la linguetta in alto, sulla pagina di sinistra:
tenete premuto bene finchè la colla non è ben asciutta:
poi incollate allo stesso modo la linguetta in basso, ma sulla pagina di destra, così:
Ed è fatta!
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tutorial pop up 5 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figura di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
Tutorial pop up 4 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figura di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
Tutorial pop up 3 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figura di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
Tutorial pop up 2 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figura di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
carta cartamodello, da ingrandire a piacere (se volete) forbici e taglierino matita
COME SI FA
Riportate il modello sulla carta scelta (salvo diversa indicazione, sul diritto) e ritagliate i vari elementi:
Tagliate lungo le linee continue presenti nel modello:
Procedete con le piegature “a monte” e “a valle” come indicato nel modello; si tratta di uno dei meccanismi pop up più semplici, si tratta solo di prestare attenzione alle piegature. Per prima cosa fare quelle a monte, sul diritto del foglio, così:
poi procedete con quelle “a valle” (se le fate sul rovescio del foglio il lavoro è molto facilitato):
Ripiegate le pagine per verificare il meccanismo:
Ed è fatta!
Se utilizzate il modello come biglietto d’auguri, potete incollare un secondo foglio sul retro:
Come già detto, tutti i modelli proposti si prestano ad essere decorati ed interpretatati. Qui abbiamo aggiunto strisce di carta che sostengono cuoricini:
E questi erano gli “scarabocchi pop up” presentati qualche tempo fa, realizzati con la stessa tecnica:
Tutorial pop up 1 – modello pdf scaricabile e stampabile gratuitamente e istruzioni per realizzare pagine pop up coi bambini. Si tratta delle figure di base, da personalizzare a piacere aggiungendo elementi e decorazioni.
Per realizzare i modelli io ho usato la nostra carta marmorizzata, ma per tutti i pop up la carta migliore è il cartoncino lucido, che è resistente e scivola bene.
In un castello situato su un’altura abitava un re. Da lassù egli poteva rivolgere lo sguardo lontano e vedere tutta la terra. Il re aveva un figlio, che ogni giorno se ne stava per lunghissimo tempo alla finestre del castello. Che cosa poteva cercare il suo sguardo nelle lontananze del mondo? Cercava gli uomini, e osservava come vivevano, come operavano e come si trovavano nel bisogno. Un giorno disse a suo padre: “Gli uomini soffrono la miseria e la fame, lasciami andare da loro a portare del pane”.
Il re, che amava molto il proprio figlio, gli diede la sua benedizione per il lungo viaggio. Il figlio si spogliò dei suoi abiti regali, indossò tunica e scarpe da viaggio, prese con sè la bisaccia con il pane e si pose il cappello sul capo. Poi si mise in viaggio. Il cammino era arduo, ma il figlio del re non si concesse riposo: pensava solo alla miseria degli uomini e voleva giungere da loro il più presto possibile.
Finalmente arrivò alle case dove abitavano gli uomini. Bussò subito alla prima casa, ma la porta era chiusa a chiave. Guardò attraverso la finestra. Dentro sedeva un uomo, il capo tra le mani, e si poteva udire come si lamentava della sua triste povertà. Il figlio del re diede qualche colpetto al vetro della finestra e gridò: “Aprimi, io voglio aiutarti!”. Ma l’uomo non sollevò nemmeno lo sguardo e continuò a lamentarsi dicendo: “Nessuno mi potrà aiutare…” La porta rimase chiusa e il figlio del re dovette proseguire.
Anche alla casa seguente la porta era chiusa a chiave. Attraverso la finestra potè vedere una donna che con zelo stirava la sua biancheria. “Aprimi!”, gridò il figlio del re “C’è un ospite qui fuori che vuole farti visita…” Ma la donna aumentò ancora di più il suo zelo e gridò: “Non mi serve alcun ospite, io devo sempre e solo lavorare per poter nutrire i miei bambini!”. E la porta rimase chiusa.
Il figlio del re andò così bussando di casa in casa, ma ovunque trovò porte chiuse. Alla fine giunse ad una casupola, che era la più povera di tutte. Gli abitava Gianni, lo spaccalegna, con sua moglie. Aveva già visto il viandante che scendeva lungo la via e disse a sua moglie: “Si sta facendo notte, vogliamo dargli rifugio?”. La donna era d’accordo, ed entrambi si affacciarono sulla porta. Salutarono il viandante e lo invitarono a passare la notte con loro.
Il viandante entrò volentieri nella casupola. La donna gli offrì il posto a tavola, lo spaccalegna gli si sedette accanto, mentre la moglie preparava la cena. “Per fortuna abbiamo ancora una piccola crosta di pane”, mormorò tra sè la donna “e la nostra cara capra che ci dà il latte, così posso cuocere una zuppa…” Spezzettò il pane nella pentola, vi mise un pizzico di sale, vi versò un po’ di acqua bollente e poi il latte. “Ecco” disse all’ospite, mentre posava la pentola da cui usciva un caldo vapore “questa zuppa calda vi farà bene, dopo il lungo viaggio”.
Si sedettero insieme e gustarono con gioia la calda zuppa. Lo spaccalegna era così povero che nella sua casupola aveva solo un letto per sua moglie. Per se stesso aveva un pagliericcio. Durante la cena la donna pensò tra sè: “Il viandante sarà stanco, gli voglio offrire il mio letto, così che possa stare al caldo e riposarsi…”. “Qui” disse all’ospite, dopo che ebbero terminato di mangiare, e mostrò l’angolo dove era situato il letto “è il vostro giaciglio per la notte”.
Allo spaccalegna piacque che la moglie offrisse il suo letto al viandante. Prese dallo stanzino ancora della paglia per un altro letto, augurarono insieme al viandante la buonanotte e anche loro si coricarono. Al mattino la donna si alzò di buonora. Voleva mungere la sua capra prima che l’ospite si svegliasse, poichè quel latte era l’unica cosa che poteva offrirgli per colazione. L’ultimo tozzo di pane l’aveva già usato per la zuppa la sera prima.
Presto l’intera capanna fu desta. La moglie dello spaccalegna posò la brocca del latte sulla tavola e disse un po’ rattristata: “Purtroppo questo è tutto quanto vi posso offrire per colazione: non abbiamo nemmeno più un pezzettino di pane per voi”. Allora il viandante aprì la sua bisaccia e posò sulla tavola un intero pane. Fu una gioia, e per lo spaccalegna e sua moglie fu come se non avessero mai mangiato un pane così buono. Il viandante ringraziò per l’ospitalità e proseguì il suo cammino.
Il pane però lo lasciò sulla tavola, per lo spaccalegna e sua moglie. Così lo spaccalegna potè prenderne con sè un grosso pezzo quando andò nel bosco a lavorare. Anche la donna se ne tagliò un altro pezzettino e fece ancora un piccolo spuntino prima di riporlo nella madia. Quel pane era proprio una bontà. Ad un tratto sentì un bambino piangere là fuori. Il bambino aveva fame e non aveva niente da mangiare. Allora la moglie dello spaccalegna gli portò un pezzo del suo buon pane. Il bambino tornò presto felice e ne avanzò un pezzetto per il suo fratellino, che era con lui. Sulla via c’erano altri bambini e tutti vollero un po’ di quel pane che la moglie dello spaccalegna aveva dato al primo bambino, poichè affamati lo erano tutti quanti.
La moglie dello spaccalegna vide dalla finestra ciò che stava accadendo là fuori. Chiamò i bambini e con il suo grosso coltello tagliò una fetta di pane dopo l’altra e le distribuì. E sempre più bambini entravano nella casetta, e ognuno ne voleva un pezzetto. La moglie dello spaccalegna sorrise e disse: “Vedo già che mi toccherà affettare tutto il pane!” Ma che meraviglia fu quando si accorse che, nonostante continuasse ad affettare il pane, questo tornava intero! Presto tutti i bambini corsero fuori, gustandosi il loro pezzo di pane. La gente chiese loro da chi lo avessero avuto.
“Cosa? Dalla moglie dello spaccalegna? Ma non è possibile! Non hanno da mangiare neppure per loro stessi!”. Erano tutti curiosi, molto curiosi, e corsero dalla donna per farsi raccontare da chi avesse avuto tutto quel pane. La donna raccontò del viandante che avevano ospitato e che prima di partire aveva donato loro il pane. Nella casa dello spaccalegna, da allora in poi, non ci fu più miseria. C’era sempre pane a sufficienza; così anche la gente del paese poteva averne, quando rimaneva senza.
Adattamento da un racconto natalizio in uso nella scuola Waldorf, autore ignoto.
Fare libri con i bambini – LIBRO SPAZIALE. Si tratta di un libretto nato come regalo per il compleanno del papà, ma che si basa sull’interpretazione delle macchie e dei colori della carta marmorizzata fatta nei giorni precedenti.
Trovi il tutorial per fare la carta marmorizzata qui:
carta marmorizzata matite colorate forbici colla da carta una ciotolina per disegnare i cerchi carta azzurra, blu o nera
Fare libri con i bambini – LIBRO SPAZIALE
COME SI FA
Sfogliando la nostra carta marmorizzata, troviamo quelle macchie e quei colori che secondo il bambino rappresentano o ricordano uno stato d’animo o un particolare di una persona, o una cosa che piace alla persona (nel nostro caso al papà) e via via scriviamo sul retro del foglio un appunto, per non dimenticare.
Fatta la scelta della carta, ritagliamo i vari pianeti, e dei pianeti più piccoli per la copertina e le decorazioni delle pagine:
A questo punto possiamo incollare i pianeti sulle pagine:
e riportare sotto ad ogni pianeta il nome scelto dal bambino:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
CARTA MARMORIZZATA tutorial per realizzarla facilmente coi bambini. E’ una classica attività manuale, semplice e di grande effetto. La carta ottenuta si presta a vari utilizzi, soprattutto perchè oltre al grande impatto decorativo, questa carta assume la robustezza della carta oleata. Particolarmente interessante è, coi bambini anche piccoli, giocare a interpretare le macchie.
Coi bambini più grandi possiamo parlare di peso specifico per spiegare come si crea l’effetto marmorizzato sulla carta: l’olio è più leggero dell’acqua; inoltre mentre il colore è solubile con l’essenza di trementina e con l’olio di semi, è insolubile in acqua.
Dopo aver realizzato i primi fogli, si apre la sperimentazione: è molto interessante verificare come i differenti colori si accostano tra loro, e come, in una certa misura, è possibile dominare la casualità con la quale le macchie si imprimono sulla carta, sia creando una certa tavolozza galleggiante prima di appoggiare il foglio, sia muovendo le macchie creando vortici, zig zag, ecc…
colori ad olio essenza di trementina eventualmente olio di semi contenitori di vetro o anche coperchi di vasetti pennelli o bastoncini ovattati (cotton fioc) una bacinella con acqua fogli di carta, di vario tipo (possiamo usare carta da stampante, da acquarello, carta da disegno, ecc… a seconda della qualità della carta, l’effetto finale può variare.
CARTA MARMORIZZATA tutorial – COME SI FA
Per prima cosa prepariamo i colori, diluendoli con l’essenza di trementina. Potete sperimentare vari tipi di diluizione a seconda dell’effetto che preferite. Potete anche provare ad aggiungere ai colori, oltre all’essenza di trementina, anche dell’olio di semi.
Allestiamo quindi il tavolino in modo tale che il bambino sia autonomo nel prendere i colori che preferisce e, quando lo desidera, i fogli di carta. Per i bambini più piccoli è meglio non usare fogli troppo grandi (ad esempio io ho diviso a metà dei fogli A4 sia da stampante, sia da pittura):
Utilizzando i bastoncini cotonati, il bambino comincia a schizzare le macchie di colore sull’acqua:
Quando lo desidera, posa il foglio di carta sulla superficie dell’acqua:
e quando il foglio è bagnato lo estrae:
Il foglio avrà catturato tutte le macchie:
Ed è pronto per essere steso ad asciugare:
Questo è il risultato, una volta asciutto:
Dopo varie esperienze, si può giocare a creare effetti diversi:
Dopo aver schizzato il colore nell’acqua, il bambino può provare a muovere il colore con un bastoncino cotonato:
quindi immergere il foglio:
Questo è il risultato una volta asciugato:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
MARBLED PAPER tutorial to achieve it easily with the children. It is a classic manual activity, simple and highly effective.
The paper obtained lends itself to various uses, mainly because besides the great decorative impact, this paper assumes the robustness of greaseproof paper.
Is particularly interesting, with even small children, play to interpret stains.
With the older children we can speak of specific gravity to explain how you create the marbled effect on the paper: the oil is lighter than water, and the color is also soluble in turpentine and oil seeds , is insoluble in water.
After scoring the first sheet, opens the experimentation: it is very interesting to see how the different colors are combined with each other, and how, to a certain extent, it is possible to dominate the randomness with which the spots are printed on paper, or by creating some floating palette before placing the sheet, either by moving the spots, creating swirls, zig zag, etc…
MARBLED PAPER tutorial – ATERIALS REQUIRED
oil colors
turpentine
possibly seed oil
glass containers or lids of jars
brushes or cotton sticks
a tray with water
sheets of paper, of various types (we can use printer paper, for watercolor, drawing paper, etc … depending on the quality of the paper, the final effect may vary).
MARBLED PAPER tutorial – HOW TO DO
First prepare the colors, diluting with turpentine. You can experiment with different types of dilution depending on the effect you want. You can also try adding to the colors, as well as the essence of turpentine, even seed oil.
Then we set up the table in such a way that the child is autonomous in taking the colors that he prefers and, when he wishes, the sheets of paper. For younger children it is best not to use too large sheets (for example, I divided in half sheets A4):
Using cotton sticks, the child begins to squirt the spots of color on the water:
When he wishes, he puts the sheet of paper on the surface of the water:
and when the paper is wet, he takes it out:
The sheet will have captured all of the spots:
And it is ready to be hung out to dry:
This is the result, when dry:
After several experiences, you can play in creating different effects:
After the color splashed in the water, the child may try to move the color with a cotton swab:
then soak the paper:
This is the result after dried:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
RECITA NATALIZIA musicata con parti cantate e parti per flauto dolce, adatta a bambini della scuola primaria e, solo col canto, anche per la scuola d’infanzia. In uso nella scuola Waldorf, di autore ignoto.
Testo della prima parte cantata:
Sulle stelle sopra il sole va con passo lieve Maria prende per il suo piccino oro puro e calda armonia. Dalle stelle il coro guarda la Madonna mentre va, ciò che essa ha preparato al divino suo bambin. Chiama il sole per filare al suo bimbo un abito d’or e per lui chiede alla luna tanta gioia e immenso amor. La circodan le stelline come chiara aureola, l’accompagna per il cielo finchè a terra lei giungerà.
Maria: Dopo tanto peregrinare siamo stanchi Giuseppe, mio sposo. Chiediamo a quel casolare un letto per il nostro riposo.
Giuseppe: Quel taverniere conosco bene, senz’altro ci aiuterà. Solleveremo le nostre pene con la sua dolce carità.
Testo della seconda parte cantata:
Giuseppe: Bussa bussa, facci entrar. Taverniere: La casa è piena dovete andar. Giuseppe: Bussa bussa, non ci lasciar. Taverniere: Nella stalla vi posso ospitar.
Taverniere: Nella casa non potete restare, dentro la stalla dovete andare, con il bue e l’asino a riposare.
Testo della terza parte cantata:
Guarda guarda nella stalla nella greppia c’è un bambino. Una stella luminosa illumina il firmamento. Oh! Dolce tenera notte portato ha l’angelo un bimbo. Tutti gli uomini l’adoreranno gli animali lo rispetteranno ed i fiori gli si inchineranno, tutte le pietre umilmente ai suoi piedi, tutti gli esseri lo serviranno Cherubini e Serafini.
Maria: Un ciuffo di fieno, Giuseppe, prendiamo, ed al bambino un letto facciamo.
Bue ed asinello: Questo povero bambino sulla greppia tanto dura, riscaldiamo i suoi piedini con il fiato addirittura. Ih oh, ih oh. Muh, muh.
Testo della quarta parte cantata:
Tre angeli vengon volando il primo porge una fiamma tre angeli vengon cantando s’inchina un altro alla mamma tre angeli vengon cantando il terzo suona la nanna e canta tutti Osanna in cor.
Primo pastore: Brr, l’aria è gelata, questa pelliccia prendi.
Secondo pastore: Fratello, le pecore stringi, stiamo all’erta in questa nottata.
Testo della quinta parte cantata: Corri agnellin sul monte vicin su presto presto corri agnellin. Suona agnellin col tuo campanellin e suona suona suona agnellin. Dormi agnellin così piccolin su dormi dormi ti siamo vicin.
Parlano i pastori: Ehi, Tonio, hai sento l’angel che dal cielo è venuto? Da lui abbiamo saputo che a Betlemme dobbiamo andare il nuovo nato ad adorare.
I pastori suonano il flauto mentre si incamminano verso la stalla:
LA BAMBINA TROPPO PIGRA racconto sulla pigrizia e il lavoro per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La bambina troppo pigra
C’era una volta una bambina tanto pigra che la pigrizia si sarebbe vergognata di essere sua sorella. Quella bambina non si scomodava nemmeno per portarsi il cibo alla bocca. Un giorno, mentre sedeva in rima al fiume, si udì chiamare da un palmizio. Il palmizio cresceva sull’altra sponda. “Ehi! Ehi!” le diceva, agitando i rami alla sua volta.
La bambina era troppo pigra per rispondere, e tanto più per attraversare il fiume e chiedere alla palma che volesse. Infine la palma, stizzita, gridò: “Possibile che tu non sia nemmeno curiosa di sapere che cosa io desidero offrirti? Guarda, al tuo fianco c’è una barca. Montaci su, rema fin qui, e cogli i miei germogli”. La bambina pigra a malincuore si alzò, entrò nella barca, remò fino all’altra sponda, e: “Eccomi!” disse alla palma.
La palma la picchiò lievemente con i suoi rami. “Questo” le disse, “per punirti della tua pigrizia. Ora cogli i miei germogli, portali con te, lasciali asciugare un poco al sole, e poi con essi fabbricati una cesta. Guai a te se non mi obbedirai. Allora sì che te ne pentiresti!” La bambina quasi piangeva a dover lavorare, ma non potè fare a meno di obbedire. Colse i germogli, se li portò a casa, li mise ad essiccare al sole e cominciò ad intrecciare una cesta di modeste dimensioni.
Quando fu pronta, la cesta disse: “Brava, ragazzina! Ora portami sulla strada che va al mercato; deponimi là dove passa la gente, poi torna a casa”. La ragazzina obbedì. Tornò a casa. La cesta rimase dov’essa l’aveva deposta. Passò molta gente e non fece attenzione alla cesta.
Giunse un ricco signore, la scorse e si domandò: “Chissà chi l’ha perduta? La prenderò e la porterò con me al mercato. Se troverò il suo proprietario, gliela restituirò; se non lo troverò, me la terrò per metterci gli acquisti”. La raccolse e andò al mercato. Lì domandò se qualcuno avesse perduto la cesta. Nessuno disse di averla perduta. Allora egli fece le sue provviste e la riempì di ghiottonerie. La riempì di noci, banane, torte, datteri, pesci, riso cotto, poi la depose accanto a un pozzo, e si intrattenne a conversare con alcuni amici. Ma quando si voltò per riprenderla, la cesta non c’era più.
Aveva messo le gambe e correva a rotta di collo verso la casa della ragazzina pigra. Correva e gridava: “Presto, presto, vienimi incontro; da sola non riesco a trascinare questo peso”. La bambina, sia pure di malavoglia, uscì per aiutarla. E l’aiutò. Poi, viste le buone cose che la cesta conteneva, si disse che metteva di conto di andare tutte le mattine a porla sulla via del mercato. Così fece. Ogni volta, la cesta ritornava a casa da sola, colma di ghiottonerie. Poi, all’improvviso, cessò di funzionare. La bambina, però, intanto, era guarita dalla sua pigrizia.
Ogni giorno saliva sulla barca, remava fino all’altra sponda, coglieva i germogli di palma, intrecciava ceste e andava a venderle al mercato.
Con i denari guadagnati comprava noci, banane, torte, pesci, riso cotto e datteri. E tutto le pareva più buono, perchè se lo procurava col suo lavoro.
(P. Ballario)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
I DUE CAMPETTI racconto per bambini della scuola d’infanzia e primaria, sul tema della pigrizia e del lavoro.
Uno di qua, uno di là dal fiume si stendevano due piccoli campi. Due fratelli li coltivavano, uno sollecito e l’altro pigro. Il fratello sollecito si alzava all’alba e si metteva subito a lavorare il suo campetto. Vangava, concimava, seminava. Poi, a suo tempo, ripuliva i solchi, annaffiava, rincalzava le piante, le curava. L’altro fratello si levava sul mezzogiorno. Dava alla peggio poche zappate. Gli faceva fatica star curvo sui solchi, annaffiare, potare. Lasciava crescere le erbe selvatiche.
Di quando in quando, sbadigliando, dava un’occhiata al campetto del fratello e diceva: “Quella è terra migliore. Deve essere esposta meglio al sole, più umida e più grassa”. Tanto fece e tanto disse che convinse il fratello a fare il cambio.
Il fratello sollecito ripulì il campo mezzo selvatico. Lo lavorò di lena. Piantò, sarchiò, potò. Il pigro invece, sicuro di avere ora il campo migliore, dormì anche di più e lavorò di meno.
Non passò molto tempo e il campo peggiore diventò il migliore, mentre il migliore diventò uno sterpaio. “Come sono sfortunato!” disse il fratello pigro, vedendo che le coltivazioni del suo campo andavano in rovina. “Proprio ora che il mio campo migliorava, l’ho ceduto…”.
Tanto fece e tanto disse che lo rivolle per sè. Ma dopo poco tempo si fu alle solite.
Il campetto del fratello sollecito prosperava. Quello del fratello pigro invece inaridiva.
“Colpa del seme! Colpa del sole! Colpa della pioggia! Colpa dell’erbaccia! Colpa dei bruchi! Colpa di tutti e di tutto!” pensava il fratello pigro.
E non si avvedeva che la colpa era tutta e soltanto sua.
P. Bargellini
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
– una striscia di carta da acquarello, preparata congiungendo tra loro più fogli, alta circa 12 cm e lunga quanto necessario in base al messaggio che desiderate inserire
– colori ad acquarello
– carta di giornale
– colla da carta
– forbici
Come si fa
decidiamo il testo da inserire nel nostro libro, e contiamo le pagine che ci occorrono. Nel nostro libretto abbiamo scritto:
T I (spazio) A B B R A C C I O (spazio) N O N N A
(spazio) B U O N (spazio) (spazio) C O M P L E A N N O (spazio)
Quindi abbiamo piegato la striscia a fisarmonica per ottenere le 18 pagine che ci servivano.
Ci siamo divertite a dipingere ogni pagina con gli acquarelli, su entrambi i lati, ogni pagina di un colore diverso, poi abbiamo disegnato e dipinto su entrambi i lati anche due impronte di mani con le dita aperte, che abbiamo incollato alle due estremità della striscia.
Mentre il colore asciugava, abbiamo tracciato le lettere del messaggio sulla carta di giornale e le abbiamo ritagliate. Abbiamo anche preparato qualche bel disegno da inserire nel libretto, e ritagliato anche un po’ di cuoricini rossi:
Abbiamo quindi incollato le lettere, i cuoricini ed i disegni piegati negli spazi tra le parole:
e aggiunto qua e là un po’ di brillantini:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Poesie e filastrocche ERBA E PRATO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Un filo d’erba
Che cos’è un filo d’erba? Un filo d’aria che si sente e non si vede, sperduto affogato nel mare del prato; un filo di verde che si perde nell’azzurro, tracciato da un pittore di valore; un filo di luce come niente, ma che non si pente d’esser così poco, quasi scintilla di un grande fuoco, un filo di profumo, che in silenzio dice: “Mi consumo d’amore”, un filo di voce, che sussurra bisbiglia ci parla con cuore puro. Un filo d’erba è una cosa da nulla che si trastulla col vento, che gioca col sole a nascondino come un bambino birichino; che guarda con occhi sempre nuovi la luna, falcata o a frittata, il pulviscolo d’oro e d’argento delle stelle ricamate nel firmamento; che fa l’occhiolino a un fiore vicino; che per nutrimento si contenta di un chicco di sale e di una sola gocciolina piovuta dal cielo o scappata bel bello al ruscello; che si adorna con una perlina di brina dai colori dell’arcobaleno, tanto piccolina e leggera che appena si vede e può volar via così, ma tanto grande da contenere il sole, tutto il sole visto di qui. Un filo d’erba è proprio una cosa da niente: c’è e non si scorge, esiste e non si sente, si sporge dal balcone e poi si pente, ha la sua casa piccolina sulla terra verdolina accanto allo stelo di un papavero, ma cerca disperatamente le vie del cielo splendenti di luce. (M. Giusti)
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Recite per la festa degli alberi – 21 novembre brevi recite sull’albero e il bosco per la scuola d’infanzia e primaria.
A colloquio con gli alberi
Narratore: Il bosco sembra dormire nel suo grande silenzio accarezzato dal vento.
Bambino: Quanti alberi uno vicino all’altro su questa montagna!
Abete: Siamo così fitti perchè formiamo un bosco
Bambino: Come ti chiami?
Abete: Io sono l’abete. Ci cono però qui altre conifere: i pini e i larici. Ci chiamano così perchè abbiamo la chioma a forma di cono.
Bambino: E dimmi, siete sempre così verdi?
Abete: Noi e i pini sì, perchè sopportiamo il freddo. Il larice invece in autunno resta nudo come la maggior parte degli alberi.
Bambino: Ci sono solamente boschi di conifere?
Abete: No, ci sono boschi di castagni, di faggi, di querce, di noci, di noccioli e di tante altre piante.
Pino: Noi siamo però i più belli: chiunque ci vede rimane incantato. Anche tu, ad ogni Natale, adoperi i nostri rami più piccoli o le nostre cime per fare l’albero tutto splendente di luci. Non è vero?
Bambino: Sì, è vero.
Narratore: Il bambino fa qualche passo, poi si avvicina a un pino e fa per appoggiare una mano al tronco.
Pino: Sta’ attento. Non mettere le dita sulla resina.
Bambino: A che cosa serve?
Pino: Difende il tronco ed è anche utile all’uomo. Ma l’utilità che vi diamo noi alberi non è tutta qui.
Abete: Il pino ha ragione. Sapessi, mio caro piccolo amico, quanto legname vi diamo continuamente noi alberi, e voi con esso costruite case, navi, ponti, mobili; cuocete i cibi e vi riscaldate durante l’inverno. Inoltre le nostre radici trattengono i terreni evitando molti disastri, inondazioni, frane, alluvioni.
Pino: Non ti sei ancora chinato ad osservare il soffice tappeto dove ora cammini? Ai nostri piedi nascono e maturano mirtilli, fragole, lamponi, e fioriscono ciclamini, ranuncoli, bucaneve…
Abete: E vi puoi trovare anche molti funghi.
Bambino: Che buoni!
Abete: Sì, ma devi stare attento a quelli velenosi, perchè un solo pezzettino potrebbe farti morire.
Bambino: Sì, lo so. Ora, purtroppo, devo andarmene. Mi piacerebbe riposare qui e respirare sempre quest’aria fresca, leggera, satura di profumi. In città l’aria non è affatto pura, nè sa di resina. D’estate poi si soffoca dal caldo! Vi prometto di risalire fin quassù il prossimo anno. Aspettatemi!
Narratore: L’abete si curvò, e il bosco ripiombò nella sua pace montana, rotta soltanto dalla voce del vento
(M. Zagaria)
Festa degli alberi
Gruppi di bambini: tutti agitano ramoscelli o presentano frutti della pianta che rappresentano.
Io sono la quercia robusta. Vivo anni e secoli. Resisto alla furia dei venti. Do il solido legno e il ceppo per le lunghe veglie. Evviva la quercia, regina delle alture!
Io sono il pino, re dei monti. Do legno alle navi che solcano i mari e do salute. Nereggio nella foresta, ma d’inverno mi vesto di candida neve.
Ed io sono l’ulivo, dalle pallide foglie argentate e dalle bacche che danno l’olio prezioso. Dico a tutti una parola di pace. Come la luce e le stelle serene, un po’ di pace ci fa tanto bene.
Sono il castagno. Scalco i vecchi stanchi, i bimbi buoni, bruciando nel focolare. Do travicelli e travi alla modesta casa che ripara dal freddo e brilla nella notte; il frutto saporito e nutriente ai piccoli e ai grandi; lo strame alla vaccherella ch’è la ricchezza del povero montanaro. Do tutto, mentre rabbrividisco al vento!
Io sono il melo. Mi adorno di candidi fiori a primavera, offro in autunno le mele saporite. Come altri alberi, dono frutta per la delizia dei bambini, legna nel crudo inverno, legname buono per molti lavori.
Ed io sono il pesco. Mi vesto di rosa in primavera, offro frutti squisiti in estate.
Ecco il ciliegio. Quanti mazzetti di corallo brillano tra il verde delle mie foglie, al finire di maggio! E che delizia per i bambini!
Io sono l’albero: pino o ciliegio, castagno od ulivo, platano o pioppo, gelso od ontano, pesco o rovere; io rappresento le buone piante che aiutano l’uomo a ripararsi dal freddo e dalle intemperie, allietano le sue veglie, mitigano al lavoratore e al viandante il calore estivo, a tutti offrono doni! Non fateci male, bambini, strappando fronde e fiori, tormentando il tronco. In cambio dei nostri doni, noi non chiediamo che di essere rispettati e difesi nel nostro sviluppo: null’altro!
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Recite sull’autunno per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Piccola accademia
Ecco un dialogo molto vivace tra un gruppo di bambini e l’autunno, rappresentato come un ometto brontolone, mezzo contento e mezzo rabbuiato.
La voce: Non avete mai visto un ometto sbarbato, giallo, raffreddato, un po’ contento e un po’ rabbuiato?
Bambini: Signor Autunno, aspetti un momentino! O, ma che fretta! Sieda! Si riposi! Lo vuole aprire dunque il suo sacchettino? Uh, che provvista…
Autunno: Ditemi, noiosi, e il vostro naso dove lo metto?
Un bambino: Via, via, sia buono! Dica, che cosa se ne fa di questo mare di fogliacce gialle? E’ forse uno spazzino?
Autunno: Ma… chissà… Non bastano le foglie e le farfalle, i fiori e gli uccellini: tutto prendo! Sapeste come pesa sulle spalle il mio sacchetto, ma a nessuno lo vendo!
Un bambino: Le rondinelle hai fatto scappare, solo a vederti sono scappate via…
Autunno: Oh, mi dispiace, ma che posso fare? Credete, bimbi, non è colpa mia! Io faccio come tutti il mio dovere; per questo ho fretta e ne me devo andare, le castagne sono pronte da bacchiare: queste, credete, vi faran piacere e darà gioia alla gente il vino buono, che nel tino ribolle, e alla terra il nuovo seme che nel cuor rinserra. Vedete, dunque, lascio anch’io il mio dono…
Un bambino: Ma quel velo di nebbia, perchè mai stendi suoi campi e sopra la città? Sapessi quante noie e quanti guai combina. Oh, proprio, credi, non ci va!
Autunno: (in tono scherzoso e leggermente ironico) Eh, cari bimbi, a certe cose strane non saprei dar che una risposta sola… vi do un consiglio buono come il pane: se volete saper correte a scuola! Là imparerete tutto e, al mio ritorno, potrete darmi qualche spiegazione… Ora vi lascio, amici miei, buongiorno!
Bambini in coro: Caro Autunno, sei proprio un gran briccone!
(L. Nason)
Buon viaggio, rondine
Rondine: Addio, addio, amico mio.
Bambino: Perchè parti?
Rondine: Comincia ad esser freddo.
Bambino: Rintanati nel tuo nido.
Rondine: Il mio nido di fango non è troppo caldo.
Bambino: Mettici un po’ di lana.
Rondine: E per mangiare come faccio?
Bambino: Ti darò briciole di pane.
Rondine: Grazie, ma io mi nutro di insetti e, durante l’inverno, gli insetti spariscono. Bisogna che parta!
Bambino: Dunque vuoi proprio lasciarmi! E dove andrai?
Rondine: Andrò di là dal mare, dov’è ancora caldo e ci sono tanti insetti nell’aria.
Bambino: Mi dispiace non vederti più…
Rondine: Tornerò, non dubitare.
Bambino: Quando tornerai?
Rondine: Tornerò a primavera.
Bambino: Ci diamo un appuntamento?
Rondine: Volentieri. Il 21 marzo sarò di nuovo qui.
Bambino: Va bene, lo segno sul calendario.
Rondine: Prima di partire, ho da chiederti un piacere.
Bambino: Di’ pure…
Rondine: Ti prego di guardare il mio nido: che nessuno rovini la mia casa.
Era un gigantesco platano e stava ritto in mezzo al prato come un signore del paese. Le foglie cominciavano a cadere.
Foglie: Noi ti lasciamo, babbo.
Albero: (come ridestandosi da un sopore) Come, come? E’ già tempo di distaccarsi, figliole care?
Foglie: Tu lo vedi, non abbiamo più linfa, siamo secche e inaridite. E stamani, per giunta, sono arrivate nebbia e brina che ci hanno tolto gli ultimi resti di vigore.
Albero: (implorando) Oh, restate ancora un poco… Guardate che cielo delizioso abbiamo oggi. Restate ancora un poco a godere quest’ultima soavità dell’anno.
Foglie: Babbo, la nostra ora è suonata. Ce ne andiamo.
Albero: Ingrate! Voi dimenticate che io vi ho nutrite col suo sangue, che vi ho dato voce, splendore e bellezza per sei mesi di seguito.
Un gruppo di foglie: Noi formeremo sotto di te un vasto letto, o babbo grande, dove, riposando insieme, ragioneremo delle tue grandi virtù.
Altro gruppo: Rievocheremo le gioie che abbiamo godute con te, o babbo grande, i piccoli nostri passatempi estivi.
Altro gruppo: Ricorderemo gli scrosci gloriosi dietro le orchestre dei venti, quando tutte insieme ci scagliavamo e tu scricchiolavi come un vascello in burrasca.
Primo gruppo: Tempi allegri e beati!
Secondo gruppo: Bei rischi e splendori!
Terzo gruppo: Magnifiche avventure estive!
Tutte: Finchè, ohimè, la neve ci coprirà.
L’albero, a sentir parlare di neve, ha un lungo brivido per tutti i rami. Altre foglie cadono e i rami si scoprono sempre più lividi e nudi tra gli squarci della veste.
Albero: Ahimè, tutte se ne vanno, tutte se ne vanno… Quanta malinconia in questi distacchi! E tutti gli anni è la stessa pena, tutti gli anni le stesse lacrime.
Foglie: (in coro) Non ti disperare, babbo grande! Tu devi sopravviverci e riavere altre figliole che vestiranno a festa le tue braccia forti. Il nostro turno è finito. Addio… Addio…
E ad una ad una cadevano sul prato. Ma tutte a dire il vero, avevano un modo così delicato di lasciare l’albero! Lo lasciavano pian piano, alla chetichella, quasi direi in punta di piedi, come si lascia la camera di un malato grave. Brave figliole! E le più brave stavano con lui finchè potevano, finchè erano quasi secche, quasi bruciate; poi sfinite si lasciavano andare perdutamente, gettando un piccolo grido d’angoscia quando passavano in mezzo ai rami. Frrrsch… crè… crè… Era come l’addio di tutte le cose che se ne vanno, la tristezza infinita delle separazioni. Frrrsch… crè… crè…
(Carlo Linati)
Recite sull’autunnoTutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Nella lontana misteriosa terra del Tibet c’era una volta un gatto che viveva in un tempio infestato dai topi. Per molti anni il gatto aveva potuto catturare topi a volontà, conducendo una vita beata e tranquilla.
Ma col passare del tempo diventò vecchio e torpido e si accorse che non riusciva più a catturare i topi con tanta facilità. Non era più abbastanza veloce, e i topi si dileguavano prima che egli saltasse loro addosso.
Il gatto tuttavia era una creatura astuta, e pensò: “Se non posso più procurarmi la preda con la prontezza dei movimenti, lo farò con la prontezza dell’ingegno”.
Un giorno convocò tutti i topi per un colloquio. I topi uscirono prudenti dai loro buchi, naso e coda vibranti, perchè non si fidavano del gatto. Ma il gatto promise di non far loro alcun male.
Poi disse: “Vi ho tutti convocati qui perchè ho qualcosa di importante da comunicarvi. Fino ad oggi ho condotto una vita poco lodevole, ma ora che sono vecchio mi pento dei danni e dei guai che vi ho arrecato. D’ora in poi tutto cambierà: ho deciso di dedicarmi alla meditazione religiosa e non vi darò più fastidio. Potete girare liberamente senza alcun timore” e fece una pausa.
“Tutto ciò che vi chiedo” soggiunse, “è che due volte al giorno voi passiate in fila davanti a me e vi prostriate in segno di gratitudine per il mio buon cuore”.
All’udire un simile discorso da parte del vecchio nemico, i topi furono sopraffatti dalla felicità, e promisero prontamente di fare come egli chiedeva. Caspita! Valeva ben la pena di umiliarsi davanti al gatto per potersi muovere liberamente!
Secondo gli accordi, quella sera il gatto venne a mettersi su un cuscino a un estremo della più grande stanza del tempio, e i topi, che avevano passato la giornata correndo liberamente attorno, cominciarono a sfilargli davanti uno dopo l’altro, inchinandosi profondamente.
Bene, ascoltate adesso qual era il piano del gatto: lasciò passare tutta la processione, ma quando fu il turno dell’ultimo topolino, fece un balzo e, afferrandolo tra le zampe, lo divorò. Nessuno di quelli che erano già passati se ne accorse.
Così andò avanti per qualche tempo. Due volte al giorno i topi passavano in fila davanti al gatto per attestare la loro riconoscenza, e due volte al giorno il gatto saltava sull’ultimo della fila e lo mangiava.
“E’ molto più facile che andare a caccia!” sogghignava il gatto pieno di sè.
Ora fra i topi che vivevano al tempio c’erano due fratelli di nome Ambè e Rambè, che erano più intelligenti degli altri. Ben presto essi si accorsero che il numero di topi nel tempio sembrava diminuire sensibilmente, sebbene il gatto avesse promesso di non molestarli più, e cominciarono a sospettare che il gatto facesse un gioco sleale. Così architettarono un piano astuto: decisero che nei giorni successivi Rambè avrebbe sempre marciato in testa alla processione dei topi, e Ambè in coda. Durante tutta la processione, Rambè avrebbe chiamato Ambè, e Ambè avrebbe risposto: così sarebbero stati certi che il numero di topi rimaneva invariato.
La sera dopo, dunque, la processione si incamminò con Rambè in testa e Ambè in coda. Subito dopo la genuflessione Rambè squittì sonoramente: “Sei ancora lì, fratello Ambè?”
E dal fondo della processione Ambè squittì di rimando: “Ci sono ancora, fratello Rambè!”
Così continuarono a chiamarsi l’un l’altro finchè Ambè non fu passato sano e salvo davanti al gatto… il quale non aveva osato saltare su di lui mentre il fratello continuava a chiamarlo.
Il gatto rimase molto male per aver mancato la solita cena: tuttavia pensò che solo per caso i due fratelli si fossero messi in testa e in coda alla processione, e sperò che la mattina dopo le cose avrebbero ripreso l’ordine consueto. Quale fu la sua rabbia quando dovette constatare invece che Rambè e Ambè si erano messi come la sera prima! Rambè chiamò Ambè finchè ogni topo fu passato, e di nuovo il gatto rimase a pancia vuota.
Questa volta il gatto cominciò a sospettare che i due topi intendessero sventare il suo astuto piano: comunque decise di fare una terza prova. Perciò quella sera si sistemò come al solito sul cuscino e attese la venuta dei topi.
Nel frattempo Rambè e Ambè avevano avvertito gli altri topi di tenersi pronti alla fuga nel caso che il gatto desse segni di rabbia. Poi la processione si incamminò con Rambè in testa e Ambè in coda.
Appena Rambè si fu inchinato davanti al gatto, squittì sonoramente: “Ci sei fratello Ambè?”
“Ci sono ancora, fratello Rambè!” venne in risposta l’acuto squittio dal fondo.
Questo era il colmo! Il gatto soffiò di rabbia e, non più trattenendosi, balzò in mezzo alla processione; ma i topi, preavvisati, si dileguarono verso i loro buchi prima che egli potesse afferrarne uno. In meno di un secondo non v’era più traccia di topi.
Dopo questa dimostrazione, i topi non prestarono più fede al gatto imbroglione, e si tennero prudentemente fuori tiro. Il gatto, privato del suo nutrimento, diventò sempre più magro e alla fine morì di fame.
Quanto a Rambè ed Ambè, furono colmati di ringraziamenti da parte degli altri topi per la saggezza con cui avevano sventato il malvagio piano del gatto.
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Una volta un leone si era addormentato pesantemente, oppresso dalla calura di un giorno d’estate. Un topolino scervellato si mise a corrergli su e giù per il muso, facendogli il solletico con le zampine. Il leone si svegliò di soprassalto e ruggì terribilmente: levò la zampa e fece per uccidere il sorcetto. Questo allora, atterrito, implorò: “Oh generoso re degli animali, abbi pietà di me, lasciami la vita! Un giorno io ti ripagherò della tua bontà”.
L’idea che una creatura minuscola come il topolino potesse essergli utile divertì tanto il leone che esso si mise a ridere forte e, ormai di buon umore, lasciò andare il sorcetto.
Passò qualche tempo e una sera il leone, attraversando la foresta nell’incerta penombra del crepuscolo, cadde in una rete tesa dai cacciatori, si impigliò nelle maglie e rimase prigioniero. Si mise a ruggire disperatamente e il topo, riconoscendo la voce di lui, accorse.
Senza por tempo in mezzo, coi suoi dentini aguzzi si mise a rosicchiare le maglie di corda della rete e lavorando pazientemente e indefessamente tutta la notte, all’alba riuscì a liberare il leone.
“Ecco!” gli disse gioiosamente, “Tu hai riso quando ti promisi di ricambiare un giorno la tua generosità: ma ora vedi che anche un topolino a volte può aiutare un leone!”
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Era d’inverno e faceva un gran freddo. La neve si stendeva, alta e soffice sulla terra, mentre l’acqua dei fiumi e dei laghi si era mutata in una dura lastra di ghiaccio.
Un asino aveva smarrito la via della stalla, e cammina cammina, si trovò molto stanco sulla riva di un laghetto.
Vide lo strato lucido del ghiaccio e pensò di sdraiarsi sopra. Il ghiaccio era freddo, ma il corpo dell’asino era caldo per il lungo e faticoso cammino.
L’asino si sdraiò di fianco, distese le zampe, abbandonò il muso sul ghiaccio e finì con l’addormentarsi.
Era un povero ciuco ignorante e non sapeva che il ghiaccio col calore si scioglie.
Infatti, durante il sonno, al calore del corpo, il ghiaccio cominciò a sciogliersi lentamente.
L’asino aveva il sonno duro come la pelle.
Continuò a dormire e il ghiaccio continuò a sciogliersi.
Si fece tanto sottile da non sopportare più il peso dell’animale, che ad un certo momento sprofondò nell’acqua.
Era un povero asino ignorante e non aveva previsto ciò che gli sarebbe accaduto.
Leonardo da Vinci
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“Iddio non mi ha dato nulla!” diceva, “Non oro, non terre, non palazzi. Si è dimenticato di me. E’ stato avaro”.
L’udì un vecchio saggio.
“Sei proprio sicuro che Iddio non ti abbia donato nessuna ricchezza?”
“Come no!” rispose sicuro il giovane, “Vedi? Io non ho nulla!”
Il vecchio sorrise:
“Tu hai due splendidi occhi” disse al giovane, “li cederesti per avere un palazzo?”
“No davvero”, rispose il giovane.
“E una mano la daresti per un pugno d’oro?”
“No”
“E una gamba per un campo?”
“No”
“E l’udito per un mobile?”
“No”
“E il tuo stomaco per un gioiello?”
“No”
“E il tuo fegato per un podere?”
“No”
“E il tuo cuore per una carrozza?”
“No, e poi no!”
“E allora non ti lagnare. Vedi che Iddio ti ha fatto più ricco di quel che credi. Tu hai tanti tesori e non te ne accorgi. Se però venissero a mancare, ti accorgeresti a un tratto quale sia la vera ricchezza. “
L. Tolstoj
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Giufrà era un giovane che sembrava stupido ma aveva la mente fina. Eccovene una prova.
Un giorno Giufrà comprò un pezzo di carne. Entrò in casa e lo lasciò sul tavolo incustodito, a portata delle mosche. Poi uscì. Quando rientrò, sul tavolo la carne non c’era più.
Giufrà decise subito di incolpare le mosche e andò dal giudice per sporgere querela. Disse: “Le mosche mi hanno mangiato un chilo di carne”.
Il giudice volle canzonarlo, e sentenziò: “D’ora in poi potrai uccidere tutte le mosche che vedrai”.
Proprio in quell’istante una mosca si posò sulla testa pelata del giudice. Giufrà alzò la mano e, abbassatala, in un baleno spappolò l’insetto sulla testa del magistrato burlone.
Questi balzò dal seggiolone presidenziale, e gridò: “Screanzato! Offendesti la giustizia. Ti punirò”
Giufrà non si scompose. Rispose soltanto: “Punirmi? E perchè? Ho fatto come mi disse lei!”
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Tre ladri erano amici per la pelle. Un giorno, uno di loro disse alla moglie: -Devo andare a trovare mio fratello, che è malato. Se intanto venissero i miei amici, trattali bene: da’ loro da bere e da mangiare.-
-Va tranquillo- rispose la moglie; e il ladro partì.
Verso mezzogiorno arrivarono i due amici e subito chiesero dove egli fosse.
-E’ andato da suo fratello, che è malato; tornerà stasera- rispose la moglie, apparecchiando la tavola. I due bricconi sedettero e videro, appesi a una trave del soffitto, dei bellissimi salami.
-Gliela faremo, gliela faremo!- disse subito l’altro.
Quando ebbero mangiato e bevuto se ne andarono. Strada facendo, pensarono di fare uno scherzo all’amico, e decisero di tornare la notte per prendergli i salami. Quando quello tornò, la moglie gli disse che i due erano venuti a cercarlo.
-Che ti hanno detto?- domandò il ladro.
-Nulla di speciale… però, guardarono in alto e uno disse “che bella barba” e l’altro “gliela faremo, gliela faremo”… ma non ho capito che cosa intendessero-
-Ho capito io!- rispose il marito; e subito staccò i salami e li nascose nella stalla, sotto la paglia. Poi i due sposi cenarono e andarono a letto. A mezzanotte, quando dormivano come ghiri, arrivarono i due ladri coi grimaldelli: aprirono la porta di casa ed entrarono zitti zitti… ma i salami non c’erano più.
-Scommetto che li ha nascosti, quel furbone!- disse uno. Allora, in punta di piedi, si avvicinò al letto, scosse l’amico che dormiva e gli domandò facendo la voce sottile: -Marito caro, dove li hai nascosti i salami?-
-Nella stalla. Ma lasciami dormire!- brontolò quello, rigirandosi nel letto.
Allora i due, di corsa, scesero nella stalla, si presero i salami, e via!
Poco dopo, però, il ladro si svegliò del tutto e chiamò la moglie.
-Perchè mi disturbi, quando dormo?- le disse. -Lo sapevi già dov’erano i salami!-
-Disturbarti? Salami? Ma io dormivo e non ti ho chiesto nulla!-
Egli comprese di essere stato ingannato: corse al nascondiglio: i salami erano scomparsi. Allora si vestì in fretta, uscì di corsa e cercò di raggiungere i due soci. Infatti li scorse, poco dopo, che gli camminavano innanzi, nella notte buia. Uno reggeva i salami. Il nostro amico gli si avvicinò e gli disse: -Sarai stanco, adesso: dammi i salami, così riposerai un poco.-
L’altro, senza sospettare nulla, glieli diede, e il furbone, quatto quatto, se ne tornò a casa.
Alle prime luci dell’alba, quello che aveva portato i salami si rivolse al compagno: -Ridammeli, che li porto un po’ io!-
-Ma non li hai tu?-
-Ma come? Se me li hai chiesti un’ora fa?-
-Io? Tu sei matto!-
Cominciarono così a litigare e poi se le dettero di santa ragione. E quando entrambi furono ben pesti, capirono che l’amico li aveva gabbati.
L’indomani passarono, ancora indolenziti, davanti alla casa dell’amico: i salami penzolavano tranquilli dal soffitto e sembravano canzonare i due birboni.
-Guarda là!- disse uno – E… vedi come siamo ridotti…-
-Colpa nostra, caro mio, chi la fa, l’aspetti!-
(racconto popolare)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
La gente del villaggio era tutta impaurita, perchè nel bosco vicino era apparso un orso terribile, e nessuno si arrischiava più ad uscire dall’abitato.
Un giorno capitarono alla locanda due giovanotti forestieri, cacciatori di professione: e, udito di quell’orso, franchi e sicuri dissero all’oste: -Lasciate fare a noi! Gli faremo noi la festa in quattro e quattr’otto.-
Si fecero dire il punto preciso del bosco dove l’orso era stato veduto, la parte ove si credeva che fosse, le macchie ove se n’era riscontrata la traccia.
-Lasciate fare a noi! Domattina ci apposteremo lì!-
E la mattina, puntuali, andarono al bosco. Batterono i sentieri indicati, frugarono la macchia: ma di orso nemmeno l’ombra.
-Non si è lasciato vedere: ha paura di noi. Ma non ci sfuggirà.-
Intanto, sebbene non avessero il becco di un quattrino, ogni sera ordinavano all’oste un fiasco del migliore, e mangiavano e bevevano allegramente.
-Lo scotto- dicevano -lo pagherà l’orso con la sua pelle!-
Ma un giorno, che percorrevano di nuovo, per la centesima volta, i sentieri del bosco, eccoti l’orso per davvero: un orso nero, enorme, che si avanzava brontolando minacciosamente.
Uno dei due giovanotti puntò subito il fucile e fece fuoco; ma per la paura, il braccio gli tremava, e il colpo andò fallito. Egli non stette lì ad aspettare che impressione avesse fatto all’orso lo sparo: si arrampicò lesto come uno scoiattolo sull’albero più alto che si trovò vicino, e vi si appollaiò tutto ansante.
L’altro aveva fatto anch’egli per sparare, ma, fosse paura, fosse disgrazia, il fucile gli fece cilecca e il colpo non partì. L’orso sempre più infuriato si avvicinava, senza lasciargli il tempo di salire, come il compagno, su di un albero; e allora, vedendosi spacciato, il nostro giovanotto ebbe un’idea.
Sapeva che gli orsi non toccano i morti, ed egli si buttò a terra lungo, disteso, trattenendo perfino il respiro, per fingersi morto.
L’orso gli fu subito sopra. Gli annusò la bocca, gli occhi, gli orecchi, sempre sbuffando e brontolando, poi, come sdegnoso, si allontanò e si perdette tra gli alberi.
Per un po’ di tempo, ne l’uno ne l’altro dei due cacciatori si arrischiò a fiatare. Poi, il primo si lasciò scivolare piano piano dall’albero e si avvicinò al compagno, il quale stava sempre disteo a terra, chè per poco dallo spavento non era morto davvero.
A vedergli quella cera livida, gli venne quasi da ridere: -Ohè, biondino!- chiamò, -L’orso ti ha parlato all’orecchio, eh? Che ti ha detto di bello?-
L’altro levò il capo prima, guardò fra mezzo agli alberi se proprio l’orso non si vedesse più, poi cominciò a levarsi, a fatica, come lo avessero bastonato.
-L’orso mi ha detto- rispose -che non bisogna vendere la sua pelle prima d’averla nelle mani!-
E tutti e due dettero in una risata amara, pensando alle passate vanterie ed al conto dell’oste che rimaneva da pagare.
(C. Schmid)
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In una lontana terra del nord vivevano Mekko il volpone, Pekka il lupo e Osmo l’orso.
Un giorno di sole Mekko propose a Pekka di mettersi in società con lui, e Pekka accettò.
“La prima cosa da fare sarebbe di creare una radura nella foresta per piantarvi dell’orzo”, propose Mekko.
Così andarono nella tenebrosa foresta di abeti e cominciarono ad abbattere alberi. Ma era un lavoro faticoso e ben presto Mekko ne ebbe abbastanza. Così, quando Pekka cominciò ad ammucchiare i ramoscelli sparsi per bruciarli, il volpone sgattaiolò via e andò a stendersi un po’ più in là.
“Ahimè, come sono stanco!”, sbadigliò. “Perchè dovrei continuare a lavorare? Faccia pur tutto quello stupido di Pekka!”
“Mekko, Mekko!”, chiamò il lupo. “Non mi aiuti a bruciare le fascine?”
“Tu accendi il fuoco”, gridò il volpone di rimando, “io starò qui a controllare che non schizzino via scintille: non vogliamo mica mandare a fuoco tutta la foresta!”
Pekka obbediente fece come gli era stato detto, mentre quell’imbroglione di Mekko si concedeva un bel sonnellino. Quando tutta la legna fu bruciata, Pekka disse: “Ora dobbiamo piantare le sementi di orzo in questa ricca cenere di legna; vieni ad aiutarmi, Mekko.”
Ma Mekko rispose: “Tu fa la semina, Pekka. Io starò qui a spaventare gli uccelli, o altrimenti verranno a beccare tutti i semi!”
“Come vuoi, Mekko” accettò Pekka; e seminò l’orzo nella radura. Mekko naturalmente non aveva la minima intenzione di spaventare gli uccelli; si rimise giù e si addormentò.
Passò un anno, e venne il tempo del raccolto. Il campo d’orzo che il lupo aveva creato e seminato era pronto a dare la sua messe. Mekko aiutava Pekka a falciare l’orzo e a portare le spighe nel granaio, dove le tenevano a seccare.
“Ho un’idea!” disse Pekka, “Chiediamo a Osmo l’orso di aiutarci nella trebbiatura; molte braccia alleggeriscono il lavoro”.
“D’accordo”, disse Mekko.
Trovarono l’orso bruno nel cuore della foresta e gli fecero la proposta.
“Vi aiuto volentieri” disse Osmo.
Quando le spighe furono secche, i tre amici cominciarono la trebbiatura.
“Ora dobbiamo dividere il lavoro” disse Pekka.
Subito Mekko si arrampicò sulle travi del granaio: “Io starò qui a sostenere le travi” gridò giù “altrimenti potrebbero cadervi addosso: così starete tranquilli finchè avrete finito di lavorare”.
Gli altri due furono grati al volpone di tanta premura. Osmo cominciò a battere l’orzo col carreggiato e Pekka a separare la pula dai chicchi.
Ogni tanto l’astuto Mekko lasciava cadere giù un pezzo di legno. “Sapeste che fatica sto facendo quassù, a sostenere queste travi!” esclamò, “Grazie al cielo sono abbastanza robusto”.
Bene, l’orso e il lupo continuarono a lavorare tutto il giorno, mentre quel pigraccio del volpone se la prendeva comoda sul tetto. E finalmente la trebbiatura fu finita: sul pavimento del granaio stavano ben divisi un gran fascio di paglia, un cumulo di pula e un mucchietto di chicchi dorati e mondi.
Allora Mekko saltò giù dal tetto. “Meno male che è finita” dichiarò. “Non ce l’avrei più fatta a sostenere le travi!”
“Come dividiremo l’orzo fra noi?” chiese Pekka.
“Semplicissimo”, rispose Mekko, “Siamo in tre, e il raccolto è già diviso in tre. Il mucchio più grosso andrà naturalmente a Osmo l’orso, che è il più grande; quello medio a te, Pekka, e a me, che sono il più piccolo, il minore.”
Lo sciocco lupo e lo stupido orso accettarono. Osmo prese il fascio di paglia, Pekka il cumulo di pula, e Mekko si portò via il mucchietto di chicchi dorati e mondi. Tutti assieme si recarono al mulino per macinare la loro parte. Quando la macina passò sull’orzo di Mekko produsse un rumore scrosciante.
“Che strano” disse Osmo, “il tuo orzo ha un suono diverso dal mio e da quello di Pekka!”
“Mescolateci un po’ di sabbia” disse Mekko, “e sentirete che avrà lo stesso rumore”.
Così Osmo e Pekka mescolarono sabbia alla paglia e alla pula e, rimessa in moto la macina, sentirono anch’essi un rumore scrosciante. Soddisfatti se ne tornarono a casa, convinti di avere per il lungo e freddo inverno una provvista d’orzo buona come quella di Mekko.
Il primo giorno d’inverno, ciascuno dei tre amici decise di prepararsi una calda e nutriente zuppa d’orzo.
Osmo mise sul fuoco paglia e sabbia: ma tutto quello che ne ricavò su un miscuglio nerastro dal sapore orribile. “Puah!” disse fra sè, “C’è qualcosa che non funziona!”. E andò alla tana di Mekko per chiedergli consiglio.
Trovò Mekko che mescolava una pentola di bianca e cremosa zuppa d’orzo, che mandava un profumino delizioso.
“Cos’ha la mia zuppa?” chiese Osmo. “La tua è bianca e cremosa, mentre la mia è nera e orribile”.
“Hai lavato l’orzo prima di metterlo in pentola?” s’informò Mekko.
Osmo scosse la testa arruffata. “Avrei dovuto farlo?” chiese.
“Ma certo!” disse Mekko. “Porta l’orzo al fiume e buttalo nell’acqua. Quando vedi che è pulito, tiralo fuori”.
Osmo se ne andò ringraziando Mekko per il consiglio. Raccolta la paglia, la portò al fiume e la fece cadere in acqua. Ma che accadde? Ogni filo di paglia fu trascinato via dalla corrente veloce e sparì lontano. Questa fu la fine del raccolto di Osmo. L’orso se ne tornò a casa lemme lemme sentendosi molto infelice. E quell’inverno ci fu poco da mangiare per lui.
Pekka, il lupo, mise sul fuoco pula e sabbia, ma tutto ciò che ottenne fu un miscuglio grigiastro dal sapore orribile. Così andò anche lui da Mekko per chiedergli consiglio. “Cos’ha la mia zuppa?” chiese al volpone, “La tua è bianca e cremosa, la mia è grigia e nauseante. Spiegami dove ho sbagliato.”.
“Con piacere” rispose Mekko, “ecco, appendi la tua pentola a questa catena, vicino alla mia; io, vedi, prima di mescolare, mi sono arrampicato sulla catena, tenendomi appeso sopra la pentola. Il calore del fuoco ha disciolto il grasso della mia coda, che è gocciolato nella pentola: è il grasso che rende bianca la mia zuppa”.
“Ah, è così!” esclamò Pekka, e subito si arrampicò sulla catena, tenendosi appeso sopra la pentola. Ma non resistette a lungo: il fuoco lo scottò così forte che egli saltò giù ululando di dolore. Ripresosi, assaggiò di nuovo la sua zuppa, per sentire se era migliorata: ma aveva lo stesso sapore di prima.
“Non sento alcuna differenza” si lamentò; poi soggiunse: “Lasciami provare la tua, per sentire se è uguale”.
Non visto, Mekko aveva intinto il mestolo nella zuppa di Pekka e ne aveva versato un po’ nella propria. Perciò disse: “Serviti, senza complimenti! Prendine in quel punto lì, sembra particolarmente buona”, e indicò il punto dove aveva versato la zuppa di Pekka.
Così il povero lupo assaggiò di nuovo il proprio orribile miscuglio, credendolo la zuppa di Mekko.
“Che strano” disse poi “Non mi piace neanche il sapore della tua zuppa! Sai cosa ti dico? La faccenda è che forse non mi piace proprio la zuppa d’orzo!”
Tristemente se ne andò scuotendo la testa, e quell’inverno fu duro per lui.
Quanto a Mekko il volpone, sogghignava sorbendo la sua bianca e cremosa zuppa di orzo: “Non capisco come a Pekka possa non piacere” disse fra sè, “Io la trovo deliziosa”.
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Racconti e leggende sulla Luna – una raccolta di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Racconti e leggende sulla Luna – Perchè la Luna ha le macchie
Quando il mondo fu creato, narra un’antica leggenda dell’Estonia, di giorno splendeva chiaro il Sole e di notte faceva buio buio. Il dio Ilmarinen pensò: “Bisogna trovare il mezzo di rischiarare un po’ le notti, altrimenti non è possibile vedere se succede qualcosa di brutto…”
Ilmarinen salì su una montagna, che sorgeva sotto la volta metallica del cielo, e fabbricò la Luna: una grande palla d’argento coperta d’oro, con una lampada nell’interno, e la appese sulla volta del cielo. Poi fabbricò anche le stelle d’argento lucente e le mise accanto alla Luna, come damigelle di corte.
Così, quando a sera il Sole si coricava, la Luna e le stelle illuminavano la notte fino all’alba. La Luna era chiara e luminosa come il Sole, soltanto i suoi raggi non erano caldi, ma freddi.
Gli uomini erano molto contenti: ma il diavolo non era soddisfatto, perchè, ora che la Luna rischiarava la notte, egli non poteva compiere le sue malefatte, come prima, nel buio fitto. Se lo vedevano, doveva scappare a gambe levate!
Meditò profondamente: “E ora, come fare?”. Chiamò tutti i diavoli a consiglio, ma nessuno seppe suggerirgli una buona idea. Trascorsero sette giorni magri, e i diavoli non potevano più rubare nulla e non avevano più nulla da mangiare.
“Qui bisogna scacciare la Luna!” esclamò il capo diavolo, “Altrimenti guai a noi! Tutt’al più potremo sopportare le stelle, che non ci disturbano…”
Ma come fare a sbarazzarsi della Luna?
“Bisogna coprirla di catrame e annerirla tutta!” disse il capo diavolo “Così non ci darà più noia”:
Tutto il giorno i demoni si diedero un gran da fare a preparare un enorme barile di catrame e a fabbricare una scala lunga lunga, fatta di sette pezzi, che si potevano sovrapporre, in modo da arrivare alla volta del cielo.
Quando a notte la Luna comparve, il diavolo capo prese la scala sulle spalle e disse ai suoi servi di seguirlo, portando una secchia di catrame misto con fuliggine e un grosso pennello.
Giunti che furono sotto la Luna, il diavolo capo preparò la scala, sovrapponendo l’un l’altro i sette pezzi, e ordinò a un diavolino: “Prendi il pennello e il secchio di catrame, e sali in cima alla scala.”. Il diavolino obbedì, ma quando fu quasi in cima, il diavolo capo per il frescolino notturno starnutì, la scala traballò, il diavolino perse l’equilibrio e precipitò giù: Psssccct! Tutto il secchio di catrame e di fuliggine si rovesciò sulla testa del diavolo capo, e questi lasciò andare la scala, che cadde e si fracassò in mille pezzi.
“Corpo della Luna!” urlò il diavolo capo furibondo “Sono io adesso, che ho la faccia incatramata!”
Provò a togliersi il catrame e la fuliggine, ma ebbe un bel provare e riprovare: non riuscì a nulla! E da quel giorno il diavolo è rimasto nero nero come la fuliggine. Non abbandonò tuttavia l’idea di annerire anche la Luna. Fece fabbricare dai diavoli un’altra scala e la piantò al limitare del bosco, dove la Luna sorge più vicina alla Terra. Appena essa si levò, il diavolo capo ordinò a un diavolino: “Presto, arrampicati su su fino all’ultimo gradino e tingile il muso!”. Il diavolino obbedì: la scala arrivava, in alto in alto, proprio vicino alla Luna, ma era un affare serio mantenersi in equilibrio lassù e spennellare… E la Luna non stava ferma, continuava a salire in cielo…
Il diavolino gettò una corda come un laccio e attaccò la scala alla Luna, continuando ad annerirle la faccia col pennello incatramato. Sudava per la fatica, e dopo molte ore, non era riuscito che ad annerire una parte della Luna.
Di sotto, il diavolo capo stava a guardare, col viso all’insù e la bocca spalancata, il lavoro del suo valletto. “Ah, ora sì che si comincia ad andar bene!” gridò, quando vide che l’operazione procedeva, e fece un balletto di gioia.
In quel momento il dio Ilmarinen si svegliò e guardando il cielo esclamò stupefatto: “Come? Non c’è una nube, eppure la Terra è per metà immersa nel buio? Che succede?”
Aguzzò lo sguardo e vide il diavolino all’opera in cima alla scala, intento ad intingere il suo pennello nel secchio di catrame, e giù, sul limitare del bosco, il diavolo capo, che saltava come un caprone.
“Ah, birbaccioni!” gridò Ilmarinen, “Credevate di farla franca mentre dormivo, eh? Ma ora vi accomodo io! Tu, diavolino, resterai per l’eternità col tuo secchio sulla Luna, e tu, diavolo capo, precipiterai per l’eternità sottoterra!”.
E fu così. Se guardate bene, dicono gli Estoni, vedrete infatti nella luna il diavolino con il suo secchio e col pennello. Quanto alla Luna, da allora ogni tanto si tuffa nel mare e tenta di lavar via le macchie nere sul suo viso… ma non ci riesce mai!
(Leggenda estone)
Racconti e leggende sulla Luna – Il quarto di Luna e le lucciole
Paigar, il signore del cielo, disse a sua moglie: “Su, donna, prepara una gran torta. Le stelle, nostre figlie, hanno appetito, vogliono mangiare”.
La massaia, manipolando uova, farina e miele, preparò la torta: una torta immensa, soffice, con una crosta lucida e dorata. Figurarsi le stelle, quando la videro! Non aspettarono che la mamma facesse loro le parti. Si gettarono avide sul pasticcio, e una tirava di qua, una pizzicava di là, un’altra affondava nella pasta dolcissima i denti e le unghie, altre ancora, non riuscendo a servirsi, si attaccavano alle trecce e alle orecchie delle sorelline. Una parte di torta, ridotta in briciole, cadde sulla terra.
La massaia scoppiò a piangere: “Povera mia fatica!”
Paigar prese il pasticcio, ridotto ormai a un solo quarto, e lo appuntò al bruno velluto del cielo; poi scese nel mondo e animò, trasformandole in insettini luminosi, le briciole cadute.
Disse alle figlie: “O golosacce, non mangerete dolci per otto secoli!”, e confortò la moglie: “Non disperarti. Vedi come risplende, in alto, lo spicchio di torta? Resterà sempre così, luminoso e bello, e nessuno riuscirà mai a mangiarselo. Guarda giù: un poco di firmamento sfavilla nell’ombra delle notti terrestri, palpita tra l’erba, i fiori e le siepi. Sono le lucciole, sono le briciole che tu piangevi perdute”.
(Leggenda estone)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Del cibo che mi mettono nel piatto sempre ne do una parte al mio gattino e come va che in lui diventa gatto mentre dentro di me divien bambino?
Lina Schwarz
Merenda merendine ed educazione alimentare. Alimentazione ed educazione alimentare sono di centrale importanza in pedagogia. Soprattutto l’argomento merenda e merendine, poi, è fonte di grande dibattito tra educatori e tra genitori, e naturalmente anche il web offre i più svariati punti di vista, che vanno dalle posizioni più intransigenti a quelle più aperte a mediazioni consapevoli. Certo che, per le innumerevoli implicazioni emotive che ha il “dar da mangiare al proprio bambino”, nessuno affronta la questione con superficialità.
La mia personale posizione in tema di alimentazione si può riassumere nel motto: ” educazione, non privazione”.
Da genitore prima che da insegnante, poi, credo non porti bene sentirsi in colpa (anche) per non essere la mamma capace di sfornare una torta casalinga al giorno. E che quando è possibile è meraviglioso cucinare biscottini coi bambini e preparare insieme una buona macedonia, la marmellata fatta in casa e altre squisitezze, ma è anche possibile offrire, all’interno di una vasta varietà, anche una merendina confezionata. Magari ci dà il tempo per una passeggiata all’aperto, o per far visita a un amico, o per ascoltare una fiaba.
L’educazione alimentare dovrebbe essere tutt’altra cosa che creare divieti, proibizioni e sensi di colpa.
Rispetto al tema dell’educazione alimentare, mi sento molto vicina alle considerazioni che provengono dall’ambito montessoriano:
– non è possibile forzare un bambino a mangiare, così come non lo si può costringere a parlare o camminare. Ogni bambino si sviluppa al suo ritmo e se si segue questo ritmo, potrà collezionare solo esperienze positive che saranno la base del suo apprendimento.
– il bambino è un naturale imitatore, e sappiamo quanto la cura dell’ambiente sia importante nella pedagogia montessoriana. Per quanto riguarda l’alimentazione, i consigli sono sempre: creare un ambiente tranquillo e armonioso (quando tutta la famiglia va a tavola è un momento speciale). Se il bambino sta mangiando, non è necessario complimentarsi con lui (soprattutto se sta mangiando una cosa che noi consideriamo particolarmente “sana” o particolarmente buona perchè fatta dalle nostre manine…), nè incoraggiarlo a mangiare di più. E questo vale anche se il bambino non mangia. E’ abbastanza normale essere orgogliosi del proprio bambino che impara l’arte di mangiare, ma è importante evitare di creare l’associazione mangiare=compiacere i genitori.
– a seconda dell’età del bambino, l’attenzione dovrebbe essere posta su ciò che si mangia e non su quanto mangia, ad esempio prendiamo l’abitudine di dire sempre al bambino quello che mangerà, da dove viene il cibo, in quale stagione si trova il tal prodotto in natura, e poi via via aggiungiamo a questo anche nozioni scientifiche sulla sua composizione, ecc… Possiamo parlare dei nutrienti anche ai bambini più piccoli; ad esempio, a tavola possiamo chiedere: “Mi passi il prosciutto?” e poi dire ” Il prosciutto ha tantissime proteine, che servono ai nostri muscoli per diventare forti”, “Tu hai bisogno di muscoli forti?”, “Perchè?”, ecc…
– non dovrebbe esserci alcuna posizione definitiva su ciò che i bambini dovrebbero mangiare o non mangiare, ma piuttosto dovremmo tenere presenti alcuni principi base:
siccome crediamo nel diritto del bambino a sviluppare il suo massimo potenziale, lo facciamo anche in relazione al cibo e al suo valore nutrizionale. Incoraggiamo il bambino a consumare, accanto agli alimenti trasformati, alimenti che siano il più vicino possibile al loro stato naturale.
inseriamo l’educazione alimentare nell’ampio ambito dell’educazione alla salute e dell’ “Educazione Cosmica”. Maria Montessori credeva che mente corpo e spirito sani sono gli elementi essenziali per il successo sulla via universale del progresso e dello sviluppo. Se corpo mente e spirito sono sani, un essere umano ha una maggiore possibilità di dare il suo contributo positivo al mondo.
un ambiente preparato significa che prendiamo in considerazione tutto ciò che il bambino incontra, compresi i cibi che mangia. Assicuriamoci di fornire il più possibile cibi di qualità; in altri termini, quando insegniamo ai bambini a rispettare se stessi, dobbiamo includere in questo rispetto la scelta del cibo.
coinvolgere il bambino nelle attività di cucina, nella preparazione dei cibi e della tavola, è fondamentale. Le attività manuali e di vita pratica relative alla cucina e al pasto permettono ai bambini di imparare a conoscere i nutrienti presenti nel cibo e il loro rapporto con la sana alimentazione.
per un sano sviluppo sensoriale, offriamo una vasta gamma di cibi, diversificati per colore, consistenza, odore, sapore. E parliamone coi bambini: che aspetto ha? che odore ha? cosa sentiamo nella nostra bocca e nella pancia?
Come genitori vorremmo avere il controllo su ciò che i nostri bambini mangiano, ma ciò che essi realmente immettono nel proprio corpo rappresenta, se ci pensiamo, una delle poche aree nelle quali invece è il bambino ad avere il controllo: è piuttosto difficile, infatti, costringere qualcuno a mangiare.
E’ facile incolpare il bambino per le sue scelte alimentari, ma in realtà la vera responsabilità risiede nel modo di comunicargli il cibo, e le opzioni che offriamo: è questo a determinare la relazione del bambino con il cibo.
Cerchiamo quindi di comunicare al bambino che il cibo è qualcosa che nutre il nostro corpo; che serve a darci l’energia che ci serve per correre, giocare, studiare; che serve a far crescere il corpo; che ce n’è sempre quando ce n’è bisogno; che ci insegna ad ascoltare il nostro corpo, perchè infatti è lui a sapere quando abbiamo bisogno di cibo; che esiste cibo di tutte le forme, dimensioni, colori, sapori…
Ricordiamo a noi stessi, e i nostri bambini lo impareranno, che non si mangia quando non se ne sente il bisogno; che il cibo non è una ricompensa e non è una punizione; non è una lotta di potere; non è amore.
Aiutare i bambini a sviluppare un sano rapporto con il cibo è semplice. Il primo passo, forse, è quello di capire il rapporto che noi stessi abbiamo col cibo.
Il problema dei disturbi alimentari è estremamente serio e complesso; le cause sono innumerevoli, ma tra queste ci sono anche da citare le esperienze avute col cibo durante l’infanzia: modelli di adulti ossessionati dalla dieta, il peso e il conteggio di calorie; il cibo usato come ricompensa o come punizione o come strumento di manipolazione emotiva in genere; divieto estremo ed assoluto di intere categorie di alimenti (ad esempio, assoluto no ai dolci, sempre, indipendentemente dagli ingredienti contenuti o dalla frequenza di assunzione).
Una corretta educazione alimentare dovrebbe essere fatta di scelte razionali e ragionate sugli alimenti; dovrebbe portare alla consapevolezza di come queste scelte influenzano il nostro corpo; dovrebbe portare i bambini a sviluppare il pensiero critico e non a sottostare a divieti e proibizioni.
Non proibiamo o demonizziamo intere categorie di alimenti, piuttosto cerchiamo di scegliere sulla base degli ingredienti che li compongono, sul loro gusto, e su come ci fanno sentire. Alcuni cibi sono “cattivi”? Il dolce è il male? No, non è il tal cibo ad essere cattivo in sé, quanto gli ingredienti di cui è fatto.
Ci sono eccezioni? Certo. E ci sono gli estremi, anche.
Il vulcano è davvero un classico tra le attività scientifiche proposte ai bambini della scuola d’infanzia e primaria. Nelle vacanze estive è anche un ottimo gioco da fare all’aperto, o in cucina…
Vulcano in eruzione: Versione 1
Materiale occorrente:
carta di recupero
una bottiglia di plastica
un tubo di plastica
colla a caldo
una pasta di sale fatta al momento e lasciata molto morbida
sassi e muschio
aceto, bicarbonato e ketchup
un imbuto per il cratere e uno per il tubo
Preparazione:
1. forare un lato della bottiglia, in basso, inserire il tubo e sigillare con la colla a caldo
2. modellare il vulcano con palle di carta di recupero e pasta di sale
3. colorare il vulcano e decorare con sassi e muschio
4. in una brocca miscelare aceto e ketchup (nella proporzione che volete)
Attività:
1. i bambini, a turno, versano del bicarbonato nella bocca del vulcano
2. i bambini, a turno, versano nel tubo la miscela di ketchup ed aceto
Vulcano in eruzione: Versione 2
… per realizzare il vulcano basta nascondere una bottiglia di plastica all’interno di una montagna che può essere fatta con sabbia, terra, pasta da modellare, carta pesta… noi l’abbiamo preparato così:
materiale occorrente:
– un contenitore poco profondo di legno, plastica, o cartone
– una o due bottiglie di plastica
– cartoni da pizza da asporto
– vecchi quotidiani
– carta da cucina
– colori a tempera
– carta verde (velina, oleata, cartoncino)
– una colla artigianale preparata con farina bianca, acqua e aceto balsamico
– stecchini da spiedino
– sabbia, terra, sassolini (o farina gialla)
– nastro adesivo
Procedimento
Preparata la colla artigianale, noi abbiamo incollato le due bottiglie tra loro con la colla a caldo, per poter eventualmente caricare il vulcano dal basso, e anche per lo svuotamento, ma non è indispensabile. Potete tranquillamente usare una bottiglia sola.
poi abbiamo iniziato a modellare la montagna attorno alla bottiglia coi cartoni da pizza, fissandoli col nastro adesivo:
e con la nostra colla artigianale data col pennello, versata con un bicchierino, o anche preparando delle pezze di carta da cucina imbevute della nostra colla e poi appoggiate al cartone (così si fa anche pulizia senza sprecare nulla):
continuiamo a modellare, aggiungendo anche fogli di giornale:
rivestiamo con abbondante colla artigianale, quindi mettiamo ad asciugare.
Quando è asciutto, possiamo modellare il cratere tagliando un po’ la bottiglia, e quindi passiamo alla decorazione:
Per la scenografia noi abbiamo usato ghiaia e farina gialla, poi abbiamo strappato la carta verde (strappare la carta è un’attività molto interessante per i bambini più piccoli, ed un ottimo esercizio di motricità fine):
Il nostro vulcano ha anche una bella grotta, dove può abitare ad esempio, una famiglia di orsi… ma potrebbero essere uomini preistorici, o altri personaggi.
Veniamo all’eruzione; noi giochiamo spesso con le pozioni magiche, questi sono alcuni nostri esperimenti con succo di cavolo rosso, bicarbonato ed aceto, e può essere una prima buona idea per il nostro vulcano. La reazione funziona sempre, non servono dosi e i bambini si divertono molto a sperimentare le variabili di consistenza e colore:
Al posto del succo di cavolo rosso, possiamo invece usare del colorante alimentare rosso, e sempre bicarbonato ed aceto (caricando il vulcano dall’alto o dal basso, come volete):
Ecco l’eruzione:
Un’altra possibilità è utilizzare la ricetta del “dentifricio degli elefanti”, che crea una schiuma molto densa e di grande effetto; servono:
10 cucchiai di acqua ossigenata a 20 volumi (si compra dal parrucchiere)
una o due bustine di lievito per dolci
un cucchiaio di detersivo per piatti
colorante alimentare
tre cucchiai di acqua calda per sciogliere il lievito.
Mettete nel vulcano l’acqua ossigenata, il detersivo e il colorante. A parte sciogliete il lievito e versatelo velocemente nel vulcano.
per ravvivare la reazione potete aggiungere poi aceto bianco:
La terza possibilità è versare nel vulcano della diet coke, e aggiungere alcune caramelle mentos (si crea un getto alto di schiuma marrone che non ho fatto in tempo a fotografare, poi continua per qualche secondo la fuoriuscita di schiuma)…
Giochi col ghiaccio – 50+ idee:- una collezione di giochi, attività, esperimenti scientifici col ghiaccio, per bambini della scuola d’infanzia e primaria, molto adatti al periodo estivo…
1. fate tanti cubetti di ghiaccio utilizzando una miscela di poca acqua, bicarbonato di sodio e aceto, colorando con l’aggiunta di coloranti alimentari vari. Mettete nel congelatore, quindi metteteli un una bacinella di plastica, mettendo a disposizione dei bambini vari utensili di cucina, siringhe senza ago o pompette, e ciotoline con vari elementi che possono divertire i bambini: aceto, sale, bicarbonato, sapone liquido, ecc… Di http://fun-a-day.com/
2. per un bel gioco sensoriale utilizzate i palloncini per creare tante palline di ghiaccio colorato, di http://sunnydaytodaymama.
3. questa prima versione di barchetta di ghiaccio è realizzata usato come forma i bicchieri di plastica. Si riempie d’acqua il bicchiere, e si fissa al centro del bicchiere una cannuccia da bibita. Tolto dal congelatore, si fissano alla cannuccia vele e bandiera. Di http://homeschooljournal-bergblog
4. un’idea semplicissima e un po’ magica per la merenda dei bambini. Mettete qualche goccia di colorante alimentare diverso sul fondo di ogni bicchiere. Quando sarà il momento di offrire ai bambini l’acqua (o qualsiasi altra bevanda di colore chiaro) nascondete il colorante con dei cubetti di ghiaccio, e versate. Sorpresa! Ogni bicchiere conterrà una “bibita” di colore diverso. Di http://homeschooljournal-bergblog.blogspot.
5. naturalmente con cubetti di ghiaccio, acqua, giocattoli e altri piccoli elementi si possono inventare tantissime vaschette sensoriali; questa è di http://wemadethat.blogspot.co.uk/
6. e per i più piccoli bastano cubetti di ghiaccio colorati con coloranti alimentari ed acqua. Di http://www.plainvanillamom.com/
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7. vaschetta sensoriale di ghiaccio fluorescente (ottenuto riciclando evidenziatori scarichi) anche per light box, qui
10. altra sensory tub, tutta di ghiaccio colorato, di http://mamaofmanyblessings.com/ (ottima anche per giocare ai travasi corredata da cucchiai o pinze da ghiaccio o da insalata)
11. gioco del bowling con bottiglie di plastica e palle di ghiaccio colorato (si preparano riempendo d’acqua e colori alimentari dei palloncini), si http://alittlelearningfortwo.blogspot.com.au/
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12. ricetta per realizzare gessetti da asfalto di ghiaccio: miscelate amido di mais ed acqua in parti uguali, ed aggiungete coloranti alimentari. Versate negli stampini da ghiaccio e congelate. Aggiungendo polvere di gesso bianca, avrete dei gessetti marmorizzati. Di http://www.readingconfetti.com/
14. diluite i colori a tempera con poca acqua, versate negli stampini da ghiaccio in colori singoli o anche a più strati di colore diverso e ghiacciate. I cubetti ottenuti si usano all’aperto per dipingere su carta o tessuto, di http://www.learnplayimagine.com/
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15. ghiacciando invece i colori ad acquarello diluiti, otterrete un materiale che consente meravigliose esperienze di colore, su carta. Di http://www.learnplayimagine.com/
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16. sculture di ghiaccio e sale. Bellissima attività anche per i più piccoli. Preparate un blocco di ghiaccio abbastanza grande utilizzando un contenitore da cucina o anche un grande palloncino. Ponete il blocco su un vassoio. Il bambino cosparge il blocco di sale grosso, poi utilizzando siringhe, pipette, spruzzini o anche pennelli, colora con acquarelli (o anche con coloranti alimentari) creando effetti spettacolari. Di http://artfulparent.typepad.com/
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17. tunnel colorati nel ghiaccio di http://artandcreativity.blogspot.it/. E’ un’attività artistica adatta anche ai più piccoli, e insieme un divertente esperimento scientifico. Preparate vari blocchi di ghiaccio di varie dimensioni, utilizzando sacchetti di plastica o contenitori da cucina. Quando i blocchi sono pronti, preparate i barattoli di colore ad acquarello (o colorante alimentare) aggiungendo ad ognuno un abbondante cucchiaio di sale fino. Utilizzando una pipetta o una siringa senza ago, versate un colore in un punto del blocco di ghiaccio: vedrete il liquido colorato scavare un tunnel all’interno del blocco. Infatti il sale ha la proprietà di ridurre il punto di congelamento dell’acqua.
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18. bellissimo gioco di caccia al tesoro frizzante di http://fun-a-day.com/. Preparate una soluzione con 3 parti di bicarbonato di sodio, 1 parte di acqua, e colorante alimentare. Mettete sul fondo degli stampini da ghiaccio dei piccoli tesori (monete, perline, ecc…) quindi versate la soluzione e ghiacciate. Quando i cubetti saranno pronti, i bambini potranno divertirsi a trovare i tesori utilizzando aceto e acqua.
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19. Collane e gioielli di ghiaccio: metti alcuni cubetti di ghiaccio in un bicchiere d’acqua. Bagna il filo di cotone, poi posalo sui cubetti che galleggiano nel bicchiere. Cospargi di sale per tutta la lunghezza del filo e aspetta circa 10 secondi. Solleva il filo: avrai tra le mani la tua collana di ghiaccio… ancora più bello utilizzando formine a stella o cuore e coloranti alimentari. Qui: https://www.lapappadolce.net/59-esperimenti-scientifici-una-collana-di-ghiaccio/
22. per creare la nebbia in un vaso possiamo riempire un vaso di vetro con acqua calda, immergervi un fiammifero acceso dopo averlo tenuto qualche secondo all’interno, quindi coprire il vaso con un sacchetto di ghiaccio. Qui https://www.lapappadolce.net/13-esperimenti-scientifici-la-nebbia-in-vaso/
24. tempera ghiacciata per dipingere. Versare la tempera non diluita negli stampini da ghiaccio e mettere in congelatore per circa 20 minuti, quindi inserire i bastoncini in posizione verticale e lasciare congelare completamente. Possono essere usati come pennelli, su carta. Di http://www.momto2poshlildivas.com/
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25. mostriciattoli di ghiaccio e spaghetti colorati con coloranti alimentari, per il gioco sensoriale, di http://www.growingajeweledrose.com/
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26. bellissima idea adatta anche ai più piccoli per imparare a conoscere i colori primari e secondari, di http://thepreschoolexperiment. Preparate tanti cubetti di ghiaccio nei colori primari utilizzando acquarelli o coloranti alimentari. Mettete i cubetti in bicchieri trasparenti per vederli miscelare tra loro sciogliendosi.
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27. architetture di ghiaccio di http://www.pbs.org/. Dopo aver preparato vari blocchi di ghiaccio di varie forme, dimensioni e colori si possono realizzare costruzioni come queste. Per far aderire i blocchi tra loro basta aggiungere un po’ di sale fino, ma questo accorgimento non funziona se l’esterno del ghiaccio non è asciutto. (Il sale porta la superficie del ghiaccio a sciogliersi, poi quando si posiziona il secondo blocco di ghiaccio su di esso, l’acqua che si è formata grazie al sale congela di nuovo.)
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28. congeliamo negli stampini da ghiaccio aceto colorato con coloranti alimentari. Quando è pronto prepariamo una soluzione di acqua e bicarbonato di sodio per giocare. Di http://inspirationlaboratories.com/
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29. dinosauri imprigionati nel ghiaccio di http://happyhooligans.ca/. Preparate un grande blocco di ghiaccio a più strati, inserendo via via dinosauri giocattolo, pietre, conchiglie, ecc… Possono servire più giorni. Quando il blocco è pronto mettere a disposizione dei bambini vari attrezzi e materiali (ciotoline di sale fino colorato con coloranti alimentari, saliera da tavola, siringhe, provette, martelli, bastoncini, acqua calda)
34. cubetti di ghiaccio colorato con coloranti alimentari nella vasca da bagno, per giocare durante il bagnetto, di http://www.ottawavalleymoms.com/
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35. bolle di sapone ghiacciate di http://www.wikihow.com/. Bellissima attività, che richiede una certa pazienza. Per prima cosa rovesciate il vostro liquido per bolle di sapone in un piatto, quindi con una cannuccia cercate di creare una grande bolla alla volta sulla superficie del liquido. Preparate un secondo piatto con una leggera pellicola di liquido per bolle, e cercate di trasferire su di esso la bolla, avvicinando i due piatti e soffiando per spostarla. Mettete la bolla nel congelatore per circa 20 minuti.
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36. ciotoline di ghiaccio, di http://www.wikihow.com/. E’ davvero molto semplice: basta riempire un palloncino di acqua, chiuderlo e metterlo nel congelatore per circa 2 o tre ore, cioè per il tempo necessario a far congelare l’acqua lungo le pareti del palloncino, e a mantenere allo stato liquido l’interno. Togliete il palloncino dal congelatore e scuotetelo per sentire se c’è acqua all’interno, quindi tagliare il bordo del palloncino e staccarlo dalla parete di ghiaccio che si è formata, quindi svuotare l’acqua. Modellate l’apertura della vostra ciotola di ghiaccio col coltello, a vostro gusto. La ciotola può contenere macedonia o altro…
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37. ciotole di ghiaccio decorate con fiori e frutti, di http://www.wikihow.com. Preparate fettine di frutta e fiori commestibili. Scegliere due ciotole possibilmente della stessa forma ma di due misure differenti, in modo tale che possano stare l’una nell’altra creando uno spazio di qualche centimetro tra di loro. Riempite di ghiaccio la ciotola più piccola, in modo che sia pesante, e se serve fissatela anche ai bordi della più grande con del nastro adesivo. Riempite lo spazio con fiori e frutta, e versate l’acqua che serve a riempire tutto lo spazio, quindi mettete a congelare.
40. merenda sana, fresca e scientifica: congelate negli stampi da ghiaccio succhi di frutta di vari gusti e colori: quando si sciolgono nel bicchiere si può osservare la formazione dei colori secondari. Di http://www.science-sparks.com/
43. di http://alittlelearningfortwo.blogspot.it queste uova di ghiaccio con sorprese. Utilizzate del palloncini, inserite i giocattolini e riempite d’acqua. Congelate ma non completamente, in modo che l’interno dell’uovo risulti ancora un po’ liquido.
47. bellissimo gioco “Sciogli il ghiaccio”. Servono un cubetto di ghiaccio per ogni giocatore, una ciotola d’acqua, sale, un dado, una tabella per le istruzioni. Ad ogni valore del dado corrisponde un’azione; ad esempio: 1. tenere il cubetto in mano 10 secondi; 2. infilare il cubetto nella maglietta e farlo scivolare giù; 3. soffiarci sopra per 10 secondi; 4. mettere un cucchiaino di sale sul cubetto; 5. far cadere il cubetto sul tavolo; 6. metterlo a galleggiare nell’acqua per 10 secondi. Vince chi riesce a sciogliere il cubetto di ghiaccio per primo.
Pesca di lettere magnetiche – un gioco semplice semplice, molto adatto al periodo estivo… serve solo un bastone, un filo, una graffetta metallica e le lettere della lavagna magnetica, e un secchio d’acqua.
applicate il filo ad una bacchetta di legno, quindi all’estremità del filo fissate una graffetta metallica. Riempite una bacinella d’acqua e mettete a galleggiare lettere e numeri magnetici, possibilmente con la parte contenente la calamita rivolta verso l’alto
e il gioco è fatto
coi bambini più piccoli si può giocare a pescare i pesciolini per colore; coi più grandi si può giocare a comporre parole con le lettere pescate, oppure numeri, oppure si possono esercitare piccole operazioni…
Fattoria degli animali in cartone riciclato e rotoli di carta igienica – con un vecchio scatolone e un po’ di rotoli di carta igienica, abbiamo realizzato in modo semplice ed economico questa casetta, diventata subito la fattoria degli animali.E’ un lavoretto classico, soprattutto dell’estate, e condividiamo con piacere la nostra versione:
Per iniziare abbiamo chiuso la parte superiore della scatola a forma di tetto:
Poi abbiamo praticato l’apertura della casetta – fattoria su una delle due facciate:
Abbiamo incollato i rotoli di carta igienica sul tetto, come tegole: tagliati i rotoli a metà, abbiamo incollato prima uno strato con la curvatura rivolta verso l’alto, poi un secondo strato con la curvatura rivolta verso il basso:
e l’abbiamo dipinto. Siccome è un lavoro che richiede più giorni, è bene evitare che diventi monotono, quindi mentre l’adulto incolla le “tegole” il bambino, ad esempio, può già dedicarsi alla decorazione:
o anche al gioco:
Il gioco durante la costruzione della casetta è di grande aiuto ed ispirazione: noi abbiamo deciso giocando che sarebbe stato bello avere due piani nella nostra fattoria, e molte porte e finestre:
Abbiamo poi diviso il piano terra in due stanze, che comunicano attraverso una porta:
e lungo le pareti abbiamo ritagliato molte aperture, che si aprono sia lateralmente, sia verso l’alto, perchè gli animali possano affacciarsi:
abbiamo poi rinforzato i punti critici con carta e una soluzione di colla vinilica ed acqua:
e infine abbiamo decorato la nostra casetta – fattoria con pennello e colori a tempera ed acrilici:
Auguri di matrimonio per mamma e papà – questo bellissimo biglietto d’auguri è stato ideato interamente dalla bimba (5 anni) e realizzato con pochissimo aiuto da parte mia.
Materiale occorrente:
– un cartoncino argentato ritagliato a forma di cuore
– colla con brillantini argento e azzurra e colla da carta
– riso
– carta e cartoncino colorato per gli sposi (rosa per viso e mani, carta velina bianca per il velo della sposa, carta bianca per l’abito della sposa e nera per quello dello sposo,…)
– pochi fili di cotone giallo per i capelli degli sposi
– carta rossa per ritagliare tanti cuoricini
– due bottoni
Come abbiamo fatto:
Ritagliato il cartoncino argentato a forma di cuore,
la bimba lo ha decorato con la colla coi brillantini
poi lo ha cosparso di riso
Questo è il retro del suo biglietto d’auguri per mamma e papà:
Per la parte interna del biglietto, il progetto originale prevedeva le fotografie degli sposi, ma abbiamo risolto con un collage:
La bimba ha poi aggiunto cuoricini rossi:
bottoni sugli abiti:
tantissimi brillantini:
e ancora riso:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Tavola con asticine dell’addizione e tavole di controllo ESERCIZI. Una raccolta di presentazioni, giochi ed esercizi per l’addizione secondo la psicoaritmetica Montessori.
Tutto il materiale stampabile illustrato in questo articolo si trova qui:
Scopo: aiutare il bambino a conoscere e memorizzare tutte le possibili combinazioni dell’addizione di numeri da 1 a 9, per facilitare la comprensione delle operazioni e il calcolo mentale.
La linea rossa che divide verticalmente la tavola dell’addizione ci dice, per ogni numero che eccede il 10, di quante unità oltre la decina è composto il numero stesso. Mostra cioè al bambino che i numeri sono divisi in due parti: una parte rappresenta una decina completa, l’altra parte è il resto di unità che non hanno raggiunto una decina. Questo è il meccanismo generale dell’addizione che vogliamo sia appreso dai bambini.
Controllo dell’errore: Il bambino controlla il lavoro sulle tavole di controllo Tavola I e Tavola II. Età: 5 anni e 1/2 – 6 anni
Presentazione 1
Per prima cosa illustriamo al bambino la Tavola con asticine, mostrando bene la linea rossa che scorre in verticale tra i numeri 10 e 11; indicargli i numeri che si trovano nella parte superiore della tavola e dirgli che è li che troverà la risposta che cerca.
Prendere tutte le asticine blu e metterle in ordine decrescente; fare la stessa cosa con le asticine rosse.
Chiedete al bambino di scegliere un’asticina blu e posizionarla sulla prima riga della tavola. (Ad esempio l’asticina del 6). Scegliamo un’asticina rossa, cercando di evitare che la somma superi il 10 (ad esempio l’asticina del 3) e posizioniamola a destra della striscia blu.
Mostriamo quindi al bambino che 6 più 3 è uguale a 9
Ripetiamo l’esercizio, ma questa volta facendo in modo che la somma superi la decina, e mostrare chiaramente al bambino la linea rossa verticale che indica che il numero ottenuto è maggiore di 10.
Presentazione 2
L’insegnante invita il bambino ad unirsi a lei in questo esercizio, insieme portano al tavolo tutto il materiale necessario, poi si siede accanto a lui, dal suo lato non dominante; il bambino sceglie un cartellino delle addizioni da svolgere, legge a voce alta, poi posa il cartellino sul tavolo.
Per esempio, se si tratta di 9 +5= , l’insegnante prende l’asticina blu del 9 e la mette sulla tavola dell’addizione, poi prende l’asticina rossa del 5 e la mette alla fine dell’asticina blu, quindi fa notare al bambino che le due asticine insieme terminano sulla casella 13.
Il bambino prende il cartoncino dei risultati corrispondente, lo pone a destra di quello dell’operazione, poi scrive sul foglio a quadretti l’operazione ed il suo risultato.
Presentazione 3
Mostriamo al bambino il primo modulo per l’addizione scritta, quello dell’1. La prima operazione è 1 + 1 =
Il bambino metterà sulla tavola dell’addizione un’asticina blu dell’1 e un’asticina rossa dell’1.
Mostriamo al bambino che il risultato dell’operazione è 2:
Il bambino scrive il risultato sul modulo, quindi prosegue completando, anche nei giorni seguenti, tutti i moduli.
Una volta che ha completato i moduli da 1 a 9, possiamo introdurre la Tavola I di controllo, e aiutare il bambino a verificare la correttezza del lavoro svolto sui moduli.
Presentazione 4
Chiediamo al bambino di mettere sulla Tavola dell’Addizione, ad esempio, un’asticina blu del 5 e una rossa del 3. La somma sarà 8.
Poi chiediamogli di mettere un’asticina del 3 blu e un’asticina 5 rossa. La somma sarà ancora 8.
Osserviamo col bambino come nelle due operazioni i colori appaiano in ordine differente, e che comunque il risultato finale è identico.
Fare molti esercizi di questo genere.
Presentazione 5
Il bambino posiziona, ad esempio, l’asticina blu dell’8 sulla Tavola dell’addizione. Poi prende un pezzetto di carta a quadretti e scrive 8. Chiediamo al bambino: “Cosa fa 8?”
Partendo dall’asticina blu dell’1, il bambino aggiunge l’asticina rossa che serve a raggiungere l’8, quindi trascrive l’operazione sul suo foglietto; in questo modo:
Per le operazioni identiche (ad esempio 7+1 e 1+7) possiamo spiegare al bambino come eliminare una delle due, che rappresenta un duplicato, e come cancellarle (tirando una riga) anche dal foglietto.
Il bambino può poi controllare il suo lavoro sulla Tavola II di controllo.
Esercizi con la TAVOLA III
Il bambino farà scorrere la mano destra lungo le linee orizzontali, e la mano sinistra lungo le linee verticali per trovare la somma.
Materiale necessario: Tavola III dell’addizione; moduli delle addizioni; cartellini degli esercizi per l’addizione; tavola di controllo (Tavola I) dei risultati.
Presentazione 1: l’insegnante invita il bambino ad unirsi a lei nell’esercizio, porta quindi al tavolo del bambino il materiale, e il bambino sceglie un cartellino dell’addizione.
L’insegnante chiede al bambino di leggere ad alta voce l’operazione, ad esempio: “Due più sei uguale…” e pone il cartellino scelto sul tavolo
quindi gli mostra come trovare il risultato sulla tavola dell’addizione, facendo scorrere la mano destra lungo la linea blu fino ad arrivare al 2, e ripetendo a voce alta: “Due”, e la mano sinistra lungo la linea rossa fino al 6, ripetendo a voce alta: “Sei”.
Muovendo poi le mani insieme, e ripetendo “Due più sei uguale”, arrivata al risultato legge il numero: “Otto”.
Chiede quindi al bambino di cercare il cartellino dell’otto nella scatola dei risultati, e di posizionarlo a destra del cartellino dell’operazione, dopo il segno di uguale.
Quando il bambino è pronto a lavorare autonomamente, dopo il numero di esempi necessari, insegnante e bambino si scambiano i ruoli per qualche altra operazione, quindi il bambino può lavorare da solo e scegliere nei giorni successivi questo materiale ogni volta che lo desidera.
Presentazione 2
Presentiamo la Tavola al bambino, mostrandogli i numeri blu sull’asse orizzontale e i numeri rossi sull’asse verticale. Chiedere quindi al bambino di scegliere un cartellino dal cesto delle operazioni, e chiedergli di leggerlo a voce alta; ad esempio: “9 + 5=”
Mostrare al bambino come posizionare un dito sul 9 rosso (sull’asse verticale) e un altro dito sul blu 5 blu (sull’asse orizzontale). Far scorrere le dita fino a quando si incontrano, per ottenere la risposta. Dire ad alta voce, “9 + 5 = 14” .
Far ripetere al bambino. Fare un paio di esempi.
Una volta che il bambino capisce che cosa fare con le dita, gli insegneremo a prendere il cartellino del risultato da abbinare a quello dell’operazione, ed a registrare il risultato sui moduli.
Nei giorni seguenti il bambino può lavorare da solo, o con un compagno.
Esercizi con la TAVOLA IV
Per prima cosa esaminiamo la tavola col bambino: notiamo che essa è per dimensione solo la metà rispetto alla Tavola III. Non vi è alcuna riga superiore blu. Eppure ha lo stesso numero di operazioni.
I movimenti della mano sono leggermente diverse rispetto a quelli necessari per l’uso della Tavola III.
Il bambino sceglie un’addizione, ad esempio 8 + 4 =
Per trovare il risultato sulla Tavola, bisognerà posizionare un dito sull’ 8 rosso, e un dito sul 4 rosso. I consiglio è quello di posizionare sempre l’indice sinistro sul numero più grande dell’operazione (in questo caso l’8)
Poi bisogna far scorrere le due dita verso destra, parallelamente, finché una delle due non può più andare avanti.
A questo punto scendere col dito arrivato allo “stop” fino ad incontrare l’altro dito (in questo caso nella casella del 12)
Dire, “8 + 4 = 12” Chiedete al bambino di fare un paio di prove, fino a capire i movimenti della mano che vanno eseguiti, quindi chiedere al bambino di registrare l’operazione e la risposta.
Esercizi con la TAVOLA V
Il bambino sceglie un cartellino delle operazioni, ad esempio 6 + 2 = Posiziona l’indice sinistro sul 6 rosso e il destro sul 2 rosso.
Fa poi scorrere le dita verso destra, ciascun dito fino al “capolinea”: in questo caso il dito destro si fermerà sul 4 e il sinistro sul 12.
Ora fate incontrare le due dita tra loro, una salendo e l’altra scendendo le scale:
si incontreranno sull’8:
dire quindi ad alta voce: “6 + 2 = 8”
Esercizi con la TAVOLA VI (Tombola dell’addizione)
Chiedete al bambino di prendere i tombolini e di metterli in ordine crescente a sinistra della Tavola.
Il bambino sceglie un’operazione tra i cartellini delle addizioni e la legge a voce alta, ad esempio: “7 + 4 =”
Il bambino dovrebbe conoscere la risposta, e prendere il tombolino corrispondente al risultato.
Quindi posizionerà un dito sul 7 blu e uno sul 4 rosso, e posizionerà il tombolino del risultato nel punto di incontro.
Tavola con asticine dell’addizione e tavole di controllo stampabili. Il lavoro necessario a calcolare qualsiasi addizione si incentra sempre intorno al 10. Le addizioni parziali dei gruppi possono rimanere al di sotto della decina, raggiungerla o superarla. Per completare l’esercizio col tavoliere delle asticine, si offre un materiale scritto che conduce il bambino alla memorizzazione necessaria per il calcolo rapido.
In questo articolo trovi la descrizione dettagliata di tutte le tavole per l’addizione predisposte dalla Montessori, la tombola delle addizioni, i cartellini ed i moduli da compilare; mentre trovi tutto il materiale pronto per la stampa qui:
Il tavoliere delle asticine è in due versioni: – piccola – grande.
Oltre al tavoliere il materiale comprende tutte le tavole di controllo previste da Maria Montessori, compresa la tombola dell’addizione:
– moduli per l’esercizio scritto – cartelli delle operazioni per le addizioni – tavola I: questa tavola rappresenta tutte le combinazioni che si possono effettuare con i moduli per l’esercizio scritto – tavola per il passaggio dalla Tavola I alla Tavola II – tavola II: in questa tavola dell’addizione i riquadri sono disposti in modo che tutti i 10 risultino sulla stessa linea – tavola per il passaggio dalla Tavola II alla tavola III – tavola III, che si legge come la tavola pitagorica. Le due linee direttrici della cornice ricalcano la successione della serie naturale dei numeri da 0 a 9 – tavola IV – tavola V – tavola VI: la tombola dell’addizione.
Questa è la tavola con asticine per l’addizione:
Moduli per l’esercizio scritto
Nei moduli per l’esercizio scritto avremo sulla colonna di sinistra (primo addendo) sempre lo stesso numero (da 1 a 9), che viene sommato successivamente coi numeri da 1 a 9 (secondo addendo, nella colonna centrale). A destra si scrivono i numeri che rappresentano i totali. Dopo la stampa ritagliate i moduli lungo le linee verticali.
Questo materiale per gli esercizi scritti conduce il bambino ad impadronirsi di tutte le possibili combinazioni intorno al 10, necessarie e sufficienti da memorizzare. Stampatene tutte le copie che il bambino desidera.
Esercizi per l’addizione
Questi cartellini contengono tutte le combinazioni possibili, che rientrano nelle tavole dell’addizione, ed a parte, tutti i risultati corrispondenti:
cartelli delle operazioni
Prima tavola dell’addizione – Tavola I
Questa tavola rappresenta tutte le combinazioni che si possono effettuare con i moduli per l’esercizio scritto.
In essa ogni numero da 1 a 9 risulta addizionato con la serie dei numeri da 1 a 9.
Osservando la tavola, si vede che in ogni colonna è sempre presente un 10 come totale. Nella prima colonna (quella dell’1) il 10 è l’ultimo totale ottenuto, il penultimo nella colonna del 2, il terzultimo nella colonna del 3 ecc.. , mentre occupa la prima posizione nella colonna del 9.
Passaggio dalla tavola I alla tavola II
Il 10, nella tavola I, risulta sempre composto dall’unione di quegli stessi gruppi che il bambino ha avuto modo di conoscere fin da quando lavorava con le aste numeriche, quando, attraverso vari spostamenti, formava aste tutte di lunghezza 10 così:
9+1=10
8+2=10
7+3=10
6+4=10.
Sappiamo che 5+5=10 non è possibile con le aste numeriche per la presenza nella serie di una sola asta del 5: in realtà potremmo eseguire l’operazione 5×2, facendo ruotare l’asta di 180° gradi.
Le rimanenti combinazioni
4+6=10
3+7=10
2+8=10
1+9=10
sono semplicemente l’inverso delle combinazioni precedenti.
Disporre di aste rigide che si possono spostare per formare aste di valore 10 chiarisce il fatto che le successive combinazioni si rifanno alle precedenti e fa risaltare la differenza che esiste tra le nove combinazioni considerate nel loro complesso e la necessità di dislocare gli elementi che costituiscono le prime quattro combinazioni per poter concretizzare le ultime quattro.
Le combinazioni rappresentano il fatto più importante. Prendiamo ad esempio la combinazione 3+7=10. Se su questa combinazione si interviene con il dislocamento dei pezzi componenti cambiandoli in 7+3=10, risulta sempre la stessa combinazione, anche se sotto un altro aspetto, quasi come succede per una stessa moneta vista nel suo dritto e nel suo rovescio.
Ciò che occorre memorizzare, quindi, è la combinazione, ed ogni combinazione di gruppi diseguali di presenta doppia, dal punto di vista della posizione dei termini che la compone. Questo “duplicato inverso” può essere eliminato in una tavola semplificata, nella quale siano presenti tutte le possibili combinazioni, dove il necessario è ciò che è sufficiente:
Per il passaggio dalla Tavola I alla Tavola II nelle scuole Montessori si utilizzano oggi dei rettangoli di cartoncino che vengono utilizzati per coprire via via le combinazioni ripetute sulla Tavola I: ne risulta che la tavola si presenta suddivisa in due parti triangolari. Soltanto in quella in basso a sinistra si possono leggere le 45 combinazioni rimaste. Tuttavia, per ottenere la Tavola II, dovremo idealmente tagliare in strisce verticali le combinazioni rimaste, per riallinearle in modo che tutte le addizioni con 10 per totale si trovino sulla stessa riga.
Seconda tavola dell’addizione – Tavola II
Nella seconda tavola dell’addizione i riquadri sono disposti in modo che tutti i 10 risultino sulla stessa linea.
In questa tavola si trovano tutte le combinazioni dei gruppi che non raggiungono la decina, che si trovano al di sopra della linea in cui i risultati sono uguali a 10; tutte le combinazioni dei gruppi che superano la decina si trovano invece al di sotto della linea.
Nella Tavola II i riquadri organizzati secondo la linea del 10 offrono questo schema generale: in ogni riga sono presenti le combinazioni i cui totali risultano uguali.
Possiamo contrassegnare con colori meno accesi o con un carattere tipografico più piccolo, i duplicati delle combinazioni che è possibile eliminare alla scopo di ottenere quelle fondamentali. Le scomposizioni si verificano più volte ripetute con termini invertiti e, siccome si distinguono le ripetizioni, contrassegnandole con un colore più chiaro (ad esempio), si vede che esse vanno aumentando di numero dalla seconda colonna in avanti; vale a dire che ci si imbatte in un doppione nella colonna del 2, in due in quella del 3, ecc… e in otto nella colonna del 9.
Nella Tavola II, ogni colonna ha inizio con la combinazione in cui i due addendi sono fra loro uguali: 1+1 2+2 3+3 ecc…, e le altre combinazioni si svolgono (ma il 9+9 inizia e conclude la colonna) verso il basso.
Tutte le combinazioni della Tavola I si trovano nella Tavola II, procedendo a ritroso obliquamente e passando, in tal modo, attraverso tutte le colonne, fino alla prima.
Al di sopra della diagonale, cioè sopra la linea degli addendi uguali, si ritroverebbero le combinazioni ripetute in senso inverso (contrassegnate con colore pallido).
Se dalla Tavola I si eliminano dunque i duplicati, otteniamo una tavola semplificata contenente tutte le possibili combinazioni: questa Tavola II si può leggere e studiare come la tavola pitagorica per la moltiplicazione.
Leggendo le addizioni rimaste in ciascuna colonna, si vede che esse cominciano sempre con un numero addizionato a se stesso.
C0sì, ad esempio, considerando la colonna col 4+4:
– troviamo poi 3+4=7 (che si può leggere anche 4+3=7) nella colonna precedente e nella sua riga immediatamente superiore (salendo di una posizione in diagonale, insomma)
– nella colonna ancora più a sinistra (quella del 2) e nella riga ancora più in alto (salendo cioè in diagonale di un’altra posizione), troviamo 2+4=6 (che si può leggere anche 4+2=6).
– avvalendosi della proprietà commutativa dell’addizione, il bambino che lavora alle combinazioni del 4 troverà quelle non presenti (perchè già eliminate) rispettivamente nelle colonne del 3 del 2 e dell’1, dove il 4 è presente come secondo addendo.
La stessa cosa si osserva per tutti i numeri, procedendo obliquamente da destra a sinistra.
Per eseguire tutte le combinazioni di un dato numero partendo dalla minore, ad esempio tutte le addizioni relative al 3:
– partiamo da 1+3 della prima colonna
– proseguiamo in obliquo verso destra, di colonna in colonna, scendendo sempre di una riga: 2+3 3+3
– giunti a 3+3 si prosegue verticalmente sulla stessa colonna.
Terza tavola dell’addizione – Tavola III
Trascriviamo, uno sotto l’altro, colonna dopo colonna, i totali delle addizioni presenti nella Tavola I:
Costruiamo poi una cornice contenente la serie dei numeri da 1 a 9, prendendo lo zero per angolo. Si ottiene così questa tavola:
La Tavola III si legge come la tavola pitagorica: per esempio 8+5=13. Le due linee direttrici della cornice ricalcano la successione della serie naturale dei numeri da 0 a 9.
Lungo la diagonale si incontrano via via i doppi dei numeri presenti nella cornice, e fuori della diagonale non c’è altro che la ripetizione simmetrica delle addizioni presenti in ciascuna delle due metà. Per questo motivo basta imparare a memoria soltanto metà della tavola, cioè 45 combinazioni.
Quarta tavola dell’addizione – Tavola IV
Possiamo ridurre la Tavola III in questo modo:
– nella tavola, ogni numero da 1 a 9 si conclude, al termine delle rispettive righe, con il suo doppio.
– si vedono inoltre i numeri uguali incasellati in allineamenti ascendenti e discendenti tra loro paralleli e perpendicolari alla diagonale principale
Per poter leggere la Tavola IV si procede verso destra fino a raggiungere il doppio del numero di partenza; se il totale dell’addizione è superiore a quel doppio (e questo accade quando il secondo addendo è maggiore del primo), si scende verticalmente fino alla riga che indica il livello del secondo addendo.
Prendiamo ad esempio l’addizione 4+7:
– si procede fino al doppio del 4 (4 x 2=8)
– si scende verticalmente fino alla riga del 7: il totale è 11.
Se desideriamo addizionare 5+8, partiamo allo stesso modo dal doppio del 5 (10) e poi scendiamo verticalmente fino alla riga dell’8, e troveremo il 13.
E’ evidente che, per eseguire ad esempio la somma 8+5, per la proprietà commutativa, opereremo in maniera che il primo addendo sia quello minore, cioè il 5.
Bisogna però dire che il bambino trova molto facilmente il totale in questo modo: punta i due addendi sulla striscia verticale, sposta poi le due dita orizzontalmente verso destra finchè un dito raggiunge la diagonale che limita la tavola, e a questo punto scende verticalmente fino ad incontrare la riga orizzontale indicata dall’altro dito.
Quinta tavola dell’addizione – Tavola V
Eseguendo parecchie di queste addizioni sulla Tavola IV si osserva che i risultati incontrati lungo la diagonale principale sono sempre numeri pari, e che quelli lungo la diagonale immediatamente al di sotto e parallela sono dispari. Perciò, queste due serie di numeri bastano ad indicare ogni possibile totale di addizioni entro il 18. Possiamo quindi ridurre la Tavola IV in questo modo:
ottenendo la Tavola V.
Prendiamo come esempio l’addizione 5+8
– si procede orizzontalmente fino ad incontrare i rispettivi doppi, cioè 10 e 16
– si percorre la diagonale con direzione convergente, raggiungendo il 12 nello scendere, e il 14 nel salire
– il risultato si trova nella casella che sta tra il 12 ed il 14, sulla diagonale dei numeri dispari: 13
Prendiamo ora ad esempio l’addizione 3+7:
– arrivati al doppio 6+14 si procede in senso contrario
– sulla diagonale troviamo la casella del 10: questa volta il totale, essendo pari, si trova proprio sulla diagonale principale.
Prendiamo poi ad esempio l’addizione 3+9:
– avanziamo tra il 6 e il 18
– le dita si incontrano su un numero comune che si trova sulla diagonale: 12.
L’uso di due bastoncini per parte, che vengono opportunamente separati, dà a questo esercizio l’aspetto di gioco.
Dopo molti esercizi, il bambino potrà arrivare ad alcuni interessanti punti di coscienza:
– la somma di due numeri pari è un numero pari
– la somma di un numero pari e di un numero dispari è un numero dispari
– la somma di due numeri dispari è un numero pari.
Inoltre, la somma di due numeri è uguale alla media dei loro doppi. Infatti, intendendo per media aritmetica “la somma di due o più numeri divisa per il numero di essi” avremo ad esempio:
4+6= (4×2) + (6×2) x 1/2 = [2 x (4+6)] :2 = 10
Tavola dell’Addizione VI – Tombola dell’addizione (o Tavola con tombolini)
Oltre a queste cinque tavole di confronto, viene usata poi una sesta tavola con 81 totali mobili: è la Tombola dell’addizione.
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