Poesie e filastrocche: Conte

Poesie e filastrocche: Conte per stabilire i turni di gioco, che possono essere veri e propri giochi a loro volta. Per bambini della scuola d’infanzia e primaria. D’autore e tradizionali.

Anghingò, tre galline e tre cappò
per andare alla cappella
c’era una ragazza bella
che suonava il ventitre
uno, due e tre.

 

Uccellin che vien dal mare
quante penne puoi portare?
Io ne porto mille e tre
uno, due e tre.

 

Pescatore che navighi in mare
quanti pesci puoi tu pescare?
E uno, e due, e tre,
pesciolino tocca a te.

 

Padre nostro alla romana
quattro pecore senza lana
quattro pecore senza fiocca
vediamo un po’ a chi tocca.

 

L’uccellin dal becco rosso
è caduto giù nel fosso
giù nel fosso non c’è più
resti fuori proprio tu.

 

A bi ci di
la mia gatta mi fuggì
mi fuggì su per un pero
gambe storte e muso nero.

 

Mare mare grande assai
dimmi quanti pesci hai
ne ho duecento in tutto il mondo
il più bello è bianco e biondo
non mangia pane, non beve vino,
assomiglia a quel bambino.

 

Farfalla tutta bianca
che vola e non si stanca
che vola sempre in su
resti fuori proprio tu.

 

Gallinella zoppa zoppa
quante penne porti in groppa?
Io ne porto ventiquattro,
uno, due, tre e quattro.

 

Pim pom d’oro
la lince e la lancia
quanti giorni sei stato in Francia?
Lune lunedì, marte martedì,
pim pom d’oro, vai via di qui.

 

Diman diman domenica
la festa della Menica
la Menica non c’è
perciò vai fuori te.

 

Sette quattordici ventuno ventotto
fa la conta a chi sta sotto
a chi sta sotto per la nascondina:
tocca a te che sei regina.

 

Il cannoniere porta il cannone
sotto il portone, uno due e tre,
che ho preso te.

 

Mi lavo le mani
per fare la pappa
per uno per due
per tre per quattro
per cinque per sei
per sette per otto,
stai sotto!

 

Gobbo rotondo
che fai a questo mondo?
Faccio quel che posso
con la gobba addosso
e se non ne posso più
piglio la gobba e la butto giù.

 

Piso pisello colore sì bello
colore sì fino di Santo Martino
la bella molinara che sale sulla scala
la bella zitella che gioca a piastrella
col figlio del re: tocca e ritocca
che vai fuori te.

 

I soldati che vanno alla guerra
mangiano beveno e dormono in terra
e allo scoppio del cannò
pappa, ciccia, e maccherò.

 

Casca una bomba in mezzo al mare
mamma mia mi sento male
mi sento male in agonia
prendo una barca e fuggo via
fuggo via di là dal piano
dove stanno i marinai
che lavorano per tre
toc-che-reb-be pre-ci-sa-men-te a te!

 

Spia spione
portalampione
portabandiera
cent’anni di galera.

 

Sotto la pergola nasce l’uva
prima acerba poi matura
quando il vento la fa cascà
pepe, spezie e baccalà.

 

Tredici tredici voglio fare
non so come incominciare
1, 2, 3, 4, 5!

 

Anello di legno
anello di ferro
mettilo al dito
che va fuori quello.

 

Uno due, un due tre
cerchi il papa e trovi il re
cerchi il capo e trovi il fondo
cerchi il quadro e trovi il tondo
cerchi il savio e trovi il matto
cerchi il cane e trovi il gatto
cerchi il gatto e trovi il topo
io vengo prima, tu vieni dopo.

 

Trucci trucci cavallucci
trotta trotta e va a cavallo
proprio il re del Portogallo
va a trovare la regina
che fa la torta con la farina
la farina è troppo bianca
la regina è molto stanca
molto stanca del lavoro
esci fuori e vai con loro.

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche – Storia

Poesie e filastrocche – Storia.  Una raccolta di poesie e filastrocche su argomenti storici, di autori vari, per la scuola primaria.

 

Storia universale
In principio la Terra era tutta sbagliata,
renderla più abitabile fu una bella faticata.
Per passare i fiumi non c’erano i ponti.
Non c’erano sentieri per salire sui monti.
Ti volevi sedere?
Neanche l’ombra di un panchetto.
Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto.
Per non pungerti i piedi, nè scarpe, nè stivali.
Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali.
Per fare una partita non c’erano palloni:
mancava la pentola e il fuoco
per cuocere i maccheroni,
anzi a guardare bene mancava anche la pasta.
Non c’era nulla di niente.
Zero via zero, e basta.
C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare,
e agli errori più grossi si potè rimediare.
Da correggere, però, ne restano ancora tanti:
rimboccatevi le maniche,
c’è lavoro per tutti quanti!
(G. Rodari)

 

 

La caverna
Era una volta all’uomo dolce nido
la tiepida caverna tra le rocce…
Uscio non c’era: entrava e usciva il vento,
servo dell’uomo, con le sue bracciate
di foglie secche; a sera il firmamento
chiudeva il varco con le sue vetrate
fitte di stelle; e innanzi alla caverna
appendeva la luna la lanterna. (N. Venieri)

Poesie e filastrocche – Storia. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici letture e poesie su Venezia

Dettati ortografici letture e poesie su Venezia – un raccolta di dettati ortografici, letture e poesie, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche varie.

Festa notturna a Venezia

Fantasmagoria di luci, di moltitudine, di architetture, d’acqua in subbuglio a specchio di luminarie  erranti e di stelle; di addobbi versicolori e di navigli fermi o in movimento; del lungo ponte di barche steso dalla riva alla Salute, gremito di fedeli nereggianti contro lo splendore della stupenda chiesa, grandeggiante a guisa di un picco diafano nel cielo cupo; delle barche coperte di verdi pergole con grappoli di lampioncini trasparenti di ogni tinta, cariche di comitive spillanti vino in botticelle inghirlandate, uomini e donne beventi, cantanti e tripudianti al suono di mandolini, chitarre, fisarmoniche, ed altri strumenti. (A. Soffici)

Viene l’autunno a Venezia

L’estate se ne va bruscamente, senza lasciare strascichi di sorta. Cola a picco nei canali come una vecchia gondola logora.
E ci si accorge del suo passaggio dal diradarsi dei forestieri che, in numero sempre più esiguo, occupano i tavoli dei caffè di Piazza San Marco.
In quelle file gloriose riempite fino a ieri da un pubblico dorato e fittizio, si sono fatti a un tratto dei vuoti melanconicissimi.
Ormai le poche persone che vi si attardano verso sera non sono più neppure forestieri smarriti,  ma clienti abituali, tipi del luogo, che si confusero nei mesi estivi, con la grossa ondata turistica, per poi rimanere scoperti sulla gran piazza come gusci di riccio e ossa di seppia sulla spiaggia…
Intanto l’autunno veneziano si accompagna a questo vasto senso di esodo e di solitudine inattesa.
I crepuscoli scendono rapidi, soverchiamente bruni… (V. Cardarelli)

Artigianato veneziano
Passare alla gentile fragilità delle creazioni di artigianato dopo la visione, magari notturna, illuminata dai fari e dai rigurgiti di fiamma di Porto Marghera, comporta un cambiamento acrobatico: ma se esiste un’attività completamente, compiutamente veneziana, questa è l’artigianato elevato, non raramente, alla dignità di arte.
Non solo, ma le formelle in ceramica di Altino, i gioielli di Altino, ci spiegano perchè il gusto dell’oggetto raffinato, della cosa bella, è innato in questa città in cui ogni particolare ha contribuito a realizzare compiutamente l’ideale della bellezza.
L’arte del vetro, del merletto, del mobile, l’arte del tessere e di tingere stoffe preziose (ricordiamo i velluti e i broccati ‘a pastiglia’ dei Vivarini o dei Crivelli), l’arte di creare e decorare ceramiche, sono squisitamente veneziane; e non meno abili, orafi e argentieri, battirame e fonditori creavano, con il metallo, ori per le dame, oggetti sacri e oggetti di lusso per il culto e per i fasti di famiglia, oggetti d’argento e d’oro, a quintali,  perchè ogni chiesa, ogni ‘scuola’, ogni ‘casata’ voleva essere la più ricca, e farlo vedere. E c’erano poi le armature, le vere da pozzo, le inferriate, le lanterne, i picchiotti dei portoni, e la serie interminabili dei peltri, in cui la pesante mano del maestro ferraio realizzava ombre, luci, arabeschi degni di un orafo.

Vetrai di Murano
Ferveva il lavoro intorno alla fornace. In cima ai ferri da soffio il vetro fuso si gonfiava, serpeggiava, diventava argentino come una nuvoletta, splendeva come la luna, scoppiava, si divideva in mille frammenti sottilissimi, crepitanti, rutilanti, più esigui dei fili che si vedono al mattino nei boschi tra ramo e ramo. I garzoni ponevano una piccola pera di pasta ardente nei punti indicati dai maestri, e la pera si allungava, si torceva, si mutava in un’ansa, in un labbro, in un becco, in uno stelo, in una base. Sotto gli strumenti il rossore a poco a poco si spegneva, e il calice nascente era esposto di nuovo alla fiamma, infisso nell’asta; poi ne veniva estratto, docile, duttile, sensibile ai più tenui tocchi che lo ornavano, che lo affilavano, che lo rendevano conforme al modello trasmesso dagli avi o all’invenzione libera del nuovo creatore. Straordinariamente agili e leggeri erano i gesti umani intorno a quelle eleganti creature del fuoco, dell’alito e del ferro, come i gesti di una danza silenziosa.
“Appena formato, si mette il vaso nella camera della fornace per dargli la temperatura” rispondeva uno dei maestri vetrai a Stelio che lo interrogava, “Si spezzerebbe in mille frantumi se fosse esposto all’aria esterna d’un tratto”.
Si scorgevano infatti per un’apertura, adunati in un ricettacolo, che era il prolungamento del forno fusorio, i vasi brillanti, ancora schiavi del fuoco, ancora nel suo dominio.
“Sono già là da dieci ore” diceva il vetraio indicando la leggiadra famiglia. Poi le belle creature esigue abbandonavano il padre, si distaccavano da lui per sempre, si raffreddavano, diventavano gelide gemme, vivevano della loro vita nuova nel mondo, si assoggettavano agli uomini, andavano incontro ai pericoli, seguivano le variazioni della luce, ricevevano il fiore reciso o la bevanda inebriante.
(G. D’Annunzio)

Le origini di Venezia
Gli Unni avevano distrutti nel loro passaggio Aquileia, ed entrati nel Veneto avevano sparso il terrore tra le popolazioni che si rifugiarono nelle isole e nelle isolette delle vicine lagune, dove si fermarono attendendo alle industrie del mare e del commercio. In seguito, le umili case di questi fuggiaschi, a poco a poco, si trasformarono nella sontuosa città di Venezia.
(G. Zanetti)

Venezia
Venezia sorge a quattro chilometri dalla terraferma nella laguna adriatica e la singolarità del suo aspetto, unita alla ricchezza dei suoi tesori d’arte, ne fanno una delle più caratteristiche città del mondo. Attraversata da più di centocinquanta canali, si serve per le comunicazioni interne di vaporetti che sono i tram delle città di terraferma e di gondole e di motoscafi, che ne rappresentano le automobili ed i taxi. Quattrocento ponti collegano le sponde dei canali e centinaia di piazzette dette campi e campielli, si aprono all’occhio del visitatore per mostrare qualche gioiello d’arte o qualche caratteristica.
La singolare città è divisa in due parti dal Canal Grande, che si snoda tranquillo e maestoso. Questa regale via acquea è fiancheggiata da ricchi palazzi marmorei, costruiti dal XII al XVIII secolo, per la fastosa dimora delle più nobili famiglie veneziane, ed è solcata da vaporetti, gondole, motoscafi e barche di ogni tipo.
Alle vie d’acqua detti rii si accompagnano e si alternano le vie di pietra, le calli, formando una doppia fittissima rete a linee brevi e spezzate. Sull’angusto suolo conteso dalle acque, le case sorgono strette una all’altra, e pure non mancano ariose piazzette e verdi giardini tra le mura.
Il campanile di San Marco rappresenta, in certo modo, un simbolo di Venezia. Quando crollò, nel 1908, venne ricostruito ‘com’era e dov’era’ per unanime decisione dei veneziani.
La città è sorta su di una miriade di isole, nella grande laguna, divise tra di loro da innumerevoli canali: il loro numero si è venuto riducendo con l’andar del tempo perchè molti canali furono interrati naturalmente e artificialmente: oggi ci sono circa 160 isole. Tra le più notevoli vi è l’isola di San Giorgio, già Isola dei Cipressi.
Tra i problemi da risolvere, data la struttura geologica del territorio, vi era la necessità di rassodare il terreno e di ampliare in parte i confini delle piccole isole per costruire anche sul mare: venne risolto mirabilmente con la messa in opera di palafitte (serie di grossi pali conficcati nel terreno sotto il mare ai margini delle isole, generalmente) che servirono come piattaforme, sulle quali vennero elevate le costruzioni in muratura.

Tradizioni
A Venezia, città il cui vescovo assume il nome di Patriarca, sopravvivono alcune delle molte feste religiose che ai tempi dei dogi venivano celebrate con grande sfarzo e con riti pittoreschi. La più nota è la festa del Redentore che cade la terza domenica di luglio. La notte che la precede è tutto un susseguirsi di fuochi d’artificio: si canta, si banchetta, si passeggia in gondola al lume dei lampioncini. La veglia si conclude al Lido dove molti si recano ad assistere alla levata del sole.
La festa del Redentore alla Giudecca, è una tipica festa votiva: ricorda la liberazione della città dalla peste nel 1630.
Un’altra festa veneziana votiva è quella del 21 novembre che si intitola alla Madonna della Salute e che ricorda la fine della pestilenza del 1576.
La festa della Sensa o festa dell’Ascensione è caratterizzata dalla comparsa, sulla torre dell’Orologio in piazza San Marco, dei tre Re Magi i quali avanzano da una porticina a sinistra, si inchinano davanti alla Madonna  e scompaiono da quella di destra. Un tempo la festa era ricca di spunti pittoreschi: vi si teneva una fiera e il doge compiva la cerimonia dello Sposalizio del Mare, gettando in acqua, dall’alto di una grande imbarcazione (bucintoro) un anello.

Nascita di Venezia
Rialto, piccolo ammasso di isolotti, era sto fino ad allora scarsamente abitato, ma l’inviolabile asilo che aveva offerto ai profughi di Eraclea lo designava per la scelta quale sede preferibile e permanente dello Stato.
Prese singolarmente, le isolette di Rialto erano certo meno estese di Torcello, di Burano o di Eraclea, ma il gruppo ne annoverava ben sessanta, separate da stretti canali sui quali sarebbe stato agevole gettare ponti, in modo da rendere disponibile per la capitale una superficie considerevole e di molto superiore ad ogni altra.
La via d’acqua larga e profonda che spartiva in due gruppi l’arcipelago era il corso del fiume Prealto, ramo staccato del Brenta; se ne fece il Canal Grande. Le sue dimensioni avrebbero consentito il passaggio delle maggiori imbarcazioni e sulle sue rive si sarebbero create banchine e depositi, nei luoghi più adatti.
Al limite degli isolotti periferici si sarebbero potuti costruire una cinta muraria e un riparo in pietra, a circondare e proteggere la nuova città.
Come se presentisse quale splendido destino lo attendeva, tutto il popolo di pose all’opera con incrollabile entusiasmo.
Da ogni parte si innalzarono costruzioni, dapprima di legno, poi di mattoni e di pietra.
Per il palazzo del doge si scelse la posizione che sarebbe rimasta immutata per sempre.
Quanto al nome della città gloriosa i Veneti le diedero il proprio, quella che in origine si era chiamata Rialto, civitas Rivoalti, divenne Venetia, ossia Venezia.
Questo avveniva nell’anno 810 dC.
(A. Bailly)

San Marco, patrono di Venezia
L’evangelista Marco ha come simbolo un leone , e coi caratteri del Leone appare Gesù nel vangelo di San Marco, cioè con le qualità del forte, che scaccia i demoni, che guarisce gli ammalati e che vince la morte.
Questo perchè san Marco rivolgeva il suo vangelo ai Romani, che non avrebbero dato nessun valore alle lunghe genealogie ebraiche o alle profezie. I Romani non conoscevano che il diritto e la forza. Perciò, nel vangelo di Marco, il Redentore rappresenta sempre il diritto e la forza a cui nulla può resistere.
Si sa che la sua tomba di marmo, ad Alessandria, era venerata anche durante la dominazione dei Maomettani. Nell’828, due mercanti veneziani vollero togliere le reliquie di san Marco dalla terra dominata dagli infedeli. Si disse che di nascosto i due veneziani togliessero dalla tomba le ossa del santo e le nascondessero in fondo a un paniere, riempito poi di vettovaglie. Altre leggende fiorirono intorno alla venuta di san Marco sul suolo veneziano. Fra queste la più poetica ebbe credito nella città lagunare.
San Marco sarebbe giunto a Venezia non dopo morto, ma ancora vivo, a causa di una grande tempesta che avrebbe spinto la sua nave, da Alessandria d’Egitto verso la laguna veneta. Sulla spiaggia, appena sbarcato, egli sarebbe stato accolto da un angelo, che gli avrebbe detto: “Pace a te, Marco evangelista mio”.
Sono le parole che si leggono ancora sulle pagine del libro, tenuto dagli artigli di un leone alato, che forma lo stemma di Venezia, chiamata perciò la ‘città di San Marco’.

Una nuova basilica custodirà il corpo di san Marco
Un incendio ha distrutto la Cattedrale. Ma subito si pensa a costruirne una più grande e più bella.
L’incarico di progettare e di innalzare la nuova chiesa è stato dato ad architetti bizantini, essendo Venezia assai legata all’Oriente, ed essendo i Veneziani molto sensibili al gusto che viene di là.
Anche la nuova chiesa sarà dedicata a san Marco e ne custodirà le reliquie, come la vecchia chiesa.
San Marco evangelista è infatti, da 150 anni circa, il protettore di Venezia. Precisamente da quando due mercanti veneziani, che a causa dei loro traffici si trovavano ad Alessandria d’Egitto, vennero a sapere dai cristiani di quella città,  dove si trovavano nascoste le reliquie di san Marco. Ottenute quelle reliquie, essi le portarono a Venezia, facendola in barba al controllo degli Arabi. E sapete come?
Al di sopra della cassa contenente il corpo del santo, misero uno strato di carni suine; gli Arabi, ai quali è vietato mangiare carne di maiale, fecero subito passare quella merce, che era bene lasciasse l’Egitto; e con la carne suina passò quel corpo, venerato ora in Venezia.

Cartolina illustrata da Venezia
Una laguna pallida. Un palazzo in riva al mare, con una facciata color di rosa. Una piazza piena di sole con due colonne come un proscenio, e, su una colonna un leone ruggente, con una zampa fiera appoggiata ad un Vangelo. E un gruppo di cupole dorate; un campanile altissimo. Una gondola nera, lunga, sottile, che accarezza mollemente le acque. Un grande silenzio…
(O. Vergani)

Venezia
La prima volta che si vede Venezia si ha l’impressione di trovarsi in una città di retroterra che abbia sofferto un’inondazione. I pali del telegrafo, che corrono bellamente sulla laguna, le isole che ne emergono qua e là, con gli alberi e i caseggiati, come da una pianura allagata, quella barca comune su cui arranca un vigile urbano in tenuta estiva, lungo il Canal Grande, la quale par proprio una barca di salvataggio, tutto concorre a favorire l’inganno. Illusi dalle apparenze ci perdiamo a seguire con gli occhi e con la fantasia, in tutta la sua estensione, il flagello, che ha colpito questa città, seppellendola per metà nelle acque, invadendo tutte le sue vie e viuzze, i suoi negozi e le sue cantine. Ma una gondola che spunta a un tratto, sull’angolo di un palazzo del Canal Grande, ci ricorda che siamo a Venezia. Quello che ammiriamo non è il prodotto di un cataclisma, bensì opera dell’uomo, capolavoro di una razza ingegnosa e paziente, che costruì una città in mezzo all’acqua, per ragioni difensive, beninteso, ma soprattutto, io credo, per essersi innamorata di quest’idea, per fare una cosa inaudita e mai vista: Venezia.
(V. Cardarelli)

Continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Un piccolo giardino verticale

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Un piccolo giardino verticale – Avete anche voi una bella stanza, ma un brutto panorama? Questa è un’idea semplice che può essere realizzata a scuola o anche a casa, con pochissima spesa e tantissima soddisfazione.

Per prima cosa si tagliano a misura le due assi lunghe da posizionare in verticale ai due lati della finestra:

Poi si tagliano tante assicelle più corte, da avvitare sempre in verticale alle assi lunghe, che serviranno da appoggio per le mensole; quindi si tagliano a misura le assi orizzontali e si appoggiano alle assicelle corte, così:

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Dettati ortografici – Il corpo umano e la salute

Dettati ortografici – Il corpo umano e la salute – una collezione di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria.

L’uomo è un mammifero?

Abbiamo sentito ripetere tante volte che l’uomo è un animale e certamente siamo convinti che non è una pianta o un minerale. E badate bene che quando si dice ‘l’uomo’ ci si riferisce agli esseri umani in genere, siano essi uomini, o donne o bambini, come si dice ‘il gatto’ parlando della specie gatto, anche si tratta di una gattina. Sappiamo già che ogni specie animale ha caratteri suoi che la distinguono dalle altre ad anche l’uomo ha propri caratteri distintivi; ma prima di esaminare tali caratteri ricordiamoci di una cosa importante: tutti i bambini appena nati non hanno altro nutrimento che il latte e di solito è la mamma che allatta i propri bambini.
Questo fatto ci induce a pensare che anche l’uomo sia un mammifero e per esserne veramente sicuri controlliamo se esso presenta gli altri caratteri, che sono tipici dei mammiferi:
1. Esistono i peli sul corpo: infatti se osservate le vostre braccia e le vostre gambe con attenzione vedrete che esse sono rivestite di piccoli e delicati peli, la cosiddetta peluria, che diviene più evidente negli adulti; il capo è fittamente ricoperto di altri peli che sono i capelli; di peli sono costituite le ciglia e le sopracciglia; peli si trovano sotto le ascelle e così via.
2. Esistono i padiglioni auricolari attorno al meato uditivo esterno.
3. La bocca è con i denti.
4. E’ viviparo.
5. La temperatura del corpo è costante, infatti sappiamo che quando siamo malati, il medico per prima cosa controlla la nostra temperatura mediante un termometro. Se trova una temperatura di circa 37° il medico non si preoccupa troppo, perchè questa è la temperatura normale del nostro corpo; ma se la temperatura è più alta vuol dire che nel nostro organismo c’è qualcosa che non va bene, cioè che siamo malati. Questo vi dice quanto sia importante il fatto che i mammiferi abbiano una temperatura costante. (Lagreca – Tomaselli)

Che cosa distingue l’uomo dagli altri mammiferi?
Vediamo adesso di scoprire quali sono i caratteri che distinguono l’uomo da tutti i mammiferi che finora conosciamo.
1. Innanzitutto l’intelligenza: anche altri mammiferi possono essere più o meno intelligenti (basti pensare al cane), ma l’uomo ha un’intelligenza di gran lunga più sviluppata, che gli ha permesso di compiere cose meravigliose, di indagare sul mondo che lo circonda e di scoprire tante leggi naturali, di amare le cose belle, di fuggire il male, di esprimersi mediante un linguaggio articolato, che è ben diverso dai semplici suoni che emettono altri animali.
2. La posizione eretta che lo porta a camminare sugli arti posteriori che nell’uomo (appunto perchè sta eretto) si possono considerare arti inferiori; anche qualche scimmia o qualche orso possono reggersi o camminare per un poco sulle zampe posteriori, ma più spesso tornano ad usare anche le zampe anteriori.
3. L’uso delle dita degli arti anteriori, o meglio arti superiori, cioè delle dita delle mani, per afferrare e maneggiare oggetti; anche un topolino o il coniglio o uno scoiattolo possono afferrare oggetti fra le dita degli arti anteriori, ma non possono muoverle indipendentemente l’una dall’altra e soprattutto non possono ripiegare il pollice contro le altre dita (provate voi a farlo e osservate l’agilità delle vostre mani), come fa l’uomo (e le scimmie) che ha quindi il pollice opponibile.
4. La mancanza di coda. Esistono però altri mammiferi senza la coda.
(Lagreca – Tomaselli)

Il corpo umano
Ci sono animali e piante che possono vivere solo nelle calde regioni dell’equatore, altri che vivono nei gelidi climi polari.
L’uomo può vivere invece in ogni regione della Terra perchè il suo corpo si adatta a tutti i climi.
Il corpo dell’uomo resiste alla siccità, all’umidità, sopporta la mancanza di cibo, le intemperie, le fatiche, i lavori più pesanti, più di quello di ogni altro animale.
Vi sono animali dotati di zampe robuste: con esse corrono veloci sulla terra; altri animali hanno arti simili a braccia e possono arrampicarsi sugli alberi; altri ancora hanno le pinne e le usano per muoversi nell’acqua. Il corpo dell’uomo, fornito di braccia e di gambe, è adatto ad ogni forma di moto: può camminare, correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, nuotare.
L’uomo ha le mani, con cui può afferrare e tenere saldi gli oggetti, ha il busto e il capo eretti, così da poter guardare lontano, ha la voce, capace di emettere innumerevoli suoni diversi.

E’ proprio vero!
Nel nostro corpo c’è tanto ferro da fabbricare cinque chiavi piuttosto grosse. Ma il fabbro preferirà certamente adoperare il ferro che ha nella fucina.
Quanto al sale, niente paura. Ce n’è in abbondanza tanto da riempire quaranta barattoli. Forse gli sciocchi ne hanno un po’ meno.
Volete un po’ di luce? Il nostro corpo vi potrebbe dare tanta cera da fabbricare cinque candele. Le signore api, se sapessero questo, sarebbero meno orgogliose dei loro favi di purissima cera, con la differenza, però, che per la loro cera le candele di fabbricano per davvero.
Nel nostro corpo c’è tanto zucchero da dolcificare venti tazze di caffè. Ma adesso non succhiatevi il dito con la scusa di sentire se è dolce. Il dito non è dolce e succhiarlo è soltanto una cosa poco pulita…
(M. Menicucci)

La macchina perfetta
Il corpo umano è spesso paragonato ad una macchina, perchè, considerato nel suo insieme, è costruito in modo da compiere nella maniera più spedita e più abile tutte le operazioni per conservare la vita e per migliorarne le condizioni. Come ogni macchina è composto di varie parti o organi (la mano, il cervello, il cuore, la bocca, i polmoni, lo stomaco, ecc.) che funzionano in collaborazione tra loro.
Ma il corpo umano può essere paragonato anche ad un laboratorio chimico, poichè riesce a trasformare le materie solide, liquide e gassose che esso si procura in altre sostanze utilizzabili per il proprio funzionamento.
Le sostanze utilizzate sono trasformate a loro volta in modo da produrre l’energia e il calore necessari perchè il corpo umano possa compiere tutte le operazioni di cui è capace.

La vera ricchezza
Un uomo si credeva povero. Diceva: “Lavoro tutto il giorno e non ho mai un soldo in tasca per divertirmi. Quello che guadagno mi basta appena per levarmi la fame!”.
Un tale che lo sentì, disse: “Mi venderesti un occhio per mille euro? Ne hai due, uno puoi darlo a me”.
Quello lo guardò stupito, poi disse di no.
“Se non vuoi darmi un occhio, vendimi un braccio per la stessa somma!”.
Ma l’uomo, che si credeva povero, disse anche questa volta di no.
“Allora vendimi una gamba”.
Ma quello rispose che non gli avrebbe venduto nemmeno un dente, e ne aveva trentadue tutti sani.
Allora quel tale fece un conto: “Duemila euro per gli occhi, duemila per le braccia e duemila per le gambe, e sono seimila. Poi tu hai cuore, fegato, stomaco che varranno molto di più perchè senza questi organi non potresti vivere. Consideriamo che il tuo corpo valga quanto un capitale di due milioni. E dici di essere povero? Ma l’uomo più ricco della terra, che abbia uno di questi organi malati, è indubbiamente più povero di te, perchè può darsi che tutte le ricchezze della terra non riescano a guarirlo”.

La salute è un tesoro che non ha l’eguale, perchè, quando non c’è la salute, tutto perde valore ai nostri occhi. Se è una bellissima giornata e noi ci sentiamo male e siamo costretti a letto, non possiamo godere del bel sole e della bella natura, se abbiamo nel piatto una squisita pietanza e abbiamo lo stomaco malato, non possiamo gustarla. Quindi noi dobbiamo cercare di mantenere il nostro corpo in perfetta salute. Inoltre, l’uomo sano lavora e se lavora produce e guadagna. L’uomo malato, invece, non lavora e vive del lavoro degli altri.

Ma per mantenere il nostro corpo in perfetta salute, noi dobbiamo sapere come è fatto e come funziona.
Il corpo è ricoperto di pelle, che lo riveste tutto come una corazza. Sotto la pelle ci sono i muscoli, che sviluppano la forza per cui l’uomo può lavorare, e sotto i muscoli c’è una solida impalcatura che sorregge il corpo, lo scheletro. Infatti, se lo scheletro non ci fosse, il corpo si affloscerebbe come un sacco vuoto.

Vediamo intanto come si chiamano le varie parti di cui si compone il corpo: la testa con gli occhi, il naso, la bocca, le orecchie. Nella testa è contenuto il cervello che possiamo considerare il motore della macchina. Abbiamo quattro arti, due braccia e due gambe rispettivamente con mani e piedi. E poi ancora il torace e l’addome. Nel torace sono contenuti i polmoni e il cuore, nell’addome l’intestino, il fegato e la milza.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa con ingranaggi perfetti, ma, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina – uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, frutta. L’uomo, per star bene, non deve mangiare sempre e soltanto gli stessi alimenti, ma deve mangiare di tutto. Caricata di combustibile la macchina – uomo produce energia, che ci permette di muoverci, di camminare, di lavorare.

La salute è il bene più prezioso della terra. L’uomo che ha perduto la salute , ha perduto un tesoro che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero riacquistare.

L’uomo sano è l’uomo più ricco della terra. Egli può lavorare e col suo lavoro guadagnare tanto che basti a sè e alla sua famiglia. L’uomo malato, invece, vive del lavoro degli altri.

Il nostro corpo è ricoperto di pelle. Sotto la pelle ci sono i muscoli che sviluppano la forza per mezzo della quale l’uomo può lavorare. E sotto i muscoli c’è un solido sostegno: lo scheletro.

Cerca di mantenerti sano. I tuoi organi sono parti delicate e perfette del tuo corpo: conservali sani. La salute ti farà felice.

Nel corpo umano possiamo distinguere la testa. Nella testa è contenuto il cervello. Poi ci sono le braccia e le gambe, che sono gli arti. Nel tronco ci sono il torace, dove sono contenuti il cuore e i polmoni, e l’addome, dove si trovano intestino, fegato e milza.

La salute è un tesoro che non ha eguali in nessun tesoro della terra. Quando non c’è la salute, tutto perde di valore ai nostri occhi.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa che, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, pane, frutta, latte.

Rispetta il tuo corpo!
La duchessa Anna di Francia (1462-1512) stava un giorno assistendo ad una partita di caccia quando udì dei gemiti quasi umani, e domandò chi gemesse in quel modo. Le fu risposto che erano gemiti di un ermellino che era stato accerchiato dai cacciatori.
La duchessa fece pochi passi e si trovò davanti a questa scena: un ermellino candidissimo, ormai accerchiato dai cacciatori, stava davanti all’acqua di uno stagno gemendo dolorosamente. Essa chiese: “Ma perchè non si salva gettandosi in acqua?”.
Le fu risposto che quelle bestiole sono gelosissime del loro candore e che, piuttosto di macchiarlo, preferiscono perdere la vita.
La duchessa fu talmente impressionata che fece incidere sul suo stemma le parole: “Potius mori quam foedari!” (Meglio morire che macchiarsi).

Come si difende il corpo

Ogni giorno il nostro corpo è invaso da miliardi di germi, molti dei quali possono provocare malattie e perfino la morte. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Innumerevoli batteri e virus riescono a penetrare nel nostro organismo con il cibo che mangiamo, o con l’aria che respiriamo, o attraverso qualche ferita della pelle. Eppure ci conserviamo sani. Alcuni germi si stabiliscono permanentemente nella bocca, nel naso, nella gola o negli intestini, dove possono moltiplicarsi in modo incredibile. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Che cosa ci protegge da questi assalti?

A poco a poco, durante secoli di studi, gli scienziati sono riusciti a scoprire che cosa accade. La nostra salute è protetta, essi affermano, da una serie ingegnosa di difese, disposte in profondità, come le linee successive di un esercito trincerato per respingere l’invasore.

Supponiamo, ad esempio, che una particella di polvere carica di microbi penetri nell’occhio. Con tutta probabilità non c’è alcun motivo di preoccuparsi. La superficie del globo oculare è costantemente bagnata da un liquido lacrimale, il quale contiene un antisettico detto lisozima, che uccide i batteri.

I germi che penetrano dal naso devono passare attraverso una complicata rete filtrante. La superficie delle vie nasali è mantenuta umida da un liquido mucoso che trattiene i germi. Se questi causano un’irritazione, sono espulsi con lo sternuto.

Cosa avviene nel nostro corpo quando ci facciamo una ferita,  sia pure un graffio? Dalla ferita alcuni microbi patogeni (cioè generatori di malattie) penetrano nel corpo. Il pericolo è tremendo perchè i batteri si moltiplicano con spaventosa rapidità e in breve tempo potrebbero invadere tutto l’organismo e anche ucciderlo.

Ma il nostro corpo si mette subito in allarme e un meraviglioso sistema di difesa entra immediatamente in azione. Migliaia e migliaia di globuli bianche (leucociti) accorrono, attaccano i batteri, li circondano e li distruggono.

Questo, quando i globuli bianchi (leucociti) contrattaccano in tempo e i  batteri non sono troppo numerosi e virulenti. Se invece i batteri resistono e riescono a moltiplicarsi uccidono le cellule dei tessuti. Allora i globuli bianchi non solo devono combattere i batteri, ma devono distruggere anche le cellule morte che potrebbero divenire pericolose per il corpo umano. In questa lotta tremenda, che ha come posta finale la salvezza o un grave danno per il corpo umano, molti globuli bianchi muoiono e si trasformano in pus. Ma da ogni parte accorrono sempre più numerosi rinforzi: i globuli bianchi arrestano così l’invasione; la bloccano in un punto (il foruncolo) impedendo che l’infezione si diffonda in tutto il sangue. In breve le cellule riparano i danni provocati dalla ferita e nel corpo cessa lo stato di allarme.

Molte volte però i batteri, appena entrano nel nostro organismo, emettono delle sostanze velenose, le tossine. Il tetano e la difterite sono alcune fra le malattie provocate da tossine batteriche. Il sangue allora, o meglio il siero del sangue, fabbrica subito del soldati capaci di attaccare le tossine nemiche: le antitossine. Questi anticorpi, così vengono chiamate le antitossine, combattono le tossine e spesso le vincono.
Molte volte però il sangue non riesce a fabbricare subito le antitossine. Ci vuole tempo. E le tossine batteriche hanno tutto il tempo per attaccare e vincere. Il corpo è costretto allora ad una lotta che può durare anche delle settimane.
Per aiutare il corpo nella lotta contro i batteri, i medici vaccinano, ossia iniettano nel sangue degli anticorpi (antitossine) già preparati, così il sangue ha già le antitossine pronte e può vincere l’attacco nemico.

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Dettati ortografici sui cinque sensi

Dettati ortografici sui cinque sensi – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

I sensi

I sensi sono cinque: vista, odorato, gusto, udito, tatto. Sappi mantenere sani gli organi dei sensi perchè con essi puoi godere le belle cose del creato.

La vista
la vista è un bene prezioso. Conservala meglio che puoi. Pensa alla sventura di chi è cieco, che non può vedere la bellezza della natura, il viso delle persone care.

L’occhio

L’occhio è la via della luce. Quando chiudi i tuoi occhi, anche per gioco, ti trovi avvolto nelle tenebre e il mondo non sembra esistere più attorno a te. Per mezzo degli occhi tu conosci il volto della tua mamma, del babbo, delle persone che ami di più. Con gli occhi tu cogli  i colori della natura, le forme infinite delle cose del mondo in cui vivi. Gli occhi ti permettono di leggere ciò che è stato scritto per te, ti permettono di allineare sul candido foglio il nitido segno delle parole che vuoi scrivere tu.
Che i tuoi occhi possano vedere sempre immagini di bontà e di bellezza!

L’occhio

Se ci guardiamo allo specchio, l’occhio appare come un globo che ha una parte bianca, umida e liscia, chiamata cornea. Il cerchietto scuro che vediamo al centro dell’occhio è la pupilla, un forellino la cui apertura è in parte variabile. La pupilla è circondata da un anello colorato detto iride, che può essere azzurro, marrone, verde, giallo, nero.

La superficie dell’occhio è tenuta sempre umida e pulita dalle ghiandole lacrimali, che emettono un liquido, non solo quando piangiamo. Le ciglia difendono gli occhi dal pulviscolo, mentre le sopracciglia impediscono che il sudore o un altro liquido scorra dalla fronte negli occhi.

E ora vediamo come l’immagine si forma nell’occhio. Ammettiamo che una candela accesa si trovi in una stanza buia. I raggi di luce che essa emette passano prima di tutto attraverso la cornea, che è trasparente; poi attraverso un liquido trasparente anch’esso (detto umor acqueo) e il foro che sta al centro dell’iride, giungono al cristallino. Questo è come una lente, che trasmette i raggi, attraverso un altro liquido detto umor vitreo, alla retina. Il cristallino, che sta dietro all’iride, appare nero, poichè non respinge i raggi di luce, ma li lascia passare.
Sulla retina l’immagine appare capovolta. Le immagini attraverso il nervo ottico sono trasmesse al cervello, il quale le percepisce, non più capovolte, ma nella giusta posizione.

L’udito
Il senso dell’udito ti permette di udire la musica, il soave canto degli uccellini, la voce della mamma. Ma con l’udito senti anche il rombo del tuono, lo scoppio di una bomba, lo stridio del treno sulle rotaie.

L’orecchio

Sentinella continuamente all’erta, il tuo orecchio ti avverte dei pericoli, richiama la tua attenzione, ti fa sentire che intorno a te si agita il mondo immenso delle cose, degli animali, degli uomini.
Con l’orecchio tu ascolti le parole di chi ti ama e ti guida, cogli l’armonia del canto e della musica, odi le mille voci della natura e il rumore degli strumenti che accompagnano la fatica dell’uomo.

L’orecchio

I suoni vengono raccolti da padiglione e, passando per il condotto, o canale uditivo, fanno vibrare il timpano, che trasmette la vibrazione agli ossicini. A loro volta gli ossicini trasmettono la vibrazione all’orecchio interno, il quale è un organo delicatissimo incassato ancor più profondamente nel cranio. L’orecchio interno è pieno di liquido, per cui le vibrazioni ricevute vi generano delle onde, che vanno ad eccitare delle terminazioni nervose e che vengono trasformate in impulsi inviati al cervello, in modo che noi possiamo sentire. In poche parole, nell’orecchio si riproduce la vibrazione e quindi il suono proveniente da un oggetto qualsiasi: da una limetta, dalla corda di un violino, da una moneta, e via dicendo.

Così, anche senza vedere, noi sappiamo se sulla strada transita un’automobile e da quale parte proviene la voce di qualcuno che ci chiama.

Una funzione dell’orecchio interno è quella di informarci sulla posizione della nostra persona, così da tenerci in equilibrio.

L’odorato
Il senso dell’odorato risiede nel naso. Questo senso ti permette di sentire i soavi odori dei fiori, i gustosi odori del cibo.

Il naso

Di quante cose ti avverte il tuo piccolo naso curioso! I profumi delicati dei fiori  ti insegnano ad amare la natura. Lo squisito profumo dei cibi più graditi e delle leccornie ti fa pregustare il piacere di mangiarle. Gli odori sgradevoli ti tengono lontano da ciò che ti potrebbe far male. Anche il naso, a suo modo, è una piccola sentinella.

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Dettati ortografici ESCLAMAZIONI

Dettati ortografici ESCLAMAZIONI – Una collezione di dettati ortografici per esercitare la scrittura delle esclamazioni, per la scuola primaria.

“Eh, via, non c’è bisogno di piangere!”.

“Ehi! Ehi! Dove andate? Non sapete che di qui non si può passare?”.

“Deh, siate generoso! Perdonatelo!”.

“Ohi! Ohi! Affogo!”, gridava il ragazzo, sentendosi mancare il respiro.

“Uh! che bestiaccia!”.

“Ahimè! La cosa è molto grave: bisognerà avvertire la mamma.”.

Ahi! Ma perchè non hai fatto attenzione? Mi hai pestato un piede.

Ehi, Emilio, giacchè sei qui, puoi darmi una mano nei preparativi o ti dispiace?

Ohi ohi, le cose si mettono male. Alberto è molto arrabbiato; ogni volta che sente parlare di Giovanni va in escandescenze. Eppure, fino a pochi giorni fa andavano d’accordo. Cosa sarà successo fra loro? Mah!

Toh, chi si vede!

Ah! Oggi sono stato proprio sfortunato!

Ahi! Non vedi che mi hai fatto male?

Sta attento ve’!

Oh, Gino, ti è piaciuto lo spettacolo?

(in costruzione)

Dettati ortografici ESCLAMAZIONI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici APOSTROFO

Dettati ortografici APOSTROFO – Una collezione di dettati ortografici per esercitarsi con le parole con l’apostrofo, per la scuola primaria.

Non posso giocare all’aperto perchè piove.

Un’amica di Giorgio è ricoverata all’ospedale di Milano.

Tutti i bambini si ritroveranno nell’atrio della scuola.

Nell’acquario guizzano i pesci rossi.

Le lancette dell’orologio segnano le cinque.

Le orecchie dell’asino sono lunghe.

La visita dell’amico mi ha procurato tanta gioia.

L’aquila ha il nido sull’alto monte.

Sull’albero di Natale splendono le luci.

Dall’America sono partite grosse navi. Dall’alba al tramonto tutti lavorano.

Da’ retta a me e sarai contento.

Fa’ il tuo dovere.

Di’ sempre il vero quando ti si chiede qualcosa.

Va’ dritto per la tua strada se non vuoi essere importunato.

Da’ a lui quanto chiede.

Fa’ a me questo favore.

Sta’ a me vicina.

Fa’ in piacere di star zitto.

Va’ ad imbucare la lettera che ti ho dato.

Di’ che stia tranquillo.

Va’ a comprarmi un francobollo.

Quest’anno il tempo è stato abbastanza clemente.

Scarse le piogge di quest’autunno, brevi le apparizioni della neve quest’inverno.

Ricordo l’altro anno: quell’albero di pino si curvava perfino sotto il peso della neve.

Quell’angolo del cortile si era trasformato in un pantano.

Ricordate come quell’argine del canale avesse ceduto in seguito alla pioggia? In quell’occasione tutti ebbero paura e gli uomini dovettero abbattere quell’antico cascinale, che sorgeva proprio vicino all’argine. Tuttavia a quest’ora lo avranno già ricostruito un po’ più lontano.

C’era un giornale là, chi l’ha preso?

S’era stabilito così: c’era anche il papà quella sera, ora è impossibile cambiare l’ora.

S’è dimenticata che m’aveva promesso d’avvertirmi.

M’hai portato un bel libro da leggere quando sarò in campagna quest’estate?

Luisa, l’hanno consegnato a te quel pacco così pesante?

Vieni, e lascia che ti aiuti un po’.

Quand’egli t’indicò il cespuglio, vedesti dov’era nascosta la palla.

Sull’imbrunire c’incamminammo verso l’altro paese che s’intravvedeva sulla collina soprastante.

Un’ascia s’abbattè sul tronco dell’albero.

Quand’era stanco si riposava sui massi.

Ripreso il cammino spingeva avanti, quant’era possibile, lo sguardo.

Quand’era arrivato il treno io ero appena giunto alla stazione.

Quant’è bella la scena che ci offre la natura in questi giorni di primavera!

Raccolse tant’erba quant’era necessaria a mantenere le due mucche che aveva comprato.

E’ un bel cane, è il terz’anno che l’ho con me.

L’altr’anno l’ho incontrato durante le vacanze.

Anch’io gliel’ho detto di non tardare mezz’ora perchè non occorreva nient’altro.

Quand’ella verrà glielo dirò. Gliel’hai spiegato dov’è la casa di Giorgio?

Gliel’avevo detto quando partì.

Gliel’ho disegnato  proprio com’era.

Gliel’hanno detto appena è arrivato.

L’ho visto pallido e magro: dev’essere stato malato.

Gliel’hai detto che quella sera suo fratello s’era sentito male?

Se lui t’ha offeso ti chiederà perdono.

T’ho detto e t’ho ripetuto che io non so nulla.

M’è passato proprio davanti, ma non l’ho riconosciuto.

Adolfo è il conforto, l’aiuto, il sollievo della sua povera madre.

La lettera che t’invio v’apporterà nell’animo una dolce soddisfazione.

Questo o quest’altro per me fa lo stesso.

Chi loda se stesso s’imbroglia.

Quell’uomo non aveva una bella cera.

Quando tu m’hai detto quella cosa, io pensavo a tutt’altro.

Se t’avessi rimproverato avrei fatto meglio.

Quand’egli seppe la notizia, corse subito a riferirla alla mamma.

Ci accorgemmo ch’era tardi e c’impaurimmo.

C’incamminammo verso l’uscita, ma dovemmo girare mezz’ora per trovarla.

Il nonno m’ha raccontato una favola, ma tu dov’eri?

L’altr’anno durante le vacanze natalizie andai a sciare.

T’indicai l’uscita e tu te ne andasti mogio mogio.

Dettati ortografici APOSTROFO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici ACCENTO

Dettati ortografici ACCENTO – Una raccolta di dettati ortografici per questa difficoltà di scrittura per la scuola primaria.

Mario uscì, passò il cancello, infilò la strada e corse finchè non ne potè più. S’era alzato tardi per andare a scuola. Suo fratello invece era già pronto, perchè s’era alzato presto. Entrò in cucina, mangiò tranquillamente, poi adagio s’avviò alla stazione. Quando il treno arrivò egli salì e partì per recarsi in città.

Là, sull’estremo orizzonte, dove nè la terra nè il cielo hanno precisi contorni, rimane per poco un chiarore rossastro: è l’ultimo saluto del dì che muore. Il sole, l’astro del giorno, dà un bacio al cielo prima che s’ingemmi di stelle, dà un bacio alla terra prima che si sprofondi nella quiete della notte. Il ricordo che di sè ci lascia è così dolce e così caro che le ore future saranno di rimpianto e d’attesa.

Non lo vidi nè a scuola nè in cortile e il giorno mi sembrò più lungo e più noioso. Andai anche  a cercarlo là, al solito posto accanto al cantiere, ma i compagni mi dissero che lì non era venuto. Uno aggiunse che forse suo padre se l’era portato con sè. “Sì”, intervenne un altro, “mi sembra proprio di averlo visto in automobile: si dirigevano verso la campagna”. Da mio fratello seppi poi che era vero. Tuttavia la sua assenza mi dà pensiero perchè è la prima volta che parte senza avvertirmi.

Da più giorni piove. Il temporale non ci dà tregua. Là, nell’angolo più basso del cortile, si è formata la più grande pozzanghera. La pioggia può cessare da un momento all’altro, ma è anche vero che ora vien giù come se non dovesse smettere mai. Ciò ci impensierisce perchè già lo scorso  anno avemmo un allagamento, che ci costrinse in casa tutto un dì. Nè io nè i  miei fratelli ci azzardammo ad uscire. Solo il giorno dopo il babbo ci portò con sè.

Ma ve lo devo proprio portare lì? Qui non c’è anima viva.

E’ più di là che di qua.

Non ti verrò mai più vicino.

 Dettati ortografici – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici DOPPIE

Dettati ortografici  DOPPIE – Una raccolta di dettati per la scuola primaria per questa difficoltà ortografica.

Il fumo esce dal camino. Quando fummo in cammino incominciammo a cantare.

Io sono stanco ed ho sonno.

Tutti sanno che chi è sano deve cercare di conservare la sua salute.

Nel mese di giugno le messi sono abbondanti.

Ada va a passeggio lungo le rive dell’Adda.

Entrai in casa e mi tolsi il cappello; m’accorsi allora che mio padre aveva un diavolo per capello.

Alla sera i pulcini vanno sotto l’ala della chioccia ed i fiori vengono portati nella serra.

In un vano della mia casa c’è una cassa di libri.

Una bella pecorella bela nell’ovile.

Spesso la mamma dice che ha speso troppo.

Nel vaso sono disposte alcune rose rosse di serra.

La sera giunge presto e la nonna serra al cuore il nipotino.

Giorgio gioca con la pala, Luisa invece preferisce divertirsi con la palla.

Sul nono gradino della scalinata c’era il nonno di Attilio.

Difficoltà ortografiche DIGRAMMI VARI

Difficoltà ortografiche DIGRAMMI VARI – Una raccolta di dettati ortografici per la scuola primaria.

La neve si scioglie e diventa acqua liquida.

I bambini non bevono i liquori.

Quella stoffa è di buona qualità.

Sul quadro c’è qualche macchia.

L’aquila è un uccello rapace.

Gli inquilini della casa sono tranquilli.

Lucia sa costruire gli aquiloni.

Quando tornerà la mamma?

C’era una grande quantità di neve.

Quattro spazzini spazzarono la strada.

Il nonno ha comprato quattro quintali di patate.

La quercia produce le ghiande.

L’acqua è indispensabile per la vita dell’uomo, delle piante, degli animali.

In cucina c’è l’acquaio.

Scende un’acquerugiola noiosa.

Che acquazzone!

Quel panettone fa venire l’acquolina in bocca.

In Sardegna c’è un grande acquedotto.

Nell’acqua vivono i pesci.

Scendendo le scale Mario scivolò.

Non sciupare i libri.

Un ragnetto ha tessuto la ragnatela nel cavo di una pigna.

La magnolia offre dei fiori bellissimi.

Quando compio il mio dovere, poi ho la coscienza tranquilla.

I soldati mangiano la pagnotta.

Emilio si è bagnato giocando presso lo stagno.

Ho fasciato un dito, perchè mi sono tagliato.

L’agnello belava nel prato.

I fogli del quaderno sono rigati.

Il pesce è fresco.

I cuochi sono i re della cucina.

Quando piove calzo un paio di scarpe di cuoio.

Quel banchiere riscuote le somme di denaro.

Sul taccuino ho segnato il numero di telefono di Giovanni.

Ci fu un tempo in cui i merli erano tutti bianchi e facevano il nido in gennaio. Una merla sbeffeggiava il gennaio così: “E’ la sera del ventotto. Tu stai per andartene. Ah ah! Le tue minacce non m’impauriscono più!”. Ma ecco la vendetta di gennaio ! Negli ultimi tre giorni del suo regno accumulò un freddo intensissimo. L’infelice merla dovette rifugiarsi, soi suoi figli, su su in un camino fuligginoso. Da allora i merli divennero neri e gli ultimi tre giorni di gennaio sono sempre rimasti i più freddi dell’anno.

Quando ho affermato che l’acqua occupa i quattro quinti del globo, tu non l’hai creduto. Eppure l’acqua, come l’aria, è ovunque. Ha il suo proprio luogo negli oceani, nei mari, nei laghi, nei fiumi, sotto terra, ma in notevole quantità la troviamo anche in tutti i corpi che hanno vita.Hai mai osservato una vite potata? L’esile tralcio tagliato è diventato una piccola fontanella da cui gocciolano stille lucentissime: le lacrime della vita. I vegetali ne hanno in quantità copiosa e non poca è all’interno del nostro corpo e di quello degli animali.

Un contadino aveva quattrocento monete d’argento. Andò al  mercato e comprò delle pecore. Gliene dettero una ogni cinque monete. Tornando si trovò a dover passare un fiume gonfio d’acqua per una gran pioggia ch’era venuto giù. Sulla riva c’era una barchetta così piccina che potevano entrarci il contadino e una pecora per volta. Cominciò dunque il pover’uomo a passare con una pecora… Ma qui il narratore di questa novella tacque. “E dopo?” gli chiesero gli ascoltatori. “Dopo? Lasciamo prima passare tutte le pecore; quando saranno passate seguiterò.

Nella famiglia ognuno ha le affettuose e sollecite cure dei genitori, nella scuola tutte le attenzioni del maestro che ci istruisce e ci educa. Che possiamo desiderare di più? Oh, pensiamo a tanti bambini che non hanno nè le carezze dei loro cari, nè le gioie serene di una vita tranquilla: nulla di tutto quanto può alleviare le sofferenze inevitabili della vita, nulla di ciò che la rende bella.

In inverno c’è sempre molta nebbia.

Saremo promossi se se lo meriteremo.

Il pavimento si pulisce con la cera.

Alla festa c’era anche il direttore della scuola.

M’ha detto che quand’anche io gli avessi fatto questo torto, egli m’avrebbe perdonato.

Difficoltà ortografiche DIGRAMMI VARI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici SE SE’ S’E’, SERA S’ERA, uso di E’ ed E

Dettati ortografici – SE SE’ S’E’, SERA S’ERA, uso di E’ ed E – una raccolta di dettati ortografici su queste difficoltà di scrittura per la scuola primaria.

Se mi dirai la verità io ti perdonerò.

Egli aveva condotto con sè il fratello.

Antonio s’è dimenticato d’avvertirci.

Egli s’era trovato lì per caso sabato sera.

Egli s’era impegnato a fare tutto da sè.

Tutta la sera non ha fatto che piovere.

S’era sbucciato un po’ il ginocchio sinistro.

Tutti aspettavano con ansia quella sera. L’egoista non pensa che a sè.

A me piacciono i fiori. M’è caro il tuo ricordo. Vieni da me oggi.

Lo zio Nino ha mandato un bellissimo dono per te. T’è piaciuto il dono dello zio Nino?

Questa fiaba m’è piaciuta molto, e a te?

La pianta del tè è coltivata nei paesi caldi.

Preferisci bere il caffè o il tè?

Questa mattina al mercato m’è parso di vedere tua cugina.

A me e a te non piace il tè.

M’è passato proprio davanti, ma non l’ho riconosciuto.

S’era fatto buio e per le strade non c’era più nessuno.

Quant’è faticoso il lavoro compiuto contro la nostra volontà!

L’avevo detto che di te non c’è da fidarsi!

S’era fatto sera improvvisamente.

Dov’eri che ti ho cercato per tutta la sera?

Una vera fortuna non aver trovato la nebbia quella sera.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici SC GN GL

Dettati ortografici SC GN GL  – una raccolta di dettati su queste difficoltà ortografiche per la scuola primaria.

La scimmia si diverte dondolandosi ai rami di un albero.

Il pesce  spada è molto pericoloso.

I coniglietti dello zio hanno il pelo bianco.

Non sciupare i fogli del quaderno.

La campagna è spoglia.

Le foglie dell’abete resistono al freddo dell’inverno.

Che sciocchezza!

Il pastorello raccoglie le pigne.

Gli scoiattoli sono in letargo.

Nella bottiglia non c’è più latte.

Arturo ha sciupato il suo libro di favole.

Le lavandaie sciorinano i panni al sole. Il giglio è candido.

Ogni medaglia ha il suo rovescio.

Sulla soglia di casa tutta la famiglia attendeva la zia. Io e Iei abbiamo passeggiato sotto il viale dei tigli.

I gladiatori combattevano nel circo con le fiere.

Maglione, fogliame, tovaglia, voglia, paglia, aglio, pagliaio, foglia, meglio, scegliere, coniglio, figli, conchiglie, tiglio, miglio, pagliericcio, scoglio, bottiglia, foglio, sveglia, sbadigliare.

Bagno, ragno, cigno, legno, regno, sogno, gnomo, guadagno, agnello, falegname, campagna, cicogna, lasagne. prugne, stagno, signore, compagno, maligno, ragnatela, insegnante, mugnaio, pugno, usignolo, lagna.

DETTATI ORTOGRAFICI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici GLIA LIA, GLIO LIO

Dettati ortografici GLIA LIA, GLIO LIO – Una collezione di dettati per la scuola primaria per queste difficoltà ortografiche.

La zia Gigliola nel mese di luglio venne con un naviglio dall’Australia, e visitò i suoi parenti in Italia.

C’era la bella Lilia che aveva lunghe ciglia, la cuginetta Amalia che lavorava a maglia, la sorellina Aurelia che all’alba era già sveglia, mentre il cugino Emilio faceva uno sbadiglio.

Il nipote Basilio si curava col tiglio, ed il bisnonno Giulio preparava un intruglio.

La cognatina Clelia infornava una teglia, ed il prozio Aurelio sceglieva sempre il meglio. Il piccolo Virgilio giocava col coniglio e col cagnetto Ollio sul prato di trifoglio.

La cameriera Cecilia, pulita la fanghiglia, ritornava in famiglia. Partiva per la Puglia e arrivava in Sicilia.

Prima di ripartire, zia Gigliola posò per una statua di scagliola: prima di ritornare in Australia col naviglio, la regalò alla balia che amava la cianfrusaglia.

Molti furono costretti a vivere in esilio per sfuggire alle vendette dei tiranni.

Il figlio del signor Guglielmo si chiama Giulio.

Clelia coltivava con amore una bella pianta di dalia.

Stamattina Aurelio spedì un vaglia al proprio figlio che viveva sull’isola del Giglio.

L’olio di oliva è un ottimo condimento.

Gli uccelli si nutrono di miglio, di insalata, di frutta e di insetti.

La mia balia è una donna della campagna romana.

Mentre lavoravo mi è sfuggita una maglia.

Attilio se ne stava tranquillamente seduto su uno scoglio.

DETTATI ORTOGRAFICI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici CA CU CO CHE CHI, GHE GHI GE GI

Dettati ortografici CA CU CO CHE CHI, GHE GHI GE GI – Una raccolta di dettati per la scuola primaria per queste difficoltà ortografiche.

Nella gabbia grande canta un canarino giallo. Il gelo di questi giorni è intenso: ha fatto ghiacciare anche la fontana dei giardini pubblici.

La chiave è nella serratura e la porta è chiusa.

Chi parla troppo, sbaglia; chi parla poco, pensa.

Il cielo è nebbioso.

Giochiamo in cerchio.

Giorgio e Amerigo sono amici. Anche Giovanna ha due amiche.

Gli occhiali del nonno sono rotti.

Chiediamo a Maria se ha visto i bachi.

I bruchi sono degli animaletti.

Alla mamma ho dato un bacio affettuoso.

Sai giocare a bocce?

Nel legno ci sono alcuni buchi.

Gli aghi sono appuntiti.

Il lago di Como è incantevole.

Le ghiande piacciono ai porcellini.

Col fuoco si fa un bel rogo.

Il vento mugghia.

Pagheremo domani il droghiere.

Chi dorme come un ghiro?

La marmotta è in letargo.

Ca cu co H no; che chi H sì!

Cotone, casetta, custode, chiave, nacchere, cuscino, colorificio, cartella, chiesina, maccheroni, costoso, cullare, canestro, cuore, bocche, chiudere, inchiostro, castagna, commercio, racchiuso, immacolato, boccone, vacchiette.

Ga gu go H no, ghe ghi H sì!

Gavetta, guscio, goloso, margherite, ghiottone, gastronomia, rugoso, guercio, ghette, maghi, gas, guizzare, spigolo, ghianda, arguto, magro, ghirlanda, regata, gomma, gufo, vaghe, lago, rughe, righetto, gattino, rogo.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici – Il vento

Dettati ortografici sul vento – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

 

Il vento è necessario: esso purifica l’aria, e trasportando qua e là le nuvole, modifica il clima. E’ il vento che regola le piogge, che rinfresca e rinnova l’aria, che porta l’umidità così necessaria alle piante. Inoltre, il vento è un gran disseminatore e porta i semi lontano dalla pianta madre, dove possono crescere e prosperare liberamente.

Quando il vento è troppo forte può arrecare grandi disastri. Sradica gli alberi, fa volare i tegoli, solleva, in mare, le procelle. Ma, nonostante i danni che arreca, anche il vento è necessario perchè, trasportando le nuvole, modifica il clima con le piogge e purifica l’aria.

Il vento se la piglia coi vostri capelli e vi soffia dentro come fosse un cespuglio. La gente tira via, serrata nei mantelli, a capo basso, con gli occhi chiusi. Qui il lastrico è liscio, là sepolto sotto piccole dune di sabbia e di bruciaglie sormontate da rotoli di lanugine. A ogni passo ti ruzzano tra i piedi, corrono via folleggiando, la foglia del platano e il brano di giornale, la piuma di gallina e ciocche di paglia, fiocchi di bambagia, di lana, che finiscono a darsi la posta agli angoli delle vie, sulle piazzette, nei cortili, dove si raggruppano, si sbandano, si raccolgono di nuovo e danzano a tondo finchè si sollevano insieme da terra, turbinando in balia di un mulinello. (A. Stoppani)

Il vento radeva impetuoso i  ghiaioni, le sabbie e le acque. Dagli argini si sollevava la polvere delle strade e tutte le fronde dei salici si rovesciavano, imbianchendo; l’aria s’era fatta fredda; gli arbusti e i cespugli davano sibili al vento; un lampo balenò, seguito da un tuono ripercosso dalla terra. (G. Comisso)

Giorno di vento

Nuvole scure mossero contemporaneamente dalle vette dei due versanti; al centro della vallata rimasero separate da una sottile striscia d’un celeste inverosimile, quasi verse.
Si levò un ventaccio gelido; e le nuvole si sfrangiarono, scoprendo un cielo chiaro e infido, che, altissimo, parve un vertiginoso abisso capovolto. (G. Manzini)

I venti
Uno è caldo e uno gelido; questo è furioso e quello dolce e mite; un altro squassa gli alberi schiantando i rami, e un altro invece fa lietamente ondeggiare le erbe, mormorare le fronde… Quale solleva sul mare onde giganti e quale increspa appena le acque gonfiando le vele. Uno ti accarezza dolcemente e un altro ti scaraventa addosso un nuvolo di polvere. (V. Gaiba)

Il vento
Il vento arrivò di colpo dietro la siepe e la passò d’un salto: nessuno lo aveva visto venire, nessuno lo vedeva ed era dappertutto. Aveva sempre sospiri, carezze e parole per le cose amiche. Scavalcando la siepe, il vento rise. Era già sull’erba e piegava i fili verdi ad uno ad uno. La menta e il trifoglio dettero al vento un po’ del loro profumo che lo portasse dove non potevano andare. (G. Fanciulli)

 Venti di marzo
Violenti e scontrosi tra loro, muovono alla pugna uno per volta, dominando il campo nemico. Ecco il vento del nord. Muove dal Polo, freddissimo, nemico dei fiori, delle piogge.  Rischiara l’aria, uccide le api, gela i laghi, le montagne. Il Ponente è cagione di contrasti, piagnucoloso, spira verso sera. E’ utile agli orti, alle fave, alle biade. Suo opposto è il vento dell’est, il vento che arriva dal mare. E’ temperatamente caldo e secco, propizio alle arature, pastore di mandrie di onde. Lo Scirocco, suscitatore di marette d’argento, è vento caldo, turbolento, impetuoso. E’ amico dei fiori, degli orti, utile ai frutti. (F. Tombari)

Effetti del vento
Il vento piega i rami e rovescia le foglie e gli alberi; i prati su cui il vento passa, sembrano più chiari; ciò avviene perchè ogni foglia è più pallida al suo rovescio. Gli alberi che il vento piega maggiormente sono quelli più alti e sottili e nei vasti boschi e nelle praterie le onde prodotte dal vento sono simili a quelle del mare. Gli alberi che nascono presso la spiaggia, e sono esposti al vento, sono tutti piegati; e così piegati crescono e restano. (Leonardo da Vinci; adattamento)

Il vento
Il vento passò dai paesi caldi, prese dagli alberi di aranci e di limoni il loro gradito profumo e continuò il suo cammino. Giunse in una grande città.
Tutti gli abitanti delle case, gli operai delle officine, i sagrestani delle chiese spalancarono finestre e balconi, e il buon vento entrò, portando ovunque la soave fragranza delle erbe e dei fiori… (G. E. Nuccio)

Il figlio del vento
Quando nacque il figlio del vento, alla reggia fecero gran festa. Ma un figlio del vento non può essere che un disastro.
Infatti il vento neonato non era ancora stato messo dalle fate nella culla, che già le copertine e i lenzuolini se ne volavano come bandiere per il cielo. Poi fu la volta delle fasce e dei camicini.
Quando diventò più grandicello e incominciò a camminare, alla reggia accadde il finimondo. Porte, imposte e finestre scrollate, sbattute, spezzate. Che schianti!
Finalmente il monellaccio uscì di casa per andare a giocare. E incominciò a piegare i rami degli alberi fino a spezzarli, giocò a rincorrere le foglie, a strappare i manifesti, a rubare i cappelli ai signori. Poi s’arrampicò nel cielo e giocò al treno con le nuvole.
Un giorno il figlio del vento fu mandato a scuola e imparò a suonare con le canne del fiume e con le spighe del grano. Imparò a spazzare il cielo e a raccogliere insieme i nuvoloni, a far corree le vele sul mare, a far girare le pale dei mulini e a seminare.
Ti piacerebbe conoscerlo?
Guarda fiori dalla tua finestra. E’ lì che il vento passa, nel cielo.

Dettati ortografici sul vento – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Rosa rosella

Rosa Rosella, gioco cantato tradizionale, con testo, spartito stampabile e file mp3 gratuiti, istruzioni di gioco.

Testo

Rosa rosella la rosa è fiorita
bianca la rosa in mezzo alle viole
fai la riverenza a chi la vuoi far.
B. E … entra in ballo
e vi entra senza fallo
falla/o ballar, falla/o ballar
non ti piace lasciala/o star.

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Sparito ed mp3 qui

Rosa rosella

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Istruzioni di gioco

I giocatori sono in cerchio e un giocatore sta all’interno. Si canta la strofa A; chi sta al centro cammina girando nel senso inverso al cerchio

e a “fai la riverenza” si ferma e si inchina davanti a un componente del cerchio

I due girano saltellando e tenendosi sottobraccio, mentre il cerchio canta la parte B battendo le mani a tempo.

Il giocatore invitato prende il posto del primo e il gioco ricomincia.

Una danza voglio provar

Una danza voglio provar, gioco cantato tradizionale con testo, spartito stampabile, traccia mp3 e istruzioni di gioco, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Istruzioni di gioco

I danzatori sono in cerchio, uno è al centro e si muove cantando per la durata della prima frase.

Al termine si ferma di fronte ad un danzatore e lo prende per le due mani

I due ballano durante la seconda frase “prima qua” (passo doppio laterale), “poi di là” (passo doppio laterale nell’altra direzione)

“un bel giro si farà” (giro tenendosi sempre per mano)

Al termine i due danzatori si separano, restando tutti e due all’interno del cerchio e muovendosi liberamente cantando di nuovo la prima frase

Poi ognuno sceglie un nuovo partner e così via fina a che tutti danzeranno.

Spartito ed mp3 qui

CANTI DI NATALE – O Tannenbaum (L’albero di Natale)

CANTI DI NATALE – O Tannenbaum (L’albero di Natale)  – con testo italiano, tedesco e inglese, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.

CANTI DI NATALE
O Tannenbaum (L’albero di Natale)
Testo

L’albero di Natale
S’accendono e brillano
gli alberi di Natale.
S’accendono e radunano
grandi e piccini intorno.
I rami si trasformano
con bacche rosse e fili d’or.
Risplendono e sfavillano
gli alberi di Natale.
Fra i canti degli arcangeli
ritorna il bambinello
riposa nel presepio e
lo scalda l’asinello
i rami verdi toccano
la capannina di carton
e l’albero illumina
la culla del Signore.
S’innalzano e risuonano
i canti di Natale
ricordano agli uomini:
giustizia, pace e amore.
La loro dolce musica
Giunge fra tutti i popoli.
ripete ancor agli uomini:
giustizia, pace e amore

O Tannenbaum
O Tannebaum, o Tannebaum
Du grünst nicht nur zur Sommerzeit,
nein auch in Winter, wenn es schneit .
O Tannebaum, o Tannebaum
wie grün sind deine Blätter!
O Tannebaum, o Tannebaum
du kannst mir sehr gefallen
Wie oft hat nicht zu Weihnachtszeit
ein Baum von dir mich hocherfreut!
O Tannebaum, o Tannebaum
du kannst mir sehr gefallen!
O Tannebaum, o Tannebaum,
dein Kleid will mich was lehren!
Die Hoffnung und Bestandigkeit
gibt Trost und Kraft zu jeder Zeit
O Tannebaum, o Tannebaum
Dein Kleid will mich was lehren!

O Chirstmas tree
O Christmas tree, o Christmas tree
How loyal are your leaves/needles!
You’re green not only in the summertime,
No, also in winter when it snows.
O Christmas tree, o Christmas tree
How loyal are your leaves needles!
O Christmas tree, o Christmas tree
You can please me very much!
How often has not at Christmastime
A tree like you given me such joy!
O Christmas tree, o Christmas tree,
You can please me very much!
O Christmas tree, o Christmas tree
Your dress wants to teach me something:
Your hope and durability
Provide comfort and strength at any time.
O Christmas tree, o Christmas tree,
That’s what your dress should teach me.

CANTI DI NATALE –
O Tannenbaum (L’albero di Natale)
spartito ed mp3 qui:

Porta aperta per chi porta

Porta aperta per chi porta, canzoncina per bambini della scuola primaria, con testo, spartito stampabile e traccia mp3.

Porta aperta per chi porta
Testo

Porta aperta per chi porta,
chi non porta parta pur.
Chè non importa aprire la porta,
parta parta pur.
Porta aperta per chi porta,
chi non porta parta pur!

Porta aperta per chi porta
Canone per voce e flauto dolce
spartito e mp3 qui

CANTI DI NATALE Joy to the world – G. F. Haendel

CANTI DI NATALE Joy to the world – Spartito e file mp3 gratuiti, per flauto dolce e canto, testo inglese e italiano. Intorno al 1740 anche il famoso compositore G. F. Haendel, tedesco di nascita ma residente a Londra fin dal 1727, scrisse un bel canto natalizio, intitolato “Joy to the world” (Gioia al mondo).

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CANTI DI NATALE Joy to the world – G. F. Haendel
SPARTITO 3 mp3 qui:

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CANTI DI NATALE Joy to the world – G. F. Haendel
TESTO INGLESE

Joy to the word! The Christ is born.
Let earth receive her king.

Let ev’ry heart prepare him room
and heav’n and nature sing,

and heav’n and nature sing,
and heav’n and nature sing!

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CANTI DI NATALE Joy to the world – G. F. Haendel
TESTO ITALIANO

Oggi è nato il Redentor,
la terra esulterà.

Lasciate che ogni cuore
gli faccia un po’ di posto;

il cielo più bello sarà
e la terra sorriderà
col sorriso divino
del bambino Gesù!

Lui porterà la verità
e il mondo salverà.
Lasciate che ogni bimbo
gli canti una canzone.

Il cielo più bello sarà,
e la terra sorriderà
col sorriso divino
del bambin Gesù.

CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas

CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas, con testo inglese, spartito stampabile e traccia mp3.

Tra le usanze contadine inglesi agli inizi del 1800, vi era quella di cantare carole di porta in porta, o sotto la finestra, per essere compensati con qualcosa da mangiare. Questo canto, originario dell’Inghilterra occidentale, si adattava perfettamente a simili occasioni.

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CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas
TESTO

We wish you  a merry Christmas,
we wish you  a merry Christmas,
we 
wish you  a merry Christmas and a happy new year!

Good tidings we bring to you and  your kin;
good tidings for Christmas and a happy new year!

Now bring us some figgy pudding,
now bring us some figgy pudding,
now bring us some figgy pudding, and bring some out here!

Good tidings we bring to you and  your kin;
good tidings for Christmas and a happy new year!

For we all like figgy pudding,
for we all like figgy pudding,
for we all like figgy pudding, so bring some out here!

Good tidings we bring to you and  your kin;
good tidings for Christmas and a happy new year!

And we won’t go till we’ve got some,
and we won’t go till we’ve got some,
and we won’t go till we’ve got some, so bring some out here!

Good tidings we bring to you and  your kin;
good tidings for Christmas and a happy new year!

Traduzione:
Vi auguriamo un buon Natale e un felice anno nuovo.

Portiamo buone notizie a voi ed ai vostri cari, vi auguriamo un buon Natale e un felice anno nuovo.

Adesso dateci un po’ di budino di fichi e portatene un po’ anche qui fuori.

A noi tutti piace il budino di fichi, per cui portatene un po’ qui fuori.

E non ce ne andremo finchè non ce ne avrete dato un po’, così portatene un po’ qui fuori.

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CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas
SPARTITO e file mp3 qui:

Autunno (antico motivo asturiano)

Autunno (antico motivo asturiano) canto per bambini della scuola primaria, con testo, spartito sonoro stampabile.

Autunno (antico motivo asturiano)
Testo

1. Com’è triste il pianto dell’autunno che si muore!
Spento è ormai il canto sulle labbra del pastore…

2. Or la nebbia stanca si distende sulla terra
e la neve imbianca le alte cime della Sierra.

3. Solitario fiore vuoi tu dirmi le tue pene?
Muto è il tuo dolore ben lo so: l’inverno viene!

Autunno (antico motivo asturiano)
Spartito stampabile e file mp3 qui:

La lezione di silenzio di Maria Montessori

La lezione di silenzio di Maria Montessori – Maria Montessori ha raccontato come ha “scoperto” la lezione di silenzio, e come ha pututo osservare non solo la capacità del bambino di produrre silenzio, ma anche la grande gioia che ne prova.

Un giorno, in classe, aveva tra le braccia un bambino di quattro mesi, che dormiva placidamente. Allora ha chiesto ai bambini di osservare il suo sonno, e come fosse bello, rilassato, felice. Dopo poco i  bambini potevano persino sentire il suo respiro delicato. Così li ha invitati ad imitare il suo silenzio, ed i bambini hanno accolto curiosi questo gioco. Così, dopo poco, i bambini cominciarono ad accorgersi  delle gocce di pioggia che cadevano in cortile, e del canto di un uccello posato su un albero lontano.

I bambini avevano cessato ogni movimento e prodotto un silenzio collettivo, che è stato per loro una profonda esperienza artistica. E una liberazione.

Maria Montessori consiglia la lezione di silenzio come mezzo per portare i bambini ad un maggior livello di consapevolezza di sé. E’ un’esperienza che, una volta fatta, lascia al gruppo classe una coscienza nuova delle proprie capacità.

La lezione del silenzio è una lezione di gruppo, e si fonda sul rispetto degli altri.

Attraverso questo insegnamento i bambini arrivano alla comprensione del fatto che il silenzio è anche cessazione del movimento.

Per raggiungere il silenzio si richiede un grande sforzo di attenzione e una grande forza di volontà, ma si pone il bambino ad un livello superiore nella conquista di sé.

http://www.montessoripublications.com/silence.html

La lezione del silenzio non deve mai essere utilizzata per calmare il caos, per fare ciò è molto più corretto portare i bambini in giardino o in un altro ambiente, per fare qualcosa di speciale.

Ci sono molti modi per invitare i bambini al silenzio.

L’insegnante può sussurrare la parola “silenzio” molto dolcemente, o compiere un certo gesto preparato con cura e senso estetico.

photo credit: My Montessori Journey

In un primo momento, solo pochi dei bambini presenti in classe vi si immergeranno, ma ben presto tutti ne saranno contagiati.

Dopo due o tre minuti, quando tutti sono in silenzio, l’insegnante può cominciare a sussurrare il nome dei bambini dal fondo della stanza, da dietro la porta, dal giardino.

L’insegnante avrà cura di chiamare per primi i nomi dei bambini che fanno più fatica a stare in silenzio.

 

Tutti i bambini della classe devono essere chiamati.

Una volta che i bambini hanno esplorato il silenzio in gruppo, ne hanno conosciuto attraverso molte lezioni le qualità musicali, si può insegnare il gioco individuale del silenzio.

Allora, quando ne sente il bisogno, il bambino può di sua iniziativa prepararsi il materiale: un materassino, il cartellino “Silenzio” o altri simboli e strumenti utilizzati dall’insegnante durante la lezione collettiva, una clessidra e uno stumento sonoro che utilizzerà l’insegnante al termine dell’attività, e un piccolo cuscinetto di fiori di lavanda per gli occhi.

Dispone il materiale, si sdraia in posizione comoda e si sistema il cuscino sugli occhi.

photo credit: http://ateachertransformed.blogspot.com/2009/09/montessori-time-out.html

I simboli che indicano la lezione di silenzio, servono agli altri bambini a chiarire che si tratta di un lavoro che il compagno di classe sta eseguendo e che non può essere osservato e disturbato.

Esistono molte varianti della lezione di silenzio. Le prime volte è consigliabile chiedere ai bambini di chiudere gli occhi.

Chiamare i bambini ad uno ad uno può essere un modo di terminare le lezioni di silenzio collettive, altri modi possono essere predisporre una clessidra e un piccolo campanellino dal suono lievissimo, che deve essere usato esclusivamente per la lezione di silenzio, e in nessuna altra occasione scolastica.

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Disclaimer: “Per redigere questa mia presentazione ho utilizzato i miei album e appunti personali e consultato vari album di altri autori e articoli nel web. Per leggere online o acquistare le copie legali di tali opere consultate segui i link:
– The silence game di Infomontessori.com
– The silence game  di montessoriteacherscollective (Moteaco)
– The silence game di wikisori.org
– The silence activity di montessoricommons.cc
– The silence lesson
 di montessoriworld.org
– Introduction to the exercises of practical life di montessoricommons
– The joyfull child di Susan Mayclin Stephenson
– The importance of the silence game di montessoriservice.com
– Montessori foundation activities – The silence game di montessoritraining.blogspot.it
MANUAL 2: MONTESSORI EXERCISES OF PRACTICAL LIFE di Montitute.com
PRACTICAL LIFE teacher manual di khtmontessori
MONTESSORI PRACTICAL LIFE MANUAL di montessoritraining.net
PRACTICAL LIFE MANUAL EARLY CHILDHOOD.PDC di themontessoriparent.com, che ha suggerito l’aggiunta di questo disclaimer in accordo con la sua politica di copyright.
Ho inoltre consultato i testi di riferimento di Maria Montessori per le attività di vita pratica:
Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini
La scoperta del bambino.
Per una bibliografia completa delle opere di Maria Montessori vai qui.

 

Poesie e filastrocche: La grammatica

Poesie e filastrocche: La grammatica. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Verbi ausiliari
Il verbo avere andò pavoneggiandosi:
“Io ho, ho avuto ed ebbi e avrò
e nulla al mio confronto è il verbo essere…”
Questi tacque e più saldo in sè poggiò.
Quando saliron dell’Eterno al trono
“E’ il nome mio” disse il Signore “Io sono”. (L: Schwarz)

 

Le qualità
Verde verde, l’erba lungo il ruscello
folto folto, il salice nel giardino
liscia liscia, la canna del bambù
bianca bianca, la colomba sul davanzale
snella snella, la biscia sul prato
nera nera, la notte che viene
tutto tutto, ha la sua qualità.

 

Filastrocca corta e matta
Filastrocca corta corta,
il porto vuole sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice: “Mio figlio è il mulino;
la mela dice: “Mio nonno è il melone;
il matto vuole essere un mattone;
e  sapete cosa vuole il più matto della terra?
Vuole fare la guerra. (G. Rodari)

 

(in costruzione)

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recite per bambini – Grammatica in rima

Recite per bambini – Grammatica in rima. Vengono presentati, in rima, nome, articolo, aggettivo, verbo, avverbio, pronome, congiunzione, preposizione, interiezione, per l’analisi grammaticale; proposizione, soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, per l’analisi logica. Il testo si presta ad essere drammatizzato, o anche possono essere usate come filastrocche le varie parti, per rendere più divertente l’approccio all’analisi grammaticale.

Nel teatrino illuminato, il sipario già s’è alzato.
Or vedrai venire fuori, sulla scena nove attori.
Del Discorso son le Parti, che mi piace di mostrarti.
Ecco il NOME, il buon curato, che battezza ogni neonato.
Gli è accanto un chirichetto, che l’ARTICOLO vien detto.
Gli si pone ora vicino l’AGGETTIVO, un arlecchino.
Entra un paggio vellutato, che PRONOME è nominato.
Ecco il VERBO, il gran regnante, del discorso il più importante.
Queste parti presentate, son VARIABILI chiamate.
Altre quatto ora verranno, e INVARIABILI saranno.
Entra prima quel donnone di comar PREPOSIZIONE.
Poi l’AVVERBIO, passo a passo, sempre uguale, grasso e basso.
CONGIUNZIONE è una damina seria e niente chiacchierina.
Viene infin col suo bastone quella vecchia INTERIEZIONE.
Nove parti e non di più e il sipario scende giù.
“Bello, bello! Bene, bene!” gridan tutti a voci piene.
“Bravo, bravo! Per piacere, ce li fate rivedere?

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Il nome

Ogni cosa che vediamo, con un NOME la chiamiamo.
Le persone, gli animali, e le piante e i minerali.

Città, fiumi, monti, stati, son dai nomi nominati.
Molti nomi conosciamo, or tanti altri ne impariamo.
E nei lor significati, ti saranno ben spiegati.
Chè conoscere per bene, ogni cosa ti conviene.
E’ pertanto necessario, proprio un buon vocabolario.
Dove i nomi son segnati, con i lor significati.

Con la nascita si pone, NOME PROPRIO alle persone
e di nomi ne son tanti, quanti son le sante e i santi
Carlo, Marta, Anna, Maria, Pietro, Alberto, Ida, Lucia
le città e i monti e i mari, nomi propri son del pari
se tu guardi la cartina, già ne trovi una ventina
Roma, Napoli, Torino, Alpi, Tevere, Appennino
nome proprio è Italia mia, il più bello che ci sia!

Gabbia, uccello, sedia, pruni, questi NOMI son COMUNI
sono i nomi delle cose quasi sempre numerose
sono nomi di animali, fiori, piante, minerali
chè le cose, belle o brutte, certo un nome l’hanno tutte
ecco i nomi tra i più belli, mamma, babbo, zio, fratelli
sono brutti per davvero fame, guerra, cimitero
“Io fra i brutti” dice Lola “metto libro, studio, scuola
e tra i belli passeggiata, giochi, feste e cioccolata!”

Ora I GENERI ti canto, che son due e due soltanto
Uno è il genere maschile, l’altro è quello femminile
son maschili i nomi Gino, babbo, figlio, soldo, lino
femminili son Teresa, mamma, scuola, nonna, chiesa
faccio un gioco, dal maschile volgo i nomi al femminile
da cavallo, zio, padre, vien cavalla, zia e madre
e dall’oste vien l’ostessa, da dottore dottoressa
vien dal re la sua regina e dal gallo la gallina
ecco l’albero è maschile, ma il suo frutto è femminile
melo e pero se piantiamo, mela e pera poi mangiamo
ed il pesco dà la pesca vettutata buona e fresca.

Anche i NUMERI son due, come i corni d’un bel bue
il plurale e il singolare che dovrai ora imparare
ma se un poco stai attento, tu li impari in un momento
sono nomi al singolare in soldato, un libro, um mare
ma due libri, tre soldati, al plurale son passati
singolare sono orgoglio, ago, pesca, amico, foglio
al plurale fanno orgogli, aghi, pesche, amici, fogli
“Ecco qui” dice Giorgetto “singolare è un solo oggetto
se gli oggetti sono in più, il plurale spunta su!
Una pera, quattro pere, la bandiera, le bandiere
L’ho capito e con giudizio, ora faccio l’esercizio.

Pur essendo al singolare, qualche nome può indicare
molti oggetti, la riunione di animali o di persone
come popolo, pollaio, gregge, classe, formicaio
come folla, battaglione, schiera, esercito, legione
ora i nomi qui segnati, COLLETTIVI son chiamati
“Collettivi” dice Andrea “Son comizio ed assemblea
dove sono radunati furbi, sciocchi e sfaccendati”.

Bue, aratro, casa, abeti, questi nomi son CONCRETI
di materia son formati, son veduti, son toccati
é concreto il nome giglio, come stella, come figlio
se le cose le vedere, dite pur che son concrete
ma l’onore è nome ASTRATTO, di materia non è fatto
che esso esista ci si crede, ma con l’occhio non si vede
così pure la costanza non ha forma nè sostanza
nomi astratti son pietà, gloria, astuzia ed onestà
or distinguere saprete, cose astratte da concrete
Carlo, tu, sempre distratto, l’hai capito il nome astratto?
Dice Carlo un poco offeso “Credo sì di aver compreso
ciarle e sogni sono astratti e concreti sono i fatti
chè le chiacchiere col vento se ne vanno in un momento
solo i fatti, brutti o lieti, solo i fatti son concreti
sicchè dicono anche  i matti ‘Meno chiacchiere e più fatti’ “

Vanno i nomi ora spiegati, PRIMITIVI e DERIVATI
ecco, prendo il nome ulivo, questo nome è primitivo
ma uliveto è derivato, dall’ulivo è generato
e da giorno vien giornale, e da tempo temporale
da campana campanile, e da cane vien canile
“L’ho capito, l’ho capito!” tutto allegro esclama Tito
“Primitivo rassomiglia proprio a un padre di famiglia
sono i figli derivati, che han del padre i connotati
ecco il nome legno io piglio, questo padre ha più di un figlio
ha legnaia ed ha legname, legnaiolo e falegname
questi quattro detivati son dal legno ricavati”
“Ma non va dimenticata” dice Carlo “la legnata!”

Per far crescere gli animali, come pure i vegetali
certo occorrono degli anni, se non giungono malanni
ora qui, col mio talento, cresceranno in un momento
siano cose che persone, con l’aggiunta sol di un ONE
non ci credi? Vieni qua, or la prova ti si dà
prendi un gatto, aggiungi un ONE, ed ottieni un bel gattone
e da un libro hai un librone e da zucca uno zuccone
ora alcuni sentirai che son falsi e riderai
da una botte hai un bottone, poi da un monte un bel montone
dice Giorgio, quel ghiottone, “Da una torre avrò un torrone?”

No, non piace il mio arrivo, perchè son DISPREGIATIVO
sì, mi piace disprezzare, ho il poter di peggiorare
vuoi sapere come faccio? ecco, aggiungo ai nomi un accio
quando l’ho così conciato, vien da tutti disprezzato
di una carta fo cartaccia, di una casa fo casaccia
ma non credo ti dispiaccia, se di foca fai focaccia
“Certamente non dispiace” dice Anna “anzi mi piace
ma vorrei che fosse vera la focaccia e bella intera
mentre questa qui segnata sol di chiacchiera è impastata
che volete che io ne faccia, d’una simile focaccia?”

Ecco un altro gran portento! Io ti posso in un momento
ogni cosa impicciolire, ogni oggetto ingentilire
non con l’ascia o lo scalpello, ma con ino, un etto, un ello
quando al gatto attacco un ino, lo riduco a un bel gattino
se al mio libro aggiungo un etto, io ne faccio un bel libretto
a campana metto un ello, e poi suono il campanello
ci son poi diminuitivi che son falsi, son cattivi
senti questi e non m’inganno, il tuo riso desteranno
ho una pulce aggiungo un  ino, cosa ottengo? Un bel pulcino
E da un tacco? Un buon tacchino. E da un mulo? Hai un mulino.
“Matto” infine dice Nello “Matto è un nome pazzerello.
Se l’accresci con un one, hai che cosa? Un buon mattone.
Lo riduci con un ino e ne ottieni un bel mattino!”

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Gli articoli

Oh, gli ARTICOLI, le belle, operose particelle
quando ai nomi le premetti sono come i chirichetti
ed i nomi accompagnati meglio son determinati
Vuoi vederli? Eccoli qua: singolare il lo e la
ve ne sono poi altri tre, pel plurale: i, gli e le
scrivi qunque il professore, la fontana, lo scultore
e al plurale i professori, le fontane, gli scultori
ecco qua sei scolaretti pronti a fare i chirichetti
per poter un po’ giocare e gli articoli imparare
or cantate intorno a me: il, lo, la, i, gli, le.

La è articolo gentile, per il nome femminile
e non sbagliare non puoi mai, altro articolo non hai
che a tal genere conviene, perciò LA va sempre bene
metti LE poi al plurale, la cicala le cicale
per maschili hai IL e LO, ora di essi ti dirò
qual dovrai adoperare, senza tema di sbagliare
quando il nome ha l’iniziale ESSE impura o una vocale
o se ZETA ci vedrai, sempre LO tu metterai
per esempio lo zampino, l’orologio, lo stanzino
al plurale gli zampini, gli orologi, gli stanzini
se poi vedi l’iniziale consonante e non vocale
metti un IL bello e pulito, ed il nome è ben servito
così scrivi il canarino, il pavone ed il tacchino
al plurale i canarini, i pavoni ed i tacchini
se lo zero non dirai, certamente zero avrai
dice Andrea: “Voglio provare che li so adoperare
l’ortolano, lo studente, lo scolaro ed il serpente
poi lo zucchero e lo spillo, il leone e il coccodrillo
poi lo zio ed ho finito, vedi ben che l’ho capito”.

Altri articoli son questi, ma più semplici e modesti
UN ed UNO son maschili, UNA è sol pel femminile
tre soltanto, meno male, e neppure hanno il plurale
or li adopero: uno sciocco, una stella ed un balocco
“Un balocco!” esclama Puccio “Quale quale, un cavalluccio?
Uno schioppo? Un organino? Un pallone? Un bel teatrino?
Preferisco una trombetta e una bella bicicletta”
“Io vorrei, dice Giancarla “una bambola che parla”

L’aggettivo

L’AGGETTIVO è un arlecchino rosso, verde, blu, turchino
esso al nome sempre dà una qualche qualità
certo il nome non modifica, sol gli dona una qualifica
se ti dicono educato, sei così qualificato
babbo è serio ed operoso, bello è il giglio ed odoroso
quei monelli son cattivi, guarda un po’ quanti aggettivi
se per poco ti ci provi, Piero quanti tu ne trovi
del maestro quali sono gli aggettivi? Bravo, buono
della scuola di’ qualcosa, ora allegra ora noiosa.

L’aggettivo che qualifica, può subir qualche modifica
che di GRADO può passare come fosse un militare
primo grado è il positivo: buono, bello, aspro, cattivo
questi esprimon solamente qualità semplicemente
senza forme accrescitive e neppur diminuitive
dice Arturo: “Ecco aggettivi tra i migliori positivi
forte, svelto, laborioso, giusto, onesto, generoso”
“Ed aggiungo” dice Ornella “buona, brava, saggia e bella”.

Altro grado d’aggettivo detto è poi COMPARATIVO
perchè fa comparazione sia tra cose che persone
primo è quel di MAGGIORANZA: sei più brava di Costanza
poi c’è quel di MINORANZA: sei meno altra di Speranza
d’UGUAGLIANZA infin ti dico: sei alto tanto quanto Enrico
così buona come Gemma, tanto vispa quanto Emma
Se hai capito ora mi scrivi questi tre comparativi?
ed io scrivo: “Io sì, di Checco son più alto, son più secco
ma in compenso son di Rocco meno grullo e meno sciocco
poi son tanto birichino, quanto Mario e quanto Gino
così ho fatto maggioranza, minoranza ed uguaglianza”.

Or passiamo al grado altissimo, come dir generalissimo
ecco qui il SUPERLATIVO, che è assoluto e relativo
l’ASSOLUTO è facilissimo, basta aggiunger solo un issimo
da una cara vien carissima, da una bella vien bellissima
l’altro poi superlativo, quello detto relativo
io lo formo in un baleno, premettendo il più o il meno
così dico il più curioso, il meno alto, il più noioso
dice Mimmo, un frugolino, della classe il più piccino
“Sulla sedia faccio un salto, e di tutti son più alto
ora tutti vi sorpasso e vi guardo d’alto in basso!”
Quanti grandi che tu vedi, han la sedia sotto i piedi.

POSSESSIVI, da possesso, son di corsa giunti adesso
stai attento, io te li mostro: mio tuo suo e nostro e vostro
poi c’è loro e niente più, su ripetili ora tu
tutti questi son maschili, ci son poi i femminili
e ciascuno, è naturale, è fornito di plurale
nello scritto che farai,  tutti tu li segnerai
ma un esempio è ben ch’io dica, per ridurti la fatica
il mio libro, i miei strumenti, la mia zia, le mie parenti
la nostra arte, i nostri cuori, le nostre ansie, i vostri errori
poi c’è loro, ch’è invariabile, così dico il loro stabile
come dico i loro figli, le loro armi, i loro artigli.
Dice Luca assai mordace: “Possessivo, sì mi piace!
La mia casa che non ho, i tuoi campi non li so
i miei libri li ho prestati e nessun me li ha ridati
e così da possessivi, son passati donativi.

Salutiamo i nuovi arrivi, gli aggettivi INDICATIVI
Ora di essi io fo appello: questo c’è, codesto e quello
ci son pure stesso e tale, e medesimo, altro, quale
questa è cosa accanto a me, e codesta accanto a te
quella cosa in verità, da noi due lontana sta.

Ora giungono graditi gli aggettivi INDEFINITI
essi esprimono si sa, una incerta qualità
e per questo son chiamati altresì indeterminati
poco, tanto, altro, ciascuno, molto troppo ogni nessuno
qualche alcuno tutto alquanto, e parecchio ed altettanto
ce ne son degli altri ancora, ma fermiamoci per ora.

Nella scuola quanti siamo? Per saperlo ci contiamo
un due tre… sei sette otto…, diciassette poi diciotto
due alunni sono assenti, in totale siamo venti
ecco i numeri segnati, aggettivi son chiamati
AGGETTIVI NUMERALI ed aggiungi CARDINALI.

Ordinato è il buon Lindoro, nelle cose e nel lavoro
un alunno sì ordinato, studia meglio ed è lodato
la sorella sua Simona, è il disordine in persona
e il disordine bel bello, passa pure al suo cervello
le famiglie e scuole e stati, voglion essere ordinati
or per l’ordine io prescrivo l’AGGETTIVO ORDINATIVO
Claudio è il primo della fila, tiene in mano lui la pila
il secondo è poi Pierino, Carlo il terzo, quarto Gino
Leo il quinto e poi Ernesto, se non sbaglio, è proprio sesto
ma chi è l’ultimo lo so, quel simpatico Totò
ora i bimbi qui chiamati, sono tutti già ordinati
ecco dunque gli aggettivi numerali ordinativi
scatta e dice ora Totò “Che son ultimo lo so
tu però nell’ordinare, puoi dall’ultimo iniziare
ecco allora in un momento, io primissimo divento”

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La preposizione

Viene adesso quel donnone, di comar PREPOSIZIONE
è una brava mercantessa, invariabile pur essa
quando è semplice ci porta, regalucci nella sporta
sono nove parolin: di a da con su per in
fra e tra e nulla più, contentarsi è gran virtù
or vogliamo adoperare, i regali di comare
cuor di mamma, per la via, vien da casa, con la zia
in silenzio, ho da parlare, vado a letto a riposare
ma quest’A, stai ben attento, non ha l’ACCA nè l’accento.

Ma purtroppo quando ha voglia, la comare poi ci imbroglia
non per niente ho detto ch’essa, è una brava mercantessa
le sue piccole parole, han paura a stare sole
così spesso le trovate, agli articoli abbinate
di con la ci danno della, in e la producon nella
a con lo compongon allo, da con lo ci forma dallo
comprendete come questi, son dei veri e propri innesti
matrimoni belli e buoni, che ci dan preposizioni
quelle dette ARTICOLATE, che van tutte ben studiate.

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L’interiezione

Son la vecchia col bastone e mi chiamo INTERIEZIONE
io pel mondo giro e giro, or sorridi ed or sospiro
tra le gioie e il pianto io vivo, porto il punto esclamativo!
con un’ACCA sempre addosso grido, esclamo più che posso
oh che perdita! ah che gioia! ahi mi dolgo! uffa che noia!
deh mi salvi! ahimè mi pento! Ih che fetta! Ohibò che sento!

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La congiunzione

Ma chi batte al mio portone? Ecco vien la CONGIUNZIONE
favorisci, signorina, ti aspettavo stamattina
entra, mettiti a sedere, cosa porti, fai vedere
già, tu porti quegli anelli, per congiunger questi con quelli
son carini, belli assai, signorina me ne dai?
t’assicuro, non abuso, piglio quelli più nell’uso
scelgo un’ E, poi scelgo un O, un eppure ed un perciò
prendo un quindi ed un perchè, ed infine un dunque e un che
grazie grazie, starò attento, che quest’E non porta accento
e che un O se congiunzione, non ha l’ACCA sul groppone
ora un’E mettiamo in prova: pane e burro, frutta e uova
oh che buona colazione, per la bella congiunzione.

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Il pronome

Se il maestro è un giorno assente, vi fa scuola il buon supplente
nel discorso pure il nome, ha il supplente ed è il PRONOME
quando il nome scomparisce, il pronome lo supplisce
e si dice che il pronome, fa le veci ognor del nome
come un paggio, in tutte l’ore, è al servizio del signore
ore del nome, state attenti, vi dirò tutti i supplenti
vi dirò tutti i pronomi, che le veci fan dei nomi.

I PRONOMI PERSONALI certo sono i principali
hanno infatti la missione di supplire le persone
essi vengono studiati in tre gruppi separati
son divisi in tre persone per non fare confusione
son di prima l’io e il noi, di seconda il tu e il voi
son di terza gli e coloro, lui e lei, ed essi e loro
e si aggiungono altresì lo, la, le e gli li
che pronomi sono anch’essi, quando a un verbo sono premessi
per esempio io lo richiamo, tu le scrivi, noi gli diamo.

Ci son certe PARTICELLE che ci paiono gemelle
piccoline, quasi uguali, dette son PRONOMINALI
te le mosto, eccole qui, sono mi ti si ci vi
e poi me te se ce ve, con l’aggiunta pur di un ne
or le adopero: mi piace, ti saluto, mi dispiace
vieni a me, io corro a te, tu ne parli, pensa a sè.

Or vedete qui riuniti i PRONOMI INDEFINITI
hanno questi la missione d’indicar cose e persone
in maniera imprecisata, vaga ed indeterminata
essi sono: altri ciascuno, niente chiunque qualcheduno
chicchessia e nulla e tanto, e nessuno e tutti e alquanto
bada, veh, che son pronomi, se non hanno accanto i nomi
altrimenti tu li scrivi, come sai , tra gli aggettivi
“Il pronome” dice Arturo, ” è un supplente un poco oscuro
par che faccia il doppio gioco, che agli onesti piace poco
ci vorrebbe un distintivo, pel pronome e l’aggettivo.

Senti un po’, senti una cosa, veramente assai curiosa
tu ricordi gli aggettivi, quelli detti INDICATIVI?
essi possono mutare, e PRONOMI diventare
a spiegarlo si fa presto, ecco qua prendiamo questo
se c’è un nome a lui vicino, per esempio questo tino
questo allora è un aggettivo, propriamente indicativo
Ma se dico solamente “questo è cotto” e poi più niente
senza dir che cosa è cotto, se l’arrosto o se il risotto
questo allora tu lo scrivi, tra i pronomi indicativi
perchè qui fa da supplente, ad un qualche nome assente
altri esempi vorrei quelli, questa è buona, quei son belli
anche ciò va poi aggiunto, e con ciò io faccio il punto.

Dei pronomi pel finale, or presento che e il quale
posso aggiungere altresì, anche cui ed anche chi
questi quattro ultimi arrivi, sono detti RELATIVI
che pronome sempre vale, come se dicessi il quale
negli esempi qui segnati, or li vedi adoperati
questo è un libro che diletta, c’è lo zio il quale aspetta
dico solo a chi è segreto, la ragion per cui son lieto
attenzione poi perchè, questo chi e quale e che
tu li puoi adoperare, quando devi interrogare
ecco allor da relativi, passan a INTERROGATIVI
per esempio: che succede? Quale scegli? Chi mi vede?
E così, Dio sia lodato, il pronome è terminato.

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Il verbo

Le bandiere tutte al vento per il grande  avvenimento
viene il VERBO quel regnante nel discorso il più importante
a regione va superbo, è un monarca il grande verbo
cos’è il verbo? E’ un’azione sia di cose o di persone
per esempio io posso amare, posso scrivere e giocare
e tu puoi sentire e bere, puoi studiare, poui cadere
e la rosa può fiorire, può odorare, può appassire
queste azioni che ho segnate tutte verbi son chiamate
altri verbi vorrei dire, ma ho gran voglia di finire.

Guarda un verbo può finire solo in are ere o ire
son le tre terminazioni dette tre coniugazioni
è la prima quella in are, come andare, stare, entrare
la seconda è quella in ere, come credere e vedere
poi la terza è quella in ire, come offrire uscire e dire.

Pur nel verbo puoi notare il plurale e il singolare
quando è fatta qualche azione da più cose o più persone
certo allora è naturale che quel verbo sia plurale
per esempio gli astri brillano, noi cantiamo, i bimbi strillano
ma se invece è sola sola, quel che canta, brilla, vola
una ed una solamente, quel che sboccia, strilla, sente
ecco allor non puoi sbagliare, cono verbi al singolare
perchè il verbo, insomma è detto, che si accorda col soggetto.

Giunto è il tempo di imparare tutti i verbi a coniugare
prima l’essere e l’avere a puntin dovrai sapere
quindi i verbi regolari, e poi quelli irregolari
un po’ strano questo verbo, è davvero un re superbo
or si mostra transitivo, or lo vedi intransitivo
or lo trovi regolare, ora invece è irregolare
ora è attivo, ora è passivo, spesso spesso è riflessivo
e talvolta è impersonale, che regnante originale
ed aggiungo che ha tre trono per le tre coniugazioni
cinque modi ha per mangiare, molti tempi per ballare
tre persone per suonare e due numeri a cantare
tutta questa gran famiglia il cervello mi scompiglia.

Che vuol dire transitare? Transitar vuol dir passare
ci son verbi transitivi, ci son verbi intransitivi
riconoscerli dobbiamo, e dai primi cominciamo
transitivo un vetro pare, che la luce fa passare
fa passare ogni azione, quelle tristi e quelle buone
e l’azione dal soggetto, passa al complemento oggetto
transitivi son mangiare, bere, cogliere, aspettare
bevo l’acqua, mangio un panino, colgo un giore, aspetto Gino
qui la cosa è un po’ curiosa, se domando chi? Che cosa?
e risposta mi darà, transitivo allor sarà
oh, che modo sbrigativo, per trovare il transitivo.

Meglio il verbo INTRANSITIVO, ciò che fa, buono o cattivo
sol per lui se lo mantiene, di passarlo se ne astiene
non è vetro, nè cristallo, ma una lastra di metallo
che non fa giammai passare, ogni luce che vi appare
senza il complemento oggetto, qui l’azione resta al soggetto
sono verbi intransitivi essi andarono, tu arrivi
io cammino, noi entriamo, ci fermiamo e riposiamo.

Ecco il verbo ha forma attiva, e può aver forma passiva
per spiegarlo stamattina, entro un po’ nella cucina
mamma cuoce un buon cappone, chi la fa la bella azione?
la fa mamma, che è il soggetto, la riceve poveretto
quel cappone non più vivo. Ecco cuoce è un verbo attivo.
Ma se dico, un po’ mutato, il cappone è cucinato
qui il soggetto è quel cappone, che riceve lui l’azione
ed il verbo è cucinato, in passivo s’è mutato.

All’attivo ed al passivo segue il verbo riflessivo
questo verbo è un po’ burlone: il soggetto fa l’azione
ed il verbo per diletto, la riflette sul soggetto
e l’azione, in verità, così torna a chi la fa
riflessivi sono coprirsi, annoiarsi, divertirsi
nota bene, i verbi qui, voglion mi, ti, ci, vi, si
l’ausiliare poi deve essere, sempre sempre sempre l’essere
per esempio io mi diverto, ti sei alzato, si è coperto
noi ci amiamo, voi vi alzate, esse si erano stancate
ecco prendo uno specchietto, contro il sole poi lo metto
lo specchietto cosa fa? lo riflette or qua or là
guarda il sol come riluce, dove il gioco lo conduce
spesso il verbo è uno  specchietto, che riflette sul soggetto.

Allegria! Ora si pranza, ogni MODO una pietanza
cinque i modi e cinque piatti, ben sarete soddisfatti
se con calma mangerete, meglio i modi gusterete
primo piatto INDICATIVO, segue poi l’IMPERATIVO
è pesante il primo, è vero, ma il secondo è assai leggero
CONGIUNTIVO è una portata, un po’ dura un po’ salata
ma è seguita, meno male, da quel buon CONDIZIONALE
e poi ecco l’INFINITO, che è quel dolce ben guarnito
con GERUNDIO al cioccolato, PARTICIPIO zuccherato
così il pranzo è terminato, ed i modi tu hai imparato.

Or del verbo senti quali, sono i modi principali
quando dico “Mangio adesso”, il presente viene espresso
ma se dico io ho mangiato, questo è un tempo già passato
per futuro poi dirò, che domani mangerò.

Ora spiego e metto a posto, tempo semplice e composto
quando è semplice ha una sola, voce, unica parola
come: andavo, leggerò, studierebbe, lavorò
questi tempi ora li detto: il presente e l’imperfetto
il futuro e quel passato, che remoto è nominato
pei composti è necessario, che intervenga l’ausiliario
due parole allora avrai, e un composto formerai
per esempio sono uscito, ero entrato, avrei gradito
ai composti van segnati, e passati e i trapassati.

Ecco in essere e in avere, gli ausiliari puoi vedere
essi debbono aiutare, gli altri verbi a coniugare
questo ausilio è a loro imposto, quando un tempo vien composto
qualche verbo ora ti dico, che dell’essere è un amico
stare andare entrare uscire, cader scendere salire
così scrivi essere andato, ero sceso, sarei stato
altri verbi invece e tanti, sempre avere hanno davanti
dici quindi io ho bevuto, hai pranzato, avrà creduto
aver detto, avere udito, hanno scritto, avrei capito.

Claudio s’alza, fa un inchino, e poi dice pian pianino
“L’uno e l’altro non dispiace, ma più l’essere mi piace
sol per l’essere qui sono, e son vivo e sono buono
scherzo sì ma in verità, chiudo in cuor tanta bontà
or credete son fanciullo, gioco rido mi trastullo
ma nell’anima io sento, un profondo sentimento
per le cose vere e belle, per i fiori per le stelle
per la mamma che consola, per gli amici per la scuola”.

Dell’avere ora ci parla, quella birba di Giancarla
e Giancarla, con bell’arte, così recita la parte
“Dell’avere che dirò? Le ricchezze io no, non ho
non ho gemme perle ed ori, ma posseggo altri tesori
altri beni ancor più rari, ho l’affetto dei miei cari
ho la buona mia mammina, come un angelo vicina
chi mi cura e che mi guida, che mi loda che mi sgrida
poi un un cuor che non oscilla, ho una mente che scintilla
ho una grande volontà, che un bel giorno fiorirà.”

Ecco qui le tre persone, che del verbo fan l’azione
tante sono proprio come, le persone del pronome
con cui vivono a braccetto, nell’accordo più perfetto
e la prima vuoi trovarla? E’ colei la quale parla
son di prima: io dico io chiamo noi verremo noi scriviamo
la seconda per trovarla, guarda a quello a cui si parla
di seconda son voi siete tu comprendi voi saprete
e la terza puoi trovarla, in colei di cui si parla
son di terza egli obbedì essi vanno il babbo uscì
negli esempi son ben chiari, i plurali e i singolari.

Questo verbo impersonale, proprio agli altri non è uguale
è un gran povero padrone, se gli mancan due persone
e lo puoi sol coniugare con la terza singolare
questi verbi son tuonare, grandinare, nevicare
e poi piovere albeggiare e fioccare e balenare
così dici pioverà, albeggiava, fioccherà
ed aggiungi pur tuonò grandinava nevicò
questi verbi poverelli, a me sembrano pur belli
non ci trovi confusione, quell’imbroglio di persone
così  semplici e modesti, non son mai troppo molesti
mentre invece ogni altro verbo, mette innanzi l’io superbo
l’io gerarca l’io borioso, sempre l’io più pretenzioso
verbi verbi, per pietà, un pochino d’umiltà
e cercate essere uguali, ai colleghi impersonali.

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L’avverbio

Or l’AVVERBIO viene a te, invariabile com’è
lui s’avanza passo a passo, sempre uguale grasso e basso
salutiamo, giù il cappello, salve a te, sei sempre quello
volentieri si saluta, chi non cambia, chi non  muta
stai attento questi avvervi, or modificano i verbi
ora invece gli aggettivi per esempio poco scrivi
sempre bello, non mi sente, scrivi troppo lentamente
non so dirti proprio quanti, ma di avverbi ne son tanti
son però ben ordinati, nelle specie separati
ecco qui le principali, con gli avverbi più usuali
son di tempo poi adesso, ora e sempre quando e spesso
son di luogo dove e qua, sopra e sotto dentro e là
quantità sono più e tanto, poco assai e molto e quanto
certo e sì di affermazione, mai non nè di negazione
son di modo dolcemente, così come lentamente
poi di dubbio forse e ma, basta basta per pietà
tutti gli altri se vorrò, nel mio libro troverò.

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Analisi logica

Le proposizioni

Guarda il ciel, lo vedo scuro, dico allora il cielo è oscuro
vedo mamma che sorride, dico allor la mamma ride
queste semplici espressioni, sono due PROPOSIZIONI
che son poi dei pensierini, assai facili e piccini
mamma e ciel di cui parliamo, qui SOGGETTI li chiamiano
ride è oscuro son chiamati, propriamente PREDICATI
ecco il babbo lavorava, la farfalla svolazzava
i bambini sono buoni, sono tre proposizioni
che son semplici chiamate, perchè solo son formate
dal soggetto e il predicato, come bene avrai notato.

Se un pochino state attenti, io vi spiego i complementi
son gli amici più fidati, di soggetti e predicati
sono i buoni messaggeri, che completano i pensieri
ecco il COMPLEMENTO OGGETTO, che chiamato è pur diretto
chi? Che cosa? chiederai, se conoscerlo vorrai
noi amiamo (chi?) il nonnino, Lea comprò (cosa?) un gattino
io ascolto la maestra, tu chiudesti la finestra
ecco qui ben chiari e netti, quattro complementi oggetti
che son poi tra tutti quanti, certamente i più importanti
tutti gli altri complementi, hanno nomi differenti
per adesso li riuniamo, e indiretti li chiamiamo
or qualcuno ve ne dico, Gianni scrive oggi all’amico
Nina torna dalla scuola, sento un buon odor di viola.

(Autore ignoto)

Recite per bambini – Grammatica in rima. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche: difficoltà ortografiche

Poesie e filastrocche: difficoltà ortografiche per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste: ca cu co, che chi,  ci ce, cqu, gl, gn, mp mb, qui quo qua que, sc, ha a, c’è c’era, consonanti doppie, apostrofo, accento, divisione in sillabe, segni di interpunzione.

CA CU CO

Cuoco cuoco, cuoci un poco
nel tuo forno grande e fondo
la focaccia dall’odore
che rallegra il nostro cuore.
Scuote mamma i panni al sole
spuntan già le prime viole
Batte il cuoio il ciabattino
nel suo buio sgabuzzino
Zappa il babbo la sua aiuola
mentre il bimbo corre a scuola.

 

Chi e Che

Tre vecchiette stanche
su tre panchine bianche.
Tre tacchini neri
con tre becchi fieri.
Tre pesche per tre bambini
tre lische per tre gattini.

 

Che chi, ce ci

La Checca aveva un gallo
rosso verde e giallo
che allo spuntar del dì
facea Chicchirichì.
La Cecca sua sorella
aveva un bel fringuello
che allo spuntar del dì
facea cicciricì.

Un dì era freddo atroce, e l’acca senza voce
rifugio domandò al ca, al cu, al co
tutti risposero. NO.
Pietosa una vocina, allora di sentì
vieni da noi piccina, vieni tra il ce e il ci
rispose l’acca. SI’.

Cade cheta
come stanca
l’aria chiara
che su cose
case e chiese
batte e canta.
Nella cesta
sta l’arancia
le ciliegie
nella pancia
se sei un ciuco
tiri calci
se sei un sorcio
stai nel cacio
se sei un bimbo
mandi un bacio.

CI e CE

Ci e Ce erano amici: a Ci piaceva Ce
a Ce piaceva Ci. Erano due piccoli
cinesini di marzapane, alti così
tanto ma tanto carini
“Sei dolce Ci” diceva Ce
“Sei dolce Ce” diceva Ci.
Passavano i giorni a darsi bacetti
erano esposti nella vetrina
della più bella pasticceria
della citta di Cincillà.
Diceva la gente passando di là:
“Si amano proprio alla follia
quei due graziosi pupazzetti
poco più alti di due confetti”.
Venne il giorno che si sposarono
il piccolo Ci e la piccola Ce.
Da quel giorno oltre che amici
furono anche sposi felici

Se accanto a me si trova l’E
o giù di lì capita l’I
ho il suono dolce, leggi con me
CI CE, CI CE
ma se vien qua madama A
o il signor O con tanti ohibò
che insieme ad U sbuffa di più
allora il suono si fa più duro
come in CANGURO
sentilo qua: CU CO CA
ripeti su: CA CO CU
ancora un po’: CA CU CO

Cade cheta come stanca l’acqua chiara
che su cose case e chiese batta e canta
nella cesta sta l’arancia
le ciliegie nella pancia
se sei un ciuco tiri calci
se sei un sorcio stai nel cacio
se sei un bimbo mandi un bacio.


Lucciola, lucciola, vieni da me
ti darò un pan da re
ti darò un pan da regina.
Lucciola lucciola lucciolina.

Cincirinella aveva un bel gallo
tutto il giorno ci andava a cavallo
ricco di briglia, di sproni, di sella,
evviva il gallo di Cincirinella!

cqu

Piove piove
l’acqua vien giù.
Bel bello
mi riparo
con l’ombrello.
Ma quant’acqua
viene giù
è già piena
la c e la q.

 

GL

Passa il vento, muore la foglia
zio Guglielmo fa la sfoglia
a pezzetti poi la taglia
zia Teresa lavora a maglia
frigge la sogliola nella teglia
il bambino ecco si sveglia
apre la bocca poi sbadiglia
con il sonno fra le ciglia
dice la mamma: “Figlio mio,
se sbadigli, sbadiglio anch’io”.

Fogliolina di trifoglio
io cerco l’erba voglio.
Erba voglio qui non c’è
ne pei bimbi, ne pei re.

Figlio mio, metti la maglia:
se non la metti la piglia il coniglio.
Il coniglio la indosserà
e mio figlio si raffredderà.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

L’uso delle schede

L’uso delle schede secondo il metodo globale e della scuola attiva: schede di ricerca, schede di esercizio e schede di recupero.

 

La scheda è un cartoncino formato cartolina sul quale è incollata un’illustrazione o enunciato un esercizio, ad esempio.

La scheda non va assegnata come compito da svolgere in un momento prestabilito. Il lavoro sulle schede segue sempre l’attività quotidiana, la affianca, secondo il principio di insegnamento individualizzato a cui la scuola si ispira.

Possiamo fare una sommaria distinzione fra:
schede di ricerca
schede di esercizio
schede di recupero.

La scheda di ricerca, viene compilata in seguito a ricerche personali del bambino o a ricerche di gruppo. Col sistema delle schede, i bambini non non personaggi passivi, seduti ordinatamente sui banchi, in supino ascolto di ciò che l’insegnante dice.

Non sono il “vaso da riempire”. Sono individui operanti che si avviano a quel lavoro di ricerca personale che darà ottimi frutti non soltanto nel lavoro scolastico, ma nella formazione spirituale e intellettuale del bambino.

Facciamo un esempio.
Un argomento di ricerca potrà scaturire da un avvenimento o dall’esplorazione dell’ambiente. Posto l’argomento, gli alunni sono invitati a fare ricerche personali, le quali però, saranno predisposte nel senso che ogni bambino o ogni gruppo ha un lavoro specifico da compiere.

Prendiamo ad esempio che l’argomento scelto sia “il bue”. Un gruppo sarà incaricato di riferirne osservando l’animale: il bue è un quadrupede, erbivoro, ruminante, ha uno zoccolo fatto così e così, ecc… Un altro gruppo può avere l’incarico di trovare tutti i nomi che possono riferirsi al bue: mucca, vitello, manzo, toro, bove, giovenca, vacca…stalla, stalliere, fieno, paglia, pungolo, giogo,…aratro, erpice, carro,… Altri bambini dovranno riferire le qualità del bue: placido, mansueto, lavoratore, erbivoro,… Altri ancora rispondere alla domanda: “cosa fa il bue?” (ara, mugge, trascina l’aratro, rumina,…)

Naturalmente i bambini, specie quelli di prima classe, dovranno essere seguiti e sostenuti in questo lavoro, per sviluppare in loro la capacità di dedicarsi alla ricerca autonoma che darà i suoi frutti negli anni successivi. Mettiamo che un bambino abbia fatto questa osservazione: “il bue mangia l’erba”. L’insegnante lo avvierà alla ricerca di altri animali erbivori, consiglierà di osservare bene il bue quando mangia, ed ecco che salterà fuori l’espressione: “il bue è ruminante”. E quindi la ricerca di altri ruminanti.

Quello che importa non è soltanto il risultato pratico del lavoro, ma quell’abitudine all’osservazione e alla ricerca personale che è il fondamento stesso dell’acquisizione intelligente del sapere.

Ma perchè questo lavoro non si può fare meglio sul quaderno, specie se l’esercizio è lungo e in una scheda non ci può entrare? Perchè la scheda invita all’ordine nella ricerca, per prima cosa; poi, trovando posto in uno schedario, permette non soltanto la consultazione, ma soprattutto l’arricchimento delle notizie in seguito ad ulteriori ricerche.

L’esercizio compiuto sul quaderno, vi resta così come è stato fatto in principio, ormai definito, completato (anche se incompleto), e soprattutto superato. Le ulteriori ricerche potranno costituire materia di un’altra esercitazione, staccata, avulsa dalla prima, e mancheranno così quel coordinamento, quell’ordine, quella sistematicità che soltanto la scheda, in quanto parte di uno schedario, potrà avere.

Schede di esercizio

Le schede di esercizio sono schede su cui è indicato un esercizio di applicazione sulle conoscenze già acquisite o da acquisire. Questo esercizio, soprattutto per quel che riguarda la prima classe, sarà corredato da illustrazioni.

L’efficacia delle schede di esercizio è anche nel fatto che ogni bambino ha un esercizio diverso dagli altri o lo può eseguire nei momenti di lavoro libero, in quanto non si tratta di un’occupazione collettiva.

Questo lo sprona, lo sollecita a compilare la scheda nel miglior modo possibile.

Per il bambino non esiste il facile e il difficile. Esiste quello che può fare e quello che non può fare; ma oltretutto, preferisce ciò che lo interessa.

Schede di recupero.

Differiscono dalle schede di esercizio soltanto perchè sono schede impiantate appositamente dall’insegnante allo scopo di farle compilare da quel dato bambino.

Non sarà il bambino a doversi adattare a un esercizio che potrebbe essere inadeguato alle sue possibilità, ma sarà l’esercizio che si adatterà a lui.

Non tutti i bambini sono allo stesso livello.

Mettiamo che ce ne sia uno che abbia difficoltà ad usare il chi e che. Se questa difficoltà non si riscontra più nel resto della classe, sarà inutile fare tutta una serie di esercitazioni collettive che finirebbe per annoiare ed ottenere scarsi risultati.

Vi sono però delle schede di esercizio appositamente preparate dall’insegnante per quel singolo bambino, ed ecco che, piano piano, questi potrà superare la difficoltà che lo inceppa. Il bambino sarà “recuperato” e potrà essere in breve alla pari con gli altri.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Dettati ortografici: L’acqua

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Dettati ortografici sull’acqua – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

L’acqua di trova nelle sorgenti, nei ruscelli, nei torrenti, nei fiumi, nei laghi, negli stagni, nel mare. Può essere salata, dolce, limpida, pura, fangosa, torbida. L’acqua disseta e ristora le piante, rende fertili i terreni, serve ai bisogni vitali degli uomini e degli animali. Senza l’acqua, la terra diverrebbe un deserto roccioso.

L’acqua
La vedi sotto diversi aspetti: pioggia, neve, grandine, nebbia, rugiada, brina, ghiaccio. Ma è sempre acqua: fresca e garrula nelle sorgenti, impetuosa nel torrente, calma e possente nel fiume, furibonda o tranquilla nell’immensità dell’oceano. L’acqua pura è inodore, insapore, incolore. Solo nel mare e nei grandi laghi assume un colore azzurro o verdastro o grigio a seconda del cielo che vi si rispecchia.

L’acqua
L’acqua la troviamo nei laghi, nei fiumi, nelle sorgenti, nel mare. Ma se spremi una susina matura, ne vedrai uscire il dolce succo; anche questo è, in gran parte, acqua. E così nelle foglie, nel tronco. L’acqua si trova anche nel nostro corpo come nel corpo di tutti gli esseri animati. L’acqua è un elemento essenziale alla vita.

L’acqua
Ama l’acqua. Essa ti disseta quando sei accaldato e assetato, tiene lindi i tuoi vestiti e la tua biancheria, libera il corpo da tutte le impurità, ti rinfresca e ti ristora. Ama l’acqua che è amica dell’uomo.

L’acqua
L’acqua è amica quando disseta e libera il corpo dalle impurità, quando ristora le piante, quando, nei laghi, nei fiumi e nel mare, serve per potersi recare da una riva all’altra. Ma può essere anche nemica, quando cade rovinosa dal cielo, tutto travolgendo al suo passaggio, quando è impura e può trasmettere malattie, quando, trasformata in grandine, distrugge in un attimo il raccolto di un anno.

L’acqua
La vediamo sotto tante forme e sotto tanti aspetti: pioggia, grandine, neve, rugiada, brina. Gentile e chiacchierina nella fontana, fresca e chiara nella sorgente, impetuosa nel torrente, tumultuosa nel fiume, furibonda o tranquilla nell’ampio mare. L’acqua può fare tanto male e tanto bene: fa bene quando disseta e ristora, fa male quando inonda, travolge e distrugge.

La sorgente
Era un incantevole sito appartato. L’acqua gorgogliava limpida, sprizzando non si sa da dove, e pareva che le piante intorno tendessero verdi mani frondose per raccoglierla nelle loro palme. In fondo al gorgo ribollivano granelli di sabbia. Sgorgando, l’acqua si apriva un canale nel candido calcare e correva via rapida, trasformandosi in ruscello. (Rawlings)

La famiglia Acqua
Mamma Acqua ha diversi figli.
Il più monello è Acquazzone: quando arriva lui fanno tutti la doccia, anche senza averne voglia.
Una persona seria è Acquedotto, che pensa a distribuire acqua alle case dei paesi e delle città.
Acquario, invece, gioca volentieri coi pesci, mentre Acquaio fa la pulizia in cucina.
In famiglia c’è anche un pittore: Acquarello, che usa i pennelli dal mattino alla sera.
La più piccina di tutti è Acquolina, che sta sempre con il naso incollato alle vetrine delle pasticcerie.
Naturalmente la famiglia Acqua è una famiglia fortunata, perchè anche d’estate non soffre mai la sete.

Dettati ortografici sull’acqua – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

IL GATTO: dettati ortografici e letture

IL GATTO: dettati ortografici e letture – una raccolta di dettati ortografici a tema, per la scuola primaria, di autori vari. Difficoltà ortografiche varie.

Accovacciato con la lunga coda tra le zampe, il gatto sembra dormire. A un tratto un topolino sbuca dalla fessura di una porta. Dapprima il gatto finge di non vederlo, ma lo osserva a occhi socchiusi. Poi si anima, muove il capo con rapidi scatti, si avvicina alla preda con passo silenzioso, quasi camminasse sul velluto. Infine compie un balzo, piomba addosso al topolino e lo afferra con gli unghioni che nel frattempo ha sfoderato.

Il gatto è furbo, malizioso, pigro ed egoista. Tutti i difetti! Ma si fa perdonare volentieri per le sue moine, le sue smorfiette gentili; per la voglia di giocare che lo fa ruzzolare per ore e ore con una palla, con un gomitolo, con un pezzetto di qualcosa legato ad un filo. Ha il pelo morbido ed è un piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e chiude gli occhi e par che dica: “Che piacere mi fai, padroncino!” (G. Reichelt)

Il gatto ha il pelo morbido e fa piacere accarezzarlo. Allora fa le fusa e sembra molto soddisfatto. Ma ecco che si stanca, e allora tira fuori le unghie e giù un bel graffio sulla mano!
Micia, micia, dove sono i tuoi micini? Eccoli qua, morbidi e tiepidi nel cesto dove sono nati. La micia non li lascia mai e li lambisce amorosamente.

Miao miao fa il gattino affamato. Qualcuno gli dà un piattino di latte tiepido. Il gattino lecca il latte con la linguetta ruvida e rosa.

Il gattino ha preso un gomitolo e ora ci gioca, arruffandolo tutto. Povero gomitolo e povera nonna! Lo fa ruzzolare da tutte le parti.

Il balzo rapido che il gatto compie e che gli permette di piombare dritto alla preda senza che questa abbia il tempo di sottrarsi con la fuga, è consentito dalle agili zampe posteriori, molto più sviluppate delle zampe anteriori, mosse da robusti muscoli che consentono di compiere salti anche di due o tre metri. Inoltre, mentre la spinta delle zampe proietta il corpo in avanti, l’elastica colonna vertebrale consente al corpo di allungarsi, mentre la coda, funzionando da timone, rende preciso e infallibile il salto. (Palombi)

Forse mai altro animale al mondo, ha avuto, nel corso dei secoli, tanti sostenitori e tanti nemici come il gatto. Forse mai altro animale è stato oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato, incolpato dei peggiori misfatti come il gatto. La fierezza del suo carattere gli impedisce di rendersi utile al suo padrone assoggettandosi a un qualsiasi lavoro. Il gatto è utile per la caccia ai topi, ma non bisogna dimenticare che esso compie questo lavoro seguendo il proprio istinto di predatore.

In Egitto, i gatti erano certamente allevati in gran numero e tenuti nel massimo conto. Antichi monumenti raffigurano i più famosi rappresentanti delle dinastie egizie in compagnia del fedele gatto che, a quel che pare, godeva considerazione al pari di un essere divino. Con i più terribili supplizi erano puniti coloro che si rendevano colpevoli della morte di un gatto.

Un caldo e morbido cuscino, la carezza ripetuta del padrone, il piacere di sentirsi delicatamente grattare fra le orecchie, provocano il caratteristico ron ron. Il gatto si abbandona anche a far le fusa e giunge ad accarezzare il suo padrone ritirando le unghiette entro le zampine di velluto.

Il gatto è un dormiglione e per lunghe ore sta accoccolato, placidamente immerso in un sonno in apparenza profondo, ma in realtà assai leggero. Anzi, molto spesso, a un’osservazione più attenta, il gatto che crediamo addormentato, ci sta scrutando attraverso una fessura delle sue palpebre, osservando i nostri movimenti.

Si dice che il gatto preferisca la casa al padrone. Infatti, si è constatato in moltissimi casi che i gatti, portati dal padrone in una nuova abitazione, hanno saputo, con mirabile senso dell’orientamento, ritrovare l’antica dimora, preferendo questa, magari a costo di abitarne solamente la cantina o la soffitta, all’accogliente appartamento del padrone.

E’ notorio che il gatto ha la zampa lunga. Punito severamente per le sue imprese ladresche, il gatto persevera nelle sue abitudini e approfitta di qualsiasi occasione. Ruba anche quando è ben pasciuto, spinto dalla gola o semplicemente dal suo istinto di predatore che, in mancanza di prede vive, si rivolge a qualsiasi leccornia venga imprudentemente lasciata alla sua portata.

La straordinaria potenza visiva del gatto si spiega con la grande capacità di adattamento della sua pupilla alle diverse intensità luminose. Ridotta a una strettissima fessura, quando la luce è intensa, la pupilla si dilata enormemente nella penombra, sì da percepire anche il più debole raggio luminoso.

Il gatto tigrato, detto anche soriano, è uno dei gatti più comuni di tutto il mondo. Di mole piuttosto massiccia, ha la testa grossa e il muso corto. La pelliccia è morbida, vellutata, composta di peli corti e fitti variamente colorati. I colori più comuni sono il grigio e il giallastro, a righe alterne. La coda è relativamente corta.

Il gatto ha una vista acutissima; da ciò deriva la credenza popolare che esso vede anche al buio. Si tratta di un’esagerazione, perchè se è vero che il gatto è in grado di distinguere gli oggetti e di orientarsi anche quando la luce è scarsissima, è tuttavia incapace di vedere al buio assoluto.

Quando il gatto ha sentito la preda, i suoi istinti selvaggi si accendono e si sfrenano nella caccia. Non si accontenta di tenere a lungo la preda sotto l’incubo dell’agguato, ma una volta afferratala con gli uncinati artigli, non la sopprime immediatamente, ma si diverte a farle provare, minuto per minuto, il tormento della morte che si avvicina.

Il gatto, di fronte al nemico, generalmente scappa, ma se non trova via di scampo, non esita a combattere con coraggio e slancio. Il pelo irto sul dorso arcuato, gli occhi lampeggianti, gli artigli interamente sfoderati, la schiuma alla bocca, richiamano alla mente che questo piccolo, leggiadro felino altro non è che un parente assai prossimo del leone, della tigre e di altri ferocissimi felini selvaggi.

La gatta mette al mondo i suoi piccoli in un giaciglio preparato con cura in un angolo tranquillo, dal quale trasloca in gran fretta, trasportando i suoi piccoli ad uno ad uno, quando l’istinto le faccia temere qualche minaccia. La gatta è ottima paziente nutrice che non si accontenta soltanto di nutrire i suoi piccoli, ma si preoccupa di tenerli sempre puliti e ravviati, lisciandoli di continuo con la sua ruvida lingua.

La famiglia dei felini è la più grande e la più importante nell’ordine dei carnivori e comprende animali di dimensione molto varia, dal gatto alla tigre, dal leone al leopardo, al giaguaro. Tutti sono formidabili mangiatori di carne. Di forme flessuose ed eleganti, queste fiere hanno una pupilla che si restringe alla luce fino a diventare una sottile fessura e le unghie retrattili che possono, cioè, rinfoderarsi entro apposite guaine.

Agili, scattanti, fulminei nel salto, i felini sanno arrampicarsi e nuotare, sono veloci nella corsa anche se non resistenti. Hanno per lo più abitudini notturne e cacciano all’agguato: poichè devono seguire prede che non vedono e di cui talora non sentono l’odore, imparano a giovarsi delle minime indicazioni come le impronte. Controllano i loro movimenti istintivi e si spostano con leggerezza senza fare il minimo rumore.

Quanto è morbido il pelo del gatto! La testa rotonda, le orecchie appuntite, i begli occhi dalla pupilla cangiante e i lunghi baffi lo rendono assai grazioso. E’ un quadrupede, e le sue zampe, terminanti con cinque dita per ogni piede, poggiano su speciali cuscinetti elastici con cui tocca il suolo quando cammina, per modo che i suoi passi non producono rumore. Le unghie sono di solito nascoste e sollevate da terra quando non sono usate. Ma, al momento del bisogno, il gatto è in grado di spingerle all’esterno e, acutissime come sono, diventano un’arma formidabile per catturare la preda. Se poi deve difendersi da un animale più forte di lui, esse gli servono per mettersi in salvo arrampicandosi sugli alberi. I denti aguzzi gli consentono di strappare e sminuzzare la carne di cui si nutre. Il gatto è un mammifero carnivoro. Appartiene alla famiglia dei felini, di cui fanno parte altri animali grossi e feroci: il leone, la tigre, il leopardo, la pantera, la lince.

Il gatto

Forse nessun altro animale è stato nel corso dei secoli oggetto di amore sviscerato e di onori al pari di una divinità, oppure odiato , incolpato dei peggiori delitti e messo al bando dalla società umana, come il gatto. Ma forse ciò dipende dalla sua natura, perchè il gatto, pur in tanti e tanti anni di vita domestica, non è ancora riuscito a vincere la sua diffidenza per l’uomo. Ciò, forse, dipende dalla sua appartenenza alla famiglia dei felini, che annovera gli animali più feroci della terra.

Dettati ortografici sui gatti – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE  – Una collezione di dettati ortografici sul giorno e la notte: il mattino, il sorgere del sole, l’alba, l’aurora, il crepuscolo, ecc…

Sorge il sole
Verso oriente appare un’aureola di un colore rosso sanguigno. Poi ad un tratto una scintilla luminosa guizza in mezzo a quel rosso sfolgorante, cresce, si innalza, si ingrossa, prende la forma di un disco, che ad ogni punto manda sprazzi luminosi. Il sole spande la sua luce sulla terra e nel cielo. G. Mercanti

Il mattino
Le stelle si spengono ad una ad una, mentre il cielo si rischiara. E’ l’alba. Poi il cielo si tinge di rosa. E’ l’aurora. Cantano i galli, pigolano gli uccelli, squillano le campane. Il sole appare all’orizzonte. Nelle case la gente si alza e si prepara per il lavoro. Fischiano le sirene degli stabilimenti. SI aprono i negozi, le botteghe, e i bambini si avviano verso la scuola.

La sera
Il sole tramonta e l’aria si fa scura: è il crepuscolo, poi viene la sera. Nelle vie si accendono i lampioni e le insegne pubblicitarie. E’ tutto uno sfavillare di luci. Chi lavora nei campi torna a casa. Si chiudono i negozi, i laboratori, gli stabilimenti. In cielo brillano le stelle. Nelle case, dopo la giornata di lavoro, le famiglie si riuniscono, cenano, chiacchierano, riposano, ascoltano la radio, assistono agli spettacoli televisivi.

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il sole

Il sole era l’orologio degli antichi: un orologio luminoso che non si fermava mai, che non si guastava mai, ma che solo una nuvola, una piccola nuvola rosea, bastava a celare agli occhi degli uomini.

Il sole
Sia benedetto il sole che ci illumina, ci riscalda, fa nascere i fiori e le piante, dona a tutta la natura i più bei colori. Esso è sempre benefico e meraviglioso, sia che indori le messi, sia che risplenda sulle montagne coperte di neve!

Il sole
Il sole, che ci appare come un bel disco bianco e luminoso verso mezzogiorno, rosso sanguigno verso il tramonto, è un globo immenso, molto più grande della nostra minuscola terra. Se rappresentassimo il sole come una grossa arancia, la terra sarebbe come la testa di uno spillo. La terra, con tutte le sue magnificenze, con i suoi monti altissimi, i suoi oceani immensi, diverrebbe, paragonata al sole, solo un insignificante puntolino.

La luna
E’ l’astro pallido delle notti. Viaggia solitaria nel cielo e passa sopra il mondo addormentato. La sua luce fa la terra tutta d’argento e i grilli cantano e le fanno la serenata.

L’alba
L’alba si veste di rosa e corre a spalancare le porte al sole! Avanti oh re sole, tu sei benvenuto fra noi! Tu fai prosperare le piante, fai sbocciare i fiori, riscaldi e illumini la terra, dai salute e forza all’uomo.

Il sole
Prima di levarsi, il sole mandò un saluto al cielo e diede una pennellata di rosa alle nuvolette bianche. L’allodola, allora, partì dalla zolla dove aveva dormito e gli venne incontro nel cielo per fargli il suo bel canto mattutino. (G. E. Nuccio)

Mattino
Il sole s’affacciò sul mare, indorò le cime dei monti e dei campanili, i tetti delle case, le cime delle piante, poi gettò un tappeto d’oro sulla campagna e mille specchietti sulle onde del mare e sulle acque dei fiumi e dei laghi. Allora i galli cantarono la sveglia, le campane gridarono: din don, din don, e gli uccelli, dagli alberi, si scambiarono i saluti del buon giorno. (G. E. Nuccio)

Il sole
Noi non lo pensiamo, ma tutto ciò che si muove, circola, vive, sul nostro pianeta, è figlio del sole. Le messi che ci daranno il pane quotidiano maturano per opera del sole. E così la frutta, così gli ortaggi. Il legno che ci scalda l’inverno racchiude il calore che il sole donò all’albero. Tutto il mangiare, la vita stessa, ci viene dal meraviglioso astro del giorno.

Il mattino
L’ora in cui si sveglia la natura è un’ora di pace ed insieme di attività. Tutti gli esseri riprendono il loro lavoro. Gli uccelli cantano, rivolti all’astro raggiante. Intorno alle case campestri, gli animali domestici riprendono la loro attività. Quale spettacolo più bello che quello di vedere sputare il sole? Esso si leva nel cielo cacciando le ombre, illuminando gli angoli più nascosti, mettendo dappertutto gioia, calore, luce.

Le stelle
Tutto il cielo è popolato di stelle. Sembrano piccolissime e sono immense. Sembrano lucciole in un prato infinitamente vasto. Oppure innumerevoli fanalini di una stupenda illuminazione. ALcune ardono solitarie, altre si raggruppano formando immagini di animali, di fiori, fontane di luce, carri luminosi. Sembrano occhi aperti sulla terra; occhi degli angeli che guardano gli uomini dal cielo.

Le stelle
Le stelle hanno i più diversi colori. Ve ne sono di quelle rosse come la lanterna di un vascello all’ancora, di notte; come i tizzoni che vegliano nei caminetti deserti, o come occhi di fantastici animali. Altre hanno il pallore della perla o della della goccia d’acqua che racchiude un riflesso di luna. Altre sono azzurrine come fossero tanti fiorellini sbocciati lungo le rive di un ruscello.

Risveglio mattinale
Dal monte e dalla pianura, dai fiumi e dai prati, si alza un’armonia infinita, in cui si confondono le mille voci della natura. E’ canto degli uccelli pei campi; è suono di campane pei borghi; è frequente svolazzare di insetti; è raro camminare di uomini. Più tardi il canto dei contadini copre quello dei fringuelli, nelle selve l’eco porta dai casolari il greve rumore dell’incudine. Il rumore cresce, cresce, a poco a poco e, dalle officine stridenti, dai campi vaganti, si alza solenne la voce del lavoro umano. (F. M. Martini)

Il mattino
Al mattino gli uomini sono più buoni. E’ l’ora che gli angeli entrano nelle case per esaudire le preghiere e mettono il pane nelle madie, il latte nelle scodelle, l’acqua nei catini, ravvivano il fuoco sulla cenere, aprono le finestre alla luce. E il cuore vola via come l’allodola ad incontrare il giorno. (R. Pezzani)

A sera
Il sole è spento, la terra ravvolta nel suo mantello notturno nasconde le sue membra agli occhi di tutti: le creature dormono quasi tutte e non si parlano che all’orecchio. Perfino il mare si raccoglie e nasconde le sue tinte smaglianti. E’ allora che il cielo ci parla col silenzio dei suoi spazi infiniti, con lo scintillio dei suoi milioni di stelle e con la luce malinconica e fredda della luna. (P. Mantegazza)

Mezzanotte
Tutto è silenzio e tenebra. Gli uomini dormono. Le officine sono chiuse, i campi sono abbandonati. Le strade sono deserte, le porte chiuse, le finestre serrate. Non si sente alcun rumore. Nelle notti serene, la luna brilla nel cielo e illumina i tetti, le case, le strade. Le finestre sono buie: ogni luce è spenta. L’orologio suona dodici colpi: è mezzanotte.

Il giorno
Il cielo schiarisce all’alba; il sole sorge all’aurora. Quando il sole è arrivato in alto, nel cielo, è mezzogiorno. Quando declina è pomeriggio; quando si nasconde dietro l’orizzonte si dice che tramonta. Ed ecco la sera e infine la notte, quando tutti riposano.

Il sole sulla casa
La casa è soleggiata. I vetri scintillano alla luce del sole, la facciata bianca splende. Chiudiamo le persiane, abbassiamo le tende, faremo un po’ d’ombra. Un raggio passa fra le stecche delle persiane e traccia righe di luce sul pavimento. Ma si sta bene nella stanza fresca, semioscura.

Mezzogiorno
E’ l’ora della luce e del rumore. Le strade si animano, i bambini escono dalla scuola, corrono, si spingono, vociano. Gli uomini tornano al lavoro: i contadini dai campi, gli operai dalle officine. Le campane suonano, i tram corrono sulle rotaie, le automobili si incrociano e rombano. Tutti vanno verso la propria casa dove li aspetta la tavola apparecchiata.

Il tramonto in campagna

Era il tramonto; ma il chiarore del giorno non voleva cedere alla notte, e s’indugiava tremando su tutte le cose, sui comignoli delle cascine, sui filari dei meli in fiore, sui pini, sulle cime ondeggianti dei cipressi. Da tutte le parti gli uccelletti salutavano chiassosi e cinguettanti il giorno che moriva lento e restio; avevano ancora qualche cosa da fare, non fuggisse via; c’era ancora qua e là da raccogliere per i nidi l’ultima pagliuzza e poi sciogliere dall’albero l’ultimo canto. (G. Pascoli)

Il sorgere del sole

Ormai le stelle sono impallidite e ad una ad una scomparse. La campagna si ridesta col cinguettio degli uccelli che aspettano il primo raggio di sole. Ed il sole ritorna. Dapprima è un crescendo di luce in un punto, sulla cresta della collina, dove i veli e le nuvolette si fanno d’oro splendente, poi la luce trabocca in un getto di raggi che si slanciano su nel cielo e inondano la terra, finchè il disco ardente si affaccia e sale con lentezza maestosa e riprende il suo cammino nel cielo. (M. Maggini)

Dettati ortografici IL GIORNO E LA NOTTE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

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