Psicogrammatica Montessori: funzione dell’articolo

Psicogrammatica Montessori: funzione dell’articolo, presentazione ed esercizi per la scuola primaria.

Presentazione 1

Materiali

– penna nera e azzurra
– strisce di carta preparate
simboli grammaticali per articolo e nome.

Presentazione

– diciamo ai bambini: ” Se io dico ‘portami righello’, ‘mangia mela’ oppure ‘riordina scaffale’ suona bene?”
– scriviamo queste parole con la penna nera: portami righello, mangia mela, riordina scaffale (lasciando uno spazio per l’articolo)

– i bambini dovrebbero notare da soli che mancano gli articoli, in caso contrario chiediamo se secondo loro manca qualcosa
– diciamo: “Sì, avete ragione. Prima del nome manca una parola per far suonare bene la frase”
– scriviamo su cartellini corti, in azzurro, gli articoli il, la, lo ed aggiungiamoli alle frasi precedentemente scritte.


– leggiamo le frasi: “Portami il righello. Mangia la mela. Riordina lo scaffale.”
– diciamo: “Queste piccole parole che vanno prima del sostantivo sono dette articoli. La parola articolo deriva dal latino articulus che significa piccolo membro, piccolo braccio. In articolo è un po’ come una manina che sta davanti al nome per indicarlo.
– mostriamo ai bambini i simboli grammaticali per il nome e l’articolo. Facciamo notare che l’articolo si riferisce al nome, quindi ha la stessa forma, ma il simbolo è più piccolo e di colore diverso. Usiamo un triangolo nero per il nome e un piccolo triangolo piccolo azzurro per l’articolo.

Presentazione 2

Materiale

– molti oggetti e gruppi di oggetti (ad esempio 3 bottoni, 5 mollette,  1 perla, 1 bicchiere, 1 forchetta, 3 fusilli);


– cartellini per ogni oggetto con l’articolo corretto (i nomi sono scritti in nero e gli articoli in azzurro). Gli oggetti individuali avranno un cartellino con l’articolo determinativo. I gruppi di oggetti avranno un cartellino con l’articolo indeterminativo per ognuno degli oggetti (es. un bottone, un bottone, un bottone);
– carte titolo: articolo determinativo, articolo indeterminativo;
– scatola dei simboli grammaticali.

Presentazione

– Raduniamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto
– mettiamo gli oggetti sul tappeto
– chiediamo a un bambino di darci un bottone, enfatizzando la parola un. Affianchiamo col cartellino corrispondente. Poi chiediamo anche ad un secondo e ad un terzo bambino di darci un bottone

– continuiamo così per gli altri gruppi di oggetti multipli


– ora chiediamo a un bambino di darci un oggetto singolo, ad esempio il bicchiere. Spieghiamo che in questo caso possiamo chiedere il bicchiere, perché c’è un solo bicchiere. È determinato, cioè è certo,  che questo è il bicchiere che stiamo chiedendo.
– continuiamo chiedendo gli altri oggetti individuali
– possiamo ogni tanto fingere di sbagliare ad usare gli articoli, ad esempio dicendo: “Dammi una forchetta… No, scusami, dovevo dire dammi la forchetta”, sottolineando così il nostro errore.
– spieghiamo che quando abbiamo chiesto un oggetto tra quelli presenti in gruppo, abbiamo usato gli articoli un una uno averne uno qualsiasi tra quelli del gruppo. L’oggetto che abbiamo chiesto era indeterminato: uno o l’altro andava bene, non ne chiedevamo uno specifico. Quando invece c’era un solo oggetto di un certo tipo, abbiamo usato gli articoli il lo la. Anche quando vogliamo un determinato gruppo vogliamo qualcosa di determinato, e possiamo chiedere i bottoni, le mollette, i fusilli.
– spieghiamo ai bambini che le parole scritte in azzurro sono articoli. L’articolo è una parola corta che indica che dopo di lui ci sarà un nome. Il simbolo è un piccolo triangolo azzurro. Ha la stessa forma del simbolo del nome perché non è così importante da avere una forma diversa da lui. La parola articolo viene dal latino articulus che significa piccolo arto.
– aggiungiamo allo schema i cartellini degli articoli e dei nomi


– mettiamo sul margine superiore del tappeto i due cartellini dei titoli e chiediamo ai bambini di spostare i cartellini dei nomi e degli articoli nella colonna corretta


– il bambino può registrare lo schema nel suo quaderno di grammatica.

Scopo diretto: introdurre la funzione dell’articolo.

Scopo indiretto: coltivare l’interesse verso la grammatica, introdurre il simbolo per l’articolo.

Punti di interesse:
– il simbolo dell’articolo,
– imparare quando e perché si usano gli articoli determinativi e quelli indeterminativi.

Estensioni:
– raggruppare oggetti presenti nella stanza e fare cartellini di articoli e nomi per ognuno
– cercare gli articoli in un racconto o in una poesia.

Presentazione 3

Proponiamo ai bambini una lista di nomi scritti alla lavagna. Con l’aiuto dei bambini aggiungiamo davanti ad ogni nome l’articolo, che può essere determinativo o indeterminativo a seconda di quelli che suggeriscono i bambini. Possiamo contrassegnare gli articoli col triangolino azzurro e i nomi col triangolo nero.
Quando la lista è completa e ogni nome è preceduto da un articolo, facciamo notare ai bambini che abbiamo articoli come un, uno e una, e altri articoli come il lo la i gli le.
Possiamo dire ai bambini che usiamo un uno e una quando il nome è uno tra tanti, il lo la quando il nome è uno in particolare, i gli le quando il nome si riferisce a tanti, cioè quando si tratta di un nome plurale.
Cosa fanno gli articoli? Ci dicono che sta per arrivare un nome.

Presentazione 4

Materiali

– matita e strisce di carta bianca (oppure cartellini pronti per nomi, articoli e titoli)
– una selezione di piccoli oggetti, alcuni singoli ed altri multipli

Prerequisiti

il bambino deve saper leggere senza difficoltà i cartellini

Presentazione

– radunare gli oggetti sul tavolo o sul tappeto. Formare con gli oggetti una colonna verticale
– chiamare un piccolo gruppo di bambini al tavolo o al tappeto. Chiedere ai bambini di darci un oggetto singolo, ad esempio dicendo: “Per favore, dammi la tazza”; “Per favore, dammi la scatola”, enfatizzando gli articoli.
– Poi chiedere ai bambini di darci un oggetto tra quelli presenti in quantità multipla, dicendo ad esempio: “Per favore, dammi il pennarello”, ma rapidamente aggiungiamo: “Scusami, ho fatto la domanda sbagliata. Dovevo dire per favore, dammi un pennarello, perchè ce ne è più di uno”.
– Ripetere questo esempio più volte, con altri oggetti.
– Scrivere il nome degli oggetti con i rispettivi articoli sulle strisce di carta. I bambini leggono a turno i cartellini e li posizionano accanto agli oggetti corrispondenti.
– Porre all’attenzione dei bambini gli articoli dicendo: “Queste piccole parole un, uno, una, il, lo, la, i, gli, le sono chiamate articoli. La parola ‘articolo’ deriva dal latino articulus, che significa piccola parte o piccolo membro. L’articolo è una piccola parola che sta sempre vicina ad un nome”. Posizionare il cartellino del titolo “articolo” lungo il margine superiore del tavolo o del tappeto.

Presentazione 5

Materiale

– una scatola o un cesto contenente una selezione di piccoli oggetti della fattoria, alcuni singoli ed altri multipli
– due serie di cartellini preparati, che indicano gli oggetti selezionati per la presentazione: il primo set è formato da cartellini per articolo+nome insieme, il secondo set è formato da articoli e nomi su cartellini separati

Presentazione

– invitiamo un piccolo gruppo di bambini intorno al tavolo o al tappeto e mostriamo gli oggetti nel cestino
– estraiamo un oggetto alla volta (anche in caso di oggetti multipli) e chiediamo ai bambini di nominarli.
– facciamo notare ai bambini che alcuni oggetti sono unici, altri oggetti sono in più esemplari
– distribuiamo tra i bambini i cartellini nome+articolo
– ogni bambino legge il suo cartellino, trova l’oggetto e posiziona il cartellino accanto all’oggetto
– diciamo, ad esempio: “Sì, questo è un cespuglio” (se ci sono più cespugli) oppure “Sì, questo è il cespuglio” se c’è un cespuglio solo.
– quando tutti gli oggetti sono etichettati, mettiamoli in ordine con i cartellini corrispondenti formando due colonne (indeterminativi e determinativi)
– leggiamo coi bambini i cartellini delle due colonne e diciamo che quando parliamo di un elemento singolo usiamo il lo la, quando parliamo di un elemento tra tanti usiamo un uno una.
– ritiriamo i cartellini e distribuiamo tra i bambini i cartellini dei nomi, facendoli posizionare accanto agli oggetti, poi i cartellini degli articoli.
– una volta fatto, i bambini possono leggere di nuovo le colonne
I bambini possono ripetere questa lezione con le etichette preparate.

Psicogrammatica Montessori: funzione dell’articolo

Psicogrammatica Montessori: il plurale degli articoli

Psicogrammatica Montessori: il plurale degli articoli, presentazioni ed esercizi per la scuola primaria.

Per lo studio del singolare e del plurale di nomi e articoli altri esercizi sono:
esercizi con la scatola grammaticale I 
numero del nome col metodo Montessori.

Presentazione 1

Scopo diretto

– comprendere la funzione degli articoli
– comprendere la funzione degli articoli indeterminativi e determinativi singolari e plurali.

Età

dai 6 anni

Materiali

una selezione di oggetti  singoli (1 barile, 1 scatola)
– una selezione di gruppi di oggetti uguali tra loro (4 cespugli, 3 maialini, 2 rane)
– penna nera e blu
– cartellini bianchi.

Io ho usato il materiale della Fattoria Montessori:

Presentazione

– invitiamo un gruppo di bambini intorno al tavolo o al tappeto;

– diciamo loro: “Oggi faremo qualche esercizio coi nomi e gli articoli. Quali articoli conosciamo? (i bambini rispondono). Cosa ci dicono gli articoli? Un uno e una ci dicono che ci sono molti oggetti e che ne vogliamo uno tra questo. Il lo la ci dicono che vogliamo un oggetto determinato, o che c’è un solo oggetto. I gli e le ci dicono che vogliamo un insieme di oggetti uguali”;

– sistemare gli oggetti e i gruppi di oggetti sul tavolo o sul tappeto;

– diciamo: “Oggi faremo qualcosa di nuovo con questi oggetti”;

– su un cartellino bianco scriviamo il nome del primo gruppo di oggetti preceduto dall’articolo (un oggetto alla volta):

– diciamo ai bambini: “C’è un modo più semplice per indicare tutti questi cespugli”. Prendiamo un cartellino scritto e correggiamo un cespuglio con i cespugli. Invitiamo i bambini a leggere il nuovo cartellino.

– ripetere con gli altri nomi plurali

– diciamo ai bambini, indicando i plurali: “Cosa abbiamo potuto notare di questi nomi? Sono tutti plurali. Quando il nome è plurale usiamo gli articoli determinativi i gli le. Usiamo invece un uno una per indicare un oggetto qualunque fra tanti. Usiamo il lo la per indicare un oggetto determinato.”

Il bambino può copiare lo schema sul suo quaderno di grammatica.

In seguito può svolgere un’attività simile utilizzando altri elementi della fattoria e i cartellini preparati (nomi e articoli).

Presentazione 2

Prerequisiti

introduzione alla funzione dell’articolo

Materiali

– scatola di oggetti multipli;
– cartellini per ogni oggetto o gruppi di oggetti con l’articolo corretto (nomi scritti in nero e articoli in azzurro)
Gli oggetti individuali hanno l’articolo determinativo, i gruppi di oggetti hanno per ogni singolo oggetto del gruppo l’articolo indeterminativo;
– simboli grammaticali per il nome e l’articolo;
– cartellini di titoli (singolare e plurale).

Presentazione

– chiamiamo un piccolo gruppo di bambini intorno al tappeto;
– invitiamoli a sistemare gli oggetti sul tappeto e a posizionare accanto i nomi e gli articoli corrispondenti, accompagnati dai simboli grammaticali;
– chiediamo a un bambino di leggere ogni cartellino del primo gruppo di oggetti e di darceli (un maialino, un maialino, un maialino);
– diciamo ai bambini che c’è un modo più rapido per chiedere di darci i maialini insieme. Sostituire i tre cartellini col cartellino “i maialini”;

– ripetiamo con altri gruppi di oggetti. Diciamo ai bambini che quando vogliamo nominare un gruppo di oggetti usiamo il plurale dell’articolo determinativo;
– i bambini possono registrare la disposizione sui loro quaderni di grammatica.

Scopo diretto: imparare l’uso dell’articolo determinativo con i nomi plurali
Scopo indiretto: capire il senso della grammatica nel linguaggio orale

Punti di interesse:
– il simbolo per l’articolo;
– imparare quando e perché usare un uno una, il lo la i gli le.

Controllo dell’errore: gli articoli sono scritti in azzurro e i nomi in nero

Presentazione 3

Materiale

– un temperino e un gruppo di cucchiaini
– cartellini dei nomi
– cartellini degli articoli
– simboli grammaticali per il nome e l’articolo;
– cartellini di titoli (singolare e plurale).

Presentazione

– invitiamo un piccolo gruppo di bambini al tavolo o al tappeto

– prendiamo il temperino e chiediamo: “Quanti temperini ci sono?”, Il bambino dirà: “Uno solo”.

– diciamo ai bambini: “Ricordate che abbiamo detto che quando c’è un solo oggetto la parola è singolare”, e mettiamo accanto al temperino i cartellini dell’articolo e del nome (il temperino)

– chiediamo a un bambino: “Quanti cucchiaini ci sono?”. Il bambino risponderà:  “Tre”.

– Mettiamo i cucchiaini sul tappeto e diciamo:  “Ricordate che abbiamo detto che, quando ci sono due o più oggetti la parola è plurale, e il nome e l’articolo si modificano. Mettiamo accanto ai cucchiaini i cartellini corrispondenti.

Presentazione 4

Scopo diretto

– rendere il bambino consapevole del corretto utilizzo di vocaboli comuni;
– contribuire ad ampliare il vocabolario del bambino
– incoraggiare il bambino ad esplorare il suo linguaggio attraverso lo studio delle parole e la grammatica.

Età di presentazione

 sei anni

Materiali

– raccolta di oggetti con un numero variabile di membri per ciascuna voce (da1 a 4)
– cartellini di nomi e articoli
– cartellini dei titoli (singolare, plurale)

Presentazione

– Diciamo ai bambini: “Guardate quante cose diverse! Mi potete aiutare a tirarle fuori? “.

– Iniziamo con un oggetto singolo (cane). Chiediamo “Cane o cani?”

– Ripetiamo con gli altri gruppi di oggetti, formando una colonna per i singolari e una per i plurali. Chiediamo sempre di ogni nome le due forme (singolare e plurale).

– Diciamo: “Quando abbiamo un solo oggetto il nome e l’articolo sono al singolare, quando abbiamo più di un oggetto il nome e l’articolo sono al plurale.”

– Posizioniamo in alto i cartellini dei titoli.

– Chiediamo ai bambini di mettere accanto agli oggetti i cartellini degli articoli e dei nomi.


Presentazione 5

Materiali

un cestino contenente oggetti singoli e gruppi di oggetti uguali
– cartellini di nomi e articoli singolari e plurali corrispondenti
– cartellini dei titoli (singolare e plurale)

Presentazione

– Tiriamo fuori dal cestino gli oggetti, singoli o a gruppi, e per ognuno chiediamo : “Devo dire agnellino o agnellini?”, “Devo dire rastrello o rastrelli?” ecc.

– • Diciamo: “Quando abbiamo un solo oggetto usiamo il singolare, quando abbiamo più oggetti usiamo il plurale.”. Mettiamo in alto i cartellini dei titoli.

– Prendiamo i cartellini dei nomi, mischiamoli, leggiamo il primo e chiediamo: “E’ uno o più di uno?”.

– mettiamo il cartellino sotto il titolo giusto. Poi chiediamo: “Che articolo usiamo?” e affianchiamo l’articolo al nome.

– ripetiamo facendo partecipare all’attività tutti i bambini.

Psicogrammatica Montessori: il plurale degli articoli

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare. Il giorno dell’Ascensione, la Repubblica di Venezia celebrava “lo sposalizio del mare”, rito che risaliva al tempo in cui il doge Orseolo II aveva conquistato la Dalmazia.

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare – Personaggi:
– il papà
– il figlio
– la folla veneziana.

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare – Testo

Figlio: Padre mio, in mezzo a tanta folla sono quasi soffocato; e poi, non vedo nulla.

Papà: Come vuoi che faccia? Tutto il popolo veneziano è qui, lungo il suo mare. Tutti vogliono vedere. Solo i malati sono rimasti nelle proprie case. La giornata di maggio è bellissima è Venezia esulta di colori e di gioia.

Figlio: Anch’io sono Veneziano. Ho il diritto anch’io di vedere qualcosa di così bella festa.

Papà: Giusta risposta, piccolo uomo. Fai un altro sforzo; e se riuscirai a forare questa ressa, saliremo su una scalinata di marmo, da cui anche tu vedrai lo spettacolo sul mare… Per piacere, fate largo al piccolo veneziano… Grazie, signori. Molto gentili… Eccoci sulla scalinata.

Figlio: Oh, padre mio! Che spettacolo stupendo! Quante gondole! E quante navi!

Papà: La vita di Venezia sono le sue navi. Per esse Venezia è la regina dell’Adriatico.

Figlio: Ma cosa vedo! Oh, meraviglia! Una nave d’oro che si avvicina alla riva. E i rematori, non li ha?

Folla: Viva la Serenissima! Viva San Marco!

Papà: La nave che vedi è il Bucintoro, un naviglio splendido, scintillante d’oro e di porpora, che rappresenta la potenza di Venezia sul mare e che esce solo in occasione di solenni cerimonie. I remi escono da sottocoperta, proprio perchè non si vedano i rematori. Sembra che si muova, agile e solenne, da sé.

Figlio: E quei vecchi dall’aspetto dignitoso e serio che siedono sui seggi lungo il lati della nave, chi sono?

Papà: Sono i Senatori della Repubblica. E ora osserva bene: il Bucintoro sta mettendosi di fianco a noi. Ecco il Patriarca, sotto lo stendardo col leone alato, che leva alto il braccio per benedire l’Adriatico. E’ il giorno dell’Ascensione, o figliolo: tutta Venezia prega, insieme col suo Patriarca, affinché sul mare le navi di San Marco rechino la prosperità alla nostra Repubblica… Ma ora, ecco, sì… è lui. Sì, si vede bene!

Figlio: Chi?

Papà: Il doge! E’ seduto a poppa del Bucintoro, sul trono.

Figlio: Il doge! Che fortuna! Non avrei mai creduto di vederlo!

Folla: Il doge! Il doge! Viva San Marco!

Papà: Ascolta. Squillano le trombe. Ora il doge si alza. Osserva quel che fa.

Figlio: Ha gettato qualcosa nel mare.

Papà: Sì: un anello. E’ il rito con cui Venezia sposa il mare; e significa questo: il destino della Repubblica è legato al mare, solo al mare. Il doge ha detto: “Noi ti sposiamo, o mare nostro, in segno di vero e perpetuo amore”.

Figlio: E’ bello tutto ciò. Anch’io voglio bene al mare. Anch’io un giorno voglio navigare.

Papà: Figliolo, a un genitore veneziano non potresti esprimere un desiderio più bello.

(da Recitiamo la scuola, R, Botticelli)

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recite per bambini: Lo sposalizio del mare

Psicogrammatica Montessori: classificazione dei nomi

Psicogrammatica Montessori: classificazione dei nomi.  Presentazione ai bambini, esercizi e i cartellini pronti per il download e la stampa.

Grazie a tutto il lavoro eseguito con le scatole grammaticali, i bambini hanno incontrato e sperimentato un vastissimo repertorio di parole della lingua italiana: tutti gli articoli, le preposizioni, gli avverbi, i pronomi, le congiunzioni e le interiezioni; e molti nomi, aggettivi e verbi.

Può quindi seguire, a questo punto, un lavoro di classificazione di queste parole, che saranno come sempre scritte su cartellini colorati secondo il codice dato per le scatole grammaticali (e che, verbo e nome a parte, sono volutamente di colore diverso rispetto ai simboli grammaticali):
– nome: nero
– verbo: rosso
– articolo: marrone chiaro
– aggettivo: marrone scuro
– pronome: verde
– preposizione: viola
– avverbio: rosa
– congiunzione: giallo
– interiezione: azzurro.

I bambini posizioneranno i cartellini all’interno di tabelle preparate appositamente per la classificazione di ogni parte del discorso.

Psicogrammatica Montessori: classificazione dei nomi

La classificazione segna la preparazione ad uno studio teorico della lingua che si amplierà nel periodo di studi successivo (dopo i 9 anni).

Per quanto riguarda in particolare la classificazione del nome, i bambini sanno che il nome è:
proprio o comune;
concreto o astratto;
collettivo o individuale.

Può inoltre essere:
maschile, femminile, promiscuo
singolare o plurale
primitivo o derivato
alterato
composto.

Per il mio materiale ho preparato una serie di cartellini dei titoli accompagnati dai simboli grammaticali avanzati,

che possono essere utilizzati per creare le tabelle che desideriamo presentare ai bambini (i titoli possono essere incollati su grandi fogli di carta oppure si possono usare degli schemi-esempio che i bambini possono riprodurre sul tappeto o sul tavolo).

Psicogrammatica Montessori: classificazione dei nomi

Per quanto riguarda i cartellini dei nomi, ho preparato una serie di nomi che coprono tutte le voci delle classificazioni, che dovranno essere scelti dall’insegnante e proposti insieme ai titoli scelti ai bambini.

In alternativa possiamo usare, naturalmente, i cartellini già presenti nelle scatole usate per gli esercizi sul nome eseguiti precedentemente.

Classificazione del nome

Dopo che il bambino ha lavorato in vari modi a classificare e categorizzare i nomi per numero, genere e tipo prepariamo un materiale che serva a ricapitolare quanto appreso.

Obiettivo

classificazione dei nomi.

Punti di interesse

organizzare i cartellini secondo uno schema dato.

Quando dare la lezione

almeno al termine del lavoro sul nome, o anche dopo aver lavorato a tutte e otto le scatole grammaticali.

Materiali

– cartellini dei nomi
– cartellini dei titoli organizzati in tabella
– schema per la composizione della tabella.

Presentazione

Ricapitoliamo coi bambini tutto quello che sappiamo dei nomi.

Mostriamo al bambino lo schema per comporre la tabella scelta, e componiamola insieme.

Invitiamo i bambini a mescolare i cartellini dei nomi, quindi a procedere con la classificazione all’interno della tabella.

Un nome può essere inserito in più di  una categoria e sarà necessaria una discussione coi bambini. Il ragionamento che sta sotto la scelta di classificare un nome in un modo piuttosto che in un altro è più importante dell’arrivare ad una risposta “esatta”.

Psicogrammatica Montessori: classificazione dei nomi

La vera storia di Valentino: racconto dell’Emilia Romagna

La vera storia di Valentino: racconto dell’Emilia Romagna per la scuola primaria.

Questa è la storia di Valentino.

Chi non lo conosce, Valentino? E’ l’ultimo dei figli di Giovanni Arrighi, detto il Mére.

Il Mére era il colono del Carrara, e la Chiara era sua moglie.

Vivevano da poveri, si sa, ma a Castelvecchio e a Barga li conoscevan tutti per quel che erano: gente alla buona, onesta, senza chiacchiere.

Un giorno, dunque, il Mére disse alla moglie: “Oh Chiara, non ti sembra che quel moccioso abbia bisogno di essere rivestito?”

“Eh, lo so anch’io, purtroppo!” rispose, un po’ seccata la buona donna. “Qualcosa gli ci vuole, ma…” e continuò a rimestare nel paiolo la semola da dare alla Bianchina.

“Ma qualcosa gli ci vuole!…” ripeté il Mére tentennando il capo. Ma, lì per lì, non seppe neppure lui come risolverla.

Palanche non ne aveva. Bisogni, in casa, ce n’erano tanti da cavare gli occhi. E tre figlioli da tirar su: Tonino, Carolina, Valentino.

Qualche tempo prima il padrone gli aveva detto: “Ho deciso di vendere tutto, Mére: campi e casa. C’è il professor Pascoli che sarebbe disposto a comperare. Tu, intanto, se ha bisogno di qualcosa, dagliela pure: latte, formaggio, uova. Dopo, semmai, ci rifaremo. Hai inteso?”

E il Mére: “Ho inteso”.

“Tanto ci rifaremo, Chiara: hai inteso?”

“Sì, ho inteso, ho inteso. Ma intanto non abbiamo una palanca per far cantare un cieco. Fra un mese e mezzo è Pasqua. Ed io come glieli compro una giacchetta ed un paietto di calzoni al Valentino?”.

Poi ci ripensò meglio; si sa, il bisogno spinge.

Ed ecco che una bella mattina, quando il Mére era già nei campi a legar viti, la Chiara spazientita spacca il salvadanaio, conta gli spiccioli, si aggiusta alla vita il pannello delle feste e, via, se ne va a Barga, dal Carrara che gestiva un negozio di pannine.

“Sor padrone, ho bisogno di qualcosa”.

“Sono contento di servirvi, Chiara. Di che cosa avete bisogno?”

“Due cencetti per Pasqua. Da spendere poco, vè! Che le panche, da casa nostra, se ne son ite!”

“Ma non vi preoccupate, scegliete pure!”

La Chiara scelse e pagò fino all’ultimo centesimo.  Poi andò dalla Filomena, che cuciva anche donne e per ragazzi.

“Zitta, non lo dire, veh! E’ una sorpresa” e tirò fuori la stoffa acquistata dal Carrara. “Vorrei che tu ci facessi un vestitino al mio Valentino. Due zoccoletti, prima di Pasqua, glieli comprerò. Ho due galline: se non mi coveranno tanto presto…” (Voleva dire: faranno delle uova, le venderò, ci comprerò gli zoccoli).

Invece tutti sappiamo come andò a finire. Le galline chiocciarono, la Chiara non potè più vendere un uovo…

e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così, con le penne,
ma nudi i piedi come un uccello.

Venne il giorno di Pasqua. Sole meraviglioso, voli, trilli di rondini.

Valentino uscì di casa, scese le scale, arrivò sulla piazzetta un po’ impacciato nei movimenti a causa del vestito nuovo.

“Oh, Valentino, vestito di nuovo!” si udì esclamare.

Si arrestò di colpo. Voltò gli occhi a destra, a sinistra, in alto. Guardò verso la casa del professore: il poeta affacciato alla finestra sorrideva. Il ragazzo abbassò il capo, diventò rosso rosso. Poi, via, di corsa a rifugiarsi in casa.

Il Pascoli invece, rimase a lungo a guardare dalla finestra, muto.

Lungo i borri dell’Orso, tra le siepi dei biancospini fioriti penduli sull’acqua trasparente, le allodole, le cince, i pettirossi cinguettavano lieti alla primavera. Proprio come il bimbo del Mére e della Chiara, proprio come Valentino: lui pure saltava, correva, ignaro se al mondo potesse esistere una felicità più grande della sua.

Così nacque una delle più delicate poesie del Pascoli.

Oggi, dei protagonisti di questa storia è rimasto soltanto Valentino Arrighi, ma è emigrato in America: a Cincinnati (Ohio), dove ha famiglia e dove… viaggia in automobile.

(G. Mirola)

La vera storia di Valentino: racconto dell’Emilia Romagna – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Psicogrammatica Montessori: i nomi collettivi

Psicogrammatica Montessori: i nomi collettivi.  Presentazione ai bambini, esercizi e i cartellini pronti per il download e la stampa.

Prerequisiti

– presentazione del nome
– presentazione di nomi concreti e astratti
– presentazione del numero e del genere del nome.

Età

6 anni

Controllo dell’errore

cartellini di controllo.

Scopo diretto

– uso corretto dei nomi collettivi e individuali;
– arricchimento del lessico;
– incoraggiare l’interesse per lo studio delle parole e l’analisi grammaticale.

Presentazione – versione 1

Materiale

– carte illustrate di gruppi e membri relativi (o oggetti in miniatura)
– cartellini dei titoli: nome,  individuale, collettivo
– cartellini di nomi collettivi e individuali pronti; cartellini di controllo.

Invitiamo il bambino ad identificare l’oggetto singolo e ricapitoliamo con lui quello che sappiamo del nome.

Poniamo sotto all’immagine il cartellino del nome individuale.

Introduciamo l’immagine del gruppo formato da più membri del primo elemento.

Poniamo sotto all’immagine il cartellino del nome collettivo.

Diciamo ai bambini che il primo nome è un nome individuale, mentre il secondo è un nome collettivo.

Posizioniamo lungo il margine superiore dell’area di lavoro i cartellini dei titoli e componiamo lo schema con i bambini utilizzando il restante materiale preparato.

Al termine rileggiamo i cartellini, aggiungendo i cartellini di controllo.

Presentazione – versione 2

Materiali

– cartellini preparati
– cartellini in bianco
– cartellini dei titoli: nome, individuale, collettivo
– penna nera

Presentazione

Raccogliamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo loro: “Nei giorni scorsi abbiamo parlato delle parole che si usano per nominare le cose. Vi ricordate come si chiamano queste parole? Sì, si tratta dei nomi. I nomi sono le parole che servono a nominare le cose che ci circondano”.

Posizioniamo i cartellini dei titoli vicino al margine superiore dell’area di lavoro.

Leggiamo il primo cartellino di un nome. Posizioniamo il cartellino sotto al titolo “nome”. Leggiamo il nome collettivo corrispondente. Posizioniamo il cartellino sotto al titolo “nome collettivo”.

Formiamo una colonna di nomi sotto al titolo “nomi”. Chiediamo ai bambini di leggere i cartellini.

Distribuiamo i cartellini dei nomi collettivi tra i bambini (un cartellino per ogni bambino). Invitiamoli a leggere ognuno il proprio.

Leggiamo il primo nome. Diciamo: “Chi di voi ha il cartellino col nome collettivo che usiamo per un gruppo di questi oggetti?”. Il bambino legge il suo cartellino e lo posiziona correttamente all’interno dello schema che si va componendo nell’area di lavoro.

Continuiamo in questo modo con i cartellini rimanenti, distribuendone uno per bambino.

Al termine dell’esercizio verifichiamo lo schema con i cartellini di controllo.

I bambini possono poi aggiungere altri nomi e nomi collettivi relativi utilizzando i cartellini in bianco.

I bambini leggeranno infine lo schema completo e potranno copiarlo sui propri quaderni di grammatica.

Nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio individualmente.

Esercizio di  classificazione dei nomi in individuali e collettivi

Materiali

– cartellini dei nomi individuali e collettivi con cartellini di controllo (vari set)

In una prima fase offriamo un set alla volta, tenendo divisi i nomi individuali dai nomi collettivi. Il bambino formerà prima la colonna dei nomi individuali, quindi li abbinerà ai nomi collettivi. Lo stesso esercizio può essere ampliato lavorando con più set insieme.

In seguito possiamo offrire ai bambini i cartellini dei nomi individuali e collettivi mescolati tra loro.


Psicogrammatica Montessori: i nomi collettivi

Nei giorni seguenti

– incoraggiare il bambino a fare le sue liste di nomi individuali e collettivi;
– incoraggiare il bambino a comporre frasi, racconti e poesie utilizzando le nuove parole imparate;
– incoraggiare i bambini a svolgere ricerche con l’aiuto di libri e dizionari.

Psicogrammatica Montessori: i nomi collettivi

Psicogrammatica Montessori: dove vivono gli animali

Psicogrammatica Montessori: dove vivono gli animali. Presentazione ai bambini, esercizi e i cartellini pronti per il download e la stampa.

Obiettivi diretti

– comprendere la funzione del nome;
– arricchire il vocabolario
– comprendere le relazioni esistenti tra i nomi.

Età

6 anni.

Materiali

– cartellini preparati
– cartellini da compilare
– cartellini dei titoli: animale, dove vive
– cartellini di controllo
– penna nera.

Presentazione

Raccogliamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo loro: “Nei giorni scorsi abbiamo parlato delle parole che si usano per nominare le cose. Vi ricordate come si chiamano queste parole? Sì, si tratta dei nomi. I nomi sono le parole che servono a nominare le cose che ci circondano”.

Posizioniamo i cartellini dei titoli vicino al margine superiore dell’area di lavoro.

Leggiamo il primo cartellino di un nome di animale. Posizioniamo il cartellino sotto al titolo “animale”. Leggiamo il nome del luogo dove abita. Posizioniamo il cartellino sotto al titolo “dove vive”.

Formiamo una colonna di nomi di animali sotto al titolo “animali”. Chiediamo ai bambini di leggere i cartellini.

Distribuiamo i cartellini dei luoghi dove vivono gli animali tra i bambini (un cartellino per ogni bambino. Invitiamoli a leggere ognuno il proprio.

Leggiamo il primo nome di animale. Diciamo: “Chi di voi ha il cartellino col nome del luogo dove vive questo animale?”. Il bambino legge il suo cartellino e lo posiziona correttamente all’interno dello schema che si va componendo nell’area di lavoro.

Continuiamo in questo modo con i cartellini rimanenti, distribuendone uno per bambino.

Al termine dell’esercizio verifichiamo lo schema con i cartellini di controllo.

I bambini possono poi aggiungere altri nomi di animali e di luoghi utilizzando i cartellini in bianco.

I bambini leggeranno infine lo schema completo e potranno copiarlo sui propri quaderni di grammatica.

Nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio individualmente.

Psicogrammatica Montessori: dove vivono gli animali

Psicogrammatica Montessori: nomi di animale

Psicogrammatica Montessori: nomi di animale. Presentazione ai bambini, esercizi e i cartellini pronti per il download e la stampa.

Scopo diretto

– arricchire il vocabolario riguardo ai nomi di animali per genere e numero
– approfondire la conoscenza dei nomi collettivi
– arricchire il vocabolario relativo ai nomi dei cuccioli.

Scopi indiretti

– migliorare le competenze di lettura di semplici parole
– offrire un’ampia scelta di suoni e digrammi, e fonogrammi
– sviluppare la capacità di cercare le parole nel dizionario.

Prerequisiti

– lezioni di presentazione del nome
– lezioni sui nomi collettivi, sul genere del nome e sul numero del nome.

Controllo dell’errore

tavola di controllo

Materiali

– cartellini dei titoli: nomi di animale, maschi, femmine, cuccioli,  gruppi
– cartellini dei nomi preparati (vari set di 10 animali sviluppati nelle cinque categorie, cioè 50 cartellini per set)
– dizionario
– tavola di controllo.

Presentazione

Invitiamo il bambino al tavolo o al tappeto per iniziare insieme una nuova attività.

Mostriamo al bambino la scatola dei cartellini e la tavola di controllo e diciamo:”Questi cartellini contengono i nomi di alcuni animali, che possono essere maschi, femmine, cuccioli e gruppi di animali. Possiamo usare il dizionario per cercare quelli che non conosciamo. Per verificare se abbiamo svolto correttamente l’esercizio, potremo confrontare il nostro lavoro con la tavola di controllo”.

Disponiamo ordinatamente lungo il margine superiore del nostro spazio di lavoro i cinque cartellini dei titoli e facciamoli leggere al bambino.

Offriamo al bambino un cartellino di un nome. Se il bambino lo conosce, lo posiziona sotto al cartellino dei titolo corrispondente. Se il bambino non conosce il nome usiamo il dizionario per cercarne il significato, quindi inseriamo il cartellino nello schema.

Dopo aver posizionato un cartellino lungo una colonna, lasciamo sempre liberi gli spazi in orizzontale per le altre colonne, in modo tale da poter completare lo schema correttamente.

Quando il bambino ha posizionato correttamente i 50 cartellini del set, mostriamogli come utilizzare la tavola di controllo per verificare il suo lavoro.

Estensioni

– al termine dell’esercizio il bambino può copiare lo schema sul suo quaderno di grammatica
– nei giorni seguenti il bambino potrà lavorare col materiale autonomamente, utilizzando anche gli altri set preparati
– il bambino può scrivere frasi e storie utilizzando i nomi di animali presentati nei set, o anche nomi di animali scelti da lui
– l’insegnante o il bambino possono creare parole crociate o altri giochi di parole che utilizzino nomi di animali.

Per l’insegnante

Esistono numerosi termini specifici che si riferiscono a gruppi di animali di particolari tipi. Per esempio:
– un gruppo di uccelli in volo viene in genere chiamato stormo;
– un gruppo di pesci è generalmente detto banco. Il termine branco viene usato per gli animali di grosse dimensioni, domestici o meno. Frequentemente è usato in riferimento a gruppi di carnivori (per esempio un branco di lupi);
– un branco di mammiferi erbivori è detto mandria;
gregge è il termine più usato per indicare gruppi di ovini da allevamento;
– un gruppo stanziale di animali viene spesso detto una colonia;
armento (dal latino armentum) è un branco di grossi animali domestici;
torma indica un insieme disordinato di animali (o persone).

Psicogrammatica Montessori: nomi di animale

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Psicogrammatica Montessori: nomi di animale

Psicogrammatica Montessori: nomi di animale

Leggende della Liguria

Leggende della Liguria per la scuola primaria. 

Leggende della Liguria
Capitan Bresca

Da quanti secoli quell’obelisco giaceva, mezzo interrato, vicino alla Basilica di San Pietro?
Era venuto dall’Egitto, perchè in quel paese, antichissimamente, gli obelischi servivano a segnare le ore con la loro lunga ombra.
Infatti gli obelischi erano altissimi e strettissimi massi di granito, terminanti a punta. Sulle facce rivelavano incise quelle strane figurine che costituivano la scrittura degli antichi Egizi.
Riusciva dunque difficile far reggere in piedi un obelisco. E infatti l’obelisco, che si trovava vicino a San Pietro, giaceva da secoli  e secoli sdraiato per terra e nessuno si era sentito la capacità e il coraggio di rimetterlo dritto.
Il granito pesa moltissimo, tanto è vero che, a poco a poco, l’obelisco era affondato nella terra, dalla quale affiorava soltanto una faccia, tutta piena di scrittura figurata.
Ma nel 1584 papa Sisto V chiamò il suo architetto, che si chiamava Domenico Fontana, e gli disse: “Avete veduto quel bellissimo obelisco, che giace vicino alla sagrestia di San Pietro? E’ nostro desiderio raddrizzarlo proprio nel mezzo della piazza”.
“Sarà fatto, Santità” rispose l’architetto.
Misurò l’obelisco. Ne calcolò il volume e quindi il peso. Studiò macchine speciali, con ruote a ingranaggio e grosse funi di canapa, e quando gli parve d’essere sicuro del fatto suo, si presentò al papa e gli disse: “Santità, io sarei pronto per la manovra, ma ho paura”.
“Che cosa vi spaventa?” chiese Sisto V.
“Mi spaventa la folla,” disse l’architetto. “La notizia si è sparsa per tutta Roma, e il giorno della manovra sulla Piazza San Pietro accorrerà una gran folla”.
“Certamente” disse il papa “Anche noi ci saremo, con tutti i Cardinali. Che noia vi daremo?”.
“Mi darà noia il clamore, che coprirà la mia voce. I miei ordini non verranno uditi. Poi ci sarà chi griderà una cosa e chi un’altra. Invece io ho bisogno del più assoluto silenzio. Gli ordini devono venire soltanto da me, durante la difficilissima manovra”.
Sisto V era un papa molto energico e severo. Tutti lo temevano, perchè sapevano come fosse rigoroso contro coloro che disobbedivano.
Fece un editto, nel quale si ordinava il più assoluto silenzio. Chi avesse alzato la voce, durante la manovra di innalzamento, sarebbe stato punito con la morte.
Il papa Sisto non scherzava. Perciò i cittadini , nel giorno fissato, affluirono in Piazza San Pietro a bocca chiusa. S’intendevano a gesti e sembravano tanti sordomuti. Il papa aveva fatto mescolare alla folla molte guardie svizzere, con l’ordine di arrestare chi gridasse anche una sola parola.
Nel silenzio, l’architetto Fontana cominciò a dare gli ordini per la manovra. Le funi si tesero, le ruote cigolarono e l’obelisco, lentissimamente, cominciò ad alzarsi da un lato.
Tutti trattenevano il fiato, anche il papa e i Cardinali, attenti alla pericolosa operazione.
Sempre nel più assoluto silenzio, si udiva la voce dell’architetto, che seguitava a dare ordini. E l’obelisco continuava ad inclinarsi sempre di più, a drizzarsi sempre meglio.
Eccolo quasi verticale. Un ultimo strattone delle funi e l’obelisco sarebbe andato a posto, perfettamente dritto.
Ma le funi tese sono giunte alla  fine del loro tratto e non si muovono più. Le ruote degli argani sembrano inchiodate. Tutta la grande macchina è ferma. L’architetto Fontana ha sbagliato i calcoli e l’obelisco rimane leggermente inclinato. Com’è possibile lasciarlo così?
Il papa guarda severamente l’architetto. L’architetto, costernato, guarda il papa. Tutto il lavoro fatto è dunque inutile?
Allora si ode una voce alzarsi dalla piazza. E’ la voce distinta, chiara, d’un uomo solo, che sembra abituato al comando e che grida: “Acqua alle funi!”.
Il papa volge lo sguardo irato verso il punto della piazza dal quale si è levata quella voce gagliarda e imperiosa. Le guardie accorrono per arrestare il ribelle agli ordini papali.
Ma l’architetto si batte la fronte e ordina di stare tutti fermi.
Fa portare secchi d’acqua, con i quali bagna davvero le funi. E le funi, con l’umidità, si accorciano, e quell’accorciamento è sufficiente per mandare a posto l’obelisco.
Intanto le guardie svizzere avevano arrestato l’autore del grido. Era un capitano marittimo di Sanremo, e si chiamava Bresca.
Condotto dinanzi al papa, tutti attendevano la sua condanna. Invece Sisto V gli disse benignamente: “Chi sei?”
“Sono il capitan Bresca”
“Di dove sei?”
“Di Sanremo”
“Perchè hai gridato?”
“Perchè noi marinai conosciamo bene le corde di canapa e sappiamo che quando sono bagnate si ritirano”
“Conoscevi l’editto che prometteva la morte a chi avesse gridato?”
“Sì, ma noi marinai liguri siamo abituati a sfidare la morte pur di fare un’opera buona!”.
La risposta piacque al papa, il quale, non solo perdonò il bravo marinaio ligure, ma lo volle premiare.
“Che cosa desideri?”
“Santità, prima di tutto la vostra benedizione”.
Dopo averlo benedetto, Sisto V chiese al capitano Bresca: “Vuoi altro?”
“Santità, l’onore per me e per i miei discendenti di fornire le palme al Palazzo Apostolico. Sulla riviera ligure crescono le più belle palme d’Italia.”
Il papa si stupì. Quel bravo capitano di mare non chiedeva, ma voleva dare.
E allora Sisto V volle essere generoso con lui. Lo nominò Capitano dell’Armata pontificia. Gli diede il privilegio di issare sulla sua nave la bandiera papale.
Così il capitano Bresca ebbe più onori dell’architetto Fontana e riportò, per sè e per la sua famiglia, un titolo di benemerenza e d’onore.
(P. Bargellini)

Leggende della Liguria
Le galline dell’isola Gallinara

L’isola Gallinara, questo già lo sai, sorge nel mare di Albenga, poco ad ovest della città. Quello che forse non sai è il perchè, ancora oggi, la solitaria isoletta porta questo singolare nome.
“Perchè era abitata dalle galline!” mi pare di sentirti esclamare.
Bravo, proprio cosi! Essa era abitata da galline, da galline selvatiche. Ascolta ora quel che avvenne…
Si sa che le galline sono alquanto pettegole. A volte il loro chiacchiericcio era talmente alto e petulante da essere udito perfino dalla costa per giornate e giornate intere.
Ti figuri gli abitanti? Ad un certo punto ebbero i loro nervi così fuori posto da non poterne più e cominciarono a imprecare contro quelle bestiacce e chi le aveva create.
Proprio così. Tu dirai che non è giusto. Sono d’accordo con te, ma questa, purtroppo, è la verità.
Ma quelle bestemmie non rimasero sulla costa ligure e tanto meno sulla terra. Arrivarono nientemeno che all’orecchio del buon Dio, il quale maledì l’isola e fece sì che da allora, nessuna gallina mai più ci vivesse.
Passarono gli anni…
Un giorno giunse ad Albenga l’abate francese Martino; scorse l’isola e la volle visitare. Innamoratosi della grande solitudine e della profonda pace che vi regnavano, la scelse per sua dimora e vi si stabilì.
Martino era un santo e le preghiere che egli quotidianamente innalzava a Dio arrivavano diritte al Creatore, nel Regno dei Cieli. Spesso, dunque, Martino, nelle sue orazioni invocava il buon Dio, affinché permettesse nuovamente alle galline di ritornare a vivere nell’isola.
Inutilmente, però, in quanto Dio non si lasciò commuovere nemmeno dalle parole del santo. E da allora le galline non vi fecero più ritorno. Di esse rimase soltanto il ricordo… nel nome dell’isola.
Il buon abate, ad ogni modo, se non riuscì a far tornare le galline, potè invece operare un altro miracolo.
Devi sapere che, anche in Liguria, esiste una certa pianta chiamata elleboro. Essa possiede una certa sostanza velenosa. Ebbene, San Martino riuscì a togliere ogni traccia di veleno all’elleboro che cresceva sulla Gallinara.
Difatti sull’isola oggi cresce soltanto una varietà di quella pianta, non velenosa.

Leggende della Liguria
La trave del tesoro

Un giorno d’ottobre dell’anno 1202 giunse a Portovenere, portato dalle onde, un grosso tronco. Era un normale tronco d’albero, anche se di grandezza non comune. I Portovenerini, vedendolo così lungo e grosso, si dissero: “Di questo tronco ce ne faremo una bella riserva di legna da ardere per quest’inverno”.
Detto fatto, ritornarono con asce e picconi, e giù colpi da orbo che avrebbero spaccato una montagna.
Non fu così per il tronco; infatti per quanto gli dessero non riuscirono neppure a scalfirlo.
Un fatto simile non era mai successo nella storia di Portovenere e dintorni; per cui l’impressione fu assai grande. Qualcuno disse: “Dev’essere certamente una cosa sacra! Per conto mio questo è un miracolo”.
E la voce del miracolo corse veloce per tutto il paese. La curiosità, però non diminuì, nei Portovenerini, anzi aumentò. Decisero allora di spaccare quel singolare tronco con ogni delicatezza.
Così, infatti, cominciarono a fare.
Ed ecco che ai primi colpi (erano quasi carezze) la misteriosa trave si aprì dolcemente, come uno scrigno, mostrando agli stupefatti abitanti immagini, quadri, arredi sacri e quattro cofanetti d’avorio tutti istoriati a penna, in rosso e nero.
Da dove mai veniva quel tronco? E chi aveva mandato la trave misteriosa?
Nessuno ha mai saputo rispondere a queste domande: ma i quattro cofanetti (unici in Italia di così prezioso e delicato lavoro in avorio) sono ancora nella chiesa di San Lorenzo, a Portovenere.

Leggende della Liguria per la scuola primaria – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Psicogrammatica Montessori: nomi di persona, cosa, luogo

Psicogrammatica Montessori: nomi di persona, cosa, luogo. Presentazione ai bambini, esercizi e i cartellini pronti per il download e la stampa.

Prerequisiti

lezioni di presentazione del nome

Scopo diretto

comprendere la funzione del nome; conoscere le classificazione dei nomi in nomi di persona, di luogo e di cosa.

Scopo indiretto

stimolare l’interesse dei bambini sull’analisi grammaticale e sul nome.

Punti di interesse

– classificare il nome
– imparare che ci sono diversi tipi di nome.

Controllo dell’errore

ogni set contiene un numero dato di cartellini.

Età

6 anni.

Materiali

– cartellini dei nomi di persona, di luogo, di cosa
– cartellini dei nomi da compilare
– cartellini dei titoli: nomi, di persona, di luogo, di cosa
– penna nera.

Presentazione

Raccogliamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo loro: “Ormai conosciamo molte cose sulle parole che servono a chiamare gli oggetti. Queste parole come sono chiamate? Sì, sono i nomi.”

“Oggi diremo qualcosa di nuovo sui nomi”.

Presentiamo ai bambini le categorie di “persona”, “luogo” e “cosa” ai bambini dicendo: “Persone, luoghi e cose sono nomi, perchè servono a nominare qualcosa o qualcuno”.

Mettiamo sul tavolo o sul tappeto  i cartellini dei titoli, in alto.

Invitiamo i bambini a leggere i nomi dei cartellini preparati e posizionarli ognuno sotto il titolo corrispondente, formando tre colonne.

Invitare i bambini a cercare altri nomi di persona, luogo e cosa. Scrivere i nomi sui cartellini in bianco e darli ai bambini, perchè possano classificarli.

Rileggere i nomi presenti in ogni colonna.

I bambini possono registrare gli elenchi dei nomi presentati sul loro quaderno di grammatica.

Nei giorni seguenti i bambini potranno svolgere l’esercizio autonomamente.

Estensioni

– i bambini possono compilare propri elenchi di nomi di cosa, luogo, persona;
– classificare ulteriormente i nomi, ad esempio per i nomi di cosa stilare elenchi di nomi di vestiario, di mobili, di attrezzi ecc.

Psicogrammatica Montessori: nomi di persona, cosa, luogo

Il gioco dell’inventario della classe per il nome

Il gioco dell’inventario della classe per il nome per approfondire lo studio del nome col metodo della psicogrammatica Montessori.

Scopo diretto

comprendere la funzione del nome

Età

6 anni

Materiali

– cartellini bordati di nero da compilare
– penna nera
– cartellini preparati coi nomi degli oggetti presenti in classe.

Presentazione

Raduniamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo: “Fino ad ora abbiamo imparato molte cose sulle parole che usiamo per chiamare gli oggetti. Come si chiamano le parole che usiamo per nominare gli oggetti? Sì, sono i nomi. I nomi sono parole che servono a nominare.”

“Oggi etichetteremo coi loro nomi gli oggetti che si trovano nella nostra classe”.

Invitiamo un bambino a nominare un oggetto presente in classe. Con la penna nera scriviamo il nome su di un cartellino. Invitiamo il bambino a leggere il cartellino ed a posizionarlo accanto all’oggetto nominato.

Facciamo altri esempi, finché i bambini non saranno in grado di proseguire il lavoro autonomamente.

A quel punto forniamo loro una serie di cartellini preparati coi nomi degli oggetti  presenti in classe: i bambini li useranno per etichettarli.

Al termine dell’esercizio potranno compilare elenchi dei nomi degli oggetti presenti in classe sui loro quaderni di grammatica.

Il gioco dell’inventario della classe per il nome

Il gioco della fattoria Montessori per il nome

Il gioco della fattoria Montessori per il nome, presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria, per sperimentare la funzione del nome nella frase. Per la costruzione della fattoria e stampare i cartellini previsti per il gioco, trovi tutto qui.

Il gioco della fattoria Montessori per il nome
Versione 1

Materiali

gioco della fattoria
cartellini neri dei nomi

Presentazione

Formiamo un piccolo gruppo di bambini.

Invitiamo i bambini ad allestire la fattoria.

Prendiamo un cartellino, leggiamolo e posizioniamolo accanto all’oggetto corrispondente. Queste parole che usiamo per chiamare le cose che ci circondano sono nomi.

Al termine i bambini possono registrare l’esercizio sul loro quaderno di grammatica.

Diciamo ai bambini che tutte le parole scritte sui cartellini che useremo per l’esercizio, servono a nominare gli oggetti della fattoria.

Il gioco della fattoria Montessori per il nome
Versione 2

Mostriamo ai bambini il gioco della fattoria e spieghiamo loro che lo useremo per lavorare sul linguaggio.

Mostriamo i cartellini delle parole che servono a nominare gli oggetti della fattoria, e presentiamo il cartellino del titolo su cui avremo scritto “NOMI”.

Ricordiamo coi bambini le lezioni di presentazione del nome.

I bambini leggeranno i cartellini dei nomi e li abbineranno agli oggetti corrispondenti, portandoli sotto al cartellino del titolo.

Al termine dell’esercizio i bambini scriveranno sui loro quaderni di grammatica il titolo in alto e in seguito l’elenco dei nomi trovati.

Prerequisiti

lezioni sulla funzione del nome.

Età

6 anni

Scopo diretto

fare pratica sulla funzione del nome

Scopo indiretto

sviluppo del lessico; lettura e comprensione.

Punti di interesse

allestire la fattoria; etichettare correttamente gli oggetti.

Controllo dell’errore

i nomi sono scritti tutti su etichette nere.

Estensioni

i bambini possono scrivere nuove etichette di nomi (particolari o sinonimi) per gli oggetti già presenti nel gioco; i bambini possono aggiungere elementi alla fattoria ed etichettarli.

Il gioco della fattoria Montessori per il nome
Versione 3

Raccogliamo un piccolo gruppo di bambini attorno al gioco della fattoria.

Invitiamo i bambini ad allestire la fattoria.

Ogni oggetto della fattoria ha un nome. I nomi sono scritti su questi cartellini. Tutte le parole che usiamo per chiamare le cose sono nomi. Un nome è una parola che serve a nominare le cose.

Invitiamo i bambini a posizionare i cartellini dei nomi accanto agli oggetti corrispondenti. I bambini prendono un cartellino, lo leggono, quindi lo usano per etichettare un oggetto.

Al termine dell’esercizio i bambini copiano l’elenco dei nomi usati sui loro quaderni di grammatica.

Nei giorni seguenti i bambini svolgeranno con cartellini selezionati l’esercizio in modo indipendente.

Prerequisiti

lezioni sulla funzione del nome.

Età

6 anni

Scopo diretto

fare pratica sulla funzione del nome

Scopo indiretto

sviluppo del lessico; lettura e comprensione.

Punti di interesse

allestire la fattoria; etichettare correttamente gli oggetti.

Controllo dell’errore

i nomi sono scritti tutti su etichette nere.

Estensioni

i bambini possono scrivere nuove etichette di nomi (particolari o sinonimi) per gli oggetti già presenti nel gioco; i bambini possono aggiungere elementi alla fattoria ed etichettarli.

Il gioco della fattoria Montessori per il nome

Gioco della fattoria Montessori

Gioco della fattoria Montessori: la mia versione stampabile completa di tutti gli elementi (attrezzi, personaggi, animali, elementi architettonici,…) e dei cartellini per gli esercizi coi simboli grammaticali.

Gioco della fattoria Montessori

La fattoria Montessori tradizionale è un materiale piuttosto costoso, ma così versatile ed utile che non bisogna farsi scoraggiare. Naturalmente la versione originale è davvero molto bella, ma ci si può ingegnare in tantissimi modi per allestire una bellissima fattoria. In rete molte mamme blogger si sono cimentate nell’impresa (consiglio la ricerca nel web per “Montessori grammar farm”).

Set di animali della fattoria di plastica o legno si trovano facilmente, a varie fasce di prezzo. Per gli elementi architettonici si trovano delle bellissime soluzioni in cartone, molto economiche, ad esempio:

Non proprio economici, ma si possono collezionare un po’ alla volta, ci sono gli elementi della serie “Vita nella fattoria” Schleich, con vari accessori.

La difficoltà, preparando la fattoria in proprio, è quella di dover preparare il materiale di accompagnamento (cartellini dei nomi e delle altre parti del discorso e frasi per l’analisi logica e grammaticale) in base agli elementi presenti nella nostra fattoria.

Per questo ho preparato una fattoria stampabile, da colorare e allestire praticamente a costo zero, con il materiale di accompagnamento pronto.

Basta stampare gli elementi:

Ritagliare lasciando un margine e una base diritta:

Colorare e poi scegliere se incollarli su mattoncini da costruzione di legno o plastica, oppure aggiungere una linguetta in cartone o cartoncino:

Gioco della fattoria Montessori

Il lavoro con la fattoria si abbina all’uso dei simboli grammaticali, per questo la prima serie di cartellini segue i colori dei simboli grammaticali, e non quelli delle scatole grammaticali:

Gioco della fattoria Montessori

Col metodo Montessori abbiamo a disposizione una vastissima gamma di attività diverse per presentare ai bambini le parti discorso. Alcuni possono essere sorprendenti, e la fattoria è uno di questi.

La fattoria può essere usata nella Casa dei Bambini per il lavoro sull’arricchimento del linguaggio orale, sulla scrittura e la lettura; è utilissima per presentare le parti del discorso sia nella fascia d’età 3-6, sia in quella 6-9 anni; consente di esercitare l’analisi logica e grammaticale.

Userò la fattoria nei prossimi articoli per fare esempi di presentazioni delle parti del discorso, aggiungendo frasi e cartellini per l’analisi logica e grammaticale.

Gioco della fattoria Montessori 

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria.

Paese di collina.

Le Marche sono un paese di collina e vogliono la vista scoperta da tutti i lati. In piccolo spazio troverete una moltitudine di città e cittadelle situate su per giù nella medesima posizione, su lunghe colline piuttosto alte a cui sorride il mare da una parte, con la vista assidua del promontorio di Ancona, e il lontano, aereo Appennino dall’altra.
Il mare arriva dappertutto come la sua luce. Se ci si affaccia dall’alto, lo si vede insinuarsi, occhieggiare fin sotto le pendici dei colli più apparentemente discosti; si scoprono le coste marchigiane formatesi, al dire dei geologi, per emersione e quindi sicure dalla malaria, ma non altrettanto in antico, dalle incursioni piratesche, le quali spiegano il perchè di tante torri in luogo di campanili. Torri che, isolate oppure vigilanti sull’abitato, si rispondono da tutti i monti, segnalano a valle i passi obbligati, e danno a questo idilliaco paese un aspetto difensivo e guerresco.
(V. Cardarelli)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Ecco le dolci Marche

I campi sono così gonfi di vegetazione che il trifoglio in fiore trabocca, in primavera, sulle scarpate della ferrovia. Quale ampiezza di linee in questo paesaggio trasfigurato da una luce che è tutta un sogno, un sospiro! L’Adriatico iridescente e trinato ricorda la pittura veneziana e anche il vetro di Murano. Vorrei essere pittore per dipingere quel caos, quello spruzzo di colori, che è Fano vista da Pesaro: i quercioli e il grano piegati dalla bora; la terra bruna e leggiadra su cui spiccano le pianticelle di pomodoro, di aglio e di cipolla che si coltivano nei frugalissimi orti del litorale. I pescatori lavorano il mare come i contadini la terra. Al carro tinto di rosso e di turchino, ai buoi infiocchettati, rispondono al largo le vele colorate. Il mare arriva da per tutto con la sua luce.
(V. Cardarelli)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Pesaro

Questa, signori, è la piccola città. Vedete? Da una parte è il mare: non somiglia a nessun altro, perchè due colli, l’Ardizio e il San Bartolo, ne delimitano la proprietà… Le ore più vere della nostra piccola città sono quelle dell’alba quando i pescatori di telline sono centro metri dentro il mare coi calzoni rimboccati fino al ginocchio ché l’acqua non arriva più in su… Fra poche ore la nostra spiaggia avrà tutti i colori balneari: i rossi, il turchino, il giallo; sono le tende, gli ombrelloni, i capanni. La vita della nostra piccola città scorre serena; gli abitanti, tranquilli, non si stupiscono di nulla; gli avvenimenti, spesso notevoli, toccano tutte le tonalità: quelle persone che vengono a gruppi verso di noi, sono uscite ora dal teatro; nel salone del Conservatorio provano ancora il concerto che si farà domani… Ora sono andati tutti a riposare: è questa l’ora in cui i viali odorano di mare e biancospino e i portali trecenteschi delle nostre chiese hanno l’armonia di lunghi accordi d’organo… Questa, signori, è la piccola città vecchia, stravecchia, gotica, medievale, malatestiana, tra il mare, il Catria, Urbino e il forte di Gradara. Nelle vie scure e deserte, sulle vecchie case cariate dal vento di mare, gioconda, grande, magnifica, rimane la magica melodia di Gioacchino Rossini.
(M. Cocco)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Ascoli, dolce terra

E’ una città di torri, di ponti romani, di frati vestiti di nero, di campane minute e verdognole che chiamano alle funzioni i fedeli con un timbro conventuale e trafelato. Penso che sarebbe sufficiente un colpo di vento, di libeccio, a far suonare senza l’aiuto dell’uomo tutte queste campane a vela attaccate a campanili che sembrano blocchi di fango essiccato. Ogni sera, dopo la calata del sole, decine di chiese che hanno il colore delle fortezze assorbono la poca luce restante. E se vi approssimate alle zone più popolari e più buie, a stento riuscite a notare alle finestre donne affacciate tra vasi di garofani, magari sopra cinquecentesche lunette e formelle di terracotta rappresentanti o un’ostia col calice o un’agnella… Qui la vita si protrae fino a tarda ora pure nelle anguste rue, traducendosi in vivace bisbiglio che proviene da terrazzi nascosti. A mano a mano che vi avvicinate ai viali alberati lungo le scoscese sponde del Tronto, v’avvolge il profumo dolce e oleoso dei tigli in fioritura.
(D. Zanasi)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Macerata

Scura al pari di una certosa sulla cime di un colle; gremita di chiese seicentesche a pietra viva, a mattoni aggettati: piena di misticismo, di motivi elegiaci, di religiosi stupori… Città così ruvida e amabile, strade anguste e disagevoli come sentieri di ronda. Macerata in certi temporaleschi tramonti d’estate ha incendi purpurei… Un panorama spazioso e abbastanza profondo, aperto sopra una tondeggiante cavalcata di colli che degradano all’orizzonte. La stazione è in fondo al viale e ora è dipinta di azzurro, di un azzurro vivace che con la sua tinta e con l’aiuto della fontana lì accanto cerca di rimediare alla scarsa frequenza dei treni che vanno a Portocivitanova. Le voci, sia pur sommesse, riecheggiano col medesimo stupore di un grido in una cattedrale vuota.
(D. Zanasi)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Urbino… ventoso

Il padre si trascinò dietro il figliolo tra le belle case bramantesche, nelle vie che si disegnavano in vaghe ondulazioni, nelle piccole vie che si restringevano sempre e poi si infossavano, su scalette che si arrampicavano, fra casucce silenziose dalle quali spuntava qualche bel ciuffo verde; o gli indicava dall’alto una cascata di gradinate che si rotolava nell’altra via o la mole panoramica del Palazzo Ducale che si scorgeva sempre, come una veduta animata, coi suoi due torricini e le due piccole cuspidi da castello di carta. Aspre erano le salite, precipiti le discese. Ritornarono in piazza, rigirarono intorno alla fontana. Poi sdrucciolarono giù quasi correndo sul selciato sonoro fino a un ripiano inferiore dove la città finiva e aveva dinanzi il panorama delle sue colline e dei suoi monti: vaste ondulazioni azzurre, colline blande, monti aguzzi.
(M. Moretti)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
La piazza del Sabato del villaggio

Recanati. E’ già quasi il tramonto, il paese si scuote dal suo torpore del pomeriggio. Le case sono chiare  e pulite: poche le botteghe, rari i passanti: una grande quiete, come se il paese si raccogliesse in un tardo rispetto. Il palazzo Leopardi è poco lontano dalla piazzetta ombrosa. Mi pare di dover camminare in punta di piedi, per non far rumore, come quando si entra in chiesa e non c’è nessuno. Un breve tratto ed ecco la piccola piazza signoreggiata dalla casa del Poeta. Anche la piazza è chiusa fra il fianco grigio d’una chiesa e il muro del “paterno giardino” unito al palazzo: spuntano dietro ad esso fiori e fogliame. Dinanzi al palazzo, la piazza che scende in lieve declivio è chiusa da quattro o cinque casette basse, con le porte e le finestre chiuse. Su quella di mezzo è scritto in una targa i marmo: Piazza del Sabato del villaggio.
(G. Civinini)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Contadini marchigiani

Quei miti e laboriosi contadini marchigiani, che gente tenace! Dormono in campagna loro. E non si lasciano vedere in paese che nelle mattine di festa, quando salgono su per la messa o a far la spesa. Radi i loro casolari sorgono, qua e là, a grandi distanze. Ivi è il “contadino”. S’è fatto dei suoi campi di grano e di granoturco, dove l’estate fanno il nido le calandre, un paradiso, questo instancabile concimatore. Le stalle sono ampie e ricche di molto bestiame. La vita scorre non senza le liete usanze contadinesche: le gite di notte da un casolare all’altro, le veglie, i canti, le danze sull’aia fin oltre la mezzanotte, nel tempo che si mondano i raccolti… L’ordine e l’allegria regnano in casa, sotto l’autorità d’una massaia rispettata come una regina. Sui campi comanda lui, il contadino. Gentilezza di costumi,  religione, contentezza del proprio stato, sono le sue doviziose divinità familiari.
(V. Cardarelli)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria
Pesca nelle coste marchigiane

Sotto un bel cielo marchigiano appena toccato dalle nuvole, si lasciò il canale murato per il mare mosso da un po’ di garbino. Una giornata di pesca nell’Adriatico, ma era il mio sogno!
Il lido si allontanava. A otto chilometri dalla costa il ridente litorale tra Fano ed Ancona spiegava il suo anfiteatro di basse colline ondulate, un poco velate, con San Ciriaco là in fondo e il Conero e Sinigallia nel messo, macchia rosea e felice posata nel verde. Di lì a poco venne gettata la rete in mare, la lunga rete a imbuto che chiamano tartana. Dopo qualche ora, verso le tre, gli uomini trassero la rete. Puntando i piedi contro la balaustra e tirando a ritmo con un oh! issa! trassero in coperta la gran borsa greve di fango. Sgocciolava da tutte le parti e dentro, nella mota giallastra, si muoveva, in un infinito brulichio, tutto il viscido cosmo delle profondità inviolate. Ora si ritorna a tutto motore verso terra..
Si vola, e mentre scuffiate d’acqua dai fianchi della barca si rovesciano sul ponte, all’ombra delle vele schioccanti i nostri compagni trascelgono il pesce dal mucchio fangoso. Le triglie in una corba, calamari, razze e sogliole nell’altra.
(C. Linati)

Dettati ortografici, letture e poesie sulle MARCHE per la scuola primaria. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Psicogrammatica Montessori: nomi astratti e concreti

Psicogrammatica Montessori: nomi astratti e concreti. Presentazioni (varie versioni) ed esercizi per bambini della scuola primaria, coi cartellini pronti per il download e la stampa.

Scopo diretto

comprendere la funzione del nome, comprendere la differenza tra nomi concreti e nomi astratti.

Scopo indiretto

stimolare l’interesse sui vari tipi di nome.

Prerequisiti

lezione di presentazione del nome; lezione di presentazione dei nomi di cosa, persona e luogo.

Punti di interesse

classificare correttamente i cartellini; imparare che ci sono tipi diversi di nomi.

Controllo dell’errore

ogni set contiene un numero determinato di coppie di nomi; si possono preparare dei colori di controllo dietro ai cartellini o predisporre i cartellini in due colori differenti.

Età

dai sei anni

Presentazione – versione 1

Materiali

– cartellini da compilare (dieci coppie)
– cartellini dei titoli: nome concreto, nome astratto
– penna nera.

Presentazione

Raduniamo un gruppo di bambini intorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo ai bambini: “Abbiamo detto che tutti gli oggetti vengono nominati utilizzando parole speciali. Vi ricordate come si chiamano le parole che servono ad indicare gli oggetti? Sì, si tratta dei nomi. I nomi sono parole che si usano per nominare le cose che ci circondano”.
“Oggi diremo qualcosa di più di questi nomi”.

Con la penna nera scriviamo su di un cartellino il nome di un oggetto presente in classe, ad esempio “dizionario”. Invitiamo i bambini a leggere il cartellino, quindi chiediamo a un bambino di portarci la cosa nominata e di metterla accanto al cartellino.
Ripetiamo con altri oggetti, ad esempio “righello”, “cubo”, “pennarello”, “libro”.

Scriviamo poi altri nomi, ad esempio: “amicizia”. Invitiamo i bambini a leggere il cartellino, quindi chiediamo a un bambino di portarci la cosa nominata e di metterla accanto al cartellino. Non si può portare “amicizia” sul tavolo. Ripetiamo con altri nomi astratti, ad esempio “gentilezza”, “libertà”, “pace”, “cattiveria”.

Diciamo ai bambini: “Queste parole sono nomi di cose che esistono, non è vero?”. “

“I nomi sono le parole che usiamo per nominare tutto ciò che ci circonda: indicano le cose, i luoghi, gli oggetti, le persone, i pensieri, le idee e le emozioni. Tutti queste parole sono nomi. Possiamo dare un nome anche a cose che non possiamo toccare. Anche le parole che diamo alle cose che non si toccano sono nomi. I nomi che usiamo per nominare le che non si possono toccare si chiamano NOMI ASTRATTI. I nomi che usiamo per nominare le cose che si possono toccare si chiamano NOMI CONCRETI.”

Disponiamo i cartellini in due colonne. Poniamo in alto i due cartellini del titoli: “NOMI CONCRETI” e “NOMI ASTRATTI”.

Chiediamo ai bambini di farci altri esempi di nomi concreti e di nomi astratti e scriviamoli su dei nuovi cartellini.

Rileggiamo i nomi delle due colonne.

Al termine della presentazione i  bambini possono copiare lo schema sui loro quaderni di grammatica. Nei giorni successivi possono lavorare individualmente coi i set di cartellini dei nomi concreti e astratti preparati.

Presentazione – versione 2

Materiali

– cartellini di nomi concreti e astratti
– cartellini dei titoli: nome concreto, nome astratto

Presentazione

Iniziamo a comporre lo schema a due colonne coi cartellini preparati. Dopo i primi abbinamenti, diciamo ai bambini che ci sono nomi che indicano idee, sentimenti, emozioni e tutte le cose esistono ma che non possono essere udite, viste, toccate, assaggiate o annusate. Questi nomi si chiamano NOMI ASTRATTI, mentre i nomi delle cose che possono essere udite, viste, toccate, assaggiate o annusate si chiamano NOMI CONCRETI.

Poniamo in alto i due cartellini dei titoli e continuiamo a comporre lo schema, con l’aiuto dei bambini.

Presentazione – versione 3

Introduzione orale

Invitiamo un piccolo gruppo di cinque bambini.
Chiediamo ad ognuno, uno alla volta, di portarci un determinato oggetto  che possa essere percepito con l’udito, la vista, il tatto, l’olfatto e il gusto.
Ogni volta che un bambino porterà l’oggetto, chiediamogli: “Cosa hai portato?” e mostriamo apprezzamento per ogni oggetto.
Chiediamo poi ai bambini di rimettere gli oggetti presi al loro posto e di tornare da noi.
Ora chiediamo ad ognuno, uno alla volta, di portarci una cosa nominata  da un nome astratto, ad esempio bellezza, paura, bontà, giustizia, felicità.
Probabilmente i bambini rimarranno dove si trovano, quindi possiamo chiedere loro di andare a cercare la cosa nominata in giro per la classe.
Se un bambino ci porta qualcosa, ad esempio un oggetto che gli appare bello per la parola “bellezza”, diciamo: “Ci hai portato un fiore. Questo è un fiore, non è una bellezza!”.
Dopo aver giocato un po’ in questo modo, confrontiamo con  i bambini il primo gruppo di nomi proposti col secondo. Diciamo ai bambini che le cose del primo gruppo potevano essere toccate, viste, udite, annusate o assaggiate. I nomi che usiamo per nominare questo genere di cose si dicono nomi concreti.
Le cose del secondo gruppo non possono essere ascoltate, viste, toccate, annusate o assaggiate, ma sappiamo con certezza che sono cose che esistono. I nomi che usiamo per nominare le cose che non percepiamo coi cinque sensi, ma che sentiamo nel cuore o nella mente, si dicono nomi astratti.

Facciamo quindi vari esempi a voce e chiediamo ai bambini di partecipare.

Presentazione – versione 4

Materiali

– cartellini di nomi concreti e nomi astratti
– cartellini dei titoli: nome concreto, nome astratto

Presentazione

Leggiamo ai bambini i cartellini dei titoli e poniamoli sul tappeto, in alto.

Mescoliamo i cartellini dei nomi concreti e astratti, e cominciamo a comporre lo schema con l’aiuto dei bambini, scegliendo per ogni cartellino la colonna appropriata e favorendo la discussione.

Presentazione – versione 5

Materiali

– cartellini di nomi concreti e astratti
– cartellini dei titoli stampati fronte/retro: cose che posso toccare/nomi concreti; cose che non posso toccare/nomi astratti

Presentazione

Accogliamo intorno a noi un piccolo gruppo di bambini.

Diamo a un bambino il cartellino di un nome concreto. Leggiamo il cartellino e chiediamo al bambino di rileggerlo. Chiediamo al bambino di portarci l’oggetto nominato. Quando il bambino avrà posto l’oggetto sul tappeto (o sul tavolo), posizioniamo il cartellino corrispondente accanto ad esso.

Ripetiamo con gli altri bambini.

Ora proseguiamo nella nostra presentazione proponendo i nomi astratti, chiedendo sempre ai bambini di portarci l’oggetto corrispondente.

Naturalmente i bambini non potranno portarci le cose nominate, quindi chiediamo loro perchè non vi riescono. Ascoltiamo le loro ipotesi, quindi diciamo loro che alcune parole servono a nominare cose che non possono essere toccate, ma che esistono.

Queste parole che nominano cose che esistono anche se non possono essere toccate, sono nomi. Anche le cose che non possono essere toccate hanno un nome, come succede per tutte le cose che possono essere toccate.

Estensione 1
Origine dei nomi astratti

Materiali

– cartellini preparati di nomi astratti di qualità, di stato e d’azione e di aggettivi e verbi corrispondenti
– cartellini dei titoli: nomi astratti; aggettivi; verbi

Questo esercizio serve ad approfondire lo studio e la classificazione dei nomi astratti, e può essere presentato in seconda e terza classe.

Presentiamo l’esercizio coi cartellini nel solito modo. Successivamente i bambini potranno eseguire i loro esercizi individuali col materiale preparato.

Estensione 2
Classificazione dei nomi astratti 

Materiali

– cartellini preparati di nomi astratti di qualità, di stato e d’azione
– cartellini dei titoli: nomi astratti; qualità; stato; azione.

Prerequisiti

dopo aver classificato i nomi concreti (di cosa e  luogo, di persona, di animale). Questo esercizio può essere molto difficile e può essere proposto in seconda o terza classe.

Presentazione

Ricordiamo coi bambini la classificazione dei nomi concreti e diciamo che anche i nomi astratti possono essere classificati.

Introduciamo i cartellini dei titoli e favoriamo la discussione: i nomi astratti che nominano un’azione si riferiscono a un movimento, un aumento, uno sviluppo, una nascita; i nomi astratti che nominano una qualità si riferiscono a una caratteristica posseduta da qualcosa o qualcuno; i nomi astratti che nominano uno stato si riferiscono alla condizione o alla circostanza in cui si trova qualcosa o qualcuno.

Disponiamo in alto i cartellini dei titoli.

Mescoliamo i cartellini dei nomi e invita i bambini a leggerli, uno alla volta, e a decidere in quale colonna posizionarlo.

Psicogrammatica Montessori: nomi astratti e concreti

Nei giorni successivi

– i bambini possono ripetere individualmente l’esercizio coi cartellini preparati;
– possono preparare altri cartellini;
– possono scrivere elenchi sui propri quaderni;
– si possono organizzare dettati di nomi concreti e astratti (con l’insegnante o tra due bambini)
– possiamo chiedere ai bambini di mimare i nomi astratti
– i bambini possono stilare elenchi di nomi astratti.

Psicogrammatica Montessori: nomi astratti e concreti

Psicogrammatica Montessori: nomi astratti e concreti

Psicogrammatica Montessori: nomi comuni e nomi propri

Psicogrammatica Montessori: nomi comuni e nomi propri. Presentazioni (varie versioni) ed esercizi per bambini della scuola primaria, coi cartellini pronti per il download e la stampa.

Scopo diretto

comprendere la funzione del nome, comprendere la differenza tra nomi comuni e nomi propri.

Scopo indiretto

stimolare l’interesse sui vari tipi di nome.

Prerequisiti

lezione di presentazione del nome; lezione di presentazione dei nomi di cosa, persona e luogo.

Punti di interesse

classificare correttamente i cartellini; imparare che ci sono tipi diversi di nomi.

Controllo dell’errore

ogni set contiene lo stesso numero di cartellini.

Presentazione – versione 1

Materiali

– cartellini di nomi propri e comuni
– cartellini bianchi
– cartellini dei titoli: nome comune, nome proprio
– penna nera.

Presentazione

Raduniamo un gruppo di bambini intorno al tavolo o al tappeto.

Diciamo ai bambini: “Abbiamo detto che tutti gli oggetti vengono nominati utilizzando parole speciali. Vi ricordate come si chiamano le parole che servono ad indicare gli oggetti? Sì, si tratta dei nomi. I nomi sono parole che si usano per nominare le cose che ci circondano”.
“Oggi diremo qualcosa di più di questi nomi”.
“Guardate. Ora distribuisco questi nomi in due colonne differenti. Guardate attentamente, e quando pensate di aver capito in base a quale regola metto i cartellini in una colonna o nell’altra, alzate la mano”.

Invitiamo i bambini a leggere i nomi scritti sui cartellini preparati. Posizioniamo ogni cartellino nella colonna corretta.

Quando i bambini avranno compreso che i nomi in una colonna iniziano tutti con la lettera maiuscola, diciamo loro: “Tutti i nomi di questa colonna cominciano con la lettera maiuscola. Questi nomi sono molto specifici e vengono chiamati NOMI PROPRI”. Quindi posizioniamo all’inizio della colonna il cartellino del titolo “nomi propri”.

Poi diciamo: “Questi altri nomi non sono specifici e non iniziano con la lettera maiuscola. Essi sono detti NOMI COMUNI.” Posizioniamo all’inizio della colonna il cartellino del titolo “nomi propri”.

Invitiamo i bambini a dirci altri nomi comuni e nomi propri. Scriviamo i nomi sui cartellini in bianco che abbiamo predisposto per la presentazione e mettiamoli nella colonna corrispondente.

Rileggiamo i nomi delle due colonne.

I bambini possono copiare la presentazione sui loro quaderni di grammatica.

Presentazione – versione 2

Materiali

– cartellini di nomi propri e comuni corrispondenti
– cartellini dei titoli: nome comune, nome proprio

Presentazione

Iniziamo a comporre lo schema a due colonne coi cartellini preparati. Dopo i primi abbinamenti, diciamo ai bambini che ci sono nomi che indicano un gruppo di persone, cose, luoghi, mentre altri nomi indicano persone, cose o luoghi specifici.

Evidenziamo che i nomi propri si scrivono con la lettera maiuscola.

Presentazione – versione 3

Introduzione orale

Andiamo davanti alla finestra e chiamiamo: “Bambine! Venite qui!”. Poi andiamo davanti alla porta e chiamiamo: “Bambini! Venite qui!”.
Infine andiamo in un altro luogo della stanza e chiamiamo per nome uno dei bambini, ad esempio: “Giovanni! Vieni qui!”.

Ora chiediamo a Giovanni: “Quando ho detto ‘bambini’ sei arrivato insieme agli altri. Perchè adesso sei venuto da solo?”
 “Perchè tu hai un nome specifico, e io ho detto quel nome.”
Ripetere il gioco chiamando una bambina.

Spieghiamo quindi che ci sono alcuni nomi che appartengono a molte persone (ad esempio ci sono molte bambine e molti bambini) ma si sono solo un Giovanni e solo una Gaia nella nostra classe.

Oggi stiamo imparando qualcosa di nuovo sui nomi: alcuni nomi indicano persone luoghi o cose molto precisi, altri nomi invece possono indicare molte persone, luoghi e cose insieme. I nomi che indicano precisamente una persona, un luogo o una cosa si chiamano nomi propri; i nomi che indicano luoghi persone o cose più in generale si chiamano nomi comuni.

Facciamo quindi vari esempi a voce e chiediamo ai bambini di partecipare.

Presentazione – versione 4

Materiali

– cartellini di nomi propri e comuni
– cartellini dei titoli: nome comune, nome proprio

Mostriamo ai bambini i cartellini dei titoli, leggiamoli e poniamoli uno accanto all’altro.


Formiamo sotto ai titoli le due colonne di nomi, se necessario discutendone con i bambini.

I bambini dovrebbero notare che tutti i nomi propri iniziano con la lettera maiuscola.

Presentazione – versione 4

Materiali

– cartellini di nomi propri e comuni
– cartellini dei titoli: nome comune, nome proprio

Presentazione

Invitare un piccolo gruppo di bambini. Posizionare le carte titolo sul tappeto. Dire ai bambini che posizioneranno le altre carte dividendole nei due diversi gruppi. Chiedere loro di alzare la mano quando sanno la regola per i due gruppi.

Procedere leggendo ogni cartellino e posizionandolo sotto il titolo appropriato.

Appena i bambini cominciano a capire la regola, spiegare che i nomi comuni posso chiamare ogni persona, luogo o cosa; i nomi propri nominano una persona, luogo o cosa in particolare.

Mescolare le carte e chiedere ai bambini di posizionarle loro stessi sotto i titoli appropriati.

I bambini possono registrare la disposizione dei cartellini sui loro quaderni di grammatica.

Psicogrammatica Montessori: nomi comuni e nomi propri

Nei giorni successivi

– i bambini possono ripetere individualmente l’esercizio coi cartellini preparati;
– possono preparare altri cartellini;
– possono scrivere elenchi sui propri quaderni;
– si possono organizzare dettati di nomi comuni e propri (con l’insegnante o tra due bambini);
– fornire una lista di nomi comuni e chiedere ai bambini di trovare nomi propri da abbinare ai nomi comuni dati;
– sfruttare questo lavoro per spiegare la lettera maiuscola dei nomi propri
– includere negli elenchi nomi propri che contengono più di una parola (ad esempio Signor Rossi)
– cercare le origini dei nomi di ogni bambino della classe;
– investigare le cerimonie e gli usi legati al dare il nome;
– cercare informazioni storicche sul nome di città, paesi, montagne, fiumi e altri toponimi.

Psicogrammatica Montessori: nomi comuni e nomi propri

Psicogrammatica Montessori: nomi comuni e nomi propri

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA per la scuola primaria.

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Toscana gentile

Il paesaggio dell’Italia centrale annuncia subito clima più mite e mare vicino. L’ulivo che nell’Italia settentrionale appare soltanto lungo la riviera ligure e lungo le sponde eccezionalmente privilegiate dei laghi lombardi, in Toscana riveste ampiamente le pendici inferiori dell’Appennino e poi il suo caratteristico di pallido verde e di grigio argenteo. Tra gli ulivi svettano i cipressi agili e scuri, che al paesaggio toscano danno il tocco più elegante. E poi i vigneti, i famosi vigneti di Toscana, il cui succo va per l’Italia e per il mondo negli stapaesani fiaschi impagliati e attinge la dignità dei prodotti di gran classe.
Poiché la gente è solita dare ad ogni paese un epiteto semplice e riassuntivo, la Toscana è gentile. L’epiteto si addice bene ai costumi del popolo toscano, di moderato benessere e di educata affabilità, all’eleganza del suo parlare spontaneo e arguto. Ma l’attributo di gentilezza va inteso soprattutto nel suo senso più antico e più schietto di nobiltà. Tutto qui mostra la più felice e armonica fusione fra genio istintivo e raffinatezza del gusto, fra fantasia e misura.
Questo segreto ci svelano la poesia di Dante e Petrarca, l’umorismo del Boccaccio, la prosa ragionatrice di Galileo, l’architettura del Brunelleschi, la struttura delle città, ciascuna delle quali, piccola o grande che sia, è regina.

 Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Cielo toscano

Chi entra in Toscana si accorge subito di entrare in un paese dove ognuno è contadino. Ed esser contadini da noi non vuol dire soltanto saper vangare, zappare, arare, seminare, potare, mietere, vendemmiare: vuol dire soprattutto mescolare le zolle alle nuvole, fare tutt’una cosa del cielo e della terra. In nessun luogo, il cielo è così vicino alla terra come in Toscana; e lo ritrovi nelle foglie, nell’erba, negli occhi dei buoi e dei bambini, nella fronte liscia delle ragazze. Uno specchio il cielo toscano, così vicino che lo appanni col fiato: monti e poggi le nuvole, e tra quelli le ombrose valli, i prati verdi, i campi dai solchi dritti (e quando è terso vedi nel fondo, come in un’acqua limpida, le case, i pagliai, le strade, le chiese). Ad ogni colpo di zappa l’aria si mescola alla terra, e subito dalle zolle spunta una peluria d’erba verde e azzurra, nascono larve di cicale e allodole improvvise.
Basta toccarla, per sentir che la nostra terra è piena di bollicine d’aria, e in certi giorni si gonfia e lievita, par che da un momento all’altro debbano nascere forme di pane. E’ una materia leggera e pura, per poterne far statue e uomini…
(C. Malaparte)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Tra colli digradanti

Rivedo il mio dolce paese di Toscana, là dove è più bello, più sereno, più consolante, in Valdarno.  Rivedo la verde pianura ad aiuole quasi di giardino, tutte alberate, che a mano a mano si libera come ridendo dalle strette dei colli digradanti e di quando in quando è rinserrata come in un nuovo abbraccio dai colli che risalgono e le si stringono sopra. Corre diritta nel mezzo la bianca strada maestra; scendono per una traccia di salici e canne i fiumiciattoli dai soavi nomi e con dolci mormorii corrono via sotto i ponticelli leggiadri giù all’Arno. Una processione lunga lunga di pioppi, le  cui cime ondeggianti perdono figura e mobilità nella caligine biancastra del vespero autunnale, segna e seguita la corrente del fiume.
E la pianura e i colli sono popolati di case rustiche, bianche o dipinte, con le due scale esterne che salgono a congiungersi nel verone impergolato sul quale è un’insegna gentilizia o una Madonna. Al pian terreno è la tinaia, il frantoio e le stalle; l’aia in faccia e a sinistra due o tre pagliai non anche manomessi, con un pentolino sullo stollo. Ai piedi dei pagliai si accucciano i cani.
Dietro ha il monte ripido; e sul monte una fila di cipressi gracili e austeri dentellano del loro verde cupo l’orizzonte settentrionale tinto in colore di perla. Anche più indietro è una torre o un castello. Il sole calante batte nelle vetrate del piano superiore della villa, e quelle paiono incendiarsi come al riflesso di  uno scudo incantato.
(G. Carducci)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Passeggiate fuori porta

Tutto quel che c’è di poetico, di malinconico, di grigio e di solitario in me l’ho avuto dalle campagne di Toscana, dalla campagna ch’è intorno a Firenze. Mio padre mi portava ogni domenica, fin da bambino, fuori porta. Il babbo sapeva certe strade solitarie, deserte, fuori mano dove si camminava adagio adagio. Di sopra ai muri, in cui la strada era incassata, si spenzolavano i rami convulsionari dei bigi ulivi, o sfilavano i rosai nani, poveri e non curati, i rosai con le rose fradice e sbiancate che cascavano foglia a foglia giù nella zanella a marcire.  Quante miglia rasente a quei muri! Muri bassi, quasi muriccioli che invitavano la gente a sedere; muri umidi, toppati di licheni bigi e di fungaie verdi, colle scolature nere e luccicanti delle feritoie; muri altissimi con alberi grossi, neri e fronzuti in alto. Ogni tanto i muri si aprivano e succedevano le siepi vive, alte, prunose, bianche di brina e di neve in inverno, bianche di fiori in primavera, nere di more alla fine dell’estate. E più lontano ancora, sparivano muri e siepi, e la strada solinga e massicciata tra i cipressi o gli abeti e avevo là sotto le valli solcate e i prati  bagnati e i fondi di nebbia e l’illusione dell’infinito.
(G. Papini)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Colline fiorentine

Per coloro che non conoscono Firenze o la conoscono poco, dirò come essa sia una città molto graziosa e bella, circondata strettamente da colline armoniosissime… E’ pregio inestimabile di queste colline l’essere disseminate di ville, di castelli costruiti nei punti più suggestivi, volti in tutti i sensi, di tutte le epoche, d’ogni stile, e che mai ne turbano l’armonia; circondati da parchi e giardini che invece di produrre un’atmosfera di irrealtà da sogno o da fiaba, per virtù di certa severità e raffinatezza, riescono a darci l’illusione della realtà più semplice, di intimità domestica, di nobiltà sicura, di sobrietà e saggezza. Alle ville e ai castelli si aggiungono le ville più piccole, le villette, le case, i casolari, i paesi e borgate che la varietà del suolo lascia apparire in un complesso che rende insaziabile l’occhio dell’osservatore per il numero inesauribile delle scoperte.
(A. Palazzeschi)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Firenze

Era una di quelle belle giornate di freddo asciutto e di luce cruda che fan risaltare la bellezza realistica e insieme trascendentale di Firenze. Via Tornabuoni, illuminata dal sole, svelava le forme e lo spirito del Rinascimento, parlava il linguaggio dell’architettura di allora, si propagava nell’armonia miracolosa della pietra divenuta canto: Palazzo Strozzi, nel fondo Palazzo Antinori. Festosa l’aria, e così l’aspetto della gente. E il senso del Natale: al principio del muricciolo di Palazzo Strozzi, sull’angolo del chiassolo, la mostra di alberi di Natale, di agrifogli coi pallini rossi, ciocche di vischio dalle lacrime ceree.
(B. Cicognani)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Arezzo

Dal muretto dell’orto della casa del Vasari, presso il tondo dell’acqua tra gli alberi da frutto, l’occhio riposato raccoglie in prospettiva i digradanti tetti di Arezzo, misura in basso gli spazi delle vie e delle piazze col nitido rilievo d’una incisione. Finché la campana grossa e vicina di Santa Maria in Gradi, e quella leggera di San Vito poi, e via via dell’Annunziata, di San Domenico, di San Lorentino e tutte le campane non riempiono il cielo e volgono la giornata.
(P. Pancrazi)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Siena

Siena, da sotto il mio ciliegio, pareva un arco che non si poteva aprire più, e le sue case, giù per le strade a pendio, parevano frane che mi mettevano paura; con i tetti legati dalle edere cresciute su per le mura di cinta, le mura che non si apriranno mai. Ed io allora andavo a guardare la città da un’altra parte, quasi da quella opposta, dalla Porta Ovile. E vedevo i suoi orti squadrati entrare, con un angolo più alto degli altri, tra le case più rade; oppure, l’uno appresso all’altro, farsi largo e posto, ma fermati da una fila di cipressi la cui ombra oscurava il verde dell’erba; e qualche pesco fiorire e maturare accanto alle campane di una chiesetta, e qualche olivo chinarsi dietro tutta la campagna soave che impallidiva lontano, rasente i monti chiarissimi, talvolta più luminosa del sole.  E se guardavo la città dall’altra altura, da Vignanone, le voci degli uccelli si allargavano nell’azzurro come il vento. Le rose dei giardini, senza colore e senza profumo, la cingevano tutta: le finestre erano aperte. Da parecchie miglia lontano, io vedevo invece le sue torri come tizzi ritti che si spegnevano nella cenere del crepuscolo.
(F. Tozzi)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Grosseto nell’Ottocento

Grosseto era una cittadina malinconica e serena, fatta di case che al primo entrarci odoravano di sigaro, di polvere, di spigo e di mele cotogne, come cassetti di vecchi mobili, chiusa in una cerchia rugginosa di vecchie mura bastionate e arborate come quelle di Lucca. Sotto le grandi acacie la domenica suonava la banda, e la gente ci portava a spasso il vestito delle feste, da mezzo pomeriggio fino al che il solito tramonto palustre affocato e torbido scendeva ad arrossare la piatta campagna sottostante dall’orizzonte brumoso agli spigoli del gran bastione stemmato con l’arma dei Medici. E quando veniva aprile, per certe strade deserte ed erbose, di là dalla vecchia chiesa di San Francesco, l’odore delle acacie fiorite scendeva ventate giù dalle mura, e dava al cuore. Le case avevano le grondaie piene d’ortiche e le persiane tutte verdi. E pareva che anche i muri avessero messo le foglie.
(G. Civinini)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Fiera di quaresima a Firenze

Banchi e banchi, uno accanto all’altro, in due file dirimpettaie che si estendono nella lunghezza del quartiere e che straripano di frittelle, di torrone, di schiacciata tipica e di zucchero filato. E i brigidini.
Il brigidino è l’attrazione della fiera. Lo si impasta e cuoce sotto i vostri occhi. Lo si mangia tiepido e croccante.
E’ in virtù del suo richiamo che la gente affolla la fiera. Il brigidino è una cosa da nulla, appena un’ostia di più grandi dimensioni, pure ha una consistenza, una fragranza, un sapore che si scioglie in bocca. I carretti ne sono pieni, dapprima, ma via via che l’ora monta e la folla cresce, si formano le code in attesa davanti ai banchi dal fornelletto sul treppiede, ove l’esperto brigidinaio rigira le sue “schiaccie”.
I venditori sono tutti vestiti di bianco, con in testa copricapi da cuochi di grande albergo. Magnificano la merce a squarciagola, persuaso ognuno di essere eletto da Santa Brigida in persona a custode del segreto per la confezione del biscotto.
(V. Pratolini)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Alpi Apuane

La mia ora per amarle, era la mattina; la mia stagione la primavera. Lassù, lassù, dal verde cupo delle pinete sul mare, al più chiaro verde dei castagneti a mezza costa, alle alture già nude e sovrane, le grandi moli si levano audacemente; e sagomavano altissime l’orizzonte, attendevano nel celeste pallido delle cime che trascoloravano.
E a un tratto la luce alitava dietro di loro: come una diffusa nebbia chiara, già orlava d’un tremito splendente le loro creste; poi, con una irruenza improvvisa, il sole balzava, raggiava maestoso e terribile, le velava d’una cortina di fulgore, ascendeva sicuro. La cortina si spegneva e le Apuane cominciavano le loro variazioni di colori e di rilievi; si disegnavano catena contro catena, in una diversità di azzurri che rivelavano le valli tra le fiancate di rupe; passavano dal più denso cobalto, ai glauchi più lattei, ai più ferrei grigi; fino a stare, nel meriggio, bianche e calcinate nella severità abbagliante; per ripigliare poi via via fino a sera i passaggi dal celeste all’azzurro, all’amaranto al viola; e bruciare, accendendosi d’un tratto in certi miracolosi tramonti, come spaventevoli torce senza fumo; e spegnersi del tutto, svanire; riapparire aeree, nell’ultimo crepuscolo; e, se c’era la luna, biancheggiare indefinibili come sogni, nella vastità sonnolenta.
(E. Cozzani)

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Il Valdarno

Di quelle passeggiate pomeridiane e vespertine mi restano molti ricordi; vaghi i più, e dove si mescolano il colore dei campi e dei cieli di quel mio caro Valdarno; l’incanto di certi solicelli distesi per piagge solitarie e tacite, di certi tramonti piedi di frulli di uccelli, con qualche voce di bifolco o qualche muggito o belato: lo splendore e il profumo delle siepi fiorite, la bianchezza della strada polverosa, dove d’improvviso piombano i primi radi goccioloni di una pioggia estiva che ci faceva correre verso casa a ripararci sotto un ponticello o in un capanno di contadini. Taluni ricordi invece  molto distinti e vivi, come quello di un bel ramo di mele lazzarole verdi e rosse rubato da noi in un campo per farne un presente al maestro.
(A. Soffici)

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Maremma

Sono nato e cresciuto in Maremma, a poca distanza dal mare, in un paese urbano e campagnolo, rustico e civile, che ha serbato intatto il secolare orgoglio della sua piccola cerchia antica, torreggiante e murata, e tiene la qualità di forestiero per indice di villania. Circondato da un territorio amplissimo e diverso d’aspetti e di natura, qui grasso e ferace, onusto di biade, di frumento, di vigne, di orti e di canneti, là isterilito e impraticabile per i sassi affliggenti della vecchia Etruria ventosa che biancheggiano un po’ da per tutto. E’ esposto a mare e monte, e ne sorveglia le strade, rifiata lo scirocco e la tramontana, ma i venti variano e passano su di esso come le eterne stagioni, né dal tempo dei tempi sono buoni di raccontargli più nulla. Il suo costume non cambia.
(V. Cardarelli)

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA
Il mutevole volto della Maremma

La varietà del paesaggio è una caratteristica comune a tante province d’Italia e a tanti altri luoghi del mondo, ma nel Grossetano essa è veramente spiccata e colpisce il visitatore: sulla costa, folte pinete si alternano a larghi arenili, strette insenature rocciose lasciano il posto a tratti rettilinei con laghi costieri; e una vasta laguna, limitata dai caratteristici tomboli, separa un’isola dal continente; nell’entroterra si allarga un’ampia pianura; poi, ecco gruppi collinosi complessi e frazionati, qualche volta rivestiti dalle colture e dalla vegetazione, altre volte con nude pareti impervie; nell’interno si elevano vere, imponenti montagne.
Incontriamo luoghi dove il tempo sembra essersi fermato ai secoli del Medioevo e alle più remote età degli Etruschi e, a poca distanza da essi, centri in continuo e rapido sviluppo.
Provincia di Grosseto e Maremma si possono considerare sinonimi, perchè il Grossetano ne comprende i nove decimi, lasciando a Livorno il tratto da Cecina a Follonica.

Dettati ortografici, letture e poesie sulla TOSCANA. Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture per la scuola primaria.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture
I direttori d’orchestra del nostro corpo

Abbiamo visto come gli esseri viventi si nutrono, assimilando, digerendo, trasformando e ossidando gli alimenti. Essi inoltre si muovono e stabiliscono rapporti vari con il mondo esterno. Ma in quale modo questi processi vengono regolati e diretti?
Si sa che elementi di controllo importantissimi sono gli ormoni. Essi sono sostanze secrete da particolari ghiandole, dette endocrine, (dal greco endon = dentro, e crinein = secernere) perchè non possiedono un canale escretore, ma versano direttamente nel sangue le loro secrezioni. Ciò è possibile perchè le cellule che costituiscono il loro tessuto si incrociano e si aggrovigliano con i vasi sanguigni.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture
I messaggeri chimici

Le  ghiandole endocrine, che nel loro insieme costituiscono il sistema endocrino, sono situate nel corpo in punti differenti: l’ipofisi e l’epifisi sono nel cranio, intimamente collegate con il cervello; la tiroide e le paratiroidi sono nel collo; il timo nella parte superiore del torace. Nella cavità addominale si trovano invece le surrenali, il pancreas endocrino (nella massa del pancreas digestivo) e le ghiandole della riproduzione.
Le loro secrezioni, dette ormoni, agiscono come messaggeri chimici, regolando l’attività dei tessuti: mantengono a livello esatto la quantità dei sale, di glucosio e delle altre sostanze necessarie e impediscono al sangue di diventare troppo acido o troppo alcalino, così da essere sempre in grado di trasportare l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Nel corpo umano c’è una specie di armonico equilibrio cui concorrono tutte le ghiandole, per cui ogni perturbazione di una di esse si ripercuote sul funzionamento delle altre.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Ipofisi ed epifisi
L’ipofisi o ghiandola pituitaria, è la più importante delle ghiandole a secrezione interna, perchè oltre ai vari compiti che diremo, essa esercita anche un controllo sull’attività di tutte le altre ghiandole: infatti, con ormoni particolari detti stimuline, può eccitarne la secrezione.
L’ipofisi è un piccolo organo situato sotto la base dell’encefalo. Si distinguono i esso tre parti, ciascuno dei quali esercita una particolare funzione. Il lobo anteriore agisce sulla crescita. Il lobo posteriore esercita la sua azione soprattutto sulla pressione arteriosa, aumentandola, e sulla contrattilità dei muscoli lisci. Del lobo intermedio sappiamo che esercita un’azione particolare sul colore della pelle dei pesci e degli anfibi.
L’epifisi o ghiandola pineale ha la grossezza di un pisello ed è in intimi rapporti con la massa cerebrale. Ha anch’essa una funzione regolatrice della crescita.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – La tiroide e le paratiroidi
La tiroide, che è situata nel collo, regola il metabolismo basale delle cellule, che è una funzione molto importante. Si chiama infatti basale la velocità con cui il corpo consuma ossigeno ed espelle anidride carbonica. Questa velocità aumenta con l’aumentare della superficie corporea, per cui 10 bambini del peso di 7 chilogrammi l’uno usano molto più ossigeno per l’attività basale delle loro cellule che un uomo di 70 chili.
Di regola l’attività della tiroide coincide esattamente con i bisogni del corpo; quando essa invece fabbrica un’eccessiva quantità di ormoni, allora la combustione delle cellule avviene  a una velocità esagerata e ciò causa un metabolismo basale superiore alla media, eccessiva magrezza e nervosismo. Si ha il cosiddetto ipertiroidismo: chi ne è affetto si riconosce per lo sporgere eccessivo dei bulbi oculari. Nel caso contrario, il metabolismo basale scende al di sotto della media e i sintomi sono torpore e sonnolenza, e si parla di ipotiroidismo.
Le paratiroidi sono strettamente unite alla tiroide e per questo se ne ignorò a lungo non solo la funzione, ma anche l’esistenza. Esse sono invece molto importanti, perchè l’ormone che secernono regola l’utilizzazione del calcio nel corpo.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Il timo
Il timo è una ghiandola che si trova dietro lo sterno, lateralmente alla trachea, nella parte più alta del torace. La sua funzione è in rapporto con l’accrescimento corporeo. Nell’uomo raggiunge il suo massimo sviluppo verso i tre anni, per diminuire progressivamente, cosicchè intorno ai dodici anni non è più riconoscibile.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Le ghiandole surrenali
Le ghiandole surrenali sono anche dette capsule perchè sembrano avvolgere la parte superiore dei reni; esse sono due, simmetricamente disposte come gli organi da cui prendono nome.
In queste ghiandole si può distinguere una parte esterna o corticale, di colore giallo-bruno, e una parte interna o midollare, bianco-rosa, le cui funzioni sono nettamente distinte.
La parte midollare secerne un ormone detto adrenalina, la quale mantiene costante il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. Gli esperimenti hanno dimostrato che quando un animale è infuriato o spaventato, il tasso (cioè la quantità) di adrenalina nel sangue cresce immediatamente: questo eccesso di adrenalina lo prepara alla fuga o alla lotta e al tempo stesso fa salire la pressione sanguigna e accelera i battiti del cuore.
La parte corticale del surrene secerne vari ormoni, tra cui di particolare importanza i cosiddetti corticosteroidi, che hanno un’importanza capitale per l’organismo in quanto regolano il metabolismo (cioè il ricambio) dei glicidi, dei sali, dell’acqua.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Il pancreas endocrino
Il pancreas, che come abbiamo visto invia nell’intestino le sue secrezioni, funziona anche come ghiandola endocrina. Nella sua massa sono presenti dei gruppi di cellule grigiastre, dette isole pancreatiche o isole di Langerhars (da nome dello scopritore) che versano nel sangue un ormone particolare: l’insulina. Ciò avviene quando il tasso di glucosio nel sangue sale al di sopra del normale.
La malattia causata dall’insufficiente produzione di insulina è detta diabete. Nei malati di diabete il glucosio si accumula nel sangue. Un malato di diabete può perciò venire curato mediante somministrazione di insulina.

IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

INTERIEZIONI Psicogrammatica Montessori scatola grammaticale VIII (cartellini)

INTERIEZIONI Psicogrammatica Montessori scatola grammaticale VIII (cartellini) con la presentazione del materiale di lavoro e tutti i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio delle interiezioni.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore azzurro e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– azzurro per le interiezioni
– giallo per le congiunzioni
– verde per i pronomi
– rosa per gli avverbi
– viola per le preposizioni
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale VIII.

Il primo esercizio è anche qui quello della composizione di frasi, analizzate coi cartellini colorati.
La scatola grammaticale ha nove caselle del colore corrispondente alla parte grammaticale. Nella casella più grande (la decima) si collocano i cartellini delle frasi.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola, e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase.

Come per le altre scatole grammaticali, i cartellini colorati delle parole non corrispondono esattamente alle parole delle frasi che dovranno ricomporre, perchè le parole comuni nelle frasi di uno stesso biglietto non sono ripetute. E’ solo l’interiezione che, sostituita, cambia la frase.

Le varie serie di cartellini si trovano ognuna in una scatolina azzurra, e i gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici.

Essendo questa l’ultima parte del discorso rimasta da studiare, i bambini sono giunti a riconoscere tutte le parti del discorso. Non è dunque più necessario comporre artificialmente delle monche frasi che contengono solo le parti del discorso note al bambino. Per questo sono state scelte delle frasi da autori classici (quasi tutte dal Manzoni).

Siccome l’interiezione è un’espressione abbreviata in una sola parola, essa si presta molto all’interpretazione drammatica; i bambini quindi sulle medesime frasi fanno il doppio lavoro di una analisi generale e della « lettura espressiva « o recitazione delle frasi da essi scelte e studiate (in sostituzione dei comandi).

Inoltre sarà presentata una tabella contenente la classificazione completa delle interiezioni; ed i bambini potranno leggerla, dando ad una ad una la interpretazione espressiva della voce e del gesto. Questa sarà la prima tavola di classificazione presentata. In seguito tutte le parti del discorso verranno ripresentate con la definizione e la classificazione.

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VIII

(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale VIII (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
3 scatoline di riempimento di colore verde contrassegnate VIIIA, VIIIB, VIIIC.
una scatolina aperta AZZURRA per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

Questo è il materiale pronto

ISTRUZIONI per confezionare i libretti

(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VIII

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).

I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Con le scatole grammaticali si possono svolgere vari esercizi.

L’alimentazione nel tempo

L’alimentazione nel tempo: dopo aver visto come mangiamo noi e quali siano i cibi in uso oggi, è naturale chiedersi “Ma prima di adesso, come e che cosa si mangiava?”. E noi, seguendo brevemente questa corsa nel tempo, avremo modo di tornare su argomenti già toccati, completeremo quanto è stato detto, riporteremo la conversazione sugli usi e abitudini dei tempi passati, amplieremo, in una parola, la conoscenza del mondo presente e passato.

L’alimentazione nel tempo – I primi uomini
All’apparizione dell’uomo sulla faccia della terra, quasi sicuramente i primi uomini furono vegetariani e si nutrirono dei frutti e delle piante spontanee, poi anche di carne. Come avranno fatto a scegliere il cibo? Obbedendo agli impulsi naturali, come fanno tuttora gli animali. Prima ghiande crude e acqua, poi vino e grano. Quando fu scoperto il fuoco, le carni vennero cotte direttamente sul fuoco e come piatti vennero usate conchiglie e zucche vuote. Sapete come si faceva bollire l’acqua? Non ponendola sul fuoco, ma mettendo dentro l’acqua pietre arroventate sul fuoco!
Al tempo delle palafitte, gli uomini mangiavano una specie di polente di farina di ghiande, piselli, lenticchie, nocciole, noci e altri frutti selvatici, come mele, pere, susine e ciliegie. Non ci meravigli l’uso delle ghiande! Anche oggi, presso alcuni popoli, vengono mangiate, sia crude che lessate o arrostite, come si usano da noi le castagne.

L’alimentazione nel tempo – Vino, birra, shaosing
Se il vino fu un’invenzione molto antica, non meno antico è l’uso di preparare la birra, bionda o bruna. A Babilonia era già nota nell’anno 2800 aC e veniva preparata con la fermentazione dell’orzo, più o meno come si usa anche oggi. Il shaosing è invece una bevanda alcolica, ottenuta con la fermentazione del riso, in uso presso i Cinesi da millenni.
Inoltre gli antichi bevevano l’idromele, una bevanda fatta di acqua e miele.

L’alimentazione nel tempo  – Allevamento e arboricoltura
In tempi successivi l’uomo imparò ad allevare animali per mangiarne la carne, o per ottenere il latte. Oltre ai bovini e agli ovini, veniva allevato il maiale (nell’Odissea, per esempio, ad Ulisse che tornava dopo vent’anni, il porcaro fedele preparò due giovinetti porcellini, li abbronzò li spartì, negli appuntati spiedi l’infisse: indi, arrostito il tutto, caldo e fumante… glieli offrì. Siamo a circa tremila anni fa).
Inizia anche la coltivazione degli alberi da frutta e dell’olivo; si mangiavano le olive o se ne ricavava l’olio; usato come condimento ma anche per spalmarsene il corpo, per rinforzarlo e renderlo più robusto.

L’alimentazione nel tempo – Presso i Greci e i Romani
Dobbiamo distinguere i pasti normali e i banchetti propriamente detti; i primi venivano consumati in piedi, specialmente quello del mattino e del mezzogiorno (erano semplici spuntini); il pasto principale era quello della sera.
Cosa mangiavano? Ciò che mangiamo noi, tranne alcuni alimenti giunti in Europa molto più tardi, come vedremo: una specie di polenta di farro cotta in acqua salata; oppure un miscuglio di formaggio fresco, miele e uova; o cervello di animali condito con vino e aromi. Il pane era di tre qualità: bianco (con fior di farina), integrale (con farina e crusca) o di sola crusca e tritello. Ma veniva cotto sotto la cenere calda, fino all’epoca imperiale, quando venne introdotto a Roma l’uso del forno, come possiamo vedere negli scavi di Pompei. Mangiavano poi pani dolci (preparati con farina, miele e uva passa; oppure con farina, miele e mandorle, quindi una specie di marzapane) e legumi verdi o secchi, insalata (specialmente lattuga) e frutta.
Le carni preferite erano quelle di bovini, specialmente arrosto; in primavera i pesci e in autunno gli uccelli; ma anche le carni di maiale, lepre e coniglio erano gradite; e ancora: uova di pavone, fagiano, gallina, oca e anatra. Di pesci se ne conoscevano circa 150 specie: le più pregiate erano anguille, murene, salmone, trote e tonno.
Le carni potevano essere lessate, in umido o in arrosto; sulla tavola si potevano vedere polpette, salsicce, braciole, salse, fritti vari. Nei banchetti, poi l’apparato era ben più complicato: i commensali stavano quasi sdraiati sui divani, si usavano, come sempre, le dita per prendere i cibi e si pulivano con mollica di pane, che veniva  poi gettata a terra per i cani e i galletti! Quasi sempre, durante i pasti, il vino veniva allungato con acqua; dopo il pasto si mangiavano cibi per stuzzicare la sete, come formaggio e gallette salate.
Posate? Ignota la forchetta (che compare in alcune case signorili solo 500 anni fa), poco usato L’alimentazione nel tempo – il coltello, qualche volta usato il cucchiaio; vasellame di terracotta, nelle case dei poveri, piatti e coppe d’argento e d’oro in casa dei ricchi.
Durante i banchetti, rallegrati da musica, danze e canti,  l’ospite curava che vi fossero piatti a sorpresa: uccelli ripieni di carne di maiale, animali ripieni di carni di altri animali, e talvolta decine di portate, tanto da chiederci: “Ma dole mettevano tutta quella roba?”.
Qualche banchetto passato alla storia? Uno di Vitellio: 2000 pesci e  7000 uccelli; quello di Eliogabalo: ventidue carrelli di vivande diverse; quello di Trimalcione: la più strana lista di vivande che sia mai stata concepita, e per numero di portate e per la loro presentazione e confezione! Non so chi di noi oggi sarebbe capace di mangiare tanto e cose così strane, senza morire!

L’alimentazione nel tempo – Nel Medioevo e nel Rinascimento
I Barbari, discesi in Italia dal 400 in poi, mangiavano come uomini primitivi e, diremmo oggi, senza alcuna educazione. Usavano trasformare in coppe da bere anche il cranio dei nemici vinti in battaglia; i loro banchetti erano autentiche orge obbrobriose.
Nei castelli feudali il banchetto durava fino a sei ore e le portate arrivavano fino a 18: carne e cacciagioni, uccelli, pesci, dolci, frutta varia e vino abbondante. Si stava seduti a tavola su sgabelli e il vasellame era sempre più prezioso.
Durante il Rinascimento troviamo cose nuove: i maccheroni (1247), la mortadella di Bologna (1376), polenta di mais o granoturco, pomodoro, patate, tacchino, cioccolato, caffè, tè, dopo la scoperta dell’America, e, finalmente, i gelati, nella cui preparazione brillarono toscani e siciliani. Il vasellame è eseguito da cesellatori e orafi; Benvenuto Cellini modella una saliera in oro massiccio con figure mitologiche per il re di Francia!
Un pittore di quest’epoca, Paolo Caliari, detto il Veronese, è il più celebre per le grandi tele di banchetti: La cena in casa del Fariseo, Le nozze di Cana, La cena di Levi; esse ci permettono di immaginare lo sfarzo delle mense del 1500 attraverso le rappresentazioni pittoriche.

L’alimentazione nel tempo

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale VII (cartellini)

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale VII con la presentazione del materiale di lavoro e tutti i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio delle congiunzioni.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore giallo e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– giallo per le congiunzioni
– verde per i pronomi
– rosa per gli avverbi
– viola per le preposizioni
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale VII.

Il primo esercizio è anche qui quello della composizione di frasi, analizzate coi cartellini colorati.
La scatola grammaticale ha otto caselle del colore corrispondente alla parte grammaticale. Nella casella più grande (la nona) si collocano i cartellini delle frasi.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola, e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase.

Come per le altre scatole grammaticali, i cartellini colorati delle parole non corrispondono esattamente alle parole delle frasi che dovranno ricomporre, perchè le parole comuni nelle frasi di uno stesso biglietto non sono ripetute. E’ solo la congiunzione, che, sostituita, cambia la frase.

Le varie serie di cartellini si trovano ognuna in una scatolina gialla, e i gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici.

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

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MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VII
(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale VII (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
3 scatoline di riempimento di colore verde contrassegnate VIIA, VIIB, VIIC.
una scatolina aperta GIALLA per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

Questo è il materiale pronto:

ISTRUZIONI per confezionare i libretti

(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VII

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).

I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Dettati ortografici e letture su SAN MARINO

Dettati ortografici e letture su SAN MARINO per la scuola primaria.

Dettati ortografici e letture su SAN MARINO
Una piccola repubblica

Se percorriamo la strada statale 72, da Rimini verso l’interno, andiamo incontro al dolce paesaggio di basse montagne e colline ben coltivate, nell’angolo estremo della Romagna: è un mareggiare calmo, a lunghe ondate che si esauriscono nella pianura. Dopo una decina di chilometri la strada inizia a salire, in modo sempre accentuato, ad ampie curve, fino a che ci troviamo di fronte ad un bastione di roccia calcarea, disposto parallelamente al mar Adriatico, fatto di rupi intagliate, rotto da strapiombi fin di 200 metri. E’ l’ultima compatta increspatura dell’Appennino Tosco-Emiliano, verso oriente. Il grosso banco roccioso spicca all’orizzonte in lungo giro.
Lassù, secondo la tradizione, circa l’anno 300 dC, si formò una comunità religiosa, guidata dal tagliapietre dalmata Marino, che esercitò subito diritto di asilo e lo difese con vigore.
La comunità fu riconosciuta autonoma e indipendente dalla Chiesa nell’anno 885.
San Marino è uno dei più antichi Stati indipendenti d’Europa. Nel X secolo divenne munita roccaforte e si diede un ordinamento comunale, conservato, nelle sue linee fondamentali, ancora oggi: il potere legislativo è esercitato dal Consiglio Grande e Generale, di sessanta membri, eletti ogni cinque anni; il potere esecutivo è esercitato da due Capitani Reggenti con funzione di capo di Stato e presidente del Consiglio Grande e Generale. I Capitani Reggenti sono scelti ogni sei mesi tra gli appartenenti al Consiglio Grande e Generale.
La Repubblica unì a sé alcune terre limitrofe e costituì un piccolo Stato libero che riuscì sempre a difendere la propria indipendenza.

Dettati ortografici e letture su SAN MARINO
Il territorio

Il territorio della Repubblica di San Marino occupa la dorsale del monte Titano (m 749) con le sue tra note torri (penne) caratteristiche, tra le province italiane di Forlì e Pesaro-Urbino.
Non ci sono fiumi di rilievo ma corsi d’acqua torrentizi, come il San Marino, affluente del Marecchia, che bagna la parte sud-occidentale, e il Marano, che segna un tratto del confine orientale e sfocia nell’Adriatico a nord di Riccione.

Dettati ortografici e letture su SAN MARINO
San Marino

Capitale della Repubblica è la città di San Marino, dal caratteristico aspetto medioevale. Notevoli sono la chiesa trecentesca di San Francesco, il Palazzo del Governo, la basilica del fondatore con le nicchie di San Marino e di San Leo scavate nella viva roccia, la chiesa di San Quirino, dove fu ospitato Garibaldi nel 1849, le rovine delle antiche mura con le tre torri.
Il secondo centro della Repubblica è Borgomaggiore, annidata su un declivio ai piedi della rupe, mercato rurale.
Ricordiamo ancora Serravalle, sulla statale 72, e Dogana.
La principale via di comunicazione è la carrozzabile Rimini-San Marino; altre strade collegano la capitale con località italiane. Una filovia da Borgomaggiore rende più agevole e rapida la salita al monte Titano.

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Le risorse economiche

L’agricoltura è fiorente. Fanno spicco la coltivazione del grano, della vite, degli alberi da frutto e l’allevamento del bestiame.
L’industria si fonda sulla tessitura, sulla fabbricazione della carte, sulla lavorazione delle pelli, dei colori, dei saponi, del cemento, della calce, dei dolciumi. Un posto a sé, per la sua importanza, occupano l’artigianato della ceramica, la lavorazione artistica della pietra e degli oggetti ricordo.
La Repubblica di San Marino è meta di un vivace movimento turistico. I visitatori sono attirati dall’amplissimo panorama, dalla singolare vita della comunità indipendente, dalle manifestazioni.

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Dettati ortografici letture e poesie sull’EMILIA ROMAGNA

Dettati ortografici letture e poesie sull’Emilia ROMAGNA per la scuola primaria.

Cartina fisica
Confini: Mar Adriatico, Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Repubblica di San Marino.
Lagune: Valli di Comacchio
Monti: Appennino Settentrionale (Ligure, Tosco-Emiliano).
Cime più alte: Maggiorasca, Cusna, Cimone, Fumaiolo.
Valichi: di Cento Croci, della Cisa, del Cerreto, dell’Abetone, dei Mandrioli, di Verghereto.
Pianure: Padana.
Fiumi: Po, Reno con il suo affluente Santerno, Lamone, Montone, Savio, Rubicone, Marecchio con il suo affluente Uso. Affluenti di destra del Po: Trebbia, Taro, Parma, Enza, Secchia, Panaro.
Canali: Corsini.

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L’Emilia Romagna

L’Emilia trae il suo nome dalla lunga e diritta via Emilia, che Roma fece costruire, da Rimini a Piacenza, nel 187 aC.
Distesa obliquamente lungo il versante padano degli Appennini, dalle cui valli scendono numerosi affluenti del Po, l’Emilia è una regione fertile e in parte pianeggiante.
Al confine dell’Emilia con le Marche, svettano le tre torri del Castello di San Marino, che dall’alto del Monte Titano guarda la verde pianura della Romagna e, lontano, il Mar Adriatico.

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Vita economica

L’Emilia è una regione essenzialmente agricola. Ha boschi di castagni dall’Appennino, vigneti sulle colline, e abbondantissime colture in pianura: di grano, di barbabietole da zucchero, di granoturco, di canapa e di alberi da frutto. L’abbondanza dei foraggi permette l’allevamento intensivo dei bovini, dei cavalli e dei suini.
Nelle Valli di Comacchio sono importanti la piscicoltura e la pesca delle anguille.
Tra le industrie hanno raggiunto il massimo sviluppo quelle alimentari. Famosa è l’industria dei salumi (zamponi di  Modena, mortadella di Bologna), i pastifici (tortellini e tagliatelle), i caseifici (formaggio reggiano e parmigiano) e le industrie delle conserve di pomodoro nel Parmense e nel Piacentino.
Importanti sono anche le industrie chimiche e meccaniche, i canapifici e le fabbriche di inchiostri e di profumi.
I prodotti del sottosuolo, localizzati quasi tutti nella fascia più bassa dell’Appennino, sono lo zolfo, il gesso, la torba.
A Cortemaggiore vi sono ricchi giacimenti di petrolio e di metano.
Un’industria di notevole importanza è quella alberghiera, molto fiorente lungo il litorale adriatico. Durante l’estate le stazioni balneari delle province di Ferrara, Ravenna e Forlì sono meta di numerosi turisti, italiani e stranieri, che ritemprano la loro salute riposando sulle ampie ed assolate spiagge.
Nella regione, attraversata da molte e belle strade e da una fitta rete ferroviaria, il commercio è attivissimo.

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Province

L’Emilia Romagna è divisa in otto province.
Bologna, l’antica Felsina degli Etruschi, si adagia nella pianura, presso lo sbocco della Valle del Reno. Centro agricolo e industriale, è un nodo ferroviario importantissimo e sede di una celebre Università.
Ferrara, presso il Po, è al centro di una zona agricola bonificata, molto fertile. Fu sotto il dominio degli Estensi, come attestano i meravigliosi palazzi che ancor oggi abbelliscono la città.
Forlì, l’antico ‘Forum Livii’ (mercato di Livio), giace nella pianura romagnola, ai piedi dell’Appennino.
Modena sorge in mezzo a campagne rigogliosissime, allo sbocco delle valli percorse dalla Secchia e dal Panaro. Celebre è la torre del Duomo, detta la Ghirlandina.
Parma, la cui importanza è soprattutto agricola, vanta numerosi caseifici e conservifici. Nella provincia, a Busseto, nacque Giuseppe Verdi.
Piacenza, città sul Po, è l’anello di congiunzione tra l’Emilia Romagna e la Lombardia.
Ravenna, collegata al mare dal Canale Corsini, è famosa per i suoi monumenti bizantini e per la pineta, ricordata da Dante, che in questa città è sepolto.
Reggio Emilia è città agricola e industriale. Fu patria del poeta Ludovico Ariosto.

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Per il lavoro di ricerca

Come si presenta il territorio dell’Emilia Romagna?
Quali sono le caratteristiche principali della zona di pianura e della zona appenninica?
Se nell’Emilia ti volessi recare in Toscana, quali paesi o valichi dovresti superare?
Dove sono le valli di Comacchio e perchè sono note?
Come sono le comunicazioni in Emilia?
Quali sono le principali risorse economiche della regione?
Dove si estrae il metano?
Perchè è famosa Cortemaggiore?
Che cosa sono le salse?
Lungo le coste emiliane è molto praticata la pesca?
Perchè il nome di Faenza è conosciuto in tutto il mondo?
Ricerca notizie su tutti i capoluoghi di provincia dell’Emilia Romagna.
Come si chiama il piccolo Stato indipendente che si incunea fra le Marche e la provincia di Forlì? Quando nacque?
Quali sono le sue fonti di ricchezza?
Ricerca notizie sulla cucina emiliana e sulle usanze e tradizioni degli Emiliani.

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Le valli di Comacchio

Sulle Valli, quando cala la sera, i pensieri si intridono di ansie leggere e sembrano partecipare della solitudine immensa che il paesaggio intorno esprime. Un volo di rondini frulla per un poco sopra il capo; poi tutto ricade nel silenzio immoto della laguna. Le erbe e i canneti sembrano vivere una lunga, interminabile attesa; anche Spina, la città misteriosa, sepolta sotto le acque, attende di essere rivelata agli occhi dell’uomo. E’ un paesaggio tutto da scoprire, tutto da amare per la sua intatta bellezza non guastata dall’opera dell’uomo; lo sanno i cacciatori che scivolano sull’acqua nei piatti barchetti da valle in cerca d’un posto propizio alla caccia.

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L’Emilia Romagna

Deve il suo nome alla via Emilia, antica strada che la attraversa in tutta la sua ampiezza da Rimini a Piacenza, e che era stata aperta nel 187 aC dal console Emilio Lepido.
Dopo le invasioni barbariche divenne una provincia dell’Impero di Bisanzio (antico nome di Costantinopoli) ed ebbe in Ravenna la sua capitale.
Durante la dominazione bizantina fu chiamata Romania, ossia ‘terra di Roma’, la parte di questa regione corrisponde all’attuale Romagna.
Dopo la dominazione longobarda, la sua storia fu la storia delle sue città e dei rappresentanti delle grandi famiglie che riuscirono a imporvi la propria signoria: gli Estensi a Ferrara, i Bentivoglio a Bologna, i Da Polenta a Ravenna, i Malatesta a Rimini. Tali signorie, a cominciare dal secolo XVI, passarono a far parte dello stato Pontificio; oppure, come Modena, Reggio, Parma e Piacenza, si eressero a ducati, finché, nel 1860, Emilia e Romagna furono definitivamente annesse al Regno d’Italia.
(E. Poggi)

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Sguardo d’insieme

Da Piacenza a Rimini, dall’Appennino all’Adriatico, campi molto fertili, terra grassa, condotta a svariate colture, da una gente vigorosa, piena di gioia di vivere, l’Emilia Romagna è la dispensa dell’Italia; cereali, lino, frutta, bovini di razza pregiata, formaggi celebri, salumi e mortadelle bolognesi, vini profumati, pietanze e cucina note dovunque; una grande distesa acquitrinosa.
Le Valli di Comacchio, molto pescose; gore d’acqua stagnante, i maceri per la canapa e le saline; spiagge assolate, ampie, che si susseguono da Ravenna a Cervia, a Milano Marittima, a Cesenatico, a Bellaria, a Igea Marina, a Torre Pedrera, a Viserba, a Rimini, a Marebello, a Miramare, a Riccione, a Misano, a Cattolica, biancheggianti di moderne, confortevoli costruzioni, iridate di capanni, di tende e di ombrelloni, tra l’azzurro del mare ed il verde cupo delle pinete costiere; al centro della Regione la via Emilia, che si snoda dritta, come se fosse stata tracciata da un’immensa riga da disegno, che riunisce i centri più importanti , rendendo rapidi gli scambi, i trasporti, le comunicazioni, facendo da via principale al grande, simpatico, ospitale paese.
(M. Menicucci)

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Zona appenninica

La rudezza del clima, le difficoltà delle comunicazioni, la povertà del manto boscoso (castagni) e lo scarso rendimento delle colture e della pastorizia ha causato l’esodo della popolazione dalla montagna verso la vicina pianura. Molte case e molti terreni, pertanto, sono rimasti abbandonati.
Migliori sono le condizioni economiche della fascia sub-appenninica dotata di colture cerealicole e di vigneti (Lambrusco, Sangiovese, Albana).

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Zona di pianura

E’ tutta una zona di bonifica, frutto di un lavoro assiduo, che va dell’età romana ai nostri giorni. Chi la contempli dal finestrino del treno in corsa è colpito dall’incessante succedersi di campi, tutti di forma regolare, separati da filari di alberi e viti. Il paesaggio affascina con la varietà e la ricchezza delle sue coltivazioni. I contadini della pianura emiliano-romagnola vivono in case isolate nella campagna… Le abitazioni rurali constano di solito di due edifici, separati o affiancati, uno per la dimora della famiglia e uno adibito a stalla.
Questa terra è la prima per la produzione del frumento, la prima nella produzione della barbabietola da zucchero, ed occupa una notevole posizione nella coltivazione della vite, della frutta e degli ortaggi; sviluppatissimo è l’allevamento suino; nell’allevamento bovino è superata solo dalla Lombardia.
Tale ricchezza di prodotti dà vita ad una forte esportazione ed incrementa lavorazioni locali: conserve, ortaggi e frutta, caseifici, salumifici, distillerie e stabilimenti vinicoli.

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La Romagna

Romagna significa ‘piccola Roma’, perchè i Romani diedero grande importanza a questo lembo di spiaggia adriatica. La flotta imperiale aveva il suo porto nei pressi di Ravenna, che una volta si trovava quasi sulla riva del mare, che ora invece è lontano, a causa dell’interramento della costa.
E Ravenna, dopo Roma, fu la città più importante d’Italia. I bellissimi monumenti rimasti sono il segno della sua potenza e della sua ricchezza.
A Ravenna di trova la tomba del re Teodorico e poi quella di Dante Alighieri.

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Il Ferrarese

Tutto immerso nella pianura, il Ferrarese ha i suoi confini naturali nelle acque: a oriente l’Adriatico, a nord il Po, a sud il Reno. Ad occidente, dove è il lato di confine meno esteso, non ci sono fiumi a delimitare il territorio, ma il Panaro l’attraversa per un tratto diagonalmente. La provincia ferrarese, la cui altitudine è, in media, di quattro metri e mezzo sul livello del mare, trae dall’acqua non solo i suoi confini, ma la sua vita e la sua storia: storia di fiumi e di paludi, di canali collettori, di argini…
La parte di protagonista, in queste vicende di secoli, spetta al Po che, in questo tratto di pianura è ormai a breve distanza dal mare.
In tempi relativamente vicini (pare ancora nell’età romana) questa verde ed opulenta campagna era, press’a poco, un’enorme distesa di acquitrini dove i rami del grande fiume vagavano verso il mare trascinando con sé detriti: questi, depositandosi a lungo, fecero emergere alcune strisce di terra sulle quali si avventurarono i primi coloni.
Sembrerà strano che uomini si siano avventurati tra le paludi infide stabilendovi le dimore, quando ancora tante altre terre asciutte e disabitate avrebbero potuto offrire loro un insediamento più sicuro; ma c’è una ragione: l’acqua degli acquitrini, se obbligava ad una vita di dura lotta contro le sue insidie, d’altra parte assicurava una validissima difesa dai pericoli esterni.

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Il più grande nodo ferroviario d’Italia

Questo di Bologna è sicuramente il centro nevralgico della rete ferroviaria italiana, il nodo più importante a cui fanno capo tutte le comunicazioni che collegano le estreme regioni della penisola.
Il cuore del sistema circolatorio delle ferrovie è Bologna, in quel complesso di scali e di stazioni che formano il nodo ferroviario della grande città emiliana.
Come in una grande città esiste una via di circonvallazione che serve a dirottare il traffico dei veicoli pesanti e di transito, così anche il nodo bolognese dispone di una linea di circonvallazione, chiamata linea di cintura, che unisce direttamente la linea di Milano alla direttissima di Firenze non solo, ma mediante opportuni raccordi e bivi, allaccia fra di loro le linee di Verona, Venezia e Ancona.
(M. Righetti)

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Agricoltura

La pianura emiliana, ampia e bene irrigata, si presenta divisa in poderi di estensione notevole e fruttuosa; dall’alto, in una visione panoramica, appare ancora il reticolato dell’antica colonizzazione romana. Molto elevata è la produzione di cereali: primo fra questi il frumento, quindi il riso e il granoturco. Ottimi risultati dà la coltivazione delle patate e delle barbabietole da zucchero. Importante è la produzione della canapa. Anche la vite offre un prodotto abbondante (Lambrusco, Albana, Sangiovese): l’Emilia Romagna si pone al quarto posto (con la Toscana) tra le regioni vinicole.
Nella pianura alta e sui declivi collinari si ha una notevole produzione di pomodori e di frutta (mele e pere). Ricco è il patrimonio zootecnico, in particolare quello di bovini e suini.

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L’attività industriale

Un’agricoltura così varia e ricca offre l’avvio ad un’industria di trasformazione fra le prime in Italia: numerosi sono gli stabilimenti conservieri, lattiero-caseari (celebri i formaggi reggiani e parmigiani), tessili.
L’allevamento dei suini alimenta industrie di insaccati di fama mondiale (mortadelle, prosciutti, zamponi).
Oltre alle industrie alimentari vi sono attive industrie meccaniche agricole, di automobili di lusso (Ferrari, Maserati).
In molti centri emiliani sono sorte negli ultimi anni aziende per la produzione di calze, maglierie, calzature, i cui prodotti hanno invaso i mercati internazionali.
L’Emilia Romagna, povera di risorse idroelettriche, ha trovato nel metano una fonte di energia che ha dato slancio alle iniziative industriali. I pozzi di Cortemaggiore, presso Piacenza, distribuiscono metano a tutte le industrie della valle Padana e costituiscono la base di un’importante industria chimica per la produzione di fertilizzanti e gomma sintetica.
I turisti sono attratti dalle bellezze delle città storiche quali Parma o Ravenna, o Ferrara, e dalla stupenda linea di spiagge vaste e sabbiose, estese lungo tutta la costiera adriatica, dalle valli di Comacchio alle Marche. Centri de turismo balneare sono le città di Cervia, Cesenatico, Rimini, Riccione, Cattolica.
(Assereto-Zaina)

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I prosciutti vanno a balia a Langhirano
A prima vista il titolo può sembrare uno scherzo, ma non è così. Langhirano è un centro posto vicino al torrente Parma, e dalle sue case escono i migliori prosciutti dell’Emilia. Siccome i prosciutti dell’Emilia sono i migliori d’Italia, da Langhirano giungono i più succulenti prosciutti italiani alle mense dei buongustai. Può sembrare strano, ma è la verità.
Il prosciutto ha bisogno di una certa lavorazione e soprattutto di una lunga stagionatura, e in nessun luogo della valle padana esso asciuga, matura, si addolcisce e acquista profumo come a Langhirano.
Sicché in questo paese, sito a monte di Parma, dove cominciano a sollevarsi le prime colline dell’Appennino, non solo si lavorano tutti i prosciutti degli allevamenti suini locali, ma ne vengono inviate grandi quantità da fuori a stagionare, a guadagnare squisitezza.
Giungono dalle circostanti province emiliane, dalla bassa Lombardia, dalla Brianza. Langhirano è il posto di villeggiatura del prosciutto.
Queste pingui cosce suine di provenienza forestiera vengono chiamate prosciutti dati a balia. E qui anche i prosciutti meno nobili diventano vere leccornie.
Come ciò avvenga, e perchè avvenga qui e non altrove, rimane un mistero. Un felice clima, una strana salubrità dell’aria devono indiscutibilmente operare sui rosati prosciutti.
Visitare i luoghi di stagionatura è una visione sbalorditiva: in lunghissimi cameroni sono collocate, secondo la lunghezza, rastrelliere di legno, dalle quali pendono, simili a pere mostruose, miriadi di cosciotti. La lavorazione avviene in modo molto semplice, i prosciutti freschi vengono lavati con acqua tiepida e cosparsi di sale, messi in frigorifero, a zero gradi, per 30-40 giorni.
Non si usano droghe a Langhirano, ma unicamente sale, e ciò rende il prodotto più delicato e digeribile. Quindi si portano nei locali di stagionatura, dove devono prendere quanta più aria possibile.
Di notte e nei giorni di gelo si chiudono le finestre. La stagionatura si compie in circa cinque mesi, dopo di che i prosciutti sono pronti per essere consumati. Per ogni stagione, a Langhirano, vengono messi a balia non meno di 100.000 prosciutti,
(M. Carafoli)

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Le salse

Sulle ultime colline dell’Appennino Emiliano, in vicinanza della pianura, si osservano parecchi luoghi, specialmente nel Reggiano, dei curiosi mucchi di melma, mutabili di forma, ma non di rado assomiglianti a vulcani in miniatura. Sono le salse, altrimenti chiamate vulcani di fango: e mentre il primo nome ci richiama il fatto che il fango delle salse è leggermente salato, il secondo vuole accennare a manifestazioni eruttive.
Difatti le salse hanno di quando in quando le loro eruzioni; ma sono, direi, quasi eruzioni per burla: non materie infuocate, ma semplicemente acqua fangosa salata e melma viscida, talvolta odorante di petrolio, escono dalle bocche delle salse.
Coi veri vulcani, però, le salse non hanno niente a che fare. Il gas che esce terreno argilloso è metano che si può accendere con un fiammifero, ma non si incendia da sé nelle eruzioni delle salse. Col gas viene su l’acqua dal sottosuolo, ed essa imbeve il terreno, lo spappola, forma il fango che, accumulatosi, dà origine al conetto.
Insieme all’acqua viene su talora un po’ di petrolio che forma chiazze iridescenti. Del resto, non si deve credere che sempre si formi un monticello vulcanico in miniatura, poichè la fanghiglia può anche espandersi senza assumere forme particolari e definitive.
(A. Sestini)

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Metano in Emilia

Cortemaggiore, a oriente di Piacenza, nelle pianure, poco lontano dalla riva meridionale del Po, è oggi l’emblema del metano; sebbene altri giacimenti importanti si trovino in Lombardia, a nord del Po, a Caviaga (qui si aprì il primo pozzo), a Cornegliano, a Bordolano, a Ripalta e, in Emilia, a Correggio, a Imola, a Cotignola, ad Alfonsine, fino a Ravenna, dove si ha un giacimento di prima grandezza; quindici giacimenti in tutto, a una profondità media tra i 1600 e 1800 metri; e oltre 60 pozzi.
Il metano italiano, scoperto e messo in valore nel dopoguerra, è il più abbondante d’Europa, ed i metanodotti vanno avvolgendo l’Italia del nord in una rete, già fitta in Lombardia specie intorno a Milano, ben delineata nel Veneto, con rami che si spingono o stanno per spingersi a Bologna, a Torino, a Genova, a Domodossola, e perfino a Sondrio e a Trento.
L’immensa importanza di questa nuova sorgente di energia serve anzitutto le industrie e secondariamente l’autotrazione e i bisogni domestici.

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Comacchio e la pesca

Comacchio è una città stipata sopra isolotti che si alzano pochi decimetri sul livello del mare, tanto che non si sa neppure se sia più terra o più acqua. Da almeno millecinquecento anni vi abita una popolazione di pescatori, isolata, in mezzo a paludi salmastre. Nella piscicoltura, una volta assai fiorente, sta la principale risorsa di questi luoghi. La laguna  è popolata di anguille e di cefali. Durante i mesi di febbraio, marzo e aprile, in cui si aprono le comunicazioni al mare, entra nei vari campi della laguna un numero straordinario di pesciolini; e questa loro venuta è detta montata. Chiuse dopo quel tempo le chiaviche, i pesci che si sono rifugiati nella laguna vi rimangono fino a che, aumentando la salsedine delle acque per l’evaporazione estiva, non si risveglia in essi, ormai giunti alla maturità, l’istinto di ritornare al mare per incontrare un’acqua meno salata. Da questa circostanza si trae il massimo profitto per fare la pesca. Venuto il settembre davanti alle chiaviche di ciascun campo, si depongono dai vallanti i  lavorieri, che sono labirinti di canne e di filo di alluminio, forniti di una larga apertura dalla parte che guarda il campo vallivo e ristretti e chiusi dal lato opposto. Allora le chiaviche vengono aperte. L’acqua del mare penetra lentamente nei campi attraverso i lavorieri, e i pesci si affettano a correrle incontro, imprigionandosi da sé nei labirinti.

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L’arte della maiolica, ovvero Faenza

Tradotto in venti lingue differenti, il nome di Faenza significa ‘l’arte della maiolica’; questa è dunque la prova più evidente che gli artigiani faentini hanno raggiunto nell’arte della maiolica il massimo della perfezione.
I primi accenni di quest’arte risalgono al lontano 1142 e mai quest’artistica operosità è stata interrotta nel giro di otto secoli. Una decina di botteghe maiolicare, dotate di maestri di fama che supera le frontiere della Penisola, continua la tradizione dei vasai faentini (vasi, piatti, boccali, tazze, anfore).
Un pregiato Istituto d’Arte accoglie gli allievi di ogni regione d’Italia e dell’estero iniziandoli alla ricerca di sempre nuove forme d’arte e di nuovi e migliori mezzi di lavorazione.
Anche Imola, Bobbio e Sassuolo si distinguono nella lavorazione della ceramica.
Molti falegnami sono specializzati e specialisti nella lavorazione di mobili moderni o imitando vecchi stili.
Un po’ dappertutto bravi e raffinati artigiani del legno, del ferro battuto, della bulinatura del cuoio. Carpi e Mirandola vantano la lavorazione del truciolo per la fabbricazione di cappelli e altri oggetti; Castel san Pietro quella degli ombrelli, Budrio quella delle ocarine, Ciano d’Enza lavorazioni di vimini.
(G. Menicucci)

Province
Capoluogo della regione è Bologna, chiamata ‘la dotta’ per la sua famosa Università, che è la più antica d’Italia, e ‘la grassa’ per le sue note specialità alimentari. E’ cospicuo centro commerciale e industriale e importante nodo ferroviario e stradale. Vanta pregevoli monumenti, tra cui le chiese di san Petronio, di san Francesco e di san Domenico, il Palazzo del Podestà, la Fontana del Nettuno, le Torri pendenti degli Asinelli e della Garisenda.
Piacenza è attivo centro agricolo-commerciale, sede di numerose industrie e nodo di comunicazioni. Fra i suoi monumenti il più insigne è il Palazzo Comunale, detto ‘il Gotico’.
Parma è grande mercato di prodotti agricoli e sede di industrie alimentari e meccaniche. Celebri monumenti sono il Duomo e il Battistero.
Reggio nell’Emilia è importante centro agricolo-commerciale con notevoli industrie alimentari, meccaniche (costruzioni ferroviarie, macchine agricole, ecc.), chimiche. Monumenti degni di rilievo sono il Duomo e la Chiesa della Madonna della Ghiara.
Modena è grande mercato agricolo e centro di industrie alimentari, meccaniche (automobilistiche) e chimiche. Dei suoi monumenti  i più notevoli sono il Duomo romanico, con la bellissima torre della Ghirlandina, e il Palazzo Ducale. E’ sede dell’Accademia Militare.
Ferrara è situata su un ramo del delta del Po, detto Po di Volano, nel cuore di una zona fertilissima ed è sede di importanti industrie alimentari, chimiche e meccaniche. Conserva magnifici monumenti: la Cattedrale, il Castello Estense, il Palazzo dei Diamanti.
Ravenna è una delle più belle città d’Italia per le sue stupende opere d’arte. Particolarmente degne di nota sono: la Basilica di San Vitale e il Mausoleo di Galla Placida (con meravigliosi mosaici bizantini), il mausoleo di Teodorico e (poco lontano dalla città) la basilica di Sant’Apollinare in Classe. Ha un importante porto-canale ed è sede di grandi complessi industriali.
Forlì è il centro principale della Romagna, mercato di prodotti agricoli e sede di alcune industrie. I suoi più pregevoli monumenti sono il Duomo e la Chiesa di san Mercuriale.

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Bologna: la dotta, la grassa, la turrita

Tutti questi appellativi le calzano a meraviglia. Le nobili tradizioni di cultura, tenute sempre vive da otto secoli a questa parte dall’Università, che è la più antica d’Europa, la fecero chiamare la dotta. Le sue famose specialità gastronomiche, che vanno dalle tagliatelle e dai tortellini fino alla rosea mortadella, le diedero il nomignolo di grassa. Le duecento torri che dentellavano il panorama di Bologna all’epoca dei Comuni le valsero il titolo di turrita. Di queste torri innalzate nel XII e nel XIII secolo dai nobili bolognesi accanto al loro palazzo, come simbolo di indipendenza e vanto del casato, ben poche ne rimangono. Oggi le superstiti si contano sulle dita delle mani, ma fra esse ve ne sono due, quella degli Asinelli e la Garisenda, le famose torri pendenti, che sono considerate simbolo della città.
(G. Assereto)

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Bononia docet

‘Bononia docet’ si leggeva sulle monete che Bologna batteva; ed anche quando la moneta corrente non fu più quella coniata dalla zecca cittadina, Bologna continuò ad essere universalmente conosciuta come ‘la dotta’.
Il merito di questo epiteto è dovuto alla sua Università, la più antica dell’Europa; essa fin dalle origini richiamò nelle sue aule da ogni regione d’Europa studenti che si organizzavano in vere e proprie congregazioni e che portavano alla città, insieme ad un innegabile benessere economico, una nota caratteristica di gaiezza, tanto da far dire al Petrarca che ebbe occasione di fermarvisi come studente: “Non credo che mai sia stata e non sia città più libera e gioconda di Bologna”.
Ma le gaie brigate della gioventù studiosa  erano soltanto un aspetto marginale della società che gravitava intorno al famoso ‘Studio’. In verità, Bologna fu, per moltissimo tempo, insieme con Parigi, il centro più vivo della cultura europea; fu soprattutto il tempio del diritto romano che, dopo il silenzio seguito alla caduta dell’impero, risorgeva, ad opera di espertissimi ed appassionati glossatori, in tutta la ricchezza dei suoi concetti ed al quale tutti gli studiosi volevano attingere.
I famosi libri di Giustiniano, che in un primo tempo avevano trovato rifugio alla corte bizantina di Ravenna, furono poi trasportati a Bologna. Si ha notizia di un certo Pepone, ‘legis doctor’, che intorno al 1065 già interpretava i testi di diritto; ma tra i maestri antichi chi acquistò più chiara fama fu certamente il bolognese Irnerio, che formò scuola e che intorno a sé ebbe una scelta schiera di glossatori, così chiamati per il loro sapiente e paziente lavoro di commento (glossa) ai testi latini.
Bologna andava fiera di questi suoi studiosi; ne sono testimonianza le bellissime tombe che ad alcuni di essi furono costruite nel centro della città; presso le chiese di San Domenico e di San Francesco.
Accanto alla fiorentissima scuola di diritto si andò via via delineando anche una scuola di arti liberali ed un’altra ad indirizzo scientifico; e il complesso di tutte le scuole venne chiamato ‘Studio Generale’ e più tardi Università.
Fra i tanti uomini illustri che frequentarono, in ogni tempo, la scuola di Bologna ricordiamo: Dante, Petrarca, Copernico, Torquato Tasso, Marcello Malpighi, Luigi Galvani e Giovanni Pascoli.

La città etrusca di Misa
Da Bologna, risalendo la via per Pistoia, dopo Pontecchio si giunge a Marzabotto. Nelle vicinanze si trovava la città etrusca di Misa; di essa rimangono ruderi sparsi tra il verde e un profondo suggestivo silenzio domina intorno quasi a vegliare sul sonno millenario delle mura in rovina, dei resti dei templi, delle tombe preistoriche giacenti presso le acque d’un lago. Misa fu fondata nel Vi secolo aC dagli Etruschi e fu prospera città per due secoli finché fu distrutta dai Galli.

La cucina emiliana
In Emilia la cucina è un fatto complesso, un’improvvisazione continua, uno spettacolo meraviglioso: altrove, il piatto gustoso e raffinato appartiene soltanto alla sfera della mensa, al buon pranzo e alla buona cena;  a Bologna, invece, a Modena, a Parma la cucina abbraccia interessi più vasti ed è la nota saliente di un costume, il costume emiliano appunto. Il sentimento, la poesia fatalmente fioriscono attorno a una tavola imbandita, lo stesso amore non è amore se non è alimentato da lasagne, zamponi, tortelli e mortadella. Ne sa qualcosa Fagiolino, l’eroe della regione, il quale stornellando alla sua bella chiede sì un bacio e un sorriso, ma anche e soprattutto un manicaretto che anticipa e racchiude il paradiso. Non per nulla il tortellino nacque nel centro fisico e ideale dell’Emilia, a Castelfranco, ricalcato dirette su Venere: un oste guercio e bolognese, canta un poeta, imitando l’ombelico di Venere, l’arte di fare il tortellino apprese.
Accanto ai tortellini, godono meritata fama le tagliatelle, ricavate anch’esse nella tipica forma a nastro della sfoglia, e condite appunto col ragù alla bolognese. Tra i piatti, ecco lo zampone, ossia quella mirabile calza che è la zampa anteriore del suino ripiena di un impasto di carne magra e grassa in giusta proporzione: cotto a fuoco lento per cinque ore, viene servito su un letto o di lenticchie o di fagioli giganti bolliti e impastati poi con sugo, burro, dadi di prosciutto e punte di sedano e carote.
Ma l’Emilia è giustamente nota per i suoi salumi e soprattutto per quell’ineguagliabile poker che è vanto della provincia di Parma: il culatello di Zibello, il salame di Felino, la spalla di San Secondo e il prosciutto di Langhirano. Ai salumi si deve aggiungere il formaggio stagionato, il grana, che va per il mondo sotto il nome di parmigiano e di reggiano. I menù regionali hanno come naturale alleato il Lambrusco, il vino che ha a Sorbara la sua patria, riconoscibile per il profumo di viola, la spuma rosea e il gusto frizzantino.
(A. Ferruzza)

Usanze e tradizioni
Usanze e feste tradizionali si accompagnano sia in Emilia, sia in Romagna allo svolgimento dei più importanti lavori agricoli: la semina, la mietitura e la trebbiatura, la vendemmia. Usanze e credenze sono legate agli avvenimenti familiari, lieti o tristi, e ad ogni momento della vita.
Una bella usanza primaverile è quella dei grandi fuochi, detti le ‘focarine’ che vengono accesi dalla sera del 4 febbraio, giorno dedicato alla Madonna del Fuoco, fino ai primi di marzo. Con essi si vuole propiziare il bizzarro mese a favore dei campi e dei prossimi raccolti.
Bisogna far lume a marzo, a marzo birichino perchè sia più buono e ci tratti bene, e ci porti una spiga che dia a tutti il pane e una spiga che sia granita di grano‘ (Aldo Spallicci).
In occasione della mezza quaresima si ricorda a Forlì l’uso di portare burlescamente in trionfo, sopra un caro tirato da due torelli, un grande fantoccio, adorno di collane di frutti e salsicce, con un seguito di carri allegorici. La folla, al suo passaggio, rivolgeva al fantoccio domande e motteggi; e il fantoccio, per bocca di un uomo che vi era nascosto, rispondeva per le rime.
Un’altra allegra usanza della mezza quaresima è quella di segare la vecchia, un fantoccio in costume femminile anch’esso imbottito di frutta, salsicce ed altro. La ‘vecchia’, prima di essere segata, fra le acclamazioni della folla, che poi si precipiterà accapigliandosi a raccattare tutte le buone cose che cadono dal grembo del fantoccio, è condotta in corteo per le vie del paese.
Se durante il percorso la ‘vecchia’ dovesse fermarsi, ma per caso, davanti a una coppia di fidanzati, costoro ne sarebbero felici, traendone un buon auspicio per le loro prossime nozze.
Ma le tradizioni popolari, pure remote, vanno purtroppo scomparendo, come le feste carnevalesche, legate a figure di maschere locali (il dottor Balanzone, celebre per i suoi sproloqui) o derivate da antichi riti pagani (i fuochi purificati che solo in qualche parte dell’Appennino si accendono ancora in determinate occasioni).
Uno spettacolo teatrale tipico della Bassa Padana è quello dei burattini: in questa zona fiorirono nell’Ottocento le maggiori famiglie di burattinai girovaghi con le due maschere caratteristiche di Sandrone (contadino fanfarone, millantatore e pauroso) e di Fagiolino, astuto e generoso, sempre pronto a far giustizia col suo nodoso bastone.

Paesaggio bolognese
Alla fantasia del poeta si presenta il paesaggio bolognese, già a lui familiare. La natura risente della malinconia dell’autunno, con gli alberi spogli che rabbrividiscono ai primi geli; ma l’aspetto del paesaggio è ravvivato dallo scorrere lento delle acque, dal mosto in fermento, dal sole breve che terre e uomini si godono, dagli stormi degli uccelli migratori.
Improvvisa, la fantasia m’ha condotto per le strade
rettilinee del Bolognese, bordate di rami
freddolosi, toccati dall’ottobre, con prospettive
di persiane verdi allineate sulle facciate.
Il Reno si stacca dai monti con incantevoli
indugi e  prende spazio in pianura, alberi
e frutteti si spogliano con incredibile bellezza,
riposano al sole le terre. E’ il tempo
adesso che le cantine odorano di fermentazione
e il contadino esce senz’arnesi a guardare
forse se qualche fosso non scola. Le terre,
gli uomini il paese fortunato nelle adiacenza
del fiume, godono questo sole breve.
Gli uccelli son di passo. (R. Bacchelli)

Romagna
Il ricordo della terra di Romagna non s’è mai cancellato da cuore del poeta: lì egli trascorse i bei giorni dell’infanzia, correndo spensieratamente fra le stoppie, presso gli stagni, in mezzo al verde della campagna; lì lesse, da fanciullo, i poemi e le opere che lo trasportarono con l’immaginazione in mondi fantastici e lontani; lì, a contatto della bella natura, sentì germogliare nell’animo i primi sogni e i primi canti. Ma, all’improvviso, il ricordo del triste giorno in cui dovette lasciare la sua terra riscuote il poeta dal dolce incanto: mentre la bella visione svanisce, egli manda un accorato addio alla sua Romagna che non spera di rivedere mai più.

Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino: (1)
il paese ove, andando, ci accompagna
l’azzurra vision di San Marino: (2)
sempre mi torna in cure il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta, (3)
cui tenne pure (4) il Passator cortese,
re della strada, re della foresta. (5)
Là nelle stoppie (6) dove singhiozzando (7)
va la tacchina con l’altrui covata, (8)
presso gli stagni lustreggianti, (9) quando
lenta vi guazza l’anatra iridata, (10)
oh! fossi io teco; e perderci nel verde,
e di fra gli olmi, nido alle ghiandaie, (11)
gettarci l’urlo che lungi si perde
dentro il meridiano ozio dell’aie; (12)
mentre il villano pone (13) dalle spalle
gobbe (14) la ronca e afferra la scodella,
e ‘l bue rumina nelle opache (15) stalle
la sua laboriosa lupinella. (16)
Da’ borghi sparsi le campagne (17) in tanto
si rincorron coi lor gridi argentini:
chiamano al rezzo (18), alla quiete, al santo
desco fiorito d’occhi di bambini. (19)
Già (20) m’accoglieva in quelle ore bruciate
sotto ombrello di trine una mimosa,
che fioria la mia casa ai dì d’estate
co’ suoi pennacchi di color di rosa;
e s’abbracciava per lo sgretolato
muro un folto rosaio e un gelsomino;
guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,
chiassoso a giorni come un birichino. (21)
Era il mio nido (22): dove, immobilmente,
io galoppava (23) con Guidon Selvaggio (24)
e con Astolfo; o mi vedea presente
l’imperatore nell’eremitaggio. (25)
E mentre aereo mi poneva in via
con l’ippogrifo (26) pel sognato alone, (27)
o risonava nella stanza mia
muta il dettare di Napoleone;
udia fra i fieni allor allor falciati
de’ grilli il verso che perpetuo trema,
udiva dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema. (28)
E lunghi, e interminati, erano quelli (29)
ch’io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettio d’uccelli
risa di donne, strepito di mare.
Ma da quel nido, rondini tardive, (30)
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive;
gli altri sono poco lungi; in cimitero.
Così più non verrò per la calura (31)
tra que’ tuoi polverosi biancospini,
ch’io non ritrovi nella mia verzura
del cuculo ozioso i piccolini, (32)
Romagna solatia (33), dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta. (G. Pascoli)

(1) Il villaggio a cui va il sorriso o il rimpianto del poeta è San Mauro di Romagna, il luogo dove egli nacque e abitò fin quando il padre fu amministratore della tenuta dei principi Torlonia. Oggi il paese si chiama San Mauro Pascoli. Severino è Severino Ferrari, poeta amico di Pascoli e del Carducci.
(2) Sul fondo azzurrino dell’orizzonte si profila la rocca di San Marino, un paesaggio che accompagna nell’andare il viandante.
(3) I Guidi e i Malatesta sono due famiglie che nel Medioevo signoreggiavano la Romagna.
(4) Che anche ebbe in suo dominio
(5) Passatore era chiamato il bandito romagnolo, Stefano Pelloni, le cui imprese incontrastate sulle strade e sui monti, avevano mosso la fantasia popolare, specialmente per taluni tratti di generosità. Probabilmente il soprannome di Passatore gli venne per il fatto che era barcaiolo e faceva il mestiere di traghettare le persone da una sponda all’altra dei corsi d’acqua.
(6) Paglia che resta sui campi dove si è mietuta la biada.
(7) Il verbo singhiozzando allude al suono gutturale e spezzato della tacchina.
(8) Coi pulcini nati da uova di gallina.
(9) Lucidi.
(10) Dai colori cangianti.
(11) La ghiandaia è un uccello di colore grigio rossiccio, che si nutre prevalentemente di ghiande.
(12) Il poeta vorrebbe trovarsi ancora nel verde della campagna; gli piacerebbe sentirla ancora trasalire al suo grido lanciato nel silenzio nelle ore meridiane.
(13) Depone.
(14) Fatte curve dalla quotidiana fatica.
(15) Che hanno scarsa luce, buie.
(16) La lupinella è una leguminosa da foraggio che le bestie assimilano dopo lunga masticazione.
(17) I rintocchi delle campane.
(18) Invitano all’ombra.
(19) Alla mensa del lavoratore animata dalla presenza dei bambini. L’immagine, densa e tenera, racchiude l’intraducibile meraviglia dell’infanzia.
(20) La rievocazione del paesaggio richiama alla fantasia del poeta le ore che egli trascorse in quei luoghi.
(21) Col vento, il pioppo stormiva e sembrava che godesse al fruscio delle fronde.
(22) In quella campagna, sotto l’ampia fioritura della mimosa, il poeta trascorreva ore di silenzio e di sogni. Si allude agli anni felici del Pascoli: quando  era ancora bambino e la casa non era stata toccata da lutti (la sorellina Ida di pochi mesi, morì nel 1862, quando il poeta aveva sette anni).
(23) Avverti la congiunzione del verbo ‘galoppava’  con l’avverbio che lo precede. Il fanciullo fantasticava e, mentre il corpo riposava immobilmente, la mente correva coi fantasmi delle prime letture.
(24) Guidon selvaggio è, come Astolfo, un personaggio dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
(25) L’imperatore nell’eremitaggio è Napoleone nell’isola di Sant’Elena. Il Pascoli allude a un’altra delle sue prime letture: il Memoriale che Napoleone dettò negli anni della sua relegazione nell’isola.
(26) L’ippogrifo è un cavallo alato di cui parla l’Ariosto nel suo poema. Con l’ippogrifo Astolfo salì fino alla luna per recuperare il senno del paladino Orlando impazzito per la bella Angelica.
(27) La fascia luminosa di vapori che circonda la luna. Il poeta vuol dire che egli si levava con la fantasia, assieme all’ippogrifo, fino a quel puro mondo di sogni che è la luna.
(28) Canto, ma il Pascoli ha detto poema perchè quel gracido pareva avesse un significato più grande, quasi fosse il naturale accordo al suo lungo e giovanile fantasticare.
(29) Le voci della natura e le forme di persone e luoghi immaginari compongono alla fantasia favole meravigliose.
(30) Come rondini che si sono indugiate e sono state raggiunte dai primi freddi. Tutta la famiglia fu strappata da quel nido: il poeta costretto ad andare per il mondo, gli altri nella tomba.
(31) Nella stagione calda.
(32) Per non trovare la casa della fanciullezza e dei sogni occupata da gente estranea da persone che hanno fatto come il cuculo, il quale suole deporre le uova nel nido di altri uccelli.
(33) Piena di sole.

L’Università di Bologna
Molti erano gli stranieri che da ogni parte accorrevano agli studi di Bologna, e si dividevano fino in trentacinque nazioni diverse. Questi studenti stranieri godevano prerogative civili e, convocati dal rettore, costituivano un corpo che aveva voto nelle assemblee. Un sindaco annuo rappresentava in giudizio l’Università ed un notaio ne rogava gli atti. Ogni anno si eleggevano due tassatori, uno dal comune e uno dagli studenti, perchè fissassero il prezzo degli alloggi. Lo scolaro aveva la facoltà di rimanere tre anni nella casa prescelta al prezzo fissato, e il padrone che esigesse di più, o maltrattasse il pigionale, non poteva più dare albergo ad altri.
I professori, una volta all’ano, dovevano giurare obbedienza al rettore dell’Università: questo doveva essere letterato, celibe, di almeno venticinque anni e non appartenere a ordini religiosi. Nelle funzioni aveva precedenza di passo avanti ai vescovi e agli arcivescovi, eccetto quello di Bologna.
L’irrequietezza degli studenti agitò la repubblica bolognese. Talvolta gli scolari si ritirarono tutti in un’altra città, finché non si fosse acconsentito alle loro esorbitanti domande. Qualche altra volta emigravano tutti se Bologna era messa al bando dall’Imperatore, o scomunicata dal papa. Però la città che doveva agli studiosi incremento di vita e di ricchezza, cercava di allettarli con ogni sorta di favori. I professori furono esenti dal servizio militare, poi da ogni tassa. Quelli che venivano addottorati a Bologna, dovevano giurare  che non avrebbero insegnato altrove. Morte e confisca erano minacciate ai cittadini che sviassero uno scolaro da quell’Università, e così ai professori che fossero passati ad altra scuola prima che fosse scaduto l’obbligo assunto.
Alla prima neve che cadeva, gli studenti andavano alla cerca, e con quello che raccoglievano, facevano statue o ritratti ai professori più rinomati.
Il dottorato dava diritto d’insegnare; sei anni di studio si richiedevano per passare dottore in diritto canonico, otto in civile. Lo studente giurava di aver compito quel tempo, poi sosteneva un esame privato e uno pubblico. Nel privato doveva disputare sopra due tesi assegnate davanti all’arcidiacono e al collegio dei dottori. L’esame pubblico si teneva con gran pompa nella cattedrale, dove il licenziando recitava un discorso ed esponeva una tesi, contro cui gli studenti potevano argomentare. Poi l’arcivescovo, o in sua vece un dottore, pronunciava l’encomio, acclamando dottore l’esaminato al quale si davano il libro, l’anello, il berretto e le insegne dottorali.
Il corso degli studi durava dal 19 novembre al 7 settembre: e ogni giovedì era vacanza, purché nella settimana non cadesse altra festa.
(O. Pio)

Il parmigiano reggiano
Il formaggio granoso e profumato che si acquista in tutta Italia come grana o come parmigiano è prodotto in realtà in una zona assai vasta, che esula dai confini della provincia di Parma, e si estende fino a Reggio, a Modena, a Bologna. Le qualità più pregiate, tuttavia, sono quelle di Parma e di Reggio; fra queste due città si è svolta nel passato un’accesa polemica per decidere quale avesse più diritto a legare il suo nome al prezioso prodotto. La contesa è stata risolta con piena soddisfazione di ambo le parti; le forme recano infatti un doppio marchio: parmigiano-reggiano su una faccia, e reggiano-parmigiano sull’altra.
La gente però continua a chiedere imperterrita: “Mi dia un etto di parmigiano” ed altrettanto imperterrito il negoziante consegna, sotto questa etichetta universale, formaggi di Parma e di Reggio, ma più spesso di Mantova, di Lodi e di Cremona.
Secondo i competenti, il parmigiano sarebbe nato nella valle dell’Enza, che oggi funge da confine fra Parmense e Reggiano, ma il suo commercio gravitava anticamente su Parma. Parma infatti era famosa fin dall’epoca romana per la squisita qualità dei suoi formaggi; e il Boccaccio, descrivendo  il paese di Bengodi, vi colloca una montagna di formaggio parmigiano:
… c’era una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato sopra la quale stavano genti che nessuna altra cosa facevano che far maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gettavano giù: e chi più ne pigliava più ne aveva: e lì vicino scorreva un fiumiciattolo di vernaccia, della migliore, senza un solo goccio d’acqua.
La descrizione, del resto, potrebbe riferirsi per intero a Parma, dove la ghiotta cucina è sempre stata una tradizione ed un’arte.
Ancor oggi, le forme di parmigiano si fabbricano a mano: ciascuna di esse rappresenta il prodotto della coagulazione di 4-6 ettolitri di latte, e la sua stagionatura dovrebbe durare un periodo di 3 o 4 anni. In realtà, per non bloccare così a lungo ingenti capitali, la si accelera artificialmente con le stufe, riducendola ad un solo anno. Durante questo periodo, le forme sono sottoposte  ad un continuo controllo da parte di esperti che girano per i magazzini, le annusano, le battono con un piccolo martello porgendo attentamente l’orecchio, ne estraggono un assaggio con sottili trivelli. E il valore di questi depositi è talmente elevato che le banche, per garantirsi dei capitali prestati ai caseifici, effettuano anch’esse periodici controlli.
Quando la stagionatura è terminata, le forme partono per le destinazioni più varie, e compaiono sulla nostra tavola come formaggio da dessert o formaggio grattugiato.

I calanchi
Percorrendo la via Emilia che da Bologna ci porta a Rimini possiamo osservare uno strano paesaggio, che si ripete più e più volte lungo la fascia del sub-appennino. Ci troviamo davanti a franamenti del tutto particolari, a tante piccole vallette di terra nuda, che formano i noti calanchi. Qui il quadro è in prevalenza grigio, cinereo, brullo, manca perfino l’erba. La zona è pressoché impraticabile, ad ogni passo la terra si sgretola e cede, o, in caso di pioggia, si trasforma in fango tenacissimo e scivoloso. Quei pochi casolari che scorgiamo si tengono tutti sugli sproni o sui pendii più aperti, lontani il più possibile dalla minaccia delle frane e dello smottamento.
Due fattori si sono dati qui la mano per operare la trasformazione di quelli che un tempo erano dolci e verdi pendii: il terreno argilloso e le acque piovane. E’ noto che l’argilla è una roccia originata dall’ammasso di minutissimo detrito proveniente a sua volta dalla disgregazione di altre rocce; una specie di compatto fango secco, che a contatto dell’acqua si trasforma in una massa pastosa e modellabile. Essendo l’argilla un roccia impermeabile, la pioggia non va ad infilarsi in profondità ma scorre ed erode la superficie, formando nel terreno tante piccole incisioni che col tempo si approfondiscono sempre più e si allargano fino a formare gole e vallecole, una vicina all’altra, separate solo da sottili lingue di terra, che vanno sempre più assottigliandosi sino a scomparire del tutto.
Così tante colline se ne vanno, le frane si succedono alle frane, a poco a poco l’acqua di dilavamento porta alla pianura una massa di terreno fangoso, lasciando un quadro di desolazione sui pendii, erosi.
La zona dei calanchi, diventata impraticabile, improduttiva, pericolosa, crea attorno a sé il deserto, perchè tutti  la sfuggono.
Durante il nostro viaggio per l’Italia avremo modo di sostare ogni tanto davanti a rocce diverse (graniti, porfidi, calcari,…) alla fine poi si potrà riunirle in un quadro completo per avere una visione generale dei materiali che costituiscono la crosta terrestre. Ora consideriamo l’argilla, roccia diffusissima non solo in Italia, ma in tante parti del mondo.
Delle tre grandi classi in cui sono divise le rocce (sedimentarie, magmatiche, metamorfiche) l’argilla appartiene alla prima. E’ cioè una roccia che, come tante altre (marna, conglomerati, arenaria, marmo, …) ha avuto origine sul fondo del mare. Millenni e millenni or sono, i fiumi scaricarono  in mare ciottoli, sabbia e fanghiglia che si depositarono in tanti strati. Col passar del tempo questi strati si indurirono, si solidificarono fino a tramutarsi in dura roccia.
Come poi l’argilla e tutte le altre rocce sedimentarie  siano emerse dal mare sino a formare l’ossatura di colline e montagne, è una curiosità che potrete soddisfare poi. Per ora vi basti sapere che durante il tempo in cui si è formata la crosta terrestre (cioè durante le ere geologiche) sono accaduti immani sconvolgimenti: terre e mari si sono spostati, uno strato si è accavallato all’altro, terremoti e vulcani hanno agito con particolare violenza, insomma c’è stata un’incessante modifica. Del resto il mutamento continua anche oggi, benchè lentissimo e poco appariscente.
L’argilla dei nostri calanchi è dunque fango indurito, costituito da minutissimi detriti, assai più fini dei granellini di sabbia. Assume color grigio e talora giallastro o rossiccio.
Cave di argilla si trovano ovunque, perchè l’uomo ha bisogno di essa per tanti suoi lavori (laterizi, ceramiche,…). Anche voi la adoperate per tanti lavoretti che solitamente dite ‘fatti di creta’.

Curiosità su Ferrara
Perchè Porto Garibaldi ha questo nome? Quando cadde la Repubblica Romana nel 1849, Garibaldi tentò di raggiungere Venezia, braccato dagli Austriaci. In località Magnavacca, il colonnello Nino Bonnet salvò l’eroe, che stava per cadere nelle mani dei suoi acerrimi nemici. Poi, dopo la morte di Anita, avvenuta nella fattoria delle Mandiole, Garibaldi, con l’aiuto del sacerdote don Giovanni Verità, riuscì a raggiungere la Toscana e a mettersi in salvo. A ricordo del fatto, Magnavacca fu denominato Porto Garibaldi, e attualmente è una frequentata stazione balneare.
L’arte della stampa è antichissima a Ferrara e, nei secoli XV – XVI, numerosi furono i tipografi che operarono in città. Il primo fu un francese: Andrè Beaufort (nelle edizioni era impresso Andreas Belfortis Gallus) che lavorò fin dal 1471, stampando ‘De variis loquendi figuris’ di Agostino Dati.
L’Orlando Furioso fu stampato da Giovanni Mazzocchi nel 1516; la prima edizione nella stesura di 46 canti, su impressa invece nel 1532 da Francesco Rossi. Operava a Ferrara anche una stamperia ebraica, di Abraham Usque, che nel 1553 pubblicò una ‘Biblia en lengua espanola’.
La Bibbia di Borso d’Este è uno dei manoscritti più preziosi, costituito da due volumi di circa 1200 pagine complessive, finemente miniate da Taddeo Crivelli, Francesco Russi e da altri. Il lavoro di decorazione, iniziato nel 1455, durò più di sette anni. L’intera Bibbia scritta dal calligrafo milanese Pietro Paolo Marone, costò 1375 ducati. Attualmente si trova a Modena, nella biblioteca Estense, dove fu portata quando la famiglia d’Este dovette rinunciare a Ferrara.
Sotto un piccolo porticato in un cortiletto interno del Palazzo di Ludovico il Moro, si possono ammirare due imbarcazioni rinvenute nel 1948 negli scavi di Valle Isola, presso Comacchio. Sono grandi piroghe dalla linea irregolare, scavate in due massicci tronchi di rovere, che il tempo  ha scrostato e annerito, lunghe rispettivamente 14,5 metri e 12,7 metri. Il tipo di imbarcazione è assai arcaico, potendo risalire all’età del bronzo; tuttavia nel delta del Po e nella zona lagunare veneta si continuò fino all’età tardo-romana a costruire barche di questo tipo. A quest’epoca appartengono forse le nostre.
Trovandoti in gita a Cento dovresti visitare la Pinacoteca, nella quale è conservato il bell’affresco del Guercino ‘La pace’, staccato dal Palazzo Falzoni-Gallerani, dove l’artista lo dipinse. Altri affreschi, sempre del Guercino, si possono ammirare nella quattrocentesca Casa Pannini e nella Chiesa di Santa Maria del Rosario.
Non abbandonare però la città senza aver fatto una passeggiata fino a Villa Giovannina, la gemma di Cento, distante circa due chilometri. La villa, ‘palazzo cinto da muraglie, con ponte levatoio e fosse intorno’, trae il nome dal facoltoso signore Giovanni II Bentivoglio che la volle edificare, e conserva in numerose sale preziosi fregi e affreschi dell’immancabile Guercino, che raffigurano episodi dell’Orlando Furioso, della Gerusalemme e del Pastor fido.
Partendo da San Benedetto in Alpe, in circa due ore di cammino si può fare una magnifica passeggiata ai Romiti. E’ una località suggestiva, in cui si possono ammirare gli stupendi orridi detti dell’ ‘Acqua cheta’. Ai Romiti esisteva un antico monastero benedettino nel quale fu certamente ospitato Dante. Infatti, nelle immediate vicinanze vi è una cascata che ispirò al poeta i seguenti versi:
“… quel fiume ch’ha proprio cammino
prima da Monte Verso inver levante,
dalla sinistra costa d’Appennino
che si chiama Acquaqueta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,
rimbomba là sovra San Benedetto
dell’Alpe per cadere ad una scesa”. (Inferno XVI, 94-101)
Settecento anni or sono a Rimini gli abitanti erano divisi in Guelfi e Ghibellini, per cui la loro principale occupazione era quella di combattersi. Giunse allora tra i Riminesi un umile fraticello a parlare di pace e di perdono, di amore. Ma la gente covava nel cuore l’odio e non aveva voglia di ascoltarlo. Il fraticello, allora, si diresse sulle rive della Marecchia e si mise a predicare ai… pesci. Sì, proprio ai pesci, i quali accorsero numerosi e, col musetto fuori dell’acqua stettero ad ascoltarlo. La voce del prodigio si sparse nella città, e la stessa gente che prima non aveva voluto ascoltare il fraticello accorreva ora in folla a sentire la sua parola ispirata. Dimenticavo di dire che l’umile fraticello era sant’Antonio da Padova.
La cittadina di Bertinoro, fondata dai Romani, vana la fama di regina dell’ospitalità. Sulla sua piazza fa ancora bella mostra di sé la Colonna delle anelle, fatta erigere dal conte del luogo nel secolo XIII. Nel Medioevo quando il forestiero entrava in paese, legava le redini del suo cavallo ad uno degli anelli infissi nella colonna, scegliendo in tal modo il suo ospite. Ad ogni anello corrispondeva lo stemma di una famiglia nobile del luogo, che accoglieva il visitatore con generosità e onore.
Ancor oggi a Bertinoro si celebra la giornata dell’ospitalità; quindi, se giungi da lontano, puoi scegliere come un tempo il tuo ospite, prendendo a caso un invito legato con un cordone azzurro ai famosi anelli della colonna.

Curiosità su Reggio Emilia
A Reggio, fuori del Palazzo Comunale è permanentemente esposto per voto unanime del Consiglio Comunale del 29 dicembre 1922, il vessillo tricolore, sotto cui sta scritto : “Qui dove nacque, per sempre”.
Assai diffuso a Reggio Emilia e nel territorio è l’allevamento di piccioni viaggiatori (razze reggiana e triganina). L’uso di far volare i colombi da torricelle sui tetti delle case è antichissimo e se ne trova menzione sin dal XIV secolo. Varie sono qui le Società colombofile, federate in un’associazione provinciale.

Curiosità su Ravenna
Alcuni paesi nei dintorni di Ravenna hanno derivato il loro nome da alcune frasi pronunciate dall’imperatrice Galla Placidia. Si narra che durante una passeggiata a cavallo, elle giungesse accaldata in una località percorsa dal Ronco e che desiderasse bagnarsi in esso. Quando uscì ristorata dalle acque disse: “Questo luogo si chiamerà Bagnola”. E così avvenne. Arrivò poi in un altro paesetto i cui abitanti offrirono brocche di bionda albana alla sovrana. Galla Placidia  bevve avidamente e disse: “Converrebbe berti in oro!”. E il paese divenne Bertinoro. Così Bevano deve il suo nome al coro di grida al seguito di Galla: “Beviamo! Beviamo!”.
Secondo la tradizione la basilica di San Giovanni Evangelista è stata fatta innalzare da Galla Placidia per sciogliere un voto fatto durante la burrasca che la colpì in mare durante il suo viaggio da Bisanzio a Ravenna. Si dice anche che gli avvallamenti presentati dal pavimento della basilica furono voluti espressamente da Galla per ricordare la tempesta a cui era miracolosamente sfuggita.
E’ tradizione che la campana della Dolorosa, una delle campane di San Giovanni Evangelista abbia una voce dolce e triste. E’ questa la campana di Berta, figlia infelice del famoso fonditore Roberto Sassone, che si dice abbia gettato nel bronzo incandescente, pronto per la colata della campana, la grande collana d’oro lasciatale dal promesso sposo Federico Di Barbenga, assassinato alla vigilia delle nozze. Secondo altri non l’oro ma le lacrime di Berta diedero alla campana il timbro mesto e soave.
Una secolare gelosia esiste tra Brisighella e Fognano. Si narra che in una festa da ballo i cittadini di Brisighella non volevano ammettere nessuno degli odiati abitanti di Fognano e perciò ricorsero ad uno stratagemma: sulla soglia della sala da ballo c’era, per terra, quel buco che serve per fermarvi il paletto inferiore della porta; a chi si accingeva ad entrare, due Brisighellati chiedevano a bruciapelo, indicando il buco: “Che cos’è questo?”. Se l’ospite rispondeva: “L’è un bus” (dialetto del paese) lo facevano entrare; se invece, colto alla sprovvista, confessava: “L’è un boghèn” (dialetto di Fognano), “Passa fura t’se d’Fognèn!”, gli si gridava, rimandandolo scornato!

Bologna
Una torre snella, sottilissima, con un piccolo grappolo aereo di merlature. Più piccola, accanto a lei, un’altra torre, obliqua, che pare cerchi protezione nella sorella più alta, esile come uno stelo: la Garisenda, e la Torre che ha un nome che fa sorridere; la Torre degli Asinelli. Bologna rossa, dai grandi portici fulvi, color dell’estate.
(O. Vergani)

Ravenna
Forlì ti si annuncia con due altissime torri, una sormontata da una guglia, l’altra quadrata: Ferrara con un castello che pare incastrato nel terreno: Ravenna, invece, pare si voglia diluire nell’atmosfera dei tramonti sotto un cielo sterminato. Oltre viali di alberi, canali pacati e case silenziose, tu intravedi pinete senza fondo, dune già di sabbie ed ora fertili di messi, chiese d’oro e sepolcreti imperiali, quasi che tu possa scoprire sarcofaghi e diademi sotto il fango mortale delle alluvioni e dei secoli.
La città non ti viene incontro con le braccia aperte delle sue strade; ma se ne sta raccolta, come dentro la corazza della sua storia, muta, discreta, solenne quasi che la ricchezza del suo passato, l’immensità della sua gloria, l’orgoglio di tutto il suo destino l’avessero resa più superba di quanto non si convenga. Cinta di prati e di cipressi, di canali e di argini; inerte di una staticità di secoli, sbiancata dalle guerre e dalla storia; ferma in un assopimento cui una gloria senza misura dà come l’immobilità di scomparse liturgie, ma con una fisionomia così solenne e grande che non puoi fare a meno di restare attonito e colpito.
(C. Di Marzio)

Comacchio
Al di là del canale si apriva la via di Comacchio: un gran nastro che biancicava ancora, snodandosi nella tenebra purpurea; purpurea perchè la via corre fra le acque della valle o laguna, e queste erano così imbevute di sole che parevano come colorate di sangue; e in mezzo a quel rosso tragico delle acque immote, spiccava la linea nera, fastigiata nelle sue torri, della città di Comacchio. Un castello tragico! Una scena da innamorare uno scenografo! Il Dorè avrebbe invidiato quel paesaggio per i suoi fantastici disegni! L’Ariosto l’avrebbe popolato di maghi e di fate. Era semplicemente la patria delle anguille.
(A. Panzini)

Il lido dell’assolata Romagna
Da lontano, anche da molto lontano, vengono qui i bagnanti, preferendo sovente il lido dell’assolata Romagna ad altre spiagge più a portata di casa, ma non così accoglienti e ridenti. Qui si scende nell’acqua percorrendo un lievissimo piano inclinato, senza rocce pericolose e senza gorghi traditori; si arriva alla linea dove l’onda si infrange con cavalcate impetuose di spuma, e ancora si tocca, perchè la spiaggia è regolare e prudente. Nelle mattinate prive di vento il velo marino è teso e non lo sdrucisce una sbavatura. Gioia semplice ma profonda è quella di navigare coi silenziosi mosconi, correndo al largo, dove lo scenario delle colline si ingrandisce e dove è dolce fantasticare sulla celeste vaghezza di San Marino, faro senza luce per l’orientamento dei pescatori.
Sul lido sono le piccole barche ancorate, che l’acqua schiaffeggia. I paesani più vecchi, che non vanno in mare con le paranze, pescano dalla riva, attaccati alla corda della tratta: tira e tira, puntando sei o sette paia di piedi sull’umida rena, l’estremità della rete, calata in mare ad arco, si avvicina sempre più all’altro gruppo di pescatori, che s’affatica all’opposta cima. Il pesce è al centro della rete, in un’insaccatura che giungerà a terra preceduta dai guizzi furiosi della preda scintillante, accortasi che il pericolo aumenta col calare del livello dell’acqua. A cattura ultimata resta sul lido, disseminato di orme umane, qualche asteria o qualche cavalluccio marino, curiosità degli sfaccendati e delizia dei bimbi.
(G. Tibalducci)

Dettati ortografici, letture e poesie sull’Emilia ROMAGNA – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: preparativi

A volte la sera, in montagna, mio padre si preparava per gite o ascensioni. Inginocchiato a terra, ungeva le scarpe sue e dei miei fratelli con del grasso di balena; pensava che lui solo sapeva ungerle le scarpe con quel grasso. Poi si sentiva per tutta la casa un gran rumore di ferraglia: era lui che cercava i ramponi, i chiodi, le piccozze.
“Dove avete cacciato la mia piccozza?” tuonava, “Lidia! Lidia! Dove avete cacciato la mia piccozza?”
(N. Ginzburg)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: a passeggio con papà

Mio padre… mi portava ogni domenica, fin da bambino, fuori di porta.
Si andava via doli dopo mangiato, senza parlare, il babbo sapeva certe strade solitarie, deserte, fuori mano, dove si camminava adagio per ore intere e senza incontrare un’anima. Non sempre, veramente: qualche volta ci s’imbatteva in un prete, in un contadino, in una vecchia. Ci salutavano e si tirava di lungo.
Il babbo era quasi sempre sovrappensiero; io ruminavo fra me… ingenui abbozzi di idee. Ma guardavo.
(G. Papini)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: la mamma piccina
Mi rammento che, quando ero stanco di correre, andavo a sedermi davanti alla tavola del tè sul mio alto seggiolino. Era già tardi… e gli occhi mi si chiudevano dal sonno; ma non mi muovevo: restavo lì fermo e ascoltavo. Come non ascoltare? La mamma parla con alcune persone…
La guardo fisso fisso con gli occhi offuscati dal sonno e ad un tratto ella diventa piccina piccina: la sua faccia non è più grande di uno dei miei bottoni, ma la distinguo nettamente e vedo che mi guarda e mi sorride… Chiudo ancor più le palpebre, ed ella diminuisce, diminuisce…
Ma, ecco, mi sono mosso e l’incanto è rotto. Chiudo ancora gli occhi, cambio posizione, faccio di tutto per richiamare quell’immagine, ma non ci riesco…
(L. Tolstoj)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: lo zio

La piccina ordinò allo zio di sedere e gli si arrampicò sulle ginocchia. “Perchè sei venuto?” disse ella. “Non c’è mica, sai il pranzo per te”.
“Me lo farai tu il pranzo. Son venuto per stare con te”.
“Sempre?”
“Sempre.”
“Proprio sempre sempre sempre?”
“Proprio sempre sempre.”
Maria tacque pensierosa. Poi domandò: ” E che cosa mi hai portato?”
Lo zio si levò di tasca un fantoccio di gomma.
“E’ brutto questo regalo” dissuggella ricordando di altri dello zio. “E se resti qui non mi porti più niente?”
“Più niente”.
“Va’ via, zio” diss’ella.
Lo zio sorrise.
(A. Fogazzaro)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: il fratellino minore
L’ho davanti a me, piccolo, nero, vivo come un razzo. Era come una trottola: no, come un ciottolo lasciato che appena si derma, cade lungo disteso per terra. Dove arrivava si arrampicava e arrivava da per tutto. Non capisco come mai un bimbo così piccolino riuscisse a mettere l’una sull’altra tante sedie e sgabelli; ma ci riusciva, si arrampicava e appena arrivava in cima alla catasta rovinava giù con un fracasso indiavolato, che faceva accorrere spaventate tutte le donne di casa.
Cascava dalla tavola, dal letto, dai bauli, ruzzolava giù per le scale dieci volte al giorno, sì che aveva la fronte e il capo gonfi di bernoccoli.
(V. Brocchi)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: il lume dell’altra casa
Fu una sera, di domenica, al ritorno da una lunga passeggiata. Tullio Buti aveva preso in affitto quella camera da circa due mesi. La padrona di casa, signora Nini, buona vecchietta all’antica, e la figliola ormai zitellina appassita, non lo vedevano mai. Usciva ogni mattina per tempo e rincasava a sera inoltrata. Sapevano che era impiegato  al Ministero di Grazia e Giustizia; che era anche avvocato; nient’altro. La cameretta, piuttosto angusta ammobiliata modestamente, non serbava traccia dell’abitazione di lui. Pareva che di proposito, con studio, egli volesse restarvi estraneo, come in una stanza d’albergo. Aveva sì, disposto la biancheria nel cassettone, appeso qualche abito nell’armadio; ma poi, alle pareti, sugli altri mobili, nulla: né un astuccio, né un libro, né un ritratto; mai sul tavolino qualche busta lacerata; mai su qualche seggiola un capo di biancheria lasciato, un colletto, una cravatta, a dar segno che egli lì si considerava in casa sua.
(L. Pirandello)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture
Quadretti familiari: Geppetto fa il burattino Pinocchio
Dopo la bocca gli fece il mento, poi il collo, le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani.
Appena finite le mani  Geppetto sentì portarsi via la parrucca dal capo. Si voltò in su, e che cosa vide? Vide la sua parrucca gialla in mano al burattino.
“Pinocchio!… rendimi subito la mia parrucca!”
E Pinocchio, invece di rendergli la parrucca, se la mise in capo, rimanendovi sotto mezzo affogato.
A questo sgarbo insolente e derisorio, Geppetto si fece triste e melanconico, come non era stato mai in vita sua: e voltandosi verso Pinocchio gli disse: “Birba d’un figliolo! Non sei ancora finito di fare e già cominci di mancar di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male!”
E si asciugò una lacrima.
(C. Collodi)

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Composizione del nucleo familiare

Come ti chiami?
Come si chiama il tuo papà?
E la tua mamma?
Hai fratelli e sorelle? Quanti? Qual è il loro nome?
Ci sono altri parenti che vivono con te? Chi sono? Come si chiamano?

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Aspetto dei familiari

Osserva bene ciascuna persona della tua famiglia; com’è?
Che statura ha? (Alta, bassa, normale)
Com’è la sua corporatura? (Robusta, normale, sottile)
Di che colore sono i suoi capelli? Come sono? (Ricci, ondulati, lisci)
E i suoi occhi quale colore hanno?
Com’è la sua voce?
Osserva ognuno dei tuoi familiari quando mangia, quando parla, quando ascolta, quando legge, quando scrive, quando riposa: ha qualche speciale abitudine? Compie qualche gesto caratteristico? Quale?
Quali sono i membri della tua famiglia che si assomigliano di più? In che cosa si assomigliano?

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Storia della famiglia

In che anno è nato ciascun membro della tua famiglia?
C’è qualcuno tra i tuoi zii o zie paterni e materni che sia sposato? Ha figli? Quanti? Conosci il nome di tutti i tuoi cugini?
Quali sono i parenti che vengono più spesso a farti visita? Sei contento quando vengono da te? Tu vai spesso a trovarli? Se stai molto tempo senza vederli, sei contento quando vai da loro o essi vengono da te? Che fai quando sei in loro compagnia? Quali sono i tuoi parenti per i quali provi più simpatia?

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Affetti familiari

Vi sono momenti della giornata in cui la tua famiglia si trova tutta riunita? Quando? Quale di questi momenti è quello che tu preferisci? Sei contento quando i tuoi familiari sono riuniti intorno a te? Se qualcuno di loro è assente, ti dispiace?
I tuoi familiari sono sempre contenti di ciò che tu fai?
Nella tua famiglia si usa ricordare gli onomastici e i  compleanni dei vari membri? In che modo? Hai mai avuto occasione di fare dei doni ai tuoi genitori o ai tuoi fratelli? Come li hanno accolti? E tu, ne ricevi spesso di doni? In quali occasioni? Sei più contento quando li ricevi, i doni, o quando li fai?

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Il lavoro dei familiari

Quanti sono i tuoi familiari che lavorano? Quali sono? Quale lavoro svolge ognuno di essi?
A che ora cominciano il lavoro? A che ora finiscono? Per recarsi al lavoro indossano un tenuta da lavoro? Com’è?
Dove lavorano? Il luogo dove lavorano è vicino a casa o è lontano? Di quale mezzo si servono per recarvisi?
Cosa fanno quando tornano dal lavoro? Sono stanchi? Tu fai qualcosa per aiutarli? Che cosa?
Hai mai osservato quanti lavori compiono in casa nel corso di una giornata? Prova ad elencarli.
Avanza loro molto tempo per riposare? Sono stanchi, quando è sera? Tu li aiuti nel corso della giornata? In che modo? Quando ti chiedono di aiutarli lo fai volentieri oppure ti fai pregare per accontentarli?
Qual è il lavoro dei tuoi zii? Hai anche dei cugini che lavorano? Qual è il loro lavoro?
Perchè lavorano il tuo papà, la tua mamma, i tuoi fratelli? A che serve il loro guadagno? Anche tu dovrai andare a lavorare da grande? Quale lavoro ti piacerebbe fare? Perchè?
Anche ora che sei un bambini, hai dei lavori da svolgere? Quali? Qual è il lavoro di un bambino che va a scuola? E’ importante farlo bene, questo lavoro? Perchè?

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La mia famiglia

La mia è una famiglia felice perchè rispetta il prossimo, non guarda mai nella cassetta delle lettere degli altri, e prima di stendere la biancheria, avverte sempre i vicini del piano di sotto. In casa si dice che bisogna avere rispetto degli altri, perchè le famiglie sono come delle tessere di un grande mosaico, che rappresenta l’umanità. Se una tessera è guasta oppure stonata, si vede subito, e allora bisognerebbe cambiarla. E per essere delle famiglie per bene, ci vuole il rispetto reciproco dei genitori, l’obbedienza dei figli e la carità verso i vecchi, che sono un poco come i bambini. Nella mia famiglia ci sono tutte queste cose, ed esistevano già quando io non c’ero ancora e i miei genitori erano giovani e non avevano figli. Il mio papà dice sempre: “Una famiglia onesta e dignitosa fa la stessa figura di uno stato potente e ben organizzato; perchè uno stato potente e organizzato non è altro che la somma di tante famiglie come la nostra”.
Siamo proprio una famiglia felice: cinque persone che si vogliono tutto il bene del mondo: papà, mamma, io, la nonna di ottant’anni che sferruzza ancora tutto il giorno senza portare gli occhiali, e quel frugoletto di Paolino che ha appena quattro anni e combina già tante marachelle. I capi della ‘tribù’ (una parola che piace tanto alla mamma) sono il papà e la mamma. Il papà va in Municipio per le pratiche, in Farmacia per le medicine, e quando fa il turno di notte (lavora in una fabbrica di automobili), impiega tutta la mattina a far la spesa al mercato. La mia cara mamma ha folti capelli annodati sulla nuca e due fossette sulle guance. E’ alta, ben piantata (non ha timore di ingrassare); è proprio una bella mamma. La nonna invece, con un dente solo e tutti i capelli bianchi, è minuta come una bambola, e certe volte sembra proprio che i vestiti camminino da soli.  Non sente più niente, neanche se le bombardassi le orecchie con un megafono. Sorride sempre, mostrando il dente, e sferruzza: calze, magliette, per me, per il babbo, per Paolino. Ride, non sente e sferruzza: la sua giornata è quella. “Sia benedetta quella donna” dice sempre il babbo, “portatele rispetto. Se non ci fosse stata lei, non ci sarei io, e non ci sareste neppure voi”.
L’ultimo in graduatoria è Paolino: quattro anni, l’argento vivo addosso, dei dentini che se ti mordono lasciano il segno blu per dieci minuti, e una cascata di perchè. Perchè questo, perchè quello.
La mia famiglia è arrivata due anni fa dal sud. Prima abitavamo fuori città in una casupola che era servita da stalla per le mucche. Ci ridevano sempre dietro, perchè il babbo non parlava l’italiano. Adesso siamo in città, e la nostra casa è un alloggetto all’ultimo piano di un grattacielo. Alcuni la chiamano soffitta, ma invece è un tale paradiso di sole, che sembra di essere ancora a Sorrento. Non paghiamo l’affitto  perchè la mamma se lo guadagna pulendo le scale di tutta la casa. Uno scalino, due scalini, trecento scalini; e tutte le porte con la targa di ottone e uno spioncino che serve agli inquilini per vedere chi preme il campanello. Affitto gratuito, dunque, e molti regali a Natale.
Il babbo lavora in fabbrica, una settimana di notte, l’altra settimana tra mattina e pomeriggio. Quando fa il turno di notte, la giornata è più serena perchè a pranzo di siamo tutti. Le altre volte io mi siedo al suo posto.
Adesso che ci siamo ambientati (quanta fatica in principio, specie d’inverno, senza cappotto e col mio dialetto che non lo capiva nessuno…) la vita è proprio bella. Ridiamo sempre, specie se ci siamo tutti, e talvolta vengono dei signori del palazzo a trovarci perchè dicono che “si respira aria pura, come ai tempi d’una volta”.
E’ proprio vero. Papà e mamma,  sono sempre stanchi, ma sorridono. Paolino è un incosciente che si mordicchia il pollice tutto il giorno, dandoci una montagna di soddisfazioni. A poco a poco la nostalgia del nostro cielo e del nostro mare ci sta lasciando. Anche qui è molto bello, nonostante le ciminiere che mandano fumo.
Dimenticavo una cosa molto importante; da quando è nato Paolino, c’è una signora che non vuole rivelare il suo nome, la quale tutti i mesi consegna una busta di soldi alla mamma. E’ una benefattrice, e quel denaro cade proprio al punto giusto. Paolino non lo capisce ancora, ma quando sarà più alto, avrà tutti i suoi buoni motivi per ringraziare la provvidenza. Per intanto, tutte le volte che arriva la busta, gli regaliamo un confetto speciale ed egli se lo conficca tutto in bocca per grande che sia. Il babbo se lo guarda per delle ore, ripetendo fino alla noia: “Tutto suo nonno, guarda, mamma, come gli somiglia; tutto suo nonno. Se fosse ancora vivo, sarebbe ancora più bello…”. Poi afferra Paolino tra le braccia, se lo stringe a lungo e mormora fra sè: “Contentiamoci, contentiamoci… siamo fortunati”.
(M. Fracchia)

LA FAMIGLIA dettati ortografici e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici e letture sul VENETO

Dettati ortografici e letture sul VENETO
Veneto: cartina fisica
Confini: Mar Adriatico, Friuli Venezia Giulia, Austria, Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna
Lagune: Laguna Veneta, Laguna di Caorle
Monti: Alpi Orientali (Dolomitiche e Carniche); cime più alte: Civetta, Marmolada, Le Tofane, Cristallo, Cime di Lavaredo, Sorapis, Antelao. Prealpi Venete (Monti Lessini, Altopiano di Asiago, Prealpi Bellunesi); cime più alte: Monte Baldo, Cima Carega, Monte Grappa
Valli: Alta Valle del Piace, d’Auronzo, del Cordevole
Valichi: Pordoi, Falzarego, Monte Croce di Comelico, Mauria
Colline: Montello, Monti Berici, Colli Euganei
Pianure: Veneta, Polesine
Fiumi: Po col suo affluente Mincio, Tartaro, Adige, Brenta col suo affluente Bacchiglione, Sile, Piave con i suoi affluenti Boite e Cordevole, Livenza, Tagliamento
Canali: Adigetto, Bianco
Laghi: di Garda, di Santa Croce, di Misurina, di Alleghe
Isole: di Murano, di Burano

Dettati ortografici e letture sul VENETO
Osserviamo la cartina

Il Veneto è così chiamato dagli antichi popoli che lo abitarono: gli Euganei prima, i Veneti poi. E’ protetta al nord dalle Dolomiti e dalle Prealpi Venete che degradano dolcemente, con valli pittoresche, fino alla pianura; questa si affaccia sull’Adriatico con una zona litoranea a costa bassa, sparsa di lagune.
Solcata dai fiumi Adige, Brenta e Piave, la regione è ricca di acque; la terra è fertilissima. Appartiene al Veneto anche la riva sinistra del Lago di Garda.
Per la particolare feracità del suolo, il Veneto ha nell’agricoltura una grande fonte di ricchezza. Sui monti, i boschi danno ottimo e abbondante legname, e gli estesi pascoli permettono l’allevamento di bovini ed ovini.
Sulle colline si coltivano gli alberi da frutto e la vite, che produce i noti vini di Valpolicella, di Bardolino e di Soave.
Nella pianura si coltivano frumento, granoturco, barbabietole da zucchero e tabacco.
In provincia di Verona è curato l’allevamento dei cavalli.
Notevole è la pesca delle anguille nelle lagune; esercitata con profitto è anche la piscicoltura.

Dettati ortografici e letture sul VENETO
Sguardo d’insieme

Il Veneto era anche chiamato Venezia Euganea, nome derivato dai Colli Euganei che sorgono nel mezzo della pianura, presso Padova, e che anticamente erano vulcani.
Vulcani in questa pianura solcata in ogni senso da fiumi, da canali e da navigli più che qualunque altra parte d’Italia? Se era fondo di mare e col mare lotta ancora!
Sì, vulcani! E dovevano offrire un interessante spettacolo quelle isolette, ora colline, quando fiammeggiavano e rumoreggiavano sull’acqua.
Ora sui Colli Euganei ridono le vigne. Tutto intorno mareggiano non più i flutti salati, ma le messi biondeggianti del grano, del granoturco, o col variare delle stagioni, verdeggiano le praterie i gelseti e le canapine; oppure spiccano bruni i campi arati per la semina dell’orzo, dell’avena, della segale, del tabacco.
E quegli specchi d’acqua che brillano?
Sono le risaie.
E quelle chiazze rosee, là in quei boschi di alberi bassi e regolari, specialmente intorno a Verona?
Sembrano boschi di lillipuziani, e sono pescheti…
Verona è anche un centro agricolo di notevole importanza e ogni anno vi si tiene una fiera di cavalli che attira visitatori da tutta Italia e da fuori.
Le montagne del Cadore sono rivestite di oscure selve di abeti.
Sulla Laguna e sul mare aperto si slanciano i bragozzi a vele spiegate. Pescano migliaia di quintali di pesce l’anno, e hanno marinai che per settimane intere sanno resistere ai venti ed ai marosi fra le scogliere dell’Istria e della Dalmazia.
Centro della vita veneziana è Piazza San Marco, vasta sala marmorea, che ha per tetto il cielo, palpitante delle ali dei suoi innumerevoli colombi.

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L’alta pianura veneta
L’alta pianura veneta comincia già verso i 50 metri sul mare e sale dolcemente incontro ai colli subalpini. In certi tratti si restringe molto o quasi scompare (come al piede dei Lessini). Vi scorrono alcuni fiumi e torrenti che vengono dalla montagna. Da questi corsi d’acqua è stato diramato qualche canale e così il paesaggio della campagna ci offre anche prati da foraggio irrigati.
Lo sguardo si posa dovunque su una campagna tutta coltivata e ripartita in modo assai regolare da allineamenti di gelsi e talora d’alberi da frutto, e più ancora da alberi cui maritano le viti, e da filari meno vistosi di viti appoggiate a sostegni morti. Alternano nei campi le diverse gradazioni di verde del grano e del granoturco, dei fagioli e delle leguminose foraggere, e anche spiccano qua e là, nei campi della parte veronese e vicentina, le ampie foglie del tabacco.

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La bassa pianura veneta

Dalle vicinanze dell’Adige fin oltre il Piave, la bassa pianura veneta offre dovunque la vista di campagne ridenti e fittamente abitate. Alternano nei campi il frumento, il granoturco, la barbabietola, i fieni. Le alberature a filari dividono a riquadri il terreno, e la vite diffusissima appoggia i suoi festoni a olmi, aceri, pioppi, salici.
La presenza e la proporzione delle diverse colture variano anche secondo la fertilità del suolo, mentre le richieste del mercato hanno incoraggiato qua e là le colture orticole e più ancora l’impianto di frutteti, i quali offrono uno spettacolo magnifico specie all’epoca della fioritura.
Le abitazioni rurali sparse sono molto numerose: case in genere modeste, spesso tinteggiate di colori rosati. Spiccano qua e là alcune boarie, complessi di edifici staccati e disposti a corte più o meno aperta, con vistosità della stalla e dei grandi fienili, in quanto corrispondono a vaste aziende cerealicolo-zootecniche. Oppure fan bella mostra di sé vile signorili, spesso di singolare grazia.

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I colli Euganei

Il nome ufficiale della regione è ‘Veneto’, ma un tempo non molto lontano essa era chiamata col nome di Venezia Euganea derivato dai colli Euganei che sorgono nel mezzo della pianura, presso Padova, e che anticamente erano vulcani.
“Vulcani i colli Euganei!” direte voi, “I vulcani in questa pianura solcata in ogni senso da fiumi, da navigli e da canali più che qualunque parte d’Italia? Ma se conserva ancora, si può dire, le tracce di quando era fondo di mare, e col mare lotta ancora e quasi si confonde nelle estreme lagune!”.
Sì, i vulcani! E dovevano offrire uno spettacolo interessante quelle isolette, ora colline, quando fiammeggiavano e rumoreggiavano sull’acqua.
Ora sui colli Euganei ci sono le vigne. Tutto intorno ondeggiano non più le acque salate, ma le messi del grano e del granoturco o, col variare delle stagioni, verdeggiano le praterie, oppure spiccano bruni i campi arati per la semina dell’orzo, dell’avena, della segale, del tabacco.

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Paesaggio lagunare

Attraverso i secoli la vita delle lagune ha trovato le sue basi nell’attività peschereccia, marinara e mercantile.
La pesca offre tuttora aspetti caratteristici mentre non manca l’attività agricola sugli antichi cordoni sabbiosi dei delta, sui lidi, in alcune isole: molto concentrata, ma anche molto caratteristica, perchè intensiva e fondata essenzialmente sula vite e sugli ortaggi.
Ne sorgono così piccoli lembi di uno speciale paesaggio orticolo rappresentato in modo tipico e più estesamente intorno a Chioggia e a sud fino all’Adige, su vecchie dune spianate dall’uomo e diventate fertili con l’assiduo lavoro e le abbondanti concimazioni. Aiuole strette e lunghe, dense di ortaggi e di patate primaticce, e anche di viti, si susseguono l’una all’altra.
Una nota speciale vi portano i cannicci che in certe stagioni si stendono su sostegni inclinati, a protezione dal vento marino e dal freddo.

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Adige, re dei fiumi

Adige, re dei fiumi“: così Adriano Valerini, autore veronese del ‘500, innamorato della sua città e della sua terra, chiama il grande fiume, precisando però, che qui ci sono altre… somme autorità: “Benaco, imperador de i laghi, il Carpione, monarca de i pesci“.
Certo, il grande fiume dalle sorgenti tanto lontane, dal percorso mutevole e dalle impennate tanto furiose, ha accentrato su di sé, di volta in volta, l’attenzione, le cure, le apprensioni, la paura della terra e degli uomini di cui, in fondo, è quasi sempre il benefattore, a volte il tiranno.
Lo si vede giungere già formidabile alle Chiuse, dopo essersi impossessato di tante acque altoatesine e trentine, e arricchirsi di tutti i corsi d’acqua che scendono dai Lessini e che non hanno né tempo né spazio sufficienti per divenire fiumi. Per contenere le improvvise piene primaverili sono stati costruiti, ampliati, rinnovati, argini degni del ricordo di Dante, ma nemmeno questi, a volte, nel corso delle cento e cento inondazioni, hanno resistito. Anche Verona sa cosa significhi una piena rapida e violenta, allorché le acque, che sanno ancora di neve e di ghiaccio, urgono contro i Lungadige e dilagano verso la campagna tumultuando entro gli argini pensili e i grandi canali di deflusso.
Il fiume attraversa la città di Verona con andamento sinuoso, carezzevole, ricorda un poco il Canalazzo veneziano, quindi dopo un angolo retto sembra voler accettare la sorte di tanti altri fiumi e piega verso il Po; ma dopo Legnago, l’Adige ci ripensa, si riprende, punta energicamente verso oriente e raggiunge con una foce sue il mare.

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L’Adige non fa più paura

Da Verona in poi l’Adige è pensile e scorre fra potenti argini. Prima che gli argini venissero costruiti rappresentava un grosso pericolo per le fertili campagne che lo fiancheggiavano perchè, nei periodi di piena, gli argini denunciano infiltrazioni d’acqua che ne minacciavano seriamente la consistenza. Oggi, invece, nessuno più lo teme, perchè finalmente è stato portato a termine il canale Adige-Garda che consente di convogliare al lago le acque di esubero prima che il fiume trabocchi in pianura. Lo chiamiamo canale, ma in realtà è una galleria lunga 10 chilometri, alta 9 metri e larga 8, tutta scavata nella roccia, che parte nei pressi di Mori, a nord di Verona, e raggiunge Torbole, sulla riva orientale del Garda, dopo aver attraversato il Monte Faè.
Il vecchio Adige è diventato il più tranquillo dei fiumi e delle sue piene si sta perdendo anche il ricordo.

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Il monte Grappa

Spostiamoci ora rapidamente nel settore nord-orientale della provincia e, oltrepassata Bassano col suo celebre Ponte degli Alpini, imbocchiamo la strada che si inerpica sui brulli costoni del monte Grappa, caro alla memoria e immortalato da una canzone popolare. Per i pendii del Col d’Averto e del Col Campeggia si giunge al Campo di Solagna, la cui terrazza è strapiombante sulla profonda valle del Brenta.
Più su, a Ponte san Lorenzo, oltrepassiamo il punto della massima avanzata austriaca del 15 giugno 1918 e pieghiamo sul fianco meridionale del monte Asolone (m 1520) per risalire, tra un paesaggio carsico di impressionante squallore, fin verso i 1700 metri, dove comincia la ‘zona sacra’.
La vetta del Grappa è a 1776 metri, ma non si offre più, alla sommità, la vista delle rocce martoriate e sbriciolate dai cannoni. Oggi il vertice del monte è segnato da un’immensa gradinata che rappresenta il cimitero-ossario, sovrastato dalla Madonnina benedicente. L’occhio qui spazia sui luoghi che videro la morte di tanti combattenti e non soltanto della guerra del 1915-18. Anche durante la guerra partigiana, dal 1943 al 1945, il Grappa fu teatro di intensi rastrellamenti e di feroci rappresaglie da parte dei Nazisti e, a Bassano, il viale dei Martiri ricorda il sacrificio dei Partigiani catturati sul Grappa mentre combattevano per la libertà.

Un’alluvione del Po
Il Polesine è una terra tristemente famosa per le alluvioni del Po. Quando il fiume entra in piena per il disgelo delle nevi o per le continue piogge, le popolazioni che vivono lungo il suo corso, specie quelle prossime al delta, sono di continuo in stato di allarme. Attaccate alla loro casa, alla stalla, alla terra, guardano tra la paura e la speranza il fiume che ingrossa livido. Squadre di vigilanza vanno e vengono lungo gli argini, se ne rinforzano i tratti che sembrano più minacciati e che presentano infiltrazioni d’acqua, si approntano i mezzi di soccorso. Ma non si può prevedere né dove né quando la furia delle acque si scatenerà. L’alluvione irrompe improvvisa, in direzioni imprevedibili, dilagando nella pianura, abbattendo e distruggendo ogni cosa, tagliando la via della fuga.
E’ quanto avvenne il mezzogiorno del 15 novembre 1951, quando il Polesine fu sconvolto da una delle più tragiche alluvioni che si ricordino. Il Po ruppe gli argini nell’ansa di Pontelagoscuro, nei pressi di Ferrara, e per tre falle invase l’Alto Polesine giungendo in due giorni alle soglie di Rovigo, dirigendosi improvvisamente verso Adria, investendo Cavarzere, compiendo in cinque giorni un’avanzata di circa 60 chilometri! Le statistiche del disastro riportarono cifre impressionanti. Ma anche al dinamica dell’alluvione fu studiata in tutti i particolari. Se ne ricavarono dati che consentirono di imbrigliare le acque del fiume con opere di protezione che garantiscono un maggior margine di sicurezza.

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L’agricoltura

In Veneto l’agricoltura riveste una grande importanza. La pianura non è così fertile come quella lombarda, emiliana, piemontese. Molto elevata è la produzione di grano e di granoturco.
Nelle zone collinari e in alcuni tratti della pianura è importante la coltura della vite, da cui si ricavano vini famosi (Bardolino, Soave, Valpolicella, Prosecco).
Appena inferiore a quello lombardo è l’allevamento dei bovini; superiore è l’allevamento del pollame e la produzione delle uova.

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Il vino di Verona

La vite si coltiva in Italia da tempi antichissimi. Il disordine che portò la fine dell’Impero romano, aveva tra l’altro danneggiato grandemente anche la coltivazione di questa pianta.
Venne ripresa per impulso del Cristianesimo.
Religiosi di ogni ordine si fecero viticoltori, per la necessità di produrre il vino occorrente per la Messa.
Molti vigneti anche famosi non solo in Italia, ma anche in Francia e in Germania, furono opera di monaci Benedettini e Cistercensi.
Anche ai Barbari, che un tempo invasero la nostra terra, piaceva molto il vino. Esiste un documento storico che lo prova. Si tratta di una lettera di Cassiodoro, ministro di Teodorico, scritta all’ambasciatore a Venezia. Scrive Cassiodoro che la cantina del suo re ha bisogno di essere rifornita di vino. Ordina all’ambasciatore di acquistarne di quello prodotto nel Veronese che è il solo degno della mensa reale.
Questo documento è anche una testimonianza dell’antica fama che gode anche adesso il vino prodotto in provincia di Verona e precisamente il Valpolicella.

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Tokai e Tocai

La vite è la pianta più lieta di quella lieta regione che è il Veneto. Ed è anche intraprendente e tenace; una vera pianta veneta, insomma che si arrampica sulle montagne e sulle colline, si stende tra le coltivazioni di tutta la pianura, e dilaga nella nostra provincia, fino al mare, fino alle dune e agli arbusti scapigliati di Jesolo, di Eraclea, fino agli orti sistemati tra i cordoni dunali di Chioggia e di Sottomarina. Dove un pezzo di terra, anche piccolo così, viene bonificato, lì un vitigno arriva e attecchisce, e poi ne escono certi vini… Ogni zona, si può dire, ha un suo vino i suoi maestri del vino, perchè ancor oggi, un bicchiere di Tocai bello, buono, schietto, ancor oggi è una laboriosa opera d’arte.
“Tokai o Tocai?”, domandiamo al signor Piero, un maestro della vite, che dai suoi vigneti di Lison, un paesino piccolo così, vicino a Portogruaro, produce un Tocai malandrino, dall’apparenza innocua, dall’invitante color paglierino (solo Lison lo produce di questo colore) che ti rivela di colpo, alle orecchie e alle ginocchia, quando ormai è troppo tardi, la gradazione… pericolosa a cui può giungere!
“Tocai! Tocai!” garantisce il sior Piero, “Vino tutto nostro, che nulla ha a che vedere col vino ungherese. Forse, chissà quando, lo abbiamo mandato noi Veneti lassù!. Mentre il Tokai ungherese è dato da una combinazione di uve diverse, il nostro deriva da un vitigno solo, ma selezionatissimo: ci vuole il nostro sole, la nostra terra argillosa, che sembra povera, ci vuole la nostra cura per tutto l’anno, dalla preparazione del terreno al dosaggio dei pampini perchè il sole non sia troppo violento, e anche le nostre paure quando c’è in giro minacciosa e maligna… la ‘mare de san Piero’ in estate, che a volte, con una grandinata radente, ti lascia lì, a scherno, solo i mozziconi dei vitigni, affioranti dal suolo tra mucchi di foglie e di grappoli maciullati. E allora è una desolazione. Ma speriamo bene, stavolta, per me e per tutti perchè è così bello il raccolto!”.
E sior Piero si allontana tra le pergole perfette dalle quali pende l’ambra preziosa dei grappoli che presto diverranno raccolto.

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Le province

Capoluogo del Veneto è Venezia, una delle più belle e singolari città del mondo. E’ costruita al centro della Laguna du 118 isolette congiunte da più di 400 ponti. Dei suoi 160 canali, il più famoso è il Canal Grande, arteria principale della città, in cui si specchiano stupendi palazzi marmorei. Meta di turisti di ogni Paese, ha monumenti di incomparabile splendore: la Basilica di San Marco con la sua fantastica piazza, il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri, la Ca’ d’Oro, la Torre dell’Orologio, il Ponte di Rialto. La città è sede di importanti manifestazioni artistiche. Nei suoi limiti amministrativi rientrano Porto Marghera, centro di numerose industrie, e Mestre, importantissimo nodo di comunicazioni, cui è collegata da un ponte stradale e uno ferroviario. Notissimi sono i suoi sobborghi lagunari di Murano, di Burano, di Torcello e del Lido.
Rovigo è il capoluogo del Polesine, una regione compresa tra il Po e l’Adige, fertile ma purtroppo soggetta a inondazioni.
Verona sorge sull’Adige. E’ un importante nodo stradale e ferroviario, un grande mercato agricolo e la sede di notevoli industrie. Monumenti pregevoli sono: l’Arena, il Duomo, la Basilica di San Zeno, il Castel Vecchio con il magnifico Ponte sull’Adige, le Tombe degli Scaligeri.
Vicenza è detta la ‘città del Palladio’ in onore del celebre architetto Andrea Palladio che vi lasciò splendidi capolavori, tra cui il Teatro Olimpico, la Basilica, il Santuario di Monte Berico, la Rotonda.
Padova sorge nel cuore della pianura. E’ una città attiva, sede di notevoli industrie. E’ famosa per la sua antica Università e per i suo i pregevolissimi monumenti, quali la Basilica si Sant’Antonio, la statua equestre di Gattamelata, la Cappella degli Scrovegni, il Palazzo della Ragione.
Treviso è importante centro agricolo e commerciale. Tra i suoi monumenti sono degni di nota: il Duomo, il Palazzo dei Trecento, le chiese di San Francesco e di San Nicolò.
Belluno è una graziosa città che conserva bei monumenti: il Duomo, il Palazzo dei Rettori, la Chiesa di Santo Stefano.

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A zonzo per canali e lagune

Ritrovandomi a passare per Chioggia, un po’ per amor del pittoresco e un po’ perchè quelli son posti dove nessuno va di solito, ho voluto recarmi a Pellestrina e a San Piero in Volta, due località di pochi abitanti situate lungo la diga meridionale del sistema lagunare veneziano, quasi sospese tra acqua e cielo, a circa venti chilometri da Venezia e a una decina da Chioggia. Pellestrina si presenta bene a chi vi arriva in vaporetto. Una fila di casucce strette e rossastre, scrostate dalla salsedine, separate tra loro da calli e da piazzette, si specchia malinconicamente nell’acqua del canale come un vecchio sogno perduto.
Davanti passano continuamente, durante la giornata, oltre che i vaporetti che fan la spola da Venezia a Chioggia, i numerosi bragozzi e velieri che vi trasportano merci d’ogni genere dal fertile Polesine; e sono spesso lungi convogli e motovelieri di forte stazzatura. Il borgo si direbbe che abbia concentrato ogni sua risorsa nella coltivazione di alcuni orti situati tra il paese e la poderosa diga che lo difende dal mare. Questa diga che, qua e là interrotta, corre da Sottomarina fino al golfo di Malamocco e difende la laguna dagli assalti del mare aperto, dandole sicurezza e facilità di trasporti, è detta popolarmente ‘I Murazzi’, ed è una celebre opera costruttiva che non sarà mai abbastanza lodata e ammirata. Fu l’ultima grande creazione della Repubblica Veneta. E’ una grossa muraglia di massi d’Istria cementati con pozzolana; costo venti milioni di lire venete ed è lunga quattromila e ventisette metri.
Stando a Chioggia, nulla è più divertente che osservare la vita tacita e irrequieta che si agita sulla laguna. La quale è di continuo solcata da trasporti; vapori e pescherecci d’ogni genere, che con lo splendore delle grandi vele rossastre e istoriate sembrano tuttavia volerle serbare l’antica patetica bellezza.
(C. Linati)

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Il Po e Padova

Quando il Po, l’antico Padus, attraversava la pianura con corso molto variabile, gran parte del territorio che oggi costituisce la provincia di Padova, era occupato da acquitrini e paludi. Passarono i secoli e le acque si scavarono un letto definitivo, lasciando allo scoperto, nel loro ritirarsi, vasti lembi di terra. Appunto su uno di questi sorse Padova, che dal fiume prese il nome di Padua, latinizzato poi in Patavium. Questa, secondo l’opinione di alcuni storici accreditati, l’origine del nome Padova, che altri vorrebbero far derivare da una corruzione di ‘palus’, cioè palude.
Certo la zona doveva essere il regno delle acque, ora limpide e tranquille, ora fangose e turbolente, ora perfidamente malariche. Oggi di esse non resta che il Bacchiglione, il fiume che attraversa la città.

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Le stagioni di Verona

Due volte l’anno Verona, scuotendosi di dosso la sua bonaria e secolare indolenza, sembra quasi miracolosamente trovare il ritmo febbrile di una grande città.
La prima stagione veronese si apre con la Fiera Internazionale.
Col maturare dell’estate e del caldo, ecco la seconda grande stagione di Verona: l’Arena e gli Spettacoli Lirici. E’ questo il tempo in cui diventano familiari i nomi dei grandi musicisti (Verdi, Rossini, Puccini, Wagner), i titoli degli immortali melodrammi (Aida, Turandot, Bohème, Lohengrin), le voci e i volti dei celebri cantanti. E’ anche il tempo in cui ogni buon veronese rispolvera il suo riposto bagaglio di motivi, di ariette e di romanze o sciorina insospettate doti di critico musicale. Tra luglio e agosto, quasi ogni sera, l’Arena di Verona raduna sulle secolari gradinate migliaia di spettatori italiani e stranieri, fraternamente congiungendoli nell’incanto delle melodie e nell’amore per la musica.
Da qualche anno poi, accanto agli spettacoli lirici, Verona offre anche un ciclo di rappresentazioni teatrali. Teatro shakespeariano, naturalmente, perchè Shakespeare, grazie all’immortale favola di Giulietta e Romeo, di Verona è un po’ figlio adottivo. Alla bellezza dei suoi drammi niente sembra tanto convenire quanto la suggestiva cornice del Teatro Romano o di Piazza dei  Signori o di Castel Vecchio.
Così nel nome del lavoro e dell’arte, Verona vive con impegno e con entusiasmo i suoi giorni più belli e più internazionali: è dunque giusto che essa torni finalmente a sdraiarsi, con la grazia di una vecchia signora, lungo le anse armoniose del suo verde Adige.
(R. Bresciani)

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I libri ammalati guariscono a Praglia

A Praglia, nella monumentale abbazia benedettina, in una gran sala del Cinquecento, dotata ora di moderne scaffalature, e nel vecchio archivio al piano superiore, sono custoditi cinquantamila volumi, in varie lingue.
La millenaria tradizione benedettina d’amore per il libro è stata riconfermata, qui, con un’importante iniziativa, rapidamente conosciuta ed apprezzata negli ambienti internazionali qualificati. In un’ala del monastero è stato costruito un moderno istituto con laboratorio scientifico per il restauro del libro.
Quando arriva un malato, spiega un esperto monaco, la degenza è piuttosto lunga, in quanto il ricoverato, dopo la compilazione della cartella clinica, deve passare quasi sempre nei diversi reparti. Accertate le condizioni del libro, la sezione chimica procede alla diagnosi delle cause, che deve essere esatta per stabilire la cura appropriata.
Spesso, nei libri, e in particolare nelle pergamene, si osservano manifestazioni patologiche di natura microbica, e cioè prodotte da microorganismi che danneggiano, oltre alla scrittura, la consistenza stessa della materia. Si ricorre allora a reagenti chimici, a disinfezione in vasche speciali, in bagni di soluzioni a base di cloro o di altre sostanze adatte.
Si procede poi al restauro definitivo (lavaggio, rinforzo delle fibre con bagni rigeneratori, stiratura) e alla rilegatura. Un lavoro meticoloso, di lunga durata, che tende soprattutto alla bonifica della materia con assoluto rispetto dell’integrità dei vari elementi che compongono i libri.
Oltre un migliaio di opere, codici, incunaboli, libri rari, stampe, antiche carte geografiche e mappamondi, sono state perfettamente restaurate finora nell’istituto, che lavora attivamente per molte biblioteche pubbliche e di stato.
(U. Maraldi)

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I Veneti: sorrisi e parole

Vivono in un paese di pianura verde e rosa, e sono il più sorridente fra tutti i popoli italiani. Parlano sorridendo e mescolando il riso alle parole. Traggono un immenso piacere dal pianto, ma anche le loro lacrime sono mescolate al sorriso.  Parlano molto e senza sforzo, senza fatica. E io non penso che parlino molto perchè sono ciarlieri, ma perchè han la bocca grande e piena di parole e non san che farsene di tante parole e le spendono.
Parlano, uomini e donne, guardandoti in viso e sorridendo: e ti guardano negli occhi, con una curiosità singolare, come se si guardassero nello specchio, e intanto si toccano il viso come per essere sicuri che il viso che vedono sei tuoi occhi è il loro, non quello di un altro. Son buoni i veneti e se hanno qualcosa in loro della naturale malvagità umana, lo sfogano non in cose e fatti e detti e parole malvagie, ma in ‘ciacole’, in chiacchiere, in pettegolezzi.  E’ il paese della gentilezza, il paese sorridente, il solo paese in Italia che sa sorridere fra le lacrime.
(Curzio Malaparte)

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Mercato a Chioggia

Le banchine son ben provviste e offrono uno spettacolo di animazione vivissima. I venditori schierati lungo il vasto terrazzo urlano allegri la loro merce, tra i viavai della gente.
Cumuli di sfoglie, che hanno il bel lucido della porcellana, si alternano alle sarde dal colore metallico o alle anguille ancora guizzanti che hanno il motoso e il verdastro dei bassifondi, ai mucchi stillanti dei garusi, delle cannocchie, delle capesante dal cuore arancione, alle seppie gelatinose, ai moli, ai peoci, alle verdognole carpe squartate a mezzo.
In certi punti, tutto quel ben di dio, sembra il quadro di un pittore fiammingo. E su tutto vola l’odore acre del mare, e la festa dei gridi di richiamo.
La gente si ferma, guarda, sceglie, compra, passa via.
(C. Linati)

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Pesca in laguna

Scrisse un viaggiatore tedesco: ai giorni di festa, Chioggia sembra recinta da una legione di baionette giganti. Sono alberi, antenne, pennoni di navi, pali da sostenere le reti, pertiche da reggere nasse, cestoni, cordami; e nelle acque che circondano la città, nei canali, c’è una fitta di barche d’ogni grandezza e d’ogni foggia, arnesi galleggianti e tutto ciò che serve ad andare sull’acqua con la forza del vento e del braccio: grandi vele latine dipinte di immagini simboliche, stampate di lettere maiuscole, listate ed inquadrate con stemmi; remi enormi che due uomini muovono a fatica, e remi leggeri che le due braccia del battelliere sollevano agevolmente; ancore buone da mordere nella sabbia e nello scoglio. E insieme tutte le varietà di ordigni per la pesca, dalla vasta rete che imprigiona il pesce inconsapevole, e che, stringendosi, lo serra, lo preme, gli toglie il moto e il respiro, sino all’umile lenza che il pescatore paziente affonda nelle ore calme e ritrae carica d’un pesciolino che guizza, che si divincola e non vuol morire, sino agli arpioni per trascinare i pescecani e  i tonni, ai sacchi per le ostriche, ai canestri per la minutaglia, per il ‘pesce popolo’, che, infarinato a dovere, crepita e s’indora nelle classiche padelle dei friggitori.
(P. Gribaudi)

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La veneta piazzetta

La veneta piazzetta
antica e mesta, accoglie
odor di mare. E voli
di colombi. Ma resta
nella memoria il volo
del giovane ciclista
volto all’amico: un soffio
melodico: “Vai solo?” (S. Penna)

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La laguna veneta
E’ molto interessante visitare qualche tratto della laguna veneta, specialmente se stiamo un po’ discosti da Venezia. Per il nostro lavoro di osservazione meglio si presterebbe la laguna di Caorle o quella di Marano, in parte ancora allo stato naturale.
Ci troviamo davanti a cordoni di sabbia, più o meno lunghi più o meno ampi; a tanti canali, per i quali l’acqua del mare va a confondersi con la terraferma. Questi specchi d’acqua salmastra, noti col nome di lagune, sono soggetti ad un continuo mutamento. La laguna infatti, vista in certe ore del giorno, lascia affiorare qua e là isolotti fangosi (le velve) che poi, con l’alta marea, scompaiono totalmente. Altrove si possono notare isolotti erbosi detti barene che rimangono sempre emersi. Ma il mutamento maggiore è apportato dai detriti depositati alla foce dei fiumi, i quali, giungendo al mare con decorso assai lento per l’insensibile dislivello, non possono riversare in mare tutta l’abbondante quantità dei materiali convogliati. Si creano così davanti ai bassi fondali costieri tante zone paludose ed estesi acquitrini, che nel Veneto vengono anche chiamate col nome di valli, adibite per lo più alla pesca. L’opera di bonifica, di prosciugamento e di incanalamento di tutte queste acque, che vanno ad impantanare la fascia costiera, ha oggi in parte redento la zona, e l’ha resa meno instabile nella sua configurazione.
Un tempo la laguna si stendeva ininterrottamente da Ravenna ad Aquileia, e se Venezia non si fosse difesa contro questo progressivo insabbiamento, ora sarebbe città di terraferma, come è avvenuto per Ravenna stessa, per Adria e per tanti altri centri veneti, un tempo bagnati dal mare.
Venezia infatti ha deviato il corso del Brenta e del Bacchiglione verso sud, il Sile e il Piave verso est, ha predisposto per lo stesso grande Po un nuovo ramo di sbocco, il Po di Goro, ha eretto argini lungo le sponde dei fiumi, ha innalzato i caratteristici murazzi a difesa delle isole della laguna, insomma ha fatto di tutto per preservare la sua tipica fisionomia.
Ancora oggi il Magistrato delle acque, ente appositamente costituito a Venezia, non dorme sonni tranquilli perchè l’azione fluviale, il moto ondoso e le maree instancabilmente, anche se lentamente, compiono il loro lavoro di modellamento costiero.
E’ bene sapere come avviene il meccanismo della marea, che è uno dei tre moti a cui va soggetto il mare.
La marea è un movimento periodico che porta la massa acquea ora ad un grande innalzamento, detto flusso, ora ad un generale abbassamento, detto riflusso. Queste due fasi si alternano circa ogni sei ore al giorno, in corrispondenza del passaggio della Luna sul meridiano. Perchè occorre sapere che è proprio la Luna, con la sua forza di attrazione sul nostro pianeta (e particolarmente sulla massa liquida) quella che causa lo strano fenomeno.
A Venezia tra l’alta e la bassa marea si registra un divario di poco più di un metro, divario però sufficiente a produrre il ricambio delle acque della laguna. Se si arrestasse questo ricambio, si avrebbe una zona di acque morte.
Il fenomeno si può osservare molto bene anche su altre spiagge dell’Adriatico, specialmente in una giornata di mare tranquillo. Alla mattina presto si vede un lembo di spiaggia ben più largo di quello che si stenderà a mezzogiorno, perchè con l’alta marea le acque hanno ripreso ad innalzarsi e quindi ad invadere una più ampia fascia di litorale.
Sul nostro globo la marea raggiunge il suo massimo nella baia di Fundy, in Canada, con oltre 20 metri di dislivello tra il flusso e il deflusso.
La marea è un moto periodico, mentre le onde sono un moto variabile e le correnti un moto costante. In totale tre moti del mare.

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La piazza delle Erbe a Verona
Piazza delle Erbe a Verona è certo una delle piazze più pittoresche d’Italia che rimane nella memoria come uno spettacolo: una commedia, essa sola, di cui sarebbe facile rianimare i personaggi e farli parlare. Su questa piazza, grande come un foro, si tiene il mercato, testimonianza della vocazione della città che ha fondato la propria prosperità sulla campagna e sugli alimenti terrestri. In piazza delle Erbe, sotto un centinaio di ombrelloni, si vende una tale varietà di frutta, di ortaggi e di legumi come raramente se ne vedono radunati in così gran numero. I pomodori spargono il loro rosso squillante accanto ai limoni d’oro, ai cedri, alle angurie, alle melanzane, al verde tappeto delle insalate: un odore di campagna aleggia sotto gli ombrelloni di tela, e compone un’atmosfera pacifica e ghiottona.
Non si pensa più allora ai Montecchi e ai Capuleti; non si pensa che Tebaldo avesse potuto uccidere Mercuzio a Verona; la vista di un mercato fa dimenticare tutte le tragedie: quelle della vita, quelle della storia, quelle dei poeti.
Tuttavia quando si alza lo sguardo al di sopra di queste mostre attraenti, si scorge a nord della piazza, sopra una colonna di marmo, il leone di San Marco, simbolo di un’antica dipendenza, quando Venezia regnava sulla terraferma.
Al centro della piazza un’altra colonna di marmo; e per inquadrare, per contenere questo vasto mercato, palazzi un tempo ornati di affreschi dei quali rimane qualche traccia.
(G. Bauer)

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Curiosità su Padova

Vuoi conoscere alcuni proverbi padovani? Eccoli:
– A fare un proverbio ghe voe cent’anni.
– Venezia bea, Padoa so sorela.
– Veneziani gran signori, Padovani gran dottori, Visentini magnagati, Veronesi tuti mati.
– Pan padoan, vin visentin, tripe trevisane, done veneziane.
– Bologna la grassa, Padoa la passa.
– Co canta la cigala, se taja la segala, co canta el cigalon, se taja el formenton.
– De Santa Madalena se taja l’avena.
– De San Valentin se pianta l’ajo e el seolin.
– Tera mora fa bon fruto, tera bianca gninte del tuto.

“A Padoa ghe xe un Santo sensa nome, un cafè sensa porte e un prà sensa erba”. Questo detto si riferisce a:
– sant’Antonio, che viene chiamato da tutti semplicemente ‘il santo’;
– il Caffè Pedrocchi, che per molto tempo non ebbe porte perchè rimaneva aperto sia di giorno che di notte;
– al Prato della Valle, che non è un prato, ma una piazza grandiosa, e quindi non ha assolutamente erba.

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Curiosità su Treviso
A Treviso l’arco che unisce il Palazzo del Podestà al Palazzo dei Trecento è detto ‘sottoportico dei soffioni’ perchè vi spira sempre un notevole vento.
A Treviso nella chiesa romanico-ogivale di San Francesco, si può ammirare un affresco del 1453, raffigurante un crocefisso dipinto per ordine dell’Inquisitore a spese di un oste ebreo che aveva servito carne di venerdì.
Sempre nella nuda ed austera chiesa di San Francesco a Treviso, possiamo sostare sia davanti alla pietra tombale di Francesca, figlia di Francesco Petrarca, morta nell’agosto del 1384, sia davanti all’arca di Pietro, figlio di Dante Alighieri, morto a Treviso nel 1364.
Nel giardino del Museo della Casa Trevigiana c’è una piccola Casa del XIV-XV secolo, nella quale è disposta la ‘Raccolta Sanguinazzi’, interessante esempio di Gabinetto di Storia Naturale del XVII secolo con collezione di strumenti scientifici, tra cui i celebri prismi di Newton.
C’è chi ha cantato in versi, anche se un po’ zoppicanti, il famoso radicchio trevisano: “Se lo guardi è un sorriso, se lo mangi è un paradiso, il radicchio di Treviso”.
Sull’iscrizione di una credenza da cucina che ora si trova nel Museo di Treviso possiamo leggere questi versi di ispirazioni popolare, pieni di confidente abbandono, di devota accettazione in un’umile realtà quotidiana, di decoro e di discrezione:
Gaetano santo vu che si sora la providenza
prega che ge sta sempre de buon in sta credenza
e se non vacorda divina onnipotenza
fa che la mangemo suta con pazienza
che per ultimo ne basta grazie del ciel
e de polenta no restar senza“.

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Curiosità su Belluno

“Christus nobiscum stat”. Le case feltrine sono caratteristiche per i tetti fortemente aggettanti e per le facciate ornate da affreschi o graffiti attribuiti a Del Morto da Feltre e alla sua scuola. Su molti portali è inciso il motto: “Christus nobiscum stat” (Cristo vive tra noi).
A sud di Cortina, lungo il torrente Costeana, sorge il Sacrario di Pocol, costituito da una torre con basamento quadrato; in esso sono custodite le salme di 10.000 caduti della guerra 1915-1918.
Il gonfalone di Pieve di Cadore è decorato con medaglia d’oro per la “memoranda e tenace resistenza fatta nel 1848 dalle popolazioni cadorine contro soverchiante e agguerrito invasore”, e con la Croce di Guerra per la resistenza nel 1918.
A sud di Mas, sulla strada tra questa località e Mis, si trovano le Rovine di Vedana, costituite da un grandioso e disordinato ammasso di terra e pietre (3 milioni di metri cubi) disteso attraverso la valle. Secondo alcuni geologi tale ammasso sarebbe franato, in epoche remote, dai monti Vedana e Peron, seppellendo i villaggi di Cordova e Cornia. Poco lontano sorge la Certosa la cui origine si fa risalire a un ospizio di San Marco di Vedana, esistente nel 1155. La Certosa subì alterne vicende finché, recuperata nel 1768 dai Certosini francesi, du fatta risorgere. Qui nacque Gerolamo Segato (1792-1836) famoso oltre che come instancabile viaggiatore, cartografo e naturalista, anche per aver inventato un processo di pietrificazione dei cadaveri.

Vedi anche MATERIALE DIDATTICO SU VENEZIA

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Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale VI (cartellini) PRONOMI

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale VI con la presentazione del materiale di lavoro e tutti i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio dei pronomi.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore verde e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– verde per i pronomi
– rosa per gli avverbi
– viola per le preposizioni
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale VI.

Il primo esercizio è anche qui quello della composizione di frasi, analizzate coi cartellini colorati.
La scatola grammaticale ha sette caselle del colore corrispondente alla parte grammaticale. Nella casella più grande si collocano i cartellini delle frasi.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola, e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase.

Come per le altre scatole grammaticali, i cartellini colorati delle parole non corrispondono esattamente alle parole delle frasi che dovranno ricomporre, perchè le parole comuni nelle frasi di uno stesso biglietto non sono ripetute. E’ solo il pronome, che, sostituito, cambia la frase.

Le varie serie di cartellini si trovano ognuna in una scatolina verde, e i gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici:

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VI – pronomi
(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)


scatola grammaticale VI (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
3 scatoline di riempimento di colore verde contrassegnate VIA, VIB, VIC.
una scatolina aperta rossa per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

Questo è il materiale pronto

ISTRUZIONI per confezionare i libretti
(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE VI

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).

I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale V (cartellini)

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale V  idee per le presentazioni e gli esercizi, e i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio degli avverbi.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore rosa e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– rosa per gli avverbi
– viola per le preposizioni
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale V.

Il primo esercizio è anche qui quello della composizione di frasi, analizzate coi cartellini colorati.
La scatola grammaticale ha sei caselle del colore corrispondente alla parte grammaticale. Nella casella più grande si collocano sei cartellini delle frasi.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola, e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase.

Come per le altre scatole grammaticali, i cartellini colorati delle parole non corrispondono esattamente alle parole delle frasi che dovranno ricomporre, perchè le parole comuni nelle frasi di uno stesso biglietto non sono ripetute. E’ solo l’avverbio, che, sostituito, cambia la frase.

Le varie serie di cartellini si trova ognuna in una scatolina rosa, e i gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici:

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE V

(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale V (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
3 scatoline di riempimento di colore rosso contrassegnate IVA, IVB, IVC.
una scatolina aperta rossa per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

Contenuto delle scatole di riempimento

scatola VA: scheda della definizione e cartellini (i 4 gruppi di cartellini stanno nella scatola VA separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini VA-1: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VA-2: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VA-3: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VA-4: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)

scatola VB: scheda della definizione e cartellini (i 4 gruppi di cartellini stanno nella scatola VB separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini VB-1: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VB-2: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VB-3: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VB-4: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)

scatola VC: scheda della definizione e cartellini ( i 5 gruppi di cartellini stanno nella scatola IVC separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini VC-1: (cartellini delle parole + 7 cartellini frase)
  • cartellini VC-2: (cartellini delle parole + 7 cartellini frase)
  • cartellini VC-3: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VC-4: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)
  • cartellini VC-5: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)

scatolina aperta ROSA:

  • libretto degli elenchi per l’avverbio (facoltativo)
  • libretto delle regole grammaticali per l’avverbio.

Questo è il materiale pronto:

ISTRUZIONI per confezionare i libretti
(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE V

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).

I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.


Gli avverbi testuali rientrano nella categoria grammaticale dei connettivi, che sono parole (parti del discorso varie, non solo avverbi) o espressioni che fanno da raccordo tra le varie parti della frase.

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale V (cartellini)

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale IV (cartellini) PREPOSIZIONE

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale IV  – presentazione del materiale, e i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio della preposizione.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore viola e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– viola per le preposizioni
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale IV.

Il primo esercizio è anche qui quello della composizione di frasi, analizzate coi cartellini colorati.

La scatola grammaticale ha cinque caselle del colore corrispondente alla parte grammaticale. Nella casella più grande si collocano sei cartellini delle frasi.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola, e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase.  

Come per le altre scatole grammaticali, i cartellini colorati delle parole non corrispondono esattamente alle parole delle frasi che dovranno ricomporre, perchè le parole comuni nelle frasi di uno stesso biglietto non sono ripetute. E’ solo la preposizione, che, sostituita, cambia la frase.

Le varie serie di cartellini ognuna in una scatolina viola, e il gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici:

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE IV PREPOSIZIONE
(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale IV (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)

4 scatoline di riempimento di colore rosso contrassegnate IVA, IVB, IVC, IVD.
una scatolina aperta rossa per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

PREPOSIZIONE

Contenuto delle scatole di riempimento

scatola IVA: scheda della definizione e cartellini (i 4 gruppi di cartellini stanno nella scatola IVA separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IVA-1: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVA-2: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVA-3: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVA-4: (cartellini delle parole + 4 cartellini frase)

scatola IVB: scheda della definizione e cartellini (i 4 gruppi di cartellini stanno nella scatola IVB separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IVB-1: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVB-2: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVB-3: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVB-4: (cartellini delle parole + 4 cartellini frase)

scatola IVC: scheda della definizione e cartellini ( i 3 gruppi di cartellini stanno nella scatola IVC separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IVC-1: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVC-2: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVC-3: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)

scatola IVD: scheda della definizione e cartellini ( i 3 gruppi di cartellini stanno nella scatola IVD  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IVD-1: (cartellini delle parole + 5 cartellini frase)
  • cartellini IVD-2: (cartellini delle parole + 7 cartellini frase)
  • cartellini IVD-3: (cartellini delle parole + 6 cartellini frase)

scatolina aperta VIOLA:

  • libretto degli elenchi per la preposizione (facoltativo)
  • libretto delle regole grammaticali per la preposizione.

Questo è il materiale pronto:

ISTRUZIONI per confezionare i libretti
(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

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MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE IV

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).

I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Con le scatole grammaticali si possono svolgere vari esercizi.

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Come si diventa cavaliere

A sette anni, il figlio di un nobile o di un cavaliere, cominciava un’educazione robusta fra giochi militari  nel castello paterno: quindi, uscito dall’infanzia, andava come paggio presso qualche barone rinomato per fasto, per antichità di stirpe, o generosità d’imprese. Lì rendeva servigi al signore e alla dama, corteggiando, ossequiando, accompagnando in viaggi, in visite, in passeggi: servendo i confetti, i dolci, il vin chiaretto e il cotto, e altre bevande con cui si chiudeva la mensa o preveniva il sonno.

Intanto col cavallo o col falcone cacciava le fiere e gli uccelli; in finti attacchi avvezzava l’animo alla guerra; ed alla guerra ed all’onore lo incitava l’esempio di baroni e cavalieri. A quattordici anni, padre e madre, col cero alla mano, conducevano il ragazzo all’altare, dal quale il sacerdote celebrante prendeva una spada e una cintura, e benedetti, li cingeva al giovane che diventava così scudiero: padrini e madrine promettevano amore e lealtà suo nome e gli stringevano gli sperono d’argento. Allora egli si accompagnava a qualche cavaliere, vigilava sui cavalli, teneva in ordine le armi, portandole al suo signore quando doveva usarle, e tenendogli la staffa quando montava in sella; custodiva i prigionieri; viaggiando conduceva a mano il destriero sul quale cavalcava il suo padrone.

Dopo alcuni anni di tale vita, l’iniziato si preparava a ricevere l’ordine della cavalleria con digiuni, preghiere, penitenze; poi si comunicava e vestiva l’abito bianco in segno dell’acquistata purezza, spesso si lavava accuratamente in un bagno. Poi cambiava la candida veste dell’innocenza in quella scarlatta che esprimeva il desiderio di versare il sangue per la religione, e si faceva tagliare i capelli in segno di servitù. Durante tutta la notte precedente la cerimonia faceva orazioni solo o con sacerdoti o con padrini. Giunto l’istante solenne, era accompagnato all’altare da cavalieri e scudieri, si inginocchiava con la spada a tracolla, e si offriva al sacerdote che lo benediceva e gliela rimetteva. Il signore che lo doveva nominare cavaliere gli domandava: “Perchè vuoi essere cavaliere? Per farti ricco? Trarre onore senza farne alla cavalleria?”. L’aspirante rispondeva di volerlo per onorare Dio, la religione e la cavalleria, e ne dava giuramento sulla spada del signore. Allora il giovane veniva addobbato da più cavalieri, dame, damigelle, che gli mettevano la maglia d’acciaio, la corazza, i bracciali, i guanti, la spada, e gli speroni d’oro, distintivo della sua dignità. Il signore, alzandosi dal suo seggio, gli dava tre colpi di piatto con la spada nuda sopra la spalla e uno schiaffo, ultima ingiuria che egli dovesse soffrire invendicato; e gli diceva: “In nome di Dio, di San Giorgio, di San Michele, ti fo cavaliere, sii prode, coraggioso, leale”. Allora erano portati al nuovo cavaliere l’elmo, lo scudo, la lancia, il cavallo sul quale, balzando senza staffa, caracollava brandendo le armi, e uscito di chiesa faceva altrettanto innanzi al popolo applaudente. (C. Cantù)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
I dieci comandamenti della Cavalleria
Ecco le dieci norme e comandamenti che si insegnavano ai giovani in attesa di essere investiti cavalieri.
1. Crederai agli insegnamenti della Chiesa e ne osserverai i comandamenti.
2. Proteggerai la Chiesa.
3. Difenderai ogni debole.
4. Amerai il paese in cui sei nato.
5. Non indietreggerai mai davanti al nemico.
6. Combatterai fino all’ultimo sangue contro gli infedeli.
7. Adempirai ai tuoi doveri feudali, purché non contrastino con la legge di Dio.
8. Non mentirai, e manterrai la parola data.
9. Sarai munifico e generoso con tutti.
10. Sarai sempre e dovunque il difensore del diritto e del bene contro l’ingiustizia e il male.

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Il futuro cavaliere
(dialogo immaginario all’interno di un castello)
Ragazzo: Che scalpitio di cavalli, che abbaiare di cani, che affaccendarsi di scudieri e di servi questa mattina! Ora il castello è tornato più silenzioso di sempre. Che noia… Hai visto quanto erano belli i nuovi cavalli del conte? Hai osservato i nuovi falchi e sparvieri ammaestrati?
Bambina: Che uccellacci!
Ragazzo: Sì, ma volano in alto e portano la preda!
Bambina: A me ha fatto impressione solo il fatto che questa volta il conte e la contessa avevano con sé il figlio minore, che non ha ancora sette anni: già sulla sella di un cavallo, poverino!
Ragazzo: Fortunato lui, invece! Egli è destinato a diventare cavaliere. Per questo il conte ha voluto che sapesse cavalcare prestissimo. Fra non molto, so che lascerà questo castello e si recherà presso un altro feudatario, di cui diventerà paggio. Imparerà a servire gentilmente il signore e la sua dama. Poi, a quattordici anni, diverrà scudiero: imparerà l’uso delle armi, avrà cura del cavallo e del suo signore e dei cavalieri suoi ospiti, gli porterà lo scudo e provvederà a mille servizi sempre meno umili, finché a ventun anni potrà avere l’investitura a cavaliere. E allora a lui saranno riserbate magnifiche imprese e avventure, come quelle che narrano i giullari che arrivano al castello. Oh, se potessi diventare anch’io un cavaliere!
Bambina: Un cavaliere tu? Il figlio di un fabbro? Sarebbe lo stesso che io, figlia di un mugnaio, sognassi di diventare una dama. La cavalleria è dei nobili!
(R. Botticelli)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Degradazione di un cavaliere

Se un cavaliere compiva un atto basso o vile subiva la degradazione. Le sue armi venivano spezzate, dal suo scudo si cancellava lo stemma, poi lo si appendeva alla coda di un cavallo che lo trascinava nel fango. Intanto il colpevole era coperto di contumelie e gli si diceva che il suo vero nome era quello di traditore. Poi gli veniva rovesciata una bacinella di acqua calda sul capo come a significare che gli veniva cancellata l’investitura. Finalmente, avvolto in un panno funereo, l’ex-cavaliere veniva condotto in chiesa e su di lui, chiuso sotto un graticcio, si celebrava l’ufficio dei morti. I suoi figli erano dichiarati ignobili e banditi dalla corte e dall’esercito. (A. Gigli)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Le città nell’età feudale

Le città nell’età feudale, fin verso il X secolo, sono scarse di popolazione, prive di importanza economica e politica. Formano, di diritto, parte di un feudo, ma il signore non le cura: vigilano su di esse i vescovi. La popolazione è formata da militi e da una classe di operai e artigiani.

In qualche città si tenevano mercati, in cui gli abitanti della campagna periodicamente si recavano per scambiare l’eccesso dei loro prodotti con gli oggetti fabbricati dagli artigiani urbani.

La tecnica fece nel Medioevo molti importanti progressi, grazie soprattutto all’inventiva degli artigiani. Non progredì invece la scienza, cioè lo studio  e la conoscenza delle leggi e delle forze della natura: nelle università medievali, sorte poco dopo il Mille, lo studio della natura era trascurato a favore delle discipline tradizionali (teologia, filosofia, grammatica, retorica e poche altre). I progressi tecnici, d’altronde, poco giovarono al miglioramento delle condizioni di vita, che nelle campagne e specialmente nelle città medioevali erano senz’altro disastrose.

Caduti in rovina gli acquedotti romani, le città restarono prive di sicuri e abbondanti rifornimenti d’acqua potabile. Le strade erano ingombre di ogni sorta di sozzure, perchè le fognature mancavano del tutto, e così la pavimentazione stradale: i rifiuti venivano gettati dalle finestre. L’inosservanza di qualsiasi igiene era la causa, naturalmente, di terribili e frequenti epidemie. Di notte, le strade non erano illuminate, e quindi malsicure: in pratica, la vita cittadina si interrompeva totalmente al calar del sole, per riprendere solamente all’alba. Solo all’inizio dei tempi moderni, dal 500 in poi, si ebbe qualche progresso: le strade vennero pavimentate, si costruirono acquedotti e fu introdotto un primitivo sistema di illuminazione. (A. Gigli)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Come ci si comportava a tavola nell’epoca medioevale

Nel Medioevo si mangiava, come si fa ancora in certe campagne, in semplici scodelle, usando il cucchiaio e il coltello (spesso un coltello serviva per due o più persone), ma l’uso di un piatto per ciascun convitato era sconosciuto e così pure quello delle forchette e dei tovaglioli. Le tovaglie erano una rarità riservata ai giorni di festa nelle case dei ricchi. Solo nel secolo XIV si cominciò ad adottare la biancheria da tavola e da allora si diffuse sempre più. Le tovaglie, quando si mettevano, scendevano fino a terra; i convitati, che adoperavano abbondantemente le dita per portarsi in bocca i cibi, le usavano per pulirsele e anche per la bocca e la barba; così che nei grandi pranzi, si dovevano cambiare le tovaglie dopo le portate principali.

Al principio dei pasti ci si lavava le mai con poche gocce d’acqua versate da un’ampolla sopra un piccolo catino. Nei monasteri era lo stesso abate che in segno di cortesia versava l’acqua sulle dita dei suoi ospiti; nelle case signorili questo servizio era invece reso dagli scudieri. Il loro arrivo con le ampolle e i catini era il modo con cui si annunciava che il pranzo era pronto. Quando si voleva essere raffinati si serviva acqua profumata con infusioni di petali di rosa, di menta, di verbena.

Il primo piatto era una minestra assai liquida, versata in una scodella e nella quale si inzuppava una fetta di pane; per portarla alla bocca si adoperava il cucchiaio. Poi veniva il piatto di carne costituito da grandi arrosti, o umidi, che venivano tagliati a fette e serviti su larghi pezzi di pane posti, come oggi si fa con i piatti, davanti ad ogni convitato; i pezzi di pane di inzuppavano di sugo e si mangiava il pane e la carne simultaneamente a morsi come oggi si fa con i panini. Nei grandi pranzi non si mangiava il pane, che veniva raccolto in ceste e dato ai poveri.

Nelle tavole signorili, gli scudieri erano incaricati di rifornire di carne le fette di pane dei loro signori; oppure ognuno si serviva mettendo la mano nel piatto centrale, ed era raccomandato di farlo con delicatezza e di non affondare nel sugo che la punta delle dita. Alla fine del pasto era servito il vino nel quale era anche usanza inzuppare del pane o dei biscotti. (G. Haucourt)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Cibi del Medioevo

Osservando delle miniature o delle pitture riproducenti scene di vita medioevale notiamo anche banchetti con tavole ricche e piatti appetitosi. Questi consistevano principalmente di carne di maiale, di cinghiale, di coniglio e, rare volte, di bue, animale il cui allevamento era costoso. Pure apprezzati erano il fagiano ed il pavone le cui carni erano cotte e poi portate a tavola in piatti ornati delle loro superbe e policrome piume. Anche i piccioni, il cui allevamento era riservato ai ricchi, erano di frequente fra i piatti prelibati.

Durante i digiuni, imposti dalla religione cristiana, i banchetti si arricchivano di pesci, per lo più di carpe, di tinche, che popolavano i fossati pieni d’acqua che circondavano le mura. Si consumava anche carne di aringhe secche e di molluschi di mare.

Il cibo veniva condito con varie spezie; perciò molti erano i mercanti che le commerciavano, detti speziali. Tra le più importanti spezie, per lo più di provenienza orientale, ricordiamo: il chiodo di garofano, che veniva masticato dai cortigiani per rendere profumato l’alito; lo zenzero, col quale veniva profumato il pan pepato; la noce moscata, il cui svariato uso è noto anche oggi; e infine lo zafferano e il pepe, che avevano prezzi proibitivi e venivano dai più sostituiti con aglio, cipolla, senape. I nostri avi non poterono gustare la carne di tacchino, né la fragranza del pomodoro, né la patata., non essendo stata ancora scoperta l’America, da cui furono in seguito importati.

E i dolci? Uno, squisito, era costituito da una specie di torrone, pieno di mandorle e di pistacchi e di miele, detto ‘halva’; un altro dolce era il ‘lokum’, un insieme di amido e pistacchi. Assai diffuso era il gelato, in particolare al melograno o al miele. Non esistendo i nostri moderni frigoriferi, il ghiaccio necessario veniva preparato durante le fredde notti invernali. Preparata l’acqua in bacini poco profondi, una volta ghiacciata col rigore del freddo, veniva immessa nel fondo a fresche cantine, particolarmente adatte alla sua conservazione. I gelati si ottenevano grattugiando il ghiaccio e aggiungendovi miele, amido cotto ed essenze varie.

Nel XIII secolo in Europa non si beveva ancora il caffè, né il tè, bevande invece già note agli Arabi

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
L’igiene personale nel Medioevo

Generalmente nel Medioevo la toletta quotidiana di faceva dopo essersi vestiti e si limitava al lavaggio delle parti del corpo che restavano ancora visibili, ossia la faccia e le mani. Non c’erano allora gabinetti appartati, ma ci si lavava nella stessa camera dove si dormiva. L’uso medioevale era di dormire in molte persone in una stessa camera.

Ma non si può dire che in quest’epoca si fosse incapaci di una pulizia più a fondo; questa era fatta nelle occasioni importanti, una volta alla settimana o anche più di rado, a torso nudo davanti a un secchio d’acqua.

Gli abitanti delle città e dei castelli conoscevano anche i piaceri del bagno, che i monasteri riservavano sono ai malati ed ai convalescenti. Questo ristoro veniva preso nelle tinozze di legno che servivano a fare il bucato. Se ne copriva il fondo con un panno per impedire che le scaglie potessero ferire la pelle, e il bagnante vi si sedeva dentro con le ginocchia piegate. Questi bagni a domicilio si prendevano o di mattina o al ritorno da un esercizio faticoso come un viaggio, una caccia, un torneo.

Per le persone meno ricche, esistevano anche dei bagni pubblici, di cui a Parigi nel 1282 ne ne contavano non meno di 26. Essi restavano aperti tutti i giorni eccetto le domeniche e i giorni di festa. Quando l’acqua era calda, venivano mandati per la città degli annunciatori che gridavano che i bagni erano pronti.

Non mancavano, allora come sempre, le cure di eleganza: depilazioni, uso di unguenti e profumi, tintura dei capelli. Noi conosciamo molte ricette medievali di bellezza quasi tutte fatte a base di erbe, radici e fiori.
(G. Haucourt)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Spettacoli teatrali nel Medioevo

Gli attori non indossavano costumi nell’antichità, ma vestiti del loro tempo che erano diversi secondo la professione (per esempio i medici vestivano in un certo modo, e così i maestri, gli avvocati, ecc.). Quando entravano in scena essi si annunciavano indicando il personaggio che rappresentavano: per esempio “Io sono Abramo”, oppure “Io sono Erode” e così via. Dio Onnipotente aveva una barba maestosa e una mitra in testa e portava guanti e mantello bianchi. I re cattivi avevano un turbante come gli arabi e giuravano in nome di Belzebù. I gran sacerdoti ebrei erano vestiti come vescovi cristiani ed erano sempre radunati in consiglio. I dottori della legge avevano cappucci rotondi e cappe di pelliccia. Contadini e soldati portavano vestiti dei contadini e dei soldati del tempo. Maria Maddalena, prima della conversione, era sempre addobbata con vestiti fastosi.
Gli angeli salivano e scendevano dal cielo per mezzo di scale a pioli di legno appoggiate ai muri. Impressionante era la bocca dell’inferno, fatta in modo che si poteva aprire e chiudere; diavoli neri, blu e rossi ne uscivano fuori per reclamare e trascinarsi dentro i dannati, mentre un gran fracasso di pentole e pignatte stava ad indicare la discordia e la confusione che regna all’inferno.
(C.M. Smith)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
I giochi del Medioevo

Molti giochi che pratichiamo oggi hanno origine da quelli che si tenevano nel Medioevo. Il gioco del calcio, per esempio, era già in uso nelle città italiane a quei tempi; e così la pallacorda, cioè quel gioco che ora si chiama tennis. I bambini piccoli si accontentavano della palla, una bella palla di legno, mentre le bambine avevano bambole di pezza col viso di terracotta dipinta. Gli adulti si cimentavano nelle gare di nuoto, di salto, di tiro alla fionda e di tiro al bersaglio. Ma c’erano giochi molto curiosi nel Medioevo.
A Bologna si usava il gioco delle uova che consisteva in una battaglia fra due squadre di giovani; gli uni armati di bastoni; gli altri, che portavano maschere a rete di ferro per proteggere le facce, armati… di ceste di uova.
A Venezia era in uso il gioco del ponte: qui pure si dividevano i partecipanti in due squadre che lottavano su un ponte privo di parapetto, finché una gran parte dei giocatori non aveva fatto un bel tuffo nell’acqua.
(A. Enriquez)

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture
Civiltà medioevale

Se ai nostri giorni fosse necessario, per essere ufficiali, comprare un carro armato e pagare i propri soldati, solamente i più ricchi potrebbero farlo Nel secolo XI, per andare in guerra a cavallo, armati da capo a piedi, occorreva un grosso patrimonio: la cavalleria, cioè il fulcro dell’esercito, era formata da proprietari terrieri, cioè da feudatari. Essi erano circondati di rispetto come, prima di loro, lo erano stati i nobili della tarda romanità e del periodo barbarico-romano, scomparsi nel crollo dell’Impero. Per di più, il loro era un compito pericoloso e necessario… Questi cavalieri sono all’origine, specie in Francia ma anche in Italia, della nobiltà militare.
A quindici anni circa si consegnavano al giovane cavaliere le armi e il cavallo di battaglia. Ma ne avrebbe fatto buon uso? La forza è cattiva consigliera, soprattutto in una società rozza  e senza leggi. Fin da allora si prese l’abitudine di raccomandare al giovane di essere leale e misericordioso, di essere prode.
Ben presto la Chiesa colse l’occasione per accaparrarsi la cerimonia della vestizione, che diventò una piccola festa religiosa e simbolica. Per esempio, perchè consegnare al futuro combattente degli speroni? Per ricordargli che deve obbedire a Dio come il cavallo al suo padrone… La cavalleria diventò così una specie di ordine laico in cui uomini violenti, e spesso perfino brutali, si sforzarono di comportarsi da folli pieni di onore.
Essi amavano tanto le mischie che, quando cessarono le invasioni e i conseguenti disordini, continuarono a far la guerra, ma la fecero fra di loro, e questa fu una sventura per le campagne. Allora la Chiese stabilì la ‘Pace di Dio’. Proibì la guerra, per mezzo della ‘tregua di Dio’ dal mercoledì sera  al lunedì mattina (1041). E quando i più accaniti si dimenticavano quelle restrizioni, la Chiesa li puniva, oppure altri si incaricavano di punirli in sua vece: in una regione della Francia, verso la fine del secolo XII, gli incappucciati (con il volto coperto da una cappa) prendevano nota dei combattenti incorreggibili e li pugnalavano.

Come nei formicai si distinguono i soldati e le operaie, così la società medioevale non ha conosciuto quell’uguaglianza cui noi tanto teniamo: in essa vi sono quelli che combattono, quelli che pregano e quelli che lavorano. Quando si dice ‘lavoratore’, in questo periodo, si intende dire ‘contadino’: nove persone su dieci, di quelle che vivevano in quel tempo, coltivavano la terra. I tre quarti degli italiani di oggi discendono da qualche contadino, servo o villano, del secolo XI. La loro storia sarebbe dunque la prima in ordine di importanza: sfortunatamente, i documenti preferiscono parlarci dei grandi di questa terra. Coltivare il terreno, vendemmiare, allevare il bestiame e le greggi serviva ad assicurare l’alimentazione di tutti, ma a volte era causa di maltrattamenti e sempre di disprezzo.
Basta pensare alla parola villano che, in origine, indicava il fattore della villa e che oggi è usata in senso spregiativo: gli uomini del Medioevo vedevano, dunque, nel lavoratore dei campi solamente maleducazione e grossolanità. Quanto a certe usanze brutali, qualche volta sono state esagerate. E’ stato detto per esempio che il servo era una ‘mano morta’ perchè, alla sua morte, gli si tagliava una mano per offrirla al signore, per indicare con ciò che il suo servo non l’avrebbe più servito. In realtà quella poco simpatica parola vuol dire semplicemente che i beni de servo senza eredi, ritornano, in caso di morte, al suo signore.
I contadini temevano, a giusta ragione, altre molestie di cui si parla di meno. Essi temevano soprattutto gli effetti di certe usanze. Poteva accadere che un signore feudale, in un momento critico, chiedesse agli abitanti del villaggio  di andare a falciare i suoi prati. Ecco che quella che era stata una prestazione eccezionale, di carattere straordinario, si trasformava facilmente in un obbligo permanente. Il signore esigeva, ora, che i contadini di quel dato villaggio gli falciassero sempre, e gratis, i suoi prati. In questo caso si vede come il nostro villano avesse buoni motivi per cercare di non prestare un simile servizio e di sottrarsi a obblighi del genere.
Tali resistenze, e molte altre, fecero comprendere a poco a poco ai signori, anche ai più duri, che conveniva loro trattare bene il contadino; già nel secolo XI incomincia il grande movimento di liberazione dei servi. Nell’epoca che stiamo studiando si poteva notare la comparsa, o per meglio dire la ricomparsa, lungo e strade e lungo i fiumi, di una specie di uomini abituati al rischio: i mercanti. Certo, era facile fare irruzione sui convogli di carri e di muli e impadronirsi della merce; la tentazione era forte e vi furono dei signori i quali si dedicarono a questo genere di saccheggio. Ma ve ne furono altri, dal cervello meno ristretto, i quali ebbero l’idea di accontentarsi di un pedaggio e concessero perfino vantaggi d’ogni specie per attirare nel loro feudo, con le fiere, folle di persone dalle quali si poteva ricavare qualche guadagno.

IL MEDIOEVO dettati ortografici e letture – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III (cartellini)

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III – presentazione del materiale, e i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio del verbo in relazione al nome, all’articolo e all’aggettivo.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore rosso e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– rosso per i verbi
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale III.

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Maria Montessori racconta che questo materiale è nato durante l’esperienza nella Scuola Ortofrenica. Con i bambini dell’Istituto si era concentrata principalmente sui nomi e sui verbi: il nome era l’oggetto e il verbo l’azione. Queste due parti del discorso venivano distinte con grande chiarezza, come si distingue la materia dalla forza, o la chimica dalla fisica.  Per comprendere il nome in tutti i suoi aspetti di facevano esercizi con gli oggetti. Per comprendere il verbo si facevano eseguire ai bambini delle azioni.

Poiché i bambini devono essere guidati nell’esecuzione delle azioni, perchè non sempre sono in grado di interpretare una parola con un’azione che corrisponda ad essa con precisione, l’insegnante dovrà dare delle lezioni individuali per insegnare loro ad interpretare il verbo.

Presentiamo una scatola con quattro caselle per l’articolo, il nome, l’aggettivo e il verbo, contrassegnate da etichette marrone chiaro, nero, marrone scuro e rosso. Nella casella posteriore stanno per ogni esercizio sei cartellini della frase.

Ad ogni parola scritta nei cartellini della frase corrisponde un cartellino della parola: e ad ogni parola scritta, corrisponde un cartellino nel casellario, ad eccezione delle parole ripetute all’interno di ogni cartellino della frase. Se, ad esempio, nel cartellino della frase di trova scritto: lancia una piccola gomma /getta una piccola gomma; i cartellini saranno lancia, una, piccola, gomma, scaraventa.

Infatti il bambino comporrà la prima frase sul tavolino, eseguirà l’azione, cambierà solo un cartellino (getta invece di lancia) ed eseguirà la seconda azione.

In questo modo vedrà che, avendo sostituito il verbo, le due frasi indicano azioni diverse.

Le varie serie di cartellini ognuna in una scatolina rossa, e il gruppi di frasi relativi ad ogni serie sono separati con degli elastici:

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Nelle serie originali preparate da Maria Montessori i verbi erano contrastanti o sinonimi.

Questi sono i cartellini pronti, rivisitati sostituendo i vocaboli caduti in disuso e tenendo conto di chi non ha la fortuna di disporre del materiale sensoriale in uso nella Casa dei bambini:

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE III
(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale III (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
– 5 scatoline di riempimento di colore rosso contrassegnate IIIA, IIIB, IIIC, IIID, IIIE.
una scatolina aperta rossa per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Contenuto delle scatole di riempimento

scatola IIIA: scheda della definizione e cartellini (i 5 gruppi di cartellini stanno nella scatola IIIA separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIIA-1: (cartellini verbi, articoli, nomi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIA-2: (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIA-3: (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIA-4: (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIA-5: (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)

scatola IIIB: scheda della definizione e cartellini (i 5 gruppi di cartellini stanno nella scatola IIIB separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIIB-1: comandi semplici opposti con oggetto diretto senza aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIB-2:  comandi semplici con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIB-3:  comandi semplici opposti con oggetto diretto (cartellini verbi, articoli, nomi, + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIB-4:  comandi semplici opposti con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIB-5:  comandi semplici opposti con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)

scatola IIIC: scheda della definizione e cartellini ( i due gruppi di cartellini stanno nella scatola IIC separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIIC-1: comandi semplici con oggetto diretto, aggettivi e azioni consecutive (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIC-2: comandi semplici con oggetto diretto, aggettivi e azioni consecutive (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)

scatola IIID: scheda della definizione e cartellini ( i 6 gruppi di cartellini stanno nella scatola IIID  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIID-1: comandi con verbi sensoriali e un oggetto (cartellini verbi, articoli, nomi + 7 cartellini frase)
  • cartellini IIID-2: comandi con verbi d’azione e un oggetto (cartellini verbi, articoli, nomi + 7 cartellini frase)
  • cartellini IIID-3: comandi con verbi, oggetti d’uso domestico e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 7 cartellini frase)
  • cartellini IIID-4: comandi con verbi, oggetti d’uso scolastico e aggettivi  (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 7 cartellini frase)
  • cartellini IIID-5: concordanza nome-verbo (cartellini verbi, nomi, articoli)
  • cartellini IIID-6: concordanza nome-verbo (cartellini verbi, nomi, articoli)

scatola IIIE: scheda della definizione e cartellini ( i 4 gruppi di cartellini stanno nella scatola IIIE  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIE-1: frasi semplici con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIE-2: frasi semplici con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIE-3: frasi semplici con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)
  • cartellini IIIE-4: frasi semplici con oggetto diretto e aggettivi (cartellini verbi, articoli, nomi, aggettivi + 6 cartellini frase)

scatolina aperta rossa:

  • libretto degli elenchi per il verbo (facoltativo)
  • libretto delle regole grammaticali per il verbo.

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Questo è il materiale pronto:

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III
PDF QUI: LIBRO DELLE REGOLE GRAMMATICALI PER L’USO DEL VERBO

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Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III
ISTRUZIONI per confezionare i libretti
(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE II

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).


I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

Psicogrammatica Montessori SCATOLA GRAMMATICALE III

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Nomenclature Montessori IL CIBO 6-9 anni stampato minuscolo

Nomenclature Montessori Nomenclature Montessori IL CIBO 6-9 anni, scaricabili e stampabili in formato pdf. Ho raggruppato in un unico pacchetto tutte le 350 schede delle nomenclature sul cibo pubblicate finora.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori IL CIBO 6-9 anni

PDF QUI

Le 350 schede comprendono:

19 BEVANDE: bibite gassate, birra, caffè, cappuccino, succo di carota, frappé di frutta, tè in bustina, tè verde, vino, latte, succo di mandarino, camomilla, centrifugati di verdure, spremuta di arance, succhi di frutta 100%, acqua frizzante, frullato di frutta, succo di pomodoro, acqua naturale.

26 CARNE: carne bovina, stinco di maiale, bresaola, selvaggina, carni bianche, pollo, costolette, arrosto di manzo, carne suina, wurstel, prosciutto cotto, spezzatino, cotoletta impanata, speck, tacchino, salsicce, salame, roast beef all’inglese, quaglia, carne trita, pancetta, arista di maiale, hamburger, carne di agnello, stufato di coniglio, prosciutto crudo.

21 CEREALI E PANE: mais, frumento, quinoa, riso, fonio, miglio, orzo, sorgo, avena, segale, grano saraceno, triticale, pane in cassetta, chapati, cracker, crostini di pane, pasta di pane, pane arabo, pretzel, grissini, pane azzimo.

6 LEGUMI: carruba, ceci, fagioli, lenticchie, piselli, soia.

15 SALSE E CONDIMENTI: salse chutney, guacamole, hummus, senape, olio d’oliva, passata di pomodoro, salsa tzatziki, maionese, salsa verde, aceto balsamico, aceto, pesto genovese, ketchup, sale da cucina, salsa di soia.

19 ERBE AROMATICHE E SPEZIE: basilico, cardamomo, anice stellato, semi di coriandolo, curcuma, erba cipollina, fave di cacao, aglio, prezzemolo, bacche di ginepro, alloro, noce moscata, rosmarino, timo, salvia, pepe, cannella, vaniglia, zenzero.

38 DOLCI: krapfen, caramelle, meringa, moretto, marzapane, cioccolata, bignè fritti, bignè ripieni, croissant, zucchero di canna, torta marmorizzata, torrone, cantuccini, caramelle gommose, tiramisù, crostoli, zucchero raffinato, strudel di mele, rasgulla indiani, puris indiani, burro di arachidi, pancake, crema di nocciole, muffin, marshmallows, macaron, frutta e panna montata, gelatina di frutta, confettura e marmellata, gulab jamun indiani, gelato, ghiacciolo, miele, torta di mele, panna montata, biscotti della fortuna, empanada, crostata.

21 FORMAGGI E LATTICINI: Bel Paese. stilton, brie, grana padano, yogurt, emmenthal, caprino fresco, feta greca, formaggio stagionato, ricotta, formaggio Piave, gorgonzola, mozzarella, pecorino sardo, provola affumicata, formaggio Asiago, fiocchi di latte, taleggio, tilsit, fontina, stracchino.

34 FRUTTA FRESCA: albicocca, avocado, banana, fragole, ribes nero, pompelmo, melograno, mela, nespola, pesca nettarina, more, mirtilli, melone, mango, litchi, lime, limone, lampone, kiwi, cachi, prugne, uva, frutti di bosco, frutta, arancia, agrumi, pera, anguria, fichi d’India, fico, ciliegia, ribes rosso, noce di cocco, mandarino.

14 FRUTTA SECCA e SEMI: noci, semi di zucca, pistacchi, pinoli, arachidi, mandorle, nocciole, semi di girasole, datteri, uvetta, frutta secca, caldarroste, castagne, anacardi.

31 ORTAGGI: asparagi, broccoli, verza, cavolo cappuccio, cavolfiore, carota, cassava, spinaci, cetriolo, melanzana, finocchio, cavolfiore romanesco, fagiolini, porri, lattuga cappuccina, lattuga gentile, carciofi, ortaggi, cipolla, pastinaca, peperoni, patata, rapanelli, cavolo rosso, rucola, sedano, zucca, pomodori, peperoncini, radicchio rosso, zucchine.

21 PASTA: ravioli al vapore, farfalle, gnocchi di patata, timballo, fusilli, mafaldine, cellentani, chifferi rigati, pipe, orecchiette, tagliatelle, ravioli, pasta integrale, penne lisce, soba di grano saraceno, spaghetti di riso, spaetzle, spaghetti, maccheroni, ditalini, tortellini.

22 PESCE E CROSTACEI: acciughe, anguilla, aringa, frittura di pesce, caviale, vongole, cozze, triglie, pesce impanato, polpi, seppie, bastoncini di pesce, aragosta, gamberoni, granchio, orata, ostrica, salmone, trota, pesce azzurro, sgombro in scatola, tonno in scatola.

16 PIATTO UNICO: fonduta valdostana, fricase boliviano, cuscus, riso jollof nigeriano, zighinì eritreo, fish burger, prosciutto e melone, paella, pilaf turco, pizza, pulao afghano, insalata di riso, sushi, pollo yassa Senegal, taco messicano, hamburger.

17 PRIMI PIATTI: lasagne al forno, pastasciutta, polenta, path thailandese, koshari, minestrone, brodo, zuppa di latte di cocco, zuppa di fagioli, passato di verdure, pasta al pesto, pasta alla panna, tortino di quinoa, risotto, pasta al ragù, pasta al pomodoro, gazpacho.

30 SECONDI PIATTI: cevapcici, escargot, alloco platano fritto, patatine fritte, germogli di soia, carciofi, peperoni arrostiti, insalata russa, parmigiana, manzo Stroganoff, purè di patate, polpette, hamburger vegetale, anelli di totano, sottaceti, patate arrosto, tartara di carne, bobotie, patate lesse, cotoletta alla milanese, seitan, carpaccio, bistecca, caprese, tofu, uovo alla coque, uovo, uovo alla benedettina, omelette, uovo al tegamino.

Nomenclature Montessori IL CIBO 6-9 anni

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale II AGGETTIVI

Psicogrammatica Montessori: scatola grammaticale II AGGETTIVI – presentazione del materiale, e i cartellini di riempimento pronti per il download e la stampa. Con questa scatola i bambini approfondiscono lo studio dell’aggettivo in relazione al nome e all’articolo.

Il materiale per l’analisi delle parole è costituito da varie serie di cartellini della frase di colore marrone scuro e da varie serie di cartellini delle parole di diverso colore:
– marrone chiaro per gli  articoli
– nero per i nomi
– marrone scuro per gli aggettivi
che si scelgono a seconda dell’esercizio che si vuole proporre e si collocano nella scatola grammaticale II.

Secondo le indicazioni di Maria Montessori il bambino legge una frase, prende gli oggetti che vi sono indicati, e poi compone la frase coi cartellini delle parole. Ad esempio, se il cartellino della frase contiene questa indicazione: ‘il colore verde – il colore turchino – il colore rosso’, il bambino prende tre spolette (verde, turchina e rossa) dalla scatola delle spolette dei colori, e le mette sul tavolo. Poi compone la frase la frase ‘il colore verde‘ e pone la spoletta verde accanto alla frase.

Quindi, lasciando sul tavolo i due primi cartellini, cambia solo quello relativo all’aggettivo, e sostituisce ‘verde’ con ‘turchino’, e infine cambia la spoletta verde con quella turchina.

In ultimo ripete la procedura con il colore rosso.

(Nel mio esempio ho utilizzato dei pennarelli al posto delle spolette dei colori. Per realizzarle in proprio trovate il tutorial qui: Costruire le spolette dei colori Montessori).

Le frasi originali proposte da Maria Montessori si riferiscono tutte ai materiali sensoriali che si utilizzano nella Casa dei Bambini.
Nella scatola grammaticale II si pongono un certo numero cartellini della frase alla volta (di solito sei), e i relativi cartellini delle parole, che corrispondono alle necessità dell’esercizio e non alle frasi, nel senso che gli articoli ed i nomi non sono ripetuti).

MATERIALI PREVISTI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE II AGGETTIVI
(con la codifica che ho utilizzato io per la preparazione dei cartellini)

scatola grammaticale II (qui il tutorial per costruirla: Costruire le scatole grammaticali)
6 scatoline di riempimento color marrone chiaro contrassegnate IIA, IIB, IIC, IID, IIE, IIF.
una scatolina aperta marrone chiaro per il libretto degli elenchi e per il libretto delle regole

scatola grammaticale II AGGETTIVI – Contenuto delle scatole di riempimento

scatola IIA: scheda della definizione e cartellini (i tre gruppi di cartellini stanno nella scatola IIA separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIA-1: colori (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIA-2: colori (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIA-3: colori (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)

scatola IIB: scheda della definizione e cartellini (i tre gruppi di cartellini stanno nella scatola IIB separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIB-1: qualità opposte (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIB-2:  dimensioni opposte (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIB-3:  stati d’animo opposti (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)

scatola IIC: scheda della definizione e cartellini scheda della definizione e cartellini  ( i quattro gruppi di cartellini stanno nella scatola IIC separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIC-1: forma e quantità (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIC-2: quantità (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIC-3: dimensioni (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IIC-4: forma (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)

scatola IID: scheda della definizione e cartellini ( i sette gruppi di cartellini stanno nella scatola IID  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IID-1: qualità sensoriali (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-2: sensazioni tattili (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-3: olfatto e udito (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-4:  olfatto e gusto (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-5: sensazioni uditive (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-6: sensazioni tattili (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)
  • cartellini IID-7: udito, olfatto e gusto (cartellini articoli, nomi, aggettivi + cartellini frase)

scatola IIE: scheda della definizione e cartellini ( i cinque gruppi di cartellini stanno nella scatola IIE  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIE-1: gradi dell’aggettivo (cartellini aggettivo positivo, comparativo, superlativo + titoli)
  • cartellini IIE-2: gradi dell’aggettivo (cartellini aggettivo positivo, comparativo, superlativo + titoli)
  • cartellini IIE-3: gradi dell’aggettivo (cartellini aggettivo positivo, comparativo, superlativo + titoli)

scatola IIF: scheda della definizione e cartellini ( i sei gruppi di cartellini stanno nella scatola IIF  separati tra loro per mezzo di elastici)

  • cartellini IIF-1: concordanza nome/aggettivo (cartellini nome e aggettivo + cartellini frase)
  • cartellini IIF-2: concordanza nome/aggettivo (cartellini nome e aggettivo + cartellini frase)
  • cartellini IIF-3: concordanza nome/aggettivo (cartellini nome e aggettivo + cartellini frase)
  • cartellini IIF-4: concordanza nome/aggettivo (cartellini nome e aggettivo + cartellini frase).

scatolina aperta marrone scuro:

  • libretto degli elenchi per l’aggettivo (facoltativo)
  • libretto delle regole per l’aggettivo.

Questo è il materiale pronto:

PDF QUI

scatola grammaticale II AGGETTIVI – ISTRUZIONI per confezionare i libretti
(nell’esempio un libretto delle nomenclature)

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

scatola grammaticale II AGGETTIVI

MATERIALI PER LA SCATOLA GRAMMATICALE II

Si tratta di un materiale rivisitato e attualizzato ai mutamenti che la lingua ha subito e ai vocaboli che più appartengono alla realtà dei bambino oggi.
L’organizzazione originale del materiale non cambia, ho aggiunto però dei set che isolano ulteriori aspetti delle regole grammaticali.
Ciascuna parte del discorso ha un suo codice colore, che è diverso da quello dei simboli grammaticali (ad eccezione del nome e del verbo).
I simboli grammaticali possono entrare a far parte degli esercizi con le scatole grammaticali: i bambini possono porre i simboli mobili sulle parole scritte nei cartellini della frase, o anche possono copiare le frasi e disegnare i simboli (anche utilizzando gli stencil).

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scatola grammaticale II AGGETTIVI

USO DEL MATERIALE

Avere a disposizione le scatole grammaticali di legno è sicuramente la situazione ideale, ma considerando il costo, non è la situazione alla portata di tutti. Si possono preparare delle bellissime alternative in cartone o anche sostituire alle scatole delle “tovagliette stampate“. Si può anche decidere di non utilizzare nulla, e di mettere semplicemente i cartellini sul tavolo, divisi in base al loro codice colore e ponendo sopra di essi dei cartellini-titolo (per la prima scatola ‘ARTICOLO’ e ‘NOME’).
Lo stesso discorso vale per le scatole di riempimento e per le scatole dei comandi, che possono essere acquistate in legno, o possono essere facilmente realizzate in cartoncino. Si può anche optare per qualsiasi altra soluzione alternativa: buste di carta colorata, sacchetti di plastica trasparente, cestini, ecc.

Le scatole grammaticali servono all’esercizio del bambino, dopo le presentazioni e le lezioni chiave relative alle parti del discorso che vogliamo esercitare.

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: 

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per i SECONDI PIATTI ho preparato questo elenco:

  1. cevapcici
  2. escargot
  3. alloco: platano fritto
  4. patatine fritte
  5. germogli di soia
  6. carciofi
  7. peperoni arrostiti
  8. insalata russa
  9. parmigiana
  10. manzo Stroganoff
  11. purè di patate
  12. polpette
  13. hamburger vegetale
  14. anelli di totano
  15. sottaceti
  16. patate arrosto
  17. tartara di carne
  18. bobotie
  19. patate lesse
  20. cotoletta alla milanese
  21. seitan
  22. carpaccio
  23. bistecca
  24. caprese
  25. tofu
  26. uovo alla coque
  27. uovo
  28. uovo alla benedettina
  29. omelette
  30. uovo al tegamino

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Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – SECONDI PIATTI – 3-6 anni

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI 6-9 anni e libretto

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: 

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per SALSE E CONDIMENTI ho preparato questo elenco:

  1. salse chutney
  2. guacamole
  3. hummus
  4. senape
  5. olio d’oliva
  6. passata di pomodoro
  7. salsa tzatziki
  8. maionese
  9. salsa verde
  10. aceto balsamico
  11. aceto
  12. pesto genovese
  13. ketchup
  14. sale da cucina
  15. salsa di soia

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – SALSE E CONDIMENTI – 3-6 anni

NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – SALSE E CONDIMENTI – 6-9 anni

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

Se preferite realizzare il materiale in proprio, questo è il contenuto:

SALSE E CONDIMENTI
La salsa può essere una preparazione di cucina o di pasticceria, formata da un legante e da un sapore, di consistenza pastosa, cremosa o semiliquida.
Serve ad accompagnare carni, pesci, pasta, verdure, e per dare sapore e condire i piatti.
Il nome deriva dal latino salsus, che significa salato, perchè il sale è il condimento base di ogni alimento.
Un condimento è una qualsiasi sostanza utilizzata in cucina per insaporire gli alimenti. Per la maggior parte i condimenti sono di origine vegetale, ma possono anche essere di origine animale (ad esempio il brodo di carne) o minerale (ad esempio il sale).

SALSE CHUTNEY
E’ una famiglia di salse tipiche della cucina sud asiatica, a base di spezie, verdure e frutta.
Servono a condire i piatti a base di carne, riso e le verdure. Possono essere fatte, ad esempio, con mango e zenzero; con mango, cipolla e peperoncini; con cocco e zenzero, con menta e yogurt, ecc…

GUACAMOLE
E’ una salsa di origine messicana a base di avocado, che risale al tempo degli Aztechi. Si prepara con avocado, succo di lime, sale e pepe. Il suo nome significa ‘avocado molle’.

HUMMUS
E’ una salsa a base di pasta di ceci e pasta di semi di sesamo (tahin), olio di semi, aglio e succo di limone. E’ molto usata in tutti i paesi arabi e nella cucina israeliana.

SENAPE
E’ una salsa cremosa che si prepara con il semi polverizzati della pianta della senape, e che serve ad insaporire le carni e a condire le insalate. In Francia e Gran Bretagna è chiamata mostarda. In Giappone è chiamata karashi. Ne esistono di dolci e di molto piccanti.

OLIO D’OLIVA
Quello che usiamo per cucinare e condire è più propriamente chiamato extra-vergine. E’ composto per il 99% di grassi e contiene molte vitamine e acidi grassi. Si usa per condire a crudo, per friggere, per conservare gli alimenti.

PASSATA DI POMODORO
Anche detta salsa o conserva, è una salsa ottenuta dalla cottura dei pomodori che vengono poi passati con uno strumento che schiaccia la polpa eliminando bucce e semi.
Si utilizza per preparare tantissimi sughi diversi, usati soprattutto per la pasta, ma non solo.

SALSA TZATZIKI
E’ una salsa molto usata nei Paesi slavi e in Grecia. Si prepara con yogurt di pecora o capra, polpa di cetrioli, aglio, sale e olio d’oliva. Salse simili si usano anche in Iraq e Turchia. E’ un condimento equilibrato e non grasso.

MAIONESE
E’ una salsa cremosa, di colore bianco o giallo pallido, formata dall’emulsione di acqua, tuorlo d’uovo e olio. Si aromatizza con succo di limone o aceto e sale. E’ tipica della cucina francese. E’ un alimento molto calorico ed è meglio non abusarne.
Contiene molti grassi e proteine. Quella industriale inoltre contiene addensanti e conservanti e ingredienti liofilizzati e non freschi.

SALSA VERDE
E’ un condimento a base di prezzemolo, capperi, acciughe e olio d’oliva. E’ un condimento tipico della cucina ligure, usato per accompagnare secondi piatti a base di carne (soprattutto il bollito misto) o di pesce.

ACETO BALSAMICO
Tipico di Modena e Reggio Emilia, si presta ad essere usato un po’ su tutto: dall’antipasto al dolce. Si ottiene dalla fermentazione del mosto cotto, che viene poi fatto invecchiare all’interno di speciali botti, le acetaie. L’invecchiamento dura dai 12 anni fino ai 50, per questo si tratta di prodotti molto costosi.
L’aceto balsamico a basso prezzo, invece, è in genere fatto con normale aceto di vino con l’aggiunta di caramello, conservanti, coloranti e aromi.

ACETO
E’ il liquido acido che si produce nelle bevande alcoliche (vino, sidro, idromele), nel riso, nei malti e nella frutta, grazie all’azione di particolari batteri. Questi batteri trasformano l’alcol in acido acetico. Si usa per condire insalate e pesce e per marinare le carni. Nelle pulizie domestiche, è un ottimo sgrassatore.

PESTO GENOVESE
E’ un condimento molto energetico, ricco di grassi di buona qualità e proteine, con pochi carboidrati. E’ tipico della Liguria e si prepara con basilico, pinoli, aglio, sale, parmigiano, pecorino sardo e olio extravergine d’oliva. Si usa per condire la pasta, tradizionalmente le trofie e le trenette.

KETCHUP
E’ una salsa agrodolce che, anche se ci fa pensare agli USA, è nata in Malesia. Si prepara con pomodoro passato, zucchero, spezie e aceto. E’ una salsa con pochi grassi, facile da fare in casa e poco elaborata.

SALE DA CUCINA
Per gli antichi Romani il sale era molto prezioso, e chiamarono salario la paga che davano ai legionari (e ancora oggi chiamiamo salario la paga dei lavoratori).
Il sale contiene sodio, che è un minerale essenziale per il nostro organismo, ma non bisogna abusarne, perchè sia la mancanza di sodio sia l’eccesso provocano danni alla salute. Un adulto non dovrebbe assumere più di 6 grammi di sale al giorno.

SALSA DI SOIA
Chiamata shoyu in cinese, è una salsa fermentata che si ottiene con soia, grano tostato, acqua, sale e koji (un fungo). E’ ricca di antiossidanti e molto saporita, pur non essendo grassa. Non bisogna però abusarne perchè contiene molto sale.

Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per i PRIMI PIATTI ho preparato questo elenco:

  1. lasagne al forno
  2. pastasciutta
  3. polenta
  4. path thailandese
  5. koshari
  6. minestrone
  7. brodo
  8. zuppa di latte di cocco
  9. zuppa di fagioli
  10. passato di verdure
  11. pasta al pesto
  12. pasta alla panna
  13. tortino di quinoa
  14. risotto
  15. pasta al ragù
  16. pasta al pomodoro
  17. gazpacho

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PRIMI PIATTI – 3-6 anni

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Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PRIMI PIATTI – 6-9 anni

LIBRETTO PER LE NOMENCLATURE 6-9 anni PRIMI PIATTI 

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI

Se preferite realizzare il materiale in proprio, questo è il contenuto:

ZUPPA DI FAGIOLI
E’ una tipica ricetta povera della tradizione italiana, a base di fagioli. Esistono molte varianti regionali: la zuppa di farro e fagioli (Toscana); la zuppa di fagioli con le cotiche (Lazio); ecc.
La ricetta è nata come piatto povero contadino, che veniva preparato al mattino e messa a cuocere a fuoco lento, prima di uscire di casa per il lavoro nei campi. Si possono cucinare in zuppa anche tutti gli altri legumi: ceci, piselli, fave, ecc.

LASAGNE AL FORNO
Si preparano con una sfoglia di pasta, quasi sempre all’uovo, tagliata in fogli rettangolari, che vengono bolliti e scolati e poi si dispongono in una teglia da forno a strati, alternati ai condimenti. Almeno l’ultimo strato è di solito ricoperto di besciamella. Si preparano con ragù di carne, verdure, formaggi, a seconda del gusto. Il tutto viene cotto in forno e poi si mangia a fette.

GAZPACHO
Nella cucina spagnola è una zuppa fredda a base di verdure crude, tipica delle regioni calde del sud come l’Andalusia. Si prepara con peperoni, pomodori, cetrioli, cipolla ed erbe aromatiche. All’ultimo momento può essere aggiunto del ghiaccio tritato o a cubetti.

POLENTA
E’ un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali. E’ stato per secoli l’alimento base della popolazione povera in molte regioni italiane, soprattutto al nord. Il cereale più usato è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XV secolo, che le dà il tipico colore giallo. Prima si faceva con farro, segale o grano saraceno ed era scura.
Simili alla polenta italiana sono il funchi (Antille), a base di mais e consumato al posto del pane; l’umutsima del Burundi, fatta con farina di manioca; la polenta di miglio del Burkina Faso.

PASTASCIUTTA
Il termine pasta è spesso usato come abbreviazione dell’italiano pastasciutta, ed indica un piatto dove la pasta alimentare è l’ingrediente principale, accompagnato da una salsa o un sugo o un altro condimento di qualsiasi tipo. La pasta si cuoce in acqua salata in ebollizione, poi viene scolata e condita.
Le ricette italiane di pastasciutta più famose sono: alla carbonara, allo scoglio, al ragù, al pesto, al pomodoro, all’amatriciana.

PHAD THAILANDESI
I phad (o phat) sono larghi tagliolini di farina di riso, tipici della cucina thailandese. Dopo la bollitura, si condiscono in padella con uova, salsa di soia, germogli di soia, gamberi, pollo e spezie.

KOSHARI
E’ un primo piatto tipico egiziano.Si prepara con riso, pasta, lenticchie, ceci, aglio egiziano, aceto e salsa di pomodoro speziata. Il tutto è guarnito con cipolle fritte.

MINESTRONE
E’ una minestra in brodo con molte verdure, e può essere completato con pasta o riso. Tra gli ingredienti più comuni ci sono fagioli, cipolle, carote, sedano, patate e pomodori. L’insieme delle verdure pulite e tagliate per il minestrone, crude e non condite, viene anche venduto come prodotto congelato.

BRODO
E’ un preparato liquido ottenuto dalla cottura di carni, verdure o pesce, con l’aggiunta di spezie, sale ed erbe aromatiche. Si usa per preparare minestre, salse e per cuocere il risotto.Per quello di carne di solito si usano manzo o pollame. Per quello di pesce si usano saraghi, gallinelle o scorfani con verdure. Quello vegetale è il più digeribile, e per questo si usa nello svezzamento dei neonati.

ZUPPA DI LATTE DI COCCO
E’ un primo piatto tipico thailandese che si prepara con latte di cocco e verdure, o anche con carne di pollo o pesce. Alcune varianti hanno un sapore delicato, altre sono molto piccanti.

TORTINO DI QUINOA
La quinoa è un cereale tipico del Sud America, anche se non appartiene alla famiglia delle graminacee. Essendo priva di glutine, è molto apprezzata in tutto il mondo perchè può essere consumata anche dai celiaci. Intera si presta ad essere usata per cucinare tortini o sformati con verdure, carni e formaggi.

PASSATO DI VERDURE
E’ una crema preparata con verdure passate o frullate che si può preparare in molti modi. Si può mangiare da solo o accompagnandolo a crostini di pane. Si può preparare con molte verdure miste, come il minestrone, oppure con una sola. Viene anche chiamata vellutata.

RISOTTO
E’ un primo piatto tipico della cucina italiana. Il particolare tipo di cottura fa addensare l’amido contenuto nel riso dando al piatto una consistenza cremosa. I più famosi risotti sono: alla parmigiana, agli spinaci, allo zafferano, mantecato, ai frutti di mare, al radicchio, al latte, risi e bisi.

PASTA ALLA PANNA
La panna o crema di latte è la parte grassa del latte, che si ottiene lasciando riposare il latte fresco e aspettando il galleggiamento della parte grassa, che è più leggera.La panna da cucina si può usare anche per condire la pastasciutta, da sola o con cubetti di prosciutto cotto.

PASTA AL RAGÙ
La parola ragù si riferisce a un sugo a base di carne, cotto per molte ore a fuoco basso e preparato con molti ingredienti. Il termine deriva dal francese ragout, che significa risvegliare l’appetito. Nella cucina italiana i più famosi ragù sono quello alla bolognese e quello napoletano. Per quello alla bolognese si usa carne trita, mentre per quello alla napoletana si usa carne a pezzetti, che viene spesso tolta a cottura ultimata.

PASTA AL POMODORO
Il modo più classico di mangiare la pastasciutta è quello di condirla col pomodoro. Si possono usare pomodori freschi oppure la salsa. I pomodori possono essere usati cotti e crudi, conditi con olio d’oliva e profumati con olio d’oliva e basilico, e un po’ di formaggio grana grattugiato.

PASTA AL PESTO
E’ una pastasciutta di origine ligure. In Liguria si usano di solito le trenette (anche dette linguine) o le trofie. Le trenette sono simili agli spaghetti, ma sono piatte e non cilindriche. Le trofie somigliano a degli gnocchetti, ma sono sottili e allungate. Il condimento è a base di basilico, olio, formaggio grana e pecorino sardo, pinoli e aglio.

Nomenclature Montessori PRIMI PIATTI

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica, per bambini della scuola primaria. Trovi altre recite per Carnevale qui: RECITE PER CARNEVALE.

Personaggi: il primario e quattro medici.

Costumi: grembiuli bianchi e guanti di gomma.

Scenografia: in un angolo un attaccapanni o una sedia su cui sono appesi un camice bianco e un paio di guanti di gomma.

Azione: quattro personaggi sono in scena, posti uno dietro l’altro, fronte al pubblico, ma sfasati di mezza persona in diagonale, così che il pubblico possa vedere distintamente mezza persona di ognuno di loro. Entra il primario, si toglie la giacca, la appende all’attaccapanni e prende il camice. Due medici lo aiutano ad indossarlo. Va a mettersi all’inizio della fila, più vicino al pubblico: gambe leggermente divaricate, aria superiore. Si lascia infilare i guanti dagli altri, i quali lo trattano con deferenza.

Primario (voltandosi, verso quello immediatamente dietro di lui): Avanti l’ammalato.

Primo medico (voltandosi verso quello immediatamente dietro di lui, con lo stesso tono dottorale e annoiato): Avanti l’ammalato.

Secondo medico (al terzo, come sopra): Avanti l’ammalato.

Terzo medico (al quarto, come sopra): Avanti l’ammalato.

(Il quarto medico si volta, fa un passo, imita l’apertura di una porta, spinge una barella immaginaria fino davanti al primario).

Primario (considera attentamente l’ammalato sulla barella. Lo tasta. Gli sente il polso. Poi ordina): Bisturi!

Primo medico, secondo, terzo: Bisturi. Bisturi. Bisturi.

Quarto medico (raccoglie dal tavolo chirurgico il bisturi, tenendolo delicatamente come una penna, e lo fa passare a ogni compagno).

Primario (prende il bisturi, prende la mira e, calmissimo, lo affonda nel paziente. Si china a guardare dentro): Pinze.

Primo, secondo, terzo: Pinze!

Quarto (raccoglie, mimicamente, un paio di tenaglie e le passa).

Primario (continuando l’operazione, allarga i lembi della ferita, ne estrae parecchi metri di intestino che arrotola sulle braccia del secondo. Estrae il cuore, lo ascolta, lo massaggia, sorride e lo rimette dentro. Riprende la matassa degli intestini e la dispone nel paziente. Poi, soddisfatto) Ago!

Primo, secondo, terzo: Ago!

Quarto (prende l’ago e, porgendolo al secondo, lo punge inavvertitamente. Sussulto del secondo. Con precauzione, l’ago arriva al primario).

Primario: Filo!

Primo, secondo, terzo: Filo! (Il filo giunge al primario. Questi lo infila, poi, tenendo l’ago alto, si volta al primo)

Primario: Nodo!

Primo: (esegue)

Primario (incomincia a dare i primi punti. Ma il filo non scorre bene): Sapone!

Primo, secondo, terzo: Sapone!

Quarto (prende il sapone e lo passa. La saponetta sfugge di mano al terzo, il quale riesce a prenderla al volo, e la passa al secondo).

Primario (passa la saponetta sul filo, poi, imitando un enorme sforzo, punta il piede sul malato e riesce a cucire. Improvvisamente si interrompe, accorgendosi che il paziente sta male. Con voce svelta): Etere!

Primo, secondo, terzo (tutti con voce svelta guardando curiosamente oltre le spalle del primario) Etere!

Quarto (passa la bottiglietta dell’etere).

Primario (versa l’etere sul malato. Ne versa troppo. Si sente male lui. Accenna a cadere all’indietro).

Primo, secondo, terzo: Sali!

Quarto (prende i sali, li odora, li passa al terzo che li odora anche lui, così il secondo, il primo li mette sotto il naso del primario).

Primario (rinviene, si china sul paziente, mostra grande spavento. Con voce concitata): Ossigeno!

Primo, secondo, terzo: Ossigeno!

Quarto (faticosamente spinge la grossa bombola dell’ossigeno. Così gli altri).

Primario (Fa il gesto di staccare la mascherina dalla bombola e di porgerla al paziente. Si capisce che l’ossigeno non è sufficiente. Con voce agitatissima): Ossigeno! Ossigeno!

Primo, secondo, terzo (con la stessa voce agitatissima): Ossigeno! Ossigeno!

Quarto (passa altro ossigeno, asciugandosi il sudore, e si sporge ad osservare).

Primario (porge l’altro ossigeno, osserva, poi, tornando calmo, con voce normale): Acqua santa!

Primo, secondo, terzo: Acqua santa!

Quarto (raccoglie un immaginario aspersorio, che viene fatto passare).

Primario (agita l’aspersorio sul malato. Lo posa. Poi, veloce, con aria annoiata, mentre col piede spinge via la barella del morto): Avanti un altro!

Primo, secondo, terzo: Avanti un altro!

(M. L. e R. Varvelli)

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica – Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Recite per bambini per Carnevale: operazione chirurgica

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per la categoria PIATTO UNICO ho preparato questo elenco:

  1. fonduta valdostana
  2. fricase boliviano
  3. cuscus
  4. riso jollof nigeriano
  5. zighinì eritreo
  6. fish burger
  7. prosciutto e melone
  8. paella
  9. pilaf turco
  10. pizza
  11. pulao afghano
  12. insalata di riso
  13. sushi
  14. pollo yassa Senegal
  15. taco messicano
  16. hamburger

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PIATTO UNICO – 3-6 anni

Nomenclature e libretto Montessori PIATTO UNICO
LIBRETTO e NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PIATTO UNICO – 6-9 anni

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO

Nomenclature Montessori PIATTO UNICO

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per PESCE E CROSTACEI ho preparato questo elenco:

  1. acciughe
  2. anguilla
  3. aringa
  4. frittura di pesce
  5. caviale
  6. vongole
  7. cozze
  8. triglie
  9. pesce impanato
  10. polpi
  11. seppie
  12. bastoncini di pesce
  13. aragosta
  14. gamberoni
  15. granchio
  16. orata
  17. ostrica
  18. salmone
  19. trota
  20. pesce azzurro
  21. sgombro in scatola
  22. tonno in scatola

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PESCE E CROSTACEI – 3-6 anni

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PESCE E CROSTACEI – 6-9 anni

LIBRETTO PER LE NOMENCLATURE 6-9 anni PESCE E CROSTACEI

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI

Nomenclature Montessori PASTA

Nomenclature Montessori PASTA disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori PASTA

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per la  PASTA  ho preparato questo elenco:

  1. ravioli al vapore
  2. farfalle
  3. gnocchi di patata
  4. timballo
  5. fusilli
  6. mafaldine
  7. cellentani
  8. chifferi rigati
  9. pipe
  10. orecchiette
  11. tagliatelle
  12. ravioli
  13. pasta integrale
  14. penne lisce
  15. soba di grano saraceno
  16. spaghetti di riso
  17. spaetzle
  18. spaghetti
  19. maccheroni
  20. ditalini
  21. tortellini

Nomenclature Montessori PASTA

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PASTA – 3-6 anni

Nomenclature Montessori PASTA
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – PASTA  – 6-9 anni

Nomenclature Montessori PASTA
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori PASTA

Nomenclature Montessori ORTAGGI

Nomenclature Montessori ORTAGGI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.

Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da:
– illustrazione con titolo
– illustrazione
– titolo.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da:
– illustrazione
– titolo
– testo descrittivo
e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.

Nomenclature Montessori ORTAGGI

Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per gli ORTAGGI ho preparato questo elenco:

  1. asparagi
  2. broccoli
  3. verza
  4. cavolo cappuccio
  5. cavolfiore
  6. carota
  7. cassava
  8. spinaci
  9. cetriolo
  10. melanzana
  11. finocchio
  12. cavolfiore romanesco
  13. fagiolini
  14. porri
  15. lattuga cappuccina
  16. lattuga gentile
  17. carciofi
  18. ortaggi
  19. cipolla
  20. pastinaca
  21. peperoni
  22. patata
  23. rapanelli
  24. cavolo rosso
  25. rucola
  26. sedano
  27. zucca
  28. pomodori
  29. peperoncini
  30. radicchio rosso
  31. zucchine

Nomenclature Montessori ORTAGGI

NOMENCLATURE IN TRE PARTI – ORTAGGI – 3-6 anni

Nomenclature Montessori ORTAGGI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – ORTAGGI – 6-9 anni

Nomenclature Montessori ORTAGGI
ISTRUZIONI

La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:

piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:

rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:

Nomenclature Montessori ORTAGGI

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