Le proprietà fisiche dei corpi

Le proprietà fisiche dei corpi unità didattica completa per bambini della scuola primaria, con idee per le lezioni ed esperimenti scientifici per dimostrare i concetti.

Se domandiamo ai bambini cosa si intende per corpo, ci sentiremo rispondere: “Cose come la cattedra, la lavagna, il banco, sono corpi”. I bambini classificano per tipi e non per definizioni, ma se ci pensiamo anche lo scienziato si serve di questo tipo di classificazione quando non ha ancora colto i caratteri essenziali specifici di una determinata serie di oggetti.
Se poi chiediamo ai bambini se il pensiero, la bontà, la giustizia, la verità, sono corpi, ci risponderenno di no, perchè non si vedono: i bambini pensano che un corpo deve essere percepito dalla vista; questo spiega perchè trovino difficile considerare l’aria un corpo.
Tuttavia è semplice spiegare loro che il carattere di “visibile” non è sufficiente a designare il “corpo”, e basterà far osservare loro che, per esempio, la luce che emana da una lampadina elettrica, o da una qualsiasi altra fonte luminosa, anche se si vede, evidentemente non è un corpo.
Tornando a chiedere ai bambini cosa si intende con “corpo”, i bambini diranno che un corpo si deve poter toccare, deve essere in qualche modo percepito col tatto. “Ma allora è un corpo il calore che emana dalla stufa, dal sole, da qualsiasi altra fonte di calore?”. A questo ulteriore stimolo, i nostri piccoli scienziati cercheranno espressioni più precise, ad esempio diranno che un un corpo si deve poter prendere in mano, perchè se stringo la mano in una stanza luminosa non afferro nulla, puure non posso portare un pezzo di calore da un luogo all’altro come posso fare con un pezzo di legno o di ferro.
In questo modo ci stiamo avvicinando alla realtà un passo alla volta, ma non l’abbiamo ancora raggiunta. A questo punto ancora il bambino non potrà credere che l’aria sia un corpo, perchè non si può (o meglio non di si accorge di potere) stringere nella mano.

Le proprietà fisiche dei corpi

Primo esperimento
Prendiamo una bilancia e proviamo a spiegargli il grande mistero: mettiamo su uno dei piatti una moneta, una pallina, una riga, una matita, e la bilancia perderà costantemente il suo equilibrio, obbligandoci, per ristabilirlo, a gettare un peso corrispondente sull’altro piattello.
Ripesiamo ora attentamente la moneta (o meglio ancora, se l’abbiamo, una sfera di metallo). Poi togliamola dalla bilancia, facciamola riscaldare e rimettiamola sul piatto: rimessa sul piatto il suo peso sarà identico a prima.
Pesiamo ora una torcia elettrica spenta, e poi ripesiamola accesa: anche in questo caso i due pesi saranno identici.
La luce e il calore non sono corpi perchè non hanno un peso, o meglio non hanno un peso controllabile da alcuna bilancia, per quanto precisa essa sia. La precisazione è dovuta, in quanto la fisica afferma l’equivalenza tra massa ed energia, e questo conduce teoricamente ad affermare che anche calore e luce hanno un peso (un chilogrammo di ghiaccio pesa lievemente meno dell’acqua che risulta dalla sua fusione). Ma si tratta di differenze talmente minime e imponderabili anche con le più sensibili bilance di precisione che, per non portare i bambini nel campo dell’indimostrabile (che per loro equivarrebbe a incredibile), non è un gran male mantenere provvisoriamente questo vecchio carattere distintivo della fisica classica, aggiungendo che quel “non peso” è legato agli strumenti di cui noi disponiamo per controllarlo, e al nostro senso barico.

Quello che possiamo definire come “corpo” ha un peso avvertibile dal nostro senso barico, o almeno da strumenti che lo sostituiscono. Naturalmente un corpo può essere percepito anche con gli altri sensi: visivo, uditivo, olfattivo, gustativo, termico; ma l’essenziale sarà sempre che cade sotto il senso barico e, quando ciò non è possibile per le dimensioni o la lontananza dal corpo, o impossibile da controllare per l’insufficiente finezza del  senso, bisognerà comunque dimostrare, per effetti, che esso pesa.
Con questo criterio, il bambino non sbaglierà più, mentre altre definizioni di “corpo”, come “corpo è tutto ciò che cade o può cadere sotto il dominio dei sensi”, oppure “corpo è una porzione di materia collocata nello spazio”, possono confonderlo: la prima può portarlo a credere che siano corpi anche la luce, il calore e il suono; la seconda, rigorosamente scientifica, è superiore in questa prima fase alla sua capacità di astrazione.

Stabilito questo primo carattere dei corpi, non ci sarà molto difficile fargli notare che essi possono presentarsi sotto diversi stati, anzi che uno stesso corpo può passare dall’uno all’altro di questi stati per effetto di un aumento o di una diminuzione di calore. Non è ancora il momento di dirgli che anche la pressione può essere causa di cambiamento.
I corpi che i bambini ci hanno nominato di primo acchito (cattedra, lavagna, banco) sono corpi che hanno una forma propria ed occupano perciò uno spazio determinato e invariabile. Ma ve ne sono altri che, pur avendo un volume costante, cioè occupando una stessa quantità di spazio, variano di forma, a seconda del recipiente che li contiene: un litro di acqua, o di latte, o bibita, è sempre un litro, ma assume forma conica, cilindrica, prismatica a seconda del recipiente che lo contiene.
C’è inoltre una terza categoria di corpi che non hanno ne forma ne volume costanti, ma, assumendo la forma del recipiente che li contiene, non giungono, come i liquidi, ad un determinato livello, bensì lo occupano tutto, per grande che sia, e tendono ad espandersi in uno spazio sempre maggiore, così che, aprendo il recipiente che li contiene, essi ne escono fuori.

Le proprietà fisiche dei corpi

Secondo esperimento
Mettiamo in una bottiglietta qualche cristallo di iodio (se non si trova in farmacia, si può acquistare la tintura di iodio, versarla in un piattino di plastica e lasciare evaporare a temperatura ambiente la base alcolica: sul piattino si formeranno i cristallini di iodio) chiudiamo ermeticamente per evitare le fuoriuscita dei vapori, e facciamolo riscaldare: magnifiche colorazioni rosso-violacee, cioè vapori di iodio, riempiranno la bottiglia. Mettiamo la stessa quantità di iodio in una seconda bottiglie, di forma e dimensioni diverse: quelle stesse colorazioni riempiranno tutto la bottiglia, mentre la quantità di liquido che serve a riempire la bottiglietta non sarà naturalmente mai sufficiente a riempire anche la bottiglia.

Se tutti i gas si vedessero, come i vapori di iodio, e se avessero tutti un odore, il bambino si convincerebbe facilmente della loro esistenza. Ma quando gli parliamo dell’aria, il bambino avrà dei dubbi: nessuno dei suoi sensi riceve da essa qualche impressione, che possa fargli ritenere che l’aria è un corpo, e molto meno quella sensazione barica che ha imparato a ricercare come primo contrassegno dei corpi.
Facciamogli capire, prima di tutto, quanto peso esercita una pressione, e che il peso altro non è che la pressione esercitata da un corpo su un altro che gli impedisce di cadere.

Le proprietà fisiche dei corpi

Terzo esperimento
Prendiamo un bicchiere pieno d’acqua e facciamo il classico esperimento di capovolgerlo su un foglietto di carta (una cartolina va benissimo) fatto prima aderire perfettamente all’orlo del bicchiere: l’acqua non si versa.

Evidentemente c’è una forza che sostiene l’acqua, qualcosa al di fuori deve esercitare una pressione sul foglio di carta, superiore al peso dell’acqua contenuta nel bicchiere, e, poichè non c’è altro che aria sotto il bicchiere, l’aria soltanto può essere la causa del fenomeno.

Le proprietà fisiche dei corpi

Quarto esperimento
Prendiamo una bottiglia dal collo largo e non lavorato, e dopo averne rarefatto l’aria con  la combustione di un pezzo di carta (la carta bruciando consuma l’ossigeno dell’aria in essa contenuto), collochiamo rapidamente alla sua imboccatura, come un turacciolo, un uovo sodo sgusciato.
Lo vedremo presto allungarsi, assottigliarsi e infine precipitare, con una piccola detonazione, sul fondo della bottiglia. Chi ha esercitato sull’uovo un peso capace di operare il prodigio? L’aria, nient’altro che l’aria.

Ora proviamo a dare ai bambini l’idea del peso che l’atmosfera esercita su tutti i corpi, proponendo l’esperimento del Torricelli.
La realizzazione dell’esperimento prevede l’uso di un tubo barometrico e di mercurio. Si riempie il tubo di mercurio, si versa altro mercurio in una scodella, si chiude col pollice il tubo e si capovolge tenendolo chiuso fino a portare il foro al di sotto del mercurio contenuto nella scodella:

Si osserva che, liberando l’apertura, il mercurio scenderà nel tubo di circa 24 cm. Chi è che sostiene il peso della colonnina alta circa 76 cm che vi rimane sospesa, contrariamente a quanto il bambino si attenderebbe dovesse avvenire per effetto della gravità?
L’aria; nient’altro che l’aria che preme sul mercurio della scodella.

Le proprietà fisiche dei corpi

Poichè l’esperimento prevede l’uso di mercurio, possiamo mostrare ai bambini un video:

E anche se non vogliamo fare ora il semplice calcolo del peso di quella colonnina di mercurio, corrispondente a quello della pressione atmosferica, rimandandolo alle lezioni riguardanti la meccanica degli aeriformi, da cui sapremo di reggere sulla testa il bel peso di oltre due quintali, potremo sempre darne un’idea al bambino versando il contenuto del tubo barometrico in un recipiente qualsiasi ed invitandolo a reggere quel recipiente.
Non c’è alcun dubbio che l’aria pesi un peso controllabile e misurabile, e che debba perciò essere considerata a tutti gli effetti un corpo.
Ma il bambino si porrà a questo punto una nuova domanda: “Se l’aria pesa, e pesa così considerevolmente su ogni porzione della superficie del nostro corpo come pesa sul mercurio, come mai non ci schiaccia?”

Rifacciamo l’esperimento dell’uovo sodo che funziona come tappo della bottiglia, ma senza consumare l’ossigeno dell’aria in essa contenuta (non bruciamo la carta al suo interno): l’uovo vi resterà immobile nella sua funzione di tappo.
Ricordiamo l’esperimento della cartolina che, sostenuta dall’aria, sosteneva l’acqua contenuta nel bicchiere capovolto. Per dimostrare la pressione dell’aria dall’alto al basso (che è quella a cui noi diamo il nome di peso) occorre eliminare quella dal basso verso l’alto, altrimenti, sollecitato da due forze contrarie, l’uovo non obbedisce a nessuna delle due.

Allo stesso modo, se due bambini spingono con uguale forza un banco, uno verso destra e l’altro verso sinistra, il banco rimarrà dov’è, non si accorgerà nemmeno di essere spinto.

Le proprietà fisiche dei corpi – Il “trasformismo” della materia

Dicendo che i corpi possono presentarsi sotto tre aspetti diversi, abbiamo già accennato ai bambini che uno stesso corpo può assumere l’uno o l’altro di questi aspetti: l’esempio più facile è quello dell’acqua che, sottoposta ad un notevole raffreddamento, solidifica, mentre sottoposta all’azione del calore si trasforma in vapore acqueo.
Con grande meraviglia dei bambini potremo fabbricare, seduta stante, del ghiaccio artificiale, mettendo un po’ di acqua in una provetta e immergendola in un miscuglio frigorifero (ad esempio neve mista a sale).
Ma potremo anche partire dallo stato solido per arrivare al liquido e all’aeriforme, servendoci della cera o di qualsiasi altro corpo facilmente fusibile con un fornelletto.

Le proprietà fisiche dei corpi – Proprietà classiche dei corpi

Stabilito ormai che cosa si intenda per corpo, quali siano gli aspetti sotto cui i corpi possono presentarsi, e come ciascuno di essi possa assumere l’uno o l’altro dei tre stati della materia arriveremo a ricercare coi bambini quali siano i caratteri propri a tutti i corpi, e quali invece siano propri solo a quelli che si trovano in un determinato stato della materia.
Una proprietà comune a tutti l’abbiamo già incontrata, ed è il peso, ma ce n’è un’altra, intuitiva, che il bambino ha già implicitamente osservato e che già faceva capolino, nei sui primi tentativi di definizione di corpo, quando diceva che il corpo deve potersi “toccare”.

Questo toccare, almeno nei corpi solidi, equivale per il bambino ad isolare il corpo nello spazio, a limitarlo per mezzo della superficie, a verificare quanto si stende in lunghezza, in larghezza, in profondità. Se il bambino lo leva dal luogo dov’è collocato, lo spazio che occupava si confonde con lo spazio circostante non occupato da oggetti, ma, se il corpo potesse lasciare una traccia nello spazio, il bambino potrebbe avere davanti a sè, ben definita, la porzione di spazio precedentemente occupata dal corpo: questa porzione si chiama volume, e la proprietà del corpo di occupare quello spazio si chiama estensione.
Che anche i liquidi occupino uno spazio è intuitivo e non c’è bisogno di alcun esperimento particolare. Un liquido che riempie un recipiente occuperà tanto spazio quanto ne occupa il recipiente, eliminato lo spessore delle pareti del recipiente stesso.
Degli aeriformi potremo dire la stessa cosa se li consideriamo in recipienti chiusi, e potremo perciò richiamarci all’esperimento dei vapori di iodio; ma, anche immaginando di stappare i recipienti, essi occuperanno sempre tutto lo spazio disponibile.

Le proprietà fisiche dei corpi

Quinto esperimento
Diciamo ora ai bambini di mettere un libro nello spazio preciso occupato da un altro libro: per farlo i bambini dovranno levare quello che già si trova in quello spazio per collocarvi l’altro che noi gli abbiamo indicato.
Facciamo gettare ai bambini un sasso in un bicchiere pieno d’acqua, e un po’ d’acqua (tanta quanta corrisponde al volume del sasso) uscirà dal bicchiere.
Se il bicchiere non è pieno d’acqua e vi immergiamo un corpo qualsiasi, l’acqua si sposterà per lasciar posto al corpo, elevando il suo livello nel recipiente.
Se in una scodella piena di latte vogliamo versare dell’acqua, i due liquidi potranno mescolarsi, ma una parte del miscuglio dovrà traboccare dagli orli della scodella.
Questa proprietà generale della materia per cui nessun corpo può occupare la porzione di spazio già occupata da un altro corpo, si dice impenetrabilità, e si può sperimentare in tantissimi modi.
E’ però facile che il bambino non creda all’impenetrabilità dei gas, e in particolare dell’aria, perchè, mentre l’aria è dappertutto, noi ci muoviamo al suo interno liberamente. Possiamo allora ricordargli, per analogia, quello che succede quando si tuffa in piscina: l’acqua si sposta al suo passaggio, si apre davanti a lui e si richiude dietro di lui, ma dove si stende il suo corpo non può contemporaneamente stendersi l’acqua. Nella vasca da bagno si può vedere l’acqua che si alza di livello quando ci immergiamo, ma questo fenomeno non  è visibile in piscina, o al mare, perchè lo spazio occupato dal nostro corpo è infinitesimo in rapporto alla loro estensione.
Ebbene, ciò che avviene nell’acqua avviene anche nell’aria; essa si sposta al suo passaggio; si apre davanti a noi, si richiude dietro di noi, ma dove si trova il nostro corpo non ci può essere contemporaneamente aria.

Le proprietà fisiche dei corpi

Sesto esperimento
Per convincere praticamente i bambini che dove c’è un corpo non ci può essere aria, o meglio ancora, reciprocamente, che dove c’è aria lo spazio non può essere occupato da un altro corpo, possiamo fare un semplice esperimento.
Prendiamo una ciotola trasparente d’acqua e cerchiamo di mettere sul pelo dell’acqua un bicchiere vuoto capovolto: il livello dell’acqua nel bicchiere sarà uguale a quello dell’acqua presente nella ciotola.


Ma  se premendo e inclinando il bicchiere faremo uscire le bolle d’aria in esso contenuta, l’acqua salirà dentro di esso per un buon tratto.

 L’acqua non poteva entrare nel bicchiere finchè vi era aria, perchè l’aria, come tutti i corpi, è impenetrabile.

Mettiamoci ora alla ricerca di qualche altra proprietà generale della materia. Se prendiamo un po’ di chicchi di caffè e li maciniamo, otterremo da ogni chicco un numero grandissimo di granelli. Ma ognuno di quei granelli è ben lontano da rappresentare la più piccola parte in cui quel corpo solido si può suddividere.
Se mettiamo un po’ di zucchero o un po’ di sale in un bicchiere d’acqua, queste sostanze si divideranno e si suddivideranno in parti così minime che non ci sarà più possibile afferrarne con l’occhio l’esistenza.
Se soffiamo con forza in uno spruzzatore, o schizziamo fuori l’acqua da una peretta di gomma, essa si suddividerà in una quantità di minutissime goccioline, e così avverrebbe per qualsiasi altro liquido.
Questa possibilità di dividersi in parti piccolissime si chiama divisibilità, ed è anch’essa una proprietà di tutti i corpi.

La più piccola parte ottenibile da queste divisioni si chiama atomo, da una parola greca che vuol dire appunto “indivisibile”. Questo “indivisibile” non è affatto indivisibile, ma ci conviene per il momento considerarlo come tale. Che esso sia effettivamente tale dal punto di vista chimico, ma che, viceversa, lo si debba pensare fisicamente divisibile, e che ciò sia stato confermato praticamente con la divisione dell’atomo, in questa prima fase di osservazione dei fenomeni della natura è prematuro da affrontare. Rimandiamo queste nozioni ad un secondo momento. La momentanea “ignoranza” non costituisce però ne un errore (in quanto l’atomo scisso non rappresenta più il corpo semplice, o elemento, che eventualmente volessimo considerare), ne un ostacolo alla comprensione dei fenomeni che ci prepariamo a spiegare.
Questi atomi, dunque (a cui, del resto, neppure il fisico ha cambiato il nome), si riuniscono in piccoli gruppi detti molecole per effetto di una reciproca attrazione, e le molecole a loro volta si attraggono a formare il corpo; se si respingessero, il corpo, evidentemente, non starebbe unito, ma ogni particella se ne andrebbe per suo conto nello spazio. E’ ciò che avviene, in parte, nei corpi aeriformi, che in quella loro tendenza ad espandersi, mentre provano la loro divisibilità, mostrano di essere forniti di ben poca attrazione tra le particelle che lo costituiscono, attrazione che è anch’essa una proprietà della materia e prende più propriamente il nome di coesione.

L’aver ammesso che i corpi sono formati da particelle piccolissime di materia ci conduce ad un’altra interessante considerazione. Le particelle che formano un corpo sono saldate, fuse insieme? Oppure, nella loro attrazione reciproca, le particelle mantengono una certa distanza tra loro in modo da formare nel corpo degli spazi invisibili tra loro?
Tutto induce a ritenere esatta la seconda supposizione, evidentissima per gli aeriformi, ma non evidente nei solidi e nei liquidi se non con l’aiuto di qualche esperimento.

Le proprietà fisiche dei corpi

Settimo esperimento
Se metto dell’acqua all’interno di un recipiente di terracotta non verniciato e osservo, dopo poco tempo la superficie esterna di esso, vi noterò minutissime goccioline che ne inumidiscono tutta la superficie. Ma come può essere uscito il liquido dal vaso che io non ho toccato? Evidentemente esso si è fatto strada attraverso piccoli spazi che io non vedo osservando la terracotta, e che si chiamano pori.
I membri di un’accademia scientifica, l’Accademia del Cimento,  vollero un giorno (circa 3 secoli e mezzo fa) provare se il volume di una certa quantità di acqua fosse comprimibile. Fecero fare per questo una bella sfera d’argento fuso, la riempirono d’acqua, la chiusero ermeticamente, poi si dettero a percuoterla con dei martelli, per ridurre, ammaccandola, il volume della sfera, e con esso il volume dell’acqua. Ma non le avevano ancora prodotta alcuna ammaccatura, che la sfera si era tutta ricoperta di goccioline d’acqua, le quali, evidentemente, erano trapelate attraverso i pori dell’argento. Essi ne dedussero che l’acqua non fosse comprimibile, e si sbagliarono (la scienza è poi riuscita a ridurre il volume dell’acqua a meno della metà sotto una pressione di cinquantamila atmosfere), ma dimostrarono intanto certamente una proprietà dell’argento, condivisa anche da ogni altro corpo solido, e cioè la porosità.
Questa stessa caratteristica detta porosità si può trovare facilmente anche nei liquidi, riempendo d’acqua a metà circa un vasetto di vetro, quindi versandovi sopra, con molta cautela e fino a riempimento dell’alcol colorato che, per la sua leggerezza maggiore di quella dell’acqua, dovrà stare a galla. A questo punto chiudiamo il vasetto con un tappo attraversato da una cannuccia trasparente, e introduciamo nella cannuccia  altro alcol colorato fino a un certo livello. Agitando il vaso, l’alcol e l’acqua si mescoleranno e il livello del liquido nella cannuccia discenderà, dimostrandoci una riduzione di volume.
Poichè abbiamo già dimostrato l’impenetrabilità della materia, non si potrà risolvere altrimenti il problema se non supponendo che i due liquidi siano penetrati reciprocamente l’uno nei pori dell’altro.

Le proprietà fisiche dei corpi

Ottavo esperimento
Per dimostrare una proprietà dei corpi detta variabilità di volume, in genere si usa per i solidi l’anello di Gravesande,

photo credit http://museo.liceofoscarini.it/

per i liquidi e gli aeriformi un’ampolla di vetro apposita che presenta un’imboccatura a forma di tubo di piccolo calibro, in cui si introduce, a seconda dei casi, un liquido colorato o un gas, che dovrà, aumentando di volume, spingere in alto una goccia di mercurio contenuta nel cannello.
Ma si possono fare le stesse esperienze senza questi apparecchi.

Le proprietà fisiche dei corpi

Esperimento
Si prende un bicchiere; si appoggia sull’apertura del bicchiere un foglio di cartoncino rigido, e in questo si pratica un taglio lungo perfettamente quanto il diametro di una moneta e largo quanto la costa della medesima, in modo che essa, infilata nel taglio, cada nel bicchiere come dentro a un salvadanaio. Togliamo la moneta, riscaldiamola, e vedremo che la moneta non passerà più nel taglio, e dimostrerà così di essere aumentata di volume.
Come potremo convincere il bambino che questo apparente aumento di materia non è che un allungamento degli spazio intermolecolari e interatomici, un allontanamento tra particella e particella che costituiscono il corpo, e non un accrescimento della sostanza di cui il corpo è composto? Semplicemente pesando la moneta riscaldata e mostrando che nell’aumento di volume non subisce alcun aumento di peso verificabile.

La variabilità di volume nei liquidi o negli aeriformi può essere dimostrata facilmente con una bottiglietta qualsiasi tappata da un tappo entro il quale si è infilata una cannuccia trasparente. Per i liquidi si introduce dell’acqua colorata in modo che il livello superi l’imboccatura della cannuccia: riscaldando l’acqua, essa corre su per la cannuccia mostrando con evidenza l’aumento di volume.
Per i gas lasciamo lasciamo all’imboccatura di base della cannuccia una gocciolina di acqua colorata: scaldando l’aria contenuta nella bottiglia, la goccia d’acqua salirà rapidamente lungo il tubo.

Passiamo ad un altro ordine di osservazioni: ce ne offre l’occasione il gioco della palla. Battendo sul terreno la palla si schiaccia, cioè ne tocca la superficie orizzontale non in un punto, come avviene se io la poso delicatamente a terra, ma per un’estensione circolare che potrei anche ottenere annerendo il piano, ad esempio, con del nerofumo.
Quando poi la palla ci rimbalza nuovamente tra le mani, è ancora perfettamente rotonda, e non porta nessuna traccia della deformazione.
Prendiamo un elastico: tirandolo si allunga e cessando la trazione torna alla lunghezza originaria.
Questa proprietà per cui i corpi riprendono la forma o il volume primitivo quando cessa la causa di alterazione su di essi, si chiama elasticità.

Prendiamo la lama di un coltello ed incurviamola: cessando di esercitare questa forza la lama torna rettilinea. Attorcigliamo due funi legate ad uno stesso corpo pesante che faremo girare rapidamente: e le funi torneranno a dividersi non appena cesseremo di costringere il peso a ruotare nella direzione da noi voluta.
Anche se non vogliamo ora parla di elasticità alla compressione, alla tensione, alla flessione, alla torsione, ci basta averle dimostrate per effetto.

Potremo anche proporre al bambino dei divertenti giochi che gli fissino nella memoria queste proprietà: per esempio, chiediamogli di  trovare il modo di allontanare una moneta dall’estremità di una fila di altre monete identiche, unite costa a costa, senza toccarla in nessun modo.

Basterà urtare la moneta che si trova all’estremità opposta, e quella da noi indicata si allontanerà, senza che si muovano le monete intermedie.

Evidentemente le particelle che le compongono devono essersi spostate con violenza verso l’ultima, che ne è fuggita lontano, ma devono anche essere ritornate nella posizione primitiva.

Un apparecchio molto simile al pendolo di Newton:

si può costruire prendendo un’asta di legno e facendovi alcuni fori distanti l’uno dall’altro quanto il diametro di alcune palline di legno, tutte uguali. Attaccando le palline a dei fili che passino per i fori praticati, fermando l’estremità superiore dei fili con un nodo, e sospendendo la riga a due sostegni qualsiasi, avremo  tanti pendoli che si toccano fianco a fianco. Scostando la prima di queste palline e lasciandola cadere contro la successiva, l’ultima si scosterà senza che si muovano le intermedie:

Con questi esperimenti non avremo dimostrato l’elasticità dei solidi, ma solo di alcuni solidi, e non potremo generalizzare da questi pochi casi, se non avvisando il bambino che gli scienziati hanno fatto esperimenti che dimostrano come tutti i corpi siano elastici e che quelli che a lui non appaiono tali lo sono in così piccola misura da richiedere, per la dimostrazione, mezzi di cui è possibile disporre solo nei laboratori. Questa precisazione è importantissima per non assecondare la pericolosa tendenza, già propria dei bambini, di generalizzare da uno o pochi casi, cioè di formulare la legge in base a un numero insufficiente di osservazioni o di esperimenti.

Ci sarà però facile dimostrargli l’elasticità di qualche liquido, invitandolo a girare il rubinetto dell’acqua potabile: l’acqua, per il suo peso, scenderà precipitosamente nella vaschetta, ma in breve il bambino si troverà tutto cosparso da un’infinità di goccioline minutissime di acqua, quasi argentee in quella loro piccolezza di volume. Ma come l’acqua è saltata addosso a lui? Non doveva dunque scendere verticalmente, anelando, per il peso, a cadere sempre più in basso? Doveva, ed è caduta, ma le gocce d’acqua che, cadendo, non hanno potuto infilare il foro del condotto hanno naturalmente battuto con violenza sul fondo della vaschetta: ed ecco che esse hanno fatto come la sua palla di gomma e sono rimbalzate con violenza verso l’alto, ad investirlo, a spruzzarlo, agili, leggere e perfettamente rotonde.
Non ci sarà nemmeno difficile mostrare ai bambini l’elasticità di un gas: l’aria che un bambino comprime in piccolo volume quando gonfia le gomme della sua bicicletta vuole riacquistare quello che aveva in origine e sfugge, sibilando, dalla valvola, non appena essa le venga aperta. Se possiamo procurarci una pompa da bicicletta in cui scorre uno stantuffo di gomma a perfetta tenuta infilato e fermato ad un’asta di metallo, in modo da poterlo spingere in giù, faremo vedere che l’aria compressa là dentro dalla discesa dello stantuffo lo spingerà indietro, al cessare della nostra pressione, per riacquistare il volume primitivo, qualora noi si tappi con un dito il foro inferiore, invece di infilarlo sopra la valvola del pneumatico.
Chiuderemo questi nostri cenni sulle proprietà generali dei corpi con alcuni esperimenti riguardanti l’inerzia.

Le proprietà fisiche dei corpi

Le proprietà fisiche dei corpi – Il gioco delle bocce può offrire utile materiale didattico

Noi usiamo comunemente il termine “inerte” per indicare ciò che non si muove, che non lavora, che non produce.  Scientificamente, però, la parola ha un altro valore: indica cioè non soltanto la quiete, anche il moto.
Nel primo senso la cosa è troppo evidente per aver bisogno di spiegazione; un corpo inanimato non potrà mai mettersi in movimento se una forza ad esso estranea non verrà a smuoverlo. Non è altrettanto evidente, o almeno così sembra a prima vista, il fatto che un corpo inanimato non possa mai cessare quel movimento dopo che gli è stato impresso, se una forza estranea non interviene per fermarlo, nè possa accelerare o rallentare il suo moto senza cause esteriori che possano produrre su di lui tali modificazioni.
Il moto, una volta impresso ad un coro, dovrebbe durare per anni, per secoli, per millenni, se si realizzassero condizioni ambientali tali da non poter influire minimamente su di esso. Non è facile dimostrare al bambino questa legge: possiamo solo parzialmente basarci su esperimenti e abbiamo bisogno, per completare le nostre spiegazioni, di supporre, di astrarre, di immaginare, di costruire una realtà su elementi irreali. Il bambino ci potrà capire? Possiamo tentare.

Le proprietà fisiche dei corpi – Esperimento
Prendiamo una boccia e diciamo al bambino di farla rotolare  in un cortile o su una strada pavimentata a ciottoli: urtata, nella sua corsa, dagli spigoli dei sassi, la boccia non andrà molto lontano. Facciamo poi rotolare la boccia su una strada di terra battuta: la palla arriverà molto più lontano, e ancora più lontano potrà andare su una bella strada asfaltata.
Certo, anche in questo caso la boccia, sia pure a notevole distanza, si fermerà, ma per liscio che sia il pavimento, vi sarà pur sempre un po’ di attrito tra la boccia e il terreno, senza considerare la resistenza opposta al moto della boccia dall’aria. Il bambino stesso può provare questa resistenza mettendosi a correre: l’aria gli aliterà sul viso come se improvvisamente si fosse levato il vento. Senza queste cause la boccia una volta messa in moto non si fermerebbe più.

Possiamo fare esempi di questo moto osservando una gran quantità di eventi quotidiani, che il bambino ha sperimentato inconsapevolmente mille volte, ma senza mai averli analizzati nelle loro cause e nei loro effetti.
Se il bambino si trova su un vagone del treno lanciato a velocità notevole, all’arresto del treno si sentirà spingere con forza nella stessa direzione seguita dal vagone, perchè il suo corpo, che si muoveva con esso nella stessa direzione, tende a permanere in quello stato di movimento. Se il treno da una traiettoria rettilinea passa ad un tratto a descriverne una fortemente curva,  il bambino si sentirà come lanciato al di fuori, per la tendenza che il suo corpo aveva di continuare il moto secondo la traiettoria rettilinea. Se di un treno in rapida corsa si arresta improvvisamente il motore, i vagoni che seguono la locomotiva urteranno l’uno con l’altro, si accavalleranno addirittura, per quella forza d’inerzia che tende a farle persistere nel movimento iniziale.

Un fenomeno analogo avviene anche per i liquidi: se la pioggia violenta ci ha sorpresi per la strada senza ombrello, possiamo liberare il cappello dall’acqua che lo inzuppa scuotendolo come se no volessimo gettare a terra, mentre poi lo tratteniamo saldamente; ma le gocce, cui già era stato impresso il movimento di discesa, lo continuano per inerzia ed escono dal cappello per cadere sul terreno.

Negli aeriformi potremo far osservare al bambino il vapore acqueo che esce da una pentola che bolle: le molecole che lo costituiscono continuano a salire finchò non trovano un ostacolo che le arresti nel loro cammino e che, nel nostro caso, sarà rappresentato dal soffitto della stanza in cui ci troviamo. Non che tutti i gas si comportino come il vapore acqueo, preso qui come esempio perchè visibile: il vapore infatti sale perchè è più leggero dell’aria, ma esistono anche gas più pesanti dell’aria. Detto questo anche per i secondi vale le legge per cui una volta iniziato il moto le loro molecole tenderebbero a muoversi infinitamente, se non arrestate da ostacoli. Ma non complichiamo per ora questo concetto con la qualità del moto che un corpo, per inerzia, dovrebbe seguire: l’uniformità della velocità e la l’andamento rettilineo della traiettoria percorsa sarebbero complicazioni astratte e non controllabili attraverso l’esperienza diretta.
D’altra parte non siamo interessati alla compiutezza delle nozioni, ma piuttosto al fatto che quelle illustrate siano esatte e che mai il bambino debba farle proprie per autorità. Vogliamo che il bambino assimili queste nozioni attraverso quella convinzione incrollabile che può dare solo l’esperienza concreta.

Le proprietà fisiche dei corpi – Ogni classe di corpi tende a differenziarsi dalle altre

Dopo aver condotto il nostro piccolo scienziato allo studio delle proprietà generali della materia, sia attraverso l’osservazione di fenomeni naturali, si attraverso la loro riproduzione artificiale per mezzo di esperimenti, ci rimarrà ancora un lungo cammino da percorrere per guidarlo nello studio  delle proprietà comuni solo a certi stati della materia.
Noi finora abbiamo volutamente fermato l’attenzione su caratteri che si riscontrano in qualsiasi corpo, ed abbiamo insistito perchè il bambino non generalizzasse precipitosamente in legge le conclusioni a cui i suoi sensi parevano guidarlo nei rapporti di un determinato stato della materia.
Questo era indispensabile, perchè, insieme ai caratteri generali, ogni corpo ne possiede altri particolari del suo stato, ed altri ancora specifici a un gruppo di quello stato, ed altri infine del tutto individuali che lo differenziano fra tutti e costituiscono il suo essere.
I solidi, ad esempio, hanno caratteri propri, quali la durezza e la tenacità; i liquidi proprietà specifiche come la scorrevolezza delle molecole e il potere di trasformare in liquido un solido immerso in essi; mentre l’espansibilità e la tensione sono fenomeni che si riscontrano solo negli aeriformi.
Così alcuni caratteri fisici sono propri, ad esempio, solo di certi corpi solidi, come la plasticità, la malleabilità, la duttilità, la friabilità, la fragilità, ecc…, mentre la forma, il sapore, il calore, l’odore ecc… sono proprietà essenzialmente individualizzatrici.

Lanterna di carta per San Martino

Lanterna di carta per San Martino in due versioni, una più semplice e una un po’ più elaborata, con tutorial fotografico e modello stampabile gratuitamente in formato pdf. E’ un altro classico della scuola steineriana, dopo la lanterna di cartapesta e la lanterna a stella.
Entrambe le versioni sono di grande effetto e richiedono pochissimo tempo per la realizzazione.


Prima versione

Se anche non volete usare il modello, si tratta come vedete di piegare un margine superiore e laterale destro di circa 2 cm per chiudere la lanterna, e di un margine inferiore più largo per la base. Quindi si divide in foglio in quattro parti uguali (escluso il margine) e si tracciano le diagonali di ogni rettangolo ottenuto:


Le linee in rosso sono da tagliare:

tutte le altre linee da piegare:

si procede quindi alla chiusura della forma, così:

e si ripiega verso l’interno il margine superiore:

ora si deve soltanto dare forma alla lanterna spingendo verso l’interno i rombi che corrispondono ai quattro spigoli laterali della lanterna:



Seconda versione

potete usare il modello, o un foglio a vostra scelta, di forma rettangolare. Io ho usato una pittura:

segnate un margine laterale così, piegando la carta (un paio di centimetri circa):

voltate (io ho tracciato a matita le piegature per facilitare la spiegazione):

Piegate il foglio a metà, escludendo il margine:

poi dividete ogni metà ancora in due, così:

otterrete quattro rettangoli uguali:

piegate ora a metà nel senso della lunghezza:

e poi ogni metà ancora in due:

otterrete questa griglia:

dividete la parte superiore (prima fila di rettangoli) in tre, nel senso della lunghezza, lasciate liberi i rettangoli della quarta fila di rettangoli, e tracciate le diagonali di ogni rettangolo della seconda e della terza:

tagliate in questo modo e piegate la carta lungo ogni linea tracciata:

incollate le linguette:

e il fondo della lanterna:

rivoltate verso l’interno il margine superiore:

quindi spingete verso l’interno ogni rombo che si trova in corrispondenza dei quattro spigoli del parallelepipedo:

e questo è il risultato:

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

trasparente 6

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

trasparente nero 6

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

Io ho preparato prima le lanterne, e poi i tre cerchi concentrici della luce:

poi ho preparato le stelle e la luna:

e infine il cielo, prima con veline ritagliate:

e poi con striscioline strappate:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 6

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5
materiale

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartonicino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5 – trasparente solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5 –  nero

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 5
come si fa:

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline.

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4
modelli:

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartonicino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4 – solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4 – nero


Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 4

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 3

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 3 con modelli scaricabili e stampabili gratuitamente in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartonicino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 3
modello solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 3
modello nero

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 2

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 2 con modelli scaricabili e stampabili gratuitamente in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 2
modelli

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartonicino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

nero

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 2
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline.

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Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1 con modelli scaricabili e stampabili in formato pdf. Il quadretto può essere messo alla finestra, davanti ad una candelina, oppure può essere inserito in una lanterna di cartone.

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
modelli

Questo è il disegno a contorni, se preferite ritagliare il quadro dal cartoncino nero (le parti tratteggiate sono indicazioni per il ritaglio e lo strappo delle veline colorate):

solo contorni

Questa è la sagoma in nero, già pronta per la stampa e il ritaglio:

nero

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1
come si fa

Dopo aver ritagliato il quadro, potete utilizzare lo schema a tratteggio per le veline:

la procedura più semplice è ricavare per prime la luna e la luce per la lanterna, e le due nuvolette bianche intorno ai due elementi:

quindi incollarle tra loro, e poi nel quadretto:

completando con le veline azzurre e marroni stappate a striscioline irregolari:

Lavoretti per San Martino QUADRO TRASPARENTE 1

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Lanterna per San Martino con sagome ritagliate

Lanterna per San Martino con sagome ritagliate disponibili per il download e la stampa in formato pdf.

Lanterna per San Martino con sagome ritagliate
modelli

Questo è il disegno a contorni, se preferite riportare la sagoma sul cartoncino nero e poi ritagliarla:

Lanterna per San Martino con sagome ritagliate solo contorni

Queste sono le sagome già pronte per la stampa e il ritaglio:

 

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Lanterna per San Martino con sagome ritagliate

Lanterna per San Martino con sagome ritagliate

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche CUO QUO

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche CUO QUO. Come già detto per le schede delle nomenclature per parole di tre lettere 

e per le schede delle nomenclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri.

Nomenclature per le difficoltà ortografiche CUO QUO

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono CUO QUO.

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono CUO QUO, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto.

parole contenenti   CUO QUO di 4 lettere cuor – equo

parole contenenti   CUO QUO di 5 lettere  cuoco cuoia cuoio cuore vacuo – aequo quota quoto

parole contenenti CUO QUO di 6 lettere   cuoche cuocia cuocio scuoce scuolainiquo liquor quorum

parole contenenti CUO QUO di 7 lettere   cuocere cuoiaio cuoiame innocuo vacuolo – antiquo liquore obliquo quotare quotato sequoia

parole contenenti  CUO QUO di 8 lettere  cospicuo cuocendo cuocersi cuociano cuociono proficuo scuocere scuoceva scuoiare scuoiato scuotere – aliquota quotando quotista

Parole contenenti CUO QUO di 9 lettere  capocuoco cuoricino incuocere perspicuo promiscuo ricuocere rubacuori scuocersi scuociono scuoiando scuolabus scuotendo scuotersi semicuoio telecuore vacuolare –  inquotata inquotato liquorale liquorino liquoroso propinquo quotatura quoziente

Parole contenenti CUO QUO di 10 lettere  autoscuola batticuore capiscuola caposcuola crepacuore cuoriforme doposcuola incuocendo malincuore percuotere rincuorare rincuorato ricuocendo ricuociono rincuorare rincuorato riscuotere riscuotuto scuocevano scuoiatore scuoiatura scuotitoio scuotitore sottocuoco stracuocia telescuola tremacuore vacuometro vacuostato – liquoreria liquoriero liquorista pedissequo quotazione quotidiani quotizzare quotizzato squarquoio

Parole contenenti CUO QUO di 11 lettere  giustacuore inconspicuo interscuola percuotendo percuotersi rincuorando riscuotendo riscuotersi scuocendosi scuoiatrice scuoiazione scuotimento stracuocere vacuoscopio – quotizzando ventriloquo

Parole contenenti CUO QUO di 12 lettere  cuorcontento ripercuotere riscuotibile riscuotitore scuotipaglia stracuocendo stracuociono strappacuore struggicuore vacuolizzato – biquotidiano liquoristico quotidianità

Parole contenenti CUO QUO di 13 lettere  rincuorerammo ripercuotendo ripercuotersi riscuotitrice

Acquarello steineriano LE ZUCCHE

Acquarello steineriano LE ZUCCHE tutorial per realizzare coi bambini della scuola d’infanzia e primaria due versioni diverse di zucca, tipico frutto autunnale, e simbolo della festa di Halloween. Una terza versione, adatta anche ai bambini più piccoli, qui 

Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE
Prima versione

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente
– una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo
– pennello
– un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna)
– colori ad acquarello: giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione

Dopo aver immerso il foglio nell’acqua, stendetelo sul tavolo, evitando bolle e ondulazioni:

Iniziate dipingendo un punto giallo limone al centro del foglio:

ingrandite il punto finchè riesce a stare comodo sul foglio, non  troppo schiacciato dai bordi inferiore e superiore:

Quando il punto non può più crescere mantenendo la sua forma circolare, iniziamo ad espanderlo a destra:

e a sinistra, sempre lasciandogli un margine interno per non essere schiacciato:

Riempiamo ora la cornice attorno al giallo col blu oltremare, seguendo la forma del punto giallo e stando molto attenti a che i due colori non si tocchino tra loro:

 Con gesti morbidi, dal basso verso l’altro e rispettando il gesto del giallo, trasformiamolo in arancione utilizzando il rosso vermiglio, stando attenti a lasciare in altro una zona gialla:

Col blu oltremare trasformiamo la zona gialla in alto in verde:

e facciamo crescere verso il picciolo della zucca:

riprendiamo poco giallo limone per illuminare il blu oltremare della cornice, trasformandolo in un verde leggero leggero:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE
Seconda versione

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente
– una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo
– pennello
– un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna)
– colori ad acquarello: giallo limone, giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.

Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione

Dopo aver preparato il foglio bagnato come spiegato sopra, riempiamolo di giallo limone, seguendo il gesto di luce che più ci piace:

Col blu oltremare creiamo in basso una base ondulata verde, adatta a sostenere qualcosa di grande e tondo:

col giallo oro facciamo un punto circa al centro del foglio:

e facciamolo crescere:

Quando il punto comincia ad avere poco spazio sopra e sotto, continuiamo a farlo crescere ancora un po’ a destra e a sinistra:

Col rosso vermiglio trasformiamo il giallo oro in arancione, lasciando uno spazio giallo in alto, che trasformeremo in verde col blu oltremare:

dipingendo anche il picciolo della  zucca:

Questa è la pittura asciutta:

Acquarello steineriano LE ZUCCHE

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche QQU CQU

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche QQU CQU. Come già detto per le schede delle nomenclature per parole di tre lettere

 e per le schede delle nomeclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri.

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono QQU CQU.

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono QQU CQU, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto:

Mentre l’unica parola italiana con  QQU è soqquadro, con soqquadrato e soqquadrare, le parole con cqu sono:

parole contenenti  CQU di 5 lettere acqua

parole contenenti CQU di 6 lettere acquea acqueo nacque nocque tacque

parole contenenti CQU di 7 lettere  acquaio acquata acquosa acquoso bacquie giacque piacque

parole contenenti CQUdi 8 lettere  acquario nacquero nocquero paracqua rinacque spiacque tacquero acquisti

Parole contenenti CQU di 9 lettere  acquaiola acquaiolo acquatica acquatico acquavite acquifera acquifero acquisire acquisito acquolina acquosità giacquero introcque piacquero sciacquii sciacquio subacqueo

Parole contenenti CQU di 10 lettere  acquaforte acquanauta acquaplano acquaragia acquarello acquasanta acquatinta acquattare acquattato acquazzone acquedotto acqueforti acquietare acquietato acquigiana acquigiano acquirente acquisendo acquisente acquisirsi acquisisca acquisisce acquisisco acquistare acquistato acquitrino annacquare annacquato compiacque dispiacque portaacqua rinacquero scaldacqua sciacquare sciacquato sciacquone soggiacque sopracqueo tagliacque terracqueo

Parole contenenti CQU di 11 lettere  acquamarina acquattando acquattante acquidoccio acquietando acquietante acquisibili acquisitiva acquisitivo acquisitore acquistando acquistante annacquando annacquante scaldaacqua sciacquando scialacquio spartiacque tocqueville

Parole contenenti CQU di 12 lettere  acquacoltura acquerellare acquerellato acquerugiola acquiescente acquiescenza acquisiscano acquisiscono acquisitrice acquisizione acquistabile acquitrinosa acquitrinoso riacquistare riacquistato risciacquare risciacquato sciacquadità sciacquatura scialacquare scialacquato scialacquona soggiacquero squacquerare squacquerato

Parole contenenti CQU di 13 lettere acquafortista acquartierare acquartierato acquasantiera acquerellando acquerellante acquerellista acquietamento annacquamento riacquistando risciacquando sciacquamento scialacquando squacquerando

Parole contenenti CQU di 14 lettere  acquartierando riacquistabile risciacquatura scialacquatora

Parole contenenti CQU di 15 lettere  risciacquamento sciacquabudella scialacquamento scialacquatrice

Parole contenenti CQU di 16 lettere acquartieramento

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche QQU CQU

il materiale comprende tutte le seguenti schede, pronte per il download e la stampa:

Qui alcuni dettati ortografici: 

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche CUA QUA

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche CUA QUA.  Come già detto per le schede delle parole di tre lettere

e per le schede delle nomeclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri.

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono CUA QUA.

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche CUA QUA

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono CUA QUA, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto.

parole contenenti   CUA QUA di 4 lettere  equa equo quai qual

parole contenenti   CUA QUA di 5 lettere  arquà quale quare quark squaw

parole contenenti CUA QUA di 6 lettere iniqua Pasqua quadre quadro quando quanto quarto quarzo quasar quassù quatto serqua squalo squame squash

parole contenenti CUA QUA di 7 lettere arcuare arcuato Ecuador innocua lacuale – liquame loquace obliqua quadrio quaggiù quaglia qualche qualcun qualità qualora qualsia quantum quarrie quassio quattro siliqua squadra

parole contenenti  CUA QUA di 8 lettere  arcuando arcuante evacuare evacuato – alquanta alquanto aquatile bequadro biquadro equanime equatore Pasquale pisquano quaderno quadrare quadrato quadrica quadriga quadrone qualcosa qualcuna qualcuno quantico quantile quantità quaranta quarnale quarneri quartana quartica quartier quartile quartino quarzite quarzoso quaterna squamare squamato squamoso Torquato

Parole contenenti CUA QUA di 9 lettere  arcuatura evacuando evacuante – antiquark antiquata antiquato cinquanta equazione exequatur loquacità perequare perequato quacchero quadrando quadrella quadreria quadrista quadrivio quadrotta quadruplo quagliare quagliato quagliere qualsiasi qualsisia qualunque qualvolta quantomai quaresima quarteria quartetto quartiere quattrini reliquato squadrare squadrato squadrone squallido squallore squamando squarcina squartare squartato squassare squassato trequarti

Parole contenenti CUA QUA di 10 lettere  evacuativa evacuativo ipecacuana – antiquaria antiquario desquamare desquamato equanimità inquadrare inquadrato inquartare inquartato liquazione Pasqualina Pasqualino perequando quadernino quadrabile quadratico quadratino quadratoni quadratura quadrifora quadriglia quadriglio quadrilobo quadripala quadripolo quadrireme quadruccio quadrumane quadrupede quadrupolo quagliando qualcosina qualifiche quantomeno quantunque quarantana quarantena quarantina quarantino quarantore quarchioni quartararo quartarolo quartavolo quartirolo quarzifero reliquario riquadrare riquadrato sperequare sperequato squadrando squadrismo squadrista squagliare squagliato squarciare squarciato squarquoio squartando squassando

Parole contenenti CUO QUO di 11 lettere  ecuadoriana ecuadoriano evacuamento evacuazione inconspicua -acquattando allorquando capisquadra caposquadra cinquantina desquamando equalizzare equalizzato equatoriale inquadrando inquadrante inquartando inquartante perequativo quadernetto quadrangole quadrangolo quadrantale quadrellare quadrellato quadrettare quadrettato quadriciclo quadriennio quadrifonia quadrifonte quadriforme quadrigetto quadrilione quadrilungo quadrinomio quadriposto quadrumviro quadrunviro quadruplice qualcheduna qualcheduno qualificare qualificato qualitativo quantistico quantizzare quantizzato quantometro quaquaraqua quarantenne quaresimale quartanello quartazione quartierato quartierino quartultimo quaternario quattordici quattrinaio quattrocchi quattromila rinquartare rinquartato riquadrando risquadrare risquadrato siliquastro sperequando squadernare squadernato squadraccia squadratura squadriglia squagliando squalifiche squamiforme squarciando squartatore squasimodeo

Parole contenenti CUA QUA di 12 lettere  antiquariato biquadratico cinquantatré cinquantenne decimoquarto desquamativo disequazione equalizzando inquadrabile inquadratura perequazione quaccherismo quadragesimo quadrellando quadricipite quadricromia quadriennale quadrifoglio quadrifonico quadrigemino quadrigliati quadrilatero quadrilustre quadrimestre quadrimotore quadrimpulso quadripetalo quadriplegia quadripolare quadrittongo quagliodromo qualificando qualsivoglia qualunquismo qualunquista quantificare quantificato quantitativo quantizzando quarantamila quarantennio quarantesimo quartettista quartigliere quattrinello quattrocento rinquartando riquadratore riquadratura sconquassare sconquassato soqquadrando s squadernando squadristico squalificare squalificato squallidezza squarciagola squartamento squartatrice squassamento squattrinato trequartista

Parole contenenti CUA QUA di 13 lettere   appropinquare appropinquato centoquaranta cinquantamila cinquantennio cinquantesimo dequalificare dequalificato desquamazione equalizzatore equanimemente inquadramento inquartazione neosquadrismo neosquadrista ogniqualvolta protoquamquam quadragenario quadrangolare quadraturismo quadraturista quadrellatura quadrettatura quadrifarmaci quadrifarmaco quadripartito quadriplegico quadrisillabo quadrivettore quadrumvirato quadrunvirato quadruplicare quadruplicato quadruplicità qualificabile qualificativo qualificatore quantificando quarantennale quarantottata quarantottore quarantunenne quattrofoglie quinquagesimo riquadramento riqualificare riqualificato sconquassando sperequazione squagliamento squalificando squarciamento

Parole contenenti CUA QUA di 14 lettere appropinquando appropinquante centocinquanta cinquantenario cinquantunenne dequalificando equalizzazione mezzaquaresima quadragesimale quadrimestrale quadrireattore quadruplicando qualificatrice qualificazione qualsivogliano qualunquistico quantificabile quantificatore quantizzazione quarantaduenne quarantottenne quarantottesco quaresimalista quartiermastro quattordicenne quinquagenario riqualificando subequatoriale sudequatoriale ventiquattrore

Parole contenenti CUA QUA di 15 lettere  capisquadriglia caposquadriglia cinquantaduenne cinquantottenne inqualificabile quadrigemellare quadripartitico quantificazione quantomeccanica quarantanovenne quarantaseienne quarantatreenne quarantottesimo quattordicesimo quattordicimila quattrocentesco quattrocentista sconquassamento squalificazione ventiquattrenne

Parole contenenti CUA QUA di 16 lettere cinquantanovenne cinquantaseienne cinquantatreenne dequalificazione duecentoquaranta quadrimensionale quadrisdrucciolo quadruplicazione quarantasettenne quattrocentomila riqualificazione trentaquattrenne ventiquattresima ventiquattresimo

Parole contenenti CUA QUA di 17 lettere  cinquantasettenne duecentocinquanta millequattrocento novantaquattrenne ottantaquattrenne quantificazionale quarantacinquenne quattrocentistico trentaquattresima

Parole contenenti CUA QUA di 18 lettere  centocinquantamila cinquantacinquenne ottocentocinquanta quadridimensionale quadrimensionalità quarantaquattrenne sessantaquattrenne settantaquattrenne

Parole contenenti CUA QUA di 19 lettere  cinquantaquattrenne sessantaquattresimo

Parole contenenti CUA QUA di 20 lettere quadridimensionalità

Parole contenenti CUA QUA di 21 lettere duecentocinquantamila seicentocinquantamila trecentocinquantamila

Parole contenenti CUA QUA di 22 lettere novecentocinquantamila ottocentocinquantamila

Parole contenenti CUA QUA di 23 ettere settecentocinquantamila

Parole contenenti CUA QUA di 24 lettere  cinquecentocinquantamila

Parole contenenti CUA QUA di 25  lettere quattrocentocinquantamila

Qui alcuni dettati ortografici: 

 

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI.  Come già detto per le schede delle nomenclature per parole di tre lettere 

e per le schede delle nomeclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri.

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono GI.

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI

pdf qui:

Il materiale comprende tutti i seguenti file:

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Carte mute (solo immagini)

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Cartellini in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Cartellini in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Cartellini in corsivo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Nomenclature in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Nomenclature in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI
Nomenclature in corsivo

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Qui alcuni dettati ortografici: 

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono GI, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto:

parole contenenti GI di 3 lettere già gin gip giù

parole di 4 lettere agio dogi Gian giga gilè Gina Gino gita oggi

parole contenenti GI di 5 lettere aggio  agile agire Angiò bigie brugi bugia bugie egida egira giada Giano  giara  Giava gibbo  Gilda  Gildo gilio giogo gioia Giona Giove gipso girio girlo giuba Giuda giure giurì giuso Igino ingiù leggi Liegi ligio logia login  Luigi lungi magia mingi mogio mugic ogiva orgia ragie regio tiggi uggia

parole contenenti GI di 6 lettere acagiù afagia agiata agiato agisca agisce agisco algida algido angina argine argirò argiva argivo augite bagigi bangio Belgio Biagio bigini bolgia bragia cengia cugino Egidio egioca egioco Egisto Egitto egizia egizio elegia Eligio faggio figini Fiuggi frigio frogia gaggia giacca giachi Giaffa giaina gialda giallo giambo giampa Gianna Gianni giarra Gibuti gigaro giglio gigolò ginkgo Giobbe Gioele gioggi gioire gioito giorno Giosuè Giotto Giovan girare girato girino girone Gisela gitano giubba giudeo giugno Giulia Giulio giunco giunse giunte giuria giusto gorgia grigio igiene laggiù leggii leggio loggia logico Luigia maggio magico moggio muggia oggidì paggio pagina Parigi peggio plegia pugile ragion reggia reggio regime regina regino rigido roggia rogito saragi seggio Sergio smungi stigio sugita tagico tagiko Tamigi vagile vagina vagire vagito vigile virgie

parole contenenti GI di 7 lettere
agibile  agilità agitare agitato agogica alaggio albagia angioma argilla argiope argiria balogio barbigi bigiare bigiato biturgi Brigida cagione cinigia Digione digiune Dionigi effigie egregia egregio energia epigino  esigila esigilo esigine esigito esofago faggina fagiano fagioli figiano frangia fragile frigido fuegino fuggire fuggito fulgido fungino gengiva Georgia giacché giaccia giaccio giacere Giacomo giacose giacque giammai giapeto Giasone giaurro gibbone gibboso giberna gigante gigiona Giliola gimcana gimnoto gincana gineceo ginepro Ginevra ginnare  ginnato ginnico ginseng giocare giocato giocoso gioendo giogaia gioioso gioirne gioisca gioisce gioisco Giorgia Giorgio giornea giostra giovane giovare giovato giovedì giovine gipaeto gippone giraffa Giraldo girando girardi girelle giretto gironda girossi girotta Gisella gitante gittare gittato giudice giugolo giugulo giulivo giungla Giunone giurare giurato giurese grangia greggia greggio iapigia iapigio ipogino jogging leggina legione legista limongi litigio liturgi Luigina Luigino maggior magiaro magione mangime margine mialgia minugia muggine muggire ogivale oologia orgiaca orgiaco origine otalgia patagio peggior Perugia pigiama pigiare pigiato pigione pioggia presagi profagi quaggiù ragione reagire reagito reggino regione regista Remigio ruggine ruggire rugiada saggina segugio sizigia sorgivo spongia stagira sugiura tagicco teurgia tragico treggia turgido uggiosa uggioso uligine uvaggio vagisca vagisce vagisco valigia vangile vergine vigilia

parole contenenti GI di 8 lettere adagiare adagiato Adalgisa Adalgiso aggeggio aggirare aggirato aggiunse aggiunta agiologa agiologo agiscano agiscono agitando agitante albugine alleggio allergia Ambrogio anagogia analogia anginosa anginoso angioina angioino apologia arginale arginare arginato argirite argirosi arrogino autogiro baggiano baggiolo bambagia baraggia barbogio bastagio battigia  bigiando biologia buaggine bugiardo caggiano caligine calugine Cambogia cangiare cangiato capogiro Chioggia ciliegio cogitare cogitato collegio congiure coniugio coraggio demiurgi digitale digitare digitato Dimaggio diplegia disaggio disergia disfagia dosaggio ecologia egiziana egiziano elargire elegiaca elegiaco elogiare elogiato elogista energica energico enologia erbaggio etologia faggiola fastigio fiuggino Flogisto foggiani foggiare foggiato forgiare forgiato fregiare fregiato fuggirsi gargiulo geofagia geologia georgico giacchio giaccone giacendo giacenza Giacinta giacinto giaciuto Giacobbe giaguaro giaietto gialappa giallino giallore giallume Giamaica giambico giananti giandana Gianduia gianella gianetti Gianluca Giannina giannini Giannino giannosa Giappone giardina giardino giargone giavelli gigliato Gilberto ginandro ginestra ginnando ginnasio ginnasta ginnetto Gioberti giocando Giocasta giochini giocondo giogione gioiello Giolitti Giordana Giordano Giorgina giornale giornata giovando Giovanna giovenco gioventù giovesco gioviale gioviano girabile giracapo giradito girasole giratina giratubi giravite girellio girevole Girgento Girolamo girovita gittando gittansi giubbone giubetto giubileo giudaico Giudecca giudicio Giuditta giudizio giugurta giulebbe Giuliana Giuliano giullare giumella giumento giuncata giungere giunsero giuntare giuntato giuntomi giuntura giurando giurista Giuseppa Giuseppe Giustino gonalgia gorgiera grigiore igienica igienico illogica illogico immagine indagine ingiunse ingiunto ingiurie ingiusta ingiusto innologi ipoergia lanugine lavaggio leggiamo leggiate letargia levogiro liturgia loggiato loggione loggista logicità maggiore malvagio managing mangiare mangiato mangiona mialgico mingiamo  mingiate miologia miraggio misogino neologia Norvegia nuragico ocaggine odologia oligisto omofagia omologia orgiasmo orologio ortaggio ostaggio otalgica otalgico paginone paraggio parigino pedaggio peggiore pelagico pertugio Perugino pigiando plagiare plagiato poggiare poggiato poggiolo pregiare pregiato preleggi presagio prigione prodigio pterigio pubalgia pugilato puleggia raggiare raggiato raggiera randagia randagio reagisca reagisce reagisco reggiano regicida regimare  regimato  retaggio  rigaggio  rigidità  rigirare  rigirato rinalgia  rodaggio  rodiggio  rodigino  rogitare  rogitato  ruggirsi  saggiare  saggiato  saggista  seggiola  servigio  sfuggire  sfuggio  showgirl  silaggio  silofagi  sinergia  sparagio  spinaggi  spongina  stagione  sugimoto  tabagico  talalgia  taleggio  teggiano  telaggio  tenalgia  teofagia  teologia  tesaggio teurgico tiraggio  trigilio trilogia  trisagio  tubaggio  turingia  ufologia  uggiolii  uggiolio  ungitura  unigiana  urologia  uropigio  vaginale  vaginite  vagivade  valgismo vergineo  vestigia  vestigio  vigilare  vigilato  vigilaza  viraggio  viragine Virgilia Virgilio virgineo Virginia Virginio  voragine zoofagia zoologia

Parole contenenti GI di 9 lettere adagiando adagiante aduggiare aduggiato aerofagia aerologia aggiogare aggiogato aggirando aggirante agiatezza agibilità agiografa agiografo agiologia agitabile agitatore agrologia aleggiare aleggiato alesaggio algologia allergica allergico alpigiana alpigiano alterigia Ambrogino anagogica anagogico analogica analogico androgina androgino Angiolina Angiolino angiologa  angiologo angiporto antalgica antalgico antologia aplologia aquilegia argillosa argilloso arginando arginante arginnide argiopidi argiriasi argirismo artigiana artigiano artralgia asburgica asburgico asparagio astigiana astigiano astrologi atabagica atabagico autofagia bacologia baliaggio baluginii baluginio bambagino bancogiro bandeggio bargiglio barraggia bendaggio bevigione biologica biologico biscugino bombaggio borragine bottaggio bridgista Brigidino briologia brogiotto brumeggio cablaggio cacologia cagionare cagionato Carolingi carruggio Cartagine cecaggine cetologia chirurgia ciliegina citologia clivaggio cogitando colangite compagine congiunse congiunto contagiri correggia criologia cuginanza cuginetto cupidigia damigiana debugging demagogia demologia diallagio dialogico digitando digiunare digiunato dirigismo dirigista disagiare disagiato disgiunse disgiunsi disgiunto dragaggio drenaggio drogaggio ecologica ecologico effigiare effigiato elargirsi elogiando elogiante emangioma emiplegia emorragia energismo enologica enologico epagogico epatalgia ergologia erigibile esagitata esagitato esigibile esofagite etiologia etnologia etologica etologico eucologia eucologio Eustorgio eziologia fagianaia fagiolaro fagiolata fagiolini fagiolone falangina faringite farragine fenologia ferrugine fetologia filiologi filologia fingitore fissaggio fitologia foggiando fonologia forgiando formaggio fragilità frangiare frangiato fregiando frenaggio frigidità frugifero frugivoro fuggiasco fuggitivo fuliggine fungibile fungicida fusaggine gangitano garagista gengivale gengivite geologico georgiano geragogia giacciamo giacciano giacciono giaciglio giacitura giacobino giacoboni giacolone Giacomina Giacomino giacquero giaggiolo giainismo gialletto giallista gialloblu gialluria Giampaolo Giampiero Giancarla Giancarlo Gianicolo Gianluigi Gianmarco Gianmaria Gianmario Giannetta Gianpaolo Gianpiero Giansalvo giapetici giapetico giarrusso giavanese giazzista gibbosità gibigiana gibutiano gigliaceo gigolette ginepraio ginevrino ginnatura ginocchia ginocchio  ginolatra  Gioachino giocabile giocatore giochetto giochismi giocolare giocosità giocoteca giogatici giogatico giogatura gioiosità gioiscano gioiscono Giordania giornante giostraio giostrare giostrato giottesco giovanile giovanneo Giovenale giovevole gipsoteca giramento giramondo giratario giratorio giravolta girazione girellare girellato girellona girifalco girocollo giroconto Girometta girondino girotondo girovaghe giubbetto giubbotto giubilare giubilari giubilato giubiloso giudaismo giudicare giudicato giuggiolo giugulare Giulietta giuncacea giuncheto giungendo giungersi giunonico giuntando giunzione giuridico giustezza giustiano giustizie grandigia grattugia gufaggine ideologia idnologia idrologia ierologia igienista inagibile indologia indugiare indugiato ingrigire innologia iperergia ipnologia ipofrigia ipofrigio ippologia isagogica isagogico istologia laringite leggiadro leggibile legittime legnaggio letargico libagione lignaggio lisergico litigioso litologia liturgico lodigiano logicismo logicista logistico lombalgia longitipo loraringi lunigiano macrofagi magistero malagiato malvagità mangiando mangianza mangiaufo marginare marginato mastalgia mellifagi meningite mesologia messaggio metraggio metralgia micologia microfagi misoginia misologia missaggio mitologia monofagia monoginia montaggio morfologi mungitoio mungitore mungitura naufragio nefralgia neologico nevralgia nibelungi ninfaggio nosologia nostalgia oclologia ofiologia omaggiare omaggiato omologica omologico oncologia ontologia originale originare originato orologino orsaggine otorragia paesaggio paginetta palilogia pangiallo panlogici panlogico paralogia passaggio patologia pedagogia pedologia pelagiana pelasgico pescaggio pestaggio Pierluigi pigiatoio pigiatore pigiatura  pigionale piumaggio plagiando plagiario podologia poggiando polifagia poliginia pomologia pompaggio pontaggio ponteggio porgitore posologia postagiro pregiando prelogico presagire prestigio prigionia protogino prurigine pungitoio pungitopo raggiando raggirare raggirato raggiunse raggiunto ragionare ragionato reagibile reggibile reggipalo reggiseno reggitore regicidio regimando reginense reginetta regionale registico religione religioso rifuggire rifuggito rifugiare rifugiato rigidezza rigiocare rigiocato rigirando rimuggire rimuggito rinologia risorgivo rocaggine rogitando rugginoso rugiadoso rullaggio runologia sacralgia saggiando sagginale sagittale sagittato salagione sarcofagi scaggiale scoreggia seaborgio seggiovia seigiorni selvaggia selvaggio senologia serologia serpigine serraggio servaggio settaggio sfoggiare sfoggiato sfregiare sfregiato sfuggirsi sgoggiolo sigillare sigillato silologia sinergico sinologia sitologia sizigiale sloggiare sloggiato smangiare smangiato smungiamo smungiate soggiunse soggiunto sondaggio sorgitore spaginare spaginato spagirico spergiure sporangio spregiare spregiato staggiare staggiato stagirita stalloggi stambugio stiraggio stivaggio stragismo stragista strategia suffragio tabagismo tabagista tangibile tarsalgia tatuaggio tendaggio teologico tibialgia timologia tingitura tipologia tocologia topologia tragicità tramoggia treggiata trenaggio triagista triggiani turgidità ufologica ufologico uggiolare uggiolato uggiolina uggiosità urologico vagiscano vagiscono valigiaio vantaggio venagione verginale verginità vertigine viaggiare viaggiato Viareggio vigilando vigilanza villaggio virginale virologia visagismo visagista voltaggio xilologia zimologia zoologico

Parole contenenti GI di 10 lettere acirologia acquaragia acquigiana acquigiano aduggiando aduggiante aggiogando aggiogante aggiornare aggiornato aggirabile aggiratore aggiungasi aggiungere aggiunsero aggiuntare aggiuntato aggiuntevi aggiuntisi aggiuntiva aggiuntivo aggiuntovi aggiustare aggiustato agiografia agiologica agiologico agitamento agitatorio agitatrice agitazione albeggiare albeggiato aleggiando aleggiante alloggiare alloggiato allunaggio alpeggiare alpeggiato ammaraggio amperaggio ancoraggio andrologia angiocarpo angioedema angioletta angioletto angiologia antologica antologico aplologica aplologico apologista appoggiala appoggiare appoggiato archibugio areligiosa areligioso areopagita argillacea argillaceo arginatura argironeta arieggiare arieggiato armeggiare armeggiato armeggiona arpeggiare arpeggiato arpeggione arrangiare arrangiato artrologia asinaggine asparagina aspergillo assaggiala assaggiare assaggiato assiologia asteggiare asteggiato astrologia atteggiare atteggiato audiologia bacologico baggianata baluginare baluginato bambagiato bambagiona bambagioso baronaggio betonaggio beveraggio bigiarella bigiognolo bioenergia blindaggio bloccaggio bolsaggine bugiardino bugiardona buongiorno cabotaggio cagionando caliginoso cambogiano candeggina cangiabile capeggiare capeggiato capipagina capopagina caprimulgi capruggine Caravaggio cardialgia carenaggio carnagione carolingia carolingio carotaggio carpigiano carpologia carriaggio caseggiato centraggio chirologia chirurgico ciliegiona citologico cogitativo collegiale collegiato colligiano congiurare congiurato contagiare contagiato contagioso coprofagia coraggioso coreggiato cortigiano cosmologia crocifiggi crogiolare crogiolato cronologia decapaggio demagogico demiurgico destrogiro dialogismo dialogista dietologia digitalina digiunando dileggiare dileggiato dirigibile dirugginio diteggiare diteggiato doppiaggio ebetaggine echeggiare echeggiato ecologismo ecologista effigiando egittologa egittologo elargitore eleggibile elogiabile elogiativa elogiativo elogiatore emarginare emarginato ematologia emiplegica emiplegico emorragica emorragico enteralgia entomofagi eortologia epatologia eridologia escogitare escogitato esofagismo etimologia etiologico etnologica etnologico eucologico eziologica eziologico fagianella falangismo falangista faringismo fenologico fessaggine fienagione fileggiare fileggiato filmologia filologico filtraggio fingimento fiocaggine fisiologia flogistico florilegio flottaggio foggiatura fonologico foraggiare foraggiato foraggiero forgiabile forgiatore forgiatura formaggino franchigia frangiando frangibile frangiluce frangimare frangionde frangipani frangisole frangitore frangitura fregagione frenologia frettaggio friggibile friggitore frigidaire frigidario frigidezza fuggifuggi fulgidezza fungiforme fuorigioco gametangio gareggiare gareggiato gastralgia gemmologia genealogia gengivario georgianne giacchetto giacimento giaconetta giacopuzzi giaggiuolo giallastro gialliccia gialliccio giallorosa giamaicano giambelego Giampietro Gianandrea Gianfelice Gianfranca Gianfranco Gianluigia Gianpietro giapponese giardinaio giarratano Gibilterra gigantesco gigantessa gigantismo gigantista gigionesco gigionismo gigliuccio gincanista ginecologa ginecologo gingillare gingillato ginnasiale ginnastico ginnatrice Gioacchino giocatrice giocattolo giocoforza giocoliere giocondità giogionata giornalaio giornalino giornalume giostrando giovamento giovanetto giovanezza Giovannino giovannita giovanotto giovialità giovialone giovinazzo giovinetto giovinezza giovinotto giradischi giraffista giranastri girarrosto girellando girellismo girellotto girgentino girigogolo girigolare girolamino  giromanica giropilota giroscopio girovagare girovagato giubilando giudicando giudicessa giudiziale giudizioso giulebbare giulebbato giuramento giurassico giuristico Giuseppina Giuseppino giusquiamo gnomologia gnomologio goffaggine goffraggio grafologia grassaggio grigiastro grippaggio guarigione iconologia ideologica ideologico idrargirio idrologica idrologico illogicità immaginare immaginato immaginosa immaginoso impaginare impaginato impetigine impilaggio indugiando indugiante ingaggiare ingaggiato ingiallire ingiuncare ingiuncato ingiungere ingiunsero ingiuntiva ingiuntivo ingiuriare ingiuriato ingiuriosa ingiurioso ingordigia inneggiare inneggiato innologici innologico insilaggio interagire interagito invaginare invaginato invigilare invigilato ipnagogica ipnagogico irraggiare irraggiato irrigidire ischialgia istologica istologico ittiofagia ittiologia lanuginoso leggiadria legiferare legiferato legionario lentiggine leveraggio limnologia linciaggio linfangite linfologia linguaggio litargirio litologico liturgista logoplegia lombaggine longilineo lotaringia lotaringio lumeggiare lumeggiato lungaggine maggiolino maggiorana maggiorare maggiorato maggiorità magistrale magistrato maneggiare maneggiato maneggiona mangiabile mangiafumo mangiapane mangiarino mangiasego mangiatina mangiatoia mangiatore manutergio mareggiare mareggiato marginalia marginando mariologia meningioma meningismo meriggiare meriggiato merovingio messaggino metalogico metrologia micologico minutaggio mitologico monetaggio monoginico monoplegia morfologia mungitrice museologia necrofagia necrologio nefrologia neologismo nereggiare nereggiato neurologia nevralgico nipiologia nodeggiare nodeggiato noleggiare noleggiato nosologico nostalgico nubifragio nullaggine odinofagia odontalgia oggigiorno oleaginosa oleaginoso omaggiando omaggiante oncologica oncologico ondeggiare ondeggiato onicofagia onirologia ontologica ontologico opitergina opitergino oppiofagia orchialgia orgiastica orgiastico originando originante originaria originario ormeggiare ormeggiato orologiaia orologiaio orologiere orologiero osteggiare osteggiato osteologia osteriggio ovarialgia paginatura paleggiare paleggiato panegirici panegirico panlogismo paraplegia pareggiare pareggiato parmigiano partigiano passeggino patologico patrologia pedagogico pedologico peggiorare peggiorato pescagione Piergiulio pigiatrice pigionante pilotaggio pioviggine placcaggio plagiatore podologico poggiacapo poggiamano poliginico pomeriggio pomologico porcaggine porgitrice portagioie pregiabile prelogismo proctalgia prodigioso propaggine prueggiare prueggiato psicologia pugilatore rachialgia radiologia raggirando ragionando ragioneria ragioniera randagismo raveggiolo reagiscano reagiscono reggicalze reggilibro reggimento reggipetto reggitesta reggitrice regimental registrare registrato remeggiare remeggiato retroagire riadagiare riadagiato ridigitare ridigitato rieleggimo rifuggirsi rifulgiamo rifulgiate rigiocando rigiuocare rigiuocato rimangiare rimangiato rimuginare rimuginato rinorragia risommergi ritmologia romitaggio sabotaggio sacrilegio saggiatore saggiatura saggistico sagittaria sagittario salpingite sangiovese scagionare scagionato scatologia scheggiare scheggiato sciatalgia seggiolaio seggiolata seggiolino seggiolone selvaggina semiologia senologico sfagiolare sfagiolato sfoggiando sfrangiare sfrangiato sfregiando sgargiante siderurgia sierologia sigillando sigillaria Sigismondo sillogismo silologico simbologia sinergismo sinergista sinologico sismologia sloggiando smangiando smargiasso smarginare smarginato smontaggio sociologia soggiaccia soggiaccio soggiacere soggiacque soggiogare soggiogato soleggiare soleggiato someggiare someggiato sordaggine sortilegio spaginando spargipepe spargisale spargitore spiaggiare spiaggiato spicilegio spigionare spigionato spingitubo spionaggio sporologia spregiando sragionare sragionato srugginire srugginito staggiando stagionare stagionato stallaggio stampaggio stellaggio stoccaggio strategico subregione suffumigio svaligiare svaligiato svantaggio sverginare sverginato svolgitore tachifagia Tagikistan taumaturgi tautologia tecnologia teggianese teleologia teologismo termologia testologia testuggine tetraggine tetraginia tetralogia tiflologia tipologico tiptologia tisiologia topologico trafuggire tragittare tragittato  trevigiano tribologia tricologia trivigiana trivigiano trofologia tropologia turcologia turgidezza turingiano tuttologia uggiolando uggiolante vagheggini vaginalite valligiano vaneggiare vaneggiato veleggiare veleggiato verginella vestigiale viaggiando viareggino viceregina videogioco vigilantes vigilatore virgiliano virologico vitiligine voraginoso vuotaggine xilologico zoologista zoppaggine

Parole contenenti GI di 11 lettere  abbordaggio adrenergica adrenergico aggiornando aggiornante aggiotaggio aggiotatore aggiramento aggiratrice aggiudicare aggiudicato aggiungendo aggiungente aggiungersi aggiuntando aggiunzione aggiustando aggiustante agiografica agiografico albeggiando albeggiante alchechengi alloggiando alloggiante alpeggiando alpeggiante amareggiare amareggiato amoreggiare amoreggiato anallergica anallergico ancheggiare ancheggiato anfibologia angiocolite angiografia angiogramma antigienica antigienico  antiruggine antivigilia appannaggio appigionare appigionato appoggiando appoggiante appontaggio arbitraggio archeggiare archeggiato archeologia arginamento arieggiando arieggiante armeggiando armeggiante arpeggiando arrangiando arrangiante arrembaggio arrugginire arrugginito artigianale artigianato asineggiare asineggiato asparagiaia assaggiando assaggiante assiologica assiologico asteggiando asteggiante astrologica astrologico atteggiando atteggiante atterraggio attingibile attingitoio attinologia audiologica audiologico avvolgibile avvolgitore Azerbaigian azzurraggio baluginando barbagianni bargigliato bargiglione bargigliuto baronaggine beffeggiare beffeggiato beghinaggio berteggiare berteggiato bibliologia bigiotteria biseggiovia blenorragia bordeggiare bordeggiato borseggiare borseggiato brachialgia brachilogia braveggiare braveggiato brokeraggio bromatologi broncologia bugiarderia bugigattolo cacciagione cafonaggine cagionevole caldeggiare caldeggiato campeggiare campeggiato campeggista candeggiare candeggiato candelaggio cangiamento canottaggio capeggiando caponaggine cardiologia carreggiare carreggiato cartaginese carteggiare carteggiato cartilagine cartonaggio casermaggio climatologi cogitabondo cogitazione colinergico comparaggio congiungere congiuntivo congiuntura congiurando contagiando conteggiare conteggiato contrargine coprigiunto correggiato corseggiare corseggiato corteggiare corteggiato cortinaggio cosmologico costeggiare costeggiato craniologia cristologia crogiolando cronologico crumiraggio danneggiare danneggiato decollaggio demonologia dendrologia deontologia depistaggio dietrologia digitazione digitigrado digitossina digiunatore dileggiando dirigistico disgiungere disgiunsero disgiuntivo dispregiare dispregiato diteggiando docimologia dongiovanni echeggiando echeggiante egittologia elargitrice elargizione elogiatrice emarginando ematologico embriologia energizzare energizzato engineering entomologia enzimologia epatorragia eremitaggio eresiologia Ermenegildo erpetologia escatologia escogitando escogitante esigibilità esobiologia estetologia etimologica etimologico farraginoso ferruginoso festeggiare festeggiato fileggiando filmologico filologismo finissaggio fisiologico folleggiare folleggiato fonovaligia foraggiando forgiatrice formaggiaio formaggiera frangiatura frangivento frangizolle fraseggiare fraseggiato fraseologia frenologico friggitoria friggitrice fuligginoso fungibilità galleggiare galleggiato gareggiando gastralgici gastralgico gastrologia gatteggiare gatteggiato gemellaggio genealogico geobiologia giallognolo giallorosso Giangaspero Giangiacomo giannizzero giansenismo giansenista giardinetto giavellotto giazzistico gimnosperma ginecologia gingillando ginocchiato ginocchiera ginocchione gioachimita giogionesco giogionismo gioielleria gioielliera giolittismo giornaletto giornaliero giornalismo giornalista giornatante giostratore giovannetto giovinastro giovincello girafiliera giramaschio girandolare girandolato girandolina girandolona girobussola gironzolare gironzolato giroscopico girostatico girovagando giudaizzare giudaizzato giudicabile giudicativa giudicatore giudicatura giudiziario giuggiolona giulebbando giullaresco giunchiglia giuntatrice giunzionale giuridicità giustacuore giustappone giustifiche Giustiniano giustiziare giustiziato giustiziere glaciologia glottologia gnoseologia gonfiaggine gonfiagione grafologico grangiporro grattugiare grattugiato grigioverde grullaggine guarentigia guarnigione guidrigildo iamatologia ibridologia iconologica iconologico ideologismo ideologista  idoleggiare idoleggiato idrargirosi illeggibile illegittima illegittimo imballaggio immaginando immaginante immaginaria immaginario immaginetta immergibile immunologia impaccaggio impaginando impaginante impennaggio inagibilità incannaggio incollaggio inesigibile infrigidire infungibile ingaggiando ingaggiante ingiallente ingiallirsi ingigantire ingiovanire ingiudicata ingiudicato ingiuncando ingiungendo ingiungente ingiunzione ingiuriando ingiuriante ingiustizia ingranaggio ingurgitare ingurgitato inneggiando inneggiante insellaggio intangibile interagisca interagisce interagisco inturgidire invaginando invaginante invigilando ipofalangia ironeggiare ironeggiato irraggiando irraggiante irreligione irreligiosa irreligioso irrigidendo irrigidente irrigidirsi irrugginire ischialgica ischialgico isterologia ittiologica ittiologico lampeggiare lampeggiato lattiginoso leggibilità legiferando legislativo legislatore legislatura legittimara legittimare legittimato legittimità linfangioma linforragia litigiosità loggionista longitudine lumeggiando maggiorando maggioranza maggiorasco maggiordomo maggiorenne maggiorente magiostrina malacologia maneggiando mangiagatti mangiamento mangiapelli mangiapreti mangiaragni mangiasoldi mangiatoria mangiatrice mangiatutto marchigiano mareggiando marginalità marginatore marginatura mariologico massaggiare massaggiato meningitico merceologia meriggiando metallurgia metodologia metrologico metrorragia mezzogiorno micetologia micrologico mineralogia mirmecofagi misoginismo missiologia mitologista molleggiare molleggiato monadologia morfologica morfologico motteggiare motteggiato mucillagine musicologia necrologico nefrologico nefrorragia neoecologia nereggiando neurologico nibelungico nipiologico nodeggiando noleggiando nostalgismo numerologia odontalgica odontalgico odontologia oltraggiare oltraggiato oltraggiosa oltraggioso ombreggiare ombreggiato ondeggiando ondeggiante onomaturgia ontologismo ontologista organologia originalità ormeggiando ormeggiante ornitologia osteggiando osteggiante ostellaggio oziosaggine padrinaggio paesaggista paleggiando palinologia palleggiare palleggiato palpeggiare palpeggiato panegirista panneggiare panneggiato pantragismo papirologia pappagorgia paralogismo parapioggia paraplegico pareggiando parteggiare parteggiato passeggiare passeggiato pasteggiare pasteggiato patteggiare patteggiato pattinaggio peciloginia pecoraggine pedagogismo pedagogista peggiorando perdigiorno personaggio piaggiatore pianeggiare pianeggiato piantaggine piantagione piergiorgio Piergiuglio pirargirite plagiatrice platinaggio pneumologia poggiaferro poggiapiedi poggiatesta polemologia politologia pompeggiare pompeggiato portapagine posteggiare posteggiato potamologia prealpeggio pregiudizio prelavaggio prestigioso prigioniero primeggiare primeggiato proctologia proterogino provvigione prueggiando pruriginoso psicagogico psicoigiene psicologico psicoplegia pugilistico pungiglione punteggiare punteggiato radiologico raggiratore raggiungere raggiunsero raggiuntare raggiuntato raggiustare raggiustato ragionativo ragionatore ragionevole randeggiare randeggiato reagibilità reggipancia reggiposata reggispinta reggistaffe reggistanga regimazione registrando religiosità remeggiando retrologico rettorragia riadagiando riciclaggio ricongiunse ridigitando rigiuocando rigurgitare rigurgitato rimangiando rimarginare rimarginato rimessaggio rimettaggio rimontaggio rimpaginare rimpaginato rimuginando ringiallire ripescaggio rocchigiano rosseggiare rosseggiato rottamaggio saggiamente saggiatrice salmeggiare salmeggiato salvataggio sangiaccato santoreggia sbugiardare sbugiardato scagionando scarafaggio scatologico scaturigine sceneggiare sceneggiato scheggiando schermaggio scongiurare scongiurato scoraggiare scoraggiato selenologia selgiuchidi seminagione semiologico serpeggiare serpeggiato serpiginoso sessuologia sfagiolando sfragistica sfrangiando sfregiatore siderurgico sierologico sigillatura sinteraggio sismologico smarginando sociologico soggiacendo soggiacenza soggiaciono soggiaciuto soggiogando soggiornare soggiornato soggiungere soggiunsero soggiuntivo soleggiando solfeggiare solfeggiato somaraggine somatologia someggiando sommergiamo sorseggiare sorseggiato sorteggiare sorteggiato sotterfugio sovvaggiolo spareggiare spareggiato spargimento spargitrice speleologia spergiurare spergiurato spiaggiando spingidisco spongiforme spregiativo spregiatore sprigionare sprigionato spumeggiare spumeggiato sragionando srugginendo srugginisce staggiatura stagionando steatopigia stringitore stringitura suffragismo suffragista sumerologia sunteggiare sunteggiato svaligiando sverginando svolgimento svolgitrice talassologi tallonaggio tanatologia tangibilità tassinaggio tasteggiare tasteggiato taumaturgia tautologico tecnologico teleologico telferaggio teratologia termologico testuggineo tetraplegia tiflologico tinteggiare tinteggiato tondeggiare tondeggiato tonneggiare tonneggiato torneggiare torneggiato torreggiare torreggiato traccheggii tragicomico tragittando tramoggiaio trangugiare trangugiato treggiatore tricologico trismegisto troneggiare troneggiato tropologico turbinaggio turcologico vagheggiare vagheggiato vaneggiando vantaggioso veleggiando verdeggiare verdeggiato verdegiallo verseggiare verseggiato vertiginoso vezzeggiare vezzeggiato viaggiatore vigilatrice villeggiare villeggiato volteggiare volteggiato zoticaggine

Parole contenenti GI di 12 lettere abbeveraggio accorgimento acquerugiola aggiogamento aggiornabile aggiotatrice aggiudicando aggiudicante aggiuntatore aggiuntatura aggiustabile aggiustaggio aggiustatina aggiustatore aggiustatura agrobiologia allergologia allobiologia alloccaggine amareggiando amareggiante amoreggiando amoreggiante ancheggiando ancheggiante anfibologica anfibologico angiografica angiografico angiosarcoma antropofagia antropologia apologistica apologistico apologizzare apologizzato appigionando appigionante appoggiacapo appoggiamano appoggiatela appoggiatoio appoggiatura archeggiando archeggiante archeologica archeologico archibugiera areopagitica areopagitico armeggiatore arrangiatore arrugginendo arrugginente arrugginirsi arrugginisca arrugginisce arrugginisco arteriologia artigianello asineggiando asineggiante aspergillosi assaggiamola assaggiatela assaggiatore assaggiatura assemblaggio assiriologia asteggiatura astrusaggine attingimento attraccaggio attrezzaggio autolavaggio autonoleggio avvolgimento avvolgitrice azerbaigiana azerbaigiano baccheggiare baccheggiato bagarinaggio ballottaggio balordaggine bambinaggine banchinaggio barcheggiare barcheggiato bastingaggio batipelagico batteriefagi batteriofagi beccheggiare beccheggiato beffeggiando berteggiando bietolaggine biondeggiare biondeggiato biotipologia birbonaggine blenorragico boccheggiare boccheggiato boicottaggio bordeggiando borraginacea borseggiando bracconaggio brachilogico brandeggiare brandeggiato braveggiando brigantaggio bromatologia broncorragia buffonaggine calafataggio caldeggiando campeggiando cancerologia candeggiando capeggiatore cardiologica carreggiando carteggiando cartilagineo chiantigiano cinegiornale Cisgiordania climatologia collegialità congiungendo congiungersi congiunzione contagiosità conteggiando correggibile corregionale corseggiando corteggiando cosmetologia costeggiando criminologia criobiologia cronologista curiosaggine dabbenaggine danneggiando dappocaggine degrassaggio deontologico dermatologia destreggiare destreggiato dietrologico digiunatrice dileggiatore disgiungendo disgiungersi disgiunzione dissigillare dissigillato diteggiatura drammaturgia drappeggiare drappeggiato ecologistica ecologistico eleggibilità elettrologia elmintologia embriologica embriologico emopatologia energizzando enterorragia entomologica entomologico epiontologia equipaggiare equipaggiato esagitazione escatologica escatologico estesiologia etimologista etruscologia extravergine facchinaggio farmacologia favoleggiare favoleggiato favoreggiare favoreggiato festeggiando fiammeggiare fiammeggiato fitobiologia fitogeologia folleggiando foraggiatore forgiabilità fotoallergia fotobiologia fotogeologia fotogiornale frangibilità frangiflutti fraseggiando fraseologico fronteggiare fronteggiato fungicoltore fungicoltura furoreggiare furoreggiato galleggiando gangheggiare gastrorragia gatteggiando genealogista gerontologia giacchettone giacobinismo giaculatoria gialleggiare gialleggiato Giambattista giamburrasca Gianbattista Giandomenico Giannantonio giardinaggio giarrettiera ginecologico ginocchiello ginocchietto gioachimismo gioachiniani giocacchiare giocacchiato giocattolaio giovanilismo giovanottata giovenalesco girabacchino girandolando gironzolando giubilazione giudaizzando giudicatorio giudicatrice giugulazione giurisperito giustapporre giustapposto giustificare giustificato giustinianea giustinianeo giustiziando glossoplegia gnoseologico gorgheggiare gorgheggiato grandeggiare grandeggiato grattugiando guerreggiare guerreggiato ibridologica ibridologico iconologismo iconologista idealeggiare idealeggiato idoleggiando idoleggiante idrargirismo   idrobiologia idrogeologia imbandigione imbiellaggio immaginabile immaginativa immaginativo immaginatore immaginifica immaginifico immangiabile immunologica immunologico impaginatore impaginatura impetiginosa impetiginoso impiccagione imprigionare imprigionato incantagione incoraggiare incoraggiato ineleggibile infrangibile infrigidendo ingaggiatore ingigantendo ingigantente ingigantirsi ingioiellare ingioiellato ingiovanendo ingiuriatore ingrassaggio ingurgitando ingurgitante insulsaggine intertrigine inturgidendo inturgidente invaginabile iperdosaggio iperfalangia ironeggiando ironeggiante irrugginendo irrugginente lampeggiante largheggiare largheggiato laringologia latineggiare latineggiato leggicchiare leggicchiato legislatrice legislazione legittimando legittimaria legittimario legittimismo legittimista lentigginoso lessicologia leziosaggine lichenologia lungimirante lungimiranza magistralità magistratura malariologia malgiudicare malgiudicato maneggiabile maneggiatore mangiadischi mangianastri mangiapatate mangimificio mangimistico marginalista martirologio massaggiando melensaggine merceologico metallofagia metallurgico meteorologia metodologica metodologico metricologia mineralogico minialloggio mirmecologia molleggiando monitoraggio moraleggiare moraleggiato morfologista morfonologia motteggiando musicologico necrologista neoecologico neonatologia neuroplegico nictaginacea noleggiatore occhieggiare occhieggiato odontologica odontologico oftalmologia oltraggiando oltraggiante ombreggiando ombreggiante onfalorragia organologica organologico originarietà ormeggiatore ornitologica ornitologico otomeningite paleocologia paletnologia palleggiando palpeggiando panneggiando papirologico parallogismo parcheggiare parcheggiato pareggiabile pareggiatore paremiologia paridigitato parteggiando passeggiando pasteggiando patteggiando pavoneggiare pavoneggiato peggiorativo pelagianismo perissologia piaggiatrice pianeggiando Piergiuseppe pignolaggine piovigginare piovigginato piovigginoso pirateggiare pirateggiato plagioclasio planetologia pleurorragia pneumorragia polemologico politologico pompeggiando posteggiando  pregiudicare pregiudicato primatologia primeggiando privilegiare privilegiato proctologico proctorragia propagginare propagginato proteroginia psicologismo psicologista psicoplegico punteggiando quadriplegia raggiramento raggiratrice raggiungendo raggiungersi raggiuntando raggiustando ragionamento ragionatrice randeggiando reggimentale regionalismo regionalista registrabile registratore reingaggiare reingaggiato religioseria reumatologia riaggiustare riaggiustato  riecheggiare riecheggiato rieleggibile rifrangibile rifugiandosi rigurgitando rimaneggiare rimaneggiato rimarginando rimpaginando ringiallendo ringiovanire ringiovanito rinverginare rinverginato risorgimento rivaleggiare rivaleggiato rivolgimento rosseggiando rumoreggiare rumoreggiato saccheggiare saccheggiato salmeggiando satireggiare satireggiato sbadataggine sbeffeggiare sbeffeggiato sbugiardando scapataggine scarseggiare scarseggiato scempiaggine sceneggiando scheggiabile scheggiatura scipitaggine scompaginare scompaginato scongiurando scoraggiando seigiornista selenologico semasiologia serpeggiando sessuologico sfregiatrice sillogistico sillogizzare sillogizzato simoneggiare simoneggiato sinergistico sinistrogiro smargiassata sociologismo soggiacciamo soggiacciano soggiacciono soggiacquero soggiornando soggiungendo soggiungersi solfeggiando somatologico someggiabile sommergibile sopraggiunse sopraggiunsi sopraggiunto sorseggiando sorteggiando soteriologia sovietologia spalleggiare spalleggiato spareggiando spargifiamma spazieggiare spazieggiato speakeraggio speleologico spergiurando spregiatrice sprigionando spumeggiando stagionalità stagionatore stagionatura stolidaggine stomatologia strafilaggio strapoggiare strapoggiato stringimento stronzaggine struggicuore struggigrano struggilegno struggimento stupidaggine sunteggiando supergigante svaligiatore svantaggiare svantaggiato svantaggioso taccheggiare taccheggiato tagliapoggio taglieggiare taglieggiato talassologia tanatologico tappetologia tasteggiando taumaturgico telegiornale teleologismo tenoreggiare tenoreggiato teologizzare teologizzato teratologico tergilunotto tergiversare tergiversato terminologia tesoreggiare tesoreggiato tetraplegico  tinteggiando tonneggiando tonnellaggio torneggiando torreggiando tossicologia trangugiando transigibile tratteggiare tratteggiato troneggiando turcheggiare turcheggiato uccellagione vagheggiando vassallaggio veleggiatore venereologia verdeggiando verseggiando vezzeggiando viaggiatrice vigilantismo villeggiando virginalista volteggiando vulcanologia zuccheraggio zucconaggine

Parole contenenti GI di 13 lettere accattonaggio aggiornamento aggiudicativa aggiudicativo aggiungiamovi aggiuntatrice aggiustamento aggiustatrice allobiologica allobiologico alloggiamento angioplastica antiallergica antiallergico antigiuridica antigiuridico antireligiosa antireligioso antropologica antropologico apologizzando apologizzante appoggiatesta archeggiatura archiginnasio argilloscisto arieggiamento armeggiamento arpeggiamento arpeggiatrice arrangiamento arrangiatrice artigianalità assaggiatrice astrobiologia atteggiamento attinopterigi attinotterigi autocampeggio avvantaggiare avvantaggiato baccheggiando baluginamento bambineggiare bambineggiato bamboleggiare bamboleggiato barbareggiare barbareggiato barcheggiando bastardaggine batteriologia battispiaggia beccheggiando beffeggiatore biancheggiare biancheggiato bigiornaliero biondeggiando biosociologia biotecnologia birbantaggine birboneggiare birboneggiato boccheggiando borseggiatore braccheggiare braccheggiato brandeggiando bricconaggine bromatologico buffoneggiare buffoneggiato bugiardaggine calendimaggio campeggiatore cannoneggiare cannoneggiato capeggiatrice capovolgibile carreggiabile cartilaginoso castronaggine cavalleggiero citrullaggine climatologico cocciutaggine concubinaggio congiungibile congiuntivite congiunturale conteggiabile controgirello corteggiatore cortigianelli cortigianeria cortigianesco cosmetologico crocifiggiamo crocifiggiate cronobiologia danneggiabile danneggiatore decatissaggio delegittimare delegittimato dermatologico destreggiando dialettologia digitalizzare digitalizzato dileggiatrice dirigibilista dispregiativo dispregiatore dissigillando distruggibile dottoreggiare dottoreggiato drappeggiando ecclesiologia emarginazione epidemiologia episillogismo epistemologia equipaggiando equipaggiante escatologismo escogitazione eudemonologia fannullaggine farmacologico farraginosità favoleggiando fenomenologia fiammeggiando fiancheggiare fiancheggiato fitopatologia fonomontaggio foraggiamento foraggiatrice fosforeggiare fosforeggiato fotobiologico fotomontaggio frascheggiare frascheggiato fraseggiatore frivoleggiare frivoleggiato fronteggiando fungicoltrice furoreggiando galanteggiare galanteggiato galleggiabile galvanostegia gareggiamento garzoneggiare geocronologia geomorfologia gerontologico Gianfrancesco giansenistico giapponeseria gibilterriano giganteggiare giganteggiato gigantografia gigantomachia gigantopiteco gioachimitico giocacchiando giocherellare giocherellato giocherellona giochicchiare giochicchiato giornalistese giornalistico giornalmastro giratutensili giromagnetica giureconsulto giurisdizione giuseppinismo giustificando gorgheggiando grammatologia grandeggiando guardasigilli guerreggiando idealeggiando ideologizzare ideologizzato idrobiologica idrobiologico idrogeologica idrogeologico idromassaggio illeggiadrire illeggibilità illegittimità immaginatrice immaginazione immaginereste impaginatrice impaginazione implantologia imprigionando imprigionante incoraggiando incoraggiante inesigibilità infungibilità ingaggiamento ingaggiatrice ingiallimento inginocchiare inginocchiato ingioiellando ingioiellante ingiunzionale ingiuriatrice ingiustissima intangibilità intellegibile intelligibile interagiscano interagiscono interdigitale invaginazione irraggiamento irraggieranno irragionevole irreligiosità irrigidimento istopatologia lampeggiatore largheggiando latineggiando leggicchiando leggiucchiare leggiucchiato legittimabile lessicologico libertinaggio logismografia longitudinale lussureggiare lussureggiato magazzinaggio maggiorascato maggiorazione maggioritario magistratuale malagiustizia malgiudicando maneggiamento maneggiatrice mangiabambini mangiafagioli mangiaformica mangiapolenta mangiucchiare mangiucchiato marginalmente massaggiatore messaggistica metagiuridico metallurgista metatarsalgia meteoecologia meteorologico microbiologia mineralogista moraleggiando motteggiatore mucillaginoso nettarostegio neurobiologia noleggiatrice occhieggiando occhieggiante oftalmoplegia oltraggiabile oltraggiatore ombreggiatura ondeggiamento onomasiologia ormeggiatrice ortopedagogia osteggiamento padroneggiare padroneggiato paesaggistico paganeggiante paleocologico paleontologia paleozoologia paletnologico palleggiatore panegiristico papirologista paraliturgico paralogistico parapsicologi parcheggiando pareggiamento pareggiatrice paremiologico paretimologia parteggiatore partigianeria partigianesco pasteggiabile pavoneggiando pedagogizzare pedagogizzato pedanteggiare pedanteggiato peggioramento perinatologia picchettaggio piovigginando pirateggiando plagiocefalia planetologico pneumatologia politologismo poltronaggine ponteggiatore portagioielli portaimmagini posteggiatore pregiudicando pregiudiziale prestigiatore primatologico privilegiando promagistrato propagginando prosillogismo protistologia psicobiologia punteggiatura quadriplegico radiobiologia radioecologia raggiungibile ravvolgimento reggipiccozza reggisfestone registratrice registrazione reingaggiando respingimento reumatologico riaggiustando riappigionare riappigionato ricompaginare ricompaginato ricongiungere ricongiunsero ridicolaggine riecheggiando rigalleggiare rigalleggiato rimaneggiando rimpaginatura rincoraggiare rincoraggiato ringiovanendo ringiovanirsi ringiovanisca ringiovanisce ringiovanisco rinofaringite rinolaringite rinverginando ripatteggiare ripatteggiato risommergiate ristringitura rivaleggiando rumoreggiando saccheggiando salsomaggiore satireggiando sbeffeggiando scarseggiamdo scarseggiando sceneggiatore sceneggiatura schifosaggine sciacallaggio scompaginando scoraggimento semasiologico sgarbataggine sguaiataggine signoreggiare signoreggiato sillogizzando simboleggiare simboleggiato simoneggiando sociobiologia soggiogamento soleggiamento sopraggittare sopraggittato sorteggiabile soteriologico spalleggiando spazieggiando spigionandosi splancnologia spregiudicato srugginiscono stacchinaggio stagionatrice  stoccheggiare stoccheggiato stomatologico storditaggine strapoggiando strillonaggio strozzinaggio svaligiamento svaligiatrice svantaggiando sverginamento taccheggiando taglieggiando tambureggiare tambureggiato telemessaggio telemetraggio temporeggiare temporeggiato tenoreggiando teologizzando tergiversando terminologico tesoreggiando testardaggine tinteggiatura tiranneggiare tiranneggiato tortoreggiare tortoreggiato toscaneggiare toscaneggiato tossicologico traccheggiare traccheggiato tragicommedia trangugiatore trascuraggine trascutaggine tratteggiando traumatologia travolgimento turcheggiando uniformologia vagabondaggio vagheggiatore vampireggiare vampireggiato vaneggiamento vanvereggiare vanvereggiato vaporissaggio veleggiamento veleggiatrice verseggiatore verseggiatura vessillologia vezzeggiativo videogiornale villeggiatura vitaminalogia vitaminologia volantinaggio volteggiatore vulcanologico vulvovaginale vulvovaginite

Parole contenenti GI di 14 lettere aggiudicataria aggiudicatario aggiudicazione amareggiamento amoreggiamento ancheggiamento anestesiologia angioneurotico antibloccaggio antiemorragica antiemorragico antiflogistica antiflogistico antinevralgica antinevralgico antropologismo appigionamento archeggiamento arrugginiscano arrugginiscono aspargicoltura astrobiologica astrobiologico autoparcheggio avvantaggiando avvantaggiante bambineggiando bamboleggiando barbareggiando baritoneggiare baritoneggiato batteriologico beffeggiamento beffeggiatorio beffeggiatrice biancheggiando biotecnologico birboneggiando bordeggiamento borseggiatrice braccheggiando brandeggiabile briganteggiare briganteggiato buffoneggiando campeggiatrice cannoneggiando capovolgimento caratterologia carreggiamento chilometraggio coinvolgimento conchiliologia congiungimento controimmagine corteggiamento corteggiatrice cortometraggio cronometraggio danneggiamento danneggiatrice delegittimando demodossologia demopsicologia digitalizzando disgiungimento dispregiatrice dongiovannesco dottoreggiando endocrinologia epidemiologica epidemiologico epistemologico etimologizzare etimologizzato eudemonologico fanciullaggine favoleggiatore favoreggiatore fenomenologico festeggiamento fiancheggiando filosofeggiare filosofeggiato fiosopatologia fisiopatologia fosforeggiando frangivalanghe frascheggiando fraseggiamento fraseggiatrice frivoleggiando gaglioffaggine galanteggiando galleggiamento gatteggiamento geoglaciologia geomorfologico Giambartolomei Giancristofaro giavellottista giganteggiando gigantografico giocherellando giochicchiando Giovanbattista giovanilistico giurisprudenza giustapponendo giustappongono giustificabile giustificativo giustificatore giustizialismo giustizialista gorgheggiatore grammatologico ideologizzando ideologizzante ignorantaggine illeggiadrisce imbecillaggine impareggiabile imparidigitata imparidigitato impregiudicata impregiudicato incappellaggio incoraggiatore incorreggibile indietreggiare indietreggiato ineleggibilità inginocchiando inginocchiante ingiustificata ingiustificato inimmaginabile insensataggine insommergibile interregionale inturgidimento iperboleggiare iperboleggiato irreggimentare irreggimentato irruggineranno italianeggiare italianeggiato lampeggiamento leggiucchiando legittimamente legittimazione legittimistico lungisaettante lungometraggio lussureggiando macrosporangio maggiociondolo malandrinaggio maneggiabilità mangiacassette mangiucchiando marginalizzare marginalizzato massaggiatrice mercanteggiare mercanteggiato metaforeggiare metaforeggiato metalinguaggio microbiologico microchirurgia microsporangio mielomeningite minchionaggine molleggiamento mostreggiatura motteggiamento motteggiatrice nanotecnologia neurobiologico neurochirurgia neuropatologia oltraggiatrice ombreggiamento onomasiologica onomasiologico originalissima ortopedagogica ortopedagogico padroneggiando paleoetnologia paleontologico paleopatologia paleozoologico palleggiamento palleggiatrice palpeggiamento panneggiamento panreligiosità paraetimologia parallogistico parallogizzare parallogizzato parapsicologia parassitologia parcheggiatore paretimologico parodontologia parteggiamento passeggiatrice patteggiamento pedagogizzando pedanteggiando pellegrinaggio pennelleggiare pennelleggiato plagiotropismo polisillogismo poltroneggiare poltroneggiato ponteggiatrice posteggiatrice pregiudicabile pressaforaggio prestigiatrice pretecnologico psicochirurgia psicopatologia psicopedagogia punteggiamento radicaleggiare radicaleggiato radiochirurgia radioecologico radiomessaggio radiomontaggio radiosondaggio raggiungimento raggiuntamento raggiustamento ragionevolezza regionalistico regionalizzare regionalizzato restringimento retropassaggio riappigionando riavvolgimento ricompaginando ricongiungendo ricongiungersi ricongiunzione ridicoleggiare ridicoleggiato rieleggibilità rifrangibilità rigalleggiando rimpaginazione rincoraggiando ripatteggiando risorgimentale rotondeggiante saccheggiatore sbeffeggiatore sbruffonaggine scaldaseggiole sceneggiatrice schiaffeggiare schiaffeggiato scimunitaggine scompaginatore scompaginatura scontrosaggine sconvolgimento scoraggiamento sdottoreggiare sdottoreggiato sedimentologia serpeggiamento sfacciataggine sgraziataggine simboleggiando sintomatologia smangiucchiare smangiucchiato smemorataggine sociobiologico sopraggittando sopraggiungere sopraggiunsero sopraggiuntane sopraggiuntone sottopassaggio spadroneggiare spadroneggiato spazieggiatura speleobiologia speleozoologia spiritosaggine sprigionamento stagionalmente stoccheggiando stragiudiziale stravolgimento svillaneggiare svillaneggiato svogliataggine taccheggiatore taglieggiatore tambureggiando tecnologizzare tecnologizzato tedescheggiare tedescheggiato teleologistica telepilotaggio temporeggiando tergicristallo tergiversatore termofissaggio termogiunzione terotecnologia tiranneggiando tortoreggiando toscaneggiando traccheggiando trangugiamento trangugiatrice trapiantologia tratteggiabile tratteggiatura traumatologico trinciaforaggi tromboangioite vagabondaggine vagheggiamento vagheggiatrice vampireggiando vanvereggiando verseggiatrice vetrioleggiare vetrioleggiato vezzeggiamento vibromassaggio videogiocatore volteggiatrice

Parole contenenti GI di 15 lettere anestesiologica anestesiologico antigiuridicità approvvigionare approvvigionato asparagicoltore autolegittimare autolegittimato baritoneggiando bioclimatologia biometeorologia bizantineggiare bizantineggiato boccheggiamento braccheggiatora briganteggiando caporalmaggiore caratterologico cardiochirurgia correligionario doppiogiochista elettrobiologia equipaggiamento etimologizzando etnomusicologia extragiudiziale fantasticaggine favoleggiatrice favoreggiamento favoreggiatrice fiancheggiatore filosofeggiando fisiopatologico galleggiabilità galvanostegista  giogioneggiando girodirezionale giudeocristiano giurisdizionale giuscibernetica giusnaturalismo giustificatorio giustificatrice giustificazione gorgheggiatrice guardareggitori idrometallurgia immagazzinaggio imprigionamento impuntigileremo incoraggiamento incoraggiatrice indietreggiando indietreggiante infingardaggine inginocchiatoio inginocchiatura inginocchimento inintelligibile intelligibilità interpsicologia iperboleggiando iperboleggiante irraggiungibile irreggimentando irreggimentante irrestringibile italianeggiando italianeggiante liberaleggiante macrolinguaggio macrosociologia madrigaleggiare madrigaleggiato marginalizzando mercanteggiando metaforeggiando meteorobiologia meticolosaggine microfisiologia microsociologia misticheggiante nanotecnologico neurochirurgico neurofisiologia neuropsicologia ortopedagogista paraetimologico parallogizzando parapsicologico parassitologico parodontologico pennelleggiando petrarcheggiare petrarcheggiato poltroneggiando popolareggiante pregiudizialità pregiudizievole preistoriologia promagistratura propagginazione psicofisiologia psicopatologico psicopedagogico psicosociologia radicaleggiando radiocronologia raggiungibilità ragionieristico regionalizzando ridicoleggiando riecheggiamento rimaneggiamento ringiovanimento ringiovaniscano ringiovaniscono rinverginamento risorgimentista rumoreggiamento saccheggiatrice sbalorditaggine sbeffeggiamento sbeffeggiatrice scellerataggine schiaffeggiando sciagurataggine scioperataggine scompaginatrice scompaginazione sdottoreggiando sedimentologico simboleggiabile sintomatologico smangiucchiando sommergibilista sopraggiungendo sopraggiungerne sottolinguaggio sottotitolaggio sovrappassaggio spadroneggiando spalleggiamento sregionalizzare sregionalizzato supermaggiorata svillaneggiando taccheggiatrice taglieggiamento taglieggiatrice talassobiologia tecnologizzando tedescheggiando telegiornalismo telegiornalista temporeggiatore tergiversatrice tergiversazione terotecnologico tesoreggiamento torremaggiorese trascurataggine tritaimballaggi videogiocatrice videotecnologia

Parole contenenti GI di 16 lettere antisommergibile approvvigionando approvvigionante asparagicoltrice autolegittimando autonoleggiatore autoregistratore avvantaggiamento bamboleggiamento bizantineggiando braccheggiatrice cannoneggiamento carbosiderurgico classicheggiante controspionaggio delegittimazione dendrocronologia dermatopatologia digitalizzazione farmacovigilanza fiancheggiamento fiancheggiatrice fibrocartilagine fonoregistratore ghibellineggiare ghibellineggiato giustapposizione glottocronologia ideologizzazione illeggiadriscono impareggiabilità impregiudicabile incorreggibilità ingiustificabile inimmaginabilità insommergibilità intransigibilità irragionevolezza madrigaleggiando massaggiagengive meteoropatologia michelangiolesco neurofisiologico neuropsicologico neuroradiologico orientaleggiante petrarcheggiando prestidigitatore psicofisiologico psicopedagogista psicosessuologia psicosociologico ricongiungimento ripatteggiamento scapestrataggine spensierataggine spregiudicatezza sregionalizzando tambureggiamento temporeggiamento temporeggiatrice tergilavalunotto tortoreggiamento

Parole contenenti GI di 17 lettere anticongiunturale antroposociologia approvvigionatore autonoleggiatrice elettrofisiologia fibrocartilagineo fitopaleontologia fonoregistrazione gastroenterologia ghibellineggiando giurisprudenziale giusnaturalistica glottocronologico idrometeorologica idrometeorologico inintelligibilità irraggiungibilità irreggimentazione marginalizzazione microclimatologia micrometeorologia microregistratore neurofarmacologia paleoantropologia particolareggiare particolareggiato pigiadiraspatrice prestidigitatrice prestidigitazione pseudoetimologico psicofarmacologia radarmeteorologia radioimmunologico radiometeorologia radioregistratore regionalizzazione svillaneggiamento teleregistrazione videoditeggiatura videoimpaginatore videonoleggiatore videoregistratore

Parole contenenti GI di 18 lettere  approvvigionamento approvvigionatrice cacciasommergibili dendroclimatologia elettrometallurgia girostabilizzatore giurisdizionalismo giurisdizionalista giustificazionismo giustificazionista grattugiaformaggio micropaleontologia neurofarmacologico odontostomatologia particolareggiando postrisorgimentale psicofarmacologico radarmeteorologico speleopaletnologia tergilavacristallo vibromassaggiatore videoimpaginazione videonoleggiatrice videoregistrazione

Parole contenenti GI di 19 lettere gastrodigiunostomia neuroendocrinologia speleopaleontologia tergilavaproiettore

Parole contenenti GI di 20 lettere giurisdizionalistico

Parole contenenti GI  di 24 lettere psiconeuroendocrinologia

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GI

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI. Come già detto per le schede delle nomenclature per parole di tre lettere

 e per le schede delle nomeclature per parole di quattro lettere, 

una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri. 

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle schede illustrate, che possono anche fornire un aiuto all’arricchimento del lessico.

Classicamente le schede delle nomenclature, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…).

Qui propongo una classificazione diversa, in funzione dell’apprendimento delle varie difficoltà ortografiche presenti nella nostra lingua occupandoci ora del suono GHI.

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

Questa è una selezione di parole italiane che presentano appunto il suono “ghi”, con diversi gradi di difficoltà; non tutte si prestano ad essere illustrate e le parole presenti nelle schede delle nomenclature sono in grassetto:

Parole di 5 lettere: ghiro, ghisa.

Parole di 6 lettere: draghi, fanghi, funghi, ghiado, ghiaia, ghibli, ghiera, ghigne, ghinea, ghirba, sorghi, terghi, unghia, volghi.

Parole di 7 lettere: aurighi, beghino, cinghia, cinghio, ghiacce, ghianda, ghiotto, ghiozzo, righine, rugghio .

Parole di 8 lettere: barzaghi, braghini, fanghino, ghiaccio, ghiaiare, ghiaiato, ghiaieto, ghiaione, ghiaioso, ghierato, ghignare, ghignata, ghignato, ghindare, ghindato, ghiretto, ghironda, inghippo, kirghiso, larghino, leghista, liturghi,  Respighi, unghiata, unghiato, unghiolo, unghione, unghiuto.

Parole di 9 lettere: aghiforme, Alighieri, braghiere, brughiera, cinghiale, cinghiata, draghista, droghiere, ganghista, ghiandaia, ghiandola, ghiandona, ghignando, ghimbarda, ghimberga, ghindando, ghingheri, ghiottone, ghirigoro, ghirlanda, inghiramo,  invaghire, Meneghino, mugghiare, mugghiato, pomologhi, portaaghi, preghiera, ringhiare, ringhiato, ringhiera, ringhioso, stregghia, unghiella, unghiello.

Parole di 10 lettere: acciughina, adunghiare, adunghiato, agghiaiare, agghiaiato, agghindare, agghindato, aghifoglia, alberghino, botteghino, fanghiccio, fanghiglia, funghicolo, ghiacciaia, ghiacciaio, ghiacciare, ghiacciato, ghiacciolo, ghibellino,  ghiribizzo, inghiaiare, inghiaiato, invaghirsi, mugghiando, neghittoso, ringhiando, singhiozzo, transfughi, unghiatura, vaghissimo.

Parole di 11 lettere: adunghiando, adunghiante, agghiaiando, agghiaiante, agghindando, agghindante, alberghiera, alberghiero, avvinghiare, avvinghiato, beghinaggio, cinghiatura, disimpieghi, ghiacciando, ghianchetto, ghiandatico, ghiandolare, ghiandoloso, ghirlandaio, ghirlandare, ghirlandato, inghiaiando, inghiaiare, Inghilterra, inghiottire, inghiottito, lettighiere lusinghiero, rimugghiare, rimugghiato, sghiacciare, schiacciato, sghimbescio, sghiribizzo, singhiozzii, singhiozzio, sogghignare, sogghignato.

Parole di 12 lettere: agghiacciare, agghiacciato, antighiaccio, avvinghiando, avvinghiante, cataloghista, ghigliottina, ghiottoneria, ghiribizzoso, ghirlandetta, inghiaiatura, inghiottendo, inghiottente, inghiottirsi, inghiottisca, inghiottisce, inghiottisco, invaghimento, Kirghizistan, monologhista, neghittosità, ranghinatore, rimugghiando, ringhiottire, ringhiottito, sghiacciando, sghignazzare, sghignazzato, singhiozzare, singhiozzato, sogghignando, tagliaunghie, tendicinghia.

Parole di 13 lettere: agghiacciando, agghiacciante, agghindamento, funghicoltore, funghicoltura, funghicultore, funghicultura, ghiacciamento, ghiandatifero, ghibellinismo, inghiottitoio, inghiottitore, inghiottonire, inghiottonito, inghirlandare, inghirlandato, invaghitosene, menefreghismo, neoghibellino, ringhiottendo, rompighiaccio, sghignazzando, singhiozzando, tranghiottire, tritaghiaccio.

Parole di 14 lettere: funghicoltrice, funghicultrice, ghigliottinare, ghigliottinato, inghiottimento, inghiottiscano, inghiottiscici, inghiottiscilo, inghiottiscimi, inghiottiscine, inghiottisciti, inghiottiscono, inghiottitrice, inghiottonendo, inghiottonirsi, inghiottonisce, inghirlandando, inghirlandante, linfoghiandola, sbattighiaccio.

Parole di 15 lettere: agghiacciamento, ghigliottinando, inghiottiscili, sghignazzamento.

Parole di 16 lettere: ghibelineggiare, ghibellineggiato, inghiottiscicelo, inghiottiscimelo, inghiottiscitelo, inghiottiscitene, inghiottiscono, linfoghiandolare, neoghibellinismo.

Parole di 17 lettere: ghibellineggiando.

Parole di 18 lettere: inghiottisciglielo, inghiottiscigliene.

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

E queste sono le schede a colori, pronte per il download e la stampa:

Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Carte mute (solo immagini)

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Cartellini in corsivo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in stampato maiuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in stampato minuscolo

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI
Nomenclature in corsivo

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Qui alcuni dettati ortografici: 

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Metodo Montessori schede delle nomenclature per le difficoltà ortografiche GHI

I CEREALI materiale didattico

I CEREALI materiale didattico vario, letture, dettati ortografici ecc…, di autori vari,  per la scuola primaria. I cereali

I cereali sono per lo più graminacee che servono all’alimentazione dell’uomo e degli animali domestici, soprattutto se ridotti in farina. Ad essi appartengono il grano, l’avena, la segale, l’orzo, il riso, il granoturco, il miglio, il sorgo, ecc…

Le graminacee fonte di alimenti
L’amido di frumento viene utilizzato per la confezione del pane e per la fabbricazione della pasta. Per il pane, la farina di frumento, setacciata in modo da allontanare ogni residuo dei tegumenti che formano la crusca, viene impastata con acqua tiepida e lievito in opportune proporzioni; lasciata riposare per qualche ora, in modo che il lievito la faccia gonfiare, viene divisa in pezzi, modellati in vario modo, e cotta in un forno caldissimo. Il pane può essere confezionato anche lasciandovi i pezzi dei tegumenti della cariosside; in tal caso viene detto integrale.
La pasta viene ottenuta mescolando farina e acqua senza aggiungere lievito. Quando si confeziona in casa, viene schiacciata col mattarello in modo da formare uno strato sottile, che poi è tagliato secondo il bisogno in pezzetti (lasagne), rettangolini o strisce (tagliatelle o fettuccine), e così via. Nella produzione industriale l’impasto, preparato nei pastifici, viene passato in speciali macchine, che lo comprimono tra rulli e lo tagliano a nastro oppure lo passano attraverso trafile, che lo riproducono in lungi pezzi cilindrici di varia lunghezza, omogenei o cavi, secondo che si vogliano ottenere, per esempio, i vermicelli, gli spaghetti o i maccheroni. La pasta può anche essere tagliata in piccoli pezzetti e stampata ottenendo le conchiglie, le farfalle, ecc…
Nella confezione della pasta si può aggiungere anche del tuorlo d’uovo (pasta all’uovo) o del glutine (pasta glutinata).
Non tutte le varietà di frumento sono egualmente adatte alla fabbricazione della pasta alimentare. Possono essere bene utilizzati a questo scopo solamente i cosiddetti grani duri, coltivati nelle regioni a clima caldo, arido. I grani teneri sono invece preferiti per la confezione del pane.
Oltre al frumento, l’uomo utilizza anche altre graminacee. Ne ricordiamo qualcuna tra le principali.
Il mais o granoturco non è originario della Turchia, ma del Messico. Viene denominato turco perchè dopo la scoperta dell’America rimase per molto tempo l’uso di chiamare turco ogni prodotto proveniente da oltremare, in quanto fino ad allora i fiorenti commerci con l’Oriente passavano generalmente attraverso la Turchia, seguendo numerose vie carovaniere. Il mais, molto coltivato nella zona che va da Bergamo al Veneto, compreso il Trentino, è utilizzato per preparare la polenta; la cariosside dà anche olio, e il fusto cellulosa.
Il riso, coltivato soprattutto in Piemonte e in Lombardia, è una pianta acquatica originaria della Cina, Indocina, India e Giappone, dove viene coltivato fin dall’antichità. Si può dire che il riso alimenta la metà della popolazione umana. Le cariossidi del riso vengono asciugate e poi brillate; sono cioè liberate, con speciali procedimenti, dai tegumenti e vengono lucidate prima di essere messe in commercio.
La segale si coltiva nelle regioni settentrionali e ad una certa altitudine. Serve per preparare un pane profumato, di colore più scuro di quello del frumento.
L’orzo viene utilizzato soprattutto per preparare la birra, ottenuta macinando con acqua le cariossidi germinate e lasciandole poi fermentare.
L’avena trova applicazione sia come foraggio per i cavalli, sia nell’alimentazione umana; a questo scopo la cariosside viene pressata, senza essere macinata completamente, e messa in commercio col nome di “fiocchi di avena”, molto nutrienti e molto in uso per l’alimentazione dei bambini e degli ammalati. (M. La Greca e R. Tomaselli)

Le semine
La semina consiste nell’affidare al terreno i semi delle piante, dopo l’opportuna preparazione. Le operazioni di semina si compiono all’incirca negli stessi periodi dell’anno secondo un calendario agricolo determinato dall’esperienza e dalla tradizione, oppure, come più spesso si fa oggi, secondo criteri scientifici che tengono conto dell’epoca più opportuna per il raccolto in correlazione con le vicende meteorologiche stagionali.
Nel nostro paese la semina dei cereali (grano, avena, segale, orzo) viene fatta normalmente in autunno; quella delle leguminose, in primavera nell’Italia settentrionale e in autunno nell’Italia meridionale. Per altre colture particolari, come quella del granoturco, della saggina, della canapa e della barbabietola, la semina avviene in primavera.
Alla semina, che deve trovare già il terreno sciolto dall’aratura e inumidito dalle piogge o dall’irrigazione, segue la erpicatura. Essa consiste nel passare sul terreno un telaio a maglie rettangolari munite di punte, oppure un cilindro munito di punte, in modo da estirpare le erbacce rimaste dopo l’aratura, comprimere il terreno ed affondarvi il seme.
La semina può essere fatta in posto, cioè distribuendo la semente sul terreno, a mano oppure a macchina, come si fa per i cereali e il mais; oppure in appositi semenzai, riquadri di terreno dove la semina è fatta molto fittamente, dopo di che si procederà al trapianto ossia alla messa a dimora delle pianticelle poco dopo che esse siano nate.

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Il grano

grano

E’ una delle più importanti piante coltivate fin dai tempi preistorici e la sua coltura ha accompagnato lo sviluppo della civiltà. I chicchi disposti nella spiga su nodi alterni, sono costituiti da un frutticello (la cariosside detta volgarmente seme) rivestito da una buccia sottilissima. Nella buccia e negli strati periferici del frutticello c’è uno straterello di glutine ricco di sali, vitamine, grassi e cellulosa; nel nucleo centrale del frutticello c’è soprattutto una grande quantità di amido. Comunemente si distinguono i frumenti nudi e i frumenti vestiti. Tra i grani nudi, il grano tenero è il più importante nella coltivazione mondiale; i grani duri si prestano meglio alle regioni calde e aride. Il prodotto del frumento, cioè il chicco, viene utilizzato per l’alimentazione, il suo stelo, o paglia, come foraggio e come lettiera per gli animali, oltre che per la fabbricazione della carta. Il grano, con la macinatura, viene ridotto in farina e in questo stato si usa per la confezione del pane, della pasta, dei biscotti, ecc… Dal grano si ricava l’amido che, sottoposto prima alla saccarificazione e poi alla fermentazione, ci può dare un alcool di qualità inferiore utilizzato nell’industria. L’origine e la storia del frumento non si conoscono in modo certo. Pare che questo indispensabile cereale provenga dalla Persia.

Benchè formi la base essenziale dell’alimentazione di molti popoli, non è però il cereale coltivato di preferenza nel mondo. La sua coltura è poco estesa in Africa e in genere nelle zone equatoriali e tropicali, in Estremo Oriente, in Australia, dove viene coltivato soltanto in alcune regioni. Il frumento ha molti parassiti: numerosi funghi e insetti. Facile, per chi vive in campagna, assistere allo sviluppo della pianta del grano. Il frumento si semina in autunno nella terra già preparata dall’aratro. Il chicco resta sotto terra per alcuni giorni, e ai primi tepori ha già germogliato e ricopre il terreno di un’erbetta verde e tenera. Presto “accestisce” cioè mette molti steli laterali dalla base del culmo centrale. In seguito mette la spiga che fiorisce. Il vento favorisci l’impollinazione, che non avviene per opera degli insetti, e gli ovuli fecondati si trasformano in grani. La spiga granisce, i frutticelli prendono consistenza farinosa, e dopo poco la pianta ingiallisce, cioè diventa sempre più matura. A questo punto il grano viene mietuto, cioè falciato e raccolto in covoni, dopo di che è lasciato all’azione del sole che ne assorbe l’umidità. Quando il grano è ben secco viene passato alla macchina trebbiatrice che separa il chicco dalla paglia e dalla pula. I chicchi così ottenuti vengono portati al granaio dove subiscono altre operazioni: la vagliatura, cioè la separazione del chicco dalla pula (il suo rivestimento) che vi fosse ancora restata, e quindi la conciatura, cioè una preparazione fatta per impedire che i parassiti attacchino il raccolto. A questo punto il grano è pronto per essere portato al mulino e macinato. Anticamente gli uomini trituravano il chicco fra due pietre e questo sistema è ancora in uso presso alcune popolazioni. In seguito, come si è detto, furono costruiti mulini formati da due grosse pietre (macine) fatte girare una sull’altra con diversi mezzi. Anche qui il progresso ci ha saputo dare mulini perfezionati che fanno non soltanto il lavoro di macinatura, ma anche quello di spulatura, di cernita dei semi e di setacciatura. (Per molto altro materiale sul grano vai qui: https://www.lapappadolce.net/tag/grano/).

Storia del grano
Gli antichi uomini che vivevano nelle praterie dell’Asia e si spostavano qua e là dietro le loro greggi, conoscevano già questa utile piantina. Essi avevano imparato a liberare un tratto di terreno dalle altre erbe e a gettarvi sopra i chicchi.
Il grano sfrutta intensamente il terreno nel quale è coltivato, perchè succhia tutti i sali minerali che esso contiene. Se non viene intensamente concimato, ben presto questo terreno non può più nutrire le piante.
Gli antichi uomini, però, non conoscevano l’arte di concimare i terreni. Quando un campo non rendeva, lo abbandonavano e si spostavano dove il terreno era ancora fertile.
Così, sulla scia dei primi uomini, che dall’Asia si diffusero in tutte le terre conosciute, anche il grano raggiunse l’Europa, l’Africa, l’America.

A che cosa serve il grano?
I chicchi del grano sono usati dagli uomini per farne pane e pasta. I chicchi di grano macinati nei mulini, cioè schiacciati e tritati con le macine, diventano farina.
Il grano tenero, quello che serve a fare il pane, sopo esser stato macinato viene setacciato. In questo modo la farina viene liberata dalla crusca, cioè dalla buccia dei chicchi che è dura e di colore scuro. La farina che rimane è bianca e ricca di amido, ma ha perso, con la crusca, parte del glutine e delle vitamine.
Il pane scuro, quello fatto con la farina nella quale è rimasta un po’ di crusca, benchè a molti piaccia meno del pane bianco, è in realtà più nutriente. Con la farina ottenuta macinando il grano duro, quello ricco di glutine, si fabbrica, invece, la pasta.

La tecnica contro la fame
I Romani diffusero la coltivazione del grano in tutto il loro vasto impero: essi inventarono anche una macina entro cui il grano veniva sfarinato in modo finissimo. Molti fornai facevano lavorare gli operai con guanti e maschere di garza, perchè il sudore e l’alito non contaminassero l’impasto.
Una delle poche invenzioni del Medioevo riguarda il frumento: si tratta dei mulini a vento, sviluppati poi dagli olandesi.
In epoca moderna, vennero le grandi invenzioni tecniche che facilitarono la lavorazione del grano: la prima aratrice e seminatrice meccanica, le prime mietitrici-trebbiatrici tirate dai cavalli, e poi le prime macchine a vapore per il lavoro dei campi. Giacomo Watt, l’inventore della macchina a vapore, costruì un mulino a vapore sul Tamigi, ma i mugnai di Londra glielo incendiarono.
Oggi la tecnica produce aratri meccanici capaci di tracciare contemporaneamente 18 solchi profondi 40 cm, di collocare i semi, concimare e ricoprire, tutto in una sola passata! Nello stesso tempo, gli scienziati selezionano e incrociano le varietà di grano per trovare quelle che meglio si adattano a un clima o all’altro, quelle che producono di più, quelle che servono ad usi speciali come la produzione della pasta dal grano duro.
Sono conquiste della scienza che spesso non si trovano sui libri, ma si tratta delle invenzioni più preziose.

La semina del grano

In che cosa consiste la semina?
Quale lavoro ha fatto il contadino prima di spargere i semi?
Come può essere fatta la semina?
Un chicco di grano darà una o più spighe?
Che cos’è la spiga?
In quale stagione, nel nostro paese, viene fatta normalmente la semina? Quando viene fatto il raccolto?
Che cosa si ricava dal grano?
Quali sono i nemici del grano?
Com’è il fiore del grano?
Che cos’è l’erpicatura?
Quale prova fa il contadino per accertarsi di aver acquistato dell’ottimo grano?

Il grano
Fra tutti i cereali, il più diffuso ed il più utile, perchè dà farina dall’alto potere nutritivo, è il grano o frumento. Lo si conosce da tempo immemorabile. La sua farina, mescolata con sostanze adatte che le permettono di lievitare e di gonfiarsi, dà il pane, la base dell’alimentazione umana dal tempo degli antichi Egizi che lo fabbricarono per primi. Data la grande diffusione del frumento in tutto il mondo, è logico pensare che ne esistano innumerevoli varietà, come è in realtà.
Una grande distinzione è quella che si fa tra frumenti di grano tenero e quelli di grano duro; i primi danno specialmente farina da pane, mentre gli altri, che sono assai ricchi  di una sostanza molto nutriente, il glutine, producono una farina adatta a preparare paste alimentari.
Il grano duro, diffuso per opera degli Arabi, è coltivato in Canada e nelle regioni mediterranee.
Il frumento viene seminato in autunno; dopo pochi giorni germoglia e spunta dal terreno come una tenera pianticella. Durante l’inverno il freddo ne arresta la crescita, ma non la danneggia. Tutti conosciamo il detto “sotto la neve pane”, che ci ricorda come la neve, con la sua coltre, protegge i teneri germogli, impedendo loro di gelare. Coi primi soli primaverili il grano riprende a crescere: verso la tarda primavera o l’estate, secondo i climi, sarà pronto per la falce.

In Egitto comincia la storia del pane
Seimila anni or sono, il frumento era già apparso sulle rive del Nilo. Le pianticelle del nuovo cereale provenivano dall’Altipiano Etiopico. Furono ben accolte dagli abili agricoltori egiziani e seminate con cura sui campi fecondati dal Nilo, accanto a un altro cereale dai duri chicchi: l’orzo.

Con l’orzo e col frumento non di faceva il pane: i chicchi venivano schiacciati, la grossolana farina veniva impastata con acqua e cotta in focacce, fra mattoni roventi.
Ma un giorno una donna, dopo aver preparato le focacce per il giorno dopo, dimenticò un po’ di pasta in un angolo. Qualche tempo dopo, nel riprendere la lavorazione, si accorse di questa pasta e vide che in essa erano avvenuti strani cambiamenti: si era gonfiata ed appariva piena di bollicine.
Oggi noi sappiamo che si trattava delle spore del lievito che, portate dall’aria, avevano fatto inacidire e lievitare l’impasto. Allora, la donna egizia non seppe che pensare. Chiamò tutta la famiglia e mise quella strana pasta nel forno.
Era un prodigio davvero, un miracolo della provvidenza che conduceva l’uomo alla scoperta del pane: dal forno non uscì la solita focaccia, ma qualcosa completamente nuova, una sostanza profumata, soffice, diversa da quanto s’era visto e mangiato fino allora: era nato il pane!

Il grano, base della nostra alimentazione
Da tempo immemorabile il frumento è stato alla base della nostra alimentazione, insieme con una certa misura di altri cereali: pane italiano di tutte le fogge, dalle larghe pagnotte pugliesi ai bianchi gioielli in pasta di semola ed agli azzimi della Sardegna, pane di tutte le sfumature fra il nero e il candido, pane ad acqua, olio e mentuccia dei pastori maremmani e sfilatino spaccato, col pomodoro dentro, degli operai napoletani.
E poi la piada romagnola, la pizza, la schiacciata di Mantova, le infinite varietà di paste alimentari… E, del frumento, esistono due principali qualità: il grano tenero, usato per il pane, e il grano duro, usato per le paste.
L’Italia del centro e del nord coltiva soltanto il primo, le isole maggiori coltivano soprattutto il secondo. In tutto, circa un quinto della nostra superficie coltivabile è dedicata al grano; ma, sia per insufficienti metodi di coltura, che per altre ragioni, non raggiungiamo ancora l’autosufficienza. Per di più, la produzione varia molto da regione a regione, a causa del diverso rendimento del suolo. Ad esempio, la Sicilia è al primo posto in rapporto all’area coltivata a grano, ma al quarto o quinto posto per produzione.

Il grano e l’uomo
Tra giugno e luglio, il grano dona all’uomo il so frutto prezioso ed il campo, pieno e dorato, rivela tutta la sua ricchezza. La falce o la macchina recidono lo stelo: è la mietitura.  Con la trebbiatura le cariossidi vengono separate dalle spighe ed i chicchi, così ottenuti, vengono avviati ai mulini, dove dal pericarpo si ricaverà la crusca e dal seme la farina, con la quale verrà fatto il pane e la pasta.

Il calendario del grano
Se vi chiedessero in che mese si miete il grano, voi risponderesti “In giugno” e sbagliereste. Il grano si raccoglie durante tutto l’anno e non c’è mese dell’anno in cui non di mieta in qualche Paese del mondo. Il grano infatti è il cereale più diffuso sulla terra e alligna e prospera da per tutto, dai Tropici al Circolo Polare. Ecco un interessante calendario del grano.
In giugno si miete in Italia, in altri Paesi del Mediterraneo e in California.
Il luglio si miete in Francia, in Ungheria, nella Russia meridionale, negli Stati Uniti e nel Canada.
In agosto si miete in Germania, in Belgio, in Inghilterra e nel Canada orientale.
In settembre si miete nel Canada settentrionale, in Scozia, in Scandinavia e nella Russia centrale.
In ottobre si miete nella Russia settentrionale.
In novembre nell’Africa australe.
In dicembre nell’Australia e nella Nuova Zelanda.
In gennaio si miete in Argentina.
In febbraio in India.
In marzo in India e in Egitto.
In aprile nei Paesi del Mediterraneo orientale e in Messico.
Finalmente, in maggio, si miete in Cina.

Quale raccolto può dare un solo seme di frumento?
Il frumento dell’uomo primitivo era esiguo. Probabilmente ogni pianta dava un solo stelo con scarsi chicchi.
Ora da un solo seme si ottengono da sei a dodici steli, ed alcune piante ne hanno tre o quattro dozzine, con la ricchezza di altrettante spighe.
Una spiga può produrre da trenta a cinquanta chicchi; dunque un solo seme di frumento può dare oggi un raccolto di tre o quattrocento chicchi.

Le radici del frumento e la loro parte nella maturazione del chicco

La pianta del frumento è meravigliosamente adatta per l’impollinazione a mezzo del vento, sebbene spesso si impollini da sè. Il fiore a spiga si eleva nell’aria, e le antere mature, che contengono il polline, sono spinte fuori.
Essendo lunghi e sottili, questi filamenti penzolano e oscillano alla minima scossa; perciò il loro polline cade sull’estremità del pistillo provvisto di peli, che facilmente trattengono il polline.
La pianta ora comincia ad utilizzare la grande quantità d’alimento immagazzinata nelle sue radici facendo così maturare i chicchi. Le radici penetrano fino a considerevole profondità nel terreno per trarne abbondante nutrimento, e se le varie pari delle radici si disponessero in linea retta esse raggiungerebbero una lunghezza inverosimile.
La pianta di frumento sta in posizione eretta, sebbene abbia un’apparenza così fragile; il fusto di grano è il più bell’esempio di forza combinata con la leggerezza e l’economia del materiale.
Un buon chicco di grano è  gonfio ed ha un rivestimento liscio e sottile: tagliato in mezzo, esso appare semitrasparente.

I molti nemici del grano

Il frumento ha molti nemici, che l’agricoltore deve continuamente combattere per salvare il prodotto.
Il topo campagnolo a coda lunga e il topo dei raccolti divorano i chicchi in sviluppo; il topo comune ed il ratto attaccano lo stelo; insetti dannosi, quali  la mosca del grano, la cimice, qualche specie di dittero e il moscerino del grano attaccano la pianta in sviluppo.
Affliggono il frumento anche varie specie di funghi delle quali la peggiore è la notissima “ruggine del grano”, che segnala la sua presenza a danno avvenuto, mediante strisce brune o nere sulle foglie.

Perchè la pasta è dura e compatta e il pane è soffice e spugnoso?
Vi ricordate quei piccolissimi esseri che vivono nell’aria, nella terra, nell’acqua, i batteri?
Oltre ai batteri, esistono altri piccolissimi esseri viventi, anche essi tanto piccoli da essere invisibili. Alcuni di essi si chiamano lieviti e sono piccolissimi funghi, che possono vivere liberi nell’aria.
Come tutti gli esseri viventi, anche i lieviti si nutrono e respirano.
che cosa avviene nella pasta del pane, cioè nella farina impastata con l’acqua, quando in essa vanno a cadere alcuni di questi lieviti?
I lieviti nella pasta del pane incominciano a nutrirsi e a produrre, fra l’altro, un gas, l’anidride carbonica.
L’anidride carbonica forma nella pasta del pane delle bolle. La pasta si gonfia e non è più compatta. Quando poi il pane è messo nel forno, il calore fa evaporare l’anidride carbonica e il pane resta tutto pieno di cavità, come una spugna.
Quando i panettieri fanno il pane, non possono certamente aspettare che nella loro pasta vadano a cadere i lieviti che sono nell’aria.
Adoperano quindi dei lieviti disseccati, riuniti a formare quello che si chiama lievito di birra. Non appena mescolati alla pasta e tenuti in ambiente caldo, i lieviti cominciano a nutrirsi e a respirare e, in breve tempo, il pane si gonfia, o come si dice meglio, lievita.
Il pane lievitato viene messo a cuocere nel forno, dal quale esce dorato e croccante.
Il calore del forno, però, deve essere ben dosato. Se nel forno il calore è troppo poco, il pane resta umido e molliccio; se il calore invece è troppo, il pane brucia e diventa nero e duro come il carbone. Tutti i forni perciò sono muniti di un termometro situato fuori dal forno, sul quale si può controllare qual è, in ogni momento, la temperatura all’interno. (P. Gribaudi)

Il grano
Ogni chicco di grano è un frutto di forma ovoidale, chiamato cariosside. Appuntito da una parte e arrotondato dall’altra, ricoperta da una lieve penuria, esso è percorso, per tutta la sua lunghezza, da un solco stretto. Il frutto vero e proprio è il solo pericarpo, costituito da una serie di membrane tegumentali sovrapposte, aventi uno spessore complessivo non superiore a un decimo di millimetro. Esse sono: il tegumento proprio del seme, la testa, sotto la quale si trova lo strato di aleurone, che contiene il glutine. Il glutine è una sostanza gommosa, che rende elastico l’impasto della farina con l’acqua e che rende il pane più nutriente e di più facile digestione. Nell’interno, infine, si trova il seme costituito dalla mandorla, che nei grani teneri è bianca e farinosa e nei grani duri è verde e vetrosa, e dell’embrione o germe del grano. Anche l’embrione è ricco di glutine. Nel chicco di grano troviamo le stesse parti che abbiamo osservato nel fagiolo, ma un solo cotiledone, piccolo e difficilmente distinguibile, che si trova tra l’embrione e la mandorla.
Il chicco di grano viene seminato in autunno o in primavera in un terreno rimosso, in modo che l’aria lo raggiunga facilmente. Se la temperatura è di almeno sei gradi, ha inizio la germinazione. Utilizzando le riserve contenute nel seme, la radichetta si sviluppa dirigendosi verso il basso mentre il fusticino si volge verso l’alto. La radice è costituita da un fascio di filamenti, lunghi fino a un metro.
Il fusto o stelo di grano è quanto di più razionalmente economico si possa concepire; esso è costituito da un tubetto di cellulosa, rinforzato da molto materiale siliceo e vuoto all’interno. Robustezza e leggerezza danno un’armonica combinazione di forza e di economia di materiale. Lo stelo è suddiviso in cinque – otto segmenti, separati da ingrossamenti detti nodi. In corrispondenza di questi si trovano le foglie a forma di nastro, appuntito all’esterno, mentre alla base formano una specie di grondaia per deviare l’acqua di pioggia. Inferiormente al nodo, la foglia avvolge strettamente lo stelo fino al nodo sottostante.
La fioritura del grano non è vistosa, essendo il verde l’unico colore che si nota; anche gli insetti ignorano l’esistenza di questi fiori. Inoltre, tra la pianta matura e la pianta in fiore non si nota una grande differenza: sia i fiori che i frutti sono disposti a spiga e si formano all’estremità del fusto. Nel grano i fiori sono disposti su due file e risultano costituiti da una sorta di foglie, dette glume, e da altre più piccole, chiamate glumette: le une e le altre racchiudono gli organi propri del fiore. Tra questi si notano due pennacchi piumosi dei quali, per ora, notiamo la presenza senza precisarne le funzioni, di cui si parlerà più avanti.
Il passaggio dal fiore al frutto si nota appena all’esterno. I chicchi, allocati là dove si trovano i fiori, sono rivestiti dalle glumette e dalle glume; talvolta queste ultime si prolungano in un sottile e rigido filamento, la resta.
A questo punto si può considerare concluso il ciclo vitale del grano che, come il fagiolo, è una pianta annuale. (S. Stolfa)

La storia del pane
I primi uomini non sapevano coltivare le piante. Vagavano tra le steppe e le immense foreste a caccia di animali, mentre le donne scavavano le radici commestibili e raccoglievano semi e bacche. C’erano alcuni semi che ogni anno, d’estate, si trovano in abbondanza in certe zone: erano i chicchi d’orzo e di frumento. Le donne li raccoglievano, e riempivano bisacce di pelle, pr portarli con sè nei lunghi vagabondaggi nella foresta. Prima di partire, però, non dimenticavano di spargere qualche chicco sul terreno per propiziarsi gli dei. Quando, dopo il duro inverno, ritornavano sui loro passi, trovavano con grande meraviglia che i chicchi lasciati sul terreno avevano germinato e dato origine a nuove pianticelle, dalle spighe gonfie. Fu così che l’uomo imparò a seminare i chicchi per ottenere nuove piante. E fu in questo modo che alcuni uomini da cacciatori, si fecero agricoltori, coltivando il grano per sè e per le loro famiglie, e inventarono nuovi attrezzi per lavorare la terra, quali le vanghe e più tardi gli aratri. E poichè la vita dell’agricoltore è un po’  meno dura di quella del cacciatore, la popolazione rapidamente si moltiplicò. Ma non si conosceva ancora l’arte di preparare il pane.
Il grano non era un cibo adatto per i bambini più piccini. Essi non riuscivano a masticare quei semi così duri. Qualche mamma pensò allora che si poteva anche triturarli pestandoli tra due pietre. Provò e riuscì ad ottenere una farina grossolana, che piacque ai piccini e anche ai grandi. Aveva scoperto il modo di macinare il grano. Con la farina d’orzo e di frumento le donne impastavano piccole gallette che seccavano al sole. Poi impararono a mettere le focacce di pasta sopra pietre roventi o tra le braci, o sotto la cenere. La pasta abbrustolita e cotta era molti più saporita. Era nato il pane. Anche i cacciatori ora partivano per le battute di caccia nella foresta con una scorta di focacce di pane nella bisaccia. Il pane era un alimento meraviglioso: poco meno nutriente della carne, poteva essere conservato assai più a lungo, specie nella stagione calda. Intanto, col passare del tempo, l’uomo imparava sempre meglio a lavorare la terra per seminarvi il grano. Nelle palafitte del lago di Ledro è stato trovato un aratro di legno. Dunque a quel tempo non si smuovevano più le zolle con il rudimentale punteruolo,  ma si arava già con l’aiuto degli animali da traino, e il grano, nel terreno così preparato, cresceva più abbondante.
I primi a conoscere l’arte di preparare il pane vero e proprio furono gli Egiziani. Lo storico Erodoto ci narra che in Egitto gli schiavi usavano impastarlo con i piedi, cuocendolo poi in forma di piccole pagnotte rotonde o di sfilatini. Il pane comune era di farina d’orzo; quello di frumento era riservato ai ricchi e alla corte del Faraone. Le pagnotte servivano anche come moneta: i servi venivano pagati con forme di pane. Era così grande il valore attribuito al grano che spesso i mercanti partivano con le navi cariche di frumento, per usarlo come mezzo di pagamento nei porti dove si recavano ad acquistare le merci. Le prime monete greche di metallo pregiato portavano spesso incisa una spiga., per ricordare che la moneta stessa rappresentava la vera ricchezza: il grano. L’invenzione del pane diede un grandissimo impulso al progresso umano. L’agricoltore, infatti, doveva quasi ogni giorno risolvere nuovi problemi: scavare canali per irrigare i suoi campi, costruire carri per trasportare il suo grano, dividere e misurare gli appezzamenti di terra, stabilire un calendario che gli dicesse quando seminare e quando mietere. Dal lavoro agricolo nacque la prima scienza umana.
Presso i Romani troviamo i primi forni pubblici, in cui la gente poteva andare ad acquistare il pane come si fa oggi nelle panetterie. Questi forni erano controllati dallo Stato, per evitare che alla farina si mescolassero sostanze non permesse. I fornai erano spesso schiavi alle dipendenze di un padrone. Già allora, per alleviare la fatica, si usavano macchine impastatrici formate da una vasca circolare di pietra in cui un grosso legno a pale rimestava la farina e la impastava. Non tutti però si servivano dei forni pubblici. Le grandi famiglie romane avevano forni privati, con propri schiavi panettieri. Negli scavi di Pompei sono stati rinvenuti alcuni di questi forni. Ma l’Impero cadde sotto l’urto dei barbari, e l’agricoltura rapidamente declinò. I barbari infatti non erano agricoltori, ma cacciatori e guerrieri; e dovette trascorrere molto tempo prima che essi imparassero quell’arte, nuova per loro. I forni pubblici spariscono: chi può, specialmente in campagna, si cuoce da solo il proprio pane. Il grano è nascosto nelle botti e negli otri, per evitare che venga prelevato dalle soldataglie. Il pane si cuoce una o due volte al mese: ma sono pochi quelli che possono mangiarne tutti i giorni.
Al tempo del feudalesimo le cose non vanno meglio che durante le invasioni barbariche. I signori feudali impongono ai contadini di usare solo il mulino e il forno  del castello e arrivano a proibire i forni privati. In tal modo riescono a farsi pagare tasse sempre più forti. Bisognerà attendere il sorgere dei Comuni per vedere riapparire i fornai come artigiani indipendenti, uniti in corporazioni. Nel Comune, però, i fornai si limitavano a cuocere il pane preparato in casa dal cliente stesso. Erano rari quelli che ricevevano la farina o addirittura il grano da macinare. Nel Rinascimento l’arte di fare il pane si perfeziona e si diffondono ovunque i forni pubblici. I ricchi tuttavia preferiscono avere il loro forno in casa, anche per essere sicuri di mangiare pane genuino. In quei tempi di carestie frequenti, infatti, certi fornai usavano mescolare la farina con altre polveri. Il popolino considerava tutti i panettieri ladri e affamatori, a volte assaltava i forni per vendicarsi. Pene severissime erano riservate ai panettieri disonesti: se si coglievano in fallo venivano inchiodati per un orecchio alle porte della bottega.
Oggi i panettieri non vengono più inchiodati per un orecchio, come qualche secolo fa, anche se qualche volta si trovano ancora i disonesti che mescolano al pane sostanze nocive o non consentite dalla legge. Si deve riconoscere che il pane che mangiamo noi è pulito e genuino, oltre che saporito, grazie ai rigorosi controlli igienici e alle moderne macchine che permettono la completa lavorazione automatica. E’ assai diffuso tuttavia l’uso del pane bianco, assai più digeribile ma meno completo e perciò meno nutriente del pane nero o integrale. Fin dall’antichità si cercò di costruire macchine che facilitassero il lavoro faticoso del fornaio, ma i primi buoni risultati si ottennero solo verso il 1800. Da allora si è continuato a perfezionare le macchine, a costruirne di nuove, fino ad arrivare alle attrezzature dei moderni panifici, dotati di perfetti forni elettrici o a vapore. Sopravvivono ancora i forni a legna.

La panificazione
Oggi la panificazione viene effettuata con macchine automatiche. Noi però vi faremo vedere come si prepara il pane a mano, per rendere più comprensibile il procedimento.
Innanzitutto si fa un impasto di farina, lievito e poca acqua.
Quando la pasta incomincia a lievitare si aggiunge altra acqua e farina.
Il lievito rende gonfio e spugnoso l’impasto. Alla fine si aggiunge il sale.
Quando la fermentazione è a buon punto, si divide la pasta in pezzetti.
Ogni pezzetto viene modellato e poi ridotto nella forma dovuta.
Ora le pagnotte si lasciano riposare perchè finiscano la fermentazione.
Dopo circa mezz’ora si introducono nel forno a temperatura di 200 – 300 gradi.
Il pane si dilata ancora al calore, forma la crosta e cuoce. E’ pronto per la vendita.

Pane per tutti
Il pane può avere forme svariatissime. In Francia di solito è preparato in grossi sfilati lunghi mezzo metro e più. In Germania abbiamo grosse pagnotte scure, fatte con grano e segale. In Austria sono famosi i piccoli pani di Vienna. In Ungheria le grosse forme di due o tre chili sono fatte con farina di frumento e di patate. In Italia… lo sapete anche voi quante qualità di pane, condito o semplice, si possono trovare dal panettiere. Oggi da noi il pane si trova in abbondanza e a prezzi accessibili a tutti.

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Il riso

E’ una pianta conosciuta dalla più remota età. I primi a coltivarla pare siano stati gli Indiani e quindi i Cinesi ed i Giapponesi che oggi ne fanno il loro nutrimento principale. il riso si semina fitto in appositi vivai da dove si trasporta, poi, a dimora, costituita da campi allagati naturalmente o artificialmente, che si chiamano risaie e nelle quali prospera fra i lunghi argini che soli interrompono le vaste pianure. In giugno o luglio ha luogo la monda, cioè l’estirpazione delle cattive erbe che crescono in mezzo alle piante di riso. Tale lavoro veniva un tempo svolto dalle mondine, che stavano ore ed ore con l’acqua fino alle ginocchia, sotto il sole cocente, a compiere la loro grave fatica. D’autunno si prosciugano i campi e le spighe di riso, giunte a maturazione, vengono falciate. Quando il riso è asciutto si batte, cioè si separano i granelli dallo stelo, e si raccoglie in sacchi che vengono posti ad essiccare in appositi forni. Il riso che noi comunemente usiamo è il riso brillato, cioè privo della pellicola esterna.

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Il granoturco

mais

Sono note a tutti le gialle pannocchie fitte di chicchi, che si producono quasi in ogni regione d’Italia. In qualche paese le pannocchie vengono consumate dopo averle abbrustolite sul fuoco, ma generalmente i chicchi vengono macinati ricavandone una farina con cui si fa la polenta, cibo di facile digeribilità e di alto potere nutritivo. Il granoturco è originario dell’America del Sud e fu importato in Europa nel XVI secolo. Si semina in aprile e maggio e il suo raccolto si effettua per lo più in settembre.

La scoperta del mais
La terza graminacea in ordine di importanza (precedono il frumento e il riso) è il granoturco. Turco? E’ forse originario della repubblica della mezzaluna? State a sentire.
Nell’anno 1492, il giorno 28 ottobre, verso mezzogiorno, tre minuscole caravelle chiamate Santa Maria, Nina e Pinta toccarono per la prima volta le coste dell’isola di Cuba; e il grande genovese che le aveva guidate oltre i confini del mondo conosciuto, volendo avere qualche notizia di quell’isola meravigliosa, inviò a terra due suoi fidi: Rodrigo di Xeres e Luigi de Torres. Narrarono che i nativi si nutrivano spesso di certi grani chiamati maiz di buonissimo sapore quando erano cotti arrosto o pestati e ridotti in polenta. Si trattava del mais, del frumentone, il quale non tardò a essere trasportato e coltivato in Spagna donde si diffuse in molte Nazioni europee e anche,  estesamente, in Italia.

Il mais
La pianta del mais venne importata nel 1543 in Toscana, nel 1560 a Rovigo. Le odierne varietà si distinguono per altezza, per forma, per grossezza, per l’epoca della semina e della raccolta.
La qualità più coltivata, perchè più redditizia, ha il chicco giallo; si semina all’inizio della primavera e si raccoglie al principio dell’autunno.
Nei luoghi che hanno la possibilità di irrigazione si seminano le varietà di breve vegetazione, il “quarantino” e il “cinquantino”, nei terreni che già hanno prodotto frumento.
Il seme deve essere tolto dalle pannocchie più belle sgranate al tempo della semina. Il granoturco vuole terreni freschi, poco compatti, ben concimati, profondamente arati. Appena le piantine segnano le file, richiedono la sarchiatura con zappa e aratrino e la diradatura. Il granoturco matura in pianura e in collina, fino a 500 metri sul livello del mare.
Attualmente in Italia la sua coltivazione è accentrata nelle regioni della polena, Piemonte, Lombardia, Veneto, poi nell’Emilia, Friuli, Toscana, Marche, Campania.
L’uso della farina di mais, privato della corteccia vitaminica che circonda il seme, portò nei secoli scorsi alle gravissime epidemie di una particolare avitaminosi (simile allo scorbuto) detta pellagra, che colpiva le genti dell’Italia settentrionale. Ora che la farina di granoturco va scomparendo dall’alimentazione, e comunque il suo uso è integrato da altri cibi apportatori di vitamine, anche la pellagra è praticamente scomparsa. Larga quantità della produzione di mais è destinata ora all’alimentazione del bestiame.

Le pannocchie
Or che il granoturco fu raccolto, a gara
le massaie hanno appeso in molte file
alle rozze verande le pannocchie.
Splendono le pannocchie sui graticci
di legno, gialle, d’un bel giallo ardente
che è quasi rosso, fitto di rotondi
chicchi, lieto allo sguardo e liete al cuore.
Splendono le pannocchie al sol d’autunno,
tutte certezza: ed ai fanciulli parlano
della polenta che la madre al fuoco
nel paiolo rimesta, e d’un sol colpo
sul tagliere arrovescia e, nel buon fumo
ravvolta, suddivide in tante fette
quante le bocche. (G. Pascoli)

La leggenda del mais
Noi sappiamo che il mais fu per lungo tempo coltivato dalla maggior parte delle tribù di Indiani d’America non nomadi, cioè le più numerose. Essi consideravano questa pianta preziosissima, un dono davvero divino: ne sapevano cucinare i frutti in mille modi diversi, da cui sono derivate molte tipiche ricette americane. Sul mais si narra questa leggenda, che fa parte delle tradizioni della tribù del nord dei Chippewas.
Woo-Na-Mone, genio delle foreste e delle piante, fu in vita un cacciatore valentissimo: aveva la forza dell’orso e la rapidità del daino, e mai la sua freccia falliva un bersaglio.
Accadde un giorno che i suoi magici mocassini lo portassero in un territorio sconosciuto. Di fronte alla prateria immensa di alte erbe che si stendevano a perdita d’occhio, il gran cacciatore non ebbe un momento di esitazione. La sua temeraria curiosità lo spinse a penetrare nella prateria. Ma egli non andò lontano: improvvisamente davanti a lui le verdi fronde si agitarono e apparve uno strano personaggio-
Era piccolo di statura, e a malapena, tendendo le braccia, avrebbe potuto sfiorare il viso di Woo-Na-Mone. Sul capo portava un pesante turbante, formato dai suoi capelli biondi intrecciati, tra cui spuntavano due lunghe e bizzarre fronde verdi. Il suo abito era tutto intero, liscio e verde come l’erba. Portava una sacca di foglie intrecciate da cui usciva una lunga pipa: egli la riempì e la offrì a Woo-Na-Mone, dopo averne tirato una boccata.
Woo-Na-Mone fumò a sua volta la pipa della pace, poi parlò: “Io sono il forte Woo-Na-Mone, a cui nessun uomo può resistere!”
E lo strano personaggio gli rispose: “Anch’io sono assai forte, più forte di ogni uomo, ma non ti dirò il mio nome, se non riuscirai a battermi!”
Woo-Na-Mone scoppiò in una gran risata e si alzò in tutta la sua imponente statura, gonfiando di orgoglio il suo poderoso torace. I suoi lunghi capelli neri e le frange scomposte del suo abito barbaro gli davano  un aspetto davvero impressionante. Ma il piccolo sconosciuto non si lasciò turbare, e così parlò: “Se tu mi vincerai, dunque, io ti donerò qualcosa che potrai trasmettere alla tua tribù”.
Ebbe allora inizio la gara: vincitore sarebbe stato chi fosse riuscito per primo a mettere a terra l’avversario. Woo-Na-Mone si accorse ben presto che il suo antagonista era davvero molto veloce e molto forte, e più volte si trovò in difficoltà sotto l’attacco del piccolo sconosciuto.
Il cielo si arrossava ormai all’orizzonte: Woo-Na-Mone decise che la sua vittoria avrebbe dovuto brillare all’ultimo sole. Con un ultimo sforzo sollevò il piccolo uomo biondo e lo gettò al suolo con violenza, facendo fremere il terreno intorno, poi lo calpestò nella polvere, fra le erbe sparse.
“Sono vinto”, sospirò a questo punto lo strano personaggio, “tu sei davvero il più forte. Ascolta! Io sono il Mais. Faccio dono del mio corpo agli uomini dalla pelle rossa. Ricoprimi ora di terra in modo che io non mi possa più muovere. E tra luna sii di nuovo qui”.
Woo-Na-Mone obbedì: tornò nella grande prateria e lasciò trascorrere un’intera luna. Passato questo tempo, si avviò sul luogo dove aveva combattuto l’incredibile duello. Nel punto in cui il suo avversario era stato sepolto crescevano ora due lunghe foglie verdi, le stesse che adornavano il turbante del misterioso Mais. E a un tratto si sentì la sua voce: “Prenditi somma cura di questa pianta che tu vedi agitarsi alla brezza. Quando le sue pannocchie saranno mature, poni nella terra i semi e attendi. Quando i semi che tu avrai piantato daranno i loro frutti, tu prendi il raccolto e distribuiscilo tra gli Indiani. Dal nutrimento che darà loro questa pianta essi ben presto trarranno forza e ricchezza.  Ma tu non dimenticare di rendere onore e gloria al mio nome ogni qual volta il raccolto di queste piante sarà maturo”.
Così ogni anno a settembre c’è festa tra i pellirosse; essi devono questo omaggio al Mais che tolse loro la paura della fame.

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La segale

segale

La segale è il frumento delle terre povere e dei paesi di montagna dove non prospera il grano; dopo il frumento, essa contiene maggior percentuale di glutine di ogni altro cereale; è questa la ragione per la quale fu sempre intensamente coltivata in Europa, in regioni dove il suole e il clima non sono adatti a produrre il frumento.

La farina di segale è usata dalle nostre popolazioni di montagna soprattutto per la confezione del pane; ma per avere un pane veramente sostanzioso essi lo mescolano a farina di grano.
La paglia della segale è molto flessibile e lunga, ma non è adatta come cibo per il bestiame: essa, invece, è molto usata nella fabbricazione della carta, del cartone e dei cappelli di paglia, nonchè come lettiera per gli animali.

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Il grano saraceno

Originario dell’Asia, il cosiddetto grano saraceno viene coltivato specialmente nei paesi settentrionali ed in montagna, per farina che danno i suoi chicchi, adatta per il pane e per la polenta. Si tratta, come è noto, d’un grano di colore scuro, e questa leggenda vuole spiegare  l’origine del suo colore.
Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l’aria ancora volava la pula.
“O di casa!” dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l’indomani l’aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: “Su, spicciamoci ad alzarci, perchè abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori!”.
“Dormi e taci” rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall’altra parte.
S’erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano, e: “Beh? Credete di starvene a poltrire dino al giorno del giudizio, voi altri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle?”. Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se ne andò di furia.
“Avete visto se avevo ragione?” disse Pietro, fregandosi le spalle. “Su, su, andiamo a lavorare, se no quest’accidente di donna ci concia per le feste”
E il Signore di nuovo: “Dormi e taci”.
“Dite bene voi, ma se torna, se la prende con me!”
“Se hai tanta paura” disse il Signore, “passa qua, e lascia che al tuo posto vada Giovanni”.
Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre.
La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. “Come, ancora a dormire, siete?” e, per non fare ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello di mezzo, che era di nuovo Pietro.
“Sempre a me!” gemeva Pietro; e il Signore, per farlo stare tranquillo, scambiò il posto con lui. “Così sei più riparato. Dormi e taci”.
Tornò la vedova, e: “Adesso tocca a te!” e giù un’altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno.
“Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto” e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna.
Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: “Portami un tizzone acceso” e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell’aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense, si credeva di aver solo cenere: invece c’era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia.
I tre non aspettarono nemmeno d’esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenze e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l’aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull’aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all’aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella.
La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori nel villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: “Va’, salva quello che puoi, e insegnale che si deve rendere bene per male”.
San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com’era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma, per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntiti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra. (Italo Calvino)

I CEREALI materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Il sistema metrico decimale secondo il metodo Montessori

Il sistema metrico decimale secondo il metodo Montessori

– il sistema metrico decimale come disciplina pratica
– cenni storici
– le grandezze e la loro misura: misura delle lunghezze e delle superfici; misura dei volumi; misura delle capacità; misura di peso e peso specifico (relazione tra volume, capacità e peso; calcolo del peso specifico).

Quando si affronta un argomento pratico, cioè un tema che ha attinenza alla realtà, occorre far convergere in esso diverse discipline . Il considerare separatamente le discipline come, per esempio, l’aritmetica, la geometria, l’algebra è determinato dal fatto che esse vengono intese come discipline astratte. Tuttavia, un qualsiasi oggetto reale risulta tale in quanto composto, o meglio qualificato, da molti attributi come il colore, il peso, la forma, ecc… che in esso tutti convergono e che possono venir studiati separatamente e in forma astratta come colore, peso, forma, ecc…

Allo stesso modo, in una disciplina attinente alla realtà, devono convergere varie discipline astratte o elementi da esse derivati.

Se sono necessari elementi che appartengono ad altre discipline per la formazione di una scienza pratica, la sua possibilità di sviluppo è dipendente e tale sviluppo può aver luogo soltanto quando si siano approntati i necessari contributi collaterali.

Mentre nella disciplina astratta l’approfondimento dei dettagli porta chiarezza, in una disciplina pratica, la chiarezza è raggiunta dalla totale convergenza dei suoi elementi formativi.

Nello studio del sistema metrico decimale, ossia nello studio delle misure, occorre perciò utilizzare molti elementi propri dell’aritmetica, della geometria, della fisica e perfino di materie estranee all’argomento, come geografia e storia, dirigendole tutte verso applicazioni pratiche; su oggetti della realtà suscettibili di misurazione. Le misure oggetto di studio nel nostro sistema metrico non sono soltanto quelle che vengono applicate alle ricerche scientifiche, per determinare le qualità intrinseche della materia o alle dimensioni microscopiche, ma più spesso sono grossolane valutazioni quantitative di oggetti connessi con le necessità sociali della vita dell’uomo.

Il sistema metrico decimale, rispetto a tutti gli altri sistemi di misure, ha due vantaggi che gli danno una indiscutibile superiorità. Il primo è dato dal fatto di fondarsi su di un accordo internazionale di unificazione, che rende uniformi le valutazioni delle quantità e perciò facilita la conoscenza e gli accordi commerciali tra i paesi che l’adottano. L’altro vantaggio è quello di aver applicato ai calcoli di misure quantitative il sistema a base dieci.

Prima che il sistema metrico decimale fosse stabilito e accettato da molte nazioni, ogni popolo aveva la sua particolare maniera di misurare, ereditata dalla tradizione. Possiamo dire che ogni paese avesse, come una propria lingua, così anche la sua propria maniera di misurare: alcuni usavano come riferimento di misura la lunghezza del piede o del braccio o della mano con pollice e mignolo stesi (palmo); altri la lunghezza di una certa pertica, ecc…

Per giungere a un criterio uniforme e universale, si stabilì di basare le misure su di un dato naturale che fosse comune a tutti i paesi, e di fondarsi su di una misura che proprio allora il progresso delle scienze e della matematica rendeva possibile: quella del meridiano terrestre. Di comune accordo, si scelse il meridiano che, passando per Parigi, va dal polo all’equatore. A Parigi, il 20 marzo 1791, l’Assemblea Costituente invitava Luigi XVI ad accordarsi con Giorgio III d’Inghilterra per l’adozione di un sistema metrico universale, la cui unità fondamentale fosse qualche cosa di indipendente dall’uomo, che appartenesse alla Terra, che non si riferisse a una particolare nazione, uguale per tutti gli uomini e per tutti i tempi. Il progetto venne rimandato per le vicende politiche dovute alla Rivoluzione; nel 1798 gli scienziati Delambre e Méchain, ai quali era stato affidato l’incarico di misurare l’arco di meridiano (quello a 2°20′ di longitudine est) compreso fra Dunkerque (Francia) e Barcellona (Spagna) conclusero i loro studi, deducendo, dalla misura di quell’arco di meridiano, la lunghezza dell’intero meridiano terrestre. Lo scienziato italiano Borda costruì il metro-campione, e nel 1799, con gli scienziati Laplace, Monge e Lagrange ideò le altre unità di misura (per i pesi, le capacità, ecc…) coordinandole con il metro. Questa lunghezza che (quasi) con esattezza potè essere misurata soltanto quando civiltà e cultura erano ad un livello avanzato, fu poi divisa e suddivisa di dieci in dieci, secondo il sistema di numerazione a base decimale, fino a che si giunse ad ottenere una lunghezza facilmente maneggevole che venne chiamata metro. Così la parola originaria metro, che in greco significa misura, divenne il nome proprio di tale grandezza. Su questi calcoli si costruì un regolo di platino-iridio, ossia un oggetto di metallo prezioso e inalterabile che rappresenta la misura effettiva base del sistema metrico decimale. Si conserva in Francia, negli archivi di stato, nel Pavillon de Breteuil, presso il Bureau International des Poids et des Misures, a Sèvres, un sobborgo di Parigi. La quarta parte del meridiano terrestre misura dieci milioni di metri, e perciò l’intero meridiano raggiunge quaranta milioni di metri. Il metro equivale quindi al decimilionesimo della quarta parte del meridiano terrestre.

Nel sistema metrico decimale bisogna considerare due elementi: il primo è l’unità di misura che si deve determinare, in relazione a tutto quanto è suscettibile di misurazione. Possono essere misure di linee e o di lunghezze (linea), misure di piani o di  superficie (quadrato), e misure di solidi o di volume (cubo). Il secondo elemento consiste nel procedere a riunire le unità in gruppi, secondo il sistema di misurazione a base 10, al fine di eseguire il calcolo delle misure.

Premesso questo, nel nostro sistema metrico, ai diversi gruppi decimali si assegnano nomi speciali derivanti dalla lingua greca:
10 – deca
100 – etto
1000 – chilo
10.000 – miria

(l’elemento miria, che indicava il valore 10.000, e il corrispondente simbolo M sono stati aboliti e ora M indica Mega ed indica un valore di 1.000.000).

Così non si dirà cento metri, ma un ettometro; non mille metri, ma un chilometro. Allo stesso modo dei multipli, anche i sottomultipli decimali, ossia la decima, centesima, millesima parte dell’unità, hanno un loro nome, questa volta derivante dal latino.
Le varie denominazioni sono:
1/10 – 0,1 – deci
1/100 – 0,01 – centi
1/1000 – 0,001 – milli

Ugualmente non si dirà la decima parte di un metro, ma un decimetro; non la centesima o millesima parte del metro, ma un centimetro o un millimetro. Il modo più comune per rappresentare il metro coi suoi multipli e sottomultipli consiste nell’usare i simboli dei prefissi, ai quali si unisce quello dell’unità principale di misura delle lunghezze:
km – chilometro – 1.000
hm – ettometro – 100
dam – decametro – 10
m – metro – 1
dm – decimetro – 0,1
cm – centimetro – 0,01
mm – millimetro – 0,001

Se si tratta di misure di superficie o di solidi, le denominazioni non cambiano; soltanto si aggiungono le relative indicazioni, mediante le parole quadrato e cubo. Diremo quindi metro quadrato, metro cubo, ettometro quadrato, ettometro cubo, ecc… Le indicazioni simboliche portano il segno numerico usato per i quadrati e i cubi dei numeri, per esempio hm² m³.

Quando si tratta di misure di superficie la relazione  fra esse è di 100 in 100, mentre per le misure dei solidi le unità procedono di 1000 in 1000, come già vedemmo nel sistema decimale.

Misure delle superfici:
km² – 1.000.000 m² – (1000 x 1000)
hm² – 10.000 m² – (100 x 100)
dam² – 100 m² – (10 x 10)
m² – 1 m²
dm² – 0,01 m²
cm² – 0,0001 m²
mm² – 0,000001 m²

Misura dei volumi:
km³ – 1.000.000.000 m³ – (1000 x 1000)
hm³ – 1.000.000 m³ – (100 x 100)
dam³ – 1.000 m³ – (10 x 10)
m³ – 1 m³
dm³ – 0,001 m³
cm³ – 0,000001 m³
mm³ – 0,000000001 m³

Bisogna sempre tener presente tale ordine di successione dei valori per eseguire i calcoli o per effettuare la riduzione, cioè per passare da un’unità all’altra.

Dalle tabelle presentate risulta chiaro che i sottomultipli dell’unità principale di misura numericamente sono frazioni decimali. Sono anche espresse da uno zero indicante l’unità principale, seguito dalla virgola che ci mostra che scendiamo ad una parte più piccola dell’unità.

L’unità principale è una quantità realmente determinata e costituisce, perciò, il punto di partenza della valutazione. Essa può effettuarsi nei due sensi opposti, percorrendo i gradi precisi e rigorosamente ordinati del sistema decimale. Per questo, le unità che vanno verso la direzione della diminuzione sono realmente frazioni dell’unità principale, matematicamente considerate.

Non possiamo ottenere un più o un meno, se non riferendoci a una misura convenzionale, stabilita in relazione alle differenti possibilità di misurazione.

Il decimetro, tuttavia, è una lunghezza e non è veramente frazione di alcuna cosa. Il metro corrisponde a 10 decimetri e alla decima parte del decametro. Quindi il decametro corrisponde a 100 decimetri.

Invece il decimetro cubo è la millesima parte dell’unità principale di misura dei volumi, che è il metro cubo. Nelle misure dei pesi, d’altra parte, che hanno come unità principale di misura il centimetro cubo, il decimetro cubo è mille volte maggiore dell’unità principale.

Le misure sono correlazioni decimali crescenti e decrescenti rispetto all’unità prestabilita. Ciascuna misura rappresenta un particolare aspetto: è un’unità in se stessa che serve per misurare. Opera infatti misurazioni tanto il centigrammo del farmacista quanto l’ettogrammo del fruttivendolo; il rapporto di queste misure con l’unità principale è una convenzione necessaria per orientarci sull’ammasso della materia. Non si può quindi parlare di calcoli sulle frazioni. La stessa virgola, poi, è una convenzione che ci mette in relazione col sistema di numerazione a base decimale. Le riduzioni in frazioni ecc… indicano semplicemente che si prendono in considerazione, per necessità pratiche, misure di varia grandezza, adeguate cioè a ciò che si deve misurare.

Se talvolta risulta necessario rappresentarle mediante frazioni (decimali) è perchè ogni altra misura è orientata verso un centro, l’unità fondamentale di misura. Il calcolo tuttavia si esegue come se non ci fosse discontinuità.

Nei numeri 1.000.000 100.000 10.000 1.000 100 10 1, l’uno è l’unità matematica. Nelle misure, invece, c’è un orientamento verso il centro: 1.000 100 10 1 0,1 0,01 0,001 e l’1 è l’unità di misura.

Non bisogna perciò considerare la frazione decimale come una difficoltà di calcolo.

Se torniamo alle aste numeriche che nella Casa dei Bambini costituiscono il primo materiale per contare, nell’asta più lunga troviamo rappresentata la lunghezza di un metro (asta del 10), mentre nella più corta la lunghezza di un decimetro (asta dell’1). Quelle intermedie corrispondono rispettivamente alle lunghezze di 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 decimetri:

Nel materiale che ci era servito per contare, l’asta più corta rappresentava l’unità numerica che si ripeteva, nella successione, una volta di più, raggruppando nelle aste successive quantità e numeri crescenti fino al 10. Qui, invece, si rappresentano unità di misura determinate.

L’unità principale di misura delle lunghezze, cioè l’unità di misura delle linee, è il metro, l’asta lunga: quella del 10. Il metro si moltiplica e si divide determinando altre unità di misura, che procedono di 10 in 10 dando luogo tanto ai multipli del metro quanto alle suddivisioni decimali o sottomultipli. Nel sistema di numerazione, l’unità potrebbe venir rappresentata da un oggetto qualsiasi; una perla, una bambola, ecc… ma alla fine è pur sempre il numero uno. Invece le unità principali di misura risultano rappresentate da oggetti, soprattutto di dimensioni prestabilite. Tali unità sono il centro dal quale si parte: da un lato verso i multipli e dall’altro verso i suoi sottomultipli.

1000 m – chilometro – km – 1000
100 m – ettometro – hm – 100
10 m – decametro – dam – 10
1 m – metro UNITA’ PRINCIPALE DI MISURA – 1
10a parte del metro – decimetro – dm – 1/10 – 0,1
100a parte del metro – centimetro – cm – 1/100 – 0,01
1000a parte del metro – millimetro – mm – 1/1000 – 0,001

Ognuna di queste misure vale 10 volte quella immediatamente inferiore. Per esempio:
1 km = 10 hm
1 hm = 10 dam
proprio come accade nelle gerarchie della serie naturale dei numeri.

Ridurre una misura superiore in una inferiore equivale a scrivere un numero seguito da zeri a seconda  del suo posto nella gerarchia decimale.

Riferendoci alle misure, invece di quattro chilometri si dirà quattromila metri; oppure invece di due metri si dirà duecento centimetri. Si potrebbero anche ridurre i chilometri in millimetri, sebbene questa pratica non avvenga di solito. In tal caso avremo 3 km = 3.000.000 mm. Praticamente, l’unità di misura delle lunghezze usata per le grandi distanze (per misurare, ad esempio, la lunghezza di una strada che congiunge le città, ecc…) è il chilometro. Se invece si tratta di misurare lunghezze o altezze poco rilevanti, come possono essere quelle che si riferiscono a una casa, a un appartamento, a un mobile o alla misurazione di tessuti, l’unità di misura è il metro. Per misurazioni piccole (come quelle per un disegno) si usa sempre il decimetro o il doppio decimetro, che porta le graduazioni indicanti centimetri e millimetri.

Generalmente, in pratica, le altre misure non si usano. Così, ad esempio, dovendo misurare la distanza fra due punti di una strada, se resta una frazione di chilometro essa si esprime in metri. Allora si dirà, ad esempio, dodici chilometri e settecento metri, invece di dodici chilometri e sette ettometri. Quando, al contrario, si usa il metro, le sue frazioni si indicano in centimetri e non in decimetri. Per esempio si dirà quattro metri e sessanta centimetri, e non quattro metri e sei decimetri.

Quando si tratta poi di misurare una lunghezza piccola, per cui è indispensabile utilizzare i millimetri, tutte le unità di misura si esprimono in millimetri. Così, per esempio, si dirà quarantasei millimetri e non quattro centimetri e sei millimetri.

C’è ancora la presenza del metro, poichè in pratica si usa nella misurazione delle superfici. Ciò che in una superficie si può realmente misurare sono i suoi lati: il contorno, i limiti fatti di linee che la comprendono. Per il loro studio, si può ricorrere alla geometria, all’equivalenza tra figure piane e al modo di calcolare l’area della loro superficie. Per esempio, si voglia calcolare l’area di una terrazza di forma rettangolare, i cui lati misurano rispettivamente m 6 e m 4.

Il lavoro consiste nel misurare esattamente, mediante un metro a nastro o rigido, lunghezza e larghezza della terrazza. La sua area sarà espressa dal prodotto delle sue misure lineari, il prodotto 6×4. I lati quanto l’area della superficie vengono sempre calcolati come unità uguali, ossia come perle 6×4=24 perle. Questo perchè esse rappresentano un’astrazione numerica dell’unità ed esprimono, ma in forma geometrica, una semplice moltiplicazione di numeri.

Quando si deve misurare realmente una superficie, bisogna distinguere fra la misurazione reale che è misurazione di linee, e il calcolo che, mediante una moltiplicazione di numeri, rappresenta un prodotto in metri quadrati.

Il calcolo si indica con il simbolo m (metro) in questo modo: 6m x 4m ) 24m²

Le misure di superficie di indicano con misure quadrate, perchè l’area si ottiene sempre per mezzo di una moltiplicazione. Come nella scala delle unità delle misure di linee le unità procedevano di 10 in 10, così in quella delle misure di superficie bisogna considerare i quadrati corrispondenti, in quanto le misure di superficie procedono di 10² in 10².
Le misure sono:
km² – (1000m x 1000m) – 1.000.000 m²
hm² – (100m x 100m) – 10.000 m²
dam² – (10m x 10m) – 100 m²
m² – (1m x 1m) – 1 m²
dm² – (1/10m x 1/10m) – 0,01 m²
cm² – (1/100m x 1/100m) – 0,0001 m²
mm² – (1/1000m x 1/1000m) – 0,000001 m²

Le misure agrarie

Nella pratica le grandi estensioni di terreno si valutano in ettometri quadrati, ossia 100m x 100m = 10.000m². Questa misura-calcolo si chiama ettaro (simbolo ha). Parlando perciò dell’estensione di un terreno, si dirà che misura duecento ettari: vuol dire che è costituita di 200 quadrati, il lato di ciascuno dei quali misura 100 metri di lunghezza:

10.000 m² x 200 = 2.000.000 m²

Nella pratica si usa anche il decametro quadrato, che corrisponde ad un quadrato il cui lato misura 10m, e che si chiama ara (simbolo a) ed è l’unità di misura principale delle superfici agrarie.

Invece, per misurare grandi estensioni di terreno si impiega il chilometro quadrato.

Se consideriamo poi la serie dei valori relativi  alle misure quadrate o delle superfici, osserveremo che nel passaggio da un grado decimale all’altro, riferendoci al lato del quadrato, le misure non procedono di 10 in 10, ma di 100 in 100, proprio perchè se il lato procede di 10 in 10, le misure di superficie procedono di 10×10 in 10×10, cioè di 100 in 100. Se perciò, attraverso il calcolo scritto, si vuole ridurre una misura ad un’altra immediatamente inferiore, indicante la medesima superficie, bisogna moltiplicarla per 100.  Per esempio 25 ettari corrispondono a 2500 are che, a loro volta, corrispondono a 250.000  metri quadrati (o centiare; simbolo ca):
hm² = ha = 25
dam² = a = 2500
m² = ca = 250.000

Volendo misurare un terreno rettangolare molto grande, i cui lati misurano rispettivamente 10.ooo metri e 1000 metri, ossia 10 km per 1 km,  si effettuerà prima il calcolo in metri quadrati, così:

10.000m x 1.000m = 10.000.000m²

per esprimere poi il totale in ettari così:

10.000.000m² :  10.000 = 1.000 ha

Invece, se si trattasse di calcolare l’estensione di un paese o di una regione o di una provincia, ci si esprimerebbe in chilometri quadrati. L’ara, l’ettaro e il chilometro quadrato sono misure convenzionali che servono per esprimere, mediante numeri piccoli, una grande quantità di metri quadrati ottenuti col calcolo; non sono misure effettive, ossia oggetti che servono per effettuare misurazioni. Tali grandi misure si ottengono quindi unicamente mediante il calcolo.

Le carte topografiche si rilevano per mezzo di apparecchi speciali usati dagli ingegneri, i quali effettuano i calcoli con l’aiuto di linee e di angoli determinati mediante quegli strumenti.

Chiunque poi è in grado di calcolare l’area della superficie di un terreno, quando gli si diano le linee necessarie. A tale proposito, conviene ricordare le riduzioni di figure geometriche in rettangoli equivalenti, che vuol dire ridurre tutto il calcolo ad una moltiplicazione di due numeri.

Si abbia, ad esempio, un campo di forma triangolare la cui base misura 500m e l’altezza 405m. L’area della sua superficie sarà:

(500 x 405) : 2 = 202.500 : 2 = 101.250m²

il che equivale a 10 ettari e 1250m² (o ca).

Invece, se si tratta di un terreno trapezoidale, che ha i due lati di base rispettivamente di 300 e 200 metri e l’altezza che misura 160 metri, l’area della sua superficie sarà uguale a:

(300 + 200) x 80 = 500 x 80 = 40.000 m²

che corrispondono a 4 ettari.

Per il calcolo dei volumi, si usa come unità principale di misura il metro cubo (m³); non lo si usa però in modo effettivo, cioè non si trasporta materialmente nessun metro cubo, perchè anche i volumi si calcolano per mezzo delle linee. Per esempio, se si vuole conoscere la cubatura di una sala rettangolare, bisogna misurarne in metri lineari la lunghezza dei lati di base e poi l’altezza, fino al soffitto.

Prendiamo ad esempio un salone lungo 9m, largo 7m e alto 5m. Anzitutto bisogna considerare l’area della superficie del pavimento, che è 9m x 7m = 63m²; poi moltiplicare l’area del pavimento per l’altezza del salone: 63m² x 5m = 315m³.

Se invece si volesse calcolare il volume di una delle piramidi d’Egitto, basterebbe conoscere, in metri lineari, la misura del lato della base quadrata e la sua altezza. Calcolando l’area della superficie di base (quadrato del lato), avremo un numero in metri quadrati, che poi si moltiplica per la terza parte dell’altezza: otterremo, in metri cubi, il volume della piramide monumentale.

Possiamo preparare modelli di cartoncino e vari disegni con le piante dei principali monumenti corredate dalle relative misure. Tali modelli possono essere utilizzati tanto per uno studio di carattere storico ed artistico, quanto, attraverso il calcolo approssimativo delle loro dimensioni, per offrire ai bambini cognizioni tangibili sull’imponenza di alcune costruzioni edificate dall’uomo.

Nella vita di ogni giorno, le misure comunemente più usate sono quelle che si riferiscono al modo di determinare quantità si sostanze che, in se stesse, non hanno forma propria, come i liquidi: acqua, olio, vino, ecc… o anche si elementi secchi come grano, riso, farina, o anche sabbia, ghiaia da spargere in un giardino,  legna, ecc… Occorre quindi un’unità di misura delle capacità che sia basata sul metro, perchè anch’essa formi parte del sistema metrico, e le cui unità di misura procedano di 10 in 10 per poter essere comprese in quello decimale. L’unità principale di misura delle capacità è il decimetro cubo (dm³).

Fra il materiale usato nella Casa dei Bambini la torre rosa ha nel suo cubo maggiore, quello con lo spigolo di 10cm, il volume indicato come unità principale di misura delle capacità.

Attorno a questo cubo immaginiamo di costruire un rivestimento metallico a forma di scatola che lo contenga esattamente. Poi sostituiamo il cubo di legno con una quantità di acqua tale da riempire la scatola proprio fino al bordo: questa quantità rappresenta un litro, l’unità fondamentale di misura dei liquidi.

Una volta determinata tale quantità, nella pratica delle misurazioni il decimetro cubo non è più necessario. Un cilindro nel quale si sia versato un litro di acqua può, contrassegnando il livello raggiunto dalla superficie del liquido, servire poi come misura di un qualsiasi liquido. Si può anche usare una comune bottiglia che porti un segno nel punto in cui giunge il livello corrispondente ad un litro.

I liquidi si misurano con recipienti di forma diversa come barili, damigiane, ecc…

Il calcolo però si rapporta sempre, per la sua qualità di punto di riferimento e unità principale di misura, alla capacità di 1dm³, ossia ad un recipiente di forma cubica con lo spigolo di 1dm.

Per i liquidi, le misure di uso più corrente sono:
hl – ettolitro – 100 litri
dal – decalitro – 10 litri
l – litro – 1 litro = 1dm³
dl – decilitro – 1/10 di litro = 0,1 litri
cl – centilitro – 1/100 di litro = 0,01 litri.

Le misure stesse di capacità sono anche misure di volume, poichè esse rappresentano:
1 litro – 1dm³
1 decalitro – una fila di 10 cubi
1 ettolitro – un quadrato di 100 cubi
1 chilolitro – la sovrapposizione di 10 ettolitri, corrispondente alla capacità di 1m³.

Le misure che si usano in pratica sono di vetro e poichè si presentano segnate nel punto raggiunto dal liquido, funzionano da misura. Per misure maggiori, si usano recipienti di metallo o di legno a forma di otre o barile. Le misure per l’olio generalmente sono di metallo e di forma cilindrica, munite di manico e beccuccio, e portano un segno nel punto in cui deve giungere la misura precisa.

Il procedimento più interessante per la determinazione pratica dell’unità di misura è quello che riguarda il peso dei corpi. La misura da cui si parte è il piccolo cubo che troviamo alla sommità della torre rosa e che misura 1cm di spigolo.

Per calcolare un peso con scrupolosa esattezza occorre  una bilancia di precisione. Bisogna quindi determinare un volume e la qualità della materia, dal momento che uguali volumi di sostanze diverse hanno peso diverso. Anche qui abbiamo due criteri distinti, due elementi differenti ed entrambi importanti.

Il volume scelto come unità è quello corrispondente alle capacità di un cubo con lo spigolo di 1cm.

Immaginiamo una scatolina di metallo che contenga esattamente un piccolo cubo, come il primo della torre rosa, però costituito in metallo, con la massima precisione, in modo da rappresentare esattamente 1cm³. Togliendo poi il piccolo cubo, rimane la scatolina metallica della capacità esatta di 1cm³. Tale minuscola scatola deve essere riempita con una sostanza che sceglieremo, perchè essa influisce sul peso più di quanto non operi il volume. Infatti 1cm³ di olio e 1cm³ di mercurio peseranno senza dubbio in modo assai diverso.

Per rendere più comprensibile questo fatto, potremo ricordare le esperienze condotte nella Casa dei Bambini, quando in modo empirico cercavano di riconoscere il differente peso di tavolette uguali per forma e dimensioni, ma diverse nella materia: dall’ebano all’abete.

Potremo ricordare anche le altre esperienze fatte nella scuola elementare studiando in grammatica gli aggettivi di grado comparativo e superlativo.

Diamo qui un esercizio nel quale i bambini confrontano sostanze liquide diverse come acqua, olio, alcol, e insieme sostanze solide come sughero e piombo. Indipendentemente dalla quantità usata per ciascuna delle sostanze elencate, esse si dispongono l’una sotto l’altra, senza mescolarsi: acqua, olio ed alcol rimangono separate e sovrapposte tra le due sostanze solide collocate agli estremi: il piombo affonda e il sughero galleggia.

Il peso in relazione con la natura della sostanza piuttosto che con il volume è un fatto già noto ai bambini, da quando è stato loro spiegato il valore dell’aggettivo “specifico”. Sarà perciò chiaro che, oltre al volume, si rende necessario riferirsi a una sostanza, rapportandosi al suo peso specifico. La materia scelta è l’acqua.

L’unità fondamentale di misura dei pesi è rappresentata dal peso di 1 cm³ di acqua. Si sa che l’acqua può essere pura e impura. Si studiarono già molti aggettivi che si riferiscono all’acqua: deve essere inodore, incolore, insapore, ecc… Venne pure filtrata mediante corpi permeabili. Si concluse che, per ottenere acqua pure, bisogna distillarla, poichè quando si converte in vapore, essa non trasporta con sè nessuno dei sali che contiene disciolti, ma si converte in acqua chimicamente pure (H2O). Il vapore acqueo, condensandosi, si raccoglie a goccia a goccia trasformato nuovamente nello stato liquido.

Il grammo, unità principale di misura dei pesi, corrisponde al peso di 1 centimetro cubo di acqua distillata alla temperatura di 4° centigradi.

Come si sa, l’acqua  è la sostanza usata anche per definire la scala per la misura delle temperature. Infatti se un tubo capillare contenente mercurio ed ermeticamente chiudo si introduce nel ghiaccio, il mercurio si contrae; nel punto corrispondente al livello minimo si segna lo zero (zero gradi di temperatura). Se poi introduciamo il tubo nell’acqua che bolle (oppure lo esponiamo al vapore acqueo che si forma sulla superficie dell’acqua che bolle, a una normale pressione atmosferica, che è 1-, il mercurio si dilata e nel punto del tubo in cui esso raggiunge il livello massimo si segna 100 (cento gradi di temperatura). Lo spazio tra 0 e 100 si suddivide in 100 parti uguali chiamate gradi.

Abbiamo così stabilito che l’unità principale di misura dei pesi corrisponde al peso di 1 cm³ di acqua distillata alla temperatura di 4°C: tale peso, messo in rapporto con il sistema metrico, si chiama grammo (g). L’unità di peso è assai piccola, proprio perchè talvolta serve come punto di partenza per la misurazione di quantità minime, come avviene in medicina o quando si determina il peso di sostanze utilizzate per analisi chimiche.

Il grammo che si usa praticamente per pesare non è certo quell’acqua contenuta nel piccolo cubo, ma un piccolo cilindro di ottone munito di un bottoncino di presa, e si determina mediante una bilancia di precisione, comparandolo in modo che corrisponda perfettamente al peso dell’acqua del piccolo cubo che, perciò, ha ruolo di peso-campione.

Nella pratica si usano pesi anche minori del grammo; nella loro successione decimale sono:
1/10 di grammo – decigrammo – 0,1 grammi (dg)
1/100 di grammo – centigrammo – 0,01 grammi (cg)
1/1000 di grammo – milligrammo – 0,001 grammi (mg)

Invece, per i pesi adoperati comunemente nella vita di ogni giorno, si usano i multipli del grammo e uno di essi, il chilogrammo, serve da punto di riferimento:
1 grammo – grammo – g
10 grammi – decagrammo – dag
100 grammi – ettogrammo – hg
1000 grammi – chilogrammo – kg

Il chilogrammo corrisponde al peso dell’acqua distillata contenuta in un decimetro cubo, grande come il cubo maggiore della torre rosa, e corrisponde al peso di 1 litro di acqua distillata.

In pratica si usa anche l’ettogrammo quando si comprano generi alimentari. Quando invece si tratta di misurare pesi più grandi, si ricorre a due pesi estremi, rappresentati dal peso citato, il chilogrammo in relazione al decimetro cubo, e da quello corrispondente al peso dell’acqua distillata che riempirebbe esattamente la capacità di 1 metro cubo.

Un metro cubo contiene 1000 decimetri cubi e pertanto corrisponde al peso di 1000 chilogrammi di acqua distillata. Questa enorme unità di misura dei pesi si chiama tonnellata (t).

Un peso corrispondente a 100 chilogrammi si chiama quintale (q) e si usa per pesare legna, carbone e cose simili. Ecco l’elenco delle unità di misura dei pesi:
1.000.000 g – tonnellata – t – metro cubo di acqua – 1000 kg
100.000 g – quintale – q – 100 kg
10.000 g – miriagrammo – Mg – 10 kg
1.000 g – chilogrammo – kg – decimetro cubo di acqua – 1000 g
100 g – ettogrammo – hg
10 g – decagrammo – dag
1 g – grammo – g – unità principale di misura -centimetro cubo di acqua – 1g
1/10 g – decigrammo – dg
1/100 g – centigrammo – cg
1/1000 g – milligrammo – mg – millimetro cubo di acqua

Le misure dei pesi sono sempre indirette e occorre uno strumento meccanico per valutarle: la bilancia.

Le misure dei volumi comprendono tanto unità di misura di volume quanto di capacità e di peso. L’unità principale di misura dei volumi è il metro cubo (m³); esso corrisponde alla capacità di 1 chilolitro (kl) di acqua pura, cioè di 1000 litri; e 1 kl di acqua pura pesa 1 tonnellata (t), cioè 1000 chilogrammi.

L’unità principale di misura delle capacità è il litro (l); esso corrisponde alla capacità di 1 decimetro cubo di acqua pura; e 1 dm³ di acqua pura pesa 1 chilogrammo (kg).

L’unità principale di misura dei pesi è il grammo (g); esso corrisponde al peso di 1 centimetro cubo (cm³) di acqua pure che, d’altra parte, ha la capacità di 1 millilitro (ml), cioè di litri 0,001.

Se abbiamo due quantità di uguale volume ma aventi differente peso, vuol dire che hanno diverso peso specifico relativo, cioè diversa densità relativa. Per esempio: ferro, ebano, sughero; oppure mercurio, olio d’oliva, vino, alcool presi nella stessa quantità hanno pesi diversi.

Prepariamo cubetti tutti uguali e con lo spigolo di 1cm delle seguenti sostanze: ferro, alluminio, marmo, cristallo, ebano, sughero. Confrontiamo, poi, il peso di ciascuno di questi piccoli cubi uguali con quello di 1 grammo, che è il peso di un ugual volume di acqua distillata. In conseguenza diremo che:
il ferro pesa 7,85 grammi
l’alluminio pesa  2,56 grammi
il marmo pesa  2,75 grammi
il cristallo pesa  2,60 grammi
l’ebano pesa  1,17 grammi
il sughero pesa  0,24 grammi

Per le sostanze liquide poste in provette graduate della capacità di 1 cm³ riscontreremo che:
il mercurio pesa  13,59 grammi
l’olio pesa  0,92 grammi
il vino pesa  0,96 grammi
l’alcol pesa  0,79 grammi

Così i vari pesi specifici dei quali avevamo già rivelato la differenza mediante una valutazione empirica secondo che galleggiassero o precipitassero, si possono ora identificare con numeri, i quali ci permettono di eseguire calcoli comparativi.

E’ così possibile calcolare il peso (P) di un corpo del quale si conosce il volume (V) e il peso specifico (ps).

GLI APPENNINI materiale didattico vario

GLI APPENNINI materiale didattico vario per la scuola primaria.

Gli Appennini
Chi risale la strada che da Savona (Liguria) inerpicandosi conduce in Piemonte, giunto alla sommità dell’erta, nel momento in cui inizia la discesa, può scorgere alla sua destra la prima falda dell’Appennino.
Questo sistema montuoso, colonna vertebrale della penisola italiana, appare saldamente radicato al continente: si aggancia infatti al primo pendio alpino  che lo fronteggia al passo di Cadibona, e in Piemonte distende lunghe propaggini collinari verso la nascente pianura padana.

L’Appennino, esteso dalla Liguria alla Sicilia, supera di circa 200 chilometri la lunghezza del sistema alpino e, in alcuni tratti, ne uguaglia lo spessore.  Sistema notevole, quindi, ma non paragonabile di certo a quello alpino per imponenza di forme (il profilo tondeggiante prevale su quello aguzzo), per compattezza di roccia (alle salde pareti alpine contrasta lo sfasciume delle dorsali appenniniche), per altezza di vette (poche superano i 2000 metri), per ricchezza di ghiacci e di nevi (nessun ghiacciaio scintilla nelle alte conche; pochi nevai ricoprono i dossi).

Nel suo insieme, il sistema appenninico non ripete la disposizione ad arco delle catene alpine; esso è costituito da tre segmenti rettilinei successivi, i quali, se non spezzano la continuità del sistema, ne mutano tuttavia la direzione; ad un primo segmento da nord-ovest a sud-est segue un secondo segmento appoggiato alla costa adriatica, quasi in direzione nord-sud, e a questo un terzo segmento riportato al centro della penisola.
L’Appennino non procede, solo e massiccio, attraverso tutta la penisola; a tratti, lo fiancheggiano altri rilievi: nasce l’immagine di una schiera lunga e compatta che, ad un certo momento, cammini fra due ali di folla allineata ora a sinistra ora a destra. Sono rilievi ordinati in brevi catene, in massicci di estensione limitata, in ampi altipiani; si innalzano di fronte alle catene appenniniche, ora vicini ora discosti, sul lato del Tirreno e su quello dell’Adriatico, in Toscana, nel Lazio, nella Campania, nella Puglia, in quei luoghi, cioè, dove l’Appennino sembra ritrarsi in se stesso per lasciare spazio alle pianure, alle colline, ai rilievi di cui s’è fatto cenno, indicati da alcuni geografi con la denominazione comune di antiappennino.

L’Appennino è formato da rocce tenere, incapaci di resistere validamene all’azione delle acque; sono ora ammassi di rocce impermeabili sulle quali le piogge scorrono rapidamente, dilavando, limando, scavando solchi sempre più profondi (calanchi), determinando cedimenti e frane; ora sono formazioni di rocce permeabili che bevono come spugne le acque, le assorbono in profondità, lasciando arida la montagna e scaricandole in potenti risorgive ai piedi dell’Appennino.

In questo ambiente è facile immaginare come la vegetazione di media ed alta quota incontri gravi ostacoli allo sviluppo ed alla diffusione; l’uomo, da parte sua, ha contribuito in vaste plaghe a peggiorare la situazione con un diboscamento eccessivo, disordinato. I fianchi di intere montagne, ormai tutto  uno sfasciume, rendono pressocchè impossibile l’opera di rimboschimento; del resto complessa è tale opera anche nelle zone appenniniche più aride. Dove la vegetazione riesce ad imporsi crescono il castagno, il faggio e l’abete (nell’Appennino Centrale e Meridionale verdeggiano fino oltre i 2000 metri); l’olivo mette radici nelle fasce appenniniche della Liguria e della Calabria. Gli stessi pascoli, per l’aridità del suolo, sono meno estesi e meno ricchi; più che alle mandrie dei bovini offrono cibo alle greggi che, numerose, migrano nella buona stagione verso di essi, ritornando a valle alle prime avvisaglie del freddo.

Suddivisione degli Appennini
L’Appennino si divide in Settentrionale, Centrale e Meridionale.
L’Appennino Settentrionale si estende dal Colle di Cadibona alla Bocca Serriola. Le vette più alte sono quelle del Maggiorasca, del Falterona, del Monte Cimone. L’Appennino prende il nome di Ligure e Tosco-Emiliano. In questo tratto esso è superato da molte strade di valico. I valichi più importanti sono il Passo dei Giovi e il Passo del Turchino, che uniscono la Liguria al Piemonte; il Passo della Cisa, il Passo dell’Abetone, il Passo della Porretta e il Passo della Futa, che uniscono l’Emilia alla Toscana.
L’Appennino Centrale si estende dalla Bocca Serriola alla Sella di Rionero. Le vette più alte sono nel massiccio del Gran Sanno (Monte Corno), della Maiella (Monte Amaro) e del Monte Velino. L’Appennino prende il nome di di Umbro-Marchigiano e Abruzzese. Il valico più importante è quello di Sella di Corno, che unisce l’Umbria al Lazio.
L’Appennino Meridionale si estende dalla Sella di Rionero allo Stretto di Messina. Le vette più elevate sono nel massiccio del Pollino e nell’Aspromonte. Notevole è l’altipiano della Sila. L’Appennino Meridionale prende il nome di Campano, Lucano e Calabrese.

Valichi e trafori appenninici
Nella barriera appenninica si aprono valichi che permettono il passaggio di vie di comunicazione tra le regioni italiane. I principali sono:
– Passo dei Giovi, tra Liguria e Piemonte
– Passo della Scoffera, in Liguria per l’Emilia
– Passo di Cento Croci, tra Liguria e Emilia
– Passo della Cisa, Passo del Cerreto, Passo dell’Abetone e Passo dei Mandrioli, tra Emilia e Toscana
– Passo della Porretta, della Futa, della Raticosa e del Muraglione, in Toscana per l’Emilia Romagna
– Passo di Bocca Trabaria e di Bocca Serriola, tra Marche ed Umbria
– Passo di sella di Corno, tra Abruzzo e Lazio.
Numerosi trafori ferroviari ed autostradali si addentrano per brevi tratti nelle catene appenniniche, collegando fra loro le regioni italiane. Di notevole importanza è la galleria ferroviaria sulla direttissima Firenze-Bologna.

Vette più importanti della catena appenninica
Gli Appennini si innalzano alle quote più alte nella sezione centrale; vanno decrescendo nella sezione meridionale, sono poco elevati in quella settentrionale.
Etna (3263) m Appennino siciliano
Gran Sasso d’Italia (2914 m) Appennino abruzzese
Maiella (2795 m) Appennino abruzzese
Monte Velino (2487 m) Appennino abruzzese
Monte Vettore  (2478 m) Appennino umbro-marchigiano
Monte Sirente  (2349 m) Appennino abruzzese
Monte Pollino  (2271 m) Appennino lucano
Monte Terminillo   (2213 m) Appennino umbro-marchigiano
Monte Cimone   (2165 m) Appennino tosco-emiliano
Monte Cusna   (2165 m) Appennino tosco-emiliano
Monte Miletto   (2050 m) Appennino campano
Monte Sirino   (2005 m) Appennino lucano
Monte Giovo   (1991 m) Appennino tosco-emiliano
Pizzo Carbonara   (1979 m) Appennino siciliano
Aspromonte   (1956 m) Appennino  calabrese
Corno delle Scale   (1945 m) Appennino tosco-emiliano
Monte Calvo   (1901 m) Appennino abruzzese
Gennargentu   (1834 m) Appennino sardo
Monte Mutria   (1823 m) Appennino campano
Monte Maggiorasca   (1803 m) Appennino ligure

Animali e piante degli Appennini
Poichè gli Appennini si estendono da Nord a Sud, dovrebbe esistere una grande varietà tra le piante che li ricoprono. Invece è curioso notare che sull’Appennino meridionale troviamo la stessa vegetazione di quello settentrionale.

Sia nell’Appennino settentrionale, sia in quello calabrese, predomina l’abete bianco, albero tipico delle Alpi. Nel resto degli Appennini prosperano alberi caratteristici della zona mediterranea, che forniscono legname da lavoro o da ardere; i più rappresentativi sono:
– il faggio, che vegeta fin oltre i 1500 metri d’altezza e offre ottimo legname per fabbricare mobili
– il castagno, che si trova in zone più basse ed offre, oltre ai buoni marroni, legname per infissi e per tutto ciò che è esposto alle intemperie, essendo resistentissimo all’acqua
– il rovere e la quercia, il cui legno è usato per ricavarne carbone dolce e per lavori artigianali
– il frassino, diventato un albero comune degli  Appennini; il suo legno bianco è usato per costruire mobili.

Sugli alti pascoli degli Appennini, crescono gli stessi fiori che si trovano sulle Alpi. Assai comune è la genziana, dalle cui radici si estrae un succo amarognolo usato in medicina e per la fabbricazione di liquori e bibite. Più rara è la stella alpina, che si trova oltre i 2200 metri di altezza nell’Appennino centrale; è più piccola di quella che cresce sulle Alpi, ma ugualmente graziosa e delicata. Il crocus e la viola tappezzano i prati degli altopiani; comune in tutte le altezze è il dente di leone o soffione.

I foraggi che crescono spontanei sulle alture sono poveri di sale; i mandriani somministrano questa sostanza agli animali ponendola negli scifi.

Gli Appennini ospitano sui loro pascoli numerosi greggi di pecore che salgono lassù a primavera, dopo aver svernato nella pianura.

I cavalli dono diminuiti di numero, come gli asini ed i muli, in conseguenza del progredire della motorizzazione, ma rappresentano ancora un valido aiuto per gli abitanti dei monti. Tra gli animali selvatici che vivono sugli Appennini ricordiamo il cinghiale e il lupo, che nei tempi passati rendevano malsicuri i sentieri montani e delle selve. Oggi il loro numero è molto diminuito. In Sardegna esiste il muflone, una pecora selvatica.
Sempre in Sardegna pascolano il cervo e il daino, ridotti a rari esemplari. Molto comuni in tutto l’Appennino sono lo scoiattolo, che saltella fra gli alberi in cerca di semi e di frutta; la lepre ed il coniglio selvatico, che recano danni alle colture agricole; il tasso, l’istrice e il riccio, spietato nemico dei serpenti e degli insetti. Tra gli altri animali che vivono nelle foreste dell’Appennino ci sono: l’orso bruno, quasi scomparso in Italia; la volpe, che ama vivere tra burroni e grotte dove tiene la propria tana e da dove parte per le sue scorrerie; il gatto selvatico, che ama vivere nel folto della macchia; la donnola, la faina, la puzzola, capaci di sterminare pollai interi.
Fra gli uccelli, i più comuni sono il passero, il pettirosso, lo storno, il falco e il corvo, mentre l’aquila va facendosi sempre più rara.

Diverse sono le specie di serpenti che strisciano sui pascoli o si nascondono tra i cespugli e i sassi, ma il più temibile è la vipera, che col suo morso velenoso è capace di uccidere in breve tempo un uomo.

Gli abitanti dell’Appennino
Sin dai tempi preistorici abitarono l’Appennino le fiere stirpi italiche degli Umbri, dei Sabini, dei Peligni, dei Marsi, dei Sanniti, dei Lucani, dei Bruzi, chiuse tra i loro monti, mentre le genti del piano, i Campani e i Latini, poterono più rapidamente evolversi per i più facili contatti con la civiltà mediterranea. La regione appenninica fu poi tutta unificata dai Latini sotto il dominio di Roma.

Oggi sono più densamente popolate le zone pianeggianti; sul versante tirrenico, la Lunigiana, la Garfagnana, il Casentino, ecc…; nell’Appennino centrale le già ricordate conche di Foligno, Terni, L’Aquila, Sulmona; nell’Appennino meridionale le valli dei maggiori fiumi (Volturno, Garigliano, ecc…).
La presenza, ad alti livelli, di piani carsici consente, sull’Appennino, la possibilità di abitanti permanenti a grandi altezze (1200 – 1400 metri).

L’economia
Nelle conche pianeggianti, nelle grandi valle e nelle zone di collina l’attività economica prevalente è l’agricoltura (ma nel dopoguerra molti aridi poderi collinosi hanno visto la fuga dei contadini verso le città, attratti dalla possibilità di un lavoro meno ingrato e più remunerativo); sulle montagne prevale la pastorizia, soprattutto ovina a causa della magrezza dei pascoli. Le greggi svernano nella Maremma, nella Campagna romana, nel Tavoliere delle Puglie; in estate, i pastori le guidano in alto sulla montagna. Questa migrazione dal piano al monte e dal monte al piano è detta transumanza.

La distribuzione delle valli, sia longitudinali che trasversali, determina la rete stradale che risulta, più che in ogni altra ragione della Penisola, legata alle forme del terreno. Si aggiunga da ultimo che la presenza di gole anguste e incassate ha favorito la creazione, mediante dighe di sbarramento, di grandi serbatoi, come quelli sul Tronto, sul Salto, sul Turano, sul Vomano e sull’alto Sangro.
(R. Almagià)

Il subappennino
Il sistema appenninico, nel versante rivolto alla pianura padana ed al mare Adriatico, presenta un orlo continuo di colline, indicate generalmente con il nome di subappennino.
L’Appennino è affiancato a tratti, lungo il Tirreno e lungo l’Adriatico, da rilievi non molto elevati, disposti a gruppi e catene, i quali formano l’anti-appennino tirrenico e adriatico.

Versante tirrenico:
– anti-appennino toscano: colline Metallifere, monte Amiata
– anti-appennino laziale-campano: monti Volsini, Cimini, Sabatini, Albani, Lepini, Ausoni, Aurunci.
Versante adriatico:
– anti-appennino adriatico: Gargano, Murge.

Le grotte
Entro le viscere dei monti del Carso, di tutte le Prealpi e di parte dell’Appennino si allungano numerose grotte e si sprofondano numerosi pozzi naturali. E poichè la roccia è tutta fessurata e bucherellata in superficie, le acque piovane vengono assorbite e così il terreno rimane sterile.

Nelle grotte le acque abbandonano spesso la sostanza calcarea che avevano asportato dalla roccia e che tenevano disciolta; così si formano stalattiti che pendono dalla volta, e le stalagmiti che sorgono dal suolo delle grotte. In profondità si formano dei fiumi sotterranei che spesso sgorgano poi all’esterno sotto forma di poderose sorgenti. Questi fenomeni si chiamano fenomeni carsici perchè si presentano grandiosi nel Carso (alle spalle di Trieste, ecc…)

I turbolenti fiumi
I fiumi che scendono dal sistema appenninico sfociano nel mar Ligure, nel mar Tirreno, nel mare Adriatico, nel mar Ionio. Quelli dell’Appennino Ligure sono di corso breve e precipitoso; impoveriscono fin quasi all’esaurimento nei mesi estivi. I fiumi che si avviano alla pianura emiliana, pur avendo un corso abbastanza lungo, rivelano la loro origine appenninica per la povertà di acque, in contrasto con la ricchezza dei fiumi alpini. Di corso breve e ripido sono tutti i fiumi che, procedendo su linee parallele, scendono dalle sorgenti appenniniche verso l’Adriatico e il mar Ionio. Del tutto caratteristici sono i corsi d’acqua della Calabria e della Sicilia (fiumare), anch’essi brevi e rapidi, in cui l’abbondanza o la povertà di acque dipende in modo decisivo dalla caduta delle piogge, cosicchè a periodi di magra e di siccità completa si alternano periodi di piena rovinosa.
Le lunghe ed ampie valli longitudinali che l’Appennino apre sul versante tirrenico permettono lo scorrimento di fiumi di maggiore sviluppo, i quali attingono da sorgenti più ricche. Essi con un lavoro millenario hanno disteso largamente i loro depositi alluvionali, formando pianure di ampiezza mediocre (tutte assieme non raggiungono un terzo della pianura padana) che si affacciano appunto sul mar Tirreno. E ancora il paesaggio si ravviva per gli occhi azzurri dei laghi di cui è punteggiata qua e là la penisola. Non è soltanto immagine elegante quella degli occhi azzurri; in realtà, oltre il tondeggiante lago Trasimeno esteso in un ampio avvallamento dell’Umbria, vi sono, nell’Appennino Laziale, rotondissimi laghi nati nel cratere di antichi vulcani spenti; e ricordiamo quelli di Bolsena, di Vico, di Bracciano, di Nemi.

Anche le montagne muoiono
Non tutte le montagne si sono formate nella stessa epoca. Alcune sono sorte nell’era primaria e secondaria, e cioè da migliaia e migliaia di secoli; molte nella terziaria. Vi sono dunque montagne vecchie e montagne giovani. Appena una montagna sta formandosi, gli agenti atmosferici ne cominciano la distruzione. Il calore, il freddo, la pioggia, le acque correnti, i ghiacciai ne corrodono la vetta e i fianchi, trascinano in basso una enorme quantità di detriti e tendono a livellare il terreno. Così le montagne più vecchie sono le più deteriorate. Invece, le montagne giovani, sulle quali gli agenti atmosferici da minor tempo esercitano la loro azione distruttiva, sono ancora molto elevate e le loro vette ardite portano i nomi significativi di dente, picco, corno, ago.
(P. Gribaudi)

Valli appenniniche
Molte e diverse sono le valli appenniniche, e fra l’una e le altre passano alte foci. Foce, per dir passo di monte come si dice bocca di fiume, è un termine che ho trovato sulle Alpi Apuane, e mi pare di una singolare felicità. E’ come dire che i venti, impetuosi e ardenti a ridosso del monte, sboccano in cielo sul passo del colle. E’ come dire che l’occhio, lungamente chino sui sassi della salita, e i passa e la fatica sfociano sulla discesa e nell’aperto, come l’acqua del fiume nella pace del mare.
Sulle foci dei fiumi il traffico e l’assemblea dei popoli diversi sono numerosi e frequenti; viaggiatori solitari e scarsi valicano coi venti le deserte foci montanine; ma chi passa i monti reca notizie e pensieri minori di numeri, ma più certi e sicuri di quelli che porta il mare, pieno di novità, di stranezze e di bugie. (R. Bacchelli)

Gli Appennini
Il corpo svelto ed elegante della nostra penisola ha la sua colonna vertebrale nell’Appennino. Seguendo i fiumi tortuosi e i torrenti, i primi abitatori dell’Italia, dalle dorsali appenniniche sono scesi per conquistare e fecondare le poche pianure costiere: il mare li chiamava, il loro bel mare. L’Appennino, pur dando unità alle aggraziate forme della penisola, non ha tolto loro quella varietà di aspetti che moltiplica le attrattive del paesaggio. Vario il paese, varie le genti, varie le loro vicende storiche. (Gribaudi)

Per il lavoro di ricerca
Presso quale passo ha inizio la catena degli Appennini? E quanto è lunga?
Che aspetto hanno gli Appennini?
In quante parti si divide la catena degli Appennini?
Vi sono ghiacciai sugli Appennini?
E’ diversa la vegetazione dell’Appennino meridionale da quella dell’Appennino settentrionale? Perchè?
Quali sono gli alberi comuni degli Appennini? E i fiori?
Quali sono gli animali selvatici che vivono sugli Appennini? E gli uccelli più comuni?
Lo Stretto di Messina interrompe la catena appenninica?
Quali sono le vette più importanti della catena appenninica?
Conosci il nome di alcuni passi e valichi appenninici? Quali regioni uniscono fra di loro?
Perchè è frequente il pericolo di frane nell’Appennino?
Hanno grande abbondanza d’acqua i fiumi appenninici? Qual è la loro caratteristica?

Il paesaggio appenninico
La montagna appenninica, anche quando si solleva fin sopra i 2000 metri e di costituzione calcarea (come in Abruzzo) presenta nell’insieme più d’una diversità rispetto a quella alpina e prealpina, se non altro per un rivestimento boscoso di regola più magro e per i compatti borghi e villaggi che s’inerpicano sui fianchi, annidandosi su sproni e su cocuzzoli secondari. Gli orizzonti sono spesso molto vasti, in conseguenza del frazionamento del rilievo appenninico. Dove la montagna raggiunge direttamente il mare, ne derivano scenari anche più impressionanti ed ammirabili di quelli liguri, almeno per quanto riguarda gli aspetti naturali; e l’acme si raggiunge nella costa amalfitana e nella vicina Capri.
Gran diffusione assumono i paesaggi collinosi, ai due lati dell’Appennino e talora anche nel suo interno. Tra le regioni maggiormente interessate a questi tipi di paesaggio sono la Toscana, le Marche, la Basilicata. Un minuto intarsio di valli e di vallecole, di dolci dorsali e di morbide cime. Gli abitanti, tranne lungo certe valli maggiori, coronano i luoghi culminanti e sembrano voler dare risalto alle sommità, altrimenti poco distinte, specie quando dalla strettoia delle case svettano le vecchie torri medioevali.
E’ però agevole riconoscere due tipi di questi paesaggi, in relazione alla natura del suolo; le colline costituite in prevalenza da materiali sabbiosi (o conglomerati ghiaiosi) e quelle argillose. Le prime mostrano forme più energiche e più regolari, con un mantello vegetale ricco e vario: olivo e vite presenti dovunque, popolamento piuttosto denso, come svela la presenza dei villaggi e delle case sparse, anche quest’ultime site in posizioni apriche e dominanti per godere l’aria e il sole. Le colline d’argilla si stemperano in forme più blande e flessuose, a meno che, verso la testata delle vallette, non le squarci il calanco, mostrando nelle ferite la terra grigia o biancastra, sterile.
Un’impronta caratteristica conferiscono al paesaggio appenninico i vulcani attivi, con l’aspra nudità delle lave e delle ceneri; non così i vulcani spenti, o almeno non sempre: se infatti sono caratteristici i coni delle isole Eolie o certi crateri dei Flegrei e del Lazio, molti apparati eruttivi, ora spenti, sono talmente erosi, ormai, o coperti di vegetazione, che risulta difficile distinguerli da altri paesaggi montani.
Paesaggi tipici offre la Puglia, dove altipiani e terrazze calcaree rendono dominanti linee orizzontali lievemente ondulate, ora poveri di cespugli ed arbusti, ora esuberanti di colture arboree: l’olivo, il mandorlo, il fico, la vite, il tabacco, gli ortaggi.
Nella Calabria meridionale, tipici paesaggi sono offerti dalle selvagge fiumare, torrenti sovraccarichi di sfaciume detritico, sassi e fanghiglie che scorrono in fondo a valli profondamente incise, dai pendii squarciati e rovinosi, e dalle ampie terrazze (pianalti) che, ad esempio nell’Aspromonte discendono di gradino in gradino sui fianchi dei monti.
Il Sicilia, sotto un medesimo cielo d’intensa luminosità, vivo è il contrasto tra la fascia costiera tirrenica e ionica da un lato, la costa meridionale, l’interno e specialmente il cuore dell’isola, dall’altro. Il paesaggio interno presenta spesse volte una sua solenne e desolata grandiosità, che si accentua là dove, nel silenzio della campagna, si ergono le rovine delle città morte, come a Segesta o Selinunte, ammonitrici della transitorietà di tutte le cose umane.
Il paesaggio della Sardegna, se per certi aspetti ricorda quello della Sicilia interna, d’altro lato se ne differenzia per il predominio delle linee orizzontali e del terreno incolto, coperto dalla tipica macchia sempreverde, da radi cespugli o da prati ad asfodeli e privo, per vasti tratti, di abitazioni umane.
In parecchie zone il paesaggio sardo è caratterizzato dai celebri nuraghi, antiche costruzioni a tronco di cono poste a dominare un’altura, un cocuzzolo, comunque un luogo elevato.
Nella Penisola e nelle grandi isole non mancano i paesaggi di pianura, a volte simili a quelli della Padania (conche toscane ed umbre) per l’intensità e il genere delle colture, a volte assai diversi, come nel caso degli oliveti, dei mandorleti, degli agrumeti, ecc…
In tanta diversità, c’è però un carattere comune alle pianure peninsulari ed insulari, ed è la costante prossimità dei rilievi montuosi o collinosi che delimitano l’orizzonte e racchiudono il paesaggio in una cornice che la grande pianura padana ha soltanto nelle sue estreme zone periferiche. (A. Sestini)

La maggiore galleria ferroviaria dell’Appennino
Si apre sulla linea che unisce Firenze a Bologna la linea “direttissima” per eccellenza, che costituisce in tutto il suo insieme una delle opere più sorprendenti della moderna tecnica ferroviaria. Ben trenta gallerie si susseguono sui 97 chilometri del suo percorso, per consentire ai treni di evitare i forti dislivelli della catena appenninica, la quale si eleva qui fin oltre i 1100 metri a dividere l’Emilia dalla Toscana. Un totale di 37 chilometri nelle viscere della terra, sottopassando le cime montuose. Quando, nell’aprile del 1934, il primo treno percorse i 18 chilometri e mezzo della più lunga fra quelle gallerie, non vi fu chi non guardasse stupito il lavoro compiuto, che, superando difficoltà immense, aveva potuto giungere a tanto: a perforare cioè l’intero crinale appenninico tra la valle del toscano Bisenzio (a 21 km da Prato) e quella del Setta sul versante emiliano, dove l’audace traforo sbocca ad appena 41 chilometri da Bologna.
Prima di allora, il viaggio di chi avesse voluto da Firenze raggiungere per ferrovia la capitale emiliana, non poteva certo dirsi ne breve ne comodo. Non meno di tre ore, su vagoni anneriti dal fumo che una locomotiva sbuffante spingeva faticosamente su per la ripida montagna alle spalle di Pistoia: curve strette e frequenti, gallerie brevi e basse, e fumo, fumo denso e nero dappertutto che entrava nelle vetture e negli scompartimenti. Attraverso i finestrini, il paesaggio appariva e spariva rapidamente.
Chi avrebbe pensato che un giorno sarebbero bastati 52 minuti per raggiungere dalle rive dell’Arno la città della Garisenda? La grande galleria dell’Appennino ha consentito infatti alla nuova linea non solo di abbreviare di 36 km il tragitto, ma pure di evitare altitudini superiori ai 320 metri.

GLI APPENNINI materiale didattico vario. Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

LA MONTAGNA materiale didattico vario

LA MONTAGNA materiale didattico vario: dettati ortografici, racconti, testi brevi, di autori vari, per la scuola primaria.

La montagna è un rilievo roccioso elevato oltre i mille metri.  Le montagne sono come le grandi rughe della Terra e si sono formate in tempi antichissimi, quando la Terra era ancora fiammeggiante e sconvolta da terremoti e da eruzioni vulcaniche.

Il luogo dove la montagna sorge dal piano è detto piede; salendo lungo il pendio o fianco o versante della montagna si raggiunge la cima o vetta. Una montagna può elevarsi isolata, oppure può raggrupparsi con altre in un massiccio. Sovente le montagne sono affiancate ed allineate in una lunga catena.

Un insieme di numerose catene costituisce il sistema montuoso.

Con il passare dei millenni, i fianchi delle montagne si sono trasformati e coperti di terra; soltanto gli alti pendii e le vette mostrano la roccia nuda.

Il piede della montagna è verdeggiante di noccioli e di castagni; sui fianchi si estendono i boschi di abeti e di larici; poi questi si diradano e iniziano i pascoli, ombreggiati da qualche betulla, fioriti di arniche e di genziane; infine ecco la roccia, irta di punte, incisa di burroni, tormentata da frane, dritta di pareti che danno il capogiro.

L’alta montagna ha cime e conche coperte di spessi strati di neve e di ghiaccio che neppure il sole estivo scioglie completamente: lassù si estendono i nevai ed i ghiacciai.

La montagna è un ambiente difficile per la vita dell’uomo. Egli però, l’ha domata, ed ha saputo costruire strade audaci che la superano ai valichi; gallerie che la perforano e che facilitano le comunicazioni stradali e ferroviarie; funivie e seggiovie che permettono a tutti di raggiungere comodamente le cime più elevate.

Villaggio alpino

Poche rustiche casette: le basi di pietra, le pareti di legno, i tetti di ardesia; piccole le finestre, fiorite di rossi gerani. Una chiesetta, un campanile. Null’altro. Sulle vie deserte qualche vecchia dalla gonna rossa e nera che fila o ricava, due o tre caprette, e nidiate di bimbi rosei e biondi che guardano curiosi, ma coi piedini nudi fuggono pieni di vergogna. (R. Bacchelli)

In montagna

Le casette del paesello montano si raggruppano attorno alla chiesa, sul pendio, come un piccolo gregge raccolto attorno al pastore. Dal paese si giunge subito ai prati che spesso lasciano scorgere, tra l’erba, spuntoni di roccia; si giunge in breve ai boschi dove l’ombra è fitta e l’aria è carica del profumo delle resine e dei fiori. Attorno, i monti levano le cime, alcune ancora del tutto coperte di verde, altre, più alte ancora, bianche di neve. Sul fondo della valle scorre il torrente: balza tra i massi e li circonda di spruzzi e di spuma; va gorgogliando, mormorando, portando al piano la voce della montagna.

Le montagne

Le montagne sono tra le cose più belle che esistono. Che cosa sarebbe la terra senza le montagne? Senza le montagne, non si avrebbero nè fiumi, nè torrenti, nè le cascate che ci danno l’energia elettrica, quella formidabile energia apportatrice di luce, di calore, di vita.

La vita sul monte

Quanta vita sul monte! Dalla grossa felce che cresce ai suoi piedi, al ginepro, dal saporoso mirtillo all’ontano, dai fiori delicati e stupendamente colorati all’imponente abete. E poi, la lepre di monte, il capriolo che fugge di balza in balza, il cervo dominatore delle vette, e ancora, su su, fino alla roccia nuda, fino alla neve eterna. Ma anche lì, abbarbicato alla roccia, mezzo sepolto dal ghiaccio, vive l’ultimo amico della montagna: il lichene dai colori vivissimi; si trova lassù, sul punto più alto della terra. (A. Manzi)

Villaggio alpino

Poche, rustiche casette: le basi di pietra, le pareti di legno, i tetti di ardesia; brevi le finestre, fiorite di rossi gerani… Una chiesetta,  un campanile. Null’altro. Sulle vie deserte qualche vecchia che fila e ricama; due o tre caprette e nidiate di bambini rosei e biondi. Chioccolio di fontane; qualche ragazza che lava. E un silenzio, una pace tale sotto quel sole diffuso, in quella pura aria frizzante, che tutto lo spirito ne gioisce. (R. Bacchelli)

Alpinisti e sciatori

Tra gli ospiti dell’albergo ci sono degli alpinisti. Essi cercano una buona guida, pratica di questi monti, che li accompagni. Partendo da un rifugio, vogliono arrampicarsi  in cordata per la parete più difficile del monte, fino alle guglie che sovrastano il ghiacciaio. L’abisso non fa loro paura. Non temono i precipizi e i crepacci. Dall’albergo parte una seggiovia che durante la stagione invernale porta gli sciatori ai più vicini campi di sci.

La stella alpina

Molto e molto tempo fa, nel cielo brillava una stellina solitaria e di lassù pensava che doveva essere pur bella la vita sulla terra, fra le alte vette nevose. Per questo pregò di poter scendere in terra. Il Signore acconsentì e, in una notte serena, la stellina attraversò il cielo e andò a posarsi fra le ripide pareti di ghiaccio di un monte altissimo. Che freddo! La stellina sarebbe certamente morta assiderata se un Angelo non l’avesse avvolta di una morbida veste di velluto bianco. Da allora, tra i ghiacci, sulle alte cime dei monti, crescono le stelle alpine, i fiori che hanno la forma di stella e che sono morbidi come velluto.

Perchè si viaggia in quel modo, sospesi in aria?

Le teleferiche, le funivie e le seggiovie hanno bisogno di impianti costosi, ma sono mezzi di trasporto molto utili in montagna, perchè abbreviano i percorsi. Con esse è possibile superare, senza marce faticose, grandi dislivelli, viaggiando in linea retta e passando al di sopra dei burroni, dei torrenti, dei boschi, dei ghiacciai.

Le possiamo trovare in luoghi di villeggiatura dove d’estate o d’inverno, arrivano molte persone che vogliono raggiungere la cima delle montagne senza far fatica. Oppure le possiamo trovare dove i  boscaioli hanno bisogno di far scendere a valle i tronchi tagliati.

Come si formano le montagne

Le montagne vengono prodotte o da vulcani o da sedimenti marini.

Montagne vulcaniche. Alcune montagne sono senza dubbio dovute al sovrapporsi di lave che vennero espulse dalle viscere della Terra. Ma non sono molte le montagne che hanno questa origine. E solo una piccola parte delle montagne che hanno forma conica vennero costruite dai vulcani.

Montagne costruite dai fondi marini. La maggior parte invece delle montagne si è formata nelle profondità marine. Vediamo in che modo.

Prima vi è un fondo marino. Su questo fondo ogni anno si depositano millimetri su millimetri di fanghiglie: terriccio che il vento ha portato nel mare e che le acque di questo lasciano precipitare lentissimamente fin nelle profondità; terra e sabbia che i fiumi hanno trascinato giù dai monti e che le onde marine hanno portato al largo; gusci di animaletti e scheletri di grossi animali che, alla morte dei loro proprietari, scendono ad adagiarsi sulle fanghiglie; coralli della scheletro calcare che si vanno sviluppando sempre più. E così di anno in anno il fondo aumenta di spessore.

Intanto grandiosi fenomeni si vanno manifestando nelle profondità; fenomeni tali che obbligano il vecchio fondo marino a sollevarsi, a piegarsi in pieghe talora complicatissime, ad emergere dalle acque del mare e a formare così le montagne, cioè l’ossatura di isole e di futuri continenti.

Ma appena le montagne si sono un po’ alzate, vengono subito prese di mira dalle piogge, dai torrenti, dal  caldo – freddo, dal gelo, e così comincia il cesellamento, lo scolpimento del primitivo uniforme blocco; e l’uniforme catena viene smembrata da valli in cime sempre più numerose; ogni cima, sotto il cesello del tempo, acquista forme sue proprie. Poi vengono i ghiacciai ad alternare ancor più le forme. E con l’alterazione continua lo sgretolamento, l’abbassamento dei monti e, da ultimo, la loro vecchiaia e la loro morte, cioè il loro spianamento.

E nel frattempo tutto il materiale che prima costituiva quelle montagne, trasportato al mare dai fiumi, ha servito a riempire il mare e a costruire delle pianure. La nostra bella pianura Padana un tempo era un enorme golfo marino che lambiva tutte le Alpi ben addentro fino a Cuneo e a Mondovì. Il Po e i suoi affluenti hanno con le loro ghiaie colmato questi abissi fino a creare la piatta superficie su cui si stendono oggi grandiose e coltivate campagne, s’innalzano case e palazzi, e fioriscono industrie e commerci.

Voi mi domanderete: sono proprio sicuri gli scienziati che le cose siano accadute proprio in questo modo? E come hanno fatto essi a conoscere tutte queste cose? Osservando come sono fatte le Alpi e come è fatta la pianura. Infatti tante rocce che costituiscono molte montagne sono piene zeppe di conchiglie e di altri animali fossili: dunque sono antichi fondi marini, in seguito emersi e sollevatisi a tre – quattromila metri. Le stesse rocce non sono però sempre piatte e orizzontali come si vennero formando nei mari, ma piegate, intensamente piegate come rughe; dunque è avvenuto un piegamento e un sollevamento. Il resto, cioè come sia avvenuto in seguito il cesellamento, lo scolpimento e la demolizione parziale, è cosa ovvia e semplice.

Quanto tempo è occorso perchè tutto ciò avvenisse? Tempi enormemente lunghi, senza dubbio, ma finora nessuno ha saputo dare nè con precisione, nè lontanamente, dei valori anche solo approssimativi. Certo milioni e centinaia di milioni di anni, certissimamente le nostre Alpi e l’Appennino si sono formati moltissimo tempo prima che l’uomo apparisse sulla Terra.

(G. Nangeroni)

Il volto delle montagne cambia

 Le montagne sono trasformate dall’azione dell’acqua, del clima, del vento. Il primo demolitore delle montagne è il gelo. Quando negli alti picchi il calore del sole scioglie la neve, l’acqua che si forma penetra nelle fessure delle rocce. Al sopraggiungere del freddo della notte, quest’acqua gela, trasformandosi in ghiaccio. Poichè l’acqua solidificando aumenta il suo volume di circa il 10%, il ghiaccio che si è formato produce una tal pressione nella spaccatura, da dilatarla e staccare pezzi di roccia.

Nelle regioni aride, come avviene nei monti del deserto, lo sgretolamento delle rocce è causato dal brusco cambiamento di temperatura fra il giorno caldissimo e la notte fredda. Di giorno, la parte superficiale della roccia si dilata rompendosi in tante squame che, al sopraggiungere del freddo notturno, si contraggono e si staccano. Il vento rode le rocce contro cui batte. La sua azione diventa più demolitrice se trascina sabbie e detriti che, gettati contro la parete rocciosa, agiscono come una lima. Tutti questi detriti che si staccano dalle montagne vengono trascinati e portati verso verso la pianura o nel mare dalle acque correnti e dai ghiacciai.

Altri agenti demolitori delle montagne sono i gas che si trovano nell’aria, cioè l’ossigeno e l’anidride carbonica.

Perchè salendo verso l’alto la temperatura diminuisce

La superficie della Terra assorbe il calore del Sole e poi lo diffonde nell’aria. Quando questa è molto densa ed umida, come avviene nelle pianure, il calore si conserva a lungo. Man mano che si sale, l’aria diventa meno densa e meno umida: è meno capace di conservare il calore, perciò la temperatura si abbassa. Inoltre, in vetta alle alte montagne, non esiste una vasta superficie di terreno che possa assorbire e poi restituire il calore del Sole. Questo fenomeno ci spiega l’esistenza di ghiacciai anche nelle regioni tropicali che superino i 4000 metri di altitudine.

Come possiamo calcolare l’altitudine delle montagne

Per calcolare l’altitudine delle montagne, cioè la loro altezza sul livello del mare,  si usano il teodolite, l’altimetro e il barometro – altimetro. Il teodolite è un delicatissimo strumento ottico che permette di misurare, dal luogo ove viene collocato, distanze ed altezze di punti inaccessibili. L’altimetro è uno strumento di precisione che indica l’altitudine del luogo ove viene collocato. Il barometro – altimetro oltre ad indicare l’altitudine di un luogo, ne segna anche la pressione atmosferica corrispondente; infatti la pressione atmosferica varia col variare dell’altitudine.

Vette più importanti della catena alpina

Monte Bianco (m 4810), Monte Rosa (m 4633), Monte Cervino (m 4478), Gran Paradiso (m 4061), Pizzo Bernina (m 4049), Grivola (m 3969), Ortles (m 3899), Monviso (m 3481), Monte Cevedale (m 3778), Palla Bianca (m  3736), Monte Disgrazia (m 3678), Adamello (m 3554), Pizzo dei Tre Signori (m 3499), Marmolada (m 3342).

Vette più importanti della catena appenninica

Etna (m 3263, Appennino Siciliano), Gran Sasso d’Italia (m. 2914, Appennino Abruzzese), Maiella (m 2795, Appennino Abruzzese), Monte Velino (m 2487, Appennino Abruzzese), Monte Vettore (m 2478, Appennino Umbro – Marchigiano), Monte Sirente (m 2349, Appennino Abruzzese), Monte Pollino (m 2271, Appennino Lucano), Monte Terminillo (m 2213, Appennino Umbro Marchigiano), Monte Cimone (m 2165, Appennino Tosco Emiliano), Monte Cusna (m 2120, Appennino Tosco Emiliano), Monte Miletto (m 205o, Appennino Campano), Monte Sirino (m 2005, Appennino Lucano), Monte Giovo (m 1191, Appennino Tosco Emiliano), Pizzo Carbonara (m 1979, Appennino Siciliano), Aspromonte (m 1956, Appennino Calabrese), Corno alle Scale (m 1945, Appennino Tosco Emiliano), Monte Calvo (m 1901, Appennino Abruzzese), Gennargentu (m 1834, Appennino Sardo), Monte Mutria (m 1823, Appennino Campano), Monte Maggiorasca (m 1803, Appennino Ligure).

L’uomo e la montagna

Avete mai veduto costruire una casa? Io, tante… E ho pensato: “Ma guarda un po’ l’uomo, che è capace di fare! Mutila la montagna, ne cava pietre, le squadra, le dispone le une sulle altre e, che è che non è, quello che era un pezzo di montagna è diventato una casa”.

“Io” dice la montagna, ” sono montagna e non mi muovo”.

“Non ti muovi, cara? E guarda là quei carri tirati dai  buoi. Sono carichi di te, di pietre tue. TI portano in carretto, cara mia! Credi di startene così? E già mezza sei, due miglia lontano, nella pianura”.

“Dove?”

“Ma in quella casa là, non vedi? Una gialla, una rossa, una bianca: a due, a tre, a quattro piani. E i tuoi faggi, i tuoi noci, i tuoi abeti? Eccoli qua, a casa mia. Vedi come li abbiamo lavorati bene? Chi li riconoscerebbe più in queste sedie, in questi armadi, in questi scaffali? Tu, montagna, sei più grande dell’uomo: anche tu faggio, e tu noce, e tu abete; ma l’uomo ha in sè qualcosa che voi non avete.

(Luigi Pirandello)

La vegetazione spontanea della montagna

Al piede della montagna crescono i lecci, dalle dense fronde scure, e gli alberi da frutta. Le querce e i castagni possono giungere più in alto, fino ai mille metri. I faggi prosperano fino ai millecinquecento metri e più. I larici e gli abeti dalle foglie sottili e aguzze come aghi giungono fino a duemila metri. Ancora più su, a duemilacinquecento metri, si stendono i vasti pascoli punteggiati di arbusti, di rododendri e di pini mughi. Oltre questa zona, riescono a vivere soltanto pianticelle alte meno di un palmo, e poi muschi e licheni. Essi traggono il nutrimento dalla poca terra che il vento ha depositato  nelle fessure delle rocce. Infine, ecco la zona delle nevi perenni. Qui nessuna pianta può vivere: è il regno del ghiaccio.

Gli animali che vivono in libertà sui monti

Nella zona dei pini vivono il gallo cedrone, la pernice bianca e numerosi uccelli rapaci, come la poiana, il falco, il gufo e la civetta. E’ facile trovare l’ermellino, prezioso per la sua pelliccia, che è bruna d’estate e diventa candida durante l’inverno; dove i boschi sono più fitti, si trovano scoiattoli, caprioli e cervi. Ma l’animale più caratteristico di queste zone è l’orso; e il più pericoloso è il lupo, che durante l’inverno, spinto dalla fame, si avvicina ai centri abitati. Oltre i duemila metri troviamo gli animali tipici dell’alta montagna: l’aquila, lo stambecco, il camoscio e la marmotta. Sopra si stendono soltanto ghiacciai. Sembra che la vita sia impossibile qui, ma c’è un minuscolo animale che riesce a vivere anche in mezzo ai ghiacci: è la pulce dei ghiacciai. Essa si nutre dei grani di polline che il vento trasporta, dalla zona dei larici e degli abeti, fino a un’altitudine di quattromila metri!

Utilità dei monti

Le pendici dei monti sono coperte da fitti  boschi di castagni e, più in alto, da foreste di conifere: pini, larici e abeti che forniscono buon legname. I boscaioli, per il trasporto dei tronchi, si servono delle teleferiche che, lungo un cavo d’acciaio, trasportano a valle pesanti tronchi. D’estate, sui pascoli alpini, i pastori e i mandriani conducono a pascolare le loro greggi e le mandrie fino all’autunno. Dal latte delle mucche e delle pecore si ricavano burro e squisiti formaggi. Per l’aria pura e salubre che vi regna, i monti sono mete ideali per i soggiorni estivi e per gli sport invernali. Sui pendii soleggiati sorgono i grandi edifici dei sanatori, dove si curano le persone malate che hanno bisogno di sole e di aria purissima. Un altro dono prezioso ci viene dalle montagne: il carbone bianco. L’acqua dei fiumi che scende a valle, per mezzo di un potente sbarramento detto diga, viene raccolta in un bacino e convogliata attraverso grosse tubature, dette condotte forzate, alle centrali idroelettriche. Nelle centrali, con la sua caduta, l’acqua muove le pale delle turbine, che producono l’energia elettrica.

 I minerali

Il Duomo di Milano pesa 184.000 tonnellate; ebbene, sono 184.000 tonnellate di montagna trasferite nel centro d Milano. Infatti, il Duomo è costruito in marmo, una delle rocce che ci fornisce la montagna. Le rocce delle montagne, fin da quando, milioni di anni or sono, si formarono, contengono minerali di ogni genere: ferro, piombo, rame, zinco, zolfo, salgemma, manganese, e via dicendo; tutte sostanze assolutamente indispensabili per le industrie. Perciò l’uomo da secoli scava le montagne, con la tenacia di una formica; e dove le montagne sono formate completamente da minerali utili, allora addirittura la demolisce, le asporta pezzo per pezzo, le spiana a poco a poco. Ci basterebbe fare una visitina alle più grandi cave italiane di marmo, quelle di Carrara, per accorgerci di questo: vedremo allora che intere parti di montagna non esistono più. I loro milioni e milioni di tonnellate di marmo sono distribuiti ormai in tutto il mondo, sotto forma di scalinate, colonne, statue, lastre di copertura, pavimenti, eccetera.

Il lavoro in montagna

Anche la montagna è fonte di vita per la sua gente, ma lassù, dove soltanto il salire e lo scendere è fatica, il lavoro è assai duro. Tra le rocce cristalline, che scintillano al sole, gli scalpellini lavorano nella cava di marmo. Potenti teleferiche trasportano i blocchi già tagliati verso il fondo valle. Molti montanari sono pastori; essi conducono il gregge al pascolo, tosano le pecore e con il latte fanno i caratteristici formaggi pecorini; altri fanno gli agricoltori, coltivando lo scarso terreno che si apre tra i boschi, sulle pendici dei monti e nelle vallate; altri ancora fanno i boscaioli, abbattendo gli alberi che fornivano legname per la costruzione di navi, di ponti, di mobili. Durante l’interminabile inverno di montagna, quando non è possibile uscire di casa, uomini, donne e spesso anche i ragazzi divengono artigiani; intagliano nel legno graziosi oggetti che venderanno poi ai turisti. Un rumore assordante rompe il silenzio dei monti: è l’acqua dei torrenti che scendono impetuosi a valle.  La forza delle loro acque viene spesso sfruttata per azionare i motori delle segherie. Molte volte questi torrenti si vedono sbarrato il passo da potenti dighe: le loro acque si espandono allora in un calmo lago e alimentano, più a valle, la centrale idroelettrica che produce luce ed energia per le città lontane.

Le frane

Boschi e foreste, che un tempo coprivano quasi tutta la terra, a poco a poco vennero distrutti dall’uomo, per dar luogo a coltivazioni di piante utili e per costruirvi case, paesi, città. Talvolta però l’uomo, spinto dal bisogno o dalla volontà di guadagno, ha tagliato troppo i boschi, lasciando interi pendii, dalle falde alla vetta, senza alberi. Allora si sono verificati guai seri, perchè la terra non era più tenuta salda dalle radici delle piante, durante le stagioni piovose, ha cominciato a precipitare a valle formando enormi frane che hanno travolto paesi e interrotto strade, con grande danno per il traffico e per gli abitanti.

Villaggio di montagna

Aggrappato al monte, ecco un villaggio composto di poche casette rustiche. I muri, in basso, sono fatti di pietra; in alto sono di legno; i tetti sono coperti di lastre di ardesia. Alle strette finestre spiccano i gerani; i palchi sotto i tetti sono pieni di legna per l’inverno e di fieno per il bestiame. Una chiesetta e un campanile vigilano sulle poche case e sulle vie deserte. Gli uomini e le donne sono al lavoro nei prati, nei boschi e nelle malghe. A sera, pochi montanari tornano al villaggio: la maggior parte rimane nelle baite. Solo la domenica i montanari discendono per la messa, e la chiesetta si riempie di canti e di preghiere. Il giorno dopo tutti ritornano al lavoro e il silenzio scende sul villaggio.

La malga

Tra i verdi pascoli d’alta montagna sorge un casolare lungo e basso, costruito in modo rudimentale con tronchi e pietre. E’ la malga, in cui trovano rifugio i mandriani. Vicino, una larga conca scavata nel terreno raccoglie l’acqua piovana per l’abbeveraggio delle mucche. Si ode lontano il tintinnio dei campanacci. La mandria è al pascolo e ritornerà solo verso l’imbrunire, per la mungitura. La malga è lontano da ogni centro abitato. Il latte, perciò, non può essere venduto. Dev’essere utilizzato subito. E i mandriani hanno il loro bel da fare. La panna abbondante e densa, scremata giorno per giorno, viene sbattuta a lungo nella zangola di legno, per produrre il burro. Il latte rimanente, con uno speciale procedimento, è fatto cagliare o coagulare. Separato dal siero, darà la caseina, dalla quale si ricava il formaggio. Come ultimo prodotto resterà la ricotta, che sarà messa a stagionare sul camino.

Gli innamorati della montagna

Le montagne, con la varietà dei loro paesaggi, offrono uno degli spettacoli più mirabili del creato. Il sole, specie all’alba e al tramonto, dipinge rocce e boschi, prati e picchi nevosi di splendidi colori. Molti, per questo, amano la montagna. Ricorda, tra gli altri, gli escursionisti che, zaino in spalla, affrontano lunghe marce per sentieri e tratturi; gli scalatori, che cercano pericolose vie tra le rocce; gli sciatori che, in inverno, volano sulla neve con gli sci.

I rifugi alpini

In molte zone di alta montagna sorgono i rifugi alpini, costruzioni adibite per il ricovero degli alpinisti che vogliono avventurarsi sulle cime più elevate. Un tempo, questi rifugi si raggiungevano con marce faticose di molte ore; oggi invece, molti di essi sono collegati ai paesi della valle con ardite e veloci funivie. Gli appassionati di sport invernali possono inoltre servirsi di seggiovie, che in pochi minuti portano ai campi di neve più alti.

I mezzi di trasporto

Sulle belle strade alpine e appenniniche corrono veloci corriere, automobili e motociclette. Quando la salita è troppo ripida per le ferrovie normali, si usano i treni a cremagliera, la cui locomotiva è munita di una ruota dentata che si ingrana in una rotaia supplementare. Spesso, per necessità di lavoro o per esigenze turistiche, si collega il fondo valle con località elevate per mezzo di teleferiche o di funivie: su grosse funi metalliche, tese tra un pilone e l’altro, scorrono carrelli per il trasporto di materiali o cabine per passeggeri. Tutte le principali località di montagna e i centri di villeggiatura estiva e invernale hanno inoltre seggiovie, slittovie, sciovie. Le seggiovie sono costituite essenzialmente di due funi metalliche a cui sono appesi seggiolini scorrevoli; nelle slittovie, un cavo tirante trascina le slitte che trasportano gli sciatori. Nelle sciovie, invece, ogni sciatore è collegato, per mezzo di un braccio metallico, a un rullo che scorre su una fune d’acciaio e lo trascina in salita.

La seggiovia

Un particolare tipo di funivia leggera è la seggiovia, chiamata così perchè appesi alla fune viaggiano seggiolini metallici, su cui siedono i viaggiatori. Le seggiovie sono molto diffuse nelle zone turistiche montane perchè risparmiano a sciatori, gitanti e alpinisti la fatica delle salite a piedi.

Le Alpi e gli Appennini

Le Alpi, che cingono l’Italia, formano un arco meraviglioso per la varietà delle sue forme. Ora elevano al cielo guglie acute, ora torreggiano con immense piramidi di ghiaccio, ora si presentano come un susseguirsi di creste capricciose. Pare quasi che siano state create apposta per stabilire i confini italiani e ripararci dai venti freddi del nord. Le acque e le foreste costituiscono le loro ricchezze principali. La loro bellezza richiama ogni anno milioni di turisti che cercano nella salubrità del loro clima il ristoro alle loro fatiche. Un’altra catena attraversa l’Italia in tutta la sua lunghezza e ne costituisce, per così dire, la spina dorsale. Meno elevati delle Alpi, gli Appennini non hanno ghiacciai, ed i fiumi che da essi discendono sono più brevi e meno ricchi di acque. Coperti un tempo da fitte foreste, sono oggi in gran parte brulli perchè l’uomo li ha purtroppo privati del loro verde mantello. Oggi si cerca di rimediare favorendo il rimboschimento, ma dovranno passare molti e molti anni prima che l’Appennino ritorni ad essere com’era un tempo.

Il ghiacciaio

Lassù, presso le alte cime dei monti, pendii rocciosi ricoperti di neve circondano la valle. Sul fondo, un fiume solido e bianco luccica come un grande specchio. E’ il ghiacciaio formato dalle nevi permanenti, quelle che neppure il sole d’agosto riesce a sciogliere completamente. Sembra fermo, invece scorre lentamente. La sua candida superficie è tutta increspata da onde ghiacciate. Ma il sole scotta, e il ghiacciaio, lungo i bordi e sulla superficie si liquefa, lentamente. L’acqua cola, scorre, penetra nella massa screpolata, si raccoglie sul fondo, o meglio sul letto del ghiacciaio. Qui continua il cammino nella sua galleria di cristallo, finchè non sbuca all’aperto. Così nascono i corsi d’acqua. Anche i fiumi più grandi hanno un’origine umilissima, una piccola sorgente sulla fronte di un ghiacciaio.

Il ghiacciaio

La neve cade abbondantissima sulle alte montagne, si raccoglie e si ammucchia in vaste conche di roccia; qui uno strato di neve comprime l’altro e tutta la massa gela e si trasforma in ghiaccio. Vi sono ghiacciai che si estendono per chilometri e chilometri. I ghiacciai terminano in un luogo detto bocca, dove il ghiaccio si scioglie e dà origine a cento, mille vene d’acqua, che precipitano verso la valle.

Il ghiacciaio

Immaginate un’ampia valle, cui fanno parete, dall’uno all’altro lato, rupi ignude, scoscese, talora a picco. Un maestoso fiume ne occupa tutto il fondo. E’ infatti un fiume di ghiaccio che scaturisce dagli immensi campi di neve eterna, le quali rivestono le eccelse vette e colmano i vasti altipiani delle Alpi. E sembra anche al vederle, che quelle nevi eterne, con perpetua onda, si riversano in quel fiume di ghiaccio e quel fiume scorre e solleva le sue onde simile a un torrente, quasi ad un mare in burrasca. Ma quel fiume sembra immobile; quelle onde sembrano sospese, cristallizzate: quel fiume è tutto di ghiaccio. (A. Stoppani)

La leggenda della neve rossa (leggenda valdostana)

Se andate un giorno sul monte Rosa, il vostro sguardo rimarrà abbagliato dall’immensa distesa candida e scintillante del ghiacciaio.

La leggenda racconta che, nel tempo dei tempi, a quelle altitudini eccelse, il clima era molto più mite e là dove ora si distendono i gelidi ghiacciai erano verdi praterie e folte foreste di abeti. E in mezzo vi sorgeva una città prosperosa e popolosa.

Purtroppo, però, i denari accumulati a poco a poco avevano reso cattivi e avari gli abitanti di questa città, i quali vivevano nel loro egoismo senza alcun timore di Dio. Ma Dio, che tutto vede e tutto sa, non tardò a punirli.

Una sera d’ottobre giunse in questa città un vecchio viandante. Appariva esausto per la fatica e la fame. Ma invano egli bussò a una porta dopo l’altra, chiedendo cibo e ricovero: tutti lo respinsero con male parole.

Allora, a un tratto, il vecchio si drizzò minaccioso e apparve gigantesco e terribile, eretto, sull’alta persona. Protese il braccio e gridò: – Stanotte  nevicherà, domani nevicherà, per giorni e giorni nevicherà: la città maledetta perirà. –

Gli abitanti, chiusi nelle loro case, udirono quella voce rimbombare nella tenebra e furono scossi da un brivido, ma poi alzarono le spalle e cercarono di dimenticare il funesto presagio bevendo, tra risa di scherno.

Intanto il vecchio era scomparso. Ed era cominciato a nevicare. Ma non neve bianca, bensì neve rossa, d’un cupo vermiglio, come il sangue. Essa cadde tutta la notte e tutto il giorno seguente, e per molti molti giorni ancora, fitta, lenta, inesorabile. Nessuno osava uscire dalle case e la neve saliva, saliva, saliva, sommergendo le dimore e gli uomini, i campi e i boschi, implacabilmente, come implacabili erano stati quei malvagi verso il vecchio viandante.

Quando la rossa nevicata cessò, della città non v’era più traccia: al suo posto, da allora, si estende un immenso ghiacciaio.

E talvolta, al tramonto, sul ghiacciaio, si scorgono ancora sinistri bagliori, come di sangue… (M. Tebaldi Chiesa)

Una gita in montagna

Gabriella e il babbo salirono su una corriera. Dapprima percorsero un breve tratto a fondo valle, poi infilarono una strada che con forte pendenza saliva verso l’alto fra boschi di castagni. Qui la vegetazione cambiò: la strada si inerpicava fra selve di abeti e di larici e l’aria era profumata di resina.

– Siamo a mille metri! – esclamò il babbo, quando apparvero le casette del villaggio dove avrebbero trascorso le loro vacanze. L’indomani Gabriella fece col babbo la sua prima escursione. Una funivia li portò rapidamente in alto. Gli abeti a poco a poco andarono diradandosi e facendosi sempre più piccini, poi apparvero in tutta la loro bellezza i prati verdeggianti su cui pascolavano mandrie di mucche. Giungevano fino a loro i  muggiti delle pacifiche bestie intente a brucare l’erba profumata della montagna. Qua e là, disseminate sui pendii, si scorgevano le baite che ospitano pastori e bestiame durante la stagione dell’alpeggio. Infine anche i pascoli scomparvero. La funivia sorvolava ora una zona di alte rocce, le cui sommità, simili a guglie, si stagliavano solenni nell’azzurro del cielo. Un ultimo balzo, ed eccoli alla stazione d’arrivo. Di lassù appariva in tutta la sua bellezza la cerchia delle Alpi, le cui candide vette erano coperte di neve. Davanti a loro, tra rocce enormi, si stendeva un ghiacciaio.

– Sembra un fiume di ghiaccio – osservò Gabriella.

– Ed è proprio un fiume che scende lento lento verso il fondovalle – le rispose il babbo.

– Un fiume di ghiaccio? E’ mai possibile? – osservò Gabriella, la quale aveva ancora negli occhi la visione del fiume le cui acque correvano impetuose verso la pianura.

– Sì, proprio un fiume, – ripetè il babbo. – Quel ghiaccio, che ti appare fermo ed immobile, in realtà scende verso la valle assai lentamente, ma scende. E quando è giunto in basso il ghiaccio si scioglie e diventa acqua, che alimenta le sorgenti dei fiumi –

– Sicchè tutto questo ghiaccio…-

– E’ destinato a tramutarsi nell’acqua dei fiumi che porteranno alla lontana pianura i benefici dell’irrigazione. Ma prima che avvenga ciò, questi ghiacciai, che tu vedi scintillare al sole, alimenteranno con l’acqua da essi prodotta le numerose centrali elettriche che l’uomo ha costruito sulle montagne –

– E in che modo? –

– Più in basso gli uomini hanno creato dei laghi artificiali chiudendo con una diga una valle nel punto in cui questa si presentava più stretta. L’acqua così raccolta viene incanalata in giganteschi tubi che la portano alle turbine, destinate ad azionare le dinamo, che sono macchine capaci di produrre l’energia elettrica. Tutta l’elettricità, che mette in moto i treni e le macchine degli opifici, che illumina le vie e dà luce alle nostre case nasce qui, su questi monti, per merito dell’acqua che giustamente è stata chiamata “carbone bianco”. –

Come si forma un ghiacciaio

Il ghiacciaio si forma nel “bacino collettore”; si chiama in questo modo la zona alta di una montagna dove si raccoglie ogni anno una enorme massa di neve, più di quanta se ne scioglie durante l’estate. Perciò un bacino collettore si trova sempre sopra il limite delle nevi perenni. Generalmente esso ha proprio la forma di un bacino, cioè è circondato da alte e ripide pareti rocciose; la neve che si deposita su queste e che poi, sotto forma di valanghe e slavine, precipita nel bacino, contribuisce anch’essa ad aumentare la ricchezza del deposito che alimenta il ghiacciaio. Qualche volta il bacino ha invece la forma di una grande cupola; questo è il caso del Monte Bianco. E’ nel bacino che la neve, man mano che viene sottoposta alla pressione degli strati più recenti, si trasforma prima in ghiaccio granuloso, poi in ghiaccio compatto, di colore quasi azzurro.

Il bacino collettore, quindi, non è che il grande magazzino di raccolta che continuamente rifornisce il ghiacciaio di nuovo materiale. Un bacino, infatti, presenta sempre uno o più sbocchi aperti verso il basso; da questi defluirà la bianca massa ghiacciata come una pasta che si versi dal bordo di una marmitta inclinata. Colerà per primo, dallo sbocco, il ghiaccio degli strati più profondi, spinto dall’enorme perso degli strati superiori; e via via, uno sull’altro, lentamente ma ininterrottamente, tutti gli strati di neve depositatisi di anno in anno nel bacino e trasformatisi in ghiaccio scenderanno verso il basso: così si forma il ghiacciaio.

I ghiacciai si muovono

Il ghiacciaio è dunque un gran fiume solido, di ghiaccio, che scende verso il basso. Man mano che scende incontra una temperatura più mite e si scioglie formando torrentelli e cascatelle. Ad un certo punto, bruscamente, il ghiacciaio termina, dando origine ad un impetuoso torrente. Costantemente i ghiacciai depositano alla loro estremità, oltre ai corpi di vittime di sciagure alpinistiche, oggetti come piccozze, zaini, corde, smarriti da alpinisti, e un’enorme quantità di massi e detriti rocciosi.

Tutto questo materiale era rimasto sul ghiacciaio o caduto in un suo crepaccio, in un punto qualsiasi del suo corso, anche molto vicino all’origine; ma, lentamente, la massa gelata è scesa verso il basso trasportando a valle il materiale incluso. Giunto al punto del disgelo, il ghiaccio restituisce alla luce quanto teneva racchiuso.

Possiamo così constatare che il ghiacciaio cammina costantemente verso il basso e che la maggiore velocità di discesa si ha nella zona centrale. Ai margini il movimento è più lento a causa dell’attrito delle pareti rocciose.

La velocità di discesa non è la stessa per tutti i ghiacciai. Quelli alpini hanno, in media, la velocità di 35 metri l’anno, cioè circa 10 centimetri il giorno; ma il ghiacciaio svizzero dell’Alètsch, che coi suoi 26 chilometri è il più lungo ghiacciaio delle Alpi, scende alla velocità di circa mezzo metro il giorno. Il ghiacciaio Baltoro, nel Karakorum, in Asia, si muove alla velocità di 600 – 700 metri annui e alcuni ghiacciai della Groenlandia scendono di 4 – 5 chilometri l’anno, cioè più di dieci metri il giorno.

Vocabolario

Circo: è una cavità circolare, un enorme catino scavato nella roccia della montagna da un ghiacciaio, che poi è scomparso.

Conca: è una grande cavità nel terreno a forma circolare oppure di ellissi, con i pendii poco inclinati.

Dosso: è una montagna o una parte di una montagna fatta a cupolone. Non è mai molto alta e può essere anche erbosa.

Forra: è una gola profonda fra pareti rocciose. Di solito è stata scavata da un torrente.

Ghiacciaio: è un’enorme massa di ghiaccio che si forma al di sopra del limite delle nevi persistenti in una conca dove si raccolgono le nevi (bacino collettore di raccolta); scende con una lingua fino al punto in cui si arresta (fronte del ghiacciaio) perchè il ghiaccio fonde e forma un torrente.

Gola: è una valle stretta e profonda, con le pareti ripide.

Gradino: è il salto formato da una ripida parete che interrompe una estensione di terreno piano o in lieve declivio: è proprio, insomma, come un grande gradino.

Morena: è un ammasso di ciottoli, detriti, massi, terra che il ghiacciaio raccoglie lungo il suo corso, trasporta a valle e ammucchia. Vi sono morene enormi, come la Serra, vicino a Ivrea, lunga più di 25 chilometri!

Nevaio: è un ammasso di neve che si accumula, spesso spinta dal vento, in luoghi riparati. Non si scioglie completamente nemmeno in estate. Invecchiando, la neve diventa granulosa e tende a trasformarsi in ghiaccio.

Valico: E’ un passaggio abbastanza basso che permette di attraversare una barriera montuosa. Un valico o passo, di solito, si chiama colle quando è a grande altezza; sella quando ha la forma di una piccola valle.

Monti d’Italia
Monti giganteschi, nevosi e scintillanti al sole, con le cime avvolte da nubi, dirupi solcati da ghiacciai e flagellati dalla tempesta, balze scoscese, cupi burroni precipitosi, massi, sassi e ciottoli, e ghiaieti alle falde. Foreste di castagni e di faggi, di larici e di pini, vestono questi monti, poi cespi di rododendri ed erbe dal cortissimo stelo, e muschi e licheni che di varie tinte, brune, argentine, dorate, coronano le rocce. Urla il lupo fra quelle foreste, s’appiatta l’orso e corre, presso la neve, nel suo manto invernale, il candidissimo ermellino, e ronzano insetti. (M. Lessona)

LA MONTAGNA materiale didattico vario. Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Assiro Babilonesi – materiale didattico vario

Assiro Babilonesi – materiale didattico vario – dettati ortografici, racconti, testi brevi, di autori vari, per la scuola primaria.

Gli Assiro Babilonesi

Gli Assiri e i Babilonesi abitavano una vasta regione dell’Asia che, essendo posta tra i fiumi Tigri ed Eufrate, venne chiamata Mesopotamia, cioè “terra in mezzo ai fiumi”.

Come il Nilo aveva reso possibile la nascita di una grande civiltà, così il Tigri e l’Eufrate, ricchissimi di acque, permisero agli Assiro – Babilonesi, rendendo fertile il luogo da essi abitato, di diventare molto potenti.

Essi avrebbero preferito dedicarsi al lavoro dei campi ma, essendosi insediati in una regione che i popoli dell’Asia percorrevano per giungere al Mediterraneo, furono costretti a combattere e divennero guerrieri famosi.

Ebbero due grandiose città: Ninive e Babilonia.

A Babilonia il re Nabucodonosor e la regina Semiramide avevano fatto costruire palazzi favolosi con i tetti muniti di giardini pensili.

Gli Assiro – Babilonesi adoravano il Sole, la Luna, ed avevano molte altre divinità; amavano l’arte, le scienze, la poesia, e furono valenti astronomi. Essi studiarono il movimento degli astri e suddivisero l’anno in dodici  mesi.

Per scrivere non usavano la pietra o il papiro, bensì mattoni di molle argilla che riempivano di fittissimi segni a forma di cuneo. La loro scrittura si disse perciò “cuneiforme”.

Tra il Tigri e l’Eufrate

Dalle montagne dell’Armenia, una ragione dell’Asia Minore, scendono due fiumi che sfociano nel Golfo Persico: il Tigri e l’Eufrate. La terra situata tra questi due fiumi è la Mesopotamia ed era abitata nei tempi antichi da due popoli che, pur essendo della stessa razza e della stessa religione, si odiavano ed erano sempre in lotta tra loro: gli Assiri e i Babilonesi. Dapprima furono i Babilonesi a dominare tutta la Mesopotamia. Essi fondarono un impero vastissimo che comprendeva altre regioni dell’Asia, elevarono numerose città e scavarono molti canali di irrigazione. Ma poi la situazione si capovolse: gli Assiri li vinsero e presero il loro posto. Dopo molti anni però, i Babilonesi vinsero di nuovo, e Babilonia, la loro capitale, divenne magnifica. Parlavano tutti di questa città, dei suoi splendidi, ricchi palazzi e dei suoi giardini pensili.

La terra tra i due fiumi

Anche la Mesopotamia, come l’Egitto, era una terra benedetta dalla presenza delle acque dei fiumi. Il Tigri e l’Eufrate, straripando periodicamente, depositavano il loro fertile limo sulle terre circostanti. Il territorio, senza la presenza benefica di questi fiumi, sarebbe stato un arido deserto.

Il popolo quindi traeva dall’agricoltura i mezzi necessari per la vita. Non crescevano alberi ad alto fusto e non c’erano nemmeno pietre da costruzione. C’era solo ricchezza di terra argillosa della quale gli abitanti si servivano per le loro costruzioni.

Il diritto di guerra

Guai a quei popoli che in guerra fossero stati vinti dagli Assiri! Questi assalivano le città nemiche, le assediavano con tanta violenza e tanto ardimento che queste erano costrette a cedere. I soldati procedevano all’assalto delle mura delle città, fra un nugolo di frecce lanciate dagli assediati. Ma gli Assiri, valendosi del loro numero e della loro forza, riuscivano a scalare le mura e a conquistare la città. E allora, guai ai vinti! I guerrieri presi con le armi alla mano e i principali cittadini erano messi a morte con supplizi di vario genere. Un incaricato registrava sopra una pergamena il numero delle teste recise durante la battaglia, e poi queste venivano ammonticchiate in un luogo determinato, le une sulle altre, a guisa di trofeo. Il guerriero più bravo era quello che aveva tagliato un maggior numero di teste. Dopo essersi sbarazzati dei nemici più pericolosi, gli Assiri depredavano e saccheggiavano la città, portando via tutto quello di prezioso che essa conteneva.

Guerrieri crudeli, ma gaudenti in pace

Gli Assiri erano assai bellicosi e crudeli in guerra: però, in tempo di pace, sapevano divertirsi e passar bene il loro tempo. Nella loro fastosa capitale Ninive, gli Assiri avevano palazzi anche più belli di quelli dei Babilonesi: con immense gradinate, e statue grandiose di re e di regine; bassorilievi, con scene di caccia e di guerra.

Vogliamo assistere ad un convito di Assiri? In una grande sala, in cui la luce di torce accese fa risaltare lo smalto azzurro delle pareti e i fregi dorati che le attraversano, vi sono parecchie piccole tavole. Ad ogni tavola sono seduti su scranni rotondi, senza spalliere nè braccioli, sei personaggi: tre per parte. Hanno lunghe barbe ben pettinate, capelli lunghi, ondulati, su cui posano corone di fiori e di nastri. Sulle tavole, coperte di tovaglia, sono disposte grandi porzioni di carne, focacce di farina bianca e frutta. I principi non sdegnano di prendere il cibo con le loro nobili mani… e si fermano solo per bere, nelle coppe dorate, il vino che le ancelle versano copiosamente, passando da una tavola all’altra. Bevono alzando il alto le coppe, e lanciando alte grida, mentre dai lati della sala giungono dolci suoni di musiche.

Il più antico tunnel del mondo

Avete sentito dire che le grandi città come Parigi, Londra, Roma e Milano hanno vie sotterranee, attraversate da ferrovie o da tram elettrici. Non c’è da meravigliarsi: i Babilonesi avevano anche loro una bellissima via sotterranea, scavata sotto il letto del fiume, la quale metteva in comunicazione i due palazzi reali, posti uno nalla parte orientale e uno nella parte occidentale della città. Così i Re e i principi di Babilonia potevano farsi visita senza bisogno di passare in mezzo alla folla variopinta, pettegola e, spesso maleolente, che stava in fazione sul ponte.

I giardini nell’aria

Ma c’era ancora un’altra via privilegiata, che metteva in comunicazione i palazzi reali, lungi dal contatto della folla: i giardini pensili. I giardini pensili di Babilonia, costruiti all’altezza dei tetti delle case, da una parte e dall’altra della strada, erano una delle meraviglie del mondo antico. Si dicevano costruiti dalla regina Semiramide, ma effettivamente furono anch’essi opera del gran re Nabucodonosor. Erano giardini meravigliosi per le piante rarissime che vi crescevano; dove i fiori splendidi mettevano le note più intense di colori e di profumi. Tra i rami, era tutto un gorgheggiare di uccelli rari; un susseguirsi rapido e buffo di scimmiette. Nei viali, passeggiavano donne ornate di gioielli, vestite con lunghe tuniche mirabilmente tessute e ricamate coi più vivaci colori. Nella notte, luci suggestive si accendevano tra i rami, accompagnate da suoni melodiosi di strumenti musicali. Da lontano, avresti detto che un paese fantastico, incantato, sorgesse a mezz’aria, tra il cielo e la terra. Invece i giardini pensili erano costruiti sopra solidi terrazzi sostenuti da grossi pilastri e da archi robusti, alti venticinque o ventisei metri. I terrazzi erano ricoperti da lastroni di pietra, lunghi circa cinque metri e larghi un metro; a questi era sovrapposto uno strato di canne con bitume; quindi un doppio suolo di mattoni cotti; e da ultimo larghe falde di piombo su cui posava la terra in quantità tale da permettere la coltivazione anche di piante di alto fusto. Al problema dell’irrigazione di questi giardini, provvedeva l’Eufrate. Apposite macchine sollevavano l’acqua dal fiume e permettevano così di annaffiare abbondantemente le magnifiche piantagioni. Nella parte sottostante, tra i piloni e le volte, vi erano appartamenti per le persone addette alla manutenzione dei giardini.

Gli scienziati dell’antichità

I Babilonesi furono gli scienziati dell’antichità; i sacerdoti della Caldea (una provincia mesopotamica) perfezionarono le invenzioni dei Sumeri, studiando il cielo ed i fenomeni celesti. I tre Re Magi che andarono a Betlemme per portare a Gesù bambino oro incenso e mirra erano appunto astronomi caldei e avevano avvistato la fulgente cometa dai loro osservatori. Questi osservatori si trovavano sulla sommità delle ziqqurat, le torri a piani che erano la più caratteristica costruzione mesopotamica; facevano parte del tempio, e i sacerdoti dicevano che gli dei vi abitavano quando scendevano in terra. Dall’ultima terrazza di queste alte torri multicolori, i Magi Caldei osservavano gli astri e studiavano i venti, l’addensarsi delle nubi, i lampi, le folgori. Furono così abili che, in quel tempo lontano, quando non c’erano nè cannocchiali nè telescopi nè altri strumenti, riuscirono a calcolare la distanza che corre tra alcune stelle!

Le credenze religiose

Le antiche divinità babilonesi hanno carattere naturalistico, cioè rispecchiano i grandi fenomeni della natura. Al sommo di esse era una triade, Anu, il dio del cielo, che divide il governo del mondo con Enlil, signore dell’aria e della terra, e con Ea, dio delle acque. Quando Babilonia divenne capitale di un vasto impero, il suo dio Marduk prevalse su tutte le altre divinità: era il Sole benefico, forza creatrice della natura. Gli Assiri, prevalendo politicamente, vi sostituirono il loro dio Assur, rappresentato con l’immagine di un Sole alato e concepito, a somiglianza di quelli che lo adoravano, guerriero, vendicativo e crudele.

Accanto al Sole i Babilonesi adoravano la Luna, i pianeti, le costellazioni dello Zodiaco perchè da essi sentivano dipendere la sorte degli uomini e delle cose. Il pianeta più nobile era quello di Venere, detta Istar, dea dell’amore e della fecondità.

Gli Assiro Babilonesi non ebbero sull’immortalità dell’anima e sul mondo dell’oltretomba  le chiare e consolanti credenze degli Egizi.  Immaginavano che i morti abitassero una sconsolata cavità sotterranea, perpetuamente immersa nelle tenebre. Oltre che agli dei, gli Assiro Babilonesi credevano anche nei demoni, spiriti malvagi, insidiatori dell’uomo: tutti i mali dai quali l’uomo è colpito, erano attribuiti a questi spiriti malvagi entrati nel corpo del paziente.

Usanze babilonesi

I Babilonesi vestono una tunica di lino lunga fino ai piedi, sopra di essa pongono una sopravveste di lana e una bianca clamide. Portano anche calzoni di forma strana e hanno cura dei capelli e si cospargono il corpo di profumati unguenti. Tutti gli uomini portano l’anello col sigillo e un bastone che mostra in cima una figura scolpita. Mangiano molti pesci seccati al sole; li stritolano col pestello nei mortai e ne fanno una specie di farinata, oppure li impastano e li cuociono come pane. (Erodoto)

Proverbi babilonesi

Se un uomo non esercita un lavoro non ottiene nulla nella vita.

Sorveglia la tua bocca: le parole dette in fretta si rinnegano altrettanto in fretta.

Dove si  profuma molto si maligna moltissimo.

Canali di irrigazione

Posta tra due fiumi, la Mesopotamia poteva essere ricca di prodotti agricoli solo se si scavavano e si mantenevano in efficienza i canali che irrigavano i terreni e che, nello stesso tempo, imbrigliavano le inondazioni. I canali erano progettati così bene che i moderni governi dell’Iraq (corrispondente all’antica Mesopotamia) hanno stabilito di ricostruirli con la tecnica moderna, ma seguendo la stessa rete. Hammurabi si preoccupò di realizzare lavori idraulici di vasta portata e ne fu tanto soddisfatto da cedere alla tentazione di lodarsi: “Io ho trasformato il deserto in terra fiorita; io ho procurato al paese fertilità e abbondanza; io ne ho fatto la patria del benessere!”.

Babilonia

Babilonia, la capitale dei Babilonesi, era una splendida città. Il re Nabucodonosor e la regina Semiramide l’avevano abbellita con palazzi rivestiti di mattonelle multicolori. Sui tetti avevano fatto costruire i celebri giardini pensili, ornati dei fiori più rari.

Babilonia sorse nel centro di una grande pianura ed era attraversata dal fiume Eufrate. Era una città a forma quadrata, i cui lati misuravano ventidue chilometri ciascuno. La città era difesa con una muraglia larga venticinque metri e alta cento. Nell’interno le vie erano parallele e perpendicolari tra loro.

Nel centro della città sorgevano i due edifici più belli: il tempio e la reggia. Il tempio aveva una torre di otto piani. Tra un piano e un altro vi erano sedili e stanze per il riposo. All’ultimo piano vi era una mensa d’oro massiccio per il sacrificio agli dei.

Non c’era la statua del dio, ma un divano sul quale si credeva che egli andasse a distendersi. Il tempio era dedicato al sole, alla luna e alle stelle, le divinità più  venerate.

La reggia si innalzava a forma di piramide con una serie di giardini pensili. Qui la corte conduceva la sua esistenza sfarzosa.

La scrittura cuneiforme

Anche gli Assiro Babilonesi conoscevano l’arte della scrittura. Essi non si servivano però del papiro, come gli Egiziani, ma di mattoni o tavolette di molle argilla, che venivano poi fatti cuocere al fuoco o seccare al sole.

In questo modo i segni, fatti con asticelle di metallo o di legno, non si cancellavano più. Moltissime tavolette di argilla sono pervenute fino a noi: tra le rovine di Ninive, antica città assira, è stata addirittura ritrovata la biblioteca si un re di questa città.

La scrittura degli Assiro Babilonesi si chiama cuneiforme perchè formata da segni triangolari simili a cunei.

Ferocia degli Assiri

“Io diedi l’assalto alla città e la espugnai; tremila dei suoi guerrieri passai per le armi e presi come bottino i loro beni; molti ne feci buttare tra le fiamme e moltissimi ne feci prigionieri; ad alcuni feci tagliare le mani e le dita, ad altri il naso e le orecchie; molti ordinai che fossero accecati. Feci con le teste e con gli arti tagliati due grandi mucchi… Poi feci distruggere la città, devastare tutto, incendiare tutto”.

Così racconta, attraverso un’antica iscrizione, il re degli Assiri Assurbanipal; e queste poche frasi ci danno in breve un ritratto del carattere di quel popolo: guerriero e crudele.

I primi studiosi di astronomia

Gli Assiri e i Babilonesi adoravano, come la maggior parte dei popoli antichi, molte divinità fra le quali il Sole, la Luna, le stelle.

Il culto del Sole e delle stelle fece sì che i sacerdoti intuissero molte delle leggi che regolano il moto celeste.

Seppero calcolare la distanza di alcuni pianeti dalla Terra. Inventarono la clessidra, introdussero la settimana, i cui giorni erano dedicati al Sole, alla Luna e a ciascuno dei pianeti allora conosciuti (cioè a Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno). Seppero prevedere le eclissi di sole e di luna, divisero il giorno e la notte in dodici parti uguali, ogni ora in sessanta minuti e il minuto in sessanta secondi.

Le scoperte dei mercanti assiro babilonesi

Comparvero, per la prima volta, in questo paese, le bilance, i pesi e il denaro. I mercanti babilonesi si recarono fin nelle terre più lontane a scambiare le loro merci con l’orzo che, in quei tempi, veniva accettato in pagamento da tutti. Ma era scomodo tornare in patria con del “denaro” tanto pesante sicchè essi, un bel giorno, stabilirono di sostituire l’orzo con l’argento. Dapprima pesavano l’argento all’atto del pagamento, poi pensarono di farlo fondere in piccole barrette sulle quali era inciso il peso. Questo fu il primo tipo di denaro usato dall’uomo.

Palazzi di mattoni

Nella Mesopotamia non vi erano cave di pietra dalle quali cavare il materiale per costruire i palazzi. Per questo motivo i palazzi dei re e i templi degli dei furono costruiti con mattoni di argilla cotti al sole e, solo più tardi, cotti nei forni. I mattoni sono meno resistenti della pietra e col passare del tempo la pioggia ed il sole li sbriciolano e li riducono in polvere. Infatti di quei palazzi poco si è salvato. Oggi, nella Mesopotamia, si incontrano qua e là delle collinette di terra a forma di panettone. Queste collinette sono quanto resta degli antichi palazzi e templi ridotti in polvere dal tempo.

La statua d’oro di Nabucodonosor

Venne da Babilonia un re superbo e ricco, chiamato Nabucodonosor, per combattere contro Gerusalemme. Aveva molti soldati. Questi si accamparono attorno alla città; poi vi entrarono, demolirono le mura, bruciarono molti palazzi e il bel tempio di Salomone: presero tutti gli arredi d’oro che vi erano e li portarono in Babilonia.

Nabucodonosor prese pure il re che era a Gerusalemme e lo tenne prigioniero finchè visse: uccise molti ebrei, e molti altri fece schiavi in Babilonia.

Sedevano gli Ebrei presso i fiumi di Babilonia e piangevano. Non vollero più cantare i loro salmi come erano soliti fare ed appesero le loro arpe ai salici, sulle rive dei fiumi.

Nabucodonosor fece una statua d’oro fuori della città e mandò a chiamare tutti i giudici, i capitani del regno e un gran numero di ricchi perchè venissero a vederla. Nabucodonosor, che aveva nominato giudici tre giovani ebrei, li volle alla festa dell’inaugurazione. Giunti che furono tutti, capitani, giudici e ricchi, stettero intorno alla statua, ed un uomo gridò ad alta voce: – O voi tutti quando udirete il suono della musica, gettatevi a terra e adorate la statua d’oro. Chiunque non si getterà in terra e non la adorerà, sarà immediatamente gettato in una fornace ardente! –

Poco dopo suonò la musica, ed il popolo si gettò in terra e adorò la statua. Ma i tre giovani non obbedirono  all’ordine del re. Nabucodonosor, fattili condurre alla sua presenza, disse loro: – Per la vostra disobbedienza dovrete essere puniti; qual è quel Dio che potrà liberarvi dalle mie mani? –

Quei giovani risposero: – O Nabucodonosor, il nostro Dio saprà liberarci dalla fornace ardente, e ci libererà anche dalle tue mani, o re. Ma noi non adoreremo i tuoi dei, nè la statua d’oro che hai innalzato –

Allora Nabucodonosor ordinò ai suoi servitori di gettare quei tre giovani nella fornace. Furono legati perchè non potessero muoversi; e così vestiti ed avvinghiati furono precipitati tra le fiamme, le quali divamparono tutto intorno in modo che rimasero presi ed inceneriti anche i soldati.

Nabucodonosor, che stava presso la fornace e voleva veder bruciare quei giovani, li vide invece camminare in mezzo al fuoco accompagnati da un giovane bellissimo: un angelo di Dio.

Il re capì allora che vi era un Dio che poteva liberare i suoi servitori dalle fiamme e ordinò che non si impedisse ai tre giovani di onorare il loro Dio.

Assiro Babilonesi – materiale didattico vario. Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

LA COLLINA materiale didattico vario

LA COLLINA materiale didattico vario – dettati ortografici, racconti, testi brevi, di autori vari, per la scuola primaria.

La collina

Le montagne, di solito, non si elevano a picco dalla pianura, ma sono precedute da modeste alture, le colline, dalle cime tondeggianti e dai dolci declivi. Esse non superano i 600 metri sopra il livello del mare; quando si elevano oltre i 600 e gli 800 metri si chiamano colli.

La strada che porta in collina sale con larghi tornanti tra ulivi e vigneti; lungo le strisce di terra pianeggiante che i contadini hanno ricavato dopo lungo e faticoso lavoro, e sui fianchi soleggiati e asciutti, sono coltivati gli ortaggi, gli alberi da frutta, il granoturco.

Fitti boschi di castagni e di noci coprono generalmente il versante non soleggiato, umido e ombroso, rotto qua e là da profondi burroni scavati dall’acqua piovana.

Le piogge che scorrono sui fianchi delle colline smuovono il terreno causando frane e burroni. L’uomo per impedire ciò costruisce muretti ed opere di sostegno.

E’ difficile irrigare le coltivazioni in collina perchè l’acqua scorre nel piano o  in profondità. L’uomo perciò costruisce serbatoi e condotti.

Sulle colline, oggi, si fabbricano di preferenza case e villette nelle quali l’uomo ritrova la quiete e l’aria pura, ormai scomparse nelle grandi città.

Quadretto

Sulla cima del colle, tra boschetti di lauri, la casa sorge splendente nel rosso tramonto. Dietro ha il monte ripido; e sul monte una fila di cipressi gracili e austeri dentellano del loro verde cupo l’orizzonte. Più dietro è una torre o un castello. Il sole calante batte nelle vetrate del piano superiore della casa che paiono incendiarsi come il riflesso di uno scudo incantato. (G. Carducci)

Origine delle colline

Ci sono colline nate dall’accumularsi di materiale strappato alle montagne, ma ve ne sono anche di sorte come per incanto dalla terra, sotto forma di vulcani.

Naturalmente Questo è accaduto molti millenni or sono. I vulcani poi si sono spenti, e il loro cratere si è adagio adagio riempito di terra.

Oggi è difficile distinguere le une dalle altre.

 I doni delle colline

Le colline sono generose nel ripagare le fatiche degli agricoltori. I pendii esposti al sole producono, come in pianura, cereali di ottima qualità, e poi ortaggi, agrumi, fiori.

A primavera la collina sembra un paesaggio di sogno, avvolta com’è dalla fioritura rosea e bianca dei suoi frutteti, che daranno poi ciliegie dal delizioso sapore, pesche vellutate, pere, mele, albicocche, e tanti altri frutti. Molti sono anche i vigneti, dalle basse viti a spalliera, che donano uva dolce, e gli oliveti dagli alberi centenari.

Sui pendii poco soleggiati crescono boschi di querce, di castagni e di noccioli. In questi boschi si raccolgono fragole dolcissime e funghi mangerecci, mughetti e narcisi dall’acuto profumo.

L’oliveto

Anche l’oliveto ha bisogno di sole. La terra, intorno agli olivi, è piuttosto arida. Il raccolto delle olive si fa ogni anno, ma è abbondante solo ogni due anni. In autunno, in alcuni paesi, si  lascia che le olive, nere e mature, cadano a terra da sè e poi si raccolgono dal suolo. In altri paesi, invece, si fanno cadere dai rami scuotendoli con lunghe pertiche.

Il castagneto

Ogni anno, in autunno, il castagneto viene invaso dai bacchiatori che portano scale e lunghe pertiche. I castagni, che sono vecchi anche di centinaia di anni, sopportano tutto con la pazienza dei nonni. Forse sanno di far felici soprattutto i bambini allorchè le castagne, tolte dai ricci spinosi, saranno lessate o arrostite.

La cisterna

L’acqua piovana in collina è preziosa e viene conservata. Dalla grondaia è avviata, per mezzo di docce, nella cisterna. Naturalmente l’acqua della cisterna non è potabile. Serve per abbeverare gli animali, oppure, dopo un’accurata bollitura, per le necessità di cucina. L’acqua potabile invece si ricava dai pozzi.

Il terrazzamento

Una volta i colli che oggi vediamo ricchi di ville e di paesi, di campi e di vigne, erano incolti. Le acque piovane corrodevano il terreno, che in molte zone diveniva brullo e coperto di pietrame.

Per coltivare in collina, l’uomo dovette diboscare o levare a una a una le pietre che coprivano il terreno. Con queste costruì dei muri a secco, cioè senza cementare le pietre con la malta, per permettere alla pioggia di scorrere via tra una pietra e l’altra. Poi riempì lo spazio tra il muro e la china del colle con terra buona, che portò su dal piano con gerle, cesti e canestri. Alla fine il contadino seminò erbe e piantò viti ed olivi; così le piante, con le loro radici, trattennero la terra.

Ancora oggi i muretti devono essere sorvegliati, perchè possono cedere in qualche punto sotto l’azione di una pioggia a dirotto o per un’improvvisa frana del terreno sottostante. In questi casi il contadino, con paziente lavoro, deve rafforzare e riassettare i muretti nei punti pericolanti.

Sistemazione dei pendii collinari

Il terrazzamento consente di coltivare anche i  pendii molto ripidi. Consiste nel trasformare il pendio collinare in ripiani orizzontali, sostenuti da muretti.

Il girapoggio è una sistemazione del terreno adatta alle colline pendenti uniformemente. Consiste nello scavo di fosse orizzontali intorno alla collina per impedire alle acque di scorrere da cima a fondo.

La spina è una sistemazione del terreno che consente di ottenere apprezzamenti di una certa regolarità. Consiste nello scavare sul pendio collinare dei canaletti disposti a spina di pesce.

Colline italiane

In Italia, vi sono territori assai estesi occupati completamente da colline. E su queste colline prosperano vigneti e oliveti. Le colline italiane più note sono quelle del Monferrato e delle Langhe, in Piemonte, le colline della Toscana, del Veneto e del Lazio.

Su alcune colline si vedono i resti dei castelli medioevali e, qua e là, borgate e paesini, tutti stretti attorno alla lor chiesa. Ci sono anche delle città che si stendono sulla collina, occupando la sommità e buona parte dei declivi.

La casa in collina

Non sempre si vive bene in pianura. Anzi, specie nei tempi antichi, quando i fiumi, non ben arginati, allagavano spesso il piano trasformandolo in palude, gli uomini preferivano costruire le loro abitazioni sulle alture. Quando poi si voleva erigere un castello, si sceglieva la cima di un colle; in tal modo era possibile vigilare per un buon tratto i dintorni, evitando così le sgradevoli sorprese di un attacco nemico. Attorno al castello, in seguito, sorgevano le case dei contadini, la chiesa e il piccolo cimitero. Così son nati quasi tutti i paesi collinari d’Italia.

Altre ragioni hanno spinto l’uomo a costruire la propria casa in collina: ad esempio, la vicinanza dei terreni da coltivare permette all’agricoltore un notevole risparmio di tempo e di fatica. In mezzo agli uliveti ed ai vigneti, alla sommità di una serie di terrazze, c’è la fattoria, non molto dissimile da quella di pianura: spesso ha il frantoio per l’olio; sempre le capaci cantine odoranti di mosto. Presso ogni cascinale c’è un profondo pozzo dal quale si estrae l’acqua necessaria ad irrigare i campi e ad abbeverare il bestiame.

Il turismo

Molti sono i villeggianti che vanno a trascorrere l’estate sulle colline fresche di ombre, e molti soggiornano, in tutte le stagioni, nei pressi delle zone collinose presso il mare o i laghi, perchè il clima è costantemente mite. Assai sviluppata è quindi l’industria alberghiera, che dà lavoro a molti abitanti del luogo.

La collina

Sui campi bassi del frumento si allineano i gelsi e innalzano vaghe cupole verdi; pinete pervase dal sole qua e là segnano la linea dei colli; gli oliveti salgono le pendici col fluttuare del loro bigio argenteo. Ma su tutto dominano le vigne, tappeti alti, chiari a primavera e cupi nell’estate, tesi giù per il dorso delle colline, a coprire la dura, smorta argilla, e a preparare la festa del vino. Bianchi e lieti fra tanta ricchezza, si scoprono i paesi… (G. Fanciulli)

LA COLLINA materiale didattico vario. Tutte le opere  contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

MARI ITALIANI materiale didattico

MARI ITALIANI materiale didattico di autori vari per la scuola primaria.

Facciamo un viaggio per mare, imbarcandoci con la fantasia, su uno di quei pescherecci che vanno al lago a pescare sogliole e muggini, oppure su una nave da diporto che ci porterà in crociera toccando i porti più notevoli dei nostri mari, costeggiando le rive, godendo dei pittoreschi paesaggi delle nostre coste.
Il mare dove l’Italia si stende è uno solo, il mar Mediterraneo, che i Romani chiamavano orgogliosamente Mare nostro. Ora non è più tutto nostro; nostri, cioè italiani, sono  i mari che il Mediterraneo forma quando arriva a bagnare le coste della  penisola. Si chiamano Mar Ligure, Mar Tirreno, Mar Ionio, Mare Adriatico.
Il mar Ionio è il più profondo, il mar Adriatico il meno profondo ma in compenso il più pescoso. I pesci amano i fondali relativamente bassi dove trovano in abbondanza di che soddisfare il loro appetito. Se è vero che il pesce grosso mangia il piccolo, come dice il proverbio, è anche vero che tutti i pesci si nutrono del plancton che è composto da minutissime alghe e microscopici animaletti che vi dimorano. Quindi se vogliamo fare una partita di pesca sceglieremo l’Adriatico

Il Mar Ligure e il Mar Terreno
Il Mar Ligure non è molto esteso. Prende questo nome dalla bellissima regione che esso bagna, una delle più pittoresche d’Italia. Palme, aranci, olivi, un cielo quasi sempre azzurro, un clima mite, un mare stupendo; ecco ciò che si presenta gli occhi di coloro che visitano questa meravigliosa regione. Nel cuore di tutta questa bellezza c’è Genova, la superba, coi suoi cantieri sonanti, i suoi traffici intensi, aerei oltre che marittimi, il suo popolo fiero, laborioso, generoso.
Genova sorge in fondo a un grande golfo che ne prende il nome.
Appena usciti dal golfo di Genova, ecco, in una profonda insenatura, una città che sembra fatta di ferro, un porto popolato anch’esso di navi di ferro, su cui il profilo dei cannoni mette un’ombra minacciosa. E’ La Spezia, uno dei maggiori porti militari d’Italia, una città forte, severa, risonante di lavoro e di fabbriche di armi.
Dopo La Spezia, la costa si fa bassa, sabbiosa. E’ l’incantevole spiaggia toscana dove sorgono graziosissime cittadine balneari. Non vi si trovano grandi porti, eccettuato quello di Livorno, anch’esso risonante di lavoro perchè nel suo cantiere si costruiscono belle navi da carico e da trasporto. I costruttori livornesi sono conosciuti anche all’estero.
Ed ecco in lontananza elevate ciminiere da cui escono nuvole di fumo denso e nero. Sono gli altiforni di Piombino, dove si lavora il ferro ricavato dalla vicina Isola d’Elba, il cui profilo si scorge all’orizzonte.
Proseguendo nel nostro viaggio, dopo la costa toscana, superato appena il pittoresco promontorio dell’Argentario, ecco la costa laziale, un tempo brulla, malsana e infestata dalla malaria. E’ l’Agro romano, che oggi, per opera dell’uomo, è diventato una terra fertile, verdeggiante, salubre… Qui sfocia lento, torbido, solenne, il Tevere, il fiume di Roma, spettatore di tanta storia.
Il fantasioso viaggio continua e ben presto lo sguardo si rallegra soffermandosi su una costa verde, coperta di una lussureggiante vegetazione fatta di olivi, viti, aranci. E’ la costa campana. Incontriamo prima Gaeta col suo piccolo ma delizioso golfo, e infine l’ampia insenatura in fondo alla quale sorge Napoli, dove cielo e mare sono inverosimilmente azzurri, dove la gente lavora lieta nel dolcissimo clima che dà ricchi prodotti e una terra fertile, ai piedi del Vesuvio.

Le isole del Mar Tirreno
Le isole maggiori sono la Sicilia, isola ricca di agrumi, sulla quale si leva il vulcano più alto d’Europa, l’Etna; la Sardegna, bellissima nel suo paesaggio rude e roccioso dove esistono ancora i nuraghi, le antiche, misteriose costruzioni di un popolo la cui storia si perde nella notte dei tempi; la Corsica, che appartiene politicamente alla Francia.
Non dimenticheremo le isole minori: l’Arcipelago Toscano con l’Isola d’Elba; l’Arcipelago Campano di cui fanno parte le gemme del Tirreno Ischia, Capri, Procida; l’Arcipelago Ponziano di cui l’isola di Ponza è la principale; il gruppo delle isole Eolie o Lipari, in una delle quali sorge lo Stromboli, il terzo vulcano attivo d’Italia. Più a ovest, ecco Ustica e infine il gruppo delle Egadi a ponente della Sicilia. Tra Sicilia ed Africa si trovano le vulcaniche isole Pelagie e l’isola di Pantelleria.
Siamo così giunti allo stretto di Messina, un tempo terrore dei naviganti: chi passava lo stretto, correva il rischio, secondo la favola antica, di morire. Due terribili mostri, Scilla e Cariddi, vi facevano la guardia e chi sfuggiva alle insidie di Scilla, cadeva nell’inganno di Cariddi, e chi si salvava da Cariddi, non poteva evitare il tranello di Scilla. Favole. Che però avevano un fondo di verità. Le correnti dello stretto sono così impetuose che le antiche imbarcazioni, poco sicure, naufragavano facilmente; ciò giustificava la mitologica presenza dei due terribili mostri. Oggi lo stretto si attraversa agevolmente con le navi – traghetto, che trasportano treni ed automobili, e con i veloci aliscafi. Ottimi porti si aprono sulla costa tirrenica della Sicilia: Palermo e Trapani.

Il mar Ionio
Siamo così giunti al mar Ionio, il più profondo d’Italia. Ampi porti si aprono in questo mare: Messina, Siracusa, Augusta, in Sicilia. Lasciandoci alle spalle l’isola maggiore d’Italia, bordeggeremo lungo il tacco dello stivale, dopo essere entrati nell’ampio golfo di Taranto, dove sorge il più grande porto militare in cui stanno alla fonda le navi da guerra. Al largo incontriamo le imbarcazioni che vanno alla pesca del pesce spada. Queste barche inalberano un lungo palo in cima al quale si aggrappa un uomo salito fin lassù per avvistare, nell’immensità del mare, il guizzare pesante dello squalo che poi sarà trafitto con la fiocina.

Il mar Adriatico
Dopo aver superato il tacco dello stivale, e cioè la Penisola Salentina, eccoci nel Mar Adriatico, azzurro, pescoso e amarissimo. E’ infatti il più salato. Sono coste quasi rettilinee, uniformi, dove si trovano i porti di Brindisi, scalo per le navi che vanno in Oriente, Bari, Barletta, tutti ai limiti della fertilissima terra pugliese e il Tavoliere delle Puglie, dove si produce in quantità grano e vino.
Lungo la costa ora non si trovano più insenature importanti e quindi non vi sono porti di rilievo, eccettuato quello di Ancona, situato in un gomito della costa stessa (il so nome in greco significa appunto gomito). Incontriamo però buoni porti pescherecci, situati negli estuari dei fiumi. Il principale di questi è San Benedetto del Tronto.
Proseguendo oltre Ancona troviamo piccoli porti – canali sui ridenti lidi romagnoli dove si stendono ampie spiagge dalla sabbia dorata, popolate di bagnanti e di turisti; infine Ravenna e la Laguna di Comacchio che si chiama anche valle, ma soltanto in gergo peschereccio, perchè in queste valli non si raccoglie il grano bensì il pesce, di cui si fanno importanti allevamenti. E’ nelle valli di Comacchio che si pescano le saporitissime anguille.
Eccoci poi nell’ampio golfo di Venezia. E’ questo un nome che fa sognare italiani e stranieri. E’ una città unica al mondo, costruita su numerose isolette dove, per recarsi da un luogo all’altro, ci si serve di strette vie (le famose calli) o dei numerosi canali solcati da gondole e vaporetti. Una città dove i palazzi di marmo sembrano sorgere dall’acqua, una città che nel passato estendeva i suoi domini fino ai paesi del Mediterraneo orientale.
Non immaginavano certo questo splendido destino quei profughi che, per sfuggire all’invasione dei Barbari, andarono a rifugiarsi sulle deserte isole della laguna. Forse, queste popolazioni, in tempi diventati più sicuri, avrebbero abbandonato le loro provvisorie abitazioni, se non avessero trovato, in queste isolette, un tesoro: il sale. Il sale fu la prima moneta di Venezia, e se è vero come si dice che dove si semina sale non nasce più nulla, Venezia smentì clamorosamente questo detto perchè seminò sale e raccolse oro. Il sale, a quei tempi, era molto richiesto, e Venezia lo estrasse dal mare e lo esportò nei paesi dove le sue navi approdavano. Era una ricchezza che costava poco o nulla, e Venezia ne approfittò per aumentare la sua potenza.
Siamo quasi alla fine del nostro viaggio. Non mancheremo di fare una visita a Trieste, la città italianissima, sul confine, col suo cantiere fervente di lavoro e col suo porto dove si svolgono traffici intensi.

Mari d’Italia
La penisola italiana si spinge nel Mar Mediterraneo dividendolo in due grandi parti: l’orientale e l’occidentale, ed è bagnata da ben sei dei mari minori in cui il Mediterraneo si divide, e cioè: il Mare Ligure, il Mare Tirreno, il Mare di Sardegna, il Mare di Sicilia, il Mare Ionio ed il Mare Adriatico.
Il Mediterraneo gode di una temperatura media superficiale di 23° – 24° nel periodo estivo, e di circa 12° nel periodo invernale. Una temperatura davvero mite.
Le maree, ovvero il periodico innalzarsi e successivo abbassarsi delle acque, dovuto all’influsso della luna, provocano nel Mediterraneo differenze fra massimo e minimo soltanto di pochi decimetri: ad esempio 36 cm a Napoli e 27 cm a Genova; più accentuata la differenza a Venezia, circa un metro
Il Mar Ligure si estende tra le zone settentrionali della Corsica e le coste liguri; è poco pescoso e piuttosto profondo (massima profondità 2800 m).
Il Mar Tirreno è compreso fra le tre isole Sicilia, Sardegna e Corsica e la costa occidentale dell’Itala; è abbastanza pescoso e profondo (massima profondità 3700 m); numerose le isole.
Il Mar di Sicilia è situato tra le coste africane e quelle meridionali siciliane; è  ricco di pesci ma poco profondo (profondità massima 1600 m, in qualche punto).
Il Mar di Sardegna è compreso fra la Corsica (Francia), le Baleari (Spagna) e le coste occidentali della Sardegna; è pescoso e profondo (profondità massima 3100 m).
Il Mar Ionio si stende tra l’Italia, l’Africa e le coste occidentali della Grecia; è molto profondo ed anche caldo (profondità massima 4400 m).
Il Mar Adriatico si allunga fra la Dalmazia e le nostre coste; non è molto profondo e appunto per questo è molto pescoso (massima profondità 1250 m, ma nel Golfo di Venezia non supera i 25 m). E’ il mare più salato.

L’Italia nel Mediterraneo
Il Mediterraneo, chiuso fra le terre d’Africa, d’Asia e d’Europa, è ben riparato dai venti freddi del settentrione ed è favorito da un clima, assai dolce in inverno, che fa fiorire sulle sue sponde una ricca vegetazione, varia e sempreverde, d’agrumi e d’olivi, di palme e di cipressi, di lecci e di pini, e di altre piante che nel loro complesso costituiscono insieme la macchia mediterranea.
Attratte dal clima e dalla ricchezza della vegetazione, fin dalle epoche più remote, molte genti si stabilirono sulle rive di questo mare il quale, col passare dei secoli, divenne il crocevia e il centro di fusione di molte antiche civiltà.
In mezzo al Mar Mediterraneo, sì da dividerlo in due parti quasi uguali, si protende, snella e slanciata, la Penisola Italiana.

Le coste italiane
Le coste italiane hanno uno sviluppo complessivo, comprese le isole (ma senza la Corsica) di circa 8000 km.
Le coste del Mar Ligure disegnano un grande arco tra Capo Ferrat e Capo Corvo; alte e rocciose, con frequenti scoscesi promontori e minuscole insenature, offrono scorci panoramici vari e pittoreschi.
Sulla Riviera di Ponente stanno Savona, Ventimiglia, Varazze, Bordighera, Sanremo, Imperia, Albenga; sulla Riviera di Levante stanno Genova, il nostro maggior porto mercantile; La Spezia, porto militare, il cui golfo è chiuso dalla penisoletta di Porto Venere; Rapallo, Chiavari e Sestri.
Le coste del Mar Tirreno si sviluppano da Capo Corvo alla punta del Pezzo, sullo stretto di Messina. Lungo la Toscana, il Lazio e parte della Campania, le coste sono basse, scarse di porti e un tempo orlate di terreni palustri come nelle Maremme e nelle Paludi Pontine, ora quasi completamente bonificate. La maggiore insenatura è il golfo di Gaeta; i promontori più accentuati sono quelli di Piombino, dell’Argentario e del Circeo; Livorno e Civitavecchia i porti più attivi. Nella sua sezione meridionale, lungo la Campania e la Calabria, la costa tirrenica presenta sporgenze e coste alte e rocciose e insenature a fondo piatto. Le sporgenze più pronunciate sono la penisola Sorrentina, il Cilento, la penisoletta del Poro; le maggiori insenature sono i golfi di Napoli, di Salerno, di Policastro, di Santa Eufemia, di Gioia; il porto più attivo è Napoli, seguito a grande distanza dai porti di Torre Annunziata, Castellammare, Salerno. Le coste calabresi non hanno porti.
Il Tirreno è il mare italiano più ricco di isole: arcipelago Toscano, isole Pontine, Partenopee, oltre a quelle contermini alla Sicilia e alla Sardegna.
Le coste del Mar Ionio, generalmente basse e lisce, si sviluppano dalla punta del Pezzo al Capo di Santa Maria di Leuca; alle foci dei fiumi si hanno tratti di pianure alluvionali. Alcuni erti promontori, tuttavia, si spingono a punta nel mare: Capo delle  Armi, Capo Spartivento, la penisoletta di Crotone. Tra le penisole calabrese e salentina si stende il golfo di Taranto; assai più piccolo, a sud, il golfo di Squillace. Rari i porti: Reggio Calabria, Taranto (militare), Crotone e Gallipoli.
Le coste italiane del Mar Adriatico si sviluppano dal Capo di Leuca a Trieste. Mentre la costa dalmata è alta e rocciosa, spaccata da profonde insenature, frastagliata da lunghe isole parallele, la costa italiana è unita, bassa (tranne alla Testa del Gargano e al promontorio del Conero). A sud e a nord del Gargano ricorrono tratti paludosi e lagune (laghi di Lesina, di Varano, di Salpi); ma le lagune più importanti sono, come abbiamo detto, quelle della costa veneta.
A nord l’Adriatico forma i golfi di Venezia e di Trieste.
I porti più importanti, lungo la costa italiana, sono quelli di Brindisi e di Bari in Puglia, di Ancona nelle Marche, di Venezia e di Trieste in Veneto e Friuli.

Dettati ortografici

La vita dell’Italia è sul mare
L’Italia deve ricorrere essenzialmente alle vie marittime per assicurare la vita materiale ed economica del suo popolo. L’Italia ha il suo territorio racchiuso nel Mediterraneo. Tutte le sue comunicazioni terrestri debbono attraversare la barriera delle Alpi, come tutte le sue comunicazioni marittime devono passare attraverso gli stretti situati a mille miglia dai nostri porti. Perciò possiamo dire che il mare è la linfa vitale, il sangue dell’Italia.

La pesca dell’Adriatico
L’Adriatico, specialmente nella parte superiore, è più pescoso del resto del Mediterraneo. Lo percorrono in buona parte i bragozzi chioggiotti che si tengono, per la pesca, discosti dalle rive. Le barche di altre località, invece, si allontanano poco dalla costa, limitandosi alla pesca con reti fisse, collocate in luoghi adatti e con reti  a strascico. D’estate e di primavera, però, si spingono al largo alla pesca delle sardine le quali attraversano date zone in sciami o branchi. (Mottini)

Mari d’Italia
Il mar Ionio è il più profondo, il mar Adriatico il più pescoso. I pesci amano i fondali bassi dove trovano in abbondanza di che soddisfare il loro appetito perchè, se è vero che il pesce grosso mangia il piccolo, come dice il proverbio, è anche vero che tutti i pesci si nutrono del plancton, che è composto di minutissime alghe e di microscopici animaletti che fra esse dimorano. E il plancton si trova generalmente nei bassi fondali.

Le coste del Mar Ligure
Sulla costa ligure vanno  a veleggiare italiani e stranieri, famosa com’è in tutto il mondo, per la bellezza dei paesaggi e la dolcezza del clima. Palme, aranci, olivi, un cielo quasi sempre azzurro, un mare stupendo, delle coste pittoresche, ecco ciò che si presenta all’occhio di chi ha la fortuna di visitare questo bellissimo paese. Nel cuore di tutta questa bellezza sorge Genova, la Superba, coi suoi cantieri sonanti, i suoi traffici intensi, il suo popolo fiero e generoso.

La costa campana
Costeggiando l’Italia verso sud, il nostro sguardo si potrà rallegrare soffermandosi su rive verdi, coperte di una lussureggiante vegetazione di olivi, di viti, di aranci. Incontriamo prima Gaeta, nel suo piccolo ma delizioso golfo e infine Napoli, il secondo porto d’Italia, dove il cielo e il mare sono inverosimilmente azzurri, il clima è dolcissimo e la terra fertilissima.

Lo stretto di Messina
Una volta la traversata di questo stretto spaventava i navigatori, ma oggi non spaventa più nessuno. Basti dire che si può attraversare senza neppure scendere dal treno. Infatti questo viene istradato su una nave traghetto che compie la traversata, dopo di che il treno riprende la sua strada sull’altra riva. Messina fu distrutta da un tremendo terremoto, ma oggi è risorta più bella e attiva di prima.

I mostri dello stretto
Un tempo chi attraversava lo stretto di Messina correva il rischio di sprofondare nel mare, almeno a quanto raccontava la leggenda. Due terribili mostri, Scilla e Cariddi, vi facevano la guardia e chi sfuggiva a Cariddi non poteva evitare Scilla. Leggende, naturalmente, ma che avevano un fondo di verità. Infatti, le correnti dello stretto sono così impetuose e le navi dell’epoca così fragili e malsicure, che i naufragi erano frequentissimi e tali da giustificare la fiabesca esistenza dei due terribili mostri.

Venezia
E’ un nome che fa sognare italiani e stranieri. E’ una città unica al mondo, costruita su isolette dove, fatta eccezione per strettissime calli, non ci sono strade per recarsi da un luogo all’altro, bensì canali che bisogna percorrere in gondola o in vaporetto. Una città dove si costruivano stupendi palazzi di marmo quando ancora molte altre avevano capanne di fango; una città che divenne ricca e potente, riuscendo ad estendere il suo dominio fino al lontano oriente.

La cattura del pesce spada
Sul mar Ionio si pratica la pesca del pesce spada. Sull’imbarcazione attrezzata per tale impresa, si leva un albero altissimo e un uomo sta lassù, aggrappato in cima all’asta dondolante, per tentare di scorgere, nell’immensità del mare, il guizzare del grosso pesce. Quando viene avvistato, l’imbarcazione tenta di avvicinarsi senza provocarne la fuga. Ed ecco un altro uomo all’opera. Armato di una lunga fiocina, cerca di colpire lo squalo, lanciando l’arma con mano abile e potente. La fiocina è assicurata da una corda e quando il pesce è colpito, non c’è che da tirarlo a bordo, sia pure con grande fatica e talvolta, date le dimensioni, anche con pericolo.

Parla il mare d’Italia
Bella Italia, mia regina! Tirreno, Ionio, Adriatico, io non sono che un mare, il tuo mare! Vi fu un tempo che ti custodivo tutta in me: tu sei emersa, ma ancor oggi, nelle pieghe delle tue montagne, custodisci le sabbie e le argille che io vi ho deposto, serbi nelle tue pietre le conchiglie e le alghe di cui ti adornavo. Sei sinuosa di rive, facile agli approdi, dolce di lagune, traboccante di garofani e di rose, bianca di marmi, dorata di biade, fiammeggiante di vulcani, profumata di agrumi! Tutta io t’investo a temperare i freddi venti del settentrione e i brucianti fiati del sud.

Venezia
Per sfuggire alle invasioni dei barbari, molti profughi andarono a stabilirsi su alcune isolette che sorgevano sulla laguna. Forse, in seguito, questi profughi avrebbero abbandonato le provvidenziali isolette se non si fossero accorte di avere, a portata di mano, un grande tesoro: il sale. Il sale fu la prima moneta di Venezia e se è vero quanto si dice, che dove si semina sale non nasce più nulla, per Venezia fu tutto il contrario: seminò sale e raccolse oro.

Il mare d’Italia
Marinaro è il tuo popolo, Italia, e marinare sono le tue sorti! Sul mare vennero al lido tirreno le navi di Enea, nel mare crollò il potere di Cartagine e sorse l’impero mediterraneo di Roma; sul mare spiegarono le vele e gli stendardi, al traffico e alla guerra, i galeoni di Amalfi, di Gaeta, di Pisa, di Genova e di Venezia che fermarono le flotte turche e barbaresche, e Genova andò superba della propria ricchezza, e Venezia levò palazzi di trine marmoree e chiese dalle cupole d’oro. Sul mare, su tutti i mari, tentando nuovi passaggi, scoprendo isole e continenti, donando terre e imperi a sovrani, navigarono gli arditi marinai del Medioevo, navigarono Cristoforo Colombo, genovese, Giovanni Caboto, veneziano, Amerigo Vespucci, fiorentino, e Antonio Pigafetta che, al servizio del portoghese Magellano, fu il primo italiano a compiere il giro del mondo.

Le coste d’Italia
Cinta per gran parte dal mare, l’Italia si allunga in una distesa di svariatissime coste, qua lentamente digradanti con dolce pendio, là scoscese e percosse dalle onde: ora selvose, ora nude, ora coronate di ridenti colline che si protendono in lunghi promontori e capi e file di scogli, o scavate in vasti golfi o porti amplissimi e sicuri contro ogni insidia del mare. Isole e isolette qua e là, in faccia alle spiagge, accrescono varietà e bellezza delle coste italiane.

Il mare
Il mare è un immenso serbatoio di vita. Le sue acque contengono il sale, i pesci più svariati, le alghe da cui si ricavano sostanze medicinali e soprattutto assorbono lentamente il calore del sole e lo restituiscono lentamente alla terra. Quindi, mentre la terra rapidamente si riscalda e altrettanto rapidamente si raffredda, il mare ha una temperatura più costante e rende più mite, cioè più dolce, il clima, non solo delle spiagge, ma anche di un largo tratto dell’interno. (P. De Martino)

Mari, coste, pini e sole
Tu credi che i mari si assomiglino tutti? Sono tutti fatti d’acqua, con tanta acqua salata… Ma è la luce che li fa diversi. Ci sono i mari del sole e quelli della nebbia, quelli azzurri e quelli grigi. Se tu hai visto qualche volta i mari dell’Europa settentrionale vedrai che il nostro è tanto più azzurro di quelli. Quasi verde l’Adriatico, cerulo lo Ionio, azzurro di cobalto il Mediterraneo, celeste chiarissimo il Tirreno. Attorno a Napoli, a Sorrento, a Procida, a Capri, l’azzurro è luminoso come uno smalto.
E, come il colore del mare, varia all’infinito la bellezza delle coste. Siamo sulle rive di una stessa terra, ma la costa della Liguria come fai a confrontarla con quella veneta? E quella toscana con quella di Puglia?
Due cose le ritrovi ovunque: i pini e il sole. (O. Vergani)

Mari colorati
Talvolta, in prossimità delle coste, la superficie assume un colore giallo sporco per i materiali portati dai grandi fiumi; nelle calde notti estive, i mari tropicali hanno curiosi fenomeni di fosforescenza per l’azione di miliardi di microrganismi che emettono una luce simile a quella delle lucciole.
Alcuni mari debbono il loro nome proprio al colore predominante delle acque: come il Mar Rosso, i cui riflessi rossastri sembra siano da attribuire a una grande quantità di alghe di quel colore; o come il Mar Giallo, così chiamato per il limo portato dal fiume Hoang-ho; il Mar Bianco, ovviamente, trae il suo nome dalla presenza dei ghiacci galleggianti sulle sue acque.

La sinfonia marina
Arrivava l’onda con una veemenza d’amore o di collera sui massi incrollabili; vi si precipitava rimbombando, vi si dilatava gorgogliando, ne occupava, con la sua liquidità, tutti i meati più segreti. E quasi pareva che un’anima naturale oltresovrana empisse della sua agitazione frenetica uno strumento vasto e molteplice come un organo, passando per tutte le discordanze, toccando tutte le note della gioia e del dolore.
Rideva, gemeva,  pregava, cantava, accarezzava, singhiozzava, minacciava: ilare, flebile, umile, ironica, lusinghevole, disperata, crudele. Balzava a colmare sulla cima del più alto scoglio una piccola cavità rotonda come una coppa votiva; s’insinuava nella fenditura obliqua dove i molluschi prolificavano; piombava sui folti e molli tappeti di coralline lacerandoli o vi strisciava leggera come una serpe sul musco. (G. D’Annunzio)

A pesca nell’Adriatico
Le principali barche da pesca dell’Adriatico sono le paranze e le lancette. Le prime sono di maggior grandezza, pescano sempre accoppiate e non rimangono in mare più di quindici giorni, provvedendo al trasporto del pesce a terra con battelli a vela o a remi. Le lancette sono barche di più piccola dimensione che navigano non discostandosi molto da terra. Lasciano la spiaggia la mattina prima dell’alba e, dopo una giornata di pesca, ritornano a terra, sì che la sera, verso il tramonto, empiono il mare di uno sbandieramento vivace, pittoresco, con la gaiezza delle loro vele scarlatte. (V. Guizzardi)

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FENOMENI METEOROLOGICI materiale didattico

FENOMENI METEOROLOGICI materiale didattico di autori vari, per bambini della scuola primaria.

L’aria

L’aria è un miscuglio di gas costituenti l’atmosfera e in cui vivono, nella parte inferiore, gli animali e le piante. I gas si presetnano più rarefatti e mutano di proporzione man mano che si sale in altezza.
L’aria è trasparente, inodore e incolore se in masse limitate; azzurra se in grandi masse. I suoi costituenti principali sono l’azoto e l’ossigeno. Contenuti in piccole quantità, l’argo, l’elio, il cripto, lo xeno, l’idrogeno, con quantità variabili di vapore acqueo, anidride carbonica, ammoniaca, ozono, ecc… Particelle solide, spore, microorganismi formano il pulviscolo atmosferico.
A causa della funzione clorofilliana per cui le piante, di giorno, assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno, l’aria dei boschi è più salubre.
La troposfera è lo strato più basso dell’atmosfera la quale raggiunge l’altezza di circa 1000 chilometri e circonda il nostro globo seguendolo nei  suoi movimenti.

La pressione atmosferica

L’atmosfera preme enormemente sulla superficie del globo e noi non ne rimaniamo miseramente schiacciati soltanto perchè la pressione si esercita sul nostro corpo non solo esternamente da tutte le parti, ma anche internamente, ciò che produce equilibrio. Quando questo equilibrio dovesse mancare, si avrebbero gravi disturbi e la morte.
Possiamo considerare che noi portiamo sulle nostre spalle il peso di tre elefanti ci circa cinque tonnellate ciascuno e ciò senza sentire il minimo inconveniente.
Un litro d’aria pesa poco più di un grammo, ma se si pensa all’enorme spessore dell’atmosfera, il paragone degli elefanti non può sorprendere.
La pressione non è uguale dappertutto. Sulle montagne, per esempio, è molto minore che al livello del mare. Inoltre dato che l’aria fredda è più pesante di quella calda, nello stesso luogo la pressione sarà anche in base alla temperatura.
Lo strumento per misurare la pressione atmosferica è il barometro che fu inventato da Evangelista Torricelli. Questi riempì di mercurio un tubo di vetro e ne immerse l’estremità aperta in una vaschetta, anch’essa piena di mercurio. Poté constatare che la colonnina di mercurio non andava al disotto dei 76 centimetri. Era chiaro, quindi, che la pressione di una colonna di mercurio alta 76 cm e dalla sezione di un centimetro quadrato veniva equilibrata da una pressione analoga che non poteva essere che quella dell’atmosfera.
Vi sono anche altri piccoli esperimenti che  possiamo fare per constatare l’esistenza della pressione atmosferica. Eccone di seguito alcuni.

Succhiamo una bibita con una cannuccia, poi quando il liquido è giunto alla nostra bocca, appoggiamo rapidamente un dito all’estremità superiore della cannuccia e teniamolo fermo. Il liquido non uscirà, e ciò perchè il suo peso esercita una pressione minore di quella atmosferica. Non appena si toglierà il dito, il liquido uscirà dalla cannuccia.

Prendiamo un comune bicchiere e riempiamolo d’acqua fino all’orlo. Poi appoggiamo sul bicchiere un pezzo di cartone o di carta, in modo che ricopra completamente l’orlo. Capovolgiamo rapidamente il bicchiere e togliamo la mano dal cartone. Questo non cadrà e l’acqua rimarrà nel bicchiere. Perchè? Perchè nel bicchiere non c’è aria, ma soltanto acqua, e questa ha un peso inferiore a quello esercitato dalla pressione dell’aria che spinge dal basso il cartone.

Il vento

L’aria è sempre in movimento. Lo si può constatare considerandone gli effetti. Osserviamo le foglie muoversi nella brezza, il bucato sventolare,  le nuvole correre nel cielo. Questo movimento si chiama vento.
Da che cosa dipende il vento? Per poter spiegare questo fenomeno bisogna dire qualcosa sulla temperatura dell’aria. L’aria ha una sua temperatura, più calda o più fredda, secondo la stagione, l’altitudine, l’azione del sole, ecc… Ebbene: l’aria calda è più leggera dell’aria fredda e tende a salire. L’aria fredda è più pesante e tende a discendere e ad occupare quindi il posto dell’aria calda.
Possiamo procedere ad alcuni piccoli esperimenti.

Proviamo a fare sul termosifone qualche bolla di sapone. Queste saliranno verso l’alto, ciò non accadrà o accadrà con minor effetto, per le bolle di sapone che faremo in un punto lontano dalla sorgente di calore.

Se potessimo misurare, a vari livelli, la temperatura di una stanza riscaldata, potremmo constatare che, verso il soffitto, l’aria è molto più calda che nei pressi del pavimento. Ebbene, è questa differenza di temperatura che produce il vento. Quando, fuori, l’aria calda sale, l’aria fredda si precipita ad occuparne il posto e forma, così, una corrente – vento che poi noi chiamiamo con diversi nomi a seconda del punto cardinale da cui proviene.
Pensiamo adesso a tutta l’aria che avvolge il nostro globo. Sappiamo che essa è freddissima nelle regioni nordiche e caldissima nelle regioni equatoriali. Ecco perchè l’atmosfera è sempre in movimento: l’aria fredda tende ad occupare il posto di quella calda che sale e quindi si formano venti che possono essere deboli, oppure violenti e disastrosi. Abbiamo detto che essi prendono il nome del punto cardinale da cui provengono. Abbiamo così Ponente, Levante, Ostro, Tramontana, rispettivametne provenienti da ovest, est, sud e nord. E poi venti intermedi: sud-ovest Garbino o Libeccio; sud-est Scirocco; nord-est Greco; nord-ovest Maestrale. Per stabilire la direzione del vento,  si usa la rosa dei venti.

Le nuvole

Nell’atmosfera ci sono le nuvole. Ci sarà facile invitare i bambini ad osservare il cielo e quindi le nuvole. Come sono le nuvole che si presume portino la pioggia? Quali nuvole si vedono nel cielo di primavera? In quello dell’estate? Nuvole grigie, pesanti, oscure; nuvole leggere e delicate; nuvoloni bianchi e bambagiosi. Se uno di noi capitasse in una nuvola si troverebbe in breve bagnato. Infatti tutte le nuvole sono formate da vapor acqueo parzialmente condensato in minutissime gocce e, negli strati superiori dell’atmosfera, in cristallini di ghiaccio.
Ma da dove provengono queste goccioline e questi cristallini di ghiaccio? Ammassi di vapore acqueo si elevano nell’atmosfera., resi leggeri dal calore del sole. Quando il vapore acqueo si condensa diviene visibile ai nostri occhi appunto sotto forma di nubi.

Esperimento scientifico per creare nuvole in vaso qui: 

Osservazione e classificazione delle nuvole qui: 

Il ciclo dell’acqua, dettati e letture, qui: 

La pioggia

Vediamo come accade il fenomeno per cui l’acqua cade sulla superficie terrestre. Le nuvole sono sospese in una massa d’aria, che, essendosi riscaldata, sta innalzandosi. Le gocce di cui le nuvole sono formate, divenute più pesanti per la ulteriore condensazione dovuta al contatto con strati di aria fredda cominciano effettivamente a cadere, ma l’aria calda che tende ancora a salire, le risospinge verso l’alto. Facciamo l’esempio di una pallina da ping pong che venga sollevata al disopra di un ventilatore. La pallina resterà sollevata in aria, sospinta dall’aria che sale dall’apparecchio. Lo stesso avviene per le goccioline d’acqua che formano le nuvole. Ma ecco che esse ingrossano anche perchè urtandosi, si fondono tra loro e diventano quindi più pesanti. E così le gocce cominciano a cadere sulla terra. E’ la pioggia.

Esperimento scientifico per creare la pioggia in un vaso qui: 

La nebbia

L’aria è piena di vapore acqueo che proviene dalla superficie del mare o dei laghi o del suolo, potendo con sè un po’ del calore degli oggetti che ha abbandonato. Per constatare questo fenomeno basta bagnare un dito con l’alcool ed esporlo all’aria. Si avvertirà subito una sensazione di freddo e ciò perchè l’alcool, evaporando, porta con sè un po’ del calore del dito. Se il vapore acqueo che si trova nell’aria è abbondante, si dice che l’aria è umida. Quando l’aria è molto umida, l’evaporazione diminuisce ed è allora che, nelle giornate estive molto umide e afose, il sudore ci si appiccica addosso.
Abbiamo avuto occasione di vedere, specie in un raggio di sole, il pulviscolo atmosferico, cioè minutissime particelle che danzano nell’aria. Questo pulviscolo è formato dalla polvere che si leva dal suolo, da piccolissime spore, da impurità di ogni genere. Quando il vapore acqueo che proviene dal suolo ancora caldo si raffredda a contatto dell’aria fresca notturna, esso si condensa attorno ad un minuscolo granello di polvere. Queste goccioline formano una specie di nuvola bassa sul suolo, che si chiama nebbia.
Quindi, la nebbia è una specie di nuvola bassa sulla terra, formata da vapore acqueo condensato e pulviscolo atmosferico. Essa si forma anche sul mare e sui laghi e non appena il sole la riscalda a sufficienza, sparisce perchè le goccioline d’acqua evaporano e salgono nell’aria.

Esperimento scientifico per creare la nebbia in vaso qui: 

La neve

Quando l’aria è molto fredda, il vapore si condensa in tanti piccoli cristalli di ghiaccio che riunendosi formano quelli che chiamiamo i fiocchi di neve. Questi sono leggeri e morbidi perchè inglobano grandi quantità di aria. Se si osservano con una forte lente di ingrandimento, si potrà vedere che sono di  forma diversa, ma tutti fatti a stellina con sei punte.

Qui un tutorial per realizzare bellissimi fiocchi di neve di carta: 

La grandine

Il fenomeno della grandine avviene prevalentemente in estate e c’è la sua ragione. In questa stagione, l’aria è talvolta molto calda e, come abbiamo visto, tende a salire. Nelle altissime regioni atmosferiche, l’aria calda incontra generalmente  correnti assai fredde, anzi, gelate. Allora, le goccioline d’acqua che l’aria contiene, cominciano a turbinare non solo, ma gelano e si trasformano in cristalli di ghiaccio. Anche qui avviene lo stesso fenomeno della pioggia; cioè i cristalli di ghiaccio cadono e incontrano,  nella loro caduta, altre gocce d’acqua a cui si uniscono. Le correnti d’aria calda li sospingono incessantemente verso l’alto finchè i ghiaccioli, divenuti ormai grossi e pesanti, precipitano sulla terra con gli effetti disastrosi che tutti conosciamo. Nel fiocco di neve è contenuta molta aria, nel chicco di grandine no. Ecco perchè questo è più pesante e compatto.

La rugiada

Abbiamo occasione di vedere la rugiada sulle piante e sulla terra, di mattina presto, quando il calore del sole non l’ha ancora fatta evaporare.
Come si è formata? La spiegazione è semplice. Durante la giornata, i caldi raggi del sole hanno riscaldato la terra, le erbe, i fiori. Durante la notte, invece, questi si raffreddano e il vapore acqueo vi si condensa in brillanti goccioline. In autunno o in inverno, quando le notti sono molto fredde, si forma invece la brina. Mentre la rugiada è benefica, la brina, come è noto, danneggia le piante e talvolta quella che si chiama una brinata o una gelata può distruggere un intero raccolto.

Lampi e fulmini

E’ facile, durante un temporale scorgere nel cielo i lampi e vedere cadere un fulmine. La spiegazione di questo fenomeno risale a quanto abbiamo detto a proposito della pioggia. Le goccioline di acqua che, sospinte dalle correnti calde si aggirano vorticosamente nell’aria, si caricano ad opera di questo movimento di elettricità. Questa elettricità si manifesta, appunto, nel lampo che è un’enorme scintilla elettrica che scocca fra due nubi cariche di elettricità (positiva e negativa).
Se la scarica colpisce il suolo, abbiamo il fulmine di cui conosciamo gli effetti talvolta drammatici.
Il tuono è il rimbombo dell’aria quando viene squarciata dal lampo e dal fulmine, ma non deve incutere paura perchè, quando il tuono si sente, il pericolo è già passato.

L’arcobaleno

Portiamo a scuola un prisma e con esso facciamo osservare ai bambini che un raggio di sole, apparentemente fatto di luce bianca, passando attraverso il prisma si scompone di sette bellissimi colori. Ciò avviene perchè i diversi colori di cui è composta la luce bianca sono dal prisma deviati in modo diverso. La stessa cosa avviene con l’arcobaleno. Le gocce di pioggia ancora sospese nell’aria vengono attraversate dalla luce del sole i cui raggi si piegano come nel prisma di cristallo. I colori dell’arcobaleno sono sette: rosso, giallo, celeste, verde, arancione, indaco e violetto.

Un arcobaleno nella noce qui: 

L’arcobaleno nella leggenda del Lago di Carezza qui: 

Girandole e trottole per studiare lo spettro luminoso qui 

Dettati ortografici

L’aria atmosferica
La parte inferiore dell’atmosfera è costituita dallo strato gassoso che circonda il nostro globo e che lo segue nel suo movimento di rotazione. L’atmosfera è una massa gassosa alta mille chilometri.

La pressione atmosferica
L’atmosfera preme enormemente sulla superficie del nostro globo e noi non ne rimaniamo schiacciati perchè la pressione si esercita sul nostro corpo internamente ed esternamente, ciò che produce equilibrio. Quando questo equilibrio viene a mancare, come nel caso in cui l’uomo salga a grandi altezze senza essere munito di speciali apparecchi per respirare e per sostenere la mancanza di pressione, si rilevano gravi disturbi e quasi sempre la morte.

Tre elefanti sulle spalle
Chi porta elefanti sulle spalle? Chi è quest’uomo così robusto da non rimanere schiacciato non solo sotto il peso di tre elefanti, ma di uno soltanto? Siamo tutti noi, che sopportando il peso dell’aria, è come se portassimo un peso uguale a quello di tre grossi elefanti.

La pressione atmosferica
L’atmosfera pesa enormemente sopra di noi. E perchè non ne rimaniamo schiacciati? Perchè l’aria esercita questa pressione su tutte le parti del nostro corpo, non solo, ma anche nell’interno, e il risultato è che queste enormi pressioni, enormi ma uguali, si equilibrano e l’uomo può muoversi benissimo senza alcun disturbo.

La stratosfera
La stratosfera è chiamata la regione del buon tempo permanente. Il cielo è di una bellezza commovente: scuro, turchino, cupo o viola, quasi nero.
La terra, lontana, è invisibile: non si vede che nebbia. Soltanto le montagne emergono. Dapprima avvolte nelle nubi, si rivelano a poco a poco.  Una cima poi un’altra. Lo spettacolo è magnifico. (A. Piccard)

Le conquiste degli spazi
La conquista degli spazi è agli inizi. Chissà quanti palpiti, chissà quanta ammirazione, quanti evviva dovremo spendere per le sempre più meravigliose imprese future! Se siamo diversi dalle bestie, è proprio per questo insaziabile, anche se folle bisogno di andare sempre più in là, di svelare uno ad uno i misteri del creato. (D. Buzzati)

L’atmosfera
Noi siamo immersi completamente nell’aria, anzi, nella sfera d’aria che circonda la terra; meglio sarà se diremo atmosfera, che significa, appunto, sfera d’aria. La terra gira, gira vorticosamente, es e noi non ce ne accorgiamo dipende dal fatto che tutto gira con la terra, comprese le nuvole che fanno parte dell’atmosfera.

La conquista dello spazio
A ogni passo di là dalle conosciute frontiere, volere o no, il nostro cuore palpita. Al pensiero che un uomo come noi sta bivaccando lassù, nella vertiginosa e gelida parete trapunta di stelle, vien fatto di correre su per le scale, di affacciarsi sull’ultima terrazza e di agitare un lumino. Chi lo sa, se ci vede: si sentirà meno solo. (D. Buzzati)

Il lancio del missile
Il razzo, avvolto alla base da un bagliore di fiamma e da una nuvola di vapori, si stacca dalla piattaforma e sale sempre più velocemente verso l’alto. L’astronauta comincia con voce pacata a trasmettere a terra tutte le informazioni richieste dal suo eccezionale servizio e contemporaneamente esegue tutte le operazioni assegnategli come se fosse seduto davanti a una scrivania. Solo una volta, mentre la capsula ha raggiunto l’altezza di 185 chilometri, si lascia sfuggire un’esclamazione: “Che vista meravigliosa!”

Aria calda e aria fredda
Mutamenti improvvisi di temperatura molto spesso portano pioggia o tempo burrascoso. E’ per questo motivo che, alla fine di una calda giornata estiva, quando comincia a levarsi il vento e l’aria rinfresca e il cielo si copre di nuvole, si può essere quasi sicuri che ci sarà un temporale. L’aria, così calda per tutta la giornata, comincerà a salire, e quella fredda scende rapidamente a prendere il suo posto, portando con sè vento e pioggia. (J. S. Meyer)

Un oceano d’aria
Noi viviamo sul fondo di un oceano d’aria, che si innalza per chilometri e chilometri sopra le nostre teste ed è molto pesante. Se non ne sentiamo il peso è solo perchè la sua pressione si esercita sul nostro corpo dall’alto, dal basso e dai lati, in ogni direzione contemporaneamente. Inoltre c’è sempre aria nei nostri polmoni e in tutto il nostro corpo, e quest’aria che è dentro di noi e quella che è intorno a noi si bilanciano così che non di accorgiamo di quanto l’aria pesi. (J. S. Meyer)

L’atmosfera
La quasi totalità degli esseri viventi ha bisogno di aria per respirare. Anche gli alberi, le erbe, i fiori, hanno bisogno di aria; ma se potessero esistere senza di essa, sarebbero immobili come cose dipinte. Non una sola tra le innumerevoli foglie degli alberi si muoverebbe; non un solo filo d’erba si piegherebbe, e ramoscello o fronda stormirebbero ondeggiando alla brezza. E non potrebbero esserci ne api ne farfalle ne uccelli di alcuna specie, poichè come potrebbero volare se non di fosse aria a sostenerne il volo? Ogni cosa al mondo sarebbe silenziosa e muta, poichè il suono non può propagarsi se non attraverso l’aria. (J. S. Meyer)

L’aria
Senza aria o atmosfera non si avrebbe ne tempo bello ne tempo brutto, ne pioggia ne neve; e non si saprebbe che cosa sono il sereno, le nuvole, i temporali. Senz’aria non potrebbero vivere ne uomini ne animali, la quasi totalità degli esseri viventi ha bisogno di aria perchè questa necessita per respirare. ( J. S. Meyer)

Un oceano d’aria
Immaginate che cosa significherebbe vivere sul fondo dell’oceano. Supponete per un momento di poter camminare sul fondo oceanico, con tante migliaia di tonnellate d’acqua che premono su di voi e pesano come montagne. Naturalmente, non si potrebbe resistere poichè il nostro corpo non è fatto per sopportare un peso così enorme: si resterebbe schiacciati in meno di un minuto. Eppure tutti noi viviamo sul fondo di un oceano d’aria che si innalza per chilometri e chilometri sopra la nostra testa ed è molto pesante. (J. S. Meyer)

Salire nell’atmosfera
Quanto più saliamo nell’atmosfera, tanto minore è la quantità di aria sopra di  noi e minore sarà la pressione. Se potessimo salire per sessanta o settanta chilometri, difficilmente troveremmo ancora un po’ d’aria, e sarebbe la morte per noi. Il nostro corpo, infatti, è costituito per poter vivere sulla terra, nel fondo dell’oceano d’aria, e proprio dove l’aria è più pesante. (J. S. Meyer)

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Il vento

Venti e piogge
I venti non solo servono a ventilare decentemente questo nostro quartiere di residenza che è la terra, ma compiono inoltre l’alta funzione di distribuire la pioggia, senza la quale sarebbe impossibile lo sviluppo normale della vita animale e vegetale. La pioggia non è altro che acqua evaporata dagli oceani, dai mari chiusi, dalla terra arida e dalle foglie delle piante e dai nevai continentali e trasportata dall’aria sotto forma di vapore.  Quando i venti, che trasportano questo vapore, incontrano aria fredda si ha la pioggia. (Van Loon)

Il vento
Il vento è una corrente. Ma, cos’è che produce una corrente? Cos’è che la mette in moto? Le differenze di temperatura dell’aria. Di solito una parte dell’aria è più calda dell’aria circostante e quindi più leggera, e perciò tende a levarsi in alto. Levandosi, crea il vuoto. L’aria fredda delle regioni superiori, essendo più pesante, precipita turbinando nel vuoto. (Van Loon)

Vento e pioggia
Quando un vento, carico di vapore acqueo, incontra una catena di montagne, possono accadere due cose. O la sua violenza deve spezzarsi contro questo ostacolo, oppure, per poterlo oltrepassare, la corrente aerea deve innalzarsi a grande altezza. Trovando, così, una zona più fredda, il vapore acqueo si condensa, si trasforma in pioggia, e il vento, ormai diventato asciutto, passa oltre. Quindi la zona che è situata al di qua della catena di monti, avrà frequenti piogge e clima umido, la zona situata al di là avrà clima asciutto e cielo sereno. (Van Loon)

Altri dettati ortografici sul vento qui: 

Poesie e filastrocche sul vento qui: 

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Le nuvole

Le nubi che corrono all’impazzata per il cielo sono leggere, soffici e, spinte dal vento, sembrano bianchi agnelli in corsa. Si divertono qualche volta ad oscurare il sole, a cingere di un pallido alone la luna lucente, a coprire e a scoprire le cime lontane dei monti. Qualche volta si appesantiscono, si fanno nere e minacciose: sono allora foriere di temporale. Si scaricano in furiosi acquazzoni e non di rado in dannose grandinate. (R. Mari)

Le nuvole
Che cosa sono quelle nuvole soffici che vediamo pigramente e oziosamente fluttuare nel cielo azzurro? La maggior parte di esse hanno l’aspetto di fiocchi bambagiosi, delicati e soffici: sembrerebbe bello poter andar vagando qua e là per cielo, adagiati su di esse, spinti da un gentile venticello! Ma sappiamo che in realtà non si tratta di bambagia e tanto meno di fiocchi morbidi e leggeri.

Le nubi
Le nubi sono costituite da miliardi e miliardi di minutissime goccioline di acqua, ciascuna delle quali è così piccola che non si vede a occhio nudo. Di tali goccioline ce ne sono miliardi in una goccia di pioggia: di qui si potrà comprendere la piccolezza di ognuna e come possa essere invisibile a occhio nudo. (J. S. Meyer)

Forma delle nuvole
Quelle nuvole d’aspetto soffice e bambagioso sono chiamate cumuli. I cumuli spesso sono considerati come nuvole del bel tempo. Talvolta i cumuli si avvicinano e si uniscono sì che tutto il cielo ne è presto ricoperto. Non si tratta più di cumuli, ma di strati. Essi formano una specie di coltre e ci avverte che la pioggia può non essere lontana. Alte nel cielo, talvolta a quindici chilometri dalla terra, viaggiano quelle nuvole fini e delicate che sono dette cirri, che vuol dire riccioli. Sono freddissime  e invece che da goccioline d’acqua, sono costituite da minuti cristalli di ghiaccio. (J. S. Meyer)

Nuvole
La mattina, al primo chiarore, sorgono dai prati umidi. La sera sbucano in un batter d’occhio da qualche gola più oscura, si assottigliano, innalzandosi velocissime per le coste, si librano per le cime dei monti, poi, in un batter d’occhio, come scaturiscono, svaniscono. Il vento le incalza, le sbaraglia, le sgretola e le disperde dopo una lotta silenziosa di giganti. (G. Giacosa)

Le nuvole
Quando, levandosi dal suolo, l’aria calda le incontra, intorno ai mille o ai duemila metri, correnti o strati d’aria più fredda, il vapor acqueo in essa contenuto si raffredda e le minute goccioline di cui è composta si raggruppano insieme e formano gocce più grosse. Miliardi di gocce si ammassano e si condensano sempre più, formano cioè delle nuvole. A poco a poco si riuniscono tutte e in breve il cielo ne è completamente ricoperto. (J. S. Meyer)

Le nuvole
E’ appena giorno e io che mi sono svegliato presto ne approfitto per continuare a registrare le mie memorie nel mio caro giornalino, mentre i miei cinque compagni dormono della grossa.
Ieri l’altro dunque, cioè il 30 gennaio, dopo colazione, mentre stavo chiacchierando con Tino Barozzo, un altro collegiale grande, un certo Carlo Pezzi gli si accostò e gli disse sottovoce: “Nello stanzino ci sono le nuvole”.
“Ho capito!” rispose il Barozzo strizzando un occhio.
E poco dopo mi disse: “Addio Stoppani, vado a studiare” e se ne andò dalla parte dove era andato il Pezzi.
Io che avevo capito che quell’andare a studiare era una scusa bella e buona e che invece il Barozzo era andato nello stanzino accennato prima dal Pezzi, fui preso da una grande curiosità, e senza parere, lo seguii pensando “Voglio vedere le nuvole anch’io”.
E arrivato a una porticina dove avevo visto sparire il mio compagno di tavola, la spinsi e… capii ogni cosa.
In una piccola stanzetta che serviva per pulire e assettare i lumi a petrolio (ce n’erano due file da una parte, e in un angolo una gran cassetta di zinco piena di petrolio e cenci e spazzolini su una panca) stavano quattro collegiali grandi, che nel vedermi, si rimescolarono tutti, e vidi che uno, un certo Mario Michelozzi, cercava di nascondere qualcosa.
Ma c’era poco da nascondere, perchè le nuvole dicevano tutto: la stanza era piena di fumo e il fumo si sentiva subito che era di sigaro toscano.
“Perchè sei venuto?” disse il Pezzi con aria minacciosa.
“Oh bella, sono venuto a fumare anch’io”
“No, no!” saltò a dire il Barozzo “Lui non è abituato… gli farebbe male, e così tutto sarebbe scoperto”.
“Va bene, allora starò a veder fumare”
“Bada bene” disse un certo Maurizio Del Ponte, “Guai se…”
“Io, per regola” lo interruppi con grande dignità, avendo capito quel che voleva dire, “la spia non l’ho mai fatta, e spero bene!”
Allora il Michelozzi, che era rimasto sempre prudentemente con le mani di dietro, tirò fuori un sigaro toscano ancora acceso, se lo cacciò avidamente tra le labbra, tirò due o tre boccate e lo passò al Pezzi che fece lo stesso, passandolo poi al Barozzo che ripetè la medesima funzione passandolo a Del Ponte che, dopo le tre boccate di regola, lo rese al Michelozzi… e così si ripetè il passaggio parecchie volte, finchè il sigaro fu ridotto ad una misera cicca e la stanza era così piena di fumo che ci si asfissiava…
“Apri il finestrino!” disse il Pezzi al Michelozzi. E questi si era mosso per eseguire il saggio consiglio quando il Del Ponte esclamò:
“Calpurnio!”
E si precipitò fuori della stanza seguito dagli altri tre.
Io, sorpreso da quella parola ignorata, indugiai un po’ nell’istintiva ricerca del suo misterioso significato, pur comprendendo che era un segnale di pericolo; e quando a brevissima distanza dagli altri feci per uscire dalla porticina, mi trovai faccia a faccia con il signor Stanislao in persona che mi afferrò per il petto con la destra e mi ricacciò indietro esclamando: “Che cosa succede qua?”
Ma non ebbe bisogno di nessuna risposta; appena dentro la stanza comprese perfettamente  quel che era successo e con due occhi da spiritato, mentre gli tremavano i baffi scompigliati dall’ira, tuonò: “Ah, si fuma! Si fuma, e dove si fuma? Nella stanza del petrolio, a rischio di far saltare l’istituto! Sangue d’un drago! E chi ha fumato? Hai fumato tu? Fa’ sentire il fiato… march!”
E si chinò già mettendomi il viso contro il viso in modo che i suoi baffoni grigi mi facevano il pizzicorino sulle gote. Io eseguii l’ordine facendogli un gran sospiro sul naso ed egli si rialzò dicendo: “Tu no… difatti sei troppo piccolo. Hanno fumato i grandi… quelli che sono scappati di qui quando io imboccavo il corridoio. E chi erano? Svelto… march!”
“Io non lo so!”
“Non lo sai? Come! Ma se erano qui con te!”
A queste parole i baffi del signor Stanislao incominciarono a ballare con una ridda infernale.
“Ah, sangue d’un drago! Tu ardisci rispondere così al direttore? In prigione! In prigione! March!”
E afferratomi per un braccio mi portò via, chiamò il bidello e gli disse: “In prigione fino a nuovo ordine!”
(Vamba)

Poesie e filastrocche sulle nuvole qui: 

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La pioggia

Quando l’ammasso delle nuvole che si condensano con il freddo, si raffredda maggiormente, allora tutti i miliardi di goccioline che lo formano e che hanno già un discreto volume, diventano sempre più grosse e più pesanti e a un bel momento, cominceranno a staccarsi dalle nubi ed a precipitare sulla terra in forma di pioggia. La pioggia cade e le nuvole a poco a poco si dissolvono. (J. S. Meyer)

La pioggia
La pioggia non è altro che acqua evaporata dagli oceani, dai mari chiusi e dai nevai continentali e trasportata nell’aria sotto forma di vapore. Poichè l’aria calda può contenere molto maggior vapore che la fredda, il vapore acqueo viene trasportato senza molta difficoltà finchè i venti non incontrino aria fredda; quando ciò avviene, il vapore si condensa e precipita nuovamente alla superficie della terra in forma di pioggia o grandine o neve. (Van Loon)

Altri dettati ortografici sulla pioggia qui: 

Poesie e filastrocche sulla pioggia qui: 

Dettati ortografici sul temporale qui: 

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La nebbia

La nebbia è una nuvola bassa sulla terra formata da vapore acqueo e pulviscolo atmosferico. Essa si forma prevalentemente sul mare e sui laghi e non appena il sole la riscalda a sufficienza sparisce perchè le goccioline d’acqua evaporano e salgono nell’aria.

Altri dettati ortografici sulla nebbia qui: 

Poesie e filastrocche sulla nebbia qui: 

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La neve

La neve è una precipitazione atmosferica che avviene quando la temperatura dell’aria in cui il vapore acqueo si va condensando, diventa molto bassa. Per questo fatto, il vapore acqueo si condensa in minutissimi cristalli di ghiaccio disposti a forma di stella, i quali, cadendo, si raggruppano fra loro formando i fiocchi di neve.

Fiocchi di neve
Andate al’aperto con una tavola scura mentre nevica e studiate, mediante una lente di ingrandimento, le stelline graziose che vi cadono a miliardi dal cielo. Osserverete la mirabile costruzione di queste foglioline di cristallo, di questi grappoli di stelline, ognuno delle quali è un capolavoro che nessun gioielliere saprebbe mai imitare. (B. H. Burgel)

Altri dettati ortografici sulla neve qui:

Poesie e filastrocche sulla neve qui:

Un libretto fatto a mano sulla neve qui: 

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La brina

Dettati ortografici su brina,  gelo, ghiaccio, qui: 

Poesie e filastrocche su brina, gelo e ghiaccio qui: 

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La rugiada

La rugiada compare sempre la mattina presto, di primavera, d’estate, e anche al principio dell’autunno. Se di giorno ha fatto molto caldo e la notte è fresca, è certo che al mattino seguente ci sarà molta rugiada sui prati. Sull’erba, sulle foglie, sui fiori ci saranno tante goccioline d’acqua che brillano come diamanti alla luce dell’alba. (J. S. Meyer)

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L’arcobaleno

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La grandine

La grandine è formata di granellini gelati che cadono da nuvole cineree. E’ preceduta spesso da un uragano nel quale si percepisce un rullio caratteristico causato, pare, dallo sfregamento dei granellini di ghiaccio che si muovono in moto vorticoso, rapidissimo. La grandine è sempre apportatrice di rovine; i granelli possono raggiungere anche la grandezza di un uovo e un peso notevole.

La grandine
D’estate, quando da noi fa un caldo insopportabile, a diverse migliaia di metri dal suolo la temperatura può essere bassissima; e allora succedono strane cose. L’aria calda che si solleva dalla terra comincia, a un certo punto, a turbinare e a trasportare con sè goccioline di acqua. Su, sempre più su le sospinge l’aria calda, finchè esse raggiungono gli strati d’aria dove la temperatura è molto bassa. Allora gelano, si trasformano in minuti ghiaccioli e cominciano a cadere. Così turbinando e cadendo, si uniscono fra loro e formano chicchi di ghiaccio che, per l’aumentato peso, precipitano sulla terra in forma di grandine. (J. S. Meyer)

Altri dettati sulla grandine qui: 

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La bufera

La natura è bella anche nei suoi furori: una bufera è tanto più bella, quanto più è terribile e intensa. Ecco che il cielo si oscura e il sole si nasconde fra le nuvole scure, coi contorni neri, che si rincorrono, si inseguono come eserciti in battaglia. Guizzano i lampi e le nubi vibrano e si scuotono come invase da una corrente elettrica che le illumina, ora di una luce azzurra, ora dorata, ora argentea. Di quando in quando guizzi di lampi serpeggiano nell’oscuro esercito delle nuvole.
(P. Mantegazza)

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VULCANI materiale didattico vario

VULCANI materiale didattico vario

Sul Vesuvio

Salgo per un sentiero, il quale, serpeggiante ed angusto, in tutto rassomiglia ai sentieri di alta montagna: soltanto qui non vi sono cigli erbosi e neppure quei rari fiorellini dalle tinte intense che si trovano fino alle più grandi altezze, qui vi à la lava arida e granulosa nella quale il piede affonda come nella sabbia; qui non vi sono alberi od arbusti. Tutto è arido, tetro, arso… Arrivo sull’orlo del cratere. Larghissimo e concentrico è il cratere e le ripe, incurvandosi tutto intorno, danno l’idea di quello che doveva essere il monte prima dell’eruzione di Pompei, che ne sventrò la cima e ne fece un vulcano. (A. Moravia)

I vulcani attivi in Italia

Quattro sono i vulcani attivi in Italia: Vesuvio, Etna, Stromboli e Vulcano.

Il Vesuvio è un tipico vulcano a cono; il cratere attuale è il prodotto di un’antica eruzione che ha sventrato il cratere precedente. La più spaventosa eruzione storica del Vesuvio è stata quella dell’anno 79 dopo Cristo: le città di Ercolano, Pompei e Stabia furono annientate con tutti gli abitanti, e rimasero seppellite dalle ceneri eruttate dal vulcano.

I lavori di disseppellimento, che durano ormai da due secoli, hanno permesso di riconoscere in ogni particolare la vita degli antichi Romani, le loro abitazioni, i costumi, le suppellettili.

In attività eruttiva sono Vulcano e Stromboli, quest’ultimo in attività continua da più di 3000 anni. Passando con il piroscafo presso l’isola di Stromboli durante la notte, si vede il vulcano risplendere come un faro.

Il maggior vulcano italiano, l’Etna, è anche uno dei massimi coni eruttivi della Terra. Per altezza è il maggior monte dell’Italia peninsulare e insulare, poichè supera i 33oo metri, mentre il Gran Sasso non raggiunge i 3000 metri.

E’ un enorme cono costituito da colate laviche sovrapposte e da strati di tufo. Da millenni questo vulcano è in continua attività; attualmente si verifica un’eruzione ogni dieci anni circa.

Disastrosa fu l’eruzione del 1669: le lave sgorgate da una spaccatura lunga 18 chilometri formarono i Monti Rossi e coprirono una superficie di 50 chilometri quadrati. Vennero totalmente o parzialmente distrutti dodici centri abitati, tra cui buona parte della città di Catania, ove le colate di lava si spensero al mare. Si contarono 90.000 vittime.

La distruzione di Pompei

Dopo lunghi secoli di silenzio, nell’agosto del 79, il Vesuvio si risvegliò improvvisamente: tra boati e scuotimenti spaventosi, la sommità del monte si aprì, e dalla voragine si levò un fittissimo nembo di cenere e lapilli che oscurò il sole, e ricadendo sulla terra, coprì i campi e le case, seppellendo tutto sotto una coltre di morte. Le popolazioni, sbalordite per lo spettacolo mai visto, pazze di terrore, fuggirono incalzandosi per le vie, spargendosi per i campi, avventurandosi sul mare irato, inseguite sempre dalla pioggia implacabile di cenere e di sassi. I deboli cadevano e morivano, calpestati dai fuggitivi o soffocati dalle emanazioni micidiali del suolo; i più forti correvano senza meta, a tentoni nel buio fitto, urlando. Nè mancarono gli illusi che, sperando nella pronta fine del cataclisma, si serrarono nelle case, si stiparono nei sotterranei e morirono o schiacciati sotto le macerie o esausti dalla fame o asfissiati. (A. Manaresi)

I vulcani

Al centro della Terra si trova una enorme massa di materiale incandescente avvolto tra fiamme e gas, i quali di tanto in tanto provocano spaventose esplosioni. Quando avvengono queste esplosioni il materiale incandescente viene lanciato con tale forza che riesce a rompere anche la crosta terrestre e forma una larga spaccatura attraverso la quale giunge alla luce. Qui, a mano a mano che esce, si solidifica e dà origine ad un monte a forma di cono, che si chiama vulcano. Alla sommità del cono vi è il cratere, una grande apertura circolare, sempre pronta ad emettere da un momento all’altra lava, lapilli e cenere infuocata. In Italia vi sono tre vulcani ancora attivi, pronti cioè a mettersi in eruzione. Essi sono il Vesuvio, l’Etna e lo Stromboli.

Le formiche e il gigante

Un gruppo di uomini irsuti e vestiti di pelli si inoltra, a passo cauto, tra la vegetazione che ammanta la falda del monte. Sono armati di grossi randelli in cima ai quali hanno legato una pietra scheggiata a forma di lancia. Hanno avvistato un cerbiatto e poichè sono affamati, vogliono ucciderlo. Ma il cerbiatto è scomparso.
Ora gli uomini lo cercano fra gli alberi che coprono i fianchi della montagna. Sono alberi così fitti e così alti che il sole vi penetra a stento. Se gli uomini salissero su su, fino a raggiungere la vetta, vedrebbero gli alberi cambiare aspetto. Prima castagni fronzuti, poi querce possenti, infine abeti, pini e faggi, sempre più alti, sempre più oscuri.
Il paesaggio è selvaggio, come è selvaggio l’aspetto di quegli uomini che rassomigliano agli animali di cui vanno a caccia. Irsuti, muscolosi, fronte bassa e occhi infossati, braccia lunghe e aspetto selvatico, essi non conoscono che una legge: uccidere per mangiare.
Il monte è alto e scosceso, così alto che la sua cima, spesso, è avvolta dalle nubi. Gli uomini non sono mai saliti fin lassù: hanno paura di questo gigante. Quando le nubi si diradano e la vetta appare nitida nel cielo, essi la guardano con timore, così aguzza, spoglia e rocciosa, spesso coperta di bianco. Certo, quel monte è un nume potente che, dall’alto, guarda con disprezzo i piccoli uomini, simili a formiche, che si arrampicano per i suoi pendii. Se appena lasciasse cadere un masso su di loro, ne schiaccerebbe un bel mucchio. Se scatenasse le acque, che sgorgano fra le sue rocce, li spazzerebbe tutti, proprio come si spazza uno stuolo di formiche affaccendate. Se scuotesse appena le sue membra di pietra, li travolgerebbe in un diluvio di sassi, tra rombi spaventosi.
Gli uomini sanno tutto questo, perchè l’hanno provato. E perciò temono la montagna. La temono e l’amano. Quando le furie non la squassano, la montagna apre, benevola, le sue caverne a ripararli dalle intemperie; fornisce loro i nodosi randelli e le pietre con cui atterrare la preda; i suoi alberi maturano abbondanti frutti squisiti. Gli uomini amano la montagna nonostante le sue ire, purchè però non sputi fuoco. Anche questo, infatti, talvolta accade. Essi hanno visto con sbigottimento scaturire talvolta dalla cima di un monte un’immensa fiumana liquida che bruciava tutto ciò che incontrava lungo il suo cammino. Soltanto dopo che il gigante si era calmato, il fiume di fuoco diventava di nuovo pietra nera, consolidata lungo i fianchi. In seguito, l’avrebbero chiamata lava.
Ecco perchè le formiche hanno paura del gigante.
Eppure, il gigante sarebbe stato domato dalle formiche.
Siamo nello stesso luogo, ma mille e mille anni dopo. La montagna ha cambiato aspetto. I suoi versanti non sono più ricoperti da quella fitta vegetazione che impediva al sole di penetrare. Nelle zone più basse i campi coltivati si estendono a perdita d’occhio, solcati da strade su cui passano macchine velocissime. Graziose casette sorgono qua e là, fitte fitte, una vicina all’altra, e formano un paese da cui emerge la punta di uno svelto campanile.
Gli alberi non ammantano più i fianchi di questa montagna domata: sono stati abbattuti per fabbricare le case, le navi, per essere trasformati in tanti oggetti di cui l’uomo si serve perchè la sua vita sia sempre più comoda e facile. Forse ne ha abbattuti un po’ troppi. Soltanto in alto, la foresta è rimasta intatta, ma i fianchi della montagna sono ormai spogli. E la montagna si è vendicata lasciando precipitare le sue acque che, non più trattenute dai grossi tronchi, hanno portato devastazioni e rovine. L’uomo è corso ai ripari e ha imparato a rispettare gli alberi.
Ora la montagna è sua amica ed egli è salito sulla sua vetta e vi ha piantato la bandiera.
E’ vero che la vetta non è più così rocciosa e aguzza come al tempo degli uomini irsuti e coperti di pelli. Per troppi secoli si è eretta verso il cielo: le sue piogge l’hanno flagellata, le nevi che l’hanno ricoperta, ghiacciandosi, l’hanno spaccata in tutti i sensi; i torrenti, che per tanto tempo sono precipitati lungo i suoi fianchi, hanno trascinato pietre, terra, scavando profonde e ampie vallate dove si sono gettate le acque dei fiumi.
L’uomo è ormai amico della montagna. Le catene dei monti, che si stendono per migliaia e migliaia di chilometri, gli hanno permesso di difendersi dagli invasori meglio di una fortezza. Ed entro quelle catene egli ha stabilito i limiti della sua patria.
In tempo di pace, vi ha tracciato ampie strade su cui ha fatto passare le sue macchine rombanti e i suoi treni fragorosi. E per far questo, si è giovato dei valichi che si aprivano tra una vetta e l’altra. Talvolta, dove non era possibile servirsi dei valichi, ha scavato lunghe gallerie che hanno traforato addirittura la montagna da una parte all’altra.
Ecco perchè la montagna ha cambiato aspetto: quegli uomini che si arrampicavano lungo i suoi fianchi simili a formiche, così deboli in confronto della sua potenza, l’hanno dominata. Hanno imbrigliato le sue acque perchè non portassero devastazioni, ma fertilità; hanno sostituito la selvaggia vegetazione con campi e pascoli; hanno costruito comode abitazioni lungo i suoi fianchi, servendosi dei tronchi e delle pietre che la stessa montagna forniva; persino le lave, che essa aveva fatto scaturire fra un diluvio di fiamme, si sono trasformate, per opera degli uomini, in terreni fertili.
Le formiche hanno vinto il gigante.
(Mimì Menicucci)

La distruzione di Pompei

Da parecchi giorni la terra era scossa da un lieve terremoto; a un tratto le scosse divennero più violente. Una grossa nuvola nera di cenere, interrotta da lingue di fuoco, usciva dal cratere del Vesuvio e si ingrandiva sempre più: discese dal monte, coprì i campi e giunse fino al mare.
La terra sprofondò. Donne, uomini, bambini, fuggirono terrorizzati dalle loro case, urlando, piangendo, invocando gli dei. Non si vedeva nulla: i fanciulli chiamavano la mamma,  le mamme i figli, i mariti le spose. Sembrava giunta la fine del mondo.
Anche a Pompei si udì un terribile boato e sulla città sembrò scendere la notte. Moltissimi si trovavano nell’anfiteatro ad assistere ad uno spettacolo di gladiatori. I cittadini, impazziti di terrore, si riversarono sulla strada che conduceva al mare. Alcuni riuscirono a salvarsi, altri si attardarono nelle loro case per prendere i gioielli e i denaro. Di questi ultimi nessuno si salvò: morirono asfissiati dalle ceneri e dai vapori ardenti. Pompei fu sepolta e così Ercolano e Stabia.

La famosa eruzione del Vesuvio del 79

Lo scrittore romano Plinio il Giovane ci ha lasciato in una sua lettera questa viva e impressionante descrizione dell’eruzione del Vesuvio che nel 79 seppellì le città di Pompei, Ercolano e Stabia. Lo zio dello scrittore, Plinio il Vecchio, considerato il più grande naturalista romano e autore di una Storia Naturale, spinto dall’amore della scienza, accorse, incurante del pericolo, per osservare da vicino il fenomeno, ma trovò la morte.
“La nube, che da lontano era difficile capire da qual monte sorgesse (solo più tardi si seppe che proveniva dal Vesuvio), somigliava per la sua forma ad un albero, più precisamente ad un pino, poichè, dopo essersi levata assai in alto, come un tronco altissimo, si ramificava intorno e appariva ora bianca, ora nerastra, secondo che era più carica di terra o di cenere.
Come era naturale, dato il suo amore alla scienza, mio zio credette che quel grandioso fenomeno fosse degno di essere esaminato più da vicino.
Ordinò dunque che gli si apparecchiasse la sua lancia (egli si trovava a Miseno, al comando della flotta romana) e stava già per uscire di casa, quando ricevette un biglietto di Rectina, moglie di Casco, atterrita dall’imminente pericolo, poichè la sua villa stava ai piedi del Vesuvio, nè altro scampo vi era se non per mare, e pregava affinchè egli volesse salvarsi da sì grande catastrofe.
Allora mio zio mutò consiglio e si accinse ad affrontare col più grande coraggio ciò che prima pensava di osservare con interesse di studioso.
Fece venire delle quadriremi, vi montò sopra egli stesso e partì per portare soccorso, non solo a Rectina, ma a molti altri, poichè la spiaggia bellissima assai era popolata.
A mano a mano che le navi si avvicinavano, una cenere più spessa e più calda pioveva su di esse; già cadevano tutt’intorno lapilli e scorie ardenti, già si era formata una improvvisa laguna, profotta dal sollevamento del fondo del mare, e il lido era reso inaccessibile peri cumuli di lapilli.
Allora, dopo essersi fermato, alquanto incerto se tornare indietro o procedere oltre, mio zio disse al pilota, che gli consigliava appunto di guadagnare l’alto mare: “La fortuna aiuta i forti: drizza la prua verso la villa di Pomponiano”.
Pomponiano si trovava a Stabia… Mio zio, portato là dal vento assai favorevole alla sua navigazione, abbraccia il suo amico tutto tremante, lo rincuora, lo esorta a farsi coraggio…
Frattanto dal Vesuvio, in più punti, si vedevano rilucere vasti incendi, il cui fulgore era accresciuto e fatto più palese dalle tenebre della notte…
Si consultarono fra loro se chiudersi dentro o se fuggire per l’aperta campagna; poichè, da un lato, le case ondeggiavano per i frequenti terremoti e sembrava che, schiantate dalle fondamenta, fossero gettate ora su un fianco ora su un altro e poi rimesse a posto; dall’altro lato, all’aperto, la pioggia delle pomici, sebbene leggere e porose, non incuteva minor paura. Tuttavia il confronto fra i due pericoli fece scegliere quest’ultimo partito: si scelse dunque l’aperta campagna…
Essi escono e si proteggono il capo, coprendosi con dei guanciali, che legano mediante lenzuoli, precauzione necessaria contro la tremenda pioggia che veniva dall’alto.
Altrove era giorno, ma là dove essi erano perdurava la notte, la più nera ed orribile fra tutte le notti, squarciata solo da un gran numero di fiaccole e da lumi d’altro genere.
Si credette bene accostarsi alla riva e vedere da vicino quello che il mare permettesse di tentare. Ma le onde erano sempre grosse e agitate da un vento contrario.
Qui, sdraiato sopra un lenzuolo che aveva fatto distendere per terra, mio zio chiede e bevve due volte dell’acqua fresca. Poi le fiamme e l’odor di zolfo, che le preannunciava, fecero fuggire tutti gli altri e costrinsero mio zio a levarsi in piedi. Si rizzò, appoggiandosi  a due schiavi, ma cadde immediatamente, come fulminato.” (Plinio il Giovane)

Storia di Roma IMPERIALE – Gli scavi di Pompei

Dopo diciassette secoli, furono iniziati gli scavi per riportare alla luce Pompei. Chi si reca oggi a visitarla, vede com’era una città al tempo di Roma antica: lunghe vie lastricate, il Foro, le terme, i templi, le case adorne di statue e affreschi, i colonnati, i giardini.
La vita a Pompei si è fermata, ma le rovine della città ci parlano ancora di quel tempo antico.

Storia di Roma IMPERIALE – La morte di Plinio

Plinio il Vecchio era un illustre scienziato. Durante l’eruzione del Vesuvio volle studiare da vicino il fenomeno e nello stesso tempo portare aiuto all’amico Pompeiano che si trovava a Stabia. Fece allestire alcune navi e partì.
Nonostante la pioggia di pietre e di ceneri ardenti, egli riuscì a giungere a Stabia.
L’indomani Plinio, Pompeiano e altri tentarono di avviarsi a piedi verso la spiaggia, ma lungo la strada l’aria, mista a vapori di zolfo, si faceva sempre più irrespirabile e Plinio morì soffocato, vittima della sua generosità.

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Esercizi con le frazioni per la terza classe

Esercizi con le frazioni per la terza classe della scuola primaria stampabili in formato pdf.

Per calcolare la metà, la terza, la quarta o la quinta parte di un numero intero si divide quel numero per 2, per 3, per 4 o per 5.

Esempi:

la metà di 48 = 24, perché 48 : 2 = 24

1/3 di 60 = 20, perché 60 : 3 = 20

¼ di 200 = 50, perché 200 : 4 = 50

1/5 di 285 = 57, perché 285 : 5 = 57

Pronome personale esercizi per la classe terza

Pronome personale esercizi per la classe terza della scuola primaria, scaricabili e stampabili in formato pdf.

I pronomi personali sono parole che si usano per sostituire il nome con lo scopo di evitare inutili ripetizioni. Essi sono:

– io, me, mi
– tu, te, ti
– egli, lui, esso
– ella, lei, essa
– noi, ce, ci
– voi, ve, vi
– essi, li, le, loro, esse.

IL VERBO esercizi per la classe terza

IL VERBO esercizi per  la classe terza della scuola primaria.

Scrivi le azioni compiute da:

uno scolaro

un automobilista

un pittore

un soldato

un maestro

un sarto

un contadino

una mamma

una sorella

un farmacista

un falegname

un musicista

un medico

un calzolaio

una sarta

un’infermiera

un fornaio

un parrucchiere

un fabbro

un giardiniere

un lattaio

un meccanico

un gatto

un cavallo

Rispondi:

Chi insegna, spiega, corregge, rimprovera, loda, classifica, incoraggia?

Chi taglia, sega, pialla, inchioda, incolla?

Chi misura, taglia, imbastisce, cuce, prova?

Chi coltiva, annaffia, pota, coglie?

Chi impasta, spezza,  inforna, sforna?

Scrivi le azioni che compi ogni mattina prima di venire a scuola e nel pomeriggio quando giochi. Ad esempio: Io mi alzo, mi lavo, preparo la cartella, saluto la mamma… Ora trascrivile in tutte le persone del tempo presente

Coniuga in tutte le persone del tempo presente le frasi:

Io ho molti fiori raccolti nel bosco.

Io non ho timore di sbagliare.

Io esco di casa e cammino velocemente verso la scuola.

Scrivi le azioni che hai compiuto ieri a scuola. Poi trascrivile in tutte le persone del tempo passato prossimo

Coniuga in tutte le persone del tempo passato prossimo le seguenti frasi:

Io ho prestato sempre attenzione alle spiegazioni del maestro.

Io ho eseguito con cura i compiti.

Io ho visto il tramonto del sole.

Trascrivi le seguenti frasi con il verbo prima al presente, poi al passato prossimo, e infine al futuro semplice:

Io andare dal nonno. Le rondini volare nel cielo. Tu accendere la luce. I cacciatori uccidere due lepri e un fagiano. Il contadino arare il campo per la semina. Noi mangiare volentieri un grappolo d’uva. Oggi arrivare gli zii di Genova. La pioggia cadere violenta. Il vento sradicare una grossa pianta. Il gatto fare le fusa.

Scrivi le azioni che compirai domani: Io mi alzerò, andrò a scuola, …

Ora trascrivile in tutte le persone del tempo futuro.

Coniuga in tutte le persone del tempo presente le seguenti frasi:

Ascoltare i consigli degli adulti. Cantare a orecchio le canzoni di successo. Leggere a voce alta e con sentimento.

Coniuga in tutte le persone del tempo passato prossimo le seguenti frasi:

Ascoltare i consigli degli adulti. Cantare a orecchio le canzoni di successo. Leggere a voce alta e con sentimento.

Coniuga in tutte le persone del tempo futuro semplice le seguenti frasi:

Ascoltare i consigli degli adulti. Cantare a orecchio le canzoni di successo. Leggere a voce alta e con sentimento.

Copia le seguenti frasi sostituendo una voce verbale adatta ai verbi espressi nell’infinito:

1. Il mese scorso mi comportare sempre bene a casa e a scuola.

2. L’autunno scorso mia sorella frequentare un corso di scherma.

3. Un mese fa aiutare una signora ad attraversare la strada.

4. La primavera scorsa una coppia di rondini costruire il nido sotto il mio tetto.

5. L’anno scorso un furioso temporale sradicare  molti alberi.

6. L’ultima estate un fulmine colpire quest’alto pioppo.

7. Le vacanze scorse mio cugino rinunciare  alla villeggiatura per fare compagnia ai nonni.

8. Alcuni giorni fa Marcella giungere in ritardo a scuola.

9. La settimana scorsa ricevere un bel libro in regalo.

Trascrivi le seguenti frasi con il verbo al passato prossimo, al passato remoto e al futuro:

Il vento solleva la polvere, schianta i rami, sbatte le porte, agita le foglie.

La mucca mangia l’erba, muggisce, ci dà il latte.

Il contadino zappa la terra, vanga, semina, miete, falcia.

Il treno fischia, corre sulle rotaie, entra in stazione, si ferma.

Il falegname sega, pialla, inchioda, costruisce i mobili.

Trascrivi le frasi seguenti con il verbo prima al presente, poi al passato prossimo, al passato remoto e infine al futuro:

Io andare dal nonno

Le rondini volare nel cielo

Tu accendere la luce

I cacciatori uccidere due lepri e un fagiano

Il contadino arare il campo per la semina

Noi mangiare volentieri un grappolo d’uva

Oggi arrivare gli zii di Genova

La pioggia cadere violenta

Il vento sradicare una grossa pianta

Il gatto fare le fusa

Coniuga nel tempo e nella persona adatta il verbo tra parentesi

Quando si (partire) per il mare si è contenti.

Mentre (uscire) di casa (sentire) cadere le prima gocce di pioggia.

Domani quei bambini (offrire) un dono alla loro mamma.

Ieri Lucia (scoprire) un gattino abbandonato nell’orto di casa sua.

L’autunno scorso Luisa (frequentare) un corso di taglio.

Un bambino che non (riflettere) (commettere) molti errori.

Ieri (assistere) ad una lite fra due bambini..

Un mese fa (giungere) a scuola in ritardo.

Domani (scrivere) alla nonna e le (descrivere) la mia nuova casa.

Mentre (leggere) il libro di Pinocchio, (giungere) le mie amichette.

Il mese scorso (andare) in campagna dalla nonna.

Quando il sole (calare) le nubi si (colorare) di rosa.

Ieri (studiare) la poesia e poi la (recitare) alla mamma.

Domani il maestro ci (spiegare) le divisioni e noi (stare) molto attenti.

Qualche mese da (stare) a casa da scuola per tre giorni.

LA GERMINAZIONE tavole e schede

LA GERMINAZIONE tavole e schede  pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.

Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:

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Questo è il materiale pronto in formato tavola:

E questo lo stesso materiale in formato scheda:


LA GERMINAZIONE tavole e schede

IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede

IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede  pronte per la stampa e il download gratuito, in formato pdf, per bambini della scuola primaria. Aggiungo all’articolo illustrazioni e didascalie che possono essere utili per preparare un cartellone da parete.

Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:

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IL FIORE E LA FECONDAZIONE tavole e schede

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E questo lo stesso materiale in formato scheda:

PARTI DELLA PIANTA tavole

PARTI DELLA PIANTA tavole  pronte per la stampa e il download , in formato pdf, per bambini della scuola primaria.

Trovi la tavola riassuntiva della classificazione delle piante qui:

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La pianta utilizzata ad esempio è quella del fagiolo. La tavola, oltre ad indicare le principali parti di cui si compone una pianta, ne illustra anche le quattro principali funzioni, che sono:
– assorbimento
– respirazione
– traspirazione
– funzione clorofilliana.

Questa è la tavola contenente tutte le didascalie:

Questo è invece la tavola da compilare:

PARTI DELLA PIANTA tavole

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