I complementi indiretti col metodo Montessori – quinta presentazione. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Materiale: – strisce di carta bianca – penna nera
dalla scatola dei simboli per per l’analisi logica Montessori C1a:
– cerchi rossi con la scritta PREDICATO – cerchi neri grandi (per il soggetto) – cerchi neri medi (per il complemento oggetto o diretto) – cerchi arancio piccoli (per i complementi indiretti)
– frecce nere con le domande chi è che?… che cosa è che?… (per il soggetto) – frecce nere con le domande chi? che cosa? (per il complemento oggetto o diretto)
– frecce arancio con le domande: – …chi? … che cosa? (per i complementi indiretti in generale) – a chi? a che cosa? (per il complemento di termine) – di chi? di che cosa? (per il complemento di specificazione) – per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? (per il complemento di mezzo o strumento) – come? in che modo? in che maniera? (per il complemento di modo o maniera) – dove? (per il complemento di luogo) – quando? (per il complemento di tempo) – perchè? per quale motivo? per quale causa? (per il complemento di causa) – con chi? con che cosa? (per il complemento di compagnia e unione) – da chi? da che cosa? (per il complemento di agente e causa efficiente) – per quale fine? per quale scopo? (per il complemento di fine o scopo) – da chi? da che cosa? da dove? (per il complemento di origine o separazione) – fatto di che cosa? di quale materia? (per il complemento di materia)
Trovi il materiale pronto per la stampa qui:
Note: – nelle presentazioni successive si consiglia di introdurre un solo simbolo e una sola freccia alla volta; – per i complementi indiretti (frecce arancio) le frecce pronte riguardano i complementi più importanti, ma può succedere che i bambini incontrino complementi indiretti diversi. In questo caso i bambini stessi potranno creare delle nuove frecce con le domande che servono. Nel mio materiale ho cercato di preparare quanti più complementi possibile, prevedendo di introdurre sempre un complemento alla volta.
Complementi indiretti col metodo Montessori Presentazione
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase. Abbiamo imparato a riconoscere il soggetto, il predicato, il complemento oggetto e i complementi indiretti. Vi ricordate cosa abbiamo detto dei complementi indiretti?”. Ricapitoliamo insieme quello che sappiamo – scriviamo su una striscia di carta una frase, ad esempio ALMA PREPARA I BISCOTTI ed analizziamola insieme dicendo: “ALMA è il soggetto, PREPARA il predicato e I BISCOTTI il complemento oggetto o diretto”
– diciamo: “Abbiamo detto che i complementi indiretti completano la frase in vari modi e non ricevono l’azione direttamente. Proviamo a completare la frase” – aggiungiamo: ALMA PREPARA I BISCOTTI CON LA NONNA NELLA SUA CUCINA QUESTO POMERIGGIO
– chiediamo: “Cos’è CON LA NONNA?”. I bambini rispondono: “Un complemento indiretto” – mettiamo la freccia arancio che abbiamo usato per i complementi indiretti in generale con le domande ‘…chi? …che cosa?’ sul piano di lavoro, sotto alla frase, a sinistra
– diciamo: “Nei giorni scorsi abbiamo usato questa freccia per i complementi indiretti ed i simbolo del cerchio piccolo arancio” – diciamo: “nei prossimi giorni impareremo ad usare queste frecce arancio per i complementi indiretti, che contengono domande più specifiche, e per ogni complemento indiretto useremo un cerchio piccolo arancio”. Mostriamo in questa fase solo le frecce che rientrano nella stella logica che useremo nei seguenti esercizi:
– “per il complemento indiretto della nostra frase, ad esempio, la domanda corretta sarebbe ‘con chi? con che cosa?’ – mettiamo sotto alla frase, a sinistra, la freccia arancio con le domande ‘con chi? con che cosa?’ – tagliamo dalla frase CON LA NONNA e mettiamo le parole a fianco del simbolo arancio
– diciamo: “Anche NELLA SUA CUCINA è un complemento diretto, ma richiede una domanda diversa” – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘dove?’ e il simbolo arancio piccolo in colonna sotto al primo. Tagliamo le parole NELLA SUA CUCINA e mettiamole a fianco del simbolo
– diciamo: “Anche QUESTO POMERIGGIO è un complemento indiretto, ma risponde alla domanda ‘quando?’ – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘quando?’ e il simbolo arancio in colonna sotto agli altri. Mettiamo al fianco del simbolo le parole QUESTO POMERIGGIO
– diciamo: “Su ognuna di queste frecce arancio c’è una domanda per un complemento indiretto che possiamo incontrare in una frase” – incolonniamo le restanti frecce arancio affiancandole ad un cerchio piccolo arancio – indichiamo la freccia arancio per i complementi indiretti in generale, e poi indichiamo le frecce arancio per i singoli complementi indiretti e leggiamole
– diciamo: “Nei prossimi giorni conosceremo più da vicino ogni complemento indiretto” – non serve registrare l’attività sui quaderni di grammatica.
Complementi indiretti col metodo Montessori Scopo
– comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti – introdurre le nuova frecce arancio per i complementi indiretti da usare al posto della freccia arancio con la scritta COMPLEMENTI INDIRETTI o le domande …chi? … che cosa?
Note:
– dopo questa presentazione si consiglia di introdurre un solo cerchio arancio e una sola freccia arancio nuova alla volta. – ci sono tre presentazioni per ogni complemento: prima: si usa la freccia con scritta soltanto la domanda (simboli C1a) seconda: si usa la freccia con la domanda scritta su una facciata e il nome del complemento sull’altra (simboli C1b) terza: si usano le frecce con scritto soltanto il nome del complemento (simboli C1c)
L’analisi delle proposizione e del periodo col metodo Montessori si realizza con materiali che seguono lo stesso principio dei casellari usati per l’analisi grammaticale. Nelle presentazioni troverete via via tutto il materiale Lapappadolce pronto per il download e la stampa . Se preferite acquistare il materiale in legno, in italiano è in vendita da Montessori 3D di Boboto.
Con l’analisi grammaticale i bambini imparano a riconoscere le nove parti del discorso e quale funzione specifica ognuna di queste parti ricopre all’interno del discorso.
Con l’analisi logica il bambino impara a riconoscere le componenti sintattiche presenti nella frase semplice, cioè il soggetto, il predicato, i complementi, l’attributo e l’apposizione, distinguendo le parti principali (soggetto e verbo) e tutti gli elementi secondari. Ma lo studio dell’analisi logica non serve solo ad identificare i componenti della frase, serve soprattutto a comprendere le relazioni che esistono tra di essi. Il bambino comincerà a chiedersi: “Le parole seguono un ordine logico?” “Qual è il modo più chiaro per esprimere quel pensiero?”.
Con l’analisi sintattica della frase complessa (analisi del periodo) il bambino impara infine a identificare le varie specie di proposizioni che compongono la frase complessa (proposizione principale, coordinata, subordinata, ecc.)
Per l’analisi della proposizione e del periodo al posto dei cartellini si utilizzano strisce di carta nelle quali sono scritti i periodi e le proposizioni da analizzare, e che Maria Montessori ha creato in serie determinate. La proposizione si divide in parti, e ciascuna di queste parti si pone in spazi appositi, sulla guida delle domande o delle specificazioni scritte negli spazi stessi.
L’analisi della proposizione e del periodo si focalizza sulle relazioni che le parole hanno tra loro quando sono inserite in una frase. Le parole hanno un loro significato, quando prese singolarmente, e una loro particolare funzione come parte del discorso. Inserite in una frase le relazioni che si creano tra le parole influenzano il loro significato. Attraverso l’analisi della proposizione e del periodo si esaminano queste relazioni.
Grazie agli esercizi di analisi logica il bambino interiorizza con precisione i concetti base della grammatica:
una frase è un’unità di senso compiuto inserita in una situazione comunicativa
una frase è composta da una o più proposizioni
la frase composta da una sola proposizione è detta frase semplice
una proposizione è un’unità sintattica di base costituita almeno da un soggetto e un predicato
unendo due o più proposizioni si ottiene una frase complessa o periodo.
Lavorando col materiale dell’analisi logica e del periodo, i bambini imparano come riconoscere e formare frasi e periodi.
Come sempre avviene nello studio nell’area linguistica col metodo Montessori, una struttura che è già assorbita dai bambini in forma inconsapevole e spontanea attraverso la lingua parlata, diventa consapevole ed esplicita.
L’analisi della proposizione e del periodo col metodo Montessori
L’analisi della proposizione e del periodo consta di tre fasi: – analisi della lettura: forniamo al bambino delle frasi da leggere ed analizzare nelle sue componenti e relazioni. Si comincia con l’analisi di frasi semplici, e la terminologia “soggetto”, “predicato verbale” e “oggetto diretto” non viene data; il bambino impara tuttavia a riconoscere questi elementi attraverso domande quali: “Qual è l’azione?”, “Da chi è svolta l’azione?” – costruzione di frasi: il bambino compone delle frasi e poi le analizza mettendo le varie parti in relazione tra loro – analisi logica e del periodo: si analizzano la frase semplice e il periodo, utilizzando la terminologia corretta (predicato, soggetto, complemento oggetto, ecc.). In questa fase l’analisi diventa più astratta e si arriva, al termine del lavoro, a determinare le relazioni esistenti fra i diversi componenti della frase e del periodo.
L’analisi della lettura e la costruzione di frasi conducono all’analisi logica attraverso un processo fatto di tappe successive. Solo quando il bambino si muove con sicurezza con la frase semplice potremo introdurre gradualmente i complementi. Il processo di comprensione dell’analisi della proposizione e del periodo avviene attraverso due livelli principali: – al primo livello, dai 6 ai 9 anni, il bambino acquisisce una comprensione intuitiva del significato di soggetto, predicato verbale e complemento oggetto e della loro posizione nella frase semplice. Le presentazioni iniziano con frasi molto semplici, composte soltanto da nome e verbo, fino a frasi più articolate composte da una famiglia del nome (soggetto), verbo e complemento oggetto. Ogni componente è analizzata in base alla sua funzione all’interno della frase; – al secondo livello, dai 9 ai 12 anni, la conoscenza di soggetto, predicato verbale e complemento oggetto viene approfondita attraverso molti esercizi pratici. Si introducono i complementi indiretti, il complemento predicativo, l’attributo, l’apposizione… Il bambino analizza frasi sempre più complesse. Ogni parte della frase è analizzata in base alla funzione che svolge.
L’analisi della proposizione e del periodo col metodo Montessori
L’analisi della proposizione e del periodo si introduce durante lo studio del verbo in analisi grammaticale, perchè l’analisi grammaticale del verbo e l’analisi logica trovano un perfetto accordo. A partire da questo momento, l’analisi grammaticale e l’analisi logica vengono condotte parallelamente. L’analisi logica e del periodo condotta parallelamente all’analisi grammaticale aiuta a comprendere meglio la funzione delle parole, ad esempio a capire come un verbo all’infinito può avere funzione di soggetto, un pronome personale può avere la funzione di oggetto diretto, e così via.
Il bambino avrà bisogno di molto esercizio prima di muoversi con sicurezza nell’analisi logica.
Lo studio della grammatica aiuta il bambino a migliorare le proprie abilità di scrittura, lettura e verbalizzazione. La capacità di lettura e di comprensione di testi scritti dipende dalla precisa interpretazione delle parole, e lo studio dell’analisi logica e del periodo forniscono un grandissimo aiuto in questa direzione.
I complementi vengono introdotti, come già detto, dopo i 9 anni. Il bambino deve aver raggiunto una buona capacità di comprensione delle relazioni grammaticali tra le parole e conoscere bene soggetto, predicato verbale e complemento oggetto prima di iniziare a lavorare con frasi complesse e complementi, al secondo livello.
L’analisi della proposizione e del periodo col metodo Montessori Materiale Montessori per l’analisi logica e del periodo
Il materiale Montessori, come vedremo in dettaglio nelle presentazioni, si compone di frasi pronte, tabelle, simboli e tavole.
Per quanto riguarda simboli e tavole, le principali sono:
– simboli della scatola 1 che comprendono: cerchi grandi neri muti per il soggetto cerchi medi neri muti per il complemento oggetto cerchi grandi rossi muti per il predicato verbale cerchi grandi rossi con la dicitura VERBO per il predicato verbale frecce nere mute per le presentazioni frecce nere mute su una facciata e parlate sull’altro con la dicitura chi è che…? che cosa è che…? per il soggetto frecce nere mute su una facciata e parlate sull’altro con la dicitura chi?… che cosa…? per il complemento oggetto
– tavola 1
– simboli della scatola 2 che comprendono: cerchi grandi neri muti per il soggetto cerchi medi neri muti per il complemento oggetto cerchi grandi rossi muti per il predicato verbale cerchi grandi rossi con la dicitura VERBO PREDICATO per il predicato verbale frecce nere mute per le presentazioni frecce nere con la dicitura chi è che…? che cosa è che…? su una facciata e la dicitura SOGGETTO sull’altra, per il soggetto frecce nere con la dicitura chi?… che cosa…? su una facciata e la dicitura COMPLEMENTO OGGETTO sull’altra, per il complemento oggetto
– tavola 2
– simboli della scatola 3 cerchi grandi neri muti per il soggetto cerchi medi neri muti per il complemento oggetto cerchi grandi rossi con la dicitura PREDICATO per il predicato verbale frecce nere mute su un lato e con la dicitura SOGGETTO sull’altra, per il soggetto frecce nere mute su una facciata e la dicitura COMPLEMENTO OGGETTO sull’altra, per il complemento oggetto
– tavola 3
Seguono le scatole per l’analisi logica avanzata e le varie versioni della stella logica:
La stella logica evolve via via fino ad una versione avanzata, dove al posto delle domande si trovano le denominazioni.
Il materiale per l’analisi logica avanzata si compone di: – cerchi rossi per il predicato – cerchi neri grandi per il soggetto – cerchi neri medi per il complemento oggetto o diretto – cerchi neri piccoli per i complementi indiretti in generale – cerchi arancio piccoli per i complementi indiretti – triangoli azzurri per attributo e apposizione – frecce nere per il soggetto, il complemento oggetto o diretto e i complementi indiretti in generale – frecce azzurre per attributo e apposizione – frecce arancio per i complementi indiretti
Nelle presentazioni troverete via via tutto il materiale pronto per il download e la stampa.
Se preferite acquistare il materiale in legno, in italiano è in vendita da Montessori 3D di Boboto.
IL CANE e il LUPO dettati ortografici e letture per bambini della scuola primaria.
I canidi
L’aspetto diverso dei vari cani ci dice che essi derivano non da un solo ceppo, ma che hanno diverse origini. Fra i lontanissimi progenitori abbiamo lo sciacallo, il lupo e la volpe, che appartengono anch’essi ai canidi. Il cane, risultato di vari incroci, è stato addomesticato dall’uomo di cui è diventato il più fedele compagno; i capostipiti invece, l’uomo non desidera averli nemmeno come vicini di casa. Infatti il lupo, se può, sbrana le pecore e la volpe va matta per i galletti teneri. Cane, lupo, volpe hanno dentatura fortissima e sono carnivori. A forza di stare con l’uomo, il cane si è abituato a mangiare di tutto, dalla verdura alla polenta, ma se tornasse ad essere libero e potesse riprendere la sua selvatichezza, dimenticherebbe ben presto queste abitudini. Ce lo dice la sua dentatura fortissima, atta ad afferrare la preda e a mangiare carne.
Cani generosi
Uno dei cani più belli e più gagliardi è il cane di Terranova che, abilissimo nuotatore, ha tratto fuori dall’acqua parecchie persone salvando loro la vita. Ma il primato spetta al cane San Bernardo. Parecchi uomini che, sulle Alpi, erano stati sepolti sotto la neve, o che erano caduti in un crepaccio insidioso, o che si erano smarriti fra la nebbia o che erano stramazzati, esausti di fame o di stanchezza, sono stati salvati da un cane San Bernardo. (Reichelt)
Il cane
Dove non troviamo questo caro e fedele amico dell’uomo? Di istinto acuto, può fare di tutto. Difende la casa dai ladri e il padrone dagli assalti dei malintenzionati. E’ bravissimo a caccia: sa stanare le bestie e rincorrerle, senza tuttavia impadronirsi di quelle buone carni. Ci sono i benefattori dell’umanità: i cani San Bernardo che con il loro fiuto finissimo riuscivano a ritrovare i viandanti sepolti sotto la neve, cosa che accadeva spesso, quando non c’erano ancora strade per valicare le montagne.
Il cane, amico dell’uomo
Quale amico più fedele e servizievole del cane? Convenientemente addestrato, fa da guida al cieco che, per suo merito, può evitare i pericoli della strada; se è un cane da compagnia, diventa amico dell’uomo a cui vorrebbe star sempre vicino. Vi sono cani da caccia che collaborano col padrone nella cattura della selvaggina, cani da guardia che custodiscono fedelmente la roba del padrone e la difendono dai malintenzionati.
Il cane
Chiamato l’amico dell’uomo, il cane è un animale intelligente, fedele e coraggioso. Fa la guardia alla casa e al bestiame, ordina il gregge, guida i ciechi, insegue i ladri, difende le persone, scova la selvaggina. Ha i denti robusti, l’odorato e l’udito molto sviluppati. Il corpo del cane è coperto di pelo o mantello che varia come colore e come lunghezza. Il cane ha quattro zampe con le dita munite di unghie fatte ad artiglio. Secondo le razze, i cani sono barboncini, cani lupo, pastori, levrieri, pechinesi, San Bernardo, bracchi, bassotti, … Il cane abbaia, ringhia, guaisce e latra. Alla famiglia del cane, cioè dei canidi, appartengono la volpe, astuta cacciatrice di polli, che vive allo stato selvatico, il lupo e lo sciacallo.
Gli antenati del cane
Non si sa esattamente da quale animale derivi il cane domestico. Forse dal lupo, dallo sciacallo, dalla volpe. Il lupo, famelico crudele e prepotente non conosce che la preda; lo sciacallo è un animale falso e vile che si nutre preferibilmente di animali già morti. La volpe è astuta, ladra, paziente e risoluta nella caccia. Ma il cane ha perduto questi difetti ed ha acquistato quelle virtù che lo fanno amico dell’uomo.
Il lupo Il lupo comune ha una pelliccia dal colore di fondo grigiastro. D’estate il pelame ha delle pezzature fulve ed è più chiaro di quello invernale. Il lupo ricorda un po’ i cani da pastore, ma lo si riconosce per la sua coda pendente verso il basso e gli occhi obliqui. Si nutre di mammiferi e di uccelli, di carogne e di frutti succosi. D’inverno, quando è affamato assale cervi, cavalli e altri animali domestici, ma raramente attacca l’uomo. I lupi si tengono soprattutto nei boschi; d’inverno si riuniscono in branchi ed errano per le pianure. E’ un animale tipico dell’emisfero boreale. Ne esistono varie razze, tra le quali il lupo bianco o lupo polare della Groenlandia e della Siberia settentrionale, e il lupo nero della Florida. Il coyote è meno grande del lupo e vive nel Nord America. Si nutre soprattutto di carogne, ma divora anche lepri, conigli, pecore, capre e uccelli. (H. Hvass; da “Mammiferi nel mondo”; ed. Colderini)
Vero o falso?
Il cane è quadrupede. Il cane è carnivoro. Il cane non è fedele. Il cane è domestico. Il cane è bipede. Le razze dei cani sono poche. Il cane quando è arrabbiato scodinzola. Il cane abbaia quando vede gente che non conosce.
Il cane fedele
Un ladro, penetrato di notte nell’atrio di una casa, procedeva quatto quatto, quando, d’improvviso, si trovò davanti a un cane che faceva da portinaio. Il malandrino tremò, ma non si perdette di coraggio. Tratto di tasca un bel pezzo di pane bianco, lo perse senza fiatare al guardiano, nella speranza che quello stesse zitto anche lui. “Eh no” disse il cane, “tu, col tuo dono, vuoi impedirmi di dare l’allarme. Ma la sbagli di grosso! Io non mi lascio corrompere, perchè non voglio permettere che tu approfitti del mio silenzio”. ” si mise ad abbaiare.
Il cane
La prima amicizia fra l’uomo e il cane, si rinsaldò certamente, per ragioni di utilità. L’uomo dell’antichità aveva bisogno di un amico che lo difendesse, che lo aiutasse nella caccia, che lo amasse. Il cane fece tutto questo. Difese la sua roba, gli fu perfino compagno nella cattura degli animali, ma soprattutto lo amò.
Pitò e Pitù
Quando il gattino entrò in casa, Pitò, il bassotto, già vi regnava da padrone. Il gattino naturalmente si chiamò Pitù. Ma Pitò, sempre cucciolo, non vide di buon occhio il nuovo arrivato. Fino a quel momento, tutte le carezze e tutti i bocconcini buoni erano stati suoi; e ora doveva fare a metà. Guardò male il nuovo venuto, gli mostrò i denti e ringhiò. Pitù gli rispose con un soffio terribile e uno schiaffetto meno terribile. Le cose in seguito non migliorarono. Poi accadde che in autunno il bassotto si ammalò di certi doloracci alle zampe: non poteva più muoversi, e si annoiava da morire. Pitù cominciò a girargli intorno; Pitò lasciò fare. Pitù scherzò con la coda; la coda parve soddisfatta. Un bel giorno il gattino gli gettò le zampine intorno al collo; il bassotto gli lavò il muso con una linguata. Poi si addormentarono vicini (B. Gerin)
L’orso e il cane
C’era una volta un contadino che aveva un buon cane da guardia; ma, col passare degli anni, il cane si fece vecchio e, la notte, invece di fare la guardia dormiva sempre. Il contadino, che era molto povero, stufo di mantenere la bestia inutile, scacciò il povero vecchio cane. Questo se ne andò nel bosco e si stese sotto un albero. Passò un orso: “Cosa fai qui?” gli chiese. “Sono venuto qui a morire.” rispose il cane malinconicamente, “Il mio padrone mi ha scacciato”. “Vuoi che ti aiuti?” propose l’orso. “Facciamo così: io vado alla casa del tuo padrone, gli ruberò il bambino e lo porterò qui nel bosco. Tu allora glielo riporterai e il tuo padrone, riconoscente, ti riprenderà in casa. E così avvenne. Immaginatevi lo spavento e il dolore dei genitori quando si accorsero che il loro bambino era stato rubato! Ma ecco, ad un tratto, il cane sbucò dal folto degli alberi reggendo delicatamente il bambino fra i denti, per le fasce. I padroni gli si fecero incontro, ripresero il bambino che strillava a perdifiato, e colmarono il vecchio cane di baci e carezze. “Resterai sempre con noi” gli disse la padrona; e il cane ricominciò la vita di prima. Ogni tanto però andava nel bosco a fare visita al suo amico orso, che gli aveva salvato la vita.
Cani Liebe sta nell’altana, accovacciato. Ode me e mi corre incontro. Mi salta gioiosamente al collo. Con occhi supplici mi interroga: “Padrone, mi vuoi bene?”. E. dopo che ha ricevuto la carezza eccolo a dimostrare la sua gioia correndo intorno all’ampia altana. Quindi si ricorda di avere appetito e pone il muso nella scodella: a mangiare, perché è contento della carezza che ha ricevuto. (L. Bartolini)
Cani E’ Lilla la cagna scozzese: muso aguzzo, grandi occhi buoni, pelame fulvo di leonessa. Non si difende, perché ama tutti: l’inquietano soltanto le grida dei monelli contro i quali latra instancabilmente. (C. Tumati)
Cani Aveva un bel mantello rasato e lucido, a fondo bianco spruzzato di nero, con una larga chiazza nera sul dorso e due simmetriche dalle tempie a mezza fronte. Di più, le due caratteristiche fiamme fulve ai sopraccigli, che gli conferivano quel cipiglio aggressivo, che distingue anche fra gli uomini gli intuitivi dai semplicemente intelligenti. Bastava infatti che tu lo guardassi, che lui puntando su te quegli occhi di fiamma, capiva il tuo pensiero. (G. Zorzi)
Cani Che squallido, sinistro personaggio, l’accalappiacani. Tragico e meschino. Un misero boia in pantofole, privo della terribilità che ingrandisce il vero carnefice. E che raccapricciante spettacolo, la crudeltà scema degli sfaccendati che per la strada fanno cerchio e ridono sulla sofferenza di una bestiola mezzo soffocata dal laccio! (B. Corra)
IL CANE dettati ortografici e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
La croda rossa leggenda del Trentino Alto Adige per bambini della scuola primaria.
Ai piedi della Croda, in una capanna tra gli abeti, c’era, nella beata età delle favole, una fanciulla bella come un’alba montana. Era figlia di legnaioli e, rimasta orfana in tenerissima età, viveva sola con alcune pecorelle in un valloncello romito, ove ben di rado l’uomo stampava la sua orma. era quindi una creatura semi selvaggia, che agilmente si arrampicava sino alle ultime “gusele” della Croda, che cacciava il capriolo ed il camoscio tra le balze rocciose, che godeva della più sconfinata libertà nel suo selvaggio regno.
Ora avvenne che un giorno un giovane principe, figlio del Re delle Valli, capitò sulla Croda a caccia del camoscio. Il giovane, forte ed ardito, inseguendo un animale già ferito, abbandonò i suoi compagni e finì con lo smarrirsi tra i contrafforti della montagna.
Il sole stava tramontando, la notte si avvicinava ed il principe non sapeva come fare a trarsi d’impaccio. Suonò a lungo il corno di caccia, ma solo l’eco delle vallate rispose al suo richiamo. Quando già si preparava a trascorrere la notte all’addiaccio sotto un cornicione di roccia, gli parve di udire un belato, seguito da un richiamo umano. Tosto egli si diresse verso quel segno di vita e ad un tratto si fermò, rapito dinanzi ad uno spettacolo d’una incomparabile bellezza. Presso una fonte che sgusciava da un masso, c’era una fanciulla vestita di pelli d’animale, che era certamente la più bella di tutte quelle che egli avesse mai visto.
I due giovani rimasero estatici a guardarsi, e subito d’accesero d’una fiamma d’amore. Seduti accanto alla fonte, mentre l’aria scuriva e la sera fasciava di silenzio le cose, sotto il palpitare di una limpida serenata di stelle, i due si dissero pianamente, dolcemente tutto il loro amore e giurarono di non separarsi mai più.
L’indomani il principe ritornò alla reggia di suo padre, conducendo seco la silvestre fidanzata. Quando egli espresse l’incrollabile volontà di farla sua sposa, tutta la Corte inorridì come per un sanguinoso insulto. Ma il vecchio re, che amava molto il figlio, non seppe dirgli di no, perciò gli sponsali si fecero, splendidi e memorabili, tra i sogghignare maligno delle dame di Corte, che non potevano capacitarsi d’esser state posposte ad una creatura selvaggia della foresta.
Un giorno in cui il giovane principe era lontano per una spedizione di guerra, le dame di Corte cominciarono il solito gioco maligno delle insinuazioni contro la principessa. Per farle ancora una volta sentire che la consideravano un essere inferiore, un’intrusa, cominciarono a descrivere il lusso e gli agi dei palazzi ov’erano state allevate.
“Vuol raccontarci, di grazia, dove e come fu allevata?”
Un risolino di sprezzo apparve sulla bocca delle dame di Corte.
La principessa sentì un’onda di sangue salire al volto. Scattò in piedi e corse verso una balconata, la spalancò, gridando: “Ecco, ecco, lassù io sono stata allevata! Nacqui in terra libera e sempre fui libera. Castello mi fu la Croda, più grande e più bello di tutti i castelli. Ebbi compagne le creature della foresta, più caste, più pure, più sincere d’ogni cortigiano. Quello è il regno dove fui regina e dove tornerò”.
La Croda, nella chiarità del tramonto, ardeva come una torcia d’una stupenda luce porporina e pareva un autentico castello di sovrumane proporzioni, scolpito nel rubino.
La principessa si sentì mancare il cuore. Era per lei, per lei che la Croda s’era fatta tanto bella, s’era ammantata di broccati di luce, s’era cinta di aristocratiche sembianze, per confondere i suoi nemici, per esaltare la sua figliola! Era un miracolo d’amore, questo… Ed allora, non potendo più resistere al richiamo che sentiva dentro di sé, approfittando del fatto che tutti stavano rapiti a contemplare la montagna porporina, la giovane fuggì e, risalendo la valle, ritrovò la sua capanna e fu di nuovo libera e felice.
Quando il principe tornò e seppe che sua moglie era scomparsa, pensò subito dove avrebbe potuto rintracciarla e partì di gran carriera verso la Croda. Lassù ritrovò la fuggitiva, che lo accolse con tutta la sua gioia, ma non volle tornare alla reggia, dove regnava la malignità e l’ipocrisia. Posto nella alternativa di rinunciare alla moglie o alla successione al trono, il giovane non esitò: scelse la sconfinata pace della Croda e restò nella silvestre capanna accanto alla sua donna. I due vissero liberi e felici ed allevarono tanti e tanti figlioli, sani arditi e belli, come i loro genitori.
Da quella sera lontana la Croda ripete il suo miracolo d’amore, diventando, al tramonto, la più bella, la più fiammeggiante vetta dei Monti Pallidi. E perciò d allora in poi fu chiamata la “Croda Rossa”.
(R. Baccino)
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Il chiodo di Sant’Ambrogio: leggenda della Lombardia per bambini della scuola primaria, per la lettura e il riassunto.
Un bel giorno sant’Ambrogio, vescovo di Milano, venne chiamato a Roma dal Papa. Arriva dunque la lettera: sant’Ambrogio la apre e legge, e vede che non c’è tempo da perdere: il Papa ha da parlargli d’urgenza.
L’indomani mattina subito, di buonissima ora che in giro suonavano le prime avemarie, sant’Ambrogio si alza, si veste da pellegrino, mette la testa in sacrestia e dice al sagrestano: “Suona pure il primo segno della messa, che io vado un momentino a Roma a parlare col Papa; gli altri segni dalli a suo tempo che, per la solita ora, io sono qui di ritorno”.
Ripone il breviario in scarsella, salta in groppa alla mula e via per Roma, pregando il cielo che gliela mandi buona. Fosse l’aria sottile di quel mattino che metteva le ali ad ogni cosa, o non so che diamine fosse, la mula andava come il vento quando ha fretta.
Sicché, in un batter d’occhio, arriva a Roma. Naturalmente a quell’ora i romani erano ancora tutti a letto che russavano. Ambrogio va sull’uscio della casa del Papa, e giù una bella scampanellata che tutte le sale ne squillarono a lungo.
Di lì a un po’ un vecchio servitore viene ad aprire borbottando: “Son queste l’ore di disturbare Sua Santità?”
Calmo, Ambrogio gli mostra il rotolo della pergamena papale con tanto di espresso, e aggiunge: “Fate il piacere di dire al Papa che faccia presto, perchè io ho premura di tornare a Milano per dir messa”. E intanto si accomoda nella sala d’aspetto.
Il Papa sente la notizia, si alza, si lava la faccia alla meglio, poi va in sala d’aspetto e saluta l’ospite: “Buon giorno, Ambrogio”.
“Buongiorno, Santità”.
“Ho una ramanzina da farti”
“Son qui a prenderla” fa Ambrogio, lisciandosi la bella barba d’oro, simile allo sciame d’api. E poichè lì dentro faceva caldo, si levò il mantello, ma invece di attaccarlo a uno dei cavicchi d’argento che erano lì apposta, lo mise a cavallo di un raggio di sole che entrava dalla finestra.
Il Papa guarda quella faccenda, un po’ stupito. Che diavolo d’uomo era costui? L’aveva chiamato per fargli una ramanzina e adesso gli vede far cose che, se non fanno la santità, però la dimostrano; e quasi quasi non trovava il coraggio di incominciare.
Ambrogio, vedendo che andava alla lunga: “Fate presto, Santità!” gli dice con quell’aria sbrigativa propria dei santi che sanno di essere sul sicuro, qualunque cosa dicano o facciano, “Fate presto, perchè io sento già suonare il secondo segno della messa al mio paese” (che era poi Milano).
A quel parlare il Papa lo guarda con un più attento stupore: “Cos’hai detto? Che senti le campane di Milano?”
“Sì, Santità, mettete il vostro piede qui sul mio e sentirete anche voi”.
Il Papa allunga la sua pantofola vicino alla povera scarpa di Ambrogio e, mirabile cosa! anche lui sente suonare le campane di Milano. Allora entrò in sospetto anche più forte di essere veramente davanti a un santo. Tuttavia si ricordò che il Papa è sempre il Papa, cioè il superiore anche dei santi e ha il dovere di rimbrottarli quando è il caso. Sicché cominciò a parlare e gli diede il fatto suo.
Sant’Ambrogio ascoltò quella parlata fino alla fine, in umiltà grande e in silenzio, lisciandosi di tratto in tratto la bella barba d’oro. Finito che ebbe il Papa di parlare, Ambrogio gli fa: “Va bene. Nient’altro?”
“Nient’altro.”
“Allora buongiorno, Santità”
“Buongiorno, Ambrogio”
E Ambrogio scende in fretta le scale, dà la buona mano al servitore che gli aveva custodita la mula, vi monta in sella e via come una spia.
E’ a un chilometro appena fuori di città, che la mula perde un ferro e non c’è più verso di farla correre. Bisogna metterglielo, dunque.
Ambrogio scende, entra nella bottega di un fabbro che era lì a un tiro di sasso e lo prega di ferrargli la mula, raccomandandosi di mettere il ferro a rovescio, sì che le impronte siano verso Roma. Ora, mentre il fabbro faceva il suo mestiere, Ambrogio guarda dentro una cassetta piena di ferri vecchi e ci vede un chiodo tutto bistorto, un chiodo da cantiere. Lo prende in mano e chiede al fabbro: “Me lo cedi?”
“Portalo pure via!” dice il fabbro.
“A che prezzo?”
“Portalo via e non seccarmi, che te lo do proprio per ferro rotto”.
Ma Ambrogio vuole pagarlo ad ogni costo. Lo butta sulla bilancia, lo pesa, e tanto pesava il chiodo, tanto gli corrisponde in oro. Ambrogio salta in sella, e via al galoppo. Aveva fatto sì e no cinquanta passi, che tutte le campane di Roma, din don dan, din don dan, si mettono a suonare a distesa disperatamente come quando c’è il giubileo, quasi a salutare la partenza del chiodo.
Fra i romani subito nacque gran rumore, e tutti si fecero agli usci e alle finestre a domandare che diamine ci fosse. I più vicini a San Pietro si spinsero fin sotto le finestre del Papa: il quale, anche lui, in questa faccenda, ne sapeva meno degli altri. Però, subito dopo, si ricordò di Ambrogio e disse ai più vicini: “Non è un quarto d’ora che è uscito da Roma Ambrogio da Milano; è certo lui che ha sollevato questo putiferio. Ne ha fatte di stranezze, anche in casa mia; corretegli dietro e raggiungetelo, che è sulla strada di Milano a dorso di una mula bianca.
Una dozzina di quei romani più scalmanati montano in groppa a certi sauri del Papa e via al galoppo per la strada di Milano. Passano innanzi alla bottega del fabbro e gli chiedono: “Avete visto passare un uomo così e così?”
“Altro che se l’ho visto!” risponde il fabbro. “Gli ho ferrata la mula, e poi ha voluto portar via un vecchio chiodo bistorto, pagandomelo, ad ogni costo, a peso d’oro!.”
“Qui c’è qualche miracolo in giro” fa il più furbo di quelli; e via dietro all’uomo del miracolo, così rapidamente che i cavalli non facevano in tempo a toccar terra. Galoppa e galoppa, lo raggiungono a Milano, e precisamente vicino a Porta Romana. Lo fermano e gli chiedono: “Tu hai portato via un chiodo così e così?”
“Sì” fa Ambrogio un po’ seccato.
“Per questo a Roma si son mosse a suonare tutte le campane. Segno è che esso è un chiodo prezioso”.
“Non ne so nulla io” rispose Ambrogio, “Piuttosto, lasciatemi andare che ho da dir messa e sento suonare già l’ultimo segno”.
“Ma è un chiodo prezioso” insistono i Romani, “Portalo subito indietro, che Roma lo vuole”.
“No, no” fa Sant’Ambrogio “Io l’ho ben pagato al suo padrone, e adesso è mio”.
Sì, no, è mio, è nostro, la cosa diventa spessa. Sicché Sant’Ambrogio, ch’era spiccio anche col Papa, dice ai romani: “Sentite, diamogli un taglio e facciamo così: adesso andiamo a casa mia, in Duomo io butto il chiodo in alto, verso la cupola; se il chiodo resta su, sospeso, è segno che deve restare qui; se invece cade a terra, lo riportate via voialtri”. D’accordo, vanno in Duomo tutti insieme.
Sul volto di Ambrogio c’era tanto splendore come se vi si fosse adunata la luce del sole. Ambrogio va sotto la cupola e, uno, due, tre, lo butta in alto con un soavissimo gesto. E il chiodo restò sospeso, lassù. Ed è là ancora oggi.
(C. Angelini)
Il chiodo di Sant’Ambrogio – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Martin Luther King – materiale didattico e schede illustrate pronte per la stampa per bambini della scuola primaria, sulla vita di Martin Luther King.
Martin Luther King si celebra col MLK day negli USA il terzo lunedì di gennaio, un giorno vicino alla sua data di nascita. E’ una festività nazionale istituita per legge dal 1983, ma fu osservata da tutti gli Stati americani solo dal 1993. Per raccontare ai bambini la sua storia ho preparato una biografia, una serie di carte illustrate che possono essere utili durante il racconto, e un riassunto del discorso pronunciato a Washington nel 1963.Le immagini sono di pubblico dominio; tutte le fonti sono citate in fondo all’articolo.
Martin Luther King è l’icona mondiale della lotta per i diritti civili.
Fino a cinquant’anni fa, in USA, c’erano fontanelle pubbliche separate per bianchi e neri, a teatro la balconata separata per neri, e i posti in fondo al bus solo per neri. E’ difficile da credere ma era veramente poco tempo fa. Nella lotta per guadagnare la parità per i cittadini di qualsiasi razza si è svolta la breve vita di Martin Luther King. In quel periodo negli USA era normale salire sugli autobus, entrare nei bar, in teatro, e nelle chiese e vedere posti separati a seconda del colore della pelle delle persone, e persone come Martin Luther King sono, anche oggi, fonte di ispirazione per chi crede nella giustizia sociale. Voleva il riscatto di tutti, non solo dei neri, che non erano i soli ad essere maltrattati nel suo paese: l’ingiustizia sociale era troppa e troppe le leggi scritte ma non rispettate. Occorreva restituire dignità a tante persone schiacciate da secoli di schiavitù sociale, politica e morale. L’Italia, da paese di emigrazioni è diventato un paese di immigrazioni, e quindi una società multietnica caratterizzata dalla coesistenza di persone di etnie diverse. Molti italiani che si considerano ‘istruiti’, si rivelano poi razzisti, per diversi motivi. Il sogno di Martin Luther King può insegnare molto agli italiani sui diritti civili, sull’integrazione, sull’uguaglianza delle minoranze e sulle barriere razziali. Anche se i tempi e le situazioni sono diverse, le cause del razzismo sono sempre le stesse. Perciò, i valori che il sogno di Martin Luther King ha insegnato agli americani, possono servire da lezione anche agli italiani.
Martin Luther King jr (15 gennaio, 1929 – 4 aprile, 1968) nacque nella città di Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio 1029.
La Georgia è uno Stato del sud degli Stati Uniti, dove il problema razziale era molto forte.
I neri americani sono i discendenti di quegli uomini che furono rapiti dai negrieri e portati dall’Africa all’America, in catene, per essere venduti come merce. Milioni di donne e di uomini vennero strappati alla loro terra e fatti schiavi per lavorare nelle piantagioni di cotone, tabacco, zucchero e caffè degli stati del sud dal 1620 fino al 1865: 200 lunghi anni durante i quali gli antenati di Martin Luther King venivano comprati, venduti e trattati non come esseri umani, ma peggio degli animali. La legge che permetteva la schiavitù negli Stati Uniti fu cancellata solo grazie a una terribile guerra civile tra gli Stati del Nord, che volevano abolire lo schiavismo, e gli Stati del Sud. Ma, soprattutto al sud, l’abolizione legale della schiavitù non portò la libertà agli americani neri, perchè i proprietari terrieri escogitarono sistemi di ricatto economico nei confronti dei lavoratori ex schiavi, per cui più lavoravano più si indebitavano. Nella pratica i neri americani non potevano nemmeno partecipare alle elezioni. Sorse inoltre il Ku Klux Klan (KKK), un gruppo fondato da ex soldati sudisti dopo la guerra civile, che ha usato la violenza e l’intimidazione per escludere i neri dal voto, dalle cariche politiche e anche dalle scuole, compiendo crimini orribili.
“Lavorare dall’alba al tramonto, incatenato alla terra dai conti da pagare al proprietario della piantagione, piangere, compatirsi per la propria mancanza di coraggio, essere lo zimbello dei giudici e dei poliziotti, finire col credere alla propria indegnità… e infine cedere, inchinarsi e odiare se stessi per la propria debolezza“.
Così Martin Luther King racconta la vita di suo nonno James Albert, che era la vita di tutti i neri americani. Nelle città si vedevano dappertutto cartelli con la scritta “colored only” o “white only” (solo per neri, solo per bianchi). I neri vivevano riuniti in zone della città, i ghetti (slums), sovrappopolati e privi di strutture e di servizi decenti. I neri americani non potevano frequentare molte scuole, Università, né entrare a far parte di molte associazioni, non votavano, subivano maltrattamenti anche da parte delle autorità e dalla polizia, ed erano spesso condannati ingiustamente da giurie popolari bianche e razziste. I neri godevano di meno diritti dei bianchi ovunque: nel campo dell’istruzione, sul lavoro, e in tutti i settori della vita sociale ed anche nell’esercito, e perfino nell’uso dei mezzi pubblici. Quello che oggi, nella nostra cultura, sembra assurdo, nell’America degli anni ‘50 e ’60 era la normalità.
In questo clima Martin Luther King nacque, visse e cominciò a lottare fin da bambino.
Oggi gli USA hanno il loro primo Presidente nero. Sono passati solo cinquant’anni dai discorsi di Martin Luther King. Il Presidente Obama non ha nella sua storia familiare ex-schiavi afroamericani, mentre la first lady, Michelle, sì. Gli USA hanno fatto molti passi avanti per i diritti civili e l’uguaglianza, ma le discriminazioni esistono ancora. Ad esempio, in alcuni stati degli USA, gli studenti di colore vengono sospesi o espulsi tre volte di più dei loro coetanei bianchi.
Fin dall’infanzia Martin Luther King subì i traumi dei bambini che scoprono di essere diversi e discriminati, che scoprono di vivere in una società razzista.
Il padre, Martin Luther King senior, era pastore della Chiesa battista, la mamma una maestra. Nei primi anni dell’infanzia giocava con i bambini del quartiere, anche coi bambini bianchi. A sei anni cominciò a frequentare la scuola elementare, e cominciarono ad accadere fatti incomprensibili per un bambino: venne escluso dai giochi dei suoi vicini di casa che, addirittura, ebbero dai loro genitori il severo divieto di parlare con lui. Martin non riusciva a capire: non aveva fatto loro alcun dispetto, non li aveva offesi in alcun modo… Non lo fecero sentire meglio le spiegazioni dei suoi genitori, che gli parlarono di cosa significasse essere di colore e vivere in uno Stato del Sud, gli raccontarono delle origini africane dei neri americani, della lunga e terribile schiavitù e della Guerra di Secessione che aveva dato loro, almeno formalmente, la libertà. A otto anni il suo papà gli dà la notizia della morte della sua cantante preferita, Bessie Smith, che dopo un incidente stradale morì perché gli ospedali per bianchi di Atlanta si rifiutarono di ricoverarla.
Ancora impreparato a reagire, queste ed altre esperienze gli rimasero scolpite per sempre nell’anima.
Martin Luther King visse la sua infanzia e adolescenza in un periodo di grande fermento storico, con la II Guerra Mondiale e la conquista dell’indipendenza delle colonie europee, e fu molto affascinato dalla figura di Gandhi, dal quale imparò i principi della lotta non-violenta. Poté studiare frequentando le scuole per ‘coloreds’ (cioè per soli neri), e fu negli anni del liceo, mentre si inseriva nel mondo degli adulti, che cominciò ad avere sempre più coscienza della discriminazione razziale. Così decise di diventare avvocato e si iscrisse all’Università di Atlanta (per soli neri), ma dopo qualche anno passò agli studi di filosofia e di teologia e diventò, a 22 anni, pastore battista. Ispirato dal metodo di lotta per i diritti basato sulla ‘non violenza’ di Gandhi, Martin Luther King si convinse che questo sistema poteva servire anche per la conquista dei diritti civili dei neri americani. Dalla meditazione sulle opere di Gandhi, trasse la conclusione che i valori cristiani uniti ai principi della non-violenza, dovevano essere la base della lotta per la giustizia sociale. Completò gli studi e, durante la preparazione della tesi di laurea conobbe Coretta Scott, che studiava canto per diventare soprano. Anche Coretta aveva il sogno di poter fare qualcosa per i neri americani. I due giovani s’innamorarono e nel 1953 si sposarono e si trasferirono nella città di Montgomery, in Alabama, entrambi erano decisi a lottare per non essere più giudicati inferiori, ma cittadini come gli altri.
In questa città Martin Luther King era pastore della chiesa battista.
Le sue prediche lo resero molto famoso tra le persone, indipendentemente dal colore della loro pelle, e riuscì ad attirare a sé un numero sempre più grande di sostenitori.
Nel dicembre del 1955 un fatto in apparenza banale, che avvenne proprio nella città di Montgomery, dette ai fatti una svolta decisiva. Sugli autobus della città le prime tre file di posti erano riservate ai bianchi, le altre potevano essere occupate da neri solo se non c’erano bianchi in piedi. Quel giorno Rosa Parks rifiutò di alzarsi e cedere il suo posto, e venne arrestata e portata in carcere. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Nel giro di poche ore King mise a disposizione la sua chiesa per organizzare la protesta e fu deciso il boicottaggio dei trasporti pubblici, una forma di lotta pacifica, ispirata agli insegnamenti di Gandhi: nessun nero sarebbe salito su un autobus fino a che non fosse stata tolta la spartizione dei sedili. L’iniziativa ebbe un enorme successo: il giorno seguente, infatti, tutti i mezzi pubblici erano deserti, perchè non solo in neri ma anche molti bianchi avevano aderito alla lotta. La situazione continuò a ripetersi anche nei giorni seguenti e gli abitanti neri di Montgomery non salirono sugli autobus e si recarono al lavoro arrangiandosi come potevano fino al dicembre dell’anno successivo: 382 giorni. In questo periodo King fu bersaglio di minacce d’ogni genere e la sua casa fu fatta saltare in aria con una bomba (la moglie e la figlia, che erano dentro, restarono fortunatamente illese). La compagnia degli autobus perse 40 milioni di dollari e le autorità arrestarono Martin L. King con un pretesto. A sorpresa, quando il processo contro di lui stava ormai per iniziare, arrivò la notizia: la Corte Suprema dichiarava illegale la segregazione praticata negli autobus.
Nacque così il Movimento per i Diritti Civili e Martin Luther King divenne il simbolo della ‘rivoluzione nera’.
Ogni sua vittoria ebbe per lui un prezzo altissimo: fu preso a sassate, picchiato ed aggredito dai cani della guardia nazionale; fu arrestato una ventina di volte durante le manifestazioni per la pace; più di una volta John Kennedy, che sarebbe diventato il Presidente degli Stati Uniti, pagò personalmente la cauzione per farlo uscire di prigione.
Martin Luther King organizzò tantissime manifestazioni pacifiche, marce, conferenze pubbliche e raduni, e il Movimento si estese ben presto a tutti gli Stati Uniti.
Organizzò ovunque boicottaggi contro gli esercizi commerciali che praticavano la segregazioni (negozi, bar, ristoranti, ecc.). Martin Luther King diceva: “Non possiamo obbedire a leggi ingiuste, perché il non collaborare col male è un obbligo morale, non meno del collaborare col bene“. E di fronte alle minacce, riferendosi al Ku Klux Klan, diceva: “Mandate i vostri sicari incappucciati nelle nostre case. Ma siate certi che vinceremo: un giorno conquisteremo la libertà, e la nostra vittoria sarà anche la vostra“.
Nel 1963, centenario dell’abolizione della schiavitù firmata da Lincoln, le azioni non violente del Movimento per i Diritti Civili dilagarono in più di 800 città.
A Birmingham, città che subì in un anno diciassette attentati dinamitardi ad opera dei razzisti bianchi, ebbe inizio una delle più importanti campagne di sensibilizzazione del Movimento. Durante una marcia tenuta la sera del venerdì Santo, vennero imprigionate centinaia di persone e, fra di esse (per la tredicesima volta) Martin Luther King. Dal carcere scrisse una famosa lettera: “E facile dire: ‘aspettate’. Ma quando avete visto poliziotti pieni d’odio colpire e perfino uccidere impunemente i vostri fratelli e le vostre sorelle; quando sentite la vostra lingua torcersi se cercate di spiegare alla vostra bambina di sei anni che non può andare al luna-park perchè è nera, e vedete spuntarle le lacrime; quando vi perseguita notte e giorno il fatto di essere nero, non sapendo mai che cosa vi può accadere; allora voi comprendete perché per noi è tanto difficile aspettare“.
Sempre nel 1963, in agosto, Martin L. King guidò un’enorme manifestazioneinterrazziale a Washington, dove pronunciò il suo discorso più famoso, poetico e struggente: “Ho un sogno” (I have a dream).
La marcia dei 250.000 arrivò a Washington il 28 agosto, per chiedere l’approvazione della legge sulla parità dei diritti civili per bianchi e neri. Oltre 80.000 dei partecipanti all’evento erano bianchi e marciavano insieme agli altri cantando ‘Black and white together’ (neri e bianchi insieme). Fu una manifestazione molto pacata e vi partecipò tutta la comunità americana, singoli individui e gruppi politici e religiosi, associazioni, sindacati dei lavoratori, bianchi, neri, meticci ed indiani: fu un’azione collettiva, di tutta la nazione americana, a favore dei più deboli ed emarginati. Le telecamere di tutto il mondo erano puntate sulla marea umana che si era raccolta intorno al monumento a Lincoln per chiedere un mondo migliore, dove giustizia ed uguaglianza non fossero utopie, ma realtà. Milioni di telespettatori in tutto il mondo, seguirono affascinati questo evento ad ascoltarono la voce di Martin Luther King, a cui fu affidato il discorso conclusivo. Il suo discorso fu accolto da applausi scroscianti. A proposito della marcia di Washington, Martin Luther King scrisse: “…L’estate del 1963 è stata una rivoluzione perché ha cambiato il volto dell’America…”. Questa marcia pacifista e la figura di Martin Luther King ebbero risonanza mondiale, e le sue predicazioni e i suoi scritti furono tradotti e letti in molti Paesi, ed anche in Italia.
Il 1964 fu un anno importante.
La legge per i diritti civili venne approvata il 10 febbraio 1964. Durante una manifestazione pacifica la polizia si scagliò con ferocia su un corteo di dimostranti, sguinzagliando cani e azionando idranti contro ragazzi inermi. Sotto la pressione dell’opinione pubblica inorridita, il Governo dichiarò illegale la segregazione nei negozi e nei locali pubblici, e stabilì che l’assunzione al lavoro doveva essere egualitaria per bianchi e neri. Erano vietate le discriminazioni per l’iscrizione ai registri elettorali ed era sancito l’obbligo di ammettere tutti i cittadini, senza distinzioni di razza, a qualsiasi scuola o esercizio pubblico. La battaglia, però, durò ancora a lungo e negli Stati del Sud, soprattutto l’Alabama e il Mississippi, continuarono a registrarsi episodi di neri picchiati e uccisi dai razzisti bianchi del Ku Klux Klan.
Il 14 ottobre Martin Luther King ricevette un telegramma da Stoccolma: “Il premio Nobel per la pace è stato assegnato a Martin Luther King per aver fermamente e continuamente sostenuto il principio della non-violenza nella lotta razziale nel suo Paese“. I 34 milioni del premio vennero messi a disposizione del Movimento per i Diritti Civili.
Ma ancora l’effettiva uguaglianza tra bianchi e neri era un obiettivo lontano.
A metà degli anni Sessanta il movimento per i diritti civili si spaccò: un gruppo di attivisti neri si oppose alle scelte moderate e pacifiste di King e diede vita a forme di protesta più radicali caratterizzate dallo slogan Blackpower (potere nero).
Tra mille difficoltà e molti oppositori Martin Luther King continuò a correre da una parte all’altra degli Stati Uniti per diffondere le idee del Movimento per i Diritti Civili, che estese la sua richiesta di riforme sociali non solo alla comunità nera, ma a tutti gli americani poveri, e si impegnò contro il coinvolgimento degli USA nella guerra del Vietnam.
Nel marzo 1968 Martin Luther King stava preparando la marcia della “miseria nazionale” durante i poveri di tutte le razze sarebbero dovuti arrivare da tutti gli Stati USA a Washington.
Il 27 marzo nella città di Memphis, in Tennessee, seimila americani neri attraversarono in corteo la città per solidarietà con 1.700 spazzini in sciopero e Martin Luther King era in testa al corteo. Pochi giorni dopo, il 3 aprile, Martin Luther King parlò, sempre a Memphis, davanti a quindicimila. Il giorno seguente, si trovava con altri membri del Movimento per i Diritti Civili in una stanza dell’Hotel Lorraine. Si affacciò ad un balcone dell’Hotel e venne colpito da un colpo di fucile. Quando morì aveva solo 39 anni ed era nel pieno della sua battaglia. Il colpo era partito dalla casa di fronte, e approfittando dei momenti di panico che seguirono, l’assassino si allontanò indisturbato. Il presunto killer fu arrestato a Londra circa due mesi più tardi, si chiamava James Earl Ray. L’uomo si proclamò innocente e disse di sapere chi fosse il vero colpevole, ma non sapremo mai la verità perchè venne accoltellato la notte seguente nella cella in cui era rinchiuso.
Al suo funerale parteciparono migliaia le persone d’ogni ceto e razza.
Celebrò la cerimonia suo padre, il pastore Martin Luther King senior, che fece riascoltare una predica registrata del figlio, nella quale, tra l’altro, diceva: “Se qualcuno di voi sarà qui nel giorno della mia morte, sappia che non voglio un grande funerale. E se incaricherete qualcuno di pronunciare un’orazione funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del mio premio Nobel, perché non ha importanza… Vorrei solo che dicesse che sono stato una voce che ha gridato nel deserto per la giustizia, e che ho tentato di spendere la mia vita per amare e servire l’umanità».
CorettaKing, anche dopo la morte del marito, continuò la sua lotta contro la segregazione razziale e a favore della pace del mondo.
I Have a Dream – Martin Luther King jr
Riassunto del Discorso Pronunciato da Martin Luther King a Washington il 28 Agosto 1963.
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della schiavitù. Ma cento anni dopo, i neri non sono ancora liberi; cento anni dopo, la vita dei neri è ancora una vita in catene, e queste catene sono la segregazione e la discriminazione. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti qui, nella capitale degli Stati Unti, per incassare una cambiale. Quando i Padri Fondatori scrissero la Costituzione Americana e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono una cambiale ad ogni americano. Questa cambiale prometteva a tutti gli uomini, ai negri tanto quanto ai bianchi, il diritto di godere in America dei principi inalienabili della vita, del diritto alla libertà e del diritto alla ricerca della felicità. E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo impegno e non ha pagato la cambiale data ai suoi cittadini neri. Invece di pagare la sua cambiale, invece di onorare il suo debito, l’America ha consegnato ai neri banconote false, e quindi siamo venuti per incassare questo cambiale, per ricevere le banconote vere della libertà e della garanzia di giustizia. Siamo anche venuti per ricordare all’America l’urgenza dell’adesso. Questo è il momento di realizzare le promesse; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti. Sarebbe la fine per questa nazione, se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un autunno di libertà ed uguaglianza. Il 1963 non è una fine, ma un inizio. Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai neri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. Ma c’è qualcosa che devo dire alla mia gente. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste. Non soddisfiamo la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio; conduciamo la nostra lotta con dignità e disciplina; non permettiamo che la nostra protesta degeneri in violenza; rispondiamo alla forza fisica con la forza dell’anima. Molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, capiscono che il loro destino è legato col nostro destino, e che la loro libertà è legata alla nostra libertà. Questa offesa che è l’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Quando potremo sentirci soddisfatti? Non saremo mai soddisfatti finché il nero sarà vittima degli orrori a cui viene sottoposto dalla polizia; finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città; finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono ‘riservato ai bianchi’; finché i neri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente. Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e sofferenze. Ritornate nel Mississippi, in Alabama, South Carolina, in Georgia, in Louisiana; ritornate ai vostri ghetti delle grandi città del nord, sapendo che questa situazione può cambiare, e cambierà. Non sprofondiamo nella disperazione. E anche se dovrete affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io ho un sogno. Io un sogno: nel mio sogno, un giorno, questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso dei sui ideali. Tutti gli uomini sono creati uguali, questo è uno dei sui ideali. Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, i figli degli uomini che un tempo furono schiavi e i figli degli uomini che un tempo furono schiavisti, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza. Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, perfino lo stato del Mississippi, dove oggi c’è arroganza ingiustizia e oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia. Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, i miei quattro figli piccoli non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Io ho davanti a me un sogno, oggi! Difendiamo insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quel giorno tutti gli uomini sapranno cantare insieme l’America, dolce terra di libertà. Se l’America vuole essere una grande nazione, possa questo accadere. Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. Risuoni la libertà negli alti monti della Pennsylvania. Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve. Risuoni la libertà dai dolci pendii della California. Ma non soltanto. Risuoni la libertà dalle montagne della Georgia. Risuoni la libertà dalle montagne del Tennessee. Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.
L’ELEFANTE dettati ortografici e letture.In molti Paesi asiatici migliaia di giganteschi pachidermi, ridotti in cattività, passano l’esistenza al servizio dell’uomo. Testo per la dettatura, la lettura e il riassunto.
Apparve all’improvviso, stagliandosi in tutta la sua mole contro il denso verde di una foresta dell’India meridionale: un colosso con la pelle color grigio scuro che scendeva per il sentiero soleggiato di montagna, trasportando un tronco di palissandro serrato fra le zanne e la proboscide arrotolata. Aveva una grazia ed un’agilità di movimenti inaspettata. Si sarebbe quasi detto che il vero re della giungla asiatica trovasse divertente lavorare per l’uomo come boscaiolo.
Era la prima volta che vedevo un elefante al lavoro. In molti Paesi asiatici migliaia di questi meravigliosi animali passano parecchi anni della loro vita al servizio degli uomini, trasportando, spingendo, sollevando e manovrando pesanti carichi. Aggiogato a un aratro, uno di questi elefanti può dissodare il terreno lungo il confine tra l’India e il Nepal. Carico di medicinali può avanzare nella giungla thailandese e raggiungere villaggi malarici tagliati fuori dal mondo. Servendosi dell’ampia e ben corazzata fronte, riesce a smistare i vagoni merci in una stazione ferroviaria e, con l’aiuto delle zanne e della poderosa testa, a raddrizzare un’auto capovolta.
Ma è come boscaiolo che questo elefante tuttofare primeggia. Lo si può vedere all’opera nelle foreste thailandesi mentre sposta un tronco di legno di tek pesante due tonnellate, lo spinge fino all’orlo di un precipizio e poi lo fa cadere in un corso d’acqua che scorre quasi 100 metri più in basso. E’ capace di sciogliere un groviglio di tronchi che galleggiano su un fiume della Birmania, individuando con esattezza quello che blocca gli altri e smuovendolo, pronto a tirarsi da parte per evitare di essere investito dalla valanga dei tronchi liberati. Con una fune legata ai grossi molari lunghi 30 centimetri può, insieme con un compagno, trascinare un tronco del diametro superiore all’altezza di un uomo. Nello Stato del Kerala, nell’India meridionale, c’è perfino un elefante privo di una zanna che è capace di sollevare l’estremità si un tronco fino alla ribalta posteriore di un autocarro e poi, afferrata saldamente con la proboscide e con l’unica zanna l’altra estremità, di spingerlo pian piano fino in fondo.
Ma non è solo in tempi recenti che l’elefante asiatico ha messo la sua eccezionale abilità al servizio dell’uomo. Già nel 326 aC il re indiano Poro andò incontro alle schiere di Alessandro Magno con 200 elefanti da guerra. Inoltre per secoli l’elefante, ornato da splendide bardature, ha preso parte a cerimonie con re e sacerdoti. Diversi anni fa, all’incoronazione del re Mahendra del Nepal, ho assistito a una processione di questi nobili animali. Dipinti di nero, di rosso vermiglio e d’oro, sfilavano solenni lungo le strade tutte imbandierate di Kathmandu davanti alle autorità nepalesi ed estere.
Come può un animale selvatico, cresciuto nella giungla, ritrovarsi un bel giorno a far parte di un corteo, a trasportare medicinali o a trainare legname in una foresta di alberi di tek? Sono le sue stesse abitudini e la sua stessa indole mite a spiegare come mai sia così addomesticabile.
Allo stato libero l’elefante asiatico, che vive in branchi formati da 5 a 50 individui, si muove di continuo nelle foreste per procurarsi i quasi 300 chilogrammi di cibo che costituiscono la sua razione giornaliera. Strappa un ramo da una panta di bambù o da un fico e se lo mangia tutto, oppure, sradicato un arbusto dal sapore gradito, lo sbatte contro la zampa anteriore per liberarlo dalla terra e, contraendo i 40.000 muscoli della sua potente proboscide, lo porta alla bocca. Per annaffiare il pasto, poi, raggiunge un fiume o uno stagno e aspira enormi quantità d’acqua, da 130 a 190 litri il giorno.
Ma nella sua ricerca di cibo e di acqua l’elefante lascia dietro di sé tracce evidenti, facilitando il compito a chi vuole catturarlo. Uno dei modi più semplici consiste nello scavare una grande fossa e nell’aspettare che ci caschi dentro. Una volta caduto in trappola, l’animale viene legato e condotto fuori su per una rampa fra due elefanti già addomesticati. Esistono però altri metodi di cattura: lunghe funi terminanti in grossi nodi scorsoi sistemate lungo le piste della foresta in modo da accalappiare gli elefanti per le zampe; oppio mescolato a foraggio e portato nella foresta; proiettili anestetizzanti; elefantesse addomesticate, vere e proprie Dalila della foresta, che attirano i maschi selvatici così che i mah-out possano prenderli al laccio. Interi branchi vengono catturati in India e in Pakistan orientale con lo spettacolare sistema del kheddah: gli elefanti selvaggi vengono sospinti fuori del cuore delle foreste e convogliati verso un recinto circondato da un largo e profondo fossato o da un’alta palizzata provvisoria.
Tra gli elefanti catturati ce ne sono alcuni troppo riottosi o troppo vecchi per essere addomesticati. Ma di solito dopo un periodo che va dai nove mesi a un anno questi colossi, ormai domati, cominciano la loro vita di lavoro. Seguiamo ora un elefante indiano nel suo corso di addestramento.
Chiameremo il nostro elefante Ravi, dal nome del fiume che nasce nell’Himalaya. E’ un animale nobile, alto quasi tre metri, con testa e torace massicci, dorso allungato, piatto e spiovente, zampe corte e grosse e una lunga coda che termina in un ciuffo. Quando lo incontriamo sta barrendo con furia. E’ appena uscito dalla fossa in cui era caduto e una o due coppie di elefanti addomesticati lo spingono ai fianchi guidandolo verso il kraal.
Il kraal è un recinto di grossi tronchi nel quale gli elefanti catturati vengono chiusi e impastoiati. “Dopo una settimana o due”, spiega l’incaricato, “il mah-out entrerà nel kraal, darà a Ravi delle foglie di palma, lo farà bere e gli offrirà melassa o banane per ingraziarselo, comincerà a carezzagli il fianco e il muso e a parlargli con dolcezza. Dopo u mese circa Ravi lascerà il kraal, sempre accompagnato da una coppia di elefanti addomesticati, andrà al fiume a fare un bagno e poi verrà legato a un albero. Nel recinto ormai non tornerà più”.
Poco per volta il mah-out insegna a Ravi ad eseguire gli ordini che lui gli dà, sempre con la stessa inflessione, in lingua hindi: “Siediti”, “Chinati”, “Vai avanti”, “Sdraiati”, “Bevi”, “Alza la zampa”. Quante parole imparerà a riconoscere Ravi? Forse, e senza fatica, più di una ventina. Ma nessuno sa quale sia il limite massimo. Sir Richard Aluwihare, ex alto commissario di Ceylon in India, ha affermato che un elefante può arrivare a conoscere fino ad 82 parole.
Una vita ordinata, dei pasti regolari e l’affetto di cui è circondato finiscono col far superare all’elefante lo shock iniziale della cattività. Adesso Ravi, non appena il mah-out lo tocca anche lievemente dietro l’orecchio o contrae i muscoli della coscia, obbedisce subito, senza esitare. Alla prossima asta di elefanti Ravi sarà con ogni probabilità venduto a un prezzo molto alto.
Se viene impiegato per il lavoro nelle foreste dello Stato di Mysore, in India, un elefante come Ravi comincerà la sua fatica alle otto del mattino e finirà all’una del pomeriggio: fa troppo caldo per lavorare otto ore al giorno. Quando la sua giornata lavorativa è finita, l’elefante fa ritorno al campo, riposa finché il sudore non gli si è asciugato, poi scende al fiume dove il mah-out lo striglia con una pietra o con il guscio di una noce di cocco. Tornato al campo, consuma il suo pasto, quasi 25 chili di paglia e una quindicina di chili di riso, e quindi è libero di andarsene in giro per la foresta a farsi un altro spuntino. A sera fa un altro pasto e, dopo aver dormito solo quattro ore, torna a girovagare nella foresta mangiucchiando fino all’alba.
Gli elefanti adibiti al lavoro sono trattati con molta cura. “Noi accertiamo la capacità di traino di ogni elefante” mi disse Raghavendra Rao, veterinario del Ministero delle Foreste del Mysore, “e lo stabiliamo in rapporto alla pendenza del terreno, al volume dei tronchi, alla distanza da percorrere e alle condizioni dell’elefante”. Mentre Rao mi parlava, arrivò un mah-out seguito dal suo elefante. L’elefante sembrava camminare a fatica e il mah-out era venuto a chiedere un consiglio. “Gli elefanti che lavorano”, mi spiegò Rao, “possono soffrire di disturbi di stomaco, di coliche, di diarrea o di malattie contagiose”. Quell’elefante aveva una piaga infetta sul ventre. Rao diede al mah-out una pomata allo iodio e questi la spalmò con delicatezza sulla piaga. Lo iodio certamente bruciava, ma l’elefante per trovare un po’ di sollievo al dolore si limitava a dondolare la zampa anteriore.
Le premure che i mah-out hanno per i loro elefanti sono comprensibili. Lavorando nella foresta con questi giganteschi boscaioli essi finiscono con l’affezionarcisi. A parte qualche eccezione, i colossi sono in genere docili, mansueti ed estremamente pazienti. Le femmine poi sembrano avere il carattere più tranquillo e più mite del mondo.
Riusciranno gli elefanti a continuare a sopravvivere come forze lavorative nell’Asia moderna? Riusciranno a competere con i trattori e con le nuove macchine che abbattono, smembrano, spuntano ed accatastano gli alberi?
In alcune foreste, certamente no. La Thailandia, per esempio, sta sostituendo gli elefanti con trattori adibiti al trasporto di tronchi, mentre nei cantieri di disboscamento in India il numero degli elefanti che lavorano è in diminuzione. Ma l’Asia p grande e ci sono ancora foreste per centinaia di milioni di ettari dove il lavoro degli elefanti è indispensabile. Non soltanto l’elefante è un mezzo più economico, ma è anche insieme un motore, un trattore, una gru, un autocarro e, per finire, anche una specie di calcolatore elettronico.
“I vari movimenti che un elefante compie nel manovrare i tronchi non sono il risultato di un addestramento”, dice il dottor John F. Eisenberg del Parco Zoologico Nazionale di Washington “E’ l’animale che, una volta sollevata un’estremità del tronco da terra e sistemata la catena in bocca, la sposta fino a trovare il punto di equilibrio. Quando l’elefante capisce che cosa si vuole da lui, lo fa improvvisando. Esiste forse una macchina capace di tanto?”.
Certo è probabile che, con l’intelligenza che ha, l’elefante selvatico possa aver già fatto dei nuovi programmi per il suo avvenire che escludono la possibilità di lavorare per l’uomo. Alcuni elefanti, mi ha detto in tono solenne una guardia forestale, hanno imparato a tenere con la proboscide una lunga canna di bambù in posizione verticale e quando se ne vanno in giro nella foresta saggiano con quella il terreno per assicurarsi che non nasconda insidie.
La guardia forestale non aveva mai visto personalmente gli elefanti farlo, ne aveva soltanto sentito parlare. Siccome mi trovavo in un kraal in India, pensai di porre a bruciapelo la domanda proprio a un elefante. Non mi rispose, si limitò a strizzarmi l’occhio.
S. E. Fraezer
L’ELEFANTE dettati ortografici e letture. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture. Una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La lepre e il coniglio
Sono stretti parenti e tutti e due hanno, dietro gli incisivi superiori, altri due piccolissimi denti. La lepre è agile, con le orecchie lunghe; mangia di tutto, foglie, gemme, cortecce d’albero. Perciò, specie d’inverno, quando non trova altro, è assai dannosa ai giovani alberi di cui rode la corteccia. Il coniglio, più piccolo della lepre, vive nelle tane che scava da sé. E’ un animale enormemente prolifico: da una sola coppia, in un anno, possono nascere, con le successive generazioni, oltre mille coniglietti.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La vita dei castori Il castoro è uno dei più grossi roditori; infatti, raggiunge il metro di lunghezza senza la coda e può pesare fino a trenta chilogrammi. Il suo corpo, sostenuto da arti corti e robusti, è tozzo e massiccio; la testa, di forma conica; il collo, molto corto. Ma la caratteristica essenziale del castoro consiste nel suo notevole adattamento alla vita acquatica. Le zampe posteriori di questo animale, palmate come quelle di un’anitra, gli permettono di nuotare rapidamente; la coda, larga, piatta e ricoperta di squame, gli serve per nuotare. Le narici e i condotti auricolari vengono chiusi mediante valvole, quando nuota in immersione; mentre la cavità boccale si chiude dietro gli incisivi quando, in fondo ai fiumi o ai laghi, rode il legno coi denti. In Europa i castori sono quasi scomparsi; se ne trovano ancora in Francia nella valle del Rodano, in Norvegia, in Polonia, in Russia e lungo il corso medio dell’Elba; ma essi abbondano in modo particolare in Canada. I costumi del castoro, il suo meraviglioso istinto, la sua intelligenza, fanno di lui un animale assolutamente unico. Sotto certi aspetti, la sua vita è simile a quella dell’uomo: vive in società, costruisce la sua dimora e accumula provviste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abili boscaioli I castori del Canada si stabiliscono nelle regioni boscose attraversate da numerosi piccoli corsi d’acqua. Riuniti in gruppi, che variano dai 200 ai 300 individui, essi edificano, anzitutto, una diga sul corso d’acqua attiguo al loro accampamento. La forma della diga dipende dalle condizioni del terreno. Certe dighe sono convesse, altre concave, altre infine a zig-zag. La loro lunghezza può variare da un metro a più di 500 e l’altezza raggiunge uno o due metri. Di volta in volta boscaioli, carpentieri, muratori, i castori abbattono gli alberi necessari per edificare la diga che si propongono di costruire; li rodono a una trentina di centimetri di altezza, in modo da formare un intaglio tutt’intorno, che viene approfondito in forma conica. Se l’albero è vicino alla riva del fiume, lo intaccano più profondamente dalla parte dell’acqua, il che dimostra che essi sanno molto bene dirigerne la caduta. Quando l’albero è sul punto di crollare, essi continuano più lentamente la loro operazione e, appena comincia a inclinarsi, ne aiutano e ne dirigono la caduta con le zampe anteriori. Appena l’albero è caduto in acqua, i castori si tuffano e restano nascosti per qualche attimo, senza dubbio per timore che il rumore del crollo attiri qualche loro nemico. I nemici, d’altra parte, sono segnalati da apposite sentinelle, le quali battono sull’acqua grandi colpi di coda. Una volta abbattuto l’albero, il castoro lo trasporta ai piedi della diga, lasciandolo galleggiare e trascinandolo. Per trasportare gli alberi, abbattuti lontano dal luogo in cui deve sorgere la diga, essi scavano canali artificiali lunghi anche parecchie centinaia di metri, in modo da poter sfruttare la corrente dell’acqua. Quando il tronco è stato in tal modo trasportato vicino al punto in cui deve essere costruita la diga, il castoro se ne impossessa definitivamente, ne aggiusta un’estremità sotto il collo e lo spinge avanti, fin là dove deve essere trascinato sott’acqua. Generalmente i castori fanno andare a fondo il legname per le costruzioni lasciando che si inzuppi e si impregni d’acqua, ma talvolta lo trascinano essi stessi, nuotando in immersione, e lo ormeggiano sott’acqua.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abilissimi ingegneri Quando il materiale è pronto, gli animali si mettono all’opera. Sul fondo del fiume essi piantano dei pioli alti un metro e mezzo o due e li allineano gli uni accanto agli altri; in compenso li rendono stabili con grosse pietre. Successivamente li collegano gli uni agli altri con rami flessibili e saldano il tutto con fango mescolato a foglie morte. Essi lavorano il fango soprattutto con l’aiuto delle zampe anteriori, che hanno l’agilità delle mani; contrariamente a quanto si crede, la coda non serve loro da cazzuola. Una diga terminata ha uno spessore di 3-4 metri alla base e di metri 0,60 nella parte superiore. La parete a monte è inclinata di circa 45 gradi; quella a valle è verticale. E’ questa la disposizione migliore per resistere alla pressione dell’acqua, che si esercita così su una superficie in pendenza. In certi casi i castori spingono ancora più oltre la loro scienza innata sulla resistenza dei materiali. Infatti se il corso d’acqua è lento, essi costruiscono generalmente una diga rettilinea, perpendicolare alle due rive; se è rapido e torrentizio, costruiscono una diga ricurva, in modo che la sua convessità sia rivolta a monte. Così essa resiste meglio alla corrente, che potrebbe travolgerla se fosse dritta. La costruzione delle dighe comincia durante l’estate, quando le acque hanno il livello più basso, e si protrae fino ai primi freddi. Inoltre i castori, in caso di necessità, sanno scavare canali di scarico per i bacini. Nel lavoro, che essi svolgono di comune accordo, i castori hanno a volte delle iniziative stupefacenti, che dimostrano in questi roditori l’esistenza di un’intelligenza e di una notevole capacità di intesa e di collaborazione. Si è scoperto, per esempio, un canale costruito dai castori che scorreva su terreni a diverse altezze: il suo corso era stato sbarrato da tre dighe, una per ogni dislivello del terreno. La prima parte di tale canale era alimentata dall’acqua di uno stagno, le altre dalle acque scorrenti che le dighe, prolungandosi ben oltre le due sponde, riuscivano a raccogliere. Era in atto qui un sistema di chiuse simili a quelle realizzate dall’uomo come ingegnoso mezzo destinato a raccogliere le acque sparse.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Una casa per ogni famiglia Una volta costruita la diga, i castori si separano in coppie e ciascuna di esse si costruisce una capanna o sulle piccole isole degli stagni formati dalle dighe, o sugli argini. Le capanne sono fatte di rami intrecciati, di pietre e di ghiaia e tutto viene cementato per mezzo di mota e di foglie morte. Esse misurano da tre a cinque metri di diametro e sono alte un metro me mezzo o due metri. L’ingresso è costituito da un tunnel sommerso, in modo che il castoro è protetto contro gli attacchi dei nemici esterni. In inverno le pareti della capanna gelano,, divenendo solide e impenetrabili anche a un orso che per avventura potesse raggiungerle, quando lo stagno è coperto di ghiaccio. L’interno della capanna è una stanza vasta e confortevole. I castori, nonostante la vita quasi acquatica, non si nutrono di pesci. Durante la bella stagione rodono le radici delle piante d’acqua e soprattutto le radici delle ninfee. La scorza dei grandi alberi o degli alberi di media grossezza, che è troppo dura, non serve loro come cibo, ma in compenso essi rosicchiano con gusto la scorza dei ramoscelli e degli arbusti, che è tenera e nutriente. Per procurarsela, essi abbattono gli alberi come abbiamo visto, e ne staccano i rami. Quando viene l’inverno, il castoro si immerge sotto il ghiaccio che ricopre lo stagno sulle cui rive egli si è stabilito, sceglie tra il mucchio delle provviste accumulate quel ramo che gli sembra più conveniente e lo trasporta nella capanna. Se è un ramo di betulla, ne mangia la seconda scorza e lo strato situato tra la scorza e la parte più interna, mentre utilizza la scorza esterna, ridotta in trucioli, per rifare il giaciglio. Se invece si tratta di un ramo di pioppo, egli rosicchia tutta la scorza, abbandonando il pezzo di legno. Ogni anno, a primavera, la femmina dà alla luce da due a sei piccoli, che nascono ciechi e che la madre allatta per circa un mese. Nel frattempo essa allontana dalla capanna il maschio, il quale deve andare ad abitare in un altro alloggio. I piccoli del castoro acquistano la vista solo verso la fine dell’ottavo giorno; si muovono con difficoltà e non sanno nuotare. A tre mesi essi sono ancora impacciati e restano sott’acqua solo per poco tempo. E’ necessario un certo esercizio, prima che riescano a trattenere la respirazione per qualche minuto. Quando ormai sono diventati adulti, il che avviene verso l’età di due anni, prendono possesso della capanna dei loro genitori i quali se ne costruiscono una nuova. La vita dei castori dura da quindici a venti anni. Il castoro è un animale simpatico, che si lascia facilmente addomesticare. Ma, generalmente, quando viene addomesticato, perde ogni iniziativa e ogni volontà. Per questo, di solito, si mettono a sua disposizione dei cunicoli artificiali, simili a quelli nei quali egli vive in libertà, e un vano largo e ben aerato che può aprirsi sull’esterno per permettere di pulire l’ambiente. Generalmente lo si nutre con scorze, grano e carote. All’inizio egli cerca di trasportare le sue provvigioni in un altro luogo, poi si abitua al nuovo genere di vita e si fissa definitivamente nella sua dimora.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Girotondo dei topi Trottano i sorci lungo le pareti del solaio, sono d’umore gaio: è morto il gatto del secondo piano, quel tremendo soriano! L’hanno visto stecchito tenuto per la coda dai ragazzi che l’hanno seppellito in fondo all’orto. Allegri! E’ proprio morto! Erano tutti sotto l’abbaino a guardar giù coi musetti appuntiti e gli occhi che lucevan come spilli. Ora per la soffitta corrono in tondo in tondo e fanno un gran fruscio tra le cartacce vecchie. Son quaderni ingialliti di greco e di latino buoni da rosicchiare: un bel festino! Poi ancora a trottare con le code diritte come stecchi fra i mobili azzoppati, fra le sedie sfondate, gli stracci e i ferrivecchi. Ogni tanto qualcuno si riposa e va a guardare dentro il buco nel muro la sua nidiata di topini rosa. Girano in tondo in tondo nella soffitta oscura. Ah, com’è bello il mondo se non c’è la paura! (Enrico Guastaroba)
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La trappola La trappola a è lì, alla posta, all’angolo della soffitta: all’uncino di ferro una crosta di pecorino è confitta, e spande oltre il telaio di fili un odore che invita i topi, che nel solaio trascorrono la loro vita. La trascorrono lieti e sereni tra fugaci guizzi di code tra rapidi andirivieni tra i rumori del dente che rode, che rode la buccia ed il chicco, un brano di libro illustrato e ciò che in dispensa o nel ricco ripostiglio hanno rubato. Ora hanno scoperto qualcosa di strano, una scatola a fili che sta ferma nell’ombra, una cosa che manda profumi sottili. V’entra un topo. Ha toccato col muso appena la crosta, che scatta la molla; il portello s’è chiuso con rabbia quasi di gatta. E’ passata tutta la notte sul terrore del prigioniero; ma l’alba s’affaccia alle porte della terra, svelando il mistero. L’uomo piano piano è salito a vedere. Sì, c’era. E vicini alla madre dall’occhio spaurito ha veduto sei topolini: sei topini di rosa ivi nati la notte, in prigione. Anche un gatto li avrebbe, forse, lasciati. Il cacio, all’uncino, era intatto. (Giuseppe Porto)
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Simboli grammaticali Montessori: materiale stampabile. Il materiale comprende: stencil dei simboli grammaticali, carte delle nomenclature per i simboli grammaticali, simboli grammaticali stampabili(grandi e piccoli), tabella delle parti del discorso, libro delle parti del discorso e cartellini dei titoli per le parti del discorso.
Per lavorare con i bambini alla psicogrammatica abbiamo bisogno di disporre di alcuni materiali, che possono essere realizzati facilmente anche a casa.
Per i simboli grammaticali abbiamo due livelli:
primo livello: comprende le nove parti del discorso
secondo livello: in aggiunta alle nove parti del discorso, comprende i “simboli avanzati” che precisano il nome (nome comune, proprio, astratto, collettivo) e il verbo (transitivo, intransitivo, copulativo, infinito, gerundio, participio, ausiliare).
Questa è parte del materiale di primo livello che ho preparato:
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Cartellini dei titoli delle parti del discorso con simboli grammaticali:
Sono utili per etichettare le scatole dei materiali e per le presentazioni. Se vuoi utilizzare quelli che ho preparato, li trovi qui:
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Stencil delle parti del discorso in due misure:
da stampare e plastificare. Possono essere realizzati facilmente anche in cartoncino, anche in altre misure. Se vuoi utilizzare quelli che ho preparato io, li puoi scaricare gratuitamente qui:
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Carte delle nomenclature per le nove parti del discorso:
utili per le presentazioni e per l’esercizio individuale. Se vuoi utilizzare quelle che ho preparato io, le puoi scaricare qui, insieme al libretto:
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Simboli grammaticali grandi, utili per le presentazioni e per l’esercizio individuale.
Simboli grammaticali piccoli:
Per conservarli io ho preparato delle scatoline origami molto semplici e veloci: la scatola con una pagina dell’elenco telefonico, e il coperchio in carta colorata. Basta utilizzare per la scatola un foglio di circa 0,5 cm più piccolo rispetto al foglio che usiamo per il coperchio, e l’incastro è perfetto. Il tutorial fotografico per le scatoline lo avevo già pubblicato qui: scatola origami con coperchio tutorial
I simboli grammaticali ritagliati sono utilissimi nelle presentazioni, per etichettare il materiale, e naturalmente per gli esercizi di analisi dei bambini. Sono facilmente realizzabili, anche in cartoncino colorato.
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Tavola delle parti del discorso: da tenere a disposizione dei bambini o da appendere al muro, in prossimità dello scaffale per i materiali della psicogrammatica:
Se volete utilizzare quella che ho preparato io, la trovate qui stampabile gratuitamente qui:
Simboli grammaticali Montessori e definizioni: materiale stampabile per il PRIMO LIVELLO
Libretto delle parti del discorso: utile da consultare mentre si lavora con le carte delle nomenclature, e durante i lavori di analisi, anche per approfondimenti e per stimolare la ricerca.
Psicogrammatica Montessori le lezioni e i comandi. Maria Montessori nel 1899 lavorò nella Scuola Magistrale Ortofrenica di Roma, incarico ottenuto in seguito a un suo corso tenuto sempre a Roma per i maestri della scuola pubblica. L’insegnamento della grammatica, allora, non fu completo e profondo come è potuto riuscire coi bambini normali, ma fu un insegnamento brillante: la grammatica era “vissuta”, e i bambini vi prendevano il più vivo interesse. Fu durante questa esperienza che nacquero i “comandi” e le “scatole grammaticali”.
Come racconta Maria Montessori, in questi primi esperimenti di didattica preparò per i bambini serie di parole stampate su cartellini singoli, che insieme potevano comporre frasi o proposizioni. I primi abbinamenti fatti dai bambini con questi cartellini potevano essere del tipo nome-aggettivo, ad esempio: “lana-rossa”, “confetto-dolce”, “cane-quadrupede”. Poi gli abbinamenti potevano includere articolo e verbo: “la minestra è calda”, “Maria mangia i confetti”.
Per facilitare la scelta dei cartellini, Maria Montessori li dispose all’interno di alcuni casellari separati, un casellario per il nome, uno per l’aggettivo, uno per il verbo, uno per l’articolo, ecc… Ogni casellario era poi suddiviso ulteriormente per tipo. Ad esempio il casellario del nome era diviso in: persone, vestiario, cibi, animali; il casellario dell’aggettivo in: colori, forme,…; il casellario dei verbi in: infinito, presente, passato, futuro. Grazie a questi casellari i bambini non solo erano in grado di comporre frasi, ma imparavano con la pratica a riporre ogni parola nella giusta scatola, e in questo modo si preparavano all’analisi grammaticale. Dopo un certo numero di esercizi, infatti, Maria Montessori poteva spiegare ai bambini il significato delle parole stampate sui casellari, ad esempio “Nome”, “Verbo”, “Aggettivo”, ecc…
Per spiegare il nome diceva ai bambini, semplicemente: «Col nome chiamo le persone e gli oggetti. Le persone rispondono se le chiamo; gli animali pure; gli oggetti no, perchè non possono, ma se potessero risponderebbero. Per esempio, se dico: «Maria!», Maria risponde. Se dico: « Ceci!», i ceci non rispondono perchè non possono, ma risponderebbero, se potessero. Però è anche vero che quando dico “Ceci!” potete portarmeli voi, anche se non sanno venire da soli, e lo stesso se dico “Quaderno!” oppure “Mele!”. Se non vi dico il nome dell’oggetto, voi invece non potreste capire di cosa parlo, perchè ogni oggetto ha un nome diverso; il nome è la parola che rappresenta l’oggetto. Se io non dico il nome voi non capite di che cosa voglio parlare; per esempio se dico: “portatemi qui… presto, portatemelo qui, lo voglio!”. Voi non potete portarmi niente, perchè non capite di che oggetto parlo, se non dico il suo nome. Per capire se la parola è un nome bisogna chiedersi:”E’ qualche cosa? Risponderebbe se potesse? Lo potrei portare alla maestra? ».
Dopo questa breve lezione, prendeva dai casellari un po’ di cartellini di nomi, aggettivi e verbi, ad esempio, mischiandoli. Poi li leggeva ai bambini, ad esempio: «Dolce ! Portami dolce! C’è un oggetto che risponde? Mi porti un confetto, ma io non ho detto confetto, ho detto dolce. Mi vuoi dare lo zucchero, io non ho detto zucchero, ho detto dolce. Io volevo l’acqua dolce della bottiglietta dei sapori… Dunque dolce non è un oggetto, perchè se dico dolce, voi non potete indovinare l’oggetto che voglio. Invece se dico: confetti, zucchero, acqua, bottiglia, allora sì che capite cosa voglio, perchè queste parole chiamano degli oggetti, queste parole sono nomi».
Queste prime lezioni che sembravano degli ordini imperfetti, dei comandi a cui mancava la parola e che servivano a presentare una parte del discorso nell’ambito dell’analisi grammaticale, sono state la spinta all’elaborazione delle lezioni di psicogrammatica nella scuola primaria, lezioni che comunemente vengono ancor oggi chiamate “Comandi”.
Con i bambini normodotati questi “Comandi” si sono moltiplicati ed evoluti: non più affidati all’arte drammatica dell’insegnante, i comandi sono diventati cartellini scritti, e sono i bambini stessi a leggerli. Per questo si parla oggi, nella scuola primaria, di “leggere i comandi” o “scrivere i comandi”.
Sempre basandosi sul dato sperimentale, Maria Montessori ha messo a punto per lo studio della grammatica una serie metodica d’esercizi basata su uno specifico materiale preparato.
L’insegnante, nella scuola primaria, ha a disposizione un materiale tutto pronto, non deve pensare a comporre una sola frase, non deve consultare un programma. Gli oggetti che sono a sua disposizione contengono tutto il necessario: basta conoscerne l’esistenza e l’uso. Le lezioni che deve fare sono semplici e richiedono azioni e gesti, più che parole. All’interno della classe i bambini agiscono di continuo, e agiscono da sé. Una volta presentato il materiale, lo riconoscono, e amano trovare da soli precisamente l’oggetto che vogliono scegliere. Con le sue poche lezioni, è come se l’insegnante mettesse in comunicazione dei fili elettrici: ed ecco che la lampadina si accende.
Psicogrammatica Montessori le lezioni e i comandi
La preparazione dell’insegnante deve essere sia interiore, sia esteriore. La preparazione interiore riguarda il tatto da usare in ogni intervento, e la consapevolezza dell’obiettivo. La preparazione esteriore riguarda la conoscenza del materiale.
Gli esercizi principali della grammatica sono: – le concordanze; – le analisi; – i comandi.
Le concordanze sono fatte con l’aiuto di fasci di cartellini appositamente preparati (concordanze fra articolo e nome, tra articolo nome e aggettivo, tra pronome e verbo, tra pronome e nome);
I comandi sono sia lezioni sia esercizi: alla spiegazione segue subito l’interpretazione e l’esecuzione del comando letto da parte dei bambini. Se è possibile, i comandi si fanno non a tutta la classe, ma ad un gruppo di bambini, possibilmente in una stanza vicina, mentre i compagni lavorano coi materiali in classe.
L’analisi è invece un lavoro di isolamento e concentrazione. Mentre il comando dà l’intuizione, l’analisi produce la maturazione. In questi esercizi si usano le scatole grammaticali (o casellari grammaticali). Nello scomparto più grande ci saranno i cartellini delle frasi, ad esempio “Getta il tuo fazzoletto”. Il bambino prende il cartellino della frase e lo pone sul tavolino: poi, prendendo dalle caselle i cartellini colorati corrispondenti alle parole della frase li pone uno vicino l’altro, ricomponendo con essi la frase intera, traducendo coi cartellini colorati le frasi stampate sui biglietti. L’esercizio è semplicissimo, perchè il bambino non deve nemmeno ricordare la frase. E’ eliminato ogni sforzo intellettuale legato alla composizione della frase, e il bambino può concentrare tutta la sua attenzione sui colori, e sui posti dei cartellini nel casellario, (nomi, avverbi, preposizioni, ecc). Il colore e il titolo di ogni casella gli fanno più volte ribadire la conoscenza di una classificazione delle parole secondo il senso grammaticale. Ciò che rende interessanti tali esercizi di analisi, sono gli spostamenti: la maestra, passando, può spostare i cartellini delle parole (o toglierne alcune), modificando il senso della frase e stimolando nel bambino l’intuizione delle regole grammaticali. Infatti non si capisce mai tanto il funzionamento di una cosa, come quando essa viene a mancare. Inoltre gli spostamenti di cartellini dimostrano che il senso del discorso non è dato dalle parole, ma dall’ordine delle parole. Col tempo i bambini si interessano sempre più all’ordine delle parole, e cominciano a ricercare spostamenti di parole che, senza distruggere l’espressione di un pensiero, ne attenuano la chiarezza, o fanno suonare male la frase.
Lavoretti per la festa della mamma: altre 30 e più idee creative. Una collezione di tutorial per realizzare coi bambini della scuola d’infanzia e primaria vari lavoretti e biglietti d’auguri per festeggiare la mamma…
…lavoretti per la festa della mamma realizzati con origami, pittura, paper cutting, progetti di riciclo di vari materiali, pop up, stampa, collage, mollette da bucato e altro ancora…
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1. biglietto d’auguri pop up con modello pronto per la stampa gratuita e istruzioni di montaggio dettagliatamente illustrate (basta cliccare sull’immagine). Per i più piccoli si può pensare di far colorare le parti e poi montarle, per i medi colorare e ritagliare. Molto bello, di http://www.freekidscrafts.com
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2. libretto a cuore, può essere usato per scrivere una bella poesia, di http://familyfun.go.com/
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3. 70 e più progetti creativi per la festa della mamma sul tema “fiori”, qui LAPAPPADOLCE
5. biglietto d’auguri a forma di tulipano di http://crafts.kaboose.com. Molto semplice da realizzare stampando il modello gratuito (clicca su “pattern”)
7. coppa realizzata con cartone di recupero, pasta secca, spray dorato e applicazioni varie, nell’immagine in versione papà, di http://elementaryartfun.blogspot.it/
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8. biglietti d’auguri a stampa. Si crea col nastro adesivo la cornice su una tavoletta plastificata, quindi si passa all’interno il colore a tempera. Il bambino disegna il motivo che desidera eliminando la tempera con un cotton fioc e quindi si stampa appoggiando un foglietto della stessa misura della cornice di nastro adesivo, pressandolo sulla tavoletta. Di http://lets-explore.net/
12. biglietto d’auguri a forma di cuore con interno di fiorellini pop up. E’ disponibile il modello stampabile gratuitamente, ed è possibile quindi modificare il testo una volta che si riporta il modello su cartoncino, di http://www.michaels.com/
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13. le sagome delle manine formano un cuore, biglietto d’auguri. Di http://krokotak.com/
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14. Ancora da http://krokotak.com, quattro cuoricini per un biglietto d’auguri pop up da decorare e completare a piacere
16. fiori e farfalle pop up, nonostante l’apparenza è un lavoretto molto semplice da realizzare coi bambini, seguendo il tutorial fotografico molto ben fatto, di http://krokotak.com/
23. coccarde con cuore, possono essere realizzate con i porta biscotti di carta, decorandoli coi bambini, ed essere donate così oppure per realizzare biglietti d’auguri. Di http://charlottesfancy.com/
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24. le pittura dei più piccole possono diventare un bellissimo biglietto d’auguri per la mamma, di http://www.smallfriendly.com
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto. Una proposta di lavoro sul tema “la fioritura degli alberi a inizio primavera”.
L’esperienza procede rispettando una data sequenza di azioni, che porta il bambino a riflettere sulla condizione dell’albero in questa stagione.
Molto importante è non presentare ai bambini lavori già fatti: vi accorgerete così che proprio chiedendo ai bambini di rispettare una certa sequenza, verrà fuori la personalità di ognuno di loro, e non potranno esserci due alberi uguali, o due verdi uguali, o due marroni uguali ecc…
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto Acquarello steineriano – Materiale occorrente
acquarelli di qualsiasi marca in tubetto o flaconcino (non in pastiglia) nei colori: giallo limone, blu di prussia rosso carminio bianco (facoltativo)
I colori vanno diluiti nei vasetti, in modo che il colore risulti non denso e non carico: diciamo una diluizione abbastanza decisa.
Un pennello a punta piatta largo e con setole di qualsiasi genere, purchè morbide (altrimenti il bambino rischia di graffiare il foglio e noi rischiamo che l’esperienza non venga vissuta come un pieno successo)
una bacinella e un vasetto d’acqua
una spugna che servirà per stendere bene il foglio bagnato sul tavolo, e poi per asciugare il pennello (molto meglio degli straccetti o della carta)
un foglio di carta robusta, meglio se da acquarello (le carte scadenti bagnate possono fare i “pallini”)
Immergere il foglio nella bacinella, quindi stenderlo con cura sul tavolo con l’aiuto della spugna. Bisogna evitare che si formino bolle d’aria, perchè altrimenti la carta rischia di arricciarsi.
Poi si dispone il materiale…
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto Acquarello steineriano – come si fa
Al bambino possiamo dire che stiamo dipingendo un albero fiorito prima, oppure possiamo semplicemente dire che faremo una “pittura” e sarà lui a scoprirlo facendo.
Per prima cosa realizziamo “l’aria profumata di primavera” col rosso carminio molto diluito e il giallo. L’aria profumata è soffice e leggera, allegra…
intensifichiamo il giallo in basso, di modo che poi con poco blu di Prussia otterremo un bel verde giovane, nel quale piantare il seme del nostro albero (rosso carminio)
A partire da questo seme, senza lavare il pennello o prendere altro colore, far scendere le radici verso il basso e il primo abbozzo di tronco verso l’alto.
E’ molto importante non lavare mai il pennello, e non prendere altro rosso: si usa solo il rosso del seme, che si mescola agli altri colori sul foglio.
Il seme nella terra incontra calore, luce e acqua, e così si apre: una parte va verso il basso (le radici), quindi si mette il pennello sul seme e si scende, sempre staccando e senza mai tornare indietro; una parte comincia ad andare verso l’alto (sempre dal seme in su, senza tornare indietro).
Naturalmente mescolandosi rosso blu e giallo si forma il marrone, e non ci saranno due marroni uguali…
Ora possiamo sviluppare l’albero, utilizzando alternativamente rosso, giallo e blu, prendendoli dalle ciotoline quando serve.
Infine lavare benissimo il pennello e con giallo, rosso carminio molto diluito e, se volete, bianco, creare nel profumo di primavera la fioritura dell’albero:
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto
Acquarello steineriano Le pratoline: “Ogni filo d’erba che spunta è una risposta della terra a un raggio di sole…”. Tutorial per realizzare con i bambini una pittura ad acquarello secondo le indicazioni date nella scuola Waldorf.
Acquarello steineriano Le pratoline Colori utilizzati:
giallo limone blu di Prussia giallo oro bianco (se non siete troppo “steineriani”)
Acquarello steineriano Le pratoline Come si fa:
dopo aver predisposto il materiale e bagnato il foglio, cominciare col giallo limone, creando tanti raggi di sole che dall’alto scendono verso il basso incrociandosi tra loro
Col blu di Prussia sentire come la terra risponda coi fili d’erba ai raggi del sole:
continuare questo gioco prendendo altro giallo limone che va dall’alto verso il basso e altro blu di prussia che andando dal basso verso l’alto incontra il giallo.
Quando siamo soddisfatti del nostro prato, fermiamoci ad osservarlo. Sicuramente tra i fili d’erba noteremo dei punti di luce: evidenziamoli con del giallo oro:
Per realizzare le corolle prendiamo un pennello più piccolo, lo bagniamo
e lo usiamo per togliere il colore, così:
poi asciughiamo il pennello sulla spugna, prendiamo altra acqua, e ripetiamo così
Ora, se il bambino è soddisfatto del profumo delle sue pratoline, ci si può fermare così:
Altrimenti, se il bambino lo desidera e se la cosa non viola i vostri principi, potete definire meglio le corolle con del bianco:
Lavoretti per Pasqua: uova decorate – 30 e più progetti. Una collezione di progetti sul tema “uovo di Pasqua” per la scuola d’infanzia e primaria: tecniche per tingere con ingredienti naturali, coi coloranti alimentari, uova trasformate in personaggi, in biglietti d’auguri, in decorazioni per la scuola e la casa; idee per la merenda, e molto altro…
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1. Uova decorate con colori alimentari e colla a caldo.
Bisogna bollire le uova, quindi farle raffreddare e applicare la colla a caldo creando disegni a piacere. Per evitare di scottarsi è utile mettere le uova nella loro confezione di cartone.
Quando la colla si è rappresa, immergere le uova nel primo colorante per il tempo necessario, quindi far asciugare, rimuovere la colla a caldo, applicare un secondo disegno di colla a caldo ed immergere in un secondo colorante, e via così.
Giallo oro: (deep gold) far bollire le uova in soluzione di curcuma e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Terra di Siena: (Sienna) far bollire le uova in soluzione di cipolle rosse e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Marrone scuro: (dark rich brown) far bollire le uova nel caffè nero e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Giallo chiaro: (pale yellow) mettere a bagno le uova in soluzione a temperatura ambiente di curcuma e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Arancio: (orange) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di cipolla rossa e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Marrone chiaro: (light brown) immergere le uova nel caffè nero e due cucchiai di aceto per 30 minuti
Rosa chiaro: (light pink) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di barbabietola e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Azzurro: (light blue) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di cavolo rosso e due cucchiai di aceto per 30 minuti.
Blu: (royal blue) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di cavolo rosso e due cucchiai di aceto per una notte.
Lilla: (lavender) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di barbabietola e due cucchiai di aceto per 30 minuti, quindi immergerle per altri 30 secondi in soluzione di cavolo rosso.
Verdino: (chartreuse) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di curcuma e due cucchiai di aceto per 30 minuti, quindi immergerle per altri 5 secondi in soluzione di cavolo rosso.
Rosa salmone: (salmon) immergere le uova in soluzione a temperatura ambiente di curcuma e due cucchiai di aceto per 30 minuti, quindi immergerle per altri 30 minuti in soluzione di cipolla rossa.
In una prima ciotola versare 3 tazze d’acqua tiepida, 2 cucchiai di aceto, e del colorante alimentare, e immergere l’uovo fino ad ottenere il colore desiderato.
Togliere l’uovo dalla soluzione ed asciugarlo un po’.
In una seconda ciotola, poco profonda, preparare una soluzione di colorante aceto e acqua, scegliendo un colore più scuro, e aggiungere un cucchiaio di olio di oliva.
Con una forchetta creare dei vortici di olio sulla superficie della soluzione, ed appoggiare l’uovo facendolo un po’ rotolare.
Tamponare con carta da cucina e lasciar asciugare.
14. uovo di cartoncino forato lungo il bordo per il gioco dentro-fuori, di http://go.tipjunkie.com
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15. uova a strisce. Avvolgere le uova sode con fasce elastiche di gomma, immergere nel primo colorante, rimuovere alcuni elastici ed immergere nel secondo colorante, poi rimuoverne altri, e così via.
Si tagliano tre sagome di uovo, si piegano a metà nel senso della lunghezza e si incollano tra loro, quindi si decorano con strisce colorate.
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21. Uovo di cartoncino. Ritagliate l’uovo, posatelo su una tovaglia di plastica o un pezzo di carta forno, e per prima cosa fate disegnare o scrivere sull’uovo con un pastello a cera bianco.
Il bambino poi spruzzerà qualche goccia di colorante alimentare e si divertirà a vedere come il colore si diffonde spruzzandovi sopra dell’acqua con un normale spruzzino, senza esagerare…
31. uova decorate scrivendo o disegnando prima con pastello a cera bianco, ed immergendo poi nel colorante. Di http://www.marthastewart.com
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32. bellissimo progetto. Raccogliete foglie e fiori e, ancora freschi appoggiateli ai gusci delle uova, eventualmente aiutandovi con un goccio di colla da carta.
Fissate avvolgendo l’uovo in un pezzo di calza di nylon e chiudendo con uno spago.
Fate bollire nel colorante naturale o artificiale scelto, fate raffreddare, togliete la calza, le foglie ed i fiori.
Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween. Una raccolta di 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: mollette pipistrello, decorazioni paurose, ragni e ragnatele, scheletri e fantasmi, giochi da stampare e giochi di gruppo per animare la festa, idee per merende a tema, streghe, cappelli, scope, gufi, tramezzini e dolci da paura, pozioni, zucche, lanterne e molto altro ancora…
1. Halloween: mollette pipistrello in plastica, in vendita qui: artlebedev.com ma semplici da realizzare con mollette di legno e cartoncino
2. Halloween: festoni in cartoncino nero, non c’è tutorial ma sono di semplice realizzazione; di fortytworoads.blogspot
3. Halloween: gatto di strega, anche questo senza tutorial ma bellissimo; di etsy.com
4. Halloween: tutorial per realizzare la ragnatela incrociando 3 stecchi da gelato e filo bianco di lana. I ragnetti si fanno semplicemente con 4 scovolini da pipa; di crafts.preschoolrock.com
5. Halloween: biscotti della sfortuna, in cartoncino nero, senza tutorial; di www.etsy.com
7. Halloween: fantasmi da appendere, tutorial. Sono realizzati rivestendo un palloncino con garza inamidata (anche acqua e zucchero va benissimo, come facevano le nonne coi centrini all’uncinetto); di http://www.countryliving.com/
8. Halloween: mummia snodabile, tutorial. Si realizza modellando del fil di ferro e poi rivestendo con garza o striscette di tessuto bianco tipo lino; di http://cfabbridesigns.com/
9. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: gioco del tiro al bersaglio coi palloncini (nei palloncini possono essere nascosti dei dolcetti o piccoli regalini a tema); di http://www.marthastewart.com/
12. Halloween: contenitore per i dolcetti da dare ai bambini che suonano il campanello, realizzato a forma di ragno utilizzando due piatti di carta e del cartoncino per le zampe, non c’è tutorial; di http://uniquecraft.info/
15. Halloween: cioccolata calda mostruosa, gli occhi sono fatti con due marshmallows e due caramelline scure; di http://www.tasteofhome.com/
16. Halloween: dolcetti-teschio glassati su bastoncino da leccalecca. La ricetta consiglia di ritagliare le forme da una torta al cioccolato, e poi decorare con glassa bianca e cioccolato, di http://www.redtedart.com/
18. Halloween: ragni decorativi realizzati con tappi di plastica e scovolini da pipa, tutorial di http://kidsactivitiesblog.com/
19. Halloween: lanterne realizzate incollando alle pareti di un vasetto di vetro carta velina arancione e decorando con carta nera, tutorial di http://www.skiptomylou.org/
20. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: percorso a ostacoli da superare senza toccare i nastri di http://chickenbabies.blogspot.com/
25. Halloween: tutte le maestre credo conoscano il gioco della coda dell’asino: qui una versione “gatto da strega”. I bambini bendati devono cercare di mettere la coda al gatto a turno… istruzioni di http://www.bhg.com/halloween/
28. Halloween: questo è un gioco che mi piace molto, e che può essere anche un gioco scientifico nella parte che riguarda lo studio della costruzione della ragnatela. Per la festina di Halloween, l’aspetto ludico consiste nel costruire una ragnatela con del nastro adesivo, in modo che la parte appiccicosa si trovi tutta da un lato. I bambini lanciano batuffoli di cotone che resteranno impigliati nella rete, di http://almostunschoolers.blogspot.com/
29. Halloween: un memory dei colori realizzato con sagome di ragnetti. Il video di un memory dei colori è un po’ eccessivo, ma lo inserisco per segnalare il canale childcareland, ricco di idee soprattutto per la scuola d’infanzia… http://www.youtube.com/
30. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: collage positivo-negativo. Non c’è tutorial, di http://www.teachingblogaddict.com/
32. Halloween: Le tredici notti di Halloween. Si tratta di 13 schede scaricabili gratuitamente per contare alla rovescia l’arrivo della festa, a cominciare dalla notte del 19 ottobre, di http://www.oopseydaisyblog.com/
49. Lavoretti per Halloween: gioco mostruoso per esercitarsi con l’addizione. Ogni bambino pesca tre bulbi oculari (palline da ping pong decorate come nell’immagine) e somma i tre numeri sorteggiati, tutorial di http://www.classroomfreebies.com/
50.Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: semplici vetrofanie realizzate con colla vinilica, coloranti e materiali vari, tutorial di http://letkidscreate.blogspot.com/
52. Lavoretti per Halloween: zucche travestite da pipistrello, tutorial di http://familyfun.go.com/
53. Lavoretti per Halloween: a questo gufo trovate voi uno scopo, io l’ho trovato irresistibile… via http://noms.icanhascheezburger.com/ (blog simpatico)
59. Lavoretti per Halloween: altri fantasmi da appendere, per realizzare questi oltre alla garza e ai palloncini, occorrono quelle cannucce braccialetto che diventano fosforescenti quando piegate (si trovano di solito nei bazar cinesi) di http://simplycreativeinsanity.blogspot.com/
60. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: mele mostruose travestite con caramelle gommose e altro, idea di http://www.parents.com/holiday/halloween/
65. Halloween: ragnatela realizzata con piatto di carta e filo di lana, di http://www.mypreschool-crafts.com/ (insieme a molte altre idee per i più piccoli)
66. Halloween: fantasmi decorativi da appendere, realizzati con carta bianca stropicciata su palloncino e colla vinilica, tutorial di http://www.marthastewart.com/
70. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: e queste, paurosissime, sempre per la stampa gratuita di http://www.marthastewart.com/
71. Halloween:qui un bel gioco per contare. Nell’immagine ci sono le corone da re, ma seguendo il link di seguito arriverete alla tabella con le zucche di Halloween, stampabile gratuitamente. Il dado dovrete invece prepararlo voi, utilizzando una seconda copia della tabella per ritagliare le zucche… di http://mama-jenn.blogspot.com/
72. salatini a forma d’osso realizzati con pasta sfoglia surgelata, ricetta di http://familyfun.go.com/
76. tutorial per realizzare lanterne paurose: fondo di gelatina colorata col t+, candela e decorazione con ragnetti di plastica o realizzati a mano di http://www.marthastewart.com/
79. contenitori per stuzzicchini realizzati travestendo da mummia contenitori vari e bottiglie di plastica tagliate, via http://www.parents.com/
80. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: ghirlanda realizzata con lana filata grigia e sagome di pannolenci, senza tutorial, in vendita qui http://www.etsy.com/listing/
82. Una galleria di pitture a tema realizzate con l’impronta delle dita, di http://www.squidoo.com/
83. semplice costume da pipistrello, con tutorial e cartamodello gratuito di http://alphamom.com/
84. dalla stessa fonte, un costume da gufo, sempre con tutorial e cartamodello gratuito qui http://alphamom.com/
85. decorazione realizzata inamidando (o usando acqua e colla vinilica) del filo grosso nero su un palloncino, tutorial di http://www.bhg.com/halloween/
86. Halloween: budini Frankenstein, realizzati decorando prima i bicchieri trasparenti con la cioccolata, e poi versando il budino (in questa ricetta budino alla vaniglia colorato con colorante alimentare verde) di http://princessandthefrogblog.blogspot.com/
88. Halloween: scheletro componibile, può essere realizzato con calamite, nastro biadesivo oppure velcro, modello stampabile gratuitamente, di http://www.bhg.com/halloween/
110. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween: ghirlanda in carta o strisce di tessuto, semplice da proporre anche ai bimbi più piccoli di http://agapelovedesigns.blogspot.com/
119. un’idea bellissima: decorazione per il soffitto “pipistrello” realizzata ritagliando la sagoma delle mani dei bambini, di http://readingconfetti.blogspot.com/
120. Halloween 120 e più idee creative e lavoretti per Halloween pdf gratuito di un grande scheletro (utile anche per lo studio del corpo umano) qui: http://www.spelloutloud.com/
122. bellissimo tutorial, con modello pdf da scaricare gratuitamente, per realizzare una casetta di strega in cartoncino, di http://www.sarahjanestudios.com/
123. alberello di halloween: i mostriciattoli porta dolci sono realizzati coi rotoli di carta igienica, tutorial di http://eighteen25.blogspot.it/
138. altre lanterne mostruose realizzate con vasetti di vetro, carta velina e colla vinilica, con applicazioni di cartoncino nero, di http://www.gleefulthings.com/blog/?p=3031
Natale: 60 e più modelli di stelle natalizie. Una raccolta di tutorial e immagini da cui trarre ispirazione per realizzare stelle natalizie di carta, materiale riciclato, legno, cartone, perline, pasta e molto altro. Stelle per addobbare l’albero, per decorare le finestre, da regalare, da realizzare coi bambini…
17. tutorial molto dettagliato, con modello stampabile gratuitamente, per realizzare questa stella tridimensionale a 5 punte che può essere utilizzata anche come lanterna, di http://www.homemade-gifts-made-easy.com/
29. stelle natalizie coi fondi di bottiglie di plastica, via http://www.i-do-it-yourself.com/ (non c’è tutorial, ma le idee proposte sono molto belle e sembrano semplici da realizzare)
31. un tutorial per realizzare elementi tipo “ghiacciolo” utilizzando le bottiglie di plastica… potrebbero essere utilizzati per realizzare una stella, di http://www.cutoutandkeep.net/
51. tutorial per realizzare questa bellissima stella con carta stagnola, cartone, fili colorati, carta velina e colla vinilica, di http://www.dillydaliart.com
62. stelline a uncinetto (non c’è tutorial, ma mi sembrano semplici da realizzare) di http://www.etsy.com
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la collezione continua qui:
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60 and more models to make stars. A collection of tutorials and images for inspiration to create stars with paper, recycled materials, wood, cardboard, beads, pasta and more. Stars to decorate the tree, to decorate the windows, to give as gifts, to build with the children …
Recita su Cristoforo Colombo per bambini della scuola primaria. La drammatizzazione può essere recitata fra i banchi. L’azione è sottolineata dallo storico, mentre tutti i diversi quadri che compongono la drammatizzazione saranno recitati da due ragazzi.
Recita su Cristoforo Colombo – Personaggi Cristoforo Colombo la regina Isabella di Castiglia il fanalista un dotto di Salamanca il mercante il nostromo lo storico.
Recita su Cristoforo Colombo – I QUADRO (a Genova, la torre di vedetta del Porto)
Lo storico: Siamo a Genova e corre l’anno 1480. Siamo sul porto, un porto un poco diverso da quello attuale, ma pur sempre grande e attrezzato di argani, ponti e pontili e scali per la riparazione delle navi. Un brulichio di uomini e di cose intercalato da grida, da comandi, da colpi di fischietto. Dall’osservatorio si scruta l’orizzonte, pronti ad annunciare…
Fanalista: Una vela, ohhhh!
Lo storico: (guarda da una parte sentendo un rumore di passi concitati) Chi è mai questo giovane che sale trafelato la scaletta dell’osservatorio? Non può essere che lui! Quando sente il richiamo di una vela, si precipita su!
Colombo: (entra e va verso il fanalista)
Fanalista: Buon giorno, messer Colombo
Colombo: una vela in vista?
Fanalista: Ecco, messere, fissate lo sguardo sul pennone della Stella Genuana, issatelo sino ad incontrare il filo dell’orizzonte…
Colombo: Tu quante vele hai contato?
Fanalista: una, messere
Colombo: ed ora fissa bene, quante ne vedi?
Fanalista: è vero, un’altra ne sta spuntando quasi sorgesse dall’acqua.
Colombo: (pensoso, ripete) quasi sorgesse dall’acqua… Hai ragione Pietro: quasi sorgesse come il sole che si alza al mattino…
Fanalista: (continuando il discorso) tutta la notte nascosto tra i flutti per permettere il riposo degli uomini…
Colombo: (sorridendo) credi che il sole stia davvero tutta la notte a mollo tra i flutti?
Fanalista: (convinto) sì, messere
Colombo: e, la velatura della nave, dimmi, perchè appare così dalla cima e pian piano mentre la nave avanza, sempre più di dispiega, fino a mostrarsi con tutta la tolda? Dimmi: anch’essa è stata a mollo nell’acqua?
Fanalista: oh, no! Ciò è causa di riflessi e giochi di luce
Colombo: giochi di luce! Sempre giochi fra voi! E non avete mai pensato che la terra sia una sfera?
Fanalista: una palla? Ah, Colombo, mi pare esageriate! Come faremmo a starci sopra e ritti? E quelli di sotto? Altro non potrebbero essere che piovre per starci abbarbicate con le loro enormi ventose!
Colombo: non posso rispondere a tutti i tuoi interrogativi, Pietro. So soltanto, per quel che mi è dato conoscere, che la terra ha forma sferica e che pertanto se taluno parta per la via di occidente, tosto ritorni al luogo di partenza da oriente
Recita su Cristoforo Colombo – II QUADRO (a Genova, la torre di vedetta del Porto)
Mercante: (entra sulle ultime parole di Colombo e si ferma ad ascoltare) Chi parla qui di oriente ed occidente?
Colombo: Colombo, messere, per servirvi
Mercante: Messer Ammiraglio, quale fortuna trovarvi! Chi affida a Voi le sue merci e i suoi denari può chiudere gli occhi soavemente e felice addormentarsi, sicuro che tutte le navi arriveranno alla meta!
Colombo: merito di Nostra Signora, che mi protegge
Mercante: ho un carico. Destinato ai porti del Kataj. E di là un altro carico. Ho noleggiato un magnifico vascello: manca l’Ammiraglio. Ditemi che accettate.
Colombo: accetto, ma ad un patto. Arriverò al Kataj, navigando verso occidente.
Mercante: (lo scruta) Vi sentite bene, messere?
Colombo: perchè vi ostinate a guardarmi quasi io fossi uscito di senno? Se la terra è una sfera è facile arguire che navigando verso occidente dovrò spuntare ad oriente!
Mercante: ed io con tutta la sicurezza, il buon senso del mercante, la lunga esperienza, vi dico che oltre le colonne d’Ercole è avventuroso spingersi, nè io potrò mai approvare che uno solo dei miei battelli si spinga ove il mare è sconosciuto. Se volete andare nel Kataj prendete la via più breve per l’oriente!
Colombo: non fa per me! Il mio primo viaggio sarà per testimoniare agli altri ciò che è già certezza dentro di me!
Lo storico: Colombo, visto respinto il progetto di circumnavigare la terra da parte dei mercanti, decise di chiedere aiuto fuori patria. Andò alla corte della Regina Isabella di Castiglia.
Recita su Cristoforo Colombo – III QUADRO (Una sala regale)
Colombo: mia potente Signora e Regina, non sono qui per chiedervi ricompense ed onori. Vengo soltanto a chiedervi di poter essere testimone della verità
la regina Isabella di Castiglia: Conosciamo il progetto. I nostri ammiragli ce lo sconsigliano temendo la perdita dei vascelli, degli uomini; temono infine per voi. Saremmo disposti a concedervi il denaro per allestire un’intera flotta e di essa nominarvi capo. Ma non siamo disposti a perdere un solo legno in un’impresa ignota
Colombo: impresa ignota, mia Regina? Ma allora il mio tempo speso nello studio del moto degli astri, la matematica, le lettere degli scienziati miei amici, la meccanica, a nulla è servito?
Isabella: c’è un solo mezzo per piegare il volere dei nostri ammiragli: affrontare la discussione con i dotti della città di Salamanca.
Colombo: andrò a Salamanca, mia Regina.
Recita su Cristoforo Colombo – IV QUADRO (l’Università di Salamanca)
Lo storico: Colombo raggiunse Salamanca e ascoltò le lezioni dei dotti: chiese di parlare
Dotto: (continuando una lezione)… e dunque la Terra è un’immensa piattaforma al centro dell’Universo sidereo. Attorno a lei si muovono il sole, la luna e le stelle le fanno corona…
Discepolo: scusi maestro… sull’orlo della piattaforma chi vi abita? Vi è forse un recinto tutto attorno onde non precipitare nel vuoto?
Dotto: no, nessun recinto. Attorno v’è il mare che cinge la piattaforma; ma per chi è incauto e s’inoltra oltre le colonne d’Ercole, allorchè la terra tosto scompare al suo sguardo, è la fine.
Discepolo: Perchè? Non s’espande il gran mare sino all’estremo limite dell’universo?
Dotto: sì, ma infestato di mostri di tal ferocia da uccidere soltanto con lo sguardo l’avventuroso argonauta
Colombo: (si è alzato) Pure la Scienza di lor Signori potrebbe, a titolo di esperimento, concedere che persona di fiducia vada a testimoniare e tosto ritorni con l’esatta descrizione di ciò che ha veduto.
Dotto: e noi, messere, potremmo in nome della scienza, condannare a sicura morte un cristiano?
Colombo: e se questi si offrisse?
Dotto: pazzo e suicida! No, messere, la nostra dottrina impedisce ai pazzi di compiere azioni da pazzi! Ma Signori, potete voi pensare ad una sfera fatta di pietre e di acque galleggiante in un mare di venti, fra nubi e tempeste? E noi… (ridendo) sopra, aggrappati a questa sfera, in pena per tenerci ritti, con la bava alla bocca, morsi dalla paura di cadere e con le unghie conficcate in un ciuffo di erba o in una sporgenza di roccia! Messer Colombo, tornate a casa e distraetevi al sole delle vostre riviere!
Recita su Cristoforo Colombo – V QUADRO (Una sala regale)
Lo storico: Deriso dai Dotti di Salamanca, Colombo sembra voler rinunciare al progetto; ma la Regina Isabella lo richiama improvvisamente.
Isabella: Andrete alla scoperta di nuove terre. Su ogni lembo di nuova terra che scoprirete porterete la Croce e lo Stendardo della Spagna. Questa è la missione che vi diamo da compiere. Noi non appoggeremo le vostre dottrine in contrasto con i nostri Dotti, e quindi la scienza sarà bandita dalla vostra impresa. Vi concediamo tre caravelle: la Nina, la Pinta e la Santa Maria, con equipaggi e viveri per otto settimane. Voi traccerete la rotta che più vi aggrada e darete il segnale di partenza ai vostri nocchieri. Partite pure, Messere, per il porto di Palos: la vostra flotta è già in allestimento.
Colombo: (si inchina profondamente) spero di tornar presto, mia Signora e Regina. A voi e alla Spagna una terra; a me l’onore di piantare la croce e una bandiera.
Recita su Cristoforo Colombo – VI QUADRO (Il porto di Palos)
Nostromo: dunque Ammiraglio, secondo voi la terra… sarebbe una sfera… Ho navigato quanto voi e ho visto albe e tramonti sul mare e la gran curva dell’orizzonte e apparire, come dite voi, vele e terre quasi sorgessero dal profondo del mare. Poniamo che la terra sia quest’uovo. Voi volete andare da questo punto a quest’altro: ma non passare da qui, per la via conosciuta. Volete passare da qua, sicuro che incontrerete il vostro Kataj. Ma dite, perchè altri prima di voi non ci hanno pensato?
Colombo: prova a dar star diritto quest’uovo
Nostromo: (prova e riprova, poi si dà per vinto) Non ci sta!
Colombo: (prende l’uovo e gli dà un colpetto) si batte un poco… ed ecco fatto.
Nostromo: non ci avevo pensato… è vero, bastava pensarci solo un poco…
Recita su Cristoforo Colombo – VII QUADRO (la tolda della Santa Maria in navigazione. E’ notte)
Lo storico. Si è lasciato Palos il 3 agosto del 1492. Si naviga da sessanta giorni. La ciurma esausta minaccia di ammutinarsi.
Nostromo: ancora una notte Ammiraglio. Le scorte d’acqua stanno per esaurirsi. Domani si torna indietro: bisogna stare ai patti.
Colombo: Conosco le leggi della gente di mare ed il valore della parola data. Pure ho nel cuore un buon presentimento.
Nostromo: il presentimento è costume di donne, non di uomini, Ammiraglio!
Colombo: può darsi, Nostromo! Pure io sento nelle narici l’odore della terra
Nostromo: le mie sono chiuse dal sale
Colombo: ho visto un branco di uccelli. Volavano verso levante. Gli uccelli non si allontanano molto dalla costa
Nostromo: Possono essere avvisaglie di mostri marini
Colombo: ho visto affiorare tronchi d’albero
Nostromo: esistono correnti marine simili a fiumi sotterranei. Potevano seguire la loro rotta verso l’inferno.
Colombo: ho visto laggiù un fuoco. Brillava nella notte. Poi una bassa nuvolaglia lo ha coperto.
Nostromo: perchè non avete dato il segnale?
Colombo: non a me è dato dar segnali: visionario e pazzo che sono!
Nostromo: Ammiraglio, voi avete raddoppiato stanotte le vedette. Voi avete promesso una ricompensa a chi avvisti per prima una striscia di terra. Ho creduto che fosse un trucco per rabbonire la ciurma… invece voi avevate già la certezza!
Colombo: Nostromo, guardate là! Dal profondo del mare si leva un’isola, una terra, un continente. Solo a chi ha navigato per anni è dato di vedere questo incanto che sa di magia.
(Un colpo di cannone ed un grido): Terra! Terra!
Nostromo: la Pinta ha dato il segnale!
Colombo: Ecco il favoloso Kataj abitato da uomini come noi! Che cosa porteremo loro? La nostra civiltà piena di dubbi? Oppore la nostra unica certezza?
(G. Siaccaluga)
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I CEREALI materiale didattico vario, letture, dettati ortografici ecc…, di autori vari, per la scuola primaria. I cereali
I cereali sono per lo più graminacee che servono all’alimentazione dell’uomo e degli animali domestici, soprattutto se ridotti in farina. Ad essi appartengono il grano, l’avena, la segale, l’orzo, il riso, il granoturco, il miglio, il sorgo, ecc…
Le graminacee fonte di alimenti L’amido di frumento viene utilizzato per la confezione del pane e per la fabbricazione della pasta. Per il pane, la farina di frumento, setacciata in modo da allontanare ogni residuo dei tegumenti che formano la crusca, viene impastata con acqua tiepida e lievito in opportune proporzioni; lasciata riposare per qualche ora, in modo che il lievito la faccia gonfiare, viene divisa in pezzi, modellati in vario modo, e cotta in un forno caldissimo. Il pane può essere confezionato anche lasciandovi i pezzi dei tegumenti della cariosside; in tal caso viene detto integrale. La pasta viene ottenuta mescolando farina e acqua senza aggiungere lievito. Quando si confeziona in casa, viene schiacciata col mattarello in modo da formare uno strato sottile, che poi è tagliato secondo il bisogno in pezzetti (lasagne), rettangolini o strisce (tagliatelle o fettuccine), e così via. Nella produzione industriale l’impasto, preparato nei pastifici, viene passato in speciali macchine, che lo comprimono tra rulli e lo tagliano a nastro oppure lo passano attraverso trafile, che lo riproducono in lungi pezzi cilindrici di varia lunghezza, omogenei o cavi, secondo che si vogliano ottenere, per esempio, i vermicelli, gli spaghetti o i maccheroni. La pasta può anche essere tagliata in piccoli pezzetti e stampata ottenendo le conchiglie, le farfalle, ecc… Nella confezione della pasta si può aggiungere anche del tuorlo d’uovo (pasta all’uovo) o del glutine (pasta glutinata). Non tutte le varietà di frumento sono egualmente adatte alla fabbricazione della pasta alimentare. Possono essere bene utilizzati a questo scopo solamente i cosiddetti grani duri, coltivati nelle regioni a clima caldo, arido. I grani teneri sono invece preferiti per la confezione del pane. Oltre al frumento, l’uomo utilizza anche altre graminacee. Ne ricordiamo qualcuna tra le principali. Il mais o granoturco non è originario della Turchia, ma del Messico. Viene denominato turco perchè dopo la scoperta dell’America rimase per molto tempo l’uso di chiamare turco ogni prodotto proveniente da oltremare, in quanto fino ad allora i fiorenti commerci con l’Oriente passavano generalmente attraverso la Turchia, seguendo numerose vie carovaniere. Il mais, molto coltivato nella zona che va da Bergamo al Veneto, compreso il Trentino, è utilizzato per preparare la polenta; la cariosside dà anche olio, e il fusto cellulosa. Il riso, coltivato soprattutto in Piemonte e in Lombardia, è una pianta acquatica originaria della Cina, Indocina, India e Giappone, dove viene coltivato fin dall’antichità. Si può dire che il riso alimenta la metà della popolazione umana. Le cariossidi del riso vengono asciugate e poi brillate; sono cioè liberate, con speciali procedimenti, dai tegumenti e vengono lucidate prima di essere messe in commercio. La segale si coltiva nelle regioni settentrionali e ad una certa altitudine. Serve per preparare un pane profumato, di colore più scuro di quello del frumento. L’orzo viene utilizzato soprattutto per preparare la birra, ottenuta macinando con acqua le cariossidi germinate e lasciandole poi fermentare. L’avena trova applicazione sia come foraggio per i cavalli, sia nell’alimentazione umana; a questo scopo la cariosside viene pressata, senza essere macinata completamente, e messa in commercio col nome di “fiocchi di avena”, molto nutrienti e molto in uso per l’alimentazione dei bambini e degli ammalati. (M. La Greca e R. Tomaselli)
Le semine La semina consiste nell’affidare al terreno i semi delle piante, dopo l’opportuna preparazione. Le operazioni di semina si compiono all’incirca negli stessi periodi dell’anno secondo un calendario agricolo determinato dall’esperienza e dalla tradizione, oppure, come più spesso si fa oggi, secondo criteri scientifici che tengono conto dell’epoca più opportuna per il raccolto in correlazione con le vicende meteorologiche stagionali. Nel nostro paese la semina dei cereali (grano, avena, segale, orzo) viene fatta normalmente in autunno; quella delle leguminose, in primavera nell’Italia settentrionale e in autunno nell’Italia meridionale. Per altre colture particolari, come quella del granoturco, della saggina, della canapa e della barbabietola, la semina avviene in primavera. Alla semina, che deve trovare già il terreno sciolto dall’aratura e inumidito dalle piogge o dall’irrigazione, segue la erpicatura. Essa consiste nel passare sul terreno un telaio a maglie rettangolari munite di punte, oppure un cilindro munito di punte, in modo da estirpare le erbacce rimaste dopo l’aratura, comprimere il terreno ed affondarvi il seme. La semina può essere fatta in posto, cioè distribuendo la semente sul terreno, a mano oppure a macchina, come si fa per i cereali e il mais; oppure in appositi semenzai, riquadri di terreno dove la semina è fatta molto fittamente, dopo di che si procederà al trapianto ossia alla messa a dimora delle pianticelle poco dopo che esse siano nate.
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Il grano
grano
E’ una delle più importanti piante coltivate fin dai tempi preistorici e la sua coltura ha accompagnato lo sviluppo della civiltà. I chicchi disposti nella spiga su nodi alterni, sono costituiti da un frutticello (la cariosside detta volgarmente seme) rivestito da una buccia sottilissima. Nella buccia e negli strati periferici del frutticello c’è uno straterello di glutine ricco di sali, vitamine, grassi e cellulosa; nel nucleo centrale del frutticello c’è soprattutto una grande quantità di amido. Comunemente si distinguono i frumenti nudi e i frumenti vestiti. Tra i grani nudi, il grano tenero è il più importante nella coltivazione mondiale; i grani duri si prestano meglio alle regioni calde e aride. Il prodotto del frumento, cioè il chicco, viene utilizzato per l’alimentazione, il suo stelo, o paglia, come foraggio e come lettiera per gli animali, oltre che per la fabbricazione della carta. Il grano, con la macinatura, viene ridotto in farina e in questo stato si usa per la confezione del pane, della pasta, dei biscotti, ecc… Dal grano si ricava l’amido che, sottoposto prima alla saccarificazione e poi alla fermentazione, ci può dare un alcool di qualità inferiore utilizzato nell’industria. L’origine e la storia del frumento non si conoscono in modo certo. Pare che questo indispensabile cereale provenga dalla Persia.
Benchè formi la base essenziale dell’alimentazione di molti popoli, non è però il cereale coltivato di preferenza nel mondo. La sua coltura è poco estesa in Africa e in genere nelle zone equatoriali e tropicali, in Estremo Oriente, in Australia, dove viene coltivato soltanto in alcune regioni. Il frumento ha molti parassiti: numerosi funghi e insetti. Facile, per chi vive in campagna, assistere allo sviluppo della pianta del grano. Il frumento si semina in autunno nella terra già preparata dall’aratro. Il chicco resta sotto terra per alcuni giorni, e ai primi tepori ha già germogliato e ricopre il terreno di un’erbetta verde e tenera. Presto “accestisce” cioè mette molti steli laterali dalla base del culmo centrale. In seguito mette la spiga che fiorisce. Il vento favorisci l’impollinazione, che non avviene per opera degli insetti, e gli ovuli fecondati si trasformano in grani. La spiga granisce, i frutticelli prendono consistenza farinosa, e dopo poco la pianta ingiallisce, cioè diventa sempre più matura. A questo punto il grano viene mietuto, cioè falciato e raccolto in covoni, dopo di che è lasciato all’azione del sole che ne assorbe l’umidità. Quando il grano è ben secco viene passato alla macchina trebbiatrice che separa il chicco dalla paglia e dalla pula. I chicchi così ottenuti vengono portati al granaio dove subiscono altre operazioni: la vagliatura, cioè la separazione del chicco dalla pula (il suo rivestimento) che vi fosse ancora restata, e quindi la conciatura, cioè una preparazione fatta per impedire che i parassiti attacchino il raccolto. A questo punto il grano è pronto per essere portato al mulino e macinato. Anticamente gli uomini trituravano il chicco fra due pietre e questo sistema è ancora in uso presso alcune popolazioni. In seguito, come si è detto, furono costruiti mulini formati da due grosse pietre (macine) fatte girare una sull’altra con diversi mezzi. Anche qui il progresso ci ha saputo dare mulini perfezionati che fanno non soltanto il lavoro di macinatura, ma anche quello di spulatura, di cernita dei semi e di setacciatura. (Per molto altro materiale sul grano vai qui: https://www.lapappadolce.net/tag/grano/).
Storia del grano Gli antichi uomini che vivevano nelle praterie dell’Asia e si spostavano qua e là dietro le loro greggi, conoscevano già questa utile piantina. Essi avevano imparato a liberare un tratto di terreno dalle altre erbe e a gettarvi sopra i chicchi. Il grano sfrutta intensamente il terreno nel quale è coltivato, perchè succhia tutti i sali minerali che esso contiene. Se non viene intensamente concimato, ben presto questo terreno non può più nutrire le piante. Gli antichi uomini, però, non conoscevano l’arte di concimare i terreni. Quando un campo non rendeva, lo abbandonavano e si spostavano dove il terreno era ancora fertile. Così, sulla scia dei primi uomini, che dall’Asia si diffusero in tutte le terre conosciute, anche il grano raggiunse l’Europa, l’Africa, l’America.
A che cosa serve il grano? I chicchi del grano sono usati dagli uomini per farne pane e pasta. I chicchi di grano macinati nei mulini, cioè schiacciati e tritati con le macine, diventano farina. Il grano tenero, quello che serve a fare il pane, sopo esser stato macinato viene setacciato. In questo modo la farina viene liberata dalla crusca, cioè dalla buccia dei chicchi che è dura e di colore scuro. La farina che rimane è bianca e ricca di amido, ma ha perso, con la crusca, parte del glutine e delle vitamine. Il pane scuro, quello fatto con la farina nella quale è rimasta un po’ di crusca, benchè a molti piaccia meno del pane bianco, è in realtà più nutriente. Con la farina ottenuta macinando il grano duro, quello ricco di glutine, si fabbrica, invece, la pasta.
La tecnica contro la fame I Romani diffusero la coltivazione del grano in tutto il loro vasto impero: essi inventarono anche una macina entro cui il grano veniva sfarinato in modo finissimo. Molti fornai facevano lavorare gli operai con guanti e maschere di garza, perchè il sudore e l’alito non contaminassero l’impasto. Una delle poche invenzioni del Medioevo riguarda il frumento: si tratta dei mulini a vento, sviluppati poi dagli olandesi. In epoca moderna, vennero le grandi invenzioni tecniche che facilitarono la lavorazione del grano: la prima aratrice e seminatrice meccanica, le prime mietitrici-trebbiatrici tirate dai cavalli, e poi le prime macchine a vapore per il lavoro dei campi. Giacomo Watt, l’inventore della macchina a vapore, costruì un mulino a vapore sul Tamigi, ma i mugnai di Londra glielo incendiarono. Oggi la tecnica produce aratri meccanici capaci di tracciare contemporaneamente 18 solchi profondi 40 cm, di collocare i semi, concimare e ricoprire, tutto in una sola passata! Nello stesso tempo, gli scienziati selezionano e incrociano le varietà di grano per trovare quelle che meglio si adattano a un clima o all’altro, quelle che producono di più, quelle che servono ad usi speciali come la produzione della pasta dal grano duro. Sono conquiste della scienza che spesso non si trovano sui libri, ma si tratta delle invenzioni più preziose.
La semina del grano
In che cosa consiste la semina? Quale lavoro ha fatto il contadino prima di spargere i semi? Come può essere fatta la semina? Un chicco di grano darà una o più spighe? Che cos’è la spiga? In quale stagione, nel nostro paese, viene fatta normalmente la semina? Quando viene fatto il raccolto? Che cosa si ricava dal grano? Quali sono i nemici del grano? Com’è il fiore del grano? Che cos’è l’erpicatura? Quale prova fa il contadino per accertarsi di aver acquistato dell’ottimo grano?
Il grano Fra tutti i cereali, il più diffuso ed il più utile, perchè dà farina dall’alto potere nutritivo, è il grano o frumento. Lo si conosce da tempo immemorabile. La sua farina, mescolata con sostanze adatte che le permettono di lievitare e di gonfiarsi, dà il pane, la base dell’alimentazione umana dal tempo degli antichi Egizi che lo fabbricarono per primi. Data la grande diffusione del frumento in tutto il mondo, è logico pensare che ne esistano innumerevoli varietà, come è in realtà. Una grande distinzione è quella che si fa tra frumenti di grano tenero e quelli di grano duro; i primi danno specialmente farina da pane, mentre gli altri, che sono assai ricchi di una sostanza molto nutriente, il glutine, producono una farina adatta a preparare paste alimentari. Il grano duro, diffuso per opera degli Arabi, è coltivato in Canada e nelle regioni mediterranee. Il frumento viene seminato in autunno; dopo pochi giorni germoglia e spunta dal terreno come una tenera pianticella. Durante l’inverno il freddo ne arresta la crescita, ma non la danneggia. Tutti conosciamo il detto “sotto la neve pane”, che ci ricorda come la neve, con la sua coltre, protegge i teneri germogli, impedendo loro di gelare. Coi primi soli primaverili il grano riprende a crescere: verso la tarda primavera o l’estate, secondo i climi, sarà pronto per la falce.
In Egitto comincia la storia del pane Seimila anni or sono, il frumento era già apparso sulle rive del Nilo. Le pianticelle del nuovo cereale provenivano dall’Altipiano Etiopico. Furono ben accolte dagli abili agricoltori egiziani e seminate con cura sui campi fecondati dal Nilo, accanto a un altro cereale dai duri chicchi: l’orzo.
Con l’orzo e col frumento non di faceva il pane: i chicchi venivano schiacciati, la grossolana farina veniva impastata con acqua e cotta in focacce, fra mattoni roventi. Ma un giorno una donna, dopo aver preparato le focacce per il giorno dopo, dimenticò un po’ di pasta in un angolo. Qualche tempo dopo, nel riprendere la lavorazione, si accorse di questa pasta e vide che in essa erano avvenuti strani cambiamenti: si era gonfiata ed appariva piena di bollicine. Oggi noi sappiamo che si trattava delle spore del lievito che, portate dall’aria, avevano fatto inacidire e lievitare l’impasto. Allora, la donna egizia non seppe che pensare. Chiamò tutta la famiglia e mise quella strana pasta nel forno. Era un prodigio davvero, un miracolo della provvidenza che conduceva l’uomo alla scoperta del pane: dal forno non uscì la solita focaccia, ma qualcosa completamente nuova, una sostanza profumata, soffice, diversa da quanto s’era visto e mangiato fino allora: era nato il pane!
Il grano, base della nostra alimentazione Da tempo immemorabile il frumento è stato alla base della nostra alimentazione, insieme con una certa misura di altri cereali: pane italiano di tutte le fogge, dalle larghe pagnotte pugliesi ai bianchi gioielli in pasta di semola ed agli azzimi della Sardegna, pane di tutte le sfumature fra il nero e il candido, pane ad acqua, olio e mentuccia dei pastori maremmani e sfilatino spaccato, col pomodoro dentro, degli operai napoletani. E poi la piada romagnola, la pizza, la schiacciata di Mantova, le infinite varietà di paste alimentari… E, del frumento, esistono due principali qualità: il grano tenero, usato per il pane, e il grano duro, usato per le paste. L’Italia del centro e del nord coltiva soltanto il primo, le isole maggiori coltivano soprattutto il secondo. In tutto, circa un quinto della nostra superficie coltivabile è dedicata al grano; ma, sia per insufficienti metodi di coltura, che per altre ragioni, non raggiungiamo ancora l’autosufficienza. Per di più, la produzione varia molto da regione a regione, a causa del diverso rendimento del suolo. Ad esempio, la Sicilia è al primo posto in rapporto all’area coltivata a grano, ma al quarto o quinto posto per produzione.
Il grano e l’uomo Tra giugno e luglio, il grano dona all’uomo il so frutto prezioso ed il campo, pieno e dorato, rivela tutta la sua ricchezza. La falce o la macchina recidono lo stelo: è la mietitura. Con la trebbiatura le cariossidi vengono separate dalle spighe ed i chicchi, così ottenuti, vengono avviati ai mulini, dove dal pericarpo si ricaverà la crusca e dal seme la farina, con la quale verrà fatto il pane e la pasta.
Il calendario del grano Se vi chiedessero in che mese si miete il grano, voi risponderesti “In giugno” e sbagliereste. Il grano si raccoglie durante tutto l’anno e non c’è mese dell’anno in cui non di mieta in qualche Paese del mondo. Il grano infatti è il cereale più diffuso sulla terra e alligna e prospera da per tutto, dai Tropici al Circolo Polare. Ecco un interessante calendario del grano. In giugno si miete in Italia, in altri Paesi del Mediterraneo e in California. Il luglio si miete in Francia, in Ungheria, nella Russia meridionale, negli Stati Uniti e nel Canada. In agosto si miete in Germania, in Belgio, in Inghilterra e nel Canada orientale. In settembre si miete nel Canada settentrionale, in Scozia, in Scandinavia e nella Russia centrale. In ottobre si miete nella Russia settentrionale. In novembre nell’Africa australe. In dicembre nell’Australia e nella Nuova Zelanda. In gennaio si miete in Argentina. In febbraio in India. In marzo in India e in Egitto. In aprile nei Paesi del Mediterraneo orientale e in Messico. Finalmente, in maggio, si miete in Cina.
Quale raccolto può dare un solo seme di frumento? Il frumento dell’uomo primitivo era esiguo. Probabilmente ogni pianta dava un solo stelo con scarsi chicchi. Ora da un solo seme si ottengono da sei a dodici steli, ed alcune piante ne hanno tre o quattro dozzine, con la ricchezza di altrettante spighe. Una spiga può produrre da trenta a cinquanta chicchi; dunque un solo seme di frumento può dare oggi un raccolto di tre o quattrocento chicchi.
Le radici del frumento e la loro parte nella maturazione del chicco
La pianta del frumento è meravigliosamente adatta per l’impollinazione a mezzo del vento, sebbene spesso si impollini da sè. Il fiore a spiga si eleva nell’aria, e le antere mature, che contengono il polline, sono spinte fuori. Essendo lunghi e sottili, questi filamenti penzolano e oscillano alla minima scossa; perciò il loro polline cade sull’estremità del pistillo provvisto di peli, che facilmente trattengono il polline. La pianta ora comincia ad utilizzare la grande quantità d’alimento immagazzinata nelle sue radici facendo così maturare i chicchi. Le radici penetrano fino a considerevole profondità nel terreno per trarne abbondante nutrimento, e se le varie pari delle radici si disponessero in linea retta esse raggiungerebbero una lunghezza inverosimile. La pianta di frumento sta in posizione eretta, sebbene abbia un’apparenza così fragile; il fusto di grano è il più bell’esempio di forza combinata con la leggerezza e l’economia del materiale. Un buon chicco di grano è gonfio ed ha un rivestimento liscio e sottile: tagliato in mezzo, esso appare semitrasparente.
I molti nemici del grano
Il frumento ha molti nemici, che l’agricoltore deve continuamente combattere per salvare il prodotto. Il topo campagnolo a coda lunga e il topo dei raccolti divorano i chicchi in sviluppo; il topo comune ed il ratto attaccano lo stelo; insetti dannosi, quali la mosca del grano, la cimice, qualche specie di dittero e il moscerino del grano attaccano la pianta in sviluppo. Affliggono il frumento anche varie specie di funghi delle quali la peggiore è la notissima “ruggine del grano”, che segnala la sua presenza a danno avvenuto, mediante strisce brune o nere sulle foglie.
Perchè la pasta è dura e compatta e il pane è soffice e spugnoso? Vi ricordate quei piccolissimi esseri che vivono nell’aria, nella terra, nell’acqua, i batteri? Oltre ai batteri, esistono altri piccolissimi esseri viventi, anche essi tanto piccoli da essere invisibili. Alcuni di essi si chiamano lieviti e sono piccolissimi funghi, che possono vivere liberi nell’aria. Come tutti gli esseri viventi, anche i lieviti si nutrono e respirano. che cosa avviene nella pasta del pane, cioè nella farina impastata con l’acqua, quando in essa vanno a cadere alcuni di questi lieviti? I lieviti nella pasta del pane incominciano a nutrirsi e a produrre, fra l’altro, un gas, l’anidride carbonica. L’anidride carbonica forma nella pasta del pane delle bolle. La pasta si gonfia e non è più compatta. Quando poi il pane è messo nel forno, il calore fa evaporare l’anidride carbonica e il pane resta tutto pieno di cavità, come una spugna. Quando i panettieri fanno il pane, non possono certamente aspettare che nella loro pasta vadano a cadere i lieviti che sono nell’aria. Adoperano quindi dei lieviti disseccati, riuniti a formare quello che si chiama lievito di birra. Non appena mescolati alla pasta e tenuti in ambiente caldo, i lieviti cominciano a nutrirsi e a respirare e, in breve tempo, il pane si gonfia, o come si dice meglio, lievita. Il pane lievitato viene messo a cuocere nel forno, dal quale esce dorato e croccante. Il calore del forno, però, deve essere ben dosato. Se nel forno il calore è troppo poco, il pane resta umido e molliccio; se il calore invece è troppo, il pane brucia e diventa nero e duro come il carbone. Tutti i forni perciò sono muniti di un termometro situato fuori dal forno, sul quale si può controllare qual è, in ogni momento, la temperatura all’interno. (P. Gribaudi)
Il grano Ogni chicco di grano è un frutto di forma ovoidale, chiamato cariosside. Appuntito da una parte e arrotondato dall’altra, ricoperta da una lieve penuria, esso è percorso, per tutta la sua lunghezza, da un solco stretto. Il frutto vero e proprio è il solo pericarpo, costituito da una serie di membrane tegumentali sovrapposte, aventi uno spessore complessivo non superiore a un decimo di millimetro. Esse sono: il tegumento proprio del seme, la testa, sotto la quale si trova lo strato di aleurone, che contiene il glutine. Il glutine è una sostanza gommosa, che rende elastico l’impasto della farina con l’acqua e che rende il pane più nutriente e di più facile digestione. Nell’interno, infine, si trova il seme costituito dalla mandorla, che nei grani teneri è bianca e farinosa e nei grani duri è verde e vetrosa, e dell’embrione o germe del grano. Anche l’embrione è ricco di glutine. Nel chicco di grano troviamo le stesse parti che abbiamo osservato nel fagiolo, ma un solo cotiledone, piccolo e difficilmente distinguibile, che si trova tra l’embrione e la mandorla. Il chicco di grano viene seminato in autunno o in primavera in un terreno rimosso, in modo che l’aria lo raggiunga facilmente. Se la temperatura è di almeno sei gradi, ha inizio la germinazione. Utilizzando le riserve contenute nel seme, la radichetta si sviluppa dirigendosi verso il basso mentre il fusticino si volge verso l’alto. La radice è costituita da un fascio di filamenti, lunghi fino a un metro. Il fusto o stelo di grano è quanto di più razionalmente economico si possa concepire; esso è costituito da un tubetto di cellulosa, rinforzato da molto materiale siliceo e vuoto all’interno. Robustezza e leggerezza danno un’armonica combinazione di forza e di economia di materiale. Lo stelo è suddiviso in cinque – otto segmenti, separati da ingrossamenti detti nodi. In corrispondenza di questi si trovano le foglie a forma di nastro, appuntito all’esterno, mentre alla base formano una specie di grondaia per deviare l’acqua di pioggia. Inferiormente al nodo, la foglia avvolge strettamente lo stelo fino al nodo sottostante. La fioritura del grano non è vistosa, essendo il verde l’unico colore che si nota; anche gli insetti ignorano l’esistenza di questi fiori. Inoltre, tra la pianta matura e la pianta in fiore non si nota una grande differenza: sia i fiori che i frutti sono disposti a spiga e si formano all’estremità del fusto. Nel grano i fiori sono disposti su due file e risultano costituiti da una sorta di foglie, dette glume, e da altre più piccole, chiamate glumette: le une e le altre racchiudono gli organi propri del fiore. Tra questi si notano due pennacchi piumosi dei quali, per ora, notiamo la presenza senza precisarne le funzioni, di cui si parlerà più avanti. Il passaggio dal fiore al frutto si nota appena all’esterno. I chicchi, allocati là dove si trovano i fiori, sono rivestiti dalle glumette e dalle glume; talvolta queste ultime si prolungano in un sottile e rigido filamento, la resta. A questo punto si può considerare concluso il ciclo vitale del grano che, come il fagiolo, è una pianta annuale. (S. Stolfa)
La storia del pane I primi uomini non sapevano coltivare le piante. Vagavano tra le steppe e le immense foreste a caccia di animali, mentre le donne scavavano le radici commestibili e raccoglievano semi e bacche. C’erano alcuni semi che ogni anno, d’estate, si trovano in abbondanza in certe zone: erano i chicchi d’orzo e di frumento. Le donne li raccoglievano, e riempivano bisacce di pelle, pr portarli con sè nei lunghi vagabondaggi nella foresta. Prima di partire, però, non dimenticavano di spargere qualche chicco sul terreno per propiziarsi gli dei. Quando, dopo il duro inverno, ritornavano sui loro passi, trovavano con grande meraviglia che i chicchi lasciati sul terreno avevano germinato e dato origine a nuove pianticelle, dalle spighe gonfie. Fu così che l’uomo imparò a seminare i chicchi per ottenere nuove piante. E fu in questo modo che alcuni uomini da cacciatori, si fecero agricoltori, coltivando il grano per sè e per le loro famiglie, e inventarono nuovi attrezzi per lavorare la terra, quali le vanghe e più tardi gli aratri. E poichè la vita dell’agricoltore è un po’ meno dura di quella del cacciatore, la popolazione rapidamente si moltiplicò. Ma non si conosceva ancora l’arte di preparare il pane. Il grano non era un cibo adatto per i bambini più piccini. Essi non riuscivano a masticare quei semi così duri. Qualche mamma pensò allora che si poteva anche triturarli pestandoli tra due pietre. Provò e riuscì ad ottenere una farina grossolana, che piacque ai piccini e anche ai grandi. Aveva scoperto il modo di macinare il grano. Con la farina d’orzo e di frumento le donne impastavano piccole gallette che seccavano al sole. Poi impararono a mettere le focacce di pasta sopra pietre roventi o tra le braci, o sotto la cenere. La pasta abbrustolita e cotta era molti più saporita. Era nato il pane. Anche i cacciatori ora partivano per le battute di caccia nella foresta con una scorta di focacce di pane nella bisaccia. Il pane era un alimento meraviglioso: poco meno nutriente della carne, poteva essere conservato assai più a lungo, specie nella stagione calda. Intanto, col passare del tempo, l’uomo imparava sempre meglio a lavorare la terra per seminarvi il grano. Nelle palafitte del lago di Ledro è stato trovato un aratro di legno. Dunque a quel tempo non si smuovevano più le zolle con il rudimentale punteruolo, ma si arava già con l’aiuto degli animali da traino, e il grano, nel terreno così preparato, cresceva più abbondante. I primi a conoscere l’arte di preparare il pane vero e proprio furono gli Egiziani. Lo storico Erodoto ci narra che in Egitto gli schiavi usavano impastarlo con i piedi, cuocendolo poi in forma di piccole pagnotte rotonde o di sfilatini. Il pane comune era di farina d’orzo; quello di frumento era riservato ai ricchi e alla corte del Faraone. Le pagnotte servivano anche come moneta: i servi venivano pagati con forme di pane. Era così grande il valore attribuito al grano che spesso i mercanti partivano con le navi cariche di frumento, per usarlo come mezzo di pagamento nei porti dove si recavano ad acquistare le merci. Le prime monete greche di metallo pregiato portavano spesso incisa una spiga., per ricordare che la moneta stessa rappresentava la vera ricchezza: il grano. L’invenzione del pane diede un grandissimo impulso al progresso umano. L’agricoltore, infatti, doveva quasi ogni giorno risolvere nuovi problemi: scavare canali per irrigare i suoi campi, costruire carri per trasportare il suo grano, dividere e misurare gli appezzamenti di terra, stabilire un calendario che gli dicesse quando seminare e quando mietere. Dal lavoro agricolo nacque la prima scienza umana. Presso i Romani troviamo i primi forni pubblici, in cui la gente poteva andare ad acquistare il pane come si fa oggi nelle panetterie. Questi forni erano controllati dallo Stato, per evitare che alla farina si mescolassero sostanze non permesse. I fornai erano spesso schiavi alle dipendenze di un padrone. Già allora, per alleviare la fatica, si usavano macchine impastatrici formate da una vasca circolare di pietra in cui un grosso legno a pale rimestava la farina e la impastava. Non tutti però si servivano dei forni pubblici. Le grandi famiglie romane avevano forni privati, con propri schiavi panettieri. Negli scavi di Pompei sono stati rinvenuti alcuni di questi forni. Ma l’Impero cadde sotto l’urto dei barbari, e l’agricoltura rapidamente declinò. I barbari infatti non erano agricoltori, ma cacciatori e guerrieri; e dovette trascorrere molto tempo prima che essi imparassero quell’arte, nuova per loro. I forni pubblici spariscono: chi può, specialmente in campagna, si cuoce da solo il proprio pane. Il grano è nascosto nelle botti e negli otri, per evitare che venga prelevato dalle soldataglie. Il pane si cuoce una o due volte al mese: ma sono pochi quelli che possono mangiarne tutti i giorni. Al tempo del feudalesimo le cose non vanno meglio che durante le invasioni barbariche. I signori feudali impongono ai contadini di usare solo il mulino e il forno del castello e arrivano a proibire i forni privati. In tal modo riescono a farsi pagare tasse sempre più forti. Bisognerà attendere il sorgere dei Comuni per vedere riapparire i fornai come artigiani indipendenti, uniti in corporazioni. Nel Comune, però, i fornai si limitavano a cuocere il pane preparato in casa dal cliente stesso. Erano rari quelli che ricevevano la farina o addirittura il grano da macinare. Nel Rinascimento l’arte di fare il pane si perfeziona e si diffondono ovunque i forni pubblici. I ricchi tuttavia preferiscono avere il loro forno in casa, anche per essere sicuri di mangiare pane genuino. In quei tempi di carestie frequenti, infatti, certi fornai usavano mescolare la farina con altre polveri. Il popolino considerava tutti i panettieri ladri e affamatori, a volte assaltava i forni per vendicarsi. Pene severissime erano riservate ai panettieri disonesti: se si coglievano in fallo venivano inchiodati per un orecchio alle porte della bottega. Oggi i panettieri non vengono più inchiodati per un orecchio, come qualche secolo fa, anche se qualche volta si trovano ancora i disonesti che mescolano al pane sostanze nocive o non consentite dalla legge. Si deve riconoscere che il pane che mangiamo noi è pulito e genuino, oltre che saporito, grazie ai rigorosi controlli igienici e alle moderne macchine che permettono la completa lavorazione automatica. E’ assai diffuso tuttavia l’uso del pane bianco, assai più digeribile ma meno completo e perciò meno nutriente del pane nero o integrale. Fin dall’antichità si cercò di costruire macchine che facilitassero il lavoro faticoso del fornaio, ma i primi buoni risultati si ottennero solo verso il 1800. Da allora si è continuato a perfezionare le macchine, a costruirne di nuove, fino ad arrivare alle attrezzature dei moderni panifici, dotati di perfetti forni elettrici o a vapore. Sopravvivono ancora i forni a legna.
La panificazione Oggi la panificazione viene effettuata con macchine automatiche. Noi però vi faremo vedere come si prepara il pane a mano, per rendere più comprensibile il procedimento. Innanzitutto si fa un impasto di farina, lievito e poca acqua. Quando la pasta incomincia a lievitare si aggiunge altra acqua e farina. Il lievito rende gonfio e spugnoso l’impasto. Alla fine si aggiunge il sale. Quando la fermentazione è a buon punto, si divide la pasta in pezzetti. Ogni pezzetto viene modellato e poi ridotto nella forma dovuta. Ora le pagnotte si lasciano riposare perchè finiscano la fermentazione. Dopo circa mezz’ora si introducono nel forno a temperatura di 200 – 300 gradi. Il pane si dilata ancora al calore, forma la crosta e cuoce. E’ pronto per la vendita.
Pane per tutti Il pane può avere forme svariatissime. In Francia di solito è preparato in grossi sfilati lunghi mezzo metro e più. In Germania abbiamo grosse pagnotte scure, fatte con grano e segale. In Austria sono famosi i piccoli pani di Vienna. In Ungheria le grosse forme di due o tre chili sono fatte con farina di frumento e di patate. In Italia… lo sapete anche voi quante qualità di pane, condito o semplice, si possono trovare dal panettiere. Oggi da noi il pane si trova in abbondanza e a prezzi accessibili a tutti.
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Il riso
E’ una pianta conosciuta dalla più remota età. I primi a coltivarla pare siano stati gli Indiani e quindi i Cinesi ed i Giapponesi che oggi ne fanno il loro nutrimento principale. il riso si semina fitto in appositi vivai da dove si trasporta, poi, a dimora, costituita da campi allagati naturalmente o artificialmente, che si chiamano risaie e nelle quali prospera fra i lunghi argini che soli interrompono le vaste pianure. In giugno o luglio ha luogo la monda, cioè l’estirpazione delle cattive erbe che crescono in mezzo alle piante di riso. Tale lavoro veniva un tempo svolto dalle mondine, che stavano ore ed ore con l’acqua fino alle ginocchia, sotto il sole cocente, a compiere la loro grave fatica. D’autunno si prosciugano i campi e le spighe di riso, giunte a maturazione, vengono falciate. Quando il riso è asciutto si batte, cioè si separano i granelli dallo stelo, e si raccoglie in sacchi che vengono posti ad essiccare in appositi forni. Il riso che noi comunemente usiamo è il riso brillato, cioè privo della pellicola esterna.
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Il granoturco
mais
Sono note a tutti le gialle pannocchie fitte di chicchi, che si producono quasi in ogni regione d’Italia. In qualche paese le pannocchie vengono consumate dopo averle abbrustolite sul fuoco, ma generalmente i chicchi vengono macinati ricavandone una farina con cui si fa la polenta, cibo di facile digeribilità e di alto potere nutritivo. Il granoturco è originario dell’America del Sud e fu importato in Europa nel XVI secolo. Si semina in aprile e maggio e il suo raccolto si effettua per lo più in settembre.
La scoperta del mais La terza graminacea in ordine di importanza (precedono il frumento e il riso) è il granoturco. Turco? E’ forse originario della repubblica della mezzaluna? State a sentire. Nell’anno 1492, il giorno 28 ottobre, verso mezzogiorno, tre minuscole caravelle chiamate Santa Maria, Nina e Pinta toccarono per la prima volta le coste dell’isola di Cuba; e il grande genovese che le aveva guidate oltre i confini del mondo conosciuto, volendo avere qualche notizia di quell’isola meravigliosa, inviò a terra due suoi fidi: Rodrigo di Xeres e Luigi de Torres. Narrarono che i nativi si nutrivano spesso di certi grani chiamati maiz di buonissimo sapore quando erano cotti arrosto o pestati e ridotti in polenta. Si trattava del mais, del frumentone, il quale non tardò a essere trasportato e coltivato in Spagna donde si diffuse in molte Nazioni europee e anche, estesamente, in Italia.
Il mais La pianta del mais venne importata nel 1543 in Toscana, nel 1560 a Rovigo. Le odierne varietà si distinguono per altezza, per forma, per grossezza, per l’epoca della semina e della raccolta. La qualità più coltivata, perchè più redditizia, ha il chicco giallo; si semina all’inizio della primavera e si raccoglie al principio dell’autunno. Nei luoghi che hanno la possibilità di irrigazione si seminano le varietà di breve vegetazione, il “quarantino” e il “cinquantino”, nei terreni che già hanno prodotto frumento. Il seme deve essere tolto dalle pannocchie più belle sgranate al tempo della semina. Il granoturco vuole terreni freschi, poco compatti, ben concimati, profondamente arati. Appena le piantine segnano le file, richiedono la sarchiatura con zappa e aratrino e la diradatura. Il granoturco matura in pianura e in collina, fino a 500 metri sul livello del mare. Attualmente in Italia la sua coltivazione è accentrata nelle regioni della polena, Piemonte, Lombardia, Veneto, poi nell’Emilia, Friuli, Toscana, Marche, Campania. L’uso della farina di mais, privato della corteccia vitaminica che circonda il seme, portò nei secoli scorsi alle gravissime epidemie di una particolare avitaminosi (simile allo scorbuto) detta pellagra, che colpiva le genti dell’Italia settentrionale. Ora che la farina di granoturco va scomparendo dall’alimentazione, e comunque il suo uso è integrato da altri cibi apportatori di vitamine, anche la pellagra è praticamente scomparsa. Larga quantità della produzione di mais è destinata ora all’alimentazione del bestiame.
Le pannocchie Or che il granoturco fu raccolto, a gara le massaie hanno appeso in molte file alle rozze verande le pannocchie. Splendono le pannocchie sui graticci di legno, gialle, d’un bel giallo ardente che è quasi rosso, fitto di rotondi chicchi, lieto allo sguardo e liete al cuore. Splendono le pannocchie al sol d’autunno, tutte certezza: ed ai fanciulli parlano della polenta che la madre al fuoco nel paiolo rimesta, e d’un sol colpo sul tagliere arrovescia e, nel buon fumo ravvolta, suddivide in tante fette quante le bocche. (G. Pascoli)
La leggenda del mais Noi sappiamo che il mais fu per lungo tempo coltivato dalla maggior parte delle tribù di Indiani d’America non nomadi, cioè le più numerose. Essi consideravano questa pianta preziosissima, un dono davvero divino: ne sapevano cucinare i frutti in mille modi diversi, da cui sono derivate molte tipiche ricette americane. Sul mais si narra questa leggenda, che fa parte delle tradizioni della tribù del nord dei Chippewas. Woo-Na-Mone, genio delle foreste e delle piante, fu in vita un cacciatore valentissimo: aveva la forza dell’orso e la rapidità del daino, e mai la sua freccia falliva un bersaglio. Accadde un giorno che i suoi magici mocassini lo portassero in un territorio sconosciuto. Di fronte alla prateria immensa di alte erbe che si stendevano a perdita d’occhio, il gran cacciatore non ebbe un momento di esitazione. La sua temeraria curiosità lo spinse a penetrare nella prateria. Ma egli non andò lontano: improvvisamente davanti a lui le verdi fronde si agitarono e apparve uno strano personaggio- Era piccolo di statura, e a malapena, tendendo le braccia, avrebbe potuto sfiorare il viso di Woo-Na-Mone. Sul capo portava un pesante turbante, formato dai suoi capelli biondi intrecciati, tra cui spuntavano due lunghe e bizzarre fronde verdi. Il suo abito era tutto intero, liscio e verde come l’erba. Portava una sacca di foglie intrecciate da cui usciva una lunga pipa: egli la riempì e la offrì a Woo-Na-Mone, dopo averne tirato una boccata. Woo-Na-Mone fumò a sua volta la pipa della pace, poi parlò: “Io sono il forte Woo-Na-Mone, a cui nessun uomo può resistere!” E lo strano personaggio gli rispose: “Anch’io sono assai forte, più forte di ogni uomo, ma non ti dirò il mio nome, se non riuscirai a battermi!” Woo-Na-Mone scoppiò in una gran risata e si alzò in tutta la sua imponente statura, gonfiando di orgoglio il suo poderoso torace. I suoi lunghi capelli neri e le frange scomposte del suo abito barbaro gli davano un aspetto davvero impressionante. Ma il piccolo sconosciuto non si lasciò turbare, e così parlò: “Se tu mi vincerai, dunque, io ti donerò qualcosa che potrai trasmettere alla tua tribù”. Ebbe allora inizio la gara: vincitore sarebbe stato chi fosse riuscito per primo a mettere a terra l’avversario. Woo-Na-Mone si accorse ben presto che il suo antagonista era davvero molto veloce e molto forte, e più volte si trovò in difficoltà sotto l’attacco del piccolo sconosciuto. Il cielo si arrossava ormai all’orizzonte: Woo-Na-Mone decise che la sua vittoria avrebbe dovuto brillare all’ultimo sole. Con un ultimo sforzo sollevò il piccolo uomo biondo e lo gettò al suolo con violenza, facendo fremere il terreno intorno, poi lo calpestò nella polvere, fra le erbe sparse. “Sono vinto”, sospirò a questo punto lo strano personaggio, “tu sei davvero il più forte. Ascolta! Io sono il Mais. Faccio dono del mio corpo agli uomini dalla pelle rossa. Ricoprimi ora di terra in modo che io non mi possa più muovere. E tra luna sii di nuovo qui”. Woo-Na-Mone obbedì: tornò nella grande prateria e lasciò trascorrere un’intera luna. Passato questo tempo, si avviò sul luogo dove aveva combattuto l’incredibile duello. Nel punto in cui il suo avversario era stato sepolto crescevano ora due lunghe foglie verdi, le stesse che adornavano il turbante del misterioso Mais. E a un tratto si sentì la sua voce: “Prenditi somma cura di questa pianta che tu vedi agitarsi alla brezza. Quando le sue pannocchie saranno mature, poni nella terra i semi e attendi. Quando i semi che tu avrai piantato daranno i loro frutti, tu prendi il raccolto e distribuiscilo tra gli Indiani. Dal nutrimento che darà loro questa pianta essi ben presto trarranno forza e ricchezza. Ma tu non dimenticare di rendere onore e gloria al mio nome ogni qual volta il raccolto di queste piante sarà maturo”. Così ogni anno a settembre c’è festa tra i pellirosse; essi devono questo omaggio al Mais che tolse loro la paura della fame.
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La segale
segale
La segale è il frumento delle terre povere e dei paesi di montagna dove non prospera il grano; dopo il frumento, essa contiene maggior percentuale di glutine di ogni altro cereale; è questa la ragione per la quale fu sempre intensamente coltivata in Europa, in regioni dove il suole e il clima non sono adatti a produrre il frumento.
La farina di segale è usata dalle nostre popolazioni di montagna soprattutto per la confezione del pane; ma per avere un pane veramente sostanzioso essi lo mescolano a farina di grano. La paglia della segale è molto flessibile e lunga, ma non è adatta come cibo per il bestiame: essa, invece, è molto usata nella fabbricazione della carta, del cartone e dei cappelli di paglia, nonchè come lettiera per gli animali.
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Il grano saraceno
Originario dell’Asia, il cosiddetto grano saraceno viene coltivato specialmente nei paesi settentrionali ed in montagna, per farina che danno i suoi chicchi, adatta per il pane e per la polenta. Si tratta, come è noto, d’un grano di colore scuro, e questa leggenda vuole spiegare l’origine del suo colore. Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l’aria ancora volava la pula. “O di casa!” dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l’indomani l’aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: “Su, spicciamoci ad alzarci, perchè abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori!”. “Dormi e taci” rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall’altra parte. S’erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano, e: “Beh? Credete di starvene a poltrire dino al giorno del giudizio, voi altri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle?”. Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se ne andò di furia. “Avete visto se avevo ragione?” disse Pietro, fregandosi le spalle. “Su, su, andiamo a lavorare, se no quest’accidente di donna ci concia per le feste” E il Signore di nuovo: “Dormi e taci”. “Dite bene voi, ma se torna, se la prende con me!” “Se hai tanta paura” disse il Signore, “passa qua, e lascia che al tuo posto vada Giovanni”. Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre. La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. “Come, ancora a dormire, siete?” e, per non fare ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello di mezzo, che era di nuovo Pietro. “Sempre a me!” gemeva Pietro; e il Signore, per farlo stare tranquillo, scambiò il posto con lui. “Così sei più riparato. Dormi e taci”. Tornò la vedova, e: “Adesso tocca a te!” e giù un’altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno. “Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto” e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna. Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: “Portami un tizzone acceso” e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell’aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense, si credeva di aver solo cenere: invece c’era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia. I tre non aspettarono nemmeno d’esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenze e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l’aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull’aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all’aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella. La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori nel villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: “Va’, salva quello che puoi, e insegnale che si deve rendere bene per male”. San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com’era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma, per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntiti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra. (Italo Calvino)
I CEREALI materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Materiale didattico sul 25 aprile – letture, racconti, poesie e filastrocche sul tema, di autori vari, per bambini della scuola primaria.
L’Italia
L’Italia porta in fronte un diadema di montagne ove le nevi eterne risplendono come gemme. I suoi occhi sono azzurri come il suo cielo, come i suoi laghi. Il suo sorriso somiglia a quello della primavera. La sua veste è il verde lucente dei prati, quello più pallido degli uliveti, quello più cupo dei boschi: ha l’oro del frumento maturo. I rubini e i topazi dei grappoli rigonfi; il rame ardente degli aranceti carichi di frutti. (G. Fanciulli)
Io amo l’Italia
Io amo l’Italia, il mio Paese, per il suo cielo, per il suo mare, per la sua flora multicolore, per la sua spina e la sua corona di montagne gigantesche, per i suoi fiumi che hanno sulle rive un’ombra di querce e di salici piangenti, per i suoi laghi turchini come il cielo e immobili come specchi della bellezza eterna, per i suoi ghiacciai che il sole tinge di rosa, per le sue penisole che si lavano nel mare, per i suoi boschi che odorano di timo, per i suoi prati che odorano di giacinto e di viole. Io amo il mio Paese, le memorie del mio Paese, la terra del mio Paese. (M. Mariani)
Italia, terra benedetta
Essa fu per più di seicento anni signora di tutto il mondo civile, essa ha dato la civiltà e le leggi a tutti i popoli che vivono oggi sulla terra. Terra benedetta davvero: e per questo è così bella! Grandi montagne bianche e splendenti di ghiacciai eterni, boschi d’oro, colli verdi e ricchi, molli spiagge lungo il grande mare; e il più leggero dei cieli, ed un clima senza rigori, e campi che danno i più saporiti frutti del mondo. Sui colli e lungo i fiumi e sulla riva del mare sorgono le meravigliose città: più di cento sono le nobilissime città d’Italia e gli stranieri vengono da ogni parte del mondo a visitarle. (P. Monelli)
L’ultima lettera di Nazario Sauro
Cara Nina, non posso che chiederti perdono per averti lasciato con i nostri cinque figli ancora col latte sulle labbra. So quanto dovrai lottare e patire per portarli e conservarli sulla buona strada che li farà procedere su quella del loro padre; ma non mi resta a dir loro altro che io muoio contento di aver fatto soltanto il mio dovere di italiano. Siate felici, chè la mia felicità è soltanto questa: che gli italiano hanno saputo e voluto fare il loro dovere. Cara consorte, insegna ai nostri figli che il padre loro fu prima italiano, poi padre e poi cittadino, tuo Nazario.
Perchè amo l’Italia Io amo l’Italia perchè mia madre è italiana, perchè il sangue che mi scorre nelle vene è italiano, perchè è italiana la terra dove sono sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera, perchè la città dove sono nato, la lingua che parlo, i libri che mi educano, perchè mio fratello, mia sorella, i miei compagni e il grande popolo in mezzo a cui vivo, e la bella natura che mi circonda, e tutto ciò che vedo, che amo, che studio, che ammiro, è italiano. (E. De Amicis)
Italia Amo i tuoi mari splendidi e le tue Alpi sublimi, amo i tuoi monumenti solenni e le tue memorie immortali, amo la tua gloria e la tua bellezza; t’amo e ti venero come quella parte diletta di te dove per la prima volta vidi il sole ed intesi il tuo nome. T’amo, patria sacra, e ti giuro che amerò tutti i figli tuoi come fratelli; che onorerò sempre in cuor mio i grandi vivi e i tuoi grandi morti. (E. De Amicis)
Il concetto di Patria Il concetto di Patria che vogliamo non si deve identificare con un racconto di guerra. La guerra è sempre nefasta, sia che si vinca, sia che si perda, perchè vuol dire sacrificio di preziose vite umane, distruzione di beni, profondi sconvolgimenti politici. Auguriamoci quindi che di guerra non si parli più anche se questo resterà, purtroppo, un pio desiderio. Oggi si tende a un’Europa unita dove il nazionalismo non abbia diritto di cittadinanza, e infatti non di nazionalismo parleremo, ma di amor di Patria. Non dovremo dimenticare l’orgoglio di sentirci Italiani, il desiderio di dare di noi un quadro dignitoso per conquistarci la stima e la considerazione degli altri popoli. Non dovremo, per un falso senso di internazionalità, rinunciare ai valori della nostra stirpe, che in campo artistico, letterario, politico, i nostri grandi ci hanno lasciato, non dovremo rinunciare al nostro prestigio nazionale. L’Italia dovrà essere sempre stimata per quel che ha rappresentato nel passato e per quello che vuole, e può, rappresentare nel presente e nel futuro. Ma che cos’è l’Italia se non tutti gli Italiani? Perchè gli stranieri possano stimare la nostra Patria noi dovremo dar sempre, di noi, un quadro degno di stima, di considerazione, di rispetto. Amare la Patria significa dimostrarci cittadini coscienti, disciplinati, rispettosi delle leggi; significa dare esempio di onestà, di laboriosità, di rispetto verso se stessi e gli altri. (M. Menicucci)
Italia T’amo, patria sacra e ti giuro che amerò tutti i tuoi figli come fratelli, che onorerò sempre in cuor mio i grandi vivi e i tuoi grandi morti; che sarò un cittadino operoso ed onesto, inteso costantemente a nobilitarmi per rendermi degno di te, per giovare con le minime forze a far sì che spariscano un giorno dalla tua faccia la miseria, l’ignoranza, l’ingiustizia, il delitto e che tu possa vivere ed espanderti tranquilla nella maestà del tuo diritto e della tua forza. (A. De Amicis)
Italia Italia, patria mia, nobile e cara terra dove mia madre e mio padre nacquero e saranno sepolti, dove io spero di vivere e di morire, dove i miei figli cresceranno e morranno: bella Italia, grande e gloriosa da molti secoli, che spargesti tanta luce d’intelletti divini sul mondo, e per cui tanti valorosi morirono sui campi e tanti eroi sui patiboli: madre augusta di trecento città e di milioni di figli; io, fanciullo che ancora non ti comprendo e non ti conosco intera, io ti venero e t’amo con tutta l’anima mia e sono altero di essere nato da te e di chiamarmi tuo figlio. (E. De Amicis)
La grande Madre Tu ami tua madre, non è vero? Essa è per te la creatura più bella, più buona; è l’angelo della tua casa, la consolazione dei tuoi dolori. Tu pensi a lei con infinita tenerezza e dici che non potresti vivere senza di lei. Ebbene, vi è anche un’altra madre che tutti dobbiamo amare fino alla morte. Ed è la grande madre comune a tutti noi, quella per cui tanti geni hanno faticato e tanti eroi sono caduti. Essa, o fanciullo, è la Patria. (G. Lipparini)
La Patria Lo sai, fanciullo, che cos’è la Patria? E’ la casa dove tua madre t’ha cullato sulle sue ginocchia e tuo padre ha lavorato per te. E’ la scuola dove s’è aperta la tua piccola mente alle prime nozioni e il tuo cuore ai primi affetti. E’ la terra su cui sventola la bandiera dei tre adorati colori. E’ il campanile da cui giunge la voce che invita a pregare. E’ il cimitero dove riposano i morti che i tuoi genitori piangono ancora. E’ il cielo a cui tu volgi gli occhi nella gioia e nel dolore. (E. Castellino)
La Patria Oh, la Patria! In essa sono la casa dove nascemmo, il paese dove fummo allevati, i luoghi dove giocammo da fanciulli, quel prato dove prima cogliemmo margherite e viole; in essa sono i primi ricordi tanto soavi. Amiamo la nostra patria, questo cielo così ridente, questo clima temperato, questo suolo così fecondo, questo linguaggio così armonioso.
Patria e umanità L’amore per la nostra Patria non deve farci dimenticare che, oltre i confini di essa, esistono altre Patrie di altri uomini che amano la loro come noi amiamo la nostra. Di là dalle Alpi, di là dai mari che circondano l’Italia, oltre i monti e gli oceani che separano l’Europa dagli altri continenti, vivono altri uomini, altri popoli che come noi studiano, lavorano, producono, soffrono ed amano. Tutti insieme formiamo un’unica e grande società: la Società Umana. Dobbiamo perciò, considerare tutti gli uomini come nostri fratelli. (O. Fava)
La nostra bandiera E’ bianca, rossa, verde. Il bianco è il simbolo della nostra fede, il rosso è il segno del nostro amore, il verde è la nostra speranza: la speranza di tutti noi che l’Italia nostra diventi sempre più saggia e forte, e possa collaborare, in pace, con tutte le altre nazioni per il benessere del mondo intero. (A. Novi)
L’Italia L’Italia è a regina di un immenso giardino: il più bel giardino del mondo. Sotto un cielo smagliante, la bella regina si cinge il capo con il meraviglioso diadema delle Alpi e si allunga ridente nel mare. Io amo i suoi monti altissimi e le sue valli ubertose; le sue colline intrecciate di pampini e di ulivi; le sue pianure biondeggianti di spighe, i suoi ruscelli chiacchierini, le cascate argentine; i torrenti agitati e i fiumi sonori. Amo lo specchio sereno dei suoi laghi incantevoli e le praterie smaltate di fiori. Io amo l’Italia che è la mia patria adorata. (Cardini Marini)
Il mondo è la mia Patria
Il mondo è la mia Patria! La mia bandiera, trapunta di stelle, ammanta tutti i cieli. Tutta la Terra è mia! Tutti gli uomini sono fratelli e tutti il mio cuore li vuole amare. Le terre, i mari e i monti, i boschi, i fiori e l’erbe sono miei. E mio è tutto ciò che ha fremito di vita. Esulta in petto il cuore, per lo splendor dei colli, dei fiumi e dei ruscelli: il mondo è tutto mio. Il mondo è tutto mio, il mondo è la mia Patria. (R. Whitake, poeta americano)
La cosa più importante
Non importa che tu sia uomo o donna vecchio o fanciullo operaio o contadino soldato o studente se ti chiedono qual è la cosa più importante per l’umanità rispondi prima dopo sempre: la pace! (Li Tien Min, poeta cinese)
Il mio Paese
O cari monti del mio Paese valli ridenti, pianure estese, lago di Garda, lago Maggiore, d’Iseo, di Como, vi sogna il core! Superbi fiumi che al mar correte e cento macchine liete movete; Po serpeggiante, vago Ticini, Adige, Arno, Tever divino, Metauro, Tronto, Volturno chiaro, i vostri nomi con gioia imparo. E tu mi brilli nella memoria, o Piave ceruto, con la tua gloria. (A. C. Pertile)
Italia, dolce terra
Italia, dolce terra, sei la mia Patria bella; amo il tuo sacro nome, parlo la tua favella. Dicono che d’Europa tu sei il bel giardino, con le candide Alpi e il ridente Appennino, con il cielo sereno, del mare la canzone, fiumi e laghi innumerevoli e fiori a profusione. Hai antiche memorie, città meravigliose; la tua storia è tessuta di gesta valorose. M’accendi, Italia mia, nel cuore pura fiamma; t’amo perchè tu sei la nostra grande mamma. (T. R. Correggi)
Italia bella
Se avessi l’ali al fianco volerei sulla cima dell’Alpi più elevate, e di lassù l’Italia guarderei tutta fiorente nelle sue vallate; e di lassù vedrei l’Italia intera, tutta fiorita al sol di primavera; e di lassù vedrei l’Italia mia ch’è la terra più bella che ci sia. (O. G. Mercanti).
La Patria
La Patria è il tetto, il focolare, la culla, il campanile d’una chiesa, un ruscello, un orto, dei fiori, un uccello, che s’ascolta all’aurora. Ma essa, rammentiamolo, è più ancora: è il ricordo della gloria che dagli avi ci vien trasmessa: tutti i grandi scomparsi che si ricordano e s’amano sono la Patria stessa! (Volleau)
La madre del partigiano
Sulla neve bianca bianca c’è una macchia color vermiglio; è il sangue, il sangue di mio figlio, morto per la libertà. Quando il sole la neve scioglie un fiore rosso vedi spuntare: o tu che passi, non lo strappare, è il fiore della libertà. Quando scesero i partigiani a liberare le nostre casa, sui monti azzurri mio figlio rimase a far la guardia alla libertà. (G. Rodari)
La sentinella
Fischiano i venti, la notte è nera, batte la pioggia sulla bandiera; finchè nel cielo rinasca il giorno, vegliam fratelli, vegliamo intorno. Zitti, silenzio! Chi passa là? Viva l’Italia, la libertà. Fischiano i venti, la notte è nera, batte la pioggia sulla bandiera; che sia bonaccia, che sia procella, rimango fermo di sentinella. Zitti, silenzio! Chi passa là? Viva l’Italia, la libertà. (T. Ciccioni)
Resistenza
Resistenza è la gente che si dà la mano e muore e vuole salvare le fabbriche per il lavoro, vuole la terra per il contadino, campi puliti dalle mine una volta per sempre, le porte delle carceri spalancate alla libertà. E che non sia proibito leggere e che non sia proibito scrivere nè cantare, nè lavorare in pace. (R. Nanni)
Il bersagliere ha cento penne
Il bersagliere ha cento penne e l’alpino ne ha una sola, il partigiano non ne ha nessuna e sta sui monti a guerreggiar. Là sui monti vien giù la neve la tormenta dell’inverno. Ma se venisse anche l’inferno il partigian riman lassù. Quando viene la notte scura tutti dormono alla pieve, ma camminando sopra la neve il partigiano scende in azion. Quando poi ferito cade non piangetelo nel cuore, perchè se libero uno muore non importa di morir.
Canto degli Alpini
Non ti ricordi quel mese di aprile, quel lungo treno che andava al confine, che trasportava migliaia di alpini? Su, su, correte: è l’ora di partir. Dopo tre giorni di strada ferrata Ed altri due di duro cammino, siamo arrivati sul monte Canino. A ciel sereno ci tocca riposar. Se avete fame, guardate lontano, se avete sete la tazza alla mano, che ci rinfresca, la neve ci sarà.
Soldato caduto
Nessuno, forse, sa più perchè sei sepolto lassù nel camposanto sperduto sull’alpe, soldato caduto. Nessuno sa più chi tu sia, soldato di fanteria, coperto di erba e di terra, vestito del saio di guerra, l’elmetto sulle ventitre. Nessuno ricorda perchè, posata la vanga, il badile, portando a tracolla il fucile, salivi sull’alpe; salivi, cantavi e di piombo morivi, ed altri moriron con te. Ed ora sei tutto di Dio. Il sole, la pioggia, l’oblio t’han tolto anche il nome d’infronte. Non sei che una croce sul monte che dura nei turbini e tace, custode di gloria e di pace. (R. Pezzani)
Il fante affardellato
Polveroso od infangato, stanco morto o riposato, sotto il sole o lo stellato, marcia il fante affardellato, perchè (piova o faccia bello), da filosofo qual è, egli porta nel fardello tutti i beni suoi con sè. Che bagaglio tintinnante, quando marcia ha indosso il fante! Quali musiche moderne fanno maschere e giberne! Che concerto dolce e gaio fan la tazza ed il cucchiaio, chiusi dentro alla diletta stonatissima gavetta!
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici – LA SCUOLA – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Una scuola di città La ghiaia del cortile, le pozzanghere, i muri alti, con tante finestre tutte uguali, ogni finestra una classe, tanti maestri, tante maestre, tanti ragazzi tutti vestiti con lo stesso grembiule, e le stesse parole, gli stessi rimproveri, gli stessi problemi, da anni… Non c’è proprio niente di nuovo… Uno sguardo nel corridoio: come sempre un attaccapanni lunghissimo, tanti cappotti, tante mantelline, sciarpe rosse, duo o tre pelliccette e dentro le tasche, che cosa? Fischietti, bottoni, viti, il coperchio di una scatola di lucido, briciole di dolci mangiati chi sa quanto tempo fa, briciole che diminuiscono perchè ogni tanto, a ricordo di quel sapore, anche una briciola è buona. (G. Mosca)
Una vecchia scuola di villaggio Il locale aveva tre pareti su quattro, dimezzate dal tetto a punta e due aperture per la luce simili più a feritoie che a finestre. L’una infatti spiava su un vicolo angusto e l’altra guardava le montagne che chiudevano l’orizzonte dalla parte di tramontana. I banchi erano lunghi e di quercia stagionata e portavano i segni ingloriosi delle offese ricevute da cinque generazioni di scolari. Al momento dell’entrata i primi arrivati si annunciavano con il battere dei loro zoccoli sui gradini della ripida scala di legno. (M. Menicucci)
Scuola Tutti, tutti studiano ora. Pensa agli operai che vanno a scuola la sera, dopo aver faticato tutta la giornata; alle donne, alle ragazze che vanno a scuola la domenica, dopo aver lavorato tutta la settimana. Pensa agli innumerevoli ragazzi che, press’a poco a quell’ora, vanno a scuola in tutti i paesi. Vedili con l’immaginazione, che vanno, vanno per i vicoli dei villaggi quieti, per le strade delle città rumorose, lungo le rive dei mari e dei laghi, dove sotto un sole ardente, dove tra le nebbie, tutti con i libri sotto il braccio. E pensa: se tutto questo movimento cessasse, l’umanità ricadrebbe nella barbarie. (A. De Amicis)
Animo, al lavoro! Animo, al lavoro! Al lavoro con tutta l’anima e con tutti i nervi! Al lavoro che mi renderà il riposo dolce, i giochi piacevoli, il mangiare allegro; al lavoro che mi renderà il buon sorriso del maestro e quello benedetto di mio padre. A. De Amicis
La cartella Stamattina ho ripreso in mano la mia cartella per tornare a scuola. E’ la mia cartella dell’anno passato che la mamma ha ben spolverata e lucidata. Mi seguirà ancora per un intero anno scolastico e sarà partecipe delle mie gioie e dei miei dolori. Come l’anno passato conterrà libri, quaderni, astuccio. Cercherò di conservarla bene.
Ritorno L’estate è finita. I felici giorni trascorsi sulle spiagge, in campagna, sui monti, rimangono vivi soltanto nel nostro ricordo: si torna al lavoro, le vacanze sono finite. Anche i bambini, a cui il riposo ha ritemprato le forze, tornano volentieri a scuola. Cominciano serenamente il nuovo anno scolastico: è bello lavorare, è bello imparare! (Teresa Stagni)
La scuola Anche la scuola ha le sue lotte, le sue battaglie; ma lotte pacifiche, battaglie amichevoli, dove la vittoria è comune, comune il premio. Vittoria è sentirsi dopo la battaglia più ricchi di virtù e di sapere; premio è il sentire cresciuta l’amicizia e la stima. Lontano dalla scuola i rancori e le insidie; oh, non arrivino mai questi a turbare l’aria pura e serena della scuola! (F. De Sanctis)
Ritorno Bentornati, bambini, a scuola. Il tempo del riposo e dello svago è finito ed ora dobbiamo dedicarci allo studio. C’è in noi un certo rincrescimento per aver lasciato il mare, i monti e la campagna, ma c’è anche la gioia di esserci incontrati ancora tutti, per riprendere insieme il nostro lavoro. La scuola non vi toglierà tutto il vostro tempo, di cui avete bisogno per giocare, ma vi ricorda che prima del gioco avete un dovere da compiere: studiare. Amate la scuola, accorrete alle vostre aule puntuali, volenterosi e soprattutto sereni. Ricordatevi che le vacanze estive vengono tutti gli anni e saranno sempre più belle per chi durante l’anno scolastico avrà ben meritato. Buon lavoro e siate buoni! (G. Spanu)
A scuola Eccoci di nuovo a scuola. Tu non sei più uno scolaretto timido come nelle classi precedenti, quando eri più piccino. Sai che il tuo dovere è quello di studiare e di imparare tante cose che ti faranno diventare onesto, forte, buono.
I migliori amici I libri sono nostri amici. Essi ci fanno compagnia nella quiete del nostro studio, ci seguono nella campagna, rallegrano la nostra solitudine, riempiono le ore placide della vita. Ci parlano se interrogati; se li lasciamo non si lamentano; divertono nei tempi quieti e sereni, danno forza e coraggio nelle terribili circostanze, aprono le pagine della storia, ci fanno vivere coi grandi uomini che già furono. (F. Pananti)
Compagni di scuola Tu vuoi bene, vero, ai tuoi compagni di scuola? Potrai avere una predilezione per il tuo vicino di banco, per il più bravo della classe, per quello che è stato colpito dalla sventura, ma a tutti, vero? A tutti vuoi bene. Al più ricco come al più povero tu doneresti, se venisse a casa tua, un fiore del giardino e tua madre gli chiederebbe della sua mamma, e gli aprirebbe il suo cuore chiamandolo “Figlio mio”. (M. Moretti)
Il maestro
Ogni maestro è come il comandante di una nave pronta a salpare. La scuola è la tua nave e tu sei scolaro e marinaio. A ogni lezione si parte e si arriva. Ed è sempre il maestro che ti dà il segnale, indica i punti da vedere e insegna le cose da imparare. Spesso scrive sulla lavagna lettere e vocali, numeri e parole. E sempre guarda negli occhi e guarda nel cuore di ciascuno come un buon comandante fa coi suoi marinai. Ogni mattina si parte per una tappa nuova. E la nave scuola solca il grande mare del sapere. (N. Salvaneschi)
A scuola
La scuola vi accoglie con un sorriso e vi dice: “Siete ritornati a scuola, come a una festa. Sono passate le vacanze, e ne avete abbastanza di giochi, di corse, di libertà. I vostri occhi brillano di gioia, della gioia di ritrovare i vostri compagni, le vostre compagne, la vostra maestra. Vi ritrovo cresciuti, con un bel colorito: quasi non vi riconosco più. Il vostro viso è sorridente, nei vostri occhi c’è il desiderio di imparare. Al lavoro, bambini, con serenità!” (A. R. Piccinini)
Parla il libro
Io sono soltanto un libro, una cosa che tu potresti strappare con tue mani impazienti, che tu potresti sgorbiare con la tua penna, che tu potresti gualcire in un momento di stizza. Ma ricordati che sono il frutto del lavoro di tanti uomini. Per farmi così, come mi vedi, una fabbrica ha lavorato per produrre la carta. Su questa carta gli stampatori hanno impresso i caratteri e le illustrazioni. Ma, prima di questo, lo scrittore ha dovuto scrivere i racconti e il pittore ha disegnato e colorato le figure. Ora sono nella tua cartella e tu puoi leggere su di me tante belle e nuove cose. Se tu vuoi ti insegnerò a diventare più buono e più bravo. In cambio ti chiedo di non sciuparmi e di leggermi, di studiarmi. Non è molto in confronto a tutto quello che ti dono. (M. Menicucci)
I miei compagni 22, sabato. Ieri, mentre il maestro ci dava notizie del povero Robetti, che dovrà camminare un pezzo con le stampelle, entrò il Direttore con un nuovo iscritto, un ragazzo di viso molto bruno, coi capelli neri, con gli occhi grandi e neri, con le sopracciglia folte e raggiunte sulla fronte; tutto vestito di scuro, con una cintura di marocchino nero intorno alla vita. Il Direttore, dopo aver parlato all’orecchio al maestro, se ne uscì, lasciandogli accanto il ragazzo, che guardava noi con quegli occhioni neri, come spaurito. Allora il maestro gli prese una mano, e disse: “Voi dovete essere contenti. Oggi entra nella scuola un piccolo italiano nato a Reggio di Calabria, a più di cinquecento miglia da qua. Vogliate bene al vostro fratello venuto di lontano. Egli è nato in una terra gloriosa, che diede all’Italia degli uomini illustri, e le dà dei forti lavoratori e dei bravi soldati; in una delle più belle terre della nostra Patria, dove son grandi montagne, abitate da un popolo pieno di ingegno e di coraggio. Vogliategli bene in maniera che non si accorga di essere lontano dalla città dove è nato; fategli vedere che un ragazzo italiano, in qualunque scuola italiana metta piede, ci trova dei fratelli”. Detto questo si alzò e segnò sulla carta murale d’Italia il punto dov’è Reggio di Calabria. Poi chiamò forte: “Ernesto De Rossi!”, quello che ha sempre il primo premio. De Rossi si alzò. “Vieni qua” disse il maestro. De Rossi uscì dal banco e s’andò a mettere accanto al tavolino, in faccia al calabrese. “Come primo della scuola” gli disse, “da’ l’abbraccio del benvenuto in nome di tutta la classe, al nuovo compagno; l’abbraccio del figliolo del Piemonte al figliolo della Calabria”. De Rossi abbracciò il calabrese, dicendo con la sua voce chiara: “Benvenuto!”, e questi baciò lui sulle due guance, con impeto. Tutti batterono le mani. “Silenzio!” gridò il maestro, “Non si battono le mani a scuola!”. Ma si vedeva che era contento. Anche il calabrese era contento. Il maestro gli assegnò il posto e lo accompagnò al banco. Poi disse ancora: “Ricordatevi bene di quello che vi dico. Perchè questo fatto potesse accadere, che un ragazzo calabrese fosse come in casa sua a Torino, e che un ragazzo di Torino fosse come a casa sua a Reggio Calabria, il nostro Paese lottò per cinquant’anni, e tremila italiani morirono. Voi dovete rispettarvi, amarvi tutti tra voi; ma chi di voi offendesse questo compagno, perchè non è nato nella nostra provincia, si renderebbe indegno di alzare mai più gli occhi da terra quando passa una bandiera tricolore”. Appena il calabrese fu seduto al posto, i suoi vicini gli regalarono delle penne e una stampa e un altro ragazzo, dall’ultimo banco gli mandò un francobollo di Svezia.
Martedì, 25 Il ragazzo che mandò il francobollo al calabrese è quello che mi piace più di tutti, si chiama Garrone, è il più grande della classe, ha quasi quattordici anni, la testa grossa, le spalle larghe; è buono, si vede quando sorride; ma pare che pensi sempre, come un uomo. Ora conosco già molti dei miei compagni. Un altro mi piace pure, che ha nome Coretti e porta una maglia color cioccolata e un berretto di pelo di gatto; sempre allegro, figliolo di un rivenditore di legna, che è stato soldato nella guerra del ’66, nel quadrato del Principe Umberto, e dicono che ha tre medaglie. C’è il piccolo Nelli, un povero gobbino, gracile e col viso smunto. C’è uno molto ben vestito che sempre si leva i peluzzi dai panini e si chiama Votini. Nel banco davanti al mio c’è un ragazzo che chiamano il muratorino, perchè suo padre è un muratore; una faccia tonda come una mela, con un naso a pallottola; egli ha un’abilità particolare, sa fare il muso di lepre, e tutti gli fanno fare il muso di lepre, e ridono; porta un piccolo cappello a cencio che tiene appallottolato in una tasca come un fazzoletto. Accanto al muratorino c’è Garoffi, un coso lungo e magro, col naso a becco di civetta e gli occhi piccoli piccoli, che traffica sempre con pennini, immagini e scatole di fiammiferi, e si scrive la lezione sulle unghie per leggerla di nascosto. C’è poi un signorino, Carlo Nobis, che sembra molto superbo ed è in mezzo a due ragazzi che mi sono simpatici: il figlio di un fabbro ferraio, insaccato in una giacchetta che gli arriva al ginocchio, pallidino che par malato e ha sempre l’aria spaventata e non ride mai; e uno coi capelli rossi che ha un braccio morto, e lo porta appeso al collo: suo padre è andato in America e sua madre va attorno a vendere erbaggi. E’ anche un tipo curioso il mio vicino di sinistra, Stardi, piccolo e tozzo, senza collo, un grugnone che non parla con nessuno e pare che capisca poco, ma sta attento al maestro senza batter palpebra, con la fronte corrugata e coi denti stretti; e se lo interrogano quando il maestro parla, la prima e la seconda volta non risponde, la terza volta tira un calcio. E ha daccanto una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso da un’altra sezione. Ci sono anche due fratelli, vestiti uguali, che somigliano a pennello, e portano tutti e due un cappello alla calabrese, con una penna di fagiano. Ma il più bello di tutti, quello che ha più ingegno, che sarà il primo di sicuro anche quest’anno, è De Rossi, e il maestro, che l’ha capito, lo interroga sempre. Io però voglio bene a Precossi, il figlio del fabbro ferraio, quello dalla giacchetta lunga, che pare un malatino; dicono che suo padre lo batte; è molto timido e ogni volta che interroga o tocca qualcuno, dice “Scusami”, e guarda con gli occhi buoni e tristi. Ma Garrone è il più grande e il più buono. (E. De Amicis)
Dettati ortografici – LA SCUOLA – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici PULCINI GALLINE E GALLETTI – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Sono due pulcini usciti ieri dall’uovo. Sono già nel prato a godersi la primavera. Guardano intorno, beccano in terra e si bisticciano. Bisticciano per una crostina di pane trovata fra l’erba. Tira uno, tira l’altro… nessuno vince. Il pulcino più scuro dà una beccata alla crostina; il pulcino più chiaro dà una beccata al compagno; l’altro scappa via contento col boccone. Non è passato che un momento; ecco i pulcini già in pace. Beccano contenti l’uno quasi contro l’ala dell’altro.
(in costruzione)
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Dettati ortografici IL RICCIO – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Sotto la grande quercia vive tutto un popolo strano: formiche brune, ricci, lumache, una faina. Si lavora continuamente giorno e notte. Ogni tanto la riccia torna a casa con un fascio di foglie sopra la schiena. E’ andata a rotolarsi sotto i castagni e tante foglie le si sono infilzate sul dorso, tante ne porta a casa. E’ stata sveglia, come di solito, tutta la notte e ha ancora molto da fare. Il piccino suo, seduto sopra una radica di quercia, la guarda tutto contento. E’ simile a un minuscolo porcellino da latte, più ignorante di una talpa, e non sa niente, non capisce niente. (F. Tombari)
(in costruzione)
Dettati ortografici IL RICCIO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici – IL LOMBRICO- una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Il lombrico uscì da un buco della terra e si allungò e si snodò per venire fuori tutto. Stava volentieri sotto terra, perchè era nudo, molle e cieco e i nemici erano tanti: il vomere, la vanga, la zappa del contadino e poi gli uccelli. Essi, alla vista di un lombrico grasso e tenero, si buttano giù a capofitto tutto becco e fame, e il verme, senza accorgersene, passa dal buio della terra, al buio di uno stomaco. Sottoterra, dove lento e tenace, il lombrico si scava la sua strada, esso è sicuro e sta bene. Lo chiamano mangiatore di terra, ma non è vero; per scavare il suo buco il lombrico ingoia la terra, ma poi la restituisce resa più grassa, più fertile dal passaggio del suo corpo. Benedetto il campo dove i lombrichi stanno di casa!
Il lombrico Nudo, molle, cieco, striscia sul terreno e si infila volentieri nel primo buco che incontra. Si dice che il lombrico mangia la terra. In realtà, quando scava, il lombrico ingoia la terra che scava e poi la restituisce più grassa. Perciò quest’umile verme è di grande vantaggio al contadino, perchè rende la terra più soffice, porosa, fertile.
Il lombrico E’ un verme simpatico, perchè non soltanto è prezioso per il terreno dove abita, ma se lo ferisci, anzi, se lo tagli addirittura a metà, in due pezzi, in tre pezzi, in quattro, vedrai che ogni pezzo se ne andrà tranquillo per conto suo come se non gli fosse accaduto nulla di male. E invece di un lombrico solo, ne abbiamo due, tre, quattro, ognuno con la sua testa, il suo stomaco, i suoi anelli!
Dettati ortografici – IL LOMBRICO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici – animali dello stagno e del fosso – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Nel fosso l’acqua non era profonda, ma limpida e ridente. Vi abitavano molti pesci, spinelli e carpe, che passavano e ripassavano in fila. C’erano anche libellule verdi, azzurre, brune, che non appena si posavano sui vincastri, io afferravo piano piano, dolcemente, o mi sfuggivano, leggere, silenziose, col fremito delle loro ali di velo. C’erano certi insetti bruni dal ventre bianco, che saltellavano sulla superficie dell’acqua, e facevano muovere le loro esili gambe allo stesso modo dei calzolai quando tirano lo spago. E non mancavano le ranocchie che non appena si accorgevano di me, si tuffavano nell’acqua. C’erano poi delle salamandre acquatiche che rovistavano nella mota e dei grossi scarafaggi che si davano un gran da fare nelle pozzanghere. (F. Mistral)
(in costruzione)
Dettati ortografici – animali dello stagno e del fosso – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Dettati ortografici IL LETARGO – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Il risveglio del tasso
Quatto quatto, ancora un po’ incerto, è uscito dalla tana anche il tasso. Poveraccio, com’è dimagrito! Ne ha guadagnato la linea, è vero, ma sembra il ritratto della fame. Ghiottone com’è, si accorge che è ancor presto per le grandi scorpacciate, la natura offrendogli ben poco; ma forse è meglio riabituarsi al cibo un po’ alla volta, con moderazione. Data un’occhiata in giro e addentato qualcosa, ritorna guardingo verso la tana; è stanco e una dormitina non gli farà male. D’improvviso si arresta, poi, rassicurato, prosegue: il fischio che aveva sentito l’aveva subito riconosciuto. Toh, s’è svegliata pure la signora marmotta: aperto il cunicolo che immette alla tana, è uscita al richiamo della primavera. (V. De Marchi)
Lo scoiattolo si risveglia
Lo scoiattolo non riusciva più a dormire. Il sole lo guardava. Si strofinò gli occhietti, afferrò una noce e si pose a sedere. Aveva molta fame, ma era ben provvisto: tutto il nido era foderato di noci, poi ne tirava fuori un’altra di sotto il letto. Così, quando nel pancino non ce ne stettero più, si diede una gran lisciata di baffi e si mise a guardare intorno. Passava da un ramo all’altro a corsettine, senza mai toccar terra. Saltava su un abete, rimbalzava su un pino, gettava pinoli in tesa ai conigli. Riappariva su un nido di gazza per rubarvi le uova. Le uova col sole dentro. (L. Volpicelli)
Le lucertole
Le lucertole, riscaldate dal sole tiepido, escono dai buchi dove sono state in letargo per tutto l’inverno e si fermano al calduccio, guardando qua e là con gli occhietti vispi. Sono alla caccia di un insetto. Hanno tanto dormito che ora vorrebbero proprio saziarsi di qualche insettuccio incauto che arrivi alla porta della loro lingua. (M. Menicucci)
La lucertolina
Ecco là sul muricciolo la lucertolina che sta a godersi il sole. No, non sta lì a goderselo, sta lì al sole per vera necessità. E’ una lucertolina giovane, uscita da poco da una crepa del muro, dove ha passato l’inverno, e ora aspetta che il caldo la irrobustisca, le dia snellezza per acchiappar mosche e vivere. Ecco dunque chi potrebbe diminuire il gran numero di mosche che minacciano la nostra salute. Ma vi è forse al mondo un’altra bestiola più perseguitata dai ragazzi? (Reynaudo)
Che cos’è il letargo
Molti animali, per difendersi dai rigori dell’inverno, si rinchiudono nella tana sin dall’autunno e vanno in letargo. Durante questo sonno profondissimo, la temperatura del loro corpo si abbassa e il loro respiro si fa più lento: essi consumano pochissime energie e non hanno bisogno di nutrirsi. E’ il caso del ghiro e della marmotta. Lo scoiattolo, invece, si sveglia di tanto in tanto per mangiare il cibo immagazzinato nella sua tana.
Letargo e ibernazione
Agli inizi dell’inverno milioni di animali, in ogni parte del mondo, cadono in un particolare stato di riposo: il letargo. Il letargo è un mezzo per sopravvivere, offerto dalla natura ad alcune specie di animali che in questa stagione non troverebbero più il cibo adatto.
Molti animali hanno un letargo che consiste semplicemente in un sonno più o meno profondo e prolungato: tra questi vi sono l’orso, il tasso, lo scoiattolo, la talpa.
Alcuni mammiferi, invece, durante il letargo mutano profondamente le condizioni del loro organismo: si dice che ibernano. L’ibernazione non consiste in un semplice sonno: la temperatura del sangue dell’animale si uniforma a quella dell’ambiente (come avviene, in ogni stagione, nei rettili), il cuore dà un battito ogni due o tre minuti, il respiro si fa impercettibile, cessa completamente la necessità di nutrirsi. Sono animali ibernanti la marmotta, il riccio, il ghiro, il pipistrello.
I pesci, i rettili, gli anfibi, durante il riposo invernale limitano anch’essi tutte le funzioni del loro organismo al minimo indispensabile per conservare la vita; questo stato si dice “vita latente”.
Il riccio
Quando giunge l’inverno il riccio comincia a trovarsi nei guai; il suo mantello spinoso è un ottimo strumento di difesa contro le zanne e gli artigli dei nemici, ma è un riparo assai scadente contro gli assalti del freddo. Per combattere la grande dispersione di calore a cui è sottoposto il suo corpo dovrebbe, in inverno, mangiare moltissimo, ma ha la sfortuna di essere un insettivoro e… di insetti in questa stagione, specialmente quando il terreno è gelato, è quasi impossibile trovarne. Per risolvere questa difficile situazione il riccio, appena la temperatura comincia a scendere sotto i 15°, si appallottola nella sua tana e cade in letargo; vi resterà finchè il clima non sia tornato più favorevole alla sua nutrizione. Durante la sua ibernazione il riccio regola continuamente la temperatura del proprio corpo, mantenendola sempre di un grado superiore a quella dell’ambiente. Facciamo un esempio: se la temperatura esterna è a +10° il riccio mantiene il suo corpo solamente a +11°. E’ questo un ottimo sistema per risparmiare… combustibile, cioè i grassi accumulati nel corpo durante l’estate. Però, se la temperatura esterna si abbassa sotto i +5°, il riccio non si può permettere di seguirla nella sua discesa, perchè finirebbe col diventare congelato; allora il suo organismo comincia automaticamente a consumare una quantità maggiore di grassi, per mantenere nel corpo la temperatura minima sufficiente alla vita. Mentre avviene tutto ciò, il riccio seguita tranquillamente a dormire. Si direbbe che questo animale sia dotato di un perfetto termostato, l’apparecchio che c’è nei nostri frigoriferi, e che riaccende automaticamente il motore se la temperatura non è più al punto voluto.
La marmotta
Il luogo ove le marmotte trascorrono in letargo sei o sette mesi invernali è una vera camerata sotterranea: essa si trova a due o tre metri di profondità ed è larga una decina di metri; vi stanno a dormire una quindicina di marmotte. Durante l’estate questi animali hanno tagliato coi denti molta erba e l’hanno fatta seccare al sole; poi, con la bocca hanno trasportato il fieno nella caverna, disponendolo ordinatamente a strati. Ora, su questo soffice materasso, dormono un profondissimo sonno: se ne stanno acciambellate col capo stretto fra le zampe posteriori. Nella marmotta, durante il letargo, le funzioni della vita sono ridotte al minimo: l’animale compie 36.000 respirazioni in quindici giorni, tante quante ne compiva in un sol giorno durante l’estate. La temperatura del corpo, che durante la veglia è di 36°, nel letargo si mantiene sui 10° e può eccezionalmente scendere anche a 5°, quando quella esterna si approssima allo zero. Anche per mantenere queste basse temperature occorre però un certo consumo di grassi; le marmotte, infatti, durante il letargo, perdono una buona parte del loro peso.
Il ghiro
I ghiri sono i più famosi dormiglioni del regno animale; tutti conosciamo il detto “dormire come un ghiro”; figuratevi infatti che quando dorme, e se ne sta tutto raggomitolato come una palla, possiamo prenderlo e farlo rotolare per terra senza che neanche si svegli. Alla fine dell’estate i ghiri cominciano a raccogliere in un vasto nido, nel cavo di un albero, una quantità di ghiande, noci, faggiole. Poi si radunano a dormire in parecchi nella stessa tana. Le provviste che hanno raccolto serviranno per la prima colazione nell’aprile dell’anno seguente, quando si ridesteranno.
Il pipistrello
Il pipistrello cade in letargo… ogni giorno. Questo animale esce in cerca di cibo soltanto la notte; di giorno se ne sta nascosto in una caverna, in una soffitta o in una fessura della roccia e cade in uno stato di sonno detto letargo diurno; infatti, in quelle ore, il suo sangue si raffredda, i respiri e i battiti del cuore si fanno più distanziati. Ma quando giunge l’inverno e la temperatura scende al di sotto dei 10°, il sonno si prolunga per settimane e mesi e la vita rallenta ancor più il suo ritmo. Il pipistrello resiste al sonno anche se la temperatura del suo sangue scende a -2°. E’ l’unico mammifero che possa sopportare temperature del corpo inferiori a zero gradi, senza pericolo per la sua vita. Si desta invece facilmente al calore, alla luce, al tatto, al rumore e si riscuote subito, a differenza degli altri animali. Curioso è il suo modo di dormire, appeso a capo all’ingiù; ma non si stanca? Verrebbe voglia di chiedersi. Niente affatto, perchè le sue zampette si serrano automaticamente sull’appiglio per azione del peso del corpo che fa contrarre i tendini delle dita.
Animali in letargo
E’ sopraggiunto l’inverno e tutto, intorno, è spoglio, triste, silenzioso. Lucertole, bisce, ghiri, tassi e marmotte dormono profondamente. Consumano il grasso accumulato nella buona stagione e così possono resistere senza mangiare per i lunghi giorni dell’inverno… Anche il loro respiro si è rallentato: è quasi impercettibile e il loro cuore batte pianissimo.
Le signore Grassone a convegno
Le signore Grassone discutevano in cerchio, attente e serie. Ognuna diceva la sua, con calma e moderazione, ma la Strillona gridava più di tutte e poichè chi grida di più ha sempre ragione, le altre tacquero e la Strillona parlò. “Bisogna affrettarci!” gridava. “L’acqua sa già di neve. Tra poco la terra sarà tutta gelata, le piante si spoglieranno e non di troverà più un frutto né un seme da mettere sotto i denti. Presto, presto, a scavare le tane per l’inverno, abbastanza grasse per sopportare il lungo digiuno, presto, presto, che il sonno arriva a chiudere gli occhi dei giovani e degli anziani!”. “Ah, il sonno!” esclamò una marmotta anziana con espressione di grande beatitudine. “Quando penso che fra poco ci scaveremo la tana, profonda, molto profonda, fra i sassi e le rocce, che ne imbottiremo una stanza con fieno tritato e asciutto e che lì potremo rifugiarci con tutta la famiglia, abbracciati e dormire… mi sento felice. Ah, la vita è bella!” Un sonno lungo, quello delle signore marmotte, che durerà molti mesi e, se potessero sognare… Montagne di frutta secca, colline di semi, pascoli di radici saporite… Una delizia! Purché l’uomo… Un brivido di terrore passa su quelle schiene grasse. La marmotta anziana ricorda, purtroppo, la gran strage di quell’anno e racconta. Si erano tutte diligentemente purgate, come ogni volta, con acqua purissima di sorgente. E intanto si erano costruite la casa: una casa profonda e sicura, con un corridoio cieco che serviva da deposito di immondizie e una bella camera calda con un letto di fieno profumato. Avevano chiuso l’ingresso con un muro di fango, di pietre e d’erba secca, un vero calcestruzzo. Si credevano sicure lì dentro e si erano abbandonate alla beatitudine del lunghissimo letargo invernale. Altrimenti, di che cosa si sarebbero potute nutrire le povere marmotte? Durante la brutta stagione non avrebbero trovato né un frutto né un seme, forse nemmeno una radice sepolta dalla neve. La natura provvida aveva loro concesso il gran sonno. Appena un debole fiato d’aria per tenersi in vita, e così, quasi senza respiro e senza calore, ma con una grossa riserva di grasso sotto la folta pelliccia, le marmotte si erano addormentate profondamente. Durante il sonno era avvenuto lo scempio. Decine di famiglie non si erano più svegliate. L’uomo era avido della bella pelliccia morbida e anche del grasso che secondo lui, spalmato sulla pelle, guariva ogni male. Scavando nel muro di calcestruzzo, anche alla profondità di otto o nove metri, le aveva raggiunte e catturate senza pietà. Per questa ragione quell’anno avevano deciso di emigrare. Avrebbero cercato di sfuggire all’insidia degli uomini, recandosi in alto, ai confini delle grandi nevi, al di là del bosco e del torrente. In quel luogo spirava un vento propizio, Era una zona sicura… L’aveva detto il camoscio, venuto a brucare il finocchio ai margini del bosco. Nemmeno il camoscio era amico dell’uomo e sapeva dove si poteva stare al sicuro da lui. Le signore grassone, precedute dalla Strillona, che doveva eventualmente dare l’allarme, avanzavano caute, affacciandosi prima ai cigli delle rocce per perlustrare il terreno. Un grande silenzio sulla montagna. Non un colpo d’arma da fuoco, non un colpo di piccone, ma un’aria di pace completa. Solo il lieve stormire delle fronde mosse dal vento. Non c’era traccia d’uomo. Le marmotte durante il cammino, facevano grandi bevute d’acqua di fonte e non mangiavano nulla, non di facevano tentare nemmeno dalle ultime bacche cadute per terra. Dovevano andare verso il gran sonno col corpo purificato. Finalmente arrivarono. Alzarono verso l’aria le narici umide e vibranti per aspirare gli odori, odori rassicuranti e amici, poi cominciarono a scavare le tane. Dovevano mettersi al sicuro dall’uomo e dal falco, anche lui ghiotto di marmotte. Finalmente, il lavoro fu compiuto. Le famiglie di radunarono, si riconobbero sfiorandosi i baffi e finalmente giù nel profondo, dove, abbracciate in una tenera stretta, avrebbero aspettato il tepore della primavera che le avrebbe svegliate. (Mimì Menicucci)
Gli scoiattoli
Gli scoiattoli, durante l’inverno, non dormono continuamente. Quasi ogni mattino escono dal loro nido, posto sulla sommità di un albero, per sgranchirsi un poco le gambe, inseguendosi e correndo a spirale lungo il tronco ed i rami. Vanno anche a prelevare un poco del cibo che durante l’estate avevano accumulato in piccoli magazzini nascosti nelle cavità dei tronchi. Nelle altre ore del giorno se ne stanno ben tappati nel loro nido ove alternano mangiatine a lunghe dormite.
Le vipere
Le vipere, quando avvertono i primi freddi, si radunano in gruppi numerosi (talvolta anche di venti o trenta) in una sola tana, fra le radici di un albero, o sotto una pietra. Così. aggrovigliate assieme, cadono in letargo.
La lucertola
Si nasconde in qualche buchetto, per cadere in letargo, soltanto nelle zone in cui l’inverno è rigido.
Le rane
Nelle zone dove l’inverno è rigido, si sprofondano nel fango del loro stagno e vi rimangono inerti fino alla primavera seguente.
La tinca
Quando le acque si raffreddano, si immerge nel fango del fondo e vi rimane a lungo immobile.
La chiocciola
Durante l’inverno, si nasconde fra le pietre, chiude con una membrana l’apertura del suo guscio e s’addormenta.
E’ finito il letargo
La primavera è la stagione in cui la natura si sveglia. I fiumi, che il ghiaccio ha resi prigionieri durante l’inverno, riprendono liberi il loro corso, gorgogliando e chioccolando. Negli alberi rifluisce la linfa. Essa risveglia i germogli addormentati, che si aprono, rivelando le foglie. I fiori incominciano a sbocciare. Su dall’arida terra morta spuntano i fili della verde erba. Il mondo, che pareva diventato inerte, ricomincia a mostrare i primi segni di vita. Gli animali, che durante l’inverno hanno dormito, si destano. Gli uccelli ritornano dal Sud. I lavori dell’anno stanno per riprendere. Tutti sono affaccendati. Per il castoro la primavera è la stagione in cui bisogna ricominciare a lavorare. Mamma castoro vuole un bel letto per i suoi piccoli. Il padre può dormire sulla nuda terra, ma i bambini devono avere un giaciglio più soffice; perciò babbo castoro deve preparare per loro un materasso di ramoscelli teneri e di fili d’erba. Presto vi saranno le inondazioni primaverili. I ruscelli mormoranti si trasformeranno in torrenti impetuosi. Il castoro deve, presto presto, riassettare la sua diga, se non vuole che le acque tumultuose gliela spazzino via. Deve rafforzarla con rami e pietre; deve aggiungere tronchi e grossi sassi che tengano a posto i tronchi; deve ammucchiare rami e sterpi e zolle di terra che leghino insieme ogni cosa. Deve far sì che la sua diga diventi ogni anno più grossa e più bella. A volte le dighe dei castori diventano talmente alte e forti, che anche i cavalli ci possono camminare sopra. Spesso papà castoro non riesce, da solo, a far tanto lavoro. Invita allora i parenti ad aiutarlo. Fa un fischio ai suoi fratelli, agli zii, alle zie, i quali arrivano al chiaro di luna e lo aiutano finchè il lavoro è terminato. A sua volta esso aiuta i parenti quando hanno bisogno di lui. A primavera anche la marmotta si sveglia: è magra, affamata e sola. Quando era andata a rintanarsi per l’inverno era coperta di spessi strati di grasso. Sotto la sua pelliccia non ce ne sarebbe stato un pezzettino di più. Non poteva neppure correre! Perciò tutti la chiamavano “grassona”. Quando era caduta in letargo, era un animaletto incredibilmente assonnato, e sino a primavera aveva continuato a dormire senza mai svegliarsi, neppure per mangiare. Ed ecco che adesso, all’arrivo della primavera, la marmotta è magra, affamata e sola. Annusa nervosamente le gallerie che la circondano: alcune sono state scavate da lei stessa; altre sono state scavate dai suoi fratelli, dalle sorelle e da altri parenti. Poi la marmotta si mette in viaggio, di galleria in galleria, in cerca dei vecchi amici. A volte, entrando in una galleria, si imbatte in un opossum che vi si è insediato, oppure in un coniglio o in una moffetta. Allora scappa in un’altra galleria. Nel suo giro di ricerca incontra molti animali, i quali, vedendo che la marmotta si è svegliata, capiscono che è primavera. (A. Webb)
Lo scoiattolo
Lo scoiattolino non riusciva più a dormire. Nella brezza del mattino che continuava a cullarlo, lassù sul cavo più alto del faggio, sotto il cumulo delle foglie, si sentiva pungere gli occhi da uno spino d’oro, che invano cercava di togliere con la zampina. Schiuse le palpebre, fece capolino di sotto la gran coda in cui era avvolto, sbirciò da uno spiraglio del tettuccio. Il sole lo guardava. Presto presto si strofinò gli occhietti, diede una scrollatina al pelliccione, arruffò il letto, afferrò una noce e si pose a sedere. Aveva molta fame, ma era anche ben provvisto: tutto il nido era foderato di noci. Ne vuotava una, gettava via il guscio e ne tirava fuori un’altra di sotto il letto. Quando nel pancino non ce ne stettero più, si diede una gran lisciata di baffi e si mise a considerare l’inverno. L’aria odorosa di resina scintillava fresca e pungente perchè c’era ancora un poco di neve all’ombra degli alberi e sulla montagna; ma il lago era sgelato. Lo scoiattolino si agitò tutto per la gran festa. (F. Tombari)
Animali in letargo… Lo sapevate che se gli uomini potessero cadere in letargo vivrebbero fino a 2162 anni? Infatti durante il letargo i battiti del nostro cuore subirebbero un rallentamento, e ciò prolungherebbe di molto la nostra vita. Che cos’è l’ibernazione? E’ un periodo felice che gli animali trascorrono in luoghi diversi (tronchi, buche, tane) durante il quale la loro temperatura diminuisce. E’ inesatto dire che certi animali, come rane, rettili o pesci hanno il sangue freddo: la loro temperatura dipende unicamente dall’ambiente in cui si trovano. Per esempio una serpe, sui sassi al sole, avrà sangue caldo, ma se la troverete sotto una pietra, toccandola la sentirete gelida. I mammiferi e gli uccelli in generale hanno temperatura costante: sia che voi andiate a spasso con un gran freddo, sia che ve ne stiate ad arrostire sulla spiaggia, la vostra temperatura interna sarà sempre di 37 gradi. Tra gli animali che vanno in letargo, o ibernanti, ce ne sono di quelli che hanno temperatura variabile e di quelli che hanno temperatura costante; comunque sia, la temperatura di questi animali diminuisce d’inverno. E fra questi mammiferi ci possono essere i roditori, gli insettivori, ed anche i carnivori che hanno la proprietà di diminuire moltissimo la temperatura. Ci sono poi dei falsi ibernanti, come l’orso, che pur andando in letargo non subisce una diminuzione della temperatura. La marmotta è un esempio tipico di roditori ibernanti. Quando il termometro scende dotto i 15 gradi, dolcemente il piccolo animale si addormenta e sembra cadere in letargo: ma ogni due o tre settimane la marmotta si risveglia per eliminare dalla sua tana tutta la sporcizia. Un abbassamento troppo rapido della temperatura la ridesta ugualmente dal letargo: occorre perciò che essa si riscaldi per non morire di freddo. Si agiterà allora in tutti i modi e farà delle vere e proprie acrobazie. Durante il letargo la marmotta non mangia più e consuma le sue riserve di grasso. Gli invertebrati dormono proprio tutto l’inverno; gli insetti trascorrono questa stagione sia come larve, sia come crisalidi. Mi è capitato una volta di osservare una farfalla attaccata a un muro alla fine dell’estate e di averla vista immobile ancora nella stessa posizione duasi alla fine dell’inverno. (U. Gozzano)
Dettati ortografici IL LETARGO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
…lavoretti per bambini FIORI: una collezione di tutorial per realizzare coi bambini della scuola d’infanzia e primaria fiori per festeggiare la primavera e la festa della mamma…
…rose, margherite, ciclamini, gerbere, giacinti, fiori fantastici: lavoretti per bambini fiori di ogni genere realizzati riciclando materiali poveri quali lattine, bottiglie di plastica o cartoni delle uova, e sperimentando varie tecniche: fiori collage, fiori dipinti con le impronte digitali, fiori con la pittura a dito, fiori di carta, tessitura, uncinetto, quilling, carta crespa, ecc…
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1. gerbera realizzata con i cartoni delle uova, tutorial illustrato di http://www.duitang.com
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2. narciso – girandola, realizzato con cartoncino colorato e cartoni per le uova, tutorial di http://nurturestore.co.uk
6. ciclamini, sempre realizzati coi cartoni delle uova, tutorial fotografico di http://www.liveinternet.ru
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7. ancora narcisi, ancora coi cartoni delle uova, in versione quadretto, tutorial fotografico di http://www.liveinternet.ru
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8. collage ispirato a Picasso. I bambini tracciano l’impronta della loro mano, la ritagliano, aggiungono strisce di carta verde e quindi per i fiori avvolgono pezzi quadrati di carta velina colorata intorno matita… di http://artrageousafternoon.blogspot.com.au
10. mazzolino di pratoline realizzato con la tecnica del quilling, cioè arrotolando le striscioline di carta. Tutorial fotografico di http://www.duitang.com
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11. fiori di lana realizzati con uno specialissimo telaio, semplice da costruire con legno e chiodini o anche cartone spesso e puntine, tutorial fotografico di http://www.knitting-and.com
15. battendo ripetutamente col martello su fiori e foglie appoggiate ad un pezzo di tessuto o ad un foglio di carta spessa, otterrete una sorta di stampa botanica molto bella. Si può fare anche con le foglie autunnali… Immagine da http://kindlingplayandtraining.blogspot.it/
16
16. fiori realizzati con le graffette colorate, in vendita qui http://www.modcloth.com (non c’è tutorial)
23. ciliegio in fiore realizzando stampando la tempera rosa col fondo di una bottiglia di plastica, di http://alphamom.com/
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24. fiori nei gusci d’uovo. L’idea originale, di http://www.tuinadvies.nl/vrolijk_pasen.htm, utilizza fiori veri per realizzare una composizione da usare come centrotavola, ma può essere realizzata anche una variante con fiori di carta…
35. decorazioni floreali ottenute fissando i fiorellini di carta ad una palla di polistirolo, con degli spilli con la capocchia colorate, tutorial di http://www.fancypantsweddings.com
52. questi fiori, in vendita qui http://www.etsy.com/ sono realizzati tagliando lattine da bibita. Coi bambini l’idea può essere utile sostituendo alle lattine i bicchieri di carta o di plastica.
54. tulipani realizzati con fogli di carta colorata tagliati e piegati secondo il tutorial fotografico e cannucce da bibita, di http://skapligtenkelt.blogspot.
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55. girasole con semi veri, di http://www.rockabyebutterfly. I semi, invece di essere incollati, possono essere posati sul cerchio di carta e poi fissati con un coperchio trasparente dello yogurt. In questo modo possono essere piantati. Si possono usare, oltre ai semi di girasole, altri semi e anche fare fiori diversi.
I punti cardinali – dettati ortografici: una raccolta di dettati ortografici sui punti cardinali e l’orientamento, di autori vari, per la scuola primaria.
I punti cardinali
All’alba, in un punto dell’orizzonte, sempre dalla stessa parte, vedi apparire il sole, che da prima sale lentamente nel cielo, raggiunge a mezzogiorno la massima altezza e subito dopo comincia lentamente a scendere, finchè al tramonto scompare dietro l’orizzonte, nella parte opposta a quella da cui era sorto.
La parte dove sorge il sole si chiama Levante, Est oppure Oriente; dalla parte opposta troviamo il punto chiamato Occidente oppure Ovest. Se ci mettiamo col braccio destro teso verso Est e il sinistro verso Ovest, avremo davanti a noi un terzo punto chiamato Nord, Tramontana o Mezzanotte e alle nostre spalle un quarto punto, che è chiamato Sud, Meridione o Mezzogiorno. Questi quattro punti dell’orizzonte si chiamano punti cardinali ed è bene che tu sappia riconoscerli sul tuo orizzonte.
Sapersi orientare
Come facciamo a camminare senza smarrirci, quando siamo in mezzo a un bosco? Per trovare la via del ritorno, cerchiamo di vedere fra gli alberi qualcosa che ci serva da punto di riferimento per dirigerci: una fonte, una capanna di boscaioli, la forma di un monte lontano. Possiamo trovare il Nord guardando la corteccia degli alberi; dalla parte del Nord il sole non batte mai e perciò la corteccia è più umida, più scura, e spesso coperta di muschio.
Ma supponiamo di trovarci in una pianura vasta, senza alberi, senza capanne, senza montagne visibili all’orizzonte, senza quindi alcun punto di riferimento: allora dobbiamo ricorrere a qualche altro mezzo per orientarci, cioè per trovare la direzione giusta. I popoli antichi, che viaggiavano fra i monti e attraverso boschi e deserti e che solcavano il mare con le navi, sapevano in che direzione andare perchè sapevano orientarsi guardando il cielo. Essi avevano appunto notato che al mattino il sole sorge sempre dalla stessa parte dell’orizzonte: a oriente.
La parola orientarsi significa riconoscere l’oriente, cioè la parte dalla quale vediamo sorgere il sole al mattino. In pratica, però, per orientarsi basta trovare uno qualsiasi dei punti cardinali. Infatti, stabilita la posizione di uno, si può facilmente stabilire la posizione degli altri.
Di notte il sole non c’è, ma guardando le stelle i viaggiatori antichi si accorsero che una di esse, la stella polare, si trova sempre nello stesso punto del cielo, a Nord.
I punti cardinali – L’orientamento
Il sole sorge da Est: io mi volgo, faccia al sole nascente. Di fronte ho l’Est, alle spalle l’Ovest, alla mia destra il Sud, alla sinistra il Nord.
Mi rivolgo, faccia al Sole calante: di fronte avrò l’Ovest, alle spalle l’Est, alla mia destra il Nord, alla sinistra il Sud.
Ho osservato il punto verso cui volgono le ombre all’ora di mezzogiorno. Mi volgo verso quel punto: di fronte avrò il Nord, alle spalle il Sud, a destra l’Est, a sinistra l’Ovest.
Ho osservato il punto in cui si trova il sole a mezzogiorno. Mi volgo verso quel punto: di fronte avrò il Sud, alle spalle il Nord, a destra l’Ovest, a sinistra l’Est.
Come orientarsi di notte
Di notte ci si orienta con la Stella Polare, che indica sempre il Nord. Ma come riconoscerla? Vi sono nel cielo due costellazioni, che hanno quattro stelle disposte come le ruote di un carro e altre tre come un timone. La costellazione più grande si chiama Orsa Maggiore, l’altra Orsa Minore; l’ultima stella del timone dell’Orsa Minore è la Stella Polare.
La bussola
La bussola è come un piccolo orologio, ma sul quadrante invece delle ore sono segnati i quattro punti cardinali e quelli intermedi. Al centro su un perno c’è l’ago calamitato, libero di girare. Orbene, quest’ago ha la proprietà di volgere la sua punta calamitata sempre verso Nord.
La bussola è stata inventata dai Cinesi molti e molti secoli or sono. E’ stata poi perfezionata da Flavio Gioia, un geniale navigatore di Amalfi.
La bussola è uno strumento indispensabile non solo per chi sfida il mare, ma anche per chi deve pilotare un aereo o per chi deve affrontare viaggi in regioni desertiche.
La rosa dei venti
Ogni vento ha un nome ben preciso, secondo la direzione in cui spira. Si tratta di nomi antichissimi, quasi tutti di origine marinara.
I più importanti sono: Tramontana, vento freddo e secco che soffia da Nord; Greco o Grecale, da Nord-Est; Levante da Est; Scirocco, piuttosto umido e tiepido, che spira da Sud-Est; Mezzogiorno, da sud; Libeccio, spesso violento, da Sud-Ovest; Ponente, da Ovest (detto Ponentino quando è debole); Maestro o Maestrale, da Nord-Ovest.
Il movimento del cielo stellato è solo apparente: mentre noi vediamo girare il cielo da oriente ad occidente, siamo invece noi a girare da occidente ad oriente. Ma questo movimento apparente ci ha dato modo di fissare vari punti: EST dove il sole sembra levarsi, OVEST dove tramonta.
Se ci volgiamo verso est e apriamo il braccio destro di ha il punto dove il sole, che è ormai a metà cammino, batterà i suoi raggi a picco sulla terra (mezzogiorno, sud, austro). La parte opposta è il nord (settentrione, tramontana).
I punti sud e nord possono essere determinati tutti i giorni esattamente con la luce del sole. Ciò non avviene per est ed ovest, se non negli equinozi, cioè il 23 settembre e il 21 marzo. Solo agli equinozi il sole segnerà esattamente est ed ovest, spostandosi poi verso nord o verso sud, a seconda delle stagioni.
Fra i 4 punti cardinali, a metà distanza da ciascuno di essi, si segnano altri quattro punti secondari:
– greco, o nordest
– scirocco, o sudest
– libeccio, o sudovest
– maestro, o nordovest.
Ogni vento ha un nome ben preciso, secondo la direzione in cui spira. Si tratta di nomi antichissimi, quasi tutti di origine marinara. I più importanti sono:
– tramontana: vento freddo e secco che soffia da nord
– greco o grecale: da nordest
– levante: da est
– scirocco: piuttosto umido e tiepido, che spira da sudest
– mezzogiorno, da sud
– libeccio: spesso violento, da sudovest
– ponente: da ovest, detto ponentino quando è debole
– maestro o maestrale: da nordovest.
Dettati ortografici I punti cardinali
Dettati ortografici I punti cardinali – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
Sono due pulcini usciti ieri dall’uovo. Sono già nel prato a godersi la primavera. Guardano intorno, beccano in terra e si bisticciano. Bisticciano per una crostina di pane trovata fra l’erba. Tira uno, tira l’altro… nessuno vince. Il pulcino più scuro dà una beccata alla crostina; il pulcino più chiaro dà una beccata al compagno; l’altro scappa via contento col boccone. Non è passato che un momento; ecco i pulcini già in pace. Beccano contenti l’uno quasi contro l’ala dell’altro.
Dettati ortografici I punti cardinali – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Materiale didattico e lavoretti per l’autunno – una raccolta di lavoretti, materiale didattico, attività artistiche e manuali sul tema autunno per i bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Lavoretti per l’autunno: collage di foglie, idee per utilizzare le raccolte di foglie e frutti autunnali per progetti artistici e didattici, piccole sculture, tecniche varie per la conservazione delle foglie autunnali, idee per decorare la scuola e la casa, ecc…
1. Lavoretti per l’autunno: bellissimi esempi di composizioni, li ho stampati in formato scheda e messi sullo scaffale delle raccolte di materiali naturali, vicino alle foglie pressate. Fanno parte di un libro, Leaves, dell’iraniano Mehdi Mo’eeni, digitalizzato e consultabile gratuitamente qui: Childrens library
2. Lavoretti per l’autunno: altri bellissimi spunti, anche per l’esposizione dei lavori… di Be*mused (flickr album, Children’s artwork exhibit, Mie Museum, Japan 2006)
3. Lavoretti per l’autunno: qui solo un riccio, ma molto carino di Nature store
4. Lavoretti per l’autunno: e qui solo una volpe di Страну Мастеров
5. Lavoretti per l’autunno: per realizzare meravigliose stampe botaniche basta carta da acquarello spessa di buona qualità, carta da cucina e un martello. Posate la foglia sulla carta da acquarello, coprite con qualche foglio di carta da cucina, martellate a lungo tutta la superficie della foglia, quindi rimuovete delicatamente la carta assorbente, e poi la foglia pestata: ecco che la stampa si sarà impressa sul foglio di carta da acquarello. Di Buid make craft bake
6. Lavoretti per l’autunno: con la stessa tecnica le foglie possono essere stampate anche su tessuto; di Morning sun rae
7. Lavoretti per l’autunno: un gioco semplicissimo e bellissimo. Prendete una grossa castagna, foratela, incollate saldamente nel foro delle belle striscioline di carta velina colorata. Asciugata la colla il gioco è pronto: lanciando la castagna assisteremo a bellissimi “fuochi d’artificio” in aria, di Red Ted art’s blog
8. Lavoretti per l’autunno: (per tutti i lavori con le foglie, ricordate che si conservano belle a lungo se prima di utilizzarle le immergete in un pentolino di cera fusa) di Patch O’ Dirt farm
9. Lavoretti per l’autunno: oppure si può usare la plastificatrice, idea di Sun hats & wellie boots
10. Lavoretti per l’autunno: quadretto di gesso per i tesori dell’autunno. Serve del gesso in polvere a presa rapida (molto economico, si trova nei negozi di edilizia e bricolage), acqua, tesori e un “telaietto” realizzato con cartone di recupero per dare forma al quadro, di Ordinary life magic
11. Lavoretti per l’autunno: con le foglie raccolte durante le passeggiate si può esercitare il disegno delle simmetrie; di ВРАБЧО
12. Lavoretti per l’autunno: disegno da realizzare con pastelli a cera e matite colorate di alberi autunnali che si specchiano nell’acqua; di Kids artists
13. Lavoretti per l’autunno: una bellissima tombola gratuita utile per imparare ad identificare le foglie degli alberi più comuni; di Ellen McHenry
14. Lavoretti per l’autunno: kirigami delle foglie d’autunno, istruzioni per la piegatura della carta e il taglio di Zaffa life
15. Lavoretti per l’autunno: barchette realizzate con un guscio di noce, una pallina di plastilina, un rametto e una foglia di Family fun
16. Lavoretti per l’autunno: tutorial per realizzare una semplicissima bambolina-ghianda. Si tratta di separare la ghianda dalla parte superiore, incollare al frutto un dischetto di feltro e una pallina di legno, poi la parte superiore della ghianda, e decorare, di Vlijtig
17. Lavoretti per l’autunno: albero autunnale delle impronte digitali. E’ disponibile anche la sagoma per la stampa gratuita. Proposta come attività prematrimoniale… da Style unveiled
18. Lavoretti per l’autunno: creare un mosaico di foglie è un progetto molto interessante coi bambini più grandi, di Land art for kids
19. Lavoretti per l’autunno: l’autunno è la stagione dei colori e anche del ritorno a scuola. Predisponiamo un lunghissimo rotolo di carta nella stanza delle attività, perchè i bambini possano dipingere insieme (ispirazione Reggio children) di North American Reggio Emilia Alliance
20. Lavoretti per l’autunno: rastrellare le foglie, oltre ad essere una tipica attività di vita pratica montessoriana, è una straordinaria occasione per realizzare percorsi e labirinti sul prato, di Happy hooligans
21. Lavoretti per l’autunno: con carta di giornale e pastelli a cera o matite colorate si possono realizzare tante foglie autunnali da ritagliare e utilizzare per decorare la classe, di Life with little ones
22. Lavoretti per l’autunno: bellissime carte autunnali da ritagliare a forma di foglia si possono realizzare spruzzando tempera densa all’interno di un cartone dai bordi bassi e poi rullando col tubo interno di un rotolo di carta da cucina. Nel cartone possono essere posizionati fogli di carta, volendo, di Casa Maria’s creative learning zone
23.Lavoretti per l’autunno: oppure andate al parco giochi, stendete sullo scivolo un lungo foglio di carta, sedetevi in alto con delle ciotoline di colore e delle palline: rotolando creeranno bellissimi disegni e sfumature, di Putti Prapancha
24.Lavoretti per l’autunno: oppure ancora mettete un foglio di carta sul fondo della centrifuga da insalata, spruzzate della tempera di vari colori, mettete il coperchio e centrifugate…ancora di Putti Prapancha, un blog che mi piace molto…
25.Lavoretti per l’autunno: o anche, foderate con un foglio di carta la parete verticale di un tubo cilindrico largo, versate sul fondo del colore a tempera o acrilico, inserite qualche frutto autunnale (ghiande, castagne, nocciole, …), mettete il coperchio e agitate, di Teach preschool
26.Lavoretti per l’autunno: tutorial per realizzare rose con le foglie d’acero in autunno (non seccate)… di Kate Hust via Design Sponge
27.Lavoretti per l’autunno: preparate per i bambini le sagome di due o tre foglie di forma diversa in cartoncino. I bambini ne tracciano il contorno sul loro foglio, quindi disegnano le venature interne, in modo che il tutto risulti diviso in sezioni. Ad ogni sezione il bambino abbinerà una decorazione e un colore diverso… di Art ptojects for kids
28. Lavoretti per l’autunno: arricchite l’atelier creativo autunnale dei vostri bambini dividendo le foglie raccolte per colore, di Branches atelier
29. Lavoretti per l’autunno: questo lavoro non ha tutorial, ma proviene da una galleria fotografica. L’idea mi piace molto e non è difficile da realizzare, di Land art – female photography site
30. Lavoretti per l’autunno: si dispongono delle foglie autunnali su di un foglio di carta leggera, si grattugia sopra di esse qualche pastello a cera, poi si stira… Il foglio, che diventa traslucido e molto autunnale, viene incollato su un cartoncino fustellato (qui a forma di ghianda) e si appende alla finestra, di Toddler approved
31. Lavoretti per l’autunno: macchinine e altro ritagliando le foglie autunnali, di The art room plant
32. Lavoretti per l’autunno: una mela in cartone con vermetto di Fem manuals
33. Lavoretti per l’autunno: qui alcune idee per riconoscere personaggi ed animali nella forma delle foglie di Family fun
34.Lavoretti per l’autunno: in questo progetto si crea la sagoma dell’albero e delle foglie che cadono con del nastro adesivo, quindi si procede con la coloritura con tempera e spugnette, infine si rimuove il nastro adesivo, di No time for flash cards
35. Lavoretti per l’autunno: si ritagliano le foglie da pitture ad acquarello fatte dai bambini con colori autunnali, si fa con carta leggera da pacco la sagoma dell’albero e si applica alla finestra, di Frugal family fun blog
36. Lavoretti per l’autunno: perchè non decorare i tronchi degli alberi? JRT Pickle
37. Lavoretti per l’autunno: un memory per il download gratuito e la stampa basato sulle qualità forma geometrica-colore, di Country fun
38.Lavoretti per l’autunno: l’unico trucco per infilare le collane di chicchi di mais o altri semi, è quello di tenere a mollo in acqua il materiale per almeno un giorno. Si infilano con normale ago e filo. Paint cut paste
39. Lavoretti per l’autunno: acquarello spray. Posate le vostre foglie su dei pezzetti di carta da acquarello. Diluite ogni colore in un contenitore spray (basta non buttare gli spray per pulizie di casa per un po’) e procedete. Artful adventures
40. Lavoretti per l’autunno: insetti immaginari in habitat immaginario utilizzando materiali vari e stuzzicadenti… di Schiller-Grundschule im Sternfeld
41. Lavoretti per l’autunno: animali pigna immaginari, gli elementi possono essere assemblati con colla a caldo o con piccole palline di plastilina. Make Learning Fun
42. Lavoretti per l’autunno: ad ogni passeggiata raccogliamo una foglia, possibilmente da uno stesso albero, numeriamola e mettiamola a seccare tra le pagine di un libro. Dopo un mesetto avremo una collezione di foglie numerate che ci permetterà di osservare il progredire dell’autunno; di Chasing the goose
44. Lavoretti per l’autunno: per i più piccoli, la tecnica classica di inserire una bella foglia all’interno di un foglio piegato a metà (come una cartellina) e poi passare sulla facciata esterna con cerette di vario colore… si può fare anche su tessuto, ed eventualmente stirare per creare un effetto sfumato ed evanescente; di Rhythm of the home
45. Lavoretti per l’autunno: mandala realizzati con semi, chicchi e legumi secchi, di Martha Stewart
46. Lavoretti per l’autunno: pressare le foglie per un paio di giorni (che non siano troppo secche), poi incollarle su una sagoma di cartoncino e spennellare con colla vinilica e acqua. Le foglie si conservano molto bene anche immergendole nella cera fusa di 5 orange potatoes
47. Lavoretti per l’autunno: Il gioco delle ghiande, per aiutare i più piccoli nell’apprendimento dei numeri, download e stampa gratuita di Kidsparkz via littlewondersdays.blogspot.com
48. Lavoretti per l’autunno: decorazioni per finestra realizzate incollando la carta velina colorata sul retro di cartoncini fustellati a forma di foglia; di Making friends
49. Lavoretti per l’autunno: si utilizza il tappo trasparente di un vaso di yogurt da 500g. Si incollano i semi al centro, un rametto con delle foglie in alto per fare il picciolo, e poi si decora con carta velina e una soluzione di colla vinilica e acqua. Appeso alla finestra è di grande effetto, di 4 crazy kings
50. Lavoretti per l’autunno: problemi col disegno? Qui un bell’assortimento di foglie (solo contorni) per la stampa gratuita o il download. Crayola
51. Lavoretti per l’autunno: qui foglie e non solo, a colori. Learning treasures
52. Lavoretti per l’autunno: una cornice fatta con la parte superiore delle ghiande, di Better homes and gardens
53. Lavoretti per l’autunno: albero autunnale realizzato stampando le foglie con i cartoni delle uova. Bellissima idea per i più piccoli di Teach preschool
54. Lavoretti per l’autunno: con le foglie si può realizzare una pinata, ed è molto semplice. Gonfiate un palloncino, rivestitelo con carta e colla vinilica, quando asciutto bucate il palloncino, praticate un’apertura per nascondere i regalini e poi decorate nascondendo il foro con le foglie. Daily Danny
55. Lavoretti per l’autunno: servono un foglio di cartoncino nero, colla vinilica, gessi colorati da artista, eventualmente vernice oro o argento. Si disegna la foglia, poi si tracciano i segni con la colla vinilica e si lascia asciugare. Si procede a colorare con i gessetti, sfumando un colore nell’altro, e se si vuole si colora la colla con oro o argento. Mrs Picasso’s art room
56. Lavoretti per l’autunno: simile al progetto precedente, qui tracciamo i contorni con la colla vinilica, lasciamo asciugare, poi col pennarello nero seguiamo i contorni delle tracce di colla, quindi coloriamo con acquarelli o tempere, di A faithful attempt
58. Lavoretti per l’autunno: la famiglia “Foglia”: mamma, papà, bambini. Personaggi realizzati con foglie autunnali pressate, di Meet the Dubiens
59.Lavoretti per l’autunno: altra immagine (senza tutorial) ma molto semplice da realizzare, di ispirazione Reggio Children: fissati dei rami al soffitto aggiungere con filo di rame elementi naturali e altre creazioni artistiche dei bambini; di St. Louis Reggio Collaborative
60. Lavoretti per l’autunno: foglietti per creare un calendario autunnale, disponibili per la stampa gratuitamente; di Counting coconuts
61.Lavoretti per l’autunno: collage realizzato con pezzetti di carta velina incollati con la colla stick, rifiniture con acquarelli e contorni con vernice o pennarello oro di Art projects for kids
62. Lavoretti per l’autunno: le ghiande possono essere utilizzate come perle da infalare, ma occorre che i fori siano preparati da un adulto… di Better homes and gardens
63.Lavoretti per l’autunno: collage autunnale realizzato con un rametto e i bottoni; di Craft gossip
64.Lavoretti per l’autunno: semplici ghirlande autunnali realizzate su sagoma di cartone, incollando materiali naturali. L’unica difficoltà è che l’incollaggio dei pezzi pesanti può richiedere l’utilizzo della colla a caldo; di Little birdie secrets
65.Lavoretti per l’autunno: altre sculture realizzate con i tesori dell’autunno assemblati attraverso fori e stecchini (tecnica un po’ laboriosa…) di leukvoorkids.nl
66.Lavoretti per l’autunno: qui invece (bellissimo), con la plastilina; di krokotak
68. Lavoretti per l’autunno: mettiamo a disposizione dei bambini grandi raccolte di materiali naturali collezionate durante le passeggiate autunnali, perchè possano realizzare composizioni e grandi scenari di gioco; di St. Louis Reggio Collaborative
69.Lavoretti per l’autunno: acchiappasogni autunnale di Maureclaire (Flickr album)
70. Lavoretti per l’autunno: trottole realizzate con la parte superiore delle ghiande. Riempite lo spazio vuoto con una pallina di plastilina e infilate al suo interno un fiammifero. Il gioco è fatto; di Matzo ball soup
71.Lavoretti per l’autunno: dividiamo i materiali piccoli in vassoi ordinati per oggetto, colore e dimensione: questo stimolerà i bambini alla realizzazione delle loro composizioni, e aggiungiamo anche tessere (tipo scarabeo): potrebbero voler scrivere… di Little preschool on the prairie
72.Lavoretti per l’autunno: se per ragioni vostre avete un libro inutilizzabile, riciclatelo seguendo questo semplice tutorial per realizzare mele e zucche tridimensionali; di Creations by Kara
73. Lavoretti per l’autunno: foglie d’acero 3D. Serve ritagliare dieci foglie da carta decorata su una sola facciata (da incollare a coppie per avere la decorazione fronte e retro), oppure cinque se utilizziamo carta già decorata su entrambe le facciate. Cucire lungo la linea centrale le foglie tra loro e appendere; di Craft ideas
74.Lavoretti per l’autunno: la sagoma dell’albero si realizza con inchiostro o tempera nera tracciando il tronco e i rami principali, e soffiando con una cannuccia per i rametti piccoli. Asciugato il lavoro, si mette la colla dove si desiderano le foglie, quindi si versano sul foglio foglie secche predecentemente sminuzzate, si soffia via e si lascia asciugare. Full circle
75. Lavoretti per l’autunno: dividiamo in grandi cesti i materiali grandi, da utilizzare in giardino di Let the children play
76.Lavoretti per l’autunno: ritagliate delle foglie da una pittura con colori autunnali e poi incollatele a dei bei rami per decorare la classe o la casa; di Dirt Patch O’ Farm
77.Lavoretti per l’autunno: le tradizionali bambole della nonna realizzate con le foglie di mais. Tutorial di Family fun
78.Lavoretti per l’autunno: altro bellissimo tutorial qui (solo disegni, in Inglese): Native American
79. Lavoretti per l’autunno: e un tutorial in formato video (sempre in Inglese) qui
80.Lavoretti per l’autunno: semplice ghirlanda di foglie e nastri incollati su un piatto di carta di Crafts for all seasons
81.Lavoretti per l’autunno: le raccolte di materiali naturali trovati in giardino o nel bosco in autunno, possono anche servire per composizioni verticali su “telaio”. Nella foto la composizione è estiva, ma l’idea resta validissima. Basta praticare dei fori lungo una cornice di legno, inserire strisce di tessuto vecchio o nastri in verticale, poi in orizzontale, intrecciandoli ai predecenti: i bambini potranno inserirvi i materiali raccolti. My mommy makes it
82.Lavoretti per l’autunno: altra idea per la tessitura dei tesori raccolti in autunno di Activity village
84.Lavoretti per l’autunno: il bambino dipinge su tela con colori densi (tempera o acrilici), poi usando colla vinilica densa e infine dispone i suoi tesori. Lasciar asciugare un paio di giorni. Sun hat & wellie boots
85.Lavoretti per l’autunno: possiamo inserire nella parte superiore della ghianda biglie di vetro e realizzare mobiles o gioielli luccicanti… di WhysperFairy (Etsy shop)
86.Lavoretti per l’autunno: oppure delle palline di feltro, di stitchcrafts (Etsy shop)
87.Lavoretti per l’autunno: un pacchetto gratuito di schede illustrate per la prima classe per matematica, inglese, altro… di Homeschool creations
88.Lavoretti per l’autunno: prepariamo tavolozze di materiali sbriciolati, spezzettati, setacciati, polverizzati, per cogliere l’essenza della materia, dei colori, dei profumi. La tavolozza dei materiali preparati serve ai bambini per realizzare delle composizioni, che portano il segno di ricerche individuali molto diverse tra loro. Reggio Children, la mostra Dialoghi con i materiali
89. Lavoretti per l’autunno: sgranate una pannocchia di mais alle due estremità e lasciando i chicchi in tutta la parte centrale, se serve create due impugnature e utilizzate come uno stampino a rullo con tempera o acrilici. Fun 4 kids
90.Lavoretti per l’autunno: collage di alberi autunnali di carta stilizzati di psitsinthedetails (Etsy shop)
91. Lavoretti per l’autunno: inventiamo coi materiali naturali delle belle rilegature per libretti sul tema dell’autunno… di Elizabeth Bunsen. Se sei interessato alla creazione di libretti con e per i bambini, puoi dare un occhio anche qui: https://www.lapappadolce.net/creare-libri-a-mano/
92. Lavoretti per l’autunno: questa è una mini mangiatoia per uccellini realizzata con una ghianda, per giocare al giardino delle fate in miniatura; di FairyPatch (Etsy shop)
93. Lavoretti per l’autunno: questo è un esempio di giardino delle fate (o degli gnomi) realizzato all’interno di un sottovaso tondo. E’ un’attività autunnale bellissima… di Kleas
94. Lavoretti per l’autunno: collage con rametti e popcorn colorato. Scoppiate i chicchi di mais (vanno benissimo anche un po’ unti), poi distribuiteli in vari sacchetti di plastica trasparente. In ogni sacchetto versate un colore diverso (meglio se colorante alimentare in polvere), chiudete e agitate per colorare il materiale. Procedete col collage. Happy hooligans
95. Lavoretti per l’autunno: straordinario pacchetto gratuito di materiale didattico, giochi da fare coi bambini, stampabili e indicazioni di altre attività di Nature detectives
96. Lavoretti per l’autunno: disegnate un albero spoglio su un cartoncino, ritagliate a parte tante foglioline autunnali, poi posate le foglie sull’albero e incollateci sopra il coperchio di plastica trasparente di un vasetto di yogurt; di Craft elf
97. Lavoretti per l’autunno: grandi costruzioni – composizioni all’aperto, qui un nido… di Let the children play
98. Lavoretti per l’autunno: foglie realizzate disegnando le venature con la colla vinilica e colorando con acquarelli; di Having fun at home
99. Lavoretti per l’autunno: attività di ispirazione montessoriana con le foglie autunnali di A to Z teacher stuff
100. Lavoretti per l’autunno: grandi ritratti realizzati con le raccolte d’autunno. Un bambino si distende e gli altri seguono la sua sagoma tracciandola, poi tutti insieme si completa… di Extraordinary Classroom
101. Lavoretti per l’autunno: mela di “cartapesta”. Fate una palla con carta di giornale, modellate approssimativamente a forma di mela, poi spennellate tutto con acqua e farina, date forma, inserite in alto un rametto con qualche foglia e lasciate asciugare per qualche giorno. Colorate la mela a piacere. Blessings and simplicity
103. Lavoretti per l’autunno: collage realizzato con semi di zucca dipinti, di Smiling like sunshine
104. Lavoretti per l’autunno: ispirato a Fall Leaves di Jill Ethridge un lavoro sulle foglie autunnali in chiave euclidea. Ritagliate una sagoma di foglia e riproducete come mostrato, colorate. Di Almost unschoolers
105. Lavoretti per l’autunno: elfo-pigna con scovolini, plastilina, una biglia di legno e dei ritagli di feltro di Martha Stewart
106. Lavoretti per l’autunno: con i materiali dell’autunno raccolti si può giocare a costruire in giardino una torre alta coi blocchi da costruzione, poi a riempire tutta la sua ombra con materiali autunnali, e dopo un po’ vedere che l’ombra non combacia più con la composizione di Extraordinary Classroom
107. Lavoretti per l’autunno: alberi autunnali modellati con carta da pacco e chioma realizzata con un pompom di lana, di Matsutake
108. Lavoretti per l’autunno: un bellissimo quadro. Fissate con del nastro carta un lungo foglio al pavimento, disponetevi sopra le foglie, quindi coprite con un secondo foglio di carta, e fissate anche questo. Con cerette di vario colore passate sopra le foglie, quindi procedete a colorare il tutto con gli acquarelli o con le tempere: dove c’è la cera il colore non farà presa. Il risultato finale è di grande effetto, di Filth wizardry
109. Lavoretti per l’autunno: un bellissimo ecoprogetto per riciclare la carta usata e conservare le foglie autunnali. Sminuzzate la carta, mettetela a mollo in acqua e tritate col frullatore da cucina. Lasciate macerare qualche giorno, frullate di nuovo. Preparate dei telai economici utilizzando bacchette di legno e tulle o rete metallica molto fitta o un vecchio collant, (come telaio potete utilizzare anche i telaietti circolari da ricamo), versatevi la poltiglia ottenuta e aggungete sopra le foglie. Lasciate rapprendere il tutto ed eventualmente pressate il lavoro, di Consumption rebellion
110. Lavoretti per l’autunno: un bel gioco di ispirazione Montessori per esercitare il contare e la conoscenza dei colori. Ritagliate un albero e un certo numero di foglie di uguale forma e dimensione, ma di colori diversi. Preparate due dadi: uno tradizionale e uno con un colore diverso per faccia. Naturalmente i colori devono corrispondere a quelli delle foglie. Tirando i due dadi il bambino spoglia l’albero togliendo il numero di foglie del colore indicato dai dadi lanciati, di A happy wanderer
111. Lavoretti per l’autunno: stampare con foglie secche e tempere o acrilici è una bella attività anche per i bambini più piccoli: i risultati dipendono dalla preparazione di una bella tavolozza di colori vari e brillanti nella quale intingere la foglia, di Kleas
112. Lavoretti per l’autunno: decorazioni autunnali per finestre realizzate con piatti di carta e foglie incollate su carta trasparente di The artful parent
113. Lavoretti per l’autunno: albero autunnale realizzato con le impronte di polpastrelli e mani di A little tipsy
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Crafts for kids for fall: 110 and more creative projects. A collection of craft for kids, educational materials, arts and crafts activities on autumn, for children of kindergarten and primary school.
Crafts for kids for fall: 110 and more creative projects. Collage of leaves, ideas to use collections of leaves and autumn fruits for art projects and teaching, small sculptures, various techniques for the conservation of the autumn leaves, ideas for decorating school and home, etc …
1. beautiful examples of compositions, I have them printed in cards and put on the shelf collections of natural materials, next to pressed leaves. They are part of a book, Leaves, by Iranian Mehdi Mo’eeni, digitized and freely available here: Childrens library
2. by Be*mused (flickr album, Children’s artwork exhibit, Mie Museum, Japan 2006)
5. to realize some wonderful botanical prints serve only watercolor paper thick good quality, paper towels and a hammer. Lay the leaf on watercolor paper, cover with a few sheets of kitchen paper, hammered along the leaf surface, then gently remove the paper towels, and then crushed the leaf: here is that printing will will be imprinted on the sheet of watercolor paper. Buid make craft bake
6. with the same technique leaves can also be printed on the fabricMorning sun rae
7. a simple and beautiful game. Take a big chestnut, drilled it, stuck firmly in the hole some fine strips of colored tissue paper. When the glue has dried the game is ready: launching the chestnut will see beautiful “fireworks” in the air, Red Ted art’s blog
8.(for all crafts with leaves, remember that they are preserved pretty long though before using immerse them in a pot of melted wax) Patch O’ Dirt farm
10.picture of chalk for the treasures of autumn. Serve: gypsum powder quick-setting (very cheap, is located in the building and DIY stores), water, treasures and a “frame” made of cardboardOrdinary life magic
11. the leaves collected during the walks you can exercise the drawing of symmetries, by ВРАБЧО
12. drawing to achieve with crayons and colored pencils of autumn trees reflected in the waterKids artists
13. a beautiful free bingo useful to learn to identify the leaves of the most common trees Ellen McHenry
19. Autumn is the season of colors and also the season of the returning to school. We develop a long roll of paper in the room of activities, because children can paint together (Reggio-inspired children) North American Reggio Emilia Alliance
20. raking leaves, as well as being a typical activity of practical life Montessori, it is an extraordinary opportunity to create paths and mazes on the grass,Happy hooligans
21. with paper and crayons or colored pencils you can be made so many autumn leaves to cut out and use to decorate the classroomLife with little ones
22. beautiful autumn cards to cut out shaped leaf can be achieved by spraying thick paint inside a cardboard by low edges and then taxiing with the inner tube of a roll of kitchen paper. In the cardboard you may be positioned sheets of paper, if desired,Casa Maria’s creative learning zone
23.or go to the playground, spread on the slide a long sheet of paper, sit high with bowls of color and balls: rolling them will create beautiful patterns and shades Putti Prapancha
24. or even put a sheet of paper on the bottom of the centrifuge salad, spray painting of various colors, put the lid and centrifugedPutti Prapancha
25. or even, lined with a sheet of paper the vertical wall of a large cylindrical tube, pour on the bottom of the color tempera or acrylic, enter a few autumn fruit (acorns, chestnuts, hazelnuts, …), put the lid on and shakeTeach preschool
26. roses made with maple leaves in autumn (not dried) by Kate Hust via Design Sponge
27. prepare for the children the outlines of two or three leaves of different shape in cardboard. The children they trace the contour on their paper, then draw the internal veins, so that everything can be divided into sections. For each section the child will match a decoration and a different color… Art ptojects for kids
28. enriched the autumn creative atelier of your children dividend leaves collected by color,Branches atelier
30. you put the autumn leaves on a sheet of thin paper, grate above them some wax crayon, then iron … The sheet, which becomes translucent and very autumnal, is pasted on a card blank (here acorn-shaped) and hangs at the windowToddler approved
38. the only trick to tuck the necklaces of corn kernels or other seeds, is to hold to soak the material in water for at least a day. Then use regular needle and thread. Paint cut paste
39. watercolor spray. Put your leaves on pieces of watercolor paper. Dilute each color in a spray container and proceed. Artful adventures
42. every walk collect a leaf, possibly from the same tree, we number it and put it to dry between the pages of a book. After a month we will have a numbered collection of leaves that will allow us to observe the progress of autumn; Chasing the goose
44. for the little ones, the classic technique to insert a beautiful leaf inside a sheet folded in half (like a folder) and then switch on the outside wall with crayons of various colors … you can do it on fabric, and possibly iron to create an effect gradient and evanescent Rhythm of the home
55. Need a sheet of black construction paper, white glue, colored chalks by artist, possibly gold or silver paint. You draw the leaf, then wipe the signs with white glue and let it dry. Color with crayons, Mrs Picasso’s art room
68. we provide children large collections of natural materials collected during the autumn walks, so they can create compositions and big game scenariosSt. Louis Reggio Collaborative
70. spinning tops made from the top of acorns. Fill the empty space with a ball of modeling clay and tucked inside a match. The game is over Matzo ball soup
71. divide the materials into small trays sorted by subject, color and size: this will stimulate children to the realization of their compositions, and also add cards as they may want to write…Little preschool on the prairie
74. lthe shape of the tree is made with black ink or paint tracing the trunk and main branches, and blowing through a straw for small twigs. Dried out the work, he puts the glue where you want the leaves, then pour on the sheet dry leaves chopped, blowing off and let it dry. Full circle
106. with the materials of autumn collected you can play in the garden to build a tower with building blocks, then fill all his shadow with autumn materials, and after a while ‘see that the shadow does not fit more with the composition Extraordinary Classroom
Un mobile di meduse e conchiglie. Se state cercando lavoretti per riciclare bottiglie di plastica, questo è un progetto che può essere realizzato con l’aiuto dell’adulto a partire dai cinque anni, e anche in autonomia dai bambini in età di scuola primaria.
Spesso i bambini accumulano grandi quantità di conchiglie dalle vacanze al mare, e vorrebbero farne qualcosa, ma il grosso ostacolo è sempre la difficoltà di forarle.
Questo lavoretto per riciclare bottiglie di plastica unisce il tema del riciclo il desiderio di conservare i ricordi delle vacanze, e il problema è risolto.
Materiale occorrente:
– conchiglie
– una bottiglia di plastica da bibite da 2 litri
– meduse di pet (trovi il tutorial per realizzarle facilmente qui)
– forbici
– ago e filo di cotone grigio (sconsiglio il filo di nylon trasparente perchè rigido e più difficile da gestire per i bambini: si aggroviglia molto facilmente)
– conchiglie
– colla a caldo
Come si fa:
ritagliamo il fondo della bottiglia, e teniamolo come supporto del mobile. La plastica di queste bottiglie si taglia molto facilmente con normali forbici.
Poi riduciamo il resto della bottiglia in tanti rettangoli che siano sempre un po’ più grandi delle conchiglie che abbiamo a disposizione:
Mettiamo una goccia di colla a caldo sul quadretto di plastica,
e appoggiamo la conchiglia, premendo finchè ben incollata.
Se il bambino vuole utilizzare molte conchiglie, possono essere incollate per ogni pezzetto di plastica due conchiglie (fronte e retro):
ma possiamo anche incollare una sola conchiglia per ogni pezzetto.
Ora è tutto pronto per procedere all’assemblaggio del nostro mobile. Il pet si fora molto facilmente con un ago da lana, e il lavoro richiede solo pazienza e concentrazione.
Di seguito alcune immagini d’insieme e in dettaglio del nostro mobile, se può essere di aiuto:
Mobiles of jellyfishes and shells. If you are looking for odd jobs to recycle plastic bottles, this is a project that can be accomplished with the help of the adult from the age of five, and also independently by children in primary school age.
Children often accumulate large quantities of shells from beach holidays, and they want to do something, but the major obstacle is always the difficulty of piercing them.
This chore for recycle plastic bottles combines the theme of recycling with the desire to preserve the memories of the holidays, and the problem is solved.
Mobiles of jellyfishes and shells
What do you need?
– seashells – A plastic bottle – PET jellyfishes (you can find the tutorial to implement them easily here) – scissors – Needle and thread of cotton gray (not recommend the transparent nylon thread because rigid and more difficult to handle for children: does tangles very easily) – Hot glue
Mobiles of jellyfishes and shells
What to do?
We cut out the bottom of the bottle, and let’s keep it as support of mobiles. The plastic of these bottles is cut very easily with normal scissors.
Then we cut the rest of the bottle into many rectangles that are always a little larger than the shells that we have available:
We put a drop of hot glue on plastic rectangle,
and put the shell, pressing until well glued.
If your child wants to use many shells can be affixed to each piece of plastic two shells (front and back):
but we can also paste a single shell for each piece.
Now everything is ready to proceed to the assembly of our mobiles. PET is drilled very easily with a needle, and the job requires only patience and concentration.
Here are some pictures of the whole and in detail of our mobiles, it may be helpful:
La lampada a “luce nera” per giocare con la fluorescenza. Le lampade a luce nera di cui parliamo sono in realtà lampadine BLB (Black Light Blue); somigliano alle normali lampadine fluorescenti (quelle a risparmio energetico), ma una volta accese emettono una debole luce blu-viola e rendono fluorescenti abiti bianchi, denti e vari altri elementi.
Queste lampadine a luce nera vengono utilizzate nelle feste (soprattutto Halloween, naturalmente), in locali, concerti, discoteche, parchi di divertimento per creare effetti di luce decorativi e artistici, ma anche per illuminare in modo particolare oggetti presenti nei musei, e nelle vetrine dei negozi. Nel web imperversano meravigliose immagini di attività artistiche e scientifiche realizzate sotto luce BLB, come potete vedere scorrendo l’articolo…
http://playathomemom3.blogspot.it
Funzionano esattamente come le normali lampade a risparmio energetico: generano luce elettrica all’interno di un tubo riempito con gas inerte e una piccola quantità di mercurio; quando eccitati, gli atomi di mercurio emettono energia sotto forma di fotoni di luce.I fotoni emessi sono in parte di luce visibile, ma in parte appartengono alla gamma ultravioletta (UV). Come sappiamo la luce UV è completamente invisibile per l’occhio umano, per questo nelle lampade a risparmio energetico viene convertita in luce visibile grazie ad un rivestimento di fosforo intorno alla parte esterna del tubo. In una normale lampada fluorescente a risparmio energetico, la luce emessa appartiene per la maggior parte alla gamma della luce visibile: il rivestimento di fosforo le fa emettere una luce bianca che possiamo vedere, e una piccolissima parte di luce UV a onda lunga.
http://reggioinspired.ning.com
Le lampadine a luce nera per giocare con la fluorescenza sono a bassa potenza e si basano su questo stesso principio, ma invece del rivestimento di fosforo hanno un rivestimento scuro che blocca la maggior parte della luce visibile, e lascia passare poca luce visibile blu-viola e più luce UV ad onda lunga. La luce UV a onda lunga emessa dalla lampadina a “luce nera” reagisce con vari fosfori presenti nell’ambiente esterno, esattamente come la luce UV all’interno di una lampada fluorescente a risparmio energetico reagisce con il rivestimento di fosforo.
http://www.growingajeweledrose.com
Esistono tantissimi elementi naturali che contengono fosfori: i denti e le unghie, ma anche l’urina (è un trucco usato per individuare dove il gatto di casa ha fatto pipì, ad esempio).Alimenti che contengono fosfori sono la banana e l’acqua tonica (per la presenza di chinino). Altri elementi che contengono fosforo sono: gli stick per la colla a caldo bianchi, alcuni detersivi e sbiancanti, le pagine dei libri e la carta in genere (sempre perchè in genere sbiancata), alcuni tessuti e oggetti in plastica. Molti capi di abbigliamento bianchi sotto la “luce nera” diventano fluorescenti: la maggior parte dei detersivi per bucato, infatti, contengono fosfori che servono a rendere i bianchi più luminosi alla luce del sole (la luce del sole contiene raggi UV), e insomma quello che recitava la pubblicità “più bianco del bianco” è vero :-)Tutti gli oggetti e i prodotti fluorescenti in commercio, primi fra tutti i pennerelli evidenziatori, contengono fosforo.
http://graham-and-parker.blogspot.it
Un po’ di storia e altre lampade a “luce nera” La “lampada di Wood” (dal nome dello scienziato statunitense Robert Williams Wood) o “a luce nera” è una sorgente luminosa che emette radiazioni elettromagnetiche prevalentemente appartenenti alla gamma degli ultravioletti e, in misura trascurabile, al campo della luce visibile. La “lampada di Wood” è anche detta semplicemente “lampada UV”.
La lampada UV o lampada di Wood è largamente usata per le più svariate applicazioni. Esistono lampade UV di diversa potenza e per diversi impieghi; nei laboratori, in campo medico e non solo, sono impiegate anche lampade di Wood a onda corta (che emettono raggi che coinvogono la gamma UVB e UVC), molto pericolose, e che richiedono complesse procedure di sicurezza: gli ultravioletti di tipo B e C sono in grado di modificare il DNA umano.
Lampade UVA di comune impiego sono quelle utilizzate per la ricostruzione delle unghie, per la sterilizzazione in campo medico, o le lampade abbronzanti.
Altre lampade di Wood che sfruttano la capacità di indurre effetti di fluorescenza, oltre alle lampadine BLB, sono quelle impiegate:
– nella lotta alla falsificazione di banconote e francobolli;
– in medicina legale per l’individuazione di macchie di liquidi organici non visibili a occhio nudo;
– in medicina, per evidenziare alcune infezioni da funghi e diverse altre malattie a carico della pelle;
– in paleografia, per identificare simboli o lettere su pergamene o papiri altrimenti illeggibili a occhio nudo;
– in merceologia alimentare, per rilevare la infestazione da funghi di prodotti alimentari;
– nel restauro, per individuare la presenza di vari colori, tra i quali il verderame che, attraverso la lampada, appare diverso dalle ridipinture;
– inoltre: per il rilevamento di alcuni batteri, per effettuare test di riparazione (ispezionare il vetro, trovare perdite da tubazioni), ecc…
stevespanglerscience.com
Sicurezza
Tornando alla nostra lampadina, le fonti consultate sostengono che le lunghezze d’onda UVA emesse sia dalla BLB, sia dalle normali lampade fluorescenti a risparmio energetico sono sostanzialmente innocue, ma come per tutte le sorgenti di luce (sia naturale, sia artificiale) il pericolo non è del tutto zero, e soprattutto coi bambini poche semplici conoscenze portano a mettere in atto le giuste precauzioni.
http://www.growingajeweledrose.com
In rete (come potete vedere) si trovano tantissime proposte di meravigliose attività per i bambini con l’impiego di queste lampade, ma trovare le informazioni relative all’uso in sicurezza non è stato affatto facile: l’innocuità viene praticamente data per scontata.
Per contro si possono trovare anche fonti che richiamano l’attenzione su alcuni possibili rischi legati all’impiego scorretto di queste luci.
http://www.ourbestbites.com
Intanto sul foglietto allegato alla mia lampadina leggo: “Questa lampada è stata progettata per uso domestico. Quando accesa, la lampada emette attorno a sè radiazioni ultraviolette. Durante la sua attività il corpo della lampada diventa molto caldo. L’unità di illuminazione deve essere dotata di protezione antischeggia. “
trainupachildlearnaswego.blogspot.it
Queste sono le informazioni di sicurezza relative alle lampade usate per “divertimenti fluorescenti” trovate:
– intanto i danni derivanti dall’esposizione scorretta ai raggi UV (sole o luci artificiali tutte) vanno dall’ustione della pelle a danni a lungo termine agli occhi, e questo vale soprattutto per i bambini che, secondo le associazioni dei medici oculisti, in estate dovrebbero sempre indossare occhiali da sole, e possibilmente con lenti molto larghe, per giocare all’aperto. Anche l’esposizione dei bambini alla luce artificiale nelle nostre case dovrebbe seguire alcuni accorgimenti:
– nel caso delle lampadine normali a risparmio energetico, ad esempio, le lampade da scrivania dovrebbero essere sempre del tipo “incapsulato” (quelle a forma di lampadina tradizionale e non quelle col tubo visibile) perchè emettono quantità di luce UV decisamente minore. Quelle del tipo “a tubo visibile” dovrebbero essere utilizzate solo da lontano (lampadario): utilizzarle sulla scrivania o per fare qualsiasi tipo di lavoro da “vicino” comporta un’esposizione pari al trovarsi all’aperto durante una giornata di sole estiva, mentre posizionate lontano non comportano nessun pericolo. Quindi anche per illuminare le lightbox sarebbe bene utilizzare lampade del primo tipo. Sarebbe poi sempre bene limitare l’esposizione a monitor di computer e schermi tv.
http://elementaryartfun.blogspot.it
– nel caso di utilizzo di lampade BLB:
1. evitarne un uso continuo e posizionare la lampada sempre ad una distanza di almeno 40 cm dalle persone;
2. schermare sempre la lampada, sia perchè va evitato (sempre!) di guardare direttamente la lampada accesa, sia perchè l’effetto ottico ne risulta anche migliorato insieme alla sicurezza. Vedrete che basta davvero pochissima intensità di luce per creare le fluorescenze, basta che la stanza sia molto buia;
3. la lampada va schermata o comunque mai tenuta a portata di bambino anche perchè diventa veramente molto calda. L’ipotesi che si rompa con piccola esplosione pare sia possibile: tenere la lampada lontana, protetta da un paralume adeguato, o schermata, è una buona pratica;
4. per illuminare soltanto un’area della casa in modo diffuso (la vasca da bagno, piuttosto che una parete o il tavolo dove si vuole giocare con la fluorescenza) posizionate la lampada il più lontano possibile e mai in modo tale che punti direttamente sulle persone (può essere semplicemente puntata verso l’alto o verso un punto della parete che non può investire il bambino direttamente) e anche per le festine effetto discoteca a tema “glow in the dark” non servirà una grande potenza, ma piuttosto che la stanza sia molto buia;
5. ripeto, non guardare mai direttamente la lampadina, e se desiderate utilizzarla in casa per creare qualche effetto artistico o scenografico particolare, puntatela sempre sulla decorazione e in modo che non cada direttamente sulle persone (alcune fonti precisano che è meglio sotto il livello della vita o dietro alle persone)
6. Un insegnante e un allievo che lavorano in una stanza buia per 2 ore sotto una luce BLB posizionata a 1 metro e mezzo di distanza, ricevono una dose di radiazioni ultraviolette pari a circa 48 secondi di sole estivo.
6. considerate, soprattutto per i bambini, l’uso di occhiali da sole con un buon filtro UVA, anche 100%. Non sono affatto costosi ed esistono modelli con elastici che li rendono davvero comodi. E’ un buon modo per familiarizzare con questo accessorio, per sentirsi ancora più “scienziati” e per imparare ad usarli sempre all’aperto, nelle giornate estive.
http://twobigtwolittle.blogspot.it/
Conclusioni
Si tratta sicuramente di esperienze entusiasmanti per i bambini, nelle quali possono esercitare tutte le proprie capacità immaginative, provare stupore e meraviglia, sviluppare il senso per la ricerca di quanta bellezza a volte non è percepita attraverso i sensi comuni, indagare scientificamente fenomeni, mettere in atto strategie decisionali, vedere oggetti comuni trasformati in oggetti del tutto diversi, ecc…I bambini più grandi, poi, possono realizzare video e raccolte fotografiche strabilianti, scoprendo varie proprietà della luce ed utilizzandole per raccontare se stessi ed esprimere i propri sentimenti.
Per contro non si tratta di materiali “naturali” e anche se ormai di uso comune (dalle discoteche alle feste, ecc…) e molto presenti nel web, bisogna sicuramente tenere in considerazioni anche le voci che richiamano ad un uso consapevole, misurato e responsabile di questo genere di offerte, anche se esistono fonti che ne proclamano l’assoluta innocuità.Siamo in estate, e vale anche per il “naturale”: a quanti bambini vedete indossare occhialini da sole o cappelli con visiera anti UV?
Dove si trovano Le lampadine BLB si possono trovare abbastanza facilmente nei negozi di hobbistica, di articoli per la pesca, e soprattutto nei negozi specializzati in feste e musica. Nel web sono offerte da vari siti, oltre che su ebay. Costano circa 10 euro.
The “black light” lamp to play with the fluorescence. The black light lamps of which we speak are actually bulbs BLB (Black Light Blue); resemble normal fluorescent bulbs (energy-saving ones), but once lit emit a faint blue-violet light and make fluorescent white clothes, teeth and various other items.
These black light bulbs are used in parties (especially Halloween, of course), nightclubs, concerts, discos, amusement parks, to create decorative and artistic lighting effects, but also to illuminate in a particular way objects in museums, and in shop windows. Web raging wonderful images of artistic and scientific activities made under BLB light, as you can see by scrolling through the post …
They work exactly like normal energy saving lamps: generate electricity inside a tube filled with inert gas and a small amount of mercury; when excited, the mercury atoms emit energy in the form of photons of light. The emitted photons are in part visible light, but partly belong to the ultraviolet range (UV). As we know the UV light is completely invisible to the human eye, for this in the energy saving lamps it is converted into visible light through a phosphor coating around the outside of the tube. In a normal fluorescent lamp energy saving, the light emitted belongs for the most part to the range of visible light: the phosphor coating makes them emit a white light that we can see, and a very small part of UV light at long wavelengths.
The black light bulbs to play with the fluorescence are low-power and based on this same principle, but instead of the phosphor coating have a dark coating that blocks most visible light, and let little visible light blue-purple and more long-wave UV light. The long wave UV light emitted from the black light bulb reacts with various phosphors present in the external environment, exactly as the UV light inside a fluorescent lamp energy saving reacts with the phosphor coating.
There are many natural elements that contain phosphors: teeth and nails, but also urine (a trick used to identify where the house cat has urinated, for example). Food containing phosphors are the banana and tonic water (for the presence of quinine). Other items that contain phosphorus are: sticks for hot glue white, some detergents and bleaches, the pages of books and paper in general (again because usually bleached), some tissues and plastic objects. Many clothing whites under the “black light” become fluorescent: most laundry detergents, in fact, contain phosphors that serve to make the whites brighter in sunlight (sunlight contains UV). All objects and fluorescent products on the market, first of all the markers highlighters, contain phosphorus.
The “black light” lamp to play with the fluorescence
A bit of history and other “black light” lamps.
The “Wood lamp” (from the name of US scientist Robert Williams Wood) or “black light” is a light source that emits electromagnetic radiation almost belonging to the ultraviolet range and, to a negligible extent, to range of visible light. The “Wood lamp” is also referred to simply as “UV lamp”.
The UV lamp or Wood lamp is widely used for the most varied applications. There are UV lamps of different power and for different uses; in laboratories, in the medical field and not only, they are also used Wood lamps shortwave (emitting rays involving the range UVB and UVC), much dangerous, and that require complex security procedures: ultraviolet type B and C are able to modify the human DNA.
UVA lamps commonly used are those used for the reconstruction of the nails, for the sterilization in the medical field, or the tanning lamps.
Other Wood lamps that exploit the ability to induce fluorescence effects, in addition to the BLB bulbs, are those used:
– In the fight against counterfeiting of banknotes and stamps;
– In forensic medicine for the detection of spots of organic liquids that are not visible to the naked eye;
– In medicine, to highlight some fungal infections and many other diseases of the skin;
– In paleography, to identify symbols or letters on parchment or papyrus otherwise illegible to the naked eye;
– In the food product sector, to detect the infestation by fungi of food products;
– In the restoration, to detect the presence of various colors, such as verdigris that, through the lamp, it looks different from repainting;
– Also for the detection of certain bacteria, to carry out repair test (inspect the glass, find leaks in pipes), etc …
The “black light” lamp to play with the fluorescence
Security
Returning to our bulb, the sources consulted say the wavelength UVA issued either by the BLB, both from normal energy-saving fluorescent lamps are basically harmless, but as with all light sources (both natural and artificial), the danger is not completely zero, and especially with kids a few simple knowledge lead to put in place the right precautions.
On the web (as you can see) are many proposals of wonderful activities for children with the use of these lamps, but finding information about the safe use was not at all easy: the safety is virtually taken for granted.
By contrast you can also find sources that draw your attention to some possible risks linked to the use improper of these lights.
First, on the enclosed leaflet to my bulb I read: “This lamp is designed for domestic use. When lit, the lamp emits ultraviolet radiation around itself. During his activity the lamp body becomes very hot. The lighting unit must be cover with shatter protection. “
This is the information security relating to lamps used for “fluorescent entertainment ” found:
– Damage resulting from exposure incorrect to UV rays (sunlight or artificial light all) go from the skin burns to long-term damage in the eyes, and this is especially true for children who, according to the associations of ophthalmologists, in the summer should always wear sunglasses, and possibly with much large lenses, to play outdoors. Even children’s exposure to artificial light in our homes should follow some precautions:
– In the case of normal energy-saving light bulbs, for example, desk lamps should always be of the type “encapsulated” (those to the form of standard bulb and not those with the tube visible) because they emit amount of UV light much lower. Those of the type “tube visible” should only be used from a distance (chandeliers): use them on your desk or to make any kind of work by “near” entails exposure equal to be outdoors during a sunny day summer while positioned far pose no danger. So also to illuminate the lightbox it would be good to use lamps of the first type. It would then always good to limit exposure to computer monitors and TV screens.
1. avoid continuous use and always place the lamp at a distance of at least 40 cm from all persons;
2. always shield the lamp, and because it should be avoided (always!) to look directly at the lighted lamp, and because the optical effect resulting also improved along with safety. You will see that just really very little intensity of light to create the fluorescence, It serves only that the room is very dark;
3. The lamp goes screen or otherwise never held at child height also because it gets really hot. The hypothesis that breaks with small explosion seems possible: hold the lamp distant, protected by an appropriate lampshade or screen, it is a good practice;
4. to illuminate only an area of the house diffusely (the bathtub, rather than a wall or table where you want to play with the fluorescence) place the lamp as far as possible and never in such a way that points directly on the people (may be simply pointing upward or to a point on the wall that can not invest the child directly) and also for parties effect disco themed “glow in the dark” does not need a great power, but rather that the room is very dark;
5. I repeat, do not look directly into the light bulb, and if you want to use it at home to create some artistic or dramatic special effect, direct it more on decorating and so it does not fall directly on the people (some sources state that it is better under the waist level or behind people)
6. A teacher and a student that work in a dark room for two hours under a light BLB positioned at 1 meter and a half away, they receive a dose of ultraviolet radiation equal to about 48 seconds of summer sun.
7. consider, especially for children, the use of sunglasses with good UV filter, even 100%. They are not at all expensive, and there are models with elastic bands that make them really comfortable. It is a good way to familiarize with this accessory, to feel even more “scientists” and to learn to use them always outdoor, in the summer days.
The “black light” lamp to play with the fluorescence
Conclusions
They are definitely exciting experiences for children, where they can exercise all their imaginative abilities, feel amazement and wonder, develop a sense for finding how much beauty is sometimes not perceived through the senses common, investigate scientific phenomena, implement strategic direction, see everyday objects transformed into objects completely different, etc … The older children, then, can make videos and photo collections astonishing, revealing various properties of light and using them to tell themselves and express their feelings.
On the other hand it is not “natural” materials and although now in common use (from discotheques to parties, etc …) and much present on the web, you need to definitely take into consideration the voices that call for a conscious use, measured and responsible for this kind of offers, although there are sources that claim to be completely safe. We are in the summer, and also applies to the “natural”: how many children wear sunglasses or hats with visor UV protection?
The “black light” lamp to play with the fluorescence
Where can they find?
BLB bulbs can be found quite easily in hobby shops, shops for fishing, and especially in specialty stores in parties and music. On the web are offered by various sites, as well as on ebay. It costs about $ 10.
The “black light” lamp to play with the fluorescence
Gallery of shots “come wrong”
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Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane
Poesie e filastrocche sulla semina il grano e il pane: una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per la scuola d’infanzia e primaria.
Stornello Fior di frumento! Sussurrano le spighe sotto il vento: “Un chiccolin di grano ne dà cento!”
Semina Getta i semi nella terra il contadino, poi si riposa e guarda tutto intorno; guarda il campo, la casa e il mulino, pensa che i semi saran pane un giorno. (C. Del Soldato)
Le stelline del bosco C’era nel bosco un seme piccolino come nera capocchia di spillino. A poco a poco ne sbocciò una pianta che nel maggio si ornava tutta quanta di vaghi fiori bianchi come stelle, con corolle delicate e belle. Ogni fiore più tardi fece frutto che si riempì di semi tutto tutto. Poi venne frate vento e li strappò, tutt’intorno li sparse e sotterrò. E’, frate vento, un buon seminatore che i semi porta via d’ogni colore; li sparpaglia peri campi e le colline, perfin sopra le mura e le rovine. Indovinate quel che avvenne poi? Ditelo, bimbi, indovinate voi! (A. Cuman Pertile)
Al campo Su, coi fecondi raggi novelli, al campo, al campo, cari fratelli! Al campo, al campo. Dio benedica del campagnolo l’umile fatica. Dolce il lavoro, quando in bel giorno tutto il creato ci arride intorno; e sotto il piede ci odora il fiore che ignoto vive, che ignoto muore. (G. Carducci)
La semina Semina un uomo ove passò il bifolco con la forza dei tori: il seme splende e in pioggia d’oro scende fra l’ombra delle bianche nubi e i voli. Tempo verrà che i dolci rosignoli canteranno fra i verdi lauri e i mirti, e nei solchi, sugli irti steli, la spuga granirà feconda. (G. Pascoli)
La semina Cadon le foglie; e tristi i grilli piangono l’estate. L’altra notte non chiusi occhio tanto era quel grido! “Seminate! Seminate!” credei sentire… O Dio, fa che non invano nei rudi solchi quella gente in riga semini il pane suo quotidiano. (G. Pascoli)
Seminagione Chi ha seminato, in pace riposa. Anche il solco, col seme che nel grembo si preme, in grande quiete ora giace. Ora Dio radunerà i venti dalle grotte lontane per spingere nubi sul pane ch’è dentro le sementi. Così dall’umano lavoro, con la pioggia del cielo e la luce del sole, Iddio produce il sano pane d’oro. (Giuseppe Porto)
L’aratro Io solco la terra che dorme; la desto dal greve riposo, e suscito i succhi e gli umori che danno, alle zolle, i colori rossicci e ferrigni del saio. E va la mia punta lucente fra steli e germogli appassiti, tra larve minute ed insetti, tra foglie marcite e bruchetti. (Edvige Pesce Gorini)
La semenza Nella terra il bove traccia con l’aratro il dritto solco; con la forza delle braccia sparge il seme il buon bifolco. (V. Brocchi)
La novellina del grano Un giorno un chiccolino giocava a nascondino; nessuno lo cercò ed ei s’addormentò. Dormì sotto la neve un sonno lugno e greve; alfine si destò e pianta diventò, La pianta era sottile, flessibile, gentile, la spiga mise fuor d’un esile color. Il sole la baciava, il vento la cullava: di chicchi allor s’empì pel pane di ogni dì. (A. Cuman Pertile)
Il grano Suda suda il contadino: il frumento è già grandino. Viene maggio: è verdolino; viene giugno: è giallo giallo. Ecco il vento: si diverte con le spighe un poco aperte. (L. Galli)
Grano
Sepolto da provvida mano dormivi nel solco celato, oh piccolo chicco di grano, nel sen della terra adagiato: la culla era calda, sicura, vegliava su te la natura. Sui campi deserti, silenti, un umido velo discese, poi freddi soffiarono i venti; ma i solchi dal gelo difese la neve, e coi bianchi mantelli te, chicco, protesse, e i fratelli. Ma giunse coi dolci tepori di marzo il benefico sgelo. Dal molle terriccio uscì fuori un verde, esilissimo stelo: al sole di marzo così il piccolo chicco fiorì. E crebbe, e la fragile spiga fu colma del nuovo tesoro che premia l’umana fatica: i solchi rifulsero d’oro. Al sole, cantando, i coloni raccolsero i biondi covoni. (I. Alliaud)
Chiccolino Chiccolino, dove stai? Sotto terra, non lo sai? E là sotto non fai nulla? Dormo dentro la mia culla. Dormi sempre? Ma perchè? Voglio crescer come te. E se tanto crescerai Chiccolino, che farai? Una spiga metterò, tanti chicchi ti darò. (A. Cuman Pertile)
La spiga Eri un chicco di frumento chiuso in grembo alla campagna. Ora al vento, ora all’acqua che ti bagna pieghi umile il tuo lungo stel sottile, le tue reste delicate. Brillerai d’oro vestita, bionda figlia dell’estate, quando al cielo il canto sale delle tremule cicale. (M. Castoldi)
Il pane S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così verrebbero a mangiarlo… …i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia. (G. Rodari)
Il pane Il pane ha un sapore che il sole ricorda, e la spica dal biondo colore. Conosce l’umana fatica quel pane dorato che trovi sul desco ogni giorno, che a volte hai spezzato ancora fragrante di forno. E’ sempre gustoso, condito di gioia e di pene. E’ un dono prezioso, la prova che ci si vuol bene. (M. Castoldi)
Il nostro pane Ricordi quel grano nel solco, quel grano piccino così, caduto di mano al bifolco (che inverno!) e di gel non morì? Ricordi quel piccolo stelo d’un verde lucente, che in campo tremava d’un tuono, d’un lampo, fidando soltanto nel cielo? Ricordi la spiga ancor molle piegata sul gambo cresciuto? Il giorno, bambino, è venuto che l’uomo la tolga alle zolle. Di giugno si miete. Ciascuno raccolga nel campo perchè, un poco più bianco o più bruno, ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)
Il pane Pane, panetto mio, così buono ti volle Iddio. Così dorato, così croccatne, sei uscito da mani sante. Sei sbocciato come un fiore dalla gioia e dal dolore, dalla terra lavorata, dal sudore che l’ha bagnata. Pane, panetto mio, così buono ti volle Iddio. (R. Pezzani)
Il pane Un pane grande, caldo, rotondo, luminoso come il sole da spartire a chi ne vuole, un pane grande, più grande del mondo. Che ce ne sia per vecchi e bambini e per i poveri nostri vicini. (R. Pezzani)
Il pane
Nella terra il bove traccia con l’aratro il dritto solco; con la forza delle braccia sparge il seme il pio bifolco. Spiga già la messe al vento ondeggiando tutta d’oro; ogni chicco di frumento si trasforma in un tesoro. Il mulin, rombando, il grano frange in candida farina; il fornaio la raffina, staccia, intride a mano a mano; cuoce poi nel forno ardente gli odorosi bianchi pani e li porge alle tue mani, o mio piccolo ridente. Bambini, per noi l’aratro, il molino il buon contadino lavorano, e i buoi. (V. Brocchi)
Il pane Laggiù in mezzo al campo bruno, sotto un cielo basso, aggrondato, un piccolo uomo inginocchiato si curva tutto sul solco oscuro, a guardare, ad ascoltare, a parlare a qualcosa, che non si sa. Pare un prete sull’altare quando comunica col Signore; ed p un poveretto seminatore che si gode d’accarezzare la sua terra di pena e d’amore e tra le zolle dure spiare il suo grano che cosa fa. (D. Valeri)
Il forno Il forno è aperto: dalla nera volta e dai larghi mattoni dello spiazzo, un odore di cenere si spande. S’accende il fuoco e dai sarmenti secchi e dai fasci di lucida ginestra creste di fiamme salgono cricchiando. Oscillano a raggiera bianche e rosse, come gigli infiammati. Poi di giallo si colorano tutte e d’arancione. Un luccichio rosato invade la fuliggine indurita; una vampa di porpora colora i mattoni porosi; un’ampia brace fa corona alle fiamme che, guizzando, lambiscono la volta, diventata bianca, d’un bianco di calcina secca. Qualche fuscello si contorce ancora Tra la brace ammucchiata e spinta in giro da verdi fascinelle di sambuco. Il forno è pronto: candido, infuocato; entrano in fila, le pagnotte bianche segnate dalla croce ad una ad una. (Edvige Pesce Gorini)
Il pane Il pane ha un sapore che il sole ricorda, e la spiga dal biondo colore. Conosce l’umana fatica quel pane dorato che trovi sul desco ogni giorno, che a volte hai spezzato ancora fragrante di forno. E’ sempre gustoso, condito di gioie e di pene. E’ un dono prezioso, la prova che Dio ci vuol bene. (Maggiorina Castoldi)
Il forno abbandonato C’è una cupola maliziosa in disparte presso la casa, che alla porta guarda curiosa. L’apertura è una bocca nera che al mattino s’empie d’aurora che al tramonto beve la sera. Sempre aperto rimane il forno: entrano polvere, acqua ed aria; tutto quanto capita il giorno. S’entra il vento diventa fioco, s’entra un seme germoglia bianco; ed il forno sospira: “Fuoco!” E vorrebbe tante fiammelle rosse, gialle, multicolori, di crepitanti fascinelle! Ma è sempre vuoto, sempre spento; il buon pane non entra mai; entrano l’aria, l’acqua e il vento! (Edvige Pesce Gorini)
L’ora del pane Sorprendono le campane l’ultima stella accesa. Sa d’incenso la chiesa l’alba è l’ora del pane. Chi comincia il suo giorno e nel ciel non dispera sente nella preghiera l’odor buono del forno. Sente che la promessa chiusa nell’orazione si farà nella Messa pane di comunione: pan di lievito, fresco nella madia e sul desco. (R. Pezzani)
Terra e pane Appoggiato al suo aratro in mezzo al solco bruno della terra rimossa, il vecchio contadino mangia un pezzo di pane. Pane solo, raffermo che lentamente affetta e mastica pacato. Intorno è il vasto campo che il vomero ha segnato di ferite profonde… e l’uomo antico è solo; mangia e guarda la terra, e assapora il pane il gusto misterioso del suo grembo infinito. (G. Di Leo Catalano)
Mietitura
O San Giovanni della mietitura, apri le porte d’oro; è tempo ormai. La falce è in filo e la messe è matura; apri le porte d’oro ai tuoi granai, o San Giovanni della mietitura. Eccoli i mietitori. Hanno percorso le vie bianche di sole a schiere a schiere. A ognun la falce rilucea sul dorso come un tempo la daga al cavaliere. Domani questa messe ampia cadrà. (P. Mastri)
Si miete
Ricordi quel grano nel solco, quel giorno, piccino così, caduto di mano al bifolco (che inverno!) e di gel non mori? Ricordi quel piccolo stelo d’un verde lucente, che in campo tremava d’un tuono, d’un lampo, fidando soltanto nel cielo? Ricordi la spiga ancor molle, piegata sul campo cresciuto? Il giorno, bambino, è venuto che l’uomo la tolga alle zolle. Di giugno si miete. Ciascuno raccolga nel campo, perchè un poco più bianco o più bruno, ciascuno abbia un pane per sè. (R. Pezzani)
La mietitura
Già si mieteva, e già la trebbiatrice, appiattatta tra i meli alla pianura, martellava con l’eco la pendice, ed era il polso della mietitura. Gianni sognava l’aia, i miti buoi, l’aspro tribbio che stritola i mannelli e scivola e trabalza; e a sera, poi, la loppa al vento e in cumulo i granelli. (N. Venieri)
Trebbiatura
Meriggio. La macchina trebbia ansando con rombo profondo. Il grano, rigagnolo biondo, giù scorre. Nell’aria è una nebbia sottile. Sogguarda per l’aia il nonno, con faccia rubizza. Nell’aria una rondine guizza radendo la bassa grondaia. E intanto, che ressa sul ponte tra i mucchi di spighe e di paglia, col sole negli occhi che abbaglia, col sole che infuoca ogni fronte! Le donne di rosse pezzuole avvolgono le trecce sudanti. Non s’odon nè risa nè canti. Ma il nonno: “Su, allegre, figliole!” (E. Panzacchi)
I covoni
Sui campi disteso al sole ed al vento non ondula più il biondo frumento. Or tacite stanno qua e là grandi spighe; ai piedi vi accorrono le industri formiche. Che ricca cuccagna! Si carican, vanno. Che importa se pesa, se grave è l’affanno? Il lungo corteo così laborioso c’insegna che il grano è un dono prezioso. (G. Consolaro)
La falce
Falce, sei bella, quando, nell’ore calde di giugno splendi nel pugno del mietitore. Prona la terra ride col sole in un sonoro fremito d’oro. L’uomo l’afferra, per sè la vuole: e con la manca gli steli abbranca d’oro, siccome ciuffi di chiome; con l’altra mano te vibra. E’ un lampo che fende il grano da campo a campo che guizza e va. (P. Mastri)
Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Laboratorio di cucina per bambini: una collezione di spuntini artistici a base frutta e verdure, tramezzini e merende salate, vassoietti divertenti, e anche qualcosa di più trasgressivo…
Molti progetti hanno lo scopo di rendere più gradevole la frutta e la verdura, quasi tutti sono un’ottima fonte di ispirazione per realizzare un laboratorio di cucina artistica coi bambini, e per organizzare feste speciali. Consiglio di seguire i link: spesso arriverete ad interi blog e siti interamente dedicati al tema…
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1. se vi sentite davvero artisti, oppure volete coinvolgere i vostri bambini in un’attività di trasformazione da frutto ad animale, a partire dalla forma del frutto, questo è ad esempio un bassotto – banana, qui http://www.artglass-pottery.com/. Si tratta di oggetti realizzati in resina; se volete traslare l’idea su frutta vera, qui molti altri modelli: http://www.artglass-pottery.com
46. mela puzzle: oltre a poter diventare un gioco, se si porta la mela a scuola per merenda, preparata in questo modo, le fette non si anneriranno. Di http://athomewithrealfood.blogspot.it/
The art of the snack: 101 good ideas: a collection of artistic snacks based on fruits and vegetables, sandwiches and savory snacks, fun trays, and even something more transgressive. Many projects are intended to make it more palatable fruits and vegetables, almost all of them are a great source of inspiration to create a laboratory of artistic kitchen with kids. I suggest you follow the links: often you will come to entire blogs and sites devoted entirely to the topic.
Igiene orale – vita pratica Montessori. Nella didattica montessoriana, per esercizi di vita pratica si intendono tutte quelle attività cui il bambino può imparare a dedicarsi, in relazione alla cura dell’ambiente e della propria persona. Per approfondire puoi leggere esercizi di vita pratica.
Qui vorrei introdurre il grande tema dell’igiene orale, ricordando che i principi che ispirano anche questo genere di attività di vita pratica sono, in sintesi:
– favorire l’indipendenza del bambino attraverso la preparazione dell’ambiente
– favorire la creazione di un “rituale” che garantisca costanza nell’attività
– fornire le corrette informazioni scientifiche sull’anatomia e la fisiologia dei denti, e le nomenclature relative (naturalmente tenendo conto dell’età e del grado di sviluppo del bambino)
– presentare in modo sintetico, chiaro e preciso gli strumenti da utilizzare
– fare in modo che il bambino abbia gli strumenti per essere motivato a lavare i suoi denti
– illustrare in modo chiaro i movimenti da compiere e la procedura da seguire per una corretta igiene dei denti (esattamente come insegniamo a scrivere le lettere dell’alfabeto, o a risolvere un problema di aritmetica)
– fare molte esperienze ludiche, artistiche, sensoriali sul tema, per sviluppare conoscenze e consapevolezza rispetto ai propri movimenti durante il lavaggio dei denti e alla procedura da seguire (sequenza, tempi, strumenti)
Un bambino che sa lavarsi i denti ha certamente una bocca sana, ma è anche un bambino più competente in termini cognitivi, motori e sensoriali.
La didattica Montessori si basa sull’idea che i bambini imparano meglio quando hanno il controllo non solo su ciò che imparano, ma anche su come lo imparano. Credere nella validità di questo principio crea attorno ai bambini un ambiente che favorisce l’esplorazione e che consente loro di apprendere in una incredibile varietà di modi diversi; è un’esperienza che insegna indipendenza e creatività e che li accompagnerà per tutta la vita.
Anche se i nostri bambini non frequentano una scuola Montessori, è sempre possibile per ognuno di noi utilizzare metodi “montessoriani”, se ne riconosciamo la validità, in questo caso per sviluppare senso di responsabilità verso le proprie abitudini di igiene orale.
Nella mia esperienza di insegnamento, ho potuto constatare come ancora molti bambini non siano seguiti in famiglia nella loro igiene orale. Ora so che chi arriva a leggere questo blog lo fa per una comunanza di interessi, ed è in questo senso “selezionato”, ma penso anche alle molte insegnanti di nido, materna e primaria che, attraverso l’insegnamento ai bambini, possono raggiungere le famiglie fornendo informazioni corrette e sviluppando competenze e sensibilità rispetto alla cura dei denti, a partire dai dentini da latte.
Consideriamo poi che l’igiene orale è legata anche a fattori culturali, e anche per i bambini italiani, che vogliamo ammetterlo oppure no, la cura dei denti è una conquista relativamente recente: chi ha la mia età ricorda certo amichetti di scuola coi denti cariati, senza che la cosa rappresentasse in fondo un problema per nessuno… oggi è vero, purtroppo si vedono ancora, ma è molto meno accettato ed accettabile, e molto si può fare.
La cura di sé è una parte essenziale della pratica della pedagogia montessoriana, pure in ogni scuola è importante concentrarsi sulla salute dentale e la pulizia dei denti predisponendo la trattazione del tema all’interno della programmazione scolastica:
– al nido d’infanzia
– nella scuola d’infanzia
– nella scuola primaria
e, naturalmente, è sempre possibile aggiungere attività connesse al tema nelle diverse aree di apprendimento: scienze (naturalmente), ma anche matematica, arte e immagine, tecnologia e manualità…
Queste (e tutte le immagini presenti nell’articolo) sono alcune delle mie proposte sul tema:
La trattazione dell’argomento “igiene orale” mi è stata ispirata dalla collaborazione con Genitori Channel, che ha realizzato questo video-comic sulla corretta igiene dei denti dei bambini (con o senza apparecchio ortodontico):
ed è sostenuta da:
Riassumendo, il video si focalizza su questi consigli fondamentali: – una buona pulizia e mangiare sano combattono i batteri che rovinano i denti – spazzolare dal rosa verso il bianco (dalla gengiva ai denti) – spazzolare per 3 – 5 minuti dopo i pasti – non assumere bevande zuccherate, specie prima di dormire – fare le visite periodiche di controllo dal dentista.
E per i bambini che portano l’apparecchio ortodontico: – spazzolare per 3 minuti con spazzolino specifico – usare dentifricio al fluoro antibatterico – usare lo scovolino interdentale tra dente e apparecchio – usare il filo interdentale tra dente e dente – sciacquare la bocca con collutorio antibatterico – mettere la cera specifica sulle parti sporgenti dell’apparecchio.
Non resta che rispondere a qualche domanda che può insorgere quando ci apprestiamo ad insegnare ai bambini a lavarsi i denti, seguendo questi consigli di base.
A che età si cominciano a lavare i denti dei bambini?
La risposta più corretta è che si dovrebbe iniziare con l’eruzione del primo dentino da latte, con delicatezza naturalmente, e rendendo la cosa un’abitudine giocosa e piacevole. I primi dentini dovrebbero essere puliti tutti i giorni, regolarmente, soprattutto la sera. Si può usare il dito con una piccolissima quantità di dentifricio (grande come un pisello), un batuffolo di cotone umido o una garza e poi, quando i dentini cominciano ad essere una fila, anche un piccolo spazzolino morbido per bambini.
Finchè siamo noi genitori ad occuparci dell’igiene orale del bambino, è importantissimo che svolgiamo questo compito con estrema calma ed avendo cura, ancor più della pulizia dei denti, di sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti dell’igiene orale, e di permettere al bambino di “fare amicizia” con spazzolino e dentifricio.
Pensiamo che la natura ha dato ai nostri figli i denti da latte per i primi cinque anni di vita, perchè possano imparare in pace a lavarsi i denti!
Non imponete mai il lavaggio dei denti con la forza, e se una sera proprio il bambino non vuole, accettatelo; piuttosto siate sempre fermi nel non dare da bere camomilla o tisane zuccherate, o altre bevande o cibi dolci prima di andare a dormire.
Lasciate sempre che il bambino possa provare ad usare lo spazzolino, se lo desidera; di solito verso i 18 mesi si può iniziare ad insegnare come spazzolarsi i denti con un certo grado di autonomia, come vedremo in seguito. In ogni caso, appena il bambino mostra interesse verso il lavarsi i denti, si dovrebbe lasciarlo provare, mostrandogli come spazzolarli dal basso verso l’alto (dal rosa al bianco).
La raccomandazione resta poi quella di controllare come il bambino si dedica alla sua igiene orale (con delicatezza e discrezione) almeno fino ai sette anni; in seguito avrà sicuramente acquisito tutta l’abilità necessaria per lavare bene i denti.
Consigli montessoriani su come insegnare ai bambini a lavarsi i denti:
– assicuratevi che il bambino possa facilmente arrivare al lavandino, predisponendo un rialzo o uno sgabellino. Fate in modo che tutto quello che serve sia disposto ordinatamente, ad esempio su un piccolo vassoio o in un cestino, che lui possa facilmente raggiungere. Se lo specchio è per lui troppo lontano, provvedete anche a fornirgli uno specchietto personale. A seconda dell’età del bambino, il vassoio potrà contenere: . spazzolino . dentifricio . clessidra o timer . bicchiere . specchietto . filo interdentale . collutorio . scovolini . cera per apparecchi ortodontici
– spiegate sempre ai bambini cosa state facendo: questo li aiuterà a capire come fare per svolgere l’attività in autonomia in un secondo momento. Se ad esempio state insegnando come lavarsi i denti, non dimenticare di descrivere ogni azione mentre la svolgete, ad esempio che prendete il tubetto, svitate il tappo del dentifricio, prendete lo spazzolino, ecc…
– permettete al bambino di imitare le vostre azioni. Dopo aver spiegato cosa fare, permettere al bambino di copiare i movimenti. Continuate tranquillamente a ripetere una data azione finchè il bambino imita i vostri movimenti
– parlate sempre in termini positivi sulla pulizia dei denti. I bambini imparano dagli atteggiamenti degli adulti che li circondano. Descrivete sempre gli aspetti positivi delle vostre azioni, e non agite solo come si trattasse di azioni di routine. Ad esempio, dopo aver lavato i denti potrete dire “E’ così bello avere la bocca fresca e profumata!”
– eseguite una data attività trattandola come un’azione unica, anche se composta di più passaggi. Ad esempio, soffiarsi il naso non comprende solo il soffiare il naso in sè, ma include anche gettare il fazzoletto sporco e lavarsi le mani. Se non fate pause tra i tre passaggi, il bambino considererà il soffiarsi il naso come una sequenza di azioni legate tra loro.
– controllate i progressi del vostro bambino con discrezione e senza alcun atteggiamento di critica.
– i bambini che già da molto piccoli hanno imparato a lavarsi i denti, presto desidereranno ricevere informazioni sui loro denti, sapere come si chiamano, come sono fatti, ecc… predisponete per lui molte attività sul tema, e non dimenticate di offrire bei libretti illustrati su denti e igiene orale
– imparare l’anatomia e la fisiologia dei denti aiuterà i bambini a lavarsi i denti ancora meglio, con maggior consapevolezza; coi bambini più piccoli, per insegnare a lavare bene ogni dentino, possiamo chiamarli ognuno con un nome diverso, ad esempio nomi di animali, e dire: “Adesso laviamo i denti conigli, adesso i denti mucca, ecc…”
Consigli aggiuntivi per bambini da zero a tre anni
Inventate qualsiasi attività che possa fare della spazzolatura dei denti un divertimento, sia quando sarete voi ad occuparvene, sia quando cominceranno a farlo i bambini autonomamente.
Lavatevi i denti insieme al bambino, non perdendo occasione per fare gare a chi fa più schiuma, a chi sputa di più, a chi fa le smorfie più buffe…
Come detto prima, potete dare ad ogni dentino un nome (animali, membri della famiglia o anche nomi di fantasia) che aiutino il bambino a prestare attenzione ad ogni suo dente.
Preparate per i bambini piccoli molte attività divertenti sul tema dei denti e dell’igiene orale: modelli di denti realizzati con materiali riciclati, pitture o simulazioni di pulizia con veri spazzolini da denti, giochi per familiarizzare col filo interdentale, giochi e piccoli esperimenti che agli occhi dei bambini possano creare l’associazione pulito = bello… ho preparato molti esempi del genere, anche per le altre fasce d’età
Valorizzate e premiate sempre i progressi che il bambino compie nella pratica della sua igiene orale.
Scegliete spazzolino, bicchiere, vassoio con cura, in modo che siano oggetti belli ed accattivanti.
Se vi piace la musica, accompagnate il rito del lavaggio dei denti col disco della canzone preferita del bambino: potrà anche fare la funzione di clessidra.
Proponete materiale didattico sui denti e la loro pulizia per imparare piano piano a conoscere i denti (nomenclature, memory, come già detto libri illustrati) e parlate ai bambini dei denti.
Create un rituale, lavando sempre i denti al mattino e dopo la cena, e facendo sempre le stesse cose. Ogni volta che il bambino mostra divertimento per una vostra proposta, ripetetela ad arricchimento del vostro lavarvi i denti insieme.
Se non siete certi dell’efficacia della spazzolatura autonoma del vostro bambino, potete proporgli di guardare i suoi dentini nello specchio, ma soprattutto potete giocare a lavarvi i denti a vicenda: voi li lavate al bambino, e lui a voi. In questo modo non farete sentire che state criticando il suo lavoro, e sarà molto divertente.
Se al mattino avete poco tempo, ricordate che è meglio lavare i denti una volta al giorno (la sera) veramente a fondo, piuttosto che farlo due volte, ma frettolosamente.
Non lasciate i bambini piccoli da soli mentre si lavano i denti, soprattutto per evitare che mangino il dentifricio…
Consigli aggiuntivi per bambini dai tre ai sei anni
Parliamo ai bambini dei denti e dell’importanza dell’igiene orale. I denti ci aiutano a fare che cosa? Chi è il dentista? Perchè i dentini dei bambini cadono? Cosa succede dopo? Cosa fanno i batteri? Cos’è la placca? Cosa sono le carie? Il cibo che mangiamo può aiutare i nostri denti a mantenersi sani? Quali sono i cibi che fanno bene ai denti? Quali sono i cibi che fanno male?
Usiamo modelli di denti (anche costruiti dei bambini stessi) per fare pratica con spazzolino e filo interdentale.
Alcuni dentisti consigliano di insegnare ai bambini, in questa fascia di età, a spazzolare i denti col metodo SEI (Sopra – Esterno – Interno): prima si spazzolano i denti sopra, poi la superficie esterna e infine quella interna, cominciando dai molari. Questo perchè le prime carie si possono manifestare proprio sulle superfici di masticazione (superiori) dei dentini. I bambini molto piccoli imparano a spazzolare anche solo le superfici di masticazione, poi , verso i quattro anni aggiungono la spazzolatura delle superfici esterne, e verso i cinque anni anche quella delle superfici interne dei denti (sempre dal rosso al bianco).
Ora i bambini dovrebbero essere tutti in grado di lavarsi bene i denti, accuratamente e con costanza. Cominciano però, a complicare l’operazione, ad aver bisogno di apparecchi ortodontici. E’ importante riprendere ed approfondire coi bambini tutti i temi affrontati quando erano più piccoli, arricchendo le nozioni di anatomia e fisiologia di contenuti scientifici appropriati all’età. Conoscere aumenta la motivazione e favorisce l’indipendenza e l’autonomia. Anche trattare in modo più approfondito il tema dell’alimentazione è importante.
La coercizione è un mezzo che non si rivela utile. Meglio spiegare sempre al bambino perchè lo spazzolino è così importante e quali sono le conseguenze del non lavarsi i denti per la salute. Suscitate e tenete vivo l’interesse del bambino verso l’igiene orale proponendo attività interessanti sul tema e bei libri. Fate qualsiasi cosa possa rendere il lavarsi i denti un momento divertente. Date sempre il buon esempio. Mantenete la calma. Forse ci vorrà un bel po’ di tempo, forse anni, prima che il vostro bambino arrivi a lavarsi i denti volontariamente e con accuratezza. Non perdete la pazienza e… sorridete 🙂
Poesie e filastrocche sugli animali e favole in rima
Poesie e filastrocche sugli animali e favole in rima – una raccolta, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La filastrocca del bimbo e delle bestiole Il bambino. Farfallina, farfalletta dalle alucce tutte d’oro, perchè voli tanto in fretta? Perchè sempre scappi via? Perchè vai sempre lontano? Io ti voglio qui vicino un momento, un momentino. La farfalla. Lasciami andare, bambino non mi chiamare! Devo volare al mio regno, lassù nel paese più azzurro lassù nel paese più bello. Se scende improvvisa la notte non giungo più in tempo al castello. Il bambino. Formichine, formichette dove andate in processione? Son già colme le casette di granelli e briciolone. Aspettate un momentino e fermatevi a giocare. Perchè far tanto cammino? Perchè mai tanto da fare? Le formichine. Oh, lasciami andare, bambino, oh, lasciami andare! Siam cento, siam mille sorelle e tutte dobbiam lavorare perchè ci facciamo la dote e presto dobbiamo sposare. Il bambino. La farfalla vola lontano… la formica continua il cammino sono un povero bambino che non sa con chi giocare. Il merlo dell’albero. Lascia volare le farfalline, le formichine lascia al lavoro: a casa attendono le sorelline se vuoi giocare, gioca con loro. (L. Galli)
Il ritorno delle bestie Passa il grido d’un bimbo solo: Turella, Bianchina, Colomba! Porta in collo l’erba ch’ha fatta, nella sua crinella di salcio. Le sue bestie al greppo, alla fratta, s’indugiano al cesto ed al tralcio. Ei che vede sopra ogni tetto già la nuvola celestina, le minaccia col suo falcetto; Colomba, Turella, Bianchina! (G. Pascoli)
Venti ranocchi Venti ranocchi sono a lezione con fuori gli occhi per l’attenzione. Si fa silenzio col campanello quindi il maestro legge l’appello. Cro Cro? Presente! Cra Cra? Assente! Cri Cri? Cri Cri? Son qui! Verdello Verdardi? Verrà più tardi! Verdino Verdato? Ancora malato! Da un’ora circa stan zitti e attenti poi uno dice che ha mal di denti. Un altro lascia il posto a sedere finge, il maestro, di non vedere. Cri Cri è già stufo della lezione si gira e cambia di posizione. Cro Cro in silenzio di fila esce va via saltando dietro ad un pesce. Verdello scappa fuori dal banco anche il maestro ormai è stanco. Suona il segnale di libera uscita oh, finalmente l’ora è finita!
Filastrocca degli animali An ghin gà fa l’ochetta qua qua qua e conduce i suoi marmocchi a giocare coi ranocchi quanto è buffa non lo sa com’è bello l’an ghin gà. An ghin ghe quando canta coccodè la gallina ha fatto l’uovo io lo cerco e non lo trovo ma chissà chissà dov’è com’è bello l’an ghin ghe. An ghin ghi canta il gallo cri cri cri canta in mezzo alla campagna la cicala lo accompagna do re mi fa sol la si com’è bello l’an ghin ghi. An ghin go l’asinello fa ih oh dice a tutti gli animali io conosco due vocali tutto il resto non lo so an ghin go. An ghin gu il tacchino fa glu glu fa glu glu e diventa rosso fa la ruota a più non posso, ma non fa niente di più com’è bello l’an ghin gu.
Il lupo e l’agnello Un dì nell’acqua chiara di un rusceòòo beveva cheto cheto un mite agnello, quand’ecco sbuca un lupo maledetto che grida pien di rabbia: “Chi ti ha detto di intorbidar l’acqua mia così? Non sai che è il mio ruscello questo qui?” “Scusatemi maestà, ma non credete che l’acqua sia di ognuno che abbia sete? Le nostre poi intorbidar non posso poi, perchè io bevo in basso più di voi”. Così rispose il povero innocente con la gran forza di chi non mente. Infatti come ognuno sa ha un gran potere la verità. Gli dice il lupo digrignando i denti: “Io dico che l’intorbidi, tu menti! E poi parlasti mal di me l’anno passato!” “Maestà non si può dir, non ero nato!” Il lupo vinto allora dalla verità gli disse: “Allora fu tuo padre, un anno fa!”. E stretto fra le zanne ingiustamente sbranò impietoso il misero innocente.
La volpe e il corvo Sen stava messer corvo sopra un ramo, con un bel pezzo di formaggio in becco. La volpe si avvicina piano piano, attratta dal profumo di quel lecco. “Salve, messer del corvo! Io non conosco uccel di noi più bello in tutto il bosco, se come dicono anche il nostro canto è bello come son le nostre piume potreste voi davvero menar vanto di gareggiare col sole e col suo lume”. Non sta più nella pelle il vanitoso di far sentire il canto suo famoso, del suo gracchiare vuole dare un saggio, spalanca il becco… e cade giù il formaggio. La volpe il piglia e dice al corvo sciocco: “E’ il giusto prezzo per la mia lezione; per essere in futuro meno allocco ti valga ora la fame e la punizione”.
Il lupo e i pastori “Al lupo! Al lupo! Aiuto, per pietà!” gridava solamente per trastullo Cecco il guardian, sciocchissimo fanciullo. E quando alle sue grida accorrer là vide una grossa schiera di villani, di cacciator e di cani, di forche, pali ed archibugi armata fece loro sul naso una risata. Ma dopo pochi giorni entrò davvero tra il di lui gregge un lupo, ed il più fiero. “Al lupo! Al lupo!” il guardianello grida ma nessuno lo ascolta e dice: “Ragazzuccio impertinente tu non burlerai un’altra volta”. Raddoppia invano le strida urla e si sfiata invano, nessun lo sente; e il lupo, mentre Cecco invan s’affanna a suo bell’agio il gregge uccide e scanna. Se un uomo per bugiardo è conosciuto quand’anche dice il ver non è creduto.
Cane e gatto Cuoca Agnese, cuoca Agnese, dov’è andata cuoca Agnese? S’è destata che era giorno ha spazzato la cucina ha lustrato bene il forno. Poi, con l’abito di trine tutto gale e falpalà al mercato se n’è andata chissà quando tornerà. Silenziosa è la cucina dorme il gatto acciambellato presso il cesto del bucato, ma un cagnetto battagliero ecco irrompe nel tinello vede il gatto e strilla fiero “Io ti sfido qui a duello!” Mao si sveglia e: “In guardia, Fido!” gli risponde, “Anch’io ti sfido!” Il duello è incominciato Mao, gattone grosso e vecchio salta, e va a finir nel secchio mentre Fido il cagnolino che sul gatto s’è avventato urta il piatto di Pechino. Il bellissimo ornamento ora è lì sul pavimento tutto rotto, sbriciolato: il duello è terminato. Mao sospira, Fido tace nel silenzio ritornato cane e gatto fan la pace. Ma son tristi, chè un pensiero li molesta nero nero e colmare non si sa: “Che dirà la cuoca Agnese quando a casa tornerà?” (M. Castoldi)
Il leone e il topolino Sguscia fuori il topolino lesto lesto da un buchino; corre a destra, corre a manca, di guardare non si stanca; ma si imbatte nel leone, che vuol farne, ahimè, un boccone! “Oh, gran re della foresta” grida il piccolo atterrito “Non faresti una gran festa col mio corpo scheletrito! Tu, che appari maestoso, sarai anche generoso. Deh, concedimi la vita, che m’è ancora ben gradita!” Il leone impietosito, dal topino sì spaurito, guarda a lungo il prigioniero con lo sguardo suo severo; lo rimette in libertà e poi lento se ne va.
Coccinella, rana e tartaruga Un bimbo si è fermato sulla strada gomiti a terra, testa fra le mani e resterebbe lì fino a domani: passano amici della sua contrada. “Io non sono più grande di un bottone” dice la vanitosa coccinella. “A me fu data solo una stagione e la più breve, ma son così bella!”. “Non ho colori splendenti, ho la pelle di una rana, ma nelle notti estive innalzo un inno dalle verdi rive vivo nel fango e canto per le stelle.” “E’ vero, nell’andare non sono tanto lesta ma lungo il mio cammino continuo ad osservare: non faccio come un bimbo che gira senza testa!”
Un brutto incontro Tre pulcini andando a spasso incontrarono una volpe che venendo passo passo leggiucchiava il suo giornale. “Buonasera, signorina” disser subito i pulcini. “Oh, salute, miei carini, e di bello che si fa?” “Giacchè mamma è andata fuori siamo usciti dal pollaio vogliam fare un po’ i signori con l’andar di qua e di là”. “Bravi, bravi, per davvero! Voglio stringervi la mano”. Sì dicendo s’appressò e glu glu, se li mangiò.
Il grillo sapientone Nella sua casetta nera quando vien la primavera mastro grillo, il sapientone agli insetti dà lezione. La farfalla è svogliatina disattenta e birichina fa i dispetti al moscon d’oro tutto intento al suo lavoro. Poi ci sono tre sorelle che si chiaman coccinelle hanno gli occhi birichini e la veste a puntolini. Luccioletta luce spenta piano piano si addormenta, ma c’è un bruco pien di voglia che ricama la sua foglia. C’è una vespa, un moscerino tre formiche, un maggiolino tutti intenti alla lezione di quel grillo sapientone.
C’era una volta un gatto che andava in Canada e questa è la metà. Portava un cartoccetto di pane col prosciutto e questo è tutto.
Le ore del giorno Quando l’alba si avvicina canta il gallo alla gallina: Chicchirichì! Or che il sole si è levato ronza l’ape sopra il prato: Zzzzzz! Sulla balza l’agnellino bruca e bela, poverino: Beeeeeh! Ecco l’ora meridiana canta allegra la campana: Din don! Sulla strada l’asinello quando incontra suo fratello: Ih oh! Quando il sole si allontana gracidando va la rana: Cra cra! Or la luna sale in cielo trilla il grillo sullo stelo: Cri cri! Brilla solo un lumicino, dorme quieto ogni bambino.
Il granchio, il luccio e il cigno Quando non van tra loro i compagni d’accordo nel lavoro non s’ottiene un bel niente: è vana ogni fatica, inconcludente. Un granchio un luccio e un cigno un bel mattino si misero a tirare un carrettino unirono gli sforzi tutti quanti ma il carretto non fece un passo avanti. Leggero il peso a tutti insieme appare ma il cigno sulle nubi vuol volare il granchio va a ritroso e, si comprende, il luccio per natura all’acqua attende. Chi ha torto e chi ha ragione? Chi lo sa? Il carro intanto resta sempre là. (I. A. Krylov)
Poesie e filastrocche sugli animali e favole in rima – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Poesie e filastrocche BRUCHI E FARFALLE – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
In un prato In un prato d’erba fina è spuntata stamattina una pratolina bianca con un petalo che manca. Pratolina senza un dente farai ridere la gente! Chi non ride è un bel bambino anche a lui manca un dentino! Sopra un cavolo cappuccio si è posata una farfalla mezza bianca e mezza gialla. Tante uova piccoline che somigliano a perline sulle foglie ha sparpagliato ed il volo ha poi spiccato. Ad un cespo d’insalata or sta dando la scalata un bruchetto verdolino con due corna sul capino. La scalata è faticosa il bruchetto si riposa. Mangia un poco di insalata poi riprende la scalata. (Guarnieri Martini)
Il bimbo e le farfalle Le farfalline tornano fuori con l’ali splendenti di bei colori. Chiede il bambino: “Dove eravate nel triste inverno? Che facevate?”. Loro rispondono: “Dentro i nostri ovettini piccoli piccoli come semini, aspettavamo la primavera per poi volare dall’alba a sera, aspettavamo ali e colori per poi volare tra erbe e fiori”.
Bacolino Il bacolino mangia la foglia finchè ne ha voglia, e crescerà. E quando grosso sarà venuto, tutto panciuto si fermerà. Di seta un filo dalla sua bocca se non si tocca, lungo uscirà. E gira gira sera e mattina, una casina si formerà. Sarà la casa di seta e bella e dentro a quella si chiuderà. Ed ora un bruco ha la casina la farfallina eccola qua. (O. Contini Levi)
I filugelli (bachi da seta) Gran mangiare, gran dormire! I filugelli s’imboscarono alfine tra i fastelli. Ghiande d’oro divennero filando. Le fanciulle or le colgono cantando. Chi va, chi viene, come ad una festa: ognuna ha la sua bionda corba in testa. Come! Su brulle scope di brughiera tanti frutti di seta in primavera? Cantano le fanciulle innamorate. Pare, il granaio, l’orto delle fate. (Corrado Govoni)
Il baco da seta Sui graticci bianchi e neri sono i bachi nati ieri e la casa all’alba s’alza e va attorno presta e scalza. C’è chi muta, c’è chi sfoglia… chi sminuzzola la foglia… E il vermino mangia e dorme mangia e dorme e si fa enorme: fin che un dì gli vedi in bocca fil di seta e il bosco tocca. Poi si chiude in un castello senza porte e chiavistello, e il cortile è tutto biondo di quel bozzolo giocondo. (Lina Carpanini)
Il baco da seta Fo una vita da signore, mangio e dormo a tutte l’ore, muto foggia di vestito. Ma un bel giorno, vergognoso dell’inutile riposo, smetto infine di brucare e comincio a lavorare. Fili d’argento e filo d’oro vo intrecciando al mio lavoro poi mi chiudo in fretta in fretta nella splendida casetta, per uscir di là rinato e in farfalla trasformato. (A. Ferraresi)
I bruchi Il bruco che si trascina su due molli file di piedi, è anch’esso creatura divina, con un cuore che tu non vedi. Bruchi rossi come rubini, bruchi verdi come smeraldi, irti di peli lunghi e fini come una seta che li riscaldi; portano un fuoco che li consuma, sentono un’ansia che li trasforma: si trascinano, eppure nessuna orma è più lieve della loro orma. Sono anime incatenate dentro corpi goffi e orrendi: ma quando le belle giornate ritornano a splendere, e i venti vanno colmi d’odori e di polline, nessun occhio vede più i bruchi: son scomparsi dai prati, dai colli; si sono chiusi in cortecce ed in buchi, si sono appesi al ramo e alla foglia, ma mutati, come mummie di carta velina, con dentro la voglia che preme, con un cuore che batte già l’ala a una gran vita celeste. E quando un mattino tu vedi volare farfalle in gran veste di gala, ah, ricorda i lor piedi già molli e quegli orridi dorsi villosi: ripensa al divino anelito che li ha percorsi nel loro terrestre cammino. (Giuseppe Porto)
Solitario Solitario il bacolino pur essendo ancor piccino, preso ha stanza in una noce. Quando il sole scalda e cuoce, fa un buchin nel guscio e resta ore ed ore alla finestra. (A. Morani Castellani)
La crisalide Una crisalide svelta e sottile quasi monile pende sospesa dalla cimosa della mia casa. Salgo talora sull’abbaino, per contemplarla, e guardo e interrogo quell’esserino che non mi parla. O prigioniero delle tue bende, pendulo e solo, senti? Il tuo cuore sente che attende l’ora del volo? Tra poco l’ospite della mia casa sarà lontana: penderà vuota dalla cimosa la spoglia vana. Andrai, perfetta, dove ti porta l’alba fiorita; e sarà come tu fossi morta per l’altra vita. (Giudo Gozzano)
Farfalla Farfallina spensierata lo sai tu dove sei nata? Eri bruco in una cella senza sole e senza stella. Poi nel sole sei uscita, come un fiore sei fiorita… (Renzo Pezzani)
La vispa Teresa La vispa Teresa avea tra l’erberra al volo sorpresa gentil farfalletta. E tutta giuliva, stringendola viva, gridava a distesa: – L’ho presa, l’ho presa!- A lei supplicando, l’afflitta gridò: – Vivendo, volando, che male ti fo? Tu sì mi fai male, stringendomi l’ale. Deh, lasciami, anch’io son figlia di Dio!- Confusa, pentita, Teresa arrossì, dischiuse le dita e quella fuggì. (L. Sailer)
Le due farfalle La farfalla cavolaia che volava tutta gaia qua e là per l’orticello, disse a quella tozza tozza del parente filugello: – Come sei pesante e rozza!- Tosto l’altra replicò: – Bella ed agile tu sei, questo è vero, ma, però, godo almen questo conforto: fan la seta i figli miei, mentre i tuoi rovinan l’orto!- (G. Fabiani)
Farfalle Innanzi alla mia casa montana, ove regna sovrana la gioia, sui sassi, sui fiori, sui rami, ovunque arda il gran sole di luglio, stanno, vanno, ristanno, innumerevoli farfalle. Talune son gialle come le primule; altre azzurrine come miosotidi; altre dorate striate e cupe come l’arnica ardente; altre bianche e serene come il fior del ciliegio innocente. (Giuseppe Zoppi)
Farfalle Nella selva ombrosa e fresca, mentre cantan le cicale, uno sciame di farfalle batte l’ale. Semi d’oro luccicanti getta il sol tra frondi e frondi, e ne tremolan pel suolo ischi biondi. Dai riflessi di velluto, occhieggianti rosse e gialle e di nero screziate le farfalle, van leggere e senza scosse van leggere ai bianchi fiori festa d’ale e di profumi, di colori… (Alfredo Baccelli)
La farfalla La farfalla è leggera come un fiore cadente. L’uccellino in gabbia segue con occhio triste, invidioso la libera farfalla. La schiuma è il fiore dell’onda. Scompare. La farfalla non si può posare. Sembra che petali di fiori caduti risalgono in volo sui rami. Oh! No. Sono ali di farfalle volteggianti attorno ai rami. La farfalla ora dorme sul filo dell’erba. La brezza la culla ed essa sogna ancora di volare. (dal giapponese)
Farfalla Come un bimbo in vacanza vola, si ferma, danza. Tutta alucce e porporina golosa di primavera, la portò il vento sul prato, da un libretto nella sera. (Renzo Pezzani)
La casa delle farfalle Settembre andava per la valle tirandosi dietro gli ori suoi lento come al giogo i buoi, e noi abitavamo felici la casa che tu dici delle farfalle. Le farfalle errano senza fine leggiadre candide cenerine gialle cerulee verdine: vestite di seta e mussoline, così fragili, così fine. Trepidavano in fola ai vetri, sfioravano tende e pareti: di semplici e cheti giri di danza empievano l’estatica stanza: finchè sazie del moto perenne si posavano ed erano gemme. Erano la più vaga cosa del mondo: la gioia che non osa traboccare nel canto, l’aiuto del verso, l’immagine della mia musa, la freschezza del nostro cuore, l’elogio del nostro amore sempre uguale e diverso, e ti piacevano tanto! (Angiolo Silvio Novaro)
La farfallina Stava una farfallina sopra un tronco muschioso; le disse una bambina dal visino amoroso: “Oh mia bella farfalla, bruna, celeste, gialla, aspettami un pochino che vengo accanto a te”. Ma la bella farfalla bruna, celeste, gialla, per il cielo turchino lungi l’ale battè. “E poi dopo tornò?” “Oh, questo non lo so”. (Camilla Del Soldato)
Farfallina Farfallina spensierata lo sai tu dove sei nata? Eri bruco in una cella senza sole e senza stella; poi nel sole sei uscita come un fiore sei fiorita, come un fiore senza stelo che magia ti gettò in cielo.
Farfalle e fiori Son le farfalle fiori svolazzanti e i fiori farfallette imprigionate. Gli uni e le altre, al finir dell’estate racchiudono nei semi i loro incanti. E dove mai gli restano i colori? Dentro gli occhi degli uomini, e nei cuori. (L. Schwarz)
Bacolino Il bacolino mangia la foglia finchè ne ha voglia, e crescerà. E quando grosso sarà venuto, tutto panciuto, si fermerà. Di seta un filo dalla sua bocca, se non si tocca, lungo uscirà. E gira e gira, sera e mattina, una casina si formerà. Sarà la casa di seta bella e dentro quella, di chiuderà. Ed ora un buco ha la casina: la farfallina, eccola qua! (O. Contini Levi)
Il baco da seta Fo una vita da signore mangio e dormo a tutte l’ore e ogni volta che ho dormito muto foggia di vestito. Ma un bel giorno, vergognoso dell’inutile riposo smetto infine di brucare e comincio a lavorare. Fil d’argento e filo d’oro vo intrecciando il mio lavoro poi mi chiudo in fretta in fretta nella splendida casetta per uscir di là rinato e in farfalla trasformato. (Ferraresi)
Farfalla Io sono la farfalla che volteggia nel sole, e da lui mi faccio dire le segrete parole. Tra smaglianti colori il raggio della luce al mio cuor trepidante sommesso lo conduce. Poi sul fiore mi poso al suolo incatenato e lieve gli sussurro il mistero svelato. Il fioretto che in alto non si può mai librare silenzioso mi ascolta e si mette a sognare. (E. Minoia)
I filugelli
Dormono. Il corpo a qualche cosa attorno hanno legato con sottili bave come di seta; e dormono un gran giorno. Alfine ecco si svolgono dal grave sonno, rifatti. Ed ecco a cento a cento li cogli a un ramo e poni giù soave in una stuoia il tuo cresciuto armento. Tre volte tanto brucano foraggio così cresciuti. Ma tre volte tanto verdeggia il gelso al puro sol di maggio. Due rose aperte tu porrai da un canto. Sognino nella stanza solitaria D’essere in Cina, i bachi, o per incanto errar sui gelsi tra il color dell’aria. (G. Pascoli)
Farfalle
Corolle senza stelo sorelle d’ogni fiore: vi ha gettato il Signore dai giardini del cielo, a ricamare voli sul gelsomino mondo, a fare il girotondo che il pratello consoli. A voi basta sull’ala un po’ di porporina, per far della mattina una festa di gala: e a sera, sul cotogno, posare a ghirlandelle, per guardar le stelle tra un sogno e l’altro sogno. (L. Carpanin)
Farfalla
La farfalla è leggera come un fiore cadente. L’uccellino in gabbia segue con occhio triste, invidioso la libera farfalla. La schiuma è il fiore dell’onda. Scompare. La farfalla non si può posare. Sembra che petali di fiori caduti risalgano in volo sui rami. O no! Sono ali di farfalle volteggianti attorno ai rami. La farfalla ora dorme sul filo dell’erba. La brezza la culla. Ed essa sogna ancora di volare. (dal giapponese)
La farfalla in città
La farfalla (un gioiello di tinte giallo – rosa) volò dal praticello nella città industriosa. Vide grossi edifici e vetture lucenti, colossali opifici e congegni possenti. Però, cercando invano quelle vaghe corolle, che nel bosco e nel piano splendono fra le zolle, pensò: “Col tuo talento, uomo, tutto sai fare; ma di un fiore il portento non ti è dato creare!”. E ritornò nel prato, là dove un fiorellino qualunque è insuperato spettacolo divino. (L. Ruber)
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Poesie e filastrocche IL GRILLO – Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Il grillo vagabondo Sono un grillo pellegrino pazzerello e canterino vivo libero e giocondo saltellando per il mondo. Salto sempre allegramente passo a volo ogni torrente salto un fosso, un campo, un muro per cercar grano maturo. Se non trovo la semente salto i pasti indifferente salto anche il venerdì un po’ pazzo sono sì. Non mi piace lavorare preferisco saltellare potrei fare il ballerino ma viaggiare è il mio destino. Mi diverte esser cantante ma per me, da dilettante. Canto e salto tutto il giorno ed a casa mai ritorno sono un grillo giramondo un eterno vagabondo. Così vivere mi va per goder la libertà.
Grillo Son piccin cornuto e bruno, me ne sto tra l’erbe e i fior sotto un giunco o sotto un pruno, la mia casa è da signor non è d’oro e non d’argento, ma rotonda e fonda è terra il tetto e il pavimento, e vi albergo come un re so che il cantico di un grillo, è una gocciola nel mar ma son triste se non trillo, su lasciatemi cantar.
La serenata del grillo Sotto un ciuffo di mirtillo c’era un grillo mezzo brillo. C’era un grillo che trillava, tutta l’aria ne vibrava tutta l’aria era d’argento e giù giù nel firmamento la gran luna, in braccio al vento per la notte rotolava. (A. Albieri)
Il grillo Un musicante vestito di nero suona, ostinato, sul verde sentiero, senza violino, nè viola, nè archetto, senza chitarra nè flauto o fischietto. Sotto una zolla del fresco sentiero sta il musicante vestito di nero. (U.B.F.)
Il grillo Tutto arzillo, salta il grillo e, cantando il suo cri cri, al bambino che lo cerca sembra dire: -Sono qui!- Ma, arrivato al punto buono, nulla trova il cacciator, e lo chiama altrove il suono del grillin canzonator: – Cri cri cri, non mi hai veduto? Guarda bene, sono qui!- Salta svelto il grillo astuto, e ripete il suo cri cri. (G. Lipparini)
Il grillo Il grillo salta da un’erba a uno spino. Quando la notte sarà nel giardino tutta la gente cantare l’udrà. (R. Pezzani)
La serenata del grillo E’ piccole e lesto; di bruno vestito, e vive modesto in buco romito; poi, tosto che intorno offuscasi il dì, comincia il cri cri. E sporge la testa dall’umile tana, e ascolta se, desta, risponde la rana; se già qualche stella nel cielo fiorì al primo cri cri. Lungh’esso le sponde di tacite strade, e per le gioconde campagne di biade, sul calice molle d’un fior che s’aprì ei canta cri cri. Il cielo sereno già palpita d’astri, il prato di fieno odora e mentastri, e par che la notte ne tremi così del lungo cri cri. (A. Grilli)
La serenata del grillo
Tutto vestito in nero, sì come un damerino, esce dal suo maniero il grillo canterino. Il sole è ormai lontano, il monte è viola e rosa, non s’ode più un campano nell’aria silenziosa. Di sotto la zimarra leva il suo bel violino e suona e canta e gode il grillo canterino. Bello è cantar di sera sotto la prima stella in piena primavera. Canta! La vita è bella. (A. P. Bonazzoli)
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Poesie e filastrocche sulle FORMICHE – una collezione di poesie e filastrocche sulle formiche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
La formica Oh, formica, formichetta, quante miglia devi fare? Dove son le tue castella che ti dai tanto da fare? Tu non sei davvero oziosa, chè lavori senza posa dal mattino alla nottata, formichetta affaccendata.
La pazienza della formica La stradina che porta al formicaio è storta e, per di più, è in salita. Benchè mezzo sfinita, la povera formica non bada alla fatica. Va su per la collina e dietro si trascina, a stento ed a rilento, un chicco di frumento. E’ giunta quasi in vetta quando una nuvoletta sulla terra scodella un po’ di pioggerella. L’acqua che cade a picco ora travolge il chicco e il granellino biondo tocca ben presto il fondo. La formica che fa? S’abbatte e si dispera? O imprecando va contro la sorte nera? Macchè! Macchè! Sa bene che i lamenti e le scene non risolvono niente! Perciò tranquillamente riscende la pendenza afferra il chicco d’oro e con santa pazienza ricomincia il lavoro. (Luciano Folgore)
La formica Oh, formica, formichetta, quante miglia devi fare? Dove son le tue cestella se ti dai tanto da fare? Tu non sei davvero oziosa, chè lavori senza posa dal mattino alla nottata, formichetta disperata. (Anonimo)
Indovinello Siamo brave e piccoline formiam file senza fine; gironziam d’estate intorno, lavorando tutto il giorno per riempire i magazzini di preziosi granellini. (Cambo)
Formichina Formichina s’è sposata ed è tutta affaccendata: spazza, lava, rifà il letto, ripulisce fino al tetto, sforna il pane e, senza affanni, fa la cena, stende i panni. Poi riposa e, canticchiando, con un piede dondolando nella culla il suo piccino, gli ricama un camicino. (A. Morani Castellani)
Il formicaio Dal formicaio uscì una formica scalò una collina a gran fatica dal colle giù per la valle andò nei granaio si arrampicò. Prese un chicco dal granaio e lo portò al suo formicaio. Una alla volta le formichine viaggiarono per valli e colline e un grano alla volta, tutto il granaio si portarono nel formicaio.
Le provviste della formica Formichina, formichina, dove corri così in fretta? Porto un poco di farina alla povera casetta; porto riso, porto grano, che l’inverno non è lontano.
In punta di piedi dalle formiche In punta di piedi sull’erba del prato le scarpe in mano, ho camminato. Sono stato a trovare le mie vispe amiche le provvide, dolci formiche! Nel grande silenzio le ho udite parlare “Bambino, dobbiam lavorare! L’autunno è vicino è pallido il sole fra poco apriranno le scuole! Ci rivedremo… … al rispuntar delle viole!”. (L. Beretta)
Formichina Oh formichina formichina, orsù sveglia, è già mattina! Un giorno nuovo ormai ti aspetta e con gioia e senza fretta sarà bello lavorare tanti chicchi trasportare.
La formichina ribelle C’era una volta una formichina un poco pigra, un po’ birichina. Essa pensò un dì di buon mattino: “Lascio il formicaio e mi metto in cammino. Da mane a sera devo girare di qua e di là per lavorare. No no no, no no, no no questa vita non la fo, no no no, no no, no no, molto presto me ne andrò. Me ne andrò a girare il mondo per potermi divertire per giocare, per danzare fino a che finisce il dì.”. E fu così che un dì, di buon mattino, con poche cose dentro un fagotto, la formichina si incamminò. “La la la, la la, la la, vo a gustar la libertà”. Dopo molto camminare pensò ben di riposare e all’ombra di una margherita si gustò una merenda saporita. Ma all’improvviso un forte rumore le mise in cuore un grande terrore. “Svelta, scappa!” disse la margherita, “Arriva il formichiere, ne va della tua vita!”. Tutta tremante, la sfortunata, chiese riparo a una foglia di insalata, che gentilmente le offrì ospitalità: ma quanto costa la libertà! Subito dopo, di nuovo terrore alla poverina scoppiava il cuore: due grosse mani strappano l’insalata e la formichina sembra ormai spacciata. Pensò alla mamma, pensò al papà: “No, non mi piace la libertà! Amica mia, aiutami a fuggire!” chiese rivolta ad una farfallina. “Sulle tue ali leggere mi nasconderò e così via me ne andrò. Da mamma e papà voglio tornare sarò ubbidiente e saprò lavorare!” La pigrizia nuoce assai, e procura solo guai.
Le formiche
Le formiche vanno assai piano: trasportano un seme, un fuscello, un chicco restoso di grano, un filo di paglia leggera. Dal buco, scavato sotterra, vengono e vanno lontano; ritornano in fila, pian piano: durando così fino a sera. Lavorano tutte: le grosse formiche dal capo rotondo, e quelle piccine, piccine, che sono un po’ brune e un po’ rosse. Non sempre c’è aprile che brilla, non sempre c’è maggio fiorito; non sempre c’è giugno che stilla dolcezza dai frutti, nè luglio col mare di messi, nè agosto coi gialli covoni e le trebbie, nè ottobre col denso suo mosto. L’inverno coi giorni più brevi, coi geli, coi venti e le nevi, arriva improvviso; ed allora bisogna, nel nido profondo, aver di che vivere in pace. Bisogna aspettarla quell’ora: non esser di tutto sprovvisti, non esser rimasti nell’ozio, non essere stati mai tristi! (A. Pesce Gorini)
La formica
“Oh piccola formica che insegni ai fannulloni l’onor della fatica, ove corri, ove vai che non ti fermi mai?” “Vado peri fatti miei; le chiacchiere son vane, ciò che conta è il lavoro fin che forza rimane. Il tempo è un gran tesoro”. (P. Bonazzoli)
Poesie e filastrocche sulle FORMICHE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
per gli adulti, ma si tratta di un procedimento troppo impegnativo proposto ai bambini.
La lana cardata che occorre per il lavoretto si può trovare, ad esempio, qui: LANA CARDATA
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Genitori Channel ospita il mio articolo che mostra come è semplice, con pochi accorgimenti aggiuntivi, far fare questa bella esperienza anche ai bambini più piccoli.
E’ un’attività che consiglio davvero, per esperienza: è molto ricca dal punto di vista sensoriale, avvicina al mondo della natura, porta calma e concentrazione (anche per il massaggio dei polpastrelli che la lana ci ricambia mentre la massaggiamo, ma non solo) e, siccome la bellezza della lana (anche senza essere lavorata) è garanzia di successo, porta tutti i bambini a sentirsi “bravissimi” e in questo caso davvero orgogliosi di poter fare alla mamma un così bel regalo…
Poesie e filastrocche: Maggio. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Maggio
Andiamo a cogliere fiori, sui prato lungo i rivi
e di tanti colori, sceglieremo i più vivi
per far mazzi e ghirlande, freschissimo tesoro
ora che maggio spande, il suo sorriso d’oro.
Poesie e filastrocche MAGGIO
Maggiolata
Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l’usignol.
Schiamazzano i fanciulli
in terra, in ciel gli augelli,
le donne han nei capelli
rose, negli occhi il sol.
Tra colli, prati e monti,
di fior tutto è una trama;
canta, germoglia ed ama
l’acqua, la terra, il ciel.
G. Carducci
Maggio
Sotto l’ombra di un bel faggio,
ci ci canta il cardellino;
con un canto tenerino
dice: “Benvenuto maggio”.
I. Nieri
Maggio
Bimbi, è tornato maggio,
i prati gli fan festa:
si mettono una vesta
di fiorellini azzurri
per salutarlo al suo passaggio.
A. Albieri
Canzoncina di maggio
“Dolce maggio, maggio d’oro”
canta il coro
degli snelli
passeretti e dei fringuelli
fra le fronde.
“Maggio, maggio benedetto!”
su dal cielo,
da ogni tetto,
gaio il coro
delle rondini risponde.
U. Ghiron
Maggio
Il più bello è certo il maggio
che ha per manto un biondo raggio
ed ha fiori intorno al crine:
gigli e rose porporine.
D. Vignali
Maggio
Una rosa rampicante
è arrivata in cima a un faggio
vuole andare in paradiso
perchè è maggio.
S. Plona
Poesie e filastrocche MAGGIO
Rosa di maggio
C’era una rosa dentro un giardino;
un’ape venne di buon mattino:
prese il suo miele e se ne andò.
C’era una rosa dentro un giardino;
venne ronzando un maggiolino:
mangiò una foglia e se ne andò.
C’era una rosa dentro un giardino;
venne cantando un bel bambino:
colse la rosa e se ne andò.
Ma non lo punse con la sua spina,
la rosa bianca, la rosellina.
S. Plona
Invito
Si vede che maggio è tornato:
mammine, stendete il bucato.
Il cielo fratello ci parla,
la luce, fa bene a guardarla.
Mettete una rosa al balcone:
la casa sarà rallegrata,
la mensa sarà profumata,
le cose saranno più buone,
più belle… provate, mammine,
uscite coi bimbi sull’aie!
Luisa Nason
Poesie e filastrocche MAGGIO
Maggio ridente
Maggio, con la tua veste
ricamata di fiori
t’ha inventato splendori
la mattina celeste.
Dal campo che s’indora
e il nuovo grano promette,
l’allodola sale alle vette,
campanellina dell’aurora…
Della tua fresca falciata
odora ogni sentiero:
anche il viottolo più nero
ti fa vedere una nidiata.
L. Carpanini
Maggio benedetto
Per le tue rose
candide e porporine
e per le roselline
che s’apron rugiadose
nella siepe che va lungo la via,
sii benedetto , o mese d’allegria!
Per l’operoso stuolo
delle api, che gli umori
raccolgono dai fiori,
e pel dolce usignolo
ch’empie i boschi di grata melodia,
sìì benedetto, o mese d’allegria!
Per tutta la dolcezza
che c’infondi nel cuore,
maggio, che in ogni fiore
dischiudi una carezza
ed un miracolo sei di cortesia,
sìì benedetto, o mese d’allegria!
A. Enriquez
Un quadretto
Un bimbo, un usignolo, due farfalle,
ed un ruscello che gorgoglia lieve:
sul ponte un uomo con la falce a spalla,
sotto, in basso, una rondine che beve.
Nella grande distesa, un bioccolo di neve;
e passa e muore per la quieta valle
un suono di campana, arguto e breve.
D. Borra
Poesie e filastrocche MAGGIO
Tempo di falciare
Il trifoglio ha già messo il fiocco rosso:
è tempo di falciare.
Sui prati caldi è un gran ronzare d’api,
e giù negli aspri fossi
vanno le bisce in cerca di frescura.
Il cielo, dopo l’alba
limpida e fresca come una sorgente,
s’ammanta in bianco velo;
e si scopre soltanto quando è sera
per lasciar che le stelle
– occhi lucenti – veglino sul mondo.
Fanciulli Pucci
Bella stagione
I merli, i capineri, gli usignoli
empion l’aria di gridi, canti e voli.
Che piacere sentirli, ed a vederli,
i capineri, gli usignoli, i merli!
Maggiolini, libellule, api d’oro
ondeggiano, più lievi, in mezzo a loro.
Uccelli grandi, insetti piccolini:
libellule, api d’oro, maggiolini.
Ma una bambina canta in mezzo ai pini,
e l’ascoltano le api e i maggiolini.
Si ferman tra le foglie sciami e stuoli
e tacciono i merli e gli usignoli.
M. Dandolo
Poesie e filastrocche MAGGIO
Il roseto
Fresche rose
odorose
incoronano re magggio
di splendori porporini.
sotto i cieli mattutini.
Ma più lieto
è il roseto
che la luna a notte imbianca;
goccia a goccia la rugiada
dentro i fiori si fa strada…
Vi s’incanta,
dalla pianta
sua segreta, l’usignolo,
e v’intona una strofetta:
la più bella che sia detta.
L. Carpanini
E’ nata una rosa
Voi ricordate, quando l’ho presa,
bimbe, la povera piantina:
era uno stecco, con solo appena
qualche foglia tra spina e spina.
L’ho collocata sul davanzale
della finestra che ha sempre il sole,
sono stata attenta a non farle male,
e l’ho guardata, sì, con amore.
Un sorso d’acqua tutte le sere,
e tutti i giorni la luce del cielo
e voi potete adesso vedere
quel ch’essa ha fatto di ogni suo stelo.
Grande si è fatta, robusta e bella,
si è rivestita di fresco fogliame,
e infine ha acceso la sua fiammella
di gioia, in cima al più alto stame.
D. Valeri
Maggio
Quando vien di maggio il mese,
il bel mese delle rose,
scampanellano festose
le campane delle chiese.
E la gente, verso sera,
entra in chiesa, umile e pia,
per i canti e la preghiera
del bel mese di Maria
L. Ambrosini
Poesie e filastrocche MAGGIO
Maggio
Il grano granisce nei campi;
le nubi sono armate di lampi;
la roggia è piena
di acqua spensierata e serena.
Metton fiori i balconi,
il bucato fa bandiera;
dolce fanciulla, la sera
s’ingioiella di costellazioni.
Il giorno è un lungo mattino,
un vitello è nella stalla;
sulle aie si balla
dietro il suono d’un pellegrino.
E il cimitero, poverino,
è verde come un giardino.
Renzo Pezzani
Maggio
Maggio, sempre cortese,
è il mese delle rose:
porta dolci sorprese
e promesse festose.
Passa ovunque gradita
un’aria profumata:
ride, paga di vita,
ogni cosa creata.
M. R. Messina
Poesie e filastrocche MAGGIO
Canto mattinale
Al chiaro sol di maggio
il passero trillò spiccando il volo;
l’allodola un “a solo”
dolcissima intonò; e il fresco canto
nel cielo risuonò, pieno d’incanto:
“Sei bella, vita, che ci rechi il sole,
primavera che porti le viole,
amor da cui germoglian mille nuove
piccole vite,
amor che le famiglie tieni unite!
Benedetto sia il sole e la natura
e l’aria fresca e pura;
l’olmo paterno che sostiene il nido,
il gorgheggio ed il trillo
e la canzon monotona del grillo,
i chicchi, i vermiciattoli e le larve
che ci sostentano!”. Disse, e poi scomparve.
Hedda
Maggio
Fuori da tutti i roveti,
fuori da tutti i cespugli,
sulle acque vive e sugli
alberi dei frutteti,
sulle terrazze allegre
di rose e di fanciulle,
sui bianchi pioppi e sulle
cime dell’elci nere,
maggio agli occhi ragiona
lieto, e bisbiglia ai cuori,
maggio, la grande intona
sinfonia dei colori.
Enzo Panzacchi
Poesie e filastrocche MAGGIO
Maggio
Maggio: fragranza di mille rose
sereni incanti d’albe e tramonti,
voli e gorgheggi negli orizzonti,
danze amorose
d’api sui fiori. Il ciel sorride
a questa vita fulgente e nuova,
la rondinella gaia ritrova
il nido e stride
piena di vita. Oh, dolce amore!
Tutto è bellezza, fascino, pace;
scende la calma, santa e verace
in ogni cuore.
Maggio è tornato pien di promesse
ed ha per tutti luce e sorrisi:
nei campi s’alza, fra i fiordalisi,
copiosa messe.
M. Boletti Bonardi
Maggio
Sul mare, ad oriente,
son molte vele bianche
immote e come stanche
cui bacia il sol morente.
Un volo di colombi
trepidi nell’azzurro
s’alza con un sussurro
breve, poi par che piombi.
E sale dai gradini
a ondate vaporose
l’olezzo delle rose,
l’odor dei gelsomini.
Odi? Là dal villaggio
parton voci di festa.
Oh, ridi, anima mesta.
E’ maggio! E’ maggio! E’ maggio!
Butti
Poesie e filastrocche MAGGIO
Notte di maggio
Notte di maggio. Lenta
la luna in mezzo al cielo
passeggia e si ravvolge
di nuvole in un velo.
Il grillo, la farfalla,
il bimbo e l’usignolo
dormono. Brilla in cielo
un lume solo solo.
E’ una stellina d’oro
che dice: “Chi son io,
che veglio sopra il mondo,
bambino mio?”
Hedda
Chiesa di maggio
Sciama con un ronzio d’ape, la gente
da la chiesetta in sul colle selvaggio;
e per la sera limpida di maggio;
vanno le donne a schiera, lente lente.
E passano tra l’alta erba stridente,
e pare una fiorita il lor passaggio;
la attende, a valle, tacito il villaggio
con le capanne chiuse e sonnolente.
Ma la chiesetta ancor ne l’alto svaria
tra le betulle, e il tetto d’un intenso
rossor sfavilla nel silenzio alpestre.
Il rombo de le pie laudi ne l’aria
palpita ancora: un lieve odor d’incenso
spendesi tra le mente e le ginestre.
G. Pascoli
Poesie e filastrocche MAGGIO
Il giardino nel bosco
In un mese di maggio
era nato sul limite di un bosco
un piccolo giardino,
così, per un capriccio di natura
o uno scherzo del vento.
v’era di tutto: viole, ciclamini,
rose, bottoni d’oro,
gladioli bianchi e azzurri fiordalisi;
lungo il tronco di un leccio,
alti su l’erbe i freschi semprevivi,
salivano i convolvoli.
Tanta bellezza invero era sciupata,
chè la zona del bosco
era lontana e mai nessun vi andava.
Ma, ugualmente felici,
i fiori si scaldavano al buon sole;
e facevan festa
ai leprotti, agli insetti ed agli uccelli:
a tutte le creature viventi
oppure solo di passaggio
nei boschi a maggio.
G. Fanciulli
Canzoncina di maggio
“Dolce maggio, maggio d’oro”
canta il coro
degli snelli
passeretti e dei fringuelli,
tra le fronde.
“Maggio, maggio benedetto!”
su dal cielo,
da ogni tetto,
gaio il coro
delle rondini risponde.
E s’incrociano per l’aria,
via tra voli, via tra frulli,
i garriti, i cinguettii
che salutano il tuo raggio,
dolce maggio.
E odorose,
dai giardini,
a te ridono le rose;
e dai campi,
(mentre il sole gitta lampi)
buone e sole
ti fan festa
pur le timide viole.
Ugo Ghiron
Poesie e filastrocche MAGGIO
Filastrocca di maggio
Filastrocca del bel maggio
col vestito della festa,
che hai cucito lesta lesta
quando il sol ti dava un raggio.
Filastrocca dei colori:
bianco, rosso, azzurro e giallo,
mentre il grano, come un gallo,
la sua cresta mette fuori.
Anonimo
Maggio
“Viva maggio, mese d’oro!”
Canta il coro
degli uccelli
pazzerelli
sulle gronde
tra le fronde;
“Viva maggio, mese d’oro!”
“Viva maggio, mese bello!”
Canta il bimbo
ridarello
con le rose più odorose,
le ciliegie
saporose…
“Viva maggio, mese bello!”
Teresah
Poesie e filastrocche MAGGIO
Le rose di maggio
Rose rosse… Vere rose!
Tutto il mondo fiorito di rose!
Tutto il mondo odoroso di rose!
Anche dove men te l’aspetti
nei giardini fatti serpai,
fra le ortiche e i cardi a mazzetti,
ecco, s’accendono rosai.
S’arrampicano le rose
ai cancelli arrugginiti;
s’affacciano a mura corrose;
si concimano di detriti.
Anche negli orti dei conventi
per le aiuole di nuove lattughe,
dove, ancora sonnolenti,
passeggiano le tartarughe;
anche lì che fioritura
di rose! E un odor da lontano,
che vince ogni clausura:
odor di mese mariano.
E le chiesine di campagna?
Le più nude e poverine
han sugli altari di lavagna
rose doppie e rose canine.
Perfino in quei brevi sterrati
nei cortili degli ospedali
dove guardano al sole i malati
col viso cereo sui guanciali,
v’è luce di rose maggesi;
e che dolce malinconia
di speranza in quegli occhi accesi
di febbre e di nostalgia.
P. Mastri
Maggiolata
Ora tu vieni, o maggio, dolce mese,
che porti cieli azzurri e verdi prati,
e rose per gli altari delle chiese,
e fioriti giardini profumati.
O generoso maggio, ben tornato
col riso dei fanciulli saltellanti
nei più rosei tramonti del creato,
col volo degli uccelli cinguettanti
le garrule canzoni in armonia!
O generoso maggio, ti saluto!
Nel dolcissimo nome di Maria
a te porgo, felice, il benvenuto.
C. Mazzoleni
Poesie e filastrocche MAGGIO
Pioggia di maggio
Passa una nuvola come un cigno
dentro il cielo senza rughe.
Scioglie la pioggia nell’orto verdigno,
tocca fronde, lava lattughe.
Sfatta la nuvola rimane il bello
e questo fiato da bocca di fiore,
l’orto fresco di colore
e la musica d’un ruscello.
Rimane il cielo così pulito
con un’allodola così sincera
che appena dici una preghiera
già cammina nell’infinito.
Renzo Pezzani
Maggio
Ma mi dite che cos’ha
questa sera la piccola città?
Ma mi dite perchè mai
questa saggia bottegaia
sempre grave e intesa al sodo,
fa la matta a questo modo?
Si direbbe che il profumo
della glicine e del tiglio
le abbia messo lo scompiglio
nel cervello.
Certamente io mai non vidi
il mio truce salumaio
stare in ozio
come adesso,
su la soglia del negozio
e sorridere a se stesso
così gaio.
Certamente il calzolaio
non cantò mai come canta
questa sera,
delicato appassionato,
“e mia sposa sarà la mia bandiera…”
“Avvocato, buona sera!
Avvocato, come va?”
L’avvocato non fa caso
non mi vede, non mi sente,
e mi passa sotto il naso
fischiettando allegramente
e rotando a mulinello
la sua mazza.
Nella piazza
è un tumulto di bambini
piccinini:
un concerto stonatello
di grilletti canterini
cui fa il basso la campana
del castello…
Ma mi dite, ma mi dite, che cos’ha
stasera questa piazza di città?
Diego Valeri
Poesie e filastrocche MAGGIO
E’ maggio
A maggio non basta un fiore.
Ho visto una primula: è poco.
Vuol nel prato le prataiole:
è poco: vuole nel bosco il croco.
E’ poco: vuole le viole; le bocche
di leone vuole e le stelline dell’odore.
Non basta il melo, il pesco, il pero.
Se manca uno, non c’è nessuno.
E’quando è in fiore il muro nero
è quando è in fiore lo stagno bruno,
è quando fa le rose il pruno,
è maggio quando tutto è in fiore.
Giovanni Pascoli
Maggio
Oh maggio, ben tornato!
L’april con la sua brezza
annunciò che venivi,
e intorno ha sparpagliato
una festa di canti e di colori:
erba sui prati e sulle fronde fiori!
Splende il cielo tra fregi
di lievi nuvolette
e un impazzar di voli;
dal fiorir dei ciliegi
già s’incarnano i frutti porporini
per le succose labbra dei bambini.
I rivi saltellanti
scintillan del tuo riso;
scintillan del tuo sole;
è un gareggiar d’incanti
fra cielo e terra per la tua venuta:
vieni, bel maggio, il mondo ti saluta.
F. Castellino
La gioia perfetta
Come triste il giorno di maggio
dentro il vicolo povero e solo!
Di tanto sole neppure un raggio,
con tante rondini neanche un volo…
Pure, c’era in quello squallore,
in quell’uggia greve e amara,
un profumo di cielo in fiore,
un barlume di gioia chiara.
C’era… c’erano tante rose
affacciate a una finestra,
che ridevano come spose
preparate per la festa.
C’era, seduto sui gradini
d’una casa di pezzenti,
un bambino piccino piccino
dai grandi occhi risplendenti.
C’era, il alto, una voce di mamma,
-così calma, così pura!-
che cantava la ninna nanna
alla propria creatura.
E poi dopo non c’era più nulla…
Ma, di maggio, alla via poveretta,
basta un bimbo un fiore una culla
per formarsi una gioia perfetta.
Diego Valeri
Poesie e filastrocche MAGGIO
Maggio
Fra le foglie d’acacia e di mimosa
perdon leggeri i grappoli fioriti;
matura ogni cespuglio la sua rosa,
ogni siepe ha i suoi pruni rinverditi.
Azzurra occhieggia la pervinca al sole,
e sboccian rade l’ultime viole.
Rose di macchia e rose di giardino,
bianchi mughetti e spighe d’amorino,
rose di macchia, profumate stelle,
fior di vitalba e fiori d’ulivelle,
il maggio passa… apritevi, olezzate,
rose di macchia, stelle profumate.
O. Grossi Mercanti
Canti di maggio
Chi li ha sentiti i canti
dei contadini in maggio?
E vanno avanti, avanti,
cantando del villaggio,
nel fior degli stornelli,
le glorie dell’amor;
e rose hanno ai capelli
ed han la gioia in cuor.
Cantano: e premio è il canto
dell’ansia e del lavoro.
Crescon le messi intanto
che si faranno d’oro.
Guido Mazzoni
Poesie e filastrocche MAGGIO
Il mese di Maggio
Godiamoci, ragazzi, maggio, il mese
che da tempo è chiamato ciliegiaio.
Cuor d’oro, infatti, provvido e cortese,
offre tra i frutti quello che è più gaio:
la ciliegia e l’amarena rossa e nera,
occhio splendente della primavera.
Anche il mondo dei frutti è alquanto vario
se pensate alle forme ed ai colori;
è un mondo, come il nostro, straordinario,
ma talora è così solo di fuori;
un frutto, per esempio, appare bello e piacente,
ma poi al palato dice poco o niente.
Ma la ciliegia… benedetta sia!
Fresca e succosa, tenera o croccante,
ai bimbi e ai grandi dona l’allegria
e il volto di ogni mensa fa esultante.
Allegre dagli orecchi dei bambini
pendo come accesi cuoricini.
I cieli a maggio sono dolci e chiari
tinti di azzurro rosa e verdolino
già i nuovi tralci piegano i filari
e contento li allaccia il contadino;
ancor s’innesta, o si rincalza il grano,
mentre il fieno fa biondi il monte e il piano.
La spiga sotto il sole già s’indora
chinando il capo un poco insonnolita;
il pollo chiacchierando va a pastura;
la fragola già occhieggia imbaldanzita;
ogni ragazza canta uno stornello:
“Fiorin di maggio, fiore mio, fiorello…”.
A sera il contadino torna all’aia
i somarelli carichi d’avena,
accanto a casa riode la massaia
che intona una canzone a voce piena:
“Oh, figlia mia, tu sei fiore di ruta,
quando il principe passa ti saluta!”.
“Oh, figlia mia, tu sei macchia di rosa,
sei macchia d’albicocco damaschino,
per te il principe piange e non riposa
pensando ai tuoi capelli d’oro fino.
A maggio tu risplendi come un fiore,
dove cammini ci lasci l’odore…”.
Tutta la terra a maggio è dolce pane,
tutta la terra a maggio è dolce fiore,
alla luna crescente abbaia il cane,
in frutto si tramuta ogni sudore…
Maggio mese di gioia e d’allegria,
benedetto tu sempre, e così sia!
G. Ravegnani
Poesie e filastrocche MAGGIO
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Lana cardata – Ma dove si compra? Per i primi esperimenti con la lana cardata e il feltro, è possibile acquistarne piccoli sacchettini, magari in colori misti, a prezzi piuttosto alti rispetto a quelli della lana a kg, ma non così inaccessibili… considerate che la lana cardata è molto voluminosa, quindi 1 kg è proprio un bel sacchettone della spesa pieno, e si possono fare un’infinità di cose.
Il mio primo lavoro con la lana cardata è stato un mobile per la culla di mia figlia; avevo comprato questo mix online http://www.ipiccolissimi.it/ (c’è ancora!).
La lana cardata si può trovare nelle scuole steineriane, nelle mercerie (qui a Bassano l’ho vista in vendita a gomitoli, al metro; il negozio ha anche un sito web http://www.filodigiada.com/), e nei negozi di hobbistica…
… oppure nel web, ma considerando che ci sono le spese di spedizione, conviene se si fa un ordine anche di altro materiale che ci serve. Offrono lana cardata online, ad esempio:
praticamente il paradiso di ogni amante della manualità… il sito è in tedesco e inglese. Oltre alla lana trovate tutto per fare le bambole, per lavorare a maglia, tessere, fare gioielli, ecc…
1 kg di lana merinos in gomitolo in 35 colori costa 19 euro:
wollknoll
1 kg di lana in vello (per feltro) in 10 colori costa 24,45 euro:
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