Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri – una raccolta di testi di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Tutti lavorano
Per non studiare le sue lezioni, per non fare i compiti, per non aiutare i grandi, Silvio è scappato via di casa, solo soletto, e corre come un capriolo via per i campi e per i boschi, mentre la sua povera mamma si affligge e lo cerca da tutte le parti.
Silvietto è felice di essere libero, di non far nulla, e parla con tutto ciò che gli sta intorno.
“Oh piccola ape, color dell’oro, dove corri così frettolosa?” chide Silvietto, “Fermati un po’; sii buona; scherza e ridi con me.”
“Non posso, piccino”, risponde l’ape color dell’oro, “Bisogna ch’io succhi il nettare dei fiori, per farne del miele e della cera”.
Silvietto, si da pensoso per un istante; poi ripiglia la corsa e dice all’asinello bigio macchiato di bianco, che pascola nel prato: “Pigliami in groppa, asinello grazioso, e fammi fare una bella trottata!”
“Non posso, bimbo caro” risponde l’asinello, “Ora che ho mangiato, il mio padrone mi carica di erbe e di frutta, e andremo insieme in città”.
Silvietto fa una smorfia di dispetto. Si china sul ruscello limpido, vivace, rapido e gli mormora: “Ruscelletto, ruscelletto mio, te ne prego: arrestati un po’ e divertiti con me che sono solo solo e mi annoio”.
“Non posso, piccino mio: devo correre verso il mulino di Tonio, per far girare la macina; se no, il grano non si cambia in farina”.
E Silvietto è stupito e indispettito. Ma come? Hanno tutti qualcosa da fare? Un dovere da compiere, un lavoro da eseguire?
Una povera vecchia appare da un bosco lontano; è curva sotto un fascio di legna secca e cammina adagio adagio, ansimando.
“Che cosa fate, cara vecchietta?”, domanda il bambino.
“Eh, figliolo mio, ho raccolto con grande stento questa legna in montagna; ora la porto in paese e la vendo al fornaio per un po’ di pane. Così potrò mangiare per qualche giorno.
“Datemi il vostro fascio, lo porterò io”, dice Silvietto a un tratto.
E passo passo la vecchia e il bimbo ritornano al villaggio.
M. Serao

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri – Storia di un passerotto e di una formica
C’era un passerotto molto sfaccendato e prepotente. Un giorno trovò un chicco di grano. Stava per ingoiarlo, quando una formica gli disse: “Per piacere, passerotto, regalami quel chicco”
“Che discorsi!” esclamò il passero, “Ho trovato un chicco di grano e questa formica lo vuole. C’è della gente sfacciata a questo mondo!”

“Non lo voglio gratis”, disse la formica “Quest’estate vieni a trovarmi e, invece di un chicco, te ne darò cinque”.
Il passero ci pensò sopra per qualche minuto, poi disse: “Mi conviene. Vorrei solo sapere come farai”.
“Pianterò questo chicco in terra”, spiegò la formica, “A primavera spunterà una piantina. La piantina crescerà e metterà la spiga. Il sole la maturerà e, se tu conosci le spighe, e io so che le conosci, saprai che di chicchi ne contengono tanti. Così io potrò darti cinque granelli e il resto lo metterò in magazzino”.
“Mi fai sudare solo a sentirti parlare”, disse il passero sfaccendato, “Eccoti il chicco di grano ed arrivederci a quest’estate”.
Venne il mese di giugno e tutti i campi erano d’oro. Il passero si ricordò del granello che aveva dato in prestito e andò a trovare la formica.
Vide la spiga di grano, piena di chicchi, che dondolava al vento, davanti al formicaio.
“Questa è la mia spiga!” disse, “Ora la beccherò”
“Piano, piano!” replicò la formica, “Questa non è la tua spiga. Tuoi sono soltanto cinque granelli”.
“Chi è questa formica importuna?” gridò il passero, “Qui c’è una spiga nata da un chicco di grano che io trovai un giorno”.

“Ah, la pensi così?” disse la formica. Chiamò in aiuto le sue compagne, le quali dettero tutte addosso al passero che, con quelle formiche infuriate attorno, non trovò di meglio che volarsene via.
“Ho conosciuto, una volta, una formica sfacciata!” gridò da lontano.
“E io un passero prepotente e poltrone!” rispose la formica e, svelta svelta, si dette da fare per portare i chicchi nel formicaio, al sicuro dal becco del passero.
Ma, poichè era anche una formica onesta, i suoi cinque granelli glieli lasciò.

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri – Il bambino e la formica
C’erano una volta un bambino e una formica. Disse il bambino: “Come sei piccola, formichina nera! Sta tutta sulla mia unghietta e io ti posso schiacciare col dito!”
“Non lo fare,” rispose la formichina “ammazzeresti una grande lavoratrice!”.
“Ma che sai fare tu di tanto importante?” domandò incuriosito il bimbo.
“Saresti capace di portare sulle tue spalle un grosso albero?”, chiese la formica.
“Non ancora” rispose il bimbo.
“Questa foglia che io porto nella mia tana pesa per me quanto un albero per te”.
“Oh!”, fece il bimbo.
“E saresti capace di trascinarti dietro un elefante per la coda?”
“Davvero no, non ci riuscirebbe nemmeno il mio papà!”
“Quel bruco morto, che io mi tiro nella mia dispensa, pesa per me quanto un elefante per te!”
“Uh!” disse il bimbo, “Meriti davvero una medaglia!”
“Io ho più che una medaglia,” rispose la formichina, “perchè in tutti i libri di scuola insegno ai bambini l’amore per il lavoro”.

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri – L’amico
Un uomo era sempre sereno, sempre contento. Lavorava e cantava.
“Beato lui!” diceva la gente, “E’ sempre allegro”.
“E’ il mio amico che mi tiene allegro”, rispondeva l’uomo.
Non andava quasi mai all’osteria e a chi gli chiedeva il perchè, rispondeva: “Il mio amico mi tiene abbastanza compagnia”.
Raramente era malato e a chi se ne meravigliava, diceva:”Il mio amico mi tiene in salute”.
Sempre metteva avanti questo suo amico, che nessuno aveva mai visto.
Ma dov’è questo vostro amico?” chiedevano all’uomo.
“Come? Non lo vedete? Dalla mattina alla sera è con me!”
“Ma gli volete tanto bene?”
“Che volete! L’ho conosciuto da bambino e mi è stato subito simpatico. In sua compagnia sono stato sempre bene”.
“Ma chi è, dunque?”
“Non lo vedete? Siete proprio ciechi? E’ il lavoro.
(da Gira gira mondo, Vallecchi)

Il figlio dotto
Il figlio giunse dalla città a far visita al padre in campagna. Il padre gli disse: “Oggi si falcia: prendi il rastrello e vieni ad aiutarmi!”
Ma il figlio non aveva voglia di lavorare e rispose: “Io ho studiato le scienze e ho dimenticato tutte le parole dei contadini: che cos’è un rastrello?”
Non appena uscì in cortile, inciampò in un rastrello e il manico lo colpì in testa. Allora si ricordò che cos’era un rastrello, si premette una mano sulla fronte e disse:”Chi è quell’imbecille che ha lasciato qui il rastrello?”
L. Tolstoj

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri

Lavori in fattoria e ciclo dell’anno

Gennaio.
Il pastore è ora molto occupato perchè cominciano ad arrivare gli agnellini e deve badare a loro ed alle loro madri.
All’aperto, quando è bel tempo, gli uomini tagliano le siepi, potano gli alberi da frutta e puliscono i fossati.
Forse le patate sono state accatastate e ora il contadino vuole venderne un po’: così bisogna aprire la catasta e suddividere le patate secondo la grandezza.Poi vengono messe nei sacchi, pesate e mandate al mercato o dal compratore.
C’è molto più lavoro con gli animali, d’inverno, perchè bisogna portare loro il cibo e portar fuori il letame col carro (molto diverso da quando erano all’aperto).
Questo è anche il momento di revisionare le macchine, aggiustare gli attrezzi, riparare steccati e cancelli, le costruzioni, e fare tutte quelle manutenzioni che non si ha tempo di fare durante l’estate.

Febbraio
Il lavoro di questo mese è molto simile a quello di gennaio. Se non piove molto, forse, è possibile coltivare un po’ verso la fine del mese.
Il terreno deve essere preparato per i nuovi prodotti.
Il contadino ha tanti lavori diversi da fare durante l’inverno. Oltre ad organizzare tutto il lavoro della fattoria, deve decidere che cosa far crescere e dove, e quali sementi comprare.
E’ anche molto importante che egli fatta tutto il suo lavoro d’ufficio. Ha tante carte da riempire per l’amministrazione e le tasse.

Marzo
In marzo è freddo, ma la primavera non è molto lontana.
Il frumento invernale comincia appena a mostrarsi attraverso il terreno, ma la superficie della terra si è fatta un po’ troppo compata e bisogna smuoverla. A questo scopo il contadino manda i suoi uomini a smuovere un po’ il terreno con gli erpici, attrezzi che hanno tantissime piccole punte. Gli erpici vengono trascinati sopra le piante o con i trattori o con i cavalli, ne sradicano alcune, senza tuttavia danneggiare il raccolto e al tempo stesso estirpano le erbacce.
Se ora il terreno è a blocchi, si usa il rullo, purchè il tempo sia asciutto.
Se il tempo è buono, il campo delle patate può esser preparato, anche se per la semina sarebbe ancora un po’ presto. Si usa un attrezzo che è come un doppio aratro. e che quando viene spinto attraverso il terreno, butta la terra sui due lati facendo un solco profondo. Questo solco è necessario per piantare le patate. Si fa poi passare il doppio aratro sui bordi del solco e così le patate vengono ricoperte. Il gelo uccide le patate, perciò devono essere piantate in modo che quando i germogli sbucano dal suolo non ci sia più pericolo di gelate.
I contadini amano un marzo asciutto.
Verso la fine del mese possono essere seminati avena, orzo e frumento primaverile.

Aprile
E’ un mese delizioso. Nella natura tutto comincia ad apparire nuovamente fresco.
Nella fattoria i campi sono di varie sfumature di verse, a seconda dei prodotti che vi stanno crescendo, o di marrone, dove la terra è ancora nuda.
Questo è un grande mese per seminare.
La seminatrice è probabilmente l’attrezzo più usato di questo mese. Essa sparge i semi di barbabietola da zucchero, di foraggio, di rapa, di verza e di fagioli nei vari campi.
Alcuni prodotti, come i cavoletti, vengono prima seminati in piccole cassette o terrari, e poi trapiantati.
Le mucche possono uscire dalle stalle per un’ora o due al giorno, ma non devono restare fuori troppo a lungo perchè altrimenti mangerebbero troppa erba fresca e si ammalerebbero.
Agli agnelli viene tosata la coda per evitare che si sporchino e si infestino di mosche.
Per la famiglia si piantano nell’orto un po’ di carote, cipolle ed altri ortaggi.

Maggio
In questo mese le mucche possono lasciare le stalle ed andare nei campi.
Per le pecore è tempo di essere tosate.
Nei campi tutto cresce in fretta, comprese le erbacce. I contadini escono con gli estirpatori tirati dai trattori o dai cavalli e vanno su e giù per i filari per diserbare. Le erbacce che non possono essere rimosse con mezzi meccanici, vengono estirpate con la zappa.
Le patate crescono molto velocemente, e devono essere ricoperte con altra terra, perchè se le nuove vengono in superficie diventano verdi e non sono buone da mangiare.
I cavoli vengono ora piantati in piazzole, in modo che il terreno tra l’uno e l’altro possa esser coltivato.
Se le pecore sono state tenute nell’ovile, bisogna portare il letame nei campi col carro.

Giugno
E’ un buon mese per far fieno. L’erba che si lasciata crescere per questo, e per far riposare la terra, viene ora tagliata e poi stesa al suolo per asciugarsi bene. Se il tempo è buono, in pochi giorni è pronta per essere raccolta ed ammucchiata, ma per asciugarsi bene ha bisogno di essere rivoltata prima più volte. Qualche volta piove e così si deve ricominciare daccapo. Può succedere qualche volta che piova così tanto che il fieno si rovini, e questa è una grande perdita. Per stabilire se il fieno è abbastanza asciutto per essere ammucchiato, il contadino ne torce tra le mani una manciata: se scricchiola e si rompe, vuol dire che è pronto.
Naturalmente il lavoro con gli animali continua ininterrotamente. Due volte al giorno le mucche devono essere riportate nelle stalle per la mungitura. Le galline probabilmente stanno ora facendo grandi quantità di uova.
Nel frutteto la frutta comincia a svilupparsi e maturare.

Luglio
Un giorno, di buon mattino, il contadino si mette il suo vestito migliore, tira fuori l’automobile, e va nella città più vicina.
Al mercato del bestiame ci sono mucche, pecore, maiali e galline. Lì incontra molti suoi amici e se la passa con loro chiacchierando e discutendo di animali, battendo i fianchi alle mucche, e strofinando il dorso dei maiali. Se poi trova qualche animale che gli va a genio, lo compera.
Naturalmente i mercati agricoli vengono organizzati in tutti i periodi dell’anno, ma di solito è a luglio che si svolgono le fiere agricole più importanti. In queste occasioni si possono vedere gli animali di razza più pregiata, e le macchine agricole più moderne. Contadini, commercianti,allevatori ed esperti di una cosa o dell’altra si incontrano qui e possono parlare dei loro problemi.
Alla fattoria il lavoro continua come al solito.
Le barbabietole da zucchero e da foraggio e le rape sono diventati così grandi che le loro foglie si toccano l’una con l’altra.
Le patate hanno foglie fresche verde scuro alte circa trenta centimetri. I cavoli ed i fagioli sono alti circa sessanta centimetri.
I cereali cominciano a formare le spighe.
Se i covoni di fieno sono all’aperto, devono essere coperti. Il vecchio modo di farlo è procurarsi della paglia e rimboccarli. La paglia di frumento è la migliore per questo scopo.

Agosto
Questo è il mese della mietitura del grano. Un giorno il contadino esamina il suo frumento e trova i grani non più lattiginosi, ma compatti: significa per lui che è ora di tagliarlo. Manda fuori la mietitrice, che è una macchina che taglia il grano e lo lega in fasci. I fasci vengono poi messi in biche, cioè otto o dieci fascine vengono messe in piedi e appoggiate l’una verso l’altra. Vengono lasciate così un po’ di giorni e poi raccolte e immagazzinate.
Una macchina più complicata potrebbe fare il lavoro più velocemente, ma ad alcuni contadini le macchine complicate non piacciono. Essi pensano che sia meglio mietere il grano e poi lasciarlo a maturare ancora un po’ al sole, prima di immagazzinarlo.
L’avena è pronta per la mietitura quando il campo è di colore biondo cenere, o quando l’aveva “mostra i suoi denti”.
I grani dell’orzo hanno piccoli filetti color porpora che scompaiono quando sono maturi.
Nel frutteto le prugne sono ora gonfie e succose e alcune mele sono pronte per essere raccolte.

Settembre
Settembre è un mese pieno di colori. Gli alberi diventano rossi, gialli e marroni. Il sole brilla attraverso una leggera bruma. La maggior parte delle piante ha completato il suo ciclo di crescita e c’è intorno una sensazione di compiutezza. Questo è il mese del raccolto. Le forze che hanno fatto uscire le piante dalla terra non sono più attive.

Ottobre
Tutto il terreno che è stato spogliato dal raccolto deve ora essere nuovamente preparato. I campi che sono rimasti a riposo negli anni precedenti devono ora essere concimati ed arati.
Alcuni prodotti non sono stati ancora raccolti, ma ora finalmente la barbabietola da zucchero può essere spedita alla fabbrica e le rape e le barbabietole da foraggio vengono portate nei magazzini e conservate per quando serviranno. Per conservarle al meglio il contadino ne fa delle cataste coperte di paglia e terra: i tuberi, con questa antica tecnica, possono conservarsi per mesi e mesi.
Le mucche devono essere nutrite e munte, le loro stalle devono essere ripulite e provviste di paglia sempre fresca.
I maiali devono essere nutriti e ripuliti.
Anche il pollame deve essere accudito, ma questo è spesso compito della moglie del contadino.
Qualcuno deve badare anche alla pecore.

Novembre
Il lavoro di aratura continua. Continua anche la raccolta degli ultimi prodotti.
Se il contadino decide di seminare il grano invernale, il terreno deve essere preparato e seminato.
Le pecore vengono portate nei campi dove si sono raccolti i tuberi, per mangiare tutte le foglie verdi che sono rimaste nel campo, e anche per concimare il terreno.
E’ anche tempo di portare le mucche nelle stalle per l’inverno, dove saranno foraggiate con fieno, tuberi, cavoli, pastone e un particolare impasto che deve essere comperato: si tratta di un cibo speciale che le aiuta a produrre più latte.
Il contadino terrà d’occhio il giornale per vedere i prezzi sul mercato dei prodotti che ha da vendere. Se pensa che il prezzo sia giusto, manda alcuni dei suoi uomini a prendere cavoletti e verze, o anche qualche animale, e li manderà al mercato.

Dicembre
Le giornate sono fredde e corte. Quando il tempo è adatto, forse è possibile arare ancora un po’, e c’è sempre il lavoro da fare con gli animali.
Una giornata di gelo è buona per portare nei campi il concime col carro, perchè il terreno è duro.
Il pastore è ora occupato a costruire piccoli ricoveri di paglia nel campo, perchè presto nasceranno gli agnellini. Egli ora deve stare quasi sempre col gregge.
Se non è stata usata una macchina agricola di quelle che fanno tutto, ora è il momento di sgranare il grano. Di solito questo si fa in un grande granaio, ed è un lavoro che si può fare con la pioggia ed anche con la neve.

La prima giornata di lavoro del giovane emigrato

Paolo arrivò primo al lavoro. Studiò la facciata, osservò le impalcature, passò la mano sui mattoni e sulle pietre del muro. Severo era il job nel suo odore fresco e pungente di calce, legna spaccata, vernice e rugiada. Nel mattino rigido il sole s’alzava in una gloria di toni fulvi che promettevano una calda giornata di lavoro.
Santo, il manovale, aprì il ripostiglio degli attrezzi, si levò il giacchettone di pelle, rimboccò le maniche fin sopra i gomiti e preparò il necessario per la calce.

“Mattinieri siamo, eh, mastro Paolì?” disse, e tirò fuori dal ripostiglio i tubi dell’acqua, la pala, la marra, la carriola. Aggiustandosi i risvolti delle maniche studiò il sole.
“Oggi farà caldo. Non levarti troppa roba di dosso; i primi caldi portano la polmonite”.
Poi, come uno che ha un’eternità di strada da percorrere e se la prende calma, tirò fuori adagio, uno dopo l’altro, i sacchi di cemento e li pose ritti presso il recinto della calce.

Gli uomini arrivavano e Paolo era pronto con la mestola. Il fischio scatenò il concerto delle mestole sonanti, raspanti, picchiettanti sui mattoni.
Giuseppe Febbregialla, uno della corporazione, piccolo, itterico, dalle mascelle quadrate, chiamò Paolo: “Neh, Filippo, chiammo a tte!”
Paolo accorse e l’altro gli mostrò dove doveva riempire di calce e mattoni gli interstizi tra le stecche parallele che poggiavano sul piano di cemento. Quando Paolo gli disse che il suo nome era Paolo, Febbregialla fece: “Va bbuò, Filippo, tira avanti!”
E Paolo lavorò per ore e ore, solo, in ginocchio, chino sulle stecche. Ogni volta che piegava la schiena, sentiva una fitta acuta ai lombi. Il manico della mestola cominciò a sembrargli di pietra, la polvere di mattone gli escoriava le dita, la calce gli scottava le mani. Si Alzava, di quando in quando, in piedi per distendere i muscoli della schiena e, una volta, alzandosi, posò il piede su stecche malferme, scivolò e cadde, battendo su una pietra aguzza. Il dolore gli mozzò il fiato e gli riempì di lacrime gli occhi. Dio che male, ma non voglio che nessuno se ne accorga, devo lavorare, si disse. Si morse la lingua e si rimise in piedi e si sentiva gonfiare la botta, che gli faceva male. Appoggiò una mano in terra e lavorò con l’altra sola. Per posare un mattone deponeva la mestola, e se doveva rompere un mattone in due per riempire un mezzo vuoto, doveva ogni volta sedersi sui talloni. Tra le lacrime vedeva male, e una volta, rompendo un mattone, si picchiò sul pollice, e il dolore fu tale che si portò il pollice alla bocca per non gridare. Non è niente, non è niente, devo finire questo lavoro. Il pollice pulsava forte, si gonfiava, diventava livido, ma lui non voleva mollare.

Quando fischiò l’ora del pranzo i ginocchi raggranchiti non furono in grado, lì per lì, di sollevarlo in piedi.
Pietro Di Donato

L’oste che non voleva lavorare
Personaggi: oste, la moglie, un dottore e un notaio.

(La scena si svolge nella stanza da letto dell’oste)

Moglie: Sono le undici, l’osteria è piena di gente e tu te ne stai a letto come se non fosse affar tuo
Oste: Che affare e non affare! Se tu ti sentissi male come mi sento io, non parleresti a questo modo, te l’assicuro.
Moglie: Ma a chi vuoi darla a bere? A sentir te, da quando siamo sposati non sei stato bene nemmeno un giorno. Se fosse vero, carino mio, a quest’ora saresti morto e seppellito.
Oste: Eh, già! Per te fingo, vero? E tutta la camomilla che bevo e non mi piace?
Moglie: Già. E tutto il vino che ti piace e che bevi quando vengono quei bricconi dei tuoi amici a farti visita?
Oste: Quale vino?
Moglie: Lasciamo andare, altrimenti si rischia di non finirla più. Ma sta’ sicuro che una volta o l’altra te la faccio passare io la voglia di darti malato per startene comodamente a letto quanto ti pare!

(La moglie esce e il sipario si chiude per due minuti. All’apertura nella stessa stanza, accanto al letto dell’oste, si trovano il dottore e il notaio)

Dottore: (parla nell’orecchio al notaio, ma in modo che l’oste lo senta) Ormai non c’è più nulla da fare. E’ spacciato…
Notaio: (con meraviglia)Ma è possibile?
Oste: (in tono lamentoso) Ahi, ahi! Dottore, sto male!
Dottore: Eh! Via, non vi disperate. Vedrete che con queste gocce vi passerà tutto.
Oste: (piangendo) Signor notaio, chi l’avrebbe mai detto che anche per me sarebbe arrivato il gran giorno?
Notaio: Ma perchè piangete! Il dottore mi ha detto che non siete grave. Vero dottore?
Dottore: Certo… certo… (Poi parla nell’orecchio del notaio) E’ solo … ps… ps… ps…
Notaio: (rivolgendosi all’oste) Avete sentito? Niente di grave. Piuttosto perchè non pensate a regolare i vostri conti con gli uomini e con Dio?
Oste: (disperato) Come?
Notaio: Sì, insomma… cosa fatta capo ha.
Oste: Mi dica un po’, signor notaio, perchè lei che ha sempre tanto da fare, si è scomodato a venirmi a trovare?
Notaio: Son passato dall’osteria e vostra moglie mi ha detto che stavate male. Allora son salito: ecco tutto.
Oste: Ah, è così, vero? Dottore, datemi un bicchiere di vino, perchè malato o no, io mi voglio alzare e dire alla mia donna due parole!
Notaio: e questo che c’entra?
Oste: Che c’entra, eh? Crede che non abbia capito? Mi manda il notaio per farmi credere di essere moribondo. Glielo do il testamento! (Fa per alzarsi, molto arrabbiato)
Dottore: Ma che fate, state sotto!
Oste: Stia tranquillo, dottore. So io come curarmi. Quanto a lei, caro signor notaio, se ha voluto guadagnare qualche soldo con me, ha sbagliato porta. Lei, con me, dovrà sempre pagare se vorrà bere un bicchiere di buon vino! E ora vada pure a dirglielo a mia moglie!

(Il notaio si allontana)

Dottore: ma voi state male… non potete!
Oste: La ringrazio per le sue cure, caro dottore! Ma creda a me, a morire c’è sempre tempo!

(Anche il dottore esce e l’oste resta solo)

Oste: M’hanno fatto prendere una bella paura, quei due! E io che quasi non mi ero accorto dell’inganno. Spacciato, capisci? Io… certo… quella povera donna… lavora tutto il giorno come una bestia e io me ne sto qui a letto a far niente. Ha ragione.
In fondo in fondo, il padrone dell’osteria sono io. Certo!

(Affacciandosi alla porta)
Pietrooo! Attacca la mula. Andiamo a caricare il vino dal fattore.

Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro  e i mestieri – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

dettati ortografici e letture LA FESTA DEL LAVORO – MESTIERI

Dettati ortografici e letture LA FESTA DEL LAVORO – MESTIERI: una raccolta di dettati ortografici e letture di autori vari per la scuola primaria

Importanza del lavoro
Ogni lavoro è importante, sia quello compiuto dalle braccia, sia quello compiuto dalla mente perchè in ogni uomo che lavora c’è sempre una mente che pensa e provvede, c’è sempre una persona che pensa, che fatica per sè, per i propri cari, per il bene dell’umanità.
Ogni luogo in cui vivi, porta l’impronta dell’operosità di chi ti ha preceduto perchè la storia del progresso è la storia del lavoro.
Come tu stesso puoi concludere, vedi allora come è importante il lavoro per la dignità della nostra vita individuale e sociale. Ed è per questo che la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro.

Tutti lavorano: nei campi, nelle officine, nei negozi, nelle scuole. Il lavoro è necessario all’uomo. Anche il bambino ha il suo lavoro: egli studia, aiuta la mamma nelle piccole faccende, si rende utile nella casa con lavoretti leggeri.

Il falegname adopera la sega, la pialla, il martello. E con il legno fabbrica le porte, le finestre, i mobili solidi e belli.
Il calzolaio batte la suola. Seduto al suo deschetto, egli taglia il cuoio e fabbrica gli scarponi per gli uomini e le scarpette per i bambini.
C’è un pezzo di stoffa: il sarto potrà trasformarla in un bel vestitino e per questo ha bisogno dell’ago, del filo, delle forbici e della macchina da cucire.
Ecco il muratore che costruisce la casa. Mette  i mattoni uno sull’altro, li tiene insieme con la calcina, e il muro viene su, diritto, solido, forte.
Guardati attorno: quante cose sono fatte di legno! Le porte, le finestre, le travi, i mobili… Il grande albero della foresta si è trasformato in un armadio, in un banco, per il lavoro del falegname.
Di ferro sono le chiavi, le serrature, i cardini su cui girano le porte. Di ferro sono le navi che solcano il mare e il chiodino per attaccare il quadretto.
Non lavorano soltanto i falegnami, i fabbri, i calzolai. Lavora anche chi scrive, chi pensa, chi studia. Lavorano il medico, il professore, l’impiegato. Chi lavora con le braccia, chi col cervello.

Il primo maggio si celebra la festa del lavoro in tutto il mondo. In questo giorno,le macchine cessano di rombare, i forni di ardere, i martelli di battere. L’uomo cessa, in tutto il mondo, la sua attività lavorativa.

Se non ci fosse il lavoro, noi dovremmo vivere ancora come l’uomo delle caverne. E’ per opera del lavoro umano che noi abbiamo le case, i vestiti, i mezzi di trasporto. Supponiamo, per un momento, che nessuno lavori più: dopo qualche tempo le case cadrebbero in rovina, gli uomini sarebbero coperti di stracci la terra non darebbe più che un frutto misero e insufficiente.

In tutto il mondo, il primo maggio, per ventiquattro ore, cessa il frastuono delle macchine, il fischio delle sirene, il ronzio affaccendato degli operai che vanno e tornano dal lavoro. Dopo la brevissima sosta, il lavoro riprenderà il suo ritmo incessante, dalla grande officina e dall’affollato stabilimento, alla modesta botteguccia dell’artigiano del  paese, e all’umilissimo bischetto del ciabattino, che ripara e rattoppa le scarpe. Ogni lavoro ha la sua importanza e la sua nobiltà, purchè venga accuratamente ed onestamente compiuto, non solo nell’interesse del singolo, ma anche a vantaggio dei nostri simili, della collettività. (da S. I. M.)

Anche lo studio è lavoro. Lavoro non è solamente quello che esce dalle mani del muratore, del calzolaio, dell’operaio: lavoro è tutto quanto è frutto dell’opera dell’uomo, tanto della mano quanto della mente. Anche voi, studiando, lavorate: il vostro lavoro è lo studio.  (P. Dazzi

Il lavoro è una veste che nutre voi e me, che edifica le vostre case e prepara i vostri letti, apre le strade, fabbrica i veicoli che le percorrono, stende i fili della corrente elettrica e del telefono; falcia l’erba, miete il grano, dispone i fiori nei giardini, illumina le nostre stanze, stampa i libri, dipinge i quadri, fotografa le nostre persone, scolpisce le statue, costruisce le navi e gli aeroplani; trasforma la creta in fine porcellana. (Gould)

Vi sono delle fabbriche in cui non si può interrompere il lavoro neanche la notte, come non si può interrompere in certe grandi officine meccaniche, nei forni dove si fonde la ghisa, nelle stazioni ferroviarie, nelle tipografie dei grandi giornali e così via. C’è quindi una massa di operai, di artigiani, di ferrovieri, di tipografi, che deve lavorare la notte… Di notte vegliano farmacisti e dottori, a turno, perchè siano pronti i soccorsi sanitari, se qualche malato ne ha bisogno; a turno lavorano, negli ospedali, anche ostretriche ed infermieri. Tutta questa gente compie un dovere sacro di lavoro e di assistenza. Ammiriamoli e siamo loro riconoscenti. (M. Serao)

Il lavoro umano ha mille aspetti e strumenti diversi. Accanto al lavoratore del braccio trovi il lavoratore della mente; quando il contadino si avvia per i campi, il minatore scende nelle viscere della terra; mentre l’operaio suda fra lo strepito delle macchine ed il fabbro batte il ferro sull’incudine, l’architetto disegna progetti di edifici e il chirurgo si curva sul malato disteso sul tavolo operatorio. Anche tu sei un lavoratore perchè con lo studio ti prepari ad essere di aiuto alla società.

Incontri il lavoro dell’uomo dovunque tu posi le mani, qualsiasi oggetto tu adoperi. La casa dove abiti, la strada che percorri, la scuola che frequenti, l’abito che indossi sono frutto del lavoro dell’uomo. Immagina che non ci sia più intorno a te nulla di ciò che ha fatto l’uomo. Vedresti intorno a te la foresta selvaggia, oppure la palude insidiosa, o il deserto solitario. Sentiresti il brivido del freddo, o il bruciore del sole, avresti il terrore delle belve selvagge.

Primo maggio: oggi il mondo è in festa. E’ una festa che affratella tutti gli uomini di tutte le nazioni del mondo e che fa pensare al più bello dei doveri della vita: quello del lavoro. In tutto il mondo oggi gli uomini sono fratelli nella gioia di questa festa,  come erano ieri e come lo saranno domani nella fatica dei muscoli e nello sforzo del pensiero.

Tutti gli uomini lavorano; chi lavora nei campi, chi nelle officine, chi nei negozi, chi negli uffici; chi lavora con il braccio, chi con la mente. Lavorare è necessario. Anche il bambino ha il suo lavoro: studia e si rende utile in casa con qualche servizietto. Il fannullone, invece, che non ha voglia di lavorare, vive del lavoro degli altri. Egli è come la pianta di edera che si aggrappa all’albero e ne succhia la vita per mezzo delle radici che gli affonda nel tronco. Per questo, forse, il grande albero morrà, ma con lui morrà anche la pianta infingarda.

L’elettricista. Arriva, bene accolto, l’elettricista. In cima a una scala, come il ragno che fa la tela, tende fili e fili; ogni tanto un isolatore, qua e là alcune valvole e poi anche qualche presa di corrente… (L. Bartelletti)

I pescatori. Di buon mattino, quando il primo sole rischiara gli scogli e la spiaggia, i pescatori tornano. Se cantano, vuol dire che la pesca è stata fortunata. Se non cantano, vuol dire che il rischioso lavoro di una notte è stato inutile. Le ultime ombre della notte sembrano allora ai poveri pescatori più oscure e cattive. (M. Comassi)

Il calzolaio. Non credo che nessun banco da lavoro sia così affollato e disordinato come un bischetto: nè così piccolo.  Lesine, punteruolo, trincetti, il vasetto della colla, ritagli di pelle, pezzetti di vetro; e fino negli estremi angoli, qualcosa da trovare,  per esempio il sego, nel quale di tanto in tanto si tuffa la frettolosa punta della lesina, per poi bucare meglio il cuoio. (G. Fanciulli)

Muratori. I manovali riempivano i cofani di calcina; infilavano le scale sorreggendosi con la mano di piolo in piolo, recando sull’omero i cofani e le pile di mattoni. I muratori raggiungevano i ponti spingendosi su per le scale; il sole ricominciava a cuocere il loro viso, le braccia, la nuca; grondavano sudore. (V. Pratolini)

Di notte. Mentre ciascuno di noi riposa tranquillamente in un letto che non avrebbe saputo costruire con le proprie mani, i fornai attendono a cuocergli il pane per la mattina dopo, telefonisti, scrittori e tipografi collaborano in vario modo a preparargli il giornale, e la guardia notturna cammina su e giù per impedire l’opera losca dei malandrini, e il pompiere veglia pronto a spegnere il fuoco devastatore, e marinai e ferrovieri guidano nella notte i veicoli che recano le lettere, giornali, derrate e il nutrimento del corpo e la gioia dell’animo.

Gli spazzini. E’ mattina presto in città. Il silenzio è quasi assoluto ma, ad un tratto, ecco comparire dal fondo della strada un grosso furgone tutto chiuso. Si arresta e, rapidi, scendono gli spazzini. Le loro mani, protette da grossi guanti di gomma, afferrano i carrelli e li spingono verso gli ingressi delle case. Inizia il loro lavoro: bidoni pieni che vanno verso il furgone pronto a ingoiare rumorosamente quintali di rifiuti, bidoni vuoti che tornano. Ogni giorno così, con tanta abilità, con tanta dignità.

Pescatori. Le paranze alzano le vele gialle pittorescamente decorate e lasciano il porto. In alto mare i pescatori calano le reti che galleggiano, perchè sostenute dai sugheri. Quando le ritirano sono pesanti. Le issano a bordo con fatica e nella barca, allora, è tutto un guizzare di pesci argentei, azzurrini, rosei. (G. Facco)

Il fabbro. Nell’officina il mantice soffia e palpita con ritmo incessante, come organo di vita. Il carbone arde, alita la fiamma e investe, il ferro rosseggia. Prigioniero di solide tenaglie il rovente metallo geme sull’incudine. Sopra di lui scendono celeri, ripetuti, i colpi del martello. L’abile, insistente picchiar del martello plasma forme nuove, rendendo ubbidiente la dura materia alle esigenze dell’arte. Dall’oscuro, sudato lavoro del fabbro, nascono mirabili opere. I colpi del martello, che risuonano a sera sull’incudine, sono canti di vita operosa, sono canti di vittoria. (A. Magnani)

L’orologiaio. Per le sue mani passano oro, argento, rubini minuscoli, ma non se ne accorge: per lui merita tanti riguardi il pataccone d’acciaio del ferroviere, quanto il microscopico orologino tempestato di brillanti della gran signora. L’importante è cercare il male e guarirlo, come sulla tavola operatoria sono uguali il principe e il povero, così per l’orologiaio meritano la stessa considerazione l’orologio da polso e quello da tasca, quello che scintilla sulla scrivania e quell’altro che alla parete scandisce i secondi col pendolo grave. Orologi di ogni dimensione sono lì davanti a lui e sembrano famiglie patriarcali riunite: il nonno, i genitori e la schiera garrula dei figli e dei nipotini. (D. Provenzal)

Il barbiere. La sua non è una bottega, ma uno “studio”, quasi… Nelle botteghe si compra, si vende, e qualche volta si fabbrica: qui nulla di ciò. Qui vedi giovani vestiti di bianco i quali si affettano a gettare un manto bianco alche sulle spalle dei clienti perchè sia tutto candido: e specchi, tavolette di marmo, acciai lucidi e tersi: nell’aria un vago sentore di profumi e di cipria. D’inverno l’ambiente è caldo, d’estate piacevolmente fresco: sifoni d’acqua olezzante sostituiscono, in piccolo, gli zampillo odorosi dei giardini del Gran Sultano. (D. Provenzal)

Il fornaio. Un delizioso odore di pane appena sfornato si spande per tutta la piazza del paese. Il fornaio ha lavorato varie ore della notte: ha impastato la farina ed ha sorvegliato la macchina impastatrice; ha tagliato dall’impasto grissini, panini, pagnotte, cornetti e li ha messi nel forno osservandone di tanto in tanto la cottura. Al mattino il pane è pronto per chi si reca al lavoro. Passano gli operai e comprano la grossa pagnotta odorosa; passano gli scolari e comperano il panino croccante… E finalmente il fornaio può andare a riposare. (O. Vergani)

Il postino. Con il sole o con la pioggia, chi è che non si ferma mai e va tutto il giorno, paziente, di porta in porta? Va con la neve, va con il fango, non ha paura del freddo, non ha paura del caldo. Pensa quante cose ti porta: la letterina d’auguri dei nonni, il pacchetto con il regalo della zia, le cartoline degli amici. E quante cose ancora ti porterà, con il volgere degli anni. E non ti dirà neanche il suo nome, non chiederà nemmeno che lo ringrazi; e ogni giorno camminerà per te, dall’alba al tramonto, con la sua grande borsa a tracolla, per tutta la vita… ( O. Vergani)

Contadini. Il contadino non si riposa mai, nemmeno quando la neve copre la sua terra. Ma la stagione dei lavori grandi è certamente quella che va da maggio ad ottobre e culmina con la mietitura. Dopo questa fatica il contadino un po’ si riposa, ma il campo chiama il vomere. Le prime nebbie di inizio novembre chiamano ad altri lavori. Il grano è nei sacchi allineati al muro, la dispensa odora di mele cotogne, di sorbe, di pere, di conserve. L’anno ricomincia, c’è nell’aria l’aria di un inizio. Ed è la semina: quella del grano, la più solenne dell’anno. (G. Titta Rosa)

La zappa. Voi non sapete quanto sia bella una zappa.Non potete sapere, voi cittadini di città, quanto può essere bella una zappa! Una semplice zappa di campagna, una vera zappa nelle due mani del contadino, una reale zappa appoggiata ai sassi del muro, accanto all’uscio del contadino. Un pezzo di legno infilato in un pezzo di ferro: un povero pezzo di legno, una semplice stanga di legno forte: un pezzo di legno appena squadrato dal filo dell’accetta, e non pulito, non verniciato, non lustrato: le due mani dello zappatore, ingrossate, indurite, gli daranno giorno per giorno la lucentezza dell’antico; un povero pezzo di ferro, un piccolo pezzo di metallo nero che il fabbro fece rosso nel fuoco, e che il contadino fa splendere al sole come l’argento. (G. Papini)

I pompieri. A un tratto si sente lo strido lugubre, tenace, prima fioco, poi più forte, e finalmente come palle di cannone, piombano sul luogo e si arrestano di scatto le automobili dei pompieri. Senza guardare in faccia nessuno, i pompieri balzavano a terra srotolando di corsa i tubi delle pompe, aprono le prese d’acqua, avvitano le pompe, le stendono sul selciato. Ecco, l’acqua gorgoglia nei tubi che si gonfiano, si snodano, si induriscono e, in meno che non si dica… quattro o cinque getti violenti entrano in pieno nelle finestre. (A. Campanile)

Un’operaia. Un’operaia, in una fabbrica di terraglie, sta davanti ad una macchina che svolge un nastro corrente largo due palmi, perchè il piatto è appena stampato in una polvere che soltanto il colpo vigoroso dello stampaggio riesce a tenere insieme. La mano della donna prende uno dopo l’altro questi piatti e li depone in una catasta che andrà al forno. Basterebbe un movimento un poco meno delicato per sbriciolare la polvere friabile in cui è stampato l’oggetto. Non c’è una macchina al mondo che possa fare questa operazione. Dalla mano di questa donna dipende, in definitiva, il rendimento della fabbrica. (C. Alvaro)

Il magnano. Intanto il magnano ha piantato in piazza la sua officina. Ha fatto in terra una fossetta, e nella fossetta accende un po’ di carbone; ha appeso a un treppiede il suo manticino, e con una funicella lo muove; strige tra le ginocchia una piccola incudine, ci picchia sopra con il mazzuolo. Chi aveva una secchia bucata, una pentola ammaccata, una brocca sconquassata, è andato a scovarla nella polvere dei ripostigli. Le comari vengono in processione, armate di casseruole rugginose e di padelle senza fondo, ed egli attentamente le gira e le rigira, le guarda contro luce, ne saggia il suono con le nocche, e infine, rassegnato, le lascia cadere nel mucchio. (U. Fracchia)

Da un bioccolo di lana l’uomo, col suo lavoro, fabbrica un morbido e caldo tessuto; con un bozzolo fa la lucida stoffa di seta; per opera dell’uomo il tronco di un albero viene trasformato in una tavola, in una sedia; una pianta di lino in una bella e candida tela; un pezzo di minerale in una chiave, in una forchetta.

Il vigile. Veste proprio come tutti gli altri “ghisa”. Si chiama Clementina Guarneri ed è la prima donna-vigile di Milano. Le piacciono le automobili, il traffico e… il suo lavoro. Non crede che ci siano lavori adatti solo a uomini e lavori adatti solo a donne, ma pensa che ogni persona debba scegliersi il mestiere che più le piace. Spesso un passante si ferma per chiederle un’informazione: dove si trova una certa via, quale tram si può prendere per raggiungere il tal posto, se c’è nelle vicinanze una farmacia. Ora dal margine della strada osserva scorrere il traffico, automobilisti e pedoni sono più disciplinati quando vedono un vigile. Deve essere sempre pronta ad intervenire in caso di necessità: il passaggio di un’ambulanza, un ingorgo stradale, un incidente, il guasto di un semaforo. “Avanti, avanti!”, “Alt! Adesso tocca a voi!”, dice coi i movimenti delle braccia e delle mani quando si pone in mezzo ad un incrocio.  (S. Ceruti)

I lavori di un tempo. Il mestiere del contadino, del muratore, del fabbro, del falegname è uno dei quattro più antichi. Il contadino rompe la zolla e ne cava il pane; il muratore squadra la pietra ed innalza la casa: la casa del povero, la casa del re, la casa degli scolari; il fabbro arroventa e torce il ferro per dar la spada al soldato, il vomere al contadino, il martello al falegname; il falegname sega e inchioda il legno per costruire la porta che protegge la casa dei ladri e per fabbricare il letto sul quale dormono innocenti e ladri. Queste semplici cose ordinarie, comuni, usuali che non le vediamo più, che passano ormai disavvedute sotto i nostri occhi avvezzi a più complicate meraviglie, sono le più semplici creazioni dell’uomo, ma più miracolose e necessarie di tutte le altre inventate dopo. (G. Papini)

Mietitori. Il sole diede il suo oro alla campagna e nelle spighe è già pronto il frumento. Calano da ogni parte a brigate i mietitori, e nelle sere odorose di gigli s’odono canzoni di tutti i paesi. Brillano le falci e la fronte dell’uomo si bagna di sudore. Nelle ore di afa, che tutte le cose s’assannano e l’aria è come un mare di fuoco, le cicali stridono e le stoppie saltando in aria scoppiettano. Gli alveari, poichè le api succhiano instancabili tutta la primavera, colano di miele, e nelle celluzze i nuovi nati s’impinzano, molli come cera. Il tempo del pane nuovo è venuto. (F. Lanza)

La mietitrice. Ho fatto la conoscenza di una macchina straordinaria, che miete il frumento, lo raccoglie in manipoli, lega a uno a uno questi manipoli con un giro di corda, e a uno a uno li scaglia fuori, là dove il campo è già spoglio. Le andate e i ritorni restringono sempre più il campo da mietere, finchè neppure una spiga resta più sul proprio gambo ed il campo è nudo. E gli uomini? Uno siede alla guida, un altro sta in piedi sul carrello, attento al lavoro della macchina; e un terzo, in disparte, raccoglie i manipoli, li raggruppa e forma i covoni. (D. Valeri)

La trebbiatrice. Il macchinista ha fatto presto ad avviare il motore , la cinghia è stata subito innestata; sotto alla trebbiatrice han disteso un panno a raccogliere quel poco che la macchina avrebbe lasciato perdere dagli ingranaggi; e l’uomo è subito montato su. Il contadino porge un covone dopo l’altro, con un falcetto un altro taglia il legaccio, e il primo infila un covone per un capo, nella bocca della tramoggia. Solo il macchinista se ne sta inoperoso, una gamba appoggiata al suo motore. (G. Titta Rosa)

Il pompiere. Durante un incendio ogni vigile del fuoco ha il suo compito. Alcuni attaccano i tubi alle prese dell’acqua e all’autocisterna. Altri dirigono i getti d’acqua verso il fuoco. Altri, con un telone, raccolgono coloro che si lanciano dai piani superiori degli edifici per sfuggire alla furia delle fiamme. Altri ancora traggono in salvo le persone in pericolo. (da I quindici)

Il barbiere. Dicono che sia un po’ adulatore. Infatti, a un giovinetto che abbia una peluria quasi invisibile sul viso egli domanda: “Barba?”, mentre a un vecchio che ha forse quattro o cinque peli sul cranio deserto, egli chiede ossequioso: “Capelli?”. (D. Provenzal)

Disoccupato. Non tutti hanno la fortuna di possedere un lavoro. Molte persone, pur avendo la buona volontà di lavorare, non ne trovano oppure non ce l’hanno più perchè la loro fabbrica è stata chiusa, o a causa di infortuni che non permettono più una vita attiva. Il lavoro è un bene prezioso, che va rispettato.

Nella costruzione di una casa lavora il muratore ma, prima di lui ha lavorato l’ingegnere che ha fatto il progetto, l’architetto che lo ha studiato nei minimi particolari; per fare i mobili lavora il falegname, ma prima di lui ha lavorato colui che li ha disegnati; lavora il contadino per far fruttare la terra, ma prima di lui hanno lavorato coloro che hanno studiato la composizione della terra, dei concimi, i fenomeni metereologici ed è seguendo le regole che essi ne hanno tratto, che il contadino può ricavare il massimo prodotto dal terreno.

Se è lavoro quello dell’artigiano, è lavoro non meno nobile e in alcuni casi infinitamente più gravoso, quello dello scienziato che studia le malattie, quello dell’astronomo che passa le sue notti a consultare il giro delle stelle; è lavoro quello dello scrittore che compone i suoi racconti, quello del medico che cura l’ammalato; quello dell’insegnante che cerca di educare e istruire i bambini. E’ lavoro quello dello scolaretto che studia per diventare un uomo utile ai suoi simili, quello della casalinga è lavoro.

Il valore del lavoro non è dato dalla sua specialità, ma dal modo come viene eseguito. Un professore che scrive un libro sopra un argomento difficile, ma che fa il suo lavoro senza esattezza nè precisione, fa un lavoro inutile. L’importante non è eseguire un dato lavoro, ma eseguirlo il più perfettamente possibile. Tutti i lavori sono necessari. Tutti sono belli, nobili, degni di lode. Non c’è un lavoro che possa aver la supremazia su un altro lavoro, ma è degno di lode qualsiasi lavoro purchè sia eseguito bene.

Anche gli animali lavorano. Non solo gli animali domestici, ma anche gli animali liberi, come gli uccellini, ad esempio. Nonostante l’apparenza spensierata, la loro vita è tutto un lavoro: lavorano per cercare il materiale e poi per costruirsi il nido, lavorano per allevare la prole, lavorano per procurare il cibo a sè e ai piccoli.
Guardiamo gli insetti. Non fanno che girare tutto il giorno, da un fiore all’altro, e oltre a fare un lavoro indiretto, utile all’uomo, qual è quello dell’impollinazione, fanno un lavoro per se stessi, in quanto si procurano il cibo e cercano il luogo più adatto per deporre le uova. Talvolta usano accorgimenti straordinari: forano la corteccia degli alberi, perforano semi, e tutto questo in un lavoro sagace, continuo.
Guardiamo le api, i lavoratori per eccellenza che, per fabbricare una certa quantità di miele e di cera, devono visitare migliaia di fiori, che costruiscono una casetta perfetta, che allevano i piccoli come amorose nutrici, che combattono per difendere l’alveare dagli intrusi.
Guardiamo le formiche, da sempre esempio di laboriosità e prudenza.
Guardiamo  le vespe che costruiscono il nido trasformando il legno in solido cartone e che, forse, hanno insegnato all’uomo la maniera di fabbricare la carta.
Anche l’animale selvatico lavora: lavora per procurarsi il cibo, per scavarsi la tana, giungendo, come nel caso del castoro, a dare esempio all’uomo di edilizia e ingegneria.
Persino il ragno, dette forse all’uomo la prima idea per filare e tessere, senza parlare del filugello il cui filo ci dà addirittura la seta.

I mestieri necessari per costruire la casa 
Il muratore spegne la calce viva con l’acqua e la mescola con la sabbia: con questo materiale, che si chiama malta, unisce i mattoni che dispone uno sopra l’altro per fare il muro. Per fare questo lavoro adopera la pala, la cazzuola, la secchia, lo sparviero, il filo di piombo. I muratori lavorano anche in alto, sulle impalcature. Questo è perciò anche un mestiere pericoloso. Dobbiamo considerare con simpatia questi lavoratori che, nel lavoro, rischiano anche la vita. Alla costruzione della casa, col muratore lavorano l’elettricista e l’idraulico, e il piastrellista. Quando la casa è finita per quel che riguarda i muri e i pavimenti, c’è da pensare agli infissi: porte e finestre. Li fabbricherà il falegname, con la collaborazione del vetraio, e dopo sarà sempre lui a costruire anche i mobili per arredare la casa. A volte il falegname partecipa anche alla costruzione vera a propria della casa, perchè le travi che sostengono il tetto sono di legno. Gli strumenti del falegname sono la sega circolare, la pialla e altri tipi di sega, il martello, la morsa, il tornio. La casa è ormai fornita di porte e di finestre; sono pronti anche i mobili, manca però l’opera di un altro operaio, il fabbro, che dovrà fabbricare le serrature, i cardini, le chiavi. Il fabbro batte con il maglio sull’incudine. Prima mette una sbarra di ferro sul fuoco fino a renderla incandescente. Il fuoco arde nella fucina, dove viene alimentato  dal mantice; il ferro, sulla fiamma, diventa rosso e malleabile. Il fabbro, col suo martello, riesce a dargli la forma che vuole. Altri strumenti che adopera per il suo lavoro sono la morsa, le tenaglie e le pinze.

Pendolari. “Noi pendolari, in fondo, siamo dei senza famiglia. Adesso, se permette, mi rimetto a dormire. Tanto il ritardo è assicurato: a Rogoredo si blocca tutto un’altra volta…”. L’operaio si tira sulla faccia la tenda, pesante, impolverata, che copre il finestrino, allunga le gambe come può e rimane immobile. Scene come questa sono di tutti i giorni, di tutte le albe sugli accelerati. Una vita da forzati. I pendolari dell’alba, dei primi accelerati, sono tra quelli che salgono ed hanno appena il tempo di lasciarsi cadere sul sedile, tirare la tendina e ricominciare a dormire (se il troppo caldo o il troppo freddo, d’inverno, lo consentono). Nei convogli successivi, quelli delle sette e mezzo, trovare un posto a sedere, specie nelle stazioni intermedie, è come vincere un terno. Bisogna rassegnarsi a stare in piedi, pigiati,  tra gli spifferi, la gente che passa e ripassa, con l’occhio all’orologio, pronte a scendere di volata e a saltare sul primo tram. Di sera la stessa trafila, faticosa, interminabile. Aspettare, aspettare, rassegnarsi a non vedere i figli, a non scambiare due chiacchiere con loro, con la moglie, con gli amici, mandar giù un boccone di cena e trascinarsi a letto. (V. Emiliani – “Il giorno” del 6 ottobre 1972)

L’architetto urbanista. L’architetto urbanista si occupa della sistemazione organica di nuovi quartieri, della distribuzione logica di scuole, mercati, del verde pubblico e dei campi da gioco. Agli urbanisti è anche affidato l’incarico di stabilire gli itinerari e i sensi obbligati della circolazione automobilistica della nostra città dal traffico sempre più congestionato. L’urbanista non lavora quasi mai solo, ma all’interno di un gruppo di lavoro. (M.P. Lanieno)

Tutti lavorano. Non lavora soltanto chi esercita la forza delle braccia, chi suda sul martello, sulla vanga, sulla zappa. Lavora anche chi scrive, chi studia, chi pensa. Lavora il medico che cura l’ammalato, il maestro che arricchisce la mente dei ragazzi, lo scienziato che scopre nuove leggi e nuovi ritrovati per la felicità e il benessere degli uomini.

Nessun lavoro è umile. Nessuno deve vergognarsi del suo lavoro anche se è modesto. Tutti i lavori sono belli, nobili se eseguiti con diligenza e buona volontà. Ogni lavoro ha la sua importanza purchè sia eseguito bene.

Il lavoro. Quando rovinate e rompete le vostre cose, pensate a tutto il lavoro che è stato necessario per fabbricarle. E pensate che voi, per pigrizia o trascuratezza, in un momento avete distrutto il lavoro di tanti giorni, di tanti uomini.

Tutti lavorano. Tutti lavorano: il contadino e l’artista, il fabbro e il letterato, il muratore e lo scienziato. Ciascuno secondo le proprie inclinazioni, ciascuno secondo le proprie forze. Soltanto gli oziosi non lavorano perchè preferiscono sfruttare il lavoro altrui. (Bitelli)

Anche gli animali lavorano. L’ape visita un fiore dopo l’altro per portare la sua provvista all’alveare; la formica corre corre tutto il giorno per riempire i suoi magazzini; il cavallo tira il carro con pazienza; gli uccellini si affaticano per fabbricare il nido prima, e per dar da mangiare ai piccini, poi. Spesso gli animali sono d’esempio all’uomo.

Nessun lavoro è vile. Meglio un buon ciabattino che un cattivo dottore. Chi si vergogna del suo mestiere, o del mestiere di suo padre, non sa quello che fa. Bisogna vergognarsi di eseguire male un lavoro, ma quando un lavoro è portato bene a termine, chi lo ha eseguito è un uomo che ha diritto alla gratitudine e al rispetto di tutti (Dazzi)

Il lavoro. Anche lo studio è lavoro. Lavoro non è soltanto quello che esce dalle mani del muratore, del fabbro, del calzolaio; il lavoro è frutto dell’opera della mano come della mente. Il marinaio che attraversa gli oceani, il magistrato che giudica, il medico che cura i malati, il maestro che insegna, lo scrittore che scrive libri, lavorano tutti.

La festa del lavoro. Coloro che in tutto il mondo vivono di lavoro, impiegati, operai, contadini, sospendono oggi la loro dura fatica per riunirsi fraternamente, per ricordare che deve essere organizzato un mondo in cui tutti gli uomini possano godere i beni della terra. (N. Tramontano)

Il portalettere

Arriva il postino con la sua borsa gonfia di lettere, di cartoline, di giornali. Porta le notizie dei figli lontani ai genitori che le aspettano; porta le letterine dei nipoti ai nonni e agli zii; porta i saluti degli amici; porta le importanti lettere di affari. Qualche volta deve anche portare lettere che recano dispiacere. Le lettere sono chiuse e il postino non sa se porta gioia o pena. Ci sono anche giornali e belle riviste illustrate nella borsa del postino, ma egli non può distrarsi, egli deve sempre andare. Non sarà mai stanco di camminare il postino?

La festa del lavoro

Il primo maggio, in ogni città e in ogni paese del mondo si celebra la festa del lavoro. Il lavoro genera il progresso, affratella i popoli, rende più comoda e più facile la vita dell’uomo.
Quando l’uomo comparve nel mondo, non era molto diverso dagli animali: viveva nelle caverne, coperto di ispide pelli, correva per le foreste in cerca di cibo, non aveva armi per difendersi, non conosceva il fuoco, tremava di terrore quando udiva scoppiare il tuono fra le nubi, e si nutriva di carni crude e di frutta selvatica.
Ebbene, l’uomo, così debole, vinse il leone e la tigre,conquistò il fuoco, trasse dalle viscere della terra i metalli, si fabbricò le armi, costruì le case e le città, addomesticò gli animali e li piegò al suo volere; tracciò le strade, navigò sui mari…
E tutte queste meraviglie le compì col lavoro, grazie a quella volontà che lo spinse a non essere mai pago, a fare sempre, a cercare, studiare, sperimentare, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, ai pericoli, alle sofferenze.

Dettati ortografici e letture LA FESTA DEL LAVORO – MESTIERI. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

poesie e filastrocche sui MESTIERI – Festa del lavoro

Poesie e filastrocche sui mestieri – una raccolta di poesie e filastrocche sul lavoro dell’uomo e i mestieri, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il treno degli emigranti
Non è grossa, non è pesante
la valigia dell’emigrante…
C’è un po’ di terra del mio villaggio,
per non restar solo in viaggio…
un vestito, un pane, un frutto
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l’ho portato:
nella valigia non c’è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuole venire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù…
Ma il treno corre: non si vede più.
Gianni Rodari

I colori dei mestieri
Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s’alzan prima degli uccelli
e han farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell’officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.
Gianni Rodari

Gli odori dei mestieri
Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d’olio la tuta dell’operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicina c’è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po’.
Gianni Rodari

Capelli bianchi
Quanti capelli bianchi
ha il vecchio muratore?
Uno per ogni casa
bagnata dal suo sudore.
Ed il vecchio maestro
quanti capelli ha bianchi?
Uno per ogni scolaro
cresciuto nei suoi banchi.
Quanti capelli bianchi
stanno in testa al nonnino?
Uno per ogni fiaba
che incanta il nipotino.
Gianni Rodari

L’omino della gru
Filastrocca di sotto in su
per l’omino della gru.
Sotto terra va il minatore,
dov’è buio a tutte l’ore;
lo spazzino va nel tombino,
sulla terra sta il contadino,
in cima ai pali l’elettricista
gode già una bella vista,
il muratore va sui tetti
e vede tutti piccoletti…
ma più in alto, lassù lassù
c’è l’omino della gru:
cielo a sinistra, cielo a destra,
e non gli gira mai la testa.
Gianni Rodari

Il giornalista
O giornalista inviato speciale
quali notizie porti al giornale?
Sono stato in America, in Cina,
in Scozia, Svezia ed Argentina,
tra i Sovietici e tra i Polacchi,
Francesi, Tedeschi, Sloveni, Slovacchi,
ho parlato con gli Eschimesi,
con gli Ottentotti, coi Siamesi,
vengo dal Cile, dall’India e dal Congo,
dalla tribù dei Bongo-Bongo…
e sai che porto? Una sola notizia!
Sarò licenziato per pigrizia.
Però il fatto è sensazionale,
merita un titolo cubitale:
tutti i popoli della terra
han dichiarato guerra alla guerra.
(G. Rodari)

Nel giardino
Nel bel giardino, sotto il sole d’oro,
un ragno tesse la sua tela fina
fra stelo e stelo; alla sua casettina
porta un chicco di grano la formica.
Un’ape succhia il nettare di un fiore
e, con voli felici, il suo nidietto,
fa un passero canoro sotto il tetto.
Una gallina insegna ai suoi pulcini
come si becca… Ognuno ha il suo lavoro
nel bel giardino, sotto il sole d’oro.
C. Bettelloni

Lavoro
Sono un bambino e vivo in città
ma il lavoro lo conosco in verità:
mi lucido le scarpe ed al mattin
sorveglio il latte e studio la lezione;
e, dopo desinar, gioco un pochino
poi faccio spesa, e sono proprio buone
le frutta quando io le ho comperate
chè, a voi lo dico in tutta confidenza,
con molta cura le ho scelte ed assaggiate;
prima di sera scrivo con pazienza
il compito, e ripasso la lettura,
giocattoli ripongo e poi preparo
i libri nella borsa con gran cura.
Ditelo, via; “E’ un bimbo proprio raro!”
T. Belforti

L’alba
Tutta dolce, tutta bianca
l’alba sale il cielo azzurro…
corre un fremito, un sussurro
sulla terra non più stanca;
ogni fiore si ridesta,
gli uccellini fanno festa…
sorge a un tratto il sole d’oro:
bimbi ed uomini, al lavoro!
E. Bossi

Il fannullone
Oh! Che piacere – mangiare e bere
andare a spasso – e fare chiasso,
senza lavori – senza sudori
senza doveri – senza pensieri!
passare il giorno – … ma sbadigliando!
In conclusione
del fannullone,
qual è la gioia?
Morir di noia.
L. Schwarz

La fucina
Il mantice rifiata a più non posso
nella fucina e la fiammella balla,
sul mucchierello del carbone rosso,
con ali azzurre come una farfalla.
N. Vernieri

La scelta del mestiere
-Ho da scegliermi un mestiere-
pensa Piero tutto il giorno.
-Se facessi il panettiere?
Oh, ma scotta troppo il forno!…
Se facessi il muratore?
Ma il mestiere è tanto duro!
Forse forse il minatore…
Ma sta sempre giù all’oscuro!
Potrei fare l’imbianchino!
E se piglio il torcicollo?
Mi farò spazzacamino!
E se il tetto mi dà un crollo?
Ho da fare il macellaio?
No, del sangue ho un grande orrore!
E se andassi marinaio?
Ma del mare ho un gran terrore!
Così Piero tutto il giorno
per cercar la professione,
se ne va girando attorno
sfaccendato e bighellone.
Cerca cerca, il tempo passa
nulla impara e nulla sa
e se ora in ozio ingrassa,
come mai la finirà?
L. Schwarz

I bravi omettini
I due bravi omettini
han lasciato i balocchi.
Quattro manine d’oro
quattro lesti piedini
due vispe paia d’occhi
si son messi al lavoro.
Perchè ognuno è felice
perchè il lavoro è un gioco
la fatica allegria
quando la mamma dice:
-Aiutatemi un poco,
bravi bambini, via._
C. Del Soldato

Sveglia
Chicchirichì fa il galletto,
cì cì cì fa l’uccelletto,
din don dan fa la campana
sia vicina, sia lontana,
annunciandoci il ritorno
del radioso nuovo giorno.
Si alzan tutti a questo coro
e si avviano al lavoro;
si alza presto il contadino:
va nei campi dal mattino.
Si alza presto l’operaio:
la fatica lo fa gaio.
Si alza pure dal lettino
e va a scuola ogni bambino.
Resta solo nella culla
il piccin che non fa nulla.
L. Scardaccione

Girotondo del fannullone
Il lunedì, ch’è il dì dopo la festa,
o Dio, che ho il mal di testa,
non posso lavorar!
Il martedì mi siedo sulla soglia
ad aspettar la voglia
che avrò di lavorar.
Il mercoledì preparo i miei strumenti,
ma, ahimè, c’è il mal di denti,
non posso lavorar.
Il giovedì, che da così bel tempo,
davvero non mi sento
di andare a lavorar.
Il venerdì, ch’è il dì della passione
mi metto in devozione,
non posso lavorar.
Sabato sì ch’è proprio il giorno buono;
ma per un giorno solo
che vale lavorar?
D. Valeri

Anch’io lavoro
La formica innanzi giorno
va pei campi, va per l’aie
cerca, cerca d’ogni intorno,
fino a sera cercherà.
Ed il ragno, che si cela
fra le siepi e in mezzo ai rami,
cominciata ha la sua tela,
fino a sera tesserà.
E la rondine al mio tetto
fabbricando va il suo nico;
fino a sera durerà
nel lavor quell’uccelletto.
O formica, o rondinella,
lavorate, lavorate!
Anche questa bambinella
come voi lavorerà.
S. Dazzi

Il lavoro
Lavoro è zappare la terra,
battere il martello nella buia bottega,
guidare i treni veloci,
partire e tornare pei cieli;
lavoro è pulire le strade,
cuocere il pane,
curare chi soffre.
Ecco, ogni azione compiuta
per il bene di tutti è lavoro.
A. Ferrari

Il grillo vagabondo
Sono un grillo pellegrino.
pazzerello e canterino:
vivo libero e giocondo
saltellando per il mondo.
Salto sempre allegramente,
passo a volo ogni torrente,
salto un fosso, un campo, un muro
per cercar grano maturo.
Se non trovo la semente
salto i pasti indifferente,
salto anche il venerdì
un po’ pazzo sono sì.
Non mi piace lavorare
preferisco saltellare;
potrei fare il ballerino,
ma viaggiare è il mio destino;
mi diverte esser cantante,
ma per me, da dilettante.
Canto e salto tutto il giorno
ed a casa mai ritorno:
sono un grillo giramondo,
un eterno vagabondo.
Così vivere mi va,
per goder la libertà.
M. Argilli

L’omino dei gelati
Nel parco pubblico della città
è ricomparso alla fine di maggio
un simpatico e strano personaggio…
(Un uomo o un mago?
Nessuno lo sa!)
In giacca bianca e bottoni dorati
– tondo, rubizzo, giocondo all’aspetto –
spinge pian piano un grazioso carretto
su cui c’è scritto in azzurro “Gelati”.
Quel carrettino! Che grandi sospiri
quando nel parco compie i suoi giri!
I bimbi sognano di poter dire:
“Mi dia un gelato da mille lire!”.
Da quale strana terra incantata
è qui venuto quel caro omino
con le delizie del suo carrettino
fatte di crema e di panna montata?
Forse le fate della montagna
gli dan la neve pei suoi sorbetti:
forse nel regno della cuccagna
a lui, di notte, mille folletti
portan le essenze più dolci e strane
di miele, fragole, menta e banane.
Forse… (bambini sentite me)
del parco pubblico quell’uomo è il re!
Quando si chiudono tutti i cancelli
e buoni dormono bimbi ed uccelli,
sotto un gran platano il nostro ometto
si siede in trono sul suo carretto.
Il venditore di palloncini
a lui s’inchina con riverenza,
gli rende omaggio la diligenza
frenando il trotto dei suoi ciuchini.
E intanto ammiccano, là fra le rose,
le lucciolette lievi e curiose…
Ma chi può dirlo? Nessuno sa
chi sia davvero quel personaggio
ch’è ricomparso alla fine di maggio
nel parco pubblico della città.
V. Ruocco

La vocazione del perdigiorno
Vediamo un po’:
che mestiere farò?
Il meccanico no,
perchè ci si insudicia tutti
e così neri e brutti
e con la faccia scura
si fa brutta figura.
Vediamo un po’:
che mestiere farò?
Il falegname no,
perchè quando seghi di lena
ti fa male la schiena,
e quando pialli
ti vengono i calli.
Vediamo un po’:
che mestiere farò?
Il contadino no
perchè nella terra che è soda
la vanga s’inchioda,
e per bene zappare
bisogna faticare.
Vediamo un po’:
che mestiere farò?
Io proprio non lo so,
il sarto
lo scarto,
il cuoco
può scottarsi col fuoco,
il muratore
può sciogliersi in sudore,
il calzolaio poi non mi va giù
per quel puzzo di cuoio e caucciù,
e piuttosto di fare il parrucchiere
faccio un altro mestiere.
Ecco proprio non so
che mestiere farò.
Che non ci sia davvero
un mestiere leggero
in cui si possa stare
in pace a riposare?
A. Novi

La piccola massaia
Perchè mamma ha da finire
di stirare e di cucire,
dopo il pranzo la bambina
rigoverna la cucina.
Toglie l’acqua dal fornello,
mette i piatti nel mastello.
Poi asciuga le posate
chè non restino macchiate.
Ora mira quel che ha fatto
con il cuore soddisfatto.
Prende il libro e si dispone
a imparare la lezione.
R. Pezzani

Chi lavorò per la casetta?
Vien per primo il muratore:
calce e pietre egli ha portato.
Con che cosa ha lavorato?
Viene avanti un falegname
travi e porte, anche scalini
e finestre ha preparato.
Con che cosa ha lavorato?
Viene il fabbro: chiavistelli,
serrature e infin cancelli
mise a posto e preparò.
Con che cosa lavorò?
Non scordiamo l’imbianchino
e nemmen l’elettricista
e l’idraulico e il giardiniere:
tutti han fatto il loro dovere.
Ed infine dal mattino
la mamma cara e buona
rende linda ognor e gaia
la casetta, che risuona
di tua vita, o mio piccino.
T. Belforti

La macchina per cucire
La macchina cuce ronzando
via, rapida, sempre di più.
La stoffa si ammucchia frusciando,
su e giù vola l’ago, su e giù.
Che bella impuntura perfetta!
Han fatto un grembiule in un’ora:
la macchina allegra che ha fretta
la mamma che canta e lavora.
A. Lugli

La mietitrice
La mietitrice,
in mezzo al biondo grano,
canta e miete
con l’agile mano.
Miete e canta:
“O spighe tutte d’oro,
frutto di terra,
frutto di lavoro!”
Canta e miete:
“O morbidi covoni,
che date i pani
saporiti e buoni
a tutti i bimbi
ricchi e poveretti.
turgidi chicchi
siate benedetti!”
La mietitrice,
in mezzo al grano biondo
mietendo canta:
“Com’è bello il mondo!”

Piccolo pescatore
Lietamente batte l’onda
sulla sponda…
dallo scoglio un bimbo tende
l’amo e attende…
Fanno i pesci: “Oh lo sappiamo!
Quello è un amo”.
Ed al largo van nuotando,
canzonando.
Ma di luce è il cielo, e pare
cielo il mare.
Tutto lieto il bimbo pesca
l’acqua fresca.
L. Schwarz

Filastrocca dei mestieri
C’è chi semina la terra,
c’è chi impara a far la guerra,
chi ripara le auto guaste
e chi sforna gnocchi e paste.
C’è chi vende l’acqua e il vino,
chi ripara il lavandino,
c’è chi pesca nel torrente
e magari prende niente.
C’è chi guida il treno diretto
e chi a casa rifà il letto,
chi nel circo fa capriole
e chi insegna nelle scuole.
C’è chi recita, chi balla
e chi scopa nella stalla.
Così varia è questa vita
che la storia è mai finita.
Gianni Rodari

Per essere contenti
Diceva un’ape: “Ohimè che gran fatica
correr sempre su e giù di fiore in fiore;
d’ogni corolla sugger l’umore!
Di me ben più felice è la formica!…”
Diceva la formica: “Oh, che dannata
vita girare in cerca di alimenti
faticar sempre, vivere di stenti!…
L’ape, certo, è di me più fortunata…”
Da un ramo un uccellino che le udì,
modulò il canto e disse lor così:
“Sorelle, ognuno il suo destino porta
e l’invidia davver non ci conforta.
Un mezzo c’è per vivere contenti:
fare il proprio dover senza lamenti!”
G. Fabiani

Il vigile urbano
Chi è più forte del vigile urbano?
Ferma i tram con una mano,
con un dito, calmo e sereno,
tiene indietro un autotreno;
cento motori scalpitanti
li mette a cuccia alzando i guanti.
Sempre in croce in mezzo al baccano;
chi è più paziente del vigile urbano?
Gianni Rodari

Il mio vigile
Ad un angolo della città
il mio vigile fermo sta
impeccabile ed attento
a sorvegliare il movimento.
I veicoli che vanno
a un suo cenno fermi stanno
e anche i grossi torpedoni
fan la sosta buoni buoni.
E’ assai alto di statura
però a me non fa paura.
Quando gli passo sotto il viso
mi fa perfino un sorriso.
Mamma Serena (I libri del come e del perchè)

L’arrotino
O quell’ometto, con quel carretto,
che giri la ruota in quel vicoletto,
che giri la ruota tutto il dì:
pedali, pedali e sei sempre lì!
Gianni Rodari

Disoccupato
Dove sen va così di buon mattino
quell’uomo al quale m’assomiglio un poco?
Ha gli occhi volti all’interno, la faccia
sì dura e stanca.
Forse cantò coi soldati di un’altra
guerra, che fu la nostra guerra. Zitto
egli sen va, poggiato al suo bastone
e al suo destino,
tra gente che si pigia
in lunghe file alle botteghe vuote.
E suona la cornetta all’aria grigia
dello spazzino.
Umberto Saba

Cose utili
L’incudine e il martello
la lima e lo scalpello,
la pialla e il pialletto,
la lesina e il trincetto,
le forbici e il ditale,
e l’ago e l’agoraio,
la penna e il calamaio,
son per l’uomo cose d’oro
perchè servono al lavoro.
F. Dall’Ongaro

I mestieri
Il falegname dice:
“Io lavoro felice
il pioppo e la betulla.
Fo la madia agli sposi,
al bambino la culla
perchè sogni e riposi”.
Arriva l’arrotino
e si ferma ai cancelli
e chiama il contadino
che gli porta i coltelli,
le forbici, le scuri.
Tutti quei ferri oscuri,
invecchiati nei campi,
ora mandano lampi.
Il contadino dice
al bove che l’aiuta
e faticando tace:
“La stagione è venuta;
dobbiamo arar la terra”…
Com’è bella la pace!
Com’è brutta la guerra!
R. Pezzani

Il lavoro
I piccoli animali
fanno tutti un mestiere:
fanno il fabbro e l’artiere,
son sarti e manovali.
Il ragno tessitore
rifabbrica la tela,
che somiglia a una vela
su un mare di splendore.
La rana che si liscia
all’orlo del fossato
sta in guardia dall’agguato
che le tende la biscia.
Lo scarabeo al cantiere
rotola una pallina:
così come cammina
somiglia a un carrettiere.
E, se senti un scricchio,
e un passo nel fogliame:
se senti un falegname
che batte e pialla, è il picchio.
C’è tutto un gran fervore
c’è tutto un gran da fare:
perchè chi vuol mangiare
bisogna che lavori.
G. Porto

Il ferro
Come canta, stamattina,
il martello tuo, fuciina.
Il sagrato ne è percosso,
anche il cielo si fa rosso.
Con la cresta di corallo
l’accompagna, adesso, il gallo;
e anche il bue manda un muggito,
che da poco poco è uscito,
e il bifolco l’aia spazza
e si leva la ragazza.
S’è svegliata, già vestita,
la farfalla colorita
e risale sopra il coppo
del camino, poi sul pioppo.
La piazzetta tutta suona
e di stelle si incorona.
Rosso è il ferro come il cielo:
ecco, ha fatto fiore e stelo.
Lina Carpanini

Bellezza e lavoro
Disse l’ape alla farfalla:
Io t’invidio, o mia sorella:
tu sei libera, sei bella,
voli amabile tra i fiori;
mentre io son condannata
tutti i giorni ai miei lavori”.
Ma la vaga farfallina
le rispose assai gentile:
“Non aver, mia cara, a dire
più al lavor che alla beltà.
A te il miele; a me che resta
quando il verno tornerà?”
A. Alfani

I due vomeri
Un dì d’autunno un vomere
fattosi per lungo ozio rugginoso,
vide il fratel tornarsene
dai campi luminoso,
e domandò curioso:
“Sopra la stessa incudine
fatti, e d’un solo acciaio,
io son pieno di ruggine,
tu sì pulito e gaio:
chi mai ti ha fatto così bello?”
“Il lavoro, caro fratello!”.
C. Betteloni

Nel giardino
Nel bel giardino, sotto il sole d’oro,
un ragno tesse la sua tela fina
fra stelo e stelo; alla sua casettina
porta un chicco di grano, la formica.
Un’ape succhia il nettare di un fiore,
e, con voli felici, il suo nidietto,
fa un passero canoro sotto il tetto.
Una gallina insegna ai suoi pulcini
come si becca… Ognuno ha il suo lavoro
nel bel giardino, sotto il sole d’oro.
C. Betteloni

Il pastorello e il marinaio
Il pastorello guarda
l’immenso azzurro mare
e pensa: “Se potessi
io pure navigare
verso i lidi infiorati
d’eterna primavera,
correre sopra l’onde,
lottar con la bufera!”
Il marinaio guarda
la collina fiorita,
pensa: “Lassù fra il verde,
com’è bella la vita!
Lungi dalle tempeste,
nella casetta sola,
dove l’amor riunisce
la lieta famigliola”.
Dalla collina al mare
soffia leggero il vento,
e pensa: “Del suo stato
nessun uomo è contento”.
A. Tedeschi

Il tesoro
Quanto a tesori, un’altra se ne narra:
c’era una volta un vecchio contadino
che aveva il suo campetto e la sua marra
e tre figlioli. Giunto al lumicino
volle i suoi tre figlioli accanto al letto.
“Ragazzi” disse “vado al mio destino
ma vi lascio un tesoro, è nel campetto…”
e non potè più dir altro, o non volle.
A mente i figli tennero il suo detto.
Quando fu morto, quelli il piano, il colle
vangano, vangano, vangano invano
voltano al sole e tritano le zolle
niente! Ma nel raccolto, quando il grano
vinse i granai, lo videro il tesoro
che aveva detto il vecchio: era in lor mano.
Era la vanga dalla punta d’oro.
G. Pascoli

I seminatori
Van per il campo i validi garzoni
guidando i vuoi dalla pacata faccia
e, dietro quelli, fumiga la traccia
del ferro aperta alle seminagioni.
Poi, con un largo gesto delle braccia
spargon gli adulti la semenza, e i buoni
vecchi, levando al cielo le orazioni
pensa a frutti opulenti, se a Dio piaccia.
Quasi una pia riconoscenza umana
oggi onora la terra! Nel modesto
lume del sole, al vespero, il nivale
tempio di monti innalzasi, una piana
canzon levano gli uomini, e nel gesto
hanno una maestà sacerdotale.
G. D’Annunzio

Il pane
Il mulin, rombando, il grano
frange in candida farina
il fornaio la raffina
staccia, intride, a mano a mano;
cuoce poi nel forno ardente
gli odorosi bianchi pani
e li porge alle tue mani
oh, mio piccolo ridente.
V. Brocchi

Evviva ogni lavoro
La farfalletta vola
i bimbi vanno a scuola
il gatto fa le fusa
se sbaglio chiedo scusa.
La rondine è sul tetto
il cappellino metto
buongiorno buonasera
saluto anche una pera.
Grazie, per favore,
sorrido con amore
il cavalier cavalca
chi pesca è sulla barca.
Il pane fa il fornaio
tra i fiori sta il fioraio
fa i conti il ragioniere
le aiuole il giardiniere.
Fa gli abiti la sarta
e c’è chi vende la carta.
Cantiamo tutti in coro:
“Evviva ogni lavoro!”

Il minatore
Sempre giù nei regni oscuri
batto batto col piccone
ed al grembo della terra
strappo i blocchi di carbone.
Giù nel cuore della terra
nero nero e impolverato
compio lieto il mio lavoro
che parrebbe tanto ingrato.
Il bel sole non mi scalda
non mi allieta col suo raggio
ma nel cuore ho un altro sole
che ravviva il mio coraggio.
“Batti” dico “minatore
tutto il mondo è rallegrato
se riceve il buon calore
che il tuo braccio ha preparato”.
E la terra ti sorride
se la liberi dai doni
da millenni custoditi
per i figli tristi e buoni.
E. Minoia

Il ciabattino
Tira, tira, ciabattino
il tuo filo, ch’è impeciato
sarà lieto il fanciullino
che la scarpa hai risuolato;
sempre curvo sul bischetto
batti il cuoio col martello
poi lo tagli col trincetto
e lo rendi liscio e bello.
Suole e tacchi, canticchiando,
tu ripari attentamente
e i bambini, saltellando,
te li rompon nuovamente.
Taglia, impecia, tira, batti
fino a sera senza posa
ma i lavori saran fatti
e sereno poi riposa.
I piedini affonderanno
nella neve, asciutti asciutti,
ed un grazie ti diranno
di gran cuore, i bimbi tutti.
E. Minoia

Canzone del cuoco
Cuoco cuoco
cuoci un poco
nel tuo forno
grande e tondo
il buon pane
dall’odore
che rallegra
il nostro cuore.

Calzolaio
Io sono l’ometto
che fa il calzolaio
seduto al deschetto
lavoro e son gaio.
Se avete una scarpa
che è rotta e non va
portatela subito
portatela qua.

Il lavoro
Scuote la mamma
i panni al sole
spuntan già
le prime viole.
Batte il cuoio
il ciabattino
nel suo buio
sgabuzzino.
Zappa il babbo
la sua aiuola
mentre il bimbo
corre a scuola.

Falciatura
Taglia falce
spoglia il prato
dell’erbetta
che ci ha dato.
Presto un mato
indosserà
che più bello
ancor sarà.
Di fioretti
tempestato
e di aromi
profumato.
Taglia falce
su, t’affretta
già la mucca:
l’erba aspetta.
E la terra
liberata
della messe
che ci ha data,
lenta esala
sopra il prato
il respiro
suo beato.
E. Minoia

Semina
Nel silenzio del mattino
getta il chicco il contadino
getta il chicco, getta getta
alla terra che lo aspetta.
Gli gnometti nel profondo
si rallegran per il mondo
getta il chicco, getta getta
alla terra che lo aspetta.
Guarda il ciel benedicente
il cader della semente
getta il chicco, getta getta,
la semente è benedetta.

Il contadino
Porta sull’ampie spalle il suo fardello.
la zappa luccicante ed il piccone,
cammina fischiettando una canzone
mentre lo bacia in fronte il sol novello.
Sorride alla campagna circostante,
che lo vide ogni giorno alla stess’ora,
saluta con lo sguardo le sue piante
e il fertile terreno che l’onora.
Poi si accinge al lavoro con fermezza,
senza indolenze, senza un sol lamento:
passa tra l’erbe sussurrando il vento
che scompiglia i capelli e li accarezza.
A mezzogiorno, smette di zappare
per la parca, affrettata colazione;
poi ricomincia sotto il solleone
con maggiore entusiasmo a lavorare.
Finchè viene la sera… O contadino,
io t’ammiro e ti guardo con rispetto,
mi piace il fare tuo sincero e schietto,
che non conosce l’ozio cittadino.
R. Rippo

Gli attrezzi del contadino
Io son la zappa buona a dissodare
i terreni più duri e più sassosi;
l’erbacce e le radici so estirpare
e i luoghi incolti rendere ubertosi.
Ed io sono il rastrel dai forti denti
che rompon e sminuzzano il terreno,
ricoprono le piccole sementi
e, se tu vuoi, radunano il buon fieno.
E siamo noi le forbici e i coltelli
per ben potare e far gli innesti belli:
falci e falcetti siamo per segare
l’erba fiorita o il gran da macinare.
Sono l’aratro pio, grande e possente,
che col vomere smuovo il suol profondo,
che apro il diritto solco alla semente
del granoturco e del frumento biondo.
A. Cuman Pertile

Il lavoro
Lavoro, miei bimbi, sapete
che cosa vuol dire?
Guardatevi attorno: tutto il mondo
lavora.
Lavoro è zappare la terra
battere il martello nella buia bottega,
guidare i treni veloci,
partire e tornare pei cieli;
lavoro è pulire le strade,
cuocere il pane,
curare chi soffre.
Ecco: ogni azione compiuta
per il bene di tutti è lavoro.
Nel lavoro ognuno trova
la gioia;
e sol chi lavora è felice.
A. Ferrari

L’ape, la formica e il baco
Su un gelso s’incontrò un baco da seta
intento a mangiucchiare
le ghiotte foglie, con la vecchia amica
l’ape, in cerca di miele e la formica
affaccendata sempre ed irrequieta.
“Quanto, quanto daffare!”
diceva l’ape, “Ho tanto miele e cera
ancora da recare all’alveare
del mio vecchio padrone!
Ma godo sol pensando a quanto ghiotto
miele pei suoi piccini avrò prodotto”.
“E io qui sto facendo indigestione,”
soggiunse il bravo baco,
“per rendere più liete
le donne, con le mie lucenti sete.
Ma tu, cara formica,
che sempre intorno vai
con sì lunga fatica,
agli uomini che utile tu dai?”
E la formica: “Ciò che offro loro
è meglio di un tesoro:
l’esempio del lavoro.”
Favolello

Speranza dell’emigrante
Prende un sacco, bacia la terra,
va lontano e non va alla guerra.
Porta il picco come una croce
se parla, il pianto gl’incrina la voce.
Rottame vivo di beni distrutti
ha sulla faccia il bacio di tutti,
che, lui pensando, raccolti ogni sera,
musicheranno miseria e preghiera.
Grande è la terra, più grande il mare:
Dio solo sa se potrà ritornare
a rivedere suo figlio, perchè
in mezzo al mare una strada non c’è.
Solo il dolore egli avrà per compagno
e nella tasca di duro fustagno,
dentro la tasca più fonda e segreta,
la chiave nera e la poca moneta.
Con quella chiave egli vuole partire.
Senza speranza che vuole morire.
Chissà che un giorno approdando un naviglio
ritroverebbe, cresciuto, suo figlio
e la sua piccola donna nei bui
silenzi, desta, che prega per lui.
R. Pezzani

Pizzicheria
“Ettogrammo, chilo, mezzochilo,
cacio, burro, prosciutto, salame,
acciughe, salacche, baccalà…”
Sono voci del gergo
si questo virtuoso reame.
“Mi serve o non mi serve?
Ho tanta fretta!”
“Aspetti…”
“Mi dia retta.
Venga qua”.
S’infuria una servetta,
una s’acquieta.
“Il solito formaggio
ma con poca corteccia”.
E una sicura mano
apre una breccia nel parmigiano.
Molla e tira, tira e molla,
poca corteccia e di molta midolla.
Aver fretta ed aspettare,
pesare, tagliare, affettare,
entrare, andar via,
sono le note costanti
della quotidiana sinfonia
in una antica pizzicheria…
A. Palazzeschi

Tutti lavorano
Dice il cane:
io guardo la casa.
Dice il gatto:
io acchiappo i topi.
Dice il bue:
io tiro il carro.
Dice la gallina:
io faccio le uova.
Dice la mucca:
io do il latte.
Dice la pecora:
io do la lana.
Dicono gli uccelli:
noi cantiamo e facciamo festa a tutti.
Dice il bambino:
io gioco e vado a scuola.
M. Ciliberti

Ode al muratore tranquillo
Il muratore
dispose
i mattoni.
Mescolò la calce, lavorò
con la sabbia.
Senza fretta, senza parole,
fece i suoi moviemtni
erigendo la scala
livellando il cemento.
Lento andava e veniva
nel suo lavoro
e dalla sua mano
la materia cresceva.
La calce coprì i muri
un pilastro levò in alto
la sua nobiltà
e il tetto
frenò la furia
del sole esasperato.
Sa un punto all’altro
andava
con mani tranquille il muratore
rimovendo materiali.
E alla fine
della settimana,
i pilastri,
l’arco,
figli della calce, della sabbia,
della saggezza e delle mani
inaugurarono la semplice saggezza
e la frescura.
Pablo Neruda.

Nostro lavoro quotidiano

Se tu lavori
con la gioia nel cuore,
il lavoro non pesa.
se tu pensi
che il tuo lavoro
è un granello di sabbia che si aggiunge
a tutto il lavoro del mondo,
anche il lavoro più duro
è leggero.
Se tu pensi che l’ape
lavora, l’uccello lavora,
ogni essere del mondo
lavora,
tu ti senti creatura
del mondo in perfetta
armonia col creato. (A. Rosi)

Il più bel giorno

S’io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
così grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumato
come le viole.
Un pane così
verrebbero a mangiarlo
dall’India e dal Chili
i poveri, i bambini,
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia! (G. Rodari)

Il falegname

La pialla mormora, stride la sega
del falegname nella bottega,
spesso il martello picchia sonoro
e senza posa ferve il lavoro.
Il buon artiere non è mai stanco;
eh, quanti arnesi tiene sul banco:
lime, tenaglie, torni, succhielli!
E sceglie e adopera or questi or quelli.
I grossi tronchi prima recide,
indi paziente leviga, incide,
trafora il legno con precisione
e mille oggetti poi ne compone.
Ne fa balocchi, gabbie, utensili,
tavole e sedie rozze e gentili.

Il pastore

Sopra l’erbetta tenera
sta un pastorello assiso,
e il gregge suo che pascola
guarda con lieto viso.
A lui d’accanto mormora
il ruscelletto lieve,
quegli dell’acqua limpida
placidamente beve.
Quand’ecco vede sorgere
nube nel cielo oscura,
che in breve tempo ingombralo
e ispira a ognun paura. (G. Leopardi)

La bottega del fabbro

Dall’alba a sera, di settimana
in settimana, sopra l’incudine
come i rintocchi di una campana
suonano i tocchi del martel rude;
sulle stridenti braci il ventoso
mantice anela senza riposo.
I fanciulletti, che dalla scuola
tornano, all’uscio fermano il passo
e contemplando senza parola
stanno il martello, che or alto or basso
fuor della soglia correre a milla,
come la pula, fa le scintille. (G. Zanella)

Seminatore

Con gesto largo dell’esperta mano,
o contadino, semini il frumento,
sai che la terra non promette invano
e il viso hai serio e l’animo contento.
Sembra che brilli, nel suo volo, il grano
come se al sole lo spargesse il vento.
La bruna terra ride al colle, al piano,
ed ogni chicco te ne darà cento. (F. Socciarelli)

L’arrotino

Arriva l’arrotino
e si ferma ai cancelli
e chiama il contadino
che gli porti  i coltelli,
le forbici, le scuri.
Tutti quei ferri oscuri
invecchiati nei campi
ora mandano lampi. (R. Pezzani)

I pescatori notturni

Vengono al mar quando la luna accende
per gli spazi tranquilli il mesto vel;
vengono al mar quando la nebbia stende
le bianche braccia e lo congiunge al ciel;
portan la vela lacerata ai venti,
come stendardo che in battaglia errò;
portano remi e canapi stridenti,
che il nerbo delle braccia affaticò;
e sulla tolda silenziosa e bruna
restan le lunghe notti ad aspettar,
ad aspettar sotto la fredda luna
che il pan dell’indomani apporti il mar. (E. Praga)

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Poesie per la festa della mamma

Poesie per la festa della mamma – una raccolta di poesie e filastrocche per la festa della mamma, di autori vari, adatte a bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Ti voglio bene
Ti voglio bene, mamma… come il mare!
Non basta: come il cielo! No, più ancora.
Mamma, ci penso già quasi da un’ora,
eppure quel nome non lo so trovare.
So che quando torno dalla scuola
i gradini li faccio a rompicollo,
per l’impazienza di saltarti al collo
e il cuoricino, puf, mi balza in gola.
Ti voglio bene quando sei vicina
e quando non ci sei: quando mi abbracci.
Ti voglio bene anche se mi fai gli occhiacci.
Ti voglio bene sempre, sai, mammina?     L. Santucci

Il mazzo di fiori
Tre garofani, due rose,
sei viole del pensiero,
cinque bianche tuberose:
un bel mazzo per davvero!
Carlo porta i fiori in dono
alla mamma: quanti sono?

Proprio quella
Chiede Lilì: “Ma dimmi, babbo mio,
come hai potuto indovinar da te,
proprio la mamma che volevo io,
proprio la mamma che va ben per me?” L. Schwarz

Fiori per la mamma
Io raccolgo roselline,
tu ranuncoli dorati
tu narcisi e pratoline
sulle rive e in mezzo ai prati.
Oh mammina, tanti fiori
raccogliamo, sai perchè?
Per l’aroma? Pei colori?
Per donarli tutti a te. D. A. Rebucci

Mamma
Quando l’ombra discende sonnolenta,
mamma, mi piace di sentir la mano
tua, che carezza i miei capelli, lenta;
sentir la voce tua che parla piano;
posar la testa sopra i tuoi ginocchi!
E quando chini il viso sul mio viso,
tutta la luce, mamma, è nei tuoi occhi,
nel tuo sereno e limpido sorriso;
e una gran pace scendo in me così,
null’altro desiderio il cuor m’infiamma,
e la gioia del mondo è tutta qui,
nella tua mano che mi sfiora, mamma!  Zietta Liù

Il bimbo e la mamma
Mammina, quante
dolci piccole stelle!
Ma le piante
sono come belve
accovacciate! Un’ombra si muove
piano, piano…
dove sei, mamma!
Prendimi per mano.
Un passo leggero
ci segue. Uno sconosciuto nero
muove le fronde…
Si nasconde
come per farci spavento!
E’ il vento.
Non è vero, mammina? E’ il vento.
Le stelle sono lontane lontane…
Sembrano carovane
sperdute nell’oscurità…
E si cercano invano!
Di là dalle stelle, che ci sarà?
Mammina, prendimi per mano. (U. Betti)

Alla mamma
Mamma, per la tua festa
io ti offro
una cesta di baci
e un cestino di stelle.
Ti offro un cestino di fiori
su cui posare la testa
quando sei stanca;
una fontana di perle lucenti
color della luna,
una ghirlanda di rose
e una montagna
di cose gentili
un cuore tanto piccino
e un amore grande così:
mamma per questo dì. L. Nason

La mamma
Che cos’è la mamma?
Oh, bambino,
tu vuoi saperlo cos’è?
Qualcosa di grande! Benchè
il tuo cuoricino
sia piccino piccino
la mamma dentro ci sta!
La mamma è lo stesso
del tuo cuore
che soffre per te
che vive soltanto perchè
tu vivi, suo tenero fiore! C. Pagani

Gli occhi della mamma
Se mi soffermo a guardare
negli occhi la mia mamma
vi scorgo uno stagno incantato.
Attorno s’innalzano gli alberi
e un’isola un poco confusa
circondan le limpide acque.
Potessi io volger la prua
della mia povera barca
verso quelle acque silenti!
I pesci più rari vi nuotano
e uccelli preziosi sugli alberi
dell’isola a me tanto cara
innalzano canti di giubilo.
Se mi soffermo a guardare
negli occhi della mia mamma
vi scorgo uno stagno incantato. Poesia popolare giapponese

Per la mamma
Filastrocca delle parole:
si faccia avanti chi ne vuole.
Di parole ho la testa piena,
con dentro “la luna” e “la balena”.
Ma le più belle che ho nel cuore,
le sento battere: “mamma”, “amore”. Gianni Rodari

Favola e sogno
Oh, la brina degli anni sui capelli!
E’ scesa lenta
e d’improvviso
è sera.
Ma nel crepuscolo ancora
l’anima ad una qualche favola s’indora
dolcemente.
Un navicello antico scivolando
su meraviglie d’acque
nel mattino
mi porta ad un’isola verde
ove sotto platani frondosi
in riva a un quieto lago
sorridono le madri:
la mia con gli occhi andalusi,
giovane come nel tempo ch’era appena fanciulla.
Non parla,
tra le braccia mi stringe al seno:
e l’aria m’avvolge
d’un canto invisibile d’uccelli
tra i rami
in mutevoli voli
dentro le folte fronde.
Oh, la brina degli anni sui capelli!
Ma io come un bambino stordito
cerco mia madre
e può ricondurmi da lei
qualche favola bella
che l’anima indora. C. Saggio

Ti voglio tanto bene
Ho pregato un poeta
di farmi una poesia
con molti auguri per te,
mammina mia;
ma il poeta ha risposto
che il verso non gli viene;
così ti dico solo:
ti voglio bene! L.Schwarz

Mamma cangura
Quale mamma si cura
del suo piccolino
più della cangura?
Anziché in passeggino
in giro lo porta
in una sorta di sporta
fatta di pelle
senza manici nè bretelle
senza cinghie nè tracolla,
e come una molla
spicca salti
lunghi e alti
mentre il suo cuccioletto
sta comodo come a letto…

Auguri mamma
Se io fossi, mamma, un uccellino
che vola nel cielo profondo
vorrei offrirti il mio canto
più dolce, soave, giocondo.
Se io fossi, mamma, una stella
che brilla nel bruno firmamento
con more e baci a cento a cento.
Ma essendo solo un bambino
e non avendo che il cuore,
ti voglio stare vicino
per dirti tutto il mio amore.

L’amore per la mamma
Mammina, mia dolce, mia cara mammina,
vuoi conoscere l’amore della tua bambina?
Il mio amore per te è lungo come una strada
che non finisce, non finisce mai,
e più cammini, più lontano vai,
non termina l’amore e non si chiude la strada. M. Remiddi

Ho fatto un mazzolino
Ho fatto un mazzolino
coi fiori del giardino
li ho colti stamattina
insieme col papà,
sono i fiori per la tua festa,
cara mamma eccoli qua:
una rosa perché ti voglio bene,
una viola perché sarò ubbidiente,
un papavero non so perché
un non ti scordar di me.
Un mughetto insieme
a un gelsomino
da quest’oggi sarò sempre
più buono
una primula vuol dire che
il primo pensiero sei per me!
Qualche ciclamino perché
dimentichi che sono birichino,
un girasole, una margherita,
perché tu sei il sole della vita!
Una rosa perché ti voglio bene
una viola perché sarò ubbidiente,
un garofano, una pansé
e tutto l’amore che c’è in me!

La mamma viene
Alla finestra
sono affaccendati insieme tre piccini.
tre fratelli.
E guardano ansiosi per la via
fra muri e siepi, così bianca e lunga,
se alfine giunge chi tarda: se giunga
la mamma, che ha promesso, andando via,
di tornare presto con le mani piene.
“Mamma! La mamma viene!”
scoppia dalle tre gole un solo grido.
E’ spuntato, là in fondo, il caro viso
di mamma, che già guarda alla finestra,
agitando un involto con la destra.
E s’affretta, s’affretta… Ecco, è vicina
e già saluta col soave riso
i bimbi ch’ella adora
ed ha lasciato triste la mattina,
lavorando di lena tutto il giorno
sol per quest’ora dolce del ritorno. D. Garoglio

Festa per la mamma
Mamma, per la tua festa
avevo preparato
un fiore di cartapesta:
gambo verde, petali rosa
vedessi mamma che bella rosa!
Ma per la strada il fiore è caduto,
o forse sull’autobus l’ho perduto.
Che pasticcio, mammina mia,
avevo imparato la poesia:
la poesia non la so più,
ora che faccio, dimmelo tu.
Posso offrirti un altro fiore
quello che nasce nel mio cuore.
Posso dirti un’altra poesia:
Ti voglio bene, mammina mia.

Per la mamma
La mia preghiera ascolta
angelo dolce e pio,
tu che in cielo ogni volta
puoi parlare con Dio.
Digli che sono piccino,
che la mia mamma adoro,
che sono birichino
ma sono il suo tesoro.
Digli che sarò buono,
che a lui mi raccomando
e che nessun bel dono
per questo gli domando. I. Alliaud

Augurio alla mamma
Quando ti levi splenda il sole
cantino gli uccellini.
Quando sfaccendi in ogni stanza
ci sia un lume di speranza.
Se accarezzi i tuoi bambini
siano un mazzetto di fresche viole;
se rammendi, se dipani
benedette le tue mani.
Se riposi a tarda sera
nel giardino della preghiera
ti sia lampada una stella,
la più chiara, la più bella.
E la notte, quando chiudi
gli occhi e al sonno ti abbandoni,
venga l’angelo a piedi nudi,
e di sogni t’incoroni. A. Rebucci

Ha detto mamma
Venite anche voi l’udrete:
ha detto proprio bene
“Mamma!” il mio uccellino;
l’ha detto, ve ne assicuro!
Voi sorridete incredule
e pensate che io vi inganni
ma no, egli l’ha detto
poco fa, distintamente.
Ma ora perchè mai
si ostina a restar muto
mentre vi chiamo
per farvelo sentire?
“Mamma” su dilla
ripeti la parola meravigliosa;
su, mio piccolo, parla,
altrimenti mi derideranno
rideranno di me.
E diranno che tua madre
ha sognato di ufire quello
che tu pure dici così bene!
Ah! Perchè taci?
E’ dunque una grazia
che tu fai solo a tua madre
il dirmi “mamma” distintamente? Anonimo del Congo

Che cosa è una mamma
Una mamma è come un albero grande
che tutti i suoi frutti ti dà:
per quanti gliene domandi,
sempre uno ne troverà.
Ti dà il frutto, il fiore, la foglia,
per te di tutto si spoglia:
anche i rami si taglierà.
Una mamma è come un albero grande.
Una mamma è come il mare.
Non c’è tesori che non nasconda.
Continuamente con l’onda
ti culla e ti viene a baciare.
Con la ferita più profonda
non potrai farla sanguinare.
Una mamma è come il mare.
Una mamma è questo mistero.
Tutto comprende, tutto perdona,
tutto soffre, tutto dona,
non coglie fiore per la sua corona.
Puoi passare da lei come straniero
poi calpestarla in tutta la persona:
ti dirà: buon cammino, bel cavaliero!
Una mamma è questo mistero. F. Pastonchi

La festa della mamma
O mamma, ti vo’ far la serenata
e ti dirò che un angelo tu sei,
donato dal Signore ai giorni miei.
Con i fiori più rari, una corona
voglio intrecciarti, mia mammina buona,
e al sole vo’ rubare i raggi belli,
per farne un serto per i tuoi capelli.
Ti donerò ogni giorno tanto amore
e specialmente se ti piange il cuore;
il cielo pregherò perchè tu viva
tanti e tant’anni, sempre più giuliva;
giuliva di vedere i figli tuoi
sempre più buoni, come tu li vuoi. T. Romei Correggi

L’infinito amore
E’ grande il cielo, e riluce di stelle,
è grande il mare e in fondo ha le sue perle,
è grande il mondo e in seno ha una gran fiamma
che brucia dentro il cuore d’ogni mamma;
e questa fiamma il suo cuore s’affina,
e la sublima, la rende divina:
le fa scordare le sue pene amare,
se un bimbo le sta in grembo a trastullare.
O amor di mamma! O nome tutto santo!
Commuovi il cuore da venirne il pianto! C. Di Bella

Essere re
Ti piacerebbe essere re
con un bel cavallo bianco
una spada d’oro al fianco,
un castello tutto per te?
Aver dietro scudieri armati,
così bene allineati
che uno ne vedi ma cento ce n’è.
Avere in tasca cento fiorini
che tutto il mondo si può comperare
quanto è la terra e quanto è il mare
e montagne, città, giardini.
Ma non avere la mamma con te
che dentro gli occhi ti cerca il cuore.
Avere tutto , meno il suo amore.
Ti piacerebbe essere re? R. Pezzani

Mamma
Ho pregato un poeta di farmi una poesia
con molti auguri per te,
mammina mia,
ma il poeta ha risposto
che il verso non gli viene
così ti dico solo:
“Ti voglio tanto bene!” Lina Schwarz

Madre
La parola più bella sulle labbra del genere umano è madre
e la più bella invocazione è “madre mia”.
E’ la fonte dell’amore, della misericordia,
della comprensione, del perdono.
Ogni cosa in natura parla della madre
la stella sole è madre della terra
e le dà il suo nutrimento di calore;
non lascia mai l’universo nella sera
finchè non abbia coricato la terra
al suono del mare e al canto melodioso
degli uccelli e delle acque correnti.
E questa terra è madre degli alberi e dei fiori.
Li produce, li alleva e li svezza.
Alberi e fiori diventano
madri tenere dei loro grandi frutti e semi.
La parola “madre” è nascosta nel cuore
e sale sulle labbra
nei momenti di dolore e di felicità,
come il profumo sale dal cuore della rosa
e si mescola
all’aria chiara e all’aria nuvolosa. Kalil Gibran

Madre
Io credo senza incertezza
e affermo che per le tue preghiere,
madre,
Dio mi ha concesso l’intenzione
di non proporre,
non volere, non pensare,
non amare altro
che il raggiungimento della verità. Sant’Agostino

Mamma
Quando l’aurora desta
sotto il limpido cielo mattutino,
ad uno ad uno tutti i campanili,
e sopra il tuo balcone è già una festa
di lunghi trilli, di squittii, di gridi,
tu sogni Cappuccetto, che il cammino
perso ha nel cuore della gran foresta,
o Pinocchio che sfugge agli assassini.
Ma la mamma ti bacia sui capelli,
e il lupo fugge, cadono i briganti,
compaiono le fate
coi principi a cavallo entro castelli
dalle torri incantate,
cantano al bosco, dentro argentei nidi
sospesi sopra limpidi ruscelli,
uccelli tutti d’oro sfolgoranti;
e, sotto i cigli chiusi, tu sorridi. V. Bosari

Stornellata alla mamma
Fior di gaggia…
E’ bello il sol nella gran luce sua.
Più bello è il viso della mamma mia.
Fior di piselli…
Occhieggiano i bei fior su monti e valli;
ma gli occhi della mamma son più belli.
Fior d’amaranto…
Cantar per l’aria gli uccellini sento;
ma assai più dolce è della mamma il canto.
Fiore che olezza…
Zeffiro lieve carezzando passa;
ma più lieve di mamma è la carezza.
Fiore d’acanto…
Se una pena nel cor pungere sento,
corro da mamma; e si rasciuga il pianto.
Ginestre d’oro…
Nè ricchezze nè beni in terra spero:
mi basta il cor di mamma: è il mio tesoro. B. Fosi

Finestra illuminata
Forse è una buona vedova… Quand’ella
facea l’imbastitura e il soprammano,
venne il suo bimbo e chiese la novella.
Venne ai suoi piedi, ella contò del topo,
del mago… Alla costura, egli , pian piano,
l’ultima volta le sussurrò: “Dopo?”
Dopo tanto c’è sempre qualche occhiello.
Il topo è morto, s’è smarrito il mago.
Il bimbo dorme sopra lo sgabello,
tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago. G. Pascoli

Mia madre
Non sempre il tempo la beltà cancella,
o la sfioran le lacrime e gli affanni;
mia madre ha sessant’anni
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un accento, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il cuore;
ah, se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso…
Ma, se fosse un mio prego in cielo accolto,
non chiederei del gran pittor d’Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto:
vorrei poter cambiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio e lei,
dal sacrificio mio, ringiovanita. E. De Amicis

La mamma
Anche povera come l’uccello
che, fuor del nido, nulla possiede,
sempre la mamma ha cuore da dare
chè suo figlio non abbia a penare.
Sempre la mamma è il fiore odoroso
che tutto intorno riempie di sè,
anche se sta lontano da te
col suo pensiero ti vive accanto.
Splende il suo cuore come una stella,
vive il suo amore come una fonte:
alla sua acqua riprendi lena,
alla sua luce rischiari la fronte.
Tu ti nascondi, ma lei ti vede;
tu non le parli, ma lei t’intende;
sulla tua soglia sempre si siede;
pena le dai e letizia ti rende.
Come albero che goccia nel sole
rivestito di subito incanto,
se tu le dici dolci parole
diventa luce pure il suo pianto. I.Drago

Mamma
La casa senza mamma
è un fuoco senza fiamma,
un prato senza viole,
un cielo senza sole.
Dove la mamma c’è
il bimbo è un vero re,
la bimba reginella
la casa tanto bella. R. Pezzani

La mamma
Sul paesino bianco bianco
scende la notte scura scura,
ma il cuor piccino non ha paura
anzi è preso da un dolce incanto.
Che cos’ha per compagnia
la piazzetta solitaria?
Ha la fontana che sempre varia
la sua canzone di fantasia.
E l’alberella che par morta
senza un fremito di volo?
L’alberella ha l’usignolo
che col suo piangere la conforta.
E nella casa che s’empie già
d’uno stuolo vago e leggero
d’ombre vestite di mistero,
il bambino felice cos’ha?
Il bambino ha la sua mamma
ce gli fa nido con le sue braccia,
che se lo stringe guancia a guancia
e gli canta la ninna nanna. D. Valeri

Cantilena della mamma per il bimbo malato
Non piangere, uccellino azzurro
venuto d’oltre mare tra il sussurro
delle palme di Barberia,
viticcio della vita mia,
buono come la mandorla nel guscio,
gentile come il cucciolo sull’uscio,
dolce come la mora della siepe,
bello come la stella del presepe:
non piangere per amore
della mamma tua:
manderemo via la bua. A. S. Novaro

La tua mamma
La tua mamma vien ridendo,
vien ridendo alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Il suo vivo e rosso cuore,
e lo colloca ai tuoi piedi
con in mezzo, ritto, un fiore:
ma tu dormi e non lo vedi. A. S. Novaro

La tua villa, mamma!
Perchè tu mi dici
che sei stanca,
io ti faccio,
per il tuo riposo,
una piccola villa
sulla riva del mare.
Esiguo è questo foglio,
non più grande del palmo
d’una tenera mano.
Pure ha spazio che basta.
E qui metto la strada
con la siepe e le more,
e qui metto le aiuole,
e qui con un fruscio
di timidi piedini,
i pioppi e il viale.
E qui metto, sul mare,
il dolce girotondo
di quattro finestre
di quattro sorelle
vestite di verde.
E un tetto di rose.
E un grido di gioia.
Ci metto l’amaca
che dondola lenta,
ci metto una tenda,
ci metto i tuoi fiori,
ci metto il mio cuore.
Riposati. E’ tua. V. Malpassuti

La mamma
Se un bimbetto fa un capitombolo,
se brucia il ditino sulla fiamma,
chi chiama subito subito?
La mamma, sempre la mamma!
E la mamma è lì che consola,
che conforta, che consiglia,
con un bacio, una parola. B. Brusoni

Serenata
Dormi se dormir ti piace,
o ricciolin di spuma,
dormi nella tua piuma.
C’è chi per te si impegna
per darti pace
e fila e cuce
per darti luce.
Dormi se dormir ti piace.
Se vedessi quante stelline
picchiano alle tue finestrelle,
a sette a sette per vederti dormire
nel tuo lettin di gigli
per vedere i tuoi cigli
che fanno ombra alle guance rotondelle!
Se vedessi quanti stelline! F. Pastonchi

La veste nuova
Voglio farti una vestina
di lanetta e cotonina
che nessuno ce l’avrà.
Ma per fare economia
taglierò una veste mia
che nessuno lo saprà.
Non ho l’ago, nè il cotone.
Per cucirla una canzone
la tua mamma canterà
taglia e cuci si fa sera.
Per vederci una preghiera
sul mio labbro splenderà.
Ecco fatta. E domattina
sembrerai una regina.
Oh! La mia felicità, R. Pezzani

Alla mamma
Mamma, per la tua festa
io ti offro una cesta
di baci
e un cestino di stelle.
Ti offro un cuscino di fiori,
su cui posare la testa
quando sei stanca,
un cuore tanto piccino
e un amore grande così,
mamma, per questo dì. Luisa Nason

Alla mamma
Non vo’ vederti più sera e mattina
pensare agli altri e non pensare a te:
non la vo’ più veder la mia mammina
vegliar la notte e lavorar per me.
Voglio comprare una casina bianca
piena di sole e piena d’allegria,
e là ti condurrò quando sei stanca,
là ti riposerai, mammina mia. R. Fucini

Mamma
Chi dice mamma dice paradiso,
luce del cuore, tenerezza, incanto!
E’ sempre della mamma dolce il viso,
e nel suo bacio, benedetto e santo,
sta chiusa dell’amor tutta l’essenza…
Chi dice mamma dice provvidenza! E. Fiorentino

Che fa la mamma?
Che fa il tuo babbo, dimmi, piccina?
Il falegname.
Brava bambina!
E sai tu dirmi che fa la mamma?
Oh, sissignora, lei fa la mamma.
Tu non m’intendi, fanciulla mia:
il suo lavoro chiedo qual sia.
La mamma cuce giubbe e calzoni,
gonne, vestiti, bei grembiuloni…
Oh, fa la sarta, vero, bambina?
Oh, nossignora. La mia mammina
rammenda e stira… come si dice?
Che fa, vuoi dire, la stiratrice.
Nemmeno questo…
Di bene, allora!
Lei non m’intende, buona signora.
Spiegati, dunque.
Per noi bambini
cuce la mamma bei vestitini:
quando son sporchi li rifà netti,
spazza le stanze, prepara i letti,
i buoni cibi cuoce alla fiamma…
insomma, creda, che fa la mamma! A. Cuman Pertile

Nell’aia
La donna ha messo
contro il muro il bambino e, accoccolata
davanti a lui, gli tende
le braccia e dice:
“Vieni!”. Ma il bimbo non osa. E la madre:
“Avanti, gioia mia! Fatti coraggio.
Vieni da mamma tua! Vieni”. E il piccino
si lascia andare, tentenna un momento
poi casca tra le braccia della madre.
Ride la donna e abbraccia
stretto stretto il figliolo.
Ride il bimbo. Dall’orto
lì presso il nonno
alza la testa dal lavoro e grida
al nipotino: “Bravo!”.
Intanto dalla strada,
appoggiato al suo lungo
bastone, un vecchio mendicante guarda. Michele Lessona

Prime stelle
Una mamma è seduta
col suo bambino in braccio
sul poggiolo infiorato;
vedo nella penombra
le due manine tese
verso un fiore dorato.
E spesso le manine
si levano, e si tuffano
d’un tratto nella bruna
chioma della pensosa
madre che par sorrida
alla nascente luna.
Si scuote ella, e raccoglie
le due piccole mani
nelle sue mani, e china
la persona sul piccolo
corpo, e la testa preme
sopra quella testina.
Io non vedo; ma certo
ora la madre bacia
il suo bimbo. Non vedo:
ma le stelle si svegliano
tremolando, e sorridono
solo per questo, io credo. Milly Dandolo

Mamma
Non c’è parola più bella
tra centomila parole;
sono due sillabe sole
lucenti più d’una stella.
Non c’è parola più cara,
nè più soave e serena;
sono due lettere appena
che l’uomo subito impara.
Non c’è parola più grande
su tutta, su tutta la terra;
risuona in pace ed in guerra,
in lontanissime lande.
Non c’è parola più santa,
tra le parole, nel cuore,
comprende tutto l’amore,
dolce parola che incanta. R. Bossa

Voci
Quante voci, nel mondo grande!
La voce del vento tra le fronde,
il fischio del treno,
lo sciacquio delle onde.
Il rombo del tuono lontano,
il ti-tac del cuore vicino,
la cascata col suo fragore
e il ronzio d’un motore.
…E la dolce ninna nanna
cantata al più piccino
da una voce soave di mamma. Gina Vaj Pedotti

Il bambino e la mamma
Gli chiedo:”Mi vuoi bene?”
Dice: “Mammina, sì”
Insisto ancora:”Quanto?”
“Guarda: tanto così!”
Apre le nude braccia
come ali pronte al volo:
da una manina all’altra
c’è un mezzo metro solo.
E sorride, con gli occhi
color del cielo terso.
Fra le due braccine tese
c’è tutto l’universo. Gina Vaj Pedotti

Mamma
Mammina cara, per la tua festa
vorrei regalarti una collana d’oro
per dirti: “Mamma, ti adoro!”.
Vorrei regalarti una perla blu,
per dirti quanto preziosa sei tu.
Vorrei regalarti un anello con un grosso diamante
per dirti, mamma, quanto sei importante.
Vorrei regalarti un orologio con un fiore
per dirti, mamma, “Ti voglio bene a tutte le ore”. A. A.

Poesie per la festa della mamma – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche sulla pioggia il temporale l’arcobaleno

Poesie e filastrocche sulla pioggia il temporale l’arcobaleno la grandine: una raccolta di poesie e filastrocche per la scuola d’infanzia e primaria, di autori vari.

La pioggia
Pioggerellina, pioggerellina,
vien giù grossa, vien giù fina;
canta e ride, danza e svaria,
cento righe van per l’aria. ( A. A.)

Proverbi
Lampi di sera
bel tempo di spera.
Aria pecorina
acqua vicina.
Cielo a pecorelle
acqua a catinelle.
Il cielo si rischiara:
acqua prepara.

Prima dell’arcobaleno
Il brontolio si cangia in violento
sibilo e batte alle serrate porte;
voce di rabbia, sibilo di morte:
il vento, il vento, il vento.
Una luce sinistra, un guizzo, un vampo
ecco passa nel cielo rapidamente
aereo guizzo come di serpente:
il lampo, il lampo, il lampo.
Un tumulo, un fragore, un urlo, un suono
rauco, sfuggente, rotolante, cupo
voce d’antro di selva, di dirupo:
il tuono, il tuono, il tuono.
Il tuono, il lampo, il vento
e un’idea di sereno
tanto cruccio e sgomento
fino all’arcobaleno. (M. Moretti)

Una gocciola di pioggia
Una gocciola di pioggia
alla terra un dì guardò
e la vide tanto bella
che dall’alto si buttò.
Cadde e si trovò ruscello
fresco puro scintillante
poi divenne aspro torrente
impetuoso e spumeggiante.
Crebbe ancora e fu un gran fiume
calmo e lento fra le sponde
finchè giunse al mare unendo
a quell’onde le sue onde.
Nella notte il ciel brillava
d’infinite, chiare stelle
così limpide e lontane
così pure, così belle.
Sospirò la gocciolina:
“Vorrei essere lassù!”
Ed appena sorse il sole
gli gridò: “Tu sole,
che sei forte, che sei buono,
che a nessuno neghi amore,
dammi aiuto per salire
alla meta del mio cuore!”
Dentro il raggio il sol la prese
ve la tenne, la scaldò,
e la gocciola di pioggia
al suo cielo ritornò.

Pioggerella
Pioggerella fina fina
che dal cielo scendi giù
tu rimbalzi leggerina
sopra i fiori rossi e blu.
Beve il tetto, ride il mare,
canta lieto un uccellino;
al tuo lieve ticchettare
s’addormenta ogni bambino.
Si rinfresca il campo e il prato,
ti saluta il ruscelletto,
tutto il mondo par beato
sotto il provvido bagnetto.
Pioggerella fina fina,
che dal cielo scendi giù…

Pioggia
Che pazzerelle nuvole
scherzano su nel cielo
in un momento intessono
intorno al sole un velo.
Poi leste quattro gocciole
di pioggia spruzzan giù
e al sol fuggendo gridano:
“Adesso asciuga tu!”. ( L. Schwarz)

Canzonetta della pioggia
Già s’affacciano nel cielo
grossi densi nuvoloni
ogni pianta ed ogni stelo
si dispoglia a poco a poco.
Guizzan fulmini di fuoco
tra il rombar cupo dei tuoni.
Sopra l’arido selciato
è danzar di goccioloni.
Poi, d’un tratto, sul creato
col la furia di una piena
il diluvio si scatena.
Piove piove piove piove
oh, il monotono scrosciare
della pioggia che rimuove
che travolge, che trascina
ciò che incontra, ciò che intoppa
nella sua folle rapina:
cose vecchie, cose nuove,
è la furia che galoppa
verso il piano, verso il mare,
piove piove piove piove.
Piove piove piove piove
sopra i monti sopra i piani
hanno gli alberi intristiti
movimenti quasi umani.
Sono tutti infreddoliti
gli uccellini dentro i nidi
levan rauchi e strani gridi
le ranocchie nei pantani.
Sulle vette più lontane
le casette rusticane
nel grigiore mattinale
della pioggia torrenziale
sembran tutte linde e nuove
piove piove piove piove.
Malinconico concerto
di bisbigli e di richiami
come passano tra i rami
sinfonie di foglie al vento
musichette misteriose
delle piante e delle cose.
Dentro l’ombra del viale
non più trilli e guizzi d’ale.
Tutto geme e si commuove
nel gran pianto universale
piove piove piove piove!
Che tristezza, che tristezza
tutto è scuro, tutto è chiuso
sembra il mondo circonfuso
da un gran senso di stanchezza.
Stanno i bimbi ad ascoltare
dietro ai vetri dei balconi
quel continuo ticchettare
delle gronde sui lastroni.
Bimbi, è mesto il vostro cuore,
come il giorno senza cielo
ma verrà domani il sole
s’aprirà sopra ogni stelo
la corolla d’un bel fiore.
Torneranno le parole
della fede e dell’ardore
torneran gli azzurri incanti
della terra sorridente
sotto i cieli sfolgoranti
e sul vostro labbro ardente
canterà, bimbi, l’amore.

Pioverà? Non pioverà?
Farà brutto? Farà bello?
Dovrò uscire con l’ombrello?
Ma se uscissi con l’ombrelllo
lo so già farebbe bello.
Eppoi questo non è tutto.
Senza ombrello, ci scommetto,
muterebbe in tempo brutto.
Sole, pioggia, ma perchè
vi burlate ognor di me? ( Colombini Monti)

Acquazzone
Di nubi grige a un tratto il cielo fu
e il tuono brontolò con voce d’orco.
Si cacciò avanti, lungo lo stradone
carta foglie ed uccelli il polverone.
Si udirono richiami disperati
tonfi di imposte e d’usci sbatacchiati.
Si videro donne lottare in un prato
con gli angeli impauriti del bucato.
Poi seminò la pioggia a piene mani
tetti e vie di danzanti tulipani
tagliò il paesaggio, illividì ogni cosa
in un polverio d’acqua luminosa.
Quando si stava inebetiti e fissi
come sull’orlo d’infuocati abissi
dove il mondo pareva andar sommerso
il cielo sulle cose era già terso
e nei vetri appannati del tinello
risorrise il paese ad acquarello
sulla campagna dolcemente crespa
ronza la chiesa d’oro come vespa.
Non rimaneva dell’orrendo schianto
che il gocciolio di musicale pianto
della gronda, già buono già tranquillo;
lo raccolse morente il bruno grillo.
Coi tamburini gracili di pelle,
le rane lo portano alle stelle. ( C. Govoni )

Piccola nuvola
Dopo l’acquata, le nuvole pronte,
pigliano il volo, scavalcano il monte.
Or con la gonna di velo sottile,
la più pigra s’impiglia al campanile. (U. Betti)

Pioggia di primavera
Com’è dolce la pioggia
che sottile e leggiadra
scampanella nell’aria
oggi ch’è primavera!
E domani che festa,
quando il vento ed il sole
asciugheranno a gara
l’erba nuova del prato,
cogliere un mazzolino
di primule
e di viole,
un mazzetto fragrante,
nitido, di bucato! (Graziella Ajmone)

La pioggia
State a sentire che dice
la nuvoletta felice:
“Quando la pioggia mi scioglie
lustro le pietre e le foglie.
Per camminare sui tetti
mi metto gli zoccoletti.
Vado per orti e giardini
cantando come i bambini. (R. Pezzani)

Pioggia
I goccioloni han voglia di cantare
rimbalzando, saltellando
delle strade fan fossette
delle scarpe fan barchette.

Piove piove dappertutto
Cielo grigio. Tempo brutto.
Piove piove dappertutto.
Fan la doccia i fiorellini
nelle aiuole dei giardini
e nell’orto il seminato
beve l’acqua d’un sol fiato.
Io, se piove, non mi cruccio
vado a spasso col cappuccio. ( I. C. Monti)

Il temporale
Che succede? In un momento
calma e gaia era la terra
e di colpo… pioggia, vento,
lampi e tuoni in ciel fan guerra.
Son scomparsi gli uccellini
traman l’erbe e i fiorellini
e le piante… oh, che pietà,
par si spezzino a metà.  (A. Pozzi)

Non piove più
Non piove più. Le gocce
scendon con contagocce
dagli alberi inzuppati
che l’acqua ha rinfrescati.
Il vento, a poco a poco,
così come per gioco,
con soffi d’allegria
le nubi manda via.
Torna, torna il sereno:
guarda l’arcobaleno!
E’ già venuto fuori
con tutti i suoi colori  (I. C. Monti)

Pioggia
E’ un’arpa la pioggia, infinita,
fra terra e cielo
sottesa.
Con agili dita
tra fili sottili
di limpido argento
trascorre il vento
in brividi di seta
in rapidi fruscii
in lunghi mormorii.
Nasce dall’aspro archetto
di una fronda d’ulivo
un vivo
accordo di violino
e dall’orlo del tetto
una frangia di gocciole leggera
strimpella sul canale di lamiera. (L. P. Mazzola)

Dopo la pioggia
Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
E’ bello guardare a naso in su
la sua bandiera rossa e blu.
Però lo si vede -questo è il male-
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra. (Gianni Rodari)

Piove
Piove da un’ora soltanto
ma il bimbo pensa che già
piova da tanto, da tanto
sopra la grande città.
Piove sui tetti e sui muri, piove
sul viale, piove sugli alberi
oscuri con ritmo triste e uguale. (Ada Negri)

La pioggia
La pioggia picchietta
sommessa e argentina
e narra una favola
piccina piccina
d’insetti, di passeri,
di grilli, di fiori,
di piccoli cuori.
Per loro ogni gocciola
che stride e saltella
che sfrigge e che mormora
è come una stella. (O. Visentini)

Pioggerella
Pioggerella fina fina,
che dal cielo scendi giù
tu rimbalzi leggerina,
sopra i fiori rossi e blu.
Beve il tetto, ride il mare,
canta lieto un uccellino
al tuo lieve ticchettare
s’addormenta ogni bambino.
Si rinfresca il campo e il prato,
ti saluta il ruscelletto
tutto il mondo par beato,
sotto il provvido bagnetto.

Pozzanghere
Accanto al marciapiede
brilla una pozza d’acqua
e dentro vi si vede
la nube che si sciacqua:
e dietro le veleggiano
nubi in un grande mare
che sembrano una greggia
che vada a pascolare.
Ma forse questa notte
dentro l’immensità
del cielo capovolto
un astro fiorirà:
fiorirà sul selciato
sporco della città
come un dono serbato
per chi lo scoprirà. (G. Porto)

Non piove più
Non piove più! Sui prati
sotto il raggio del sole,
tra l’erba luccicante,
s’aprono le viole.
Tra i rovi della siepe
l’azzurra vinca sboccia;
ad ogni fiore in seno
brilla una pura goccia.
Le galline sull’aia
ritornano a beccare,
e i fanciulletti garruli
riprendono a saltare.
L’aria odora di terra,
su, nel cielo sereno,
con sette bei colori
brilla l’arcobaleno. (O. G. Mercanti)

Piove
Piove. Sotto la gronda un nido è vuoto.
Beve le stanche lacrime del cielo
nel gran giardino un triste albero immoto.
Un bimbo biondo, col ditino in bocca,
guarda dai vetri, silenzioso, assorto.
Forse pensa alla neve, che, se fiocca
fa tutto bello, rifà tutte nuove
le cose morte. Chissà. Forse! Intanto
in un grigiore desolato, piove. (Zietta Liù)

Saluto al sereno
Addio, rabbia di tempesta!
Addio, strepitio di tuoni!
Vanno in fuga i nuvoloni,
e pulito il cielo resta.
Addio, pioggia! Qualche stilla
dai molli alberi si stacca;
ogni foglia, fiore o bacca
al novello sole brilla.
Consolato il mondo tace.
Su ciascuna afflitta cosa,
come un balsamo, si posa
la serena amica pace. (A. S. Novaro)

Gli ombrelli
La famiglia degli ombrelli
quando piove a catinelle
si apre tutta e, per la gioia,
non può stare nella pelle.
Balla e canta, beve l’acqua,
mulinella in braccio al vento,
ride a scrosci se diluvia,
senza il minimo sgomento.
Ma, passato il temporale,
quando il sole sbuca, ahimè,
ogni ombrello , immusonito,
torna a casa chiuso in sè. (Zedda)

L’acquazzone
E venne, dopo il vento,
d’impeto, come l’onda
che sopra il mar s’avventa.
Disperse in un baleno
gli agricoltori ai campi,
scrosciò per ogni gronda
ed allagò le strade.
Poi, senza tuoni e lampi,
quasi senza sussurro,
finì con grosse, rade
gocce. Quando nel cielo
del già chiaro orizzonte
s’alzò l’arcobaleno,
candide come un velo
di sposa, navigavano
le nubi in mezzo a un mare,
divinamente azzurro. (V. Bosari)

Dopo il temporale
Spenti in ciel gli ultimi tuoni
vanno in fuga i nuvoloni
e la pioggia viene meno.
Ecco, appar l’arcobaleno…
Qualche gocciola sospesa,
qualche farfallina illesa,
galli nuovi, erta la cresta,
ai fioretti fanno festa:
goccia un frutto, una corolla,
c’è per tutto odor di zolla,
e quel giglio s’è trovato
un vestito di bucato! (L. Carpanini)

Temporale
Un bubbolio lontano…
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare;
nero di pece, a monte;
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano. (G. Pascoli)

Piove
Piove da un’ora soltanto
ma il bimbo pensa che già
piova da tanto! Da tanto!
Sopra la grande città.
Piove sui tetti e sui muri,
piove sul lungo viale,
piove sugli alberi oscuri
con ritmo triste ed uguale;
piove; e lo scroscio si sente
giungere dalle vetrate
che versano lacrime lente
come fanciulle imbronciate.
Piove e laggiù, sulla via,
e in ogni casa, già invade
l’intima malinconia
di quella pioggia che cade.
Piove da un’ora soltanto:
ma il bimbo pensa che già
piova da tanto! Da tanto!
Sopra la grande città. ( A. Novi)

Filastrocca della pioggia
Pioggerellina, pioggerellina,
vien giù grossa, vien giù fina;
canta e ride, danza e svaria,
cento righe van per l’aria.
Pioggerella viene in fretta,
col profumo di violetta:
pioggia tiepida di maggio
nelle cose metti un raggio.
Dai fossati, a crocchi, a crocchi,
la salutano i ranocchi;
l’anatroccolo diguazza,
pioggia allegra, pioggia pazza!

La pioggia
La pioggia picchietta
sommessa, argentina,
e narra una favola
piccina piccina,
d’insetti, di passeri,
di grilli, di fiori,
di piccoli cuori:
per loro, ogni gocciola,
che stride, saltella,
che sfrigge, che mormora,
è come una stella. (O. Visentini)

La pioggia continua a cadere
La pioggia continua a cadere
e tutta la terra trafigge:
le luci grondanti e affiochite
incerte sui marciapiedi.
La pioggia continua a cadere
sottile pungente accidiosa
e tutte le strade son colme
e lacrime stillano gli alberi.
La pioggia continua a cadere,
nel grande silenzio a cadere,
ed ombre, fantasmi, s’allungano,
enormi fantasmi i palazzi. (L. Fiorentino)

Il temporale
Il cielo è carico di nuvoloni
fulmini e tuoni
fremon lassù.
La chioccia vigile
chiama i pulcini:
“Qua, piccolini,
vi coprirò”.
Ed essi corrono.
C’è il temporale
ma sotto l’ale
non treman più.

Il tuono
E nella notte nera il nulla
a un tratto, col fragor d’arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s’udì di madre, e il moto di una culla. (G. Pascoli)

Il lampo
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera. (G. Pascoli)

La mia sera
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre-gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggera.
Nel giorno, che lampi! Che scoppi!
Che pace la sera.
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.
E’ quella infinita tempesta
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro. (G. Pascoli)

Addio tempesta
Addio, rabbia di tempesta
addio strepitio di tuoni,
vanno in fuga i nuvoloni
e pulito il cielo resta.
Addio pioggia! Qualche stilla
dei molli alberi si stacca
ogni foglia fiore o bacca
al novello sole brilla.
Consolato il mondo tace
su ciascuna afflitta cosa
come un balsamo si posa
la serena amica pace.  (A. S. Novaro)

Pioggia d’inverno
Quando piove, lento lento,
e fa freddo e tira vento
nella casa sta il bambino
nel suo nido l’uccellino
nella cuccia il cagnolino
presso il fuoco il mio gattino.
E il ranocchio senza ombrello?
Sotto il fungo sta bel bello.  (Cicogna)

Pioggia d’autunno
Mentre l’acqua giù dal cielo
picchiettando vien bel bello
con stivali e con ombrello
me ne vado a passeggiar.
Tic tic tic giù l’acqua cade
tac tac tac, che gocciolone!
Ma qui sotto l’ombrellone
non mi bagno a passeggiar.
Scendi pur, pioggia d’autunno,
non ti temo, ben lo vedi,
tanta gioia invece, credi,
provo andando a passeggiar. (A. Caramellino)

Tempaccio
E piove e piove e piove!
E i nuvoloni neri
vanno per il cielo, in ronda
come carabinieri.
Il sol, quasi bandito,
spinto da loro in caccia,
mostra di tratto in tratto,
la spaurita faccia. (G. Chiarini)

Pioggia

Attoniti, dai nidi
nuovi, sui vecchi tetti,
guardano gli uccelletti,
mettendo acuti gridi,
cadere l’invocata
pioggia di mezzo aprile.
Tu, dietro la vetrata
della finestra bassa,
come lor guardi e ridi…
è nuvola che passa” (L. Pirandello)

Piccola nuvola di primavera

Dopo l’acquata le nuvole, pronte,
pigliano il volo, scavalcano il monte.
Or con la gonna di velo sottile,
la più pigra s’impiglia al campanile.
“Lasciami con codesta banderuola:
mi strappi tutta! Son rimasta sola!”
Ma il campanaro senza discrezione
le risponde col campanone.
Che sobbalzo, che spavento!
Per fortuna c’era il vento
che con tutta galanteria
la piglia e la porta via.
La porta a spasso lieve lieve
sul torrente, sulla pieve;
tutto il mondo le fa vedere,
tetti rossi, maggesi nere.
E che brillio di vetri e di foglie!
Quanti bambini lungo il rio!
Quante vecchie sulle soglie!
Che festa, che chiacchierio! (U. Betti)

Arcobaleno

Non piove più! Sui prati,
sotto il raggio del sole,
tra l’erba luccicante
s’aprono le viole…
Le galline sull’aia
ritornano a beccare,
e i fanciulli garruli
riprendono a saltare.
Tra i rivi della siepe
l’azzurra vinca sboccia;
ad ogni fiore in seno
brilla ogni pura goccia.
L’aria odora di terra.
Su nel ciel sereno,
con sette bei colori,
brilla l’arcobaleno. (A. S. Novaro)

Giorno piovoso

Quante parole stanche
mi vengono alla mente
in questo giorno piovoso d’aprile
che l’aria è come nube che si spappola
o fior che si disfiora.
Dentro un velo di pioggia
tutto è vestito a nuovo.
L’umida e cara terra
mi punge e mi discioglie… (V. Cardarelli)

E piovve

Cantava al buio d’aia in aia il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sole dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle,
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò nei campi un raggio lungo e giallo.
Stupiano i rondinotti dell’estate
si quel sottile scendere di spille:
era un brusio con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d’oro in coppe di cristallo. (G. Pascoli)

Temporale

Dormivo e m’ha svegliato
stanotte il temporale.
Oh, che brutta nottata!
Che tempaccio infernale!
E che lampi, che vento!
Tremavo nel mio letto,
di freddo e di sgomento.
Ma tu m’hai stretto al petto,
mamma! E sul cuore fido
ho chiuso gli occhi come
un uccellin nel nido,
mormorando il tuo nome.
E ho detto: “Il temporale
io non lo temo più,
se presso il mio guanciale,
o mamma, ci sei tu!” (zietta Liù)

Piove col sole

La pioggia cade picchiettando allegra
su foglie polverose,
e scorre ai margini
e casca sopra le rose.
Colma alle rose il colorito calice
e lascia qualche goccia
ai fili d’erba
ed ai fioretti in boccio.
Ed ecco, un d’essi palpita di vita!
A un raggio che lo indora
esita un poco
poi lieve s’apre e odora. (G. Consolaro)

Grandinata

Strepitando vien giù candida e bella,
batte il suol, tronca i rami, il cielo oscura
e nelle grige vie sonante e dura
picchia, rimbalza, rotola, saltella;
squassa le gronde, i tetti alti flagella;
sbriciola sibilando la verzura.
ricasca dai terrazzi e nelle nura
s’infrange, e vasi e vetri urta e sfracella;
e per tutto s’ammonta e tutto imbianca;
ma lentamente l’ira sua declina
e solca l’aria, diradata e stanca;
poi di repente più maligna stride,
poi tutto tace, e sulla gran rovina
perfidamente il ciel limpido ride. (E. De Amicis)

L’acquazzone

Di nubi grige a un tratto il ciel fu sporco;
e il tuono brontolò con voce d’orco.
Si cacciò avanti, lungo  lo stradone,
carta, foglie ed uccelli il polverone. (C. Govoni)

Pioggia e sole
Pioggia e risplende il sole, e mai com’oggi
s’è vista, per il Colle dell’Ulivo,
la campagna così fiorita e viva,
sotto il velo sottile della pioggia.
Piove e risplende il sole, e la collina
piange e ride tra l’ombra che cammina,
come talora fa per tenerezza
la faccia della bella giovinezza. (C. De Titta)

Acqua sempre
La nube, là, nella region dei venti,
pioggia diviene, la tempesta accoglie
e, nel rigor delle giornate algenti,
in turbinosa neve si discioglie.
Son figlie dell’acqua anche le brine,
le nebbie ora gravanti or fuggitive,
del rugiadoso umor del gocciline
brillanti al sole come gemme vive.
Acqua, che in lieta voce o dolorosa
discendi al mar  e torni al  piano in vetta,
ristora i campi, premia, generosa,
che li coltiva e trepidando aspetta. (G. Pisani)

L’acquazzone
La spazzola dell’acquazzone
ha dato alla lesta una ripulita al paesaggio,
lavato la faccia alle case,
rimesso a nuovo i monti sbiaditi.
Anche l’aria è netta.
Ora si apprezza ogni gradazione del verde.
Villanelle indomenicate
le case fanno insieme una stoffa a quadratini,
a rettangolini di tutti i colori.
Quel giallo! L’ingenuità di quel celeste!
A levante, il paesaggio
è lumeggiato da una luce di magnesio.
I tetti riflettono.
Al luogo d’ogni ruga,
le montagne fanno mostra d’un filone d’argento. (C. Sbarbaro)

Pioggia
Sui campi stamattina
scende una pioggia fina
e musica soave
splende per ogni dove.
Tutta se ne commuove
la terra che riceve
questa freschezza lieve
che dolcemente piove. (A. Orvieto)

Dopo
Dopo il rimbombo nero e il verde scroscio,
il cielo s’apre a una gran pace azzurra:
razzano i tetti, ed ogni pozza in terra
è un soave-ridente occhio di cielo. (D. Valeri)

Dopo il temporale
Son passate le nuvole, e la piova
sprigionato ha dal suolo un grato odore;
lieta ogni rana si dibatte a prova,
a capo chino sgocciola ogni fiore.
Tra le fuggenti nuvole si prova
d’uscir il sole; all’umido splendore
sembra la terra ora più verde e nuova;
più turchino del ciel sembra il colore. (G. Pascoli)

Sereno
Non pareva, e s’allontana
la tempesta: l’oro piove
quale splendida fiumana
e dilaga in ogni dove.
Sembran perle sorprendenti
or le gocce ancora al varco;
ha bagliori iridescenti
fin la pozza sotto l’arco.
Ed un passero cinguetta
il suo canto più giulivo:
quante gemme sull’erbetta,
quanto argento va col rivo! (Livio Ruber)

Pioggia
Cantava al buio, d’aia in aia, il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose, e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sul campo un raggio lungo e giallo.
Stupian i rondinotti dell’estae
di quel sottile scendere di spille:
era un brusio con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille,
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d’oro in coppe di cristallo. (G. Pascoli)

Dopo l’acquazzone
Passò scrosciando e sibilando il nero
nembo; or la chiesa squilla; il tetto, rosso,
luccica; un fresco odor dal cimitero
viene, di bosso.
Presso la chiesa, mentre la sua voce
tintinna, canta, a onde lunghe, romba,
ruzza uno stuolo, ed alla grande croce
tornano a bomba.
Un vel di pioggia vela l’orizzonte;
ma il cimitero, fatto il ciel sereno,
placido olezza; va da monte a monte l’arcobaleno. (G. Pascoli)

Piove
Piove sui tetti e sui muri,
piove sul lungo viale,
piove sugli alberi oscuri
con ritmo triste ed uguale;
piove; e lo scroscio si sente
giungere dalle vetrate
che versan lacrime lente
come fanciulle imbronciate!
Piove e laggiù sulla via,
e in ogni casa, già invade
l’intima malinconia
di quella pioggia che cade. (A. Novi)

Dopo il temporale
La bufera è lontana.
Sull’aia allegra cantano i galletti.
Ancora, sul selciato, i tetti
grondan dell’acqua piovana.
Ma or gioca rabbonito il vento
con i pioppi. Felice
d’essere salvo, benedice,
benedice, il frumento.
Questa sera offrirà un banchetto
alle sue buone lucciole veglianti,
fra l’attenzione degli astanti
farà un brindisi l’usignoletto.
E, senza distinzione
di parte, i grilli batteran le mani;
i papaveri veterani
piangeranno dall’emozione.
Oh, che gioia! Una banda di turchini
convolvoli strombetta,
davanti alla mia casetta,
in un circol di fiori contadini.
Giocattoli degli angeli, leggeri
s’alcano i cervi volanti;
tintinnano per le vie, festanti,
i sonagli dei carrettieri.
Là, dietro la bufera,
sventola l’arcobaleno;
sopra il villaggio, nel sereno,
si dondola la squilla della sera. (C. Govoni)

Spiove
Le nubi si distendono
in velo che svapora.
L’aria pulita odora
di polvere bagnata,
di fieni appena colti,
d’erbe tenere e fiori.
Il sol riappare e ride
sopra un mondo pulito
di brillanti vestito.
Son gocciole iridate
che pendono dai rami
corron sui fili tesi,
e ridono col sole.
Ma il sole ha tanta sete,
e nelle fauci ardenti
finiscono le gocciole iridate. (C. Pascucci)

Dopo il temporale
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggera.
Nel giorno, che lampi, che scoppi!
Che pace, la sera! (G. Pascoli)

Pioggia
E’ dolce il chiacchierio che fan le foglie
in capannelli sugli alberi spessi,
come quello che fanno su le soglie
le comari che parlan d’interessi.
E invece le foglie chiacchierine
parlan dell’autunno che ritorna
e che sotto la pioggia fine fine
di pampini e di bacche agile s’orna. (M. Moretti)

Pioggia
E’ un’arpa la pioggia, infinita,
fra terra e cielo
sottesa.
Con agili dita
tra i fili sottili
di limpido argento,
trascorre il vento
in brividi di seta,
in rapidi fruscii,
in lunghi mormorii.
Nasce dall’aspro archetto
d’una fronda d’ulivo
un vivo
accordo di violino
e dall’orlo del tetto
una frangia di gocciole leggera
strimpella sul canale di lamiera. (L. Pia Mazzolai)

L’acquazzone
Si sciolsero le nubi, all’improvviso
piovve a dirotto. Al limite del campo
vidi la bimba, fra uno scroscio e un lampo,
bello fra i ricci bruni, il fresco viso.
Tesi le braccia ed attraverso il nembo
la bimba accorse, fradicia e ridente,
e mi cadde sul cuore, e il suo fremente
piccolo corpo mi raccolsi in grembo.
Passano i giorni, passano e si muore.
Ben altre furie di tempesta tu
affronterai, ma non ci sarà più
la tua mamma a raccoglierti sul cuore. (A. Negri)

La quiete dopo la tempesta
Passata è la tempesta;
odo augelli far festa, e la gallina
tornata in su la via,
che ripete il suo verso. Ecco il sereno
rompe là da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare. (G. Leopardi)

Il temporale
Nuvole spesse, leggere,
a poco a poco hanno invaso,
simili a draghi rampanti,
il cerchio dell’orizzonte.
Grigio su grigio: fondale
d’un palcoscenico immenso.
Grigio su grigio anche in terra:
le nebbie velano i monti
che fumano come incensieri;
sembra cinerea la valle
divisa in quadri sbiaditi.
Il palcoscenico è pronto;
é pronto il vasto fondale:
gocciole rade e sonore
annunciano, come in sordina,
l’orchestra del temporale! (E. Pesce Gorini)

Dopo la pioggia
Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
E’ bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede, questo è il male,
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra,
fare la pace prima della guerra. (Gianni Rodari)

Arcobaleno
C’è un ponte fatto di sette colori:
è un ponte strano, campato sul cielo.
E’ di cristallo? Di seta? Di velo?
E’ fatto d’acqua di sette colori.
Ma su quel ponte non passa la gente.
Svanir potrebbe in ogni momento
di sotto ai piedi, a un colpo di vento.
Lieta lo guarda ridendo la gente. (S. Pezzetta)

Arcobaleno
Piove. Le piccole
gocce sottili
in lunghi scendono
diritti fili,
senza che un alito
tenue di vento
muova quel tremulo
refe d’argento;
lene, dal nuvolo
che si dissolve,
come un polve
l’acqua vien giù.
Il sol con l’ultimo
raggio lucente
esce dai margini
dell’occidente
e tra finissimi
sciolti vapori
si frange in pallidi
vaghi colori:
dal piano al vertice
con sette giri
l’arco dell’iri
brilla lassù.
Sull’uscio il pargolo
batte le mani,
ai solchi accorrono
lieti i villani
dove dall’umida
terra rampolla
un nuovo germine
per ogni zolla;
dal tetto il passero
balza e rivola;
tra i campi scola
giallo il ruscel.
Lontano brontola
un tuono ancora,
e mentre limpido
l’aer s’indora,
e al puro zeffiro
fresco e odorato
scrollano gli alberi
le gocce del prato,
l’arco settemplice
si fa di foco,
e a poco a poco
svanisce in ciel. (R. Pitteri)

L’acquazzone
E venne, dopo il vento,
d’impeto, come l’onda
che scagliasi sul mare.
Disperse in un momento
gli agricoltori ai campi,
scrosciò per ogni gronda
ed allagò le strade.
Poi, senza tuoni o lampi,
quasi senza sussurro,
finì con grosse, rade
gocce. Quando nel cielo
dal già chiaro orizzonte,
s’alzò l’arcobaleno,
candide come un velo
di sposa, navigavano
le nubi in mezzo a un mare
divinamente azzurro. (V. Bosari)

Arcobaleno
Arcobaleno giocondo
nella tua curva gentile
è il fresco sorriso del mondo.
L’acqua del fontanile
ode lingue lambire
e il trottare del ruscello.
Le vette si fanno vicine
per questo tremore di cielo
sopra l’erbe bambine.
Da verdi solitudini segrete
si sveglia un canto di luce:
la maestà dell’abete
nell’occhio della mucca traluce. (I. Dell’Era)

Grandine
Percuote le gronde,
sui tetti saltella,
flagella le fronde,
i vetri martella.
La temono tutti.
E’ proprio maligna:
fa strage di frutti,
vendemmia la vigna.
In ogni vallata
frantuma le zolle
e falcia spietata
dei fior le corolle.
O grandine fitta,
svanisci coi lampi!
E’ muta ed afflitta
la gente dei campi. (A. Libertini)

Grandine
Tutte riunite ad un crosciante rombo
le nuvole vaganti hanno accerchiato
il cielo, dense e grevi come piombo.
Sibila il vento una minaccia oscura;
gli alberi curvi tentano la fuga;
urla e geme la terra di paura.
Una campana grida: “Aiuto, aiuto!”
Aiuto per le viti e per il grano
che aspetta solo d’essere mietuto.
Una nuvola bianca (una staffetta
di pace?) incontra il grido disperato
che rimbalza qua e là per ogni vetta.
Ma non è pace, non è pace: è guerra!
E, all’improvviso, la staffetta bianca
getta candido piombo sulla terra.
Crosci, ventate, grandine a ventaglio
saetta l’aria, picchettando allegra,
ed ogni pianta è facile bersaglio!
Invano la campana grida “aiuto”
tra lo scroscio dei chicchi levigati,
che già più delle falci hanno mietuto.
E la campagna piange, infine, stanca,
nel vasto cielo ritornato azzurro,
sopra la terra flagellata e bianca. (E. Pesce Gorini)

Sotto la pioggia
O camposanto che si crudi inverni
hai per mia madre gracile e sparuta,
oggi ti vedo tutto sempiterni
e crisantemi. A ogni croce roggia
pende come abbracciata una ghirlanda
donde gocciano lagrime di pioggia.
Sibila tra le feste lagrimosa
una folata, e tutto agita e sbanda.
Sazio ogni morto di memorie, posa. (G. Pascoli, da “Il giorno dei morti”)

Pioggia
E’ un’arpa la pioggia, infinita,
fra terra e cielo
sottesa.
Con agili dita
tra fili
sottili
di limpido argento,
trascorre il vento
in brividi di seta
in rapidi fruscii.
In lunghi mormorii.
Nasce dall’aspro archetto
di una fronda d’ulivo
un vivo
accordo di violino
e dall’orlo del tetto
una frangia di gocciole leggera
strimpella sul canale di lamiera. (L. P. Mazzolai)

L’acquazzone
E venne, dopo il vento,
d’impeto, come l’onda
che scagliasi sul mare.
Disperse in un momento
gli agricoltori ai campi,
scrosciò per ogni gronda
ed allagò le strade.
Poi, senza tuoni o lampi,
quasi senza sussurro,
finì con grosse, rade
gocce. Quando nel cielo
dal già chiaro orizzonte,
s’alzò l’arcobaleno,
candide come un velo
di sposa, navigavano
le nubi in mezzo a un mare
divinamente azzurro. (V. Bosari)

Poesie e filastrocche sulla pioggia il temporale l’arcobaleno la grandine – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche LE NUVOLE

Poesie e filastrocche LE NUVOLE – una raccolta di poesie e filastrocche sul vento, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Nuvole
Tutto il cielo è un immenso prato blu.
A un tratto spunta un bioccolino bianco…
s’alza, s’addensa, sboccia… eccolo, è un fiore.
Arde nel sole ed ama il sole e dona
tutta se stessa al sole, e si dissolve
nel grande ardore… Un soffio… Non c’è più.
Tutto il cielo è un immenso prato blu. Lina Schwarz

Le nuvole
Pallide nuvole soffici corrono
dentro l’azzurro del cielo s’inseguono:
se con letizia le mani si tendono,
bei girotondi giocondi ripetono;
Ma se si rotolan, strappano, spingono,
presto nel cielo l’azzurro nascondono;
ecco che tutto di grigio dipingono,
ecco la pioggia ed i tuoni che rombano.
Se poi, pentite, la pace rifanno,
senza problemi la mano si danno:
ecco che alcune già rosa si fanno;
dentro l’azzurro più soffici vanno. R. Bon

Nuvole
In una nuvola,
c’è anche un po’ di fiato
del bimbo,
del fiore,
del prato.
Dal mare blu
e dalle foglie appassite
le goccioline fin lassù son salite.

La nuvola
Ti conosco nuvoletta
che cammini sola sola
non armata di saetta
come un angelo che vola.
Ti conosco anche se il vento
che ti gonfia e ti sospinge
ti trasforma in un momento
mentre il sole ti dipinge
intingendo i suoi pennelli
nei color più vivi e belli.
Tutta rosa stamattina
tutta bianca a mezzodì
ti conosco mascherina
trasformata anche così.
Or somigli a un cavallino
sciolta al vento la criniera
ora sei la caffettiera
che trabocca nel camino
ora là nell’infinito
sembri un albero fiorito. R. Pezzani

Nuvole notturne
Oh bianche nuvolette che passate
silenziose al lume delle stelle
da qual desio, vaganti pecorelle
per i prati del ciel siete portate?
Si va, si fa. Poco di noi sappiamo
siam la rugiada e siamo la tempesta
ci guida il vento, a lui chiniam la testa
e, dove lui poggia, andiamo andiamo andiamo…

Nuvole
Che pazzerelle nuvole!
Scherzano su nel cielo…
in un momento intessono
intorno al sole un velo
poi leste quattro gocciole
di pioggia spruzzate giù
e al sole fuggendo, gridano
“Adesso asciuga tu!” L. Schwarz

Nuvoloso
Sole caldo, sole bello
perchè toglierti non vuoi
quell’orribile mantello
che ci vela i raggi tuoi?
Ogni viva creatura
sente un brivido di gel
ogni faccia si fa scura.

Guarda la nube
Guarda la nube che gioca col lampo e col tuono
guarda la luna che gioca col globo celeste,
guarda la rupe che s’alza d’un impeto al polo
e come gioca in amore col l’eco rideste!
Guarda il torrente agli scogli che mugghia, ridonda
e con la piena dell’onda rinnova la festa;
guarda la bella farfalla dal volo librato
sulla corrente, giocare col fior di giacinto:
gioca tu pure con loro, conservati bimbo
belli son tutti quei giochi che gioca il creato!

La vela
C’è una vela tutta bianca
c’è una vela in mezzo al mare
Vento, vento, sono stanca
fammi un poco riposare.
Vedi là quella casetta
c’è una mamma che ti aspetta.
D’aspettare non si stanca
vola, vola, o vela bianca.
Se mi attende una mammina
se mi vuole una bambina
soffia pure, o mio buon vento
e il mio cuor sarà contento.

Nuvole
Nuvole, nuvole…
chiama fischiando
il vento arcigno
sulla montagna:
e a fiocchi bianchi
dai cupi fianchi
dei canaloni,
su, dai burroni,
su, dalle valli,
soffici, molli,
lente risalgono
sul filo del vento
a cento
ondeggiando le nuvole. (V. Fraschetti)

La nuvola
Sembra un cuscino
di piume d’oca.
Nel ciel turchino
col vento gioca.
Gioca e rincorre le rondinelle:
lei tutta candida, blu e nere quelle.
Ma ecco: il morbido
cuscino, a un tratto,
si sporca e torbido,
greve s’è fatto.
S’è fatto nero come il carbone,
e il cielo piange… uh, che acquazzone!  (Maggiorina)

Vita e morte delle nuvole
Nata all’alba, sul prato,
dal fianco di un’acqua corrente
vivrà la nube innocente,
un giorno, il suo giorno, e morrà.
da rovi pungenti districa
i lembi del suo manto,
si libera come un canto,
figura di felicità.
Immemore di ciò che era
si lascia rapire dal vento:
polledro, fiore, bandiera,
angelo diventerà;
angelo col cuore in gola
che in cielo ha prato e campo.
Ma ecco, trafitta da un lampo
la candida nube cadrà.
Disciolta in pioggia lucetne
rintocca su ogni fronda
si fa musica errabonda,
queta, vasta sonorità. (Renzo Pezzani)

Le nuvole
Una sera, piano piano
arrivaron da lontano,
le portava sulle spalle
lo scirocco.
Eran stanche di viaggiare
follemente per i cieli
e volevan riposare
solo un poco.
Quando videro il gran mare
calmo calmo, azzurro azzurro,
s’adagiarono all’oscuro
e distesero i lor veli
per i cieli. (Lina Galli)

La nuvola
Nera, turgida, compatta,
la nuvola, come un mastino,
ringhia nel cielo turchino.
Ma quella è una nuvola matta!
E’ una nuvola forestiera
che nasconde fuoco in dosso,
Ispido fumo, serper rosso,
è l’angoscia della sera.
Il villaggio poverino,
suona l’ave, chiude le porte.
Con quella nuvola sul suo destino,
sazio di biade, pensa alla morte. (R. Pezzani)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale. Il materiale è stato raccolto da varie fonti e collezionato nel tempo. Pur avendo fatto il possibile per risalire a tutti gli autori, dove questa informazione manca si intende appunto che non mi è stato possibile risalire al nome dell’autore.

Poesie e filastrocche sul VENTO

Poesie e filastrocche sul VENTO – una raccolta di poesie e filastrocche sul vento, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il vento
Arriva il vento. Che pazzerello!
Vedi? E’ sgarbato come un monello.
Strappa il giornale che tieni in mano;
manda i cappelli lontan lontano.
Tu devi correre fino laggiù,
ma il tuo cappello corre di più.
Intanto il vento, con mano lesta,
fa il parrucchiere sulla tua testa;
e se, per caso, apri l’ombrello,
ti spazza via, presto, anche quello.
Ma che puoi farci? Non t’arrabbiare:
è un birichino e vuol giocare!
(Gianni Rodari)

Il vento
E’ mite carezza
che passa gentile
e tiepida scherza
coi fiori d’aprile
è vasto respiro
lanciato sull’onda
che spinge la vela
in corsa gioconda.
E’ mano che afferra
con dita spiegate
e all’albero strappa
le foglie dorate.
E’ gelido soffio
che scende dai monti
e in ghiaccio tramuta
i rivi e le fonti
così senza posa,
or rapido or lento
si svolge l’eterno
cammino del vento. Ada Negri

Il vento
Ma chi bussa da villano?
corri all’uscio: è già lontano.
Ma chi è quel capo ameno?
porta l’acqua ed il sereno,
sparge i semi per il mondo,
sbuffa e frulla in tondo in tondo,
mena schiaffi e scappellotti,
fischia per i vetri rotti,
ora è dolce e profumato,
ora è proprio uno sgarbato,
corre e vola in un momento…
chi sarà, bambini? Il vento! E. Bossi

Il vento
Orco è il vento che ne bosco,
sta provando il suo vocione
con un viso fosco fosco,
e con tanto di barbone
“Mangerò tutte le foglie,
mangerò tutta la terra
mangerò tutte le nubi,
che lassù si fan la guerra!”
Lo si sente, apre le porte,
e le sbatte forte forte
Con un passo, lo si sa,
spazza tutta la città.

Il vento
Esce di scuola il vento e gioca e fischia
e non ha libri nè berretto in testa;
cerca viole lungo la foresta
e sopra i pioppi dondola e s’arrischia. R. Pezzani

Un prepotente
Non ho riguardi, non conosco regole:
entro dove mi pare
senza chieder permesso,
e se gusto ci piglio,
scuoto, rovescio, sibilo, scompiglio.
Sicuro! E di te pur, ragazzo mio,
anche se sei monello,
me la rido: t’investo,
ti spingo, e se mi frulla,
di colpo, trac, ti porto via il cappello.
Tanto, chi mai mi prende o mi trattiene?
Amo gli spazi liberi,
e, a chi s’oppone, grido,
sfidandoli al cimento:
“Fatti più in là che passa il signor vento!”. Domenico Mantellini

Il vento
Nel colmo della notte, a volta, accade
che ti risvegli, come un bimbo, il vento.
Solo, pian piano, viene per il sentiero,
penetra nel villaggio addormentato.
Striscia, guardingo, fino alla fontana;
poi si sofferma, tacito, in ascolto.
Pallide stan tutte le case intorno,
tutte le querce, chinate sulla piana. Rainer Maria Rilke

Il vento
Oh, che vento monello!
Ci toglie il cappello,
stronca gli alberi vecchi,
e fischia negli orecchi…
Pure, ai navigli in mare,
le vele fa gonfiare
e trapianta erbe e fiori
come i seminatori.
Tutte pari le cose:
un po’ spine, un po’ rose;
e nessun male avviene,
senza un poco di bene. A. Pozzi

Il vento
Mi piace far dispetti
piegare gli alberetti;
far volare cappelli
e rovesciare gli ombrelli.
Sollevo polveroni,
ma scaccio i nuvoloni;
i panni al sole stesi
o alle finestre appesi
asciugo in un momento:
sono il monello vento!

Il vento
Io sono la brezza
che i fiori accarezza
lo zeffiro alato
che gioca sul prato
son mano gioconda
che scherza con l’onda
respiro sferzante
che spoglia le piante.
Son aspra tormenta
che in alto s’avventa
son fiato pungente
che ghiaccia il torrente.
Mutevole e vario
spietato e bonario
crudele e scherzoso
ignoro il riposo. G. Noseda

Vento
Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti
sconvolge l’acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.
Poi, stanco s’addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l’amore. A. Bertolucci

Il poeta ozioso
L’arpa d’oro
pende ai salici
il canoro
vento l’agita
non le dita
mie lo tocchino
l’infinita
anima l’animi
l’arpa al vento
al sole oscilla
brilla, squilla. G. Pascoli

Via col vento
Vola vola via col vento
per il vasto firmamento
va vicino, va lontano,
vola al monte, vola al piano
per il vasto firmamento
vola vola via col vento.

Il vento
Zompa per i tetti, sbuffa nei camini
mugghia sui vetri, in rapidi mulini
inferocito sibilando s’alza
poi, gonfio d’ira, a testa bassa incalza
fra un osannante polverume passa
una ruota di tenere fronde
mentre sui muri i tubi delle gronde
sbaccanano con colpi di grancassa. I. Drago

Vento d’autunno
Nella piazza il vento alzò a vela
nembi di polvere e foglie morte.
Graffiava i vetri, urtava le porte
sbandierava per l’alto un lenzuolo.
Poi balzò in cielo, urtò con furore
le sparse nuvole. Latrava, gemeva
con mugolii sordi faceva
il cane del celeste padrone. D. Valeri

Il vento
Oh, ma che fretta, signor spazzino,
con quella scopa sembri un mulino!
“Tutte le strade devo pulire,
perchè la neve possa venire.
Col cappuccio bianco e pulito
non vuole macchie sul suo vestito.
Povere foglie! Dopo il lavoro
ad una ad una, vanno anche loro
ma sulla terra sfiorita e nera
preparan già la primavera!

Il vento
Nell’aria grigia e morta
c’è un’onda di lamento.
Qualcuno urta la porta:
– Avanti! Passi! – E’ il vento.
Vento del Nord che porta
e neve e fame e stento:
la macchia irta e contorta
ulula di spavento.
Passano neri stormi
in frettoloso oblio;
passano nubi informi.
Tutto nell’aria oscura
passa e s’invola; addio
da non so qual sventura. (G. Pascoli)

 Viene il vento

Ecco, ora viene.
Oh, che allegria!
Tutti i cappelli
ci porta via.
Come una palla
li fa ruzzolare.
Ha una gran voglia
ei di scherzare.
Poi se la piglia
coi panni al sole,
che manda in terra
a far capriole.
Fa diventare
matte le fronde,
che si accarezzano
come fan l’onde.
Sibila, spruzza
fa andar tentoni,
scuote le porte,
spazza i balconi.
Poi tace… e quieto
se ne va via
su nell’azzurro…
oh, che allegria! (P. Boranga)

Il vento
In casa. E’ sera.
E’ primavera.
Di fuori sento
fischiare il vento.
Il vento è forte:
sbatte le porte.
Passan pei vetri
ululi tetri.
Guardo di fuori:
vedo bagliori.
Sono le stelle:
sembran più belle,
son lucidate
dalle ventate.
Giù nella strada
la gente  è rada.
Il vento, intanto,
leva il suo canto:
“Io spazzo via
ogni foschia;
dai miei furori
nascono fiori,
e la natura
faccio più pura”.
Ascolto il vento:
qual gioia sento! (M. Castoldi)

Le fatiche del vento
Molto ha da fare il vento con le nuvole,
frivolo armento senza disciplina.
Piace al sole con pompa e con ossequio
d’essere accolto in cielo ogni mattina:
e fin dall’alba, ecco il vento in servizio
a preparargli una regal cortina.
Sul vespro, poi, nuovo apparato!
Gli uomini soglion tra loro chiamar pazzo il vento;
forse perchè si pensa che non debbano
costar fatica alcuna, alcuno stento,
que’ suoi servigi; ma se gli si sbandano
le nubi e il sol se ne va via scontento?
Se ogni villano vuol acqua sul proprio
campicello, e lui, per firmamento,
gira e rigira non trova una nuvola,
quando poche sarebbero anche cento? (Luigi Pirandello)

I camicini
C’è un bucato di camicini
tutti in fila ad asciugare:
bianchi, rosa, celestini
ed il vento ci vuol giocare.
Piglia lo slancio; soffia giocondo;
i camicini si gonfian tutti
come le vele e il sole biondo
in un momento li rifà asciutti.
Uno si stanca, vola sul prato;
due pratoline si piglia a braccetto.
Così bianco e delicao
pare la veste di un angioletto. (G. Facco)

 Il vento
Ecco: è balzato da dietro il monte
e lesto scende giù nelle valli;
porta i capelli scomposti in fronte,
e guida cento pazzi cavalli.
E’ questo il vento. Grande fanciullo,
che scuote peschi, mandorli in fiore,
ruba cappelli per suo trastullo
e canta e fischia di buon umore.
Le nuvolette prende nel cielo,
queste trascina, quell’altre strappa
ne avvolge tutto come in un velo,
ma poi già stanco, lontano scappa.
gioca col sole, ruba i semetti
e li nasconde dove niun sa,
e un bel giorno tanti fioretti
vedi ed esclami: “Come fin qua?”.
E’ questo il vento; ride, schiamazza,
sembra che a tutto faccia la guerra;
ma non ha sempre la testa pazza,
chè niente è vano qui sulla terra. (Teresa Stagni)

Risveglio del vento
Nel colmo della notte, a volte accade
che si risvegli un bimbo,  il vento.
Solo, pian piano vien per il sentiero,
penetra nel villaggio addormentato.
Striscia, guardingo, sino alla fontana;
poi si sofferma, tacito, in ascolto.
Pallide stan tutte le case,  intorno;
tutte le querce mute. (R. M. Rilke)

Passa il vento
Passa il vento cantando ed accarezza
con le sue dita d’aria la ghirlanda
solitaria dei petali, l’ebbrezza
sottile degli steli. Non domanda
il vento i nomi ai fiori. Esso sa tutto.
Semina in ogni zolla, lieto vola
a rivedere la gemma ed il frutto:
Passa e carezza, ha una buona parola
per ogni erba che germina pian piano,
per la corolla che vacilla e muore
in silenzio nell’angolo lontano.
Proprio per questo l’ha fatto il Signore. (G. Porto)

Passaggio di nubi
Per le piste celesti
vanno le nubi a frotte:
viaggiano di notte
viaggiano nel dì.
A quale pellegrinaggio
s’affrettano ad andare?
Fanno ritorno al mare
di dove ognuna uscì?
Come un’agnella sbandata
cerca il gregge e il pastore
e nel crepuscolo d’oro
si perde il suo belato,
così una scompagnata
nuvola rosa in fretta
scavalca un’alta vetta
scomparendo al di là. (G. Porto)

Il vento
Il vento sta lavando le nubi.
prende una nube nera,
l’impregna d’acqua,
la torce con cura,
la sbatacchia al mulino,
ci bagna i campi,
lava il cielo;
ed ecco sbianca la nube
nera poc’anzi,
pronta ad essere appesa
al filo dell’orizzonte
ad asciugare. (A. M. Ferreiro)

Passa il vento
Ss… ss… sss! Che cosa accade?
Passa il vento per le strade!
Passa il vento freddo, forte:
porta via le foglie morte.
Sss… sss… ss! Eccole, vanno!
Chissà quando torneranno?
Non più il nido sulla rama
che ti parla; che ti chiama!
Non più il nido sotto il tetto:
anche il sole fa un giochetto…
scappa sempre più lontano…
vien la pioggia, piano, piano. (L. Nason)

Il vento
Sentite: chi bussa alla porta
fischiando sì forte?
Adesso è salito fin sopra la torre;
poi scende, borbotta, discorre:
Ancora risale su tetti e camini;
d’n tratto ricade
su piazze, su strade,
arruffa le piume dei passerini
e ruba i berretti ai bambini. (R. Rompato)

T’amo, vento
Io t’amo, vento, enorme
boscaiolo che scendi
fischiando dalle cime
e sbarbichi e scoscendi
e schiomi le foreste,
e ghiacci con un soffio
i fiumi ruinanti
e piombi sulle piane
suonando le campane. (O. Locchi)

Il vento
Esce di scuola il vento e gioca e fischia
e non ha libri nè berretto in testa;
cerca viole lungo la foresta
e sopra i pioppi dondola e s’arrischia… (R. Pezzani)

 Il vento
Guardo il vento e non lo vedo,
lo guardo lungamente e non lo vedo;
vedo solo gli alberi che pregano
e le foglie che corrono tra l’erba.
Guardo il tempo e non lo vedo,
lo guardo lungamente e non lo vedo;
vedo solo i bambini che crescono
e gli uomini che incanutiscono e si curvano. (Anatol E. Baconskj)

Vento d’autunno
Dove vanno le foglie arrossate
che il vento stacca dagli alberi?
Volano e passano; il brusio del vento
è tutto quello che rimane dell’autunno. (K. Saionji)

Tramontana
Oggi una volontà di ferro spazza l’aria
divelle gli arbusti, strapazza i palmizi
e nel mare compresso scava
grandi solchi crestati di bava.
Ogni forma si squassa nel subbuglio
degli elementi;
è un urlo solo, un muglio
di scerpate esistenze: tutto schianta
l’ora che passa: viaggiano la cupola del cielo
non sai se foglie o uccelli – e non son più.
E tu che tutta ti scrolli fra i tonfi
dei venti disfrenanti
e stringi a e i bracci gonfi
di fiori non ancora nati;
come senti nemici
gli spiriti che la convulsa terra
sorvolano a sciami,
una vita sottile, e come ami
oggi le tue radici.
(E. Montale)

Il vento portò da lontano
Il vento portò da lontano
l’accenno d’un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra i barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati…
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le tue squillanti canzoni.
(A. Bolk)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche su APRILE

Poesie e filastrocche su APRILE – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Nuvoletta gentile
Vanno le pecorelle
per le strade del cielo,
coprono sole e stelle
con un leggero velo.
Camminan dolci e quiete
notte, mattina e sera
e sciogliendosi in pianti
adornan di brillanti
madonna primavera.
La nuvola più bianca,
pur non essendo stanca,
non vuol più camminare
perchè da un fior che ha sete
s’è sentita invocare.
La chiaman le sorelle;
ma la nube gentile
in cielo non c’è più:
è discesa quaggiù,
dal fiore dell’aprile. M. Gianfaldoni Miserendino

Aprile
Questo mese canterino
che ha un fioretto sullo stemma,
non dimentica un giardino,
non si scorda di una gemma.
Mostra i suoi color più belli
da ringhiere e da cancelli.
Cuor contento ed occhi puri,
con un filo d’erba in bocca,
mette il verde anche sui muri.
S’addormenta in mezzo al prato:
è felice d’esser nato.
Sopra il monte aspetta il sole.
Tutti i doni ha nella sporta
per lasciarne ad ogni porta.
Ma per sè altro non vuole
che la piuma di un uccello
per ornarsene il cappello. Renzo Pezzani

Aprile
Così aprile in un giorno
m’ha dipinto il giardino:
di bianca calce tutto il muro intorno
e tutto il cielo del più bel turchino.
Di verde non ha fatto economia.
E’ così verde questa terricciuola
che sembra l’orto della poesia.
Che chiasso di colori in ogni aiuola
e quanti fiori, quanta fantasia
di blu, di rossi, di celesti e viola!
C’è un fior per tutti in questo mio giardino!
Fanne un mazzetto da portare a scuola!
Così dipinse April questa mia breve
terra intingendo il pennello nel cuore
fin che bastò il colore. Renzo Pezzani

Aprile
L’alba del tuo ritorno, o dolce aprile,
con infinita gioia salutiamo:
“Benvenuto” diciamo
“mese ridente, tiepido e gentile!” V. Lima Nicolosi

Aprile
Aprile pittore
sai dirmi quant’ore
avrai consumato
per rendere il prato
sì vago e sì bello?
Non ebbe il pennello
del tuo più divino
il grande d’Urbino!
Di mille colori
dai tingere i fiori
e il verde sfumare
di tinte ore chiare
ora cupe – i nidi
ti mandano gridi
festanti – fu greve
l’inverno di neve!
Ma tanto gentile
sei tu, vago aprile! A. Fucigna

Stornelli d’aprile
Fior d’amaranto
è tornato l’april, tiepido è il vento,
e già stilla dai tronchi il primo pianto.
Fior di frumento
mentre stilla dai tronchi il primo pianto,
ride di fiori l’albero contento. E. Panzacchi

Piccolo motivo d’aprile
La sorella ricama
nell’orto un fazzoletto.
Oh, come è lustro il tetto
di brina stamattina!
Una pendula rama
le tocca la testina.
Che strepito nel cielo,
che contesa canora!
La sorella lavora
con un sorriso gaio…
le scende un fior di melo
sul piccolo telaio. Marino Moretti

Pioggia d’aprile
Sui campi stamattina
scende una pioggia fina,
e musica soave
spande per ogni dove.
Tutta se ne commuove
la terra, che riceve
questa freschezza lieve
che dolcemente piove. A. Orvieto

Pioggia e sole d’aprile
Son aghi sottili
che sembrano fili
di liquido argento
stroncati dal vento.
La pioggia s’arresta,
la nube dilegua;
nell’ora di tregua
gli uccelli fan festa.
Ma i piccoli fili
d’acciaio lucenti
cadendo sottili
ritornan frequenti.
S’arresta la piova…
e il sole ritrova
tra nuvole rade
le azzurre sue strade. G. Cesare Monti

Canto d’aprile
C’è fra i rovi, ieri non c’era,
l’erba che trema come un verde fuoco,
l’ha perduta per gioco
la giovane primavera.
La pecorella vestita di lana
ora strappa le tenere foglie,
e per ogni ciuffo che coglie
batte un tocco di campana.
A quel suono fiorisce il pesco,
si schiudono le finestrelle,
e le rondini col cuore fresco
giungono dalle stelle.
L’acqua chioccia nella peschiera
rotonda come una secchia,
e l’allodola dentro vi specchia
il suo canto di primavera. R. Pezzani

Aprile
Allorchè torna aprile
campeggia sopra il prato il fiordaliso
e nell’acqua che corre
si specchia ogni bel viso.
Sull’albero l’uccello
canta soavemente: chi lo sente
rivede il paradiso. N. Moscardelli

Canto d’aprile
Già frondeggia, sfiorito, il biancospino
che primo salutò la primavera:
già il nido i merli, sul leccio e sul pino,
chiassosi fanno: e al giunger della sera
l’usignolo flauteggia innamorato.
Già grida nell’azzurro
il volo delle rondini veloci:
già le garrule voci
dei bambini sul prato
sopraffanno il sussurro
dei fiorellini a schiera,
e il cuore delle mamme, in quelle voci. V. Masselli

Pesci d’aprile
Attento, attento bambino!
C’è per aria un pesciolino
di panno, sporco di gessetto,
e qualcuno sussurra: “Lo metto
sulla schiena al più distratto”.
E’ un pesciolino matto,
un pesciolino d’aprile.
Se ti tocca, sii gentile;
si tratta d’un piccolo gioco,
uno scherzo che dura poco,
non più d’un giro di sole,
e l’usanza così vuole.
Il pesciolino che vola,
tra i piccoli della scuola,
è un segno primaverile
della gaiezza infantile.
Attento, attento bambino:
vola vola il pesciolino. V. Masselli

Mario
E’ come il cielo d’aprile:
piange, ma basta un nonnulla
(un passerotto che frulla,
o una pagliuzza) e il cortile
ode il suo riso beato.
Vedi? Il sereno è tornato.
Ma dura poco: si turba
(basta un nonnulla: una rossa
mela che coglier non possa,
o un’ape che lo disturba);
versa di pianto un barile…
E’ come il cielo d’aprile. M. Castoldi

Pioggia d’aprile
Attoniti dai nidi
nuovi, sui vecchi tetti
guardano gli uccelletti,
mettendo acuti gridi
cadere l’invocata
pioggia di mezzo aprile.
Tu dietro la vetrata
dalla finestra bassa
come lor guardi e ridi.
E’ nuvola che passa. L. Pirandello

Aprile
Ecco aprile giovinetto
che ha negli occhi le viole.
Con il primo mite sole
vien danzando per le aiuole
un allegro minuetto.
Lo salutano i ruscelli,
canticchiando in freschi cori:
lo salutano gli odori
delle mammole e dei fiori
ed il trillo degli uccelli. D. Dini

Pioggia d’aprile
Nuvole pazzerelle!
Scherzano su nel cielo
in un momento intessono
intorno al sole un velo.
Poi leste quattro gocciole
di pioggia spruzzan giù:
e al sol fuggendo, gridano:
“Adesso asciuga tu!” L. Schwarz

Aprile
Aprile, dolce dormire,
nel bianco tuo lettino,
mentre la cincia trilla
e frulla il cardellino… Hedda

Canti della mattina
Cantan le rose e cantan le viole.
cantano i gigli dalle verdi aiuole:
“Buongiorno, o sole!”.
E canta l’usignol, canta lo storno,
cantano i monti e il mare intorno intorno
“O sol buongiorno!”. R. Fucini

Il mago d’aprile
Buongiorno, mago aprile!
Sei tornato? – Si desta
al semplice suo tocco
con tre ghirlande in testa
nell’orto l’albicocco;
l’acacia nel cortile
mette il più bel monile;
le rondini dai nidi
gridano: “Vidi! Vidi!”
Buongiorno! Lo sparuto
margine del fossato
si veste del più ricco
mantello di broccato
per te, che faccia spicco;
e il ruscello già muto,
ripreso il flauto arguto
suona, portando al mare
argenti e perle rare. A. S. Novaro

Aprile
Verde, festoso, gentile
è il panorama d’aprile;
sembra dipinto a pennello
da qualche grande pittore.
“Guardate il cielo, che bello!”
bisbiglian le viole in fiore.
“Guardate il mare, che incanto!”
dicon le vele nel vento.
“Guardate le erbe, che manto!”
cantan le nubi d’argento.
Son fratelli e compagni
torrenti, rivoli e stagni;
son compagni e fratelli
passeri, tordi e fringuelli;
son fedelissimi amici
steli, germogli e radici. (L. Folgore)

Ritorna aprile
Allorchè ritorna aprile
campeggia sopra il prato il fiordaliso,
e nell’acqua che corre
si specchia ogni bel viso;
sull’albero l’uccello
canta soavemente:
e chi lo sente
rivede il paradiso. (N. Moscardelli)

Aprile
Andiamo a trovare
aprile
sull’erba dei prati!
Lo vedremo giocare
col vento lieve
di primavera,
snidare
col tiepido sole
i pigri animaletti,
lanciare
coi bimbi folletti
grossi aquiloni.
Andiamo a trovare
aprile. (A. Russo)

Aprile, dolce dormire
Svegliati, svegliati, campanaro,
la rondine canta, il cielo è chiaro!
Piglia la corda e suona le campane,
chè il fornaio vuol fare il pane,
ogni cuor vuol palpitare.
Ma in ogni casa mamma è desta,
e spalanca la finestra,
e fa tutto, ma pianino,
chè ancora dorme il suo bambino…
(Dorme con le manucce strette
e l’angelo chissà cosa ci mette).
E le campane delle chiesuole:
“Ah, che buon’aria! Oh, che buon sole!”
Fiorito è il monte, lucente il mare,
e tu, perchè non ti vuoi svegliare? (U. Betti)

Aprile
Escono i bambini dalla scuola,
e siedon sotto i nespoli in fiore,
sulle rive profonde del fiume.
Il cielo immobile e chiaro
moltiplica i loro sorrisi. (A. Madaro)

Sera d’aprile
Batte la luna soavemente
di là dei vetri,
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch’essa,
stupita,
sola,
nel prato azzurro del cielo (A. Pozzi)

Aprile
April dolce dormire!
E caldi calci, voi
fingete non sentire
la mamma e i baci suoi.
Eppur son già quattr’ore
che gli uccellini, a frotte,
cantan sui rami in giore
i sogni della notte.
Levatevi! C’è il sole,
che splende allegramente
nel cielo azzurro, e vuole
tutta scaldare la gente. (G. Mazzoni)

Aprile
Aprile, l’incerto, non sa cosa fare.
Gli piace la pioggia
la grandine bianca
il vento
le nubi
il sole
le viole…
Portate l’ombrello
perchè pioverà!
Portate il cappello
gran caldo farà… (K. Jackson)

Saluto d’aprile
E’ venuto aprile!
Dall’uscio ha fatto capolino
come un bambino!
Come un bambino che tenta
i primi passi, e poi si sgomenta,
e pensa… e ride con gli occhi stupiti
color del cielo,
ride al mondo grande,
alle nuvolette di velo! (U. Betti)

Aprile
Ancora assonnato
è il prato invernale
… che riposa.
Lenta, silenziosamente, vi cresce
la barba dell’erba; e tu, aprile,
ti diverti a tirarla e a spettinarla
con un pettine di vento, che è odoroso
più del miele…
E tremano e ridono il bosco
il cespuglio e la siepe:
perchè sulla loro
tenera pelle sta ora facendo
il solletico l’aprile scherzoso. (A. Toth)

Aprile
Aprile, il gran pittore,
va a spasso col pennello
e mette giù colore
per fare il mondo bello.
Dipinge di celeste
l’occhietto ai fiordalisi;
col bianco fa la veste
dei candidi narcisi;
alle margheritine
mette nel cuore il giallo;
alle campanelline
dà un tocco di corallo.
Di luce e di colore
veste la terra intera.
Poi domanda il pittore:
“Ti piace, oh primavera?”. (P. Antico)

Il mago Aprile
“Buongiorno, Mago Aprile!
Sei tornato?”. Si desta
al semplice suo tocco
con tre ghirlande in testa,
nell’orto l’albicocco;
l’acacia nel cortile
mette il più bel monile.
Le rondini dai nidi,
gridano: “Vidi, vidi!” (A. S. Novaro)

Pioggia d’aprile
Cadi piano, o sottile
pioggia primaverile!
Non battere la cima
del biancospino gentile,
se prima non l’ho visto. (dal giapponese)

Pioggia d’aprile
Che pazzerelle nuvole!
Scherzano su nel cielo…
In un momento intessono
intorno al sole un velo;
poi, lese, quattro gocciole
di pioggia spruzzan giù,
al sole, fuggendo, gridano:
“Adesso asciuga tu!” (L. Schwarz)

Gioia d’aprile
Per sapere la gioia dell’aprile
bisogna, amici, uscir per i sobborghi,
mirare il ciel, le vie dorate, gli orti,
e i colli che traspaiono laggiù.
Prime foglie tremanti su la rama
nuda, o lucenti nella terra bruna!
Si vorrebbe  baciarle ad una ad una,
piangendo di dolcezza e di bontà.
Una distesa d’orti. In primo piano:
selvette d’insalata ricciolina,
viali d’aglio, qualche testolina
di fagiolo che spunta a far cucù.
Dietro: tappeti di varia verdura
distesi in simmetria, tende pezzate,
molli trapunte, scure fiocchettate
di verze gialle e cavolfiori blu.
Nello sfondo, robinie che la guazza
ha ingioiellato di puri diamanti,
un filare di pioppi palpitanti…
e il cielo azzurro… La serenità. (D. Valeri)

E’ aprile

Ho visto, sotto i culmini dei monti,
bianchi di neve, disserrarsi i fonti;
scender chiare fiumane alla pianura,
e risalir le greggi alla pastura.
E al piano ho visto i campi di frumento
mareggiar verdi nel soave vento.
E volando sul mare di zaffiro,
ho sentito cantare il suo respiro,
e ho visto aprirsi vele di speranza,
ali di fiamma, sopra ogni paranza.
Genti: è aprile! La nuvola che va
spande sul mondo la felicità. (D. Valeri)

E’ nato aprile

Aprite le finestre: è nato aprile!
Il verde nei sentieri è traboccato,
escon le pecorelle dall’ovile.
Aprite le finestre: aprile è nato!
Spicchi di cielo sembran tutti i rivi,
nuvole rosa tutti i peschi in fiore,
e gli alberi di nidi si fan vivi,
ringiovanisce in ogni petto il cuore.
Le prime rose infiorano gli altari,
odora su dai prati il primo fieno;
la rondinella, attraversati i mari,
solca di voli e stridi il ciel sereno.
In tripudio d’amor si rannovella
tutta la terra e muta il grezzo panno
in una veste rilucente e bella.
Aprite, aprile, gioventù dell’anno! (F. Castellino)

Sera d’aprile

Batte la luna soavemente
di là dai vetri
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch’essa,
stupita,
sola,
nel prato azzurro del cielo. (A. Pozzi)

Prato d’aprile

C’era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull’erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trasecolava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell’aerea danza
ove l’ala era il fiore e il fiore l’ala. (A. Negri)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche sugli UCCELLI

 Poesie e filastrocche sugli uccelli – una collezione di poesie e filastrocche sugli uccelli, di autori vari, per la scuola d’infanzia e primaria.

Gli uccelli
E uccelli, uccelli, uccelli,
col ciuffo, con la cresta, col collare:
uccelli usi alla macchia, usi alla valle:
scesi, dal monte, reduci dal mare:
con l’ali azzurre, rosse, verdi, gialle:
di neve, fuoco, terra, aria le piume:
con dentro il becco pippoli e farfalle. (G. Pascoli)

Buon cuore
“Ecco” diceva il passero affamato
“la neve bianca ha tutto sotterrato,
non c’è un filo d’erba qua nell’orto.
Prima di sera certo sarò morto”.
Allora s’apre piano un balconcino
e compare il visetto d’un bambino.
Il bimbo sparge in fretta sul balcone
le bricioline della colazione.
Poi si ritira. Allegro è il passerino,
par che cinguetti un “grazie” a quel bambino. (A. Ferraresi)

Parlano i canarini
Dice la canarina al canarino:
“Ascolta un po’, mio caro maritino
lo zuccherino che ci mette qua
la nostra padroncina ogni mattina
mentre si fa la nostra dormitina,
sempre sparisce, e come non si sa”.
Allora per scoprire il mariuolo
dormono entrambi con un occhio solo.
Ed ecco vedon capitar, bel bello
il bambino di casa, un furfantello.
che pian pianino lo zuccherino tocca
e di nascosto se lo mette in bocca.
Scuotono tristi il capo i canarini:
“Che gentaglia son mai questi bambini!” (L. Schwarz)

Il gatto e l’uccellino
L’uccellino sulla pianta
ride al cielo e lieto canta
quando arriva di soppiatto
per ghermirlo un grosso gatto.
L’uccellino con un trillo
vola via felice e arzillo!
Ed il gatto a muso tetro
ci rinuncia e torna indietro. (Anonimo)

Invito alle rondini
O rondine, che torni d’oltremare,
mi presti l’ali tue sì belle e nere?
Per tutta la mia terra voglio andare
le cento sue città voglio vedere
e quando la mia terra avrò veduto
ti renderò le alucce di velluto. (A. C. Pertile)

Pettirosso
Nel giardino di un bambino
è arrivato un uccellino.
Gli occhi neri, il petto grosso
il suo nome è pettirosso.
Salta, vola tutto il dì
e fa sempre tic tic tic.
E l’autunno ci ha annunciato
il suo canto ha regalato. (Anonimo)

Mastropicchio e Verderacchia
Mastropicchio Saltapicchio
col suo becco picchia e fa:
Ticche ticche ticcetà
La Ranocchia Verderacchia
gli propone: Senti qua,
io canticchio gra gra gra,
tu accompagni ticchetà! ».
Gre gre, ticche, gre gre gre,
zumpa ticche, zumpetè!
Vien la guardia: «Cosa c’è?
Favoriscano con me,
in prigione per schiamazzo
e strombazzi da strapazzo
aggravati da rumori ».
Buona notte ai suonatori! (E. Zedda)

Il ritorno della rondine
Bimbo, ritorno al tetto ove son nata
che giovinetta ancora abbandonai
poichè la primavera è ritornata;
e sono piena di faccende ormai.
Ho sposato quel vispo rondinino
che dall’infanzia fu mio buon amico
s’acchiappo’ insieme il primo moscerino
or si fa il nido preso il nido antico.
Così, bambino, accanto a te, felici,
di padre in figlio resteremo amici. (L. Schwarz)

Scricciolo
Per star bene, a questo mondo
basta un bel nidetto tondo
dove i sette fratellini
si raccolgono vicini
fuori neve a larghe falde
dentro muschio e piume calde
si è felici nel tepore
così stretti cuore a cuore. (G. Grohmann)

Passerini
Il grosso tiglio è tutto un bisbigliare
di passerini, come un chiacchierare
sentite quanto sono birichini
sembrano proprio… un crocchio di bambini. (M. M. Orsenigo)

Casa piccola
“Quel vostro nido è piccolo,
rondini, come fate?
I vostri figli crescono
e ormai più non ci state”.
“Ci stiamo, sì, stringendoci
così, tutti vicini,
stanno più caldi e morbidi
i nostri rondinini.
Poco posto si tiene
quando ci si vuol bene”. (L. Schwarz)

Il nido
Di beccucci si contorna
sulla rama il piccol nido,
quando intende il dolce grido
della mamma che ritorna.
Poi la madre ancor s’affanna
per il loro nutrimento,
mentre il nido culla il vento
e gli fa la ninna nanna. (D. Dini)

La rondine
Rondinella,
nera e snella,
sorellina
birichina
dalla dolce primavera,
t’ho aspettata!
Sei tornata
con il sole
con le viole
con l’azzurro
e in un sussurro
voli, voli nella sera.
Io ti guardo
e ti sorrido,
rondinella svelta e nera. (Anonimo)

Preparativi
Guarda: un uccello
è sceso dalla gronda.
Frulla nell’aria,
va da fronda a fronda,
salta su tutti i pruni della siepe,
si nasconde
nell’edera un momento,
getta festoso un grido
e a lui, dal nido,
un gorgheggio risponde.
Ora una gola sola può cantare;
ma nel maggio
saranno cinque voci a cinguettare.
Ed egli cerca, cerca nelle aiuole…
Ecco che trilla al sole
e torna al nido,
lieto, portando un piccolo fuscello.
un filo d’erba, un petalo, un granello. (G. Cesare Monti)

Uccelletto
In cima a un’antica pianta,
nel roseo ciel del mattino,
un uccelletto piccino
(Oh, come piccino!) canta.
Canta? Non canta: cinguetta.
Povera piccola gola,
ha in tutto una nota sola,
e questa ancora imperfetta.
Perchè cinguetta? Che cosa,
lo fa parer così giulivo?
S’allegra d’esser vivo
in quella luce di rosa. (A. Graf)

Ad una rondinella
O rondinella che hai passato i monti,
quanti paesi hai visto uguali al mio?
Perchè non t’avvicini e non racconti?
O rondinella che hai passato il mare,
gente diversa hai visto all’altra riva?
Perchè non me lo vieni a raccontare?
Io t’ho aspettato tanto, o rondinella,
tante notizie volevo sapere,
ma tu non parli nella mia favella
e voli via col l’ali tue leggere. (M. Remiddi)

La prima rondine
C’è un tremolar d’azzurro
oggi nell’aria,
un luccicar di verde
oggi nel sole,
un vago odore
di viole appena nate.
Entra giuliva
dalle finestre spalancate
la primavera in fiore.
Io seguo con occhi sospesi
lo stridulo volo di un’ala
che rade il tetto e scompare
via nell’aria, nel sole! (A. Morozzo Della Rocca)

Uccellin
Uccellin che non ti vedo
dove canti così lieto?
Ruvida l’aria, nudi i rami
ancora è inverno e tu già canti?
“Primavera, viene, viene, viene,
io lo so, io lo so, io lo so”
Oh come folle tu canti! Ma dove?
Nel cuore, nel cuore tu canti:
invisibile ti vedo, ti sento,
nell’aria ruvida, sui nudi rami:
annunzi che viene, che sempre ritornerà! (A. S. Novaro)

Il vecchio pero e la rondine
C’era un tempo un vecchio pero
che dormiva smorto e nero
nel freddo cortile.
Sotto vento, pioggia o neve
dormiva d’un sonno ben greve!
Tutta la neve che l’inverno caccia
gli assiderava le braccia,
la pioggia acuta e sottile
lo penetrava ostile,
il crudele e triste vento
lo staffilava con accanimento;
ma l’albero nulla sentiva;
sotto la sferza della rabbia viva
dormiva dormiva dormiva.
A San Benedetto
su l’alba rosata fu vista
una rondinella vispa
calare a tese ali sul tetto.
Rondine bruna, rondine gaia!
Posata sulla grondaia,
accanto al pendulo nido
miracoloso, ed ecco
il povero albero secco
irrigidito
che tanto aveva dormito
si svegliò fra tesori
di ciocche di fiori. (A. S. Novaro)

La rondinella
Torna la rondinella,
torna di là dal mare;
ha l’ali molto stanche
e deve riposare…
Qui, sotto la mia gronda,
c’è un piccol posticino,
il sol tutto lo inonda,
quando si fa mattino.
Vieni, rondine bella,
qui il nido a fabbricar;
qui posa l’ali stanche
dal tuo lungo volar. (R. Fumagalli)

Mimmo e le rondini
E due rondini ho sentito
che facean grandi complotti
coi loro cinque rondinotti.
“C’è” dicean, “un fratellino
(non ha nido, non ha penne,
ma per certo è un rondinino),
ch’è padrone del giardino.
Non ha nido e non ha penne,
ma padrone è certamente.
Se volesse, in men che niente,
ci potrebbe far contente”.
“Vacci tu” dice una rondine.
“Vacci tu” dice quell’altra.
“Tu che sai come si parla!
Tu che mai non ti confondi!”.
La nidiata è in gran subbuglio
perchè ha visto un bel cespuglio.
“Fate presto! Che s’aspetta?
Abbiam fretta, fretta, fretta!”
“Io ci vo se ci vai tu…”
e due rondini ecco giù.
“Messer Mimmo, rondinino,
padroncino del giardino,
tu puoi farci un gran piacere.
Il giardino è da vedere,
con la veste sua gaietta
tutta verde e tutta rosa.
C’è un odor di fragoletta
che solletica la gola.
La ghiaiuzza brilla e cricchia
e canticchia la fontana.
Questo è un eden di beltà.
Ma quel gatto che ci fa?”
Ah, che gioia, detto fatto,
inseguir quel tristo gatto
che vuol male ai rondinotti.
Tra i limoni e i bergamotti
si nasconde pancia a terra,
ora è entrato nella serra,
ora casca nella vasca…
Zum! Che balzo! E sul muretto,
è scappato, poveretto,
di paura morirà.
Ma che muoia! Ben gli sta!
“Pio pio pio, buon fratellino
rondinino, fior di lino,
grazie!” pigola il nidietto. (Terèsah)

Un rondinotto
E’ ben altro. Alle prese col destino
veglia un ragazzo che con gesti rari
fila un suo lungo penso di latino.
Il capo ad ora ad ora egli solleva
dalla catasta di vocabolari,
come un galletto garrulo che beva.
Povero bimbo! di tra i libri via
appare il bruno capo tuo, scompare;
come d’un rondinotto, quando spia
se torna mamma e porta le zanzare. (G. Pascoli)

Cuculo
La canzone l’ho capita
che ricanti fino a sera
di bei fiori rivestita
fa ritorno primavera.
Tu lo narri ad ogni pianta
lo ripeti ad ogni fiore
la tua gioia è tanta e tanta
e non puoi tenerla in cuore.
Ogni cosa si ridesta
gelo e nebbia non son più
il tuo cuore è tutto in festa
sì, cucù cucù cucù! (V. Giulotto)

Passerotti
Ci ci ci, ci ci ci
anche noi siamo qui
passerotti dei prati
impazienti ed affamati
con le alucce distese
le codine protese
siamo in tanti, siamo qui
dacci il pane, ci ci ci. (Anonimo)

Cardellini
Posati
su esili fili d’erba
archi di colore
oscillano
mossi dal vento. (P. Pesce)

Due rondini
Due rondini nella luce
al di sopra della porta e ritte nel loro nido
scuotono appena la testa
ascoltando la notte.
E la luna è tutta bianca. (J. Prévert)

Uccelli
Ci ci ci, ci ci, ci ci,
fan gli uccelli tutto il dì
e preparano nidietti
per deporvi i loro ovetti.
Ci ci ci, ci ci, ci ci,
fan gli uccelli tutto il dì. (Anonimo)

Uccelli
Quando vedo gli uccelli librarsi nell’aria
planare e po buttarsi in picchiata
attraverso il cielo,
nelle profondità del mio spirito sento
un ardente desiderio di volare.
Solo un folle può dimenticare
di lodare la vita nella sua potenza
quando anche gli uccelli spensierati
la lodano ogni giorno con il loro volo. (Anonimo)

L’albatro
Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
il vascello che va sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
che, inetti e vergognosi, questi re dell’azzurro
pietosamente calano le grandi ali bianche,
come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
l’altro, arrancando, mima l’infermo che volava!
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
che abita la tempesta e ride dell’arciere;
ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
per le ali di gigante non riesce a camminare. (C. Baudelaire)

Il passero solitario
D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia vóto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirornmi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro. (G. Leopardi)

Rondine
Vieni, vieni rondinina
a abitar la tua casina
vieni qui sotto la gronda
a danzare la tua ronda
a destarci al nuovo dì
col tuo lieto ci ci ci. (Anonimo)

Rondine
Io vengo da lontano, ci ci ci
ho sorvolato il mare tanti dì.
Di ritrovare il nido son beata
perchè quel lungo viaggio mi ha stancata.
Con quanta gioia deporrò gli ovini
da cui nasceran presto i miei piccini!
Da mane a sera mi vedrai volare
per poterli ogni giorno poi sfamare.
E quando spunta il dì e quando muore
mi sentirai cantare a tutte l’ore. (E. Minoia)

Coraggio nelle avversità
“Cip cip”, fa un passerino da una pianta
“tutto è sepolto nella neve bianca!”
“Cip cip” piangono gli altri, “la va male:
non c’è più quasi niente da mangiare!”
“Cip, cip-cip, cip.” fa il passerotto saggio:
“Eh, nell’avversità ci vuol coraggio.
Pazza l’inverno e dopo i suoi rigori
si ridiventa tutti gran signori”. (L. Schwarz)

Uccellini
Uccellini, non sapete,
ch’è venuta primavera?
Avant’ieri ancor non c’era
oggi, invece, a un tratto è qui!
Uccellini, non vedere
come d’oro splende il sole?
Salutate il primo fiore
con un lieto ci ci ci. (L. Schwarz)

L’uccellino
Scocca come una freccia un uccellino
sul ramo verde posa un momentino
gira gli occhietti, getta un trillo e va…
piccolo vaso di felicità. (L. Schwarz)

Lo scricciolo
Uno è rimasto, il più piccino,
di tanti uccelli volati via,
un batuffolo di piume
che non sa malinconia;
un batuffolo irrequieto
tra i rametti della siepe,
così piccolo che pare
un uccello da presepe.
Vispi occhietti, alucce lievi,
un codino impertinente,
così gaio e spensierato
che può vivere di niente.
Nella campagna tacita, bianca,
che il gelo tiene prigioniera,
pare la nota dimenticata,
d’una canzone di primavera.
Sempre gaio, sempre lieto,
senza timore del domani,
pare un bimbo poverello
che tiene la gioia nelle sue mani. (G. Ajmone)

Aquila
Aquila che nel ciel spieghi solenne
il volo, a salutare il dì nascente,
fatte di luce sembran le tue penne,
come il pensier che sorge nella mente.
Regale e solitaria sulle alture
guardi la terra giù come straniera,
non son fatte per te le mie pianure,
della luce e dell’aria tu sei fiera.
Ti culli nell’azzurro sconfinato,
spazi con l’occhio nell’immensità
e l’aspre rupi, dov’hai nidificato
sono un rifugio quando il sol cadrà. (Anonimo)

L’usignolo
Gira e rigira di qua e di là
la cinciallegra dove sarà?
Sarà andata col suo figliolo
a fare visita all’usignolo:
“Usignolo, puoi tu insegnare
quell’arte belle di cantare?”
L’usignolo dice di no
l’arte bella insegnare non può
l’arte bella vien da dio
tu hai il tuo canto
ed io ci ho il mio. (L. Schwarz)

Il passero solitario
Tu nella torre avita,
passero solitario,
tenti la tua tastiera,
come nel santuario
monaca prigioniera
l’organo, a fior di dita;
che pallida, fugace,
stupì tre note, chiuse
nell’organo, tre sole,
in un istante effuse,
tre come tre parole
ch’ella ha sepolte, in pace.
Da un ermo santuario
che sa di morto incenso
nelle grandi arche vuote,
di tra un silenzio immenso
mandi le tue tre note,
spirito solitario. (G. Pascoli)

Dialogo
Scilp: i passeri neri su lo spalto
corrono, molleggiando. Il terren sollo
rade la rondine e vanisce in alto:
vitt. . . videvitt. Per gli uni il casolare,
l’aia, il pagliaio con l’aereo stollo;
ma per l altra il suo cielo ed il suo mare.
Questa, se gli olmi ingiallano la frasca,
cerca i palmizi di Gerusalemme:
quelli, allor che la foglia ultima casca,
restano ad aspettar le prime gemme.
Dib dib bilp bilp: e per le nebbie rare,
quando alla prima languida dolciura
l’olmo già sogna di rigermogliare,
lasciano a branchi la città sonora
e vanno, come per la mietitura,
alla campagna, dove si lavora.
Dopo sementa, presso l’abituro
il casereccio passero rimane;
e dal pagliaio, dentro il cielo oscuro
saluta le migranti oche lontane.
Fischia un grecale gelido, che rade:
copre un tendone i monti solitari:
a notte il vento rugge, urla: poi cade.
E tutto è bianco e tacito al mattino:
nuovo: e dai bianchi e muti casolari
il fumo sbalza, qua e là turchino.
La neve! (Videvitt: la neve? il gelo?
ei di voi, rondini, ride:
bianco in terra, nero in cielo
v’è di voi chi vide . . . vide . . . videvitt?)
La neve! Allora, poi che il cibo manca,
alla città dai mille campanili
scendono, alla città fumida e bianca;
a mendicare. Dalla lor grondaia
spiano nelle chiostre e nei cortili
la granata o il grembiul della massaia.
Tornano quindi ai campi, a seminare
veccia e saggina coi villani scalzi,
e – videvitt – venuta d’oltremare
trovano te che scivoli, che sbalzi,
rondine, e canti; ma non sai la gioia
-scilp- della neve, il giorno che dimoia. (G. Pascoli)

L’uccellino del freddo
Viene il freddo. Giri per dirlo
tu, sgricciolo, intorno le siepi;
e sentire fai nel tuo zirlo
lo strido di gelo che crepi.
Il tuo trillo sembra la brina
che sgrigiola, il vetro che incrina. . .
trr trr trr terit tirit
Viene il verno. Nella tua voce
c’è il verno tutt’arido e tecco.
Tu somigli un guscio di noce,
che ruzzola con rumor secco.
T’ha insegnato il breve tuo trillo
con l’elitre tremule il grillo . . .
trr trr trr terit tirit. . .
Nel tuo verso suona scrio scrio,
con piccoli crepiti e stiocchi,
il segreto scricchiolettio
di quella catasta di ciocchi.
Uno scricchiolettio ti parve
d’udirvi cercando le larve. . .
trr trr trr terit tirit. . .
Tutto, intorno, screpola rotto.
Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
Così rompere odi lì sotto,
così screpolare lì dietro.
Oh! lì dentro vedi una vecchia
che fiacca la stipa e la grecchia. . .
trr trr trr terit tirit. . .
Vedi il lume, vedi la vampa.
Tu frulli dal vetro alla fratta.
Ecco un tizzo soffia, una stiampa
già croscia, una scorza già scatta.
Ecco nella grigia casetta
l’allegra fiammata scoppietta. . .
trr trr trr terit tirit. . .
Fuori, in terra, frusciano foglie
cadute. Nell’Alpe lontana
ce n’è un mucchio grande che accoglie
la verde tua palla di lana.
Nido verde tra foglie morte,
che fanno, ad un soffio più forte. . .
trr trr trr terit tirit. (G. Pascoli)

L’assiuolo
Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù…
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù…
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?…);
e c’era quel pianto di morte…
chiù… (G. Pascoli)

Lo stornello
– Sospira e piange, e bagna le lenzuola
la bella figlia, quando rifà il letto,-
tale alcuno comincia un suo rispetto:
trema nell’aurea notte ogni parola;
e sfiora i bossi, quasi arguta spola,
l’aura con un bruire esile e schietto:
– e si rimira il suo candido petto,
e le rincresce avere a dormir sola.-
Solo, là dalla siepe, è il casolare;
nel casolare sta la bianca figlia;
la bianca figlia il puro ciel rimira.
Lo vuole, a stella a stella, essa contare;
ma il ciel cammina, e la brezza bisbiglia,
e quegli canta, e il cuor piange e sospira. (G. Pascoli)

Il nido
Dal selvaggio rosaio scheletrito
penzola un nido. Come, a primavera,
ne prorompeva empiendo la riviera
il cinguettio del garrulo convito!
Or v’è sola una piuma, che all’invito
del vento esita, palpita leggiera;
qual sogno antico in anima severa,
fuggente sempre e non ancor fuggito:
e già l’occhio dal cielo ora si toglie;
dal cielo dove un ultimo concento
salì raggiando e dileguò nell’aria;
e si figge alla terra, in cui le foglie
putride stanno, mentre a onde il vento
piange nella campagna solitaria. (G. Pascoli)

Gli uccellini
Nella siepe tutta spini
son rimasti gli uccellini,
perchè il rovo e il biancospino,
il sambuco e l’agazzino
hanno bacche colorite,
nutrienti e saporite.
Ma lombrichi e chioccioline,
ricci, serpi e formichine,
la lucertola curiosa
(e il ramarro che riposa)
stan nascosti a sonnecchiare,
finchè il sol potrà tornare,
stan nascosti giorno e sera,
aspettando primavera.

Il nido solo
O rondinella nata in oltremare!
Quando vanno le rondini e qui resta
il nido solo, oh, che dolente andare!
Non c’è più cibo qui per loro, e mesta
la terra, e freddo è il cielo, tra l’affanno
dei venti, e lo scrosciar della tempesta.
Non c’è più cibo. Vanno. Torneranno?
Lascian la lor casa senza porta;
tornano tutte al rifiorir dell’anno. (G. Pascoli)

Partono le rondini
Oh, rondinelle! E’ triste il vostro addio,
benchè sia pieno di festosi gridi:
è tanto triste come il dondolio
che fan tra i ramoscelli i vuoti nidi.
Oh rondini! E’ pur dolce ai nostri cuori
questa vostra partenza agile e gaia,
che ci rammenta i piccoli rumori
che facevate sotto la grondaia!
S’alzan nel cielo della rosea sera
le rondinelle a stormi e a tribù.
Ritorneranno tutte a primavera?
Forse qualcuna resterà laggiù. (M. Moretti)

Piccolo nido
Piccolo nido lì sotto la gronda,
sei stanco, è vero? Stanco d’aspettare?
Oh, tra poco la rondine gioconda
ripasserà, per te, tutto quel mare!
La neve, il vento, il freddo, la bufera
non t’han guastato: sotto il tetto fido
verrà la rondinella bianca e nera…
Un altro poco ancor, piccolo nido! (Zietta Liù)

L’albero secco e la rondine
A San Benedetto,
su l’alba rosata fu vista
una rondinella vispa
calare a tese ali sul tetto.
Rondine bruna, rondine gaia!
Posata sulla grondaia,
accanto al pendulo nido,
mise un piccolo grido,
ed ecco
il povero albero secco
irrigidito,
che tanto aveva dormito,
si svegliò tra tesori
di ciocche di fiori. (A. S. Novaro)

Il nido
Io vidi ieri sotto al mio balcone
una casetta aperta all’aria, al sole;
intesi una sottil, dolce canzone
vagar per l’aria e coll’odor di viole.
“Prendiamo il nido!” e rapido balzai
sul vecchio fico che la vecchia casa
protegge, e tra le fronde m’affacciai:
… l’anima mia fu di dolcezza invasa.
La rondinella dalle alucce scure,
da cinque becchi aperti circondata,
quale mammina, che dà affetto e cure,
porgeva all’uno e all’altro l’imbeccata.
Mi parve allor veder la mamma mia
con noi piccini intorno… E ne provai
un rimorso sottile; ritirai
la mano, e ridiscesi nella via. (Hedda)

Rondine
Sui fili del telegrafo
la rondine saltella:
dà un trillo, un guizzo, vola…
Spicca nel cielo nitido,
piccola cosa bella,
piccola cosa sola
che frulla, trilla, va:
cuore che batte nell’immensità. (Hedda)

La prima rondine
Come una monachella
vestita di bianco e di nero,
la prima rondinella
è giunta dall’altro emisfero.
Sporgente dalla grondaia
la chiama il bel nido natio,
e par che gli risponda
girandogli attorno: sei mio.
E quando sotto il tetto
nel piccolo nido pispiglia,
palpita in ogni petto
l’amor della dolce famiglia. (R. Pitteri)

Rondini sul mare
Caduto il soffio della tramontana
ecco le prime rondini sul mare!
giungono d’oriente a salutare
le tue piagge dolcissime…
Alacri nel desio dei loro nidi
le rondini traversano il sereno:
una vien sola innanzi, messaggera.
Le guarda il pescatore, ode gli stridi,
pensa: ieri partirono… è un baleno
il tempo. Ecco tornata primavera. (F. Pastonchi)

La buona notte delle rondini

Quando muore il dì perduto
dietro qualche oscura vetta,
quando il buio occupa muto
ogni vuota oscura via,
una strana frenesia
tra le rondini scoppietta.
Come bimbi sopra l’aia
giocan elle con giulive
grida intorno alla grondaia;
e poi su nel cielo rosa
vanno vanno senza posa
dove Iddio soletto vive.
Gaie arrivano in presenza
del buon Dio, che tutto accoglie;
una bella riverenza
fa ciascuna, e poi dice:
“Sia la notte tua felice!”
Dice e il volo quindi scioglie.
Scioglie il volo, e giù si china
con un poco di tremore
per la lieve aria turchina;
e ritrova le sue orme,
trova il nido, e ci si addorme
col capino sopra il cuore. (A. S. Novaro)

Ritornava una rondine al tetto

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.
Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: -Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono…
Ora là nella casa romita,
lo aspettano, aspettano invano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano. (G. Pascoli)

 Il cuculo

O cuculo, bel cuculo barbogio
che veli sopra il fresco canepaio
cantando il tuo ritornello gaio,
il vecchio ritornello d’orologio:
tu sei la primavera pazzerella,
che si nasconde e canta allegra: -Orsù,
venitemi a pigliar… cucù! Cucù!-
dietro il frumento che va in botticella.
E quando, dopo un lungo inseguimento,
tu speri d’acciuffarla nel frumento,
ella, che ti spiò e venir ti vide,
eccola là, che canta e ti deride
da un alto pioppo, tremulo d’argento,
che s’alza in fondo al campo di frumento.
O cuculo mio del cuculo vaio
che voli sopra il fresco canepaio. (G. Govoni)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

 

Poesie e filastrocche sui FIORI

Poesie e filastrocche sui fiori: una collezione di poesie e filastrocche sui fiori, di autori vari, per bambini della scuola materna e primaria.

Fiore

Portatemi pure l’anello del re
ma questo fioretto lo tengo per me.
C’è forse nel mondo qualcuno che vide
un fior di geranio che scotta, che ride,
macchiare d’un sangue più rosso e cocente
di questo, una casa di povera gente?
C’è forse più fresco, più vago giardino
di questo vasetto che vale un soldino;
che guarda la nuvola, aspetta l’uccello,
nè siepe ha di spino, nè chiuso cancello?
In quale camino c’è dunque una brace
più viva, più pronta a scaldare la pace?
C’è forse nel mondo, più ricco uno scrigno
di questo vasetto di coccio rossigno;
un salvadanaio di tanti tesori
che dà, come questo, a chi vuole, i suoi ori?
C’é forse altra grazia più vera e segreta
che accenda pensieri, che ispiri il poeta?
Se spicco quel fuoco e lo metto all’occhiello,
il mondo mi guarda, diventa il più bello.
Portatemi pure lo scettro del re
ma questo fioretto lo tengo per me. (R. Pezzani)

Fiori
Sono i fiori
una sublime lezione
d’altruismo:
a tutti, per niente,
dispensan profumi e colori:
sanno
di render meno triste la terra.
Degli uomini nessuno può guardarli
senza diletto,
a meno che in suo petto
dell’egoismo non racchiuda i tarli. (R. Penaglia)

Primule
Sbocciano al tenue sole
di marzo ed al tepor de’ primi venti,
folte, a mazzi, più larghe e più ridenti
de le viole.
Pei campi e su le rive,
a piè de’ tronchi, ovunque, aprono a bere
aria e luce anelando di piacere,
le bocche vive.
E son tutti esultanza
per esse i colli; ed io le colgo a piene
mani, mentre mi cantan per le vene
sangue e speranza. (Ada Negri)

Il biancospino
Di marzo, per la via delle fontane,
la siepe s’è svegliata tutta bianca:
ma non è neve, quella: è biancospino
tremulo ai primi soffi del mattino.
Si destano lontano le campane
e l’acqua di cantar non è mai stanca. (Angelo Orvieto)

Camomilla
Oh Camomilla, tenero fiore
togli la bua, togli il dolore,
alla mia bimba disperata,
che piange tutta sconsolata.
Con la corona dai raggi bianchi,
fai ristorar gli occhietti stanchi.
Con il giallo del capolino,
togli la bua dal suo pancino.
Con il profumo dolce e grazioso
concedi a lungo un buon riposo.
(di C. Folcando – Edita)

Margherite
Sopra l’erba novella
fiorite a cento a cento,
fremon le margherite
nel brivido del vento.
Testolina dorata,
collaretto d’argento,
stelo breve e diritto
grazioso portamento.
Coglierla? Ma vi pare?
Pel gusto di un momento
stroncar tanta esistenza?
Triste divertimento.
Vedete come godono
la carezza del vento?
E come si compiacciono
d’essere a cento a cento? (C Del Soldato)

La pratolina
“Oh, graziosa pratolina
che sorridi fra l’erbetta
tinta ancor di bianca brina,
perchè mai cotanta fretta?
Bigio e tetro è ancora il cielo,
fredda è l’aria e gelo in terra;
stende ancor la neve un velo,
sono i vasi ancora in serra.”
“Non m’importa della brina
non m’arresta un po’ di neve;
primavera è qua vicina
col suo passo lieve lieve.
Fra non molto spunteranno
sulle prode le viole;
dalle nubi eromperanno
caldi i raggi del bel sole. (Domizio Vignali)

Fiorita
Ecco i peri, i peschi, il melo
in fiorita prodigiosa;
ci fu mai più bella cosa
di quei ciuffi bianchi e rosa
contro il cielo? (Puch)

Il biancospino
Il biancospino è in fiore.
Della neve ha il colore.
Le brocche son gremite
di corolle infinite,
leggiadra nevicata
che non dilegua al sole,
ma cede a una ventata…
Per te ridon le aiuole
più chiare nel mattino
lucente biancospino. (M. Castoldi)

Bucaneve
Scricchiolando lieve lieve
l’ultima crosta di neve
s’è infranta. Chi la rompeva?
E dalla neve il bucaneve è nato.
Così, di dentro al suo guscio,
anche il pulcino apre un uscio
per farsi avanti nel mondo… (F. M. Bongioanni)

La canzone delle viole
Piccine, azzurrine,
baciate dal sole
noi siamo le dolci,
le prime viole.
Superbe non siamo,
non siamo curiose
le foglie tenere
ci tengono ascose.
Col mite profumo,
con voce sommessa,
cantiamo del marzo
la dolce promessa. (Ida Alliaud)

La prima margherita
Si risvegliò la prima margherita
tra l’erbe nuove sopra il breve stelo;
ancora tutta chiusa e infreddolita
levò la testa per guardare il cielo.
Vide venir la primavera e allora
gridò: “Fiorite, o sorelline, è l’ora!”
(Lina Schwarz)

La pratolina
Sulle rive del ruscello
tinte ancor di bianca brina,
è sbocciata, timidetta,
una bella pratolina.
Allo zefiro si culla
e sorride al sol, felice;
al bambin che la saluta
in segreto parla e dice:
“La stagione fredda e tetra
finalmente è per finire,
guarda il mandorlo ed il pesco,
sono lì per rifiorire! (Domiziano Vignali)

Il fiore
Ferma sopra la zolla
guardava con stupore
una bambina un fiore
dalla strana corolla.
“Oh corolla stupenda
che tremi in mezzo al prato,
per lo stelo dorato
aspetta che ti prenda!”
E corsero i piedini
sul prato di rugiada
trapunta di rubini.
Tese la mano. E la gialla
corolla stese al vento
l’ala di un volo lento.
Era un gran farfalla. (Giuseppe Porto)

Frutto e fiore
Non lo toccare il fiorellin del melo:
esso ci annuncia ch’è passato il gelo.
Rispetta il fiore se del frutto hai voglia;
rispetta il fiore e non toccar la foglia. (F. Dall’Ongaro)

Prato
Guarda giù nell’erba folta:
forse un angelo è passato;
mai si videro nel prato
tanti fiori in una volta.
Tanti e tutti così belli
che farfalle e farfallini
stupefatti fanno inchini
ora a questi ed ora a quelli.
E se poi deve passare
svolazzando qua e là,
sai la brezza cosa fa?
Chiude l’ali e sta a guardare. (D. Rebucci)

Pratolina
Pratolina appena nata,
chi di frangia ti ha vestita
chi ti ha d’oro incoronata?
Ti dischiudi sul mattino
e saluti di lontano
le farfalle e l’uccellino.
Ti raccogli verso sera
come un cuor che si prepara
al silenzio e alla preghiera. (D. Rebucci)

A nascondino
C’era una piccola
margheritina
nata da poco,
vispa e carina.
Diceva: “Mamma,
voglio giocare,
ma sono sola,
che posso fare?”
“Gioca col sole,
piccina mia,
fa’ a nascondino
con allegria!”.
La piccolina
col sole giocò:
ed lui, sì grande,
non rifiutò.
Sotto una foglia
lei si celava,
chiamava: “Cu cu!”
Lui la cercava.
Ed anche l’aria
si divertiva,
passava cauta
e il fiore scopriva. (A. Cuman Pertile)

 La violetta e la pervinca

La violetta mammola è sbocciata
in mezzo all’erba tenerella e bassa;
ma subito in gran fretta s’è chinata
per potersi nascondere a chi passa.
Ma l’azzurra pervinca a lei vicina
guarda in alto col grande occhio contento
tutta si mostra e dice: “O sorellina,
esci tu pure, e godi il sole e il vento.”
La violetta mammola risponde:
“Dio concesse una grazia ad ogni fiore:
da me un profumo lieve si diffonde,
a te fu dato invece un bel colore”. (M. Dandolo)

La violetta

Troppo presto sei nata,
mite viola del pensiero!
Forse il cielo ti ha ingannata,
ieri azzurro ed oggi nero?
Fredda e cupa vien la sera
con la notte torna il gelo.
Trema e muore sullo stelo
la gentile mammoletta
che voleva, troppo in fretta,
annunciar la primavera. (E. Ottaviani)

La prima viola
La neve è stata tanta e sulla via
anche quel cespo triste di viole
sembrò morir, ma guarda che magia!
da quanto è ritornato il biondo sole
apparve qualche foglia e, meraviglia!
un profumo mi tocca, mi commuove
come una voce che nel cuor consiglia
e sveglia in fondo al cuore voci nuove.
Quel profumo mi fece un po’ curiosa
e, cercando, una timida viola
scopersi come fata misteriosa
tra l’erba verde così sola sola… (L. Nason)

Nel prato

Nel mare verde del prato
tutto fili d’erba novella,
il bimbo si tuffa beato
e grida, ride, saltella
come uccello spensierato.
Meraviglie di coccinelle.
di farfalle, di bruchi, insetti,
variopinte campanelle,
scarabei in corsaletti;
e poi gocciole di brillanti,
gocciole di rugiada,
sui fili d’erba tremanti
verdi come la giada.
Papaveri tinti di rosso,
lucertole nel canneto,
raganelle lungo il fosso,
scopre il bimbo ogni segreto,
nel mare verde del prato.
Come lieve passan l’ore,
che meraviglia il creato
e le opere del Signore! (V. Seganti Pagani)

Il fiore di prato

Guarda com’è vestito,
neppur l’imperatore
ebbe un simile manto.
Che seta! Che splendore!
Lo lava la rugiada,
lo distende l’aurora,
col suo pennello vivo
il sole lo colora.
Che mirabile cosa
ogni fiore di prato!
La margherita ha un nitido
colletto inamidato:
il ranuncolo giallo
un abito tessuto
con i raggi del sole:
la viola è di velluto,
la mammola nei petali
ha il velo della sera,
e il miosotide è cielo,
cielo di primavera.
Che seta, che spendore
ogni fiore di prato.
Nessuno l’ha vestito,
nessun l’ha seminato.
Soltanto tu, Signore. (L. Nason)

Il gelsomino notturno

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle…

Il fiore azzurro (il lino)

Disse un bel fiore azzurro:
“Il vento mi carezza
con un lieve sussurro;
l’aurora mi regala
brillanti di rugiada,
che il calore del sole poi dirada.
Non profumo gli altari
né mi recano in dono,
in giorni lieti e cari,
i bimbi e le fanciulle;
sullo stelo fiorisco,
specchio l’azzurro cielo e poi finisco.
E mi tramuto in tela
candidissima e molle,
per l’altare e la vela,
per bendare le ferite
e fasciare il bambino
nudo, nella sua culla:
io sono il lino!” (E. Pesce Gorini)

Alla primula 
Nel nome hai la modesta
tua grazia e col timido colore,
o primula, sei lesta
più di qual si sia fiore
ad inseguir la neve spaventata.
Tu credi a primavera dubitosa. (R. Bacchieri)

La violetta mammola 
La violetta mammola è sbocciata
in mezzo all’erba tenerella e bassa;
ma subito in gran fretta s’è chinata
per potersi nascondere a chi passa.
(M. Dandolo)

Le violette
Le violette? Le scorsi a piè d’un muro:
facevano una chiazza di viola,
come di sangue, sul tappeto scuro
dell’ortica e dell’erba vetriola.
Erano lì: fiorivano ignorate
in quel luogo selvaggio, tra un sentiero
perduto e un muro cieco; inebriate
d’ombra e silenzio; dietro al cimitero.
(D. Valeri)

Il pesco e la viola
Ancora è freddo, ancora
luccica sulle vette
la neve, e il pesco mette
le sue gemme e s’infiora.
E’ tutto brullo intorno
l’orto, ma il pesco pare
voglia un po’ consolare
questo pallido giorno.
E dice a una viola,
che ora gli è sorta ai piedi:
-Primavera, non vedi?
torna, ma è troppo sola.
(M. Moretti)

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Poesie e filastrocche per Pasqua

Poesie e filastrocche per Pasqua – una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

La sorpresa
Son di zucchero?
Son vere?
Hanno il tuorlo
o la sorpresa?
Zitti zitti miei bambini,
che ci son dentro i pulcini.
Spunta un becco
poi un ciuffetto
una zampina
una codina.
Quanti!
E in quell’uovo
cosa c’è?
La sorpresa, la sorpresa!
Non ci credi? Sì davvero!
Un pulcino tutto nero! (K. Jackson)

Pasqua
Che chiasso c’è nell’aria
che si svaria
in mille suoni?
Son canzoni
vagabonde,
come l’onde,
che si perdono nel cielo
con un velo
di sonora poesia,
dolce e pia.
Sono accordi di campane,
cori striduli di rane;
gridi allegri di monelli
su le piazze e dentro l’aia.
Son risate di grondaie,
animate
da nidiate,
di festosi passerotti;
son strambotti
musicali,
batter d’ali… (M. Argante)

Resurrezione
Che hanno le campane
che squillano vicine,
che ronzano lontane?
E’ un inno senza fine
or d’oro, ora d’argento
nell’ombre mattutine… (G. Pascoli)

Pasqua
A festoni la grigia paretaria
come un bimba gracile s’affaccia
ai muri della casa centenaria.
Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
sul bosco triste, che lo intrica il rovo
spietatamente, con tenaci braccia,
quand’ecco dai polla, sereno e nuovo,
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l’antica favola dell’uovo. (G. Gozzano)

Pasqua
La gemma priì, dal pesco, un occhiolino;
vide il cielo turchino
e il sol di primavera,
si ridestò, leggera…
dopo il suo lungo sonno un roseo fiore
donò al suo ramo.
Allora tutta la schiera
dei ciliegi, dei mandorli, dei meli,
su verso i puri cieli
gettò petali bianchi e profumati,
lievi come carezza,
cantando con la brezza:
“O sole, o primavera, ben tornati!”
Passò il vento ridendo gaiamente
e destò, la campana del villaggio:
“Oh, si avvicina maggio!”
e din don dan si dette a scampanare
din don! Din dan!
Erano così chiare,
fresche, squillanti, trepide, sonore
le sue note canore!
Uomini, donne, bimbi in allegrezza
di nuova vita, in un con la natura
gettarono alla pura
aria, al sereno cielo il nuovo canto!
Pasqua, il suo dolce incanto
dona alla terra che sorride e tace
per troppa gioia!
E la Pasqua parlò: “Con voi sia pace!” (Hedda)

Pasqua
E’ Pasqua stamattina,
per questo la collina
si sveglia tutta in fiore.
L’argento degli ulivi
illumina i declivi:
ogni fontana aspetta
con l’acqua benedetta;
campane e campanelle
sono tutte sorelle;
festose, umili, chiare
cominciano a cantare. (D. Rebucci)

Pasqua
Din don dan: le campane
nell’azzurro pasquale
hanno un tono cordiale,
quasi di voci umane.
Che cosa farai, tu,
di nuovo e di fecondo?
Con sua cert’aria scaltra
la gallinella arzilla
prima da una pupilla
ti guarda e poi dall’altra,
e dice: “Ho fatto l’uovo
pasquale, coccodè.
Adesso tocca a te,
cot cot, a far del nuovo!”
Uscita dall’ovile
la pecora brucando
fa un belato blando
tra attonito e gentile:
“Be-eh, vi ho fatto dono
dei miei figlioli cari,
e tu non ti prepari
a un sacrificio buono?”
La colomba nel sole
con aria un poco tronfia
tuba dalla rigonfia
gola le sue parole:
“Io sono dell’amore
il simbolo, glu glu.
Ma, rissosetto, tu
cos’hai in fondo al cuore?”
Una mano cortese
a capo del tuo letto
un fragile rametto
di fresco ulivo appese,
e, se ogni cosa tace,
non sembra dire anch’esso
un non so che, sommesso,
di dolcezza e di pace? (F. Bianchi)

Giorno benedetto
Il passero all’alba
cinguetta sopra il tetto:
-Di Pasqua, ecco, è spuntato
il giorno benedetto!
Ed il ramo fiorito
del pesco, giù, nell’orto,
fremendo all’aria lieve
dice: -Gesù è risorto.
Lo festeggia l’aprile
col verde, i fiori, il sole;
coll’aria che ha un profumo
di tenere viole.
E di mille campane
s’ode il festoso suono,
che al cuor dell’uomo parla
di amor, pace e perdono. (M. Bernardini)

Pasqua
-Uscite, uscite!- dice allegro il sole;
-volete star in casa ad ammuffire?
Tra l’erba nova olezzano le viole
e tornan tutti i rami a rinverdire.
-Uscite, uscite!- cantano gli uccelli;
-ogni nido, ogni zolla si ridesta,
la terra, il cielo, il mar son tanto belli;
e prati e colli son vestiti a festa.
Inni giocondi canta lieto il core,
e la parola del rancor si tace;
torna la Pasqua, festa dell’amore,
che ci vuol tutti buoni e tutti in pace. (A. C. Pertile)

Campane di Pasqua
Per l’aria si spande la voce
del pio campanile.
Squillate in letizia, campane,
che è festa d’amore nel cielo!
In terra, tra i solchi, lo stelo
matura del pane.
So so quel che dite a rintocchi
– La pace… il perdono… la fede…- (L. Rinaldi)

La domenica dell’ulivo
Han compiuto in questo dì gli uccelli
il nido (oggi è la festa dell’ulivo)
con foglie secche, radiche, fuscelli;
quel sul cipresso, questo sull’alloro,
al bosco, lungo il chioccolo d’un rivo,
nell’ombra mossa d’un tremolio d’oro.
E covano sul musco e sul lichene,
fissando muti il cielo cristallino,
con improvvisi palpiti, se viene
un ronzio d’api, un vol di maggiolino.
(Giovanni Pascoli)

Campane di Pasqua
Gli orti di rosa chiaro
restano stupefatti:
musico è il campanaro.
Il giacinto si sente
il riso sulla bocca:
gioiscono le mente,
la vigna immusolita,
tanto è bello il concerto
che ritorna alla vita.
E il bambinetto balla
tutto vestito a festa
tra un fiore e una farfalla. (L. Carpanini)

Pasqua
La gemma aprì, dal pesco, un occhiolino;
vide il cielo turchino
e al sol di primavera,
si ridestò leggera…
Allor tutta la schiera
dei ciliegi, dei mandorli, dei meli,
su, verso i puri cieli,
gettò petali bianchi e profumati,
lievi come una carezza
cantando con la brezza:
-O sole, o Primavera, ben tornati!-
Passò il vento ridendo gaiamente
e destò la campana del villaggio:
-Oh, s’avvicina maggio!-
e: din don dan! si dette a scampanare.
Erano così chiare,
fresche, squillanti, trepide, sonore
le sue note canore!
Uomini, donne, bimbi, in allegrezza
di nuova vita, in un con la natura
gettarono alla pura
aria, al sereno cielo il nuovo canto!
Pasqua il suo dolce incanto
dona alla terra che sorride e tace
per troppa gioia.
E la Pasqua parlò: -Con voi sia pace!- (Hedda)

La dolce festa
-Dimmi, chiesina candida e gentile,
che cosa ti rallegra stamattina?
-Aspetto che si svegli il campanile
con la squilla più dolce ed argentina.
Per la festa di Pasqua tutta splendo,
per dire al mio Signor che anch’io l’attendo.
E tu, caro piccino, dove vai
in questa bianca luce mattutina?
Questi bei fiori a chi li donerai?
-A Gesù ch’è risorto stamattina,
perchè in ogni fior veda brillare
il cuor che voglio a Lui tutto donare! (L. Nason)

Odor di rose
E’ Pasqua. Quanta festa
c’è nell’aria, nei campi, fra la gente!
Il bel tempo si desta
e il mondo lo saluta allegramente.
I bambini, ridendo,
saltellano nei prati e sui ciglioni,
van viole cogliendo,
e cantan della scuola le canzoni.
Cristo è risorto e gioia
si legge in tutti i volti e delle cose.
Com’è lungi la noia…
Si sente, fra le siepi, odor di rose. (A. Castoldi)

Pasqua
Perchè le campane,
stamane,
hanno un suono sì lieto?
Perchè odorano tanto le viole
e il sole risplende sereno?
Perchè gli uccellini
e i bambini
cantan con gioia sì pura?
Perchè risorge l’amore
e la dolcezza nel cuore;
perchè nel cielo, laggù,
torna a guardarci Gesù. (T. Stagni)

E’ risorto
Vola una gentil rondinella
portando nel becco l’ulivo,
essa reca una lieta novella,
e colui che l’ascolta è giulivo.
Nel prato sorridono i fiori,
ancor tardi sul timido stelo;
li bacia coi miti tepori
il sole, splendente nel cielo.
Ogni cosa gioisce e si tace,
profonda letizia è nel cuore:
in questo bel giorno di pace,
risorto è da morte, il Signore. (M. Mariconda)
Aprite il cuore
E Pasqua viene con la primavera,
col sole, con le rondini e le stelle:
e il cielo è di brillanti, quand’è sera.
E mentre tutto s’addormenta e tace,
un angelo, col ramo suo d’argento,
batte a ogni porta e dice: -Uomini, pace!-
Dice ai bambini: -Aprite il vostro cuore
in boccio alle speranze della vita!
E’ la resurrezione del Signore!- (zietta Liù)

Pasqua
Un odore di viole
l’aria ci porta in dono,
lassù fiorisce il sole
per tutti: oh, com’è buono!
Il mandorlo è gremito
il pesco non decide
di farsi un bel vestito
aspetta e intanto ride…
Un bambino già muove
sull’aia il primo passo,
il sole scherza e piove
nel ruscello, più in basso…
Una bambina bionda
si guarda le scarpine,
una cincia gioconda
prova le canzoncine.
La chioccia già ammaestrata
la sua piccola schiera,
spalanca una finestra
in ciel la primavera;
un angelo si sporge
e guarda e si compiace,
dice: -Gesù risorge,
agli uomini sia pace!- (L. Nason)

Sabato santo
Sabato santo
perchè sei stato tanto?
perchè non sei venuto?
-Perchè non ho potuto!-
Una coscia di gallina,
un uovo benedetto,
una fetta di schiacciata…
Ecco Pasqua bell’e ritornata! (versi popolari)

Pasqua

Dice il sole: “Voglio oggi brillare, lucente come l’oro”
E gli uccellini: “E noi cantare in coro”
E i fiori: “Freschi e belli oggi vogliam sbocciare”
E le campane: “A festa vogliam suonare”
Dicono i bimbi: “E’ Pasqua, giorno del Signore
il suo splendore doni una voce ad ogni cuore”

Mattino di Pasqua
Din-don, din-don, din-don!
Sole sui fiori
e rondini sul tetto
Sia benedetto il nome del Signore.
Din-don, din-don, din-don!
Festa d’amore
Gesù è risorto,
l’inverno è morto.
Din-don, din-don, din-don! (G. Fanciulli)

Pasqua
Tre campane ha il campanile
che fan festa a tutto il cielo,
e vicino al dolce ovile
son fioriti il pesco e il melo;
è tra i fiori un’acqua chiara
che rallegra e che consola;
è nei cuori una parola
che ogni fior sbocciando impara.
Oggi è Pasqua d’ogni fiore;
è la festa del Signore.
Giù dai monti il pastorello
per la messa arriverà
col vestito nuovo e bello
per la pia solennità;
e il viandante frettoloso
ed il povero mendico
troveranno un tetto amico
e buon pane e buon riposo. (L. Nason)

Ritorno di Pasqua
Una fonte che ci parla
fra l’erbette e le viole,
una nuvola dorata,
rose sparse in mezzo a il sole,
la finestra spalancata
fin dall’alba, il prato in fiore;
una storia che, a cantarla,
ci vuol proprio il nostro cuore,
una siepe e una agnellino,
una chioccia ed un pulcino,
l’uovo in bianca e rossa vesta,
tutto ornato per la festa,
la colomba con l’ulivo
nel tramonto rosso vivo,
tornan tutti al nostro cuore
per la Pasqua del Signore.
Din don dan…
L’angioletto ancor si vede
con la croce della fede
la campana che stornella,
il capretto che saltella,
il pastore che s’affretta
per la festa benedetta,
la massaia che conduce
il suo bimbo in questa luce.
Din don dan…
Ma una cosa non si vede
senza l’occhio de la fede;
non si vede il nostro cuore
col bel dono del Signore
che, nel giorno Suo divino
accompagna ogni bambino. (L. Nason)

Resurrezione
Dormivi, e la siepe è fiorita;
dormivi, ed il rovo
che ancora al crepuscolo nere
tendeva le braccia, stamane
è tutto un rigoglio di fiori
E il cielo ha smaglianti colori.
E squillano mille campane.
Le rondini volano a schiere
nell’aria: già sono lontane.
E’ Pasqua: la chiesa gremita
odora d’incenso e di ceri.
Sfiorato da tremule dita
già l’organo geme
e un inno tra i fiocchi leggeri
d’incenso dilaga nell’aria
che tutta ne palpita e freme. (M. Castoldi)

Pasqua

I cieli sono in festa
la terra si è ridesta
canta felice il cuore
è risorto il Signore! (L. Schwarz)

Campane di Pasqua
Dalla valle rifiorita
alle vette più lontane
dice il suon delle campane
ch’è risorto il Salvator.
Splende il sole dell’aprile
sul sorriso d’ogni fior!
Dolce Pasqua d’amor
tu, che porti col sole,
mille fresche viole,
mille rondini in vol,
fa sbocciare nei cuori
di chi spera e chi crede,
al calore delle fede,
mille rose d’amor! (R. Tosi)

Rami d’olivo
-Quanti rami d’olivo! Avanti! Avanti!
Son bell’e benedetti: o chi ne vuole?
Li ho colti stamattina, e tutti quanti
coi primi raggi li ha baciati il sole.
Sull’uscio, alla finestra, a capo al letto
metteteci l’olivo benedetto;
come la luce e le stelle serene
un po’ di luce, al cor, fa tanto bene… (M. Giarrè Billi)

Pasqua

Esulta la terra di fiori ammantata
si veste di luce la silfide alata
e sfreccia nel cielo tra stormi di uccelli
che al Cristo cinguettano i canti più belli
Nell’acqua le ondine tra veli fluenti
rispecchiano i cieli d’azzurro ridenti
Scintilla la pietra dal sole irradiata
tra il verde giocondo dell’erba spuntata
Il Cristo è risorto trionfa di morte
a impulsi di amore spalanca le porte
Al coro armonioso di tutto il creato
s’unisce la voce dell’uomo rinato
La luce del Cristo ha accolta nel cuore
la tenebra ha vinto fa Pasqua d’amore. (E.Minoia)

Pasqua del bambino
O Signore, Signore,
che ritorni al Tuo regno,
potessi del mio amore
darti un piccolo segno.
Ho chiesto fiori al pesco
ho chiesto al vecchio ulivo
il rametto più fresco
che si celava schivo.
L’offro: ma se più care
le promesse ti sono,
oh, le vedrai sbocciare.
Sarò il tuo bimbo più buono. (D. Rebucci)

La Pasqua viene
Questa voce innocente
che ci chiama dal bosco
è voce, la conosco, di sorgente.
Là in margine s’adorna
di steli e di corolle,
l’agnello all’erba molle, già ritorna.
Bambini, apriamo il cuore
alle gioie serene:
la dolce Pasqua viene:
la Pasqua del Signore. (D. Rebucci)

Pasqua
Il sole stamattina è molto affaccendato
a risvegliare i fiori del frutteto e del prato.
Poi bussa d’ogni nido alla porta piccina:
-Su, cinguettate, presto: è festa stamattina.
Alle campane dona il raggio più lucente
e prega: -Sorelline, chiamate tanta gente!
Chiede mammina rondine: -Che succede laggiù?
Cantano i bimbi in coro: – E’ risorto Gesù!
Ogni bimbo ha nel cuore un fiore ed un sorriso;
Gesù tutto contento li porta in Paradiso. (L. Nason)

Pasqua
Senti… Canta una fonte l’armonia
dolce di Pasqua: come canta bene!
e un usignolo le fa compagnia
Senti… cantano i rami dei frutteti,
cantano i fior di pesco e le verbene;
è Pasqua, oggi non hanno più segreti.
Senti… Cantano insieme le campane;
dal monte e dalla cerula prianura
ci porta il vento le voci lontane.
Ascolta… C’è una voce nel tuo cuore
come una fonte di dolcezza pura:
-E’ Pasqua, è Pasqua, è risorto il Signore!-
Non vedi… ogni finestra par fiorita:
se non ha fiori il soli li provvede
che si compiace a risvegliar la vita;
ed ogni viso è ormai senza dolore,
perchè alle pene basta questa fede:
-E’ Pasqua, è Pasqua, è risorto il Signore!- (L. Nason)

Poesie e filastrocche per Pasqua – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici e racconti PASQUA

Dettati ortografici e racconti PASQUA – Una raccolta di dettati ortografici e racconti sulla Pasqua per la scuola primaria.

 Le uova di Pasqua del coniglietto

La notte di Pasqua, al chiaro di luna, un coniglietto cercava un posto per nascondere le uova di cioccolato, vicino alla casa di due bambini. Come sarebbero stati contenti i bambini, di trovare piccole uova colorate nascoste dappertutto! Però il coniglietto non riusciva a trovare il posto adatto. L’erba era troppo bassa e non le avrebbe nascoste, i cespugli avevano i rami troppo in alto, gli alberi non avevano fessure abbastanza grandi. Infine, il coniglietto rinunciò a nasconderle fuori casa. “Lascerò il cestino e le uova in salotto” decise, “dal momento che fuori non le posso nascondere. Ormai è l’alba e devo sbrigarmi…”.

Mentre stava per entrare in casa, la luna tramontò e il sole spuntò. Allora il coniglietto vide quello che non aveva notato al chiaro di luna. Il prato era tutto coperto di fiori di croco, bianchi, gialli e azzurri, che rassomigliavano a tante uova colorate. Era proprio un posto meraviglioso per nascondere le uova di Pasqua! Il coniglietto felice cominciò a disporre le sue uova fra l’erba, in mezzo ai fiori, ed esse non si distinguevano per niente dai fiori di croco. Sembrava che d’improvviso i fiori sul prato si fossero moltiplicati.

“Che sorpresa per i bambini, quando troveranno le uova!”, pensò il coniglietto soddisfatto, contemplando il prato. A piccoli salti corse nella sua tana a dormire, stanco e contento, mentre il sole saliva alto nel cielo e i bambini, sbadigliando, si svegliavano nel lieto giorno di Pasqua. (K. Jackson)

La terribile Pasqua di Topo Gigio

Il mattino di Pasqua, Ino si svegliò alle 11, di buon umore, perchè c’era il sole nel cielo e un’aria di festa in casa. Sbadigliò, si stiracchiò, poi saltò dal letto e si mise a girellare per la casa. Diede un’occhiatina ai fiori sul balcone, raddrizzò il ritratto del nonno Teodoro che, come al solito, era appeso storto alla parete, infine, fischettando “I tre corsari”, entrò in cucina dove Rosy stava mettendo in forno degli squisiti pasticcini all’anice. Ino tentò invano di rubarne uno.

“Ancora sono crudi, ti faranno male!” Lo ammonì Rosy e gli diede una cucchiaiata sulla mano ladruncola.
“Fa più male una cucchiaiata!” rispose Ino, “Perchè mi tratti così?”
“Su, su, poche storie, io ho da fare! Va a svegliare quel dormiglione di Gigio”.
Ino si diresse verso la camera dell’amico, urlando: “Gigio, Gigione, Gigetto, Gigiaccio, svegliaaaa!”
Quelle grida avrebbero svegliato la bella addormentata nel bosco, ma Gigio non diede nessun segno di vita. Ino entrò nella stanza come un carro armato, aprì con un fracasso d’inferno le finestre, e… restò con un palmo di naso! Il letto di Gigio era vuoto. Sul comodino spiccava un biglietto che diceva: “Impegni urgenti mi chiamano fuori casa. Ma tornerò all’ora di colazione. Bacioni, Gigio”.

“Antipatico!” mormorò Ino. “Scompare proprio stamattina che dovevano andare sull’otto volante!”
Vediamo ora quali sono gli “impegni urgenti” di Gigio. Un affare? Un amico malato? Una multa da pagare?  Nossignori, una pasticceria. E che fa in quella pasticceria, nota in tutta la città come la miglior produttrice di uova di Pasqua? Niente, sta aspettando. Sono già due ore che aspetta e a un certo punto si spazientisce.
“Ehi, pasticcere” grida, “c’è ancora molto?”
“Un momentino” risponde il pasticcere, “vedrà, vedrà che lavoro”.
Dopo un’oretta, il lavoro è finito. Si tratta di un enorme uovo di cioccolata ancora diviso in due parti, come le valve di una conchiglia.
“Mamma, com’è bello!” gongola Gigio. Poi, entra in uno dei due mezzi gusci dell’uovo, come una culla, si sistema bene e dice: “Ecco, io sono pronto”.

Allora il pasticcere e il suo aiutante prendono l’altro mezzo guscio e con molta cura lo sovrappongono al prima, come un coperchio. Gigio si trova improvvisamente avvolto da un buio profumato di cioccolata. Ma, perbacco, non c’è aria! Allora batte contro il guscio, e grida: “Aprite! Aprite!”
Il pasticcere solleva il coperchio: “Che c’è?” chiede.
“Gnocco!” risponde Gigio, “C’è che qui si soffoca!”
“Oh, che distratto” si scusa il pasticcere “provvedo subito a fare un buchino nell’uovo!”
Ecco, Gigio può respirare. Poi l’uovo viene avvolto in una grande carta stagnola con un buchino; sopra la carta stagnola viene posto un foglio crocchiante di cellophane, con un buchino, sopra il cellophane viene sistemato un artistico nastrone rosso senza buchino e sul nastrone rosso viene attaccato un biglietto, senza buchino, che dice: “Uomo con sorpresa per Rosy e Ino. Con i migliori auguri di Gigio”.
L’uovo viene quindi caricato sul portapacchi di una bicicletta e il pasticcere dice al garzone: “Senza perdere tempo, porta quest’uovo a Ino e Rosy!”
“Sissignore” risponde il garzone e se ne va.

Dentro l’uovo Gigio è tutto contento. Dagli ondeggiamenti che subisce, comprende che il garzone sta pedalando di buona lena. Gli giungono anche, remoti e ovattati, i rumori della stradaa, lo scampanellio dei tram, i clacson delle auto, le parolacce che si scambiano automobilisti e pedoni. La corsa cessa di colpo: Gigio, sbatte col naso contro la parete dell’uovo ma si consola leccandosi i baffi che sanno di cioccolata.
“Mamma che frenata!” esclama.
L’immobilità continua.
“Saremo fermi a un semaforo” pensa Gigio, “ma quanto dura il rosso?”
Ahimè, il povero Gigio non sa che il garzone si è fermato per vedere uno spettacolo di burattini all’aperto. Stanno rappresentando, con grande spreco di bastonate, “Pulcinella maestro di piano della figlia di Alì, sultano delle isole Mammalucche”.
A un tratto la bicicletta si muove.

“Oh, meno male!” si rallegra Gigio che comincia a sudare nell’uovo, “Ci muoviamo!”
Ahimè, il povero Gigio non sa che un ladro si è impadronito della bicicletta e ora sta pedalando come un fulmine, verso il suo rifugio. Il ladro è il famoso gatto Renatone, ricercato dalle polizie di 42 stati, noto per la straordinaria abilità nel rubare biciclette, figurine di calciatori e palline di vetro colorato. Questa volta però Renatone, che è padre di 12 figli, ha mirato soprattutto all’uovo: pensa alla felicità dei suoi gattini e della sua sposa quando vedranno quel meraviglioso ovone. Infatti l’ingresso del papà nella stamberga è accolto da un coro di miagolii di sorpresa e di esultanza.
Quei miagolii però giungono anche all’orecchio di Gigio, che dapprima non si raccapezza ma poi, quando intuisce di essere capitato per sbaglio in un covo di gatti, si fa piccino piccino, nella vana speranza che, una volta aperto l’uovo, non si accorgano di lui.

Figurarsi! I gattini smaniano per aprire l’uovo e vedere la sorpresa!
“Pensa, mamman, se ci fosse dentro un topo!” esclama Eberardo, il più grandicello.
“Macchè topo” lo sgrida la mamma, “Non metterti in testa idee balorde! I topi costano! Ci sarà dentro il solito portachiavi!”
“Dai, dai, papà, aprilo!” gridano in coro i gattini.
Renatone, felice e paterno, alza la zampa per spaccare l’uovo, quando, zac, dall’uovo stesso spuntano due gambette (le gambette un po’ stortine di Gigio) e l’uovo si mette a correre qua e là alla cieca, urtando contro spigoli e mobili.

“Acchiappalo! Acchiappalo!” gridano i gattini eccitati. Ma l’uovo è più svelto di loro, infila la porta, rotola per le scale, e scappa lungo la via, fra le grida dei pedoni e le frenate degli automobilisti.
Renatone, sua moglie, i dodici gattini, seguono in una corsa pazza quell’uovo con le gambe. La circolazione si ferma, la gente si affaccia alle finestre, le guardie fischiano. E al fischio delle guardie Renatone ordina il dietro front: meglio una Pasqua senza uovo, che in prigione.
Il corteo dei gattini ritorna mestamente verso casa proprio mentre due guardie riescono ad arrestare l’uovo. Vorrebbero multarlo, ma nel codice stradale non si parla di uova con le gambe e la voce. E allora, per non avere grane, decidono di portare l’uovo al comando di polizia: deciderà il generale delle guardie. Ma il generale delle guardie ha altro a cui pensare: deve organizzare le ricerche per un certo topo Gigio scomparso da casa. Davanti a lui, infatti, Ino e Rosy stanno piangendo e implorando che si faccia qualcosa, perchè sono già le 14.00 e Gigio non è ancora tornato a casa.

“Scusi, generale” dicono le guardie, “Abbiamo arrestato un uovo con le gambe”.
“Macchè uovo con le gambe, sono Gigio!” geme una vocetta soffocata.
“Non ho tempo di sentire queste storie!” urla il generale.
“Ma signor generale, l’uovo è Gigio. E’ lui! L’abbiamo riconosciuto dalla voce e dalle gambe un po’ stortine!” urlano Ino e Rosy.
Volete sapere come è andata a finire questa storia?
Beh, è facile: è finita con un bel pranzetto pasquale, presenti Gigio, Rosy, Ino, e il generale delle guardie invitato per l’occasione e rivelatosi ospite amabile e compitissimo.
(Da “Corriere dei Piccoli)

Dettati ortografici e racconti PASQUA

 Usanze pasquali

In tutte le Regioni d’Italia si usa far benedire le uova sode e il salame che di mangiano a colazione il giorno di Pasqua.
In Toscana è usanza andare per i campi e piantare in terra piccole croci fatte con ramoscelli d’olivo.
In Calabria si preparano, in occasione della festività, colombe di pasta dolce in mezzo alle quali si pone un uovo sodo. Questa usanza è favorevolmente accolta in particolare dai bambini.
A Firenze, celebre lo “scoppio del carro”: in piazza, di fronte alla cattedrale, è innalzata una costruzione, il “carro”, a cui viene comunicato il fuoco per mezzo di una “colombina”. Il fuoco è portato da carboni accesi alla scintilla di due pietre del Santo Sepolcro, recate in città dai Crociati. La “colombina” corre su un filo che, partendo dall’altar maggiore della chiesa, giunge fuori fino al carro; dal modo come va e dalla rapidità con cui i petardi si accendono si traggono auspici sull’annata e sul raccolto.
Nel bergamasco, i contadini, al suono delle campane di Pasqua, vanno ad abbracciare gli alberi da frutta, per augurio di buon raccolto.

All’estero

In America, Texas, il giorno di Pasqua, prima che sorga il sole, gli agricoltori mettono in bocca ai loro figli l’uomo più grosso fatto dalle galline il venerdì santo; dopo di che i ragazzi partono di corsa per fare il giro della fattoria (sempre con l’uovo in bocca). Se riescono a compiere tutto il percorso prima che si levi il sole, secondo la credenza popolare, la prosperità sarà assicurata per tutto l’anno.

Campane a festa

Un’ondata di suono metallico, seguita come da un lungo ululo, si rovesciò sui tetti, si propagò col vento per tutto il piano. E i rintocchi s’incalzavano: il bronzo pareva animato, pareva un mostro pazzo di collera, oscillava spaventosamente affacciandosi a destra e a sinistra, fra un’apertura e l’altra, gettando due note cupe, ampie, legate da un rimbombo continuo, rompendo il ritmo a un tratto, accelerando il moto, allargandosi a distesa solenne. I campi sotto si svegliarono. (G. D’Annunzio)

I fidanzati olandesi invece sono soliti fare tre giri di danza su un terreno cosparso di uova. Se sono tanto abili da non romperne nessuno, il matrimonio sarà felice (almeno così dicono loro!).

Un’usanza del Montenegro è il “bacio dell’uovo”. Ciascuno invita una persona qualunque, che non può rifiutare anche se l’invito fosse stato fatto dal suo peggior nemico. L’invitato prende un uovo e lo fa urtare contro l’uovo che l’altro tiene in mano. La rottura dell’uovo è simbolo di pace e di riconciliazione.

Perchè a Pasqua si regalano le uova

Anticamente, le uova erano proibite durante la quaresima. Esse ricomparivano sulla mensa insieme con il salame, il latte, il cacio, l’agnello, il capretto, e le focacce a forma di agnello o di colomba, il giorno di Pasqua.

L’uso di regalare uova dipinte, sostituite poi da uova di porcellana, o di zucchero e di cioccolata, sorse appunto dal fatto che le massaie, non potendo consumare tutte le uova accumulate durante la quaresima, incominciarono a regalarle ai bambini e a dipingerle, perchè fossero più gradite.

Tutto risorge

La festa pasquale coincide con il periodo in cui tutto risorge: i prati si coprono di erba nuova, gli alberi fioriscono, il sole riscalda la terra, nascono gli agnelli, si schiudono le uova… Risorge la natura dopo il letargo invernale e risorgono la vivacità e l’energia degli uomini. E’ una vera resurrezione della natura che ci accompagna come un grande concerto d’organo accompagna un rito. Già la primavera è avanzata, tutto è in fiore, le piante germogliano vigorosamente, la terra sembra scoppiare di umore fecondo, il sole brilla e riscalda. Anche il nostro cuore si sente gonfio di pace, grazia e bontà.

La domenica delle Palme

La domenica delle Palme si annunciava a mezzogiorno di sabato con una gran festa di campane. Cominciava il campanone della parrocchia che suonava in tre riprese lasciando ogni volta nell’aria un vasto ronzio bronzeo che si sperdeva sulle case e sugli orti. Questo concerto di campane durava quasi un’ora e lo chiudeva il campanone, con lenti rintocchi scanditi e solenni. Nel silenzio ogni cosa pareva che ascoltasse immota: gli alberi e le case, nella luce, stavano come in una vuota attesa. (G. Titta Rosa)

La settimana santa

Cominciava la settimana santa. I giorni erano lucenti, asciutte le strade, nitidi gli orli dei monti. Fino a giovedì i contadini andavano ai campi, a seminare o a potare; e per tutto il giorno, dalle colline coltivate a frutteti e dalle vigne, si udivano i colpi secchi e brevi dei potatori. S’udiva anche qualche raro canto. Le donne pulivano le case. Lavavano i pavimenti, i vetri delle finestre, le porte. Negli orti erano stese le biancherie lavate e abbagliavano; e fra il canto dei galli e i rumori diversi del paese, squillava la voce di qualche ragazza che cantava, in cucina o nell’orto, una strofa lenta e dolce. Ma era bello vedere le ragazze che tornavano dal fiume con conche di rame sul capo, lustre e balenanti di barbigli d’oro. Conche, cuccume, casseruole, coperchi: non v’era oggetto di rame che esse non avessero reso splendente come la rena del fiume; e ora, riappesi nelle nere cucine, lucevano con un’aria di nuova letizia. (G. Titta Rosa)

La natura è risorta

E’ Pasqua. Siamo in primavera. La terra si è risvegliata dal lungo sonno invernale. I prati si sono rivestiti di tenero verde, smaltati di fiori; i bucaneve sulle vette ancora nevose, han gettato fuori le bianche corolle, e gli alberi si sono vestiti festosi di verde come i campi, come i colli ed i giardini. Mandorli, peschi, meli, peri sono completamente fioriti. Le bimbe e i bimbi sono giulivi, corrono per i prati come capretti, trillano come uccellini. E’ Pasqua! Udite? Le campane suonano a festa! E’ Pasqua: la natura è risorta. (G. Ferrara)

Le uova di Pasqua

Quanto alle uova di Pasqua, nelle vetrine ce n’è per tutti i gusti, di zucchero e di cioccolata, di vetro e di seta, di tutte le dimensioni e a sorpresa. In campagna si tingono specialmente in rosso le uova naturali, e  si usa scambiarsele fra parenti e amici in segno d’augurio. Le uova di cioccolata hanno origine abbastanza recente, poichè le prime furono fabbricate nel secolo scorso, in Olanda, con una pasta ottenuta mescolando in giusta dose il cacao con lo zucchero. A chi non piace l’uovo nero? Chi non vorrebbe un uovo a sorpresa, di quelli nel cui interno si racchiudono ninnoli, piccoli fantocci, anellini e porta fortuna? (G. Fanelli)

Pulizie di Pasqua

Da forse due settimane biancheggiano sventolando per le siepi, sui terrazzi, ai balconi, i bucati. E’ una bianca fioritura che fa sparire l’aspetto secco, senza colori, senza vita, proprio dell’inverno. Per le case è un affaccendarsi di massaie e di ragazze a spazzare, a spolverare, a lucidare vetri, a forbire metalli, togliendo o spostando casse, armadi, comodini; mettendo fuori seggiole, sgabelli e panchetti… Polvere e canti; frastuono di oggetti rimossi, di materassi sbattuti, e allegria di comari. Pasqua è vicina. (T. Casini)

La Pasqua ebraica

Il nome “Pasqua” significa “passaggio”. Il Faraone, che impediva agli Ebrei, fermatisi in Egitto, di ripartirne, non era rimasto scosso dalle calamità mandate dal Dio degli Ebrei sul paese: la verga di Mosè tramutata in serpente, acqua del Nilo tramutata in sangue, invasione di rane, invasione di zanzare, mosche, mortalità di armenti, grandine devastatrice, invasione di locuste, oscurità. Per costringerlo a dare il suo assenso, il Dio degli Ebrei, per mezzo di Mosè, provocò l’ultima piaga che si rivelò la più terribile: la morte di ogni primogenito. Per evitare che anche gli Ebrei fossero colpiti da questa sciagura, egli ordinò che, da ogni famiglia ebrea, fosse immolato un agnello maschio, senza macchia e nato nell’anno e che il suo sangue fosse sparso sugli stipiti delle porte, mentre la carne dell’animale doveva essere arrostita e consumata in fretta, in piedi, con l’aggiunta di pane non lievitato (azimo). Il sangue sparso sugli stipiti delle porte degli ebrei doveva far sì che Dio, passando, risparmiasse la vita dei primogeniti ebrei. E così avvenne. Mentre perirono, colpiti dalla mano di Dio tutti i primogeniti egiziani, quelli ebrei furono salvi, e da allora fu celebrata la Pasqua ebraica.

Simbolo di vita

La festa di Pasqua è, anche, la festa delle uova, che sono simbolo di vita, poichè ognuna di esse nasconde un nuovo essere invisibile e misterioso, che si sviluppa nel suo segreto, si accresce e trionfa. E’ la vita che sempre si rinnova. E’ la stagione delle uova. A Pasqua si consumano per tradizione e si offrono abitualmente in dono, perchè simboleggiano anche la resurrezione, la rinascita dell’uomo a una vita nuova. (G. Fanelli)

Tempo pasquale

Il cielo è tutto azzurro e soltanto qualche bianca nuvola vaga qua e là velando appena il sole. Le rondini girano intorno al campanile gridando e cercando il cibo. Le donne  puliscono le case e le fanno tutte lucide e belle. Gli alberi sono in fiore e gli uccelli preparano i nidi. Le api volano sui fiori a succhiare il nettare. Tutto si rinnova.

Campane di Pasqua

Tutte le campane che hanno taciuto nei giorni scorsi ora suonano a distesa: sono migliaia di note che partono da tutti i campanili, che inondano la città di un’armonia fragorosa, solenne come il risveglio alla vita, come un fremito di esultanza. Chi non si commuove a questa voce possente che scende dal cielo, che sale dalla terra, che si spande e penetra nei cuori?

Mattinata di Pasqua

E’ Pasqua, anche il sole stamane è arrivato per tempo; anzi, con un leggero anticipo. Anch’io mi sento buono, più buono del solito. Siamo tutti un po’ angeli, oggi. Mi pare quasi di volare, leggero come sono. Esco di casa canticchiando. Voglio bene a tutti. Distribuisco saluti a destra e a sinistra. Vorrei compiere una buona azione e tutti, lo si vede dai volti raggianti, hanno questo segreto proposito.  Anche i ladri stanno a casa a pitturare le uova per i loro bambini. Le galline razzolano nell’aia con visibile orgoglio: è un po’ la loro festa. Ma il sole non tramonta ancora e la massaia le chiude nel pollaio. “E’ un sopruso”, pensano, “almeno oggi un’oretta in più”. La chioccia dice: “Ahimè! I bambini preferiscono le uova a sorpresa…” . Si addormentano pensando a queste strane uova. Chissà, col tempo, riusciranno a farle  anche loro. (C. Zavattini)

Alleluia

Le campane hanno spezzato le funi che le tenevano legate. La terra ha sobbalzato, s’è aperta e versa fiori. E i fiori vanno in processione, si affollano per le valli, strisciano per i muri, si annidano nei crepacci, si arrampicano sulle pergole, si affacciano agli orli dei sentieri. Le farfalle sciamano, volano, ruotano, prese nel gaio vortice. Gli uccelli si sono ridestati tutti insieme battendo le ali. Alleluia! Le campane suonano a festa, a gran voce. Valli e monti si rimandano gli echi festosi. Alleluia! (A. S. Novaro)

Pasqua

A Pasqua, le campane suonano dolcemente e l’aria è tutta piena dei loro rintocchi festosi. Il cielo è azzurro e le rondini volano allegre e gridano forte. I mandorli e i  peschi sono tutti fioriti e anche il grano è spuntato. I prati sono verdi. A Pasqua tutti sono in festa. Quelli che sono in collera tra loro, si abbracciano e fanno la pace.

Quand’è Pasqua tutti sono contenti. La stagione è bella, il cielo è sempre azzurro e nei prati ci sono i fiori. Son tornate le rondini che girano in tondo sopra i tetti delle case; gli uccellini preparano il nido per i piccini che verranno. Pasqua è la festa della pace e gli uomini si sentono più buoni ed hanno desiderio di riconciliarsi con coloro che li offesero. In questo giorno le campane squillano giocondamente e tutti sorridono e si fanno gli auguri.

La settimana santa

A poco a poco il rigido si stempera e cede; il sole effonde una calura languida: odore, lontano, di fiori che nascono. Ma ecco che il cielo si copre nuovamente di nuvole, scroscia daccapo il diluvio: chicchi di grandine balzano sul lastricato, picchiano sui vetri: nel cielo, squarci di azzurro e groppe di nuvole in fuga. Tale mi pare sia sempre stata la stagione dell’avvicinarsi e durante la settimana santa. (B. Cicognani)

Dolci pasquali

Quando ero piccolo s’andava sotto Pasqua nella casa di campagna di certe zie per farsi dare le ciambelle di pane messe nel forno con una corona di uova incastrate sopra. Ricordo ancora l’odore e il sapore di quelle uova, talvolta chiuse in una specie di gabbia di pane infornato, con i gusci abbrustoliti che rompendo le ciambelle rimanevano qua e là attaccati al pane scoprendo l’uovo sodo fitto e gustoso. (E. Patti)

La tradizione dell’uovo pasquale

La tradizione dell’uovo di Pasqua ha origini molto antiche. Già tremila anni fa, presso i Cinesi, le uova di gallina dipinte a vivaci colori rappresentavano il simbolo della rinascita primaverile, della speranza della fecondità. I Romani invece usavano regalare uova rosse per ricordare la leggenda secondo la quale, nel giorno della nascita dell’imperatore Alessandro Severo, una gallina aveva fatto un uovo rosso. Gli antichi Ebrei tenevano l’uovo come cosa sacra e se ne servivano nei riti di espiazione, donavano uova colorate nella festività che ricorda la fuga dall’Egitto. L’usanza passò così ai cristiani e divenne una delle principali tradizioni pasquali.

Un’usanza pasquale bolognese

In molti luoghi, il giorno di Pasquetta o lunedì dell’Angelo, si usa fare allegre scampagnate nei dintorni della città. Per i bolognesi la meta caratteristica è il vicino colle della Guardia, sul quale sorge la chiesa di San Luca. Sotto il porticato, frotte di uomini, di donne, di bambini, salgono faticosamente la lunga scalinata, soffermandosi, di tanto in tanto, davanti alle immagini che adornano le pareti del portico. Giunti in cima, si recano in chiesa e, infine, colmi di gustosi cibi locali e di dolci, fra i quali primeggiano le uova di cioccolato. Poi si scende verso Casalecchio, lungo una stradicciola impervia e sassosa, detta, con termine non traducibile esattametente, “i brègnal”.

Come nacque la colomba di Pasqua

Racconta la leggenda che il truce re longobardo Agilulfo, sposo di Teodolinda, prima di convertirsi al cristianesimo, abbia voluto invitare a banchetto, nel giorno di venerdì santo, il vescovo San Colombano e gli abbia fatto portare in tavola una schidionata di colombe. La confusione del santo fu grande: avrebbe voluto rispettare il precetto cristiano di non mangiare carne il venerdì e, nello stesso tempo, non voleva offendere l’irascibile sovrano.  Ma. con l’aiuto di Dio, avvenne il prodigio: improvvisamente tutte le colombe ripresero vita e spiccarono il volo. Il miracolo commosse talmente Agilulfo che, nel giorno di pasqua, fece confezionare e offrì a tutti grandi colombre di pane.

Pulizie pasquali

Da una settimana era dietro le pulizie pasquali. Dalla mattina presto al pomeriggio tardi era un continuo lavare, strofinare e  lustrare. Le braccia se le stancava a pulire i soffitti. Erano talmente alti che bisognava legare il piumino a una canna. I vetri andavano prima lavati e poi insaponati. Per pulire gli ottoni bisognava infilarsi nella mano una vecchia calza di lana. Bisognava spolverare i soprammobili e tirare fuori, uno alla volta, gli oggetti chiusi nella credenza, che ora ingombravano il piano del tavolo (C. Cassola)

Che cos’è la Pasqua

La Pasqua è la festa della pace, è la festa del perdono, e tutti, in questo giorno lieto, debbono essere in pace tra loro. Se nel tuo cuore hai rancore verso un compagno che ti ha offeso, perdona e sarai anche tu perdonato.
E’ Pasqua di Resurrezione! Fai del bene in questi giorni di festa! Aiuta chi ha bisogno, consola chi soffre. Soltanto così potrai celebrare felicemente la Pasqua. (M. Menicucci)

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Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico

Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico. Per questo esperimento servono soltanto:
acqua di rubinetto
matite ben appuntite, quante ne volete
un sacchetto trasparente di quelli apri/chiudi per alimenti, ma se non lo avete potete ingegnarvi come ho fatto io
un secchio.

Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico

Riempite il sacchetto di plastica con acqua, quindi chiudetelo e verificate che non ci siano perdite; in caso contrario il sacchetto sarà da cambiare. Per sicurezza fate l’esperimento tenendo il sacchetto su un secchio, oppure nel lavandino.

Inserite una ad una le matite nel sacchetto, con mano ferma ma senza violenza: magicamente non uscirà una sola goccia d’acqua! Il sacchetto sembra proprio sigillare le matite che sono state inserite: fatelo notare ai bambini.

 Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico 

Quando hai finito, poni il sacchetto sul secchio (o sul lavandino) e rimuovi una ad una le matite:

Perchè?

I sacchetti di plastica sono fatti di polimeri. Un polimero è una grande molecola costituita da diverse unità molecolari, identiche o simili, chiamate monomeri e tenute insieme da legami chimici (legami covalenti).

wikipedia.org

Queste catene di molecole sono molto flessibili e danno al sacchetto elevata elasticità.

Quando la matita appuntita penetra nel sacchetto, le molecole di cui è costituito la abbracciano creando una guarnizione a tenuta stagna intorno alla matita, e il sacchetto non perde.

Altri esperimenti coi polimeri:

Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico – Qui un video dell’esperimento:

Esperimenti scientifici per bambini – Il sacchetto magico. Nel web:

http://tinkerlab.com/2012/03/magical-plastic-bag-experiment/

http://www.stevespanglerscience.com/experiment/leak-proof-bag

http://www.abc.net.au/science/experimentals/experiments/episode25_1.htm

Science experiments for kids: magical plastic bag. For this experiment are used only: tap, well-sharpened pencils (many as you want), a transparent plastic bag of those open / close for food, but if not have it you can remedy with plain plastic bag, as I did, a bucket.

Science experiments for kids: magical plastic bag

How is it done?

Fill the plastic bag with water, then close it and check that there are no leaks; otherwise the bag will be to change. For safety you do the experiment holding the bag on a bucket, or in the sink.

Insert one by one the pencils in the bag, with a firm hand but without violence: magically will not leave a single drop of water! The bag looks just seal the pencils that were included: do note to children.

When you’re done, put the bag on the bucket (or sink) and remove one by one the pencils:

Science experiments for kids: magical plastic bag

Why?

The plastic bags are made of polymers. A polymer is a large molecule composed of different molecular units, identical or similar, called monomers and held together by chemical bonds (covalent bonds).

wikipedia.org

These chains of molecules are very flexible and give the bag a high elasticity.

When the sharpened pencil penetrates into the bag, the molecules of which it is composed embrace it, creating a watertight seal around the pencil, and the bag does not leak.

Other experiments with polymers:

Science experiments for children – Balloon skewer

Science experiments for kids: magical plastic bag 

Video

Science experiments for kids: magical plastic bag
Other links

http://tinkerlab.com/2012/03/magical-plastic-bag-experiment/ http://www.stevespanglerscience.com/experiment/leak-proof-bag http://www.abc.net.au/science/experimentals/experiments/episode25_1.htm

Poesie e filastrocche sulla PRIMAVERA

Poesie e filastrocche sulla PRIMAVERA – una raccolta di poesie e filastrocche sulla primavera, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Coniglietti a primavera
Tre coniglietti
in fila breve
nasini al sole,
code di neve.
Tre coniglietti
fanno tre salti
e poi rosicchiano
foglie giganti.
Tre coniglietti
in lieta schiera
danzano in tondo:
è primavera!
(K. Jackson)

Bosco di primavera
Vola un profumo lieve
dal biancospin di neve;
splendon rugiade d’oro
sul mirto e sull’alloro.
Canta la cinciallegra
e il bosco si rallegra.
Fa uno starnuto il riccio
e la gazza il suo bisticcio,
ma c’è un garofanino
che sboccia lì vicino
e cinguetta capinera:
per dir che è primavera. (M. L. Magni)

Le foglioline
Dicon le foglioline appena nate,
al vecchio tronco: “Nonno, l’hai sentite
le rondini? Che splendide giornate!
Vedi? Non siam più tutte aggrinzite!
Ci siamo tese come le manine
carezzose dei bimbi; e i freschi venti
ci fanno vispe come farfalline,
e il sole ci fa tutte rilucenti. (C. Del Soldato)

Primavera
Nell’aria gli uccellini
nell’acqua i pesciolini
in terra i frutti e i fiori
di splendidi colori.
In cielo tante stelle,
ah, quante cose belle!

Le foglioline
Dicon le foglioline appena nate,
al vecchio tronco: “Nonno l’hai sentite
le rondini? CHe splendide giornate!
Vedi? Non siamo più tutte aggrinzite!
Ci siam tese come le manine
carezzanti dei bimbi: e i freschi venti
ci fanno vispe come farfalline,
e il sole ci fa tutte rilucenti”. (C. Del Soldato)

Primavera
Ecco ecco che è arrivata
primavera scapigliata,
primavera bella bella,
primavera pazzerella.
Son fioriti i biancospini,
nasceranno i rondinini
dentro i nidi verdi e gialli;
danzaranno i loro balli
le farfalle
bianche e gialle. (L. Galli)

Primavera
La nube rosata
che vaga nel cielo
ravviva l’aurora
del tiepido aprile.
Nei campi odorosi
di tenera erbetta
macchie di fiori
multicolori.
Le rondini sono
tornate ai nidii,
rifatti e puliti,
dell’altro autunno.
Incanto di mille
ridenti colori:
incanto
di primavera. (A. Russo)

Si sveglia la primavera
Quando il cielo ritorna sereno
come l’occhio di una bambina,
la primavera si sveglia. E cammina
per le mormoranti foreste,
sfiorando appena
con la sua veste
color del sole
i bei tappeti di borraccina.
Ogni filo d’erba reca un diadema,
ogni stilla trema.
Qualche gemma sboccia
un po’ timorosa,
e porge la boccuccia color di rosa
per bere una goccia
di rugiada… (U. Betti)

Primavera
Tre coniglietti
in fila breve
nasini al sole,
code di neve.
Tre coniglietti
fanno tre salti
e poi rosicchiano
foglie giganti.
Tre coniglietti
in lieta schiera
danzano in tondo:
è primavera! (K. Jackson)

Primavera
Primavera, primavera,
dolcemente scendi giù;
ben ti avverte in sulla sera
il cucù col suo cù, cù!
Ben ti avvertono nei prati,
dove l’erba rifiorì,
tanti grilli indaffarati
notte e giorno a far crì, crì!
A tal musica le piante,
metton fiori tutte quante. (Yambo)

Primavera
Lucciole belle venite da me,
son principessa, son figlia di re
ho trecce d’oro filato fino fino
ho un usignolo che canta sul pino
una corona di nidi alle gronde
una cascata di glicini bionde
un rivo garrulo limpido fresco
fiori di mandorlo, fiori di pesco
ho veste verde di vento cucita
tutta di piccoli fiori fiorita
occhi di stelle nel viso sereno
dolce profumo di viole e di fieno
e per il sonno dei bimbi tranquilli
la ninna nanna felice dei grilli (R. Pezzani)

San Benedetto
Ecco le rondini,
San Benedetto!
Rondini e rondini
che cercano i nidi
per ogni tetto
con striduli
gridi.
Cantano: “E’ primavera!”
E sfrecciano nei cieli
dalla mattina a sera.
Cantano: “E’ primavera!
E spuntano steli
su dalla terra nera.
Cantano : “E’ primavera;
è rinata
la vita,
è ritornata
la gioia ch’era
solo smarrita!”

Primavera
Primavera vien danzando,
vien danzando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Ghirlandette di farfalle
campanelle di vilucchi,
quali azzurre, quali gialle;
e poi rose, a fasci, a mucchi. Angiolo Silvio Novaro

Primavera
Quando tornan le rondini alle gronde
e di voli e di nidi empion la sera,
arriva la festosa primavera. (E. Pesce Gorini)

La Primavera
Di nuovo è tornata la Primavera.
C’è luce di giorno e di sera.
I giardini si riempiono di fiori.
Tornano i bambini a giocare fuori.
Di nuovo la verde raganella
canta la sua storiella.
Ma chi abita in città
non la sa
sa solo che fa cra-cra. (A. Grossi)

Primavera
Primavera… tutta gridi
d’uccellini dentro i nidi,
tutta fiori nel vestito
nuovo nuovo, fresco fresco,
rosa e lieve come il pesco,
per miracolo fiorito.
Primavera, ridi, ridi,
ridi al sole, ai fiori, ai nidi. (Giardina)

La buona novella
Il vento l’ha contata a un fil d’erbetta,
e l’erba la contò alla farfalletta.
La farfalla la disse ad un bambino:
“Non lo sai dunque? Ciccicì, ciccì!
La buona e bella primavera è qui! (R. Fumagalli)

Primavera
Le campanelle
raccontano alle stelle
che il sole, che il sole
fa nascere le viole…
A nuovo vestite
spuntano le margherite,
primule e mughetti,
cespugli e cespuglietti,
piante e piantine,
erbette fine fine…
E il sole ad ogni fiore
dà il suo colore.
Rosse le rose,
gialle le mimose,
candidi i gigli,
e tutti son suoi figli. (Lina Schwarz)

Primavera
Ecco ecco ch’è arrivata
primavera scapigliata,
primavera bella bella,
primavera pazzerella,
con il sole,
con le viole,
con i gridi,
con gli stridi
dentro i nidi.
Son fioriti i biancospini,
cresceranno i rondinini
dentro i nidi verdi e gialli;
danzeranno i loro balli
le farfalle
bianche e gialle. (L. Galli)

Primavera
Ed ecco che un susino
bianco sbocciò sul verzicar del grano.
Come un sol fiore gli sbocciò vicino
un pesco, e un altro. I peschi del filare
parvero cirri d’umido mattino.
Uscìano le api. Ed or s’udiva un coro
basso, un brusìo degli alberi fioriti,
un gran sussurro, un favellar sonoro.
Dicean del verno, si facean gl’inviti
di primavera. Per le viti sole
era ancor presto, e ne piangean, le viti,
a grandi stille, in cui fioriva il sole. (G. Pascoli)

Filastrocca di primavera
Filastrocca di primavera
più lungo è il giorno,
più dolce la sera.
Domani forse tra l’erbetta
spunterà la prima violetta.
O prima viola fresca e nuova
beato il primo che ti trova,
il tuo profumo gli dirà,
la primavera è giunta, è qua.
Gli altri signori non lo sanno
E ancora in inverno si crederanno:
magari persone di riguardo,
ma il loro calendario va in ritardo. (Gianni Rodari)

Note di primavera
La capinera prova una canzone
ricamata di trilli e poi cinguetta
come una scolaretta.
I grilli bisbigliano graziose parole
alle margherite, vestite di bianco.
Spuntano le viole…
A notte le raganelle
cantano la serenata per le piccole stelle. (Ugo Betti)

Primavera
“Primavera tutta bella,
che cos’hai nella cestella?”
“Io vi porto biancospini,
nidi nuovi d’uccellini,
erbe e fiori lungo i fossi,
alberelli bianchi e rossi,
cori di ranocchi e rane,
dolci suoni di campane. (Romana Rompato)

Risveglio
La primavera
si desta, si veste,
corre leggera
per prati e foreste.
Guarda un giardino,
ci nasce un fioretto,
guarda un boschetto,
c’è già un uccellino.
Guarda la neve,
già scorre il ruscello;
viene l’agnello,
si china e ne beve.
Guarda il campetto,
già il grano germoglia.
Tocca un rametto,
ci spunta una foglia.
Canta l’uccello
nel folto del rovo:
“Il mondo è bello
vestito di nuovo!”. (Renzo Pezzani)

Primavera in città
Primavera è venuta in città
e nessuno ancora lo sa.
Lo sa solo quel bambino
che laggiù in periferia
ha trovato un fiorellino
nel bel mezzo della via.
Ma anche gli altri la vedranno
e nel cuor la sentiranno
e perfin la grossa gru
resterà col naso in su
per veder la primavera
che nel ciel passa leggera.

La prima viola
E’ nata la prima violetta
tra la fresca erbetta
del prato
e ha detto, facendo l’inchino:
“Cantate!
Il bel tempo è vicino!”. (B. Marini)

La prima margherita
Si risvegliò la prima margherita
su l’erbe nuove, sopra il verde stelo.
Ancora tutta chiara e infreddolita
levò la testa per guardare il cielo:
vide venir la primavera e allora
gridò: “Fiorite, o sorelline, è l’ora!”. (Hedda)

Primavera
Viene la primavera
da una terra lontana.
Mette nell’aria un trillo.
Per la valle e la piana
tornata è primavera. (Renzo Pezzani)

Pioggia primaverile
La pioggia imminente
la sente
la rondine bassa
che passa.
Gocciò la campana:
la rana
di fuor dal paese
l’intese.
Nel cielo già lieve
vien greve
la nube e sul concio
fa il broncio.
Poi tac; picchietta
con fretta
sul fieno, sul grano
del piano.
Or ecco, d’un fiato
il prato
di gocciole intride,
sorride. (L. Carpanini)

Piccola nuvola di primavera
Dopo l’acquata le nuvole, pronte,
pigliano il volo, scavalcano il monte.
Or con la gonna di velo sottile,
la più pigra s’impiglia al campanile.
“Lasciami con codesta banderuola;
mi strappi tutta! Son rimasta sola!”.
Ma il campanaro senza discrezione
le risponde col campanone!
Che sobbalzo, che sgomento!
Per fortuna c’era il vento
che con tutta galanteria
la piglia e se la porta via.
La porta a spasso lieve lieve
sul torrente, sulla pieve;
tutto il mondo le fa vedere,
tetti rossi, maggesi nere…
Quanti bimbi lungo il rio!
E che brillio di vetri e foglie.
Quante vecchie sulle soglie!
Che festa, che chiacchierio!
Bimbi e rondini a strillare
e bucati a salutare. (Ugo Betti)

Goal
Giocano a calcio i grilli
e non lasciano tranquilli
i fiori circostanti.
Han scelto come palla una mimosa gialla.
Il grillo centravanti
la passa ad un terzino
che, con uno zampino,
le fa fare un bel volo
ad un palmo dal suolo.
Vicino a un paracarro
ci sta compar ramarro
che segue la tavolata
a bocca spalancata.
Compiuto il suo tragitto,
la palla poco esperta
finisce a capofitto
dentro la bocca aperta
del ramarro che dice:
-“Goal”- e tutto felice
per l’improvvisa pappa
ingoia il fiore e scappa. (L. Folgore)

Primavera
Se vien primavera,
con danza leggera
tesori disserra,
dal sen della terra
ed ecco la viola,
profuma l’aiuola
l’anemone bianco,
si culla al suo fianco
a crescer s’affretta,
la tenera erbetta
e lieve si china,
la margheritina.

Canti di primavera
Se vuoi sentir cantare la primavera,
fanciullo, va’ nel prato, chiudi gli occhi.
Verranno i grilli al calar della sera:
terran concerto insieme coi ranocchi.
Tra i fili d’erba terran concerto
in mezzo al prato, sotto il cielo aperto.
Se primavera vuoi sentir cantare,
ad occhi chiusi resta ad ascoltare. (M. Castoldi)

Primavera
Primavera è ritornata,
col vestito a più colori
ha la testa inghirlandata,
e un gran cesto di bei fiori
nidi e trilli lieta porta,
e un festoso cinguettare
la natura ch’era morta,
si ridesta al suo passare
con la voce più sincera,
ogni cuore ti saluta
chiara e dolce primavera, benvenuta!

Gioia
Mi svegliano al mattino
canti d’uccelli e mormorii di fronde.
Spalanco i vetri al sole: ed ecco il vento
entra col sole e intorno mi diffonde
il profumo dell’orto e del giardino.
O buon sole, o buon vento,
alberi, uccelli e fiori, vi saluto!
Ringrazio Dio del bene che mi date,
ringrazio Dio che il bel tempo è venuto
e grido con gli uccelli e son contento! (Milly Dandolo)

Primavera
Quando tornan le rondini alle gronde
e di voli e di gridi empion la sera,
arriva la festosa primavera. (E. Pesce Gorini)

Primavera
La primavera mi piace davvero
perché mi vesto più leggero
gioco fuori, mangio gelati
faccio le corse in mezzo ai prati.
Vado a passeggio con mamma e papà
questa è la vera felicità! (E.Severini)

Il vestitino bianco
Ben tornata, primavera,
che vesti di bianco i bambini
e fai cantare le capinere
nei giardini!
Anche la mamma povera, pel suo bambino,
vuol cucire un vestitino.
E cuce cuce, tutta la sera. U. Betti

Primavera
L’albero che sta innanzi alla marina
a primavera di fiori s’indora;
ci vien la lodoletta ogni mattina,
e si mette a cantar la bella aurora. (Canto popolare)

La filastrocca della primavera
Ecco ecco ch’è arrivata
primavera scapigliata,
primavera bella bella,
primavera pazzerella,
con il sole,
con le viole,
con i gridi,
con gli stridi
dentro i nidi.
Son fioriti i biancospini,
nasceranno i rondinini
dentro i nidi verdi e gialli;
danzeranno i loro balli
le farfalle
bianche e gialle. (L. Galli)

La buona novella
Il vento l’ha contata a un fil d’erbetta,
e l’erba la contò alla farfalletta.
La farfalla la disse a un passerino
e il passero la disse a un bambino:
“Non lo sai dunque? Ciccicì, cicì!
La buona e bella primavera è qui!” (Rosa Fumagalli)

Primavera
Viene la primavera
da una terra lontana.
Mette nell’aria un trillo.
Per la valle e la piana
tornata è primavera. (R. Pezzani)

Il risveglio dei fiori
Un bel mattino, ai primi dell’aprile,
un leprottino trepido e gentile
perlustrò la campagna, zolla a zolla
per ridestar dal sonno ogni corolla.
La pratolina, tutta bianca e rosa,
sollevò la faccina sonnacchiosa
e borbottò tra il sonno: “Chi mi desta?
Chi mi ha dato un colpetto sulla testa?”
Ma poi, vedendo splendere il bel sole,
si mise a dar la sveglia anche alle viole.
I giacinti, ricciuti e sbarazzini,
tornarono a fiorire nei giardini.
Gli anemoni leggiadri e gli asfodeli
fecero un bell’inchino sugli steli,
e in disparte, il vanesio tulipano,
si lustrò la corolla piano piano.
E tutti insieme, fiori e fiori e fiori
sciorinarono al sole i bei colori
era a vedersi una leggiadra schiera
simbolo eterno della primavera. (M. Dandolo)

La primavera si desta
La primavera
si desta, si veste
corre leggera
per prati e foreste.
Guarda un giardino
ci nasce un fioretto.
Guarda un boschetto
c’è già un uccellino.
Guarda la neve
già scorre un ruscello,
viene l’agnello
si china e ne beve.
Guarda il campetto
già il grano germoglia.
Tocca un rametto
ci spunta una foglia.
Canta l’uccello
nel folto del rovo:
“Il mondo è bello
vestito di nuovo!”

Primavera
Un ramo di pesco
vestito di rosa
un cantico fresco
nell’aria odorosa
un nido, un grido
il sole, tre viole
un soffio di vento
un rosso di sera
e il cuore è contento
perchè è primavera. (L. Caramellino)

Primavera
Se vien primavera
con danza leggera
tesori disserra
dal sen della terra.
Ed ecco la viola
profuma l’aiuola,
l’anemone bianco
si culla al suo fianco;
a crescer s’affretta
la tenera erbetta
e lieve si china
la margheritina.
Fra peschi rosati
che ornano i prati
trascorre giulivo
il garrulo rivo.
Nel cielo d’opale
è un fremito d’ale.
Ovunque si svela
la primavera
che vita ne adduce
su raggi di luce.

Primavera

Ed ecco che un susino
bianco sbocciò sul verzicar del grano.
Come un sol fiore gli sbocciò vicino
un pesco, e un altro. I peschi del filare
parvero cirri d’umido mattino.
Usciano le api. Ed or s’udiva un coro
basso, un brusio degli alberi fioriti,
un gran sussurro, un favellar sonoro.
Dicean del verno, si facean gl’inviti
di primavera. Per le viti sole
era ancor presto, e ne piangean, le viti,
a grandi stille, di cui fioriva il sole. (G. Pascoli)

La prima

Venne col vento, si posò, la prima,
sul comignolo antico e salutò.
Era già l’ombra della sera; in cima
ai greppi s’accendevano i falò.
Festeggiavano ai monti il santo buono
che ha un nome di bel tempo e di ventura,
e la campana gli sgranò col suono
tre corone di lodi, alla pianura.
Niuno seppe che dolcezza s’era
raccolta sulla casa quella sera,
sulla casetta placida dell’ava
dove la prima rondine posava. (Teresah)

San Benedetto

San Benedetto!
San Benedetto!
Fiori nei prati,
rondini al tetto!
Ecco s’avanza
il fraticello
agile e lieve
come un uccello.
Tiene celati
tutti i suoi doni:
rondini brune,
nidi, farfalle,
margheritine
candide e gialle.
Passa, lasciando
lungo la via
un’olazzante
tiepida scia:
note festose
di lieti canti,
tutti i sorrisi,
tutti gli incanti.
Ridono i bimbi.
Saltan giocondi,
li bacia il sole
coi raggi biondi.
San Benedetto!
San Benedetto!
Fiori nei prati,
rondini al tetto! (L. M. Martorana)

Giorno d’arrivo

Giorno d’arrivo il tuo, San Benedetto,
ecco una prima rondine che svola.
E trova i pioppi nella valle sola,
la grande pieve, il nido piccoletto. (G. Pascoli)

La primavera

Quando il cielo ritorna sereno
come l’occhio di una bambina,
la primavera si sveglia. E cammina,
per le mormoranti foreste,
sfiorando appena
con la sua veste
color del sole
i bei tappeti di borraccina.
Ogni filo d’erba reca un diadema,
ogni stilla trema.
Qualche gemma sboccia
un po’ timorosa,
e porge la boccuccia color di rosa
per bere una goccia
di rugiada.
Nei casolari solitari,
i vecchi si fanno sulla soglia
e guardano la terra
che germoglia.
A notte le raganelle
cantano la serenata per le piccole stelle.
I balconi si schiudono
perchè la notte è mite,
e qualcuno s’oblia
ad ascoltar quel che voi dite
alle piccole stelle,
o raganelle
malate di malinconia. (U. Betti)

Gemme
Ed ecco sul tronco
si rompono le gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul declivo.
E tutto mi sa di miracolo:
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era. (S. Quasimodo)

Albero in fiore
E dove li tenevi,
alberino lucente,
i fiori che ora levi
e non pesano niente?
Eri, a gennaio, brullo:
la neve ti vestì.
Stamane, al primo frullo,
il corpo ti fiorì.
Ora, il cielo sereno
guardi, tutto un chiarore…
Di gioia vieni meno?
Ringrazi Iddio Signore?
Passa la brezza e coglie
petali e poi li sperde
per zolle ancora spoglie,
sul primo fiato verde.
Un attimo… e non sei.
Ma la tua luce dura
in fondo agli occhi miei,
candida fioritura. (M. Castoldi)

Il ciliegio
Ho un ciliegio nell’orto
(proprio sotto il murello)
vecchio rugoso e storto
che rinnova il mantello
a ogni primavera;
e tra le nuove foglie
quando viene la sera,
i passeri raccoglie.
Nel sussurrar del vento
tra il cinguettar vivace,
parla sereno e lento:
“Son vecchio ma mi piace
allargare i miei rami
nell’aria cilestrina
udir questi richiami
di sera e di mattina…” (G.  Fanciulli)

Nell’orto
Questa notte, un miracolo pare,
è passato qualcuno nell’orto:
stavan mute le stelle a guardare.
Non sembrava il bel mandorlo morto?
Non sembrava il bel mandorlo secco?
Ma qualcuno con mano leggera
ha posato farfalle a ogni stecco
per poi ratto fuggire. Chi era?
E stamane, ne chiaro mattino,
un bambino riguarda stupito,
e gli pare un sorriso divino
il bel mandorlo nuovo e fiorito. (T. Stagni)

Tempi belli
…Ora comincia
il tempo bello. Udite un campanello
che in mezzo al cielo dondola? E’ la cincia.
Comincia il tempo bello.
Udite lo squillar d’una fanfara
che corre il cielo rapida? E’ il fringuello.
Fringuello e cincia ognuno già prepara
per il suo nido il mustio e il ragnatelo;
e d’ora in ora primavera a gara
cantano uno sul pero, uno sul melo. (G. Pascoli)

Maltempo
Sono stanco.
Stanco di questa pioggia
che viene giù minuta
insistente
noiosa.
Stanco del fango
di queste sporche gore.
Stanco del vento
che fischia tra le imposte
ed urla minaccioso
tra gli alberi del bosco.
Stanco del rombo
del torrente
che croscia
lontano nella valle
con lavorio di massi.
Stanco del freddo
che mi raggela il sangue
e mi perfora l’ossa.
Stanco di questa nebbia
che occlude gli orizzonti
ed imprigiona il sole.
Stanco forse perchè
ho tanta
voglia di sole!  (M. Macchione)

Nuovo tempo
Stamane per le strade di campagna
il cielo è dentro le pozzanghere.
La pioggia di tre giorni ristagna,
un biondo vento soffia in su le nuvole.
Mussole e lini bianchi
palpitano sulle siepi.
I rametti già così stanchi,
in vetta d’improvviso gemmano.
Le passere lascian la pigrizia,
sbucano dal loro ciuffo di piume,
nuove alla nuova delizia
saltellando il capo scuotendo.
Dalla terra odore di essenze.
Tra il verde, rado stupore di case. (M. Dazzi)

Primavera è nell’aria
Stanotte s’è messa in cammino
la primavera nell’aria.
D’intorno, sul capo, la svaria
un velo di stelle turchino.
Il suo profumo è un sospiro
diffuso sui freschi giardini.
La terra non ha più confini,
il mare non ha più respiro.
L’alba sorride cogli occhi
dalle lunghe ciglia di cielo.
Vibra negli orti ogni stelo
come se una mano lo tocchi.
Le strade hanno tenui tremori
di verde lungo i fossati.
Gli alberi si sono svegliati
con bianche ghirlande di fiori. (G. Villaroel)

Primavera
C’è tra i sassi, ieri non c’era,
l’erba, che trema come un verde fuoco:
l’ha perduta nel gioco
la giovane primavera.
La pecorella, vestita di lana,
ora strappa le tenere foglie,
e, per ogni ciuffo che coglie,
batte un tocco di campana.
A quel suono fiorisce il pesco;
si schiudono le finestrelle
e le rondini dal cuore fresco
giungono dalle stelle.
Ogni cosa ha la sua festa
(poichè brilla come bandiera
il bucato alla ringhiera)
e le ragazze un fiore in testa.
L’acqua chiocca nella peschiera
rotonda come una secchia
e l’allodola dentro vi specchia
il suo canto di primavera. (R. Pezzani)

Primavera
Quando il cielo ritorna sereno
come l’occhio d’una bambina
la primavera si sveglia. E cammina
per le mormoranti foreste,
sfiorando appena
con la sua veste
color del sole
i bei tappeti di borraccina.
Ogni filo d’erba porta un diadema,
ogni stilla trema.
Qualche gemma sboccia
un po’ timorosa,
e porge la boccuccia color di rosa
per bere una goccia
di rugiada…
Nei casolari solitari
i vecchi si fanno sulla soglia
e guardano la terra
che germoglia.
A notte le raganelle
cantano la serenata per e piccole stelle.
I balconi si schiudono
perchè la notte è mite,
qualcuno s’oblia
al ascoltare quel che voi dite
alle piccole stelle,
o raganelle
malate di malinconia. (U. Betti)

Pioggia primaverile
La pioggia imminente
la sente
la rondine bassa
che passa.
Gocciò la campana:
la rana
di fuor del paese
l’intese.
Nel cielo già lieve
vien grave
la nube e sul concio
fa il broncio.
Poi tac; picchietta
con fretta
sul fieno, sul grano
del piano.
Or ecco, d’un fiato
il prato
di gocciole intride,
sorride. (L. Carpanini)

Anche il mare
Anche il mare ha la sua primavera:
rondini all’alba, lucciole la sera.
Ha i suoi meravigliosi prati
di rosa e di viola,
che qualcuno invisibile, là, falcia,
e ammucchia il fieno
in cumulo di fresche nuvole. (C. Govoni)

E’ primavera
Il sole batte, con le dita d’oro,
alle finestre. Uno squittio sottile
è sui tetti. Nell’orto la fontana
ricomincia a cantare. E’ primavera.
Le chiese, in alto, con le croci accese,
i monti immensi con le cime rosa,
le strade bianche con gli sfondi blu.
E’ primavera. E’ primavera. Il cielo
spiega gli arazzi delle nubi al vento.
L’albero gemma. Verzica la terra.
Nel cortile la pergola è fiorita.
Ai balconi: le donne in vesti chiare.
E’ primavera. E’ primavera. E il mare
ha un riso azzurro e un brivido di seta. (G. Villaroel)

Dove vai San Benedetto
Stamattina a casa mia
si fermò San Benedetto;
mi svegliò con la poesia
delle rondini sul tetto,
del colore d’un suo fiore,
delle gocce di rugiada
sull’erbetta della strada.
Dove vai, San Benedetto?
Sopra i rami nudi e brulli,
dolci frutti
d’ali al vento.
Lungo i cigli fior vermigli.
Tra le pietre del muretto
son sbocciati a cento, a mille,
campanelle,
fiori bianchi, fiori a stelle…
Dove vai, San Benedetto?
Se n’è andato il buon vecchietto
con il sacco ed il bastone.
Mi ha lasciato una canzone:
la dolcissima poesia,
fresca, fresca, come un fiore,
delle rondini sul tetto,
delle gocce di rugiada
sull’erbetta della strada. (C. Ronchi)

Attesa
Son disseccate ancor tutte le aiuole;
nervosa ancor la terra, umida e ghiaccia,
ma il vento le nuvole discaccia
e riappare sfolgorante il sole,
che col fecondo palpito l’abbraccia;
già nei cespugli mammole, viole
spuntan, timide di sentirsi sole;
qualche gemma sui rami irti s’affaccia.
(D. Garoglio)

Disgelo
Case nel sole: una striscia di giallo,
di scialbo giallo, su prati nevati.
(Alberi, dietro: alti pioppi sfumati
dentro un sottile pulviscolo d’oro).
Lucide chiazze di cupo viola
sui tetti bianchi; la neve si sfa.
Finestre aperte; bucato a festoni;
donne affaccendate… E’ l’inverno che va…
(D. Valeri)

Stagione incerta
E’ presto ancora: v’è del gelo ai fossi,
della brina sugli embrici del tetto,
quasi inverno… ma già si allunga il giorno
e là dietro la siepe
s’alza un palpito bianco di farfalle;
poi verranno le rondini dal mare;
e al tempo benedetto delle messi
(rosso il trifoglio, bionde, alte le spighe)
l’allodoletta trillerà sul grano.
Oh, come corre rapido il pensiero!
Già coglie il fiore non ancora nato,
affretta arrivi e voli.
Ma per ora non v’è che questo incerto,
liquido cielo, questa terra spoglia,
quest’odor d’erba nuova e di bucati.
(A. Brondi)

Bel mare
Un bel mare, così, tutto nuovo,
verdino come il grano dei campi,
con bianchi sbuffi di spume e lampi
di diamanti sulla sabbia d’oro,
un bel mare così, sotto un cielo
grigio lanoso, gonfio di sole
che sta per rompere come un fiore
di giaggiolo dal suo nodo di velo,
un mare così basta a far primavera;
e subito par che la gioia ritorni…
Il rombo delle onde è come un cuore
che batta ovunque, che batta forte.
Morto ogni ricordo di morte;
perchè c’è il mare, perchè c’è il sole.
(D. Valeri)

Primavera vicina
Più morbida, più lieve
l’aiuola, ecco, s’inturgida;
candide come neve
ondeggian le campanule,
un vivo odor di fuoco
va dispiegando il croco;
il suol di sangue stilla,
lo smeraldo sfavilla.
Le primule si gonfiano
con borioso piglio;
mentre l’astuta mammola
s’asconde ad ogni ciglio,
un alito possente
scuote la vita intera.
E’ viva, è qui presente
ormai la primavera.
(J. W. Goethe)

Primavera imminente
Nel bianco cespuglio chi canta?
Il rossignolo.
Ingannato dal suo desiderio di primavera
ha scambiato gli ultimi fiocchi di neve
per i fiori di pruno.
(Sosei – celebre bonzo del secolo IX)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche il papà

Poesie e filastrocche il papà una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il babbo
Povero babbo! Stanco, scalmanato,
tutte le sere torna dal lavoro,
ma per cantar la nanna al suo tesoro
ha sempre un po’ di forza e un po’ di fiato.
L. Schwarz

Festa del papà
Tanti auguri babbo caro
di salute e d’ogni bene
or che sono un o scolaro
li so far come conviene.
Se sapessi, babbo mio,
in cucina che da fare
un gran moto, un tramestio
un andare e ritornare.
Già ti annuncio in confidenza
(tanto tu non lo dirai)
che un budin nella credenza
c’è, ma grande, grande assai.
Che tripudio, che contento!
Ah, se fosse ognor così
che giulivo movimento
caro babbo, che bel dì.

Il padre
Mio padre non è morto,
mio padre cammina con me,
sento ancora il suo passo.
Sento che s’accosta ai libri,
toglie la bibbia dallo scaffale:
da tanto la sua immagine è scomparsa,
ma mio padre è sempre con me.
Sotto la lampada egli siede la sera,
e tiene il libro in mano:
e a volte chiede piano
se ho trovato la pace.
A volte lo sento parlare,
ma non vedo il suo viso,
mi sembra d’essere ancora bambino
e ascolto le parole d’Isaia.
E se siedo alla notte sulla soglia,
e la luna percorre il dorato sentiero,
sento che siede accanto a me
come un tempo sedava. (E. Wiechert)

A mio padre
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi un uomo estraneo
per te stesso egualmente t’amerei.
Chè mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro della tua camera scopristi
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiavi al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorellina, bambinetta ancora,
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura, ti mancava il cuore:
chè avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillando l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per scamparla
da quel cattivo ch’era il tu di prima.
Padre se anche tu non fossi il mio
padre, se anche tu fossi un uomo estraneo
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei. (C. Sbarbaro)

Padre
Padre, un giorno ti condurrò per queste
vie, con queste mani che reggevi
un giorno nelle tue. T’indicherò
come facevi, i seminati, i colli,
le case sparse, quasi con le tue
stesse parole; e tutto sarà nuovo
per te, come per me in quei lontani
giorni, e sorriderai col mio sorriso.
Allora io non avrò più l’innocenza,
ma la ritroverò negli occhi tuoi,
e sarà, padre, il tuo ultimo dono. (T. Colsalvatico)

A mio padre
Caro papà che te ne stai rinchiuso
in quell’ufficio sempre a lavorare
esci a vedere il sole,
vieni anche tu un po’ fuori a respirare.
Fai quattro passi, arriva alla stazione,
arriva al bar a prendere un gelato,
mettiti un po’ a giocare
in mezzo a noi, sopra un grande prato.
Se stai fra noi, papà, ritornerai
felice, e tante noie scorderai.
(A. Valsecchi)

Poesie e filastrocche il papà Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche su FEBBRAIO

Poesie e filastrocche su FEBBRAIO – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Febbraio
E’ febbraio un monellaccio,
molto allegro e un po’ pagliaccio
per le piazze e per le sale,
accompagna il carnevale
se fra i mesi suoi fratelli,
ve ne sono di più belli
il più allegro e birichino,
sempre è lui, il più piccino.

Febbraio
Oh febbraio piccolino,
non è vero che tu sia
proprio un mese malandrino.
Fra i tuoi giorni di bufera
e di freddo, tu ci porti
un pochin di primavera.
Se nel cielo ride il sole,
spuntan subito, sul greppo,
una primula e due viole.
Poi tu allunghi la giornata
più di un’ora e ci regali
qualche bella mascherata.
Non sei dunque malandrino,
o febbraio piccolino. (T. R. Correggi)

Febbraio
Se ti dicon, febbraietto,
che sei corto e maledetto,
non avertene per male:
è un proverbio che non vale.
Il tuo gelido rovaio,
un ricordo di gennaio,
presto viene e presto va
e paura non ci fa.
Oh, nemmen quella tua neve
ci sgomenta, così lieve
che un respiro di tepore
basta a scioglierne il rigore.
E se ancor ti coglie il gelo
e s’addensan nubi in cielo,
basta un raggio del tuo sole
a dar vita alle viole.
Poco dura la bufera
se alle porte è primavera;
non è vero, febbraietto,
che sei corto e maledetto. (F. Castellino)

Febbraio
Febbraio, bizzoso,
cattivo, cattivo,
perchè tante nubi?
Perchè tanto gelo?
Eppure nel cuore
tu sogni e racchiudi
il tenero azzurro
d’un lembo di cielo
e porti negli occhi
un raggio di sole
ch’è più luminoso
più bello che mai.
Febbraio bizzoso,
dov’è primavera?
Oh, dimmelo piano!
Tu ridi: lo sai. (G. Aimone)

Febbraio
E’ febbraio un monellaccio,
molto allegro e un po’ pagliaccio:
ride, salta, balla e impazza,
per le vie forte schiamazza
per le piazze e per le sale
accompagna il carnevale.
Se fra i mesi suoi fratelli
ve ne sono dei più belli,
il più allegro e birichino
sempre è lui, ch’è il più piccino. (M. Vanni)

Il mandorlo di febbraio
Avevo udito dire all’ortolano:
“Mandorluccio, non fare l’imprudente,
tra breve il garbinel più non si sente
e ripiglia a fischiare il tramontano.”
Avevo anch’io timore di febbraio,
mese corto e malnato, mese amaro,
ed anch’io te l’avrei voluto dire:
“Non fiorir, mandorluccio, non fiorire!”
Ma quando stamattina giù ho guardato
nell’orto in faccia al sole t’ho veduto
tutto rami d’argento tra il saluto
e il volo degli uccelli, lì incantato
t’ho detto tra di me: “Hai fatto bene!”
La bellezza è così, vien quando viene;
la bellezza non bada al tempo, o caro,
mio bianco mandorluccio di febbraio. (C. De Titta)

Febbraio
Ecco qua il più piccino,
gaio, breve, mingherlino,
tutto trilli e sonatine,
canti, balli, mascherine,
tutto frizzi ed allegria
che spumeggia e corre via.
Ecco, appena cominciato
già è passato…
In un soffio se ne va
e di tutto quel frastuono,
nulla, nulla resterà. (Hedda)

Febbraio
Se ridi, o febbraio piccino,
col sole sia pure d’un dì,
è un riso che dura pochino,
pochino pochino così.
Appena quel tanto che basta
a fare cantare le gronde
dell’acqua mutevole e casta
che lascia la neve che fonde.
Ma basta quel primo turchino,
quel po’ d’intravvista speranza
a dare una nuova fragranza
al cuore e al destino. (R. Pezzani)

La prima viola
E’ nata la prima violetta
tra la fresca erbetta
del prato
e ha detto facendo l’inchino:
“Cantate,
il bel tempo è vicino!” (B. Marini)

Vien febbraio
Vien febbraio
mese gaio
che folleggia
che passeggia
con la maschera sul viso,
con la celia, col sorriso
che fa il chiasso per le strade
mentre ancor la neve cade. (Malfatti Petrini)

Febbraio
Caro alla vita è il mese di febbraio,
che ama impazzar, folletto, per le strade
e sparge lieto in tutte le contrade
il cieco ardore del suo cuore gaio. (B. Da Osimo)

Febbraio
Nuvoli, vento, neve, acqua, tempesta!
E’ arrivato febbraio, febbraietto!
“Ah, febbraietto, corto e maledetto”
gli gridan tutti: “Vattene alla lesta!”
Corre via febbraietto e sembra dire:
“Allegri, chè l’inverno è per finire!”
E allegro per il colle e per il piano,
ora pota le viti il buon villano,
mentre le vie, le piazze cittadine,
empie un gaio vociar di mascherine. (U. Ghiron)

Febbraio
Cosa ci porti, corto febbraio?
Sì, dietro l’uscio v’è primavera
con la sua veste dolce e leggera,
col suo sorriso limpido e gaio.
Tu ci riporti le mascherine,
coi lieti giorni di carnevale;
empi di canti le gaie sale
e la tua gioia par senza fine.
C’è chi ti dice: “Febbraio amaro”
perchè, talvolta, di pioggia e neve
non sei tu il mese certo più avaro,
col tuo cappuccio di nubi, greve.
Ma cosa importa? Fresca e leggera
a te dappresso, bionda nel sole.
tutta sorriso, tutta viole,
ecco che appare la primavera. (Zietta Liù)

Febbraio
Corro lieto nel bosco
a cogliere viole:
qua e là penetra il sole;
qua e là si fa più fosco…
C’è qualche bacca rossa
sulle stecchite fratte,
odor d’erbe disfatte,
odor di terra smossa;
e al lume dell’aurora,
brina gelata e bianca.
Come farfalla stanca,
vien qualche fiocco ancora…
Ma indugia, innanzi sera,
talvolta, uno splendore
che annunzia già il tepore
di dolce primavera. (C. Allori)

Febbraio

Nè amato nè inviso
tu giungi, o febbraio:
ci mostri il tuo viso
più triste che gaio.
Sorridi talvolta,
ma è un riso di scherno
nell’aria sconvolta
dal rigido inverno.
E il timido sole
che splende non piace:
c’è sempre chi vuole
scaldarsi alla brace. (L. Ruber)

Febbraio

Il sol ruppe la neve e alla costiera
in quel giorno brillò la prima volta
un mite verde. Ed ecco, il cuore ascolta
l’uccello che promette primavera.
Respira già quest’aria cristallina
nascosta dalle foglie macerate,
la mammola. Viole son nate
nel sol di quest’angelica mattina. (R. Pezzani)

Solicello di febbraio

Solicello di febbraio
che sorridi lieve lieve,
sulle siepi e sulle case
già si liquefa la neve.
Dopo i giorni cupi e tetri
il tuo raggio com’è gaio
com’è dolce il tuo tepore
solicello di febbraio!
Tu, riscaldi i poverelli
solicello chiaro e mite
più non tremano gli uccelli
sulle piante intirizzite
e i vecchietti freddolosi
siedon già sulle panchine
mentre sciamano s’intorno
variopinte mascherine.
Solicello di febbraio
già la livida bufera
si allontana e cede il passo
alla rosea primavera;
già si schiudono le gemme
canta il passero sul tetto
solicello di febbraio
solicello benedetto! (P. Ruocco)

Speranza

C’è un grande albero spoglio
in mezzo all’orto; pare
che soffra e non si possa
coprire e riscaldare.
Vola sui rami nudi
un passero sperduto
e cinguetta più forte
in segno di saluto.
Geme l’albero: “Un tempo
fui giovane e fui bello;
candidi fiorellini
erano il mio mantello…
Il passero cinguetta:
“O vecchio albero, spera…
Si sciolgono le nevi;
verrà la primavera. (M. Dandolo)

Febbraio
Questo è febbraio: tipo di mese
corto e amaro, spesso scortese.
Folate fredde taglian la faccia,
Agli usci aperti danno la caccia;
van brontolando dentro i camini,
fermano il volo degli uccellini,
e, se furiose soffian sul mare,
lo fan di spume tutto arricciare.
Neanche un fiore sopra la terra…
E quelle rose? Sono di serra.
Forse lontano, sotto i bei cieli
del mezzogiorno, gemmano i meli,
ma a tramontana con l’aria greve
neppure l’ombra di un bucaneve.
E’ meglio quindi stare al riparo…
Questo è febbraio corto ed amaro. (G. Folgore)

Febbraio

Febbraio è sbarazzino.
Non ha i riposi del grande inverno,
ha le punzecchiature,
i dispetti
di primavera che nasce.
Dalla bora di febbraio
requie non aspettare.
Questo mese è un ragazzo
fastidioso, irritante
che mette a soqquadro la casa,
rimuove il sangue, annuncia il folle marzo
periglioso e mutante.
(V. Cardarelli)

Fine di febbraio
Un azzurro nel fosco dischiuso
ricomincia gioia ai miei occhi;
tre nubi una nube che si sfiocchi
basta anch’essa al mio amore illuso;
un barlume d’oro che piova
su zolle nerastre grasse,
è come se ricreasse
il mondo, e aprisse una vita nuova.
Stagione benigna e vivace,
che tutto è attesa e annuncio divino,
e il cuore si crede vicino
al suo vero e alla sua pace.
Domani… domani lo vedremo,
caduta la tenda oscura,
il volto della gioia più pura,
il riso del bene supremo.
(Ma domani sarà la solita festa
di sole, di turchino, di verde,
in cui la vita inebriata si perde…
E dell’anima che cosa resta?)
D. Valeri

Febbraio
Corro lieto nel bosco
a cogliere viole;
qua e là penetra il sole;
qua e là si fa più fosco…
C’è qualche bacca rossa
sulle stecchite fratte,
odor d’erbe disfatte,
odor di terra smossa;
e, al lume dell’aurora,
brina gelata e bianca.
Come farfalla stanca,
vien qualche fiocco ancora…
Ma indugia, innanzi sera,
talvolta uno splendore
che annuncia già il tepore
di dolce primavera.
(C. Allori)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Lavoretti per San Valentino – Cuori 60 e più tutorials

Lavoretti per San Valentino – Cuori  60 e più tutorials. Lavoretti, decorazioni, ricette e altre idee sul tema “cuori”, per San Valentino ma non solo… Cuori di carta, di frutta, di stoffa, di panno… cappelli, occhiali, bigliettini, ghirlande e festoni, piccoli doni e spunti per attività varie coi bambini: pittura, tessitura, cucina, paperfolding, ricamo, collage, ecc… Più di 60 progetti.

1. quadretto di cuori di carta cuciti al centro, via http://pinterest.com/

2. cuoricino origami segnalibro, di http://www.thecheesethief.com

3. semplici bigliettini con cuore, di http://offbeatbride.com/

4. ghirlanda di cuori realizzati con striscioline di carta, via http://pinterest.com/

5. cuoricini fioriti, di http://mondocherry.com.au/

6. tutorial per realizzare coi bambini questi cuoricini, di  http://www.teaching-tiny-tots.com . Servono carta oleata trasparente, pastelli a cera e il ferro da stiro. Si grattugiano sulla carta i pastelli a cera, si passa il ferro da stiro e si ritaglia a forma di cuore.

7. tutorial fotografico, molto chiaro e semplice da seguire, per realizzare cuoricini origami, di http://www.flickr.com/

8. cuore realizzato con carta velina colorata su cartoncino, via http://deepheart.tumblr.com

9. cuoricino a sorpresa, via http://ylviiiis.blogg.no/

10. cuore di cartoncino tessuto, di http://www.gudruns-welt.de/

11. cuore origami di http://www.homemade-gifts-made-easy.com, tutorial con fotografie passo passo e video

12. idea per confezionare un regalino o decorare una scatolina, di http://www.marthastewartweddings.com/

13. galleria fotografica di cuori di libri, di http://www.flickr.com

14. cuore di cuori di carta, di http://www.etsy.com

15. biglietto-busta, tutorial di http://www.marthastewart.com/

16. altro quadretto di cuori, con data importante, di http://thedesignerpad.com/

17. festone di cuori di cartoncino, di http://www.etsy.com/

18. festone di cuori di cartoncino, con tutorial, di http://www.alittlegreat.com/

19. collana di cuori per decorare la casa, di http://www.etsy.com/

20. cuori di carta riciclata, di http://www.flickr.com

21. cuore di strisce di cartoncino e bottoni, di http://www.flickr.com

22. cuoricini tridimensionali, di http://www.howaboutorange.blogspot.com/

23. cuore tessuto, tutorial di http://childmadetutorials.blogspot.com

24. San Valentino super, di http://zakkalife.blogspot.com/

25. quadretto di filo e chiodini, tutorial di http://www.makegrowgather.com/

26. cuori – biscotti della fortuna, di http://celesterockwood-jones.typepad.com

27. cuori nella lampadina, di http://www.designsponge.com/

28. tutorial di http://www.minieco.co.uk per un messaggio segreto in bottiglia, pieno di cuoricini colorati. Per scrivere il messaggio segreto usare semplicemente succo si limone (il messaggio apparirà magicamente espondendolo a una fonte di calore)

29. graffette modificate: semplicissimo! Di http://www.designsponge.com/

30. E’ festa anche per gli uccellini, di http://www.squidoo.com/

31. bigliettini con cuori tridimensionali, di http://iheart2stamp.com

32. cuore bellissimo, via http://weheartit.com/

33. cuore dolce, riso soffiato e cioccolato, tutorial e ricetta di http://www.koreanamericanmommy.com/

34. cuore dolce, con cuore di mela, tutorial e ricetta di http://www.ourbestbites.com/

35. quadretto con due impronte di manine, di http://blissfullydomestic.com/

36. ghirlanda di cuori di carta, di http://www.thehybridchick.com

37. altri cuori – biscotti della fortuna, questa volta in panno, tutorial di http://www.marthastewart.com/

38. tutorial dettagliatissimo per dare alle uova sode la forma a cuore, di http://www.annathered.com/ . Servono solo uova sode, una bacchetta cinese, degli elastici e un cartone vuoto del latte…

39. cono portacuori, tutorial di http://cakejournal.com/

40. cuori realizzati con brillantini e tempera, utilizzando la tecnica della pittura con le biglie, di http://no1hasmorefun.blogspot.com/

41. biglietto con cuori, di http://www.etsy.com/

42. dettagliatissimo tutorial con modello stampabile gratuitamente, per questo cuore a tasca di http://kindawonderful.typepad.com/

43. minicuore con minibusta, tutorial di http://mrsgreene.info/

44. farfalla con ali a cuore, tutorial di http://crafts.kaboose.com/

45. collage a cuore realizzato selezionando solo ritagli rossi (qui di scatole di cereali) di http://www.cerealism.com/

46. albero con cuori, tutorial di http://www.busybeekidscrafts.com

47. cuori con sorpresa, tutorial di http://www.simplythesweetlife.com

48. pastelli a cera a cuore, tutorial di http://www.flickr.com/

49. cuori stampati con un rotolo di carta igienica, di http://inlieuofpreschool.blogspot.com

50. collage di cuori, tutorial di http://www.thatartistwoman.org

51. cuori di fili di lana colorata e colla, tutorial di http://familyfun.go.com

52. trucco per tortine a forma di cuore, di http://www.musesofmegret.com/

53. altra farfalla con ali a cuore, di http://www.spottedcanary.com/

54. altri semplici cuori di cartoncino, di http://howaboutorange.blogspot.com/

55. cuori di frutta (magari non proprio anguria e limone…), di http://familyfun.go.com/

56. cuori di feltro, tutorial di http://www.duitang.com/

57. ancora cuori stampati con un rotolo di carta igienica, di http://tpcraft.blogspot.com/

58. cuore tessuto, tutorial di http://www.michelemademe.com/

59. cuore di pera, di http://www.flickr.com/

60. cuori, ma una scatola piena, di http://thehousethatlarsbuilt.

61. occhiali a cuore, stampa gratuita qui http://familyfun.go.com/

62. segnalibro cuore in pannolenci, di http://www.holiday-crafts-and-creations.com

63. ancora biglietti d’auguri, tuturial di http://rosinahuber.blogspot.com/

64. cuori di fil di ferro e lana colorata, tutorial di http://cfabbridesigns.com/

65. cuori effetto marmorizzato, con la tecnica dello stampo su schiuma da barba colorata, tutorial di http://www.thechocolatemuffintree.com

66. cuori con le ali, origami; tuturial di http://sewyeah.co.uk/

67. cappellino da festa a cuore, realizzato con un piatto di carta. Tutorial di http://alphamom.com

Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:

Tutti gli album

Dettati ortografici CARNEVALE

Dettati ortografici CARNEVALE – Una collezione di dettati ortografici sul Carnevale, di autori vari, per la scuola primaria.

Benvenute, mascherine di Carnevale! Quando arrivate voi, mettete il sorriso sulle labbra di tutti. Siete allegre nei vostri costumi variopinti e scherzate sempre. Ecco Pulcinella col suo camiciotto bianco e il grosso naso nero, ecco Arlecchino col suo vestito multicolore, ecco Rosaura e Colombina, graziose e smorfiose. Ogni paese ha la sua maschera, tutte allegre, con una gran voglia di fare scherzi e di divertirsi.

Quando le mascherine, una volta all’anno, vengono fuori, ne combinano di tutti i colori. Ecco Pantalone, veneziano, con la sua barbetta a punta. Arlecchino nel suo vestito a toppe di tutti i colori, minaccia, col suo bastone, di dar botte a tutti. Balanzone, dottore di Bologna, di dà molta importanza, ma nessuno si cura di lui e dei suoi purganti. Tutte le maschere sono allegre, festose, e la gente le vede volentieri.

Quando Carnevale dà la libertà alle maschere, è una festa dappertutto. La gente si diverte a tirare coriandoli e stelle filanti che si attaccano ai rami degli alberi e vanno da un balcone all’altro. I passeri si fermano a guardare, incuriositi, e non sanno che cosa accade. E’ Carnevale, passerotti, l’epoca in cui gli uomini fanno festa, mentre per voi, uccellini spensierati, è Carnevale tutto l’anno!

Il Carnevale è un periodo di allegria tra il Natale e la Quaresima; praticamente ha inizio il giorno di Sant’Antonio abate, il 17 gennaio, ma generalmente la festa si limita agli ultimi tre giorni e in particolare al cosiddetto “martedì grasso”. Nelle chiese di rito ambrosiano il Carnevale termina con la prima domenica di quaresima.

Tutti si riversano nelle strade e nelle piazze ad ammirare le maschere. Durante gli ultimi due giorni si vedono le strade affollate di maschere vestite nelle fogge più strane. Per le maschere tutto serve; si vuotano i canterani e si sciorinano gli indumenti delle bisnonne, le divise militari. E poi barbe, nasi, pance e gobbe fuor di squadra. (U. Vaglia)

Ecco i grandi carri mascherati! Ecco i pupazzi giganteschi che tentennano la testa e spalancano la bocca enorme! E’ carnevale che passa per le strade. Guardatelo: è vestito di cento colori, ha manciate di coriandoli sui capelli, ride come un matto e si diverte a prendere in giro la gente. Ma non è cattivo: non vuole che si facciano scherzi pericolosi. (M. Mortillaro)

Sin dall’antichità, i popoli istituivano varie feste di tripudio con riti festosi e travestimenti. Nel Medioevo risorsero le antiche tradizioni e in Italia fu famoso il carnevale di Venezia a cui partecipavano il doge, la Signoria, il Senato e gli Ambasciatori. L’antica usanza delle maschere, che ha origine antichissima, raggiunse il massimo splendore in Italia, nelle principali città. Infatti quasi tutte le regioni hanno la loro maschera caratteristica.

In febbraio comincia il lieto periodo del Carnevale, che può dirsi la festa dei bambini perchè, in genere, sono loro che tramandano ancora la tradizione delle maschere. I Greci e i Romani usavano maschere tragiche o comiche che i loro attori tenevano sul viso durante la rappresentazione. Nel settecento, su questi modelli, altri tipi di maschere furono escogitati e introdotti nel teatro. Nacquero così le maschere italiane, e si può dire che ogni regione abbia la sua.

Per Carnevale si usano alcuni dolci caratteristici: le castagnole, gli struffoli, le ciambelle, la cicerchiata, le chiacchiere e i crostoli: nomi particolari di ogni regione che ha i suoi usi e le sue ghiottonerie.

Non tutti sono d’accordo sull’origine del nome “Carnevale”. Secondo alcuni esso deriva dal primo giorno di quaresima in cui s’inizia il digiuno e l’astinenza e significherebbe “togliere la carne”. Secondo altri, siccome in latino “vale” significa “addio”, Carnevale significherebbe “addio alla carne”. Il periodo carnevalesco era, in origine, compreso tra il Natale e la Quaresima. In seguito si iniziò il giorno seguente l’Epifania per terminare il giorno delle Ceneri. Oggi il Carnevale ha inizio comunemente il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio abate, e finisce il giorno che precede le Ceneri.

Il carnevale le chiamò e le maschere accorsero. Uscivano una volta all’anno, ma quando uscivano, che baldoria! Il più allegro era Arlecchino, col suo vestito di tanti colori e la sua mascherina nera. Aveva sempre voglia di bisticciarsi, ma allegramente, s’intende. Il suo fido amico era Pulcinella, vestito di bianco, con un nasone che faceva venire allegria.

Dopo trentun giorni di cammino, anche gennaio, sentendosi morire, chiamò forte: “Febbraio! Febbraio! Piccolo fratello, tocca a te!”. Ed ecco che, con tintinnii di sonaglietti, colpi di grancassa e scrosci di risa, spuntò febbraio, il più sbarazzino e il più piccolo dei dodici fratelli. Si trascinò dietro il Carnevale con cortei di maschere e mascherine. Intanto la coltre di neve che copriva la terra aveva di già qualche strappo, perchè febbraio, capriccioso, lasciava che il sole giocasse a rimpiattino con le nubi. La terra si vestiva di puntine verdi e offriva i primi fiori di mandorlo e le prime viole. (G. Nuccio)

Febbraio è anche il mese delle allegre gazzarre, delle maschere, delle frittelle. Che bel tripudio di carri mascherati per le strade e per le piazze! Arlecchino, Pulcinella, fanno a gara a chi grida di più. Dalle finestre piovono i coriandoli: verdi, gialli, rossi, violetti e le stelle filanti corrono da balcone a balcone, girano attorno ai fili elettrici, si aggrovigliavano in matasse e ricadono in bizzarri festoni. (Palazzi)

I ragazzi si misero i nasi finti, maschere di cartone da pochi soldi, e cominciarono ad andare su e giù facendo schiamazzo con i dischi di terracotta, le trombette colorate, i pezzi di legno usati come maschere. La brigata infastidì parenti e amici, con i suoi coriandoli. Alla fine, dopo essere saliti nelle proprie case, i bimbi gettarono un ponte di stelle filanti da finestra a finestra, attraverso la strada. Ma la notte piovve, e il ponte crollò. (V. Pratolini)

Pulcinella giaceva sul letto. Era malato. Da una parte stava il notaio, che scriveva il testamento; dall’altra i parenti, che piangevano in silenzio. Pulcinella diceva: “A Carminella lascio la roba della casa e gli oggetti d’oro…”. Carminella, a quelle parole, rispondeva con un singhiozzo. “A Gennaro, a Mariuzza lascio…”. “Dov’è tutta questa roba che tu lasci, o Pulcinella?”. “Dov’è?” rispose il malato, “io la lascio, sta a loro cercarsela!” (I. Drago)

Una delle stelle filanti che dondola dalla ringhiera di un balcone, un pugno di coriandoli che il vento ha spinto nel rigagnolo, l’eco degli schiamazzi di un’allegra brigata che poco fa è scomparsa dietro l’angolo di una casa… e nella livida alba di febbraio, in questo scenario di “festa finita” ecco presentarsi, quasi irreale, la figura dello spazzino. Intanto, una finestra illuminata all’ultimo piano del caseggiato, si spegne, mentre un’altra, al primo piano, si accende. C’è chi si corica dopo una nottata di baldoria, chi si alza per mettersi a lavorare. (B. Mercatali)

Carnevale è passato. E dei giochi buffi, delle burle, dei carri mascherati, degli sberleffi e delle matte risate di questa favola che si ripete ogni anno, non rimane che poca carta colorata sospinta dalla scopa dello spazzino. Una trombetta di cartapesta, infiocchettata di striscioline di carta rossa, prende a rotolare adagio verso una pozzanghera. Lo spazzino la raggiunge e la prende. Poi, sorridendo, se la porta alle labbra. Ma il suono che ne esce è breve e stonato, sgradevole; e allora l’ometto scaraventa il giocattolo nel resto della spazzatura. (B. Mercatali)

Giorno di carnevale
In piazza San Carlo, tutta decorata di festoni gialli, rossi e bianchi, s’accavallava una grande moltitudine; giravan maschere d’ogni colore; passavano carri dorati e imbandierati, della forma di padiglioni, di teatrini e di barche, pieni d’Arlecchini e di guerrieri, di cuochi, di marinai e di pastorelle; era una confusione da non saper dove guardare; un frastuono di trombette, di corni e di piatti turchi che laceravano le orecchie; e le maschere dei carri trincavano e cantavano, apostrofando la gente a piedi e la gente alle finestre, che rispondevano a squarciagola, e si tiravano a furia arance e confetti: e al di sopra delle carrozze e della calca, fin dove arrivava l’occhio, si vedevano sventolare bandierine, scintillar caschi, tremolare pennacchi, agitarsi festoni di cartapesta, gigantesche cuffie, tube enormi, armi stravaganti, tamburelli, crotali, berrettini rossi e bottiglie: pareva tutti pazzi. (De Amicis, Cuore)

Il carro
Andava dinanzi a noi un carro magnifico, tirato da quattro cavalli coperti di gualdrappe ricamate d’oro, e tutto inghirlandato di rose finte, sul quale c’erano quattordici o quindici signori, mascherati da gentiluomini della corte di Francia, tutti luccicanti di seta, col parruccone bianco, un cappello piumato sotto il braccio e lo spadino, e un arruffo di nastri e di trine sul petto; bellissimi. Cantavano tutti insieme una canzonetta francese, e gettavan dolci alla gente, e la gente batteva le mani e gridava. (De Amicis, Cuore)

Platero e il carnevale.
Com’è bello, oggi Platero! E’ il lunedì grasso, e i bambini che si sono vestiti chiassosamente da pagliacci e da guappi, gli han messo la bordatura moresca, tutta ricamata di rosso, verde, bianco e giallo in ricercati e complessi arabeschi. Acqua, sole e freddo. I coriandoli di carta vanno rotolando parallelamente sul marciapiede sotto la sferza del vento… Quando siamo arrivati in piazza han preso in mezzo Platero in un cerchio tumultuante, e poi, tenendosi per mano, hanno cominciato a girare allegramente intorno a lui. Tutta la piazza non è più che un concerto allusivo di ottone giallo, di ragli, di risate, di canzoni, di tamburelli e di mortai. (J. R. Jimenez, da Platero y yo)

Il giorno delle frittelle
Quando le donne fanno le frittelle, non è detto che stiano sempre in cucina. Qualche volta escono di casa, corrono a più non posso, e sempre correndo, girano le frittelle nella padella. Questo succede ogni anno, il martedì grasso, a Olney in Inghilterra. Le donne si allineano nella piazza del paese, tutte hanno con sè una padella con dentro una frittella calda, e devono voltare la frittella almeno tre volte prima di giungere alla porta della chiesa, all’altra estremità della piazza. Pronte…via! Le frittelle saltano, i piedi volano. Una donna vestita di blu è quasi arrivata alla chiesa, sta per voltare la frittella per la terza volta e… sì! Ce l’ha fatta! Ha vinto! Ora riceve il premio: un bacio dal campanaro. E la frittella? La mangia il campanaro, ma se glielo chiedi, può darsi che te ne dia un pezzetto.

L’aria si rincrudì e comiciò a venir giù un brutto piovigginio con qualche farfalluccia di neve. Ma erano gli ultimi giorni di carnevale, e al brutto tempo chi ci badava? In quasi tutte le osterie si ballava a più non posso. Non passava notte, senza che fossimo destati da baccani, cantate, liti giù in strada. Qualche mascheraccia bislacca compariva di tanto in tanto, con un codazzo di marmocchi dietro. Si sentiva, attraverso l’aria fosca, un odore di gran baldoria, che dava alla testa. (F. Chiesa)

Sera di carnevale
Certe sere di carnevale vi accorgete che è Carnevale perchè, nel rincasare, pensando ai casi vostri incontrate a ogni passo sparati bianchi, code di vestiti dorati su scarpini metallici…
…che gesta, ora, che allegria e che splendore nella casa, poc’anzi silenziosa e triste!
Una piccola regina sta nascendo a poco a poco dall’ammasso dei veli e dei nastri, mentre un principe un po’ scapestrato lotta col bottoncino del colletto che non vuole entrare nell’asola.
Chi pensa più alla miseria di tutti i giorni? Chi ha voglia di cenare? Le patate, abbandonate e neglette, giacciono in fondo a un oscuro tegame, in cucina. (A. Campanile)

Il carnevale
Non c’è ormai alcun dubbio, in base agli studi di eminenti glottologi, che Carnevale deriva da carnem levare, e prove sicure di questa etimologia ci vengono anche dal termine siciliano carnilivari e da quello spagnolo carnestoltes. Carnevale, all’origine, indicava il giorno da cui sarebbe coniciato il periodo della quaresima, durante la quale non si sarebbe più mangiata carne, perchè dedicato a penitenza e digiuni. Prima che tale periodo di privazioni incominciasse bisognava approfittarne per fare baldoria.
La vita moderna, offrendo ormai durante il corso dell’anno divertimenti e spettacoli, ha attenuato di molto i motivi di interesse per il carnevale che un tempo si presentava come l’unica, intensa stagione di godimento. Tuttavia, questo periodo di baldorie non è scomparso del tutto. Anzi, per particolari condizioni psicologiche e sociali, in alcuni luoghi si è conservato e talvolta con una reviviscenza alimentata anche da ragioni turistiche.

Carnevale nella via
Quest’anno il carnevale sarebbe passato lontano dalla nostra strada se non ci fossero stati i ragazzi a ricordarne l’esistenza e a mettersi nasi e baffi finti e maschere di cartone da pochi soldi, ad andare su e giù facendo il più possibile schiamazzo con i fischi di terracotta, le trombette colorate, i pezzi di legno usati come nacchere. In questo, Giordano è un maestro. Egli stringe i due legnetti della stessa misura fra indice e medio e fra medio e anulare della destra ed è capace perfino di eseguire il Rataplan verdiano… Giordano aveva quest’anno una maschera di cinese, e Gigi quella di un vecchio con la barba bianca. Musetta si era accontentata di un apparato naso-baffi-occhiali, più adatto ad un avvocato che a una bambina. A Piccarda, suo fratello aveva comperato un cono stellato con sul dietro dei riccioli di stoppa, per cui ella era il Mago Merlino. (V. Pratolini)

Carnevale a Nuoro
Le vie erano affollate; mascherate barocche e variopinte andavano su e giù, tra un nugolo rumoroso di monelli che urlavano improperi e parole scherzose. Maschere sole, vestite a vivi colori, passavano, seguite dallo sguardo indagatore e beffardo degli operai e dei borghesi: passavano signore, bimbe, serve dai corsetti scarlatti; gruppi di paesani un po’ brilli si pigiavano in certi tratti del Corso; e musiche malinconiche di chitarra e fisarmonica salivano e vibravano in quell’aria tiepida e velata che rendeva i suoni più distinti come in un crepuscolo d’autunno. (G. Deledda)

Il carnevale di Viareggio
Il carnevale è sempre un periodo di gaia baldoria e di spensieratezza, ma in nessun luogo come a Viareggio la gioia di questa festa invernale prorompe in modo così clamoroso. Nella bella cittadina balneare toscana si svolgono sfilate di carri, che restano indimenticabili per chi le ha viste. Il martedì, ultimo giorno di carnevale, e le tre domeniche precedenti, il meraviglioso viale che si snoda lungo il mare, fra la pineta foltissima e la sabbia dorata della riva, si anima come per incanto. Folla e folla accorre dalle città vicine e lontane per godersi questo spettacolo.
Come si affaticano per mesi e mesi, i Viareggini, a fabbricare giganteschi pupazzi, uno più buffo dell’altro; a costruire carri grandiosi che rappresentano navicelle, castelli o aeroplani; a guarnirli in modo originale così che la gente, vedendoli sfilare lungo i corsi, non può trattenere le grida di meraviglia.
Ci sono le maschere isolate che sfilano a piedi, portando in capo buffi testoni enormi, fra un lancio continuo e instancabile di coriandoli, di stelle filanti, di caramelle. E intanto le bande suonano, la gente grida, canta, ride… (L. Bindi Senesi)

Carnevale per le strade
La città si animava; si animava il vento, la neve per le strade. E, all’improvviso, pur dentro il buio, il colore dei costumi, dei coriandoli.
Fummo in mezzo alla piazza con attorno bambini dai cappelli a cono con la mezzaluna d’argento. Le mascherine ci sfioravano, scherzavano, ridevano. Pareva che non importassero il freddo, la neve, il vento: senza rumori che non fossero musica o viva voce o risa.

Un carnevale in piena estate
Il carnevale di Rio è una festa di Piedigrotta moltiplicata per cento: eso esprime la gioia di vivere, la volontà di dimenticare almeno per quattro giorni tutti i guai di questo mondo…
La città assume l’aspetto di un immenso palcoscenico durante l’allestimento di un grande spettacolo. E quando l’ora scocca, la Fiesta esplode. Donne e uomini, brasiliani e stranieri, tutti sono spettatori e attori della sagra sfrenata. Per quattro giorni ogni altra attività è sospesa, ogni strada e ogni piazza sono teatro di uno spettacolo disordinato e pittoresco che si rinnova continuamente. E’ quasi un punto d’onore non ritornare a casa durante le notti carnevalesche. Il cielo di Rio si trasforma in una crepitante fornace da cui piovono in continuazione scintille multicolori, e la città in un’enorme cassa armonica risuonante… di motivi che poi prenderanno le vie del mondo…(M. Procopio)

Maschere tradizionali

Quando le mascherine, una volta all’anno, affollano le strade, sono allegre  e ne fanno di tutti i colori. Ecco Pantalone, veneziano, con la sua barbetta a punta; Arlecchino, col suo vestito a toppe, minaccia, col suo bastone, di dar botte a tutti.
Balanzone, dottore di Bologna, si dà molta importanza, ma nessuno si cura di lui e dei suoi purganti. Preferiscono Gianduia, che è di Torino, patria dei cioccolatini e delle caramelle. Gianduia ha un viso festoso e un codino ridicolo legato con un fiocchetto. Ma il più buffo è Pulcinella, napoletano, vestito di un camiciotto bianco; ha un gran naso nero e scherza su tutto.

Carnevale in Calabria
Carnevale è il re dei ghiottoni, e ricompare tutti gli anni, in febbraio, a morire d’indigestione nelle piazze dei paesi tra lo scherno del popolo. E’ proprio il mese in cui si ammazza il maiale. L’aria è piena di grugniti e di fumo grasso delle caldaie spalmate di sugna. Per le strade, ad ogni imbocco, è drizzato su due forche il maiale, fra i curiosi che notano quanto pesa, e guardano le lunghe strisce di grasso incise sulla cotenna senza una goccia di sangue, bianche. Intanto i cani si danno attorno a fiutare il sanguinaccio cremisi.
Poi arriva Carnevale, con delle strabilianti decorazioni di salsicciotti, e catene e cordoni di salsicce. E’ destinato a morire di indigestione e di ridicolo, ma fino all’ultimo crederà di guarire mangiando fette di grasso.
Il popolo intanto balla per le piazze e per le strade: il contadino si è messo un abito a falde da avvocato, e il signore si veste da contadino.
Tutto il paese, una volta tanto, si scambia la parte e il vestito, e fa un gran ridere di ritrovarsi così, come se davvero avesse mutato fortuna. Poi, Carnevale, in groppa a un asino, ben imbottito di paglia, è buttato in mezzo alla piazza e dato alle fiamme. La massaia copre i vasi di sugna e appende i rocchi di salsicce che consoleranno le lunghe stagioni di lavoro.
(C. Alvaro)

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Poesie e filastrocche Carnevale

Poesie e filastrocche Carnevale – una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria

Pranzo e cena
Pulcinella ed Arlecchino
cenavano insieme in un piattino:
e se nel piatto c’era qualcosa
chissà che cena appetitosa.
Arlecchino e Pulcinella
bevevano insieme in una scodella,
e se la scodella vuota non era
chissà che sbornia, quella sera. (G. Rodari)

Il vestito di Arlecchino
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino:
ne mise un’altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano,
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso,
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
“Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene il mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l’altro bolletta.” (G. Rodari)

La maschera
Vent’anni fa mi mascherai pur io!
E ancora tengo il muso di cartone
che servì per nasconder quello mio.
Sta da vent’anni sopra un credenzone
quella maschera buffa, ch’è restata
sempre con la medesima espressione,
sempre con la medesima risata. (Trilussa)

Pagliaccio
Ed ecco un flauto si mette a suonare.
Allora un pagliaccio rosso
coperto di campanellini
esce a ballare con lazzi ed inchini!
E tenta una capriola…
fa finta di farsi male…
ride…
Si rizza con un salto mortale!
Poi s’arrampica, come fa il gatto
per acchiappare i pipistrelli!
E poi fa finta di ruzzolare,
perchè ridano tutti quanti. (U. Betti)

L’allegra mascherata
Che risate che allegria
per la via!
Con tamburi di cartone,
con lustrini di… stagnola,
i monelli
van cantando a squarciagola.
Son vispi come uccelli
che han trovato
l’usciolino spalancato
dell’aerea prigione.
Chi s’è tinto di carbone,
chi s’è tutto infarinato,
chi strombetta per la via…
che allegria! (M. Castoldi)

Burattini
Son di legno, son piccini,
sono svegli e birichini,
semre buoni ed ubbidienti,
sempre allegri e sorridenti,
son delizia dei bambini:
viva, viva i burattini.
Pulcinella ed Arlecchino,
Stenterello e Meneghino,
e Brighella e Pantalone,
Facanappa e Balanzone,
fanno ridere i bambini:
viva, viva i burattini.
Quando alcun non li molesta,
dormon tutti nella cesta,
se ne stanno in compagnia,
sempre in pace ed armonia,
come tanti fratellini,
viva, viva i burattini. (E. Berni)

Il gioco dei “se”
Se comandasse Arlecchino
il cielo sai come lo vuole?
A toppe di cento colori
cucite con un raggio di sole.
Se Gianduia diventasse
ministro dello Stato
farebbe le case di zucchero
con le porte di cioccolato.
Se comandasse Pulcinella
la legge sarebbe questa:
a chi ha brutti pensieri
sia data una nuova testa. (G. Rodari)

Maschere
Sono una maschera dotta e sapiente
chiacchiero molto, concludo niente!
Son di Bologna un gran dottore,
mi sottopongono ogni malore,
ed io con l’abile mia parlantina
sputo sentenze di medicina.
Curo il malato col latinorum
per omnia saecula saeculorum!
Sono una maschera multicolore
di professione fo il servitore.
Mia prima origine fu bergamasca,
ma non avendo mai un soldo in tasca
vissi a Venezia come emigrante.
Son litigioso, furbo, intrigante,
ma sono il principe dei birichini!
Sono una maschera sempre affamata
biancovestita e mascherata.
Mia patria è Napoli, dove perfetti
nascono i piatti degli spaghetti.
Son della terra delle canzoni,
son del paese dei maccheroni,
son specialista in bastonate:
quante ne ho prese tante ne ho date! (D. Volpi)

La trombettina
Ecco che cosa resta
di tutta la magia della fiera:
quella trombettina,
di latta azzurra e verde
che suona una bambina…
Ma, in quella nota sforzata,
ci son dentro i pagliacci bianchi e rossi,
c’è la banda d’oro rumoroso,
la giostra coi cavalli, l’organo, i lumini.
Come, nel gocciolare della gronda,
c’è tutto lo spavento della bufera,
la bellezza dei lampi e dell’arcobaleno;
nell’umido cerino d’una lucciola
che si sfa su una foglia di brughiera,
tutta la meraviglia della primavera. (C. Govoni)

Armi dell’allegria
Eccole qua
le armi che piacciono a me:
la pistola che fa solo “pum”
(o “bang”, se ha letto
qualche fumetto)
ma buchi non ne fa…
Il cannoncino che spara
senza fare tremare
nemmeno il tavolino…
il fuciletto ad aria
che talvolta per sbaglio
colpisce il bersaglio
ma non farebbe male
nè a una mosca nè a un caporale…
Armi dell’allegria!
Le altre, per piacere,
ma buttatele tutte via! (G. Rodari)

Le maschere
Io sono fiorentino
vivace e birichino;
mi chiamo Stenterello
l’allegro menestrello.
Cantando stornellate
fo far mille risate.
Ed ecco qua Brighella,
la più brillante stella
del gaio carnevale
quando ogni scherzo vale…
Arrivo io ballando,
scherzando e poi saltando.
Mi chiamano Arlecchino
e sono il più carino.
Mi chiamo Pantalone:
il vecchio brontolone;
ma in tutto onor vi dico:
“Io sono vostro amico”.
Ed io son Pulcinella!
La maschera più bella.
Oh oh, che ballerino,
somiglio ad un frullino… (S. Antonelli)

Carnevale
E’ arrivato carnevale
con coriandoli e stelline
e graziose mascherine.
Van cantando per la via
in allegra compagnia
Arlecchino e Pulcinella
Balanzone con Brighella,
e Rosaura e Colombina.
Con le maschere la gente
se la spassa assai beata:
è stagione spensierata
va passata allegramente. (L. Borselli)

Che allegria!
Guarda, mamma, nella via
quanta gente e che allegria!
Che bizzarre mascherate,
dalla banda rallegrate!
Quante voci, quanti fiori
quanta gioia inonda i cuori!
Vedo Cecca e Meneghino,
Scaramuccia ed Arlecchino,
e quell’altro? Ah, è Trivella,
che dà il braccio a Pulcinella!
E quel goffo Pantalone
con i baffi… di cartone?
Or s’avanzano bel bello
e Pagliaccio e Stenterello…
Senti, senti, mia mammina,
che gazzarra! Una ventina
di giocondi fanciulletti
mascherati da folletti. (G. Pisani)

Viva le maschere
Viva le maschere! Evviva! Evviva!
Io ti conosco, maschera bella:
tu sei Gianduia, tu sei Brighella,
qui Colombina con Pantalone,
quindi Arlecchino con Pulcinella.
O mascherine, chi ve l’ha fatto
quell’abituccio tutto a colori
quell’abituccio che ci ricorda
la primavera coi mille fiori?
Chi ve l’ha messa nel fondo del cuore
quell’allegrezza che a tutti date?
O mascherine, grazie di cuore
per tanta gioia che ci portate. (A. Caramellino)

Volta la carta di carnevale
Volta la carta di carnevaletto
quattro salti e uno sgambetto.
C’è Arlecchino “venessiano”
Pulcinella “nabbolidano”
c’è Gianduia piemontese
Pantalone bolognese.
C’è Rosaura e Colombina
cameriera sopraffina,
Meneghin vien da Milano
Sor Tartaglia gli è toscano.
L’uno mangia maccheroni
l’altro grossi panettoni,
uno suona il mandolino
l’altro al fianco ha lo spadino,
ma son tutta una brigata
bella, allegra, indiavolata,
che si bacia, che s’azzuffa,
che combina una baruffa,
ma che alfin allegramente,
ricomincia come niente
il più gaio girotondo
che rallegra tutto il mondo. (C. Gasparini)

A carnevale
Pensato han tutti e due che in carnevale
ogni burletta vale.
E per fare un bella mascherata,
la camera dei nonni han saccheggiata.
Lui s’è pigliato il panama, il bastone,
un solenne giubbone;
ed una grossa pipa con la canna,
certamente più lunga di una spanna.
Lei s’è messa una gran cuffia trinata,
la vestaglia fiorata,
ha preso un ombrellino del Giappone
e con gli occhiali legge un giornalone.
Così a braccetto, come due sposini,
vanno a far chiasso in casa dei cugini,
perchè ogni burla vale
nella lieta stagion di carnebale

Mascherata
Carnevale pazzerello,
sei davvero tanto bello!
Tu porti sulla via
un pochino d’allegria.
Coi coriandoli e le stelle,
mascherine gaie e belle
fanno smorfie e sorrisini,
fan balletti e fanno inchini.
C’è Pierrot e Pierottina,
Arlecchino e Colombina,
Rugantino e Pantalone
con Tartaglia e Balanzone;
Stenterello e Meneghino
vanno a spasso con Gioppino;
e si vede Pulcinella
fare chiasso con Brighella.
Carnevale pazzerello,
sei davvero tanto bello. (T. Romei Correggi)

Carnevale
Il febbraio pazzerello
ci ha portato Carnevale
a caval di un asinello
e con seguito regale:
Pantalone e Pulcinella
e Rosaura e Colombina,
Balanzone con Brighella
e Pieretta piccolina.
A braccetto con Gioppino,
che dimena un gran bastone,
van Gianduia e Meneghino
sempre pronti a far questione.
Arlecchin chiude la schiera,
che, fra canti e balli e lazzi
lieta va, da mane a sera,
con gran coda di ragazzi.
Va, tra salti e piroette,
seminando per la via,
di coriandoli una scia,
tra un frastuono di trombette. (L. Re)

Teste fiorite
Se invece dei capelli sulla testa
ci spuntassero i fiori, sai che festa?
Si potrebbe capire a prima vista
chi ha il cuore buono, chi la mette trista.
Il tale ha in fronte un bel ciuffo di rose:
non può certo pensare a brutte cose.
Quest’altro, poveraccio, è d’umor nero:
gli crescono le rose del pensiero.
E quello con le ortiche spettinate?
Deve aver le idee disordinate,
e invano ogni mattina
spreca un vasetto o due di brillantina. (G. Rodari)

Canzoncina
Danza lieta, mascherina,
danza fino a domattina!
Son coriandoli le stelle!
E i panini son frittelle.
Sono tutti sorridenti,
sono tutti assai contenti.
Lo sapete che Arlecchino
fu vestito, poverino,
con cenci regalati
dai bambini fortunati?
Arlecchino sorridente
è l’immagine vivente
dell’aiuto che può dare
chi anche agli altri sa pensare.
Danza lieta, mascherina,
danza fino a domattina!

Il girotondo delle maschere
E’ Gianduia torinese
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino
veneziano è Pantalone
con l’allegra Colombina.
Di Bologna Balanzone
con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino,
pur romano è Meo Patacca,
siciliano il buon Pasquino
di Verona Fracanapa. (G. Gaida)

La giostra
Eccola nella piazza della chiesa,
eccola sorta come per incanto!
Chi non l’avea desiderata tanto?
Chi non l’avea tanto sognata e attesa?
Bella la giostra! E’ tutta luce e argento,
tutta specchi, bagliori, oro, turchesi,
così come quei fantastici paesi
ch’io vedo solo quando mi addormento. (M. Moretti)

Carnevale
Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve e beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia…
Così muore carnevale
e gli fanno il funerale
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato. (G. D’Annunzio – Filastrocche del mio paese)

Maschere
Rosaura geme
Florindo freme,
Lelio domanda, Pantalon nega;
Brighella stringe
solida lega
con Arlecchino;
chè, se Cavicchio
trova Batocchio
presso un crocicchio,
gli strizza l’occhio
e stretto il patto,
saldo il contratto.
Pierrot non vede…
egli strimpella
la serenata…
e Colombina
che l’ha sentito
fruscia in sordina
nel vano scuro
della vetrata…
E là, premendosi
la man sul cuore,
trepida ascolta… (G. Adami)

La mascherina povera
Lazzi
e schiamazzi
fanno i ragazzi
tutti un po’ pazzi.
E il bimbo va
col cappello del nonno,
la giacca del papà,
stanco, pieno di sonno,
per la grande città.
Lazzi e schiamazzi
fanno i ragazzi.
e il bimbo è lì
aria di funerale
a godersi così
il suo “bel” carnevale. (A. Novi)

Mascherine
Bentornate, mascherine,
nell’allegro girotondo!
Arlecchini e Colombine
in un palpito giocondo.
Trallalera, trallalà.
Ogni lieto scherzo vale:
benvenuto carnevale
che vi porta tutte qua.
C’è bisogno d’un sorriso
dopo tante tante pene,
che c’illumini un po’ il viso.
Vi vogliamo tanto bene. (Zietta Liù)

Carnevale
Che fracasso!
Che sconquasso!
Che schiamazzo!
E’ arrivato carnevale
buffo e pazzo,
con le belle mascherine,
che con fischi, frizzi e lazzi,
con schiamazzi,
con sollazzi,
con svolazzi di sottane
e di vecchie palandrane,
fanno tutti divertire.
Viva viva carnevale,
che fischiando,
saltellando,
tintinnando,
viene innanzi e non fa male,
con i sacchi pieni zeppi
di coriandoli e confetti,
di burlette e di sberleffi,
di dispetti,
di vestiti a fogge strane,
di lucenti durlindane,
di suonate,
di ballate,
di graziose cavatine,
di trovate birichine!
Viva viva carnevale,
con le belle mascherine! (M. Giusti)

Stornellate di carnevale
Fior di melone!
Giochiamo e divertiamoci ben bene:
è carnevale! Evviva Pantalone!
Fior di mortella!
A carnevale tutto il mondo balla;
la maschera più gaia è Pulcinella!
Fior di cedrina!
Anche Rosaura danza la furlana,
con Florindo e la vispa Colombina!
Fiore di grano!
Arrivano Tartaglia e Rugantino;
facciamo girotondo: qua la mano!
Fiore di spino!
Ogni viso sia lieto e il cor sereno.
Viva, viva, Brighella ed Arlecchino! (V. Masselli)

Carnevale
E’ tornato carnevale.
Quante belle mascherine
per per strade e per le sale!
Son tesori di damine
in merletti e crinoline,
con la cipria sui musetti.
Castellane e gnomettini,
pellirosse e gnomettini,
che si scambiano gli inchini:
“Colombina, i miei rispetti”
“Un saluto ad Arlecchino!”
“Ciao, Brighella!”
“Pierottino, vuoi confetti?”
“Mi regali una ciambella?”
Ora fanno un girettino
per le strade, per le sale
per mostrare il costumino,
dell’allegro carnevale.
Poi la sera stanche, alfine,
delle chicche e dei balletti,
tutte a nanna, mascherine,
a sognare gli angioletti. (V. S. Pagani)

Carnevale
Mascherine, mascherine,
per i bimbi e le bambine
son venute da lontano,
nel costume antico e strano
Pulcinella ed Arlecchino,
Pantalone e Colombina
facce buffe, occhio ridente,
saltan tutte lietamente
tra i bambini e le bambine,
benvenute mascherine! (G. Vaj Pedotti)

Carnevale
Chiuso nel suo cappottino,
sta nella terra il semino
sogna le cose più belle:
sono dei fiori o son stelle?
Fuori c’è un mare di gelo,
vento tra i rami del melo
cime coperte di neve,
che scende placida e lieve
ad un tratto il silenzio si rompe:
tra rumori e squilli di trombe
mille canti si sentono fuori,
nelle strade frastuoni e colori
mascherine allegre cantate,
che l’inverno ha le ore contate
ricordate voi tutte al semino,
che il suo sogno è davvero vicino.

La canzone delle mascherine
Un saluto a tutti voi:
dite un po’: chi siamo noi?
ci guardate e poi ridete?
Oh, mai più ci conoscete!
Noi scherziam senza far male.
Viva, viva il Carnevale!
Siamo vispe mascherine,
Arlecchini e Colombine,
diavolini,
follettini,
marinari,
bei ciociari,
comarelle,
vecchiarelle:
noi scherziam senza far male.
Viva, viva il Carnevale!
Vi doniamo un bel confetto,
uno scherzo, un sorrisetto:
poi balliamo,
poi scappiamo.
Voi chiedete:
“Ma chi siete?”
Su, pensate,
indovinate.
Siamo vispe mascherine,
Arlecchini e Colombine,
diavolini,
follettini,
marinari,
bei ciociari,
comarelle,
vecchiarelle:
noi scherziam senza far male.
Viva, viva il Carnevale! (A. Cuman Pertile)

Viva carnevale
La stagion di carnovale
tutto il mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
carneval fa rallegrar.
Chi ha denari, se li spende;
chi non ne ha, ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende
per andarsi a sollazzar.
Qua la moglie e là il marito,
ognun va dove gli par;
ognun corre a qualche invito
chi, a giocar e chi a ballar.
Par che ognun di carnovale,
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.
Viva dunque il carnovale,
che diletti ci suol dar.
Carneval che tanto vale,
che fa i cuori giubilar. (C. Goldoni)

Mascherine
Ecco qui le mascherine
tutte vispe tutte belle
mascherine pazzerelle
che vorrebbero danzar.
Io vo’ fare un bell’inchino
un bacetto io vo’ mandar.
Una gaia piroetta
con bel garbo io voglio far.
Ecco qui un girotondo
pieno di grazia e di allegria
che saluta tutto il mondo
prima ancor di andare via.
L’allegria non fa mai male,
viva viva il carnevale!

 Pulcinella

Sono una maschera sempre affamata,
biancovestita e mascherata.
Mia patria è Napoli, dove perfetti
nascono i piatti degli spaghetti.
Son della terra delle canzoni;
son del paese dei maccheroni.
Son specialista in bastonate:
quante ne ho prese, tante ne ho date.

Rugantino

Sono la maschera più brontolona,
anche se arguta, semplice e buona.
Se ti facessero ‘na prepotenza,
chiamami subito: corro d’urgenza!
Faccio una strage, faccio macelli,
specie col vino de li Castelli!
Se dopo tutto vengo alle mani
c’è poco da rugà, semo romani.

Meneghino

Sono una maschera innamorata
della città che m’ha creata.
Porto nel cuore la Madunina
e canto sempre ogni mattina,
col panettone in una man,
ch’ el me’ Milan, l’è un gran Milan.
Contro i ribaldi e gli oppressori
in ogni tempo feci fuori.

Balanzone

Sono una maschera dotta e sapiente:
chiacchiero molto, concludo niente.
Son di Bologna un gran dottore:
mi sottopongono ogni malore
ed io con l’abile mia parlantina
sputo sentenze di medicina.
Curo il malato col latinorum
per omnia saecula saeculorum.

Carnevale viene

Viva viva Carnevale
che fischiando
saltellando
tintinnando
viene avanti e non fa male,
con i sacchi pien di zeppi
di coriandoli e confetti,
di burlette e di sberleffi,
di dispetti,
di vestiti a fogge strane,
di lucenti durlindane,
di suonate,
di ballate;
di graziose cavatine,
di trovate birichine.
Viva viva Carnevale
con le belle mascherine. (M. Giusti)

A carnevale ogni scherzo vale

Pensato han tutti e due che in Carnevale
ogni burletta vale.
E per fare una bella mascherata,
la camera dei nonni han saccheggiata.
Lui s’è pigliato il panama, il bastone,
un solenne giubbone;
ed una grossa pipa con la canna,
certamente più lunga di una spanna.
Lei s’è messa una gran cuffia trinata,
la vestaglia fiorata.
Ha preso un ombrellino del Giappone
e con gli occhiali legge un giornalone.
Così a braccetto, come due sposini,
vanno a far chiasso in casa dei cugini,
perchè ogni burla vale
nella lieta stagion del Carnevale.

Il gioco dei se

Se comandasse Arlecchino
il cielo sai come lo vuole?
A toppe di cento colori
cucite con un raggio di sole.
Se Gianduia diventasse
ministro dello stato
farebbe le case di zucchero
con le porte di cioccolato.
Se comandasse Pulcinella
la legge sarebbe questa:
a chi ha brutti pensieri
sia data una nuova testa. (G. Rodari)

Ecco le maschere

Io sono fiorentino
vivace e birichino;
mi chiamo Stenterello
l’allegro menestrello.
Cantando stornellate,
fo’ far mille risate.
Ed ecco qua Brighella,
la più brillante stella
del gaio Carnevale,
quando ogni scherzo vale…
Arrivo io ballando,
scherzando e poi saltando.
Mi chiamo Arlecchino
e sono il più carino.
Mi chiamo Pantalone,
il vecchio brontolone;
ma in tutto onor vi dico:
“Io sono vostro amico”.
Ed io son Pulcinella
la maschera più bella.
Oh oh, che ballerino
somiglio ad un frullino. (S. Antonelli)

 Burattinaio al lavoro

Da paese a paese egli cammina
portando la baracca sulle spalle
da paese a paese, dalla valle alla collina.
E quando incontra un piccolo villaggio
egli si ferma per quei tre marmocchi
chiama Arlecchino che straluni gli occhi per suo vantaggio
chiama la reginetta e il suo bel paggio
che si facciano ancor qualche moina
e Brighella cuor d’oro e Colombina rosa di maggio;
e raccattato qualche buon soldino
dal capannel che un poco si dirada,
egli continua sull’aperta strada il suo cammino. (M. Moretti)

Il vestito di Arlecchino

Stan le allegre mascherine
strette intorno alla lor mamma
ch’è davvero molto stanca:
da più giorni taglia e cuce
cuce e taglia senza posa
variopinti costumini
per Gianduia e Meneghino
Pulcinella e Pantalone
Stenterello e Rugantino
ma pel povero Arlecchino
nulla ancora ha preparato…
E’ domani Carnevale
tutte insiem le mascherine
dovran vispe folleggiare;
e lei, povera mammina,
cerca e fruga dappertutto
fruga e cerca sempre invano.
Cassettoni ha ribaltato
armadietti e cassapanche,
neppur l’ombra di una pezza
per il povero Arlecchino
le riesce di trovare…
Ma un’idea meravigliosa
le balena all’improvviso:
coi ritagli avanzati
degli altri vestitini
tutto a scacchi un abituccio
potrà ancora preparare.
Mezzanotte è già suonata,
ma felice veglia ancora
quella mamma industriosa,
chè il più allegro dei vestiti
Arlecchin potrà indossare! (G. Martinelli)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche sulla NEBBIA

Poesie e filastrocche sulla NEBBIA – una raccolta di poesie e filastrocche sulla nebbia per la scuola d’infanzia e primaria, di autori vari.

Nella nebbia
Stupore!
Ognuno sta solo:
un albero non sa dell’altro,
ognuno è solo. (H. Hesse)

La nebbia
Questa mattina all’alba
il sole tutto intorno
mandò una luce scialba,
e poi che fu nascosto,
parve più lento il giorno,
monotono e piovoso.
Sopra la terra il cielo
si abbassa col nebbione
l’avvolge in denso velo;
come ombre son le cose,
come ombre le persone
passano frettolose,
e ogni viso imbronciato,
anche senza parole
dice: “Sarei beato
di rivedere il sole”. (R. Calleri)

Nella nebbia
E guardai nella valle: era sparito
tutto! Sommerso! Era un gran mare piano
grigio, senz’onde, senza lidi, unito.
E c’era appena, qua e là, lo strano
vocio di gridi piccoli e selvaggi;
uccelli sparsi per quel mondo vano.
E alto, in cielo, scheletri di faggi,
come sospesi, e sogni di rovine
e di silenziosi eremitaggi.
E un cane uggiolava senza fine,
nè seppi donde, forse a certe peste
che sentii, nè lontane nè vicine. (G. Pascoli)

Nebbia
Nebbia, forse sei di festa
con quel lungo velo in testa?
Con un velo così fino
che ti scende fino al piede?
C’è là in fondo un lumicino,
ma si vede e non si vede;
ma la casa non c’è più;
è scomparso il campanile.
Anche il bosco di laggiù.
anche il gregge, anche l’ovile.
Con due salti, ecco, mi celo
nel grigiore del tuo velo. (D. Mac Arthur Rebucci)

La nebbia
La nebbia avvolge ogni cosa;
tutto è coperto da un velo;
un’aria c’è misteriosa
sospesa fra terra e cielo.
E vanno lievi i passanti
nascosti dentro la bruma:
figure vaghe, sognanti,
in quei vapori di spuma.
Il velo fitto s’aduna
così diafano, ovattato;
sembra il sole un’altra lua
tanto è scialbo ed ammalato.
E il berretto d’un piccino,
con la nappa in rossa lana,
dondolante palloncino,
nella nebbia s’allontana. (V. Seganti Pagani)

La nebbia
Sopra la terra il cielo
si abbassa, e col nebbione
l’avvolge in denso velo;
come ombra son le cose
come ombre le persone
passano frettolose,
e ogni viso imbronciato
anche senza parole
dice: “Sarei beato
di rivedere il sole”. (R. Calleri)

Pastello
Dal grigio della nebbia fitta fitta
traspaiono cipressi
ombre nere
spugne di nebbia.
E di lontano diradando lento
viene un suono di campana
quasi spento. (A. Palazzeschi)

Nebbia
Come nuvola caduta
la nebbia è sulla città.
Una torre galleggia sperduta,
sola in bianco mare.
Ma fa che il sole appaia,
fa che torni a brillare
sui tetti e sulla ghiaia!
Dal nulla emergerà
la ben nota contrada
e il cielo rivedrà
l’asfalto della strada. (M. Castoldi)

Nebbia d’inverno
Ho visto la nebbia stamane!
S’alzava fumando contenta,
portando, così sonnolenta,
le cose vicine, lontane.
Lontane, lontane, nel nulla.
Difatti inghiottiva golosa
la strada, la piazza, ogni cosa.
Del mondo restava più nulla.
Ma, in alto, che cielo d’incanto!
Vedevo l’azzurro sfumato
con l’oro del sole levato
tra il cielo e la nebbia soltanto. (L. Davanzo)

 Nebbia
Le fate del bosco
han fatto sparire
sotto veli bianchi
la montagna!
Anche le fronde,
i tetti, il campanile,
il velo della pioggia
li allontana.
Oh, come il mondo
è lieve e si svapora
in questa luce bianca
inargentata!

Nebbia
La nebbia, che bel bello
s’addensa, una bambagia,
lentamente s’adagia
su tutto il paesello,
e il mondo alfin s’appiatta
in quella bigia ovatta.
Forse, forando il velo
soffice, la sottile
punta del campanile
giunge a vedere il cielo?
Ma nel grigiore avvolti
siam tutti, anzi sepolti.
D’un tratto ecco il prodigio;
l’aria di muta e in breve
un venticello lieve
spazza l’uggioso bigio.
Spunta di già un pezzetto
d’azzurro; oh benedetto!
Il sol di nuovo brilla.
Il campanil gigante
e le strade e le piante
e il cuor, tutto scintilla.
Il mondo è un caro viso
su cui torna il sorriso. (F. Bianchi)

Poesie e filastrocche sulla NEBBIA – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua: per  pressione idrostatica si intende la pressione che un liquido come l’acqua, esercita quando è a riposo.  Questa proprietà viene sfruttata da secoli per la costruzione di fontane, orologi ad acqua, e altre macchine.

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua – Il video mostra un semplicissimo modello di turbina ad acqua.

 photo credit: http://delightfullearning.blogspot.com/

E’ stato realizzato appendendo al rubinetto una bottiglia tagliata, con dei fori nei quali sono inserite delle cannucce, e mostra come l’acqua generi un movimento di rotazione. Come vedremo meglio poi, la riuscita dell’esperimento dipende dalla precisione con cui si distanziano i fori e la lunghezza e l’inclinazione delle cannucce (se usate) che deve essere il più possibile uniforme. E’ naturalmente importante anche appendere la bottiglia in assetto il più possibile verticale…

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua – Di seguito altre varianti possibili:

Qui alla bottiglia vengono praticati due soli fori e si usano cannucce snodate, http://www.overunity.com/

Simile al primo progetto, ma con cannucce snodate, http://www.glendale.edu/

Modello realizzato senza cannucce. (Se si opta per questo progetto è importante forare la bottiglia con un chiodo appuntito e non con cutter o forbici, per ottenere fori precisi), di http://www.thetech.org/islamic_science

Variante con un cartone del latte (o del succo di frutta). I quattro fori vanno fatti con precisione, e tutti alla stessa altezza e distanza dallo spigolo. http://www.energyquest.ca.gov

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua – Ma perchè la bottiglia gira su se stessa?

Prima di procedere con l’esperimento vero e proprio, potremmo prendere una prima bottiglia e praticare tre fori, uno sopra l’altro: uno vicino al fondo, uno verso la metà e uno vicino al collo.

Riempendo d’acqua la bottiglia osserveremo che i tre zampilli sono diversi: quello più in basso è più forte e il getto più lungo, gli altri sono progressivamente più deboli.

I bambini così vedranno che l’acqua ha una pressione, e che questa pressione è maggiore sul fondo, cioè la pressione dell’acqua aumenta con la profondità dell’acqua. Come risultato, il getto inferiore, che ha pressione dell’acqua più alta, schizza fuori con maggiore potenza.

Potete anche provare a bloccare uno dei fori con un dito e vedere se ci sono variazioni negli altri getti…

Fatto questo, si può procedere con la costruzione della turbina (seguendo il modello che preferite) e con l’esperimento vero e proprio.

La bottiglia dovrebbe avviare il movimento rotatorio spontaneamente, ma se non succede potete avviarlo con la mano: il bambino non ne sarà deluso e comunque sperimenterà come questo movimento non si interrompe finchè c’è acqua che scorre nella sua turbina. Variando la quantità dell’acqua che esce dal rubinetto, potrà anche vedere come varia la velocità di rotazione.

Se la bottiglia contiene troppa acqua, sarà anche troppo pesante e probabilmente ruoterà più lentamente perchè il suo spostamento richiederà più energia. Se l’acqua è troppo poca, la bottiglia sarà sì più leggera, ma ci sarà anche poca energia (cioè poca pressione idrostatica) per muoverla.

Esperimenti scientifici per bambini – Turbina ad acqua – Ma perchè gira?

L’acqua viene spinta attraverso i fori dalla pressione idrostatica. Siccome tutti i getti fuoriescono nella stessa direzione (cioè dal centro della bottiglia verso l’esterno), questo fa sì che la bottiglia venga spinta verso la direzione opposta e che quindi cominci a ruotare su se stessa.

Si tratta della terza legge del moto di  Newton: per ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

L’azione dell’acqua di zampillare all’esterno provoca una reazione uguale nella  bottiglia: questo esperimento dimostra appunto che le forze agiscono in coppia azione-reazione.

Le turbine delle centrali idroelettriche funzionano proprio così.

Science experiments for kids: water turbin. For “hydrostatic pressure” it is meant the pressure that a liquid such as water, exerts when it is at rest. This property is exploited for centuries for the construction of fountains, water clocks, and other machines.

The video shows a very simple model of water turbine:

photo credit: http://delightfullearning.blogspot.com/

It was done by hanging at the tap a bottle cut in half, with holes in which are inserted the straws, and it shows how the water generate a rotational movement. As we shall see later, the success of the experiment depends on the accuracy with which distance themselves from the holes and the length and inclination of the straws (if used) which must be as uniform as possible.
It is of course also important to hang the bottle as vertical as possible.

Science experiments for kids: water turbine

Other projects:

Here to the bottle only two holes are drilled and are used straws jointed, http://www.overunity.com/

 http://www.glendale.edu/

Model made without straws, by http://www.thetech.org/islamic_science

Variant with a milk carton by http://www.energyquest.ca.gov

Science experiments for kids: water turbine

But why the bottle turns on itself?

Before proceeding with the actual experiment, we could take a first bottle and drill three holes, one above the other, one near the bottom, one towards the middle and one near the neck.

Filling water bottle will observe that the three jets are different: the lower one is stronger and the jet longer, others are progressively weaker.

The children so will see that the water has a pressure, and that this pressure is greater on the bottom, that is, the water pressure increases with depth of the water. As a result, the lower jet, which has the highest water pressure, splashes out with greater power.

You can also try to block a hole with your finger and see if there are changes in other jets …

That done, you can proceed with the construction of the turbine (following the model of your choice) and with the actual experiment.

The bottle should start the rotational movement spontaneously, but if not happens you can start it with your hand: the child will not be disappointed and still experience how this movement will not stop until there is flowing water in its turbine. By varying the amount of water coming out of the tap, you will also see how varied the speed of rotation.

If the bottle contains too much water, it will be too heavy and probably will rotate more slowly because its shift will require more energy. If the water is too low, the bottle will ensure lighter, but there will be little energy (ie low hydrostatic pressure) to move it.

Science experiments for kids: water turbine

Why?

The water is pushed through the holes by the hydrostatic pressure. Since all the jets protrude in the same direction (that is, from the center towards the outside of the bottle), this means that the bottle is pushed towards the opposite direction and then begins to rotate on itself.

This is the third law of motion by Newton: for every action there is an equal and opposite reaction.

The action of water to gush outside causes an equal reaction in bottle: This experiment demonstrates precisely that the forces act in pairs action-reaction.

The turbines of the hydroelectric power plants work just as well.

Recite per bambini – La bella Primavera e Primosole

Recite per bambini – La bella Primavera e Primosole. La recita è scritta in rima da Lina Schwarz e racconta lo scorrere delle stagioni; anche il libro illustrato di Sibylle v.Olfers  racconta di Madre Terra, delle stagioni, e dei piccoli semi…

Wurzelkinder, i bimbi radice è diventato un classico della letteratura per l’infanzia in lingua tedesca. Scritto e illustrato da Sibylle von Olfers all’inizio del secolo scorso, non ha mai perso la sua attualità. Con delicatezza e poesia le illustrazioni e il testo ci narrano dei bimbi radice che, come i fiori e le piante del bosco, si svegliano a primavera per sbocciare in estate e tornare a riposare alla fine dell’autunno. Età di lettura: da 3 anni. Io ce l’ho in tedesco, dono di una cara amica, ma ne è uscita l’edizione italiana:

Wurzelkinder, i bimbi radice

Madre Terra
(vecchia, veste un immenso mantello bruno, che copre tutto intorno a lei. Accovacciata in mezzo alla scena. Davanti a lei dorme distesa la bella Primavera)
Di notte e di giorno, di mattina e sera, sempre tu dormi, oh figlia Primavera! La Madre Terra che non si conforta che tu sia morta, ti canta la nanna, come dormissi in braccio alla tua mamma. Di notte e giorno, di mattina e sera, sempre tu dormi, oh figlia Primavera!

Il ricordo dei giorni belli
(vestito d’azzurro con una stella in fronte; entra in punta di piedi e parla sommesso…)
Ti ricordi com’era bella la figlia tua, quando rideva d’aprile, e tutto il mondo brillava di luce e i fiori sbocciavano a gara, e tutta l’aria trillava di canti d’uccelli?

Madre Terra
(singhiozza col capo tra le mani)
Oh, se era bella la figlia mia! Più bella dei fiori e più soave del canto degli uccelli! Più bella della luce stessa. Ed ora è morta, Ohimè! Ohimè!

Ricordo dei giorni belli
Ti ricordi i crepuscoli sereni, quando il cielo era tutt’una fioritura di giacinti, che la piccola falce della luna andava mietendo a poco a poco, affinchè potessero brillare le sue figlie, le stelle?

Madre Terra
(Sollevando il capo)
Ma la figlia mia era più fulgida di tutte le stelle! Ed ora è morta! Ohimè! Ohimè!
(si rimette a singhiozzare)

Ricordo dei giorni belli
Ti ricordi quando Primosole l’amò e la volle sua sposa? Andavano insieme per la foresta e sotto i loro piedi tutto rinverdiva. E la bellezza dell’una faceva sfolgorare lo splendore dell’altro; nel vederli tutto il mondo gridava: “Com’è bella la vita!”. Una cosa più meravigliosa non s’era vista mai.

Madre Terra
Ed ora è morta! Morta!

Ricordo dei giorni tristi
(vestito di grigio, con un velo nero intorno al capo)
Ti ricordi quando giunse l’estate crudele a rapir Primosole alla sua sposa? Severa, imperiosa, gridò: “Perchè indugi così tra i fiori e i sorrisi? Il mondo ha bisogno di te! Vogliono spighe i miei campi! Vogliono frutti i miei alberi! Vogliono grappoli maturi le mie vigne! Al lavoro! Al lavoro!”

Madre Terra
E Primosole partì, fedele al suo dovere

Ricordo dei giorni tristi
E partendo cantò un canto meaviglioso.

Coro
(da dietro le quinte come un eco)
Primavera, dolce amore, da te parte il tuo signore. Primosol dai raggi d’oro ha un divino suo lavoro, che gli toglie amor giocondo per amor di tutto il mondo, tutto il mondo che lo vuole: “Dammi vita, oh sole, oh sole!”

Madre Terra
Ed essa, dolcemente, soavemente, lo lasciò partire. “Va, splendi e matura!” gli disse. Gli mandò il più luminoso dei suoi sorrisi, lo seguì con lo sguardo. E poi… quand’egli dileguò nella lontananza, mi cadde tra le braccia addormentata per sempre

Tempo
(vecchio, curvo, con una lunghissima barba bianca ed una falce in mano)
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa, chi dorme si sveglierà.

Vento di tramontana
(prorompe sulla scena con violenza, urlando e sibilando, scompigliando col suo grande mantello svolazzante tutti i fiori e le foglie sparsi per terra. Davanti a lui fuggendo entrano le foglie secche e i semini)
La fine! La fine! Ecco la mia gloria, il mio trionfo! Ecco le mie ultime vittime! Oh morte! Oh gioia! Tutto è devastato! Tutto è distrutto! Non più una foglia sugli alberi. Io solo regno ormai! Io solo padrone del mondo!

Tempo
(in disparte)
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: il male si annienterà.

Le foglie secche
Brillava magnifica la nostra foresta, trillava di giubilo ogni albero in festa. Quand’ecco il gran brivido di morte ci assale, col vento fatale. Quel soffio malefico che tutto distrugge, c’investe strappandoci all’albero e fugge. Rapite dal turbine, lontane dal ramo, disperse moriamo.

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: che piange sorriderà.

Madre Terra
(raccogliendo dolcemente le foglie le compone a dormire intorno al giaciglio di bella Primavera)
La madre che piange la figlia sua morta, pietosa le lacrime degli altri conforta; nel seno amorevole qui tutte raccoglie le povere foglie.

I semini
Siamo semini piccini piccini, nati e cresciuti dentro scatolini: bei scatolini fatti dai fiori…oh, come ci si stava da signori! Ed ora? Ohimè, per la ribalderia di quel ventaccio che ci spazza via, eccoci sparsi, poveri semini! Che sarà mai di noi così piccini?

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: chi è piccolo crescerà.

Madre Terra
(li raccoglie e li mette a dormire intorno a bella Primavera, poi li copre tutti col suo grande mantello, si accoccola e s’addormenta anche lei)
La madre che piange la figlia sua morta, pietosa le lacrime degli altri conforta; nel seno amorevole raccoglie qui insieme fin l’ultimo seme.

Ricordi tristi e ricordi belli
(insieme)
Morte, morte! Dura sorte! Ogni vita ha l’ore corte. Vien la morte e picchia forte, perchè le aprano le porte. Morte morte, dura sorte!

Tempo
Il tempo tutto ha visto, il tempo tutto sa: chi è morto rinascerà.
(esce con passo lento e misurato)

Neve
(dopo un intervallo di silenzio, entra in punta di piedi, con passo leggero e saltellante, vestita di bianco e scuotendo candidi fiocchi dalle braccia levate)
Lieve lieve, nel sonno greve, cade la neve. Fior senza stelo, bacio di gelo, scende dal cielo. Segnano l’orme sull’uniforme terra che dorme, soavi e buoni sogni e visioni, benedizioni.
(cala il sipario; si riapre con uno squillo di tromba)

Tempo
(entrando)
Il tempo ve l’ha detto, il tempo che tutto sa: chi è morto rinascerà.

Madre Terra
(altro squillo di tromba, Madre Terra comincia a muoversi, agita le braccia con movimenti lenti e misurati, sollevando come a ondate il grande mantello)
Semi! Piccoli semi! Svegliatevi dal sonno! Su, su, piccoli dormiglioni! Il tempo torna, è l’ora, è l’ora!
(Li tocca uno ad uno carezzandoli)

Tempo
Il tempo ve l’ha detto, il tempo che tutto sa: chi dorme si sveglierà.

Semini
(Si sfregano gli occhi e si stiracchiano)
Dal sonno ci svegliamo, semini più non siamo. Guardate, ormai si mette germogli e radichette. Miracolo stupendo! Mentre stavam dormendo, ognun di noi s’apriva; or siamo piante, evviva!
(ora sono adorni di foglie sul capo e di radici ai piedi; agitano le fronde con le mani e si contemplano con meraviglia)

Madre Terra
(Da sotto il mantello escono fiori, altri entrano da fuori scena e insieme formano un semicerchio intorno a bella Primavera)
Bravi! Bravi! Come siete germogliati bene! Bravi semini, ed ora a voi foglioline! A voi fiori! Su tutti, da bravi! Margheritine, violette, primule, campanelline. E voi miosotodi, crochi, ranuncoli, reseda, anemoni, lillà, amorini… Lesti, piccini, pronti a fiorire! Il tempo torna, e Primosole già sento venire!

Primosole
(Inizia a parlare da fuori, finchè arriva dalla bella Primavera e la bacia… lei comincia a muoversi)
Primavera, dolce amore, fa ritorno il tuo signore! Primosole dai raggi d’oro ha compiuto il suo lavoro, e ritorna a lei che l’ama, che nel sonno ancor lo chiama, che da lui baciata vuole ridestarsi al mondo, al sole.

I fiori e i semi
(in girotondo)
Margheritini, violette, primule, campanelline, e voi miosotidi, crochi, ranuncoli, reseda, anemoni, pronti alla festa! Vien Primosole, e bella Primavera si ridesta!

Bella Primavera
(si alza)
Son desta o sogno ancor? Non ero morta! Dolce era il sogno. Accanto ognor gli fui nel lungo viaggio; sempre fui sua scorta, la fida scorta che vegliò su lui.

Primosole
Io ti sentii, soave compagnia, mentre seguivo la mia lunga via. Sentivo il tuo pensiero, o dolce sposa, che mi spronava all’opera gloriosa.

Bella Primavera
Ed io sentivo nel sonno profondo l’anima mia più forte e più sicura, e ti dicevo: aiuta, aiuta il mondo! Dà luce e vita, vai, splendi e matura!

Primosole
Fu la potenza del tuo santo amore, che luce e vita diede al mio calore, fu la dolcezza del tuo cuor profondo, che mi diede la forza di illuminare il mondo.

Primavera e Primosole
(insieme)
Come una madre mi ha di te nutrito, t’ho di me nutrito, sia benedetto il dì che ci ha riunito.

Tempo
(si inginocchia guardandoli con reverenza)
Il tempo che tutto ha visto, il tempo che tutto sa, dinanzi a tal miracolo sente l’eternità.

Fiori e semi
(si inginocchiano in semicerchio guardandoli)
Come risplendono, come sono belli! Spiri di zefiri, voli d’uccelli, sorrisi d’angeli, passano su loro.

Madre Terra
(getta il mantello e appare ringiovanita)
E contemplandovi forme leggiadre, v’intona un cantico la Terra Madre: “Al mondo, amandovi, donate amore!”

Rugiada
(dopo un silenzio, entra con passo leggero)
Su voi la rada gocciola cada della rugiada. E’ il ciel che manda questa sua blanda sacra bevanda. Ogni creatura goda la pura rinfrescatura, che il mondo invita a nuova vita.
(cala il sipario)

Testo: Lina Schwarz
Illustrazioni: Sibylle v.Olfers (Etwas von den Wurzelkindern, edizioni Esslinger)

Della stessa autrice (solo in lingua inglese):

THE STORY OF THE WIND CHILDREN 

MOTHER EARTH AND HER CHILDREN 

THE STORY OF LITTLE BILLY BLUESOCKS

THE STORY OF THE SNOW CHILDREN 

 

THE PRINCESS IN THE FOREST

THE STORY OF THE BUTTERFLY CHILDREN

Proverbi sui mesi dell’anno

Proverbi sui mesi dell’anno – una raccolta di proverbi e detti popolari sui mesi dell’anno, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Gennaio
Non c’è gallina nè gallinaccia che di gennaio l’uovo non faccia.
Epifania tutte le feste si porta via.
Gennaio asciutto, grano dappertutto.
Gennaio ortolano tutta paglia e niente grano.

Febbraio
Febbraio asciutto, erba da per tutto.
Pioggia di febbraio empie il granaio.
Chi vuol di avena un granaio, la semini in febbraio.
A Carnevale ogni scherzo vale.
A Carnevale, si conosce chi ha la gallina grassa.

Marzo
Marzo asciutto e april bagnato, beato il villan che ha seminato.
La nebbia di marzo non fa male, quella di aprile toglie il vino e il pane.
Di marzo chi non ha scarpe vada scalzo, e chi le ha le porti un po’ più in là.
Per l’Annunziata è finita l’invernata.
Se marzo non marzeggia, aprile non verdeggia.
Se marzo non marzeggia, april mal pensa.

Aprile
Aprile, dolce dormire.
Aprile freddo: molto pane e poco vino.
Aprile temperato non è mai ingrato.
Se tagli un cardo in aprile, ne nascon mille.
Aprile e maggio son la chiave di tutto l’anno.
D’aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie.
D’aprile non ti scoprire, di maggio vai adagio.
Aprile fa il fiore e maggio gli dà il colore.
Aprile dolce dormire, gli uccelli a cantare, gli alberi a fiorire.

Maggio
Maggio asciutto e soleggiato, molto grano a buon mercato.
Se di maggio rasserena ogni spiga sarà piena, ma se invece tira vento nell’estate avrai tormento.

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre
Tuono dell’ottobrata, bella e calma l’invernata.
Uomo di vino non vale un quattrino.
Ottobre piovoso, campo prosperoso.
A santa Riparata ogni oliva olivata.

Novembre
A novembre si lasciano campi e orti per dedicarsi più ai nostri morti.
Di novembre quando tuona è segnal d’annata buona.
Novembre bagnato, in aprile fieno al prato.
Per santa Caterina, o acqua o neve o brina.

Dicembre
Dicembre gelato non va dispezzato.
Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia.
Fino a Natale, il freddo non fa male, da Natale il là, il freddo se ne va.
Dolce invernata, poca derrata.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche: Gennaio

Poesie e filastrocche: gennaio. Una raccolta di poesie e filastrocche sul mese di gennaio, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Gennaio
Quello lì che a stento arranca,
tetro, livido, ingrugnato,
striminzito, infagottato
nella sua mantella bianca,
è gennaio, il primogenito
della bella fratellanza;
a ogni passo della danza,
batte i denti e manda un gemito. (D. Valeri)

Gennaio
Vien gennaio
con il saio
con il fianco
tutto bianco.
Viene innanzi il vecchierello,
e via caccia il tempo bello.
Reca seco giorni brevi,
nebbie, venti, ghiacci, nevi. (C. Prosperi)

Gennaio
Io sono il primo di dodici figli,
tutto vestito di candidi fiocchi,
spargo brillanti per campi e per cigli,
porto ai camini la festa dei ciocchi.
Di ghiaccio e neve ricopro le vette
e metto al fuoco le dolci ballate. (O. Coccia)

Gennaio
Pensa a gennaio che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!
E le galline cantavano: un cocco
ecco, ecco, un cocco, un cocco per te! (G. Pascoli)

Gennaio
Entra gennaio e dal mantello grave
scuote la neve. Assiso ai focolari
narra le vecchie fiabe ai familiari.
Il vischio splende, appeso all’architrave. (B. Osimo)

Gennaio
Quando nasce
nessun mese è così gaio
come il piccolo gennaio:
lo saluta ancora in fasce,
l’allegria di San Silvestro
piena d’estro.
Del nuov’anno
egli è il primo pargoletto,
il più atteso, il prediletto,
e per questo onor gli fanno
e ciascun se lo propizia
e lo vizia.
Quanto a quello
che crescendo saprà fare,
quello è invece un altro affare:
forse porta, il bricconcello,
raffreddori, sdruccioloni
e geloni.
Strano artista,
egli fa sui vetri e i rami
candidissimi ricami
ed appende, in gaia vista,
sulle gronde e sui poggioli
i ghiaccioli.
Con la gerla
dei regali l’accompagna
la Befana, una cuccagna!
Ma lo segue poi la Merla,
che la neve reca e geli
più crudeli…
Ma si deve
confessar, siamo sinceri,
che anche il gelo ha gran piaceri:
ha battaglie con la neve,
slitte, pattini; oggidì
fin gli sci.
Dunque sia
benvenuto, sor gennaio:
non ci punga col rovaio,
ed il buon esempio dia
ai suoi undici fratelli
ridarelli! (F. Bianchi)

Gennaio
Cerchi il fuoco e porti indosso
umor nero, vento e gelo;
col tuo sguardo incanti il fosso,
col tuo fiato appanni il cielo.
Tardi il mondo in te raggiorna,
ma la sera assidua cala
silenziosa come un’ala
sulla terra disadorna.
Per il freddo che tu porti
prati e boschi sembran morti,
ma di sotto la tua neve
vita nuova il grano beve. (R. Pezzani)

Gennaio
Eccomi qua, bambini, io son gennaio
il primo di una lunga compagnia
triste, imbronciato, qualche volta gaio
voi m’incontrate spesso per la via.
Voglio aprirvi un pochino il mio fardello
nascosto sotto il candido mantello:
ghiaccio, neve contiene,
ma in fondo in fondo,
c’è come a maggio
il raggio più giocondo.

Gennaio
Nevica: l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
massa una madre; passa una preghiera! (Giovanni Pascoli)

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Poesie e filastrocche I MESI DELL’ANNO

Poesie e filastrocche I MESI DELL’ANNO – una raccolta di poesie e filastrocche a tema, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Mesi
Gennaio porta il ghiaccio sul mantello
febbraio è corto e porta freddo e neve
marzo ha con sè il tempo poco bello
aprile vien con fiori ed aria leve
maggio ha i fiori e il tempo mite
giugno fa biondeggiar le messi d’oro
luglio porta i bagni e lunghe gite
agosto al contadin porta lavoro
settembre mette il vino nelle botti
ottobre getta il seme nella terra
novembre porta le lunghe notti
dicembre abbraccia l’anno e lo sotterra.

L’anno, i mesi e i giorni
Io so, bimbo, d’un albero
che cresce in tutti i siti,
i sami suoi son dodici,
di foglie rivestiti.
Ad ogni ramo pendule
stan trenta foglioline,
addentellate al margine
da ventiquattro spine.
Trapunte d’or, di porpora,
sa un verso scintillanti,
son nell’opposta pagina
oscure e scoloranti.
Ed ogni notte staccasi
dall’albero una foglia
infin ch’ei nudo all’aria
rimane di sua spoglia.
Ma in quell’istante spuntano
le gemme a cento a cento
e i rami si ricoprono
di nuovo vestimento.
Così per anni e secoli
quella vicenda dura;
e l’albero fatidico
del tempo è la misura. (E. Berni)

I dodici fratelli
Gennaio vien tremando
col cappotto e lo scaldino
vien febbraio schiamazzando
in costume d’Arlecchino
marzo porta vento a iosa,
una rondine e due viole
porta aprile un pesco rosa
che ti desta al nuovo sole
maggio canta e da lontano,
tre usignoli fanno coro
giugno tiene nella mano
una spiga tutta d’oro
luglio porta ceste piene
di susine e pesche bionde
porta agosto due sirene
che si specchiano nell’onde
se settembre si fa bello
con tre pampini di vite
reca ottobre un gran fardello
di castagne abbrustolite
poi novembre viene stanco
per la nebbia che l’assale
vien dicembre tutto bianco
con l’abete di Natale.
Sono dodici fratelli
che si tengono per mano
tutti buoni tutti belli,
anno nuovo ti aspettiamo. (G. Noseda)

I mesi dell’anno
Gennaio porta pasqua epifania,
febbraio sciala in maschera per via,
marzo per mano tien la primavera,
aprile d’ogni verde s’imbandiera.
Maggio i giardini sogna delle fate,
giugno dispensa l’oro dell’estate,
luglio ed agosto nella gran calura
godon beati la villeggiatura.
Settembre s’affaccenda per il vino,
ottobre rompe ricci di castagne,
novembre fa canute le montagne,
dicembre esulta davanti al Bambino. (I. Drago)

I mesi dell’anno
Gennaio mette ai monti la parrucca,
febbraio grandi e piccoli imbacucca;
marzo libera il sol di prigionia.
April di bei color gli orna la via;
maggio vive tra musiche d’uccelli,
giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli;
luglio falcia le messi al solleone,
agosto, avaro, ansando le ripone;
settembre i dolci grappoli arrubina,
ottobre di vendemmia empie la tina;
novembre ammucchia aride foglie in terra,
dicembre ammazza l’anno e lo sotterra. (A. S. Novaro)

I mesi dell’anno
Gennaio porta gelo e nevicate,
febbraio grandi balli e mascherate,
marzo arriva col vento e le viole,
aprile ha l’erba per le capriole.
Maggio ci dà le rose profumate,
giugno le spighe dal bel sol dorate,
luglio ha le trebbie e sempre gran lavoro,
agosto buone frutta rosse e d’oro.
Settembre mette l’uva giù nel tino,
ottobre cambia il mosto in un buon vino,
novembre butta giù tutte le foglie,
dicembre per il fuoco le raccoglie. (O. Turchetti)

I mesi
Aprendo la sua porta
gennaio tira tira.
Febbraio gamba corta,
lo segue e gira gira.
Va marzo pazzerello
col vento nel cestello.
E sparge i fiori aprile,
sì gaio e sì gentile.
Il maggio par che voli
fra rondin e usignoli.
Poi giugno va beato
di spighe inghirlandato.
E luglio porta il sacco
di candida farina.
Agosto ha la sua sporta
di frutta sopraffina.
S’aggirano settembre
e ottobre dentro il tino.
E mesto va novembre
coi fiori e il lumicino.
Dicembre chiude l’anno
in una stanza oscura.
Ma, furbo, capodanno,
vi scopre una fessura.
Gennaio fa passare
per poi ricominciare
il giro giro tondo
che dura quanto il mondo. (F. Manisco)

Girotondo di dodici fratelli
Girotondo, girotondo!
Quanti sono? Una dozzina.
La farandola mulina
senza posa intorno al mondo.
Quello lì che a stento arranca,
tetro, livido, ingrugnato,
striminzito, infagottato
nella sua mantella bianca,
è gennaio, il primogenito
della bella fratellanza;
a ogni passo della danza,
batte i denti e manda un gemito.
Tien per mano il più piccino
della schiera e il più furbetto;
febbrarin carnevaletto,
detto pure il ventottino.
Lo vedete quant’è buffo
nel vestito d’Arlecchino,
lo vedete il birichino
come ride sotto il ciuffo?
Un sentore di viole…
ecco marzo pazzerello,
piedi nudi e giubberello
ricci al vento e viso al sole.
E’ una gioia rivederlo;
e, se a tratti si fa mesto,
pur si rasserena presto,
e fischietta come un merlo.
Si trascina appresso un bimbo
dolce, pallido, gentile.
Pratolino, ovvero aprile,
che di foglie al capo ha un nimbo.
Bello e caro quel biondino.
Ma più bello e più lucente,
ma più caro e più ridente,
questo qui che gli è vicino.
Maggio, eterno amor del mondo,
per guardarti, per goderti,
si vorrebbe trattenerti
arrestando il girotondo.
Lascia almeno che odoriamo
le tue rose inebrianti;
benedici tutti quanti
con quel tuo fiorito ramo!
Sei già andato! Ecco al tuo posto
sopraggiungere i fratelli
tuoi più simili, i gemelli
buoni: giugno, luglio, agosto.
Nudi sono come l’aria,
ma ciascun porta un suo fregio:
l’uno un ramo di ciliegio
che di frutti ondeggia e svaria,
il secondo ghirlandette
di papaveri fiammanti;
spighe, il terzo, barbaglianti,
in manipolo costrette.
Bravi e validi figlioli,
rosolati al solleone;
saltan come in un trescone
di gagliardi campagnoli.
Ma quest’altro, avviluppato
dentro un nuvolo di veli
azzurrini come i cieli,
è un fanciullo delicato.
E’ settembre, occhi di sogno,
cuore di malinconia:
spande intorno una malia,
ch’ha il profumo del cotogno…
Malinconica non pare
quella faccia rubiconda
che vien dopo, ed è gioconda
la canzon ch’odo cantare:
“Sangue chiaro e sangue fosco
dà la vigna, e noi beviamo
l’uno e l’altro, e salvi siamo!”
Matto ottobre, ti conosco.
Ahi, quei due che vengon ora,
musi lunghi, brutta cera
da ammalati, veste nera
ci predicon la malora!
Tien novembre un ramo secco
all’occhiello del gabbano,
e dicembre nella mano
più non porta che uno stecco.
Nei tasconi del loro saio
racan freddo e amare pene…
Ma vedete, ora chi viene?
Di bel nuovo è qui gennaio…
Girotondo, girotondo,
sono dodici ragazzi,
buoni e tristi, savi e pazzi:
e nel mezzo è il vecchio mondo. (D. Valeri)

I mesi dell’anno
Gennaio porta il ceppo e la Befana
febbraio carnevale e tramontana;
marzo le pratoline e le viole;
le rondinelle aprile e il dolce sole;
salutan maggio gli uccellini in coro;
giugno ha tra il fieno lucciolette d’oro;
luglio è biondo di grano al solleone;
agosto porta frutte dolci e buone;
settembre ha l’uva d’oro e di rubino,
ottobre poi la pigia dentro il tino;
novembre porta i fiori al camposanto,
dicembre culla i semi sotto il manto. (E. Bossi)

I mesi dell’anno
Vien gennaio freddoloso
con la barba di ghiaccioli
sotto il ciel cupo e nevoso.
I suoi undici fratelli
son febbraio, marzo, aprile,
maggio, giugno, luglio, agosto,
poi settembre il più gentile
ed ottobre col suo mosto
ed infin novembre brullo
e dicembre ultimo nato
che riporta nel cuore di ognuno
il bambino tanto sognato.
Che simpatica famiglia
reca sotto il suo mantello!
Nessun mese si somiglia
e a suo modo ognuno è bello.

I mesi dell’anno
Gennaio infreddolito
chiamò febbraio intirizzito
marzo, il burlone
svegliò aprile dormiglione.
Maggio aprì i suoi fiori
giugno uscì coi suoi colori,
luglio portò calura,
agosto recò l’arsura,
settembre andò al mare
e non aiutò ottobre a vendemmiare.
Vicino al camino novembre
aspettava l’ultimo, dicembre.

I mesi dell’anno
Va a sciare il buon gennaio
veste in maschera febbraio
marzo ha tante rondinelle
d’april piove a catinelle
con le rose giunge maggio
con le spighe giugno il saggio
ci fa luglio soffocare
si riposa agosto al mare
a settembre piace il mosto
ha già ottobre a scuola un posto
con le nebbie vien novembre
gioia e feste canta dicembre.

I mesi dell’anno
Dice gennaio: chiudete l’uscio
dice febbraio: io sto nel mio guscio
marzo apre gli occhi e inventa i colori
aprile copre ogni prato di fiori
maggio ti porge la rosa più bella
giugno ha nel pugno una spiga e una stella
luglio si beve il ruscello d’un fiato
sonnecchia agosto all’ombra sdraiato
settembre morde le uve violette
più saggio ottobre nel tino le mette
novembre fa di ogni sterpo fascina
verso il presepe dicembre cammina.

I mesi dell’anno
I bimbi lo sanno
che i mesi dell’anno
tra grandi e piccini
son dodici in tutto.
Se ognuno ha il suo fiore
se ognuno ha il suo frutto
nessuno è tra loro
più bello o più brutto.
Son tutti fratelli
ognuno ha un mestiere
chi cura i piselli
chi porta un paniere
chi pota, chi innesta,
chi ara, chi miete,
chi porta una brocca
di acqua a chi ha sete;
chi versa uno scroscio
di pioggia lucente.
Nessuno sta in ozio
guardando la gente.
Più bella famiglia
nessun vedrà mai.
Son dodici mesi,
e tutti operai. (R. Pezzani)

Girotondo dei dodici mesi
Girotondo sul nevaio
con gennaio e con febbraio
e per marzo pazzerello
girotondo con l’ombrello.
Girotondo al campanile
con la Pasqua dell’aprile
e per maggio ciliegino
girotondo col cestino.
Giugno ai campi, luglio al mare
girotondo da sudare.
Fugge ai monti agosto in fretta
girotondo sulla vetta.
Con settembre ottobre vola
girotondo per la scuola
e novembre, ecco, è già qui
girotondo con gli sci.
Poi, vestito di Natale,
fa dicembre il gran finale
e saluta capodanno
girotondo tutto l’anno.

I mesi
Cari amici il tempo vola
vanno i mesi a malincuore
presto giugno mietitore
verrà a chiudere la scuola
a trovare sotto il sole
fra boschetti, prati, aiuole,
ecco luglio un po’ monello
con agosto suo fratello.
Porteranno tanti doni
profumati, freschi, buoni!
Poi settembre canterino
farà festa nel vigneto
ed ottobre ancor più lieto
pigerà l’uva nel tino.
Oh, davvero il tempo vola
bimbi miei, si torna a scuola!
Di novembre poverello
parleranno le castagne
poi dicembre vecchiarello
stenderà sulle montagne
un gran manto di candore
darà gioia ad ogni cuore
e in un canto di bontà
anche l’anno finirà.

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Poesie e filastrocche: Capodanno

Poesie e filastrocche: Capodanno. Una collezione di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Capodanno
Filastrocca di Capodanno
fanno gli auguri per tutto l’anno:
voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile,
voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera,
voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso il fiore di pesco,
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo non darmi niente,
dammi una faccia allegra solamente. (G. Rodari)

L’anno nuovo
Indovinami, indovino
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto, o metà e metà?
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno”. (Gianni Rodari)

L’anno nuovo
Con il tren di mezzanotte
puntualissimo, in orario,
ecco il nuovo calendario.
E’ arrivato un treno merci
con un solo passeggero
piccolissimo, ma fiero.
Tra gli evviva dei ragazzi
l’anno nuovo mostra, gaio,
il duo grande bagagliaio,
pien di gioia e di dolori,
di successi, ed amarezze.
Su, ragazzi, son per voi,
queste merci, e si vedrà
chi ben scegliere saprà. (E. Zedda)

Calendario nuovo
Nel chiudo tuo blocco trecento
sessanta più cinque foglietti:
un libro che sfogliasi lento
nel volger di un anno.
Puoi dire che cosa ci aspetti
nei dì che verranno?
Ignoro se belli o se brutti
ma so che dipende dall’uomo
di far che ogni giorno sia buono. (A. Fucili)

Anno nuovo
Anno nuovo! Ed ogni anno una promessa
una promessa che per via si perde,
e che ogni anno, purtroppo, è ancor la stessa.
Si promette, si tenta… Ed io non so,
non so capir perchè crescan le gambe
ed il giudizio dei bambino no!
Ma questa volta, per quest’anno nuovo
quello che si promette si farà:
a cominciar da oggi mi ci provo,
mamma, e il tuo bimbo ci riuscirà. (Zietta Liù)

Anno nuovo
Anno nuovo anno nuovo,
qui alla porta già ti trovo
rechi forse nel cestello
un impulso buono e bello?
Porti agli uomini l’amore,
che riscaldi a tutti il cuore?
Anno nuovo non scordare
la salute nel tuo andare
e la pace porta teco
che nel mondo abbia un’eco
veglia sempre sui miei cari,
serba loro doni rari
ed a me concedi, senti,
di poter farli contenti
Se benigno il volto avrai,
benedetto tu sarai.

Buon Capodanno!
Buon Capodanno! S’alza il sipario…
via il primo foglio del calendario!
Sui suoi foglietti scritto che hai,
anno che sorgi? Letizia e guai,
giornate bianche, giornate nere?
No, i tuoi segreti non vo’ sapere;
sopra ogni pagina che Iddio mi dona
io voglio scrivere: “Giornata buona”. (L.Schwarz)

Auguri per il nuovo anno
O mamma e papà,
vi porti il nuov’anno
salute e tesori
senz’ombra d’affanno;
vi porti le gioie
più pure e serene!
Centuplichi il bene
che fate per me! (G. Soli)

Capodanno
Mezzanotte suonò sopra il villaggio
nella placida piazza solitaria:
le ore sobbalzarono nell’aria
per la tacita notte senza raggio;
recava da lontano intanto il vento
come un tintinno garrulo d’argento,
e pel villaggio solitario errare
un trotto di cavalli si sentì.
La diligenza a dodici cavalli
arrivava con dodici signori,
e tutti, presto presto, venner fuori
con valige, con scatole, con scialli:
e il primo, un vecchio tremulo e bonario:
“Benissimo!” esclamò “siamo in orario!” (Andersen)

Lunario
Cos’è mai un anno? Un mazzolino
di giorni: qualche fiore e qualche spino,
fiori di campo, spini della siepe;
è il viaggio da un presepe ad un presepe;
un volgere di lune in grembo a Dio;
un dolce ritrovarsi e dirsi addio;
una nube che passa, il sol che torna;
pan seminato e pane che si sforna;
dodici mesi tra bagnati e asciutti;
quattro stagioni cariche di frutti.
Su ogni giorno stende il suo sorriso
un santo che vien giù dal Paradiso.
Così è fatto, mutevole, il lunario
e l’anno nuovo l’ha per sillabario
e si legge ogni dì fra stella e stella
che per chi ama, la vita è bella. (R. Pezzani)

Anno nuovo
Salutiamo riverenti il vecchio anno
che se ne va col greve suo fardello
e fidando muoviamo incontro al nuovo
uscente dal mistero tutto bello.
Porta al mondo, che tiepido t’aspetta,
doni d’amore, di pace, di armonia.
E così sia. (E. Minoia)

Felice nuovo anno
Nella notte di magia
l’anno vecchio scappa via
non sei neppure addormentato
che uno nuovo è già arrivato
bello, ricco di giornate,
sia d’inverno, che d’estate.
Anno allegro e fortunato
sia quest’anno appena nato!

Anno nuovo
Ho incontrato per la via
un vecchietto tutto bianco
camminava curvo e stanco
pieno di malinconia.
Tristemente ha mormorato
“Sono l’anno che è passato”.
Saltellando poi veniva
un allegro fanciullino
e rideva birichino
dietro l’anno che finiva;
pien di gioia mi ha cantato
“Sono l’anno appena nato”.

Anno vecchio ed anno nuovo
Tin tin l’orologio rintocca
tin tin quanti colpi ha suonato?
Tin tin qual è l’ora che scocca?
Tin tin qualcheduno ha bussato!
Anno vecchio, tin tin, ti saluto!
Anno nuovo, tin tin, benvenuto!

Sole d’inverno
Capo d’anno: sì mite, e quanto sole!
Io già respiro il marzo, in questa luce
d’oro che so breve e bugiarda. E rido
alla menzogna, ma ne godo e ad essa
mi scaldo, come fan pruno e castagno
cui rispunta a capriccio qualche gemma
nella certezza che morrà domani
prima d’aprirsi. Gemme senza fiore
sui rami e nel mio cuore,
gioia d’un giorno, conscia d’esser viva
sol per un giorno!
Non importa. E’ gioia. (A. Negri)

Il futuro
Il futuro, credetemi,
è un gran simpaticone,
regala sogni facili
a tutte le persone.
“Sarai certo promosso”
giura allo scolaretto.
“Avrai voti lodevoli,
vedrai, te lo prometto”.
Che gli costa promettere?
“Oh, caro ragioniere,
di cuore mi congratulo:
lei sarà cavaliere!”.
“Lei che viaggia in filobus,
e suda e si dispera:
guiderà un’automobile
entro domani sera”.
“Lei sogna di far tredici?
Ma lo farà sicuro!
Compili il suo pronostico:
ci penserà il futuro!”
Sogni, promesse volano…
Ma poi cosa accadrà?
Che ognuno avrà il futuro
che si conquisterà. (G. Rodari)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche LA BRINA E IL GELO

Poesie e filastrocche LA BRINA E IL GELO – una raccolta di poesie e filastrocche sulla brina e sul gelo, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Brinata
Non è neve: men candida,
più sfumata fioritura,
esalata nel silenzio,
della magica natura.
Nella notte l’incantesimo
si fermò tra gli alti rami,
stese lento in mezzo agli alberi
le sue trine e i suoi ricami.
Ma la trama ormai dissolvesi,
vinta dal sol che già l’ha tocca;
un gocciar di gravi lacrime,
piove intorno, intorno fiocca. (G. Bertacchi)

Brinata
La terra era squallida e grigia
e grigio e monotono il cielo;
l’inverno riaprì la valigia
e poi disse al gelo:
“Ricama con mano gentile
quest’umida nebbia sottile!”
Il gelo si mise al lavoro:
sui penduli rami tremanti
profuse, con arte, un tesoro
di perle, e diamanti,
e, all’alba del nuovo mattino,
la terra fu tutta un giardino. (R. Calleri)

Il gelo
Dormiva la vallata nella notte serena:
s’affacciò il gelo e disse: “Bene, mi sento in vena!
Quest’ora è tranquilla, nessuno sta a vedere
e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere.
Io non somiglio punto a quei furioni
miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni.
Quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro
e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.”
Così borbotta il gelo, ride la luna piena
mentr’ei va silenzioso per la notte serena. (C. Del Soldato)

Nebbia e brina
Nebbia, che cosa hai fatto!
Un velario di seta.
Ogni cosa è segreta
a un tratto.
Che ricamo, che trina,
quanti gioielli intorno!
Li dona al nuovo giorno
la brina. (D. Rebucci)

Brina
Lo squallido rosaio
sotto il freddo rovaio
s’è coperto di brina.
Ogni fronda, ogni spina
porta un fiore, una stella.
Il passero saltella
sui bianchi ciuffi e spera:
“C’è forse primavera?” (O. Visentini)

Brina
La nebbia del mattino
s’impiglia come un velo,
tra i rami del giardino
scintillanti di gelo:
è la brina, la lieve
sorella della neve.
Ella tesse ricami
minuti, di bianche perline,
su tutti i rami
e sulle foglioline;
fa un candido contorno
ad ogni cosa intorno.
Ieri non c’era niente:
in una notte il vago
lavoro diligente
fu fatto, a punta d’ago.
Com’è svelta e felice
questa ricamatrice! (Puck)

Fiori di ghiaccio
Mentr’io dormivo
oh, quanti strani fiori
sulla finestra
ha disegnato il gelo!
Fiori di ghiaccio, i cui steli ricurvi
compongono arabeschi fantasiosi.
Belli davvero!
Ma il fiato li scioglie,
subito.
Di quel magico giardino che resta?
Un par di lacrime sul vetro…

Il gelo
Dormiva la vallata nella notte serena;
s’affacciò il Gelo e disse: “Bene, mi sento in vena!
Quest’è un’ora tranquilla, nessuno sta a vedere
e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere.
Io non somiglio punto a tutti quei furioni
miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni.
Quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro
e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro”.
Così borbotta il Gelo; ride la luna piena
mentr’ei va silenzioso nella notte serena. (C. Del Soldato)

Il gelo
Dimmi il segreto, candido gelo:
hai imparato forse nel cielo
a far sui vetri i tuoi ricami,
così fantastici di foglie e rami?
Metti alle piante rari merletti,
ghiaccioli a frangia cuci sui tetti;
doni alle siepi mille trafori,
dispensi ai campi gelidi fiori:
fredda bellezza che fa sognare,
mistero eterno che fa pensare. (T. Romei Correggi)

 

Il gelo
Al sole ch’è malao
certo il gelo è molesto,
e si corica presto
poichè s’è tardi alzato.
Con braccia scarne aiuto
chiede il gelso e il cipresso
trema per freddo acuto
nel suo mantello stesso. (V. Bettolini)

L’arrivo di Mago Gelo
Dormiva la vallata nella notte serena.
S’affacciò il  Gelo e disse: -Bene, mi sento in vena.
Questa è un’ora tranquilla: nessuno sta a vedere
e si lavora in pace. Mi far proprio piacere.
Io non somiglio proprio a quei furioni
miei parenti: la grandine, il vento, gli acquazzoni;
quanto fracasso fanno! Par non ci sian che loro,
e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.-
Così borbotta il Gelo: ride la luna piena
mentre lui va silenzioso nella notte serena;
e viene alle casette della valle silente;
e alle chiuse vetrate soffiando lievemente
va ricamando trine così fini e istoriate
come il meraviglioso mantello delle fate.
E dappertutto dove, alitando si arresta,
al lume della luna d’un tratto ecco una testa
di fiori scintillanti, di candidi alberelli,
di brillanti alucce di farfalle ed uccelletti;
ecco templi d’argento dalle guglie lucenti
e intricate foreste dai rami trasparenti.
Ogni cosa s’adorna di bianco luccichio:
-Eh- dice Mago Gelo -se mi ci metto io!-
(Camilla del Soldato)

Brinata
La terra era squallida e grigia,
e grigio e monotono il cielo;
l’inverno riaprì la valigia
e poi disse al gelo:
“Ricama con mano gentile
quest’ultima nebbia sottile”.
Il gelo si mise al lavoro;
sui penduli rami tremanti
profuse con arte un tesoro
di perle e diamanti;
e all’alba del nuovo mattino
la terra fu tutta un giardino.
Il sole dai monti si affaccia
i candidi fiori a guardare,
la nebbia fumosa discaccia,
li viene a baciare;
e allora si rompe l’incanto.
I fiori si sciolgono in pianto. (R. Calleri)

Brina
Che rovina nell’orto in tre brinate!
Squallido tutto e morto;;
spogliato il susino, rigido il pero;
tre bianche mattinate
orbar di fiori l’orto,
fecero un cimitero.
Ultime, e al cuor per questo più soavi,
rose cadute qua, là fucsie a terra
non più pendule e gravi;
beate le viole nella serra!
Più non sta tra le sue foglie il fico:
trovarne uno grinzoso ed infermiccio
tra quegli stecchi è un caso;
non tiene più un racimolo il viticcio
e l’amorin nel vaso langue. (E. Giardini)

Brinata
Non è neve: men candida,
più sfumata fioritura,
esaltata nel silenzio
della magica natura.
Nella notte l’incantesimo
si fermò tra gli altri rami,
stese lento in mezzo agli alberi
le sue trine e i suoi ricami,
ma la trama ormai dissolversi,
vinta al sol che già l’ha tocca;
un gocciar di gravi lacrime
piove intorno, intorno fiocca. (G. Bertacchi)

Brinata
Ve’, che gli alberelli stamattina
all’improvviso fecero i fiori
belli ed orditi come la trina,
che sanno fare le ricamatrici!
Ieri ogni cimarella avea una spina,
come che fosse una spina d’amore,
oggi una rama porta un grumolo,
tutto bello nel suo candore;
e c’è Mariella dalla balconata,
che lascia l’anima su questi fiorellini,
fatti di niente, fatti di brina,
e riguardando or questi e or quelli,
gode e non s’accorge che in un subito,
dileguano tutti come tante stelle. (V. De Simone)

La brina
Già la brina s’è levata,
la campagna ha ricamata.
Con le perle, col diamante
che scintilla al nuovo sole
ha adornato già le piante,
e sentieri, prode, aiuole.
E salta sopra il tetto
della mia modesta casa
ha disteso il suo merletto
lungo tutta la cimasa.
Come splende la mattina
al passare della brina! (R. Rebucci)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Dettati ortografici – INVERNO

Dettati ortografici – INVERNO – Una collezione di dettati ortografici di autori vari sull’inverno, per la scuola primaria.

Inverno
Partiti gli uccelli, il vento invase la montagna e le portò via tutti i colori e soffocò tutte le melodie del bosco. Tutto nero divenne il bosco e gli alberi, seri e imbronciati, scuotevano i rami disperatamente. Poi venne la neve e incappucciò di bianco le rocce, gli alberi, tutto. Sotto quel mantello bianco s’indovinava il fremere delle betulle giovani le quali si piegavano un poco sotto il gran peso, poi con sforzo disperato si risollevavano, e la neve: “Plaff!” cascava giù. Così di tratto in tratto le betulle che riuscivano a risollevarsi segnavano una riga nera su quel biancore infinito.
(P. Reynaudo)

Inverno
E’ la bianca, fredda stagione. La terra, coperta sovente dalla neve, riposa. Gli uomini stanno volentieri riparati nelle case, presso il fuoco. Chi può accende la stufa; nelle case i termosifoni mandano un calore uguale. Non tutti, però, hanno fuoco: i poveri, i senza tetto, soffrono di più. Eppure l’inverno ci vuole. I semi, gettati nel terreno, germoglieranno coi primi tepori, pronti a dar le pianticelle che ci forniscono il pane. La neve, l’amica dei bambini, che si distende sui campi, è una soffice coperta che li ripara, dà loro, lentamente, l’umidità necessaria. Per questo si dice “sotto la neve, pane”.

Inverno
L’inverno arrivò appoggiandosi al bastone. Dietro venivano le sue figliole: neve, pioggia e brina. La neve, al contrario delle sorelle, uggiose e malinconiche, era allegra e aveva voglia di giocare. “Non esagerate, vi prego!” disse l’inverno, rivolto alla pioggia e alla brina. “Non siate prepotenti e non pretendete di essere le padrone. Un po’ per uno non fa male a nessuno!”.

Inverno
I passeri si sono rifugiati sotto le tegole da dove viene il tepore del camino che fuma. Usciranno quando la fame li spingerà a cercare qualche semino che permetterà loro di campare alla meglio fino a primavera. Gli alberi sembrano giganti stecchiti, con le lunghe braccia scricchiolanti ad ogni soffio di vento. E il vento soffia forte, ululando per le strade.
Fa freddo, le erbe sono gelate, i campi hanno una crosta di terra indurita e sembrano morti, senza più un palpito di vita. Ma non sono morti. La vita è nascosta sotto terra e a primavera proromperà trionfante con tanti fiori, tante gemme, tante radici.

Inverno
Il vento soffia, ululando per le strade deserte. Le erbe sono gelate; una crosta di ghiaccio copre i campi che sembrano morti, senza più un palpito di vita. Ma la vita c’è. E’ nascosta sotto terra, e a primavera proromperà trionfante, con tanti fiori, con tante gemme, con tante radici.

Inverno
L’inverno avanza col suo carico di venti gelidi e rabbiosi, di neve candida e molle, di nuvole gonfie, cariche di pioggia. Il grosso ceppo, sul focolare delle case di campagna, scoppietta allegramente. Fuori, la neve ha fatto tutto bianco. Le strade sono deserte. La gente sta volentieri accanto al fuoco, o al riparo delle stelle tiepide, in attesa che il tempo diventi più mite.

Inverno
L’inverno è una stagione poco amica della povera gente. Le giornate sono brevi, le notti lunghe. Ognuno ha bisogno di fuoco e di indumenti di lana. Chi non può procurarsi queste cose vede, con tristezza, avvicinarsi l’inverno e sospira di desiderio, ricordando il tepore della primavera e il caldo sole dell’estate.

Inverno
E’ arrivato l’inverno col suo seguito di pioggia, di neve, di gelo. Nell’inverno, gli alberi sono spogli e tendono verso il cielo grigio le loro braccia stecchite. Nei prati l’erba è secca, accartocciata, bruciata dal gelo. Nei fossi e nelle fontane si forma uno strato di ghiaccio.

Inverno
I prati sono senza erba; c’è appena qualche cespuglio secco su cui si posano i passeri infreddoliti. La siepe è brulla e spinosa. Presto verrà la neve e coprirà tutto col suo bianco mantello. Ma sotto la neve non c’è freddo, e le piantine di grano, così riparate, metteranno le radici. A primavera il campo sarà tutto verde.

Inverno
Piove. Cade una pioggerella minuta e noiosa che scende sulla terra formando pozzanghere larghe e fangose. La gente cammina in fretta sotto gli ombrelli gocciolanti; tutti corrono per le loro faccende lesti lesti, e non vedono l’ora di rintanarsi a casa, al riparo.

Inverno
“E’ brutto l’inverno!”, borbottò un passero rabbrividendo di freddo. “I campi sono coperti di neve e non è possibile trovare un chicco tra tutta questa roba bianca.” “E’ brutto davvero”, rispose un altro arruffando le penne, “La notte non riesco a dormire per il gran freddo.” “Coraggio, fratellini!” esclamò un altro passerotto: “Anche il freddo finirà e verrà la primavera!”

Inverno
Io sono il freddo. Senza di me le pianticelle non diventerebbero forti, crescerebbero deboli e senza resistenza. E poi sarebbero divorate da tutti gli insetti, attaccate dalle malattie. Sono io che faccio morire i germi dannosi alle piante: sono io che freno la moltiplicazione degli insetti. Se un anno non venissi, te ne accorgeresti a primavera! Vedresti tutte le foglie delle piante attaccate dalla malattia e i raccolti sciupati da un numero sterminato di divoratori.
(P. Bargellini)

Inverno
E’ bene rilevare che l’Italia ha, rispetto ad altre terre europee, un clima prevalentemente mie, sia per la posizione intermedia tra Polo Nord ed Equatore, sia perchè il mare che la circonda tempera la calura estiva e il gelo invernale, sia infine perchè la catena alpina ripara la nostra penisola dai gelidi venti del nord.
Tutto questo, però, non impedisce che tra inverno ed estate vi sia una notevole differenza di clima. Non solo: anche nella stessa stagione vi sono discordanze tra le varie parti dell’Italia. Il settentrione, ad esempio, ha un clima prevalentemente continentale (cioè con notevoli differenze tra estate e inverno), il meridione ha invece clima mediterraneo (con piccole differenze).
Per questo abbiamo in inverno una temperatura minima di dieci gradi sotto zero a Torino e di un grado sotto zero a Palermo. Anche nella distribuzione della pioggia c’è differenza: al nord le stagioni più piovose sono la primavera e l’autunno, al sud è l’inverno: da ciò deriva la differenza di vegetazione da luogo a luogo.
Anche la neve si comporta in modo diverso da regione a regione: sono oltre i mille metri cade quasi ovunque.
(M. La Rocca e R. Tommaselli)

Inverno
Terso e lucente a volte come un cristallo, il cielo in inverno ferisce l’occhio per il suo splendore. Ma più spesso è grigio e scuro, e pare lontano, quando addirittura non si nasconde dietro un velo pesante di nebbia. Ma grigio e plumbeo o azzurro e terso il cielo assume sempre il colore e la trasparenza dell’occhio che lo guarda. Quando assume un colore grigio-biancastro, dopo qualche ora il cielo sembra quasi in attesa, si vedono scendere i fiocchi leggeri della neve.

Bosco d’inverno
Che dire del bosco d’inverno? L’occhio forse vi trova quadri diversi per una larga e cupa fronda d’abete ricurva sotto il fantastico cappuccio di neve, per i neri ricami dei ramoscelli cascanti dai larici, per la cima del pino che sporge appena dal bianco cumulo portato dal vento, ma l’orecchio nostro non ascolta che l’uguale profondo silenzio.
Pare che il gelo e il gran manto tengano immobile ogni ramo, ferma ogni fronda; e come se l’aria avesse perduto ogni sua arte, non sa cavare dal folto alcun suono, se non si gonfia in folate di vento, che fischiano aspre tra i tronchi.
(E. Mosna)

Inverno
L’inverno è arrivato. Le giornate serene si fanno sempre più rare, il cielo è grigio, il vento è freddo, spesso piove e il sole, quando riesce a farsi strada fra le nuvole, è appena tiepido. La natura si appresta al gran riposo. I campi sono brulli, le siepi spoglie, gli alberi stecchiti. Solo qualche sempreverde mette una macchia vivace in tanto squallore. Gli uccelli sono emigrati lontano, alcuni animali sono caduti in letargo. Si risveglieranno a primavera.

Inverno
L’inverno è arrivato. Gli alberi hanno perduto le foglie e, scheletriti e nudi, rabbrividiscono al vento che li scuote. Lucertole, bisce, insetti, sono tutti giù, sotto terra, a dormire. Si sveglieranno a primavera. Il cielo è spesso grigio. Cade la pioggia. Nei prati, l’erba è sparita. I passeri infreddoliti si posano sui cespugli secchi. La siepe è brulla e spinosa. Dove sono le violette della primavera? Presto, la neve coprirà tutto col suo bianco mantello.

Inverno
L’inverno è arrivato. Quasi sparito il verde, il cielo sempre o quasi sempre, almeno in Italia, nuvoloso, bigio, monotono. Le piante spoglie danno un senso di tristezza; non più il gorgheggio degli uccellini: solo i passeri, instancabili, sempre affamati, pigolano quasi a chiedere la carità di una briciola. Gli insetti, quasi tutti morti, o spariti sotto terra, non riempiono più l’aria col loro ronzio sonoro che era, pur esso, una voce della bella stagione.

Inverno
Il cielo è grigio, il vento ha strappato dagli alberi le ultime foglie. La nebbia vela i monti lontani. La siepe è spoglia, gli animali sono migrati, oppure sono caduti in letargo. Nel bosco, soltanto pochi uccellini cinguettano piano saltellando fra le foglie secche. Fra questi è il pettirosso che non lascia il luogo natio, ma resta fra noi ad aspettare la bella primavera.

Inverno
La campagna è brulla, le siepi sono rigide e spinose. Il cielo è tutto bigio e, tra le nuvole, il sole si è come sperduto. E’ inverno. I rettili dormono  profondamente nei crepacci o sotto i sassi. Dormono le lucertole verdi che non possono avere una vita attiva senza il tepore del sole; dormono ghiri, topi, marmotte. Non c’è più un fiore, solo qualche bacca rossa mette una nota vivace in tanto squallore.

Inverno
I venti soffiano gelati dalle cime nevose; dalle nubi cadono le piogge fredde e uggiose; le brine imbiancano i campi. Spento è il sorriso dei colli, i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo la chioma ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio. Le sponde dei laghi, le immense distese dei campi, gli ameni villaggi rientrano nella loro quiete, si rinchiudono nella loro semplicità.
(A. Stoppani)

Silenzio invernale
Tutto tace nella campagna. I ruscelli scorrono senza mormorio sotto il ghiaccio come sotto una volta di cristallo. I torrenti sono gelati e asciutti; le mandrie fumano sdraiate nelle tiepide stalle; i cani giacciono accovacciati in uno stato di dormiveglia. I gatti fanno le fusa accoccolati in un angolo del focolare; gli uccelli intonano sotto altri cieli le loro canzoni. Tutto tace.
(A. Stoppani)

Inverno
L’inverno è un periodo di attesa e di riposo per molte creature. Si arresta lo sviluppo della pianticella di frumento che sorrise al novembrino; si chiude in sé e quasi non respira l’albero che donò le sue foglie ai venti autunnali; le piante di fori che offrirono profumi e colori si riducono spesso a radici affondate nelle viscere del terreno. Molti animali si rifugiano nelle viscere della terra e dormono per lunghi mesi, e molti insetti sono vivi soltanto nelle piccole uova, che si schiuderanno a primavera.
Anche il riposo è una legge della natura: si risparmiano le forze per la nuova fioritura e per la nuova vita primaverile.
(G. G. Moroni)

Una giornata invernale
La strada era solitaria: le rive, le campagne si confondevano nude in tutta la squallidezza dell’inverno. La natura intirizzita, le piante aride e grame lasciavano cadere qualche ramoscello spezzato dal gelo e le ultime foglie già morte. Non un fiore, non un filo d’erba che spuntasse sotto la neve gelata, né un passero che saltellasse fra i rami avvizziti.
(G. Carcano)

Inverno
D’inverno pare che la vita, sia quella vegetale che quella animale, si arresti. In realtà subisce un notevole rallentamento. Gli uccelli migratori hanno abbandonato le zone fredde per andare a nidificare altrove, gli insetti sono morti, o sprofondati sotto terra a procedere nella loro metamorfosi; molti animali sono immersi in letargo, il profondissimo sonno durante il quale possono fare a meno perfino di nutrirsi. Anche la vegetazione osserva questo periodo di riposo: non germogli, non fiori, non foglie. Soltanto le radici, protette dal manto nevoso che spesso ricopre la terra e che le difende dal gelo, provvedono a moltiplicarsi e a rafforzarsi.

Inverno
L’inverno è brutto per i poveri. Quando è caldo, quando il sole rende tiepida l’aria, la vita è più facile. Ma, con il sopraggiungere dell’inverno, occorrono indumenti, occorre fuoco, occorre cibo più sostanzioso. E i poveri che non possono avere tutto questo, soffrono, e soffrono soprattutto i bambini, i vecchi, i malati. Non chiudere il tuo cuore. Tu, forse, hai tanto di superfluo: pensa a coloro che mancano anche del necessario.

Inverno
Ecco l’inverno: pioggia, brina, freddo, neve… una brutta stagione! E perchè brutta? Sarebbe lo stesso che chiamare brutto il sonno. Anche noi, quando dormiamo non vediamo, non sentiamo, non ci muoviamo… Ma intanto, il nostro corpo, nel sonno, riprende vigore, si riposa, si prepara alla fatica di un nuovo giorno. L’inverno è il sonno della terra e durante questo periodo la terra arresta la sua vegetazione per essere pronta al grande risveglio primaverile.
Ma non dorme tutta: radici, bulbi, semi, si danno da fare sotto la dura crosta che li difende dal gelo; gli alberi preparano i verdi germogli e non appena l’inverno ci avrà detto addio, ecco la natura risvegliarsi tutta nuova, tutta bella, tutta verde.

Inverno
Guardati intorno. Che cosa è cambiato? Il cielo non è più azzurro e sereno: grosse nuvole scure lo percorrono da un capo all’altro. Il sole non è più il caldo sole dell’estate. E’ velato e appena tiepido. Spira il vento gelido, la pioggia cade a bagnare la terra che diventa fangosa e piena di pozzanghere. E’ l’inverno che fa il suo ingresso, temuto soprattutto da coloro che mancano del necessario, che non hanno lavoro, che non hanno panni per rivestirsi, che non hanno fuoco né, talvolta, pane.

Inverno
I venti soffiano gelati dalle cime nevose delle Alpi; dalle nubi che coprono di un bigio uniforme il sereno del cielo ed accorciano un giorno già corto, cadono le piogge fredde e uggiose; le brine imbiancano i campi, presagi di più bianca canizie. Spento è il sorriso dei colli; i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo una chioma ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio.
(Antonio Stoppani)

Arriva l’inverno
D’improvviso il tempo s’è mutato. Il cielo è ancora chiuso e immobile com’è stato per tutti questi giorni tetri; vento non s’è levato che si senta, ma il selciato è asciutto e netto, e l’aria spazzata d’ogni umore, leggera e pungente. Aria che porta odore di freddo. Forse in montagna c’è già la neve.
Attraverso il Campo dei Carmini, mi trovo in mezzo a un lento mulinello di pezzetti di carta e di foglioline secche: strisciano sul suolo con un raschio sommesso e per un poco m’inseguono; poi si riadagiano giù. Appena un fiato di vento, raso terra. Ma su, sopra i tetti e le nuvole, altro vento deve passare, duro e silenzioso.
Ora vado lungo una lama di acqua ferma, lustra che raccoglie nel suo grigiore oleoso l’ultimo barlume del crepuscolo.
La sera s’è lasciata cadere pesantemente; si sono accesi i lampioni. Quello là in fondo piove una chiazza di luce cruda su un lembo di muro scrostato, rossastro; scivola per la gelida spalletta di marmo di un ponte, e va a finire dentro il rio, calando a fondo e risalendo a galla in sonnolento altalenio. Sopra non v’è più nulla: i cornicioni delle case si confondono col cielo: tutto nero.
(D. Valeri)

Inverno
L’inverno comincia il 21 dicembre e termina il 20 marzo. Le giornate sono le più corte dell’anno. Il sole sorge tardi e tramonta presto. Fa molto freddo, l’acqua delle fontane gela, i prati, al mattino, sono bianchi di brina; è necessario riscaldare le nostre case e coprirci con pesanti abiti di lana.
Spesso cade la neve, che ammanta ogni cosa di bianco; i passerotti cercano il cibo sui davanzali delle finestre.
Il bosco non è smagliante di colori come in autunno, ma è ugualmente pittoresco: si cammina sopra un soffice tappeto di foglie secche, oppure sulla neve. Gli alberi intrecciano i loro rami nudi contro il cielo che, a volte, è di un azzurro purissimo. Si va nel bosco a raccogliere foglie, rami secchi e fascine di sarmenti, mentre nei campi i contadini potano le viti o gli alberi da frutta.
Ma buona parte del lavoro invernale dei contadini si svolge al chiuso, nelle stalle, nei magazzini, nelle cantine e nei granai: si travasa il vino e si purifica l’olio; si controlla la conservazione del granoturco e del frumento; si riparano le macchine e gli attrezzi da lavoro.
La vita per gli animali diventa difficile: alcuni si sottraggono ai rigori invernali cadendo in letargo, immergendosi, cioè, in un sonno profondo per tutta la durata della stagione e nutrendosi del grasso del loro organismo, accumulato nei mesi precedenti. Altri devono affannarsi nella ricerca del cibo: la loro pelliccia si fa più folta, così sono protetti dal freddo. Gli animali più fortunati sono gli animali domestici, che se ne stanno al calduccio nelle nostre casa.
Anche l’inverno, però, ha i suoi meriti e i suoi aspetti favorevoli. In questa stagione godiamo maggiormente la famiglia e la casa; le feste invernali, come il Natale, sono tra le più belle dell’anno ed i ragazzi hanno modo di divertirsi con i giocattoli portati in dono da Santa Lucia, da Babbo Natale e della Befana.
La nostra mensa è arricchita dalla frutta autunnale, nè mancano i frutti freschi, dolcissimi, cioè l’arancia e il mandarino.

Fiori d’inverno
Anche l’inverno ha i suoi fiori: il bucaneve, la rosa di Natale e la pratolina; fiori semplici che ci fanno pensare alla meravigliosa fioritura della primavera vicina.

Inverno
L’inverno si avvicina. L’autunno dai tramonti colorati, dalle foglie dapprima rosseggianti, poi gialle, poi secche, se ne va. Gli alberi nudi aspettano il mantello bianco della neve. Dagli alti pascoli le greggi tornano al piano guidate dai fidi cani e dai pastori pazienti. Le pecorelle vanno e vanno, le une dietro le altre, e un tremulo tintinnio di campanelli le accompagna. Le giornate si fanno sempre più brevi e le notti si allungano. Nell’aria non passano ali di rondini; se ne sono andate via, laggiù, nelle terre africane, dove il sole è caldo, per tornare a primavera, quando i prati saranno verdi e il cielo turchino. Solo i passerini sono qui: essi non temono il freddo, non temono la neve, anche se in mezzo al candore il loro cuoricino si fa inquieto per il cibo. Le mamme hanno già tirato fuori dai bauli e dagli armadi gli indumenti invernali che dormivano nel profumo della canfora e della naftalina; li hanno già preparati, perchè i primi freddi sono insidiosi e conviene coprirsi subito. Ben coperti, i bambini possono continuare i loro giochi all’aperto, fino a quando le arrossate manine non li consiglieranno a cercare rifugio nella casetta tiepida e accogliente. (Cardini Marini)

Giunge l’inverno

I venti soffiano gelati dalle cime nevose delle Alpi; dalle nubi, che coprono di grigio uniforme il sereno cielo ed accorciano un giorno già corto, cadono le piogge fredde ed uggiose; le brine imbiancano i campi, presagi di più bianca canizie. Spento è il sorriso dei colli; i giardini sono spogli di fiori; le piante vanno perdendo una chioma già ingiallita e rada. Lo squallore di tutta la campagna rende meno doloroso l’addio alla stagione che muore. Le sponde dei laghi, le immense distese dei campi, gli ameni villaggi, dove poco prima risuonavano i gridi di allegre brigate, rientrano nella loro quiete, si rannicchiano nella loro semplicità. (A. Stoppani)

L’inverno

L’inverno è un periodo di attesa e di riposo per molte creature. S’arresta lo sviluppo della pianticella di frumento che sorrise al novembrino; si chiude in sè e quasi non respira l’albero che donò le sue foglie ai venti autunnali; le piante di fiori che offrirono profumi e colori si riducono spesso a radici affondate nel terreno. Molti animali si rifugiano nelle viscere della terra e dormono per lunghi mesi e molti insetti sono vivi soltanto nelle piccole uova, che si schiuderanno a primavera. Piante ed animali sanno che bisogna risparmiare le forze per la nuova fioritura e per la nuova vita primaverile.

Sole d’inverno

Oh sole d’oro, quanto ti amo! Sei bello nell’estate, quando risplendi di luce vivissima, ma d’inverno tu sei più caro! Entri nelle fredde stanze, nelle scuole, nelle umide capanne, negli ospedali, e porti un raggio di luce e di allegria ai vecchi e ai bambini, ai poveri e agli ammalati! Come sei buono, sole! Quando sorgi, la terra sorride, i fiori sbocciano, gli uccelli cantano, gli uomini ti benedicono. (A. Cuman Pertile)

Durante l’inverno il sole, sia pure con volto pallido, si affaccia tra le coltri delle nubi, noi ne salutiamo la venuta come un sorriso e come un augurio. Quando arriva il sole, il tepore della casa si fa più caldo e più vivo, le ore si fanno più brevi e leggere, e, forse, i pensieri diventano più sereni.

Gli alberi in inverno

In questa stagione molti alberi protendono nel cielo i rami nudi e il mattino li ritrovi coperti di brina. Nella nebbia i tronchi spogli sono simili a fantasmi. Ma vi sono anche le piante che mantengono le foglie e queste conservano il loro colore. Sembra quasi che non avvertano il freddo. Tuttavia, se ti avvicini, vedi le foglie tremare. (G.G. M.)

Gli insetti in inverno

Ora, d’inverno, gli  insetti allo stato perfetto mancano; la maggior parte di essi è morta dopo aver deposto le uova, e i rari superstiti sono rannicchiati, al riparo dal freddo, in nascondigli dove sarebbe molto difficile poterli trovare. D’altra parte, le larve, la speranza delle future generazioni, sono intorpidite, lontane dagli sguardi, sotto terra, nel tronco dei vecchi alberi, in fondo a rifugi inaccessibili; il verme bianco, per fuggire ai geli, è disceso nel suolo a parecchi metri di profondità. Non più maggiolini per l’orecchione, non più farfalle crepuscolari per la nottola e il pipistrello, non più scarabei per il riccio. Che cosa sarà di loro? (H. Fabre)

Aspetti della stagione invernale

La natura riposa: animali e vegetali riducono il loro lavoro al minimo necessario; il rigore dell’inverno li rende inoperosi. Ecco infatti alcuni animali cadere in un lungo sonno e così lasciar trascorrere i mesi più rigidi. I graziosi abitatori del bosco dormono, dorme il riccio nella tana ben chiusa, coperta di foglie e di frasche, scavata ai piedi dei grandi alberi; dorme il ghiro, dopo aver ben provveduto a riempire la sua tana di noci, di nocciole, di castagne; dorme lo scoiattolo spesso rintanato nel cavo di un castagno…
Vicino ai muri dormono pipistrelli e chiocciole. Non si nutrono, respirano appena appena e non si muovono per serbare il calore al loro corpo.
Negli orti,  nei giardini, nei prati, nei boschi… sembra che tutto abbia cessato di vivere. La terra è fredda, poichè il sole non può giungere con la sua energia a riscaldarla sufficientemente e, mancando la luce, manca la vita.
Non vi sono insetti che ronzano per l’aria: scomparse farfalle, api, calabroni, vespe. Negli orti le verdure resistenti al freddo sono ricoperte di paglia: verze, sedano, insalata. Nei giardini nessun fiore, alberi spogli, legnosi, sembrano in attesa di una scure che, da un momento all’altro, venga a tagliarli.
Prati ed erbe appassite dal gelo, luccicanti di brina non temono di essere calpestati; vi sono però anche campi con pianticelle verdi: sono le pianticelle di frumento, piccole piccole; ma da quell’apparente riposo assoluto sorgerà un giorno rigogliosa e preziosa una nuova vita. La terra appunto riposa per accumulare il nutrimento necessario alla vegetazione primaverile.

Mezzi di riscaldamento

In alcune località di montagna si usa tuttora ritrovarsi, alla sera, nelle stalle intiepidite dal fiato dei bovini; in altre ci si raccoglie attorno a grandi camini in cui arde un bel ceppo. Ma ben altri mezzi più perfezionati hanno sostituito il focolare: stufe a legna, a gas, a carbone, a petrolio, termosifoni,…
I mezzi di riscaldamento hanno una lunga storia che si accompagna con la vita dell’uomo.
Gli uomini primitivi si difesero dal rigido freddo invernale accendendo il fuoco in mezzo alla caverna.
Poi gli uomini, quando si costruirono la casa con le pietre, si scaldarono al fuoco del caminetto, che è formato di un piano di pietra, su cui si mette a bruciare la legna, della cappa e del fumaiolo per far uscire il fumo e le faville.
Più avanti essi impararono a bruciare la legna ed il carbone nelle stufe di pietra; poi si riscaldarono anche con stufe a gas o elettriche. Il sistema più moderno di riscaldamento per i grandi caseggiati è quello a termosifone: in ogni stanza, attraverso lunghi tubi, arriva l’acqua riscaldata in una grande caldaia che può funzionare a carbone, a nafta o a metano.

La frutta dell’inverno

Nei frutteti, sulle colline, nei boschi le piante riposano. Hanno lavorato tanto e ci hanno preparato dolci frutti anche per l’inverno. Guardate le ceste dei fruttivendoli: brillano dei colori dei frutti colti in autunno.
Nelle case dei contadini le stanze sono odorose di mele e di pere che maturano e d’uva appassita; noci, nocciole, mandorle e castagne stanno ammucchiate negli angoli o distese sui graticci; arance e mandarini splendono come lampioncini; le pallide ghirlande di agli, i mazzi ramati delle cipolle, le collane di peperoni, le patate ancora un poco vestite di terra ricordano, in silenzio, i giorni dell’estate e gli ultimi raccolti d’autunno col sole impallidito e le prime nebbie.

Un dono dell’inverno: l’arancia

L’arancia è un frutto profumato, che appartiene, col mandarino e col limone, alla famiglia degli agrumi. La buccia è arancione, porosa, con uno spessore vario. La polpa, composta di spicchi, contiene un succo agrodolce e i semi. Gli aranci crescono dove l’inverno è mite; quando l’albero è in fiore è tutto una corolla rosata e leggera; al cadere dei petali maturano le arance. Prima di darci il suo dono gradito la pianta deve diventare robusta: dopo 10, 15 anni di vita produce un gran numero di frutti.
In Sicilia vi è una grande insenatura detta Conca d’Oro, perchè ricoperta, dai monti al mare, dagli aranceti.

L’arancio

E’ originario della Cina meridionale; era sconosciuto ai Greci ed ai Romani e pare sia stato introdotto in Europa dagli Arabi.
Le foglie, coriacee, lanceolate, con il margine liscio, sono di un bel verde lucente. I fiori, bianchissimi, nascono all’ascella delle foglie e mandano un profumo delizioso. L’albero raggiunge al più l’altezza dei sei metri; viene coltivato nei prati, in lunghe file regolari.
Dove il clima e il suolo gli si confanno particolarmente, un arancio che occupi lo spazio di circa tre metri e mezzo di diametro produrrà da tre a quattromila arance l’anno.
L’albero vive e fruttifica per circa cento anni e le piante vecchie danno frutti migliori di quelle più giovani.

Gli agrumi

Un tempo si chiamavano agrumi gli ortaggi di sapore agro, come le cipolle, l’aglio, ecc… Oggi si indicano con questo nome l’arancio, il limone, il cedro, il mandarino, il pompelmo, il bergamotto, il chinotto, i cui frutti contengono un succo acido che spesso ha una notevole percentuale di zuccheri.
Gli agrumi sono piante generalmente belle, ma la loro grande importanza è dovuta alla bontà dei frutti, squisiti e utilissimi al nostro organismo. La ricchezza di vitamine, zuccheri e sali in essi contenuti li rende molto preziosi per la nostra salute.
Si pensi che basta il succo di pochi limoni per vincere la terribile malattia dello scorbuto, che attacca l’organismo umano quando non si alimenta di verdure e cibi freschi. Il succo dell’arancia arricchisce il sangue di globuli rossi.
Altri agrumi, i cedri e i chinotti, vengono usati in pasticceria per confezionare canditi (ottenuti facendo cuocere la buccia del frutto in uno sciroppo).
Infine, da quasi tutte le specie si ricavano le essenze, liquidi che evaporano con estrema facilità e che sono fortemente odorosi. Queste essenze si trovano in quasi tutte le parti della pianta; esse sono contenute in piccole vescichette distribuite nello spessore delle bucce dei frutti, delle foglie e dei fiori. Osserviamo, ad esempio, controluce una foglia di arancio: la vediamo cosparsa di punti chiari; sono appunto le vescichette ripiene di un liquido profumatissimo che schizza fuori se stropicciamo con le dita la foglia.

Gli agrumi

L’arancia, il mandarino e il limone sono frutti invernali che maturano presso le trepide rive del mare, specialmente in Sicilia ed in Calabria.
Si chiamano agrumi per il loro sapore agrodolce; sono frutti nutrienti e digestivi, ottimi per preparare gustose bibite dissetanti. Esistono due tipi di arance, quelle dolci e quelle amare.
Tutti conoscono le arance dolci. Ne abbiamo di numerose varietà, da quella a buccia giallo chiara e polpa aspretta, chiamata “portogallo”, a quella a buccia sottile e polpa rossa, più dolce, detta “sanguigna”.
Le arance amare assomigliano solo esternamente a quelle dolci, ma non si mangiano. Con la loro scorza si fanno canditi per i pasticceri, il sugo serve a preparare sciroppi e liquori amari.
Il mandarino è un frutto più piccolo dell’arancia, ma ha un sapore più dolce, intensamente profumato. I bimbi ne sono molto ghiotti; del resto si sbuccia con tanta facilità!
Il limone è ormai diventato indispensabile in ogni cucina, per preparare dolci e vivande. Il suo succo agro è un buon disinfettante dell’intestino.

Gli agrumi

L’arancia, il mandarino e il limone sono frutti invernali che maturano nei paesi caldi. Le loro parti sono: il picciuolo, la buccia ruvida e profumata, la polpa sugosa divisa in tanti spicchi e i semi. La buccia dell’arancia e del mandarino è arancione; quella del limone è gialla – verdognola. Il mandarino è dolce; l’arancia è agrodolce; il limone è agro. Per il loro sapore questi frutti si chiamano agrumi. L’arancia e il mandarino sono frutti nutrienti e digestivi; il limone è disinfettante dell’intestino. Tutti servono per preparare bibite.

Le piante invernali che usiamo per ornare le nostre case

Agrifoglio. E’ un alberetto sempreverde dei boschi di querce e castagni, con foglie coriacee lucide e con drupe rosse. Parecchie piante legnose sono armate di spine finchè sono basse e quindi esposte al dente dei ruminanti; quando sono cresciute, i loro rami alti, fuori della portata di questi animali, non sviluppano più spine. Così si comporta anche l’agrifoglio.
Vischio. E’ una pianta parassita di meli, peri, mandorli, pioppi, querce ed aceri. Le foglie sono verdi, persistenti, coriacee, ovali; i fiori sono poco vistosi e biancastri alla biforcazione dei rami. Il frutto è una bacca perlacea che contiene un sugo vischioso e velenoso, usato per prendere gli uccelli al paretaio.
Muschio. E’ composto di piccolissime pianticelle che vivono in formazioni vastissime, coprendo intere regioni (ad esempio la tundra). Da noi sono frequenti nei luoghi umidi, sulle pietre e anche sulle scorze dei tronchi; formano, a volte, nei prati montani, fitti ed estesi tappeti.
Edera. E’ una pianta rampicante che si abbarbica su per alberi e muri per mezzo di numerosissime piccole radici aeree che escono dal fusto e dai rami. Le foglie sono lucenti. E’ ornamento dei muri come delle rupi. Ha fiori giallastri e bacche nerissime.

Le foglie delle piante sempreverdi

Le foglie delle piante sempreverdi non cadono mai? Cadono anch’esse; sul terreno della pineta potremo infatti osservare uno spesso strato di aghetti morti, cioè di foglie cadute dagli alberi. Ma le foglie delle sempreverdi rimangono sulla pianta per due o tre anni; ad ogni primavera, mentre spuntano le nuove foglioline color verde chiaro, cadono quelle più vecchie, nate due o tre anni prima; sulla pianta rimangono ancora quelle nate nell’anno precedente; avviene così che le sempreverdi mostrano continuamente le loro chiome munite di foglie.
Ecco il nome delle principali piante sempreverdi: pino, cipresso, magnolia, olivo, rosmarino, cembro, ginepro, mirto, oleandro, quercia da sughero, abete bianco, alloro, edera, arancio e tutti gli altri agrumi, palma da datteri.

Pini ed abeti

Si assomigliano. Danno un frutto di ugual nome: le pigne.
Il loro tronco secerne una speciale resina profumata che fa distinguere il legno di questi alberi da tutti gli altri per l’odore caratteristico che da essi emana. Sono dei sempreverdi, cioè delle piante che, perdendo le foglie poco per volta ed essendo subito rimpiazzate da nuove foglioline, mantengono un aspetto sempre verde. Anche le foglie appena spuntate sono ben resistenti al freddo essendo acuminate e spesse da sembrare aghi. Vi sono boschi interi di pini e di abeti; abetaie e pinete che, in montagna, col loro verde interrompono il grigiore monotono del paesaggio invernale.

Brutta stagione, l’inverno?
Non dire: “Che brutta stagione! Se non venisse mai!”
Anche questa che tu chiami ‘brutta stagione’ è necessaria.
Il seme, che è nella terra, ha bisogno di umidità per germogliare; l’albero che sembra rinsecchito ha bisogno del riposo invernale per rinnovarsi; i fiumi, che scorrono portando ovunque il beneficio delle loro acque abbondanti, hanno bisogno che le nevi si ammassino sui ghiacciai dai quali nascono, altrimenti inaridirebbero col giungere dell’estate.
Anche questa stagione, quindi, coi suoi venti gelidi, le sue nebbie, la pioggia, la neve, ci porta benefici non indifferenti.
(L. Colombo)

Inverno pittore
E’ straordinario pensare a quale varietà di colori ben distinti possa offrirci l’inverno, e ciò usando si tante poche tinte, se così vogliamo chiamarle. La limpidezza e la purezza particolarissima dei colori rappresentano probabilmente il fascino maggiore di una passeggiata invernale.
C’è il rosso del cielo al tramonto, e della neve di sera, e dei lembi di arcobaleno durante il giorno, e delle nuvole basse.
C’è l’azzurro del cielo, e dei riflessi dell’acqua, e del ghiaccio e delle ombre sulla neve.
C’è il giallo del sole e del cielo crepuscolare al mattino e alla sera, e del carice (o color paglierino, che diviene brillante se, a sera, viene illuminato sull’orlo del ghiaccio) e tutti e tre nei cristalli di brina.
E poi, per i colori secondari, ecco il porpora della neve in mucchi e sulle cime delle colline, sui monti, dalle nuvole serotine.
Il verde dei sempreverdi, del cielo e del ghiaccio e delle acque quando scende la sera.
L’arancione del cielo di sera.
(H. D. Thoreau)

Elogio dell’inverno
Nell’inverno tutto è vivo e vitale. La grande morte della creatura che ebbe la sua giovinezza in aprile è ormai avvenuta con l’ultima foglia volata via.
Quello che è rimasto sulla terra a me pare l’impalcatura salda e precisa di un lavoro che si inaugura, il severo cominciamento di un’esistenza che si aprirà all’amore in primavera, darà frutti nell’estate e si estinguerà nell’autunno.
Conviene guardare quel suo apparente squallore come si guarda il disegno di una grande fabbrica che profila le sue alte moli e nasconde il suo fervente lavoro dietro gli sterili steccati. Le sue lunghe piogge sono fresco sangue per la creatura nuova, la sua neve un caldo tessuto, e il fradicio impasto di melme e di foglie morte un vitale nutrimento.
(C. Tumiati)

L’assolata ora pomeridiana
Nell’assolata ora pomeridiana il paese, benchè fossimo in inverno, mi si presentò sonnolento e torpido come in una giornata d’agosto. Bianco e deserto, usci chiusi, mazzi di fichi d’India e grappoli d’uva alle finestre, silenzio. Aspetti e atmosfera comuni, del resto, a tutti i paesi seminati nella pianura leccese, arieggianti nell’architettura, se d’architettura poteva parlarsi, temi moreschi di cupole e scalette esterne; chiusi nelle intricate prospettive delle case bianche di calce e abbacinate in quella bianchezza.
Intorno a una fontanella un gruppo di donne con pezzuole nere sul capo aspettava indolentemente di riempire i grossi orci che rappresentavano la provvista d’acqua della giornata. Cinque o sei ragazzetti giocavano a piastrelle senza rumore. Qualche moscone solitario ronzava nel sole.
(C. Montella)

Sole invernale
Il gelo risuonava. Nella nebbia gelata, senza un nesso apparente, apparivano suoni e forme spezzate, si fermavano immobili, si muovevano, scomparivano. Non brillava il sole a cui si è abituati sulla terra, ma un altro sole, come artificiale, librato sul bosco come un globo scarlatto, da cui si spandevano lenti  e faticosi, come in un sogno o in una fiaba, raggi di luce rossastra, color rame, che nel loro tragitto si rapprendevano nell’aria, e aderivano gelati agli alberi.
(B. Pasternak)

Valanga
I ventotto uomini della corvèe sono giunti alla base del canalone. Cominciano a risalirlo a zig-zag, si arrestano, avanzano un passo, affondano fino al collo. Si arrestano di nuovo e guardano su.
E’ la morte che vedono?
L’hanno veduta. Hanno sentito con un brivido la sua gelida vicinanza, ma solo per una frazione di secondo… Poi non sanno più niente… perchè il mondo precipita… precipita in frantumi bianchi, si avventa con la furia di un uragano giù per il canalone… addosso a quegli uomini che guardano in su e che spalancano la bocca in un ultimo grido… e li divora… Spazza via quei poveri diavoli, scaraventa le loro misere ossa nell’abisso, donde non si può risalire.
La valanga deve essersi staccata molto in alto; la massa candida, come un’onda poderosa di risacca, rotolò giù turbinando dentro al canalone e lo percorse ululando e fracassando.
Quando il turbinio fu cessato, di quei ventotto uomini, che poco prima stavano uno sopra l’altro come dei pioli di una scala, non rimaneva più nulla, neppure un fagotto disperso…
(L. Trenker)

Tormenta
Voi conoscete la montagna d’estate quando è piena di vita e di poesia. Ma bisognerebbe che vi saliste d’inverno, quando la neve raggiunge l’altezza dei pali telegrafici o persino quella del tetto, e la temperatura discende a quindici-venti gradi sotto zero, e infuria la tormenta.
Formidabili muggiti seguiti da impressionanti silenzi istantanei, ed urli inesprimibili, fischi lunghi e laceranti si fanno allora sentire attraverso le doppie e ben connesse finestre dell’Ospizio; la stufa e tutti gli oggetti che si trovano nella mia camera vengono agitati come sul mare in burrasca, mentre al di fuori milioni di aghi invisibili, acutissimi, duri come l’acciaio, con forza inaudita vengono sferzati contro la faccia di chi sale. A poco giovano il passamontagna e i grandi occhiali neri protettori: a poco vestiti e guanti. I mille e mille aghi si insinuano attraverso gli interstizi, penetrano fino alla pelle, la punzecchiano in modo doloroso, si fondono, inzuppano le vesti e sotto l’azione di quel freddo polare gelano di nuovo al primo istante concesso al riposo, rendendo impacciati e talvolta dolorosi i movimenti. Gli occhi battuti, malgrado gli occhiali, non possono rimanere aperti. Non è possibile tener sollevata la testa per non rimaner soffocati  dalla massa d’aria e di neve che il vento inietta negli organi respiratori. Gli orecchi ronzano per l’assordante infernale rumore della tempesta, e la mente si ottenebra. Si perde il senso della direzione, la capacità di pensare, e spinti solo da una forza che trae le sue origini dall’istinto di conservazione, si cammina, si cammina sempre, senza curarsi del dove si vada, senza sapere se si procede verso la meta.
(P. Chanoux)

Esercizi di vocabolario per l’inverno
– Inverno: invernale, invernata, svernare.
– L’inverno può essere: rigido, gelato, inclemente, freddo, ventoso, tempestoso, nevoso, crudo, lungo, mite, ecc.
– Freddo: freddino, freddone, frigido, freddoloso, freddare, freddezza, infreddolire, raffreddore, raffreddarsi, frigorifero.
– Neve, brina, ghiaccio, gelo, ghiaccioli, gelata, vento, tempesta, bufera, nevicare, ghiacciare, agghiacciante, gelare, gelato, brinare, sbrinare, surgelati.
– Classificare dal più freddo al meno freddo e aggiungere a ciascuna parola un nome adatto: tiepido, freddo, gelato, rigido, ghiacciato, intirizzito.

Ricerche e relazioni per l’inverno
– Raccogliere brani, poesie, illustrazioni che riguardano l’inverno e il freddo, da applicare ad un cartellone “Calendario murale” e che serviranno, in seguito, per la compilazione delle schede o di un libro fatto da sé.
– Osservare il cielo invernale nei vari momenti della giornata e farne la descrizione.
– Osservare come si presenta una giornata d’inverno quando c’è sole, quando piove, quando nevica.
– In occasione di una nevicata, osservare accuratamente il paesaggio, i tetti delle case, gli alberi, i cespugli, i campi, le strade.
– Compilare un calendario meteorologico.
– Gli sport invernali: se nel luogo ci sono manifestazioni sportive, sia pure modeste, farne una relazione.
– I mezzi di trasporto sulla neve.
– La vegetazione d’inverno. Effetti della neve e della brina sulla campagna.
– I sempreverdi: loro aspetto d’inverno.
– Gli alberi d’inverno. Osservazione accurata dei vari tipi di alberi.
– I cespugli e le siepi d’inverno.
– Gli uccelli migratori e quelli rimasti nella località.
– Gli animali delle regioni nordiche.
– Gli insetti: larve e crisalidi.
– Gli animali che cadono in letargo.
– Esperimenti sui fenomeni fisici a cui è sottoposta l’acqua durante il freddo intenso.

I doni dell’inverno
Il pastore passava le giornate nella capanna; si sentiva tranquillo e pregava che l’inverno non diventasse molto rigido, che molti capretti venissero alla luce, che molto latte gonfiasse le mammelle delle capre.
Lo scrosciare del bosco contorto dal vento gli diceva che l’inverno era lungo e rigido: ma per la sua antica esperienza sapeva che il vento, la pioggia, la nebbia e la neve erano necessarie perché la terra s’impregnasse di umido, gli alberi si spogliassero delle foglie inutili, le sorgenti rigurgitassero di acqua, e ogni cosa infine ricevesse dall’inverno i germi fecondi della primavera.
Quindi non di lamentava mai: anzi, il tepore dei grossi tronchi accessi nella capanna lo avvolgeva spesso di sogni e dalla tristezza dell’inverno la sua vecchia esperienza presentiva il rigoglio della primavera.
(G. Deledda)

L’odore dell’inverno
Il tempo dapprincipio fu bello, calmo. Schiamazzavano i tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo faceva un brusio, come se soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e il colpo che le fu sparato risuonò nell’aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece buio e soffiò da oriente un vento freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono degli aghetti di ghiaccio. Il bosco divenne squallido, solitario.
Si sentì l’odore dell’inverno.
(A. Cechov)

Quadretto invernale
I venditori di caldarroste stavano agli angoli delle strade. Dietro i vetri appannati delle osterie c’erano uomini seduti ai tavoli, con le carte in mano e il litro davanti. Le donne, curve dal freddo, negli scialli striminziti, le mani sotto i grembiuli, traversavano le strade.
Alla fontanella di piazza Santa Croce l’acqua era gelata nella grande conchiglia di marmo ce la riceveva.
I vetturini si riscaldavano incrociando le mani sotto le ascelle. Sulla via Pietrapiana, di animava, con le luci dei negozi, il traffico della sera; davanti al venditore di castagnaccio c’era sempre ressa di avventori.
(V: Pratolini)

Inverno in montagna
L’inverno anticipò la sua venuta. La valle era tutta bianca, gli abeti verdi, quasi neri, reggevano pesi enormi di neve. La cascata accanto alla casa era ghiaccio vivo: solo un filo d’acqua cristallino scorreva liscio, oleoso sotto la crosta, lo si vedeva, alla trasparenza del ghiaccio, aprirvi delle larghe bolle d’aria biancastra. Che silenzio intorno! Il villaggio dormiva accovacciato. La mattina all’Ave Maria e la sera all’Angelus qualche ombra nera passava silenziosa sulla neve dura, con una lucerna in mano, e filava dritta alla chiesa, poi per tutta la giornata non andava intorno anima viva.
(G. Giacosa)

Mattino grigio
Mattino grigio d’inverno. Silenzio di tutte le cose. Nevica sui monti erti, sui pascoli inclinati, sui prati concavi e piani. Se, rovesciando il capo all’indietro, guardo all’indietro,  guardo all’insù, vedo l’universo intero vacillare, sfaldarsi in bioccoli e in polvere, scendermi, roteando, fin negli occhi, fin entro la bocca.
Infinito sfarfallio nell’aria. Fruscio di rami che si scrollano… Tonfo della neve che sul colpo cade… Nuovo, più profondo e misterioso silenzio… Il tempo stagna come un’acqua che il ghiaccio prenda… Forse il mondo non esiste più…
(G. Zoppi)

Dettati ortografici – Inverno – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Poesie e filastrocche sulla neve

Poesie e filastrocche sulla neve – una raccolta di poesie e filastrocche sulla neve, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

La neve
Neve bella,
fatta a stella,
bianca neve,
lieve lieve
vienmi in mano,
piano piano
Sei per poco
dolce gioco,
dolce gioco
in mille fiocchi
che mi frullan
sotto gli occhi. (Ada Negri)

Scenetta bianca
Da un bel boschetto a far la serenata
la luna tutta bianca s’è affacciata:
sono i monti, le valli, le colline
tutti sparsi di pecore piccine.
La luna ride un poco: un faggio stanco
dorme sognando un gran cappuccio bianco.
Sola sul monte una chiesetta in pace
con la pupilla d’oro guarda e tace. (Luisa Nason)

Nevica
Sopra i tetti, sulle strade
piano piano, lieve lieve
cade giù la bianca neve.
Danza, scherza, su nell’aria,
si rincorre, si riprende
e poi lenta lenta scende.
Come candida farfalla
che è già stanca del suo volo
si riposa sopra il suolo
ed in breve lo ricopre
d’un uguale bianco manto:
sembra tutto un dolce incanto. (P. Guarnieri)

C’è una bimba
C’è una bimba che spazza davanti alla sua porta!
La bimba è piccola e la granata è corta;
la neve è tanta tanta che copre la città:
a spazzarla via tutta chi mai ci arriverà?
Ci arriveremo tutti, se ognuno spazza un po’…
la bimba è piccolina, ma fa quello che può. (L. Schwarz)

Il gelo
Dormiva la vallata nella notte serena:
s’affacciò il gelo e disse: “Bene, mi sento in vena!
Quest’è un’ora tranquilla, nessuno sta a vedere
e si lavora in pace. Mi fa proprio piacere.
Io non somiglio punto a quei furioni
miei parenti, la grandine, il vento, gli acquazzoni.
Quanto fracasso fanno! Par che ci sian che loro
e sciupano ogni cosa. Io sto zitto e lavoro.”
Così borbotta il gelo, ride la luna piena
mentr’ei va silenzioso per la notte serena. (Camilla Del Soldato)

Neve
Cade la neve a falde larghe e piane,
da ore e ore, senza mutamento.
Non una voce; non un fil di vento;
non echi alle casupole lontane.
Nei boschi e nelle immense Alpi lontane
ogni soffio di vita sembra spento.
Sotto quel bianco ammanto è un sognar lento
di piante, d’erbe e di speranze umane. (Ada Negri)

Paese nuovo
Il bimbo guarda alla finestra i fiocchi
taciti, ch’empion turbinando l’aria;
guarda la strada bianca e solitaria,
che non ha che un ombrello e due marmocchi.
E guarda la casina dirimpetto,
ch’è agghiacciata dal vento e dalla bruma.
ma che pur nel silenzio algido fuma
con la pipa del suo comignoletto.
Sorride il bimbo nel suo caldo covo,
ed è stupito perché i fiocchi, a un tratto,
d’un paesello nero e vecchio han fatto
un paesello tutto bianco e nuovo. (Marino Moretti)

La neve e la culla
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,
la vecchia canta: “Intorno al tuo lettino
c’è rose e giglio, tutto un bel giardino:”
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta… (G. Pascoli)

Nevicata
C’è la mostra del bianco. Ecco, ogni cosa
lentamente si veste di candore.
Lieve cade la neve senza posa…
Quanto biancore!
Son di bambagia i tetti diventati,
di lattemiele sembrano i camini;
le gronde e i cornicioni sono ornati
di trine fini.
Tra le farfalle bianche della neve
spaurito vola, nero, un uccellino.
Nell’aria si disperde il fumo lieve
d’alto camino.
All’improvviso appare un po’ di rosa,
lassù, nel cielo, fra la neve bianca;
ma vince ancor la neve silenziosa,
e il rosa imbianca. (A. Castoldi)

Fiocchetti bianchi
Candida, lieve,
morbida, fina,
questa mattina
scende la neve.
I fiocchi bianchi
mi sembran ali:
sui davanzali
si posan stanchi.
Dal grigio cielo,
su prati e fonti,
su chiese e ponti,
stendono un velo.
Vestono i rami
d’alberi spogli;
i sassi grami
sembrano scogli.
In girotondo
copron la siepe;
adesso il mondo
pare un presepe. (C. Ronchi)

Nevicata
Nevica; l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi: un balbettio di pianto;
passa una madre: passa una preghiera. (G. Pascoli)

Canzoncina della neve
Dal cielo tutti gli angeli
videro i campi brulli
senza fronde né fiori,
e lessero nel cuore dei fanciulli
che amano le cose bianche.
Scossero le ali stanche
di volare.
E allora scese
lieve lieve
la fiorita di neve. (O. Visentini)

La neve
Ieri sull’alto colle,
oggi nel piano arato,
la neve è sulle zolle,
e copre il seminato.
“Buon raccolto di grano!”
fa il provvido bifolco;
ma un passerotto invano
cerca l’amico solco.
E saltella leggero,
e pare quasi stanco,
piccolo punto nero
sopra l’immenso bianco. (Rubber)

La neve
Danzi nel cielo, candida e lieve,
o bella neve.
Poi silenziosa, distendi al suolo
il tuo lenzuolo.
“Uh com’è freddo questo mantello!”
geme l’uccello.
E i poverelli dicon sgomenti:
“Ah quanti stenti
e quanto freddo patir si deve
con questa neve!”.
Dicono i bimbi: “Andremo a sciare
e a scivolare,
a fare palle e un fantoccione
tutto burlone:
la pipa in bocca, i baffi neri,
gli occhi severi…”.
Dice contento il campagnolo:
Non gela il suolo
sotto la neve: e il chiccolino
sta ben caldino!”. (T. Romei Correggi)

La neve
Sui campi e sulle strade,
silenziosa e lieve,
volteggiando, la neve cade.
Danza la falda bianca,
nell’ampio ciel, scherzosa,
poi sul terren si posa stanca.
In mille immote forme,
sui ceppi e nei giardini dorme.
Tutto dintorno è pace:
chiuso in oblio profondo,
indifferente , il mondo tace. (Ada Negri)

Nevicata
Nevica: l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve:
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve. (G. Pascoli)

Povero pettirosso!
Eccolo lì, povero pettirosso!
Con la neve, per lui c’è carestia;
e chi sa mai quanta malinconia
si sente addosso…
Nè bacche, nè granelli, eh, poverino!
e le belle giornate son lontane…
Li vuoi questi minuzzoli di pane,
pettirossino? (C. Del Soldato)

Neve bella
Neve bella, fatta a stella,
bianca bianca, lieve lieve,
vienmi in mano, piano piano,
sei, per poco, dolce gioco;
dolce gioco in mille fiocchi
che mi frullan sotto gli occhi.

Allegria sulla neve
Sulla neve è ritornata
l’allegria dei ragazzi:
c’è chi ride, c’è chi canta,
chi bersaglia i bei pupazzi.
Tutti bianchi, incappucciati,
van correndo qua e là;
sono allegri, spensierati,
pien di gran serenità. (V. Battù)

Nevicata
Le casette
stupefatte
sono bianche
come il latte.
Tutto è bianco,
monte e valle…
è un diluvio di farfalle.
Lungo i tetti
sopra i rami,
che merletti
che ricami!
Che stupore
per gli uccelli!
Che cappucci
sugli ombrelli! (P. Ruocco)

Ballatella della neve
In una casetta
dell’Alpe lontana
dimora una vecchia
fra biche di lana:
di soffice lana
di sue pecorelle
da essa tosate
a un lume di stelle;
ed ora la dona
al vento che in breve
la muta in fiocchetti
di candida neve.
Mulina, mulina
nell’aria gelata
la morbida lana
così trasformata!
Che gioia vederla!
Per tutta la valle
è come una danza
di lievi farfalle:
un piover giocondo
di piume d’argento
che cambia, oh portento
la scena del mondo.
Intanto, dal cavo
d’un buio crepaccio
or esce un vegliardo
con barba di ghiaccio.
Che torbido sguardo,
che cera stizzosa!
Al freddo suo fiato
s’ammala ogni cosa…
Ei spegne le foglie
sugli alberi foschi,
discaccia gli uccelli
lontano dai boschi,
trasmuta le fonti
in lastre di vetro
e brontola brontola
un monito tetro.
Ma sotto la neve
e bulbi e radici
riposano in pace
sicuri, felici.
E sognan l’aprile
e il sole giocondo
che ancor farà verde
la scena del mondo. (G. Striuli)

Fata bianchina
La sai tu la storia di Fata Bianchina
che soffice, cheta, dal cielo calò?
Tranquilla discese, una grigia mattina
e il candido manto su tutto gettò-
I bimbi, felici, batteron le mani,
i passerottini gemeron “Ci ci”.
Guardò il contadino sui campi lontani
e disse contento: “Va bene così”.
Ma il sole col vivido disco di fuoco
nel cielo schiarito a un tratto brillò
e Fata Bianchina dovè, a poco a poco
disfarsi nel pianto. Così se ne andò. (P. Bianchi)

Neve
Dal cielo tutti gli angeli
videro i campi brulli
senza fronde nè fiori,
e lessero nel cuore dei fanciulli
che aman le cose bianche.
Scossero le ali stanche di volare
ed allora discese lieve lieve,
la fiorita neve. (U. Saba)

Neve
Giù dal cielo grigio grigio
zitta zitta, lieve lieve
lenta lenta, bianca bianca
sulla terra vien la neve.
Mille bianche farfalline
fanno il manto alle colline
mille candide farfalle
tintinnando
fanno ai campi un bianco scialle
mille fiocchi immacolati
danno ai monti, ai boschi, ai prati
alle strade, ai tetti, al suolo
un bellissimo lenzuolo
i bambini guardan fuori
e non apron più la bocca
e la neve lenta lenta
scende scende, fiocca fiocca. (Ruocco)

Neve
Le casette stupefatte,
sono bianche come latte
tutto è bianco, monte e valle,
è un diluvio di farfalle
lungo i tetti, sopra i rami,
che merletti, che ricami.

La nevicata
Sulla campagna squallida e pensosa
scende la neve, a larghi fiocchi e lenti,
e sui morbidi strati rilucenti
immacolata e tacita si posa.
Scende d’un fitto vel, copre ogni cosa;
copre casette, ponti, acque dormienti;
e colma fossi, imbianca bastimenti
e scende senza fine e senza posa. (E. De Amicis)

Neve
Cadono i fiocchi
ma non si posano subito.
Restano un poco in alto
esitano sospesi,
come cercassero
un posto pulito
per riposare e raccogliersi. (G. Serafini)

Sgocciola la tettoia
Dalle nuvole rotte
il sole ad intervalli
in berretta da notte
mette fuori la faccia stralunata
sbadigliando di noia.
E frattanto, di neve disgelata
sgocciola la tettoia
come il nasuccio d’uno scolaretto
che smarrì il fazzoletto.
Al margine del fosso
squittisce un pettirosso. (A. Ghislanzoni)

Fiori di neve
Petali bianchi
nell’aria greve.
Fiori di neve
sui rami stanchi.
Sul verde tenero
del nuovo grano
s’adagian piano
gigli e asfodeli:
fiorita lieve
che ignora stelo…
Gemme del cielo
fiori di neve. (M. Castoldi)

Tracce sulla neve
Chi è passato di qui?
Un bruno cervo timido.
Chi è passato di là?
Un coniglietto trepido,
un orso vecchio e placido.
Chi è passato di qui?
Un topo velocissimo
che corre al suo cunicolo
tiepido e comodissimo. (K. Jackson)

La neve
Giù dal cielo
grigio grigio,
zitta zitta,
lieve lieve
lenta lenta
bianca bianca
sulla terra
vien la neve.
Mille bianche
farfalline
fanno il manto
alle colline,
mille candide
farfalle
tintinnando,
fanno ai campi
un bianco scialle.
Mille fiocchi immacolati
danno ai monti,
ai boschi, ai prati,
alle strade,
ai tetti, al suolo
un bellissimo lenzuolo.
I bambini guardan fuori
e non aprono
più bocca
e la neve
lenta lenta
scende, scende,
fiocca, fiocca. (Ruocco)

Nevica
Le casette stupefatte
sono bianche come latte.
Tutto è bianco, monte e valle…
E’ un diluvio di farfalle.
Lungo i tetti, sopra i rami,
che merletti! Che ricami!
Che stupore per gli uccelli!
Che cappucci per gli ombrelli!

Ballatella della neve
In una casetta dell’alpe lontana
dimora un vecchia fra sacchi di lana;
di soffice lana di sue pecorelle
da essa tosate a lume di stelle;
ed ora la dona al vento che in breve
la muta in fiocchetti di candida neve.
Mulina, mulina, nell’aria gelata
la morbida lana così trasformata!
Che gioia vederla, per tutta la valle
è come una danza di lievi farfalle:
un piover giocondo di piume d’argento
che cambia, oh portento!
la scena del mondo.
Ma sotto la neve e bulbi e radici
riposano in pace sicuri e felici,
e sognan l’aprile e il sole giocondo
che ancor farà verde la scena del mondo.

Inverno
Ma cosa accade?
Guardati intorno!
Alberi spogli
e breve il giorno.
Oh quanto freddo
lungo le strade
forse tra poco
la neve cade.
Con questo freddo
dentro restiamo
e un ritornello
insiem cantiamo.

Inverno
Il ghiaccio e la neve
copron la terra
Il rigido gelo
gli alberi afferra.
I rami si piegano
al fischio del vento.
S’ode nel bosco
un triste lamento.
Ma sotto la terra
umida e scura
il seme prepara
la vita futura.

Nella siepe
Nella siepe tutta spini
son rimasti gli uccellini
perchè il rovo e il biancospino
il sambuco e l’agazzino
hanno bacche colorite
nutrienti e saporite.
Ma lombrichi e chioccioline
ricci, serpi, e formichine
la lucertola curiosa
e il ramarro che riposa
stan nascosti a sonnecchiare
finchè il sol potrà tornare.
Stan nascosti giorno e sera
aspettando primavera.

Neve
Scendono le stelline
dal cielo a mille a mille
avvolte in bianco velo
la terra desolata
copron silenti e pure
d’una coltre gemmata.
Benedice la madre
quel prezioso mantello
ed il cielo saluta
col sorriso più bello. (G. Noseda)

La neve
Sui campi, sulle strade,
silenziosa, bella, lieve,
volteggiando già la neve, cade.
Danzan fiocchi bianchi
contro il cielo rosa
poi a terra posan, stanchi.
Su mille immote forme
sui tetti e sui camini
sui cippi e sui giardini, dorme.
Tutto intorno è pace
chiuso in oblio profondo
indifferente il mondo, tace. (Ada Negri)

La neve
Bianca neve silenziosa
scendi lieve senza posa.
Eri pioggia su nel cielo
t’ha gelato il crude gelo
ogni goccia fu stellina
bianca neve piccolina.
Ora scendi bianca e bella
ogni fiocco è una stella
così bianca resterai
finchè al sol ti scioglierai.
Bianca neve silenziosa
scendi scendi senza posa.

La canzone della neve
Sotto il morbido mantello
della neve immacolata
dorme l’erba scolorata
dorme nudo l’alberello.
Dorme il ghiro, dorme il tasso
la lucertola si stira
lo scoiattolo sospira
con un suon di contrabbasso.
Ma nel solco che lo serra
veglia il seme di frumento
lo vedremo al sole, al vento,
rinverdir tutta la terra.
Lo vedremo al tempo bello
d’oro il campo rivestire
finge intanto di dormire
sotto il candido mantello.

Cade lenta, silenziosa,
bianca, soffice, la neve,
è una danza misteriosa
di farfalle, lieve, lieve.
Senza fretta, piano piano,
si distende il bianco manto,
si ricopre il monte, il piano,
la natura è un dolce incanto.

Sotto la neve pane
Cadde la neve, ma non fu tormenta
sì cadde come fa quando rimane
un bianco sfarfallio nell’aria spenta
un morbido calar di bianche lane.
E da prima infiorò le rame, i fusti,
le nude siepi, tutti i secchi arbusti.
Poi disegnò come di netto smalto
i margini, le prode, ogni rialto.
Poi s’allargò, s’alzò a mano a mano
stese una coltre là dal monte al piano.
Sii benvenuta, neve. La sementa
non crescerà precoce in spighe vane
chè la fredda tua coltre l’addormenta.
Io sento dir: “Sotto la neve, pane!”. (P. Mastri)

Giorno di neve
Scende scende lieve e bianca
sulla terra così stanca
scende lenta lenta lenta
e la valle si addormenta.
Notte serena.
Dorme, sogna, mentre il cielo
torna azzurro, senza velo,
e sorride una stellina,
alla valle piccolina.

La prima neve
Questa mattina
quando apersi gli occhi
guardai dalla finestra
vidi la neve
che cadeva a fiocchi
sulla strada maestra.
Tutto era bianco:
il tetto ed il cortile
e avea un cappello bianco
il campanile.

La neve
Dorme la neve, dorme
in mille strane forme
sui sentieri, sulle strade,
sui fossati, sulle case,
sui tetti, su campagne,
su poggi, su montagne,
su quel tappeto bianco
dorme l’inverno stanco.

La neve
Fiocca fiocca, neve bianca,
fiocca fiocca, non si stanca.
Posa qua, posa là,
alla terra un manto fa.

Nevicata
Nevica: l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco;
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera:
passano i bimbi: un balbettio di pianto;
passa una madre; passa una preghiera. (G. Pascoli)

La danza della neve
Neve, neve, scendi lieve
sopra i campi e le contrade;
neve, copri col tuo manto
boschi e case, tutto quanto;
neve, scuoti, bianca e bella,
il tuo vel di reginella.
Sulla terra che rinserra
il tesor del contadino
mille chicchi, mille semi,
scenda in fiocchi il tuo mantello,
bianco bianco… fino fino,
e niun chicco al freddo tremi!
Verrà il sol di primavera
dispiegando una bandiera
di roselle e gigli e viole:
da ogni chicco il fusticino
s’alzerà lieto nel sole,
verde verde, fino fino.
Scendi, scendi, o reginella,
tutta bianca pura e bella,
scendi piano piano piano…
Benedice il contadino
il tuo manto fino fino,
chè la neve è madre al grano. (Hedda)

Ballatella della neve
In una casetta
dell’Alpe lontana
dimora una vecchia
fra biche di lana:
di soffice lana
di sue pecorelle
da essa tosata
a un lume di stelle;
ed ora la dona
al vento che in breve
la muta in fiocchetti
di candida neve.
Mulina, mulina,
nell’aria gelata
la morbida lana
così trasformata!
Che gioia vederla!
Per tutta la valle
è come una danza
di lieve farfalle:
un piover giocondo
di piume d’argento
che cambia
oh portento
la scena del mondo.
Ma sotto la neve
e bulbi e radici
riposano in pace
sicuri e felici,
e sognan l’aprile
e il sole giocondo
che ancor farà verde
la scena del mondo.
Ma sotto la neve
e bulbi e radici
riposano in pace
sicuri, felici,
e sognan l’aprile
e il sole giocondo
che ancor farà verde
la scena del mondo.
Intanto, dal cavo
d’un buio crepaccio
or esce un vegliardo
con barba di ghiaccio.
Che torbido sguardo,
che cera stizzosa!
Al freddo uso fiato
s’ammala ogni cosa…
Ei spegne le foglie
sugli alberi foschi,
discaccia gli uccelli
lontano. (G. Striuli)

Orfano
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: “Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.”
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta… (G. Pascoli)

Neve
Candida, lieve,
quasi danzando
scende la neve
infiocchettando
l’albero spoglio
che dorme e spera
qualche germoglio
per primavera.
La neve cade
cade silente
copre le strade
morbidamente,
mette il mantello
alla montagna,
uno più bello
alla campagna
che si riposa;
imbianca i tetti
veste ogni cosa,
di bei fiocchetti,
semina un velo
immacolato
tessuto in cielo
e sbriciolato
sopra la terra
ch’è vecchia e stanca,
vi si rinserra,
diventa bianca,
e serba in cuore
gelosamente,
sotto il candore
tanta semente. (M. Voltolini)

Neve

Dal cielo tutti gli angeli
videro i campi brulli,
senza fronde nè fiori
e lessero nel cuore dei fanciulli
che aman le cose bianche.
Scossero le ali stanche di volare
ed allora discese lieve lieve
la fiorita neve.
(U. Saba)

L’uomo di neve
Bella è la neve per l’uomo di neve,
che ha vita allegra anche se breve
e in cortile fa il bravaccio
vestito solo d’un cappellaccio.
A lui non vengono i geloni,
i reumatismi, le costipazioni…
Conosco un paese, in verità,
dove lui solo fame non ha.
La neve è bianca, la fame è nera.
E qui finisce la tiritera. (Gianni Rodari)

Neve
Poveretto chi non sa
sciare nè pattinare.
Di tanta neve, che ne fa?
Tutto quel ghiaccio non gli serve a nulla.
Di tanta gioia lui non può godere:
al massimo si farà
una granita in un bicchiere. (Gianni Rodari)

Neve
Una danza di pazze farfalle,
questa notte ha tramato un tappeto
che si stende dal monte alla valle.
Or non s’ode il più lieve sussurro;
tutto il mondo è coperto d’argento,
tutto il cielo asfaltato d’azzurro… (T. Colsalvatico)

Neve
Cade la neve a falde larghe e piane,
da ore e ore senza mutamento.
Non una voce; non un fil di vento;
non echi alle casupole lontane.
Nei boschi e nelle immense Alpi lontane
ogni soffio di vita sembra spento.
Sotto quel bianco ammanto è un sognar lento
di piante, d’erbe e di speranze umane. (A. Negri)

Nevicata
Dalle profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le cose ammanta come spettri;
scende, risale, impetuosa, lenta,
di su, di giù, di qua, di là, s’accenta
alle finestre, tamburella i vetri…
Turbina densa in fiocchi di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi…
Nel caminetto crepita la bragia… (G. Gozzano)

Ricami di neve
Il gelo appende calici
di vetro dalle gronde,
il fiato stende impronte
di fiori sui cristalli.
L’alba cuce vivagni
di seta gialla e rosa
lungo la luminosa
curva delle montagne.
Sul manto della neve
ci sono orme di stelle:
le han lasciate gli uccelli,
tante, col piede lieve.
Ci sono orme in fila
di chiodi a croce, ad arco,
che hanno segnato un varco
profondo sulla via:
di qua e di là le siepi
sono sparse di trine
fragili, senza fine,
soffici come sete;
e i rami scheletriti
per i campi ed i prati
si sono ritrovati
a un tratto rifioriti.
Il passo vagabondo
d’un felice bimbetto
va segnando un merletto
sul candore del mondo. (G. Porto)

Come petali
Nella bigia aria sciamano
i fiocchi della neve,
come petali che cadono
da invisibili rame.
C’è un silenzio, che pare
stia per compiersi un miracolo.
I bimbi lascian di giocare e guardano
con uno stupore che li fa docili.
Si metton le fantasie
in chi sa quale viaggio
per chi sa quale reame.
I poveri vecchi si fan coraggio
sospirando avemarie. (I. Drago)

Neve
Nevica: l’aria brulica di pianto;
la terra è bianca; neve sopra neve:
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade nel bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera. (G. Pascoli)

Nevicata
Su in cielo, un immenso fatato giardino,
v’è certo di mandorli in fiore!
Stamane di sopra il grigiore
qualcuno li ha scossi giocondo,
e i fiori, sfacendosi piano,
cadere han lasciato man mano
sul torpido mondo
con timidi frulli,
con fremiti d’ale
i piccoli petali lievi… (A. Carlini Venturino)

Quadretto invernale
Il bimbo guarda alla finestra i fiocchi
taciti, ch’empion turbinando l’aria;
guarda la strada bianca e solitaria,
che non ha che un ombrello e due marmocchi.
E guarda la casina dirimpetto,
che è agghiacciata dal vento e dalla bruma,
ma che pur nel silenzio algido fuma
con la pipa del suo comignoletto.
Sorride il bimbo nel suo caldo covo,
ed è stupito perchè i fiocchi, a un tratto
d’un paesello nero e vecchio han fatto
un paesello tutto bianco e nuovo. (M. Moretti)

Primo inverno
Il cielo ha spiegato un sudario
candido sopra il mondo.
Distende a croce le braccia
l’albero solitario.
La terra pare che giaccia
in sonno tanto profondo
che somiglia a una morta
con quel sudario addosso,
con quella pianta storta
che tende i suoi rami d’osso.
E ci vien da pensare
che forse ne sole ne grida
la possano richiamare
un’altra volta alla vita. (G. Porto)

Neve
Fischia un grecale gelido, che rade:
copre un tendone i monti solitari:
a notte il vento rugge, urla: poi cade.
E tutto  è bianco e tacito al mattino
nuovo: e dai bianchi e nudi casolari
il fumo sbalza qua e là turchino. (G. Pascoli)

Nella neve
Sull’alba, intatta al suolo,
è la gran nevicata
che fioccò tutta notte.
Poi sul bianco lenzuolo
appar qualche perdata:
piè grandi e scarpe rotte.
Soffre la vita o dorme.
Coi bambini il verno è crudo
e con l’età cadente.
Veggo, tra l’altre, l’orme
d’un piccol piede ignudo,
che m’attrista la mente…
Ahi! Ahi! chi vi ristora,
o tremanti piedini
di fanciullo errabondo?
Dunque vi sono ancora
dei poveri bambini,
che van, scalzi, pel mondo? (E. Panzacchi)

Regina bianca
Regina bianca, gioia dei fanciulli,
tu vesti come petti di colobi,
le rupi sui declivi,
le punte dei cipressi e gli alti pini.
Rendi la guancia soffice alle strade,
e fai turgidi  i tetti delle case
raccolte nel tepore delle stufe.
I campi, che sconfinano col cielo
hanno il tuo volto candido da sposa. (M. Mazzeo)

Giochi d’inverno
Nebbia, che cosa hai fatto!
Un velario di seta.
Ogni cosa è segreta
a un tratto.
Che ricamo, che trina,
quanti gioielli intorno:
li dona al nuovo giorno
la brina.
Ma zitti… bianca, lieve
tutto copre e nasconde,
viali, casette e fronde,
la neve… (D. Rebucci)

La neve
Tutta bianca nella notte bruna
la neve cade lenta volteggiando.
O pratoline, ad una ad una,
tutte bianche nella notte bruna!
Chi dunque lassù spiuma la luna?
O fresca peluria, o fiocchi fluttuanti!
Tutta bianca nella notte bruna,
la neve cade lenta volteggiando. (G. Richepin)

Neve
Eri candida foglia volando
e sul ramo fioristi senza sole
e vita più lieve del fiore del mandorlo,
non soffia uno sguardo di rosa
e subito cadi e t’infanghi. (C. Govoni)

Il biglietto del passero
Stamane, dopo la nevicata,
il davanzale
del mio balcone, candido, eguale,
sembra una pagina immacolata.
Ma, se la guardo con maggior cura
un po’ dappresso
vedo  sovr’esso
non so che segni, quale scrittura…
Chi avrà scavato dentro la neve
quei fiorellini
tutti a tre petali, stellucce fini,
allineati con grazia lieve?
Son le zampine d’un passerotto
meschino: ed ecco
i bucherelli fatti col becco,
che qualche briciola cercava sotto.
Ahimè! Stamane quel poveretto
restò a digiuno,
e d’avvertirmi trovò opportuno,
forse, lasciandomi… il suo biglietto. (Puck)

Mattino di neve
Il risveglio fu lento: dalle pievi
un suono giunse, timido e smorzato;
indi gli spalatori, a colpi brevi,
urtarono le pietre del selciato.
S’udirono di sotto al porticato
gli schiaffi sordi di stivali grevi.
Uno in istrada disse: “E’ nevicato.
Chi dorme o indugia a letto non si levi”.
E fu d’imposte un secco sbatacchiare
ed un cantilenar di voci breve,
e qualche dialoghetto di comare;
indi l’alba si alzò, pallida e lieve,
e ognuno vide la città posare
nella luce d’argento della neve. (Anna Maria Beccanulli)

La neve
Viveva in una nuvola
come una gatta in soffitta:
stanotte, zitta zitta
la neve è caduta giù.
Cosa diranno i bambini
a vederla, già morta
sui gradini della porta,
come un povero caduto lì?
Aveva freddo e nessuno gli aprì. (R. Pezzani)

Cade la neve
Cade la neve, la neve.
Alle bianche stelline nella tempesta
si protendono i fiori di gennaio
dal telaio della finestra…
Cade la neve, la neve.
Non come cadessero fiocchi,
ma come se sopra un rappezzato mantello
scendesse a terra la volta del cielo…
Cade la neve, la neve,
la neve, e ogni cosa è smarrita,
il pedone imbiancato
le piante stupite… (Boris Pasternak)

La neve
Dal cielo tutti gli angeli
videro i campi brulli
senza fronde nè fiori,
e lessero nel cuore dei fanciulli
che ama le cose bianche.
Scossero le ali stanche di volare.
Ed allora scese
lieve lieve
la fiorita di neve. (O. Visentini)

La nevicata
Sulla campagna squallida e pensosa
scende la neve, a larghi fiocchi e lenta,
e sui morbidi strati rilucenti
immacolata e tacita si posa.
Scende, d’un fitto vel copre ogni cosa;
copre casette, ponti, acque dormenti;
e colma fossi, imbianca bastimenti
e scende senza fine e senza posa. (E. De Amicis)

Nevicata
Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando, la neve cade.
Danza la falda bianca
nell’ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini dorme.
Tutto d’intorno è pace;
chiuso in oblio profondo
indifferente il mondo tace. (A. Negri)

La pioggia di stelle
Chi ha detto alle neve: “Vieni?”
Ed ecco la neve è venuta,
obbediente, muta.
L’hanno chiamata i fanciulli,
forse, a vestire di bianca allegria
i campi brulli,
la deserta via?
O sono stati i granelli
sepolti nei freddi terreni,
rabbrividenti
a tutti i venti,
che han detto alla neve: “Vieni?”
O fu l’ordine di Dio?
Si muove dal cielo di stelle
un minuto scintillio:
misterioso s’affretta
verso la terra che aspetta.
Sulla terra i sapienti
studiosi,
curiosi,
con delicati strumenti,
scrutano il bianco mistero,
e dicono: “E’ vero:
la neve è una pioggia di belle,
di minime stelle!”
Le minime stelle all’aurora
un poco scintillano ancora. (Gina Vaj Pedotti)

Gli esquimesi
Strana gente, gli esquimesi:
sono di ghiaccio i loro paesi;
di ghiaccio piazze, strade e stradette,
sono di ghiaccio le casette;
il soffitto e il pavimento
sono di ghiaccio, non di cemento.
Perfino il letto è di buon ghiaccio,
tagliato e squadrato col coltellaccio.
Ed è di ghiaccio, almeno pare,
anche la pietra del focolare.
Di non – ghiaccio c’è una cosa,
la più segreta, la più preziosa:
il cuore degli uomini che basta da solo
a scaldare persino il polo. (G. Rodari)

La neve
E’ scesa la neve, divina creatura,
a visitare la valle.
E’ scesa la neve, sposa della stella,
guardiamola cadere.
Dolce! Giunge senza rumore come gli esseri soavi
che temono di far male.
Così scende la luna, così scendono i sogni…
Pura! Guarda la valle tua, come sta ricamandola
di gelsomino soffice.
Ha così dolci dita, così lievi e sottili,
che sfiorano senza toccare.
Bella! Non ti sembra che sia il dono mirabile
d’un alto donatore?
Chissà che agli uomini non rechi un messaggio
da parte del Signore. (G. Mistral)

Nevicata
Dalle profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le cose ammanta come spettri:
scende, risale, impetuosa, lenta.
Di su, di giù, di qua, di là s’avventa
alle finestre, tamburella i vetri…
Turbina densa in fiocchi di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi…
Nel caminetto crepita la bragia… (G. Gozzano)

I passeri
Fischia un grecale gelido che rade:
copre un tendone i monti solitari:
a notte il vento rugge, urla: poi cade.
E tutto è bianco e tacito al mattino:
nuovo; e dai bianchi e muti casolari
il fumo balza, qua e là turchino.
La neve! Allora, poi che il cibo manca,
alla città dai mille campanili
scendono, alla città fumida e bianca:
a mendicare. Dalla lor grondaia
spiano nelle chostre e nei cortili
la granata o il grembiul della massaia.
Scende. Scende.
Il cielo tutto a terra cade
col bianco polverio d’una rovina.
Non un’orma. Svanite anche le strade.
La terra è tutto un solo mare a onde
bianche, di zolle ov’erano le biade.
Resta il mio casolare unico, donde
esploro invano. Non c’è più nessuno.
E solo a me chiamo, ecco risponde
il pigolio d’un passero digiuno. (G. Pascoli)

Il borgo sotto la neve
Nel borgo, una breve piazzetta,
una fontanina in un canto
che fa cioc cioc ogni tanto,
tre alberi, una chiesetta
col campanile sottile
come un dito che accenni lassù,
dieci case, non una di più,
un ponticello, un fienile…
Un borgo, capite, assai breve
che basta a coprirlo un grembiule
inamidato ed uguale,
un grembiuletto di neve…
Lui dorme, lì sotto,
imbacuccato di lana…
(Aldo Gabrielli)

Nevicata
La bella neve!
Scendete, scendete,
leggiadri fiocchi
danzanti nei cieli:
come perlucce coprite,
pingete i tetti,
i tronchi, la mota,
gli steli…
(Emilio Praga)

Un po’ d’amore
Quando la neve coprì la mia casa,
un passero volò dalla cimasa.
– O passerotto, non volar lontano,
troverai neve e gelo in tutto il piano –
gli dissi. – Resta e non sarai mai solo –
M’intese? Un frullo e si posò nel brolo.
Di là ritorna spesso al davanzale,
mi chiama con un trillo e un batter d’ale.
Gli offro briciole e chicchi di gran cuore.
Quanto bene può fare un po’ d’amore!
(Dina Rebucci)

Nella neve
Sull’alba, è intatta al suolo
la grande nevicata
che fioccò tutta notte.
Poi sul bianco lenzuolo
appar qualche pedata:
piè grandi e scarpe rotte.
Soffre la vita o dorme.
Ai bimbi il verno è crudo
come all’età cadente.
Veggo, tra l’altro, l’orma
d’un picciol piede ignudo
che  m’attrista la mente…
Ahi, ahi, chi  vi ristora,
o tremanti piedini
di fanciullo errabondo?
E vi son dunque ancora
dei poveri bambini
che van, scalzi, per ‘l mondo?
(E- Panzacchi)

La neve
Viveva in una nuvola
come una gatta in soffitta:
stanotte, zitta zitta
la neve è caduta giù.
Cosa diranno i bambini
a vederla, già morta
sui gradini della porta,
come un povero caduto lì?
Aveva freddo e nessuno gli apri?
(R. Pezzani)

Cade la neve, la neve
Cade la neve, la neve.
Alle bianche stelline nella tempesta
si protendono i fiori a gennaio
dal telaio della finestra…
Cade la neve, la neve.
Non come cadessero fiocchi,
ma come se sopra un rappezzato mantello
scendesse a terra la volta del cielo…
Cade la neve, la neve,
la neve, e ogni cosa è smarrita,
il pedone imbiancato
le piante stupite…
(B. Pasternak)

La neve
Tutta bianca nella notte bruna
la neve cade lenta, volteggiando.
O pratoline, ad una ad una,
tutte bianche nella notte bruna!
Chi dunque lassù sprimaccia la luna?
O fresca peluria, o fiocchi fluttuanti!
Tutta bianca nella notte bruna,
la neve cade lenta, volteggiando.
(G. Richepin)

Uccelli nella neve
Nel pomeriggio diafano di neve
parlottano i merli affamati,
note varie, in gorgheggi pacati.
Ho messo un po’ di riso
in uno spiazzo
nero nel gran biancore,
fin da stamane all’alba.
Dolce mi è pensare alla lor festa.
“C’è del riso, c’è del riso!”
“Attenzione alle trappole!”
(il più vecchio)
“No, no è quel pittore
lo conosco da un pezzo.
O, le lor voci
dal mio letto in penombra
contro il muro
miele canoro che scorre!
M’affaccio pian piano
alla grande finestra socchiusa.
Un volo lento sul muretto
con la sua coltre di neve
nel cielo che appena s’arrossa.
(F. De Pisis)

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Dettati ortografici sulla neve

Dettati ortografici sulla neve – una collezione di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche varie.

Una giornata diversa

“La neve!” gridò Marcovaldo alla moglie, ossia fece per gridare, ma la voce gli uscì attutita. Come sulle linee e sui colori e sulle prospettive, la neve era caduta sui rumori, anzi sulla possibilità stessa di far rumore; i suoni, in uno spazio imbottito, non vibravano. Andò al lavoro a piedi; i tram erano fermi per la neve. Per strada, aprendosi lui stesso la sua pista, si sentì libero come non s’era mai sentito. Nelle vie cittadine ogni differenza tra marciapiedi e carreggiata era scomparsa, veicoli non ne potevano passare, e Marcovaldo, anche se affondava fino a mezza gamba ad ogni passo e si sentiva infiltrare la neve nelle calze, era diventato padrone di camminare in mezzo alla strada, di calpestare le aiuole, d’attraversare fuori delle linee prescritte, di avanzare a zig-zag. Le vie e i corsi s’aprivano sterminati e deserti come candide gole tra rocce di montagne. La città nascosta sotto quel mantello chissà se era sempre la stessa o se nella notte l’avevano cambiata con un’altra? Chissà se sotto quei monticelli bianchi c’erano ancora le pompe della benzina, le edicole, le fermate dei tram o se non c’erano che sacchi e sacchi di neve? Marcovaldo camminando sognava di perdersi in una città diversa; invece i suoi passi lo riportavano proprio al suo posto di lavoro di tutti i giorni, il solito magazzino, e, varcata la soglia, in manovale stupì di ritrovarsi fra quelle mura sempre uguali, come se il cambiamento che aveva annullato il mondo di fuori avesse risparmiato solo la sua ditta.
(I. Calvino)

La prima neve

Il cielo si abbassa sempre più, coprendo col suo vaporoso candore le cime delle montagne; intorno all’ovile, le rocce bagnate e il bosco cupo avevano un’immobilità e un profondo silenzio d’attesa: i belati dei primi capretti tremolavano con lamenti che sembravano un pianto infantile. Cominciò a nevicare fittamente, a falde lunghe e larghe che parevano petali di fior di mandorlo. Le montagne sparvero tutte sotto la curva bianca dell’orizzonte; le rocce, i cespugli, il bosco, la capanna, l’elce della radura e le mandrie ricevevano in silenzio la neve continua, fitta, infinita.
(G. Deledda)

Sotto la neve

Stamane alzandoci abbiamo visto tutto bianco. I monti intorno sembravano ravvicinati; un candore uguale li copre, la neve ha colmato valli e burroni. Sotto il cielo grigio il riverbero della neve è come una luce che si sprigiona dalla terra. L’aria è fredda e a tratti raffiche di vento scuotono gli alberi. Scendendo nella valle, guardo tra gli olivi ai lati della strada e scopro le ferite fresche. Alcuni rami sotto il peso della neve si sono spezzati e le piante levano in alto le braccia tronche. Le cime sono piegate e mostrano il rovescio delle foglie.
(F. Seminara)

La nevicata

La neve è bella. Una nevicata è una pioggia di farfalle candide. Senza lampi e senza tuoni, quasi sempre nel più profondo silenzio, quei fiocchi bianchi scendono a mille, a milioni da un cielo bigio cinereo, roteando per l’aria e tutto ricoprendo d’un manto lucente e morbido. La terra bruna diviene bianca e bianchi i tetti e bianchi i ferri rugginosi e i muri. E le forme delle cose anch’esse si arrotondano, svaniscono, si disciolgono in quell’oceano bianco e freddo.
(P. Mantegazza)

Dice la neve

“Io sono il candido e soffice mantello dei bianchi inverni; sono figlia delle nuvole, sorella della pioggia. Io vesto le vette montane, mi accumulo nelle alte vallate, dove si formano i ghiacciai che alimentano le fresche sorgenti dei fiumi i quali corrono ad adagiarsi nei piani. Io getto una morbida coltre sulle fertili pianure, sopra i campi seminati, dove il buon seme attende, nella terra in riposo, il bacio del sole primaverile che lo faccia germogliare. (P. Bianchi)

Fiocchi di neve

Avete mai guardato attentamente un fiocco di neve? Andate all’aperto con una tavola scura mentre nevica, e osservate con una lente d’ingrandimento le graziose stelline che vi cadono a miliardi dal cielo. Vi assicuro che rimarrete strabiliati dalla meravigliosa regolarità di costruzione di queste foglioline di cristallo, di questi grappoli di stelline, ognuna delle quali è un capolavoro che nessun gioielliere saprebbe imitare. Basta un cambiamento del vento o della temperatura o dell’altezza da cui scendono, perchè le loro forme cambino ed appaiano più semplici o più complesse.
(B. H. Burgel)

Notte di neve

L’inverno è calato su ogni fioritura. Pochi alberi drizzano i loro scheletri, bianchi di neve, come fantasmi. Terribile notte per gli uccellini! Sui grandi alberi squallidi sono là, tremanti, senza che nulla li protegga. Coi loro occhi inquieti guardano la neve e aspettano il buio per dormire: il buio che non viene mai.

Nevicata

E’ cosa straordinaria la gioia che ci procurava una nevicata abbondante, purchè fosse neve di quella giusta: non troppo secca, non troppo umida; una cosa di mezzo, che non si sfarini tra le dita e non vada in brodo appena la si stringe. Quell’anno era neve della migliore qualità, da poterci fare tuffi e capitomboli: meglio di quando nel nostro cortile si sgrovigliava la lana dei materassi e noi si faceva, non visti, un tuffo nel mucchio. Nemmeno pareva, per essere neve, una cosa fredda. Si tornava a galla con appena un po’ di argento sugli abiti, sui capelli, subito scrollato via. E, così morbida, sapeva diventare dura come la pietra nelle mani di chi avesse un po’ di forza; diventare palle che correvano dritte al bersaglio, e s’udiva il colpo. Non mancavano, si capisce, i richiami e i comandi; e non si deve credere che l’uso degli scappellotti cessi per il solo fatto che dal cielo vien giù la neve. Ma si tollerava molto; come, durante il carnevale, si tollerano mille stravaganze. Davvero erano specie di carnevale quell’una o due giornate bianche: tempo libero a tutti gli spassi e chiassi e burle e battaglie che nessuno di noi si sarebbe concesso, nè gli altri avrebbero sopportato in altra stagione.
(F. Chiesa)

Neve in montagna

I prati, le case, le piante e la montagna sono coperti di neve, e uno stormo di corvi annuncia altra neve. Sotto la neve, il bosco pare più fitto. La neve farinosa che va tranquillamente accumulandosi sui rami alti dei larici e degli abeti si da peso, e curva il ramo, poi cade e scuote altra neve di altri rami più in basso e trasforma l’albero in una nuvola bianca. I rami liberati dal peso della neve oscillano un poco nell’aria e tornano lentamente a imbiancarsi per altra neve che cade. Ai piedi degli alberi, fra un tronco e l’altro, è tutto nero. La neve cade su altra neve con un fruscio sottile. E’ così soffice, compatta, fredda asciutta che non si sentono tonfi. Lo strato cresce in silenzio; ma capita di avvertire un cedimento breve nella neve, uno strato superiore che si adagia su quello inferiore, già più saldo, e atto, a sua volta, a sopportare un nuovo strato di aria e di neve. Di ora in ora, di giorno in giorno, la neve cresce; sono cristalli che si fondono e si alzano verso il davanzale delle finestre più basse. Il cumulo si alza come una siepe, una muraglia.

Neve

Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei carri rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una grande parola di bellezza.
(D. Valeri)

E nevicava

Le giogaie s’eran fatte cupe, gli alberi annerivano. Ora, dietro le fratte, si scorgevano le luci d’oro delle case, tutti i focolari accesi. E il cielo si colorava sempre più di una luce scialba. Faceva freddo. Nessun grido. Non un canto: la neve. Si compiva sulla terra un miracolo, bianco. Prima sui monti, poi sui colli, per le valli… Solo il mare restava cupo: ingoiava tutto quel cielo bianco senza placarsi. Era nevicato tutta la notte; in gran silenzio la neve aveva visitato la terra. Era venuta a mezzanotte, portata da un vento leggero di levante, e la terra, presa nel sonno, era morta. Il freddo stringeva le cose con artigli di ferro: si sentivano stridere le travi, la legna, i rami, e la terra stessa accovacciata sembrava sempre più rattrappirsi. E nevicava, ricordo, adagio, nevicava su tutti i sentieri perduti, sopra la valle scura, su tutte le povere case…
(F. Tombari)

Il bucaneve
Bianco come una piccola candela, dove la neve s’è sciolta, splende il bucaneve. I contadini lo chiamano il bicchiere della Madonna. Si racconta che un giorno di gennaio, poichè Gesù aveva sete, la Madonna andò alla fontana; ma questa, per il gran freddo, si era tutta gelata. “Come faccio” sospirò la Madonna “a dar da bere al mio bambino?”. La terra, udendola, forò la neve dei prati con un fiorellino colmo di fresca acqua di sgelo. Era il bucaneve. Gesù bambino potè bere; e da allora, in ricordo di quel giorno, il bucaneve ha il privilegio di forare il bianco mantello che copre la terra. (R. Pezzani)

Nevicata
Era una delle ultime notti di gennaio; nevicava: le vie della città, le piazze, i davanzali, le terrazzine delle case, gli alberi dei giardini, tutto era bianco, sepolto, sovraccarico di neve; i fiocchi venivan giù lenti, grossi, fitti, e sullo strato nevoso lungo i muri, non appena s’imprimeva un’orma ne spariva ogni traccia. I lampioni agli angoli della strade mandavano intorno un chiarore velato e triste; sui crocicchi, per quanto si guardasse, avanti e indietro, a destra e a sinistra, non si vedeva nessuno; in ogni parte un silenzio cupo: si sarebbe sentita, per modo di dire, cadere la neve. (E. De Amicis)

Nevicata in città
Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori cristallini. I tetti sembrano coperti d’uno strato di soffice bambagia. Un passero pigola e fa capolino dalla volta di una tegola, rannicchiato come un riccio. I bambini escono dalla scuola intirizziti, raccolti a due, a tre, sotto certi ombrelloni che paion camminare da sè, radendo terra. Tutti hanno una grande smania di correre. (A. Stoppani)

Sotto la neve
Neve dappertutto: alta sui tetti, sui fianchi dei monti, sulle pinete, sui ciliegi dei cortili, sui susini degli orti, sopra i davanzali delle finestre, sulle altane delle stalle. Neve profonda: il paese vi sparisce dentro fino ai comignoli. A colpi di vanga bisogna liberare i sentieri, per giungere alle porte dei vicini e alle fontane per prender l’acqua coi secchi. La montagna di faccia sembra un colosso bianco con la fronte nel cielo bianco, con uno smisurato mantello bianco sulle spalle. I giganteschi abeti, nel loro niveo mantello, non sembrano più alberi. (R. Parini)

Notte d’inverno
Nevicava: le vie della città, le piazze, i davanzali e i terrazzini delle case, gli alberi dei giardini, tutto era bianco di neve e i fiocchi venivano giù densi e fitti. Era una di quelle notti in cui chi si trova fuori di casa si affretta a ritornarvi a passi rapidi, con l’occhio a terra per scansare le pozzanghere, con il collo rientrato nelle spalle, col bavero del vestito alzato, con le mani affondate nelle tasche, tutto inarcato e rimpicciolito. (E. De Amicis)

Il silenzio della neve
L’inverno porta il silenzio nei campi. E dove cade la neve, il silenzio è ben più profondo. Sotto il bianco mantello la terra dorme e i pochi rumori si perdono subito come se fossero inghiottiti dall’aria. Anche il suono delle campane, sempre così squillante e festoso, diventa cupo. La terra dorme il suo profondo sonno invernale. (G. Cauzillo)

Cortile in inverno
Un cortile. Finestre chiuse, vetri appannati. Qualche filo di ghiaccio penzola qua e là dalle gronde, immobile, rigido, quasi trasparente ai deboli raggi del sole. E’ nevicato e la neve coi suoi luccichii e scintillii è la festa dei bambini. Dal cortile si levano grida di gioia che si frangono contro i vetri delle finestre e si spengono tra i muri delle case. Le voci dei ragazzi che si rincorrono nel cortile, balzano e rimbalzano con improvvisi alti e bassi, esplodono con rapidi frastuoni, tacciono, sussurrano, riprendono ad urlare.

Neve sull’oliveto
Da due giorni non si apriva uno spiraglio nel cielo chiuso e inerte; il giorno era un lungo crepuscolo, e cadeva una pioggia fine e incessante. Ieri il cielo di piombo si saldò all’orizzonte come un coperchio, e a tarda sera cadde la neve, che continuò per un pezzo durante la notte, coprendo ogni cosa. Stamane, alzandoci, abbiamo visto tutto bianco. Corrono voci inquietanti di danni causati dalla neve agli olivi. Appena fuori dall’abitato, fisso lo sguardo sugli oliveti della collina opposta, ma non riesco a scoprire nulla; i miei occhi, assuefatti da alcuni giorni alla penombra della casa, sono abbagliati dalla neve che copre tutto. (F. Seminara)

Nevicate alpine
Chi non vide le immense e profonde nevicate alpine, non può comprendere questo delirio della bianchezza. Le maggiori nevicate, dalle Alpi in giù, lungo i monti, le valli e le pianure d’Italia, anche a giudicarne dalle più iperboliche descrizioni, mi parvero sempre tenui e mansuete. Inverno da dilettanti o di parata, che viene per la mostra e che il primo scirocco o scioglie e mitiga in gran parte. La neve che ha tre, quattro, cinque metri di spessore, ha un aspetto ben diverso da quella che si misura in centimetri. La sua bianchezza è più immacolata, più lucente, più metallica; non c’è potenza germinativa che vinca o dissodi la sua compagine; attraverso i suoi cristalli, nulla traspare della buona faccia terrestre, il suolo che essa ricopre ne ha modificato la struttura; gli aspetti delle cose non sono più quelli. Quel dolce candore così radioso sotto il sole pomeridiano, così soavemente rosato al tramonto, se appena il cielo si appanna o cessano i raggi, diventa immediatamente spettrale. (G. Giacosa)

Riflessioni mentre nevica
La natura è sepolta sotto un lenzuolo bianco. L’inverno, simbolo della vecchiaia, non è lieto per me che non ho nessun gusto a far battaglie con le palle di neve. Io amo il verde, il sole, il cielo azzurro, e sento tutta la tristezza che deve pigliare i nostri montanari del lago di Como, quando vanno a cercare lavoro e fortuna in Inghilterra. Ah si, è pane ben guadagnato, a confronto del quale quello che trovo tutti i giorni sulla tavola è pan d’oro del cielo. Eppure non ci si pensa mai: e anche ieri mi sono lamentato che non fosse abbastanza ben cotto. Nevica. Un gran silenzio pesa sulla città. Le ore giungono soffocate e rotte. Penso ai paesetti che ho veduto quest’autunno nell’Engadina, che ora saranno sepolti fino ai tetti. Domani mattina gli abitanti dovranno aprirsi una strada o una galleria nella neve; come fanno le talpe nella terra dei campi, e ringrazieranno la madre natura se quest’anno saprà essere un po’ più discreta del solito nei suoi regali. Il vecchio Giovanni, che vive lavando scodelle, ha osservato quest’oggi: “Visto che Dio ce la manda, non potrebbe essere farina? Non si avrebbe che la fatica di raccoglierla, di metterla nei sacchi e di riempirne i magazzini. Ma nasce una questione: che cosa di farebbe il resto dell’anno?”. (E. De Marchi)

Neve in montagna
I prati, le case, le piante e la montagna sono coperti di neve, e uno stormo di corvi annuncia altra neve…
Sotto la neve, il bosco pare più fitto. La neve farinosa che va tranquillamente accumulandosi sui rami alti dei larici e degli abeti si fa peso, e curva il ramo, poi cade e scuote altra neve di altri rami più in basso e trasforma l’albero in una nuvola bianca. I rami liberati dal peso della neve oscillano un poco nell’aria e tornano lentamente ad imbiancarsi per altra neve che cade. Ai piedi degli alberi, fra un tronco e l’altro, è tutto nero.
La neve cade su altra neve con un fruscio sottile. E’ così soffice, compatta, fredda asciutta che non si sentono tonfi. Lo strato cresce in silenzio; ma capita di avvertire un cedimento breve nella neve, uno strato superiore che si adagia su quello inferiore, già più saldo, e atto, a sua volta, a sopportare un nuovo strato di aria e di neve…
Di ora in ora, di giorno in giorno, la neve cresce; sono cristalli che si fondono e si alzano verso il davanzale delle finestre più basse. Il cumulo si alza come una siepe, una muraglia…

Neve
Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei veicoli rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una parola: di bellezza, di fede, chi sa? La parola, invece, è già scritta, sotto quel bianco: eterna parola chiusa nel piccoletto grano, che par morto ed ha in sè il mistero della vita, di tutta la vita. La neve dei campi è la neve più buona.
D. Valeri

Arriva la neve!

Il cielo è grigio, d’un grigio tutto uguale; l’aria è scura e pungente: tutto il mondo è immusolito. Ma, ecco: che cosa succede? Nell’aria sono apparse delle bricioline bianche, poi qualche falda che sembra burlarsi di noi, volteggiandoci davanti agli occhi e subito fuggendo. Ma ora sono tante le falde, sempre più fitte, non si possono più contare nè distinguere. E l’aria è tutta bianca, la terra ha subito un velo d’argento; in breve tutto il mondo è bianco, indistinto, silenzioso.

Una nevicata

Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori di cristallo. I tetti sembrano coperti da uno strato soffice di bambagia; i camini, mezzo sepolti, soffiano, come altrettante bocche, da una gran barba bianca. Sembra che la gente abbia una gran smania, tutti tirano dritto, dritto, intabarrati, incappucciati, incappottati. E i bianchi fiori scendono soffici, lentamente, roteando. (A. Stoppani)

La neve durò poco. Dapprima una forte pioggia, di cui ogni goccia scavava un buco nella neve già corrosa, poi il vento spazzarono la valle e la montagna. Dal bosco la neve cadde a mucchi, e solo qua e là sui più grossi rami ne rimase un po’, cristallizzata dal gelo.
Un giorno apparve il sole e il cielo si incurvò sulle lame brillanti delle montagne lontane. I ghiaccioli di cristallo pendenti dai rami e la neve sulle rocce sprizzarono scintille iridate; la sottile erba invernale, su cio la brina standeva le sue filigrane, brillò anch’essa, smeraldina; e i capretti candidi e neri scesero saltellando dalla mandria. (G. Deledda)

Nevicata
Le fronde degli alberi si piegano sotto candide arcate scintillanti! Nel giardino, le vecchie statue si ammantano di tuniche bianche, si incipriano, si incappucciano, incanutiscono sotto zazzere d’argento. E sul molle lenzuolo, disteso dalla pianura ai monti, resta assopito ogni rumore. Di giorno, anche le voci umane  sembrano sospese nell’aria. (P. Lioy)

Le valanghe
Sulle cime più alte della montagna, dura rigido l’inverno per otto mesi. Su queste vette non erbe, non fiori, ma neve continua e, a lato, ghiacciai perpetui da cui soffiano violentissimi venti che spesso scoppiano in turbini, i quali sollevano la neve come onde del mare e ne fanno precipitare grossi ammassi: le valanghe. (A. Bresciani)

La neve
Cade a larghi fiocchi e copre gli alberi, i prati, i tetti delle case. I fiocchi scendono pian piano dal cielo e sembrano farfalle bianche. Ma appena si posano, ecco, la farfalla non c’è più. Ma altre farfalle sopravvengono, si ammassano, formano un candido manto che cambia l’aspetto di tutte le cose.

Una nevicata
I fiocchi di neve scendono vaporosi come fiori o ali di farfalle, e quanti ce ne sono in ogni nevicata! In breve, il suolo è completamente ricoperto come da un candido manto, e tutto cambia di aspetto.

Neve in montagna
La neve saliva. Vi fu qualche turbine di vento. La neve, sollevata, mulinava, ricadeva in stracci leggeri. La foresta gemeva, e si udivano gli scoppi dei rami che, troppo carichi e troppo tormentati, si spezzavano. In quei giorni, la furia dell’aria riusciva a svelare tra le nubi larghi specchi d’azzurro e un raggio di sole accendeva fra tanto candore, un brillio infinito. Sotto un cielo di stelle la neve gelava e nella tarda alba diffondeva riflessi di madreperla. Poi di nuovo la cenere chiara si adunava da ogni parte e ancora cadevano le piume bianche. (G. Fanciulli)

Neve
Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei carri rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una grande parola: di bellezza, di fede, chi sa? La parola, invece, è già scritta, sotto quel bianco; eterna parola chiusa nel piccoletto grano, che par morto ed ha in sè il mistero della vita, di tutta la vita. La neve dei campi è la neve più buona. (D. Valeri)

Neve
La neve che cade dà tanta gioia ai bimbi che vedono, nelle bianche distese, soltanto motivo di divertimento: scherzose battaglie di palle di neve, lunghe scivolate con slittini e sci e infine, l’aspetto nuovo, pittoresco e gentile, delle case, dei campi, delle strade. Per gli adulti la neve non è soltanto gioia, ma è anche freddo, intralcio al traffico e, per i poveri, poco lavoro, fame, difficoltà di ogni genere.

La neve
La neve! Che festa per i ragazzi! Tutto diventa bello sotto il suo candido manto. Godete la neve, bambini, ma non dimenticate che la neve vuol dire anche freddo, fame e tribolazioni per i poveri. Una bella nevicata e una bella carità! Due cose che starebbero tanto bene insieme!

La neve è bella
Una nevicata è una pioggia di farfalle candide. Senza lampi e senza tuoni, quasi sempre nel più profondo silenzio, quei fiocchi bianchi scendono a mille, a milioni da un cielo bigio cinereo, roteando per l’aria e tutto ricoprendo di un manto lucente e morbido. La terra bruna diventa bianca e bianchi i tetti e i muri. E le forme delle case anch’esse si arrotondano, svaniscono e si disciolgono in quell’oceano bianco, morto, freddo. (P. Mantegazza)

Il silenzio della neve
Dicembre porta il silenzio nei campi. E dove spesso cade la neve il silenzio è ben più profondo. Sotto il bianco mantello la terra dorme e i pochi rumori si perdono subito come se fossero inghiottiti dall’aria. Anche il suono delle campane, sempre così squillante e festoso, diventa sordo.  La gente cammina frettolosamente e sembra che vada in punta di piedi e che parli a voce sommessa, come se avesse paura di svegliare la terra che dorme il suo profondo sonno invernale. (G. Cauzillo)

Nevicata in città
Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori cristallini. I tetti sembrano coperti d’uno strato di soffice bambagia… Un passero pigola e fa capolino dalla volta di un tegolo, rannicchiato come un riccio. E guardando in alto tu vedi, un bel pezzo prima, quello che arriverà dopo. (A. Stoppani)

Nevicata
Nevicata: le vie della città, le piazze, i davanzali, le terrazzine delle case, gli alberi dei  giardini, tutto era bianco, sepolto, sovraccarico di neve; i fiocchi venivano giù lenti, grossi, fitti, e sullo strato nevoso lungo i muri, non appena si imprimeva un’orma ne spariva ogni traccia. I lampioni agli angoli delle strade, mandavano intorno un chiarore velato e triste. (E. De Amicis)

Dettati ortografici sulla neve – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Poesie e filastrocche INVERNO

Poesie e filastrocche INVERNO – una collezione di poesie e filastrocche sull’inverno, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Inverno
Silenzioso vieni e silenzioso vai,
o mesto inverno, che nessuno invoca.
Quando già freddo il vento della corsa
trova ancora una voce tra le piante,
e piangono lacere le foglie,
ancora non ci sei
se pur t’appressi.
E quando il primo sole un bel mattino
rischiara il cielo,
e svaniscono i cristalli della brina,
più non ci sei
se pur da poco andato.
Vieni e vai nessuno ti saluta.
Addio, autunno! Ben torni, primavera!
Sono le voci che odi al tuo passare. (G. G. Moroni)

Inverno lungo
Per un raggio di sole non è
lo sgelo.
Ancora l’intrico pallido
delle ombre
è l’unico ornamento della terra
sotto gli alberi nudi.
In Norvegia, ora, sul ghiaccio
danzano i bimbi, vestiti
di panno rosso;
con le lame dei pattini disegnano
fiori d’argento
su quella che fu
acqua oscura. (A. Pozzi)

Un dolce pomeriggio d’inverno
Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce
perchè la luce non era più che una cosa
immutabile, non alba né tramonto,
i miei pensieri svanirono come molte
farfalle, nei giardini pieni di rose
che vivono di là fuori del mondo.
Come povere farfalle, come quelle
semplici di primavera che sugli orti
volano, innumerevoli, gialle e bianche,
ecco se ne andavan via leggere e belle
ecco inseguivano i miei occhi assorti,
sempre più in alto volavano mai stanche.
Tutte le forme diventavan farfalle
intanto, non c’era più una cosa ferma
intorno a me, una tremolante luce
d’un altro mondo invadeva quella valle
dove io fuggivo, e con la sua voce eterna
cantava l’angelo che a te mi conduce. (C. Betocchi)

L’inverno e il poeta
Neppure il più pallido segno
ci resta dei mesi di sole!
La terra è uno squallido regno
che pesa sul cuore, che duole.
In ogni collina c’è un serto
di brume diffuse, stagnanti;
il cielo è un immenso deserto:
né voli, né trilli, né canti.
Eppure nella morsa del gelo
qualcosa sorride al poeta:
è un esile, povero stelo
di grano su zolla di creta.
Guardando quel tenero verde
L’artista ritorna contento
e già quel gran mare si perde
di messi cullate dal vento… (E. Ottaviani)

Inverno
Dei purziteri
ne le vetrine
xe verdoline
le ulive za;
ghe xe le renghe
bele de arzento
e sufia un vento
indiavolà:
cattivo inverno
ecote qua!
Dei salumieri
nelle vetrine
son verdoline
le olive già;
ci son le aringhe
belle d’argento
e soffia un vento
indiavolato:
cattivo inverno
eccoti qua! (V. Giotti)

Così viene l’inverno
Il cielo è grigio e freddo,
il passerotto pigola sul tetto.
Dalle sue piume scuote un che di lieve,
un batuffolo bianco, presagio della neve.
Oltre i vetri su cui si appanna il fiato,
il giardino si è tutto addormentato.
I rami sono spogli, nude sono le aiuole,
cui più non giunge il caldo raggio del sole.
Così viene l’inverno silenzioso
come un lupo che scende giù dai monti.
Ulula, a notte, ed empie gli orizzonti
(mentre la terra dorme muta e stanca)
d’un grigio sfarfallio che tutto imbianca. (F. Penna)

Sole d’inverno
Che dolce tepore! Che lieve carezza!
Lo sento che un poco di questa dolcezza
mi scende nell’animo, tutto m’invade.
E vedo nel sole un bel sogno di strade
aperte sui campi già verdi, già nuovi,
un cheto occhieggiare di gemme tra i rovi…
E il cuor si rallegra. Fra poco il susino,
il pesco, il ciliegio, fra poco, al turchino
del cielo alzeranno le rame odorose?
Io credo che presto verranno le rose
di macchia e le primule, e tutte le aiuole
saranno fiorite. Che gioia di sole!
Ma presto, freddissimo, un brivido passa
nel cielo già spento, e una nuvola bassa
nasconde l’azzurro, già tetra, già greve…
Ed ecco, nell’aria, è un presagio di neve. (A. Novi)

Inverno
Terra nera, nubi oscure
cielo freddo, pioggia, brina
già l’inverno s’avvicina
bacche rosse sulle siepi
passerotti infreddoliti
i bei giorni son finiti!
Sotto il tetto un nido vuoto
rondinella pellegrina
sei partita stamattina
guardo e aspetto. Quando torni
rondinella bianca e nera
tornerà la primavera.

Il gatto inverno
Ai vetri della scuola, stamattina,
l’inverno strofina
la sua schiena nuvolosa
come un vecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire
e ricomparire;
con le zampe di neve, imbianca il suolo
e per la coda ha un ghiacciolo…
Sì, signora maestra,
mi sono un po’ distratto:
ma per forza, con quel gatto,
con l’inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Invano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo spoglio;
o per dolce imbroglio, chiotti, chiotti,
fingono d’esser merli e passerotti. (G. Rodari)

L’inverno è qui
… e già biancheggia il capo alle montagne,
cadon le foglie, l’aria è fredda e bruna…
Il triste inverno sarà qui tra poco:
chiudi ben l’uscio e fatti accanto al fuoco. (P. Fornari)

L’inverno
L’inverno ritorna ad ogni giro di anno
e ha la sua ghirlanda di ghiaccioli e
di neve, la sua corona di stellette e
di leggende, le sue poesie e le sue
canzoni, il suo fascino e la sua bellezza. (N. Salvaneschi)

Mattino d’inverno
Nasce il giorno e non trova
che pagliuzze nell’orto,
e fogli secche e gialle,
e un vecchio albero morto.
Che tristezza, che squallore!
Non più voli di farfalle
tra gli albicocchi in fiore;
e sulla quercia enorme,
non più nidi, non più foglie…
Nasce il giorno, e non trova
che poche rame spoglie
e la terra che dorme (M. Castoldi)

Che cosa c’è nell’inverno
Oltre la pioggia irosa
con il suo gioco alterno
del batti e ribatti,
nel cuor dell’inverno
c’è un’altra cosa.
Oltre la neve che posa
coi fiocchi gelati
sui monti e le valli,
sugli alberi e i prati,
c’è un’altra cosa.
…C’è quella dolce cosa
che si chiama speranza,
e al di là della nera
nuvolaglia che avanza,
vede la primavera
color di rosa. (M. Mundula)

Com’è dolce
Com’è dolce, com’è dolce ascoltare delle storie
delle storie dei tempi passati
quando i rami degli alberi son neri
quando la neve è fitta e pesa sul suolo gelato. (A. De Vigny)

Inverno
Avanza, il vecchio inverno,
con passo lento e stanco,
coperto fino ai piedi
da un manto tutto bianco.
E porta freddo e gelo,
un cielo bianco e greve,
per l’aria fa danzare
la fredda e bianca neve.
Ghiaccioli di cristallo
ci dona a profusione
fa i passeri volare
sull’aia e sul verone.
Fa stare la nonnetta
accanto al caminetto
e, mentre lei sferruzza,
le fusa fa il micetto.
E i bimbi birichini?
Sul ghiaccio lieti vanno,
oppure con la neve
fantocci o palle fanno. (D. Vignali)

In casa d’inverno
Fra poco la pioggia ed il vento
faranno più caldo il tuo nido.
E’ dolce restare là dentro,
allora che il tempo è malfido.
La lampada sopra la mensa
diffonde soave la luce;
e mentre si studia e si pensa,
vicina è la mamma che cuce.
La stufa di terracotta,
nell’angolo del tinello,
scoppietta, scintilla, borbotta
dall’occhio del rosso fornello.
Il pendolo suona le ore;
anch’esso ti fa compagnia,
col tac tic tac del suo cuore,
mentre la sera s’avvia.
Oh, quanto d’amore è pervasa,
d’inverno, la voce di casa! (V. Seganti Pagani)

Inverno
L’inverno tessitore
appende ai rami trine
finissime, le brine
di fil d’argento.
L’inverno è uno scultore:
la neve fa, sul tetto,
un monumento.
Ed è anche musicista,
e, sulla tramontana,
ci fischia la più strana
sua sinfonia.
Sportivo, fa una pista
d’ogni campo di neve
per lo slittino
e per chi scia.
Ci offre, da cuoco esperto,
le caldarroste d’oro,
fragranti nella loro
corteccia nera.
Doni preziosi, certo,
e molto anch’io t’ammiro…
ma nel mio cuor, sospiro
la primavera. (Puck)

Lo scricciolo
Uno è rimasto, il più piccino,
di tanti uccelli volati via,
un batuffolo di piume
che non sa malinconia;
un batuffolo irrequieto
tra i rametti della siepe,
così piccolo che pare
un uccello del presepe.
Vispi occhietti, alucce lievi,
un codino impertinente,
così gaio e spensierato
che può vivere di niente.
(Graziella Ajmone)

Stornelli d’inverno
Fior di collina,
son cadute le foglie ad una ad una,
e l’erba è inargentata dalla brina.
Fior di tristezza,
i rami son stecchiti e l’erba vizza;
par fuggita dal mondo ogni bellezza.
Fior freddolino,
potessimo vedere un ciel sereno
e un raggio d’oro splender nel turchino!
Fior di speranza
sotto la neve c’è la provvidenza
che lavora per noi; c’è l’abbondanza. (D. Valeri)

Gratitudine
Fiocca la neve: ed ecco un uccellino
cade leggero sul deserto manto:
è tutto intirizzito, poverino,
e com’è triste il tenero suo canto!
Ho tanta fame. Invano, pigolando
cerca del cibo, e spera di trovare
qualcosa che lo possa riscaldare,
e sulla neve stanco va cercando.
Al mesto cinguettio, un ragazzetto
sbriciola il pane sopra l’impiantito.
Ora saltella e canta l’uccelletto
ringraziando così chi l’ha nutrito.
(Adalgisa Manenti)

Invernale
Sui monti la neve
le case e la pieve,
le strade ed i prati
ha già trasformati.
Or tutto è diverso;
io vago disperso;
è dolce l’incanto,
se dura quel bianco.
Son curve le piante:
la neve è pesante…
pesante che casca
qua e là da una frasca.
Non s’ode rumore.
Un grido vi smuore.
Un cenno di fumo…
due orme. Nessuno. (G. Consolaro)

Inverno
Muta il cielo,
muta il vento.
Che gran brivido!
S’increspa
verde – argento
tutta l’acqua.
Sono tutti un sol tremore
gli alberelli
miserelli.
Dalla grande nube oscura
ora vien la tramontana…
C’è per tutta la campagna
il silenzio e lo squallore.
Gli insettucci, ad uno ad uno,
son spariti sotto terra.
Le formiche hanno sbarrato
il portone ai formicai.
Fin la talpa s’è rinchiusa
nel salone delle feste,
disturbata un pochettino
dal buon tasso, suo vicino,
suo compagno di ritiro,
che, in pelliccia giallo scura
tondo tondo
grasso grasso
russa e russa
come un ghiro. (L. Galli)

Nonno inverno
Chi ti ha insegnato a ricamare
di bianche trine gli alberi spogli,
a disegnare giori di gelo,
a far cadere fiocchi dal cielo?
Hai un mantello ch’è senza pari,
proprio tessuto dalle tue mani,
soffice, lieve, immacolato;
in esso celi le case e il prato,
i colli e i monti, poi me lo presti
ed io vi affondo in allegria.
Oh nonno inverno, chi t’ha racchiuso
nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Aimone)

Mago gelo
In silenzio, tutto solo,
sotto un cielo di stellato,
questo notte Mago Gelo
dappertutto ha lavorato.
Ha disteso sulla gronda
un merletto inargentato;
lungo il rivo, sul laghetto,
un cristallo smerigliato.
Ha bloccato, in un istante,
la graziosa cascatella
e le ha tolto all’improvviso
il suo canto ed il suo riso.
Ha ghiacciato gli zampilli
della vasca del giardino
in un modo così vario
da formarne un lampadario.
Ha donato alle fontane
frange e pizzi senza uguale
e candele come quelle
che ci sono in cattedrale. (L. Zoi)

Mattino d’inverno
Nasce il giorno e non trova
che pagliuzze nell’orto,
e foglie secche e gialle,
e un vecchio albero morto.
Che tristezza, che squallore!
Non più voli di farfalle
tra gli albicocchi in fiore;
e sulla quercia enorme,
non più nidi, non più foglie…
Nasce il giorno, e non trova
che poche rame spoglie
e la terra che dorme.
(M. Castoldi)

Pomeriggio d’inverno
Alza la nota sua, timida e breve,
lo scricciolo di mezzo alla prunaia:
a tratti di lontano un cane abbaia
e qualche falda in aria ondeggia lieve…
Qualche labile falda, in preda al vento,
discende in un suo molle ondeggiamento…
qualche labile falda… uggiola il cane;
sale il pianto negli occhi e vi rimane.
(N. Neri)

Inverno
Silenzioso vieni e silenzioso vai,
o mesto inverno che nessuno invoca.
Quando, già freddo, il vento nella corsa
trova ancora una voce tra le piante,
e piangono lacere le foglie,
ancora non ci sei
se pur t’appressi.
E quando il primo sole un bel mattino
rischiara il cielo,
e svaniscono i cristalli della brina,
più non ci sei,
se pur da poco andato.
Vieni e vai e nessuno ti saluta.
Addio autunno! Ben tornata primavera!
Sono le voci che odi al tuo passare.
(G. G. Moroni)

Inverno
Autunno, ancora ti cercai stamane
senza trovarti: te n’eri partito
coi piedi rossi di mosto,
rigato di pioggia sottile,
senza un canto o un grido.
L’ora del giorno t’inseguì per poco
dal campanile del convento dove
le sorelle pregavano per tutte
le stagioni d’Iddio: ma non volgesti
neppure il capo. E dopo,
l’acqua cadde a rovesci, a schianti, a rombi
e fu inverno…
(F. M. Martini)

L’inverno nel villaggio
Scende dal bosco il vecchio campagnolo
col suo fascio di legna sulle spalle.
Candido è il monte, candida è la valle,
tutto di bianco s’è coperto il suolo.
C’è qualche traccia sulla neve intatta:
gente che è andata, gente che è venuta,
è fioca la campana e l’aria è muta;
gemono gli uccellini nella fratta.
Dalle finestre della casa, in fondo
al borgo, i bimbi, col nasino al vetro,
guardano il vecchio e le sue tracce dietro…
unico segno di lavoro al mondo.
Ma appena un poco il cielo si dirada
e ride il sole su tutto quel bianco,
appaiono i fanciulli in lieto branco
e far guerra di palle sulla strada.
E, mentre stan giocando allegri e fieri,
c’è un babbo silenzioso presso il fuoco:
le bestie al chiuso… si lavora poco…
e tutto questo gli dà gran pensieri.
(F. Socciarelli)

I passeri
E allorchè la notte cala
tanto fredda e tanto oscura
e la tramontana fischia
così forte che impaura,
al capino sotto l’ala
giunge solo il lamentio
degli alberi gementi:
sotto i tegoli, sgomenti,
se ne stanno i passerotti:
se ne stan rabbrividendo
col capino sopra il core
che ora batte e trema forte
di paura, di dolore.
Ma che importa
tutto questo
se doman risplende il sole?
Torneran nel nuovo giorno,
torneranno a saltellare
a giocare
folleggiare
e così
finchè una notte
verrà il gelo e nel sopore
fermerà con le sue dita
pur quel piccolo tremore. (L. Galli)

Inverno
O nonno inverno, sei già arrivato?
Anche quest’anno, triste e pensoso,
nel bianco letto sei ritornato,
nonno, dal greve manto nevoso?
Poveri nidi senza nidiate,
povere piante nude di foglie,
nel ciel di piombo stanno levate,
le braccia vostre, di rami spoglie!
Ma la gran fiamma guizza e saltella
nell’ampia cappa del focolare…
Dice la nonna la sua novella
lunga, assai lunga da raccontare.
“C’era una volta…” Ma le bruciate
sgricciano liete dentro nel guscio…
“C’erano mille candide fate…”
“Ma è freddo nonna, rinserra l’uscio!”.
Alta è la neve. “C’era una volta
tra quelle fate una regina
pallida e bionda”. Un bimbo ascolta,
ma l’altro ciondola la testolina.
E nonno inverno fuor dalla casa,
il suo gran sacco di neve stende,
l’ampia nottata n’è tutta invasa.
Sui bimbi in estasi il sonno scende (D. Maria)

Dialogo d’inverno
“Dicembre, sulla terra perchè tanto squallore?”
“Ma guarda su nel cielo, la stella dell’amore!”
“Gennaio, sul tuo bianco mantello che rimane?”
“Ma sotto dorme il dolce tesoro del tuo pane!”
“Febbraio, perchè giochi col gelo e la bufera?”
“Ma poi, morendo, lascio a te la primavera.” (A. Barocchi)

Inverno
Non c’è fiore, non c’è una foglia,
negli squallidi giardini;
tranne i gravi, antichi pini,
la campagna è muta, spoglia.
Fra gli spini ardui contorti,
non un passero che trilli:
gli uccelletti, i bruchi, i grilli
son partiti o sono morti.
Ma nel freddo raggelante
c’è qualcosa di gentile
sognan già l’amico aprile
gli occhi chiusi delle piante. (M. Carrera)

Poveri passeri!
Il vento soffia,
la neve cade,
son bianchi i tetti,
bianche le strade.
Tutte le erbe
sono gelate,
poveri passeri,
voi, come fate?
Il cielo è bigio,
la neve è bianca;
son spogli gli alberi,
la terra è stanca.
Lungo è l’inverno,
breve è l’estate;
poveri passeri,
voi, come fate? (Bruno Vaccari)

Speranza
C’è un grande albero spoglio
in mezzo all’orto; pare
che soffra e non si possa
coprire e riscaldare.
Vola sui nudi rami
un passero sperduto
e cinguetta più forte
in segno di saluto.
Geme l’albero: “Un tempo
fui giovane e fui bello,
candidi fiorellini
erano il mio mantello”.
Il passero cinguetta:
“Vecchio albero, spera,
si sciolgono le nevi,
verrà la primavera!” (M. Dandolo)

Inverno
Ho pensato: che meraviglia
ha fatto Dio con l’inverno
spogliando gli alberi
e lasciandoci ammirare
forme e profili.
Quanta libertà
al cielo in tempesta.

Nonnino Inverno
Nonnino Inverno, che mi racconti
una fiaba tutta candore
chi t’ha messo nel vecchio cuore
tanti sogni, tanta poesia?
Chi t’ha insegnato a ricamare
di bianche trine gli alberi spogli
a disegnare fiori di gelo
a far cadere fiocchi dal cielo?
Hai un mantello ch’è senza pari
proprio tessuto dalle tue mani
soffice, lieve, immacolato
in esso celi le cose e il prato,
i colli e i monti, poi me lo presti
e io vi affondo in allegria.
Oh nonno Inverno, chi t’ha racchiuso
nel vecchio cuore tanta poesia? (G. Ajmone)

Inverno
Quando piove lento lento
e fa freddo, e tira il vento
nella casa sta il bambino
nel suo nido l’uccellino
nella cuccia il cagnolino
presso il fuoco il bel gattino
il ranocchio, senza ombrello
sotto un fungo sta bel bello.

Inverno
Scura è or la terra
e il buio ci pervade
ma nel mio cuor si serba
una luce che non cade.
Accesa la terrò
forte, buona e bella
e tranquillo aspetterò
che nel cielo sia una stella.

Inverno
L’albero brullo
dice al fanciullo
ora son brutto
non ho più frutto,
ma il duro inverno
non dura eterno.
Rinverdirò,
rifiorirò.

Ecco l’inverno
Freddoloso, imbacuccato
ecco l’inverno che è arrivato.
Sulle spalle egli ha un saccone
Che ci porti, buon vecchione?
Porti feste? Allegria?
Una lieta compagnia?”
Della stanza nel tepore
ben di cuore
vorrei darti il benvenuto;
ma se penso ai poveretti
il mio labbro resta muto.
Folleggianti in danza lieve
son nell’aria tanti fiocchi;
quanti fiocchi! Quanta neve!
Questo bianco abbaglia gli occhi
lietamente non si lagna
la campagna
chè il buon chicco, chicco d’oro,
che racchiude il gran tesoro
sottoterra è riparato
e lì giace addormentato.
Dorme e sogna.
“Oh, verrà la stagion buona
verso il cielo
drizzerò il mio verde stelo
e poi, grato,
verso quei che han lavorato
pel domani
darò tanti biondi pani. (C. Fontana)

Inverno
Le papere mettono i pattini
per andare sulle lastre ghiacciate,
Ma dove li han presi quei pattini,
se ricche non sono mai state?
Li ha fatti per loro un esperto
e poi glieli ha regalati
in cambio di un loro concerto.

Inverno
Io ringrazio con tutto il mio cuore
per le cose che danno calore
per i fuochi ardenti e i guanti di lana
che scaldano nella fredda tramontana
per gli abiti invernali, i giochi da giocare
quando si può sulla neve scivolare
e ringrazio per il mio letto amato
quando il gelido giorno se n’è andato.

Cantilena invernale
Un legno non fa fuoco
e due ne fanno poco;
con tre fai un fuocherello,
con quattro l’hai più bello.
Che, se poi tu ci metti
del bosco due ciocchetti,
che vivida fiammata,
oh, che bella vampata!
Che soave calore
che ti consola il cuore!
E salgon le faville
al cielo a mille a mille
a cercar le stelline,
lontane sorelline. (E. Graziani Camillucci)

Inverno
Bianco inverno, che ci porti?
Sulla terra ogni mattina,
nebbia o neve, ghiaccio o brina.
Ma per voi bambini buoni,
guanti, scarpe, calzettoni,
bei mantelli coi cappicci
caldi e morbidi lettucci;
e regali sul guanciale
per la notte di Natale. (R. Rompato)

Inverno
Oh, che gioconda fiamma
guizza nel caminetto!
Ride il babbo, la mamma
vi bacia e stringe al petto;
e bambole e balocchi
fan tutti un’allegria. (G. Mazzoni)

Dietro i vetri
Che freddo questa mattina!
I vetri coperti di brina
invitano ai ghirigori;
“Facciamo una bella cortina
con stelle, casupole e fiori!”
I prati son tutti gelati,
ma, dietro i vetri appannati,
non temon del freddo i rigori
e stanno, con gli occhi incantati,
estatici tre spettatori.
Tre bimbi che stanno a guardare
il vecchio inverno arrivare. (V. Seganti Pagani)

I doni dell’inverno
E l’inverno vien tremando,
vien tremando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
“Un fastel d’aridi ciocchi,
un fringuello irrigidito;
e poi neve, neve a fiocchi,
e ghiaccioli grossi un dito”. (A. S. Novaro)

L’inverno
Signori miei, son qua!
Sono il solito inverno
che ripiglia il governo
finchè la primavera tornerà.
Non porto novità:
con la solita neve
comincerò tra breve
a decorare paesi e città.
In rosso tingerò
ogni punta di naso;
non fate proprio caso
se qualche volta vi pizzicherò! (L. Schwarz)

Buon vecchione
Freddoloso,
imbacuccato
ecco Inverno ch’è arrivato.
Sulle spalle egli ha un saccone..
“Che ci porti, buon vecchione?
Porti feste ed allegria
nella lieta compagnia?
Della stanza nel tepore
ben di cuore
vorrei darti il benvenuto;
ma se penso ai poveretti
il mio labbro resta muto”.
Folleggianti in danza lieve
son nell’aria tanti fiocchi:
quanti fiocchi, quanta neve!
Quanto bianco abbaglia gli occhi! (C. Fontana)

La fredda stagione
Non mi piaci, o freddo inverno,
che ci tieni qua in prigione,
dove il giorno sembra eterno:
fuggi, perfida stagione!
Senza i fiori e la verdura
sembra morta la natura.
Più non canta il vago uccello,
trema e soffre il poverello.
Ma la mamma sa le fole
e ci chiama attorno a sè
con le magiche parole:
“Una volta c’era un re…”
Poi ritornano il Natale,
la Befana, il Carnevale;
ognuno d’essi reca un dono:
freddo inverno, ti perdono! (A. Cuman Pertile)

Lo scricciolo
Uno è rimasto, il più piccino,
di tanti uccelli volati via;
un batuffolo di piume
che non conosce malinconia;
un batuffolo irrequieto
tra i rametti della siepe,
così piccolo che pare
un uccello da presepe.
Vispi occhietti, alucce lievi,
un codino impertinente,
così gaio e spensierato
che può vivere di niente.
Nella campagna tacita, bianca,
che il gelo tiene prigioniera,
pare la nota dimenticata
d’una canzone di primavera.
Sempre gaio, sempre lieto,
senza timore del domani,
pare un bimbo poverello
che tiene la gioia nelle sue mani. (G. Ajmone)

Inverno
Il cielo ha spiegato un sudario
candido sopra il mondo.
Distende a croce le braccia
l’albero solitario.
La terra pare che giaccia
in sonno tanto profondo
che somiglia a una morta
con quel sudario addosso,
con quella pianta storta
che tende i suoi rami d’osso.
E ci vien da pensare
che forse né sole né grida
la possano richiamare
un’altra volta alla vita.
(Giuseppe Porto)

In montagna
Triste quella casetta
dimenticata in vetta
a quel monte lontano,
spogliato d’ogni erbetta,
d’ogni segnale umano.
(da Note di Samisen)

L’inverno
Inerte e silenziosa
dorme la terra avvolta in bianco velo,
ed il ruscello riposa
muto tra i sassi, prigionier del gelo.
Il gelido rovaio
soffia dai monti e nei camini è greve;
non più vezzoso e gaio
svolazza l’uccellin dentro la siepe.
Pendon dai brulli rami
innumeri ghiaccioli, mentre le brine
disegnano ricami,
frange, nastri, gale e trine.
E tutto è calma e oblio,
non più canti nei campi o in vigna sento;
non più sono presenti
sui colli e i prati a pascolar gli armenti.
Ma più ringiovanita
la terra sorgerà dai suoi torpori;
un dì novella vita
avrà con nuovi frutti e nuovi fiori.
(A. Rossini)

L’inverno
Di notte
nell’ultima notte,
è sceso il sipario
sulla festa di autunno.
Solo una traccia
di foglie rosse
fradice e morte
nel fango
rimane
dell’orgia pagana
piena di colori
e di luci
piena di voluttuosi profumi
di bagliori ardenti
e talvolta
nell’estasi romantica
dell’alba
e nel tramonto,
anche
piena di brividi.
Incantevole sempre
nell’opulenza
della sua sfatta bellezza.
Ora un pallido dole
avvolge
la religiosa maestà
dell’inverno.
Gli alberi nubi
tremano
nell’aria cristallina.
Solo i pioppi
svettano ancora nel cielo
con le chiome d’oro,
d’oro fino,
trasparente.
Mossi dal vento
piovono sulla terra
scudi d’oro
che nella terra
si dissolvono
per rivivere
al primo soffio
di primavera.
(M. Battigelli)

L’inverno viene
Com’è triste il pianto dell’autunno
dell’autunno che muore!
Spento ormai è il canto
sulle labbra del pastore…
Or la nebbia stanca
si distende sulla terra
e la neve imbianca
le alte cime della sierra.
Solitario fiore
vuoi tu dirmi le tue pene?
Muto è il tuo dolore,
ben lo so: l’inverno viene.
(antico motivo asturiano)

L’inverno
Viene a gran passi l’inverno
col suo lungo barbone di neve
E, camminando, la barba gli cade
spargendosi in candidi fiocchi.
E il suo fiato affannoso di vecchio
di muta in vento che soffia gelato.
Ogni capello che pergde per via
gli si raggruma in gocce di brina
o in filamenti sottili di pioggia.
Eppure il vecchio conduce con sé
un alberello bello di Natale
che porta un po’ di gioia nelle case;
e non importa se fuori fa freddo!
(G\. Serafini)

Paesaggio invernale
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanza raccolte, più intente.
Rintoccano l’ore. Ne vibra
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sopra gli alari, lo schianto d’un ciocco
che in lampi e faville rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno l fuori s’accresce,
divien sempiterno infinito.
(R. Maria Rilke)

Inverno lungo
Per un raggio si sole non è
lo sgelo.
ancora l’intrico pallido
delle ombre
è l’unico ornamento della terra
sotto gli alberi nudi.
In Norvegia, ora, sul ghiaccio
danzano i bimbi vestiti
di panno rosso;
con le lame dei pattini disegnano
fiori d’argento
su quella che fu
acqua oscura.
(A. Pozzi)

Gli uccelli aspettano, d’inverno, davanti alla finestra
Io sono il passerotto.
Bimbi, il mio tempo muore.
E sempre vi ho chiamati nell’anno che è passato
quando tornava il corvo tra i cespi d’insalata.
Una piccola offerta, per favore.
Passero, vieni vicino.
Passero, un chicco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
Io sono il picchio.
Bimbi, il mio tempo muore.
Picchio tutta l’estate e dove arrivo
col becco, spare ogni insetto nocivo.
Una piccola offerta, per favore.
Picchio, vieni vicino,
Picchio, un bruco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
Io sono il merlo.
Bimbi, il mio tempo muore.
Ed ero io a cantare nel grigio dei mattini
quanto durò l’estate, dall’orto dei vicini.
Una piccola offerta,  per favore.
Merlo, vieni vicino.
Merlo, un chicco per te.
E tante grazie per il tuo lavoro!
(B. Brecht)

Contentarsi di poco
Dal gelido fogliame
spicca il volo il pettirosso:
ha tanto freddo addosso,
e tanta fame…
E vola, vola
fino al ruscello
ove un solicello
fioco fioco
lo scalda, un poco,
e lo consola.
Ora si mette a cercare
qualcosa da mangiare:
ecco, laggiù,
un seme di frumento!
Non chiede di più,
e tutto contento
si mette a cantare.
(E. Ottaviani)

Alberi spogli
Dal muro alto sporgono
alberi spogli
forche, braccia, grucce.
La conifera scura resiste al gelo,
il platano più alto
(belle macchie sul tronco glorioso),
ha ancora qualche foglia d’oro
e l’evonimo puntato, rosse bacche.
Melanconici come vecchi in riposo
in attesa della dolce fioritura.
Nel grigio fine un’ala appena,
fa musica.
(F. De Pisis)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Natale: 60 e più piccoli regali e lavoretti natalizi da preparare coi bambini

Una raccolta di tutorial e idee per fare piccoli regali e lavoretti natalizi coi bambini: decorazioni, biglietti d’auguri, scatole, fiocchi, nastri, giocattoli, quadretti, candele e molto altro…

1. Lavoretti natalizi: tutorial con video per realizzare i sacchettini scandinavi a forma di cuore (possono essere fatti in feltro o anche in carta), di http://radmegan.blogspot.com

2.  Lavoretti natalizi: fiocchi di neve ricamati su cartoncino, anche per costruire biglietti di auguri, di http://www.flickr.com/

3

3.  Lavoretti natalizi: tutorial per ottenere un cubo trasparente da una bottiglia di plastica di http://veroicono.blogspot.com/

4.  Lavoretti natalizi: tutorial per ottenere una scatolina trasparente apribile da una bottiglia di plastica, di http://veroicono.blogspot.com/

5.  Lavoretti natalizi: alberelli realizzati con stecchi da gelato, di http://ahomeschooljourney.blogspot.com

6.  Lavoretti natalizi: ricetta per la pasta di bicarbonato, di http://www.busybeekidscrafts.com

7. pallina – fiocco di neve realizzata con scovolini e perline, di http://adventurekerrs.blogspot.com

9. biglietto d’auguri, di http://www.twopeasinabucket.com

10.  Lavoretti natalizi: fiocco di strisce di feltro di http://www.twigandthistle.com

11. piccoli oggetti realizzati coi bottoni, di http://www.marthastewart.com

12.  Lavoretti natalizi: dieci lavoretti da realizzare con gli stecchi da gelato, di http://www.squidoo.com

13. fiocchi di neve con gli scovolini, di http://www.marthastewart.com

14.  Lavoretti natalizi: decorazione in pannolenci, di http://bugsandfishes.blogspot.com

15. semplici pupazzetti da dito in pannolenci, di http://www.theidearoom.net/

16.  Lavoretti natalizi: decorazione e segnalibro, stampabili gratuitamente qui http://wildolive.blogspot.com/

17. renne di Babbo Natale coi tappi di sughero, via http://sittingatourkitchentable.blogspot.com

18.  Lavoretti natalizi: fiocchi di carta riciclata, tutorial di http://linesacrossmyface.blogspot.com

19. decorazione dai rotoli di carta igienica, di http://www.michelemademe.com

20.   Lavoretti natalizi: fiocco di neve di bottoni, tutorial di http://www.shanty-2-chic.com

21. renna di cartoncino realizzata con l’impronta della mano dei bambini, di http://kidsstuffworld.com/

22.  Lavoretti natalizi: dischetti di legno forati da far ricamare ai bambini, di http://www.curbly.com

23. dischetti di cartone ricamate o tessute, di http://www.thecraftycrow.net

24.  Lavoretti natalizi: biglietto d’auguri di http://www.curbly.com

25. quadretto realizzato con rotolini di carta e bottoni, tutorial di http://www.alittletipsy.com

26. Lavoretti natalizi: palline realizzate con sagoma di cartoncino, carta trasparente e pezzetti di carta velina colorata, di http://123learnonline.blogspot.com

27. noce preparata per contenere una piccola sorpresa, tutorial di http://www.mamaroots.com

28.  Lavoretti natalizi: quadretto o biglietto d’auguri realizzato con una linea ricamata e una stellina di panno, tutorial di http://www.amyalamode.com

29. albero realizzato con strisce di cartoncino colorato, via http://www.bedifferentactnormal.com/

30.  Lavoretti natalizi: la casa di Babbo Natale realizzata in uno scatolone, di http://etadventures.blogspot.com

31. albero di pagine di libro, tutorial di http://creativetryals.blogspot.com

32. dolcetto renna, di http://lisastorms.typepad.com/

33.  Lavoretti natalizi: biglietti d’auguri semplici semplici, di http://www.warrenleecohen.com

34. palle “di neve” che nascondono regalini e sorprese, di http://speckled-egg.blogspot.com

35.  Lavoretti natalizi:  “bocce di neve” realizzate riciclando i coperchi dello yogurt e delle patatine in tubo, di http://www.artful-adventures.co.uk

36. “boccia di neve” in vaso, immagini di http://myblackbook.free.fr , videotutorial qui http://www.youtube.com/

37.  Lavoretti natalizi:  mostriciattoli nelle scatoline da fiammiferi, di http://mollymoo.ie

38. fiocchi di neve stampati con rametti di abete, di http://familyfun.go.com

39. piantine nei rotoli di carta igienica, di http://savingslifestyle.com

40.  Lavoretti natalizi: mollette Babbo Natale e mollette pupazzo di neve, di http://factorydirectcraft.com

41. pupazzi da dito, di http://urbancomfort.typepad.com

42.  Lavoretti natalizi: personaggi “natalizi” coi rotoli di carta igienica, di http://familyfun.go.com

43. tappi di bottiglia, di http://urbancomfort.typepad.com

44.  Lavoretti natalizi: fiocchi di neve realizzati coi cristalli di borace (la polvere di borace si acquista in farmacia), di http://deliacreates.blogspot.com

45. pupazzo di neve coi tappi di bottiglia, di http://www.whatilivefor.net

46. candela profumatissima nella buccia dell’arancia, di http://mimpimurni.blogspot.com

47. libretti a fisarmonica di http://www.twopeasinabucket.com

48. casetta da viaggio per gli gnomi, via http://pinterest.com

49. casette di pan pepato, di http://www.houseography.net/

50. pittura in rilievo “effetto neve” ottenuta miscelando in parti uguali schiuma da barba e colla vinilica bianca, di http://www.momendeavors.com

51. altra renna, molto simpatica, da un rotolo di carta igienica di http://www.crafty-crafted.com

52. pantofole da elfo fatte riciclando un vecchio maglione infeltrito, tutorial e modello di http://mayamade.blogspot.com

53. barrette di cioccolata natalizie, di http://www.marthastewart.com

54. biglietto d’auguri o quadretto realizzato con un semplice nastro rosso, via http://pinterest.com

55. biglietto d’auguri con palline di carta ritagliata e bottoni, di http://mailebelles.blogspot.com

56. biscotti d’auguri, via http://www.greenweddingplannerblog.com

57. folletto e albero di Natale realizzati coi cartoni delle uova, di http://landcare.blogspot.com

58. coroncina da renna in cartoncino, tutorial e modello di http://www.freekidscrafts.com

59. Gesù bambino nella mangiatoria, di http://www.craftymamablog.com

60. dolcetto con albero di Natale, di http://www.ohdeedoh.com/

61. renne di cartoncino, pdf in vendita qui http://www.etsy.com/

62. albero di Natale realizzato con le impronte dei piedi di tutta la famiglia, di http://www.myfamilylovesit.com/

63. un alberello di Natale per contare, di http://kidsmatter1.blogspot.com/

64. renna realizzata con rotoli di  carta igienica e cartoni di uova, di http://www.busybeekidscrafts.com/

65. un faro di pan pepato, via http://www.zimbio.com/

66. gnometti realizzati con le pigne, di http://www.etsy.com/

67. scatolina, portacandele, candele e fiammiferi, di http://selekkt.com/

68. semplice alberello realizzato tagliando un cerchio di carta a spirale, di http://www.parents.com

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60 and more Christmas gifts and crafts made with kids. A collection of tutorials and ideas to make small gifts and other crafts with kids for Christmas: decorations, greeting cards, boxes, bows, ribbons, toys, pictures, candles and much more …

tutorial and video here: http://radmegan.blogspot.com

2. http://www.flickr.com/

3

3.  tutorial here:  http://veroicono.blogspot.com/

4. tutorial here:  http://veroicono.blogspot.com/

5.   http://ahomeschooljourney.blogspot.com

6. tutorial and recipe here:  http://www.busybeekidscrafts.com

7. tutorial here:  http://adventurekerrs.blogspot.com

9. http://www.twopeasinabucket.com

10.  http://www.twigandthistle.com

11.  http://www.marthastewart.com

12.  http://www.squidoo.com

13. http://www.marthastewart.com

14.  http://bugsandfishes.blogspot.com

15. http://www.theidearoom.net/

16. tutorial and free patterns here: tutorial here:  http://wildolive.blogspot.com/

17. via http://sittingatourkitchentable.blogspot.com

18. tutorial here:  http://linesacrossmyface.blogspot.com

19. tutorial here:  http://www.michelemademe.com

20.   tutorial here:  http://www.shanty-2-chic.com

21.  http://kidsstuffworld.com/

22.   http://www.curbly.com

23. http://www.thecraftycrow.net

24.  http://www.curbly.com

25. tutorial here:  http://www.alittletipsy.com

26.  http://123learnonline.blogspot.com

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28. tutorial here:  http://www.amyalamode.com

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30. the home of Santa Claus made in a box, by http://etadventures.blogspot.com

31. tutorial here: http://creativetryals.blogspot.com

32.  http://lisastorms.typepad.com/

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34. tutorial here: http://speckled-egg.blogspot.com

35. tutorial here: http://www.artful-adventures.co.uk

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37.  http://mollymoo.ie

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40.  http://factorydirectcraft.com

41. http://urbancomfort.typepad.com

42.  http://familyfun.go.com

43.http://urbancomfort.typepad.com

44.   http://deliacreates.blogspot.com

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48.  via http://pinterest.com

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50. relief painting “snow effect” obtained by mixing equal parts of shaving foam and white glue, by http://www.momendeavors.com

51.  http://www.crafty-crafted.com

52. tutorial and free pattern here:  http://mayamade.blogspot.com

53.http://www.marthastewart.com

54.via http://pinterest.com

55.  http://mailebelles.blogspot.com

56.via http://www.greenweddingplannerblog.com

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58. tutorial and free pattern here:  http://www.freekidscrafts.com

59. http://www.craftymamablog.com

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60 and more Christmas gifts and crafts made with kids 

The collection continues here:

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Decorazioni natalizie fai da te: 50 idee per decorare la casa e l’albero di Natale

Decorazioni natalizie fai da te: 50 idee per decorare la casa e l’albero di Natale. Una raccolta di tutorial e immagini di decorazioni per la casa, e addobbi per l’albero di Natale: festoni, lucette, lanterne, palline, ecc… in carta, materiale riciclato, panno, tessuto, lana cardata, maglia, uncinetto e molto altro.

1

1. Decorazioni natalizie fai da te:  facili facili da “copiare” per chi ha la macchina da cucire, di http://www.marieclaireidees.com/ (non c’è tutorial)

2

2. “palline” bellissime di carta piegata, tutorial di http://www.creativejewishmom.com

3

3. Decorazioni natalizie fai da te: Rudolph in cartone e altro materiale riciclato, con modello stampabile gratuitamente di http://www.goodhousekeeping.com

4

4. semplici e bellissime, tutorial di http://www.designsponge.com/

5

5. Decorazioni natalizie fai da te: palline di spago, realizzate con spago, colla vinilica e un palloncino, tutorial di http://crafted-love.blogspot.com/

6

6. palline realizzate con strisce di pagine di vecchi libri o di vecchie scatole riciclate, tutorial di http://thecheesethief.blogspot.com/

7

7. Decorazioni natalizie fai da te: palline tradizionali, ma personalizzate con l’impronta delle mani dei bambini, idea di http://megduerksen.typepad.com

8

8. tutorial per realizzare una semplice ma molto bella pallina di carta colorata di http://funsizecreations.blogspot.com

9

9.  Decorazioni natalizie fai da te: decorazioni realizzate a maglia, il tutorial è a pagamento qui http://www.etsy.com

10

10. vischio da baci, tutorial di http://www.stayathomeartist.com

11

11. Decorazioni natalizie fai da te: palline di feltro, facili facili, via http://www.bystephanielynn.com/

12

12. uccellino realizzato con pagine di vecchi libri, tutorial di http://www.bystephanielynn.com

13

13. Decorazioni natalizie fai da te: palla di vischio di feltro, di http://www.ohdeedoh.com

14

14. palla rivestita con una vecchia cartina stradale, tutorial di http://www.maryjanesandgaloshes.com

15

15. Decorazioni natalizie fai da te: pallina di caramelle, tutorial di http://myblessedlife.net/

16

16. tutorial con modello stampabile gratuitamente di http://www.scandinaviandeko.com

17

17. palline di carta colorata, possono essere usate anche per decorare le lucette dell’albero, tutorial di http://thecreativeplace.blogspot.com

18

18. Decorazioni natalizie fai da te: pallina di carta lavorata a nido d’ape, videotutorial di http://www.amazingpapergrace.com

19

19. alberelli a uncinetto, non c’è tutorial ma sono molto semplici da realizzare, di http://www.crochetme.com

20

20. Decorazioni natalizie fai da te: bellissima renna di cartone, purtroppo non c’è tutorial, via http://www.liveinternet.ru/

21

21. alberello di nastro, tutorial di http://www.wikihow.com

22

22. Decorazioni natalizie fai da te: varie decorazioni da realizzare in pannolenci, di http://inchmark.squarespace.com

23

23. alberelli di legnetti, tutorial di http://www.michelemademe.com

24

24. Decorazioni natalizie fai da te: cuoricini di carta di giornale, tutorial di http://fleamarketstylemag.blogspot.com

25

25. cuore di fil di ferro e decorazioni bianche, non c’è tutorial, via http://www.79ideas.org/

26

26. Decorazioni natalizie fai da te: semplicissime e molto belle, decorazioni con strisce di carta colorata, tutorial di http://dekomir.blogspot.com

27

27. idea bellissima! Gusci d’uovo per le lucette di Natale, di http://indyakaleidoscope.com

28

28. Decorazioni natalizie fai da te: renna di cartoncino, con modelli stampabili gratuitamente, di http://www.squidoo.com

29

29. decorazioni realizzate coi rotoli di carta igienica, di http://stringoffaith.blogspot.com

30

30. Decorazioni natalizie fai da te: decorazioni origami, tutorial di http://www.minieco.co.uk

31

31. decorazione con bacchette di zucchero, di http://blog.athomearkansas.com

32

32. Decorazioni natalizie fai da te: arachide – pupazzo di neve, di http://www.etsy.com/

33

33. arachide – renna di Natale, di http://www.etsy.com

34

34. Decorazioni natalizie fai da te:  tutorial molto dettagliato per realizzare una decorazione per le lucette di Natale in lana infeltrita con acqua e sapone, di http://artmind-etcetera.blogspot.com

35

35. festone realizzato con pagine di libro, tutorial di http://www.projectwedding.com

36

36. villaggi di cartone per le lucette, tutorial di http://evencleveland.blogspot.com

37

37. coprilampada realizzato con casette di pagine di libro, di http://hutchstudio.blogspot.com

38

38. decorazione con rotoli di carta igienica, tutorial di http://whiffofjoy.blogspot.com

39

39. festone in feltro, tutorial di http://www.purlbee.com

40

40. addobbi in pannolenci: i vestiti di Babbo Natale, tutorial e modelli di http://www.womansday.com/

41

41. decorazioni in carta da  pacco portadolcetti, tutorial di http://hercreativespirit.blogspot.com

42

42. decorazione a uncinetto, con istruzioni, di http://whiskersandwool.blogspot.com/

43

43. renna con tutorial e modelli gratuiti, di http://www.chroniclebooks.com/

44

44. cuoricini tridimensionali di carta, tutorial di http://thecraftingchicks.com/

45. bamboline di lana, non c’è tutorial ma sono davvero facili da fare, di http://www.swedishop.eu/

46

46. casetta con cuore centrale di carta, tutorial di http://www.michelemademe.com/

47

47. gnometti di pannolenci, tutorial di http://blog.revoluzzza.com

48

48. cavallino di panno e lana cardata, tutorial di http://gingerbreadsnowflakes.com/

49

49. modelli per realizzare festoni di carta ritagliata di http://meggiecat.blogspot.com/

50

50. lanternine di carta bianca, tutorial e modelli gratuiti di http://www.allaboutyou.com

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La collezione continua qui:

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https://shop.lapappadolce.net/prodotto/acquarello-steineriano-esercizi-di-colore-ebook/
https://shop.lapappadolce.net/prodotto/manuale-per-realizzare-le-bambole-waldorf/

Christmas ornaments: 50 ideas for decorate home and Christmas tree. A collection of tutorials and images of home decorations, and decorations for the Christmas tree: garlands, little lights, lanterns, balls, etc, made in paper, recycled materials, cloth, fabric, carded wool, knit, crochet and much more.

1

1. http://www.marieclaireidees.com/ (there is no tutorial)

2

2.  tutorial here: http://www.creativejewishmom.com

3

3.  tutorial and free pattern here:  http://www.goodhousekeeping.com

4

4.  tutorial here:  http://www.designsponge.com/

5

5.  tutorial here:  http://crafted-love.blogspot.com/

6

6.  tutorial here:  http://thecheesethief.blogspot.com/

7

7.  http://megduerksen.typepad.com

8

8.  tutorial here:  http://funsizecreations.blogspot.com

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9.  tutorial (for sale) here:  http://www.etsy.com

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10.  tutorial here:  http://www.stayathomeartist.com

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11.  via http://www.bystephanielynn.com/

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12.  tutorial here:  http://www.bystephanielynn.com

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13.  tutorial here:  http://www.ohdeedoh.com

14

14.  tutorial here:  http://www.maryjanesandgaloshes.com

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15.  tutorial here:  http://myblessedlife.net/

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16. tutorial and free pattern here:  http://www.scandinaviandeko.com

17

17.  tutorial here: http://thecreativeplace.blogspot.com

18

18. video tutorial here: http://www.amazingpapergrace.com

19

19. http://www.crochetme.com

20

20.  http://www.liveinternet.ru/

21

21.  tutorial here:   http://www.wikihow.com

22

22.  http://inchmark.squarespace.com

23

23.  tutorial here:  http://www.michelemademe.com

24

24.  tutorial here: http://fleamarketstylemag.blogspot.com

25

25. via http://www.79ideas.org/

26

26.  tutorial here:  http://dekomir.blogspot.com

27

27. http://indyakaleidoscope.com

28

28.  tutorial and free pattern here:  http://www.squidoo.com

29

29.  http://stringoffaith.blogspot.com

30

30. origami,  tutorial here:  http://www.minieco.co.uk

31

31.  http://blog.athomearkansas.com

32

32. http://www.etsy.com/

33

33.  http://www.etsy.com

34

34.  tutorial here:  http://artmind-etcetera.blogspot.com

35

35. tutorial here:  http://www.projectwedding.com

36

36.  tutorial here:  http://evencleveland.blogspot.com

37

37.  http://hutchstudio.blogspot.com

38

38.  tutorial here:  http://whiffofjoy.blogspot.com

39

39.  tutorial here:  http://www.purlbee.com

40

40.  tutorial and patterns here:  http://www.womansday.com/

41

41.  tutorial here:  http://hercreativespirit.blogspot.com

42

42.  tutorial here:  http://whiskersandwool.blogspot.com/

43

43.  tutorial and pattern here: http://www.chroniclebooks.com/

44

44.  tutorial here:  http://thecraftingchicks.com/

45.  http://www.swedishop.eu/

46

46.  tutorial here:  http://www.michelemademe.com/

47

47.  tutorial here:  http://blog.revoluzzza.com

48

48.  tutorial here:  http://gingerbreadsnowflakes.com/

49

49. free patterns here: http://meggiecat.blogspot.com/

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50.  tutorial and free patterns here:  http://www.allaboutyou.com

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Christmas ornaments: 50 ideas for home and decorated Christmas tree

The collection continues here:

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Natale: 30 e più progetti creativi e idee per realizzare angeli

Natale: 30 e più progetti creativi e idee per realizzare angeli. Una raccolta di tutorial e immagini da cui trarre ispirazione per realizzare angeli di carta, di legno, di lana, di feltro, utilizzando materiale riciclato (piatti di carta, lattine, tappi…). Angeli da appendere all’albero, da regalare, angeli per decorare la tavola, angeli per giocare coi bambini, …

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1. tutorial per realizzare un angelo con un piatto di carta, con modello stampabile gratuitamente, di http://www.marthastewart.com/

2

2. angioletti di legno e feltro, di http://webloomhere.blogspot.com/

3

3. angelo tridimensionale di cartoncino, modello stampabile gratuito e tutorial di http://www.bhg.com/

4

4. angeli di legno e ritagli di tessuto grezzo, di http://sweettidings.blogspot.com/

5

5. coloratissimi angeli realizzati con coni di cartone, palline di legno, filati vari e tessuto, di http://gingerbreadsnowflakes.com/

6

6. angeli da fare coi bambini coi piatti di carta, di http://jennwa.blogspot.com/

7

7. angeli realizzati coi centrini di carta da torta, palline di legno e scovolini, di http://www.artfullycaroline.com/

8

8. angeli di carta decorata, tutorial di http://www.canadianliving.com/

9

9. mobile realizzabile in cartoncino o pasta di bicarbonato, di http://www.etsy.com/

10

10. angeli in latta riciclata, di http://mydragonflydesign.blogspot.com/

11

11. angeli in lana cardata infeltrita, di http://www.crateandbarrel.com/

12

12. angeli di cartoncino, di http://kirstyneale.typepad.com/

13

13. angelo di lana cardata, di http://heirloomseasons.blogspot.com/

14

14. angeli di pan pepato, ricetta di http://www.epicurious.com/

15

15. angeli di panno, di http://www.etsy.com/

16

16. ali d’angelo in cartone rivestito con carta di giornale, via http://pinterest.com/

17

17. angeli di fil di ferro e perline rosse, di http://w.globalgoodspartners.org/

18

18. angioletto in pannolenci e maglina da bambole, di http://www.flickr.com/

19

19. festone di angioletti in coppia, modello gratuito qui http://hobbyhoekje.teamgoo.net/

20

20. angelo tridimensionale da realizzare in legno o cartone, di http://www.accessorizeyourhome.nl/

21

21. un dettagliatissimo tutorial per realizzare angeli coi centrini di carta da torta e poco altro, di http://artmind-etcetera.blogspot.com

22

22. tutorial per realizzare questo angelo con perla di legno, piume e stampino di carta per dolcetti di carta, di http://dengodefeen.blogspot.com/

23

23. A di Angelo, tutorial di http://totallytots.blogspot.com/

24

24. angelo di pannolenci ricamato, via http://woofnanny.blogspot.com/

25

25. vari tutorials riccamente illustrati per realizzare angeli con rotolini di strisce di carta colorata, di http://stranamasterov.ru

26

26. angelo ritagliato nella carta colorata, di http://www.emilykingart.com/

27

27. cartamodelli per realizzare angeli con le perline di plastica ikea (quelle che si fissano col ferro da stiro), di http://www.angel-guide.com/

28

28. angelo di cartoncino colorato, di http://bethrush-bethspapercuts.blogspot.com/

29

29. angelo di rotolini di carta colorata di http://www.handmade-craft-ideas.com/

30

30. angelo da stampare gratuitamente, montaggio con tutorial, di http://allsorts.typepad.com/

31

31. angelo di legno, tutorial molto dettagliato di http://www.freecraftz.com/

32

32. altro angelo realizzato con piatti di carta, tutorial di http://nurturestore.co.uk/

33

33. angelo realizzato con l’impronta delle mani, di http://www.familiesonlinemagazine.com

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La collezione continua qui:

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https://shop.lapappadolce.net/prodotto/acquarello-steineriano-esercizi-di-colore-ebook/
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Christmas: 30 and more creative projects and ideas to make angels. A collection of tutorials and images for inspiration to create angels made of paper, wood, wool, felt, using recycled material (paper plates, cans, caps …). Angels to hang, as gifts, angels to decorate the table, angels to play with children…

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1. angel made with a paper plate, tutorial and free pattern here:  http://www.marthastewart.com/

2

2. wood and felt http://webloomhere.blogspot.com/

3

3. tutorial and free pattern here: http://www.bhg.com/

4

4. http://sweettidings.blogspot.com/

5

5. http://gingerbreadsnowflakes.com/

6

6.  http://jennwa.blogspot.com/

7

7. http://www.artfullycaroline.com/

8

8. tutorial here: http://www.canadianliving.com/

9

9. http://www.etsy.com/

10

10. angels made from recycled tin http://mydragonflydesign.blogspot.com/

11

11. felted wool http://www.crateandbarrel.com/

12

12. cardboard http://kirstyneale.typepad.com/

13

13. carded wool http://heirloomseasons.blogspot.com/

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14. gingerbread, with recipe http://www.epicurious.com/

15

15. http://www.etsy.com/

16

16. via http://pinterest.com/

17

17.  http://w.globalgoodspartners.org/

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18.  http://www.flickr.com/

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19. garland, free template here: http://hobbyhoekje.teamgoo.net/

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20.  http://www.accessorizeyourhome.nl/

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21. tutorial here: http://artmind-etcetera.blogspot.com

22

22. tutorial here:  http://dengodefeen.blogspot.com/

23

23. A is for Angel, tutorial here: http://totallytots.blogspot.com/

24

24. via http://woofnanny.blogspot.com/

25

25. quilling tutorials here http://stranamasterov.ru

26

26. http://www.emilykingart.com/

27

27. pattern here:  http://www.angel-guide.com/

28

28.  http://bethrush-bethspapercuts.blogspot.com/

29

29.  http://www.handmade-craft-ideas.com/

30

30. tutorial and free download here: http://allsorts.typepad.com/

31

31.  tutorial here: http://www.freecraftz.com/

32

32. tutorial by http://nurturestore.co.uk/

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33. http://www.familiesonlinemagazine.com

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Christmas: 30 and more creative projects and ideas to make angels 

The collection continues here:

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Natale: 50 idee per fare il presepe

Natale: Natale: 50 e più idee per fare il presepe… con gli stecchi del gelato, in carta, da stampare e ritagliare, in stoffa, pannolenci, feltro, lana cardata, con marionette da dito, in cartone, a maglia,  con mollette da bucato,  di pan pepato, ecc…

1

1. Idee per fare il presepe: presepe da realizzare coi bambini con gli stecchi di legno dei gelati, con modelli stampabili gratuitamente, di http://likeaprettypetunia.blogspot.com

2

2. presepe in legno e feltro, in vendita qui http://www.ideesalon.de/

3

3.  Idee per fare il presepe: presepe puzzle in legno, tutorial di http://www.ldscraftproject.com/

4

4. presepe realizzato su pittura ad acquarello con sagome nere, il modello è stampabile gratuitamente, tutorial di http://www.thatartistwoman.org/

5

5.  Idee per fare il presepe: bellissimo presepe da stampare e ritagliare, in vendita qui http://www.fler.cz/

6

6. presepe da stampare e ritagliare, bianco e nero,  qui: http://printpattern.blogspot.com/

7

7.  Idee per fare il presepe: presepe realizzato con palline di legno, ghiande e ritagli di lino, tutorial di http://sweettidings.blogspot.com/

8

8. sagoma stampabile gratuitamente, qui http://papercutting.blogspot.com/

9

9.  Idee per fare il presepe: marionette da dito di carta, da colorare, stampa gratuita qui http://www.craftaholicsanonymous.net/

10

10. presepe da realizzare in legno o cartone, modelli stampabili gratuitamente di http://undermypolkadotumbrella.blogspot.com/

11

11.  Idee per fare il presepe: altro tutorial per realizzare un presepe puzzle, di http://lapazfarm.homeschooljournal.net/

12

12. mini presepe realizzato con perle di legno, spolette e ritagli di tessuto, tutorial di http://holesinmyshinyveneer.blogspot.com/

13

13.  Idee per fare il presepe: sagome stampabili gratuitamente e tutorial di http://youseriouslymadethat.blogspot.com/

14

14. stampabili gratuitamente, personaggi e scenografie per realizzare un teatrino natalizio, di http://preparednotscared.blogspot

15

15.  Idee per fare il presepe:presepe realizzato a maglia, di http://www.jeangreenhowe.com/

16

16. presepe il legno di http://www.charlieswoodshop.com/

17

17. presepe teatrino realizzato con cartoncino, gomma e mollette da bucato, di http://alljoinin.blogspot.com/

18

18.  Idee per fare il presepe:presepe di ovetti di feltro, via http://thisnewlife2009.blogspot.com/

19

19. presepe minimalista, di http://buysebastianbergne.com/

20

20. mini presepe di carta ritagliata, da mettere intorno a una candelina scaldavivande, qui http://www.thisnext.com/

21

21.  Idee per fare il presepe: presepe astratto, via http://boingboing.net/

22

22. presepe in legno e pannolenci ricamato, di http://saintsandspinners.blogspot.com/

23

23. pannello in feltro che è sia calendario dell’avvento sia presepe, di http://somethingkindadifferent.com/

24

24.  Idee per fare il presepe: semplicissimo, e bellissimo… di http://www.etsy.com/

25

25. presepe in legno naturale, di http://www.atwestend.com/

26

26. presepe in feltro, in vendita qui http://www.wisteria.com/

27

27.  Idee per fare il presepe: presepe da dito in panno di http://www.etsy.com/

28

28. presepe di pan pepato e marzapane, di http://www.maiksdesign.com/

29

29. Presepe di lana cotta in una sfera, di http://woolfoodmama.typepad.com/

30.  Idee per fare il presepe: presepe teatrino in pannolenci, di http://www.etsy.com/

31

31. presepe ad arco, tradizionale tedesco, di http://www.mara-thoene.de/

32

32. presepe magnetico, di http://www.cutoutandkeep.net/ . L’idea è riproducibile con le immagini che più si preferiscono e oltre che per la stampa al computer, la carta magnetica può essere utilizzata per il disegno a mano.

33

33. presepe di biscotti e caramelle, di http://www.aokcorral.com/

34

34. Idee per fare il presepe:  presepe realizzato coi rotoli di carta igienica, di http://nurturestore.co.uk/

35

35. presepe realizzato con fili di lana, di http://familyfun.go.com/

36

36. modelli stampabili gratuitamente e rotoli di carta igienica, tutorial di http://dollarstorecrafts.com/2009/12/nativity-recyclables/

37

37. Idee per fare il presepe:  vasetti di terracotta e palline di legno, presepe di http://www.confessionsofahomeschooler.com/

38

38. presepe realizzato applicando le sagome di carta nera a dei blocchi di legno di varia misura, via http://pinterest.com/

39. presepe coi cubi di legno da costruzione, via http://tatertotsandjello.com/

40

40. presepe a uncinetto, di http://www.e-patternscentral.com/

41

41. minipresepe, tutorial di http://designdazzle.blogspot.com/

42

42. presepe di cartone, con scatola, via http://pinterest.com/

43

43. presepe lanterna, di http://www.flickr.com/photos/

44

44. presepe realizzato con gli stecchini da gelato, di http://www.whattoexpect.com/

45

45. presepe trasparente, di http://www.orthodoxchristiancraftsupply.com/

46

46. presepe realizzato applicando decorazioni di pannolenci ai blocchi di legno da costruzione, di http://thepioneerwoman.com/

47

47. presepe di spezie e frutta secca, di http://caminar-aflordepiel.blogspot.com/

48

48. presepe di carta stampabile gratuitamente, di http://marloesdevee.blogspot.com/

49

49. di http://learning-to-b-me.blogspot.com/ , bellissimo…

50. presepe in lana cardata, molto bello, di http://www.etsy.com/

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La collezione continua qui:

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Christmas: 50 ideas for making the nativity scene with the ice cream sticks, paper, to print and cut, with fabric, felt, carded wool, with finger puppets, cardboard, knitted, with clothes pegs, made of gingerbread, etc …

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Nativity scene to do with the children with wooden ice cream sticks with printable templates for free  http://likeaprettypetunia.blogspot.com

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2. wooden crib and felt, for sale here http://www.ideesalon.de/

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3.  tutorial by http://www.ldscraftproject.com/

4

4. tutorial by http://www.thatartistwoman.org/

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5. beautiful nativity scene to print and cut, for sale here http://www.fler.cz/

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6. nativity scene to print and cut, here: http://printpattern.blogspot.com/

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7.  tutorial by http://sweettidings.blogspot.com/

8

8. free pattern here: http://papercutting.blogspot.com/

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9.  free download here:  http://www.craftaholicsanonymous.net/

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10. free patterns here: http://undermypolkadotumbrella.blogspot.com/

11

11.  tutorial here: http://lapazfarm.homeschooljournal.net/

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12. tutorial by http://holesinmyshinyveneer.blogspot.com/

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13.  free download here:  http://youseriouslymadethat.blogspot.com/

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14. free download here:  http://preparednotscared.blogspot

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15.  http://www.jeangreenhowe.com/

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16. http://www.charlieswoodshop.com/

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17.  http://alljoinin.blogspot.com/

18

18. via http://thisnewlife2009.blogspot.com/

19

19.  http://buysebastianbergne.com/

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20.  http://www.thisnext.com/

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21.  via http://boingboing.net/

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22. http://saintsandspinners.blogspot.com/

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32. Magnetic nativity scene, http://www.cutoutandkeep.net/ .

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33. nativity scene made of biscuits and sweets, by http://www.aokcorral.com/

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34. nativity scene made of rolls of toilet paper http://nurturestore.co.uk/

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35.  http://familyfun.go.com/

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36. free download here: http://dollarstorecrafts.com/2009/12/nativity-recyclables/

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37.  http://www.confessionsofahomeschooler.com/

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38. via http://pinterest.com/

39. via http://tatertotsandjello.com/

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40.  http://www.e-patternscentral.com/

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41. tutorial by http://designdazzle.blogspot.com/

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42. via http://pinterest.com/

43

43. http://www.flickr.com/photos/

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44.  http://www.whattoexpect.com/

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45.  http://www.orthodoxchristiancraftsupply.com/

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46.  http://thepioneerwoman.com/

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47. nativity scene made with spices and dried fruit, http://caminar-aflordepiel.blogspot.com/

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48. free download here: http://marloesdevee.blogspot.com/

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49. http://learning-to-b-me.blogspot.com/

50. nativity scene in carde wool here:  http://www.etsy.com/

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Christmas: 50 ideas for making the nativity scene

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Candeline galleggianti nella noce

Candeline galleggianti nella noce – Il giorno di Santa Lucia è tradizione dedicarsi alla produzione di candele. Quest’anno, con le mie ragazze, dopo aver visto qui abbiamo fatto delle candeline galleggianti utilizzando cera d’api, filo di cotone, e gusci di noce e di ghianda.

Candeline galleggianti nella noce – come si fanno

Per prima cosa si scalda la cera, poi si preparano gli stoppini, così:

poi con un cucchiaino si versa la cera nei gusci (potete tenerli in mano sulla pentola…),

si aspetta qualche secondo e si posiziona al centro lo stoppino.

Per far rapprendere la cera man mano che riempite le candeline potete metterle a galleggiare in una ciotola d’acqua.

Quando la cera si è rappresa può essere necessario aggiungerne dell’altra per riempire bene.

Le candeline galleggianti nella noce o nei gusci di ghianda sono molto suggestive. Pensiamo di regalarle a Natale agli amici, confezionandole in una bella ciotola trasparente con qualche stecca di cannella e un po’ di anice stellato…

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Floating candles in walnut – The day of Saint Lucy it is tradition make candles. This year, with my girls, after seeing here we made some floating candles using beeswax, cotton thread, and nut and acorn shells.

 Floating candles in walnut

How is it done?

First heats the wax, then prepare the wicks, in this way:

then with a spoon pour the wax in the shells (you can hold it in your hand on the pot …)

wait a few seconds and then place at the center the wick.

To coagulate the wax, as you fill the candles you can make them float in a bowl of water.

When the wax has solidified it may be necessary to add more wax to fill well.

Floating candles in walnut or acorn shells are very suggestive. We plan to give them to friends at Christmas, putting them in a nice transparent bowl with some cinnamon stick and a bit of star anise.

Santa Lucia

Santa Lucia – il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, nelle scuole steineriane c’è la bellissima tradizione di fare coi bambini le candele di cera d’api.

tutorial qui

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tutorial qui

Anche in famiglia si possono svolgere varie attività che ricordino la luce nel buio dell’inverno, e l’avvicinarsi della grande festa del Natale. Si possono fare o decorare le candele, preparare un centrotavola speciale, confezionare corone di Santa Lucia…

In Svezia, all’alba del 13 dicembre, migliaia di bambine con una veste bianca, una candela accesa in mano e una coroncina di candele elettriche in testa, illuminano il buio inverno svedese.

Le processioni sono guidate da una bambina che impersona Lucia seguita da damigelle e paggetti che indossano vesti bianche e cappelli con stelle dorate. Il corteo è chiuso da bambini vestiti come folletti. I bambini cantano canzoni tradizionali natalizie e Lucia e le sue damigelle donano brioche allo zafferano e biscotti allo zenzero agli spettatori.

Questa tradizione del Settecento si ripete in chiese, scuole, ospedali e luoghi di lavoro in tutto il Paese e  segna il passaggio alle ultime due settimane di Avvento. Come la conosciamo ora, la festa originò nel Novecento, quando un quotidiano di Stoccolma nel 1927 lanciò il primo concorso tra i lettori per votare la Lucia più bella.

Ogni anno viene incoronata una Lucia in ogni cittá. Le candidate sono giovani residenti e vengono pubblicizzate dai quotidiani e TV locali. La Lucia, che viene scelta dal pubblico, e le altre candidate che diventano le sue damigelle, devono saper cantare per poter poi esibirsi nelle piazze della cittá, negli ospedali, nei centri per gli anziani, nei centri commerciali e nelle fabbriche.

Fonte: http://www.visitsweden.com/

Santa Lucia è originaria di Siracusa ed esistono diverse versioni in merito a come questa tradizione sia arrivata in Svezia. Sappiamo che l’aristocrazia svedese settecentesca introdusse questa tradizione che prevedeva che la figlia maggiore vestisse i panni di Lucia e servisse la colazione a letto ai genitori la mattina del 13 dicembre.

Per Santa Lucia
L’acqua, la scarpetta, la farina,
fuori della finestra ho preparato.
Allo spuntar del sole, domattina,
vedrò i regali che m’avrai portato.
Mi raccomando a te, Santa Lucia,
dolce speranza dell’anima mia.
Talvolta è vero, son monello assai:
m’alzo tardi, non studio la lezione,
del gioco sol non m’accontento mai,
e spesso sbaglio, ma per distrazione.
Ma mi correggerò, Santa Lucia,
dolce speranza dell’anima mia.
(E. Berni)

Come potete leggere in questo bel post http://twigandtoadstool.blogspot.com/ arricchito da bellissimi ricordi personali, in molte case ancora oggi Santa Lucia si festeggia proprio così: la figlia maggiore, accompagnata da fratellini e sorelline, serve la colazione ai genitori, in particolare i tipici lussekatter. I bambini vestono di bianco con una cintura rossa alla vita, portano nelle mani delle candele accese e corone in testa…


Qui un libro illustrato, in Inglese, che racconta la tradizione:

http://www.conciliarpress.com/products/Lucia%2C-Saint-of-Light.html

Qui una Lucia da ritagliare e colorare:

http://www.makinglearningfun.com/themepages/StLuciaScissorPractice.htm

E qui la bambolina di carta da ritagliare e vestire:

http://tpettit.best.vwh.net/dolls/pd_scans/xmas_morning/index.html

Lucia in lana cardata:

http://www.flickr.com/photos/wichtelzwerg/4181718453/in/faves-8946269@N02/

Una corona di cartoncino:

http://nestfullofeggs.blogspot.com/2010/12/st-lucia-program.html

I lussekatter (gatti di Lucia), panini allo zafferano che simboleggiano anch’essi la luce, e che per tradizione si mangiano il 13 dicembre (con ricetta):

http://huset-shop.com/designblog/lucia-godess-of-light/

Una corona di tessuto:

http://ascozyasspring.typepad.com/as_cozy_as_spring/2007/08/st-lucys-crown.html

Un tutorial per realizzare queste bamboline:

http://rosylittlethings.typepad.com/posie_gets_cozy/2006/12/santa_lucia_dol.html

La corona con le lampadine, che oggi si usano in sostituzione di quelle di candele:

http://www.scandinavian-south.com/lucia.htm

una processione:

http://vitavillavila.blogspot.com/2009/12/lucia-ar-har.html

Secondo la tradizione cristiana 
I cristiani in Sicilia subirono gravi. Vittima della persecuzione dell’Imperatore Diocleziano fu Lucia di Siracusa. Nata da ricca e nobile famiglia, ancora giovinetta, rimase orfana del padre. Sotto la guida amorosa della madre Euticha crebbe cristianamente, amando soprattutto la virtù e dedicandosi alle opere buone e alle preghiere.
Un giorno la madre si ammalò gravemente e Lucia la condusse a Catania sul sepolcro di Sant’Agata a pregare e a impetrare la guarigione: la Santa la esaudì. Solo allora Lucia confessò alla madre che l’aveva promessa in sposa a un giovane pagano, di aver fatto voto della sua vita al Signore ed ottenne da lei il consenso all’adempimento del sacro impegno assunto. Ma il fidanzato la denunciò al Governatore romano come cristiana e Lucia venne arrestata e cacciata in prigione assieme a comuni delinquenti.
La giovane, per non vedere gli atti osceni compiuti dai tristi compagni di carcere, si cavò gli occhi, che Dio, però, le rese più splendenti di prima e, gettata nel fuoco, fu, per volontà del Signore, risparmiata anche dalle fiamme.
Allora il Governatore romano, visti vani tutti i mezzi per indurre Lucia ad abbandonare la sua fede e a sacrificare agli dei, la fece uccidere a colpi di spada il 13 dicembre dell’anno 304 dC.
Il suo corpo, sepolto dapprima a Siracusa, fu poi trasportato a Costantinopoli e quindi a Venezia.
In molte parti d’Italia è Santa Lucia che nella notte dal 12 al 13 dicembre, porta i doni ai bambini: per questo c’è chi mette alla finestra una scodella col cibo e la bevanda per l’asinello che porta la Santa, chi invece mette alla finestra una scarpa ben lucidata,  perché venga riempita di doni.
Santa Lucia è venerata in tutta Italia come la Santa protettrice della vista.

Puoi trovare  altro materiale che ho raccolto sull’argomento qui: http://pinterest.com/

https://shop.lapappadolce.net/prodotto/acquarello-steineriano-esercizi-di-colore-ebook/
https://shop.lapappadolce.net/prodotto/manuale-per-realizzare-le-bambole-waldorf/

Poesie e filastrocche per dicembre

Poesie e filastrocche per dicembre – una raccolta di poesie e filastrocche sul mese di dicembre, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Vecchio dicembre
E’ tanto vecchio, povero dicembre,
che cammina appoggiandosi a un bastone;
del sole non è amico, a quanto sembra,
perchè d’accordo va con il nebbione.
Nel fango affonda sino alle calcagna,
spruzza di neve l’albero e la siepe,
di prima neve imbianca la montagna
mentre nasce Gesù, là nel presepe. (G. Marzetti Noventa)

Dicembre
Dicembre…
La neve sui monti, la fiamma nel focolare,
volti cari attorno a una lampada,
una campana che chiama per la novena di Natale.
Dicembre…
Un ramo d’abete e il presepe
fatto di bambagia leggera
col Bambino che s’addormenta fra le candeline di cera. (A. T. Bordoni)

Dicembre
La neve sui monti, la fiamma nel focolare,
volti cari attorno a una lampada,
una campana che chiama per la novena di Natale.
Un ramo d’abete e il presepe
fatto di bambagia leggera
col bambino che s’addormenta tra le candeline di cera.

Dicembre
Il vento soffia,
la neve cade,
son bianchi i tetti,
bianche le strade.
Il cielo è grigio
la neve è bianca,
son spogli gli alberi,
la terra è stanca. (B. Vaccari)

Dicembre
Va novembre,
vien dicembre.
Ciel nebbioso,
suol fangoso…
Sopra i campi brulli e tetri,
soffia il vento e batte ai vetrim
mentre il passero sul tetto,
trema al freddo, poveretto! (C. Prosperi)

Dicembre
Dai campi desolati,
sui viali deserti di bambini,
dagli orti abbandonati,
levano al cielo di piombo
le braccia ferme, nude,
gli alberi disperati.
Nell’aria non c’è un volo,
nell’aria non c’è un grido;
sotto l’antico ponte, con un rombo
freddo, il torrente… (V. Bosari)

Dicembre
Or è bello novellare;
fuori piove e mugghia il vento;
nel camino c’è un lamento,
ch’empie i bimbi di spavento,
mentre stanno al focolare.
E’ dicembre, un buon vecchietto,
canta loro una novella
dove c’è una mamma bella
un bambino ed una stella
ed un bove ed un ciuchetto. (D. Dini)

Dicembre
Chi la ricorda ancora
la bella primavera,
che sorridendo infiora
il monte e la riviera?
Chi ricorda l’estate
coi suoi fulgidi soli
con l’aure profumate
piene di trilli e voli?
E l’autunno che infonde
gioia e tristezza insieme
che ingiallisce le fronde
e i bei grappoli spreme?
Un’uggia, un sopor greve
pei campi, per le strade;
e il silenzio… e la neve
che cade, cade, cade. (A. Tona)

Dicembre
Dicembre ha un suo ricamo,
sospeso ad ogni ramo;
l’ha fatto con la nebbia
l’ha fatto con la brina:
è nuovo ogni mattina.
Dicembre ha un suo sorriso,
diffuso in ogni viso:
lo porta in ogni casa,
dove la gente aspetta
la notte benedetta. (M. C.)

Il mese poverello
Bigio il ciel, la terra brulla:
questo mese poverello
nella sporta non ha nulla,
ma tien vivo un focherello.
Senza gregge e campanello
solo va, pastor del vento.
Con la neve nel cappello
fischia all’uscio il suo lamento.
Breve il dì, lunga la notte,
cerca il sole con affanno.
Ha le tasche vuote e rotte,
ma nasconde il pan d’un anno. (R. Pezzani)

Ecco dicembre
Ecco dicembre, vien bel bello.
E’ vero, porta ventaccio e neve
ma quanti doni sotto il mantello!
Sì, raffreddori, qualche malanno;
ma ci riporta tanta dolcezza
con la più cara festa dell’anno.
Ed ogni bimbo, pel suo presepe,
già si prepara stelle e pastori,
casette bianche, bianca la siepe.
E già si sente, nel cuoricino
più buono, forse, perchè, tra poco,
nasce a Betlemme Gesù bambino. (Zietta Liù)

Dicembre
Ecco dicembre! Dicembre,
sì vecchio e canuto,
col suo pesante fardello.
E sembra un buon poverello,
così, senza un fiore nè un frutto.
Viene sul mondo deserto,
dormiente sotto la neve…
La terra è arida e nera…
i rami stecchiti…
E come ulula il vento!
Che tristi lamenti!
Son forse bambini gementi,
i pini piangenti,
smarriti nelle tormente?
E viene, viene dicembre,
carico di doni.
Ne ha colmi il pesante fardello,
e le tremule mani
oscillano nell’alberello.
E viene il bianco Natale
col capo pieno di neve
e la gran stella lucente.
Stormiscon gli abeti leggeri,
fioriscon le siepi di brina…
e viene viene dicembre:
è carico di doni,
… viene per consolare.
Spoglia, è sì triste la terra
nel plumbeo abbraccio del mare! (L. Galli)

Dicembre
Il falcetto secco taglia;
fondo addenta, mai non sbaglia;
sopra è il cielo decembrino,
con fumate di camino.
Le ramaglie ammonticchiate
che cantarono l’estate
son la foglia moritura
hanno adesso sepoltura.
Tra la siepe senza frasca
già di sonno l’orto casca…
C’è chi prova una zampogna
e il presepe il bimbo sogna. (L. Carpanini)

Dicembre
Vien Dicembre e non trova
che pagliuzze nell’orto,
e foglie secche e gialle,
e un vecchio albero morto.
Che tristezza, che squallore!
Non più voli di farfalle
tra gli albicocchi in fiore;
e sulla quercia enorme
non più nidi, non più foglie…
Vien dicembre, e non trova
che poche rame spoglie
e la terra che dorme. (M. Castoldi)

Dicembre
Dalla profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le case ammanta come spettri;
di su, di giù, di qua, di là, s’avventa,
scende, risale, impetuosa, lenta,
alle finestre tamburella i vetri…
Turbina densa in fiocchi  di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba dai rami curvi, in blocchi sordi…
Nel caminetto crepita la bragia…
(G. Gozzano)

Dicembre
Va dicembre, in mezzo al gelo,
col suo sacco sulle spalle,
mentre scendono dal cielo
bianchi sciammi di farfalle.
Ecco il mese che raccoglie
tutti al fuoco dei camini
e che va, di soglia in soglia,
festeggiato dai bambini.
Che letizia si diffonde
nei palazzi e i casolari
con le tenere e gioconde
melodie dei pifferai!
Tutti corrono festanti,
sotto il turbine dei fiocchi,
fra i negozi scintillanti
di dolciumi e di balocchi.
E dicembre, allegro in viso
nel vedere facce liete,
nel tinello, d’improvviso,
fa sbocciare un verde abete;
e l’abete, tutto adorno
di lustrini, chicche e doni,
vi sussurra in questo giorno:
“O fanciulli, siate buoni!
Non sentite cosa dice
questa nenia di campane?
Ogni cuore sia felice,
ogni desco abbia il suo pane!
Date un dono all’orfanello
che giocattoli non ha:
e il Natale assai più bello,
bimbi miei, per voi sarà”.
(P. Ruocco)

Rose di dicembre
Vedere ancor due roselline, oggi, a mezzo
dicembre, mi pare un inganno
degli occhi, un prodigio, trovar queste povere
due roselline.
Con voce di foglie già morte, il rosaio
risponde alle scosse del vento;
si tien dritto al muro, a sentir se l’intonaco
tiepido è ancora.
Sì; forse un po’ tiepido; e basta ai due bocci
che s’aprono lenti, in silenzio;
e pare un celato sorridere, un muoversi
vago di labbra.
(F. Chiesa)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.

Alberi di Natale – 50 e più progetti creativi – pagina 1

Alberi di Natale – 50 e più progetti creativi – pagina 1.

ALBERI DI NATALE: 50 e più idee per realizzare l’albero di Natale: con una scala, con materiali naturali,  con frutta e anche con verdura, in carta, in materiali riciclati vari, in lana, in tessuto, ecc…

… la raccolta è divisa in due pagine, questa è la seconda; trovi altre idee qui:

 http://blog.cb2.com/

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albero di assicelle colorate http://www.flickr.com

______________________

l’albero di Charlie Brown, via http://www.fredflare.com/

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 via http://loddelinadesigns.blogspot.com/

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quilling, by tutorial di http://jojoebi.blogspot.com/

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 http://recipesforvegans.blogspot.com/

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 tutorial di http://2ifbysea-cristi.blogspot.com/

________________________________

altro albero di assicelle di legno qui: http://woodwoolstool.blogspot.com/

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albero-mobile da appendere, qui:  http://nika-po.livejournal.com/

______________________________

 tutorial dihttp://betterinbulk.net/

tutorial di http://talkcraftytome.com/

_________________________________

 http://brittanyanddylan.blogspot.com

____________________________

 http://www.wannagreenbean.com/

_______________________________

video tutorial di http://www.youtube.com/watch?

____________________________

albero di libri, via http://www.houzz.com/

_________________________________

albero di biscotti, di  http://www.tasteofhome.com/

____________________________

 http://boutique.cascades.com/

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 http://emeraldcovejewelry.blogspot.com/

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 http://www.flickr.com/

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tutorial  di http://bkids.typepad.com/bookhoucraftprojects/

https://shop.lapappadolce.net/prodotto/acquarello-steineriano-esercizi-di-colore-ebook/
https://shop.lapappadolce.net/prodotto/manuale-per-realizzare-le-bambole-waldorf/


 
 
 
 

Christmas trees – 50 and more creative projects – first part. Ideas for the Christmas tree with a straight, natural materials, with fruits and even vegetables, paper, recycled materials, in wool, textile, etc. The collection is divided into two pages, this is the first.  Here  are other ideas.

  http://blog.cb2.com/

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albero di assicelle colorate http://www.flickr.com

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Charlie Brown, via http://www.fredflare.com/

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 via http://loddelinadesigns.blogspot.com/

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quilling, tuturial by http://jojoebi.blogspot.com/

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 http://recipesforvegans.blogspot.com/

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 tutorial byhttp://2ifbysea-cristi.blogspot.com/

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tree made of wooden laths, by  http://woodwoolstool.blogspot.com/

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mobile by http://nika-po.livejournal.com/

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 tutorial by http://betterinbulk.net/

tutorial by http://talkcraftytome.com/

_________________________________

 http://brittanyanddylan.blogspot.com

____________________________

 http://www.wannagreenbean.com/

_______________________________

video tutorial by http://www.youtube.com/watch?

____________________________

book tree, via http://www.houzz.com/

_________________________________

albero di biscotti, di  http://www.tasteofhome.com/

____________________________

 http://boutique.cascades.com/

_____________________________

 http://emeraldcovejewelry.blogspot.com/

__________________________

 http://www.flickr.com/

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tutorial  by http://bkids.typepad.com/bookhoucraftprojects/

Calendari dell’Avvento fai da te – 70 e più idee – PAGINA 2

Calendari dell’avvento fai da te : una raccolta di 70 e più idee creative per calendari dell’Avvento fai da te  da stampare, in tessuto, con le mollette da bucato, con buste di carta, a forma di orologio, di stivaletto di Babbo Natale, di abaco, di spirale, di stella cometa,  coi rotoli di carta igienica, in carta o cartone, origami, lana cardata, pannolenci, coi contenitori dello yogurt, e molto altro ancora…

…ho diviso  la raccolta in due pagine: questa è la seconda pagina; trovi i  primi 30 calendari qui:

  tutorial con cartamodello stampabile gratuitamente per realizzare questo albero in legno (o anche in cartoncino pesante) di http://www.skiptomylou.org/

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albero del tè per aspettare Natale di http://brightandblithe.wordpress.com/

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Calendari dell’avvento fai da te :semplice e bellissimo, con tutorial, di http://lilla-a-design.blogspot.com/

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Calendari dell’avvento fai da te : calendario dell’avvento realizzato su un ombrellino, di http://emmelines.blogspot.com/

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 calendario dell’avvento realizzato appendendo scatoline origami numerate a un albero di Natale stilizzato, di http://www.craftynest.com/

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albero di leccalecca, via http://www.bedifferentactnormal.com/

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bellissimo il calendario dell’avvento-abaco, di http://www.garnethill.com/

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Calendari dell’avvento fai da te : albero calendario dell’avvento, con video tutorial e modelli stampabili gratuitamente, di http://blog.paigerussell.com/

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altro tutorial per realizzare un albero-calendario, di http://hisugarplum.blogspot.com/

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Calendari dell’avvento fai da te : rotoli di carta igienica e carta velina colorata, tutorial di http://www.instructables.com/id/

 vari calendari dell’avvento stampabili gratuitamente, di http://freeprintablefun.org/

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calendario su gruccia appendiabiti, di http://jennifersjostens.blogg.se/

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Calendari dell’avvento fai da te: bello anzi bellissimo questo semplice calendario dell’avvento realizzato con un ramo d’albero e un braccialetto di perline di legno, di http://design-shimmer.blogspot.com/

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 un calendario dell’avvento online, che giorno dopo giorno propone (in lingua inglese) attività a tema, qui http://www.activityvillage.co.uk/

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 in ogni anello di tessuto, numerato, è contenuta l’indicazione per una diversa attività natalizia, di http://www.stitchcraftcreations.com/

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  per le più creative, tante casette per uccellini in feltro, di http://www.gardeners.com/

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centrotavola realizzato in pasta di sale, via http://www.flickriver.com/search/advent+spiral/

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 altro calendario dell’avvento realizzato coi rotoli di carta igienica, di http://xtremeteamduty.blogspot.com/

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per cambiare, una stella cometa, di http://www.flickr.com/

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 calendario realizzabile con rotoli di carta igienica, vasetti di yogurt o lattine, di https://roomenvy.wordpress.com/

51

Calendari dell’avvento fai da te:   questa idea mi piace davvero moltissimo: semplicemente un biscotto al giorno, di http://www.savonsanomat.fi/

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fil di ferro, pacchetti e decorazioni, di http://www.houzz.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: il camioncino di Babbo Natale, di http://www.livingathome.de/

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mollette da bucato, e tutto bianco e rosso, il calendario dell’avvento di http://sundayinbed.tumblr.com/

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 sacchettini semplici appesi a un ramo, di http://www.flickr.com/

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 scatoline numerate di forme e colori diverse, numerate, incollate a una cornice, di http://buzzingsofaqueenbee.blogspot.com/

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di http://davidandcarolineparker.blogspot.com questo calendario formato da 24 secchielli neri numerati

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alberello realizzato con legnetti del bosco e gusci di noce, di http://svatava.blogspot.com/

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 semplice e originale, di http://laclassedellamaestravalentina.blogspot.com/

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 ancora mollette da bucato numerate, di http://www.impressionen.de/shop/

Calendari dell’avvento fai da te: alberelli di carta numerati, di http://athome.kimvallee.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: da preparare insieme ai bambini, tutorial di http://artfulparent.typepad.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: una serie di vasi smaltati e numerati, dello stesso colore e di forma e dimensione diversa, di http://www.brigitte.de/

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Calendari dell’avvento fai da te: serie di alberelli di Natale di carta, tutorial di http://pinksuedeshoe.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: calendario dell’avvento davvero ecologico, di http://littleecofootprints.typepad.com/ . Sul retro della foglia si possono scrivere istruzioni per una caccia al tesoro.

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Calendari dell’avvento fai da te: qui un bel calendario coi bicchieri di carta, di http://www.brigitte.de/

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Calendari dell’avvento fai da te: rotoli di carta igienica e pannolenci, di http://www.canadianliving.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: se avete 24 guantini, l’idea è bellissima: http://www.ravelry.com/patterns/

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Calendari dell’avvento fai da te: tutorial per realizzare questo calendario dell’avvento a finestrelle di ispirazione steineriana, di http://www.ourbigearth.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: tutorial per realizzare queste belle scatoline a forma di stella con cartoncino riciclato, di http://greylustergirl.blogspot.com/

Calendari dell’avvento fai da te: bellissime casette di carta (e moltissime altre fantastiche idee), di http://thedesignfiles.net/

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Calendari dell’avvento fai da te: mollette da bucato travestite da folletto, da numerare per un calendario dell’avvento semplice e simpatico, di http://factorydirectcraft.com/

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Calendari dell’avvento fai da te: sagome realizzate con la carta da pacchi, tutorial di http://iammommahearmeroar.blogspot.com/

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la collezione continua qui: http://pinterest.com/melassa/01-advent-calendar/

https://shop.lapappadolce.net/prodotto/acquarello-steineriano-esercizi-di-colore-ebook/
https://shop.lapappadolce.net/prodotto/manuale-per-realizzare-le-bambole-waldorf/

Advent calendars DIY: 70 and more ideas – second part. DIY Advent calendars to be printed, textile, made with clothespins, with paper bags, shaped as a clock, as Santa’s boot, abacus, spiral, star of Bethlehem, made with rolls of toilet paper, paper or cardboard, origami, carded wool, felt, with yogurt cups, and more. I have divided the collection into two pages: after these first 30 advent calendars, you can find others here

Tutorial with printable free pattern to make this tree wood (or even heavy card stock) by http://www.skiptomylou.org/

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Tea tree to wait for Christmas http://brightandblithe.wordpress.com/

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 http://lilla-a-design.blogspot.com/

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Advent Calendar made of an umbrella, by http://emmelines.blogspot.com/

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origami numbered boxes in a stylized Christmas tree, by http://www.craftynest.com/

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 http://www.bedifferentactnormal.com/

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Advent abacus by http://www.garnethill.com/

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video tutorial and printable templates for free, by http://blog.paigerussell.com/

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http://hisugarplum.blogspot.com/

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http://www.instructables.com/id/

Many advent calendars printable for free by http://freeprintablefun.org/

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 http://jennifersjostens.blogg.se/

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http://design-shimmer.blogspot.com/

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online advent calendar, that day after day offers (in English) themed activities, here http://www.activityvillage.co.uk/

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In each ring of tissue, numbered, it is contained an indication for a different Christmas activities, by http://www.stitchcraftcreations.com/

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http://www.gardeners.com/

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 http://www.flickriver.com/search/advent+spiral/

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 http://xtremeteamduty.blogspot.com/

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http://www.flickr.com/

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https://roomenvy.wordpress.com/

a biscuit a day, http://www.savonsanomat.fi/

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 http://www.houzz.com/

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 http://www.livingathome.de/

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http://sundayinbed.tumblr.com/

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 http://www.flickr.com/

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 http://buzzingsofaqueenbee.blogspot.com/

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http://davidandcarolineparker.blogspot.com

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 http://svatava.blogspot.com/

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 http://laclassedellamaestravalentina.blogspot.com/

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http://www.impressionen.de/shop/

 http://athome.kimvallee.com/

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Tutorial by http://artfulparent.typepad.com/

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 http://www.brigitte.de/

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Tutorial by http://pinksuedeshoe.com/

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 http://littleecofootprints.typepad.com/ . On the back of the leaf can be written instructions for a scavenger hunt.

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 http://www.brigitte.de/

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Waldorf style, by http://www.ourbigearth.com/

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 http://greylustergirl.blogspot.com/

 http://thedesignfiles.net/

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 http://factorydirectcraft.com/

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http://iammommahearmeroar.blogspot.com/

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