Angelo di lana cardata bianco – versione semplice. Fare angeli è sempre fonte di grande soddisfazione per i bambini, che in poco tempo vedono realizzato il loro capolavoro… inoltre sono molto stimolati ad aggiungere decorazioni e particolari e creare oltre all’angelo un’infinità di altri personaggi per il gioco e il teatrino (come vedremo nelle prossime puntate…).
L’unica difficoltà per quanto riguarda la proposta, è che i bambini devono essere in grado di fare i nodi. Se si vogliono far partecipare i piccoli del gruppo, si può sempre fare il nodo, e chiedere al bambino di stringerlo lui.
Angelo di lana cardata bianco – versione semplice – Materiale occorrente
lana cardata per angeli (quella a fibra lunga e liscia),
un ciuffo di lana cardata gialla per i capelli (se si vuole),
filo dorato per le rifiniture,
ago da feltro (oppure ago e filo per cucire i capelli).
Angelo di lana cardata bianco – versione semplice – Come si fa
Con la lana bianca ricavare due strisce: una di circa 60cm e l’altra di circa 25cm (per braccia ed ali)
Prendere la striscia lunga e fare un semplice nodo che cada a metà della striscia di lana stessa:
poi dividere in due ciuffi uguali una delle due estremità e procedere alla formazione della testa dell’angelo, come mostrato nelle foto seguenti:
Appoggiare sul tavolo il lavoro, e prendere la striscia corta di lana. Dalla striscia corta prendere una piccola quantità di lana e formare i nodi per le manine dell’angelo come mostrato nelle foto seguenti:
Ora inseriamo le ali e le braccia come mostrato nelle foto seguenti:
Col filo dorato fermare la lana cardata formando un bell’incrocio sul tronco e una cintura per la vita. Se si desidera, si possono mettere i capelli, aiutandosi con un aghetto da feltro (o con ago e filo):
Infine col filo dorato formare intorno alla testa una bella aureola e modellare le ali e la veste a piacere, a mano o anche aiutandosi con l’aghetto da feltro: ecco fatto!
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Tutorial angel of carded wool white – simple version.
Making angels is always a source of great satisfaction for the children, which soon see their masterpiece completed … they are also very excited to add decorations and details and create over the angel a multitude of other characters for the game and the theater (as we shall see in the next episodes …).
The only difficulty with regard to the proposal, is that children should be able to tie knots. If we want participating even younger children of the group, you can always make the knot, and ask the child to tighten it.
Tutorial angel of carded wool white – simple version What do you need?
carded wool for angels (the long fiber and smooth) a tuft of yellow carded wool for hair (if you want) golden thread to the finish, felting needle (or a needle and thread to sew the hair).
Tutorial angel of carded wool white – simple version How is it done?
With the white wool to obtain two strips: one of about 60cm and the other of about 25cm (for arms and wings)
Take the long strip and make a simple knot in half of the wool strip itself:
then divide into two equal tufts one end and proceed with the formation of the angel’s head, as shown in the photos below:
Lay on the table the work, and take the short strip of wool. From strip short take a small amount of wool and form nodes for the very little hands of the angel as shown in the following photos:
Now insert the wings and the arms as shown in the following photos:
With golden thread stop carded wool forming a cross on the trunk and a belt to the waist. If you want, you can put your hair, using a felting needle (or with needle and thread):
Finally with gold thread forming a beautiful aureole around the head and model wings and dress as you like, by hand or with the help of the felting needle: here is done!
CANTI DI NATALE Lulajże Jezuniu (Dormi, bambin Gesù) – con testo in versione italiana e inglese, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE Lulajże Jezuniu (Dormi, bambin Gesù) testo
Dormi, bambin Gesù Dormi, Bambin Gesù, amor mio santo. Dormi, Bambin Gesù, sono qui accanto. La ninna nanna ti canta la mamma, asciuga il ciglio, dolce mio figlio. La ninna nanna ti canta la mamma, asciuga il ciglio, dolce mio figlio.
Sleep little Jesus Sleep, little Jesus, my little pearl! While Mama Comforts you, tender, caressing! Lullaby, little one, in loving arms lying, Guarding my darling and stilling Thy crying! When Thou awakenest, Jesus, my treasure, Raisins and almonds I have for Thy pleasure. Lullaby, little one, in loving arms lying, Guarding my darling and stilling Thy crying! High in the heavens a lovely star sees us, But like the shining sun, is my little Jesus. Lullaby, little one, in loving arms lying, Guarding my darling and stilling Thy crying!
CANTI DI NATALE Lulajże Jezuniu (Dormi, bambin Gesù) spartito e file mp3 qui:
I rami di Santa Barbara – 4 dicembre – la tradizione dei rami di Santa Barbara non è connessa ad alcuna leggenda relativa alla santa, ma si lega invece alle più antiche tradizioni contadine. Il 4 dicembre di tagliano dei rami di alberi da frutto (ciliegio, melo, susino, mandorlo) o anche gelsomino o ippocastano.
Poi si stendono in acqua tiepida, per una notte, ed il giorno successivo si dispongono in un vaso con acqua a temperatura normale, accanto al presepe.
L’acqua va cambiata ogni 3 giorni, ed ogni tanto sarebbe anche bene inumidire i rami con uno spruzzino.
Il giorno di Natale questi rami saranno coperti di bei germogli, e potremo osservare la loro “miracolosa” fioritura.
Come si dice, provare per credere…
Am 4. Dezember Geh in den Garten am Barbaratag. Geh zum kahlen Kirschbaum und sag: Kurz ist der Tag, grau ist die Zeit. Der Winter beginnt, der Frühling ist weit. Doch in drei Wochen da wird es geschehn: Wir feiern ein Fest, wie der Frühling so schön. Baum, einen Zweig gib du mir von dir. Ist er auch kahl, ich nehm ihn mit mir. Und er wird blühen in seliger Pracht mitten im Winter in der heiligen Nacht.
Josef Guggenmos
Santa Barbara è invocata contro la morte improvvisa per fuoco, perciò gli esplosivi ed i luoghi dove vengono conservati sono spesso chiamati “santabarbara” in suo onore.
È patrona dei minatori, degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi, degli armaioli e più in generale, di chiunque rischi di morire di morte violenta e improvvisa.
Molto invocata dai militari, è anche la protettrice della Marina Militare Italiana, dei Vigili del fuoco, delle armi di Artiglieria e Genio. È anche la protettrice dei geologi, dei montanari, dei lavoratori nelle attività minerarie e petrolifere, degli architetti, degli stradini, dei cantonieri, degli artisti sommersi e dei campanari, nonché di torri e fortezze.
I Paesi germanici, in particolare, hanno una grande devozione per santa Barbara. Il folklore originale voleva che, per Barbarazweig (festa del ramo di santa Barbara), le ragazze non sposate tagliassero i rami di ciliegio, e se il ramoscello fosse fiorito per Natale, la ragazza si sarebbe sposata entro l’anno successivo.
In Francia e Ucraina, invece del ramo di ciliegio, si piantano al caldo due o più chicchi di grano, e se essi crescono per la vigilia di Natale, il raccolto di quell’anno sarà abbondante.
La variazione provenzale di questa usanza prevede che la famiglia faccia germogliare dei chicchi di grano su una base di cotone bagnato, in tre piattini separati, mantenendoli umidi durante tutto l’Avvento. Quando le piantine di grano nei tre piattini sono belle verdi, si utilizzano per decorare il presepe il giorno di Natale. Il detto francese recita_ “Quand le blé va bien, tout va bien” (Quando la pianta viene bene, tutto va bene).
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Acquarello steineriano – l’abete. Colori utilizzati: giallo limone, giallo oro e blu di prussia.
Acquarello steineriano – l’abete Come si fa
Riempire tutto il foglio di tante stelline giallo oro e giallo limone:
continuare a fare stelline col blu di prussia. Poi col blu di prussia creare una base in basso, dalla quale far emergere un bel tronco dritto:
cercare nelle stelline la chioma dell’abete, lavorando coi gialli e col blu:
Se volete farne un albero di Natale, aspettate che il foglio sia ben asciutto, poi lo potrete decorare applicando palline e stelline di carta, oppure disegnandole con le matite colorate…
Waldorf watercolor tutorial- the fir tree. Colors that are used: lemon yellow, golden yellow and Prussian blue.
The colors should be diluted in jars. In the Waldorf school we use Stockmar watercolor, which are beautiful, but not essential:
Waldorf watercolor tutorial- the fir tree How is it done?
Fill the entire sheet of many starlets with golden yellow gold and lemon yellow:
continue making starlets with Prussian blue. Then with Prussian blue to create a base at the bottom, from which bring out a nice straight trunk:
Search in little stars on the sheet the foliage of the fir tree, working with the yellows, and the blue:
If you want make a Christmas tree, wait until the sheet is dry, then you can decorate applying balls and stars of paper, or by drawing them with colored pencils …
Presepe in lana cardata – capanna e stella cometa: tutorial per realizzarli in proprio in modo semplice ed economico, ma di grande effetto.
Presepe in lana cardata – capanna e stella cometa – Materiale occorrente
fil di ferro abbastanza robusto, forbici, aghetto da feltro, lana cardata e non nei colori marrone, verde, giallo, lana in gomitolo sottile marrone e oro.
Presepe in lana cardata – capanna e stella cometa – Come si fa
Dopo aver rivestito il fil di ferro con la lana marrone, si modella a piacere a forma di capanna, poi si rafforzano sempre con la lana alcuni punti, quindi si decora con fili marroni e oro. Si aggiunge la stella, e a piacere cespugli verdi, angioletti o uccellini, come mostrato nelle foto:
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Nativity scene in carded wool tutorial – hut and comet star: tutorial to implement them in their own in simple and economical manner, and with great effect.
Nativity scene in carded wool tutorial – hut and comet star required materials
wire strong enough, scissors, felting needle, carded wool in brown, green, yellow, woolen thread brown and gold.
Nativity scene in carded wool tutorial – hut and comet star How is it done?
After having covered the wire with the brown wool, shape in the shape of hut, then grow stronger, always with wool, only a few points, then decorate with threads brown and gold. Add the star, and green bushes, angels, birds, as shown in the photos:
Poesie e filastrocche sul Natale – una raccolta di poesie e filastrocche di autori vari sul Natale, per la scuola d’infanzia e primaria.
Lo zampognaro Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale, sai che cosa direbbe il giorno di Natale? “Voglio che in ogni casa spunti dal pavimento un albero fiorito di stelle d’oro e d’argento”. Se comandasse il passero che sulla neve zampetta, sai che cosa direbbe con la voce che cinguetta? “Voglio che i bimbi trovino quando il lume sarà acceso tutti i doni sognati più uno, per buon peso”. Se comandasse il pastore del presepio di cartone sai che legge farebbe firmandola col lungo bastone? “Voglio che non pianga nel mondo un solo bambino, che abbiano lo stesso sorriso il bianco, il moro, il giallino”. Sapete che cosa vi dico io che non comando niente? “Tutte queste belle cose accadranno facilmente; se ci diamo la mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno”. (Gianni Rodari)
Invito al presepio Venne un angelo al mio cuore, al mio cuore di bambino. Disse: mettiti in cammino, troverai il tuo signore, più radioso di una fiamma, sui ginocchi della mamma.” Nella notte santa e bella camminai dietro i pastori camminai dietro la stella coi miei piccoli dolori, e ad ogni passo mi sentivo più leggero e più giulivo. Giunsi infine ad una grotta, (come povera di tutto!) dalla porta vecchia e rotta la Madonna col suo putto vidi, e l’angelo e il pastore adorare il mio signore; e tre re soavi e buoni giunti là chissà da dove; ed un asino ed un bove silenziosi testimoni che l’avevano scaldato con la nuvola del fiato. Adorai il bimbo, e poi lo pregai di farmi buono e gli chiesi qualche dono qualche dono anche per voi. (R. Pezzani)
Il presepe Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi son le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino, tante casette sparse qua e là un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia. un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… oh, quanta gente intorno inginocchiata anche i re magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli. (E. Morini Ferrari)
L’asinello di Gesù L’asinello lascia il pasto e la schiena sotto il basto va per strade senza siepe e vuol giungere al presepe. Son passati i pastorelli con le lane, con gli agnelli, c’è un fiorire per le fratte, le fontane danno latte e tra i pruni zuccherini è un vagar di cherubini. Lui, ch’è irsuto, bigio, brutto, non ha un dono per il putto: ma riscalderà col fiato il signore del creato. (L. Carpanini)
Presepio E’ una notte fredda e serena con in mezzo la luna piena; poi la luce di fa più bella per l’accendersi di una stella; e quando gli angeli scendono a volo in terra nasce il divino figliolo. Ora è Natale e nella capanna c’è un dolce bimbo con la sua mamma mentre il padre dal volto sereno la mangiatoia riempie di fieno. C’è tanto freddo e tanto gelo e per coprirlo non c’è un velo. Ma l’asino e il bue messisi a lato lo riscaldano col fiato. (G. Rossi)
E’ nato Dite se avete mai visto un fantolino più bello con qui colori di pomo. E’ vispo come un uccello. Ha tutto il cielo negli occhi, tutte le grazie sono sue. E’ nato re in una grotta, tra un asinello ed un bue. (R. Pezzani)
Notte santa Scintillano le stelle, fiaccolette d’argento, e illuminano a festa l’azzurro firmamento, mentre a migliaia, in terra, spandono le campane ad invitar le genti mistiche note arcane. Laggiù, nella chiesetta, brillano come gemme i ceri sacri, accesi al bimbo di Betlemme. Ed al presepio santo c’invita il redentore: qui la preghiera sale dal cuore come un fiore. (R. Tosi)
E’ nato, alleluia alleluia è nato il sovrano bambino la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino orsù cornamuse, più gaie sonate, squillate campane venite pastori e massaie oh genti vicine e lontane per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore è nato, è nato il Signore è nato nel nostro paese la notte che già fu sì buia risplende di un astro divino è nato il sovrano bambino è nato, alleluia alleluia. (G. Gozzano)
Doni al bambino Gesù bambino nella notte santa ebbe i doni del cielo e della terra: ebbe i fiori più belli d’ogni serra, e le più belle foglie di ogni pianta. Ogni stella gli offerse un raggio vivo: ebbe da tutti i re gemme e corone: il vento gli cantò la sua canzone, gli mandò i suoi sospiri il dolce rivo. E chi soffriva gli donò il suo pianto, chi godeva gli diede il suo sorriso. Dalle soglie dell’alto paradiso gli gettarono le nubi un roseo manto. Ebbe la lana di ogni pecorina, tutto quello che aveva ogni pastore. Ogni mamma gli diede un suo dolore, ogni siepe gli diede una sua spina. Ma c’era un bimbo povero che, senza mantello, verso il suo destino andava. Era giunto così presso il bambino: cercava un dono, ma non lo trovava! Toccare non osò la santa culla: un muto pianto gli bagnò le gote: si strinse al cuore le manine vuote, guardò il bambino e non gli diede nulla. Ma nella notte così fredda e nera quel nulla diventò luce e calore: di tutti gli astri aveva lo splendore e tutti i fiori d’ogni primavera. (Milly Dandolo)
Albero di Natale Le candeline accese sui rami dell’abete sembrano tutte liete di vegliar da vicino il dolce sonno di Gesù bambino. I gingilli d’argento, le belle arance d’oro, chiedono tra di loro scampanellando piano: “Ci toccherà la sua piccola mano?” Gli angioletti di cera dalle manine in croce sussurrano con voce quasi di paradiso: “Se avessimo soltanto un suo sorriso!” E la stella cometa che vide tutto il mondo dice con profondo sospiro di dolcezza: “Non vidi mai quaggiù tanta bellezza!” (Milly Dandolo)
Notte di prodigio Mezzanotte! Le fonti gelate si disciolgono per incanto; si ridestano dal greve sonno tutte le piante addormentate. E le strade non hanno più spini, i sassi non fanno più male; le siepi sono tutte chiare, come fiorite di biancospino. Ogni cuore si leva al richiamo d’un azzurro messaggero, ogni viandante segue una stella che gli illumina il sentiero… (Graziella Ajmone)
Il Cristo bambino I suoi occhi acquamarina si aprono al sorridente mare del mattino. Due soli splendenti hanno illuminato l’alba. Le sue gote di melagrana sono fiori di rosa di alloro, fiori rosa i cui steli e radici salutano l’umanità con amore. Le sue esili braccia levate in un simmetrico arco armonioso che abbraccia il mondo. La sua bocca due petali di rosa la sua lingua un’arpa dolce e melodiosa i capelli brillano di luce intrecciati con rami di rosmarino. I polsi mazzolini di violette e quando respira la stanza si riempie d’incenso che brucia in un fuoco divino. Quando cammina sarà un ondeggiare di broccato vermiglio, blu e d’oro bordato d’argento e tempestato di pietre. Gloria eterna a Lui neonato salvatore, il Re e a Colui che Lo adorna. (K. Naregarsi)
Oh bambino Gesù, sei piccolino e poveretto forse più di me hai solo un po’ di paglia per lettino ma tu scendi dal cielo, oh re dei re tutto quello che ho, Gesù bambino è tutto dono della mia bontà tu mi hai dato la vita, un cuoricino la mia mamma adorata, il mio papà mi hai fatto tanti doni cari e belli ed io, che non ti ho dato ancora nulla prego in ginocchio come i pastorelli dinnanzi allo splendor della tua culla e il mio piccolo cuore dono a te oh signore del mondo, oh re dei re.
Canto di Natale del ciliegio Giuseppe e Maria passeggiando qua e là scorsero ciliegie e mele in grande quantità e Maria chiese a Giuseppe. con fare gentile e carino: coglimi qualche ciliegia perchè aspetto un bambino rispose Giuseppe così rozzo e scortese chiedi al padre del bimbo perchè non te le ha prese e allora il bambino dal grembo ordinò piegati ciliegio che mia madre ne abbia un po’ e il ciliegio come un arco si piegò un istante per far raggiungere a Maria il ramo più distante e allora Giuseppe prese Maria sulle ginocchia dicendo: Signore, perdona la mia spocchia e abbracciando Maria disse: Negli anni che verranno mio piccolo salvatore, per il tuo compleanno colline e montagne a te si inchineranno e dal ventre materno parlò ancora il bambino il mio compleanno sarà a Natale, di mattino quando colline e montagne mi faranno un inchino.
Natale Si squarcia nella notte il fondo velo ed un vivo splendore appare in cielo. Scendon giù dalle saperne sfere infinite degli angeli le schiere: -Osanna, osanna- cantano in coro e manifestan la grandezza loro. Abbagliati i pastori, ed esultanti senton nel cuore l’eco di quei canti. Balzan in piedi, pieni di fervore per cercare nel mondo il redentore. e van e vanno guidati dalla stella fin sulla soglia della capannella E’ nato là il salvatore, è nato le genti vuol redimer dal peccato è venuto qui in terra il Dio d’amore per riscaldare a tutti a tutti il cuore nell’anime la pace scenderà agli uomini di buona volontà. (E. Minoia)
O Simplicitas Un angelo mi visitò ed ero impreparata a esser di Dio strumento madre diventerò ma ero spaventata tremai per un momento l’angelo era ancora là, sia fatta la sua volontà ed accettai l’avvento. Dovrebbe un re solenne nascere in nobile dimora pensavo in quel momento partimmo per Betlemme, tutto era strano allora soffiava un freddo vento portavo un vecchio mantello, non ci accolsero nell’ostello la città era in fermento Un bimbo appena nato, che ancor non sa parlare giace in umiltà Giuseppe lo ha vegliato, le bestie lo san scaldare si muovono a pietà è nato in una stalla? Capii quella novella più di un re lo adorerà era un fatto strano, la stalla di un pastore un gregge che belava, il verbo fatto umano giaceva sul mio cuore, la gioia mi inondava e i pastori vennero a rendere onore a quel bimbo nostro signore e a tutta la saggezza che incarnava. (M. L’Engle)
Natale Nel cuor dell’inverno tra neve e tra geli discende il bambino dall’alto dei cieli riporta alla terra la luce e il calore e accende nei cuori speranza ed amore. (E. Minoia)
Una sposa magica Ebbi una dolce, candida visione una sposa magica, splendida apparizione che sapeva parlare di gioia e di dolore una giovane madre che con devozione a vegliare il bimbo nella culla si dispone lo custodisce cantando per ore ninna nanna, ninna oh, dormi dolce bambino.
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno lassù, tra i monti, ha lasciato il capanno e scende a visitare il re dei re. Va, scalzo, per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la gioia gli scalda il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il cuore. (L. Barberis)
Natale Voli d’angeli nel ciel di turchese, sorrisi incantanti di bimbi, ceppi tra gli alari di mille focolari. Presepi fasciati di sogno di trepida attesa, alberelli raggianti di luce, voci di chiese in ogni paese. Doni che giungono a mille da mille remote contrade, biglietti d’augurio, conviti che tutti ci voglion riuniti. (Luisa Zoi)
Natale Stella stellina che brilli lassù ravviva il tuo lume, che passa Gesù Campana piccina che attendi lassù intona il tuo canto che nasce Gesù Oh cuore piccino che attendi quaggiù prepara i tuoi doni che nasce Gesù.
Natale Un canto nell’aria Un campo innevato! Una stalla piena di fieno! Ronfa un asinello! Una madre il suo bimbo culla! Una mangiatoia, e una mucca col vitello! -Noi ricordiamo tutto quello_ e voci gaie, nell’aria quieta! E tre re magi, e una cometa! Duemila anni di neve sanno che nell’aria c’è un canto a Natale ogni anno e si sente in questo incanto una melodia serafica, un inno fatato che dice a tutti che lui è rinato che tutto ciò che amiamo è rinato. (J. Stephens)
Natale Lo spirito del mondo discende sulla terra e in quel grembo profondo per mesi si rinserra. Con la mano leggera mille fiaccole accende sì che la notte nera ad un tratto risplende. La pietra si ravviva, si ridestano i semi la larva si fa viva. Anche nel cuore dell’uomo lo spirito discende e una fiamma d’amore e una speranza accende. (E. Minoia)
Salus mundi Vidi una stalla bassa e scura nella mangiatoia giaceva un neonato i buoi lo conoscevano, se ne presero cura dagli uomini era ignorato del mondo la salvezza futura ai rischi del mondo abbandonato. (M. Coleridge)
Natale Nella notte oscura io non ho paura brillano le stelle nel cielo così belle guardan Gesù bambino piccolino piccolino che ci è nato per amore sulla Terra e qui nel cuore. (L.Baratto)
Natale Quanto più triste è attorno a noi l’inverno quanto dura è la zolla e spento il cielo dal profondo fiorisce a noi tra il gelo un fiore eterno. Suonano dai suoi petali parole di pace in terra ad ogni buon volere e per il cuore che lo sa vedere rinasce il sole. (L. Schwarz)
Natale Lei giaceva tranquilla sulla paglia mentre lui veglia il bambino, incerto e le ombre danzano sulla porta della stalla i buoi ondeggiano, nella capanna volteggia una falena è Gabriele con ali di seta, che va dove lei giace tranquilla sulla paglia un falegname e sua moglie, ignari che re e pastori li cercan da lontano e le ombre danzano sulla porta della stalla dorme il bambino, un asinello sbuffa lui mormora prudente e guarda lei che giace tranquilla sulla paglia canta il gallo, ma il canto non vien fuori sulla collina sagome scure di pastori e le ombra danzano sulla porta della stalla nell’aria calma si sente vita nuova che copre il profumo lontano della mirra lei giace tranquilla sulla paglia e le ombre danzano sulla porta della stalla. (J. Nicholls)
Natale Nato è il bambino nella capanna veglia Giuseppe, veglia la mamma nel cielo appare la nuova stella che annuncia il mondo la gran novella gli angeli cantan in una schiera risorgi uomo, risorgi e spera fa che il bambino ti nasca in cuore e che ti porti luce ed amore. (E. Minoia)
Natale …che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella; ed ecco sembrò primavera. La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla, e un palpito d’ali d’argento, e un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù sull’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino, Gesù. (Zietta Liù)
Ascolta… senti? Senti! Non odi questa melodia, non senti il grido del pastor contento un coro di fanciulli; e per la via, tra gli alberi, frusciar lieto il vento? Non vedi dunque il fiocco lieve lieve, non vedi su nel cielo la cometa non vedi il folleggiare della neve, che nel cadere sembra bianca sete? Ascolta! …Senti questo battere d’ale che pare il tintinnar di mille gemme, e il richiamo dell’angelo trionfale, perdersi nella valle di Betlemme? Non scorgi dunque il fioco lanternino che illumina la stalla, non vedi il bove quieto ed il ciuchino, non vedi il bimbo sulla paglia gialla? Non vedi la dolce maria che rapita mira il bambino? E al fianco suo Giuseppe cui trema la gran barba incanutita? E i tre re Magi giunger dalle steppe? Ascolta!… Senti? Il coro celestiale canta lassù: “Auguri! Oggi è Natale!” (A. Zelli)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma d’un tratto sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto, e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, e posata nel mezzo una scodella; e chi mangiava ecco non mangiava più chi ha preso il cibo non lo tira su chi leva la man la tiene levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare fa il pastor per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma e i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento tornò sopra i suoi passi, udì un vagito Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle vide un castello con tre grandi porte e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Gesù bambino apparve a tre pastori poverelli. (S. Plona)
Natale Cosa mai porterà quel poveretto al bambino che è nato il cespo è nudo, spoglio è l’alberetto e le sue mani, ruvide di gelo pendono vuote, vuota è la bisaccia ma la sua scarna faccia si illumina di cielo. Va nella notte bianca di neve aspro il sentiero ma più s’accosta, più il passo è leggero s’affretta, si rinfranca. Eccolo, è giunto, è giunto al limitare della santa capanna fulgori, incensi, osanna ed egli non ha nulla da donare. Vuote le mani, lacrime alle ciglia… oh, dai cenci scuote i bianchi fiocchi e d’improvviso pare, meraviglia, che una cascata di gemme trabocchi. (D. Mc Arthur)
Natale Canta la chiesetta del monte la sua pastorale è apparsa nel buio orizzonte la stella del santo Natale è apparso un angelico stuolo nel cielo d’oriente e annunzia ch’è nato il Figliolo di Dio a tutta la gente Din don din don! Che dolcezza, che gioia nel cuore o notte di eterna bellezza, o notte di pace e d’amore! La terra di neve s’ammanta, cammina una stella lassù è questa la notte più santa, din don din don è nato Gesù.
Natale Che ti ha portato il Bambino? Un aeroplano che vola, tre arance, un burattino e la cartella di scuola con libri belli ha riempito poi c’era accosto al mio letto un nuovo grazioso vestito e, nuovo, su quello, un berretto… Nient’altro il Bambino ti ha offerto? Nient’altro ti ha fatto gioire? E’ molto mi pare, ma certo, qualcosa ancora ho da dire e a dirtelo, vedi, ora stento oh, dentro al cuore un bel dono io solo, io solo lo sento: la voglia di esser più buono. (G. Fanciulli)
Natale Cosa c’è sull’abete piccino che ride come un bambino? C’è una lieve campana sospesa a un filo bianco a chi l’urta nel fianco parla con voce umana C’è un grazioso uccellino occhietti d’oro, alucce d’argento se appena lo tocca il vento è pronto a spiccare un saltino C’è una trombetta discreta che non suona forte ma brilla e in alto, come sfavilla! C’è la stella cometa E c’è un angelo che vola: non risponde se lo chiamo appende stelle di ramo in ramo e candeline celesti e viola Questo c’è sull’abete piccino che ride come un bambino.
Natale Attraverso quelle nubi onde è oscuro il nostro ciel passan pur di gloria i raggi e si squarcia il denso vel. Odi l’eco dolce e arcano di quegl’inni pien d’ardor che si cantan nella luce nella patria dell’amor.
I pastori “La luce di una stella” dice il vecchio pastore “ci insegna la strada, la strada che porta al Signore”. Ed i pastori, umili e buoni, alla capanna vanno e recano doni. E le pie pastorelle preparan lini candidi, e latte, e lana delle agnelle. Il più piccolo pastorello ha già pronto lo zufoletto, per cantare la ninna nanna al divino pargoletto. Don… dan… don… Dice il vecchio pastore: “La mezzanotte scocca udite il cor degli angeli? E’ nato il redentore!”. “Gloria al signore!” ripete ogni pastore “E pace in terra agli uomini! Pace… ed amore!” (Elisa Furiosi)
Ninna nanna a Gesù bambino Nella gelida capanna c’è un bambin che fa la nanna. Gli è vicino la sua mamma che lo ninna e che lo nanna. Fa’ la nanna, o piccolino, fa’ la nanna, o re divino! San Giuseppe poverello sta attizzando il fuocherello per scaldare il corpicino di quel fiore di bambino. Fa’ la nanna, o fiorellino, fa’ la nanna, o re divino! Son venuti i pastorelli con le pecore e gli agnelli, le zampogne per suonare e Gesù riaddormentare. Fa’ la nanna, o fantolino, fa’ la nanna, o re divino! (Domenico Vignali)
Natale Nella notte tutta stelle passa un angelo piccino. Ha soltanto un camicino e le alucce chiare e belle. Van pastori e pastorelli dietro a lui nella capanna, dove il bimbo fa la nanna, e gli portano gli agnelli. La Madonna veglia e tace, veglia e tace a capo chino; guarda trepida il bambino, il suo cuore non ha pace. Lo riavvolge dentro il manto, lo contempla con dolore; senza fasce è il Dio d’amore. Trattenere non può il pianto. San Giuseppe inginocchiato guarda il bove e l’asinello che riscaldano col fiato quel bambino così bello. Ed intanto tutti in coro cantan gli angeli l’osanna a Gesù che fa la nanna sotto la cometa d’oro. (Giannina Facco)
Notte santa Il sole accesso calava dietro i monti di Giuda: lungo la valle nuda il vento mugolava. Ma sul colle alto, Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole, montavate. Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste; e tu Maria, dicesti: “Così sia”. Su rozza paglia stavi, sonno ti prese. Sognavi che ti nasceva Gesù. Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi! Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva, piccoletta quasi uliva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe in rapimento muto, le braccia in croce, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu, che voce, che grido, o Maria, mettesti. quando aprì gli occhi celesti! (Angiolo Silvio Novaro)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti. A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa; qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato nel giorno bianco e nella notte azzurra canta le dodici ore che sussurra la notte, e dice al mondo : “E’ nato!” (M. Moretti)
Natale Maria dentro la grotta si posò e Giuseppe a Betlemme si avviò, ma un momento sentì che mentre andava a mezzo il passo il piè gli s’arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e gli uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto e poi vide operai sdraiati a terra e posata nel mezzo una scodella e chi mangiava, ecco non mangia più chi ha preso il cibo non lo tira su chi levava la man la tien levata e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare, fa il pastore per colpirle con la verga e gli resta la man sospesa e ferma. E i capretti che all’acqua aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso. E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (D. Valeri)
Natale Bianca la terra, il cielo grigio “Suonate campane a distesa, è nato!”. Sul vivo prodigio la Vergine è china e protesa. Non broccati, non grevi tende, proteggono il bimbo dal gelo qualche tela di ragno pende dal soffitto che mostra il cielo. Gesù tutto bianco e vermiglio sulla paglia fredda si muove gli rifiatano sul giaciglio a scaldarlo l’asino e il bove. Sopra il tetto che si spalanca nero, la neve fiocca uguale. Angioletti in tunica bianca ricantano ai greggi: “E’ Natale!” (T. Gautier)
Quieta notte Quieta notte, santa notte! Tutto dorme, veglia solo la diletta coppia santa; il bel bimbo, capelli ricciuti dorme in pace celestiale. Quieta notte, santa notte! Ai pastori il primo annuncio con il cantico degli angeli squilla forte, lontano e vicino: “Gesù il salvatore è qui!”. Quieta notte, santa notte! Figlio di Dio, oh come sorride l’amore sulla tua divina bocca! Suona per noi l’ora salvatrice, Cristo, nel suo Natale! (G. Regini)
Serenità natalizia E’ Natale! Batte l’ale per il freddo l’angioletto e si scalda il fanciulletto della mamma presso il cor. E’ Natale! Nessun male faccia piangere i bambini anche gli orfani e i tapini passin lieto questo dì. E’ Natale! Sovra l’ale scenda l’angiol come neve porti a tutti, dolce e lieve, i bei doni dell’amor! (A. C. Pertile)
Uber sonne, uber sterne Lentamente va Maria tra le chiare stelle d’or, prende luce, prende gloria per il bimbo suo Signor. Nell’immensità stellare su nel cielo Maria va reca i doni che il Natale alla terra porterà. Chiede al sole ed alla luna fili bianchi e fili d’or per cucire una vestina al bambino suo Signor. Stan le stelle tutte attorno a guardar Maria che va con i doni che il Natale alla terra porterà. (canto tradizionale)
Natale è vicino Il gelido vento che scende giù giù dal camino ha detto: “E’ vicino” Il passero in cerca di briciole l’abete ed il pino Han detto: “E’ vicino” Col vecchio dicembre la neve vien giù e i bimbi vicino al camino ripetono lieti: “E’ vicino” “Arriva il bambino Gesù”.
Vigilia di Natale Nella grande cucina di campagna era riunita tutta la famiglia per quella dolce sera, tanto attesa. Oh, dolce sera della gran vigilia! Erano i grandi intorno al focolare, a rievocar Natali ormai lontani, come in un sogno, pieno di dolcezza, lieti Natali della fanciullezza. E i bimbi erano intorno ad un presepe a rimirar pastori e pecorelle, laghetti, monti, limpidi ruscelli e la capanna umile, e in ciel le stelle. La mezzanotte lentamente suona. Tutti in ginocchio dicon la corona. Sulla capanna splende un sole d’oro: nato è Gesù e or vive in mezzo a loro. Il nonno, una figura patriarcale, intona l’inno della pastorale: “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Un angelo si ferma ad ascoltare la dolce nenia della pastorale. Un palpito nei cuoi, un fruscio d’ale, e l’angelo sussurra: “Buon Natale!”. (Elisa Furiosi)
Notte di Natale Chiara notte, notte bella i pastori, gli agnellini gli angioletti ed i bambini tre re magi ed una stella vanno tutti da Gesù.
Notte di Natale Nella gelida notte di Natale un canto di campane si diffonde: nell’aria ondeggia, e il firmamento sale azzurro e cupo come mar senz’onde. Gli angeli piegan sulle culle l’ale narrando ai bimbi favole gioconde. Chi stanco vigilò, riposa in pace. Cantano le campane e il mondo tace. (Fausto Salvatori)
La sacra famiglia Maria lava al ruscello e gli uccellini intanto accompagnano il moto col loro dolce canto. San Giuseppe sui rami i panni va stendendo e l’acqua del ruscello scorre via sorridendo. Cantano gli angioletti e i rami sono in fiore dove brillano le fasce di Gesù mio signore. (S. Plona)
La notte di Natale Mamma, chi è nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di campanella. Sono i pastori, mio piccolo buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un battere d’ali un sussurrar di voci intorno intorno. Son gli angeli discesi ad annunciar il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuori degli uomini è l’aurora del giorno dell’amore. (D. Valeri)
Notte di Natale Calma è la notte, limpida, serena; la luce delle stelle è mite e buona. Il venticello fiata appena appena, nelle braccia al mistero s’abbandona. La neve bianca arricchisce la scena della natura e più luce le dona, la ciaramella intona una novena che arriva al cielo come una canzona. Sacro è il silenzio, misterioso e fondo, quasi che non volesse profanare l’aspettativa dolce che è nel mondo! (P. G. Cesareo)
Sogno di Natale Stanotte ho sognato che tu, dolce mamma, accanto mi stavi, quand’ecco una fiamma nel cielo s’è accesa. La notte già buia qualcuno ha percorso cantando alleluja. E il coro armonioso di voci d’argento ho udito cantare sull’ali del vento: “Dio vero discese tra gli uomini: osanna!” E il coro era preso una grigia capanna. Fin là siamo andati. Pian piano. La neve di soffici piume sembrava più lieve: fasciava la terra sopita nel bianco. Il viaggio fu dolce, o mamma, al tuo fianco! Allora l’ho visto il bimbo divino più bello di un fiore e piccino piccino. Splendeva, coperto soltanto d’un velo d’un tenero, azzurro chiarore di cielo. Per te, dolce mamma, per il babbo mio, il bene gli ho chiesto di cui son capace: pei morti il riposo, pel mondo la pace; pei poveri un tetto, pei tristi l’oblio. (Mario Pucci)
Il vecchio Natale Mentre la neve fa, sopra la siepe, un bel merletto e la campana suona, Natale bussa a tutti gli usci e dona ad ogni bimbo un piccolo presepe. Ed alle buone mamme reca i forti virgulti che orneran furtivamente d’ogni piccola cosa rilucente, ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti… A tutti il vecchio dalla barba bianca porta qualcosa, qualche bella cosa e cammina e cammina senza posa, e cammina e cammina e non si stanca. E dopo aver tanto camminato, nel giorno bianco e nella notte azzurra, conta le dodici ore che sussurra la notte e dice al mondo: “E’ nato!”. (Marino Moretti)
Piccole mani Manine di Gesù, piccoli petali rosa che mamma stringe di più per riscaldarvi al suo cuore, manine che or vi schiudete in atto d’amore; o soavissime mani che le pupille dei ciechi risanerete domani, piccole dita di fiore che dalla fronte d’ognuno nel giorno di Natale cancellerete il dolore, sfioratemi la fronte, venite al mio guanciale e da babbo e mamma mia ogni pensiero doloroso, io vi prego, mandate via, soavi piccole mani. E così sia! (Zietta Liù)
Offerta “Io porto al presepe il sempreverde, ancora fresco della mia siepe”. “Io un bocciolo che odora di primavera, lieve bocciolino di serra, bianco come la neve che vela cielo e terra”. “Io a mani giunte andrò al bimbo mio Signore; in dono porterò il mio piccolo cuore”. (Dina Mc Arthur Rebucci)
La Madonna dei pastori Come sempre, Maria, la notte di Natale, al suo presepe antico, nel gran gelo invernale, discese in compagnia: c’era Gesù sul fieno, Giuseppe, i Magi, gli angeli tutti del paradiso e Giovanni con l’esile croce premuta al seno. C’erano le Madonne di tutti i santuari di tutti gli oratori discese dagli altari, nelle lucenti gonne, discese dai dipinti di tutti i dipintori, da tutti i crocevia, ricche di sete e d’ori di ninnoli e di cinti. Recavano in omaggio voti, gioielli, fiori; recavano il perdono per tutti i peccatori giunti in pellegrinaggio. Ce n’era una, di legno, scolpita rozzamente con abito e mantello stinti dalle tormente del piccolo suo regno: apparve la più povera, senza cuori d’argento. Scendeva dai suoi monti dove ululava al vento il lupo solitario, e lassù non salivano che pochi pastorelli forse una volta all’anno, con la bisaccia e il pane, avvolti nei mantelli. Essa è là, non si muove, quasi mortificata di tutte le ricchezze stipate sull’entrata, sparse per ogni dove; e reggendo con molta cura il grembiule nero, reca sol bianca neve: quella del suo sentiero, così, per via, raccolta. Maria la scorse, e lieve: “Come ti chiami?”. Ed ella dal suo cantuccio, fuori: “Mi chiamano, sorella, Madonna dei pastori”. Disse, ed in quel momento le cadde giù il grembiule dalle mani tremanti, e una pioggia di falce si sparse sul viale: diventarono fiori, si dilatò un profumo ed una luce, e fuori belarono le agnelle. Maria sorrise al dono, felice. E a quella i venti che vagano sul monte, e i torrenti e le genti, infiorarono il trono. Ogni Natale ancora rifioriscono al molle tepore del suo piede cespugli di corolle candide, come allora. (Giuseppe Porto)
Natale Ascolta mammina… C’è qualcuno che bussa alla porta! E’ un angel del cielo che porta un dolce messaggio per te! E’ un dolce messaggio d’amore, è un dolce messaggio di pace che certo ti piace, messaggio che dice: “Ti rendo felice!”. Lo manda il celeste bambino che tanto ho pregato per te, con tante promesse di bene al mio piccolo re. Babbo non senti? Qualcuno qui batte per te! E’ il mio piccolo cuore che ha detto al Signore le dolci parole cercate per te. Gli ha detto: “Celeste bambino, il babbo, ti prego deh, fallo contento! Un sacco d’argento tu portagli qui, un sacco con dentro la pace, la gioia, l’onesto lavoro”. Così ho pregato, e Gesù redentore ascoltarmi saprà. Vedrai tu mamma… vedrai papà! (B. Marini)
Messa di mezzanotte C’era un silenzio come d’attesa lungo la strada che andava alla chiesa; è fredda l’aria di notte, in quell’ombra là, solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi tenea oh, mio sogno lontano mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco il presepe, con te, bambino… (Pietro Mastri)
Natale Gremito di stelle è il firmamento; di ghiaia d’argento brilla la strada del mare per qualcuno che deve arrivare. Manti di neve agli alti crinali come drappi ai davanzali parano i monti a festa. Vicino, lontano, di luce accesa, pare la terra un altare. Socchiuse tuttora son le porte dei casolari; sconosciuti che in quest’ora si salutano in cammino si riconoscono familiari. Il mastino li guarda passare e si scorda di abbaiare. Non nelle fiabe soltanto è questa notte d’incanto. O cuore di tanta gente che ritornato innocente t’apri come un fiore, nasce, stanotte, nasce il Signore! (Ignazio Drago)
Le sue ricchezze Gesù, Gesù bambino è nato poverino come nessuno fu. La casa una capanna, la culla un po’ di fieno, per vestirlo una spanna di lino o forse meno. Per fargli caldo, il fiato d’un asino e d’un bue. Queste che vi ho contato son le ricchezze sue. (Renzo Pezzani)
Natale Quei fiori di brina alla finestra sono piume di tenere colombe, così candidi e fragili, mio Dio. Oh Maria, gentile madre amorosa che una spina già punge: i tuoi occhi sono dolcemente tristi, mentre preghi tuo Figlio. Gli angeli intanto con le trombe lucenti del giorno del giudizio annunciano la lieta novella: “Dei poveri è il regno dei cieli, Alleluia”. Ma i poveri piangono ancora di freddo, o Signore, e di pena. (A. Franchi)
Natale al lago turchino E’ un Natale poverino quello di Lago Turchino piccolo paese lassù che non ha neppure un campano per farsi sentire lontano. Forse un lumino di più arderà sui focolari; brucerà un ciocco di più tra le castagne e il vino. Ma a mezzanotte quando romberanno gli angeli osannando sopra il sospeso sonno di ogni piccolo giaciglio si schiuderanno nimbi di fulgide comete trepide e liete più d’ogni bella strenna di città. (Marcello del Monaco)
L’albero di Natale La stella d’Oriente, arrivata a Betlemme, fu più veloce dei Magi, che andavan lemme lemme. Un po’ per aspettarli, un po’ per contemplare, si fermò su un abete vicino a un casolare. Ma, ohimè, la bella coda tra i rami si impigliò: di frammenti una pioggia frusciando cascò, Balzarono i dormenti, stupirono i bambini nel mirare l’abete palpitar di lumini. (Giuseppe Consolaro)
La notte che verrai Gesù, la notte che verrai la porta aperta troverai del cuore mio. Ci sarà il fuoco acceso ed un lumino, così la letterina leggerai. Mi lascerai i tuoi doni, ed io del cuore ti farò offerta. Vieni, Gesù, e troverai la porta aperta. (da Il corriere dei piccoli)
Una casina di pace In una casina di pace c’è un bimbo che giace su un poco di paglia. Sì povero è nato che il bove lo scalda col fiato. Tra canti divini la madre lo adora lo fascia di candidi lini. Giuseppe va in cerca di legna per fare un fuochetto, ed ogni angelo insegna, ad ogni pastore, la strada che guida al Signore. Anch’io l’ho visto il mio Dio. Anch’io confuso agli agnelli gli chiedo per mamma e papà la pace e la felicità. (Renzo Pezzani)
Natale, notte santa L’angelo: “Di Natale la notte santa vengo ai bimbi ad annunciare: tutto il cielo al mondo canta che il suo re sta per passare, che il suo re sta per venire senza manto né corona per lasciare a tutti in dono una gioia dolce e buona”. La stella: “Son la stella d’oro e argento che ha segnato la sua via per gridare al freddo e al vento: Presto, presto, andate via! Per guidare il pastorello che la via non conosceva con la pecora e l’agnello fino al Re che l’attendeva”. Pastorelli: “Siamo noi quei pastorelli, che han sentito il dolce canto, che per valli e per ruscelli han trovato il luogo santo”. Pecorelle: “E noi siam le pecorine che han belato di dolcezza, nel mirar quelle manine che han creato ogni bellezza”. Bambini: “E noi siamo quei bambini che al presepio hanno portato puri doni e fiorellini. Or torniamo col cuor beato per recare a tutti in dono la parola del Signore la promessa del perdono la promessa dell’amore”. (Luisa Nason)
Bimbi attorno al presepio Quando s’apre il velario che il lontano paese di Betlemme cela, dalla calca dei bimbi sgorgano torrenti di gioiosi sguardi. Solo allora l’ingenua stella d’argento risplende e gli animali al chiuso dello speco fiatano e il cereo fantolino vive e Maria dice: “Sorridi, sono essi, i bimbi: quelli che sui muretti e le deserte vie colsero il muschio per il suo presepe”. (Vittorio Maselli)
La rosa di Natale L’angelo annuncia d’improvviso: “Nasce Gesù del paradiso!” E il rosaio che buca tutto, le sue spine ha senza frutto, butta una rosa porporina gocciolata dalla brina. Il giardino raggelato se n’è tutto illuminato! La fontana che era muta canta, il prato l’invelluta; e già occhieggian mele appiole, s’apron gigli e fresche viole, al colore senza uguale della rosa di Natale. (Lina Carpanini)
Annuncio Ascoltate la novella che portiamo a tutto il mondo; è di tutte la più bella, è fiorita dal profondo. Nella stalla ecco ora è nato il dolcissimo bambino; la Madonna l’ha posato sulla paglia, il poverino, ma dal misero giaciglio già la luce si diffonde, già sorride il divin figlio ed il cielo gli risponde. Quel sorriso benedetto porti gioia a ogni tetto! (Giuseppe Fanciulli)
Notte di Natale Porti ognuno il suo cuore il suo cuore come un agnello: se incontra un lupo lo chiami fratello, se incontra un povero, quello è il Signore. Andiamo, dunque, che l’ora è propizia. Notte d’angeli s’è fatta ormai. Sotto la neve dan fiori i rosai. Ecco la stella natalizia. Non fu mai vista più chiara stella sul campanile del nostro paese. La più povera delle chiese fa sentire la campanella. Una campana così contenta che non c’è cuore che non lo senta. (Renzo Pezzani)
Bacia, o figlio Stava dentro la capanna Maria, figlia di Sant’Anna: e mirando il suo bel sole gli diceva queste parole: Dormi, dormi, o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna! Dormi, o figlio tenerello dormi, figlio vago e bello; chiudi, chiudi i lumi santi, le tue stelle fiammeggianti. Dormi, dormi o cuor di mamma, fai la ninna e fai la nanna. Vedi su dall’oriente tre corone risplendenti: porteranno per ristoro mirra, incenso e un dono d’oro. Bacia, o figlio, la tua mamma, non più ninna e non più nanna. (Canzone popolare toscana)
Natale Cielo nero, terra bianca: lieti, i bronzi hanno squillato. Maria china il dolce viso sul bambino: Cristo è nato. Non cortine festonate per proteggerlo dal gelo ma le trame, i ragni, ai travi hanno ordito al re del cielo. Giace il re dell’universo sulla paglia. Con il fiato miti il bove e l’asinello il bambino han riscaldato. Frange bianche sulla stoppia, ma sul tetto spalancato vedi il ciel. “Gloria al Signore!” hanno gli angeli cantato. “Pace agli uomini di buona volontà”. Guidò il pastore al presepe l’astro. “Osanna!” grida, “E’ nato il redentore!” (M. Lucchesi)
La capannuccia Dov’è la stella, che sì rade e smorte faceva tutte le altre nella quieta notte, battendo alle terrene porte col suo pendulo raggio di cometa? Noi lo vedemmo, o bambino Gesù. Passava per l’aria un balenio di chiare fiamme e un rombar di grandi ali veloci: pareva che avessero sovrumane voci, passavano alte con un gran cantare. Noi le ascoltammo, o bambino Gesù- E i pastori che stavano nel ghiaccio alzavano gli occhi alla buona novella, E si avviarono e avevano in braccio, chi l’agnellino e chi una caramella. Noi li seguimmo, o bambino Gesù. (Pietro Mastri)
Natale E l’angelo volò sotto le stelle, vide un castello con tre grandi porte, e sulle porte nove sentinelle. L’angelo del Signore gridò forte: “E’ nato!” E l’angelo volò sotto le stelle e vide tre pastori in una corte, presso un fuoco, ravvolti in una pelle. L’angelo del signore gridò forte: “E’ nato!” I pastori si misero in cammino coi montoni, le pecore, gli agnelli, e per la prima volta Dio bambino apparve: a tre pastori poverelli. (Stefania Plona)
Davanti al presepio Santo Gesù bambino che a te chiami i fanciulli col tuo amore divino ho lasciato i trastulli eccomi qui in ginocchio per farti, umile, un dono: t’offro tutto il mio cuore serbalo puro e buono. (Edvige Pesce Gorini)
Notte di Natale Mezzanotte: discende all’improvviso un angelo che sta nel paradiso. Sfiorando con le bianche ali distese il campanile aguzzo del paese, risveglia dolcemente le campane. Ora chiese vicine, altre lontane, dagli angeli destate, fanno un coro chiamando e rispondendosi tra loro. Dicono “pace, pace sulla terra!” mentre gli uomini s’odiano e fan guerra. Un angelo che ha visto pianto e male in questa notte santa di Natale, con l’ali s’è coperto il dolce viso poi tornato è lassù, nel paradiso. (Matilde Caccia)
La santa notte Il vecchio pastore: “La luce della stella, questa notte, è più bella. Oh giovane pastore seguiamo quella luce: di certo ci conduce dov’è nato il Signore”. Coro di pastori: “Siamo tutti pastori umili e buoni, svegliati dalla stella luminosa veniamo tutti con anima gioiosa, a recar doni”. Coro di pastorelle: “Noi siamo giovinette pastorelle e faremo noi pur la stessa via. Vogliamo recare al figlio di Maria latte ed agnelle”. Il più piccolo dei pastorelli: “Il pastorello io sono più timido, più buono, più di tutti piccino; al celeste bambino farò la ninna nanna con lo zufolo di canna”. Il vecchio pastore: “Mezzanotte è suonata… La stella si è fermata! E’ nato il redentore: sia lodato il Signore!” Voce d’angeli: “La stella, in cielo, immobile, chiara e lucente sta. Sia pace, in terra, agli uomini di buona volontà”.
Il pellegrino L’orto secco acqua non beve, il campo dorme sotto la neve; lume di luna cammina a passo sulle montagne di freddo sasso. Solo i pastori vegliano al chiuso presso i fuochi, com’è d’uso. Ed ecco giungere il pellegrino fatto di e di cielo turchino. “Non temete, mi manda il Signore”. Batte a ognuno forte il cuore. E la pastora va coi lini il pastore con gli otri di vini. Gli alberi che lo guardano passare, si fanno belli di corolle chiare, l’acqua che era impietrita, scrolla il sonno, torna alla vita, e il biancospino fiorisce la siepe lungo la strada, fino al presepe. Là il pastore depone l’agnello presso il lupo che gli è fratello e per la gioia grande che ne ha tutta notte suonerà. (Lina Carpanini)
Natale Maria dentro la grotta si posò, e Giuseppe a Betlemme si avviò. Ma un momento sentì, che mentre andava, a mezzo il passo il piè gli si arrestava. Vide attonita l’aria e il cielo immoto e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto; e poi vide operai sdraiati a terra, posata nel mezzo una scodella: e chi mangiava, ecco, non mangia più, chi ha preso il cibo non lo tira su, chi levava la man la tien levata, e tutti al cielo volgono la faccia. Le pecore condotte a pascolare sono lì che non possono più andare; fa il pastor per colpire con la verga e gli resta la man sospesa e ferma; e i capretti che all’aria aveano il muso ber non possono al fiume in sé rinchiuso… E poi Giuseppe vide in un momento ogni cosa riprender movimento. Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito, Gesù era nato, il fiore era fiorito. (Diego Valeri)
Umili visitatori Poiché mezzanotte scocca e Gesù la terra tocca in un bel fiorir di fratte San Giuseppe va per latte. E “Venite” dice a tutti gli animali belli e brutti. Dietro a lui si sono messi tutti in fila, e i serpi anch’essi. Vedi l’anatra da fiume e la lucciola col lume, la cicala senza sporta che ancor canta, mezza morta. L’ermellino che dormiva per la strada si vestiva di quel bianco immacolato per veder Gesù beato. (Lina Carpanini)
La notte di Natale Mamma, chi è che nella notte canta questo canto divino? Caro, è una mamma poveretta e santa che culla il suo bambino. Mamma, m’è parso di sentire un suono come di ciaramella… Sono i pastori, o mio bambino buono, che van dietro alla stella. Mamma, c’è un batter d’ali, un sussurrare di voci intorno intorno… Son gli angeli discesi ad annunciare il benedetto giorno. Mamma, il cielo si schiara e si colora come al levar del sole. Splendono i cuor degli uomini e l’aurora del giorno dell’amore. (Diego Valeri)
Canzoncina di Natale San Giuseppe sega e pialla pialla e sega in fretta in fretta, ché il suo bimbo è in una stalla e ci vuole una culletta. La Madonna cuce e taglia taglia e cuce a testa china ché il suo bimbo è sulla paglia e non ha la camicina. Non ha niente il bambinello ma sorride ed è beato le stelline su nel cielo sembra fiori dentro un prato. San Giuseppe, che t’affanni? Maria dolce, leva il capo. Senza culla e senza panni s’è il bambino addormentato. (Lia Zerbinotti)
L’agnellino di Gesù L’agnellino nato appena cammina nella notte, dietro le sante frotte dei pastori che vanno di lena. Ma con sottile belare odora di latte la bocca e il tenue passo non tocca le strade di neve chiare. Giungerà con il pastore l’agnellino, o cadrà? L’angelo solo lo sa che gli ode battere il cuore. (Lina Carpanini)
Carrettiere O carrettiere che dai neri monti vieni tranquillo, e fosti nella notte sotto ardue rupi e sopra aerei ponti; che mai diceva il querulo aquilone che muggia nelle forre e fra le grotte? Ma tu dormivi sopra il tuo carbone. A mano a mano, lungo lo stradale venia fischiando un soffio di procella: ma tu sognavi ch’era di Natale; udivi i suoni d’una ciaramella. (Giovanni Pascoli)
La nascita del Messia Quando a Betlemme giunsero tutti gli alberghi pieni già erano. Brillavano le stelle, alte, nel seno del freddo ciel d’inverno, che ancora un posticino, per le lor membra rotte, trovato non avevano; E dalle torri l’ore incalzanti battevano: E nove!… E dieci!… E undici! Oh, Signore! Oh, Signore! Quando la mezzanotte scoccò, si udì un vagito nell’umile capanna: era nato, il divino sovrano, il redimito dalla più grande attesa! Portò l’annuncio l’astro ai Magi d’Oriente; cacciarono i pastori con l’esile vincastro le greggi dalle grotte, e ognuno al grande invito accorse. E un cor d’angeli cantò, per tutti i secoli che sono e che verranno, alto, nell’infinito: “Osanna! Osanna! Osanna!” (Vincenzo Bosari)
Natale Dicembre… Che neve, che sera! Ma a un tratto comparve una stella… La siepe che dianzi era brulla fiorì d’improvviso. S’udiva leggero un pio ritmo di culla e un palpito d’ali d’argento un dolce tinnar di campane portato giù a valle dal vento. E vivo splendeva laggiù, nell’umile grotta, a Betlemme, un fiore divino: Gesù. (Zietta Liù)
Il presepe di Greccio Salgono i frati: vien dalla vallata la buona gente nella notte fonda. Fiaccole e lumi segnano i sentieri e l’aria è immota sotto lo stellato. Culla la valle suono di campane. Lieve è il cammino; vanno i passeggeri recando ognuno un cuore di bambino colmo di attesa. Van come i pastori verso il presepio e intorno è tanta pace. Ecco appare la grotta, ecco, sospesa, brilla la stella! Gli occhi desiosi guardan la greppia, il bue e l’asinello guardan l’altare; poi ciascuno sogna. Ma il Santo vede: vede il Dio bambino piccolo e bianco nella mangiatoia. Si china; ascolta il tenero vagito, gli fa culla d’amore tra le braccia sopra il suo saio povero e sdrucito e il cuor divino batte sul suo cuore. Angeli scendon lungo vie di stelle; un cielo d’indicibile splendore s’incurva sul presepe; a tratti, sale un dondolio lontano di campane. Vive ciascuno il sogno di Natale. (Graziella Ajmone)
La notte santa “Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanco sei”. Il campanile scocca lentamente le sei. “Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio, un po’ di posto avete per me e per Giuseppe?” “Signori me ne duole; è notte di prodigio, son troppi i forestieri; le stanze sono zeppe”. Il campanile scocca lentamente le sette. “Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!” “Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi, tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto”. Il campanile scocca lentamente le otto. “O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!” “S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove”. Il campanile scocca lentamente le nove. “Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci”. “Ma fin sul tetto ho gente: attendono la stella… Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…” Il campanile scocca lentamente le dieci. “Oste di Cesarea…”. “Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame: non amo la miscela dell’alta e bassa gente”. Il campanile scocca le undici lentamente. La neve! “Ecco una stalla!”. Avrà posto per due? “Che freddo!”. Siamo a sosta. “Ma quanta neve, quanta! Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…” Maria già trascolora, divinamente affranta… Il campanile scocca la mezzanotte santa. E’ nato! Alleluia! Alleluia! E’ nato il sovrano bambino. La notte, che già fu sì buia, risplende d’un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaie suonate: squillate, campane! Venite, pastori e massaie; o genti vicine e lontane! Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. E’ nato! E’ nato il Signore! E’ nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino la notte che già fu sì buia. E’ nato il sovrano bambino. E’ nato! Alleluia! Alleluia! (Guido Gozzano)
Natività Bei pastori, venite alla Capanna: sentirete cantar gloria ed osanna. Solleciti veniti e con amore. In ciel vedrete una lucente stella che mai si vide al mondo la più bella. Solleciti venite e con amore. Voi troverete giacer sopra il fieno quel che ha creato il ciel vago e sereno. Solleciti venite e con amore. Maria vedrete. Maria graziosa, più bella assai che non è giglio o rosa. Solleciti venite e con amore. Giuseppe ancora in quel presepio santo voi troverete pien di gloria e canto. Solleciti venite e con amore. (Fra Serafino Razzi)
Ninna nanna Ninna nanna, c’è la neve sulla siepe, c’è una stella sul presepe e c’è un bimbo che sorride nella gelida capanna… Ninna nanna. Ninna nanna, lo difendono dal gelo la Madonna col suo velo, l’asinello col suo fiato… anche il bove immacolato a scaldarlo ecco s’affanna… Ninna nanna. Ninna nanna, come nevica di fuori! Ma gli agnelli ed i pastori vanno, fra nevischio e vento; e un grande angelo d’argento scende in terra e grida osanna! Ninna nanna. Ninna nanna, fra la neve e fra le spine delle siepi montanine s’ode un piccolo singhiozzo. E’ un uccello, un passerotto. Tanta neve, tanto freddo a morire lo condanna… Ninna nanna. Ninna nanna, ma Gesù che non s’inganna e ha sentito il pigolio, parla piano alla sua mamma. Ninna nanna. E con l’alito divino sul suo cuore, il bimbo biondo, già riscalda l’uccellino, l’uccellino moribondo… Vola il passero guarito. Ride in festa la capanna… Ninna nanna. (Pasquale Ruocco)
Il pianeta degli alberi di Natale Dove sono i bambini che non hanno l’albero di Natale con la neve d’argento, i lumini e i frutti di cioccolata? Presto, presto, adunata, si va nel Pianeta degli alberi di Natale, io so dove sta. Che strano, beato Pianeta… Qui è Natale ogni giorno. Ma guardatevi intorno: gli alberi della foresta, illuminati a festa, sono carichi di doni. Crescono sulle siepi i panettoni, i platani del viale sono platani di Natale. Perfino l’ortica non punge mica, ma tiene su ogni foglia un campanello d’argento che si dondola al vento. In piazza c’è il mercato dei balocchi. Un mercato coi fiocchi, ad ogni banco lasceresti gli occhi. E non si paga niente, tutto gratis. Osservi, scegli, prendi e te ne vai. Anzi, anzi, il padrone ti fa l’inchino e dice: “Grazie assai, torni ancora domani, per favore: per me sarà un onore…” Che belle vetrine senza vetri! Senza vetri, s’intende, così ciascuno prende quello che più gli piace: e non si passa mica alla cassa, perchè la cassa non c’è. Un bel Pianeta davvero anche se qualcuno insiste a dire che non esiste… Ebbene, se non esiste, esisterà: che differenza fa? (Gianni Rodari)
Zampognari Vanno con le zampogne sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, tengono il volto chino verso terra e hanno il corpo sì alto e vigoroso e si muovono con tanta tristezza, come nessuno mai. Vanno con lo strumento sulle labbra, vanno con i berretti di pelliccia, e ora con la destra ora con la sinistra suonano la zampogna così tristi, come nessuno mai. Vanno con la zampogna sotto il braccio, vanno con lunghi ruvidi mantelli, vanno con i berretti di pelliccia, vanno e rivanno lo stesso cammino, parlano modulando la zampogna, come nessuno mai. (Josip Murn-Aleksandrov)
Presepe Già tutto è un presepe: i campi, e d’attorno, la siepe, il piccolo borgo, la pieve sepolti sotto la neve. Passano angeli in cielo con grandi ali di velo: bussano con lieve tocco sui vetri, al primo rintocco; li insegnano a dito, a momenti, i bimbi, con occhi innocenti. E’ musica di campane sperdute, ovattate, lontane; o un suono già tanto vicino di zampognari in cammino? Cuore di povera gente, povera gente lieta che ha visto una stella cometa. Ognuno, lo può giurare sul tetto l’ha vista brillare. C’è un bimbo sotto ogni tetto che sogna il tepore del letto. Sia bruno o ricciolino somiglia a Gesù bambino. Sogna il corteo dei Re Magi che muove, dai grandi palagi, cofani d’oro e brillanti, cammelli, paggi, elefanti, o doni di piccole cose meravigliose? Scompaiono sotto la neve il piccolo borgo, la pieve, i campi, e, attorno, la siepe… Che grande presepe! (Mario Pompei)
Cantilena di Natale Dormi, bambino della mamma! Se dormi, fra poco vedrai l’angelo grande, e la stella cometa. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i pastori con gli agnellini e la dolce zampogna. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, verranno i Re Magi carichi d’oro, d’argento, di mirra. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, vedrai la Madonna che adora in ginocchio Gesù Bambino. Ninna nanna, bambino della mamma! Se dormi, ti verrà vicino, per giocare, Gesù Bambino: ti dirà i balocchi del cielo, le stelle del firmamento, zampogne d’oro e d’argento, perchè tu dorma contento, bambino della mamma! Ninna nanna! (M. Dandolo)
Vigilia di Natale Sotto il cielo chiaro ed uguale la nuvola d’oro distesa resta come un drappo spiegato a festa per la fiera di Natale. Le bancarelle coi sempreverdi, hanno gli abeti, le stelle argentate, bianchi angioletti dall’ali gemmate, e campane rosse e blu. Ma chi attira la folla, laggiù, è l’omino che vende casette, pecorelle, pastori, caprette, e il presepio di Gesù. C’è una casina con l’orticello che ha il suo pozzo con la puleggia e vicino un alberello (un rametto di saggina tinto di verde) che ombreggia tutta la rossa casina. I bimbi intorno a guardano intenti sorridendo di gioia sincera: i loro volti, così contenti, hanno una luce di primavera. E’ per tutti un incanto d’amore: è il Natale del Signore! (G. Liburdi Giovanelli)
Vespro d Natale Incappucciati, foschi, a passo lento, tre banditi percorrevano la strada deserta e grigia, tra la selva rada dei sughereti, sotto il ciel d’argento. non rumore di mandrie o voci, il vento Vasto silenzio. In fondo, Monte Spada ridea bianco nel vespro sonnolento. O vespro di Natale! Dentro il core ai banditi piangea la nostalgia di te, pur senza udirne le campane: e mesti eran, pensando al buon odore del porchetto e del vino, e all’allagria del ceppo, nelle lor case lontane. (S. Satta)
Le ciaramelle Udii tra il sonno le ciaramelle ho udito un suono di ninne nanne. Ci sono i lumi nelle capanne. Sono venute dai monti oscuri le ciaramelle senza dir niente; hanno destata nei suoi tuguri tutta a buona povera gente. Ognuno è sorto dal suo giaciglio; accende il lume sotto a trave: sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio, si cauti passi, di voce grave. Le pie lucerne brillano intorno là nella casa, qua su la spiepe: sembra la terra, prima del giorno, un piccoletto grande presepe. Nel cielo azzurro tutte le stelle paion restare come in attesa; ed ecco alzare le ciaramelle il loro dolce canto di chiesa: suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla. (G. Pascoli)
Notte santa Il sole acceso calava dietro i monti di Giuda lungo la valle nuda il vento mugulava, ma sul colle alto Betlemme radiava come gemme. Stanchi, senza parole montavate! Sparve il sole nel silenzio, e mentre annotta non albergo, una grotta trovaste e tu, Maria, dicesti: “Così sia!” Sulla rozza paglia stavi, sonno ti prese… sognavi che ti nasceva Gesù… Angosciata ti svegli, e ai tuoi piedi, in un mare di luce, lo vedi: così fu. Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva piccoletta quasi oliva; punto freddo non dentiva; i piedini e le manine sue li scaldavan l’asinello e il bue. Giuseppe, in rapimento, muto, le braccia in crode, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu che voce, che grido, o Maria, mettesti quando aprì gli occhi celesti! (A. S. Novaro)
Natale Un asinello, un bue, una stella, una grotta… Fate presto voi due, fate presto che annotta. Vi basterebbe un guscio di casa e una fiammella… Date una voce a quella gente che chiude l’uscio. Il cielo è così nero e solo il ciel v’ascolta. Prendete quel sentiero. Arrivati a una svolta fate altri venti passi. Lì c’è una capannuccia: un tetto su una gruccia e un muretto di sassi. Maria ha il cuor sgomento, non trova più coraggio. Fu così lungo il viaggio, fu così aspro il vento; la strada così brutta nel polverone bianco! Ma Giuseppe le è al fianco e gli si affida tutta. Son giunti, oh, finalmente! S’è mai visto ricovero più sconnesso, più povero? dite voi, buona gente. Giuseppe andò per brocche. Tocca spini e si punge. Ah ecco, quando giunge vede tra quattro cocche d’un lino di bucato un fagottino tondo il più bello del mondo, un bimbo appena nato. Piegata sulla cuna che raggia non più squallida, Maria, ch’è tanto pallida splende come la luna. E vede pel deserto sentiero e in mezzo ai prati dei pellegrini alati che provano un concerto; e soavi cantori calan dal firmamento; vede arrivar pastori dalla barba d’argento; il fabbro e l’arrotino; il servo, il falegname; la mamma e il suo bambino; l’uomo sazio e chi ha fame. E in mezzo a un gregge vede, vello di color cupo, venire, mansueto, un lupo… E quasi non ci crede. (R. Pezzani)
Campane di Natale Per gli umili e pei grandi le campane suonano tutte nella Notte Santa. Per le case vicine e lontane degli angeli la schiera in cielo canta. C’era una santa donna che cercava con il suo sposo un posto per dormire. Cercava, la Madonna, e non trovava; ed il figlio di dio dovea venire. Dovea venire in terra per morire spora la croce, martire d’amore, dovea venire in terra per patire tutto il tormento dell’uman dolore. Cercava la Madonna , e non trovava. Infin l’accolse una capanna pia; sulla capanna il ciel chino vegliava e sul figlio divino di Maria. Campane di Natale, ora v’imploro che portiate al Signor la mia preghiera. Oh, non ci sia nessun senza ristoro nel chiaro giorno e nella notte nera! Campane di Natale, non ci sia chi cova l’odio triste nel suo cuore; intenda ognun la santa poesia, la vostra voce di fraterno amore. (L. Orsini)
Su, pastore, e seguila C’è una stella in Oriente il mattino di Natale. Su, pastore, e seguila. Ti condurrà nel luogo dove è nato il Salvatore. Su, pastore, e seguila. Lascia le greggi e lascia gli agnelli. Su, pastore, e segui, segui. Lascia le pecore e lascia i montoni. Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui. Su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, su, pastore, e seguila. Se vuoi dare ascolto alla voce dell’angelo… Su, pastore, e seguila. Dimentica il tuo gregge, dimentica la mandria. Su, pastore, e seguila. Lascia greggi e lascia agnelli, Su, pastore, e segui, segui. Lascia pecore e lascia montoni… Su, pastore, e segui, oh, segui, segui, segui, su, pastore, e segui, segui, segui la stella di Betlemme, Su, pastore, e seguila. (J. W. Johnson)
La stella di Natale E’ la prima parte, la più semplice, di una bella poesia dello scrittore russo Boris Pasternak. Nota come il paesaggio di questo piccolo presepe ha un che di tipicamente russo, della Russia orientale, con la steppa, la neve, i pastori che, alzandosi, si scuotono di dosso la paglia dei poveri giacigli e, in alto, il grande cielo della mezzanotte, tutto pieno di stelle. E’ un altro omaggio al Natale. C’era l’inverno. Soffiava il vento dalla steppa. E freddo aveva il neonato nella tana sul pendio del colle. L’alito del bue lo riscaldava. Animali domestici stavano nella grotta, sulla culla vagava un tiepido vapore. Scossi dalle pelli il polverio del giaciglio e i grani di miglio, dalle rupi guardavano assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte. Lontano era il campo della neve e il cimitero, i recinti, le pietre tombali, le stanghe di corro confitte nella neve, e il cielo sul camposanto, pieno di stelle. E lì accanto, sconosciuta prima di allora, più modesta di un lucignolo nella finestrella del capanno tremava una stella sulla strada di Betlemme. (B. Pasternak)
La messa di mezzanotte C’era un silenzio come di attesa lungo la strada che andava alla chiesa; e fredda l’aria di notte, in quell’ombra là solitaria. C’eran le stelle nel cielo invernale; e un verginale chiarore di neve, ma lieve e rada. C’era una siepe nera e stecchita: parea fiorita di suo biancospino. E mi teneva, oh, mi sogno lontano, mia madre per mano. E nella tiepida chiesa, che incanto! Fra lumi e un denso profumo d’incenso e suono d’organo e voci di canto, ecco, il Presepe con Te, Bambino… (P. Mastri)
Gesù Bambino Quello di Francis Thompson è un omaggio personale, una conversazione amichevole con il Bambino Gesù. Il poeta si mette nei panni di un bimbo e s’informa., con preoccupazioni e parole di bimbo, sulla vita trascorsa in terra da un bambino abituato a stare in cielo a giocare con gli angeli belli. Eri tu fragile, Gesù Bambino, un giorno, e come me piccino? E che sentivi a vivere fuori dai Cieli, e proprio come io vivo? Pensavi mai le cose di lassù, dove fossero gli angeli chiedevi? Io al tuo posto avrei pianto per la mia casa fatta di cielo; io cercherei d’intorno a me, nell’aria, “Gli angeli dove sono?” chiederei, e destandomi mi dispererei che non ci fosse un angelo a vestirmi! Anche tu possedevi dei balocchi come li abbiamo noi, bimbe e bambini? E giocavi nei Cieli con tutti gli angeli non troppo alti, con le stelle a piastrella? Si giocava a rimpiattino, dietro le loro ali? Tua madre ti lasciava sciupare le sue vesti sul nostro suol giocando? Com’è bello serbarle, sempre nuove, per i cieli d’azzurro sempre tersi T’inginocchiavi, a notte, per pregare, e le tue mani come noi giungevi? E a volte erano stanche, le manine, e assai lunga sembrava la preghiera? E ti piace così, che noi giungiamo le nostre mani per pregare te? A me sembrava, avanti io lo sapessi, che la preghiera solo così vale. e tua madre, la sera, ti baciava, i tuoi panni piegandoti con cura? Non ti sentivi proprio buono, a letto, baciato e quieto, dette le orazioni? A tuo Padre, la mia preghiera mostra, (Egli la guarderà, sei così bello!), e digli: “O Padre, io, Figlio tuo, ti reco la preghiera di un bambino”. Sorriderà, che la lingua dei bimbi sia la stessa di quando tu eri bambino! (F. Thompson)
Ho nel cuore un presepe Ho nel cuore un presepe senz’angeli a volo: con solo… con solo un vagito di bimbo. Non voglio pastori, né greggi sui monti, ma un mazzo di cuori e pupille… di volti africani cinesi ed indiani. Ho nel cuore un presepe… da nulla: una culla, un bimbo sconsolato, un pellerossa a lato che lo scalda col fiato: e poi con aria tranquilla un bimbetto lo ninna. E il bambino Gesù non piange più. (M. Ricco)
Il pellerossa nel presepe Il pellerossa con la piuma in testa e con l’ascia di guerra in pugno stretta, come è finito tra le statuine del presepe, pastori e pecorine; e l’asinello e i maghi sul cammello, e le stelle ben disposte, e la vecchina delle caldarroste? Non è il suo posto, via, Toro Seduto: torna presto di dove sei venuto. Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano. Se lo lasciamo, dite, fa lo stesso? O darà noia agli angeli di gesso? Forse è venuto fin qua, ha fatto tanto viaggio perché ha sentito il messaggio; pace agli uomini di buona volontà. (G. Rodari)
Il mago di Natale S’io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l’alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all’Upim: un vero abete, un pino di montagna. con un po’ di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti. (G. Rodari)
Presepio Il mio pastore c’è. Anche quest’anno, lassù tra i monti ha lasciato il capanno e scende a visitare il Re dei re. Va scalzo per sentieri di muschio, in mezzo a laghetti e ruscelli. Portano agnelli altri pastori, le donne panieri. Egli ha le mani vuote: è poverello e non ha nulla per la divina culla. Ma la fede gli brucia il volto bello. Dietro il fulgore dei Magi chinerà timido e muto il suo capo ricciuto: offrirà il suo cuore. (L. Barberis)
Il presepio Vi sono monti scoscesi, nudi ed erti e un ciel di carta azzurra a punti d’oro, vi sono le snelle palme dei deserti, tra la neve coi pini e con l’alloro. C’è un bel prato di muschio verdolino tante casette sparse qua e là, un ponticello ed un laghetto alpino proprio d’un monte sulla sommità. E vi sono pastori e pastorelle che vanno con gli armenti in compagnia, un elefante e tante pecorelle verso la capannuccia del Messia. E la santa capanna è illuminata sol da una stella che vi splende su… Oh, quanta gente intorno inginocchiata, anche i Re Magi, ai piedi di Gesù! Ed il Gesù piccino sorridendo, stende le braccia a tutti quei fedeli, angeli e cherubini van scendendo sopra quel tetto dagli aperti cieli… (B. Morino Ferrari)
I pastori al presepe Mossero; e Betlehem, sotto l’osanna de’ cieli ed il fiorir dell’infinito, dormiva. E videro, ecco, una capanna. Ed ai pastori l’accennò col dito un Angelo: una stalla umile e nera, donde gemeva un filo di vagito. E d’un figlio dell’uomo era, ma era quale d’agnello. Esso giacea nel fieno del presepe, e sua madre, una straniera, sopra la paglia… … e non aveva ella né due assi: all’albergo alcun le disse: “E’ pieno”. Nella capanna povera le sue lacrime sorridea sopra il suo nato; su cui fiatava un asino ed un bue. “Noi cercavamo quei che vive…” entrato disse Maath. Ed ella: “Il figlio mio morrà (disse, e piangeva su l’agnello suo tremebondo) in una croce…”. “Dio…!” Rispose all’uomo l’universo: “E’ quello!” (G. Pascoli)
Luce nel presepe Gesù Bambino, c’è tanto freddo nel mondo in questa notte del tuo Natale. C’è ancora tanto male e tante anime sono come giardini di ville abbandonate, povere anime agghiacciate e senza fiori. Gesù bambino, il mondo forse è un vecchio pellegrino carico di stanchezza e di dolore, che va cercando nel buio della notte la luce del suo presepe. Gesù, Gesù bambino, lasciati ritrovare nella tua culla d’amore perché il mondo ti possa riabbracciare.
Piccolo albero Piccolo albero piccolo silenzioso albero di Natale così piccolo sei che sembri piuttosto un fiore chi ti ha trovato nella verde foresta e tanto ti dispiacque di venire via? Vedi, io ti conforterò perché odori di tanta dolcezza bacerò la tua fresca corteccia ti terrò stretto stretto al sicuro tu non devi avere paura guarda: i lustrini che tutto l’anno dormono in una scatola buia e sognano d’esserne tolti per poter luccicare le palline le catenelle rosso-oro i fili di lana alza le tue piccole braccia e teli darò tutti ogni dito avrà il suo anello e non ci sarà più un solo posto buio d’infelicità poi quando sarai completamente vestito ti affaccerai alla finestra, ché tutti ti vedano e con che meraviglia ti guarderanno! E tu ne sarai molto orgoglioso… e la mia sorellina ed io ci piglieremo per mano con gli occhi incantati sul nostro bell’albero danzeremo canteremo “Natale! Natale!” (E.E. Cummings)
Al bambin Gesù Lo so perché sei nato poverello tu che comandi a tutto il mondo e al cielo: per ricordare al ricco ch’è fratello di chi soffre la fame e soffre il gelo: per ricordare al povero che il core può trovar pace in ogni povertà, per dire al mondo che non c’è dolore che non sia vinto dalla carità. Lo so, lo so! Ma sono pigro a dare: ma, se per poco soffro, mi dispero; ancora amar non so; non so sperare come vorresti tu, proprio davvero. Benedici dal cielo, mio Signore, la mia piccola buona volontà: fammi sempre più buono e forte il core, il core che ubbidirti ancor non sa. (V. Battistelli)
Poesie e filastrocche sul Natale – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Recite di Natale – L’asino e il bue. Una recita natalizia che si rifà alla tradizione per la quale nella notte di Natale gli animali per una breve ora possono parlare con voce umana. I bambini ne sono incantati. (Potete inserire a vostro piacere canti natalizi per i cambi di scena, l’introduzione e il finale). Purtroppo non conosco la fonte.
Narratore: Quando nella stalla di Betlemme nacque Gesù, Dio fece un dono a tutti gli animali: che nella notte di Natale potessero salutare il Bambino con voce umana.
Narratore: Dall’alta rastrelliera, pian pianino, il bue strappò del fieno profumato, si avvicinò alla greppia del bambino, e disse:
Per coprirti l’ho portato. Presso i piedini poi mi fermerò, e col mio fiato li riscalderò.
Narratore: L’asinello pazzerello saltò un po’ per allegria, e poi disse:
Amico bello, guardà là, guarda Maria, che sorride dolcemente, non starò senza far niente. Fammi un po’ di posto, su, voglio anch’io scaldar Gesù.
Narratore: Lassù, nel vano di una finestrella, un ragno stava intento al suo lavoro. Disse:
perchè la tela sia più bella, dal sole prenderò tre fili d’oro, e tre fili d’argento dalla luna. Dalle stelle, una perla per ciascuna.
Narratore: Da un angolino un topo sussurrò:
sono il topino, nel mio buco sto. Ma quando tutti saranno andati via, verrò a tenerti un po’ di compagnia. E ti porterò il mio piccolo tesoro: un bel chicco di grano tutto d’oro.
Narratore: lasciata la tranquilla prateria, le pecore si misero in cammino, in cerca di Giuseppe e di Maria, della capanna e di Gesù bambino. Dissero:
una bella stella ci conduce, là dove splende la divina luce
Narratore: il cane abbaiava e correva intorno alle sue pecorelle
Avanti, venite! La notte è splendente di stelle. Non fatemi tanto aspettare, c’è un bimbo che debbo vegliare.
Narratore: anche in Betlemme tutti gli animali apriron gli occhi sventolando l’ali, e allungando le orecchie, ed il galletto diede la sveglia ritto in cima al tetto:
Amici, amici, in questa notte bella s’è accesa in terra una divina stella. In una mangiatoia un bimbo c’è. Povero e nudo, eppure Re dei Re. Gli angeli in cielo van cantando osanna. Venite amici, andiamo alla capanna!
Narratore: la mucca mormorò:
tiepido e bianco, io porto il latte sotto l’ampio fianco. Maria ne mungerà un secchiellino, che l’aiuti a nutrire il suo bambino.
Narratore: l’oca il collo allungò di qua e di là chiamando la massaia:
qua qua qua. Eccomi pronta a dare il mio piumino, per fare un letto morbido al bambino.
Narratore: venne nitrendo il cavallino:
cosa darò a Gesù bambino? So solo galoppare, che potrò mai regalare? Il mio cuore e niente più, posso offrirti o buon Gesù
Narratore: dietro al fieno stava un riccio bruno. Disse:
Sto qui nascosto, chè nessuno mi veda, però ci sono anch’io a salutar Gesù, figlio di Dio. Tengo bassi gli aculei miei pungenti, chè il bambino di me non si spaventi.
Narratore: da una fessura usciron le farfalle, movendo l’ali con palpiti di gioia:
un giardino è nato in questa stalla, e il più bel fiore è nella mangiatoia. Intorno a quel bel fiore voleremo e un diadema di voli gli faremo
Narratore: nel bosco nero un orso si destò. Scosse la testa, e cupo brontolò:
mi sembra di sentire che un bambino si disceso dal cielo, qui vicino
Narratore: l’orsa fiutò nell’aria
è un bimbo biondo come il miele, e profuma tutto il mondo
Narratore: dissero in coro gli orsacchiotti
è buono il miele, e noi ne siamo ghiotti. Andiamo dunque a far le capriole intorno al bimbo biondo come il sole
Narratore: lo scoiattolo allegro e saltellante, scese di ramo in ramo fra le piante
porto una pigna di quel grosso pino e la depongo ai piedi del bambino
Narratore: la lepre aveva udito da lontano con le sue lunghe orecchie la notizia. Venne correndo per il bosco e il piano, col cuoricino pieno di letizia.
E’ Natale, e non ho più paura, presso al bambino posso star sicura
Narratore: nella boscaglia i lupi eran nascosti, e stavan quieti e buoni, e ben composti.
le zampe vogliamo un po’ incrociare, per mostrare che anche noi sappiam pregare
Narratore: la volpe di mostrarsi non osava, era fuori dall’uscio e mormorava
là dentro c’è una luce che mi abbaglia, eppure è solo un bimbo nella paglia
Narratore: il capriolo levò al cielo i suoi occhi, e vide mille stelle scintillare
con umiltà piego i ginocchi, perchè è nato un bimbo da adorare
Narratore: gli uccelli tutti in coro si misero a cantare
c’è una cometa d’oro, c’è un bimbo da cullare. Cantiamo in lieto stuolo, seguendo l’usignolo
Narratore: l’usignolo mandò due note chiare poi disse
Vedo il bosco verdeggiare, sento odore di rose nella serra, come se tornasse primavera. Ogni ramo di pianta porta un fiore: è nato in terra il nostro salvatore. Ogni uccello gli canti il suo saluto. Figlio di Dio, sìì nostro benvenuto
Narratore: e da quel momento, ogni volta che torna la notte di Natale, gli animali possono parlare per un’ora con voce umana.
La seconda settimana di avvento nella scuola steineriana è dedicata al regno vegetale…
L’angelo rosso La seconda domenica dell’avvento, si può raccontare che un altro angelo scende dal cielo: ha un grande mantello rosso e nelle mani tiene una coppa d’oro. Questa coppa è vuota, perchè l’angelo scende proprio per riempirla sulla terra e riportarla in cielo. Cosa ci mette? L’amore puro che trova nel cuore degli uomini. E terminato il suo lavoro consegna la coppa agli angeli, che col suo contenuto fanno luce per le stelle.
La corona dell’avvento La seconda settimana di avvento, accendendo la seconda candela insieme alla prima nella corona d’avvento, si può recitare o leggere una breve poesia.
Nelle scuole steineriane usa questo motto: “All’angelo rosso noi tutti doniamo l’amore puro che nel cuore abbiamo.” Io preferisco non calcare troppo su quest’immagine, e mi piace qualcosa che richiami al mondo delle piante, come questa:
Albero secco Un albero secco fuori della mia finestra solitaria leva nel cielo freddo i suoi rami bruni. Il vento rabbioso la neve il gelo non possono ferirlo. Ogni giorno quell’albero mi dà pensieri di gioia: da quei rami secchi indovino il verde a venire. (Wang Ya-Ping)
Il presepe
La seconda settimana di avvento, accanto ai sassi e alle pietre preziose, i geodi di feltro e ai rami di santa Barbara, possiamo aggiungere muschio, pigne, alberelli e cespugli realizzati coi bambini in lana cardata o con qualsiasi altra tecnica, frutta secca, un san Nicola, dei fiorellini di feltro…
Naturalmente sullo sfondo possiamo aggiungere all’angelo azzurro quello rosso e usare del rosso anche per abbellire l’interno della capanna, che può essere fatta con cortecce e rametti secchi, oppure nascondendo una scatola sotto il telo blu e drappeggiadola a forma di grotta.
Anche delle roselline rosse sistemate in un angolo sono una bella idea. Le stelle nel cielo possono aumentare.
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Presepe in lana cardata tutorial – Maria, Giuseppe, Gesù bambino, i pastori e i Re Magi: eccoci al capitolo finale dei tutorial per realizzare il presepe in lana cardata.
La base per realizzare le statuine si trova qui: bamboline lana cardata
Consiglio di preparare prima un certo numero di statuine, poi di osservarle e decidere in base alle proporzioni tra loro ed alla riuscita, che personaggio assegnare ad ognuna.
Per caratterizzare i personaggi serve un assortimento di lana cardata e non in vari colori, qualche pezzetto di fil di ferro, aghetto da feltro, qualche filo dorato, e se volete infeltrire i mantelli acqua e sapone.
Le statuine che trovate qui sono piuttosto piccole, e per questo mi sarebbe stato molto difficile ricamare occhi e bocca, per cui ho rinunciato in favore di un effetto scenografico d’insieme. A scuola l’unico posto disponibile per il presepe era un piccolissimo caminetto. Se siete abbastanza abili, completate i visi con ago e filo da ricamo, e saranno molto più belli.
La lana cardata si trova, ad esempio, qui:
Presepe in lana cardata tutorial – Maria
Per la veste avvolgere la lana colorata prima sulle maniche, poi sul busto e infine intorno alla figura. Aiutarsi con l’aghetto da feltro. Se si desidera avere un aspetto più compatto, si può poi massaggiare la figura con movimenti circolari dei polpastrelli con acqua e sapone.
Con l’aghetto da feltro aggiungere i capelli e acconciarli. I capelli servono anche a disegnare i contorni del volto.
Per il mantello preparate a parte una falda di lana colorata, se volete fate in modo che da un lato di sia un tono di colore più chiaro, e dall’altro più scuro.
Poi se vi piace che la figura abbia un aspetto più soffice e fiabesco, usate la lana così com’è, se invece vi piace un aspetto più consistente, massaggiate anche il mantello con acqua e sapone prima di fissarlo alla figura:
Decorate con qualche filo dorato:
Presepe in lana cardata tutorial – Giuseppe
Come per Maria, per prima cosa la veste, avvolgendo con cura la lana così:
Poi capelli e barba:
Rivestendo del fil di ferro con la lana marrone realizzare il bastone:
Poi, come abbiamo visto per Maria, preparare il mantello e applicarlo drappeggiando. Decorare con qualche filo dorato.
Presepe in lana cardata tutorial – Gesù bambino
Per la mangiatoia ho prima avvolto della lana cardata intorno al fil di ferro, come ho fatto per la capanna, poi l’ho modellato e decorato con altra lana cardata e qualche filo dorato. Il bambino si realizza come le statuine, ma invece della veste si abbozzano le fasce.
Presepe in lana cardata tutorial – Pastori e pastorelle
Per i pastori e le pastorelle c’è solo da seguire il proprio gusto e la propria fantasia. Qui di seguito trovate qualche esempio:
Presepe in lana cardata tutorial – Re Magi
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men: here we are at final chapter of tutorials to make the Nativity scene in carded wool.
The basis for achieving the dolls are here: dolls in carded wool
I would recommend to prepare before a certain number of dolls, then observe them and decide based the proportions between them and the aspect that, that character assign to each.
To characterize the dolls serves a range of carded wool and not in various colors, a few pieces of wire, needle felting, some golden thread, and if you want the felting capes, also soap and water.
The statues you find here are quite small, and for this I would have been very difficult to embroider eyes and mouth, so I gave up in favor of a dramatic effect overall. At school the only place available for the Nativity scene was a very small fireplace. If you are skilled enough, fill the faces with a needle and embroidery thread, and will be much more beautiful.
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men
Mary
For the robe wrap colored wool first on the sleeves, then on the chest and finally around the figure. Help ourself with the needle. If you want to give a more compact appearance, you can then massage the figure with circular motions of the finger pads with soap and water.
With the needle add the hair and make styling. The hair also serve to draw the contours of the face.
For the mantle separately preparing a layer of colored wool, if you want make it from one side of a tone lighter in color, and the other darker.
Then if you like that figure has appearance softer and fabulous, used wool as it is, but if you like appearance more consistent, massaged mantle also with soap and water before fixing it to the figure:
Decorate with gold thread:
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men
Joseph
Hair and beard:
Covering the wire with the brown wool realize the stick:
Then, as we have seen for Mary, prepare and apply mantle draping it. Decorate with golden thread.
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men
baby Jesus
For the manger before I wrapped of carded wool around the wire, as I did for the hut, then I modeled and decorated with other carded wool and some golden thread. The baby is realized as the dolls, but rather the robe I have done the bend.
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men
the shepherds
For shepherds just follow your own taste and your own imagination. Below are some examples:
Nativity scene in carded wool tutorial – Mary, Joseph, baby Jesus, the shepherds and the Wise Men
Racconti natalizi – una raccolta di racconti di autori vari sul Natale, per bambini del nido, della scuola d’infanzia e primaria.
Racconti natalizi La leggenda dell’abete (G. Benzoni) S’approssimava l’inverno di tanti e tanti anni fa. Un uccellino, che aveva un’ala spezzata, non sapeva dove ripararsi dal freddo e dalla neve. Si guardò intorno per cercare un asilo e vide i begli alberi di una grande foresta. A piccoli passi si portò faticosamente al limitare del bosco. Il primo albero che vide fu una betulla dal manto d’argento.
– Graziosa betulla, vuoi ospitarmi fra le tue fronde fino alla buona stagione?- – Che curiosa idea! Ne ho abbastanza di custodire le mie foglie!- L’uccelletto saltellò fino all’albero vicino. Era una quercia dalla fitta chioma. – Grande quercia, vuoi tenermi al riparo fino a primavera?- – Che domanda! Se io ti riparassi mi beccheresti tutte le ghiande!- L’uccellino volò alla meglio fino a un grosso salice che sorgeva sulla riva di un fiume. – Bel salice, mi dai ricovero fino a che dura il freddo?- – No davvero! Va’, va’ lontano da me!-
Il povero uccellino non sapeva più a chi rivolgersi, ma continuò a saltellare… Lo vide un abete e gli chiese: – Dove vai, uccellino?- – Non lo so. Nessuno mi vuole ospitare e io non posso volare tanto lontano, con questa ala spezzata.- – Vieni qui da me, poverino. Riparati sul ramo che più ri piace- – Oh, grazie. E potrò restare qui tutto l’inverno?- – Certamente, mi terrai compagnia.-
Una notte il vento gelido sferzò le foglie, che caddero a terra mulinando. La betulla, la quercia, il salice, in breve tempo si trovarono nudi e intirizziti. L’abete invece conservò le sue foglie, e le conserva tuttora. Sapete perchè? Perchè Dio volle premiarlo della sua bontà.
Racconti natalizi Storia del piccolo abete Era autunno e gli alberi del bosco perdevano le foglie. E non erano affatto contenti di rimanere nudi e spogli, coi rami stecchiti. Per questo non badavano al pianto di un uccellino che si trascinava per terra perchè aveva un’ala spezzata. L’uccellino si fermò al piede della quercia e le disse: “Oh quercia grande e potente, fammi rifugiare tra i tuoi rami! Ho un’ala spezzata e il freddo che sta per arrivare può farmi morire”.
“Non ho voglia di essere buona!” rispose la quercia. “Quando perdo le foglie sono di cattivo umore”. L’uccellino si trascinò allora ai piedi di un castagno: “Oh, signore del bosco” cinguettò “fammi rifugiare in un buco del tuo tronco! Ho un’ala spezzata e non so dove passare l’inverno”.
Il castagno fu scosso da un forte soffio di vento e molte foglie caddero. “Non sono il signore del bosco” disse “Se lo fossi, proibirei al vento di strapparmi le foglie, ma non ho tempo di occuparmi di una creaturina piccola come te!”. L’uccellino, sospirando, chiese aiuto a un altro albero, poi ad un altro ancora, ma tutti gli risposero di no, perchè perdevano le foglie e si sentivano cattivi. Allora, il povero uccellino si accucciò per terra e, se avesse saputo farlo, avrebbe pianto.
“Dove vai, povero uccellino dall’ala spezzata?” chiese un piccolo abete che ancora aveva tutti i suoi aghi verdi. “Non vado in nessun posto” rispose l’uccellino, “nessun albero ha voluto darmi rifugio per quest’inverno”. “Te lo darò io” disse il piccolo abete. “Quando avrò perdute le foglie, stringerò più forte i rami per ripararti. Speriamo di farcela”. In quel momento apparve un grande angelo bianco. Disse: “Il Signore ti ha benedetto, piccolo albero. Tu non perderai la tua veste verde nemmeno in inverno. Dio premia tutti gli atti di bontà”. Venne l’inverno, e il bosco era silenzioso e ammantato di neve. Gli alberi erano immobili e stecchiti come se fossero morti. Ma il piccolo abete non aveva perduto le foglie. Era rimasto col suo vestito verde ed era il solo in tutto il bosco.
Un giorno passò il vecchio Dicembre. Cercava un albero per appendervi i doni che ogni anno portava alle famiglie. Ma quegli alberi così spogli gli mettevano la la tristezza nel cuore. “Non posso attaccare i lumini e i doni a un albero dai rami stecchiti” diceva, e sospirava. Stava per andarsene, quando vide un alberello tutto verde. Era il piccolo abete che aveva dato rifugio all’uccellino. “Oh” esclamò gioiosamente il vecchio Dicembre “Ho trovato finalmente l’albero che ci vuole!” Da allora l’abete, che resta sempre verde, anche d’inverno, fu scelto per appendervi i lumini e i doni ed è accolto con gioia da tutte le famiglie. (M. Menicucci)
Racconti natalizi L’oste … Sì, ora ricordo, ma vi ripeto, non è facile tenere a mente i clienti. E poi, i clienti di quei giorni! Che trambusto! Che via vai! Augusto, il grande imperatore romano, aveva emanato un editto per il censimento. Voleva sapere quanti cittadini popolassero il suo grandissimo Impero. Anche la Palestina si trovava sotto il suo dominio. Noi Ebrei avevamo, è vero, un re nostro. Si chiamava Erode, e risiedeva a Gerusalemme, la capitale del Regno. Ma sopra di lui c’era l’imperatore romano, che contava più di lui. Bisognava obbedire. Perciò tutti tornavano al paese d’origine per farsi segnare sulle liste della propria tribù.
Ve l’ho detto, furono giorni di grande affluenza, di grande confusione, e devo ammetterlo, di grande guadagno. Il cortile era pieno di animali e di gente. I servi non ce la facevano a servire tutti. Si era giunti alle ultime forcate di fieno, e quanto alla paglia, lo dico con vergogna, molte volte fui costretto a ridistribuire quella già usata. Una sconvenienza, lo so, ma come volete che facessi?
Fu una sera, sull’ora della notte. I servi vennero a dirmi che alla porta si erano presentati due nuovi clienti. Detti in giro un’occhiata. Sotto il portico, la gente si pesticciava. Chiesi ai servi: “Che gente è? Persone di riguardo?” Scrollarono il capo.
“Poveri” mi dissero “un operaio e una donna sopra un asino”. “Se vogliono buttarsi in un canto…” dissi, indicando i portici affollati. “Chiedono una camera particolare” mi fu risposto. “Allora mandateli con Dio. Bella pretesa; una camera particolare in questi momenti, e per gente povera”. “La donna è stanca del viaggio” mi disse un vecchio servo. “E che cosa ci posso fare io? Anch’io sono stanco! Non ne posso più. Se fossero stati clienti buoni… ma con certa gente spesso ci si rimette anche la paglia”.
I servi erano incerti. Allora mi feci io sulla porta. “Mi dispiace” dissi col migliore dei modi, “mi dispiace, ma non c’è posto. Con questo benedetto censimento! Anche voi siete qui per l’editto?” “Sì” rispose l’uomo, un tipo di operaio. “Di che famiglia siete?” “Della famiglia di David”.
Lo guardai sorpreso. La famiglia dell’antico profeta era famiglia reale. “E non avete parenti in città?” L’uomo abbassò gli occhi. Guardai la donna raccolta sull’asino. Che viso pallido e bello! Sotto la coperta che le ricadeva sulle spalle, nella semioscurità, sembrava che facesse luce. “Sono dolente” dissi ancora “ma non c’è posto. Neppure nel cortile; una camera particolare mi è impossibile”. “Questa donna è stanca” disse sommessamente l’uomo. La riguardai. Ella abbassò le ciglia. “Sentite” dissi loro “se volete restare soli e passare una notte al coperto, vi consiglio una cosa. Sul fianco del colle ci sono alcune grotte che servono da stalla. In mancanza di meglio, possono servire come camere particolari. Non ve ne offendete. Così risparmierete anche quei pochi denari”. I due non fiatarono. L’uomo tirò la cavezza dell’asino che si mosse zoppicando. Il lume di quel volto di donna affaticata sparve nel buio.
Rimasi sulla porta, ascoltando lo zoccolo dell’asino che si allontanava. Mi invase una grande tristezza. Li avrei voluti richiamare. Ma come era possibile ospitarli? Vi assicuro che non c’era più posto sotto il portico, e di camere particolari, neppure parlarne. Con tutto ciò ero triste. Rientrai. Avevo una pietra sul cuore. (P. Bargellini)
Racconti natalizi Un mantello speciale (S. Lagerloff) C’era una volta un uomo che uscì fuori nella notte per cercare del fuoco. Andò di casa in casa e picchiava: -Oh, buona gente, apritemi! Ho un bambinello appena nato e cerco del fuoco per riscaldare il mio bambino e la sua mamma.-
Era una notte profonda: tutti dormivano. L’uomo camminò ancora finchè, lontano, scorse un chiarore: si avvicinò e vide nell’aperta campagna un bel fuoco che ardeva, e intorno molte pecore, che dormivano vigilate da un pastore e dai cani. Quando l’uomo si avvicinò alle pecore, tre grossi cani si destarono e spalancarono le bocche per abbaiare, ma non poterono; allora mostrarono i denti e fecero per slanciarsi su di lui, ma i loro denti non poterono morderlo. L’uomo voleva avvicinarsi al fuoco, ma le pecore erano così fitte che tra loro non si poteva passare e l’uomo passò sopra di loro, senza che nessuna si svegliasse o si muovesse, e giunse vicino al fuoco. Allora il pastore si svegliò; era un vecchio severo e violento.
Vedendo quell’uomo vicino al suo gregge, prese un lungo bastone e glielo lanciò contro, ma il bastone cadde proprio ai suoi piedi senza toccarlo. Lo straniero si fece allora vicino al pastore e gli disse: -Dammi un po’ di fuoco che riscaldi il mio bambino appena nato e la sua mamma.- -Prendine quanto ne vuoi- rispose il pastore, ma intanto pensava “Costui non potrà prenderne nemmeno un poco, perchè non ha con sè una pala, nè un recipiente per portare i tizzi accesi”. Ma l’uomo si chinò, prese con le mani alcuni carboni accesi, e li mise nel mantello. Il pastore meravigliato pensava: “Che nottata è questa, che i cani non mordono, e il fuoco non brucia?”. E, pieno di curiosità, seguì l’uomo che aveva già preso la via del ritorno. Vide che lo straniero non aveva una casa: si era fermato davanti a una grotta, nella quale erano una donna e un bimbo. Il pastore allora ebbe pietà del bambino tremante nella notte fredda, e dal sacco che aveva sulle spalle trasse fuori una morbida e bianca pelle di pecora, e la offrì all’uomo per il bambino.
In quel momento, proprio quando il suo cuore diventava buono, vide intorno a sè una fitta schiera di angeli dalle grandi ali d’argento. Tutti insieme cantavano che nella notte era nato il Redentore. Allora il pastore capì perchè in quella notte tutto era così buono e nessuna cosa faceva del male.
Racconti natalizi Il pastorello povero (G. E. Nuccio) Quando gli angeli del cielo annunciarono per valli e per monti ch’era nato Gesù, tutti si misero in cammino per andarlo a visitare. E chi gli portava pane e frumento, chi cacio e ricotta, chi miele e latte, chi capretti o conigli. Venne anche un garzoncello di pastori; ma si sentiva umiliato, e quasi si vergognava, perchè non possedeva nulla da donare a Gesù Bambino. E come entrò, si stette in un angolo della grotta; e stringeva sul petto il suo zufolo, l’unica cosa che avesse.
Ma lo vide la Madonna, e venne a prenderlo per una mano, e gli fece coraggio col suo dolce sorriso. Allora il pastorello si fece animo e disse: -Non ho niente da donare a Gesù Bambino. Solo vorrei offrirgli una sonatina con questo mio zufolo-.
-Sì, figlio mio- disse la Madonna, sorridendogli amorosa. Ma proprio in quel momento, entrarono i tre Re Magi, tutti vestiti di porpora e d’oro, con largo seguito di servitori carichi di ricchissimi doni. Allora il pastorello tornò a mettersi in un angolo della grotta, ma la Madonna lo cercò con gli occhi amorosi, lo scorse e venne di nuovo a prenderlo per mano.
E, facendolo passare tra i magnifici Magi vestiti di porpora e d’oro, lo guidò fin presso la culla di Gesù. Allora il pastorello, voltosi dalla parte del bambino, intonò col suo zufolo la più dolce canzone. Nella grotta si fece un silenzio grande: tutti, Magi e pastori, cacciatori e contadini, donne e ragazzi, tacquero; e le pecore e i colombi e gli uccelli, che stavano dentro e fuori della grotta, tacquero anch’essi; e lo stesso il ruscello, che scorreva lì presso; e il mulino si fermò per non fare rumore. La voce dello zufolo era dolce e soave, come quella di tutte le madri della terra, messe ginocchioni per adorare il Figliolo divino. E Gesù Bambino stava ad ascoltare e guardava, con i suoi occhi dolci di luce, negli occhi del pastorello. E il pastorello si sentiva tanta dolcezza nel cuore; proprio gli pareva di essere tutto solo con Gesù e la Madonna.
Allorchè il suono dello zufolo si tacque, la santa Vergine venne accanto al pastorello, e gli fece una carezza sul capo. E Gesù Bambino, levando la sua bianca manina, lo benedisse. E quando il pastorello passò in mezzo alla folla, tra pastori e contadini, fra servi e Magi, tutti si chinarono al suo passaggio, quasi fosse il re più ricco. Perchè egli aveva offerto il dono più prezioso a Gesù: la musica sgorgata dal suo cuore.
Racconti natalizi Il pastorello Il bambino Gesù era nato nel presepe. Era un bambino piccolo e povero, avvolto in poche fasce e messo a giacere sulla paglia, ma era il Signore del mondo. Questo aveva detto l’angelo ai pastori meravigliati. Quando l’angelo ebbe annunciato la nascita di Gesù, i pastori si levarono, abbandonarono le greggi e si avviarono per visitare il piccolino che era nato.
Ma non si va a mani vuote da un bambino nato da poco, e ogni pastore prese qualche cosa, chi un agnello candido e ricciuto, chi una forma di formaggio, chi una fiasca di latte. Solo un povero pastorello non aveva niente, perchè era molto povero. Povero quasi come il bambino Gesù. Ma anche il pastorello volle andare a visitare quel piccino che era nato.
Si avviò insieme agli altri. La strada era lunga e faticosa, e il pastorello restò indietro. Mentre si affrettava, solo solo, sentì nel buio un lamento. “Chi è?” chiese, e aguzzò gli occhi nella notte. Seduto sul margine della strada, vide un bambino che si stringeva fra la mani un piedino, e piangeva. “Ti fa molto male?” chiese il pastorello. “Sì” rispose singhiozzando il bambino. “Mi sono punto con uno spino e ora non posso camminare” “Dove abiti?” “Lassù” e indicò la cima della montagna. “Io dovrei andare da tutt’altra parte” sospirò il pastorello “ma non posso lasciarti qui solo e ferito. Ti porterò fino a casa tua”.
Prese in braccio il bambino e cominciò a salire. Che fatica! Invece di un bambino, pareva che portasse un macigno! Finalmente, tutto sudato e trafelato, arrivò in vetta al monte e depose il bambino davanti all’uscio di una capanna, sopra un po’ di paglia. Ed ecco che una stella si staccò dal cielo e venne a posarsi sul tetto; e il povero giaciglio splendette come se la paglia fosse diventata d’oro. In mezzo a una gran luce, il pastorello vide, invece del piccolo ferito, un bambino di grande bellezza che dolcemente gli sorrideva.
“Io sono il bambino che è nato stanotte” disse “Il salvatore del mondo annunciato dagli angeli. Tu credevi di allontanarti da me e invece ti ero tanto vicino. Chi aiuta gli altri è vicino a Dio”. Il pastorello si inginocchiò guardando il bambino con occhi pieni di meraviglia e stupore. Poi si ricordò di qualcosa e, mortificato, disse: “Signore, non ho nulla da offrirti…”
“Mi hai già dato molto, perchè mi hai dato la tua bontà” rispose il bambino, e con la piccola mano raggiante, benedisse l’umile pastorello della montagna. (M. Menicucci)
Racconti natalizi Il pastore Che freddo quella notte! Le stelle bucavano il cielo come punte di diamante. Il gelo induriva la terra. Sulla collina di Betlemme tutte le luci erano spente, ma nella vallata ardevano, rossi, i nostri fuochi. Le pecore, ammassate dentro gli stazzi, si addossavano le une sulle altre col muso nascosto nei velli. Noi di guardia invidiavamo le bestie che potevano difendersi così bene dal freddo. Si stava attorno ai fuochi che ci cuocevano da una parte, mentre dall’altra si gelava.
Sulla mezzanotte il fuoco cominciò a crepitare come se qualcuno vi avesse gettato un fascio di pruni secchi. Nello stazzo, le pecore si misero a tremare. Levavano i musi in aria e belavano. “Sentono il lupo” pensai. Cercai a tastoni il bastone e mi alzai. I cani giravano su se stessi e uggiolavano. “Hanno paura anche loro”, pensai.
Intanto, anche i compagni si erano alzati da terra. Facevano gruppo scrutando la campagna. Non era più freddo. Il cuore, invece di battere per la paura, sussultava quasi di gioia. Era di notte e si vedeva luce come di giorno. Sembrava che l’aria fosse diventata polvere luminosa. E in quella polvere, a un tratto, prese figura una creatura così bella che ne provammo sgomento. “Non temete” disse l’apparizione “io vi annunzio una grande gioia destinata a tutto il popolo. Oggi vi è nato un salvatore, nella città di David. E questo sia per voi il segnale: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”.
Non aveva finito di parlare, e da ogni parte del cielo apparvero angeli luminosi, e cantavano “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Poi tornò la notte e noi restammo come ciechi nella valle piena di oscurità. I fuochi si erano spenti. Le pecore tacevano. I cani si erano acciambellati per terra.
“Abbiamo sognato!” pensammo. Ma eravamo stati in troppi a fare lo stesso sogno. Lì vicino, sulla costa della collina, erano scavate alcune grotte, che servivano da stalla. Avevano una mangiatoia formata di terra dura. Se il salvatore si trovava in una mangiatoia, voleva dire che era nato in una di quelle grotte. Infatti trovammo, come ci aveva detto l’angelo, un bambino fasciato, in mezzo a due animali, un bue ed un asino. Il bue era quello che dimorava nella stalla. L’asino vi era giunto coi genitori del bambino. Sul basto sedeva il padre, pensieroso; presso la mangiatoia si trovava inginocchiata la madre, in adorazione del suo nato. Guardai quel bambino e il mio cuore si intenerì. Sono un povero pastore, ma ogni volta che vedo un agnellino mi commuovo. E quel bambino mi parve il più tenero, il più innocente degli agnelli. Non so dire altro. Posso aggiungere che non ho più trovato in vita mia una dolcezza simile a quella provata davanti a quel bambino. Anche ora che ci ripenso, mi torna la tenerezza per quell’agnello innocente e gentile. Sono un povero pastore. Perdonatemi se lo chiamo così: è per me il nome più dolce e più caro. (P. Bargellini)
Racconti natalizi Dell’abete solitario
Nel Vosgi, molto vicino a Strasburgo, c’è lo Schneeberg. Fra la sua cima e quella del Donon vi sono diversi gruppi di rocce sugli altopiani o nelle gole delle valli, dove una volta stavano i sacerdoti dei celti e dove guardavano al di là di Stasburgo il levar del sole.
La leggenda contava dodici alte rocce che, nelle sante notti dopo la nascita di Gesù, si mettono in cammino e, ognuna per la sua strada ed ognuna nella sua notte particolare, si affretta ad andare sullo Schneeberg per inchinarsi, da lassù, al sole che sorge.
Su una si queste alte rocce stava, nella dodicesima notte al tempo del compimento dei tempi, un abete solitario sotto il cielo pieno di neve. Per tutta la notte aveva sognato della stalla di Betlemme. Sul far del giorno arrivarono tre carovane con i Re che avevano adorato il bambino a Betlemme ed ora con il loro seguito e con gli animali cercavano il centro del mondo per dirigersi verso oriente, occidente e sud.
Davanti all’abete solitario si fermarono, pensando che proprio qui fosse il centro del mondo. Mentre pensavano questo, divamparono dodici fiamme sopra alle cime ed alle rocce del circondario, fin giù nella pianura dell’Alsazia. I Re si abbracciarono e gli animali delle tre carovane parlarono ancora una volta gli uni con gli altri. Ma l’abete si inchinò profondamente davanti ai tre re venuti dall’Oriente e davanti ad ognuno degli animali, perchè nella sua nostalgia sapeva che questi avevano visto il Signore del mondo nella stalla e vedeva la luce che albergava ancora nei loro cuori. Allora i tre Re benedissero l’abete solitario ed ognuno di loro ne staccò un ramo, per portarlo con sè, finchè l’abete tremò di gioia.
Prima di separarsi i Re predissero solennemente all’abete che un giorno, in un lontano futuro, esso sarebbe sceso dall’altura del Vosgi verso Strasgurgo e poi, da qui, in tutte le valli ed i paesi e le città del mondo e che sarebbe diventato l’albero di Natale, un simbolo della luce nella stalla di Betlemme, che come un sole dei mondi guarda ancor oggi sulla terra addormentata. (Camille Schneider)
Leggenda dei pastori C’era una volta, in un fredda e gelida notte invernale, un povero pastore che svegliandosi spaventato contò le pecore del suo gregge. Mancava una mamma pecora: la pecora migliore che aveva. Il pastore si mise alla sua ricerca, camminava per prati e campi cercando ovunque, sui picchi e in fondo ai burroni. Ascoltava sperando di sentire qualche belato spaventato, ma tutto era silenzioso. Camminò a lungo senza trovare la pecora e si meravigliò del fatto che non era per niente stanco. Un morbido tappeto di fiori stava sotto ai suoi piedi e un soffio tiepido di primavera alitava sul suo viso, eppure si era nel mezzo dell’inverno…
Le gemme si schiusero e il suo cuore stesso fioriva come un bocciolo. Cosa c’era? Tutto era così trasformato! Solo quando pensava alla sua pecora lo riprendeva la tristezza. Mai più avrebbe avuto una simile bella mamma pecora nel suo gregge, con un vello così morbido e bianco! Egli l’amava molto, più di tutte le altre pecore. Oh, se potesse ritrovarla!
Mancava poco e gli avrebbe dato un agnellino, e lui durante la notte l’avrebbe scaldato avvolgendolo nel suo mantello, e di giorno l’avrebbe portato sulle spalle nel cammino verso i pascoli alti del monte, a primavera. Alzando lo sguardo verso i monti lontani vide salire una grande stella lucente come un brillante. “Che stella sarà mai?” si chiese. Non aveva mai visto una stella simile. La stella del mattino non poteva essere, era ancora notte piena. La stella saliva, saliva, e la sua luce era così potente che tutt’attorno cominciò a luccicare.
Il cuore del giovane pastore era pieno di meraviglia, e lui camminava proprio seguendo la direzione della stella. Da quanto tempo camminava, non lo sapeva. Andò avanti finchè arrivò ad una capanna bassa, una misera stalla irradiata dall’oro della stella. Alle sue orecchie arrivò un canto dolcissimo… e quando arrivò vicino dovette coprirsi con la mano gli occhi, tanto era lo splendore che irraggiava da un piccolo bimbo appena nato. Il bimbo giaceva sulla paglia dura e la madre lo cullava cantando dolcemente. Poi lei prese delicatamente un po’ di paglia d sotto ai suoi piedini e la diede al bue e all’asinello che stavano accanto alla greppia.
Il pastore non sapeva di stare davanti a Maria che in quella povera stalla aveva fatto nascere il bimbo celeste. Come si meravigliò il pastore quando il bambino Gesù allungò le sue manine verso una pecora bianca che fiduciosamente posò il muso sulla greppia. Come gioiva il bambino toccando la morbida lana bianca e quando lo sfiorò il tiepido alito dell’animale. Il giovane pastore riconobbe la pecora che aveva cercato tutta la notte.
Maria sorrise, accennò con la testa al pastore e lui potè vedere un po’ dello splendore della stella nei suoi occhi. La madre gli disse, passando le dita tra i morbidi fiocchi della pecora: “La stella l’ha guidata, essa ci ha dato da bere, grazie buon pastore!”.
Il pastore si inchinò davanti al bambino. Nella sua povertà non sapeva cosa donargli. Tagliò un angolo della pelliccia che portava sulle spalle e la stese sulle delicate gambine del bimbo, così che nessun soffio gelido di vento lo sfiorasse. Dalla sua borsa prese l’ultimo pezzetto di pane e lo offrì a Maria.
Un uccellino volò leggero sul palmo della mano di Maria a beccare alcune briciole e trillò. Dal bambino irraggiò una luce che arrivò sul petto dell’uccellino e le sue piume si colorarono d’oro. L’uccellino col petto d’oro passò sopra la greppia e volò via gioioso.
S’era silenzio nella stalla, gli animali respiravano calmi. La pecora si avvicinò al pastore e si inginocchiò accanto a lui, che la accarezzò. Com’era bianca e morbida la sua lana, poteva essere un morbido e caldo lettino per il bambinello.
“Caro bambinello, io ti ringrazio e ti voglio regalare la mia pecora. La lana morbida ti riscalderà nella notte, e il suo latte ti darà forza e farà bene anche a tua madre!” Come in sogno il pastore camminò per prati e campi per raggiungere il suo gregge, il cielo sopra di lui era pieno di migliaia di stelle che illuminavano la sua via. Dopo un pezzetto di strada incontrò Giuseppe, che come Maria aveva negli occhi lo splendore della stella. Giuseppe gli disse: “Il mio bambino ti dona la pace”. Come campane risuonarono queste parole nel cuore del pastore. Oh, notte meravigliosa!
Il pastore contò le sue pecore. Si sbagliava? Si stropicciò gli occhi e ricontò di nuovo. Ma per quanto ricontasse il numero era sempre lo stesso: le pecore erano tre volte di più. I suoi occhi increduli guardarono il gregge diventato così numeroso e grande. Un raggio della stella toccò il suo cuore e il pastore andò con il pensiero al cammino appena fatto, e rivide il bambino giacere nella greppia, pieno di luce celeste. La madre lo cullava e da così lontano sorrise al pastore: “Molte meraviglie accadono in questa notte, tutti saranno benedetti!”. Vicino a lui sentì un lieve belare. Un agnellino appena nato, con la pelliccia candida come la neve, giaceva sulla tera. Egli lo raccolse e l’agnellino si strinse a lui. Il cuore del giovane pastore voleva saltare dalla gioia. Vide il cielo aprirsi sopra di lui e un fermento riempì l’aria, tutte le stelle brillavano e in file lucenti apparvero le schiere celesti. Gli Angeli cantavano, volarono in basso e benedissero la terra e tutto ciò che c’era su di essa.
Racconti natalizi La leggenda del Re segreto Non tanto tempo fa c’era un paese che era il più grande del mondo perchè aveva sottomesso quasi tutti gli altri paesi. Aveva raggiunto non soltanto grande fama, ma anche ricchezze straordinari e i suoi abitanti dovevano confessarsi che alla loro fortuna non mancava quasi nulla.
Un giorno scoppiò in questo paese una strana malattia. Essa colpì dapprima poche persone, poi sempre di più, ed infine divenne un’epidemia. Si manifestò dapprima con strane forme di paralisi, non solo esterne ma anche interne. Le persone colpite non potevano più muoversi, dopo un po’ non riuscivano più a parlare, e infine nemmeno a pensare.
Gli abitanti del paese si disperarono per questa calamità, scoppiata proprio nel loro periodo più felice. Quando la malattia si dilatò e colpì anche le persone più importanti, il re convocò i suoi consiglieri e li interrogò sul da farsi in questa situazione di emergenza. Ma i consiglieri non sapevo dire nulla di più di quanto i medici avevano stabilito. L’unica cosa che consigliavano al re era di far spargere la voce nel regno che chiunque conoscesse un rimedio si presentasse senza indugio. Così fece il re, e dopo un po’ di tempo si presentò al castello un anziano pastore. Esso diede al re un consiglio inaspettato. Disse: “In questa emergenza ti può aiutare una sola cosa. Manda tua figlia al re segreto. Esso ti darà ciò di cui hai bisogno”.
Sentendo queste parole, il re non fu molto felice. Mandare sua figlia, da sola, presso un re sconosciuto, che inoltre era anche segreto: questo non gli garbò per nulla. Ma quando poco dopo fu lui stesso colpito dalla malattia, si decise a seguire il consiglio.
Così la giovane figlia del re se ne andò e cominciò a cercare il re segreto. Non sapeva in quale luogo abitasse, non conosceva nemmeno la strada per arrivarci, era solo piena di un desiderio profondo di trovarlo e di aiutare gli uomini. Camminò dal mattino alla sera e non trovò niente. E quando alla fine della giornata non aveva ancora concluso nulla, decise di non entrare nell’osteria, ma di passare la notte all’aria aperta, per cogliere eventualmente un segno. Così scalò una collina e lì si fermò. Un cielo infinito, di un blu profondo, si stendeva sopra di lei. Mai prima aveva visto un cielo così. A lungo contemplò quella vista e si lasciò trasportare dallo sguardo in quelle lontananze. Si sentì sempre più libera e le sembrava di comprendere molti segreti del mondo. Poi si addormentò profondamente. Quando la mattina dopo si destò, si accorse con grande meraviglia di essere avvolta in un mantello stupendo, blu scuro. Il giorno dopo proseguì la sua marcia. Incontrò numerose persone che le chiedevano aiuto, certe volte anche con malagrazia, con parole sgarbate e cattive.
La figlia del re li ascoltò tutti senza protestare nè arrabbiarsi, e li aiutò tutti, come potè. Infine le venne incontro un uom o che era ormai quasi nudo. Egli le domandò di dargli qualche indumento caldo. Allora lei gli donò il suo vestito perchè, si disse, in fondo lei aveva il mantello. Appena ebbe dato il suo vestito si accorse di indossare un nuovo abito che brillava del rosso più meraviglioso.
Quando il giorno seguente proseguì per la sua strada, le si presentarono molti ostacoli. I sentieri diventavano sempre più difficili e le sue forze stavano per abbandonarla. Solo la sua volontà di raggiungere la meta restò ferma.
Arrivò su un prato che era ornato da splendidi alberi con molto fogliame e frutti luminosi. Si sedette sotto l’albero più grande; le sue forze erano finite. Seduta così, pensò tra sè: “Se solo avessi oltre alla volontà anche la forza!”. In quel momento l’albero potente cominciò a muoversi. Si scosse, si spostò, e un paio di splendide scarpine caddero a terra: erano fatte di oro lucido e caldo. Quando la figlia del re indossò le scarpine, le sue membra furono pervase da una forza che mai aveva sentito prima. Ora poteva riprendere il cammino.
Il quarto giorno il sentiero si inabissò piano verso l’interno della terra. Dapprima la principessa fu circondata da un buio angosciante, poi divenne sempre più chiaro, ed infine arrivò una luce di un’incredibile morbidezza. Le sembrò di entrare nella camera più intima della terra. Nel centro della sala si trovava un trono sul quale era seduto un giovane re che era illuminato come da un sole dolce. Era circondato dagli spiriti della natura, dalle guide degli uomini e dai capi degli angeli. Ora la figlia del re seppe di essere arrivata alla meta.
Il giovane sul trono guardò la principessa e vide ciò che indossava: il mantello blu che aveva sulle spalle, l’abito rosso e le scarpine dorate. Allora disse: “Meriti di ricevere il bene per aiutare gli uomini”, e le porse una coppa d’oro, riempita di acqua limpidissima. La invitò a bere. Poi le diede l’incarico di portare quest’acqua agli uomini e di dare loro la notizia dell’esistenza del re segreto. Quelli che avrebbero creduto al suo messaggio, avrebbero potuto bere e sarebbero stati salvati dalla loro malattia.
In questo modo molti già hanno ricevuto una nuova vita, ma ci saranno ancora molti altri che apriranno i loro cuori al messaggio che esiste un re segreto che è il guardiano e il donatore dell’acqua della vita. Egli abita tra noi e protegge gli uomini. (Eberhard Kurras)
Racconti natalizi Il pastore Giona nella stalla Giona il pastore giaceva avvolto stretto nella sua coperta nella paglia, e dormiva. L’estate era passata da un bel po’. I pascoli erano brulli; già nell’autunno, quando le tempeste spazzavano sopra i campi arati, aveva raccolto le sue pecore e trovato un rifugio insieme a loro dall’oste dell’osteria Corona. Esso aveva dietro l’osteria una grotta stretta dove teneva la sua mucca e d’inverno potevano alloggiare lì tutti quanti, Giona, la mucca e le pecore. Spazio non ne aveva più nessuno, ma il pastore non ci faceva caso e non aveva niente in contrario a dormire con le sue care pecore.
La mucca era mite, sognava forse della primavera prossima, quando avrebbe avuto di nuovo tutta la grotta per sè. Ma nel frattempo godeva del calore che emanava dai lanosi coinquilini.
Il vento d’inverno soffiava rigido attraverso le aperture tra le travi, ma perdeva quasi subito la sua potenza fredda in questo povero rifugio abitato da uomo e animali.
Improvvisamente il pastore si destò, si strofinò gli occhi e si guardò intorno tutto stranito. Osservò con cura ogni dettaglio del vano che già conosceva tanto bene, come se durante il sonno esso gli fosse diventato estraneo. Le mura di roccia, irregolari, che limitavano la grotta su tre lati e formavano anche il soffitto, erano neri dei fuochi che si accendevano lì un tempo. La porta era di legno grezzo, attaccata su dei cardini poco stabili, e aveva delle fessure così larghe che anche senza finestra si poteva osservare tutto ciò che si svolgeva nel cortile.
Giona tastò la paglia che copriva appena la terra nuda, toccò la mangiatoia che conteneva il fieno per la mucca e per le pecore come se la volesse esaminare: “Sì, sì…” mormorò finalmente, “si tratta solo della nostra stalla!”. Però nel frattempo scosse la testa, ancora incredulo.
Dove credeva di essersi svegliato? Il pastore pose una mano sul capo di una pecora e cominciò a raccontare… alcuni pensano che sia stupido parlare agli animali, perchè non capiscono una parola, ma Giona ne sapeva di più, e naturalmente anche le sue pecore ne sapevano di più! Girarono tranquillamente le teste verso di lui e ascoltarono il suono della sua voce calda e profonda che diede loro una sensazione di sicurezza e di protezione.
– Pensate un po’…” raccontò Giona, “ero in un castello, in un palazzo dorato, lì c’era una sala così meravigliosa, che non ho mai visto nulla di simile prima. I muri erano d’oro puro e il soffitto era come un cielo stellato, il tappeto come un giardino fiorito di rose e di gigli. Inoltre lì veniva suonata la musica più deliziosa da musicisti ineguagliabili. Nel bel mezzo della sala si trovava un letto a baldacchino con dei cuscini di piuma soffice. E pensate un po’, in questo letto di piume dormivo io, così morbidamente come sulle ali di un angelo.
Ma improvvisamente si sentì un richiamo forte: “Il re viene, fate posto per il re!”. Un servitore venne correndo e mi disse, anzi mi pregò di far posto nel castello per il re. “Vero che lo fai per il re?” mi disse. Allora io mi alzai, ma quando i miei piedi toccarono terra mi svegliai, ed ora il castello è scomparso e mi trovo di nuovo qui da voi nella stalla-.
Le pecore continuarono a guardare il pastore con i loro occhi tranquilli e scuri. Avevano capito, potevano immaginarsi la bella sala nel castello dorato. Ancora una volta Giona si strofinò con mani forti gli occhi, ma il sogno non si lasciò cacciare. Restò lì e questa era anche la sua intenzione, perchè era stato un angelo a far sognare così il pastore, con una buona ragione.
Fuori il vento soffiò la sua canzone gelata. Giona tirò su la coperta più stretta intorno alle spalle. “No… di sicuro questa è una grotta e non un castello… ma fa un bel calduccio qui, vicino alle pecore dal folto vello! Siamo proprio fortunati!”, constatò Giona “Siamo proprio fortunati a poter essere qui, tutti insieme. L’inverno è un pastore crudele, è meglio evitarlo!”.
Poi sbirciò curioso attraverso le fessure della porta, perchè dal cortile si sentivano delle voci. La voce dell’oste un po’ tonante ma non sgradevole, e la stanca voce di un uomo. Giona non poteva vedere i due, perchè il sole era già tramontato e il mondo era grigio e senza contorni. Improvvisamente però vide avvicinarsi una luce: era l’oste che bussava alla porta tenendo una lanterna: “Giona… Ehi, Giona… sei sveglio?, disse l’oste a voce bassa. “Ma sì, certo” rispose il pastore, ed aprì la porta.
L’aria fredda che entrò lo fece rabbrividire. “Ah, Giona, mio buon amico,” disse l’oste “pensa un po’… è venuta ancora gente, non riescono a trovare un alloggio perchè tutte le case sono piene. Sono talmente stanchi e deboli che proprio non riesco a mandarli via. Giona, per una notte sola, conduci le tue pecore di nuovo sul pascolo. Hanno in fondo una pelliccia calda e non patiranno il freddo. Fai posto per questa brava gente…”
Il pastore non sentì nemmeno più l’aria fredda dell’inverno. Aveva ascoltato l’oste con meraviglia. Il sogno che aveva avuto si ripresentò di nuovo luminoso davanti a lui. “Oste” disse finalmente in tono mite “è il re che cerca alloggio?”
L’oste lo guardò meravigliato, scosse la testa e disse: “Che strane cose dici certe volte, Giona. Il re nella mia stalla? No, no, è gente poverissima. Un uomo e una giovane donna che porta un bambino sotto il cuore. Vero Giona che lo fai, per questa povera gente?”
Così, esattamente così, aveva chiesto anche il servitore nel sogno, pensò improvvisamente il pastore. Ma all’oste disse semplicemente: “Lo faccio”. Poi andò verso le sue pecore e chiamò: “Venite, venite mie care, dobbiamo uscire, il nostro palazzo viene usato da gente povera!”
Senza nessuna fretta, ma senza opporre alcuna resistenza, le pecore lo seguirono: Giona prese il lungo bastone da pastore e si mise davanti al gregge. Guardò gli stranieri molto intensamente quando passò accanto a loro. “Ma no, l’oste aveva ragione, non si trattava di un re che chiedeva alloggio…” Giona vide un uomo con la barba arruffata dal vento, le guance magre arrossate dal vento, e un po’ più in là, su un asino magrissimo, era seduta una giovane donna avvolta in un mantello blu col cappuccio, gli occhi stanchi e tristi, il viso pallido. “No, è semplicemente povera gente che ha bisogno d’urgenza di un tetto…”
“Su… su… mie care… venite al pascolo” disse Giona alle sue pecore, e si incamminò con passo deciso. Il freddo non avrebbe avuto la meglio su di lui. Fuori dalla porta della città erano accesi dei fuochi: uno, due, tre, e lì erano seduti altri pastori che per far posto a tutta la gente che cercava alloggio avevano dovuto abbandonare stalle molto migliori di quella di Giona.
Si scaldarono accanto al fuoco, di buonumore e con qualche buon boccone portato dall’uno o dall’altro. Giona fu salutato cordialmente e tra canti e conversazioni presto dimenticò il suo sogno, la stalla e la povera gente.
Si fece tardi, e un profondo sonno si impadronì dei pastori, che non si accorsero della quiete infinita e piena di pace che improvvisamente scese sulla terra. Solo le pecore alzarono la testa per guardare il cielo, nel quale le stelle brillavano della loro luce più bella. Non c’era nulla in quella notte, in quel cielo, se non quella tranquillità meravigliosa e limpida.
Improvvisamente, poi, il cielo sembrò aprirsi e una luce dorata precipitò sulla terra. A questa luce dovette cedere ogni buio. Allo stesso tempo l’aria si era riempita delle melodie più dolci. I pastori ormai svegli, ma ancora intontiti dal sonno, guardarono la luce, ascoltarono il messaggio della nascita del bambino divino sulla terra e il canto “Osanna nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Balzarono su, senza sentire freddo nè stanchezza. Volevano vedere il bambino al quale era dedicato tutto questo. La musica celeste indicò loro la strada verso la città, li accompagnò alla stalla.
Credete che Giona abbia riconosciuto la sua stalla, quella grotta dalle pareti nere e con la porticina di legno? Ma no, tutto sembrava così diverso, perchè tutto era stato trasformato dalla nascita del bambino divino. Non più nere erano le pareti della grotta, ma luminose d’oro, e il soffitto si era inarcato come un cielo stellato, il pavimento era un tappeto di rose e gigli, e lì in mezzo stava seduta la regina in un abito pieno di stelle, accanto ad una culla dorata; nella culla, su cuscini d’oro, un piccolo bambino che era così bello che i pastori sentirono una fitta di gioia nel cuore, forte quasi da sembrare un dolore.
Restarono inginocchiati a lungo davanti alla mangiatoia. All’inizio in silenzio, poi pregando e cantando le loro canzoni da pastori. Donarono al bambino celeste ciò che avevano con sè, e quando infine si alzarono e si congedarono, Giona non potè fare a meno di prendere la mano del bambino e baciarla. E allora sentì chiaramente che il bambino gli diceva: “Grazie caro Giona per avermi fatto posto”.
Confuso l’uomo si guardò intorno: aveva veramente sentito quelle parole, o aveva soltanto sognato? Non riusciva a rispondere a questa domanda, e non c’è nulla di cui meravigliarsi: quando i cieli scendono sulla terra e noi possiamo vederli con i nostri occhi, non siamo in grado di dire se siamo svegli o se si tratta di un sogno.
Alcuni giorni dopo l’oste mandò a chiamarlo per dirgli che la grotta era di nuovo libera, e Giona vi fece ritorno con le sue pecore. Benchè le pareti fossero nere come sempre, e la porta di legno sgangherata, nella mangiatoia il pastore vide un cuscino dorato. Confuso si strofinò gli occhi: un cuscino dorato… ma no… non era un cuscino… era la paglia che luccicava come oro, come se il bambino celeste avesse dormito proprio lì. Giona non parlò mai di questo evento a nessuno, e nessuno al di fuori di lui aveva visto l’oro: solo lui e forse le pecore. Ma esse conservarono il segreto proprio come fece il loro pastore. Qualche volta però, quando Giona avvolto nelle sue coperte dormiva sulla paglia, vedeva di nuovo il bambino e sentiva di nuovo la voce che gli diceva: “Grazie caro Giona per avermi fatto posto”. (George Deissig)
Racconti natalizi L’ultima visitatrice Si era a Betlemme, allo spuntar del giorno. La stella stava sparendo e l’ultimo pellegrino aveva lasciato la stalla, Maria aveva rassettato la paglia ed il bimbo si era addormentato. Ma si dorme, il giorno di Natale? Dolcemente la porta si aprì, spinta, si direbbe, da un soffio di vento più che da una mano, e una donna apparve sulla soglia, coperta di stracci, così vecchia e rugosa che nel suo viso color della terra la bocca sembrava soltanto una ruga in più.
Vedendola Maria si spaventò, quasi fosse entrata una fata cattiva. Fortunatamente il bambino dormiva! L’asino e il bue masticavano pacificamente la loro paglia e guardavano avvicinarsi la donna senza alcuna meraviglia, quasi la conoscessero da sempre.
Maria, invece, non scattava gli occhi da lei.
Ogni passo che la donna faceva, sembrava lento come un secolo. La vecchia arrivò vicino alla mangiatoia, mentre il bambino continuava a dormire. Ma si dorme, il giorno di Natale?
Improvvisamente il bambino aprì gli occhi, e sua madre fu molto meravigliata, vedendo che gli occhi della vecchia e quelli del suo bambino, erano esattamente uguali, e brillavano della stessa luce di speranza. La vecchia si chinò sulla paglia, mentre la sua mano cercava tra le pieghe dei suoi stracci qualcosa, che pareva ci volessero secoli a trovare.
Maria la guardava con la stessa inquietudine, le bestie la guardavano invece senza sorpresa, come se sapessero cosa stava succedendo. Infine, dopo lungo tempo, la vecchia tirò fuori dai suoi panni un oggetto che, nascosto nella mano, diede al bambino. Dopo i tesori dei Magi e i doni dei pastori, cos’era anche questo regalo? Da dove si trovava, Maria non poteva vederlo. Vedeva solamente la schiena della vecchia curva per l’età, che si piegava ancora di più per chinarsi sulla mangiatoia. Ma l’asino ed il bue la vedevano, e non si meravigliarono affatto.
Questo durò a lungo. Poi la donna si rialzò, come alleggerita da un peso così gravoso che la tirava verso la terra. Le sue spalle non erano più arcuate come prima, la sua testa toccava quasi il tetto di paglia, e il suo viso aveva ritrovato miracolosamente la sua giovinezza. Quando si allontanò dalla culla per tornare verso la porta e sparire nella notte da dove era venuta, Maria potè finalmente vedere che cos’era quel misterioso dono.
Eva (poichè era lei) aveva appena dato al bambino una piccola mela. E questa piccola mela rossa brillava nelle mani del bambino come il globo del mondo nuovo che stava per nascere con lui. (Jerome e Jean Tharaud)
Racconti natalizi – tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Libretti di auguri natalizi “Buon Natale!” – Le foto sono di un “prototipo” che ho usato a scuola. L’idea, semplicissima, è di ricavare delle finestrelle (palline e una stella) attraverso le quali si legge “Buon Natale”, mentre gli avanzi diventano nell’ultima pagina le palline e la stella dell’albero.
Per questi auguri natalizi si possono utilizzare dei cartoncini colorati, oppure riciclare la carta da regalo o vecchie prove di pittura, o naturalmente dipingere i quadretti appositamente per realizzare il libretto.
Utilizzare tutti gli avanzi è molto importante per i bambini, soprattutto se le pitture sono le loro… Coi bambini piccoli è un modo interessante per esercitare il riconoscimento del suono delle lettere.
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
Christmas greetings “Merry Christmas!” booklet. The photos are of a “prototype” which I used in school. The idea, very simple, is to obtain the windows (balls and a star) through which reads “Merry Christmas” (in Italian “Buon Natale), while the leftovers become on the last page the balls and tree star .
For these Christmas greetings you can use colored cardboards, or recycle wrapping paper or old paintings, or of course paint the squares specially to make the booklet.
Use all the leftovers is very important for children, especially if the paints are their… With small children is an interesting way to exercise sound recognition of letters.
Animali in lana cardata – volpe. Tutorial per realizzare una volpe in lana cardata per il presepe, il gioco o per allestire un teatrino steineriano.
Animali in lana cardata – volpe – Materiale occorrente
lana cardata marrone rossiccio, qualche ciuffetto di grigio chiaro, bianco e marrone scuro per le rifiniture, forbici, fil di ferro abbastanza sottile, aghetto da feltro.
Animali in lana cardata – volpe – Come si fa
preparare una striscia di lana cardata rossiccia, fare un nodo al centro, poi dividere in due falde il ciuffo che avanza ad una delle estremità del nodo, e con queste rivestire il nodo, che sarà la testa della volpe; con poca lana cardata girare intorno al nodo per fermarlo bene:
aggiungere poca lana cardata in alto, e modellarla con l’aghetto da feltro per formare le orecchie, così:
poi inserire l’aghetto da feltro sul davanti del nodo e tirare, per ottenere il musetto a punta, così:
ora, in base alla grandezza della testa, immaginare le dimensioni del corpo, e piegare la falda di lana a misura, poi con dell’altra lana cardata formare un primo abbozzo di corpo, girando attorno:
Poi inserire il fil di ferro per le zampe, mettere la volpe in piedi sul tavolo e deciderne l’altezza, accorciandole ripiegando il fil di ferro su se stesso, e fare delle prove di stabilità, quindi rivestirle avvolgendo la lana intorno al fil di ferro:
Ora modellare il corpo della volpe aggiungendo altra lana cardata e lavorando con l’aghetto da feltro, aggiungere anche della lana rossiccia in più per la coda, se serve, ed alla sua estremità una puntina di bianco:
Dare forma con l’aghetto da feltro, e avvolgere alle estremità delle zampe un po’ di lana marrone scuro. Ora inserire il naso, i baffi e gli occhi, così:
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
E qui trovi le istruzioni per realizzare il tradizionale presepe in lana cardata:
Animals in carded wool – fox. Tutorial to make a fox in carded wool for the Nativity scene, for play or set up a puppet theater.
Animals in carded wool – fox What do you need?
carded wool reddish brown, some tuft of gray, white and dark brown for the finish, scissors, wire thin enough, felting needle.
Animals in carded wool – fox Howis it done?
Prepare a strip of reddish carded wool, make a knot at the center, then divide into two flaps the tuft that advances at one end of the knot, and with these coat the knot, which will be the fox head; with little carded wool turn around the knot to stop it well:
add little carded wool at the top, and shape it with the needle to form the ears, in this way:
then insert the needle at the front of the knot and pull, to get the the snout, like this:
Now, depending on the size of the head, imagine the size of the body, and bend the flap of wool to size, then with other carded wool form a first outline of the body, turning the wool around:
Then insert the wire for the paws, put the fox standing on the table and decide their height, shorten them by folding the wire back on itself, and do the stability tests, then coat them wrapping the wool around the wire:
Now shape the body of the fox adding other carded wool and working with the needle, also add more reddish wool for the tail, if needed, and at its end a pinch of white:
Give shape with the needle, and wrap the ends of the paws a little dark brown wool. Now enter the nose, mustache and eyes, as well:
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento – una raccolta di dettati ortografici per la scuola primaria, difficoltà miste, di autori vari.
L’ambiente natalizio Il Natale si festeggia in dicembre, all’inizio dell’inverno astronomico. Tutta l’atmosfera è pervasa dall’incanto di questa ricorrenza. Il Natale si associa al freddo, alla neve, al rovaio e quindi alla casa riscaldata, intima, festosa, all’amore rinnovato per la propria famiglia anche perchè questa festa è attesa e desiderata in particolar modo dai bambini. Il nuovo nato è un bambino come loro ed essi lo sentono vicino, hanno confidenza con lui, gli chiedono grazie e doni. Osserviamo l’ambiente natalizio. Dell’inverno abbiamo già parlato, ma cercheremo di rinnovare le nostre impressioni naturalistiche. Elementi del paesaggio natalizio sono il freddo, la nebbia, la neve, il ghiaccio, gli alberi spogli. Ed ecco questo ambiente vivificato da una stella luminosa, ecco i cieli azzurri del presepe, le palme dei paesi caldi, il contrasto fra gli smorti colori dell’inverno e i vivi colori del presepe, che eccita i bambini e li dispone all’attesa. Anche la casa acquista grande importanza. Oltre all’ambiente naturale, osserviamo le vetrine cariche. Vetrine di negozi alimentari con salumi, pollame, cibi d’ogni genere, sempre invitanti ed eccezionali, vetrine di giocattoli, vetrine di pasticceri dove fanno mostra di sé i dolci caratteristici del Natale, panettoni, torroni e quanto la tradizione locale offre.
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento Notizie storiche Il Natale, che oggi si festeggia il 25 dicembre, non fu solennizzato sempre nello stesso giorno. Pare che nel secolo III si festeggiasse il Natale insieme all’Epifania il 6 gennaio, specie in Oriente; ma verso la metà del IV secolo la Chiesa romana fissò tale solennità al 25 dicembre, forse sotto Papa Liberio. Ciò per sovrapporre la festa cristiana a quella pagana del sole. Tra i costumi natalizi, comuni a tutti i paesi cattolici, sono la messa si mezzanotte e il presepe. Il primo presepe viene attribuito a San Francesco, il quale ricostruì la scena della natività a Greccio, un piccolo paese dell’Appennino umbro. La parola presepe vuol dire stalla e, anche, mangiatoia che si pone nella stalla. L’uso del presepe, dapprima limitata alle chiese, si estese in seguito fra i privati e molti scultori e pittori vi si ispirarono per produrre pregevolissime opere. Altro uso natalizio, che ha auto origine nei paesi del Nord, è l’albero di Natale.
La terra di Gesù Palestina si chiamava anticamente la sola parte costiera della regione a cui più tardi fu esteso questo nome; il nome deriva dall’ebraico Pelistin con cui veniva indicato il popolo dei Filistei. Questo paese è formato da tre zone parallele: la zona costiera, l’altopiano e la valle del Giordano. Il Giordano è un piccolo fiume che scorre nel fondo di una stretta valle, forma alcuni laghi, dei quali il più celebre è quello di Genezareth o Tiberiade, e finisce nel Mar Morto, un mare interno che è posto a 400 m sotto il livello del Mediterraneo e le cui acque sono salmastre e contengono bitume, cosicchè le sue rive sono desolate e deserte. L’altopiano è monto accidentato, ed è il prolungamento della catena del Libano; oggi è nudo e roccioso, ma nei tempi antichi aveva ampie foreste e vi crescevano viti, olivi e buoni pascoli, tanto che agli occhi degli Ebrei, quando vi si stabilirono cacciandone i Filistei, sembrò un paese incantevole e lo chiamarono la “Terra Promessa”. La parte settentrionale dell’altopiano si chiama Galilea, la centrale Samaria, le due meridionali Giudea e Idumea. (P. Silva)
Il Natale di Gesù La data della nascita di Gesù fu parecchio controversa. Per parecchio tempo, le chiese orientali festeggiarono il Natale il 6 gennaio. La chiesa romana, invece, adottò la data attuale fin dal IV secolo dC. Alla scelta di tale data contribuì anche la considerazione di un fatto religioso pagano: il 25 dicembre veniva celebrato dai pagani il giorno natalizio del Sole vittorioso, la cui nascita coincide appunto col solstizio d’inverno. Dopo il 21 dicembre, infatti, il sole ricomincia a percorrere nell’azzurro del cielo archi sempre maggiori e le giornate si allungano. Contrapporre la nascita di Gesù a quella del sole invitto significava poter distogliere dalla celebrazione della festa pagana molte persone. E come, poi, non pensare a Gesù, sole delle genti, via e luce, quando il sole ricomincia ad annunciare la sua vittoria sulle brume della stagione inclemente? (R. Lesage)
Tre messe Quel che caratterizza la festa di Natale è la celebrazione delle tre messe solenni a mezzanotte, all’aurora e alla mattina. La messa di mezzanotte risale a pappa Sisto III (432-440) che, a seguito del Concilio di Efeso, aveva fatto grandi restauri alla Basilica Liberiana, dedicata alla Madonna, costruendovi in una piccola cripta una riproduzione della grotta di Betlemme, che diede poi il nome alla Basilica stessa, facendola chiamare Santa Maria del Presepe. Qui infatti, forse ad imitazione della celebrazione notturna che si faceva alla Basilica della Natività a Betlemme, Sisto III ordinò un’ufficiatura notturna, che si concludeva poi con la messa. (R. Lesage)
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento Natale, cenni storici Il Natale si celebra il 25 dicembre. Anticamente questa festa non si celebrava sempre nello stesso giorno; fu il papa Giulio II che, nel secolo IV, fissò la data del 25 dicembre, dopo aver fatto eseguire diligenti ricerche negli archivi. Dal secolo VI fu permesso ai sacerdoti di celebrare tre messe in questo giorno: la prima è detta “messa di mezzanotte”, la seconda “messa dell’aurora” e la terza “messa del giorno”. Nel Medioevo si celebravano i “Misteri”, cioè scene della vita e della passione di Gesù. Oggi si celebrano ancora in alcuni paesi. Fra gli usi natalizi più comuni è il presepe, il quale dapprima si faceva solamente in chiesa, poi si diffuse nelle case. Verso il Settecento ebbe la massima diffusione. (C. Bucci)
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento Regione che vai, Natale che trovi
Cominciamo il nostro itinerario dalle regioni settentrionali, seguendo solo il filo della fantasia e citando in ordine alfabetico le località dove si possono trovare tracce originali di storie curiose ed abitudini antiche, legate alla mistica suggestione della Santa Notte.
Ad Andalo, in Valtellina, la vigilia di Natale, in segno di promessa, gli innamorati depongono sul davanzale delle loro amate, usando un lungo bastone, uno zoccolo dipinto, arricchito da nastri e nappe. L’usanza ricorda lo sfortunato amore di un mago dal “pie’ bisulco” che, recandosi a trovare la sua bella, perse uno zoccolo a doppia unghia e con esso il suo magico potere, tramutandosi in un povero pastore.
A Bergamo è diffusa la credenza che nella Notte Santa tutti gli animali, e specialmente i gatti, acquistino poteri divinatori e con il loro atteggiamento suggeriscano l’esito delle future vicende familiari.
In Brianza, a Porto d’Adda, all’avvicinarsi del Natale gruppi di giovani confezionano dei fischietti con canne di bambù e girano per le vie del paese suonando nenie natalizie, formando una banda che la gente chiama degli “organini”.
A Como quasi tutti, a Natale, fanno un presepe molto grande e bruciano il ginepro. Alla sera, tutte le famiglie si riuniscono nelle cucine accanto ai grandi camini e intonano cori natalizi accompagnati dai caratteristici strumenti musicali del luogo: gli zufoli, chiamati in dialetto fifuc.
A Mantova la sera della vigilia il più anziano della casa benedice i tortelli con l’acqua santa e tutti recitano le preghiere prima di iniziare la cena.
Si racconta che il Monte Bernina ed il suo celebre ghiacciaio, sorto dove un giorno si stendeva un florido pascolo, siano opera del diavolo che, nella notte di Natale, volle punire un pastore il quale, rifiutando asilo a un mendicante, gli concesse soltanto di accostarsi al truogolo del maiale. Immediatamente prese a nevicare e l’indomani, al dissolversi di una pesante nuvola nera, al posto del pascolo e della malga apparve l’immenso ghiacciaio.
A Boca (Novara) nel 1600, a breve distanza da un miracoloso crocefisso, il 24 dicembre a tarda sera, due ladri attendevano il passaggio di un giovane che tornava al paese dopo un anno di lavoro, con in tasca un discreto gruzzolo. A passo lesto per giungere in tempo alla Messa di mezzanotte, il viandante attraversa il bosco recitando il rosario quando, giunto in vista dei due ladri, li vide fuggire a gambe levate. Il giorno seguente seppe che a mettere in fuga i malfattori era stata l’apparizione di due aitanti gendarmi alle sue spalle. Inutile dire che dei due misteriosi protettori non si ebbe più notizia. Sul luogo dell’incontro il giovane fece erigere una chiesetta, oggi diventata un celebre santuario.
Sul monte Cesarino, il cui nome ricorda il passaggio di Giulio Cesare, è credenza popolare che viva un cane feroce il quale sputa fiamme dalla bocca e azzanna e divora i bambini che di notte si avventurino per boschi o sentieri. Soltanto la sera della vigilia il cane fantasma si ammansisce; e anzi, se incontra un fanciullo lo accompagna per tutta la strada, difendendolo e lambendogli le mani.
A Deiva Marina (La Spezia) all’interno della chiesa di Santa Maria Assunta si legge su una lapide del settimo secolo una strana iscrizione che riporterebbe fedelmente il testo di una lettera di Cristo, caduta dal cielo per ammonire i fedeli. Nel messaggio è detto, tra l’altro, che dalla mezzanotte della vigilia all’alba di Santo Stefano persino i diavoli fanno festa, perchè neppure loro possono sottrarsi alla suggestione ed al misticismo della divina notte.
Secondo la credenza popolare, al Pian di strì (Piano delle Streghe), sotto il monte Gridone,verso la Val Vigezzo, streghe, maghi e folletti si riuniscono da tempo immemorabile in base a un ben prestabilito calendario settimanale. Solo nella settimana di Natale il “Pian di strì rimane deserto ed ognuno può passarvi anche in piena notte senza timore di cattivi quanto ultraterreni incontri.
Il nome di Frassinoro, una località vicino a Modena, deriverebbe secondo un’antica leggenda da un prodigioso fatto accaduto durante una processione natalizia e che viene ancor oggi celebrato nella ricorrenza. Un simulacro della Vergine, appeso al ramo di un grande frassino, avrebbe preso a brillare intensamente facendo diventare tutta d’oro la chioma dell’albero, fra la commossa esultanza dei fedeli.
A Genova, come è d’uso da secoli, a Natale si accende un ciocco di legno in mezzo alle piazze e tutti vanno a prendere un tizzone di brace per il proprio camino. Chi non ha il camino lo mette ad ardere negli scaldini di ferro.
A Graines (Aosta) in ricordo di una vecchia usanza per cui i contadini del luogo erano costretti, all’inizio dell’inverno, a coprire di terriccio i risplendenti ghiacciai della Becca di Torchè, affinchè il loro riverbero non bruciasse la delicata carnagione delle signore del castello, la vigilia di Natale, durante una fastosa luminaria, i giovani vanno a buttare ai margini del ghiacciaio sacchetti di terra e fiori di carta in segno augurale e in atto di omaggio verso le ragazze del paese.
A Pieve di Cadore la sera del 24 dicembre, prima che giungano gli ospiti per il cenone di mezzanotte, si pone in ogni casa una scopa attraverso la soglia della cucina. Secondo la leggenda, se una delle ospiti fosse una strega travestita, alla vista della scopa, sua tradizionale cavalcatura, non saprebbe resistere al desiderio di inforcarla, facendosi così riconoscere. A Treviso per la vigilia di Natale è tradizione accendere al tramonto grandi falò, intonando una filastrocca propiziatrice per un raccolto abbondante: “Pan e vin, la laganega soto el camin, la farina soto la panera…” e così via. Poi, spento il fuoco propiziatorio, si fruga nella cenere con lunghi bastoni e dalla direzione che prendono le faville si traggono auspici per la prossima annata: se esse prendono il vento verso il Friuli conviene rassegnarsi ad un raccolto misero, mentre se vanno verso occidente tutto andrà nel migliore dei modi. La beata Stefania Quinzani, oggi venerata in tutto il cremonese, durante la sua gioventù era giunta a Zappello, da Brescia, col proposito di fare la domestica in un pio istituto. La notte di Natale, per far sì che i bambini affidatile attendessero tranquillamente i dodici rintocchi per assistere alla santa messa, miracolosamente ottenne che un grande melo dell’orto del convento fruttificasse d’improvviso, in modo da permettere ai piccini di cogliere e mangiare quei saporitissimi pomi.
In provincia di Piacenza si usa preparare il pranzo due giorni prima. Alla vigilia si fa il pranzo serale: è composto di un bel piatto di tortelli alla piacentina, cioè col ripieno a base di spinaci, ricotta, formaggio e uova.
A Benevento nella notte natalizia si usa sempre, in tutto il territorio di questa provincia, porre una scopa fuori della porta d’ingresso nella credenza che le eventuali streghe, prima di entrare, debbano strappare i fili di saggina, ad uno ad uno, finchè l’alba, sorprendendole ancora affaccendate in questo lavoro, le costringe a fuggire. Ed effettivamente, per quanto ciò possa destare incredulità, le scope lasciate sulla soglia la sera, al mattino vengono sempre ritrovate rotte o sciupate.
Nelle Marche in occasione del Natale, i fidanzati si scambiano fazzoletti di lino ripieni di castagne, di noci e di mandorle.
A Nereto (Teramo) alle due di notte dell’antivigilia di Natale a campana maggiore della parrocchia viene puntualmente messa in moto ed i suoi rintocchi risuonano a lungo, in ricordo del prodigioso intervento della Madonna che, anticamente, mise in fuga una colonna di Francesi incamminata verso il paese con il proposito di metterlo a ferro e fuoco.
In Puglia anche sei il progresso ha sostituito ai vecchi camini più moderni sistemi di riscaldamento, la tradizione del ceppo natalizio sopravvive tuttora tenace nelle campagne e nelle borgate. In Puglia il ceppo viene circondato da dodici pezzi di legno diversi, che rappresentano i dodici apostoli; attorno alla tavola siede la famiglia che ospita tanti poveri quanti sono i suoi defunti. Analoga è l’usanza che vige in Calabria, dove però si usa adornare il ceppo con tralci di edera.
A Bari a mezzanotte si vedono tutte le strade illuminate di stelle filanti e di fuochi d’artificio sotto forma di topi che vanno dietro alle persone. Poi, il topo va in aria e scoppia, illuminandosi. Con queste luminarie si sta alzati fino alla mattina del Natale. I dolciumi che si fanno a Natale sono cartellate, torrone, castanielle, panzerotti, taralli con il pepe e con lo zucchero.
Nel Santuario de La Verna (Arezzo) per tradizione i frati devono recarsi in processione due volte nel pomeriggio e di notte lungo il corridoio delle Stimmate. Si racconta che una vigilia di Natale, non potendo i frati raggiungere, per la troppa neve caduta, il porticato che si snoda sino alla cappella dove San Francesco ricevette i sacri segni, il mattino seguente si scorsero sulla bianca coltre le impronte degli animali della foresta che avevano compiuto, invece dei monaci, il mistico percorso.
In molti paesi della Sardegna a Natale si usa confezionare dolci speciali a forma di nuraghi, che si chiamano passalinas e che vengono offerti a chiunque bussi alla porta perchè la leggenda vuole che Gesù e San Pietro scendano sulla terra vestiti da mendichi e bussino alla porta di tutti per provare il cuore degli uomini.
In Toscana la festa del ceppo è una tradizione natalizia che consacra il dovere dell’ospitalità: il 24 dicembre, al tramonto, il capofamiglia pone sugli alari una grossa radice di ulivo o di quercia e vi dà fuoco; fintanto che il ciocco continua ad ardere la porta di casa resta aperta e chiunque entri ha diritto ad un piatto di arrosto e, se vuole, anche ad un letto per la notte. In altre regioni il compito di accendere il gaio fuoco natalizio non spetta al capofamiglia ma alla persona più anziana, la quale chiama poi attorno a sè i giovani, invitandoli a percuotere con un bastone il ciocco per farne sprizzare le scintille allo scopo di trarne auspicio. Altrove sono i fidanzati a ricavare l’oroscopo dal ceppo acceso nella santa notte, sulla cui brace vengono gettate alcune noci a seconda che esse scoppino o brucino lentamente.
In Calabria finita la messa di mezzanotte le persone baciano Gesù bambino ed escono dalla chiesa. I pastori con le loro zampogne suonano per le strade principali ed annunciano la nascita del redentore. Nelle vie sparano i mortaretti. In altri paesi dell’Italia meridionale c’è l’abitudine di tenere, la notte di Natale, la porta aperta e la tavola imbandita fino al ritorno dalla chiesa dopo aver ascoltato la messa di mezzanotte. Una vecchia leggenda dice che la Madonna e il Bambinello hanno modo di scaldarsi e di nutrirsi e benedire così la casa. In certi paesi gruppi di ragazzi si riuniscono nel pomeriggio di Natale e poi passano di casa in casa a cantare una canzone natalizia, ricevendo così vari doni.
In Sicilia sul piazzale della chiesa, sempre nella notte della vigilia, brucia un fuoco di legna che vuole significare che il popolo intende riscaldare il santo bambino. Un’altra usanza, che fa sembrare sempre più bella la giornata del Natale, è di scegliere un bambino povero e di vestirlo come Gesù, e poi deporlo presso l’altare. Ogni abitante del luogo porta a quel piccino un piccolo dono. Terminata la messa, il bimbo trionfante ritorna alla propria casa. Ciò che mangiano alcuni Siciliani alla vigilia è pesce e olive, il loto cibo preferito, e nello stesso giorno preparano dei buonissimi dolci.
In Campania alla vigilia di Natale si spara il mortaretto e, giusto alla mezzanotte della vigilia, si lancia nel cielo una stella tutta illuminata a ricordo della nascita del redentore. Concludiamo questa nostra rapida carrellata ricordando un’altra simbolica consuetudine profondamente radicata in tutte le regioni italiane: quella del pungitopo, la pianta sempreverde che in occasione delle festività natalizie e di Capodanno fa la sua comparsa in migliaia e migliaia di case. Essa ha origine da una delicata e commovente leggenda che risale all’alto Medioevo e che può essere così riassunta: molti secoli fa, nella notte del 24 dicembre, un arbusto disadorno, dalle foglie dure e aguzze come aculei, se ne stava tutto solo in mezzo alla radura di un bosco, schivato da ogni essere vivente, quando si accorse che un grosso lupo si teneva nascosto dietro a un cespuglio, pronto ad assalire due leprotti; la pianticella allora cercò di attirare l’attenzione di un topolino di passaggio, si chinò e lo punse leggermente e gli sussurrò di far sì che le piccole lepri minacciate di morte corressero a mettersi sotto la sua protezione. Così infatti avvenne: l’arbusto diede asilo alle tre bestiole disponendo i rami in modo da formare una specie di gabbia con gli aculei rivolti verso l’esterno; il lupo tentò invano, per tutta la notte, di ghermire la sua preda, finchè fu costretto a rinunciare e dovette allontanarsi ferito e scornato. Al mattino, molte delle foglie aguzze erano spezzate o divelte, e in loro vece delle bellissime bacche rosse, nate all’improvviso, adornavano la pianta, che da allora in poi si sarebbe chiamata “pungitopo”. Così, tra streghe e folletti messi in fuga, tradizioni serene ed altre un po’ meno, continua ancora oggi e si perpetua in Italia, come in ogni altro Paese del mondo, il lunghissimo racconto di Natale, questa favolosa storia punteggiata di comete e di prodigi, ovattata dal candore della neve: la storia di una Notte in cui l’impossibile diventa realtà e la realtà, quanche volta, sfiora l’incredibile: la notte santa, che vide la nascita del redentore di tutte le genti che vivono su questa terra.
Natale nel mondo Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento
Tra i Lapponi, insieme con i pastori di renne che vivono vagabondi lungo le giogaie di questa sterminata landa, sono disceso per la notte di Natale a Karasjok, villaggio formato da una trentina di capanne sparse attorno alla chiesetta. Per la celebrazione natalizia più di seicento Lapponi sogliono adunarsi a questa volta. Alcuni sono giunti a cavallo dalle regioni della Finlandia, dai clivi settentrionali della Svezia, dai mardi del Fiord di Tana che sfocia sulle coste del Mare di Barents. Altri su slitte trainate da renne hanno risalito le anse tortuose dei fiumi trasformati in lastre di cristallo. Altri ancora, i poverissimi, i derelitti, sono venuti a piedi, armati di canna e di bisaccia, dalle impervie montagne del Capo Nord aprendosi a forza il varco tra gli arbusti congelati della tundra, come la gente di dio al tempo dei miracoli. Su tutti i pellegrini si stende la notte: questa ininterrotta, spietata notte polare, che solo nell’intervallo di due ora meridiane sembra elevare all’orizzonte una promessa ingannevole e fugacissima. La piccola chiesa di Karasjok, unico tempio cristiano in tutta questa regione, è eretta al centro di un piazzale sopraelevato a cui fanno barriera due rozze cancellate. E’ una costruzione di legno verniciato di bianco, sormontata da un tetto a punta aguzza, da un campanile corto e sottile come l’orecchio di un coniglio. A un richiamo della campana il sagrato si affolla; sta per cominciare la messa. (V. B. Brocchieri)
Tra gli Eschimesi passare il Natale in una capanna di ghiaccio, su un paesaggio di neve, è un’emozione che solo il Polo può donare. Per giunta il 25 dicembre è il punto culminante della notte polare, e le stelle brillano fin quasi a mezzogiorno. Nonostante il freddo e il buio, i cristiani vogliono passare bene le feste. Alcuni giorni prima, si riuniscono a consiglio, caricano le slitte con montagne di roba: pelli, letti, carne gelata di caribù, orso, foca e salmone; gli uomini a piedi, le donne col più piccino le cappuccio dietro il dorso, e gli altri bambini sopra la slitta, e si parte in carovana verso la chiesa. Vi arrivano da lontano, talvolta da trecento chilometri, dopo tre, otto, dieci giorni di corsa sul ghiaccio. Il Natale, insieme alla Pasqua, è forse l’unica solennità in cui si può contare l’entità numerica di un distretto cattolico del nord: trenta slitte con più di centocinquanta Eschimesi e trecento cani. E poichè è una festa comune, oltre che l’igloo di famiglia, se ne costruisce un altro molto grande dove i pellegrini si raccolgono per passare il tempo in allegria. E’ la migliore occasione per il cantastorie di farsi onore.
Nelle distese bianche della Norvegia, il Natale reca naturalmente la gioia a tutti; ma è nata qui una gentile e specifica tradizione secondo cui devono gioire non soltanto gli uomini, ma anche le bestie. E quindi, già nei giorni della vigilia, i bimbetti norvegesi, imbacuccati nelle pellicce, corrono nei campi coperti di neve e vi spargono a piene mani il grano. Così gli uccelli, almeno a Natale, troveranno di che sfamarsi anche sul bianco e nemico lenzuolo gelido che ricopre per tanto tempo la terra norvegese. Questo atto gentile vuol essere una specie di simbolico atto di gratitudine al bue e all’asino che riscaldarono Gesù. In Inghilterra le feste natalizie, pur tra freddo, pioggia e bruma, durano più di una settimana ed hanno un carattere del tutto familiare. La sera della vigilia i bambini, con un palo a cui è sovrapposta una lanterna con due corna di bue, girano per le strade nebbiose, e di tratto in tratto gridano: “Buon Natale!”. Le sere del 24 e del 25 dicembre quel grande alveare umano che è Londra assume quasi l’aspetto di una città abbandonata , perchè tutti rimangono in casa, nella dolce intimità familiare.
In Svezia la notte di Natale in ogni casa uno dei figli entra, seguito da quattro bambini vestiti di bianco con fasce rosse attorno alla vita e porta appeso ad un bastone una lanterna di carta come una grande stella. La gioia esplode da tutti i cuori a quella vista e i genitori porgono ai bambini dolci e doni.
In Norvegia, sempre nella notte natalizia, i pastori e i contadini riuniti a frotte, si recano nelle vecchie foreste e abbattuto un albero, gli danno fuoco tra la più grande allegria generale.
Nella vecchia Russia si usava invece innalzare un mucchio di grano sulla tavola con un grande dolce in mezzo. Il padre si sedeva ad un capo della tavola e chiedeva ai figlioli che erano dal lato opposto, se lo vedevano. I figli rispondevano che non lo vedevano. L’ingenua risposta era un segno d’augurio che nell’annata il grano sarebbe cresciuto così alto nei campi, da nascondere una persona.
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento Il primo presepe
San Francesco, nel 1223, era tornato da poco dalla Palestina. Qui era riuscito a visitare i luoghi santi grazie a un salvacondotto concessogli miracolosamente dal sultano, ed ancora aveva nel cuore le commoventi visioni di quella terra.
Pensava certamente a Betlemme quando, essendo ormai vicino il Natale, chiamò l’amico Giovanni Vellita e gli disse: “Vorrei celebrare la messa di Natale nel bosco di Greccio, di fronte a una grotta che è sulla collinetta che tu hai donato ai frati. E vorrei che in quella grotta ci fossero una mangiatoia, un bue e un asinello come quando nacque Gesù. Puoi, amico mio, procurarmi tutto questo?” Giovanni Vellita, che era un generoso proprietario terriero benefattore dell’Ordine dei Frati Minori fondato da San Francesco, si adoperò per far trovare al santo quanto desiderava.
La notte di Natale, con grande devozione, i contadini, i pastori e gli artigiani del luogo, gente di ogni età e condizione, si avviarono alla grotta in pellegrinaggio. Un sacerdote celebrò la messa di mezzanotte sopra una mangiatoia. San Francesco, non essendo sacerdote ma soltanto diacono, cantò il vangelo della nascita e lo spiegò al popolo, accorso nel bosco con le fiaccole accese. Giovanni Vellita ebbe il premio della sua bontà e tutti quello della loro fede: nella mangiatoia, fra il bue e l’asinello, apparve il Bambin Gesù, luminoso e sorridente. Questa fu l’origine del presepe: riprodurre la scena della natività, prima con quadri viventi, con sacre rappresentazioni, con personaggi reali, e poi con statuine e plastici.
Presepi artistici La più antica raffigurazione del presepe di cui si abbia documentazione sicura è quella che si conserva a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore; si tratta di una grandissima opera d’arte, scolpita verso la fine del 1200 da Arnolfo di Cambio. Fin dal V secolo, però, la basilica possedeva una rozza scultura in legno della natività, e dal VII secolo custodisce quella che, secondo la tradizione, è la culla di Gesù bambino, costruita da san Giuseppe durante la fuga in Egitto per adagiarvi il bimbo, e formata da cinque assicelle di legno scuro.
Per venire alle vere e proprie statuine e alle raffigurazioni del presepe in Europa, ecco alcune notizie delle origini e dei primi secoli di questa arte minore.
Pare sia stata la regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò re francese di Napoli, che fece allestire il primo presepe artistico a statuette. Da allora i presepi napoletani hanno avuto una grande tradizione. Celebre fu quello di S. Domenico Maggiore, nel 1400: le pietre della grotta furono portate da Betlemme fra difficoltà enormi, come è facile immaginare.
Nel 1375 le suore domenicane di Lucca donarono a santa Caterina da Siena che le visitava una statuina di Gesù bambino in stucco dipinto. Queste statuine venivano fatte nei conventi della città. Due secoli dopo suor Costanza Micheli si adoperò per spedire le statuine in tutte le capitali europee, al prezzo di 50 scudi. La Repubblica Lucchese le inviava come omaggio tipico della città agli altri Governi.
Ai primi del 1700 si ha notizia di figurinai (cioè fabbricanti di statuine) lucchesi in Germania. Alla fine del settecento i figurinai, esperti nella lavorazione del gesso, erano organizzati in compagnie sui mercati di Spagna, Francia e Inghilterra.
Diversa la tecnica dei Napoletani, più elaborata ed artistica. A san Giovanni a Carbonara si può ammirare il primo presepe dell’Italia meridionale, in legno intagliato: realizzato nel 1484, segna l’inizio di un modo particolare di realizzare la scena natalizia che si diffuse anch’esso in tutta Europa: profondità di spazio, moltiplicarsi di figure secondarie, e l’adottare lo stile e i costumi del popolo e del luogo in cui l’opera viene realizzata, quasi a dire che il presepe ha un significato eterno e può essere raffigurato in costumi popolari napoletani invece che in quelli storici. Il più bel presepio del mondo di questo tipo si trova nella Reggia di Caserta, nella Sala degli Specchi.
Gli altri popoli adattarono dunque, sull’esempio napoletano, la raffigurazione del presepe all’ambiente e ai costumi nazionali.
In Spagna i presepi artistici del passato ed anche le presenti realizzazioni mostrano, sull’esempio di un celebre modello di Granada, un patio dell’architettura andalusa, con archi moreschi, e persino gon gitani che ballano le tipiche danze iberiche. Inutilmente cerchereste un asinello nella grotta: vi troverete invece accanto al bue la mula, il paziente animale cui il popolo spagnolo tanto ha dovuto sui campi e per i sentieri, per secoli.
In Olanda i personaggi trovano collocazione non in una grotta, ma in una graziosa casetta (è noto l’amore che gli Olandesi hanno per la casa!) e, sullo sfondo, un mulino a vento. Non pastori, ma mugnai infarinati e contadini, pescatori, marinai.
I Finlandesi, e specialmente i Lapponi e altri popoli nordici, costruiscono il presepe in un igloo o in una capanna lappone, con pastori di renne e non di pecore, e cacciatori in abiti di pelliccia e di lane multicolore. Risulta evidente così si comporta come se la natività fosse avvenuta sul suo territorio.
In Inghilterra il presepe non era molto conosciuto; i cattolici sono solo una piccola percentuale della popolazione, e l’usanza prevalente era quella dell’albero. Oggi l’uso del presepe si diffonde ovunque, anche presso gli Anglicani, ed è diventata una tradizione dei grandi magazzini che allestiscono una vetrina apposta.
I materiali usati sono i più rari: legno o maiolica nelle opere di maggior impegno, legno nel Tirolo, gesso dalla Lucchesia in tutta Europa, argilla per terrecotte a Roma( famosissimi i figurinai romani!), in Umbria e nelle Marche (celebri i figurinai di Ascoli), di cartapesta con teste di creta (a Napoli), di corallo, rame dorato, cera, avorio, madreperla, alabastro, sughero, conchiglie marine, tela incollata in Sicilia e Sardegna, tanto per restare in Italia.
In Provenza c’è un fiorente artigianato di statuine (“santos”) in argilla, o anche ceramica. Vengono esposte e vendute in una fiera annuale nella principale via di Marsiglia.
Presepi viventi Da quel primo di Greccio, molti altri presepi viventi sono derivati. In Inghilterra, a Leeds, per tutte le sere del periodo natalizio un corteo sfila per le vie della città: c’è la sacra famiglia, ci sono i re magi e i pastori; il gruppo si ferma sempre sulla scala del Municipio, dove viene accolto a turno dalla popolazione e dai rappresentanti di varie organizzazioni che cantano melodie natalizie.
In Francia, nella Provenza, la messa di mezzanotte è l’occasione per una sorta di sacra rappresentazione detta del “Pastrage”. Dietro l’altare, una voce che rappresenta un angelo annuncia la natività; allora entra in chiesa, al suono di pifferi e tamburi, un corteo di pastori e pastorelle nei costumi della regione; li segue un carretto trainato da un montone ben infiocchettato, che trasporta un belante agnellino. Il pastore più anziano prende l’agnello e lo offre inginocchiato al bambino Gesù.
In Svizzera, a Rappenswill (Cantone di San Gallo), il presepe vivente inizia con un solenne e pittoresco corteo che si dirige verso la piazza principale, gremita di folla. Lo precedono bambini e bambine vestiti di tuniche bianche fluttuanti, seguono i personaggi della sacra famiglia, poi i re magi e i pastori con le loro greggi.
L’albero di Natale Accanto all’italianissima tradizione del presepe, si è diffusa sempre più anche da noi la consuetudine dell’albero di Natale. Come è nata questa tradizione? Molti sono propensi a credere che l’albero di Natale sia un residuo del culto pagano adottato dai cristiani e da essi rivolto alla propria fede.
I Romani usavano portare in giro, durante i Saturnali, un giovane abete quale segno della fine dell’inverno e dell’avvento della primavera, e migliaia di alberi sempreverdi in tutta la città erano adornati con lumi e festoni colorati, per indicare il fervore della vita che caratterizza l’inizio della primavera. Questa pratica fu estesa alla Germania e ad altri Paesi dell’Europa centrale, quando i Romani occuparono questi luoghi verso il 15 aC.
Un tardo mito germanico narra di San Vilfredo, come di colui che per primo vide nell’albero di Natale un simbolo della nascita di Gesù. Il santo aveva tagliato una grossa quercia, che era stata oggetto di venerazione da parte dei Druidi; appena la quercia fu abbattuta, si scatenò un furioso temporale che distrusse completamente l’albero, mentre un giovane abete che stava lì vicino rimase intatto. San Vilfredo ne trasse argomento per una predica, nella quale chiamò l’abete albero della pace, poichè dal suo legno si fanno le abitazioni degli uomini, e emblema della vita infinita perchè le sue foglie sono sempre verdi, e terminò con l’esortazione di chiamare l’abete anche albero del bambin Gesù.
La Germania è il Paese che più entra nella storia dell’albero di Natale. Leggiamo che Martin Lutero fu tanto impressionato, una sera di Natale, dal miracolo del cielo trapunto di stelle, che preparò per i suoi figli un albero illuminato da candele, quasi a rappresentare con esso il cielo stellato, da dove scendeva Gesù. Più tardi l’albero di Natale fece la sua comparsa in Inghilterra. Nel 1840 la regina Vittoria collocò un albero di Natale tra i suoi ornamenti natalizi, e sembra che questo fatto abbia dato il segnale dell’adozione generale dell’usanza. In alcuni Paesi il significato religioso dell’albero è così sentito che non è permesso appendere ai suoi rami altro che candele e ornamenti, mentre i doni vengono collocati davanti o intorno alla pianta. Che l’albero di Natale sia o non sia un residuo del culto pagano, è certo che esso è diventato col cristianesimo un emblema della natività e un elemento essenziale di tutte le feste che riguardano l’infanzia.
Il primo Babbo Natale Babbo Natale, personaggio di fiaba che si inserisce nella realtà della tradizione natalizia dei nostri giorni, è una figura molto cara all’infanzia. Il buon vecchio incappucciato, con la lunga barba bianca, il rosso vestito, il bastone in mano e la gerla in spalla, è il mago benefico che tuttora si può incontrare anche nel frastuono delle affollate vie cittadine, animate per la ricorrenza natalizia.
Eppure questo personaggio un po’ burlesco e di fiaba ha la sua vera storia che risale, nientemeno, a San Nicola di Bari, vescovo di Mira (Venezia), santo dei giovani, dei bambini, degli studenti e che quasi tutti i paesi del mondo elessero a loro patrono, tanto la fama del santo era diffusa.
Il santo fu infatti assunto a patrono dei giuristi, avvocati e studenti in Francia; dei mercanti in Germania; dei marinai in Grecia; dei viaggiatori e dei bambini in Belgio; dei bottegai in Inghilterra; degli scolari in Olanda. Ovunque egli fu sempre raffigurato con la mitria in testa, il rosso pallio sulle spalle, il pastorale in mano e la lunga barba bianca.
Narra la storia che a Parigi, verso la fine del XII secolo, era invalsa l’usanza presso un collegio di quella città, che nella ricorrenza della festa del santo, il 6 dicembre, uno studente travestito da San Nicola distribuisse doni ai bimbi bisognosi.
Questa simpatica usanza si diffuse presto anche in Germania ed in Olanda, paesi prevalentemente protestanti, e qui il San Nicola perse i caratteri sacerdotali e divenne il buon vecchio che porta i doni ai bambini; il pastorale fu sostituito da un comune bastone, la mitria vescovile da un rosso cappuccio orlato di bianca pelliccia, ed il pallio da una tunica, pure rossa.
Ecco come nacque il personaggio del Babbo Natale che, qualche secolo più tardi, attraversò anche l’oceano ad opera degli emigranti olandesi; così il Sint Klaes olandese si tramutò nel Santa Claus degli americani, che è poi ritornato a noi come Babbo Natale, ma in definitiva altri non è se non il San Nicola laicizzato.
Natale si avvicina. La nebbia sale dalla valle e si confonde col fumo lento delle case. E’ una lentezza pacata che si distende sulle fatiche ultimate degli uomini; è una carezza, un premio. Cominciano le veglie nelle case, che sono tutte una lunga veglia di Natale. La natura è spenta e la terra svapora. I suoni sono spogliati e si perdono in un’aria vuota, dove sembrano morire. S’odono voci di bimbi, versi di tacchini, campane che si sciolgono l’una dietro l’altra, come lo snodarsi di una catena sonora. (B. Sanminiatelli)
Presto sarà Natale: la più dolce, la più attesa festa dell’anno. Si comincia ad attenderla sin dal primo venire del freddo, sin dal primo giorno di cielo buio. E i giorni passano. Le ultime foglie secche fuggono crepitando davanti al vento gonfio di neve. Il sole e l’azzurro non sono più che un lontano ricordo. Sembra che la primavera non debba venire più, che gli alberi non avranno più fiori, che il cielo non avrà più luce. Allora tutte le speranze si rifugiano nel Natale, questo giorno tiepido e risplendente, questo spuntar miracoloso di frutti d’oro e d’argento e di candeline accese sui rami degli alberi, questo palpitante accendersi di stelle, nel purissimo azzurro del cielo del presepe. Ai primi di dicembre il Natale si annuncia con la vista e l’odore dei mandarini, quei mandarini ravvolti nella carta velina colorata che, a bruciarla, vola sin quasi al soffitto e, se giunge a toccarlo, è di buonissimo augurio. Poi i dolci nelle vetrine, le botteghe adorne di foglie di alloro, di stagnola, di striscioline di carta, le mostre di giocattoli in tutte le strade; ed ogni giorno che passa è un passo in più verso la sempre più grande, sempre più risplendente luce del Natale. (G. Mosca)
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento
Il Natale arriva ogni anno, eppure ogni volta ci sembra un Natale nuovo e la festa ci riempie il cuore di rinnovata dolcezza. Possiamo dire veramente che il Natale è la festa di un bambino e di tutti i bambini, che più degli adulti sentono la gioia della nascita di un bambino simile a loro.
Fuori fa freddo. Le cose posano tacite, immobili, nella notte invernale. Lenta ed uguale cade la neve. Dan! Dan! Dan! All’improvviso il suono largo e festoso della campane rompe il grande silenzio della notte tranquilla. Questa è la notte santa. Din, don, dan! Venite. E’ nato. (A. Colombo)
Fra nebbie grigie e candori di neve, trascorrono i giorni più brevi dell’anno. E’ tornato dicembre a portarci le feste serene, a ricondurre a casa coloro che erano lontani, a riunire le famiglie attorno al presepe. Grande o piccino, ogni casa conosce la gioia del presepe, preparato nei giorni dell’attesa. A poco a poco s’innalzano e si allungano sullo sfondo verdi colline incoronate di palmeti e di castelli. Ruscelli d’argento scendono giù, dai brevi pendii, ad abbeverare i bianchi greggi in cammino verso la capanna. I pastori riposano all’ombra delle palme: seduti, sdraiati, alcuni davanti al fuoco acceso. Bianche stradine di ghiaia conducono donne e uomini, bimbi e piccoli branchi di animali domestici ad incontrare Gesù. Lento e silenzioso è il loro andare. Non c’è fretta: non è ancora il giorno della vigilia! Ma la mangiatoia della capanna è già colma di bionda paglia. L’asino e il bue aspettano pazienti. Maria e Giuseppe stanno per giungere. Quando suoneranno le campane di mezzanotte, il bimbo più piccolo di casa poserà il piccolo Gesù nella fredda stalla, e al chiarore delle candeline, la cometa brillerà di grande splendore. (R. Lageder)
La notte era senza luna, ma tutta la campagna risplendeva di una luce bianca ed uguale come nel plenilunio, poichè il bambino era nato: dalla capanna lontana i raggi si diffondevano nella solitudine. Il bambino Gesù rideva teneramente, tendendo le braccia aperte verso l’alto; e l’asino e il bue lo riscaldavano col loro fiato, che fumava nell’aria gelida come un aroma sulla fiamma. Maria e Giuseppe di tratto in tratto di scuotevano dalla contemplazione estatica e si chinavano per baciare il figliolo. Vennero i pastori, dal piano e dal monte, portando i doni, e vennero anche i re magi. Erano tre. (G. D’Annunzio)
Il Natale si celebra il 25 dicembre in tutto il mondo, ma specialmente nei paesi cattolici questa è una festa della massima importanza. In questo giorno le famiglie si riuniscono, e anche chi si è dovuto allontanare da casa per ragioni di lavoro, fa tutto il possibile per tornare a trascorrere la festa natalizia con la propria famiglia. (F. Monelli)
Nel presepe dalle valli sbucano fiumi; le montagne sono ripide e selvagge. Sembra un paese vero. C’è quello che porta la ricottina. C’è il cacciatore col fucile, c’è quello che porta l’agnello e fuma una lunga pipa; c’è il mendicante. C’è la gente che balla fra il tamburino, il piffero e la zampogna davanti al presepe. C’è l’osteria dove si mangia il maiale e la gente beve, accanto alla fontana dove la donnina lava i panni. I re magi spuntano dall’alto della montagna con i servitori che guidano i cammelli. La stella splende sulla grotta e gli angeli vi danzano sopra leggeri e celesti come i pensieri dei bambini e degli uomini, in questi giorni. (C. Alvaro)
S’avvicina il momento della nascita di Gesù bambino. La notte è tranquilla. La luna è nascosta. All’improvviso le campane si svegliano e, da collina a collina, si rispondono in mezzo alla nebbia. Da vicino e da lontano, su prati e su boscaglie, si innalzano e si abbassano e sembrano ripetere sonore e chiare: “Pace”.
San Francesco d’Assisi trovandosi, nella notte di Natale, in un paesello di montagna, si recò in una grotta e, per raffigurarsi meglio la scena della natività, vi depose una mangiatoia e, ai lati di questa, mise un asino e un bue. Mentre era immerso in profondi pensieri, vide apparire sulla paglia Gesù bambino che lo benediceva sorridendo. Questo fu il primo presepe.
A Natale, la tavola è imbandita festosamente e sopra vi compaiono saporite pietanze e dolci squisiti. Ma il pranzo più prelibato è quello che si celebra in pace e allegria e soprattutto quello che lascia il posto agli ospiti che possono bussare alla porta.
Natale è la festa più bella di tutte, perchè con la nascita di Gesù, l’innocenza tornò nel mondo. Da allora, questa è la festa della speranza e della pace. Tutto sembra fatto per la gioia dei ragazzi che sono la speranza del mondo. Nei paesi s’è lavorato tutta la settimana per fare il presepe. Nel fondo si tendono rami di aranci carichi di frutta. Si lanciano ponti coperti di muschio da un punto all’altro, si costruiscono montagne ripide e selvagge, steccati per le mandrie, e laghetti. (C. Alvaro)
Che cosa c’è, nell’anno, di più soave, bello, gioioso? Nel Natale è la festa luminosa della natura, della vita, dell’incanto e della grazia. Il Natale è la gioia delle nostre case, anche dove esistono preoccupazioni e tristezze. (Breviario di Papa Giovanni)
I pastori vegliavano nella notte quando furono sorpresi dalla luce e dalle parole di un angelo. E appena videro, nella poca luce della stalla, una donna giovane e bella, che contemplava in silenzio il figliolo, e videro il bambino con gli occhi aperti allora, quel corpicino roseo e delicato, quella bocca che non aveva ancor mangiato, il loro cuore s’intenerì. Offrirono quel poco che avevano, quel poco che è tanto se è dato con amore: il latte, il formaggio, la lana, l’agnello. (G. Papini)
Una felice tradizione racconta che San Francesco d’Assisi, tre anni prima di morire, fece apparecchiare il primo presepe a Greccio, nella selva, fra la mangiatoia e il fieno, con l’asinello e il bue. Era limpidissima la notte di Natale: la selva splendeva di lumi e risonava di canti. Da ogni parte il santo aveva chiamato i suo i fratelli e la gente devota. Fu celebrata anche la messa, e san Francesco, come inebriato di allegria, cantò il Vangelo. (F. Flora)
Il presepe sorge di sughero e di muschio a creare una regione di piccole valli, ove qua l’argento crea un fiumicello e là uno specchio, cinto di terra, forma il lago, e variamente le casette e i pastori e gli animali formano gruppo, e una fontana con un piccolo vero zampillo fluisce: e nella grotta Maria e Giuseppe, l’asino e il bue, aspettano Gesù bambino. All’ora della nascita, tra i lumi delle candele, spente le altre luci in ogni stanza, lo porta nella bambagia il più piccolo della casa. Ed è la festa più cara, dove gli adulti e i vecchi ritrovano per poco l’infanzia e odono il canto degli angeli che dice gloria e pace sulla terra agli uomini di buona volontà. (F. Flora)
E il gallo cantò: “Cuccurucù, è nato Gesù!”. “Do?”, chiedevano i buoi dalle stalle. “Betlem, betlem!” belavano le pecore. Passava il vento: “Ave, ave, ave!”. Come fuori al transitar della notte, la luce si faceva strada da oriente, si profilava l’oro dell’aurora in cammino. I pastori, trasognati, si levarono abbagliati dalla gran luce. E il cielo era pieno di incanti. “Che c’è, che c’è, che c’è?”, diceva una cincia. “Dio, dio, dio!” garrivano tutti gli uccelli. E l’intero firmamento di astri cedeva il posto a uno solo. (F. Tombari)
Anticamente con la parola “avvento” si indicava soltanto il giorno della nascita di Gesù. Ora invece si intende indicare anche un periodo precedente il Natale e che esattamente comprende le quattro domeniche prima della festa. In principio, durante l’avvento, si osservava il digiuno, ma col tempo questa regola severa fu abbandonata ed attualmente viene rispettata solo dagli ordini religiosi. L’avvento è un periodo di meditazione e di attesa. Il ciclo dell’anno liturgico inizia proprio con l’avvento.
Il Natale si celebra in tutto il mondo cattolico il 25 dicembre e ricorda la nascita di Gesù a Betlemme. Questo avvenimento segna una data fondamentale anche nella Storia che, da questo momento, si divide in due grandi periodi: quello che comprende gli anni prima della nascita di Cristo, e quello degli anni trascorsi dopo. Tutti gli avvenimenti della Storia perciò vengono considerati come avvenuti “avanti Cristo” e “dopo Cristo”.
Nell’aria di Natale si entrava decisamente solo con l’arrivo degli zampognari. Giungevano all’improvviso, si fermavano alle porte del paese, e cominciavano subito a suonare. Erano di solito due. Non guardavano in faccia nessuno mentre suonavano, i loro occhi pareva non vedessero, come quelli delle statue. E il loro viso era immobile, fisso, non diceva nulla. Il più giovane, finita la suonata, faceva il giro della cerca, ignorando il folto cerchio dei ragazzi. Raccolto qualche soldo, la zampogna ripigliava come prima. Gli zampognari entravano anche nelle case dove c’era il presepe, e in quelle suonavano anche la “pastorella” come si sarebbe cantata in chiesa la notte di Natale. Poi ripartivano, nevicasse o piovesse. Passati gli zampognari, il Natale pareva più vicino. L’aria della festa restava nel paese come un’attesa fiduciosa, una buona notizia, un’allegria comune. (G. Titta Rosa)
Ad un tratto cominciai a udire un suono di campane, lontano, lontano, d’una dolcezza infinita. Erano cinque campane che sonavano a concerto: prima la più piccina, poi la grandicella, poi ancora la piccina, e così via: la mezzana, la grande… intrecciandosi strettamente via via, fino alla maggiore che chiudeva la cantata con il suo vocione, e dicevano: – Sai bene, sai bene che domani è Natale.- (F. Chiesa)
E’ festa grande il giorno di Natale! Ogni bambino nel lettino sogna una cesta di dolci e di balocchi, e appena sveglio, con i piedi scalzi, corre a guardare l’albero, felice.
L’albero è pieno di luci e di fuochi che fan sembrare d’oro e di cristallo ogni ninnolo appeso. Ed anche l’albero, anche l’abete è felice. Egli pensa: “Quand’ero nel bosco, sognavo d’avere la vela un giorno, e condurre col vento una nave lontana! E tutto allora io mi beavo di questo mio sogno e ne fremevo impaziente d’attesa.
Ora che più non odo l’usignolo, che nel mio verde teneva dimora, pur sono felice perchè qui ricolmo di luci e di doni, mi beo delle voci di tanti bimbi, che sì, non conosco, ma sono buoni, e trillano sereni come i miei passerotti. Questa casa se non è quieta come il verde bosco dove sono nato, tuttavia rispetta il giorno santo che Gesù nasceva. E qui mi sento come in Paradiso.” (G. Serafini)
A mezzanotte, ben coperti, chiudevano la porta e s’avventuravano nell’ombra, sulla strada piena di neve, per recarsi alla messa di Natale. Ai rintocchi della campana, la montagna si popolava di lumi, di fiaccole. Quando i rintocchi tacevano, si distingueva lontano la nenia di una zampogna, rispondeva più vicino il gaio ritornello di uno zufolo, che si intrecciava a una sinfonia di pifferi e di viole: erano i pastori che lasciavano nell’ovile le pecore e scendevano a messa. E lungo la via si affratellavano coi contadini che portavano manciate di grano da far benedire, con i montanari dalle grosse scarpe ferrate e dai cappelli ornati di vischio. (O. Visentini)
Felice giorno di Natale, quando i piccoli con le gambine si agitano per l’impazienza, e gli occhi accesi, spiano davanti alle porte chiuse, dietro alle quali di preparano luminose e fragranti meraviglie, e stanno a guardare con visi intenti la mamma che cuoce il pesce per la cena! Con vecchie canzoni sulle fresche labbra, trotterellano verso la nonna, che sogna nell’alta poltrona davanti al fuoco, per baciarle le mani piene di rughe. Poi arriva anche il babbo. Racconta di Gesù bambino: che gli è venuto incontro coi i capelli che sembravano d’oro e le mani piene di meravigliose cose variopinte. Fuori urla la bufera, una slitta si ode tintinnare lontano e tutto ciò è così pieno di mistero e così grande e così gioioso che non lo si può mai dimenticare. (M. R. Rilke)
La sera della vigilia di Natale la luce dei negozi pioveva sulle merci esposte fuori, e i riflessi si stendevano sul selciato appiccicaticcio della via. Il cielo era nascosto da una nebbiolina che tremava intorno agli aloni dei fanali. Per le vie strette e irregolari non passavano nè automobili, nè tram. Ceste colme di arance fra le arance di carta velina. Mele rosse e lucenti.
A passarci accanto scorgevo l’interno illuminato di una bottega. Continuando la via, mi restava negli occhi l’immagine di quell’interno: lo splendore della lampada sospesa nel mezzo sotto il piattello bianco, la luce che pioveva in basso, dolce, sulle persone che parlavano, sul cranio lucido del bottegaio e sui suoi gesti silenziosi. Seguitavo a camminare. Senza scosse passavo sul selciato umido e sconnesso, sui ricami di fanghiglia iridati dai riflessi incerti delle luci, sui rifiuti, sui detriti, sull’umidore in ombra.
L’indomani era festa! Un sorriso mi saliva dall’anima agli occhi e alle labbra. Camminavo nella città, fra la gente, i passi suonavano quieti sul selciato. Accanto, altri rumori di passi. L’attesa colava nella via come un liquido impalpabile. Tutti si muovevano come me, attenti a evitare ogni stridore che rompesse l’incanto. (M. Cancogni)
Erano venuti per fare raccolta di muschio e di fronde verdi, essendo l’antivigilia di Natale, vale a dire il momento di costruire in una delle cappelle della chiesa il presepe. Chi portava un sacco, chi un cesto, chi un falcetto, chi semplicemente le proprie mani, le quali pure bastavano a strappar via dai tronchi lunghi strascichi di edera ed a svellere alla terra e ai ceppi quelle belle zolle pelose, d’un verde forte e dorato, morbide e pulite, che anche gli angeli potevano essere contenti di farvi due passi sopra. Il maestro sceglieva qua e là nel bosco i più bei rami d’agrifoglio, di tasso e di pino silvestre. (F. Chiesa)
Dettati ortografici sul Natale e l’Avvento L’attesa
Presto sarà Natale: la più dolce, la più attesa festa dell’anno. Si comincia ad attenderla sin dal primo venire del freddo, sin dal primo giorno di cielo buio. E i giorni passano. Le ultime foglie secche fuggono crepitando dinanzi al vento gonfio di neve. Il sole e l’azzurro non sono più che un lontano ricordo. Sembra che la primavera non debba venire più, che gli alberi non avranno più fiori, che il cielo non avrà più luce. Allora tutte le speranze si rifugiano nel Natale, questo giorno tiepido e risplendente, questo spuntare miracoloso di frutti d’oro e d’argento e di candeline accese sui rami degli alberi, questo palpitante accendersi di stelle, nel purissimo azzurro del cielo del presepe. Ai primi di dicembre il Natale si annuncia con la vista e l’odore dei mandarini, quei mandarini avvolti nella carta velina colorata che, a bruciarla, vola sin quasi al soffitto, e se giunge a toccarlo è di buonissimo augurio. Poi i dolci nelle vetrine, le botteghe adorne di foglie di alloro, di stagnola, di striscioline di carta, le mostre di giocattoli in tutte le strade; ed ogni giorno che passa è un passo di più verso la sempre più grande, sempre più risplendente luce del Natale. (G. Mosca)
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Candele di cera d’api – tecnica ad immersione – Santa Lucia – tutorial e consigli per preparare le candele con la cera d’api coi bambini.
Candele di cera d’api – tecnica ad immersione – Prima di lavorare coi bambini
Preparare due pentole che possano stare una nell’altra, in quella più grande mettere dell’acqua, in quella più piccola i blocchi di cera d’api (si acquistano dagli apicoltori). A fuoco bassissimo e lentamente far sciogliere la cera.
Preparare con del cordoncino di cotone gli stoppini. Tagliare tante strisce di cordoncino, un po’ più lunghe di quanto si vogliono fare le candele (considerata anche la profondità della pentola) e fare su ogni cordoncino un cappio.
I bambini piccoli possono infilarlo al dito come un anello, per i più grandi facilita la presa.
Poi rende anche più comodo appenderle per farle raffreddare.
Per irrigidire gli stoppini, fare un primo bagno di cera e raddrizzarli bene tirando ai due estremi, prima di appenderli
Mettere un fornelletto da campeggio elettrico su uno sgabello basso, impostare la temperatura minima, e predisporre le due pentole una nell’altra.
Per preservare il pavimento sistemare del cartone o delle stoffe intorno.
Poi consegnare ad ogni bambino uno stoppino, e chiedere ai bambini di mettersi in fila.
Poi mettetevi seduti accanto al fornelletto.
Candele di cera d’api – tecnica ad immersione
La fila non serve a tenere ordine nella stanza, ma a permettere ad ogni strato di cera che via via si deposita intorno allo stoppino di rapprendersi tra un’immersione e l’altra.
Infatti il bambino che ha immerso lo stoppino nella pentola, cioè il primo della fila, si mette poi per ultimo, ed ora che è di nuovo il suo turno la candela si è rappresa.
Man mano che i bambini arrivano, spiegare loro, ad uno ad uno, come immergere lo stoppino, e chiedere di non agitare la candela mentre aspettano il turno successivo per evitare di romperla.
Bisogna dire che le immersioni devono essere veloci, altrimenti invece di creare un nuovo strato intorno allo stoppino, si sciolgono quelli precedenti, e la candela invece di crescere si assottiglia.
E’ bene che anche noi facciamo una candela insieme a loro, così possono vedere bene i gesti.
Nella fila i bambini più grandi possono essere accoppiati a quelli più piccoli.
Raggiunto un certo diametro, mettere le candele a raffreddare appese a dei chiodi o infilate ad un bastone.
Quando sono fredde e la cera si è ben solidificata, passare alle rifiniture, tagliando la base in modo tale che la candela possa stare bene in piedi, e il cappio, lasciando naturalmente almeno 1cm di stoppino.
Tutorial: beeswax candles. Step by step directions and tips for preparing candles with beeswax with children.
Tutorial: beeswax candles
Before working with children
Prepare two saucepans that can be one in the other, in the bigger one put water, in the smaller one put the blocks of beeswax (they can be purchased by beekeepers). A very low heat to melt the wax slowly.
Prepare with cotton string the wicks. Cut many strips of string, a little longer than you want to make candles (also considering the depth of the pan) and make a loop on each string.
Young children can insert it to their finger like a ring, then also it makes it more comfortable to hang candles for cool them.
to stiffen the wicks, do a first bath in wax and straighten well pulling at both ends, before hanging
Put a electric stove on a low stool, set the minimum temperature, and set up the two pans one in the other.
To protect the floor placing cardboard or cloth around.
Then hand each child a wick, and ask the children to get in line.
You put yourself seated next to the stove.
Tutorial: beeswax candles
How is it done?
The line is not needed to keep order in the room, but to allow each layer of wax that gradually settles around the wick to congeal between a dive and another.
In fact the child who has dipped his wick in the pot, that is the first in line, going for last, and when it’s his turn again the candle will be congealed.
As the children arrive, explain to them, one by one, like dip the wick, and ask not to shake the candle while waiting for the next round to avoid breaking it.
It must be said that diving must be fast, otherwise, instead of creating a new layer around the wick, melt the previous ones, and the candle instead of growing, it thins.
It is good that we also do a candle with them, so they can see well the gestures.
In line older children can be coupled to the smaller ones.
Reached a certain diameter, put the candles to cool hanging from nails or strung at a stick.
When they are cold and the wax is well solidified, go to the finish, cutting the base so that the candle can be comfortable standing, and the loop, of course leaving at least 1cm of wick.
Santa Claus di George Albert Smith – straordinario corto del 1898 di George Albert Smith, è un piccolo gioiello, molto ambizioso dal punto di vista della realizzazione tecnica se si considera la sua età. In poco più di un minuto, il regista ci racconta la storia di una vigilia di Natale di due bambini. E’ un film delizioso e poetico, affascinante anche da un punto di vista storico.
Santa Claus di George Albert Smith
Smith, fotografo ritrattista, ex mago e ipnotizzatore, fu uno dei primi cineasti a livello mondiale ad utilizzare così ampiamente effetti speciali per creare scene fantastiche. Insieme al suo più noto omologo francese Georges Méliès, Smith lavorò ai temi dell’immaginario e del fantastico, utilizzando effetti speciali incredibilmente sofisticati per l’epoca.
Il film si apre con un’unica sequenza nella quale una balia si affretta a mettere a letto i bambini. Poi l’immagine in primo piano resta fissa, mentre le luci si abbassano e compare sullo sfondo uno spazio nero. Su questo spazio si inserisce un’immagine circolare nella quale compare Santa Claus mentre atterra sul tetto della casa con un albero di Natale e si cala per il camino.
Ciò che rende interessante questa elaborazione è il modo in cui i cambi di scena si susseguono sia in termini di spazio sia di tempo: la nuova immagine si sostituisce a quella del camino, mentre continuano ad esseri presenti nella scena, a sinistra, i bambini che dormono. Santa Claus allora esce dal camino, distribuisce i regali, e scompare.
Questo corto è il primo esempio conosciuto di pellicola realizzata con la tecnica della doppia esposizione, e rappresenta la pellicola più sofisticata dal punto di vista visuale e concettuale che sia mai apparsa prima nel panorama cinematografico britannico.
L’immagine di Babbo Natale che ci restituisce la visione di questo film, è interessante anche perchè ci permette di vedere come questa figura si è evoluta dai primi del XX secolo ad oggi.
Presepe in lana cardata – ebook. Per caratterizzare i personaggi, gli animali, le piante, la capanna e tutti gli altri elementi del presepe serve un assortimento di lana cardata e non in vari colori, qualche pezzetto di fil di ferro, aghetto da feltro, qualche filo dorato, e se volete infeltrire acqua e sapone.
La lana cardata si trova, ad esempio, qui:
Le statuine che trovate qui sono piuttosto piccole, e per questo mi sarebbe stato molto difficile ricamare occhi e bocca, per cui ho rinunciato in favore di un effetto scenografico d’insieme.
A scuola l’unico posto disponibile per il presepe era un piccolissimo caminetto. Se siete abbastanza abili, completate i visi con ago e filo da ricamo, e saranno molto più belli.
La prima settimana di avvento – Natale si avvicina, però i giorni e le notti sono gli stessi di prima.
Ai bambini si può raccontare che la prima domenica d’avvento succede una cosa molto importante: un grande angelo discende dal cielo, ed invita tutti gli uomini a preparare il loro cuore al Natale.
E’ vestito con un grande mantello blu fatto di pace e di silenzio.
Nella corona dell’avvento si accende la candela blu, magari accompagnandola da una piccola poesia.
Affidare ad ogni settimana un colore aiuta tantissimo i bambini più piccoli a percepire lo scorrere del tempo, percezione che si rafforza riproponendo la sequenza di anno in anno.
Per la prima settimana di avvento a me piace scegliere qualcosa sulla neve, ad esempio:
Sopra i tetti, sulle strade piano piano, lieve lieve cade giù la bianca neve. Danza, scherza, su nell’aria, si rincorre, si riprende e poi lenta lenta scende come candida farfalla che è già stanca del suo volo si riposa sopra il suolo ed in breve lo ricopre d’un uguale bianco manto: sembra tutto un dolce incanto. (P. Guarnieri)
Si comincia anche ad allestire il presepe: prepariamo un tavolo appoggiato al muro e vestiamolo con un telo blu che, come un angelo, scende dall’alto.
Questa immagine del silenzio va lasciata per almeno un giorno, e poi via via si può completare con i simboli legati alla prima settimana dell’avvento, che sono: – la stella – l’angelo blu – il calendario dell’avvento – i rami di Santa Barbara (si aggiungono il 4 dicembre, come racconterò meglio poi…) – sassi e minerali preziosi, per preparare montagne, stradine, e il percorso verso la grotta – la corona dell’avvento.
San Nicola, il 6 dicembre, cade quest’anno nella seconda settimana.
Per rappresentare questi elementi nel nostro presepe, esistono moltissime possibilità di scelta. Decidere è spesso difficile, ma è molto importante non eccedere nelle decorazioni.
Alla maggior parte dei bambini piace molto collezionare sassi: questa settimana si possono raccogliere durante le passeggiate, e si possono far trovare pietre preziose nelle tasche del calendario dell’avvento…
Un angioletto blu da portare a casa da scuola può essere un gradito regalo a fine settimana.
Tra le attività manuali che si possono proporre per la prima settimana di avvento , quella che riscuote maggior successo è senza dubbio la preparazione di geodi di feltro.
Le quattro settimane dell’avvento – ebook. Creando a scuola e in famiglia momenti speciali che possano scandire lo scorrere delle settimane, l’avvento può diventare occasione per coltivare coi nostri bambini le capacità dell’attesa, dell’ascolto, del guardare e dello stupirsi…
Le quattro settimane dell’avvento – ebook – link diretto al file pdf per il download e la stampa qui:
Avvento coi bambini – Per la tradizione ecclesiastica, l’anno liturgico inizia la prima domenica di avvento, in anticipo quindi rispetto all’inizio dell’anno civile.
Questo si fonda sulla legge dell’anticipazione morale, in base alla quale noi non cogliamo la realtà delle cose nel momento in cui la natura ce le offre esteriormente, ma in anticipo.
Ad esempio in inverno la natura offre poche occasioni per ricordarsi del sole, ma proprio in questo periodo dell’anno guardare un albero spoglio ci fa sentire cos’è la primavera e la luce del sole.
Una raccomandazione importante: l’avvento non è Natale. L’avvento è attesa. Non è la festa, ma aspettare la festa. Oggi questo è difficile da sentire, perchè da ogni vetrina, e molto in anticipo, siamo bombardati da immagini natalizie, canti, luci.
Però, creando a scuola e in famiglia momenti speciali che possano scandire lo scorrere delle settimane, l’avvento può diventare occasione per coltivare coi nostri bambini le capacità dell’attesa, dell’ascolto, del guardare e dello stupirsi.
Aspettare significa trattare con il tempo: mentre i desideri appartengono al futuro, la loro realizzazione richiede tempo. I bambini possono sperimentare l’attesa attraverso il calendario dell’avvento, la preparazione di biscotti che potranno essere mangiati solo a Natale, ecc…
Per ciò che riguarda l’ascolto, entriamo consapevolmente in momenti di silenzio, e creiamo la giusta atmosfera di intimità per il racconto di una fiaba, con ancor maggior cura di come facciamo di solito.
Tra quelle dei Grimm quelle consigliate per il periodo sono:
La chiave d’oro (dai 4 anni); L’oca d’oro (dai 6 anni); La guardiana delle oche (dai sei anni); Biancaneve e Rosarossa (dai sei anni); Biancaneve e i sette nani (dai sei anni); Gli gnomi, la prima fiaba (dai tre anni); I sette corvi (dai sei anni); La pioggia di stelle (dai sei anni).
Guardare: nel periodo dell’avvento il sole tramonta presto. Possiamo ad esempio approfittarne per guardare coi nostri bambini la bellezza del tramonto o del cielo notturno.
Infine lo stupore. Ricordiamo che la capacità di stupirsi è il primo passo dell’apprendimento, e questo dura tutta la vita. E sullo stupore possiamo imparare molte più cose noi dai bambini, che non i bambini da noi.
L’avvento è l’attesa di una nascita. Una cosa che piace molto ai bambini è vedere crescere il presepe lentamente, giorno dopo giorno. Ad esempio si può partire la prima domenica con un semplice telo blu, e aggiungere giorno dopo giorno i vari elementi, prima la scenografia, poi le piante, poi gli animali e infine i personaggi.
La corona dell’avvento si prepara con rametti di abete, e può essere completata con quattro candele che richiamano il colore simbolo della settimana: blu, rosso, bianco e viola. Ogni domenica si accenderà una candela in più, facendo l’esperienza di una luce che diventa sempre più intensa man mano che il Natale si avvicina.
Con qualche ramo avanzato dalla spirale dell’avvento di domenica abbiamo preparato la nostra corona dell’avvento, aggiungendo soltanto qualche bacca presa in giardino, della lana cardata colorata e qualche filo dorato. Le candeline le abbiamo fissate con un po’ di colla a caldo.
Per fare la corona basta legare tra loro con del nastro robusto (magari rosso) i rami scelti, a formare una lunga fila, che poi si curva e si modella facilmente nella misura che si desidera.
Una volta fissata, bisognerà forse accorciare un po’ i rametti troppo sporgenti, ma non serve altro.
Preparare un quadretto con carta velina colorata e attaccarlo alla finestra è una bellissima attività prenatalizia, perchè permette di fare esperienze interessanti di luce e colore.
I primi alberi di Natale erano semplicemente addobbati con mele rosse, biscotti e rose di carta, tutti simboli di rinnovamento, ma oggi non possiamo immaginare un albero di Natale senza candele o lucette.
Nella tradizione nordica l’albero si addobba solo la vigilia di Natale, noi forse siamo abituati a farlo molto prima, a seconda delle zone. Però per rendere il giorno di Natale più luminoso potremmo pensare di prepararlo, ma accendere le luci solo a partire dalla vigilia.
Infine è molto bello dedicarsi con i nostri bambini alla preparazione di doni fatti a mano per parenti ed amici.
Se cerchi idee per attività in stile steineriano per il periodo dell’avvento, puoi trovarle raccolte qui:
CANTI DI NATALE – Deck the halls – Metti un lume alla finestra – con testo in versione italiana e inglese, spartito sonoro stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE – Deck the halls – Metti un lume alla finestra – testo
Inglese:
1. Deck the halls with boughs of holly, Fa la la la la, la la la la. Tis the season to be jolly, Fa la la la la, la la la la. Don we now our gay apparel, Fa la la, fa la la, la la la. Troll the ancient Yuletide carol, Fa la la la la, la la la la.
2. See the blazing Yule before us, Fa la la la la, la la la la. Strike the harp and join the chorus, Fa la la la la, la la la la. Follow me in merry measure, Fa la la la la, la la la la. While I tell of Yuletide treasure, Fa la la la la, la la la la.
3. Fast away the old year passes, Fa la la la la, la la la la. Hail the new, ye lads and lasses, Fa la la la la, la la la la. Sing we joyous, all together, Fa la la, fa la la, la la la. Heedless of the wind and weather, Fa la la la la, la la la la.
Italiano:
Versione 1: Metti un lume alla finestra Metti l’agrifoglio in casa, falala lalala lalala questo è un giorno pieno di gioia falalalala lala lala Metti l’abito di festa falala lalala lalala canta l’inno del tuo Natale falalalala lala lala. Il tuo cuore sia più bello falala lalala lalala metti un lume alla finestra falalala lala lala Questo è un giorno di gran festa falala lalala lalala canta l’inno del tuo Natale falalala lala lala
Versione 2: Festa di Natale Nella sala preparata, falala lalala lalala con i rami addobbata, falalalala lala lala il Natale festeggiamo, falala lalala lalala tutti quanti insiem cantiamo, falalalala lala lala. Arde il fuoco nel camino, falala lalala lalala brocca piena di buon vino, falalala lala lala questa notte brinderemo, falala lalala lalala fino a tardi balleremo, falalala lala lala. Non dormite pastorelli, falala lalala lalala ecco un suon di campanelli, falalala lala lala festa grande nel mio cuore, falala lalala lalala oggi è nato il Signore, falalala lala lala.
CANTI DI NATALE – Deck the halls – Metti un lume alla finestra – spartito e file mp3
CANTI DI NATALE – Vieni pastorello – con testo, spartito stampabile e file mp3 della traccia musicale, scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE – Vieni pastorello – testo
Vieni pastorello, vieni a Bethlem, perchè a Bethlem è nato il Signor. Vieni pastorello, vieni a Bethlem, adora Gesù che è nato quaggiù. Bella è la palma in mezzo al giardino, più bello il bambino che oggi adoriam.
CANTI DI NATALE – Vieni pastorello – spartito stampabile e file mp3 qui:
CANTI DI NATALE Pastorale cinese – con testo, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
Testo
A Betlemme nato è Gesù, Alleluia a portare l’amore quaggiù, Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia. Su nel cielo tra mille splendor, Alleluia gli angioletti cantano al Signor, Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia. Ogni stella brilla in ciel d’amore, Alleluia ed annuncia il Redentore, Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia Alleluia.
Lanterna di carta Waldorf. Questa bellissima lanterna di carta è un classico della scuola Waldorf: viene utilizzata non solo per San Martino, ma anche per accompagnare il periodo dell’avvento e il Natale.
Le stelle si formano grazie alla sovrapposizione dei pentagoni di carta, e la realizzazione è davvero molto semplice…
Si preparano 11 pentagoni (8cm di lato), e di ogni lato si segna la metà.
poi si ritagliano e si piegano lungo le linee ideali che vanno dalla metà di un lato alla metà dell’altro:
quindi si procede ad incollarli tra di loro in questo modo: per la base si incollano i due triangoli tra loro e poi le “lingue” ottenute sui lati verticali, così
Per tutti gli altri pentagoni invece, si incolla sempre un triangolo all’interno e un triangolo all’esterno (in questo modo le stelle si formano su ogni faccia della lanterna), così
Waldorf paper lantern. This beautiful paper lantern is a classic of the Waldorf School: is used not only for St. Martin, but also to accompany Advent and Christmas.
Stars are formed due to overlap of the pentagons of paper, and the construction is really very simple…
To get the Waldorf paper lantern prepare 11 pentagons (8cm wide). With a pencil mark the middle of each side of each pentagon.
then crop the pentagons, and fold along the ideal lines ranging from the middle of one side to the middle of the other:
then proceed to glue them to one another in this way: for the base glue the two triangles together, and then the “tongues” obtained on the vertical sides, in this way:
For all other pentagons on the other hand, glue always a triangle inside and a triangle outside (in this way the stars are formed on each face of the lantern), in this way:
Esperimenti scientifici per bambini – Candele commestibili. Il nostro corpo utilizza l’energia chimica immagazzinata attraverso il cibo che mangiamo. Parte di questa energia viene utilizzata per le funzioni del corpo e il suo lavoro (saltare, correre, giocare, ecc…) e parte si trasforma in calore. Perchè possa esserci combustione occorrono tre cose: energia iniziale (di solito calore), ossigeno e combustibile.
Sia nelle candele di cera classiche, sia nelle candele “commestibili” l’ossigeno è quello presente nell’aria, l’energia iniziale è quella fornita dal fiammifero o dall’accendino, il combustibile nel caso della candela di cera è il gas che si sprigiona dalla cera, in quelle commestibili l’olio d’oliva o l’olio contenuto nella mandorla.
Una candela di cera è fatta di due parti: lo stoppino e la cera. Lo stoppino è fatto di un materiale assorbente, e quando viene acceso, il calore della fiamma scioglie la cera intorno ad esso, lo stoppino la assorbe, e questa per capillarità risale lungo lo stoppino. Quando la cera liquida raggiunge la fiamma, evapora e diventa gas : questo gas è il combustibile che permette alla candela di continuare a bruciare.
Anche la candela commestibile è fatta di due parti: la mandorla (o l’olio d’oliva) e la patata (o la mela, o il filamento centrale del mandarino). Nel caso della mandorla, si tratta di un frutto ricco di proteine, grassi e carboidrati, ma è l’alta percentuale di grasso a fare sì che bruci molto a lungo. La mela o la patata o la buccia del mandarino fungono invece solo da sostegno, ma non forniscono combustibile.
Esperimenti scientifici per bambini Candele commestibili Mandarini
Cosa serve
• almeno 2 mandarini o clementine • olio d’oliva • 1 coltello affilato • accendino o fiammiferi; eventualmente una candela tradizionale per fare coi bambini i confronti tra le due candele
Come fare
La parte difficile è ricavare lo “stoppino” all’interno della seconda metà del mandarino, per cui possono servire molti frutti…
Incidere la pelle del mandarino lungo la circonferenza, quindi rimuovere la metà di buccia superiore (quella senza “stoppino”) avendo cura di non romperla. Per capirsi la parte superiore è quella col picciolo. Avremo adesso una mezza buccia vuota, e una mezza buccia piena di spicchi interi.
Al centro degli spicchi c’è un fascio di filamenti bianchi: lo “stoppino”, appunto. Rimuoviamo gli spicchi senza rompere i filamenti bianchi al centro.
Nella metà senza stoppino ritagliare un foro decorativo, ad esempio a forma di stella.
Riempire la metà con lo stoppino con olio di oliva, in modo che lo stoppino sporga dal livello dell’olio per circa 5mm.
Dare fuoco allo stoppino con fiammiferi o accendino: lo stoppino può contenere dell’umidità e non essere ancora ben intriso d’olio, per cui occorre tenervi la fiamma per alcuni secondi prima che si avvii la combustione. Quando questa si innesca, porre la seconda metà del mandarino sulla nostra candela.
Bellissima e profumatissima attività scientifica e natalizia (o anche per San Martino)…
Esperimenti scientifici per bambini Candele commestibili Patate e mandorle
Cosa serve: Una patata ritagliata a forma di candela (cruda o lessata se si vuole mangiare davvero, per giocare ai maghi) Scaglie di mandorle Accendino o fiammiferi; eventualmente una candela tradizionale per fare coi bambini i confronti tra le due candele.
Cosa fare: Posare la patata a forma di candela su un piattino Inserire nella parte superiore una scaglia di mandorla, come stoppino Dare fuoco alla mandorla. Osservare coi bambini quale parte della candela sta bruciando. Spegnere la candela. Eventualmente lasciar raffreddare e mangiare…
Esperimenti scientifici per bambini Candele commestibili Mela e mandorla
Cosa serve: Una mela Un coltello Una mandorla Fiammiferi o accendino; eventualmente una candela tradizionale per fare coi bambini i confronti tra le due candele.
Cosa fare: Tagliare via la parte superiore e quella inferiore della mela Scegliere una bella scaglia di mandorla oppure sbucciare una mandorla e ritagliarla in modo che si presenti stretta e lunga Inserire la mandorla nella mela Accendere Eventualmente spegnere, raffreddare e mangiare.
Possiamo anche estrarre dalla mela un cilindro a forma di candelina e poi applicare la mandorla, e mi sembra una bellissima idea per una torta di mele di compleanno:
Esperimenti scientifici per bambini – I cristalli di borace – Cosa serve: scovolini, forbici, filo di cotone, matite o bastoncini corti, barattoli di vetro, acqua, borace in polvere, coloranti alimentari.
Esperimenti scientifici per bambini
I cristalli di borace
Come fare
Modellate gli scovolini a vostro piacimento realizzando spirali, forme geometriche, lettere dell’alfabeto, numeri o quel che volete. L’importante è che le forme riescano ad entrare nei barattoli senza toccarne le pareti.
Far bollire l’acqua e versarla nei barattoli, aggiungere la polvere di borace fino ad ottenere una soluzione satura (presenza di deposito di polvere sul fondo del barattolo) ed eventualmente colorare.
Annodare ogni forma ad una matita con un pezzetto di filo, e immergerla nei barattoli appoggiando la matita orizzontalmente sul bordo del barattolo, in modo che lo scovolino resti sospeso nella soluzione e che non tocchi il fondo nè le pareti e lasciar riposare per almeno un giorno.
I cristalli di borace inizieranno a formarsi dopo un paio d’ore: infatti man mano che l’acqua si raffredda, rilascia borace e questo va a depositarsi in forma di cristallo sullo scovolino. L’acqua calda è in grado di trattenere più borace.
Qui l’esperimento è servito a realizzare decorazioni natalizie, ad esempio:
CANTI DI NATALE – Qualche semplice canzoncina natalizia per l’Inglese con testo, spartito stampabile e file mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE – A bear named Christmas per flauto dolce e canto – testo
There was a bear named Christmas with a very bright shiny nose. He would come home to his mommy and go outside to play in the snow. He’d build a snowman. And it sat there all alone. He’d invite his friends to play along and go outside in the snow. He went inside to the fire and sat down to warm his hands. Then he drank some hot cocoa and it tasted really really good. He’d build a snowman. And it sat there all alone. He’d invite his friends to play along and go outside in the snow.
CANTI DI NATALE – A bear named Christmas spartito e file mp3 qui:
CANTI DI NATALE – Ho ho ho – Una canzoncina facile facile in Inglese in tema natalizio
CANTI DI NATALE Ho ho ho – testo
Gather ‘round the Christmas tree Let’s sing some carols Then we can go outside and play out in the snow Ho ho ho, Merry Christmas Merry Christmas Merry Christmas Ho ho ho, Merry Christmas Santa’s coming to town Open up the presents I got new shoes Let’s drink hot cocoa and eat some food Ho ho ho Merry Christmas Merry Christmas Merry Christmas ho ho ho, Merry Christmas Santa’s coming to town.
CANTI DI NATALE – Su, pastori, alla capanna, con testo, spartito stampabile e traccia mp3. Per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
CANTI DI NATALE – Su, pastori, alla capanna
testo
Nelle capanne sparse sui monti
dormono insieme pastori ed agnelle.
La luna brilla nel cielo turchino,
vigila il sonno dopo il lavor.
Ascoltate il divino richiamo.
Venite, venite alla capanna.
Gesù è nato il Redentor.
Venite oh pastori, non tardate.
Gesù è laggiù, il dio d’amor.
A mille a mille brillan le stelle
belan contente le bianche agnel.
Andiam festanti dal pargoletto,
dal bambinello tutto splendor.
CANTI DI NATALE – Su, pastori, alla capanna spartito ed mp3 qui:
CANTI DI NATALE – O Tannenbaum (L’albero di Natale) – con testo italiano, tedesco e inglese, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE O Tannenbaum (L’albero di Natale) Testo
L’albero di Natale S’accendono e brillano gli alberi di Natale. S’accendono e radunano grandi e piccini intorno. I rami si trasformano con bacche rosse e fili d’or. Risplendono e sfavillano gli alberi di Natale. Fra i canti degli arcangeli ritorna il bambinello riposa nel presepio e lo scalda l’asinello i rami verdi toccano la capannina di carton e l’albero illumina la culla del Signore. S’innalzano e risuonano i canti di Natale ricordano agli uomini: giustizia, pace e amore. La loro dolce musica Giunge fra tutti i popoli. ripete ancor agli uomini: giustizia, pace e amore
O Tannenbaum O Tannebaum, o Tannebaum Du grünst nicht nur zur Sommerzeit, nein auch in Winter, wenn es schneit . O Tannebaum, o Tannebaum wie grün sind deine Blätter! O Tannebaum, o Tannebaum du kannst mir sehr gefallen Wie oft hat nicht zu Weihnachtszeit ein Baum von dir mich hocherfreut! O Tannebaum, o Tannebaum du kannst mir sehr gefallen! O Tannebaum, o Tannebaum, dein Kleid will mich was lehren! Die Hoffnung und Bestandigkeit gibt Trost und Kraft zu jeder Zeit O Tannebaum, o Tannebaum Dein Kleid will mich was lehren!
O Chirstmas tree O Christmas tree, o Christmas tree How loyal are your leaves/needles! You’re green not only in the summertime, No, also in winter when it snows. O Christmas tree, o Christmas tree How loyal are your leaves needles! O Christmas tree, o Christmas tree You can please me very much! How often has not at Christmastime A tree like you given me such joy! O Christmas tree, o Christmas tree, You can please me very much! O Christmas tree, o Christmas tree Your dress wants to teach me something: Your hope and durability Provide comfort and strength at any time. O Christmas tree, o Christmas tree, That’s what your dress should teach me.
CANTI DI NATALE – O Tannenbaum (L’albero di Natale) spartito ed mp3 qui:
CANTI DI NATALE – Oh, piccola Betlemme – con testo, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE – Oh, piccola Betlemme
TESTO
1. Oh, piccola Betlemme, silente il cielo sta.
Quel tuo profondo sonno, che pace regna qui.
L’eterna luce splende su tutta la città
e tutte le speranze s’accendono per te.
2. Le stelle del mattino annunciano Gesù,
fulgenti riecheggiando la lode di lassù.
Gesù a Betlemme è nato, è nato il Redentor,
e mentre tutti dormono inneggiano al signor.
3. Oh santo e buon bambino, soccorri a noi mortal
e la tua gioia dona sereno a noi quaggiù.
Udiam i lieti cori che cantano il Natal,
rimani qui con noi, dolcissimo Gesù.
CANTI DI NATALE – Oh, piccola Betlemme Spartito ed mp3 qui
CANTI DI NATALE Ninna nanna di Brahms – con testo, spartito sonoro stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE
Ninna nanna di Brahms
Testo
Questa ninna nanna è una delle più celebri composizioni di Brahms: un piccolo Lied che viene utilizzato anche per la festività del Natale.
Buonanotte Bambin,
che dal cielo scendesti
per amore dell’uom
che ingrato peccò.
Gli angioletti dal ciel,
scendon tutti a cantar
le lor dolci canzon,
per cullarti oh Signor.
CANTI DI NATALE Ninna nanna di Brahms spartito ed mp3 qui:
CANTI DI NATALE – Noël Noël – con testo e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
CANTI DI NATALE Noël Noël Testo
Noël Noël, chiara luce nel ciel: Nella grotta divina è nato Gesù. Noël Noël Noël Noël Insieme adoriamo il bimbo Gesù. Noël Noël, cantan gli angeli in ciel! Sia pace in terra: è nato Gesù. Noël Noël Noël Noël Insieme adoriamo il bimbo Gesù. Noël Noël: le campane nel ciel suonano liete e festose: è nato Gesù. Noël Noël Noël Noël Insieme adoriamo il bimbo Gesù.
CANTI DI NATALE Gloria in excelsis – con testo, spartito stampabile, e traccia mp3 scaricabile gratuitamente.
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CANTI DI NATALE Gloria in excelsis
TESTO
1. Gli angeli nelle nostre campagne
hanno intonato l’inno del ciel,
mentre l’eco di nostre montagne
ora ripete il dolcissimo suon.
Gloria in excelsis Deo, gloria in excelsis Deo.
2. Oh pastori perchè questa festa,
perchè cantate con tanto fervor?
Chi mai giunse, chi scese tra noi
tanta dolcezza a infonder nei cuor?
Gloria in excelsis Deo, gloria in excelsis Deo.
3. Ora gli angeli annuncian
che è nato il Redentor, il santo signor
e dan voce all’inno beato lieti
osannando il fulgido dì.
Gloria in excelsis Deo, gloria in excelsis Deo.
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CANTI DI NATALE Gloria in excelsis SPARTITO ed mp3 qui:
CANTI NATALIZI Danza dei pastori – con testo, spartito stampabile, mp3 scaricabile gratuitamente.
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CANTI NATALIZI Danza dei pastori TESTO
1. Guarda in cielo c’è un bagliore strano, una luce scende piano piano; senti: un canto misterioso riempie tutto il prato: è l’annuncio che Gesù in una grotta è nato. Su su corriamo, su su corriamo, su corriamo per vedere il nato re del cielo.
2. Siamo giunti presso la capanna; sentii: ascolta questa ninna nanna. E’ la vergine Maria che con dolce canto fa la ninna nanna al suo bimbo pien d’incanto. Su su cantiamo, su su cantiamo, su cantiamo tutti insieme questa ninna nanna.
3. Come è bello stare qui vicino e cantare per Gesù bambino. Ora tutti qui riuniti diamoci la mano e girando tutti insieme per Gesù danziamo. Su su danziamo, su su danziamo, su danziamo tutti insieme per Gesù bambino.
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CANTI NATALIZI Danza dei pastori SPARTITO e mp3 qui:
CANTI DI NATALE Joy to the world – Spartito e file mp3 gratuiti, per flauto dolce e canto, testo inglese e italiano. Intorno al 1740 anche il famoso compositore G. F. Haendel, tedesco di nascita ma residente a Londra fin dal 1727, scrisse un bel canto natalizio, intitolato “Joy to the world” (Gioia al mondo).
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CANTI DI NATALE Joy to the world – G. F. Haendel SPARTITO 3 mp3 qui:
CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas, con testo inglese, spartito stampabile e traccia mp3.
Tra le usanze contadine inglesi agli inizi del 1800, vi era quella di cantare carole di porta in porta, o sotto la finestra, per essere compensati con qualcosa da mangiare. Questo canto, originario dell’Inghilterra occidentale, si adattava perfettamente a simili occasioni.
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CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas TESTO
We wish you a merry Christmas, we wish you a merry Christmas, we wish you a merry Christmas and a happy new year!
Good tidings we bring to you and your kin; good tidings for Christmas and a happy new year!
Now bring us some figgy pudding, now bring us some figgy pudding, now bring us some figgy pudding, and bring some out here!
Good tidings we bring to you and your kin; good tidings for Christmas and a happy new year!
For we all like figgy pudding, for we all like figgy pudding, for we all like figgy pudding, so bring some out here!
Good tidings we bring to you and your kin; good tidings for Christmas and a happy new year!
And we won’t go till we’ve got some, and we won’t go till we’ve got some, and we won’t go till we’ve got some, so bring some out here!
Good tidings we bring to you and your kin; good tidings for Christmas and a happy new year!
Traduzione: Vi auguriamo un buon Natale e un felice anno nuovo.
Portiamo buone notizie a voi ed ai vostri cari, vi auguriamo un buon Natale e un felice anno nuovo.
Adesso dateci un po’ di budino di fichi e portatene un po’ anche qui fuori.
A noi tutti piace il budino di fichi, per cui portatene un po’ qui fuori.
E non ce ne andremo finchè non ce ne avrete dato un po’, così portatene un po’ qui fuori.
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CANTI DI NATALE We wish you a merry Christmas SPARTITO e file mp3 qui:
CANTI DI NATALE Lentamente va Maria con spartito stampabile e file mp3 gratuiti, e testo. Semplice canzoncina molto il uso nella scuola Waldorf, adatta a bambini della scuola d’infanzia. Spartito semplice, per flauto dolce.
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CANTI DI NATALE Lentamente va Maria TESTO
Lentamente va Maria tra le chiare stelle d’or, prende luce, prende gloria, per il figlio suo Signor. Stan le stelle tutte intorno a guardar Maria che va, recan doni che il Natale alla terra porteran. Chiede al sole e alla luna fili bianchi e fili d’or per cucire una vestina al bambino suo Signor. Stan le stelle tutte intorno a guardar Maria che va, recan doni che il Natale alla terra porteran.
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CANTI DI NATALE Lentamente va Maria SPARTITO e file mp3 qui:
CANTI DI NATALE Il pastore semplice canzoncina per flauto dolce e canto, in uso nella scuola Waldorf, per i più piccoli. Molto adatta ad essere inserita nelle recite natalizie. Con spartito, file mp3 e testo.
CANTI DI NATALE Il pastore TESTO
Sento le campane lente risuonar, il pastore chiama il suo gregge a sè. Pecorelle bianche nell’azzurro vanno, Guidano gli agnelli per le vie del ciel.
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