“Il pianeta Terra è una creazione della vita. La vita ha creato le rocce e il suolo, ed è la vita che sostiene l’armonia della terra. Gli oceani sono mantenuti in equilibrio chimico costante grazie agli esseri viventi, e sono gli esseri viventi che mantengono la purezza dell’aria. Tutte le creature che vivono sulla terra svolgono un ruolo cosmico. Il mantenimento della vita sulla terra dipende da molti esseri viventi diversi, ognuno dei quali ha una speciale, specifica funzione. Gli animali si nutrono vivono e si riproducono; ognuno ha un ciclo vitale che assume un ruolo particolare in relazione alla vita di altre specie. Tutti sanno, per esempio, che la scomparsa di una specie in un certo luogo ne sconvolge l’equilibrio, perché le vite di tutte le specie sono interconnesse. La vita quindi può essere considerata come un’energia che mantiene la vita stessa”. (Educazione e pace – Maria Montessori)
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I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture per la scuola primaria.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I microbi
L’insetto divora il fiore, l’uccello divora l’insetto, il bue divora l’erba e il leone divora il bue. L’uomo uccide l’insetto, uccide l’uccello e il bue e il leone. Egli è dunque il solo, l’invincibile padrone del mondo. No, davvero: creaturine microscopiche celate nell’aria, nell’acqua, nella polvere, senza artigli e senza denti, penetrano nei suoi polmoni, nelle sue viscere, nel suo sangue e possono farlo ammalare o anche morire. Il vincitore del leone e di tutte le fiere è divorato da uno stuolo invisibile di animaletti che si chiamano microbi. (P. Mantegazza)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Norme di igiene
Se molti, con un ingrandimento microscopico, potessero vedere le miriadi di germi che brulicano nel sudiciume, si laverebbero le mani cento volte al giorno. L’ultima conseguenza della poca pulizia della pelle è l’accumularsi di piccolissime squamette cornee. La pelle perde giornalmente miliardi di queste squame che, se non vengono eliminate da una buona lavatura, si accumulano con un effetto assai poco piacevole a vedersi. Per evitare conseguenze, che nei casi migliori si limitano a una brutta figura, ma che possono arrivare a malattie gravissime, come ad esempio il tifo, ecco che cosa è necessario fare. Lavarsi il viso e specialmente le mani più spesso che si può: sempre dopo aver toccato il terriccio, oggetti sporchi, e prima di mangiare. Tenere sempre le unghie corte e scrupolosamente pulite, lavandole con gli appositi spazzolini a setole dure. Anche i piedi devono essere lavati tutte le sere, sia perchè sono una parte del corpo delicata, sia perchè, nonostante siano protetti dalle calze e dalle scarpe, si impolverano e si sporcano facilmente. I capelli devono essere lavati e spazzolati di frequente.
Dobbiamo mangiare cibi sani, non avariati; se consumiamo cibi crudi, ben puliti; se cotti che siano cotti al punto giusto. Evitare il più possibile i cibi conservati o quelli troppo elaborati; intingoli troppo grassi o troppo piccanti. Il mangiare sia insomma semplice e naturale. In secondo luogo, l’alimentazione deve essere varia. Deve comprendere in giuste proporzioni questi alimenti: pane, latte e formaggio, carne e pesce, condimenti (grassi), verdure, frutta. Infatti i sali minerali e le vitamine sono contenuti nelle verdure e nella frutta. In terzo luogo l’alimentazione non deve essere ne scarsa ne eccessiva. Meglio di tutto è bere acqua di rubinetto. Da usare con moderazione sono il caffè ed altre bevande eccitanti come il tè, che se usati in quantità eccessiva possono arrecare danno al sistema nervoso ed al fegato.
Respiriamo con in naso e non con la bocca. Il passaggio dell’aria per il naso non è diritto e aperto, ma invece straordinariamente tortuoso. Potremmo credere che questo sia dannoso, invece è un vantaggio grandissimo. Costringe l’aria a passare entro un largo tubo riscaldato dal sangue, per cui l’aria stessa viene riscaldata; anche una buona quantità di vapore acqueo può aggiungersi all’aria, se non ne contiene a sufficienza, cosa assai utile perchè l’aria secca è irritante. Inoltre questo tortuoso passaggio agisce da filtro per l’aria. Una grande quantità di impurità è arrestata, così l’aria arriva ai polmoni riscaldata e umida, ed assai purificata. Esperimenti fatti mediante un tubo passante per la bocca dimostrano che l’aria filtrata nel passaggio per il naso non contiene microbi, mentre prima ne poteva contenere delle migliaia. Ne consegue che è nostro dovere respirare col naso. Il passaggio dell’aria è più facile per la bocca perchè la bocca non si prende la cura di filtrarla. Poche cose sono importanti per la salute quanto quella di respirare per il naso e non per la bocca.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Come si difende il corpo
Ogni giorno il nostro corpo è invaso da miliardi di germi, molti dei quali possono provocare malattie e perfino la morte. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Innumerevoli batteri e virus riescono a penetrare nel nostro organismo con il cibo che mangiamo, o con l’aria che respiriamo, o attraverso qualche ferita della pelle. Eppure ci conserviamo sani. Alcuni germi si stabiliscono permanentemente nella bocca, nel naso, nella gola o negli intestini, dove possono moltiplicarsi in modo incredibile. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Che cosa ci protegge da questi assalti? A poco a poco, durante secoli di studi, gli scienziati sono riusciti a scoprire che cosa accade. La nostra salute è protetta, essi affermano, da una serie ingegnosa di difese, disposte in profondità, come le linee successive di un esercito trincerato per respingere l’invasore. Supponiamo, ad esempio, che una particella di polvere carica di microbi penetri nell’occhio. Con tutta probabilità non c’è alcun motivo di preoccuparsi. La superficie del globo oculare è costantemente bagnata da un liquido lacrimale, il quale contiene un antisettico detto lisozima, che uccide i batteri. I germi che penetrano dal naso devono passare attraverso una complicata rete filtrante. La superficie delle vie nasali è mantenuta umida da un liquido mucoso che trattiene i germi. Se questi causano un’irritazione, sono espulsi con lo sternuto. Cosa avviene nel nostro corpo quando ci facciamo una ferita, sia pure un graffio? Dalla ferita alcuni microbi patogeni (cioè generatori di malattie) penetrano nel corpo. Il pericolo è tremendo perchè i batteri si moltiplicano con spaventosa rapidità e in breve tempo potrebbero invadere tutto l’organismo e anche ucciderlo. Ma il nostro corpo si mette subito in allarme e un meraviglioso sistema di difesa entra immediatamente in azione. Migliaia e migliaia di globuli bianche (leucociti) accorrono, attaccano i batteri, li circondano e li distruggono. Questo, quando i globuli bianchi (leucociti) contrattaccano in tempo e i batteri non sono troppo numerosi e virulenti. Se invece i batteri resistono e riescono a moltiplicarsi uccidono le cellule dei tessuti. Allora i globuli bianchi non solo devono combattere i batteri, ma devono distruggere anche le cellule morte che potrebbero divenire pericolose per il corpo umano. In questa lotta tremenda, che ha come posta finale la salvezza o un grave danno per il corpo umano, molti globuli bianchi muoiono e si trasformano in pus. Ma da ogni parte accorrono sempre più numerosi rinforzi: i globuli bianchi arrestano così l’invasione; la bloccano in un punto (il foruncolo) impedendo che l’infezione si diffonda in tutto il sangue. In breve le cellule riparano i danni provocati dalla ferita e nel corpo cessa lo stato di allarme. Molte volte però i batteri, appena entrano nel nostro organismo, emettono delle sostanze velenose, le tossine. Il tetano e la difterite sono alcune fra le malattie provocate da tossine batteriche. Il sangue allora, o meglio il siero del sangue, fabbrica subito del soldati capaci di attaccare le tossine nemiche: le antitossine. Questi anticorpi, così vengono chiamate le antitossine, combattono le tossine e spesso le vincono. Molte volte però il sangue non riesce a fabbricare subito le antitossine. Ci vuole tempo. E le tossine batteriche hanno tutto il tempo per attaccare e vincere. Il corpo è costretto allora ad una lotta che può durare anche delle settimane. Per aiutare il corpo nella lotta contro i batteri, i medici vaccinano, ossia iniettano nel sangue degli anticorpi (antitossine) già preparati, così il sangue ha già le antitossine pronte e può vincere l’attacco nemico.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Tre personaggi nel mondo dei microbi
I microbi vengono portati in casa dal pulviscolo dell’aria, dalle nostre scarpe, dai vestiti e dalle mani. Essi si insediano sui cibi e vi crescono. Esponiamo, per esempio, all’aria, per mezz’ora, una fetta di banana, di mela o di patata lessa, una fetta di pane fresco e del succo di frutta; mettiamo poi tutti questi cibi al caldo e al buio e osserviamoli giorno per giorno. Dopo due o tre giorni vedremo un’infinità di microbi. Alcuni si presenteranno in macchie di soffice peluria, altri in piccoli ammassi filiformi. Alcuni saranno prima bianchi e poi diventeranno blu, verdi, neri o bruni. Nella miriade di microbi che crescono sui cibi troviamo rappresentate le tre specie più comuni: i batteri, le muffe e i lieviti. La prima specie, quella dei batteri, comprende gli esseri viventi più piccoli e più numerosi che esistano sulla terra, sono così piccoli che molte migliaia di essi potrebbero stare sulla capocchia di uno spillo… Le muffe, la seconda specie, sono relativamente più grandi dei batteri. Tutti ne conosciamo: certamente abbiamo visto le muffe verdi-azzurre che si formano sui limoni o sulle arance, quelle brune della frutta e quelle che crescono sul pane… La terza specie di microbi è costituita dai lieviti. Noi conosciamo il lievito del pane, e sappiamo che esiste in pani, oppure secco, in polvere. Ebbene: ogni pane di lievito è costituito di parecchi milioni di organismi viventi. Essi sono più grandi dei batteri, ma ancora così piccoli che si possono vedere solo ingranditi al microscopio, e quando sono riuniti a milioni. (M. E. Selsam)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I batteri sono microscopici
Lasciamo un bicchiere di vino esposto all’aria per molti giorni. Assaggiandolo, alla fine dell’esperimento, ci accorgeremo che si è trasformato in aceto. Nel bicchiere si sarà inoltre formata una mucillagine di sapore acre. Lasciamo un bicchiere di latte in ambiente caldo per qualche giorno. Spesso solo dopo un giorno noteremo che il latte si è coagulato, separandosi in due parti: una massa biancastra compatta e un liquido acido, di colore paglierino. La trasformazione del vino in aceto (acido acetico) e la coagulazione del latte (con formazione di acido lattico) è opera dei batteri, organismi tanto piccoli da non poter nemmeno essere osservati al microscopio, se non con particolari tecniche e ad ingrandimenti fortissimi. Le loro grandezze si aggirano addirittura sui millesimi di millimetro! Molti batteri vivono nell’intestino degli uomini e degli animali ed aiutano a digerire i cibi. Ma sono anche batteri quelli che invadono il nostro corpo, facendoci ammalare.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Forme dei batteri
I batteri hanno forme svariatissime, che danno loro il nome: cocchi, a forma di sfera; bacilli, a forma di bastoncino; vibrioni, a forma di virgola; spirilli, foggiati a spirale, ecc… Le loro cellule possono essere nude oppure provviste di ciglia, di forma e disposizione diverse secondo i casi. (M La Greca, R. Tomaselli)
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Difesa dai batteri infettivi
La prima difesa contro i batteri che sono causa di malattie infettive è l’isolamento dell’individuo ammalato: poi la disinfezione che viene praticata lavando accuratamente le mani con saponi antibatterici. In caso di ferite è utile intervenire subito con disinfettanti, utilizzando poi, per le fasciature, bende e garze sterilizzate. La sterilizzazione è un procedimento che permette di uccidere qualsiasi batterio; essa viene praticata tenendo gli oggetti d’uso chirurgico in uno speciale apparecchio, detto autoclave, a grande pressione di vapore caldissimo. Sapete che i chirurghi si vestono, prima delle operazioni, in modo particolare, coprendo le mani con guanti e la bocca con mascherine di tela; questi indumenti, sterilizzati prima dell’uso, impediscono la trasmissione dei batteri che vivono ovunque, (anche sulle mani e nella bocca) alle ferite provocate sull’ammalato con l’intervento chirurgico, causandone l’infezione. La migliore precauzione per evitare il più possibile il pericolo di infezioni o di malattie infettive è, comunque, la pulizia personale, che deve essere scrupolosa e almeno giornaliera, e quella degli ambienti in cui si vive.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture La pastorizzazione
Per essere ben certi che il latte sia sano, cioè che non contenga batteri nocivi, bisogna farlo bollire, perchè il caldo rende innocui i batteri. Ma c’è un inconveniente: se noi facciamo bollire il latte, insieme ai batteri vengono distrutte anche alcune sostanze preziosissime per l’uomo, le vitamine. Esse sono contenute in buon numero nel latte e l’ebollizione le annienta. Il latte perde così molto del suo valore nutritivo. L’ideale sarebbe distruggere i batteri conservando intatte le vitamine. Questo è possibile grazie alla pastorizzazione. Occorrono due recipienti, uno più grande, che riempiamo d’acqua che facciamo bollire, un altro più piccolo, dove mettere il latte, da immergere nel primo. Quando l’acqua bolle, il latte, pur scaldato a lungo, non bolle. In questo modo otteniamo che il latte, scaldato, non vada a male, ma nel contempo conserva ancora le preziose vitamine, perchè non ha raggiunto l’ebollizione.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture Pasteur
Perché questo procedimento è chiamato pastorizzazione? Perchè il primo ad intuire l’esistenza dei batteri nell’aria fu uno scienziato francese di nome Pasteur, vissuto circa centocinquanta anni fa. A quel tempo i fabbricanti di vino si lamentavano spesso che il prodotto si guastava e diveniva aceto. Pasteur dimostrò che l’inacidimento era dovuto alla moltiplicazione dei batteri caduti nel vino mentre veniva imbottigliato. Pertanto consigliò ai fabbricanti di scaldare il vino fino a raggiungere la temperatura sufficiente a distruggere qualunque batterio vi fosse caduto. Perciò il procedimento viene chiamato pastorizzazione dal nome del suo ideatore.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture I virus
Mentre i batteri ci minacciano con i veleni che fabbricano, i virus attaccano direttamente le cellule dell’organismo. Forse secernono un enzima che apre una fessura nella parete della cellula. Una volta dentro, cominciano a consumare l’alimento che avrebbe dovuto nutrire la cellula. I virus si riproducono con rapidità prodigiosa divorando tutto, e poi abbandonano la cellula morta o moribonda per andare all’assalto di un’altra. Dato il loro modo di attacco i virus hanno un enorme vantaggio sui batteri. Vivendo all’interno della cellula, sono largamente immuni dalla controffensiva delle forze protettive naturali dell’organismo, così come da quella degli antibiotici. Ma quando migrano da una cellula distrutta a una nuova, possono essere attaccati dagli anticorpi circolanti nel sangue.
I MICROBI materiale didattico, dettati ortografici e letture L’inventore del vaccino
Una delle più spaventose epidemie che flagellavano l’umanità era, una volta, il cosiddetto ‘vaiolo nero’. In venticinque anni, nella sola Europa, su una popolazione di 150 milioni di abitanti, si ebbero 15 milioni di vittime. Pensate al beneficio immenso che arrecò all’umanità l’uomo che sconfisse questo flagello. Oggi tutti noi sappiamo cos’è la vaccinazione, ma nel 1700 essa non si conosceva. Fu un medico di campagna che la praticò per primo: Edoardo Jenner. E’ appunto nella sua pratica di medico di campagna che fa preziose osservazioni, che lo condurranno alla felice scoperta del vaccino contro il vaiolo. Un giorno in una fattoria, una massaia gli dice: “Io non prenderò mai più il vaiolo, perchè l’ho già preso una volta da una mucca”. Questa era un’osservazione che Jenner aveva fatto più di una volta nelle sue visite ai contadini: molti di essi, che si erano contagiati con una pustola presa da una mucca, diventavano immuni. Quando una mungitrice della campagna, una certa Clara Nelmes, di infetta una mano, toccando una mucca malata di vaiolo, Jenne studia il caso, fa eseguire da suo nipote degli accurati disegni della parte malata della mucca e dell’arto infetto della contadina. Col pus vaccina (le mucche si chiamano anche vaccine) un contadino ed espone i risultati dei suoi riuscitissimi esperimenti all’Accademia delle Scienze di Londra. Da principio incontra l’ostilità di tutti, non esclusi quelli della campagna. Nessuno vuole sottoporsi ai suoi esperimenti, anzi lo considerano un uomo pericoloso che vuole diffondere il morbo. Ma davanti all’evidenza dei fatti, il pubblico si arrese: il nome di Jenner diventò celebre in tutto il mondo. Egli morì sereno nel 1823, felice di aver strappato alla morte e alla deturpazione milioni di persone.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture per la scuola primaria.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture I direttori d’orchestra del nostro corpo Abbiamo visto come gli esseri viventi si nutrono, assimilando, digerendo, trasformando e ossidando gli alimenti. Essi inoltre si muovono e stabiliscono rapporti vari con il mondo esterno. Ma in quale modo questi processi vengono regolati e diretti? Si sa che elementi di controllo importantissimi sono gli ormoni. Essi sono sostanze secrete da particolari ghiandole, dette endocrine, (dal greco endon = dentro, e crinein = secernere) perchè non possiedono un canale escretore, ma versano direttamente nel sangue le loro secrezioni. Ciò è possibile perchè le cellule che costituiscono il loro tessuto si incrociano e si aggrovigliano con i vasi sanguigni.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture I messaggeri chimici Le ghiandole endocrine, che nel loro insieme costituiscono il sistema endocrino, sono situate nel corpo in punti differenti: l’ipofisi e l’epifisi sono nel cranio, intimamente collegate con il cervello; la tiroide e le paratiroidi sono nel collo; il timo nella parte superiore del torace. Nella cavità addominale si trovano invece le surrenali, il pancreas endocrino (nella massa del pancreas digestivo) e le ghiandole della riproduzione. Le loro secrezioni, dette ormoni, agiscono come messaggeri chimici, regolando l’attività dei tessuti: mantengono a livello esatto la quantità dei sale, di glucosio e delle altre sostanze necessarie e impediscono al sangue di diventare troppo acido o troppo alcalino, così da essere sempre in grado di trasportare l’ossigeno e l’anidride carbonica. Nel corpo umano c’è una specie di armonico equilibrio cui concorrono tutte le ghiandole, per cui ogni perturbazione di una di esse si ripercuote sul funzionamento delle altre.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Ipofisi ed epifisi L’ipofisi o ghiandola pituitaria, è la più importante delle ghiandole a secrezione interna, perchè oltre ai vari compiti che diremo, essa esercita anche un controllo sull’attività di tutte le altre ghiandole: infatti, con ormoni particolari detti stimuline, può eccitarne la secrezione. L’ipofisi è un piccolo organo situato sotto la base dell’encefalo. Si distinguono i esso tre parti, ciascuno dei quali esercita una particolare funzione. Il lobo anteriore agisce sulla crescita. Il lobo posteriore esercita la sua azione soprattutto sulla pressione arteriosa, aumentandola, e sulla contrattilità dei muscoli lisci. Del lobo intermedio sappiamo che esercita un’azione particolare sul colore della pelle dei pesci e degli anfibi. L’epifisi o ghiandola pineale ha la grossezza di un pisello ed è in intimi rapporti con la massa cerebrale. Ha anch’essa una funzione regolatrice della crescita.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – La tiroide e le paratiroidi La tiroide, che è situata nel collo, regola il metabolismo basale delle cellule, che è una funzione molto importante. Si chiama infatti basale la velocità con cui il corpo consuma ossigeno ed espelle anidride carbonica. Questa velocità aumenta con l’aumentare della superficie corporea, per cui 10 bambini del peso di 7 chilogrammi l’uno usano molto più ossigeno per l’attività basale delle loro cellule che un uomo di 70 chili. Di regola l’attività della tiroide coincide esattamente con i bisogni del corpo; quando essa invece fabbrica un’eccessiva quantità di ormoni, allora la combustione delle cellule avviene a una velocità esagerata e ciò causa un metabolismo basale superiore alla media, eccessiva magrezza e nervosismo. Si ha il cosiddetto ipertiroidismo: chi ne è affetto si riconosce per lo sporgere eccessivo dei bulbi oculari. Nel caso contrario, il metabolismo basale scende al di sotto della media e i sintomi sono torpore e sonnolenza, e si parla di ipotiroidismo. Le paratiroidi sono strettamente unite alla tiroide e per questo se ne ignorò a lungo non solo la funzione, ma anche l’esistenza. Esse sono invece molto importanti, perchè l’ormone che secernono regola l’utilizzazione del calcio nel corpo.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Il timo Il timo è una ghiandola che si trova dietro lo sterno, lateralmente alla trachea, nella parte più alta del torace. La sua funzione è in rapporto con l’accrescimento corporeo. Nell’uomo raggiunge il suo massimo sviluppo verso i tre anni, per diminuire progressivamente, cosicchè intorno ai dodici anni non è più riconoscibile.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Le ghiandole surrenali Le ghiandole surrenali sono anche dette capsule perchè sembrano avvolgere la parte superiore dei reni; esse sono due, simmetricamente disposte come gli organi da cui prendono nome. In queste ghiandole si può distinguere una parte esterna o corticale, di colore giallo-bruno, e una parte interna o midollare, bianco-rosa, le cui funzioni sono nettamente distinte. La parte midollare secerne un ormone detto adrenalina, la quale mantiene costante il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. Gli esperimenti hanno dimostrato che quando un animale è infuriato o spaventato, il tasso (cioè la quantità) di adrenalina nel sangue cresce immediatamente: questo eccesso di adrenalina lo prepara alla fuga o alla lotta e al tempo stesso fa salire la pressione sanguigna e accelera i battiti del cuore. La parte corticale del surrene secerne vari ormoni, tra cui di particolare importanza i cosiddetti corticosteroidi, che hanno un’importanza capitale per l’organismo in quanto regolano il metabolismo (cioè il ricambio) dei glicidi, dei sali, dell’acqua.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Il pancreas endocrino Il pancreas, che come abbiamo visto invia nell’intestino le sue secrezioni, funziona anche come ghiandola endocrina. Nella sua massa sono presenti dei gruppi di cellule grigiastre, dette isole pancreatiche o isole di Langerhars (da nome dello scopritore) che versano nel sangue un ormone particolare: l’insulina. Ciò avviene quando il tasso di glucosio nel sangue sale al di sopra del normale. La malattia causata dall’insufficiente produzione di insulina è detta diabete. Nei malati di diabete il glucosio si accumula nel sangue. Un malato di diabete può perciò venire curato mediante somministrazione di insulina.
IL SISTEMA ENDOCRINO materiale didattico e letture – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Domande per la conversazione e per il lavoro di ricerca Perchè il nostro corpo può tenersi ben eretto? Come si chiamano quegli organi che permettono all’uomo di muoversi e compiere degli sforzi? Quando sollevi un peso la parte superiore del tuo braccio si gonfia e si irrigidisce. Noi abbiamo i muscoli soltanto nelle braccia e nelle gambe? Secondo te ci sono dei muscoli che si contraggono anche quando noi non lo vogliamo? Per conservare in piena efficienza i muscoli, occorre esercitarli con regolarità e moderazione, praticando ginnastica e sport. Quale sport pratichi? Sai dire che cos’è una frattura? Quali norme igieniche devi osservare per mantenere alla tua colonna vertebrale una eretta posizione? Che cosa sono i muscoli? Quali forme possono avere? Qual è la principale proprietà dei muscoli? Quale funzione fondamentale compiono? Che cosa sono i tendini? A che cosa servono i muscoli? Perchè alcuni si dicono volontari e altri muscoli involontari? Sai indicare alcuni muscoli volontari e alcuni muscoli involontari? Quali funzioni ha e da quali parti è costituito lo scheletro dell’uomo? Quali forme possono avere le ossa? Come possono essere le articolazioni delle ossa? Quali sono le principali ossa di ciascuna parte del corpo? In caso di frattura delle ossa, come occorre comportarsi?
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Funzioni dello scheletro Il corpo è sostenuto da circa duecento ossa che, tutte insieme, formano lo scheletro. Lo scheletro è l’impalcatura del nostro corpo. Esso assolve tre funzioni fondamentali: permette di tenere la posizione eretta; protegge le parti molli e delicate del nostro organismo (come il cervello, il cuore, i polmoni); consente di compiere i movimenti mediante l’azione dei muscoli. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Tipi di ossa Nel nostro corpo distinguiamo tre tipi di ossa: le ossa lunghe (come, ad esempio, quelle delle braccia e delle gambe); le ossa piatte o larghe (come quelle del cranio e della faccia); le ossa corte (come quelle dei polsi). Nelle ossa lunghe è contenuto il midollo osseo, una sostanza molle e molto ricca di vasi sanguigni. Parte del midollo è destinata alla produzione dei globuli rossi del sangue. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Lo scheletro del capo Lo scheletro viene diviso in tre parti: 1. scheletro della testa 2. scheletro del tronco 3. scheletro degli arti (cioè delle braccia e delle gambe). Lo scheletro della testa è formato dalle ossa del cranio e dalle ossa della faccia. Il cranio è una robusta scatola ossea che contiene e protegge il cervello, il cervelletto e il midollo allungato. Le ossa della faccia sono quattordici e solo una di esse è mobile: il mascellare inferiore o mandibola. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Lo scheletro del tronco Lo scheletro del tronco comprende la colonna vertebrale e la gabbia toracica. La colonna vertebrale è composta da 33 vertebre, a forma di anelli, sovrapposte e separate tra loro da piccoli cuscini o, più precisamente, da dischi di sostanza meno dura di quella ossea. Nella colonna vertebrale è racchiuso e protetto il midollo spinale. La gabbia toracica è formata dalle costole e dallo sterno. Le costole sono dodici paia di ossa piatte articolate con le vertebre dorsali. Le prime sette paia di costole si dicono costole vere o sternali perchè si attaccano direttamente allo sterno, un osso piatto che si trova nella parte anteriore del torace. La gabbia toracica protegge il cuore e i polmoni. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Lo scheletro degli arti Gli arti sono distinti in arti superiori (le braccia) e in arti inferiori (le gambe). Gli arti superiori si uniscono al tronco con il cinto scapolare o toracico. Esso corrisponde alla spalla ed è formato da due scapole e da due clavicole. Il braccio è diviso in cinque parti: il braccio vero e proprio formato dall’omero; l’avambraccio formato dall’ulna e dal radio; il polso con ossa del carpo; la mano con le ossa del metacarpo; le dita con le falangi. Gli arti inferiori si uniscono al tronco con la cintura addominale o bacino. La gamba comprende: la coscia con l’osso del femore; la gamba con la rotula, la tibia e il perone (o fibula); il tallone con le ossa del tarso; il piede con le ossa del metatarso; le dita con le falangi. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Le articolazioni Le ossa sono connesse tra loro mediante giunture o articolazioni. Esse possono essere di tre tipi, secondo le funzioni che sono destinate a compiere. Per esempio, le articolazioni del ginocchio o del femore, che permettono ampi movimenti degli arti inferiori, si dicono articolazioni mobili. Le articolazioni della colonna vertebrale e quelle che si trovano tra le costole e lo sterno, che concedono solo limitati movimenti, si chiamano articolazioni semi-mobili, cioè mobili solo per metà. Le articolazioni delle ossa del cranio, che non tollerano nessun movimento, si dicono articolazioni immobili. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico La colonna vertebrale Piegate un braccio dietro la schiena. Allungate la mano, dietro, fino in mezzo alle spalle; ora scendete verso il basso, sempre scivolando con le dita lungo la metà della schiena. Sentite? Sembra di scivolare con le dita lungo una fila di palline. Ognuno di questi piccoli nodi duri che sentite è una vertebra. Quella che voi sentite con le dita è la spina dorsale, cioè l’insieme delle punte delle vertebre, le quali sono sovrapposte le une alle altre e formano la colonna vertebrale. Alla colonna vertebrale sono collegate le altre ossa del nostro corpo. La vertebra più in alto della colonna vertebrale regge la testa. Le vertebre del collo si muovono facilmente e fanno muovere la testa. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Perchè le dita della mano possono toccarsi e quelle del piede no? Osserva la tua mano contro la luce di una forte lampadina: la carne appare rosea e quasi trasparente; si vedono anche le ossa delle dita, più scure. Piega una ad una le dita della mano; nella mano ci sono tanti ossicini collegati l’uno all’altro, che permettono di fare tanti movimenti; muovendo le ossa della mano, riusciamo a toccare col pollice tutte le altre dita. Per questo con la mano possiamo fare tante cose; la mano può servire come pinza, come martello, come pala… Osserva invece il piede; si sono molti ossicini anche qui, ma il pollice non riesce a toccare le altre dita; con il piede non possiamo prendere oggetti, il piede serve solo per camminare ed è la base su cui poggia tutto il nostro corpo; infatti, per dire ‘ stare dritti’ diciamo ‘stare in piedi’. Avete mai provato a far stare in piedi una figura di cartone? Più grande è la figura, più grande deve essere la base su cui si appoggia. I piedi sono la nostra base. Più alto è un uomo, più lunghi sono i suoi piedi. Ogni anno, via via che crescete, la mamma vi deve comprare scarpe più grandi. (G. Petter)
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Lo scheletro degli animali Il nostro scheletro è simile a quello degli altri mammiferi. Nonostante questi abbiano (generalmente) quattro zampe, notiamo che in essi la disposizione delle ossa è simile alla nostra. Dato il grande sviluppo del cervello, la fronte dell’uomo è molto più pronunciata che negli altri animali. In molti mammiferi terrestri le dita, sia degli arti anteriori, sia degli arti posteriori, sono talvolta saldate, a due o tre insieme, con le unghie trasformate in zoccoli (come nel cavallo e nei bovini). Nei cetacei gli arti anteriori sono trasformati in pinne e gli arti posteriori mancano; la coda è formata dalla pelle. Nei pipistrelli le dita della mano sono molto grandi rispetto al corpo; servono a sostenere una membrana che sembra un’ala. In molti animali (come il gatto, la lepre, il coniglio, il canguro e, tra gli anfibi, la rana) gli arti posteriori sono molto più sviluppati di quelli anteriori: si tratta di animali che procedono a salti e possono compiere lunghi balzi. Negli animali acquatici, sia mammiferi (foca, lontra, castoro) sia uccelli (oca, anatra) sia anfibi (rana) sia rettili (tartaruga), le dita sono unite da una membrana palmare. Nei pesci gli arti anteriori e posteriori sono trasformati in pinne; negli uccelli gli arti anteriori sono trasformati in ali. Le ossa degli uccelli, estremamente porose, sono collegate con sacche di aria. Ciò contribuisce a conferire leggerezza ai volatori. Inoltre, lo sterno a forma di carena dà al loro corpo una sagoma aerodinamica, atta a fendere l’aria. Nei serpenti osserviamo che le costole, sul davanti, non sono saldate allo sterno, ma sono libere. Ciò permette snodatezza nei movimenti, indispensabile per lo spostamento perchè, com’è noto, i serpenti, non avendo zampe, si muovono strisciando. La mandibola dei serpenti non è articolata direttamente al cranio, ma attraverso un osso, detto osso quadrato. Questo permette ai rettili una enorme apertura boccale, che consente loro di ingoiare animali interi. Il che supplisce alla mancanza di denti.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Che cosa sono i muscoli? I muscoli sono la carne del nostro corpo. Noi abbiamo molti muscoli perchè moltissimi sono i movimenti che facciamo. Prova ad aprire e chiudere gli occhi; prova ad aprire e chiudere la bocca; prova a girare la testa; mettiti seduto; corri; salta; cammina: puoi fare questi movimenti perchè i muscoli che hai nella testa, nella faccia, nel collo, nella schiena, nel petto, nelle gambe, nelle braccia, nelle mani, nei piedi, si allungano e si accorciano, si stringono e si allargano, e così mettono in movimento le ossa dello scheletro.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico I muscoli e il movimento Noi quindi possiamo muoverci e compiere degli sforzi grazie ai muscoli che sono distribuiti in tutte le parti del nostro corpo e si possono vedere più chiaramente nelle braccia e nelle gambe. Essi hanno forme varie e sono di un colore rosso vivo. I muscoli sono uniti alle ossa per mezzo di cordoni duri e bianchi detti tendini (e non nervi, come si dicono comunemente). Accorciandosi e distendendosi i muscoli muovono le ossa e quindi, come abbiamo detto, permettono al nostro corpo di compiere i movimenti. Sono volontari i muscoli che obbediscono agli ordini dati dal cervello e muovono la lingua, le labbra, gli occhi, la testa, il tronco e gli arti. Sono involontari quelli che costituiscono la muscolatura dello stomaco, del cuore, dei polmoni e degli intestini. Essi agiscono indipendentemente dalla nostra volontà.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico La forza dei muscoli Comandati dal sistema nervoso, i muscoli lavorano ed esplicano una tale forza da stupire. Anche prendendo come esempio elementi non eccessivamente grandi quali quelli della mandibola, che servono alla masticazione, vediamo che la loro forza è molto superiore a quanto comunemente si crede. Nel caso in cui si rompa una nocciola coi denti, esercitano una pressione che varia tra gli ottanta e i cento chilogrammi. Robustissimi e laboriosissimi, i muscoli hanno grande bisogno di assimilare nutrimento, e in particolar modo grassi e zuccheri. Se voi fate una lunga gita in montagna o nuotate per lungo tempo o eseguite esercizi fisici faticosi, il mezzo migliore per ridare ai vostri rossi servitori l’energia necessaria è quello di mangiare una buona dose di zollette di zucchero. Lo zucchero, infatti, per quanto riguarda il lavoro muscolare, è assai più indicato della carne: infatti poco più di 170 grammi di zucchero sostituiscono vantaggiosamente oltre 700 grammi di buone bistecche.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico I muscoli negli animali Nei mammiferi sono sviluppati i muscoli delle orecchie (che rendono mobili i padiglioni) e il muscolo pellicciaio posto sotto la pelle (che, nel caso del riccio, permette all’animale di avvolgersi a palla). Negli uccelli volatori sono sviluppati i muscoli pettorali. Nei serpenti e nei pesci i muscoli permettono lo strisciare e il nuoto. Negli anfibi (rane) i muscoli delle zampe favoriscono il salto.
Il corpo umano OSSA E MUSCOLI materiale didattico Igiene del movimento Il movimento è una necessità per il nostro organismo. Se non ci muovessimo mai, tutti gli organi si indebolirebbero e, a lungo andare, il corpo stesso finirebbe per perire. Perchè il moto sia veramente utile, e non dannoso, occorre però tener conto di alcune norme, dettate dal buon senso prima ancora che dall’igiene. Innanzitutto, niente strapazzi! Ogni sforzo, quando è richiesto, deve essere compiuto nella giusta misura: chi abusa delle proprie forze finisce col perderle e col danneggiare non soltanto lo scheletro e i muscoli, ma anche il cuore, i polmoni, i nervi e tutti gli altri organi del corpo, con conseguenze molto gravi. Si riposi quanto occorre poichè il riposo giova al corpo più ancora dell’alimento: i muscoli stanchi riacquistano le forze perdute, e l’organismo è messo nelle condizioni di affrontare e superare agevolmente nuove fatiche.
Il corpo umano: OSSA E MUSCOLI – materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Nomenclature Montessori Nomenclature Montessori IL CIBO 6-9 anni, scaricabili e stampabili in formato pdf. Ho raggruppato in un unico pacchetto tutte le 350 schede delle nomenclature sul cibo pubblicate finora.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
19 BEVANDE: bibite gassate, birra, caffè, cappuccino, succo di carota, frappé di frutta, tè in bustina, tè verde, vino, latte, succo di mandarino, camomilla, centrifugati di verdure, spremuta di arance, succhi di frutta 100%, acqua frizzante, frullato di frutta, succo di pomodoro, acqua naturale.
26 CARNE: carne bovina, stinco di maiale, bresaola, selvaggina, carni bianche, pollo, costolette, arrosto di manzo, carne suina, wurstel, prosciutto cotto, spezzatino, cotoletta impanata, speck, tacchino, salsicce, salame, roast beef all’inglese, quaglia, carne trita, pancetta, arista di maiale, hamburger, carne di agnello, stufato di coniglio, prosciutto crudo.
21 CEREALI E PANE: mais, frumento, quinoa, riso, fonio, miglio, orzo, sorgo, avena, segale, grano saraceno, triticale, pane in cassetta, chapati, cracker, crostini di pane, pasta di pane, pane arabo, pretzel, grissini, pane azzimo.
17 PRIMI PIATTI: lasagne al forno, pastasciutta, polenta, path thailandese, koshari, minestrone, brodo, zuppa di latte di cocco, zuppa di fagioli, passato di verdure, pasta al pesto, pasta alla panna, tortino di quinoa, risotto, pasta al ragù, pasta al pomodoro, gazpacho.
30 SECONDI PIATTI: cevapcici, escargot, alloco platano fritto, patatine fritte, germogli di soia, carciofi, peperoni arrostiti, insalata russa, parmigiana, manzo Stroganoff, purè di patate, polpette, hamburger vegetale, anelli di totano, sottaceti, patate arrosto, tartara di carne, bobotie, patate lesse, cotoletta alla milanese, seitan, carpaccio, bistecca, caprese, tofu, uovo alla coque, uovo, uovo alla benedettina, omelette, uovo al tegamino.
Nomenclature Montessori Nomenclature Montessori IL CIBO 3-6 anni stampato minuscolo, scaricabili e stampabili in formato pdf. Ho raggruppato in un unico pacchetto tutte le 350 schede delle nomenclature sul cibo pubblicate finora.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo.
Nomenclature Montessori IL CIBO 3-6 anni stampato minuscolo
PDF qui:
Nomenclature Montessori IL CIBO 3-6 anni stampato minuscolo Le 350 schede comprendono:
19 BEVANDE: bibite gassate, birra, caffè, cappuccino, succo di carota, frappé di frutta, tè in bustina, tè verde, vino, latte, succo di mandarino, camomilla, centrifugati di verdure, spremuta di arance, succhi di frutta 100%, acqua frizzante, frullato di frutta, succo di pomodoro, acqua naturale.
26 CARNE: carne bovina, stinco di maiale, bresaola, selvaggina, carni bianche, pollo, costolette, arrosto di manzo, carne suina, wurstel, prosciutto cotto, spezzatino, cotoletta impanata, speck, tacchino, salsicce, salame, roast beef all’inglese, quaglia, carne trita, pancetta, arista di maiale, hamburger, carne di agnello, stufato di coniglio, prosciutto crudo.
21 CEREALI E PANE: mais, frumento, quinoa, riso, fonio, miglio, orzo, sorgo, avena, segale, grano saraceno, triticale, pane in cassetta, chapati, cracker, crostini di pane, pasta di pane, pane arabo, pretzel, grissini, pane azzimo.
17 PRIMI PIATTI: lasagne al forno, pastasciutta, polenta, path thailandese, koshari, minestrone, brodo, zuppa di latte di cocco, zuppa di fagioli, passato di verdure, pasta al pesto, pasta alla panna, tortino di quinoa, risotto, pasta al ragù, pasta al pomodoro, gazpacho.
30 SECONDI PIATTI: cevapcici, escargot, alloco platano fritto, patatine fritte, germogli di soia, carciofi, peperoni arrostiti, insalata russa, parmigiana, manzo Stroganoff, purè di patate, polpette, hamburger vegetale, anelli di totano, sottaceti, patate arrosto, tartara di carne, bobotie, patate lesse, cotoletta alla milanese, seitan, carpaccio, bistecca, caprese, tofu, uovo alla coque, uovo, uovo alla benedettina, omelette, uovo al tegamino.
Nomenclature Montessori IL CIBO 3-6 anni stampato minuscolo
Nomenclature Montessori SECONDI PIATTI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui:
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per i SECONDI PIATTI ho preparato questo elenco:
Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui:
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per SALSE E CONDIMENTI ho preparato questo elenco:
salse chutney
guacamole
hummus
senape
olio d’oliva
passata di pomodoro
salsa tzatziki
maionese
salsa verde
aceto balsamico
aceto
pesto genovese
ketchup
sale da cucina
salsa di soia
Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – SALSE E CONDIMENTI – 3-6 anni
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – SALSE E CONDIMENTI – 6-9 anni
Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI
ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
rilegate. Io ho usato la foratrice per spirali:
Nomenclature Montessori SALSE E CONDIMENTI
Se preferite realizzare il materiale in proprio, questo è il contenuto:
SALSE E CONDIMENTI La salsa può essere una preparazione di cucina o di pasticceria, formata da un legante e da un sapore, di consistenza pastosa, cremosa o semiliquida. Serve ad accompagnare carni, pesci, pasta, verdure, e per dare sapore e condire i piatti. Il nome deriva dal latino salsus, che significa salato, perchè il sale è il condimento base di ogni alimento. Un condimento è una qualsiasi sostanza utilizzata in cucina per insaporire gli alimenti. Per la maggior parte i condimenti sono di origine vegetale, ma possono anche essere di origine animale (ad esempio il brodo di carne) o minerale (ad esempio il sale).
SALSE CHUTNEY E’ una famiglia di salse tipiche della cucina sud asiatica, a base di spezie, verdure e frutta. Servono a condire i piatti a base di carne, riso e le verdure. Possono essere fatte, ad esempio, con mango e zenzero; con mango, cipolla e peperoncini; con cocco e zenzero, con menta e yogurt, ecc…
GUACAMOLE E’ una salsa di origine messicana a base di avocado, che risale al tempo degli Aztechi. Si prepara con avocado, succo di lime, sale e pepe. Il suo nome significa ‘avocado molle’.
HUMMUS E’ una salsa a base di pasta di ceci e pasta di semi di sesamo (tahin), olio di semi, aglio e succo di limone. E’ molto usata in tutti i paesi arabi e nella cucina israeliana.
SENAPE E’ una salsa cremosa che si prepara con il semi polverizzati della pianta della senape, e che serve ad insaporire le carni e a condire le insalate. In Francia e Gran Bretagna è chiamata mostarda. In Giappone è chiamata karashi. Ne esistono di dolci e di molto piccanti.
OLIO D’OLIVA Quello che usiamo per cucinare e condire è più propriamente chiamato extra-vergine. E’ composto per il 99% di grassi e contiene molte vitamine e acidi grassi. Si usa per condire a crudo, per friggere, per conservare gli alimenti.
PASSATA DI POMODORO Anche detta salsa o conserva, è una salsa ottenuta dalla cottura dei pomodori che vengono poi passati con uno strumento che schiaccia la polpa eliminando bucce e semi. Si utilizza per preparare tantissimi sughi diversi, usati soprattutto per la pasta, ma non solo.
SALSA TZATZIKI E’ una salsa molto usata nei Paesi slavi e in Grecia. Si prepara con yogurt di pecora o capra, polpa di cetrioli, aglio, sale e olio d’oliva. Salse simili si usano anche in Iraq e Turchia. E’ un condimento equilibrato e non grasso.
MAIONESE E’ una salsa cremosa, di colore bianco o giallo pallido, formata dall’emulsione di acqua, tuorlo d’uovo e olio. Si aromatizza con succo di limone o aceto e sale. E’ tipica della cucina francese. E’ un alimento molto calorico ed è meglio non abusarne. Contiene molti grassi e proteine. Quella industriale inoltre contiene addensanti e conservanti e ingredienti liofilizzati e non freschi.
SALSA VERDE E’ un condimento a base di prezzemolo, capperi, acciughe e olio d’oliva. E’ un condimento tipico della cucina ligure, usato per accompagnare secondi piatti a base di carne (soprattutto il bollito misto) o di pesce.
ACETO BALSAMICO Tipico di Modena e Reggio Emilia, si presta ad essere usato un po’ su tutto: dall’antipasto al dolce. Si ottiene dalla fermentazione del mosto cotto, che viene poi fatto invecchiare all’interno di speciali botti, le acetaie. L’invecchiamento dura dai 12 anni fino ai 50, per questo si tratta di prodotti molto costosi. L’aceto balsamico a basso prezzo, invece, è in genere fatto con normale aceto di vino con l’aggiunta di caramello, conservanti, coloranti e aromi.
ACETO E’ il liquido acido che si produce nelle bevande alcoliche (vino, sidro, idromele), nel riso, nei malti e nella frutta, grazie all’azione di particolari batteri. Questi batteri trasformano l’alcol in acido acetico. Si usa per condire insalate e pesce e per marinare le carni. Nelle pulizie domestiche, è un ottimo sgrassatore.
PESTO GENOVESE E’ un condimento molto energetico, ricco di grassi di buona qualità e proteine, con pochi carboidrati. E’ tipico della Liguria e si prepara con basilico, pinoli, aglio, sale, parmigiano, pecorino sardo e olio extravergine d’oliva. Si usa per condire la pasta, tradizionalmente le trofie e le trenette.
KETCHUP E’ una salsa agrodolce che, anche se ci fa pensare agli USA, è nata in Malesia. Si prepara con pomodoro passato, zucchero, spezie e aceto. E’ una salsa con pochi grassi, facile da fare in casa e poco elaborata.
SALE DA CUCINA Per gli antichi Romani il sale era molto prezioso, e chiamarono salario la paga che davano ai legionari (e ancora oggi chiamiamo salario la paga dei lavoratori). Il sale contiene sodio, che è un minerale essenziale per il nostro organismo, ma non bisogna abusarne, perchè sia la mancanza di sodio sia l’eccesso provocano danni alla salute. Un adulto non dovrebbe assumere più di 6 grammi di sale al giorno.
SALSA DI SOIA Chiamata shoyu in cinese, è una salsa fermentata che si ottiene con soia, grano tostato, acqua, sale e koji (un fungo). E’ ricca di antiossidanti e molto saporita, pur non essendo grassa. Non bisogna però abusarne perchè contiene molto sale.
Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per PESCE E CROSTACEI ho preparato questo elenco:
acciughe
anguilla
aringa
frittura di pesce
caviale
vongole
cozze
triglie
pesce impanato
polpi
seppie
bastoncini di pesce
aragosta
gamberoni
granchio
orata
ostrica
salmone
trota
pesce azzurro
sgombro in scatola
tonno in scatola
Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PESCE E CROSTACEI – 3-6 anni
Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PESCE E CROSTACEI – 6-9 anni
LIBRETTO PER LE NOMENCLATURE 6-9 anni PESCE E CROSTACEI
Nomenclature Montessori PESCE E CROSTACEI ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
Nomenclature Montessori PASTA disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori PASTA
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per la PASTA ho preparato questo elenco:
ravioli al vapore
farfalle
gnocchi di patata
timballo
fusilli
mafaldine
cellentani
chifferi rigati
pipe
orecchiette
tagliatelle
ravioli
pasta integrale
penne lisce
soba di grano saraceno
spaghetti di riso
spaetzle
spaghetti
maccheroni
ditalini
tortellini
Nomenclature Montessori PASTA
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – PASTA – 3-6 anni
Nomenclature Montessori PASTA NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – PASTA – 6-9 anni
Nomenclature Montessori PASTA ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
Nomenclature Montessori ORTAGGI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori ORTAGGI
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per gli ORTAGGI ho preparato questo elenco:
asparagi
broccoli
verza
cavolo cappuccio
cavolfiore
carota
cassava
spinaci
cetriolo
melanzana
finocchio
cavolfiore romanesco
fagiolini
porri
lattuga cappuccina
lattuga gentile
carciofi
ortaggi
cipolla
pastinaca
peperoni
patata
rapanelli
cavolo rosso
rucola
sedano
zucca
pomodori
peperoncini
radicchio rosso
zucchine
Nomenclature Montessori ORTAGGI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – ORTAGGI – 3-6 anni
Nomenclature Montessori ORTAGGI NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – ORTAGGI – 6-9 anni
Nomenclature Montessori ORTAGGI ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
Nomenclature Montessori I LEGUMI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili gratuitamente in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori I LEGUMI
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per I LEGUMI ho preparato questo elenco:
carruba
ceci
fagioli
lenticchie
piselli
soia
Nomenclature Montessori I LEGUMI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – I LEGUMI – 3-6 anni
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – I LEGUMI – 6-9 anni
Nomenclature Montessori I LEGUMI ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per la FRUTTA FRESCA ho preparato questo elenco:
albicocca
avocado
banana
fragole
ribes nero
pompelmo
melograno
mela
nespola
pesca nettarina
more
mirtilli
melone
mango
litchi
lime
limone
lampone
kiwi
cachi
prugne
uva
frutti di bosco
frutta
arancia
agrumi
pera
anguria
fichi d’India
fico
ciliegia
ribes rosso
noce di cocco
mandarino
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – FRUTTA FRESCA – 3-6 anni
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – FRUTTA FRESCA – 6-9 anni
Nomenclature Montessori FRUTTA FRESCA
ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
Nomenclature Montessori FRUTTA SECCA E SEMI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 3-6 sono formate da: – illustrazione con titolo – illustrazione – titolo. Le carte delle nomenclature in tre parti per la fascia d’età 6-9 sono formate da: – illustrazione – titolo – testo descrittivo e sono accompagnate da un libretto con gli stessi contenuti delle carte, che può essere arricchito dal bambino ed essere usato per approfondire attraverso il lavoro di ricerca. Per saperne di più puoi leggere qui: nomenclature per la scuola primaria.
Nomenclature Montessori FRUTTA SECCA E SEMI
Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per FRUTTA SECCA E SEMI ho preparato questo elenco:
noci
semi di zucca
pistacchi
pinoli
arachidi
mandorle
nocciole
semi di girasole
datteri
uvetta
frutta secca
caldarroste
castagne
anacardi
Nomenclature Montessori FRUTTA SECCA E SEMI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI – FRUTTA SECCA E SEMI – 3-6 anni
Nomenclature Montessori FRUTTA SECCA E SEMI
NOMENCLATURE IN TRE PARTI e LIBRETTO – FRUTTA SECCA E SEMI – 6-9 anni
Nomenclature Montessori FRUTTA SECCA E SEMI
ISTRUZIONI
La mia stampante è in bianco e nero, ma consiglio di stampare a colori. Per il libretto ritagliate le pagine seguendo i tratteggi:
piegate ogni striscia così, per ottenere pagine stampate fronte/retro:
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture per la scuola primaria.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture La circolazione
La circolazione del sangue provvede a distribuire a tutte le cellule del corpo la parte del cibo assorbita dai villi intestinali (chilo). Il sangue circola continuamente in un sistema chiuso di vasi elastici che fanno capo ad un organo centrale: il cuore. I vasi sanguigni sono le arterie, le vene ed i capillari. Il sangue è un tessuto composto di una sostanza liquida, il plasma, nella quale stanno immersi piccolissimi corpuscoli: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. I globuli rossi, a forma di dischetti, contengono l’emoglobina, una sostanza che ha la proprietà di combinarsi con l’ossigeno. I globuli bianchi ci difendono dalle malattie perchè distruggono i germi nocivi. Le piastrine contengono una sostanza che permette al sangue di coagularsi in caso di ferite. Il cuore, che è costituito da una massa muscolare chiamata miocardi, è un organo cavo, grosso come il pugno di una mano, ed è posto nella gabbia toracica, tra i due polmoni. Esso ha la forma di un cono con la punta rivolta verso il basso e a sinistra; è diviso in quattro cavità: due orecchiette in alto e due ventricoli in basso. Le arterie sono i vasi che portano il sangue dal cuore alla periferia, ossia a tutte le parti del corpo. In esse scorre sangue rosso, puro, ricco cioè di ossigeno. Le vene sono i vasi che riportano il sangue dalla periferia, cioè da tutte le parti del corpo, fino al cuore. In esse scorre sangue scuro, impuro, carico di anidride carbonica. I capillari sono vasi piccolissimi e con pareti sottilissime i quali, proprio come dei ponti, mettono in comunicazione le arterie con le vene e favoriscono gli scambi dei gas e del materiale nutritivo fra le cellule e il sangue. Quando il ventricolo sinistro del cuore si contrae, il sangue viene spinto in una grossa arteria chiamata aorta, la quale si ramifica in arterie sempre più piccole fino a divenire sottilissimi vasi capillari. In questo giro il sangue, di un colore rosso vivo, distribuisce a tutti gli organi le sostanze nutritive e l’ossigeno, indispensabili alla vita delle cellule, e si carica di rifiuti e di anidride carbonica. Perde così il suo colore rosso vivo e diviene scuro. Ripartendo dai capillari, il torrente sanguigno si raccoglie in canali sempre più grossi, le vene, che lo riportano all’orecchietta destra del cuore e quindi al ventricolo destro. Dal ventricolo destro il sangue passa nei polmoni, dove si libera dell’anidride carbonica e si carica nuovamente di ossigeno. Poi ritorna all’orecchietta e al ventricolo di sinistra per iniziare velocissimo il suo nuovo viaggio, che durerà soltanto pochi secondi. La circolazione del sangue nel corpo dell’uomo (e di molti animali) si dice doppia e completa. Essa è doppia perchè il sangue passa due volte attraverso il cuore, e completa perchè il sangue arterioso non si mescola mai con quello venoso.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture Costituzione del sangue e sua funzione
Il sangue appare come un liquido rosso; è costituito di una sostanza liquida detta plasma, in cui sono contenuti vari elementi in sospensione. Vediamo di analizzare queste parti. Disponendo di un microscopio, si può osservare direttamente. Disinfettiamoci un dito (il mignolo, che si usa meno delle altre dita) e con un ago disinfettato pratichiamo una piccola puntura sul polpastrello, raccogliamo la gocciolina di sangue sul vetrino e facciamo aderire su quello un vetrino copri-oggetto, in modo che la goccia si schiacci e si presenti molto sottile all’osservazione. Vedremo allora tanti dischetti di un colore giallo arancione disposti in pile simili a rotoli di monete. Sono i globuli rossi, cellule a forma di disco con il margine ingrossato, il cui diametro è di 7 micron. In un millimetro cubo ne sono contenuti da 4 a 5 milioni. I globuli rossi si formano nel midollo osseo ed hanno una vita breve, che dura da 40 a 120 giorni; i globuli vecchi vengono distrutti dal fegato e dalla milza.
I globuli rossi contengono una importante sostanza, l’emoglobina, che dà il colore rosso ai globuli.
Se il microscopio fosse potente, colorando con tecniche speciale il sangue, si potrebbero notare altri corpiccioli incolore, i globuli banchi; ne sono contenuti da 6 a 8 mila per millimetro cubico.
Nel sangue sono inoltre presenti le piastrine, corpi piccolissimi che provocano la coagulazione del sangue.
Nel plasma è inoltre contenuta una sostanza detta fibrinogeno.
Procuratevi del sangue animale e riempitene un bicchiere; lasciatelo esposto all’aria per qualche ora. Dopo questo tempo il sangue si è coagulato formando una massa gelatinosa. Che cosa è avvenuto? Il fibrinogeno si è rappreso formando una massa filamentosa di fibrina, in cui si sono impigliati i globuli rossi ed i globuli bianchi. Questa massa si dice coagulo. Se lo lasciate fermo per almeno 24 ore, esso si contrae in una massa rossa sul fondo e sopra compare un liquido giallognolo trasparente, il siero. Quando ci si fa un piccolo taglio, esce una gocciolina di sangue che rapidamente si rapprende: si può infatti vedere il coagulo rosso con un poco di siero sopra. Se non lo tocchiamo si asciuga, lasciando una piccola crosta che impedisce l’uscita di altro sangue; dopo pochi giorni la piccola ferita si è rimarginata. In una famiglia reale europea esisteva una malattia, ereditata per via femminile, che colpiva però soltanto i rappresentanti maschili: l’emofilia. Il sangue di questi individui aveva perduto la capacità di coagularsi e quindi una ferita anche piccola poteva essere mortale, poichè il sangue continuava ad uscire ininterrottamente con pericolo di dissanguamento.
Qual è la funzione del sangue? Perchè circola in tutto il corpo? Il sangue che dai polmoni va al cuore mediante le vene polmonari è ricco di ossigeno (di solito nelle figure colorate che rappresentano la circolazione del sangue è disegnato con un colore rosso vivo); l’ossigeno, portato dall’aria all’interno dei polmoni nella respirazione, è stato catturato dall’emoglobina. Nel suo giro il sangue ossigenato passa quindi nell’atrio sinistro, nel ventricolo sinistro, e viene distribuito a tutto il corpo, per mezzo dell’arteria aorta e dei vasi capillari.
Nel suo lungo cammino attraverso i capillari l’emoglobina cede lentamente l’ossigeno a tutte le cellule e raccoglie da esse l’anidride carbonica. Diventa via via più scuro, ricco di anidride carbonica, si raccoglie nelle vene cave ascendente e discendente, va all’atrio destro, al ventricolo destro (di solito nelle figure questo sangue è colorato di blu) e quindi l’arteria polmonare lo conduce ai polmoni, dove l’emoglobina cede l’anidride carbonica e prende l’ossigeno, ricominciando il ciclo.
Quindi la parte sinistra del cuore ha sempre sangue ricco di ossigeno, mentre la parte destra ha sempre sangue ricco di anidride carbonica, che non possono mescolarsi, per la presenza della parete che separa la parte destra del cuore da quella di sinistra.
La circolazione del sangue nell’uomo e negli animali mammiferi appunto per questo è detta circolazione completa; sarà quindi per quanto abbiamo detto prima, una circolazione doppia e completa. Nel sangue avviene un doppio scambio; nei polmoni esso prende ossigeno e cede all’aria anidride carbonica; nelle cellule esso cede ossigeno e raccoglie anidride carbonica. L’ossigeno viene consumato dalle cellule in una combustione lenta che produce calore. Il corpo dei mammiferi ha perciò la possibilità di mantenere costante la sua temperatura, proprio in virtù di questo calore che continuamente si produce.
Quale sostanza viene bruciata nelle cellule? Vi ricordate che cosa avviene nel cibo ingerito? Mediante la digestione esso viene reso solubile; i villi intestinali lo assorbono e lo cedono al sangue: questa è la sostanza che viene bruciata nelle cellule. In tal modo si capisce qual è l’importante funzione del sangue: porta con sé il combustibile (il cibo ingerito) ed il comburente (l’ossigeno) per distribuirli ad ogni cellula del corpo, porta via i materiali di rifiuto: l’anidride carbonica, che viene eliminata nella respirazione, ed altre sostanze che impareremo a conoscere. I globuli rossi sono importanti, perchè contengono l’emoglobina per il trasporto dell’ossigeno e dell’anidride carbonica.
I globuli bianchi hanno invece una funzione di difesa, poichè sono capaci di uccidere, divorandoli, i germi patogeni delle malattie, entrati per varie vie nell’organismo. Quando una ferita si infetta, ciò avviene per la presenza di germi: i globuli bianchi accorrono numerosi, alcuni vengono uccisi e formano il pus, la sostanza giallastra che dimostra con la sua presenza l’avvenuta lotta fra globuli bianchi e germi. Anticamente, in caso di ferite, gli uomini usavano rimedi… peggiori del male: usavano mettervi sopra sostanze varie, quali ragnatele, che consideravano curative. In quel modo costringevano i globuli bianchi ad un lavoro supplementare per distruggere altri milioni di germi. Ora molti farmaci antibiotici aiutano il corpo umano nella sua difesa.
L’apparato circolatorio è molto importante e quindi va difeso per evitare malattie o altri inconvenienti. Non è bene portare fasce o legacci troppo stretti, soprattutto negli arti, perchè impedirebbero la circolazione del sangue. Se legate strettamente un dito, dopo pochi minuti lo vedrete diventare rosso e poi bluastro; si dice che assume un colore cianotico, perchè il sangue non può circolare e portare l’ossigeno di cui ogni cellula ha continuamente bisogno. Le cellule vengono perciò colpite da asfissia, la quale, se prolungata nel tempo, porta alla cancrena, che è la morte dei tessuti.
Dopo una fatica o uno sforzo intenso il nostro cuore batte più rapidamente, perchè deve mandare più sangue e più ossigeno alle cellule che ne hanno consumato una grande quantità. Uno sforzo prolungato oltre i limiti sopportabili, potrebbe portare gravi inconvenienti: gli atleti devono avere necessariamente un cuore molto robusto.
L’abuso di eccitanti, come il caffè e l’alcool, può provocare danni al cuore; l’alcool ingerito passa immediatamente nel sangue ed entra in circolazione determinandone dei pericolosi squilibri. Il cuore è quindi un organo importantissimo nel sistema circolatorio: il suo battito segna il ritmo della nostra vita; al suo fermarsi, la vita di ferma.
LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA materiale didattico e letture Parla il cuore
Tic tac, tic tac: sono l’orologio della vita! Comincio a battere quando l’uomo comincia a vivere, finisco quando l’uomo muore. Egli sosta dal suo lavoro e riposa, egli si corica e dorme: io non mi arresto mai. Tutti gli altri orologi si fermano qualche volta e vanno a farsi pulire o aggiustare dall’orologiaio: io non mi fermo che una volta sola, e per sempre… Quante volte batto? …Settanta, ottanta volte ogni minuto: quattro o cinquemila volte l’ora. Più di centomila volte in una giornata! (L. Craici e G. Zibordi)
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Nomenclature Montessori LE CARNI disponibili nella versione per bambini dal 3 ai 6 anni, e per bambini dai 6 ai 9, con libretto di accompagnamento, scaricabili e stampabili in formato pdf.
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Per la scelta degli oggetti, ho tenuto conto di quelli che possono essere quelli più conosciuti dai bambini, quelli che possono stimolare ulteriori lavori di ricerca e, per tutte le nomenclature attinenti al cibo, ho anche scelto di inserire prodotti di altre culture. Per le carni ho preparato questo elenco:
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costolette
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carne suina
wurstel
prosciutto cotto
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bibite gassate
birra
caffè
cappuccino
succo di carota
frappé di frutta
tè in bustina
tè verde
vino
latte
succo di mandarino
camomilla
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spremuta di arance
succhi di frutta 100%
acqua frizzante
frullato di frutta
succo di pomodoro
acqua naturale
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krapfen
caramelle
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marzapane
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bignè fritti
bignè ripieni
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frumento,
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miglio,
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sorgo,
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segale,
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I RODITORI dettati ortografici poesie e letture. Una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La lepre e il coniglio
Sono stretti parenti e tutti e due hanno, dietro gli incisivi superiori, altri due piccolissimi denti. La lepre è agile, con le orecchie lunghe; mangia di tutto, foglie, gemme, cortecce d’albero. Perciò, specie d’inverno, quando non trova altro, è assai dannosa ai giovani alberi di cui rode la corteccia. Il coniglio, più piccolo della lepre, vive nelle tane che scava da sé. E’ un animale enormemente prolifico: da una sola coppia, in un anno, possono nascere, con le successive generazioni, oltre mille coniglietti.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La vita dei castori Il castoro è uno dei più grossi roditori; infatti, raggiunge il metro di lunghezza senza la coda e può pesare fino a trenta chilogrammi. Il suo corpo, sostenuto da arti corti e robusti, è tozzo e massiccio; la testa, di forma conica; il collo, molto corto. Ma la caratteristica essenziale del castoro consiste nel suo notevole adattamento alla vita acquatica. Le zampe posteriori di questo animale, palmate come quelle di un’anitra, gli permettono di nuotare rapidamente; la coda, larga, piatta e ricoperta di squame, gli serve per nuotare. Le narici e i condotti auricolari vengono chiusi mediante valvole, quando nuota in immersione; mentre la cavità boccale si chiude dietro gli incisivi quando, in fondo ai fiumi o ai laghi, rode il legno coi denti. In Europa i castori sono quasi scomparsi; se ne trovano ancora in Francia nella valle del Rodano, in Norvegia, in Polonia, in Russia e lungo il corso medio dell’Elba; ma essi abbondano in modo particolare in Canada. I costumi del castoro, il suo meraviglioso istinto, la sua intelligenza, fanno di lui un animale assolutamente unico. Sotto certi aspetti, la sua vita è simile a quella dell’uomo: vive in società, costruisce la sua dimora e accumula provviste.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abili boscaioli I castori del Canada si stabiliscono nelle regioni boscose attraversate da numerosi piccoli corsi d’acqua. Riuniti in gruppi, che variano dai 200 ai 300 individui, essi edificano, anzitutto, una diga sul corso d’acqua attiguo al loro accampamento. La forma della diga dipende dalle condizioni del terreno. Certe dighe sono convesse, altre concave, altre infine a zig-zag. La loro lunghezza può variare da un metro a più di 500 e l’altezza raggiunge uno o due metri. Di volta in volta boscaioli, carpentieri, muratori, i castori abbattono gli alberi necessari per edificare la diga che si propongono di costruire; li rodono a una trentina di centimetri di altezza, in modo da formare un intaglio tutt’intorno, che viene approfondito in forma conica. Se l’albero è vicino alla riva del fiume, lo intaccano più profondamente dalla parte dell’acqua, il che dimostra che essi sanno molto bene dirigerne la caduta. Quando l’albero è sul punto di crollare, essi continuano più lentamente la loro operazione e, appena comincia a inclinarsi, ne aiutano e ne dirigono la caduta con le zampe anteriori. Appena l’albero è caduto in acqua, i castori si tuffano e restano nascosti per qualche attimo, senza dubbio per timore che il rumore del crollo attiri qualche loro nemico. I nemici, d’altra parte, sono segnalati da apposite sentinelle, le quali battono sull’acqua grandi colpi di coda. Una volta abbattuto l’albero, il castoro lo trasporta ai piedi della diga, lasciandolo galleggiare e trascinandolo. Per trasportare gli alberi, abbattuti lontano dal luogo in cui deve sorgere la diga, essi scavano canali artificiali lunghi anche parecchie centinaia di metri, in modo da poter sfruttare la corrente dell’acqua. Quando il tronco è stato in tal modo trasportato vicino al punto in cui deve essere costruita la diga, il castoro se ne impossessa definitivamente, ne aggiusta un’estremità sotto il collo e lo spinge avanti, fin là dove deve essere trascinato sott’acqua. Generalmente i castori fanno andare a fondo il legname per le costruzioni lasciando che si inzuppi e si impregni d’acqua, ma talvolta lo trascinano essi stessi, nuotando in immersione, e lo ormeggiano sott’acqua.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Abilissimi ingegneri Quando il materiale è pronto, gli animali si mettono all’opera. Sul fondo del fiume essi piantano dei pioli alti un metro e mezzo o due e li allineano gli uni accanto agli altri; in compenso li rendono stabili con grosse pietre. Successivamente li collegano gli uni agli altri con rami flessibili e saldano il tutto con fango mescolato a foglie morte. Essi lavorano il fango soprattutto con l’aiuto delle zampe anteriori, che hanno l’agilità delle mani; contrariamente a quanto si crede, la coda non serve loro da cazzuola. Una diga terminata ha uno spessore di 3-4 metri alla base e di metri 0,60 nella parte superiore. La parete a monte è inclinata di circa 45 gradi; quella a valle è verticale. E’ questa la disposizione migliore per resistere alla pressione dell’acqua, che si esercita così su una superficie in pendenza. In certi casi i castori spingono ancora più oltre la loro scienza innata sulla resistenza dei materiali. Infatti se il corso d’acqua è lento, essi costruiscono generalmente una diga rettilinea, perpendicolare alle due rive; se è rapido e torrentizio, costruiscono una diga ricurva, in modo che la sua convessità sia rivolta a monte. Così essa resiste meglio alla corrente, che potrebbe travolgerla se fosse dritta. La costruzione delle dighe comincia durante l’estate, quando le acque hanno il livello più basso, e si protrae fino ai primi freddi. Inoltre i castori, in caso di necessità, sanno scavare canali di scarico per i bacini. Nel lavoro, che essi svolgono di comune accordo, i castori hanno a volte delle iniziative stupefacenti, che dimostrano in questi roditori l’esistenza di un’intelligenza e di una notevole capacità di intesa e di collaborazione. Si è scoperto, per esempio, un canale costruito dai castori che scorreva su terreni a diverse altezze: il suo corso era stato sbarrato da tre dighe, una per ogni dislivello del terreno. La prima parte di tale canale era alimentata dall’acqua di uno stagno, le altre dalle acque scorrenti che le dighe, prolungandosi ben oltre le due sponde, riuscivano a raccogliere. Era in atto qui un sistema di chiuse simili a quelle realizzate dall’uomo come ingegnoso mezzo destinato a raccogliere le acque sparse.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Una casa per ogni famiglia Una volta costruita la diga, i castori si separano in coppie e ciascuna di esse si costruisce una capanna o sulle piccole isole degli stagni formati dalle dighe, o sugli argini. Le capanne sono fatte di rami intrecciati, di pietre e di ghiaia e tutto viene cementato per mezzo di mota e di foglie morte. Esse misurano da tre a cinque metri di diametro e sono alte un metro me mezzo o due metri. L’ingresso è costituito da un tunnel sommerso, in modo che il castoro è protetto contro gli attacchi dei nemici esterni. In inverno le pareti della capanna gelano,, divenendo solide e impenetrabili anche a un orso che per avventura potesse raggiungerle, quando lo stagno è coperto di ghiaccio. L’interno della capanna è una stanza vasta e confortevole. I castori, nonostante la vita quasi acquatica, non si nutrono di pesci. Durante la bella stagione rodono le radici delle piante d’acqua e soprattutto le radici delle ninfee. La scorza dei grandi alberi o degli alberi di media grossezza, che è troppo dura, non serve loro come cibo, ma in compenso essi rosicchiano con gusto la scorza dei ramoscelli e degli arbusti, che è tenera e nutriente. Per procurarsela, essi abbattono gli alberi come abbiamo visto, e ne staccano i rami. Quando viene l’inverno, il castoro si immerge sotto il ghiaccio che ricopre lo stagno sulle cui rive egli si è stabilito, sceglie tra il mucchio delle provviste accumulate quel ramo che gli sembra più conveniente e lo trasporta nella capanna. Se è un ramo di betulla, ne mangia la seconda scorza e lo strato situato tra la scorza e la parte più interna, mentre utilizza la scorza esterna, ridotta in trucioli, per rifare il giaciglio. Se invece si tratta di un ramo di pioppo, egli rosicchia tutta la scorza, abbandonando il pezzo di legno. Ogni anno, a primavera, la femmina dà alla luce da due a sei piccoli, che nascono ciechi e che la madre allatta per circa un mese. Nel frattempo essa allontana dalla capanna il maschio, il quale deve andare ad abitare in un altro alloggio. I piccoli del castoro acquistano la vista solo verso la fine dell’ottavo giorno; si muovono con difficoltà e non sanno nuotare. A tre mesi essi sono ancora impacciati e restano sott’acqua solo per poco tempo. E’ necessario un certo esercizio, prima che riescano a trattenere la respirazione per qualche minuto. Quando ormai sono diventati adulti, il che avviene verso l’età di due anni, prendono possesso della capanna dei loro genitori i quali se ne costruiscono una nuova. La vita dei castori dura da quindici a venti anni. Il castoro è un animale simpatico, che si lascia facilmente addomesticare. Ma, generalmente, quando viene addomesticato, perde ogni iniziativa e ogni volontà. Per questo, di solito, si mettono a sua disposizione dei cunicoli artificiali, simili a quelli nei quali egli vive in libertà, e un vano largo e ben aerato che può aprirsi sull’esterno per permettere di pulire l’ambiente. Generalmente lo si nutre con scorze, grano e carote. All’inizio egli cerca di trasportare le sue provvigioni in un altro luogo, poi si abitua al nuovo genere di vita e si fissa definitivamente nella sua dimora.
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture Girotondo dei topi Trottano i sorci lungo le pareti del solaio, sono d’umore gaio: è morto il gatto del secondo piano, quel tremendo soriano! L’hanno visto stecchito tenuto per la coda dai ragazzi che l’hanno seppellito in fondo all’orto. Allegri! E’ proprio morto! Erano tutti sotto l’abbaino a guardar giù coi musetti appuntiti e gli occhi che lucevan come spilli. Ora per la soffitta corrono in tondo in tondo e fanno un gran fruscio tra le cartacce vecchie. Son quaderni ingialliti di greco e di latino buoni da rosicchiare: un bel festino! Poi ancora a trottare con le code diritte come stecchi fra i mobili azzoppati, fra le sedie sfondate, gli stracci e i ferrivecchi. Ogni tanto qualcuno si riposa e va a guardare dentro il buco nel muro la sua nidiata di topini rosa. Girano in tondo in tondo nella soffitta oscura. Ah, com’è bello il mondo se non c’è la paura! (Enrico Guastaroba)
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture La trappola La trappola a è lì, alla posta, all’angolo della soffitta: all’uncino di ferro una crosta di pecorino è confitta, e spande oltre il telaio di fili un odore che invita i topi, che nel solaio trascorrono la loro vita. La trascorrono lieti e sereni tra fugaci guizzi di code tra rapidi andirivieni tra i rumori del dente che rode, che rode la buccia ed il chicco, un brano di libro illustrato e ciò che in dispensa o nel ricco ripostiglio hanno rubato. Ora hanno scoperto qualcosa di strano, una scatola a fili che sta ferma nell’ombra, una cosa che manda profumi sottili. V’entra un topo. Ha toccato col muso appena la crosta, che scatta la molla; il portello s’è chiuso con rabbia quasi di gatta. E’ passata tutta la notte sul terrore del prigioniero; ma l’alba s’affaccia alle porte della terra, svelando il mistero. L’uomo piano piano è salito a vedere. Sì, c’era. E vicini alla madre dall’occhio spaurito ha veduto sei topolini: sei topini di rosa ivi nati la notte, in prigione. Anche un gatto li avrebbe, forse, lasciati. Il cacio, all’uncino, era intatto. (Giuseppe Porto)
I RODITORI dettati ortografici poesie e letture. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine, pittura ad acquarello. La storia segue la vita dell’albero dalla primavera al suo nuovo risveglio sul finire dell’inverno; le pitture vengono realizzate dai bambini…
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine Qui in formato ebook:
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
C’era una volta un giovane piccolo albero: era nato in primavera, tra il tepore dell’aria e il canto degli uccelli. Viveva felice: aveva foglie bellissime, e fiori colorati che si trasformavano in grandi frutti dolci e tondi.
Acquarello steineriano – tutorial per l’albero in primavera
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Ma d’un tratto cominciò a sentirsi stanco: era settembre.
I frutti si staccarono, le foglie cominciarono a perdere il loro colore e addirittura, di tanto in tanto, il vento se ne portava via qualcuna.
Venne la pioggia, e poi l’aria fredda: l’albero si sentiva sempre peggio. Non capiva cosa gli stesse succedendo. Nel giro di pochi giorni si trovò spoglio, solo, infreddolito.
Decise di andare per il mondo a cercare tutto quello che aveva perduto.
Acquarello steineriano – Tutorial per l’albero in autunno
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Corse dagli alberi, ma quelli gli risposero: <<Noi le foglie non le perdiamo, non sappiamo cosa dirti. Prova a chiedere a quelli uguali a te!>>
Il giovane albero cercò allora dei rami spogli simili a lui, ma anche loro erano soli e infreddoliti, proprio come lui, e non avevano risposte da dargli.
“Se mai risolverò il mistero, tornerò ad aiutarvi”, pensò, e riprese il suo viaggio.
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Andò dal Vento. <<Io le foglie le porto solo via, è la Pioggia che le fa crescere>>.
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Andò dalla pioggia. <<Le farò crescere solo a suo Tempo>>.
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Andò dal Tempo. <<Io so tante cose>> gli disse <<il Tempo aggiusta tutto. Non ti preoccupare, occorrono solo tanti giorni e tante notti…>>
Acquarello steineriano – Un lavoro sul ciclo delle stagioni e l’albero per arte e immagine
Andò dalla Notte, ma la notte era silenziosa, e l’albero molto stanco…
Sul punto di addormentarsi, vide una fata avvicinarsi a lui. Portava dei piccoli occhiali d’oro sul naso. Lui le raccontò la sua storia, e lei lo capì. Sorrise, si tolse gli occhiali, e glieli diede: <<Sono occhiali magici, con questi potrai guardarti dentro…>>.
E il giovane albero vide… Dentro di lui c’era movimento e musica. Linfa. <<Vedi caro?>> disse la fata <<Le tue foglie ricresceranno: le hai già dentro di te…>>
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto. Una proposta di lavoro sul tema “la fioritura degli alberi a inizio primavera”.
L’esperienza procede rispettando una data sequenza di azioni, che porta il bambino a riflettere sulla condizione dell’albero in questa stagione.
Molto importante è non presentare ai bambini lavori già fatti: vi accorgerete così che proprio chiedendo ai bambini di rispettare una certa sequenza, verrà fuori la personalità di ognuno di loro, e non potranno esserci due alberi uguali, o due verdi uguali, o due marroni uguali ecc…
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto Acquarello steineriano – Materiale occorrente
acquarelli di qualsiasi marca in tubetto o flaconcino (non in pastiglia) nei colori: giallo limone, blu di prussia rosso carminio bianco (facoltativo)
I colori vanno diluiti nei vasetti, in modo che il colore risulti non denso e non carico: diciamo una diluizione abbastanza decisa.
Un pennello a punta piatta largo e con setole di qualsiasi genere, purchè morbide (altrimenti il bambino rischia di graffiare il foglio e noi rischiamo che l’esperienza non venga vissuta come un pieno successo)
una bacinella e un vasetto d’acqua
una spugna che servirà per stendere bene il foglio bagnato sul tavolo, e poi per asciugare il pennello (molto meglio degli straccetti o della carta)
un foglio di carta robusta, meglio se da acquarello (le carte scadenti bagnate possono fare i “pallini”)
Immergere il foglio nella bacinella, quindi stenderlo con cura sul tavolo con l’aiuto della spugna. Bisogna evitare che si formino bolle d’aria, perchè altrimenti la carta rischia di arricciarsi.
Poi si dispone il materiale…
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto Acquarello steineriano – come si fa
Al bambino possiamo dire che stiamo dipingendo un albero fiorito prima, oppure possiamo semplicemente dire che faremo una “pittura” e sarà lui a scoprirlo facendo.
Per prima cosa realizziamo “l’aria profumata di primavera” col rosso carminio molto diluito e il giallo. L’aria profumata è soffice e leggera, allegra…
intensifichiamo il giallo in basso, di modo che poi con poco blu di Prussia otterremo un bel verde giovane, nel quale piantare il seme del nostro albero (rosso carminio)
A partire da questo seme, senza lavare il pennello o prendere altro colore, far scendere le radici verso il basso e il primo abbozzo di tronco verso l’alto.
E’ molto importante non lavare mai il pennello, e non prendere altro rosso: si usa solo il rosso del seme, che si mescola agli altri colori sul foglio.
Il seme nella terra incontra calore, luce e acqua, e così si apre: una parte va verso il basso (le radici), quindi si mette il pennello sul seme e si scende, sempre staccando e senza mai tornare indietro; una parte comincia ad andare verso l’alto (sempre dal seme in su, senza tornare indietro).
Naturalmente mescolandosi rosso blu e giallo si forma il marrone, e non ci saranno due marroni uguali…
Ora possiamo sviluppare l’albero, utilizzando alternativamente rosso, giallo e blu, prendendoli dalle ciotoline quando serve.
Infine lavare benissimo il pennello e con giallo, rosso carminio molto diluito e, se volete, bianco, creare nel profumo di primavera la fioritura dell’albero:
Acquarello steineriano la fioritura degli alberi da frutto
Acquarello steineriano Le pratoline: “Ogni filo d’erba che spunta è una risposta della terra a un raggio di sole…”. Tutorial per realizzare con i bambini una pittura ad acquarello secondo le indicazioni date nella scuola Waldorf.
Acquarello steineriano Le pratoline Colori utilizzati:
giallo limone blu di Prussia giallo oro bianco (se non siete troppo “steineriani”)
Acquarello steineriano Le pratoline Come si fa:
dopo aver predisposto il materiale e bagnato il foglio, cominciare col giallo limone, creando tanti raggi di sole che dall’alto scendono verso il basso incrociandosi tra loro
Col blu di Prussia sentire come la terra risponda coi fili d’erba ai raggi del sole:
continuare questo gioco prendendo altro giallo limone che va dall’alto verso il basso e altro blu di prussia che andando dal basso verso l’alto incontra il giallo.
Quando siamo soddisfatti del nostro prato, fermiamoci ad osservarlo. Sicuramente tra i fili d’erba noteremo dei punti di luce: evidenziamoli con del giallo oro:
Per realizzare le corolle prendiamo un pennello più piccolo, lo bagniamo
e lo usiamo per togliere il colore, così:
poi asciughiamo il pennello sulla spugna, prendiamo altra acqua, e ripetiamo così
Ora, se il bambino è soddisfatto del profumo delle sue pratoline, ci si può fermare così:
Altrimenti, se il bambino lo desidera e se la cosa non viola i vostri principi, potete definire meglio le corolle con del bianco:
Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme : una poesia di Maddalena Peccarisio, illustrata con la tecnica dell’acquarello su foglio bagnato…
Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme Dopo il seme, cosa avviene?
raggia il sole luce d’oro sulla terra e dona vita s’apre il seme, fa radice, lento cresce ed esce in stelo spinge dritto e infin si rizza
gonfia un nodo ed esce in foglia
nel colore nasce il fiore sboccia il frutto dal calore
e dal frutto spunta un seme scende in terra, cerca pace alla luce della luna il risveglio aspetta e tace…
… dopo il seme cosa avviene?
Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme Dopo il seme, cosa avviene?
raggia il sole luce d’oro sulla terra e dona vita s’apre il seme, fa radice,
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lento cresce ed esce in stelo spinge dritto e infin si rizza
gonfia un nodo ed esce in foglia
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nel colore nasce il fiore sboccia il frutto dal calore
e dal frutto spunta un seme
scende in terra, cerca pace alla luce della luna il risveglio aspetta e tace…
… dopo il seme cosa avviene?
Acquarello steineriano poesia illustrata Dal seme al seme
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla
Il racconto
C’era una volta il bruco Raimondo, che pensava solo a mangiare.
E così mangiava: mangiava, mangiava… mangiava sempre.
E mangiando mangiando arrivò ad una pianta di limoni, e pensò che era un buon posto per continuare a mangiare…
Mangiando mangiando si trovò a passare per una bella pianta di arance, e anche quella era un buon posto per continuare a mangiare.
Ma mangia oggi, mangia domani, adesso era proprio stanco…
Si addormentò nel suo bozzolo, e tutto intorno a lui era buio e silenzio… si sentiva solo il dolce battere del suo piccolo cuore.
Che sorpresa al suo risveglio! Era diventato una splendida farfalla…
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Come si fa
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla – Il bruco Raimondo
L’esperienza procede rispettando una data sequenza di azioni, che porta il bambino a sperimentare il colore e la luce, e la formazione dei colori a partire dai colori primari.
Molto importante è non presentare ai bambini lavori già fatti: vi accorgerete così che proprio chiedendo ai bambini di rispettare una certa sequenza, verrà fuori la personalità di ognuno di loro, e non potranno esserci due verdi uguali, o due marroni uguali ecc…
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla – Materiale occorrente
– acquarelli di qualsiasi marca in tubetto o flaconcino (non in pastiglia) nei colori: giallo limone, blu di prussia, rosso vermiglio e blu oltremare. I colori vanno diluiti nei vasetti, in modo che il colore risulti non denso e non carico: diciamo una diluizione abbastanza decisa.
– un pennello a punta piatta largo e con setole di qualsiasi genere, purché morbide (altrimenti il bambino rischia di graffiare il foglio e noi rischiamo che l’esperienza non venga vissuta come un pieno successo)
– una bacinella e un vasetto d’acqua
– una spugna che servirà per stendere bene il foglio bagnato sul tavolo, e poi per asciugare il pennello (molto meglio degli straccetti o della carta)
– un foglio di carta robusta, meglio se da acquarello (le carte scadenti bagnate possono fare i “pallini”)
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla – Come si fa
Immergere il foglio nella bacinella, quindi stenderlo con cura sul tavolo con l’aiuto della spugna.
Bisogna evitare che si formino bolle d’aria, perchè altrimenti la carta rischia di arricciarsi.
Poi si dispone il materiale, se volete così:
E’ il modo migliore per evitare incidenti.
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Pagina 1 – Copertina
Preparate per i bambini solo giallo limone e rosso vermiglio.
Creiamo col rosso una cornice che chiude al suo interno un grande spazio vuoto:
Nello spazio vuoto facciamo entrare il giallo limone:
A partire dal centro verso la periferia, facciamo espandere il giallo sul foglio:
E lasciamo che i due colori giochino insieme per far nascere l’arancione:
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Pagina 2 – I limoni
Preparate per i bambini blu di Prussia e giallo limone.
Prepariamo col blu tante piccole tane tonde per un colore nuovo che sta per arrivare:
Eccolo: è il giallo limone:
Dopo aver riempito ognuno la propria tana, i gialli vanno a giocare col blu, e intorno ai limoni nasce il verde:
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Pagina 3 – le arance
Preparate per i bambini blu di Prussia, giallo limone e rosso vermiglio.
Come per i limoni, prepariamo tante tane bianche:
per far stare ben comodo il giallo limone:
Poi il giallo limone gioca col blu per far nascere il verde:
e infine il rosso va a giocare nelle tane del giallo:
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Pagina 4 – Il bozzolo
Servono blu di Prussia, giallo limone e rosso vermiglio.
Creiamo una tana piccola piccola al centro del foglio, col blu di Prussia tutto intorno, come un uovo:
fuori dall’uovo c’è una bella luce (giallo limone):
e il blu ci gioca un po’ (nasce il verde):
Il rosso vermiglio, il calore della vita, prende il suo posticino nella tana, e intorno a lui è tutto molto silenzioso e calmo:
Acquarello steineriano lavoro sulla metamorfosi della farfalla Pagina 5 – La farfalla
Linee del tempo per la comparsa dei viventi tutorial: con strisce di carta colorata. Le linee del tempo possono essere usate durante la narrazione della seconda fiaba cosmica, o per lo studio. I tutorial e le tabelle che seguono servono a realizzare linee del tempo per la comparsa dei viventi sulla Terra (dall’Adeano al Cenozoico) lunghe 1,8 metri, 4,6 metri, 9,24 metri o 60 metri. Possono essere preparate dai bambini.
ma soprattutto i bambini più piccoli possono trovare difficile fare il collegamento tra durata delle ere e quadrante. Un sistema di visualizzazione più efficace è quello di costuire un nastro (o una corda) del tempo utilizzando le proporzioni ere/ore per dividerlo. Ne ricaveremo una striscia lunga 60 metri.
Questo grafico mostra la stessa scala presentata nell’orologio delle ere:
Potete realizzare questa linea del tempo utilizzando del nastro, oppure incollando tra loro strisce di carta colorata, come ho fatto io:
Linee del tempo di carta per la comparsa dei viventi Corda del tempo lunga 9,24 metri
La scala è 1 cm = 5 milioni di anni. La linea del tempo comincia 4.600.000.000 di anni fa.
In questa tabella trovate le indicazioni di lunghezza e colore per ogni era geologica:
Linee del tempo di carta per la comparsa dei viventi Linea del tempo lunga 4,6 metri
Scala: 1 cm = 10 milioni anni.
In questa tabella trovate le indicazioni di lunghezza e colore per ogni era geologica:
Linee del tempo di carta per la comparsa dei viventi Corda del tempo lunga 4,6 metri
Questa linea del tempo è simile alla precedente, ma più dettagliata. Questa è la tabella con le indicazioni di lunghezza e colore per ogni era geologica:
Linee del tempo di carta per la comparsa dei viventi Corda del tempo lunga 1,771 m + 14 m facoltativi per il Precambriano
Scala: 1 miliardo di anni = 3 m 100 milioni di anni = 30 cm 10 milioni di anni = 3 cm 1 milione di anni = 3 mm
Seguire la seguente tabella:
Linee del tempo di carta per la comparsa dei viventi
MODELLI DI SISTEMA SOLARE possono essere realizzati dai bambini in modo semplice e abbastanza preciso. L’attività può essere proposta dopo la prima fiaba cosmica montessoriana,
o per avviare lo studio dell’Astonomia. Possiamo considerare separatamente: – la dimensione dei pianeti – la distanza tra i pianeti.
In seguito possiamo unire in un unico modello la corretta dimensione di ogni pianeta e la corretta distanza tra ognuno di essi, sperimentando che questo lavoro richiede davvero grandi spazi, anche riducendo al minimo possibile la grandezza dei corpi celesti.
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Dimensione dei pianeti
Per prima cosa stabiliamo la scala. Io, considerando che non desideravo il pianeta più piccolo (Plutone) di misure inferiori ai millimetri, ho scelto questa:
Per il Sole, che ha un diametro di 140 cm, ho ritagliato e appeso alla parete un cerchio giallo. Per i pianeti ho preparato la pasta di sale, miscelando due parti di farina bianca con una parte di sale fino, ed aggiungendo all’impasto colla vinilica e acqua:
Per i pianeti più grandi ho preparato una pallina di carta:
rivestita poi di carta stagnola:
controlliamo che il diametro della palla sia inferiore di qualche centimetro rispetto alla misura che vogliamo ottenere:
e rivestiamo con la pasta di sale:
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Nota: utilizzando questa scala i bambini sperimentano praticamente le relazioni di grandezza che intercorrono tra i pianeti del sistema solare ed il sole, ma se poi volessimo posizionare correttamente nello spazio i nostri pianeti, ci occorrerà organizzare una passeggiata di circa 6 km (perchè dopo aver posizionato il sole come punto di partenza, il pianeta più distante da esso, Plutone, si troverà a 5900 metri. Se vogliamo considerare anche Eris, arriviamo invece a 10 km):
Io trovo che una passeggiata di 6 km sia del tutto fattibile coi bambini più grandi, e che possa lasciare una forte impressione in loro sulle grandezze dell’Universo, e su quanto sia piccola la Terra. Troverete in seguito, comunque, un progetto che prevede un percorso dal Sole a Plutone della lunghezza di poco meno di un chilometro, utilizzando “pianeti” più piccoli.
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Distanza tra i pianeti
Consideriamo di voler sperimentare con i bambini le distanze che intercorrono tra i pianeti del sistema solare, senza riprodurre in scala le rispettive dimensioni, ma rappresentandoli come punti.
Per farlo ci servirà: – righello e metro – una striscia di carta lunga 4 metri formata incollando tra loro vari fogli A4 tagliati a metà nel senso della lunghezza – pennarello nero e rosso.
Utilizziamo questa scala, ottenuta moltiplicando per 10 le unità astronomiche:
E procediamo indicando per prima cosa il Sole, disegnando un punto rosso. Indichiamo poi il punto con una freccia verticale e scriviamo il nome del pianeta, e proseguiamo così fino a Plutone.
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Dimensione e distanza tra i pianeti
Come i bambini avranno appurato con gli esercizi precedenti, è molto difficile creare un modello di piccole dimensioni che rappresenti tutti i pianeti, anche i più lontani, rispettando sia le dimensioni di ogni pianeta, sia la loro distanza dal Sole. Il modo migliore di farlo è quello di uscire all’aperto per un esercizio – passeggiata. Per i pianeti in scala possiamo usare: SOLE: una palla (diametro 22 cm) MERCURIO: una capocchia di spillo (diametro o,8 mm) VENERE: un granello di pepe (diametro 1,9 mm) TERRA: un granello di pepe (diametro 2 mm) MARTE: una capocchia di spillo (diametro 1,1 mm) GIOVE: una castagna o una noce (diametro 2,3 cm) SATURNO: una nocciola o una ghianda (diametro 1,9 cm) URANO: un chicco di caffè (diametro 8,1 mm) NETTUNO: un chicco di caffè (diametro 7,8 mm) PLUTONE una capocchia di spillo (diametro 0,4 mm o meno, perchè è il pianeta più piccolo).
Mettendo ogni oggetto su un pezzo di carta colorata, sarà più semplice visualizzarli e non perderli. Si può anche pensare di etichettare ognuno col nome del pianeta corrispondente.
Mettiamo tutti i “Pianeti” su di un tavolo, e ricordiamo coi bambini i loro nomi nell’ordine: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone. Spesso le immagini del Sistema Solare mostrano i pianeti più o meno equidistanti tra loro, come sono ora sul tavolo, ma in realtà gli intervalli sono molto diseguali. Possiamo osservare che le distanze aumentano sempre di più, ma non seguendo una progressione aritmetica. I primi tre pianeti non sono abbastanza vicini tra loro, poi le distanze si fanno sempre più importanti.
Dopo aver definito gli oggetti chiediamo ai bambini: “Secondo voi quanto spazio ci serve per posizionare i pianeti rispettando le giuste distanze dal Sole?”. I più piccoli potranno pensare che sia sufficiente il tavolo, i più grandi forse diranno che occorrerà occupare tutta la stanza, oppure il corridoio. Per arrivare alla risposta, dobbiamo introdurre il concetto di scala. Indichiamo la Terra: “Questo granello di pepe è il pianeta su cui viviamo, che misura in realtà quasi 13.000 chilometri, mentre il granello di pepe misura soltanto 2 millimetri. Nel nostro modello un cm rappresenta circa 6.000 chilometri. Questo significa che un metro equivale a 6 milioni di chilometri.
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Consideriamo di camminare, e di fare un passo: ogni passo è un lunghissimo viaggio spaziale. Ogni metro contiene tre passi, ed è uguale a un viaggio spaziale di 6 milioni di chilometri. La distanza dal Sole alla Terra è di circa 1.400.000 chilometri, che nel modello significa 24 metri, cioè 72 passi. Proviamo.
In questo modo i bambini si renderanno conto che la stanza non è sufficiente, e che occorre uscire all’aperto.
MODELLI DI SISTEMA SOLARE
Distribuiamo i pianeti tra i bambini, ed affidiamo ad ognuno una tabella dei passi da percorrere tra un pianeta e l’altro, e usciamo. Anche se la cosa migliore sarebbe poter seguire un percorso rettilineo, non è indispensabile, e per facilitare il rientro possiamo anche pensare di riavvicinarci alla partenza, magari non proprio ritornando sui nostri passi, invertendo la direzione a circa metà percorso (dopo essere arrivati ad Urano).
Dopo aver contato insieme i passi che separano i primi pianeti, possiamo nominare degli “astronauti” incaricati a rotazione di contare i passi, così gli altri sono liberi di chiacchierare tra loro durante la passeggiata e di osservare ciò che si incontra (alberi, paesaggio, oppure strade, palazzi, ecc…). I bambini più grandi possono anche prendere appunti per realizzare poi una mappa, oppure disegnarla al momento.
Arrivati a Plutone, se abbiamo seguito un percorso più o meno rettilineo, possiamo pensare di ricontare alla rovescia per tornare al punto di partenza, e avviare una piccola “caccia al tesoro” per ritrovare uno ad uno i nostri pianeti. Se vogliamo farlo, consideriamo che sarà necessario mettere dei segnali sui piccoli oggetti, altrimenti sarà molto difficile ritrovare gli spilli! C’è poi la possibilità che tornando alla palla, qualche passante se ne sia già appropriato prima di noi…
La nostra passeggiata scientifica, di circa un chilometro, darà ai bambini l’idea di vuoto, perchè i pianeti sono molto distanti tra loro, e stimolerà lo studio dell’Astronomia per tutto il periodo successivo.
Il primo giorno di scuola, i bambini ascoltano la fiaba cosmica che è la base della grande lezione sulle origini dell’Universo. Come già anticipato qui,
il complesso svolgersi della grande lezione prosegue con dimostrazioni, ricerche, esperimenti, attività artistiche e manuali, toccando nel corso degli anni varie materie ed argomenti di studio: Astronomia, Meteorologia, Chimica, Fisica, Geologia, Geografia. Tutto il piano è inquadrato nella grande cornice dell’Educazione Cosmica.
Questo articolo contiene:
– narrazione breve della prima fiaba cosmica; – prima versione della grande lezione Montessori: questa versione si basa sul testo originale rielaborato in chiave laica, con l’aggiunta di indicazioni per la presentazione, le carte delle immagini (scaricabili in pdf) e le indicazioni per le dimostrazioni scientifiche che accompagnano la narrazione; – Il Dio senza mani: testo della fiaba cosmica originale di Maria Montessori; – terza versione della grande lezione Montessori: questa versione è più estesa e contiene dimostrazioni, esperimenti scientifici e riferimenti alla chimica ed alla fisica. Include la tavola periodica degli elementi (in versione illustrata e semplificata) e numerose immagini dell’Universo; – testo per recita sulla nascita dell’Universo, con indicazioni per vari lavori artistici e manuali di accompagnamento;
La prima grande lezione Montessori – Spunti di lavoro per i giorni seguenti: – ricerca: lezione esempio per avviare il lavoro di ricerca e set di carte questionario per le ricerche; – lezioni chiave: materiali pronti e links per ogni argomento (20 argomenti) – carte tematiche: – 11 set di carte tematiche in tre parti per il linguaggio; – vari set di carte guida per esperimenti scientifici legati alla prima grande lezione; – vari set di carte guida per lavori artistici e manuali legati alla prima grande lezione;
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo
NARRAZIONE BREVE DELLA PRIMA FIABA COSMICA
All’inizio della storia dell’Universo, nella notte dei secoli, c’era solo il nulla, il buio cosmico totale. Un buio immenso e assoluto, senza possibilità di luce. In questo immenso buio apparve un puntino. Era un puntino di luce, pieno di energia e di calore. Il calore si manifestò così potente, che le sostanze che noi ora conosciamo come oro, ferro, roccia, acqua, ecc… erano inconsistenti come l’aria, erano gas.
In questo calore, in questa luce, c’era tutto e c’era niente: era una nube di luce e calore e intorno c’era lo spazio vuoto e freddo, il freddo cosmico inconcepibile. Questa nube di luce e calore cominciò a muoversi nello spazio, espandendosi, e nell’espandersi lasciava cadere piccole gocce di luce. Quelle gocce formarono le stelle. Le gocce, vagando nello spazio in forma ordinata e compatta, crearono una spirale che era in movimento perpetuo e in espansione. C’era, e c’è ancora, la lotta tra la forza d’attrazione e la forza d’espansione, che ha creato l’equilibrio perfetto. Una delle tante gocce di luce sparse nell’Universo è il nostro sole. I corpi celesti che ruotano incessantemente intorno al sole, sono tenuti insieme dalla forza di attrazione gravitazionale. La Terra, il nostro pianeta, fa parte del sistema solare, ed era anch’essa una goccia di luce piccolissima, migliaia di volte più piccola del sole. La Terra ruota intorno al sole e muovendosi gira su se stessa ad una velocità sempre uguale.
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo
Prima versione
Questa è una versione modificata della fiaba originale di Maria Montessori “Il Dio senza mani”, la prima grande storia raccontata ai bambini della sua scuola elementare. Conserva il linguaggio originale, ma adattando i termini ed i riferimenti alla religione cattolica con altre di respiro più ampio, dando al racconto un tono laico.
La prima grande lezione Montessori – Materiale:
– Disponete su un tappeto i seguenti oggetti, in questo ordine:
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 1 (forza di attrazione) contenente: una ciotolina di pezzetti di carta o coriandoli, una brocca piena d’acqua e una ciotola che presenti una superficie ampia
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 2 (modello di liquidi) contenente: un vaso trasparente e una ciotola di perle o biglie
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 3 (stati della materia e calore) contenente: 3 piatti di metallo, una fonte di calore, ghiaccio, filo di stagno per saldature, un oggetto di ferro (ad esempio un chiodo)
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 4 (il peso dei liquidi) contenente: un bicchiere trasparente riempito con acqua colorata di blu, una ciotola di miele e una d’olio e una brocca o un bicchiere più grande per mescolarli
un vulcano, coperto molto bene con un panno nero, già riempito con bicarbonato di sodio e colorante in polvere rosso, e una brocca piena di aceto mescolato ad un po’ di sapone per piatti. (vedi tutorial qui: vulcano in eruzione)
– Carte illustrate da tenere a portata di mano su di un vassoio, o da inserire secondo lo schema della narrazione tra gli oggetti messi sul tappeto, voltate, da mostrare durante la narrazione.
Immagine che mostra la differenza di dimensioni tra Sole e Terra
Immagine della danza degli elementi
Immagine della Terra formata da vulcani e nubi
Immagine della Terra formata da vulcani ed acqua
La prima grande lezione Montessori – il set completo qui:
La prima grande lezione Montessori – Istruzioni per le dimostrazioni
DIMOSTRAZIONE 1 (forza di attrazione): riempire la ciotola con l’acqua, attendere che si fermi, quindi sparpagliare i pezzetti di carta sulla superficie dell’acqua ed osservare
DIMOSTRAZIONE 2 (Modello di liquido): versare le biglie nel vaso e scuoterlo per far scivolare le sfere le une sulle altre e osservare
DIMOSTRAZIONE 3 (Stati della materia e calore): 3 piatti di metallo, una fonte di calore, ghiaccio, filo di stagno per saldature, un oggetto di ferro (ad esempio un chiodo)
DIMOSTRAZIONE 4 (il peso dei liquidi): ho qui 3 liquidi di peso diverso. Verso l’acqua colorata, poi il miele e vedo come scende sul fondo. Verso l’olio e lo vedo galleggiare. Questa è la forza fisica che esercita il peso. Posso agitare questa miscela, e prima della fine della giornata si sarà sistemata di nuovo con la più pesante in basso e il più leggero in alto. I liquidi si distribuiscono a strati in base al loro peso.
La prima grande lezione Montessori La nascita dell’Universo
Molto prima che i nostri antenati abbiano potuto guardare il cielo per la prima volta, prima che l’uomo stesso sia esistito sulla terra, prima che sia esistita la terra, prima che sia esistito il sole, prima che sia esistita la luna, e molto prima che tutte le stelle luminose siano arrivate a brillare nel cielo, ci fu un grande nulla, il vuoto. C’era solo il caos, e le tenebre coprivano questo abisso: un’immensità di spazio, senza inizio e senza fine, indescrivibilmente buio e freddo. Chi può immaginare tutta questa immensità, tutta questa oscurità, tutto questo freddo? Quando noi pensiamo al buio, pensiamo alla notte, ma la nostra notte è luminosa come il sole di mezzogiorno, confrontata a quella prima oscurità. Quando pensiamo al freddo, pensiamo al ghiaccio. Ma il ghiaccio è caldo, se lo confrontiamo col freddo dello spazio che ci separa dalle stelle…
All’improvviso, in questo vuoto incommensurabile di freddo e oscurità, apparve per la prima volta la luce: fu qualcosa di simile a una grandissima nube di fuoco, che comprendeva in sé tutte le stelle che sono in cielo. L’intero universo era in quella nuvola, e tra le stelle più piccole, c’era anche il nostro mondo. A dire la verità non si trattava ancora di stelle: nel tempo di cui stiamo parlando esistevano soltanto la luce e il calore. E questo calore era così intenso, che tutte le sostanze che conosciamo – il ferro, l’oro, la terra, le pietre, l’acqua – esistevano come gas ed erano inconsistenti come l’aria. Tutte queste sostanze, tutti i materiali di cui sono composti la terra, e le stelle, e perfino voi ed io, erano fusi insieme in un vasto e fiammeggiante ammasso che aveva una luce ed un calore così intensi, che al confronto il nostro sole sembra un pezzo di ghiaccio.
Questa nube gassosa ardeva nel gelido nulla, troppo grande da immaginare, ma infinitamente più vasto della nube. La massa di fuoco era poco più grande di una goccia d’acqua nell’oceano dello spazio, ma questa goccia conteneva in sé la terra e tutte le stelle. Poiché la nube ardente si muoveva nello spazio, piccole gocce cominciarono a staccarsi da essa, come quando teniamo in mano un bicchiere d’acqua e lo facciamo oscillare, e vediamo che dall’acqua si staccano delle gocce e volano via.
Le innumerevoli schiere di stelle che vediamo brillare nel cielo notturno, sono come queste piccole gocce, ma mentre le gocce d’acqua che si staccano dal bicchiere cadono, le stelle sono in continuo movimento nello spazio e non si incontrano mai. Esse sono a milioni di chilometri l’una dall’altra. Alcune stelle sono così lontane da noi, che la loro luce impiega milioni di anni per raggiungerci.
Sapete quanto velocemente viaggia la luce? (Dare ai bambini il tempo di fare le loro ipotesi.) 100 chilometri all’ora? 200? 1000? No, è molto più veloce. La luce viaggia alla velocità di 300.000 chilometri, ma non all’ora… al secondo! Immaginate quanto è veloce! Viaggiare a 300.000 chilometri al secondo, significa che in un secondo potremmo fare sette volte il giro intorno al mondo. E sapete quanto è grande il mondo? 40.000 chilometri. Se dovessimo guidare a 100 chilometri all’ora, tutto il giorno e tutta la notte, senza mai fermarci, impiegheremmo più di dieci giorni per coprire quella distanza. Eppure la luce la copre sette volte in un secondo. Schiocchi le dita, e la luce ha già fatto sette volte il giro del mondo.
Ora, riuscite ad immaginare quanto lontane possono essere le stelle, se la loro luce impiega un milione di anni per raggiungerci? E pensate che ci sono così tante stelle in cielo, che gli scienziati hanno calcolato che se ognuna fosse un granello di sabbia, e se le mettessimo tutte insieme, il loro numero sarebbe superiore al numero di granelli di sabbia di tutte le spiagge del nostro pianeta messe insieme.
Una di queste stelle, uno di questi granelli di sabbia tra quelle migliaia di miliardi di granelli di sabbia, è il nostro Sole, e una milionesima parte di questo granello è la nostra Terra. Un granello invisibile del nulla.
Ora voi potreste pensare che il sole non è poi così grande, ma considerate che è lontanissimo da noi. La luce del sole impiega circa 8 minuti per raggiungere la terra, e se dovessimo percorrere la distanza dalla terra al sole a 100 chilometri all’ora impiegheremmo circa 106 anni. Così il sole, essendo tanto lontano da noi può apparirci piccolo, mentre in realtà è un milione di volte più grande della terra: è così grande che una delle sue fiamme potrebbe contenere 22 volte la terra. (Mostrare ai bambini la carta 1: differenza di dimensioni tra Sole e Terra).
Quando quella prima forza di calore e di luce si è manifestata, ogni particella contenuta nella nube era troppo piccola per poter diventare materia. Queste piccole particelle erano come il fumo, come il vapore, così l’universo cominciò a dettare le sue leggi. Per la prima legge quando le particelle si raffreddano si devono avvicinare le une alle altre, così da occupare meno spazio.
Le particelle, allora come oggi, obbediscono alle leggi dell’universo, così molto lentamente, un pezzetto alla volta, la nube ardente cominciò a raffreddarsi ed a muoversi più lentamente nello spazio. Le particelle continuarono ad avvicinarsi e ad aggregarsi tra di loro, occupando sempre meno spazio, e pian piano assunsero diversi stati, che l’uomo ha chiamato gassoso, liquido e solido. Tutti sappiamo cosa vuol dire solido, o liquido, o gas: questa differenza dipendeva da quanto le particelle erano riuscite a raffreddarsi e ad avvicinarsi tra loro.
Ma c’erano altre leggi alle quali le particelle obbedivano, e così anche oggi: ognuna di loro provava un amore particolare per alcune particelle, e una fortissima antipatia per alcune altre. Così capitò che alcune si attraevano ed altre si respingevano, proprio come avviene agli esseri umani. Fu così che le particelle formarono gruppi diversi. (DIMOSTRAZIONE 1 sulla forza di attrazione).
Osservate come alcuni pezzi di carta si attraggono, mentre altri si allontanano l’uno dall’altro. E’ proprio in questo modo che le particelle si combinarono tra loro in modo diverso, formando elementi diversi.
Allo stato solido, le particelle si aggrappano così strettamente le une alle altre, che separarle è quasi impossibile. Esse formano un corpo che non modifica la sua forma, a meno che non applichiamo una forza su di esso. Se rompiamo una sostanza solida, i vari pezzi che otteniamo contengono le particelle aggrappate tra loro allo stesso modo in cui lo erano prima. Se ad esempio stacchiamo un frammento da una roccia, sia la roccia sia il frammento saranno di roccia. E questa è la legge che vale per i solidi.
Per i liquidi, l’universo stabilì leggi diverse, che dicono alle loro particelle: “Nei liquidi dovete stare unite, ma non troppo vicine le une alle altre, così sarete libere di muovervi e scorrere, e insieme non avrete una forma fissa. Insieme fluirete e vi diffonderete, riempiendo ogni vuoto, ogni fessura che incontrate nel vostro percorso. E avrete la forza di spingere verso il basso e verso i lati, ma non verso l’alto”. Ecco perché ancora oggi noi possiamo mettere le mani nell’acqua, ma non possiamo metterle nella roccia. (DIMOSTRAZIONE 2: modello di un liquido).
E per i gas, la legge fu questa: “Le vostre particelle non saranno del tutto aggrappate tra loro e potranno sempre muoversi liberamente in tutte le direzioni”.
Le particelle non diventarono sostanze solide liquide o gassose tutte nello stesso momento. A seconda della temperatura, alcuni gruppi di particelle si aggregavano, mentre altre stavano ad aspettare una temperatura più bassa per farlo. (DIMOSTRAZIONE 3: stati della materia e calore)
“Vieni è meraviglioso!” dicevano le particelle le une alle altre. “Se diventiamo calde ci allarghiamo, e ci allarghiamo ancora, diventiamo leggere e voliamo verso l’alto. Se ci raffreddiamo, diventiamo compatte e ci tuffiamo di nuovo giù!” E così facevano: quando si scaldavano salivano verso l’alto come le bollicine nell’acqua minerale, e quando si raffreddavano cadevano come granelli di sabbia che affondano nello stagno, rispondendo alle leggi dell’universo. (Mostrare ai bambini la carta 2: la danza degli elementi)
E grazie alla loro obbedienza, la Terra gradualmente si trasformò da una palla di fuoco, al pianeta che abitiamo. Queste particelle, che sono così piccole che è impossibile vederle o anche solo immaginarle, erano così numerose ed hanno lavorato così bene insieme, che hanno prodotto il mondo. La loro danza è proseguita per centinaia, migliaia, milioni di anni. Infine, le particelle si stabilizzarono, e una dopo l’altra presero riposo. Alcuni gruppi di fermarono allo stato liquido, altri allo stato solido. Quelli che provavano attrazione reciproca si univano a formare nuove sostanze. Le sostanze più pesanti si andarono a depositare vicino al cuore della Terra, e quelle più leggere si misero a galleggiare sopra di esse, come l’olio che galleggia sull’acqua. (DIMOSTRAZIONE 4: il peso dei liquidi)
Sulla loro superficie si formò una sottile pellicola, simile a quella che si forma facendo bollire il latte e lasciandolo poi raffreddare. La Terra, con questa nuova pelle, aveva assunto una forma, però gli elementi che si trovavano al di sotto di essa erano ancora molto caldi, e si sentivano intrappolati. Volevano Uscire. E d’altra parte, cosa altro potevano desiderare? In fondo stavano solo obbedendo, come sempre, alla legge dell’Universo, che aveva stabilito per loro: “Quando vi scalderete, vi espanderete”. Ma sotto la pelle che avvolgeva la Terra, mancava lo spazio per espandersi, e cominciarono a premere e premere, finchè si fecero varco tra eslosioni di immensa potenza, bucando la pellicola esterna. (Vulcano)
L’acqua che si era formata sulla superficie della Terra si trasformò in vapore e cominciò a salire verso l’alto. La massa incandescente che premeva sotto la pellicola superficiale esplose dal centro della terra, trasportando con sé immense nuvole di cenere. Un velo di gas, cenere e minerali avvolse completamente la Terra. Sembrava quasi che il nostro pianeta volesse impedire al Sole di vedere quello che stava combinando. (Mostrare ai bambini la carta 3: vulcani e nubi)
Quando le esplosioni cessarono, tutti gli elementi ripresero pian piano a raffreddarsi. Così i gas divennero liquidi, e i liquidi divennero solidi. La Terra, nel raffreddarsi, era diventata molto più piccola e si era fatta rugosa come una vecchia mela lasciata nella credenza: le pieghe erano le montagne, e i solchi gli oceani. Infatti le rocce, raffreddandosi, precipitarono per prime dalla nube che avvolgeva la terra, mentre l’acqua arrivò dopo, cadendo e riempiendo ogni spazio vuoto che trovava sul suo cammino. Piovve e piovve per lunghissimo tempo, ed è così che si formarono gli Oceani. Sopra all’acqua ed alle rocce rimase sospesa l’aria. La nube scura era scomparsa. (Mostrare ai bambini la carta 4: vulcani e acqua).
Quando la nube scura si dileguò, il sole fu di nuovo in gradi di sorridere alla sua bella figlia, la Terra, e vide rocce, acqua ed aria.
I solidi, i liquidi ed i gas, oggi, come ieri, come milioni di anni fa, obbediscono alle leggi dell’Universo, nello stesso modo. La Terra gira intorno su se stessa e danza intorno al Sole. E oggi, come milioni di anni fa, la Terra e tutti gli elementi ed i composti che la formano, assolvono i loro compiti. Anche se ogni elemento è unico e diverso dall’altro, sono tutti collegati l’uno all’altro, e noi siamo collegati a loro.
Gli elementi, le rocce, gli alberi, l’acqua, l’aria e noi, esseri umani, siamo tutti fatti di stelle, costruiti con quel materiale che si staccò dalla prima grande nube di luce e calore che cominciò a vagare nel gelido vuoto.
Il cosmo è dentro di noi, di noi che eravamo Uno all’alba dell’Universo. E anche noi, come tutto, obbediamo alle sue leggi e svolgiamo in nostro compito, che è quello di essere il mezzo che l’Universo ha di conoscere se stesso.
Guardiamo con umiltà al fiume ed alle nuvole, alle montagne e agli alberi. Guardiamo con gratitudine al cielo, e diciamo: “Grazie. Siamo tutti unici e tutti figli allo stesso modo della terra e del cielo. Siamo tutti simili, tutti rari e preziosi. Grazie”.
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo
Il Dio senza mani – Versione originale
Così come è scritta, la versione originale presenta una netta prospettiva giudaico-cristiana. Se non è la vostra prospettiva, come già detto, o se nel vostro gruppo di bambini convivono studenti provenienti da famiglie atee o Hindu, Shinto, Testimoni di Geova, Musulmane, o di qualsiasi altra fede, a mio parere, si può utilizzare la versione data sopra, o sostituire la parola ‘Dio’ con la parola ‘vita’ o ‘ forza della Vita’, o ‘Legge dell’Universo’, senza nulla togliere alla lezione. Ribadito questo, per noi adulti, può valere la pena conoscere anche questa versione per il suo valore di documento storico. Mario Montessori ha condiviso questa storia, pubblicata nella rivista dell’AMI del dicembre 1958, presentandola come racconto da fare ai bambini, in una sola seduta, entro la prima settimana di arrivo degli studenti nelle classi elementari.
Fin dall’inizio, gli esseri umani erano a conoscenza del’esistenza di Dio. Potevano sentirlo, ma non potevano vederlo, e da sempre si sono chiesti, nelle loro diverse lingue, chi fosse e dove si trovava. Domandavano ai loro saggi: “Chi è Dio?”. E i saggi rispondevano: “E’ il più perfetto degli esseri”. “Ma che aspetto ha? Ha un corpo come noi?”. “No, non ha un corpo. Non ha occhi per vedere, non ha mani per lavorare, non ha piedi per camminare, ma vede e sa tutto, anche i nostri pensieri più segreti”. “E dove sta?” “Sta in cielo e sulla Terra. Egli è ovunque”. “E cosa può fare?” “Ciò che vuole” “Ma cosa ha fatto, effettivamente?”
“Ciò che ha fatto, è tutto ciò che è accaduto. Egli è il Creatore e il Maestro che ha fatto tutto, e tutto ciò che ha fatto obbedisce alla sua volontà. Egli si prende cura di tutti e a tutti provvede, e mantiene la sua creazione in ordine ed armonia. In principio c’era solo Dio. E dal momento che completamente perfetto e completamente felice, non c’era nulla di cui avesse bisogno. Eppure, per sua bontà, decise di creare e di porre in essere tutto ciò che è visibile e tutto ciò che è invisibile. Uno dopo l’altro fece la luce, le stelle, il cielo e la terra, con le sue piante ed i suoi animali. Per ultimo fece l’uomo. L’uomo, come gli animali, è stato fatto con sostanze della terra, ma Dio lo ha reso diverso dagli animali e simile a se stesso, perché gli respirò dentro un’anima immortale”.
A questa risposta, molti pensarono che questo racconto fosse solo una fantasia dei saggi. “Come potrebbe, qualcuno che non ha occhi e non ha mani, fare le cose? Se è uno spiroto che non può essere visto, o toccato, o sentito, come può aver fatto le stelle che brillano in cielo, il mare che è sempre in moto, il sole, le montagne e il vento? Come può uno spirito creare gli uccelli e i pesci e gli alberi, i fiori e il profumo che diffondono intorno a loro? Forse sarebbe stato in grado di fare le cose invisibili, questo si, ma come può aver creato il mondo visibile? Certo, è una bella storia, ma come fanno i saggi a dire che è ovunque e vede dentro di noi? Dicono che è il Maestro a cui tutto e tutti obbediscono, ma perché dovremmo crederci? Se noi che abbiamo le mani non siamo in grado di fare queste cose, come potrebbe esserci riuscito qualcuno che non le ha? E come possiamo credere che gli animali, le piante o i sassi obbediscono a Dio? Gli animali selvatici non fanno quello che si chiede loro, come possono essere obbedienti a Dio? E come possono i venti, il mare, le montagne? Possiamo gridare e urlare e agitare le braccia verso di loro, ma loro non ci possono sentire, non sono vivi e non possono obbedirgli. Dio c’è e basta.” Sembra davvero che Dio ci sia e basta. A noi che abbiamo le mani, ma non possiamo fare le cose che fa lui, può sembrare che ci sia e basta. Ma come vedrete, tutte le cose che esistono, che abbiano vita o meno, e anche se non fanno nulla a parte esserci, obbediscono alla volontà di Dio. Le Creature di Dio non sanno che stanno obbedendo. Alle cose inanimate basta esistere. Ai viventi basta sopravvivere. Eppure ogni volta che un venticello fresco vi accarezza la guancia, se potessimo sentire, sentiremmo la sua voce dire: “Obbedisco al Signore”. Quando il sole sorge al mattino e sparge i suoi colori sul mare cristallino, il sole ed i suoi raggi stanno sussurrando: “Mio Signore, obbedisco”. E quando vediamo un uccello in volo, o la frutta che cade da un albero, o una farfalla in equilibrio su un fiore, gli uccelli e il loro volo, l’albero e il frutto e il suo cadere a terra, la farfalla e il fiore e il suo profumo, tutti ripetono le stesse parole: “Ti sento, mio Signore, e ti obbedisco”.
All’inizio c’era il caos e l’oscurità regnava sull’abisso. Dio disse: “Sia la luce”, e la luce fu. Prima di allora c’era solo uno spazio immenso e profondo, senza inizio e senza fine, indescrivibilmente buio e freddo. Chi può immaginare tutta questa immensità, tutta questa oscurità, tutto questo freddo? Quando noi pensiamo al buio, pensiamo alla notte, ma la nostra notte è luminosa come il sole di mezzogiorno, confrontata a quella prima oscurità. Quando pensiamo al freddo, pensiamo al ghiaccio. Ma il ghiaccio è caldo, se lo confrontiamo col freddo dello spazio che ci separa dalle stelle…
In questo vuoto incommensurabile e oscuro è stata creata la luce. Era qualcosa di simile a una grandissima nube di fuoco, che comprendeva in sé tutte le stelle che sono in cielo.
L’intero universo era in quella nuvola, e tra le stelle più piccole, c’era anche il nostro mondo. A dire la verità non si trattava ancora di stelle: nel tempo di cui stiamo parlando esistevano soltanto la luce e il calore. E questo calore era così intenso, che tutte le sostanze che conosciamo – il ferro, l’oro, la terra, le pietre, l’acqua – esistevano come gas ed erano inconsistenti come l’aria. Tutte queste sostanze, tutti i materiali di cui sono composti la terra, e le stelle, e perfino voi ed io, erano fusi insieme in un vasto e fiammeggiante ammasso che aveva una luce ed un calore così intensi, che al confronto il nostro sole sembra un pezzo di ghiaccio.
Questa nube gassosa ardeva nel gelido nulla, troppo grande da immaginare, ma infinitamente più vasto della nube. La massa di fuoco era poco più grande di una goccia d’acqua nell’oceano dello spazio, ma questa goccia conteneva in sé la terra e tutte le stelle. Poiché la nube ardente si muoveva nello spazio, piccole gocce cominciarono a staccarsi da essa, come quando teniamo in mano un bicchiere d’acqua e lo facciamo oscillare, e vediamo che dall’acqua si staccano delle gocce e volano via.
Le innumerevoli schiere di stelle che vediamo brillare nel cielo notturno, sono come queste piccole gocce, ma mentre le gocce d’acqua che si staccano dal bicchiere cadono, le stelle sono in continuo movimento nello spazio e non si incontrano mai. Esse sono a milioni di chilometri l’una dall’altra. Solo. Alcune stelle sono così lontane da noi, che la loro luce impiega milioni di anni per raggiungerci.
Sapete quanto velocemente viaggia la luce? (dare ai bambini il tempo di fare le loro ipotesi.) 100 chilometri all’ora? 200? 1000? No, molto più veloce. La luce viaggia alla velocità di 300.000 chilometri, ma non all’ora… al secondo! Immaginate quanto è veloce! Viaggiare a 300.000 chilometri al secondo, significa che in un secondo potremmo fare sette volte il giro intorno al mondo. E sapete quanto è grande il mondo? 40.000 chilometri. Se dovessimo guidare a 100 chilometri all’ora, tutto il giorno e tutta la notte, senza mai fermarci, impiegheremmo più di dieci giorni per coprire quella distanza. Eppure la luce la copre sette volte in un secondo. Schiocchi le dita, e la luce ha già fatto sette volte il giro del mondo.
Ora, riuscite ad immaginare quanto lontane possono essere le stelle, se la loro luce impiega un milione di anni per raggiungerci? E pensate che ci sono così tante stelle in cielo, che gli scienziati hanno calcolato che se ognuna fosse un granello di sabbia, e se le mettessimo tutte insieme, il loro numero sarebbe superiore al numero di granelli di sabbia di tutte le spiagge del nostro pianeta messe insieme.
Una di queste stelle, uno di questi granelli di sabbia tra quelle migliaia di miliardi di granelli di sabbia, è il nostro sole, e una milionesima parte di questo granello è la nostra terra. Un granello invisibile del nulla.
Ora voi potreste pensare che il sole non è poi così grande, ma considerate che è lontanissimo da noi. La luce del sole impiega circa 8 minuti per raggiungere la terra, e se dovessimo percorrere la distanza dalla terra al sole a 100 chilometri all’ora impiegheremmo circa 106 anni. Così il sole, essendo tanto lontano da noi può apparirci piccolo, mentre in realtà è un milione di volte più grande della terra: è così grande che una delle sue fiamme potrebbe contenere 22 volte la terra.
Quando la volontà di Dio mise in essere le stelle, non c’era nessun particolare che non avesse già previsto. Ad ogni pezzo di universo, ad ogni granello che potremmo credere troppo piccolo per la materia, è stata data una serie di regole da seguire. Alle piccole particelle che erano come il fumo, come il vapore, che possono essere distinte solo come luce e calore e si muovono a una velocità fantastica, ha detto: “Quando sarete fredde vi avvicinerete tra di voi diventando più piccole”. E così esse, mentre si raffreddavano, si spostavano sempre più lentamente, aggrappandosi le une alle altre in modo sempre più ravvicinato e occupando meno spazio. Le particelle hanno assunto diversi stati che l’uomo ha chiamato stato solido, stato liquido e stato gassoso. Se una cosa fosse un gas o un liquido o un solido, in quel momento dipendeva da quanto caldo o freddo esso fosse.
Poi Dio diede altre istruzioni. Ogni particella provava un amore particolare per alcune particelle, e una fortissima antipatia per alcune altre. Così capitò che alcune si attraevano ed altre si respingevano, proprio come avviene agli esseri umani. Fu così che le particelle formarono gruppi diversi.
In questo modo, dunque, le particelle si combinarono tra loro e si formarono diverse sostanze. Allo stato solido, Dio ha previsto che le particelle si aggrappino così strettamente le une alle altre, che separarle è quasi impossibile. Esse formano un corpo che non modifica la sua forma, a meno che non applichiamo una forza su di esso. Se rompiamo una sostanza solida, i vari pezzi che otteniamo contengono le particelle aggrappate tra loro allo stesso modo in cui lo erano prima. Se ad esempio stacchiamo un frammento da una roccia, sia la roccia sia il frammento saranno di roccia. Invece, ai liquidi Dio disse: “ Voi dovrete stare uniti, ma non troppo vicini, in modo tale che non avrete una forma vostra, ma potrete rotolare una particella sull’altra”.
Per i liquidi, l’universo stabilì leggi diverse, che dicono alle loro particelle: “Nei liquidi dovete stare unite, ma non troppo vicine le une alle altre, così sarete libere di muovervi e scorrere, e insieme non avrete una forma fissa. Insieme fluirete e vi diffonderete, riempiendo ogni vuoto, ogni fessura che incontrate nel vostro percorso. E avrete la forza di spingere verso il basso e verso i lati, ma non verso l’alto”. Ecco perché ancora oggi noi possiamo mettere le mani nell’acqua, ma non possiamo metterle nella roccia. E ai gas Egli disse: “Le vostre particelle non saranno del tutto aggrappate tra loro e potranno sempre muoversi liberamente in tutte le direzioni”.
Ma poiché le particelle erano individui molto diversi tra loro, non diventarono sostanze solide liquide o gassose tutte nello stesso momento. A seconda della temperatura, alcuni gruppi di particelle si aggregavano, mentre altre stavano ad aspettare una temperatura più bassa per farlo.
Mentre le particelle si aggregavano obbedendo alle leggi di Dio, una di quelle gocce che si era staccata dalla nube ardente, e che sarebbe diventata il nostro mondo, cominciò a girare su se stessa e intorno al Sole, nel gelido spazio. Col passare del tempo, sulla superficie esterna di questa massa iniziò una danza, che chiameremo la danza degli elementi: le particelle dello strato più esterno si raffreddavano per prime e diventavano più piccole. Stringendosi insieme si schiacciavano contro lo strato inferiore, che era rimasto molto più caldo, si scaldavano di nuovo, e tornavano ad espandersi verso l’esterno. Come angioletti, portavano fuori dalla terra un secchio di caldo, e tornavano alla terra con un secchio di freddo.
“Vieni è meraviglioso!” dicevano le particelle le une alle altre. “Se diventiamo calde ci allarghiamo, e ci allarghiamo ancora, diventiamo leggere e voliamo verso l’alto. Se ci raffreddiamo, diventiamo compatte e ci tuffiamo di nuovo giù!” E così facevano: quando si scaldavano salivano verso l’alto come le bollicine nell’acqua minerale, e quando si raffreddavano cadevano come granelli di sabbia che affondano nello stagno, rispondendo alle leggi di Dio. E grazie alla loro obbedienza, la Terra gradualmente si trasformò da una palla di fuoco, al pianeta che abitiamo. Queste particelle, che sono così piccole che è impossibile vederle o anche solo immaginarle, erano così numerose ed hanno lavorato così bene insieme, che hanno prodotto il mondo. La loro danza è proseguita per centinaia, migliaia, milioni di anni. Infine, le particelle si stabilizzarono, e una dopo l’altra presero riposo. Alcuni gruppi si fermarono allo stato liquido, altri allo stato solido. Quelli che provavano attrazione reciproca si univano a formare nuove sostanze. Le sostanze più pesanti si andarono a depositare vicino al cuore della Terra, e quelle più leggere si misero a galleggiare sopra di esse, come l’olio che galleggia sull’acqua.
Sulla loro superficie si formò una sottile pellicola, simile a quella che si forma facendo bollire il latte e lasciandolo poi raffreddare. La Terra, con questa nuova pelle, aveva assunto una forma, però gli elementi che si trovavano al di sotto di essa erano ancora molto caldi, e si sentivano intrappolati. Volevano Uscire. E d’altra parte, cosa altro potevano desiderare? In fondo stavano solo obbedendo, come sempre, alla legge divina, che aveva stabilito per loro: “Quando vi scalderete, vi espanderete”. Ma sotto la pelle che avvolgeva la Terra, mancava lo spazio per espandersi, e cominciarono a premere e premere, finchè si fecero varco tra esplosioni di immensa potenza e grandi combattimenti e lotte, bucando la pellicola.
L’acqua che si era formata sulla superficie della Terra si trasformò in vapore e cominciò a salire verso l’alto. La massa incandescente che premeva sotto la pellicola superficiale esplose dal centro della terra, trasportando con sé immense nuvole di cenere.
Un velo di gas, ceneri e minerali avvolse completamente la Terra, in modo che nessuno potesse vedere quali tremende lotte stessero avvenendo al suo interno. Il sole si vergognava di loro!
Alla fine, i combattimenti cessarono. Appena si furono tutti raffreddati, sempre più gas diventarono liquidi e sempre più liquidi diventarono solidi. La Terra, nel raffreddarsi, era diventata molto più piccola e si era fatta rugosa come una vecchia mela lasciata nella credenza: le pieghe erano le montagne, e i solchi gli oceani. Infatti le rocce, raffreddandosi, precipitarono per prime dalla nube che avvolgeva la terra, mentre l’acqua arrivò dopo, cadendo e riempiendo ogni spazio vuoto che trovava sul suo cammino. Piovve e piovve per lunghissimo tempo, ed è così che si formarono gli Oceani. Sopra all’acqua ed alle rocce rimase sospesa l’aria. La nube scura era scomparsa.
Quando la nube scura si dileguò, il sole fu di nuovo in grado di sorridere alla sua bella figlia, la Terra, e vide rocce, acqua ed aria.
I solidi, i liquidi ed i gas, oggi, come ieri, come milioni di anni fa, obbediscono alle leggi di Dio, nello stesso modo. La Terra gira intorno su se stessa e intorno al Sole. E oggi, come milioni di anni fa, la Terra e tutti gli elementi ed i composti che la formano, assolvono i loro compiti e sussurrano con una sola voce: ‘Signore, sia fatta la tua volontà; noi ti obbediamo”.
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo
terza versione
La prima grande lezione Montessori Materiale:
– Disponete su un lungo tappeto i seguenti oggetti, in questo ordine:
un palloncino nero gonfiato e riempito con brillantini o coriandoli, e uno spillo
del ghiaccio su un vassoio
una bella grande candela, e i fiammiferi
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 1 contenente: pezzi di carta in un contenitore (si possono anche raccogliere i coriandoli del palloncino, dopo che è stato scoppiato, come alternativa), una brocca piena d’acqua e una ciotola possibilmente lunga e rettangolare
una ciotola con della sabbia
un mappamondo
un metro
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 2 contenente: un bicchere trasparente riempito con acqua colorata di blu, una ciotola di miele e una d’olio e una brocca o un bicchiere più grande per mescolarli
un vassoio contenente i frammenti grandi e piccoli di un sasso rotto
un vassoio per la DIMOSTRAZIONE 3 contenente: una brocca d’acqua e una ciotola di perle o biglie
uno spray (profumo o deodorante)
un vulcano, coperto molto bene con un panno nero, già riempito con bicarbonato di sodio e colorante in polvere rosso, e una brocca piena di aceto mescolato ad un po’ di sapone per piatti:
– La prima grande lezione Montessori – Carte illustrate da tenere a portata di mano su di un vassoio, o da inserire secondo lo schema della narrazione tra gli oggetti messi sul tappeto, voltate, da mostrare durante la narrazione.
Immagine di un Universo Primordiale 1
Immagine di un Universo Primordiale 2
Immagine di galassie con stelle scintillanti
Tavola periodica degli elementi
Immagine di una Supernova
Immagine della materia che fuoriesce da una Supernova
Immagine del Sole
Immagine che mostra la differenza di dimensioni tra Sole e Terra
Immagine di Protopianeti
Immagine di Pianeti
Immagine del Sole
Immagine del Sistema Solare
Immagine di un vulcano
Immagine della Terra formata da vulcani ed acqua
Una bella immagine della Terra.
La prima grande lezione Montessori il set completo qui:
La prima grande lezione Montessori – Istruzioni per le dimostrazioni
La prima grande lezione Montessori – DIMOSTRAZIONE 1 (forza di attrazione): riempire la ciotola con l’acqua, attendere che si fermi, quindi sparpagliare i pezzetti di carta sulla superficie dell’acqua ed osservare.
La prima grande lezione Montessori – DIMOSTRAZIONE 2 (il peso dei liquidi): ho qui 3 liquidi di peso diverso. Verso l’acqua colorata, poi il miele e vedo come scende sul fondo. Verso l’olio e lo vedo galleggiare. Questa è la forza fisica che esercita il peso. Posso agitare questa miscela, e prima della fine della giornata si sarà sistemata di nuovo con la più pesante in basso e il più leggero in alto. I liquidi si distribuiscono a strati in base al loro peso.
DIMOSTRAZIONE 3 (Modello di liquido): versare le biglie nel vaso e scuoterlo per far scivolare le sfere le une sulle altre e osservare
La prima grande lezione Montessori – Preparazione della stanza
Se ne avete la possibilità, chiedete un aiuto per portare i bambini a fare una passeggiata di una ventina di minuti all’aperto (non gioco libero in giardino), mentre voi vi dedicate alla preparazione del materiale sul tappeto. Potete, per aumentare il senso di stupore e mistero, tenere la stanza in leggera penombra e scegliere una musica di sottofondo (ad esempio concerti per arpa). Per facilitare l’esperienza del buio, quando serve, potete chiudere le tapparelle della stanza e tenere accesa una lampada, da spegnere e riaccendere con comodità.
La prima grande lezione Montessori – La nascita dell’Universo
C’era solo grande spazio che non ha avuto inizio e senza fine. Tutto era buio; così buio che la nostra notte più buia sembrerebbe come il sole brillante. Era così freddo che il ghiaccio sembra calda.
Che cosa avete visto durante la vostra passeggiata? (I bambini risponderanno: alberi, la luce del sole, l’erba, gli uccelli, ecc… lasciate che partecipino il più possibile). E di notte invece cosa si vede? (le stelle, la luna, il buio, ecc…)
Questa è la storia di come tutto è venuto ad essere. (Prendo tra le mani il palloncino nero e lo muovo lentamente avanti e indietro mentre parlo). Ebbene, in principio non c’era nulla. Non c’erano persone, non c’erano città, né animali, né uccelli, né insetti; la Terra stessa non esisteva. Non c’era niente. Non c’erano le acque a riempire i mari, gli alberi a riempire le foreste, l’aria a riempire il cielo. Non c’era la Terra, non c’era il Sole, non c’erano le stelle e non c’era la Via Lattea. (poso il palloncino). C’era solo un grande spazio che non aveva inizio né fine. Tutto era buio, così buio che la nostra notte più buia apparirebbe al confronto un sole brillante. Ed era freddo, così freddo che al confronto il ghiaccio sembrava il fuoco di un caminetto. (Per dar vita a questa immagine di buio e freddo assoluti possiamo far buio nella stanza, e far toccare in silenzio un pezzo di ghiaccio). (Senza riaccendere la luce)Pensate che gran freddo doveva esserci, in questo buio nulla, se il ghiaccio misura – 40°m mentre quel freddo si aggirava sui -273°… Ma forse qualcosa c’era: un respiro sospeso di attesa, come quando aspettiamo che un racconto cominci, o come quando prepariamo una sorpresa per qualcuno, e non vediamo l’ora di farla. C’era la sensazione che qualcosa stesse per accadere… questa era la cosa singolare. (Accendere la candela) Aprite gli occhi… così è nato il nostro Universo. Prima non c’era niente ed era molto freddo, poi c’era tutto ed era molto caldo. C’era la luce, per la prima volta.
Improvvisamente, in un attimo di grande energia, una forza ha portato in essere l’intero Universo. In questo momento sono apparse le particelle di luce e materia. (prendere tra le mani il palloncino e forarlo con un gesto improvviso con lo spillo).
Infatti questa candela rappresenta la prima luce che proveniva da particelle di materia (protoni, neutroni, elettroni e antiparticelle) che scontrandosi tra loro generavano particelle di luce (fotoni).(accendere la luce)
La nostra storia iniziò proprio allora. Con questo Universo molto piccolo e molto caldo. (mostrare ai bambini la carta 1- universo primordiale 1)
In questo universo primordiale le particelle si muovevano nel caos all’impazzata, urtandosi l’una con l’altra. Erano libere e selvagge e non obbedivano ad alcuna legge. Quando si scontravano, si annientavano a vicenda con uno scoppio di energia chiamato luce. Questa l’immagine di ciò che probabilmente doveva essere l’Universo primordiale: nuvole di materia, attraversata da lampi di luce. (mostrare ai bambini la carta 2- universo primordiale 2)
Il nostro Universo rischiava di sparire più rapidamente di come era apparso, se nel frattempo non si fosse raffreddato a contatto col gelido vuoto. Appena cominciò a raffreddarsi, le particelle iniziarono a rispondere alle leggi della materia. Una forza cominciò ad unire le particelle tra loro, e protoni, neutroni ed elettroni , unendosi , formarono atomi di idrogeno e di elio. Questi elementi avrebbero presto trasformato il primo caotico universo. Infatti, le particelle unite in atomi smisero di scontrarsi tra di loro e non generarono più i fotoni. L’Universo divenne buio e calmo. Erano passati cinque miliardi di anni. (spegnere la candela)
Nei 5 miliardi di anni successivi, alcune particelle hanno continuato a unirsi, mentre altre hanno sviluppato la capacità di resistere alla forza. (Esperimento della carta nell’acqua: versare l’acqua nella ciotola rettangolare, aggiungere i pezzi tagliati di carta lentamente e guardare come, senza muovere la ciotola o soffiare, alcuni pezzetti si incontrano rispondendo alla forza di attrazione, mentre altri si respingono per forza contraria).
Tutto si rimise in movimento. Quando l’Universo si generò, non era un qualcosa di liscio come un pallone; era piuttosto simile ad come la coperta o ad un lenzuolo sul letto spiegazzato. Le particelle di materia cominciarono a farsi attirare da queste varie rughe, e in corrispondenza di esse di formarono delle nubi, da cui si sono generate le prime galassie. Nelle galassie, c’erano zone che catturavano tantissime particelle, e queste particelle, una volta catturate, cominciavano a girare una intorno all’altra. Così la temperatura tornò a salire, finchè non ci fu una nuova grandissima esplosione di luce, proprio come avvenne la prima volta, e così nacquero le prime stelle. (Riaccendere la candela). L’Universo ha cominciato a brillare in tutto se stesso, e cento miliardi di galassie hanno riempito il suo spazio. Erano trascorsi un miliardo di anni. (Mostrare ai bambini la carta 3: galassie con stelle scintillanti)
Le prime galassie, le galassie ellittiche, sono la più antiche dell’Universo. Vennero poi le galassie a spirale. Queste nubi di gas hanno stelle che continuano a nascere anche oggi, e sono molto speciali. Ci sono oltre un miliardo di galassie nell’universo, e solo un centinaio di milioni di queste sono a spirale.
Una galassia molto particolare è poi la Via Lattea. Quando guardiamo il cielo vediamo milioni di stelle, ma tutte appartengono soltanto alla nosta galassia, la Via Lattea appunto. Però anche le stelle della nostra Galassia non sono vicine, anzi, sono così distanti che la luce di alcune di esse impiega milioni di anni per raggiungerci. E ci sono così tante stelle nella nostra galassia che gli scienziati hanno calcolato che se ogni stella fosse un granello di sabbia, e se le mettessimo tutte insieme, il loro numero sarebbe superiore al numero di granelli di sabbia di tutte le spiagge del nostro pianeta messe insieme. (mettiamo un po ‘di sabbia su un dito e cerchiamo di contare quante stelle sarebbero).
Quando la nostra galassia si formò, conteneva una stella molto speciale. Era un’enorme stella che si preparava a trasformarsi.
Una stella è come una fabbrica che lavora per trasformare tutto l’idrogeno che contiene in elio: la luce che vediamo è formata dai fotoni di luce che si sprigionano all’interno della stella a causa di questo lavoro. Quando tutto l’idrogeno è trasformato in elio, la stella si espande verso l’esterno. Questa espansione produce molto calore e dà alla stella l’energia che serve per trasformare l’elio in carbonio, e durante questo lavoro la stella brilla di una luce ancora più intensa. Quando poi tutto l’elio si è trasformato in carbonio, la stella si espande un’altra volta, e acquista l’energia che le serve per permettere al carbonio di formare l’ossigeno. E così via, seguendo lo stesso processo si formeranno tutti gli altri elementi, fino al neon, al sodio, al magnesio, all’alluminio, al silicio e al ferro. (mostrare ai bambini la carta 4: Tavola periodica degli elementi).
Questo è un grafico che mostra tutti gli elementi presenti ora sulla Terra. Ogni elemento ha avuto origine nelle stelle, ed per questo che gli scienziati dicono che tutto è fatto di polvere di stelle.
Quando, al termine di questo lavoro di costruzione degli elementi, una stella ha consumato tutta la sua energia, si espande per un’ultima volta diventando una Gigante Rossa, e poi esplode: la stella diventa una Supernova. (mostrare ai bambini la carta 5: una Supernova)
Questa è una foto di una supernova. Tutti gli elementi all’interno della stella vengono sparati nello spazio insieme a grandi quantità di polveri e gas. (mostrare ai bambini la carta 6: La materia che fuoriesce da una supernova).
Tutti questi materiali che provengono da una supernova prendono il nome di materia interstellare. In seguito la galassia raccoglie di nuovo questa materia interstellare che si unisce fino a far nascere una nuova stella. Ed è proprio così che, quattro miliardi di anni fa, si è formato il nostro Sole. (mostrare ai bambini la carta 7: il Sole).
Il Sole è solo una stella di media grandezza, eppure è un milione di volte più grande della Terra. (Mostrare ai bambini il mappamondo).
Ma se è così grande, come mai a noi che lo guardiamo sembra piccolo? (Attendere le risposte dei bambini) Perché è lontanissimo da noi, così lontano che la sua luce impiega 8 minuti per raggiungerci sulla Terra. E pensate che la luce viaggia velocissima: 300.000 chilometri al secondo. Immaginate di che velocità parliamo! La luce viaggia così veloce che può fare 7 volte il giro del mondo in un secondo. Se noi potessimo fare tutto il giro del mondo in automobile, viaggiando a 100 chilometri all’ora, senza mai fermarci a riposare, impiegheremmo 11 giorni e 11 notti per compiere il giro sette volte. E la luce può fare tutto questo in un secondo! (Cerco di muovere la mano in tutto il mondo come gli studenti scattano un secondo.) Potete schioccare le dita e la luce ha già fatto il giro della terra sette volte. (mostro ai bambini il metro).
Ecco perché il sole non ci appare poi così grande: è così lontano che la sua luce impiega 8 minuti per raggiungere noi, e se noi volessimo raggiungere lui, viaggiando al 100 chilometri all’ora, impiegheremmo circa 106 anni. Così il sole, che essendo tanto lontano da noi può apparirci piccolo, in realtà è un milione di volte più grande della Terra: è così grande che una fiamma proveniente dal sole potrebbe contenere 22 Terre. (mostrare ai bambini la carta 8: immagine che mostra la differenza di dimensioni tra Sole e Terra).
Inoltre pensate: se la luce impiega 8 minuti per raggiungerci, questo significa che ogni volta che guardiamo il Sole, stiamo guardando 8 minuti indietro nel passato.
Questo è il motivo per cui il telescopio Hubble può vedere il passato: perché è così potente che le immagini che riceve provengono da un passato lontanissimo. E così possiamo vedere le immagini dei proto pianeti e dei pianeti si sono generati da essi. (mostrare ai bambini la carta 9: protopianeti e la carta 10: pianeti).
Il nostro sole si è generato 5 miliardi di anni fa, e continuerà a brillare per almeno altri 5 miliardi di anni prima che la sua energia si esaurisca.
Cinquanta milioni di anni fa, come abbiamo visto, a seguito dell’esplosione di una Supernova, nella nostra galassia si è dispersa un’enorme quantità di materiale interstellare, che poi si è concentrato in grumi che si sono via via ingigantiti. Uno di questi grumi sarebbe diventato il nostro Sole. (mostrare ai bambini la carta 11: il Sole).
Quando nacque, questa nube di fuoco era un milione di volte più grande di quello che è oggi, ma non così grande da diventare una Gigante Blu ed esplodere. La sua dimensione era abbastanza grande da garantirgli energia a disposizione per lunghissimo tempo. Intorno al sole, altri grumi più piccoli si erano formati, ed il sole cominciò ad esercitare su di loro la sua forza di attrazione. Tutti questi grumi formati da particelle di materia hanno cominciato a seguire le leggi dello spazio, e hanno cominciato a girare ed a muoversi lungo un percorso fisso. Così sono nati i pianeti del nostro sistema solare, e così anche la perla blu, che doveva diventare la Terra, iniziò il suo viaggio. (mostrare ai bambini la carta 12: il Sistema Solare).
In principio, tutti i pianeti erano gassosi. Gli elementi prima si stringevano l’uno all’altro, raggiungevano temperature elevatissime, e poi si espandevano nello spazio per raffreddarsi. Una volta raffreddati tornavano a contrarsi strigendosi di nuovo verso il centro. E tutto ricominciava daccapo. Questo processio di espansione e contrazione continuò per milioni di anni, fino alla nascita dei pianeti. (mostrare nuovamente ai bambini la carta 9: protopianeti e la carta 10: pianeti).
Mano a mano, gli elementi più freddi e pesanti affondavano verso il centro, mentre gli elementi più caldi e leggeri vi galleggiavano sopra.
Ma guardiamo un po’ più da vicino la nostra Terra. Quando ha iniziato a formarsi, non si trattava che di gas vorticosi. Appena cominciò il suo moto su se stessa e intorno al Sole, nel gelido spazio, cominciò a raffreddarsi e a diventare più piccola. Le particelle del bordo esterno si freddavano e occupavano meno spazio, e stringendosi si avvicinavano al centro incandescente della Tera. In questo modo tornavano a scaldarsi, a diventare più leggere e ad occupare più spazio, dirigendosi di nuovo verso il bordo esterno, a contatto con lo spazio gelido. Questa danza è continuata per centinaia di milioni di anni. Infine, le particelle furono abbastanza fredde da stabilizzarsi. Quelle più pesanti affondarono e formarono il nucleo, quelle un po’ più leggere formarono il mantello, e quelle più leggere di tutte rimasero all’esterno, e lentamente formano una crosta.
La prima grande lezione Montessori – DIMOSTRAZIONE 2:
Le leggi fisiche sono molto potenti e tutte le particelle vi obbediscono. Le particelle che formavano la Terra nel corso del suo processo di formazione, avevano assunto tre diversi stati: solido, liquido e gassoso. Così è anche oggi: ogni particella che esiste sulla Terra o è un solido, o un liquido o un gas. Allo stato solido, le particelle si aggrappano così strettamente le une alle altre, che separarle è quasi impossibile. Esse formano un corpo che non modifica la sua forma, a meno che non applichiamo una forza su di esso. Se rompiamo una sostanza solida, i vari pezzi che otteniamo contengono le particelle aggrappate tra loro allo stesso modo in cui lo erano prima. Se ad esempio stacchiamo un frammento da una roccia, sia la roccia sia il frammento saranno di roccia. (Mostrare ai bambini il sasso spaccato). E questa è la legge che vale per i solidi.
Nello stato liquido, le particelle si tengono insieme, ma non così strettamente. Non hanno forma propria, ma riempiono ogni vuoto che trovano. Esse spingono lateralmente, e verso il basso, ma non verso l’alto. Questo è il motivo per cui siamo in grado di mettere la nostra mano nell’acqua, ma non all’interno di una roccia. (DIMOSTRAZIONE: modello di un liquido con biglie o perle)
Le particelle dei gas non sono del tutto aggrappate le une alle altre e possono sempre muoversi liberamente in tutte le direzioni. (spruzzare ildeodorante). Tutte le particelle nello spazio obbediscono a queste leggi. (Aspettiamo che tutti gli odori del gas svaniscano).
La Terra, ora composta da nucleo, mantello e crosta, aveva assunto una forma propria, però i metalli liquidi e incandescenti che si trovavano nel nucleo erano sottoposti a una pressione fortissima. Questa roccia fusa voleva espandersi, ma la crosta bloccava la sua strada. Così scoppiò! (Versare l’aceto nel vulcano)
Vulcani esplosero su tutta la Terra, e una grande nuvola avvolse tutto il pianeta. (Mostrare ai bambini la carta 13: vulcano).
Questa nube nascose il Sole, e così la Terra potè di nuovo raffreddarsi. Man mano che questo avveniva, dalla nube gli elementi presero a scendere in forma di pioggia. Quando l’acqua cadeva sulla terra assumeva la forma di vapore, formando sulla Terra le nuvole. Intanto nel pianeta sempre più gas diventavano liquidi, e sempre più liquidi diventavano solidi, così si riformò una crosta rocciosa, che la pioggia incessante potè raggiungere. La Terra, nel raffreddarsi, era diventata molto più piccola e si era fatta rugosa come una vecchia mela lasciata nella credenza: le pieghe erano le montagne, e i solchi gli oceani. Si formarono piscine di acqua, poi stagni, poi laghi, poi immensi oceani. Pioveva e pioveva e pioveva: tempeste immense infuriavano sulla terra, e l’acqua riempì tutte le cavità che incontrava. A volte, però, gli elementi fusi presenti nel nucleo, sotto la crosta terrestre, continuavano a esplodere in superficie. (mostrare ai bambini la carta 14: la Terra formata da vulcani ed acqua).
Quando la nube scura si dileguò, il Sole fu di nuovo in grado di irraggiare la Terra, e vide rocce, acqua ed aria. Tutto era bello e il pianeta era pronto ad accogliere la vita, ma di questo parleremo un altro giorno. (mostrare ai bambini la carta 15: una bella immagine della Terra).
(Lasciare i vassoi per gli esperimenti a disposizione dei bambini, per tutto il tempo in cui vediamo che suscitano il loro interesse).
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo: testo per recita
(adattamento dalla poesia “La storia della Terra” di Vera Edelstadl)
Costumi e oggetti di scena:
– sfere di gas: piatti di carta con le fiamme di carta crespa arricciata o nastri. Su questi piatti scriviamo in alto in alcuni “granito” e in alcuni “ferro”, in modo che quando i bambini si inginocchiano le parole siano visibili. – Vulcani: si possono fare con coni dai quali spuntano le stelle filanti sollevando una bacchetta. – Sole: una torcia inserita in un sole di cartoncino. – Vapore: ghiaccio secco o una pentolino termico di acqua bollente. (Il bambino prima si siede e poi lo apre). – Meteore: palline di carta stropicciata. – Luna: un’immagine della luna. – Pioggia: un foglio di carta trasparente o una tovaglia di carta tagliata a listarelle, tenuta da un bambino, o da due bambini che prima entrano e poi la dispiegano insieme dai due lati. – Nube scura: i bambini si coprono con dei teli scuri, tenendoli davanti a sé con le mani in alto. – Fulmini: fulmini di cartone. – Tuono: si può fare coi piatti. – Primo sfondo: la Terra allo stadio di pianeta gassoso. – Secondo sfondo: la Terra prima della comparsa della vita. – Per il finale serve inoltre la linea del tempo della vita o un poster.
Scena 1
Primo bambino: Circa cinque miliardi di anni fa, la Terra e tutti i gli altri pianeti si sono formati. Vorticose sfere di gas incandescente (entrano i bambini muovendosi e girando sul palco) iniziarono a girare follemente nello spazio (entrano le sfere di gas muovendosi vorticosamente tutto intorno).
Secondo bambino: Vortici di metallo e roccia fusa formarono una palla incandescente (le sfere di gas girando si portano al centro della scena e formano una sfera) Che prese a girare insieme ai gas (le sfere di gas girano in cerchio) poi si stabilono nella loro forma definitiva (le sfere di gas si inginocchiano formando una linea e tenendo la testa bassa)
Terzo bambino: Il granito galleggiò in lato, il ferro sprofondò nel nucleo (i bambini granito si alzano, i bambini ferro rimangono inginocchiati) Infine, il granito si raffreddò fino a formare una solida crosta di pietra.
Scena 2
Primo bambino (entrano i vulcani): I vulcani eruttaroro, lanciando pugnali fiammeggianti; (i vulcani zampillano) Il Sole gettò i suoi raggi cocenti (entra il sole) La Terra bruciava con ardente calore; l’acqua evaporò tornando ad essere un gas (entra il vapore)
Secondo bambino: Le meteore cominciarono a piovere dal cielo; privo di atmosfera (le meteore vengono gettate contro lo sfondo) Una delle più grandi può aver contribuito a formare la Luna che circonda la Terra oggi (entra un bambino con l’immagine della Luna)
Scena 3
Primo bambino: La Terra si era raffreddata abbastanza da permettere alla pioggia di cadere. (entra la pioggia) Nubi nere avvolsero la Terra, che sprofondò nelle tenebre (entrano i bambini coi panni scuri e coprono lo sfondo) I fulmini aprivano fessure frastagliate squarciando la nube (si lanciano i fulmini e si fa il rumore dei tuoni) (si fa calare il secondo sfondo) Non c’era nessuna vita sulla Terra: solo acqua e nuda crosta, e nient’altro. (i bambini indicano lo sfondo) Poi un giorno le piogge si fermarono (i bambini nube escono) La nube scura scomparve e la luce potè di nuovo splendere. (entra il Sole, brilla, poi se ne va)
Scena 4
Primo bambino: Ancora non c’era vita sulla Terra; solo la crosta rocciosa e oceani inquieti Ma negli oceani, le condizioni per accoglierla era pronte, e l’Adeano stava per finire. Ma questa è un’altra storia… (due bambini distendono il poster della comparsa della vita)
Secondo bambino: Grazie per essere venuti. Speriamo che il nostro spettacolo vi sia piaciuto.
La prima grande lezione Montessori
SPUNTI DI LAVORO PER I GIORNI SEGUENTI
Con brevi lezioni chiave, aperte, diamo una certa quantità di informazioni sugli argomenti toccati e su altri ad essi connessi. Per acquisire il vocabolario tecnico specifico e sperimentare i concetti presentiamo i materiali e i set di carte tematiche.
Quando i bambini hanno acquisito le conoscenze di base, possiamo chiamarli in cerchio, mettere sul tappeto davanti a loro una grande quantità di libri e materiali, e parlare loro della ricerca. Spieghiamo che una delle attività più emozionanti della scuola elementare è la ricerca. “Ricerca” significa che un bambino sceglie un argomento, legge un libro o due su di esso, e prende appunti su quello che secondo lui è importante. Dopo che il bambino ha scoperto tutto quello che può me lo dice. Anche le ricerche al computer sono un ottimo lavoro.
Prendiamo poi un libro e ne leggiamo un paragrafo. Lo chiudiamo e chiediamo ai bambini cos’era importante in quello che abbiamo letto. Il libro non dovrebbe essere ne troppo semplice ne troppo difficile da riassumere. Scriviamo un semplice riassunto insieme, quindi chiediamo ai bambini più grandi di scegliere un argomento per il giorno, mentre per i più piccoli predisponiamo noi un argomento, che i bambini svolgeranno in gruppo col nostro aiuto.
Il primo argomento di ricerca per i più grandi può ad esempio essere il Sistema Solare, che è abbastanza ampio da risultare vario e stimolante per tutti. Le ricerche possono comprendere anche materiale stampato dal web, che spesso i bambini portano da casa. In queste occasioni, soprattutto se le pagine sono molte, diciamo ai bambini di sottolineare le parti più interessanti con un evidenziatore, invece di prendere appunti. Possiamo anche fornire ai bambini una scheda o un piccolo libretto che contiene delle domande guida.
Al termine di ogni ricerca, quando tutti hanno più o meno finito di copiare o riassumere le informazioni trovate, ci sediamo in cerchio. Leggiamo le domande ad alta voce, e chiediamo se ci sono dei volontari, così i bambini leggono quello che hanno scritto. Poi parliamo di ciò che ognuno di loro ha trovato. Possiamo chiedere se qualcuno ha trovato qualcosa di particolarmente eccitante (di solito i bambini hanno con sé i libri scelti). Questa è un’occasione per parlare di quello che hanno scoperto, di ciò che attira il loro interesse, e ci aiuta ad espandere il loro studio in quella direzione.
LA PRIMA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
La nascita dell’Universo
Lezioni chiave, da presentare per avviare i lavori di ricerca
Le rocce (possiamo anche scegliere di parlare solo delle rocce ignee, rimandando la trattazione delle rocce sedimentarie alla seconda grande lezione, aggiungendo le roccia metamorfiche e il ciclo delle rocce)
La composizione della Terra
Formazione degli Oceani
Formazione delle montagne
La luna
La composizione degli altri pianeti
Linea del tempo della nascita dell’Universo
Mitologie della creazione, letture e riassunti in classe
I viaggi spaziali
Mappe dei vulcani esistenti (anello di fuoco)
Come i continenti si sono spostati nel tempo
Lettura di racconti su Pompei (o altre storie di eruzioni), che porti alla composizione di racconti da leggere alla classe
Mitologia relativa ai vulcani da leggere in classe (Pele, i miti delle Hawaii, ecc…)
Corda del sistema solare
Le orbite
Dimensioni dei Pianeti e distanza dal Sole
Preparare un grafico per ogni pianeta e uno complessivo: rotazione del pianeta su se stesso, dimensioni, numero di lune, tempo di rotazione intorno al sole, distanza dal sole, peso
IL FERRO materiale didattico sul ferro con lezioni pronte e materiale vario.
Se al tempo delle fate una di esse avesse detto a qualche bel cavaliere errante in cerca di avventura e di fortuna: “Io ti dono un regno ricco di immensi tesori, se tu, con la tua audacia, col tuo valore, col tuo ingegno saprai trovare la chiave che ne apre le porte: figlia del cielo, quella chiave è sepolta nelle viscere della terra”, il nostro bel cavaliere sarebbe partito per il giro del mondo, col cuore pieno di speranze e la mente abbagliata da luminose aspettative. E avrebbe varcato fiumi, monti, valli, visitando tutte le grotte che gli si presentassero davanti, con gli occhi attenti a cogliere ogni luccichio, ogni bagliore, ogni riflesso, perchè non avrebbe saputo immaginare la chiave se non di una sostanza che richiamasse, col suo splendore, le bellezze del cielo: il diamante da cui la luce si sprigiona scissa nelle sue varie colorazioni, come nell’arcobaleno; l’oro che sembra aver imprigionato in sè un po’ dei raggi del sole; l’argento che richiama col suo freddo riflesso i raggi tremuli della candida luce. Eppure non l’argento, non l’oro, non il diamante avrebbero dovuto richiamare la sua attenzione, ma un metallo grigiastro, uniforme, che nasconde di essere destinato a grandi cose: la chiave del mondo, della civiltà, del progresso è fatta col ferro, non con i metalli preziosi o con le pietre preziose. Chi, cadendo nell’errore del bel cavaliere, lancia occhiate di ammirazione alla vetrina di un orefice e passa indifferente davanti al ferramenta, dovrebbe meditare la storia del re Mida che ebbe da Bacco l’infausto dono di tramutare in oro tutto quello che toccava, condannandosi così da solo a morire di fame, se il dio del vino non lo avesse liberato da quel triste privilegio dopo averlo costretto a riconoscere che molte e molte cose sono molto più utili dell’oro. Sì, il ferro non riflette i bei colori del diamante eppure in un certo senso il ferro richiama il cielo molto più del diamante, perchè parte del ferro che si trova in natura cadde proprio dal cielo, frammento di mondi celesti che nelle notti serene ammiriamo nello spazio.
Ferro terrestre e ferro celeste
Del ferro che troviamo sul nostro pianeta ce ne è di origine tellurica (che significa terrestre, da tellus, latino, che significa terra), ma ce n’è anche di origine extratellurica, caduto sulla terra con una velocità spaventevole segnando nell’aria una scia luminosa nella notte o una leggera nube di fumo durante il giorno. Queste masse, però, che si chiamano meteoriti, di solito non sono molto grandi, non sorpassando mai il volume di un metro cubo, spesso mantenendo le dimensioni di un pugno, e talora riducendosi alla grandezza di piselli o di ceci. Comunque è meraviglioso pensare che la chiave del cassetto della nostra scrivania può essere stata, un tempo, infinitesimale parte di un astro di cui ammiriamo lo scintillare nell’azzurro cupo del cielo. Ma, di origine celeste o di origine terrestre, il ferro è di un’utilità che sorpassa quella di ogni altro metallo ed entra nella maggior parte degli oggetti che ci circondano. Di ferro è probabilmente il telaio della nostra finestra, di ferro l’asta e la maniglia che servono a chiuderla; di ferro la chiave che ne muove i congegni; di ferro i chiodi a cui appendiamo i quadri, e probabilmente l’anello che serve ad appenderveli; di ferro molti utensili di cucina; di ferro i pilastri di sostegno della casa; di ferro, nelle loro parti più importanti, gli strumenti che si usano nell’agricoltura, nell’artigianato e nell’industria. E l’elenco potrebbe continuare per pagine e pagine…
Per avere il ferro occorre generalmente frugare nelle viscere della terra
Dopo aver parlato ai bambini degli usi del ferro, sarà il caso di dirgli come faccia l’uomo ad appropriarsi di un metallo tanto diffuso in natura, ma raramente allo stato puro, bensì combinato con altri minerali da cui bisogna separarlo mediante processi lunghi e difficili. I minerali che meglio si usano a questo scopo sono: la magnetite, di cui troviamo importanti giacimenti anche in Italia, nell’Isola d’Elba; il ferro oligisto, di cui, sempre nell’Isola d’Elba, si ammira un colossale ammasso che può essere definito una montagna di ferro; la sferosiderite, in cui il ferro è mischiato ad argilla e che si trova alternata a strati di carbone; l’ematite; e infine la limonite, che non è che ruggine naturale che si addensa come un’incrostazione sulle masse di oligisto e di magnetite. La magnetite ha la singolare proprietà di attrarre altri corpi, soprattutto il ferro. Così, se una leggenda ci dicesse di un viandante munito di scarpe chiodate il quale si fosse sentito tirare come da una forza misteriosa sotto i suoi piedi, non ci direbbe una cosa priva di fondamento scientifico. Quando la magnetite ha la proprietà di attirare il ferro viene detta calamita, e appunto da questa curiosa proprietà ha preso nome un Capo dell’isola d’Elba. Ma se il ferro si ricava da questi minerali, i bambini devono anche sapere che la loro conquista non è semplice: estrarre e sminuzzare il materiale, quando si trova in giacimenti di superficie, è semplice, ma spesso i filoni di minerale si trovano all’interno della terra, e per raggiungerli bisogna scavare miniere talvolta profondissime, con gallerie che si diramano in ogni direzione e che vanno costantemente lavorate per consolidarne i fianchi, provvedere alla loro areazione e al loro prosciugamento in caso di presenza di acqua, dopo averle aperte con l’aiuto di mine o per mezzo di potenti macchine perforatrici.
I minerali del ferro non lo cedono se non fuso ad altissime temperature
Ottenuti i minerali di ferro, bisogna pensare a separare il ferro dalle altre sostanze con le quali è legato: lo si porta perciò in un impianto industriale dove il minerale viene prima spezzettato e privato da ogni materia terrosa (spezzettatura, cernita, lavatura), poi viene collocato in un alto forno che ha internamente la fora di due coni uniti per la base.
Al suo interno si colloca il minerale, alternato a strati di legna o di carbone coke, caricandolo dall’apertura superiore (bocca) del forno. Il primo tronco di cono sotto la bocca si chiama tino, il secondo sacca; il punto di congiunzione dei due tronchi di cono si chiama ventre. In basso si trova un crogiolo destinato a raccogliere la materia fusa che esce dal forno, sotto forma di rigagnolo, per il foro di colata. L’altoforno impiega circa un giorno per raggiungere la temperatura necessaria alla fusione del ferro, cioè il suo passaggio dallo stato solido in un bel liquido bianco abbagliante che, per mezzo di un canale scavato davanti all’alto forno, viene convogliato all’interno di stampi in cui lentamente si solidifica, prendendo colore nero, grigio, bianco o chiazzato a seconda della natura del materiale fuso e del combustibile usato.
Ma da tutto questo meraviglioso lavoro non otteniamo ancora il ferro puro, ma il ferro grezzo, cioè la ghisa, che è un composto di ferro e carbonio, in cui questa seconda sostanza è presente in proporzione variabile dall’uno e mezzo al sei per cento. Per ottenere il ferro occorre una nuova operazione, detta raffinazione, che consiste nel sottoporre la ghisa di nuovo al calore, facendola attraversare da una corrente d’aria che, bruciandolo, elimina il carbonio. Il ferro ottenuto da questa nuova operazione si chiama “ferro dolce”, un ferro di solito di colore grigio più o meno chiaro che, riscaldato, si lascia foggiare molto facilmente. Tanto più però diventa plastico, tanto meno diventa fusibile: occorre ora, per fonderlo, una temperatura che va da venti a venticinque volte quella dell’acqua bollente, mentre la ghisa fonde a una temperatura di circa diciotto volte quella dell’acqua bollente. L’operazione di raffinazione della ghisa si conclude con la trasformazione del ferro dolce in lamine e in fili, essendo ora duttile e malleabile. Per ottenere le lamine si usa il laminatoio,
composto da coppie di cilindri orizzontali di un ferro speciale (l’acciaio), perfettamente lisci, fatti girare uno sull’altro in senso contrario, mentre si fa passare tra essi il ferro che si vuole ridurre in lamiera. Per ottenere i fili si usa la trafila, una macchina formata da una lastra durissima sulla quale si trovano dei fori di diametro successivamente decrescente, per ciascuno dei quali si fa via via passare la barra di ferro che si vuole ridurre, tirandola forte dalla parte opposta, dove il filo si avvolge via via intorno ad un argano a formare una specie di matassa.
Anche il ferro ha un grande nemico
Invitiamo ora i bambini ad osservare un pezzo di ferro che sia stato esposto all’aria umida a lungo, e senza alcuna protezione. Per poco osservatore che sia, il bambino avrà già notato che i cancelli, le inferriate, i balconi di ferro, vengono verniciati con una sostanza rossa (il minio), poi da una vernice qualsiasi secondo il colore desiderato dal proprietario. Nel pezzo di ferro che noi gli mostriamo una polvere bruno rossiccia ha ricoperto la sua superficie, formandosi a spese del nostro metallo, che si corrode, si assottiglia, si buca nelle parti più fini; così devastato dalla ruggine, esso non è più che un rottame di scarso o nessun valore. Per questo motivo il ferro si riveste di stagno formando la latta, oppure di zinco, formando il ferro zincato. Così l’uomo trasforma le materie prime, e combinandole tra loro crea anche materie nuove, che si adattano meglio ai suoi bisogni. Un esempio dei prodigi dell’industria siderurgica, così chiamata dal nome greco che designa il ferro, è la produzione dell’acciaio, che si ottiene dalla raffinazione della ghisa con un processo simile a quello che porta alla produzione del ferro dolce.
Introduzione alla biologia per la terza classe – lezioni pronte, esperimenti e materiale vario sulle meraviglie della vita.
Tra le discipline che più possono interessare i bambini, una è senza dubbio la biologia. Il mistero della vita, con le sue multiformi e indefinite trasformazioni, esercita un grande fascino sui bambini, e ne orienta la simpatia verso tutti gli oggetti che si muovono non per una forza che opera su di loro dall’esterno, ma per effetto di stimoli interiori che ne impediscono perennemente quello stato di quiete cui tendono normalmente tutti gli esseri non viventi. Certo: noi non potremo svelargli questo grande mistero, non gli potremo dire che cosa è la vita, ma potremo guidarlo a studiarne le manifestazioni, abituandolo a riconoscere le leggi che stanno dietro ai fenomeni che lo riguardano da vicino, e che egli considererebbe altrimenti come semplice opera del caso. Noi parliamo spesso ai bambini di regni incantati: il più bel regno incantato apparirà ai suoi occhi nel mondo circostante, se noi sapremo insegnargli la formula davanti alla quale cade la barriera che lo separa da esso, se gli daremo la chiave magica che apre le porte del castello fatato.
Introduzione alla biologia per la terza classe – Le differenze che passano tra gli esseri viventi e quelli non viventi
La definizione di vivente data dal fisiologo inglese Huxley è la seguente: “I caratteri fondamentali del corpo vivente in confronto a tutti gli altri corpi dell’universo si riassumono in uno stato di non-equilibrio che contrasta assolutamente con lo stato di quiete in cui si trovano, o a cui aspirano, dopo brevi turbamenti prodotti da cause esteriori, tutti quanti i corpi inorganici“. Parlando coi bambini le cose, come al solito, si devono prendere alla lontana, ed al carattere sintetico delle definizioni si deve sostituire un esame analitico del comportamento diverso delle due categorie di corpi. Se domandiamo ai bambini che cosa si intende per essere vivente, ci risponderanno quasi di sicuro che è vivo quello che si muove. Ma se ci facciamo spiegare che cosa intendano per movimento, ci renderemo conto che il loro concetto di movimento si identifica con quello di locomozione, e quindi considerano vivo ciò che può trasportarsi spontaneamente da un punto all’altro della superficie terrestre. Solo apparentemente avrà dunque colto nel segno. Se infatti gli chiedessimo, adesso, se le piante sono vive, i nostri piccoli studenti esiterebbero. Dovremmo meravigliarcene? Esitarono anche gli antichi a crederle tali, e si sa che il bambino ripercorre press’a poco, per quanto rapidamente, il cammino percorso dalla sua specie in una lunga serie di secoli, e cade negli stessi errori in cui sono cadute le generazioni che l’hanno preceduto. Forse risponderà che la pianta è viva, per averlo già sentito dire, ma in tal caso si accorgerà subito che il carattere da lui indicato non può più essere distintivo tra il mondo inorganico e l’organico. E’ probabile che il bambino abbia già visto una pianta secca in piena estate, ed abbia compreso che quella piante era morta. Non avrà certo meditato sul mistero della vita e della morte, ma saprà comunque che può morire solo ciò che è vivo, ed arguirà da questo che la pianta è un vivente. Ma cos’hanno di diverso una diverso una pianta o un animale, da un blocco di granito, da una lastra di marmo, da un pezzo di ferro o di carbone? Se qualcuno gli desse da accudire un canarino, una pianta di azalea, e una statuetta di porcellana, come si comporterebbe per restituire intatto quello che gli viene affidato? Il bambino sa che per accudire la statuetta non dovrebbe in realtà fare nulla: si cura da sè.
Introduzione alla biologia per la terza classe – gli esseri viventi si nutrono
Ma non è così per il canarino e per l’azalea. Allora il bambino capirà: l’animale mangia e la pianta beve, mentre la statuetta non mangia e non beve. Allora noi gli diremo che anche la pianta mangia, anche se non ha la bocca nè i denti: la sua bocca e i suoi denti sono le radici e le foglie, ed il suo bere è in realtà un mangiare. Come avvenga questa meraviglia nei particolari, lo spiegheremo nelle lezioni successive, ma intanto possiamo dargliene un esempio convincente. Prendiamo una zolletta di zucchero e chiediamo se si mangia o si beve. Poi sciogliamola in un bicchiere d’acqua: adesso si può bere. Così l’acqua che diamo da bere alle piante scioglie i sali minerali che si trovano nel terreno e, per mille piccole bocche che si trovano nelle radici, la pianta li mangia. Il latte è la sola cosa di cui si nutre il bambino appena nato, ed anch’esso si beve. Quindi, liquide o solide che siano, le sostanze che gli esseri viventi prendono dall’esterno per farli diventare parte di se stessi, rappresentano il loro nutrimento, e nutrizione si dice la funzione per cui essi assimilano, ciò fanno simili a sè, i cibi sottratti all’ambiente. Il latte che il bambino beve non rimane latte nel suo corpo, nè l’uovo o l’arancia rimangono, sia pure finemente triturati, uovo e arancia, ma diventano carte e sangue della sua carne e del suo sangue.
Introduzione alla biologia per la terza classe – Crescita, deperimento e morte
Facciamo ora supporre al bambino che il suo ipotetico amico che gli aveva dato in custodia un canarino, un’azalea e una statuina, gli lasci ora in custodia un cucciolo appena svezzato, e ritorni a riprenderselo dopo un paio d’anni di assenza. Mentre la statuina sarebbe rimasta la stessa, l’amico al suo ritorno stenterà a riconoscere il cane. a lasciato un batuffolo di pelo e si vede restituita una bestiola alta forse da terra una quarantina di centimetri e lunga mezzo metro almeno, a seconda della razza. Se la statuetta fosse cresciuta in proporzione non si saprebbe su che mobile metterla. Ecco dunque un altro carattere che differenzia l’essere vivente dal non vivente: il primo subisce, almeno fino a un certo momento della sua esistenza, un accrescimento, seguito da deperimento e da morte, mentre quello privo di vita non cresce, non deperisce, non muore. L’amico potrà trovare morta l’azalea, ma non potrà trovare morta la statuina di porcellana.
Introduzione alla biologia per la terza classe – Gli esseri viventi respirano
Invitiamo ora a fare un esperimento: diciamo al bambino di tenere chiusa la bocca e di chiudere ermeticamente le narici. Il bambino più eroico resisterà un minuto, un minuto e mezzo, ma poi, liberando con violenza le vie respiratorie, si compenserà largamente e rumorosamente di quella piccola tortura che egli stesso si è inflitto a scopo scientifico. Non basta, dunque, per vivere, che si introducano nel nostro organismo delle sostanze solide e liquide per mezzo della nutrizione; bisogna anche che vi si introduca una sostanza gassosa che si trova dappertutto intorno a noi: l’aria. Il bambino osserverà che, appena inspirata l’aria, essa viene poi espirata e questo sembrerebbe sciocco e inutile. Ma noi gli faremo osservare che la qualità dell’aria che manda dentro non è uguale a quella che manda fuori, che cioè egli si è tenuto qualcosa, di quell’aria, che gli è utile, mentre le ha ceduto qualche altra cosa che a lui sarebbe dannosa.
Esperimento
Prendiamo un po’ di acqua di calce e facciamogliela vedere: bella, limpida, trasparente. Invitiamolo a soffiare in essa con una cannuccia, e l’acqua trasformarsi in latte. Se l’aria esterna fosse uguale a quella che mandiamo fuori noi, anch’essa dovrebbe produrre lo stesso effetto, cioè l’acqua di calce dovrebbe sempre essere lattiginosa.
Questa specie di baratto che facciamo con l’aria, e che è tutto a nostro vantaggio, si chiama respirazione, e questo processo è in parte di assimilazione e in parte di esplulsione, cioè di allontanamento dall’organismo di ciò che non è utile, ma addirittura dannoso. Ma ora il nostro piccolo scienziato crederà che anche le piante respirano?
Introduzione alla biologia per la terza classe – Il naso delle piante
Quale può essere mai il naso delle piante? Se diciamo ai bambini che il naso delle piante sono le foglie, si metteranno a ridere, e osserveranno forse, che allora d’inverno le piante sono senza naso.
Esperimento Prendiamo un bel vasetto di qualche piantina comune, ad esempio un geranio, con le sue foglie ben sviluppate, e poniamolo sotto una campana di vetro. Lasciamolo lì, anche per qualche mese: non abbiamo fretta di aver ragione sulla sua incredulità; l’altra parte gli faremo osservare che, quando capovolgiamo la campana, essa rimane naturalmente piena d’aria. La piantina forse non morirà, o noi non proseguiremo l’esperimento fino a sacrificarla; ma certamente intristirà, dimostrando in tal modo che le manca qualcosa di essenziale a una vita rigogliosa.
D’inverno la pianta assume l’apparenza della morte appunto perchè le manca il naso, che funziona anche, contemporaneamente, da bocca. Se il bambino fosse scettico, potremmo fargli osservare che anche la pianta potrebbe ridere di noi, che abbiamo la bocca che funziona anche, contemporaneamente, come un naso.
Esperimento Prendiamo delle parti verdi di piante e mettiamole in un vaso sul fondo del quale si trovi dell’acqua di calce: se esse respirano come l’uomo, l’acqua di calce dovrà diventare lattiginosa come quando noi vi abbiamo soffiato dentro con la cannuccia. E così difatti avviene, se richiudiamo il nostro vaso al buio.
Ecco un nuovo mistero! Perchè mai dovremmo metterlo al buio? Per ora potremo dire soltanto che la pianta prende dall’aria tanto quello che le serve per mangiare quanto quello che le serve per respirare, e che, precisamente, trova buono da mangiare ciò che respinge come non utile per la respirazione. Ma, incapace di trovare mezzi di illuminazione artificiale, non mangia che di giorno, mentre di notte dorme tranquillamente, dandoci esempio di ciò che dovremmo fare anche noi per vivere a lungo e in buona salute. Sotto l’azione della luce, dunque, i prodotti eliminati dalla respirazione vengono da lei mangiati e perciò non li possiamo più trovare; mentre al buio, pur non mangiando, respira (precisamente come facciamo noi, che respiriamo anche dormendo), e perciò noi possiamo vedere gli elementi che la pianta, respirando, respinge.
Introduzione alla biologia per la terza classe – Anche nelle piante avviene la circolazione
Passiamo ancora ad un altro ordine di osservazioni. Il bambino si sarà qualche volta punto, ed avrà visto con terrore fuoriuscire dalla piccola ferita un rivoletto tiepido di un bel rosso rubino. Quel liquido che sprizza dalla rottura della pelle circola, all’interno di canali appositi, per tutto il nostro corpo, e questo fenomeno si chiama circolazione. Abbiamo forse trovato un carattere che è proprio soltanto degli animali, e non delle piante? Il bambino non avrà mai visto, infatti, colare dalla rottura di un ramo, nessun liquido rosso. Eppure, anche questa volta, il bambino si inganna, e tutti questi inganni sono preziosi per abituarlo ad una pacatezza di ragionamento e ad una cautela nel trarre conclusioni che lo salvaguarderanno nella vita da molte delusioni.
Esperimenti Se leghiamo fortemente un ramo, per esempio di salice, al disopra della legatura si formerà un rigonfiamento pieno di un umore che, discendendo di sotto alla corteccia e trovandosi ad un tratto sbarrata la strada, è forzato dall’ostacolo che incontra ad accumularsi un una specie di bozzo. Allo stesso modo, se immergiamo in un bicchiere due rami con foglie, l’uno per il taglio inferiore e l’altro per il superiore, vedremo il primo mantenersi fresco, il secondo avvizzire rapidamente, perchè la linfa che sale per il fusto alle foglie del ramo non può, se il ramo è capovolto, continuare facilmente il suo cammino. Che cos’è tutto questo se non una circolazione di umore che sale e che scende, proprio come fa il sangue nel nostro organismo?
Introduzione alla biologia per la terza classe – Da una statua non si generano altre statue
Torniamo ora col pensiero alla nostra statuina di porcellana, cioè a quella lasciataci in custodia dall’amico. Se io ne voglio una identica, dovrò rivolgermi alla fabbrica dove l’amico l’ha comprata, ma potrebbe darsi che non ce ne fossero più: il mio desiderio non potrà essere soddisfatto. Mai, da quella statuina, se ne potranno avere due. I cani riproducono altri cani, le azalee riproducono altre azalee, ma le statue non producono altre statue. Ecco dunque un nuovo carattere, la riproduzione, che distingue gli esseri viventi dai non viventi.
Introduzione alla biologia per la terza classe – Differenza tra materia organizzata e materia organica
Se prendiamo un pezzo di carbone e lo rompiamo col martello, ciascuno dei pezzi è un pezzo di carbone, uguale a tutti gli altri e a quello di partenza, salvo che per le dimensioni. Ma se osserviamo il macellaio che divide il pollo in pezzi, vedrà che le parti non sono affatto uguali tra loro, e che il pollo risulterà invece un insieme di organi differenti. Mentre poi i pezzi di carbone continuano ad essere tali anche se staccati dal pezzo più grosso col quale prima facevano parte del tutto, le parti di un essere vivente cessano, divise, di esistere: non sono più materia organizzata, ma diventano frammenti di materia organica.
Introduzione alla biologia per la terza classe – La vita è sensibilità e movimento
Per frantumare il carbone basta prendere un martello e batterlo su di esso con violenza, senza per questo sentirci colpevoli di crudeltà. Se invece il martello cadesse per errore sulla zampa del nostro cane, sentiremmo il nostro povero animale guaire di dolore. Ma se picchiassimo col martello una pianta, soffrirebbe? Forse il bambino risponderà di no, perchè la pianta non reagisce, non si contorce, non ulula di dolore. Eppure… Se la pianta cerca spontaneamente le condizioni necessarie alla sua esistenza, chi ci autorizza ad affermare che essa non sia dotata di sensibilità? E le sensitive, ritraendosi a contatto di uno stimolo, non ci mostrano forse di sentirlo? E non sente la luce la pianta che la cerca in uno sforzo di tutto il suo essere e si sviluppa in una sola direzione se la riceve da un dato punto?
E non sente la posizione del sole il girasole, che volge la corolla a seguirne il cammino nel cielo? Possiamo forse considerare le piante insensibili, solo perchè non possono comunicare attraverso dei suoni? Tanto varrebbe asserire che il pesce non soffre perchè non emette un grido quando viene pescato. La vita, nonostante tutte le nostre ricerche, è sempre un grande mistero. Certo che la sensibilità ci appare meglio negli animali, nei quali troviamo anche, a differenza dei vegetali, il potere della locomozione. Ma non sempre, e non tutti, perchè ve ne sono alcuni, collocati ai gradini inferiori del regno animale che, come le piante, non hanno facoltà locomotrice. E quando scendiamo molto in basso nella scala degli esseri viventi, non è nemmeno sempre possibile una distinzione netta e sicura tra regno animale e regno vegetale. Solo salendo al di sopra di questi primordi della vita potremo stabilire caratteri differenziali fra animali e piante, notando per esempio che la pianta si nutre di acqua, di sali e di gas (cioè sostanze che non sono nè furono mai vive), mentre l’animale si nutre o di piante o di altri animali (cioè di sostanze organiche); che l’animale ha una sensibilità accertata che nella pianta è soltanto supposta; che, infine, l’animale si muove nello spazio, mentre la pianta rimane fissa al suolo e non passeggia per il giardino. Quest’ultima affermazione sembrerebbe contrastate con quella che è servita come punto di partenza per la nostra lezione, cioè la definizione di Huxley “I caratteri fondamentali del corpo vivente in confronto a tutti gli altri corpi dell’universo si riassumono in uno stato di non-equilibrio che contrasta assolutamente con lo stato di quiete in cui si trovano, o a cui aspirano, dopo brevi turbamenti prodotti da cause esteriori, tutti quanti i corpi inorganici” dove essenzialmente si afferma che la vita non è se non movimento; ma se osserviamo bene, la troveremo perfettamente coerente, perchè la pianta, anche non passeggiando, non è mai tranquilla, nemmeno quando l’aria immobile e greve non ne consente il fremere di una foglia. In quella quiete apparente tutto in essa si muove; ogni suo organo compie le sue funzioni e lo stato di quiete non potrà da essa essere raggiunto, se non quando, abbandonata la vita, non sarà più che un pezzo di legno destinato a riscaldare la nostra casa o a fornirci il materiale per la costruzione dei mobili d’arredo.
Le proprietà fisiche dei corpi unità didattica completa per bambini della scuola primaria, con idee per le lezioni ed esperimenti scientifici per dimostrare i concetti.
Se domandiamo ai bambini cosa si intende per corpo, ci sentiremo rispondere: “Cose come la cattedra, la lavagna, il banco, sono corpi”. I bambini classificano per tipi e non per definizioni, ma se ci pensiamo anche lo scienziato si serve di questo tipo di classificazione quando non ha ancora colto i caratteri essenziali specifici di una determinata serie di oggetti. Se poi chiediamo ai bambini se il pensiero, la bontà, la giustizia, la verità, sono corpi, ci risponderenno di no, perchè non si vedono: i bambini pensano che un corpo deve essere percepito dalla vista; questo spiega perchè trovino difficile considerare l’aria un corpo. Tuttavia è semplice spiegare loro che il carattere di “visibile” non è sufficiente a designare il “corpo”, e basterà far osservare loro che, per esempio, la luce che emana da una lampadina elettrica, o da una qualsiasi altra fonte luminosa, anche se si vede, evidentemente non è un corpo. Tornando a chiedere ai bambini cosa si intende con “corpo”, i bambini diranno che un corpo si deve poter toccare, deve essere in qualche modo percepito col tatto. “Ma allora è un corpo il calore che emana dalla stufa, dal sole, da qualsiasi altra fonte di calore?”. A questo ulteriore stimolo, i nostri piccoli scienziati cercheranno espressioni più precise, ad esempio diranno che un un corpo si deve poter prendere in mano, perchè se stringo la mano in una stanza luminosa non afferro nulla, puure non posso portare un pezzo di calore da un luogo all’altro come posso fare con un pezzo di legno o di ferro. In questo modo ci stiamo avvicinando alla realtà un passo alla volta, ma non l’abbiamo ancora raggiunta. A questo punto ancora il bambino non potrà credere che l’aria sia un corpo, perchè non si può (o meglio non di si accorge di potere) stringere nella mano.
Le proprietà fisiche dei corpi
Primo esperimento Prendiamo una bilancia e proviamo a spiegargli il grande mistero: mettiamo su uno dei piatti una moneta, una pallina, una riga, una matita, e la bilancia perderà costantemente il suo equilibrio, obbligandoci, per ristabilirlo, a gettare un peso corrispondente sull’altro piattello. Ripesiamo ora attentamente la moneta (o meglio ancora, se l’abbiamo, una sfera di metallo). Poi togliamola dalla bilancia, facciamola riscaldare e rimettiamola sul piatto: rimessa sul piatto il suo peso sarà identico a prima. Pesiamo ora una torcia elettrica spenta, e poi ripesiamola accesa: anche in questo caso i due pesi saranno identici. La luce e il calore non sono corpi perchè non hanno un peso, o meglio non hanno un peso controllabile da alcuna bilancia, per quanto precisa essa sia. La precisazione è dovuta, in quanto la fisica afferma l’equivalenza tra massa ed energia, e questo conduce teoricamente ad affermare che anche calore e luce hanno un peso (un chilogrammo di ghiaccio pesa lievemente meno dell’acqua che risulta dalla sua fusione). Ma si tratta di differenze talmente minime e imponderabili anche con le più sensibili bilance di precisione che, per non portare i bambini nel campo dell’indimostrabile (che per loro equivarrebbe a incredibile), non è un gran male mantenere provvisoriamente questo vecchio carattere distintivo della fisica classica, aggiungendo che quel “non peso” è legato agli strumenti di cui noi disponiamo per controllarlo, e al nostro senso barico.
Quello che possiamo definire come “corpo” ha un peso avvertibile dal nostro senso barico, o almeno da strumenti che lo sostituiscono. Naturalmente un corpo può essere percepito anche con gli altri sensi: visivo, uditivo, olfattivo, gustativo, termico; ma l’essenziale sarà sempre che cade sotto il senso barico e, quando ciò non è possibile per le dimensioni o la lontananza dal corpo, o impossibile da controllare per l’insufficiente finezza del senso, bisognerà comunque dimostrare, per effetti, che esso pesa. Con questo criterio, il bambino non sbaglierà più, mentre altre definizioni di “corpo”, come “corpo è tutto ciò che cade o può cadere sotto il dominio dei sensi”, oppure “corpo è una porzione di materia collocata nello spazio”, possono confonderlo: la prima può portarlo a credere che siano corpi anche la luce, il calore e il suono; la seconda, rigorosamente scientifica, è superiore in questa prima fase alla sua capacità di astrazione.
Stabilito questo primo carattere dei corpi, non ci sarà molto difficile fargli notare che essi possono presentarsi sotto diversi stati, anzi che uno stesso corpo può passare dall’uno all’altro di questi stati per effetto di un aumento o di una diminuzione di calore. Non è ancora il momento di dirgli che anche la pressione può essere causa di cambiamento. I corpi che i bambini ci hanno nominato di primo acchito (cattedra, lavagna, banco) sono corpi che hanno una forma propria ed occupano perciò uno spazio determinato e invariabile. Ma ve ne sono altri che, pur avendo un volume costante, cioè occupando una stessa quantità di spazio, variano di forma, a seconda del recipiente che li contiene: un litro di acqua, o di latte, o bibita, è sempre un litro, ma assume forma conica, cilindrica, prismatica a seconda del recipiente che lo contiene. C’è inoltre una terza categoria di corpi che non hanno ne forma ne volume costanti, ma, assumendo la forma del recipiente che li contiene, non giungono, come i liquidi, ad un determinato livello, bensì lo occupano tutto, per grande che sia, e tendono ad espandersi in uno spazio sempre maggiore, così che, aprendo il recipiente che li contiene, essi ne escono fuori.
Le proprietà fisiche dei corpi
Secondo esperimento Mettiamo in una bottiglietta qualche cristallo di iodio (se non si trova in farmacia, si può acquistare la tintura di iodio, versarla in un piattino di plastica e lasciare evaporare a temperatura ambiente la base alcolica: sul piattino si formeranno i cristallini di iodio) chiudiamo ermeticamente per evitare le fuoriuscita dei vapori, e facciamolo riscaldare: magnifiche colorazioni rosso-violacee, cioè vapori di iodio, riempiranno la bottiglia. Mettiamo la stessa quantità di iodio in una seconda bottiglie, di forma e dimensioni diverse: quelle stesse colorazioni riempiranno tutto la bottiglia, mentre la quantità di liquido che serve a riempire la bottiglietta non sarà naturalmente mai sufficiente a riempire anche la bottiglia.
Se tutti i gas si vedessero, come i vapori di iodio, e se avessero tutti un odore, il bambino si convincerebbe facilmente della loro esistenza. Ma quando gli parliamo dell’aria, il bambino avrà dei dubbi: nessuno dei suoi sensi riceve da essa qualche impressione, che possa fargli ritenere che l’aria è un corpo, e molto meno quella sensazione barica che ha imparato a ricercare come primo contrassegno dei corpi. Facciamogli capire, prima di tutto, quanto peso esercita una pressione, e che il peso altro non è che la pressione esercitata da un corpo su un altro che gli impedisce di cadere.
Le proprietà fisiche dei corpi
Terzo esperimento Prendiamo un bicchiere pieno d’acqua e facciamo il classico esperimento di capovolgerlo su un foglietto di carta (una cartolina va benissimo) fatto prima aderire perfettamente all’orlo del bicchiere: l’acqua non si versa.
Evidentemente c’è una forza che sostiene l’acqua, qualcosa al di fuori deve esercitare una pressione sul foglio di carta, superiore al peso dell’acqua contenuta nel bicchiere, e, poichè non c’è altro che aria sotto il bicchiere, l’aria soltanto può essere la causa del fenomeno.
Le proprietà fisiche dei corpi
Quarto esperimento Prendiamo una bottiglia dal collo largo e non lavorato, e dopo averne rarefatto l’aria con la combustione di un pezzo di carta (la carta bruciando consuma l’ossigeno dell’aria in essa contenuto), collochiamo rapidamente alla sua imboccatura, come un turacciolo, un uovo sodo sgusciato. Lo vedremo presto allungarsi, assottigliarsi e infine precipitare, con una piccola detonazione, sul fondo della bottiglia. Chi ha esercitato sull’uovo un peso capace di operare il prodigio? L’aria, nient’altro che l’aria.
Ora proviamo a dare ai bambini l’idea del peso che l’atmosfera esercita su tutti i corpi, proponendo l’esperimento del Torricelli. La realizzazione dell’esperimento prevede l’uso di un tubo barometrico e di mercurio. Si riempie il tubo di mercurio, si versa altro mercurio in una scodella, si chiude col pollice il tubo e si capovolge tenendolo chiuso fino a portare il foro al di sotto del mercurio contenuto nella scodella:
Si osserva che, liberando l’apertura, il mercurio scenderà nel tubo di circa 24 cm. Chi è che sostiene il peso della colonnina alta circa 76 cm che vi rimane sospesa, contrariamente a quanto il bambino si attenderebbe dovesse avvenire per effetto della gravità? L’aria; nient’altro che l’aria che preme sul mercurio della scodella.
Le proprietà fisiche dei corpi
Poichè l’esperimento prevede l’uso di mercurio, possiamo mostrare ai bambini un video:
E anche se non vogliamo fare ora il semplice calcolo del peso di quella colonnina di mercurio, corrispondente a quello della pressione atmosferica, rimandandolo alle lezioni riguardanti la meccanica degli aeriformi, da cui sapremo di reggere sulla testa il bel peso di oltre due quintali, potremo sempre darne un’idea al bambino versando il contenuto del tubo barometrico in un recipiente qualsiasi ed invitandolo a reggere quel recipiente. Non c’è alcun dubbio che l’aria pesi un peso controllabile e misurabile, e che debba perciò essere considerata a tutti gli effetti un corpo. Ma il bambino si porrà a questo punto una nuova domanda: “Se l’aria pesa, e pesa così considerevolmente su ogni porzione della superficie del nostro corpo come pesa sul mercurio, come mai non ci schiaccia?”
Rifacciamo l’esperimento dell’uovo sodo che funziona come tappo della bottiglia, ma senza consumare l’ossigeno dell’aria in essa contenuta (non bruciamo la carta al suo interno): l’uovo vi resterà immobile nella sua funzione di tappo. Ricordiamo l’esperimento della cartolina che, sostenuta dall’aria, sosteneva l’acqua contenuta nel bicchiere capovolto. Per dimostrare la pressione dell’aria dall’alto al basso (che è quella a cui noi diamo il nome di peso) occorre eliminare quella dal basso verso l’alto, altrimenti, sollecitato da due forze contrarie, l’uovo non obbedisce a nessuna delle due.
Allo stesso modo, se due bambini spingono con uguale forza un banco, uno verso destra e l’altro verso sinistra, il banco rimarrà dov’è, non si accorgerà nemmeno di essere spinto.
Le proprietà fisiche dei corpi – Il “trasformismo” della materia
Dicendo che i corpi possono presentarsi sotto tre aspetti diversi, abbiamo già accennato ai bambini che uno stesso corpo può assumere l’uno o l’altro di questi aspetti: l’esempio più facile è quello dell’acqua che, sottoposta ad un notevole raffreddamento, solidifica, mentre sottoposta all’azione del calore si trasforma in vapore acqueo. Con grande meraviglia dei bambini potremo fabbricare, seduta stante, del ghiaccio artificiale, mettendo un po’ di acqua in una provetta e immergendola in un miscuglio frigorifero (ad esempio neve mista a sale). Ma potremo anche partire dallo stato solido per arrivare al liquido e all’aeriforme, servendoci della cera o di qualsiasi altro corpo facilmente fusibile con un fornelletto.
Le proprietà fisiche dei corpi – Proprietà classiche dei corpi
Stabilito ormai che cosa si intenda per corpo, quali siano gli aspetti sotto cui i corpi possono presentarsi, e come ciascuno di essi possa assumere l’uno o l’altro dei tre stati della materia arriveremo a ricercare coi bambini quali siano i caratteri propri a tutti i corpi, e quali invece siano propri solo a quelli che si trovano in un determinato stato della materia. Una proprietà comune a tutti l’abbiamo già incontrata, ed è il peso, ma ce n’è un’altra, intuitiva, che il bambino ha già implicitamente osservato e che già faceva capolino, nei sui primi tentativi di definizione di corpo, quando diceva che il corpo deve potersi “toccare”.
Questo toccare, almeno nei corpi solidi, equivale per il bambino ad isolare il corpo nello spazio, a limitarlo per mezzo della superficie, a verificare quanto si stende in lunghezza, in larghezza, in profondità. Se il bambino lo leva dal luogo dov’è collocato, lo spazio che occupava si confonde con lo spazio circostante non occupato da oggetti, ma, se il corpo potesse lasciare una traccia nello spazio, il bambino potrebbe avere davanti a sè, ben definita, la porzione di spazio precedentemente occupata dal corpo: questa porzione si chiama volume, e la proprietà del corpo di occupare quello spazio si chiama estensione. Che anche i liquidi occupino uno spazio è intuitivo e non c’è bisogno di alcun esperimento particolare. Un liquido che riempie un recipiente occuperà tanto spazio quanto ne occupa il recipiente, eliminato lo spessore delle pareti del recipiente stesso. Degli aeriformi potremo dire la stessa cosa se li consideriamo in recipienti chiusi, e potremo perciò richiamarci all’esperimento dei vapori di iodio; ma, anche immaginando di stappare i recipienti, essi occuperanno sempre tutto lo spazio disponibile.
Le proprietà fisiche dei corpi
Quinto esperimento Diciamo ora ai bambini di mettere un libro nello spazio preciso occupato da un altro libro: per farlo i bambini dovranno levare quello che già si trova in quello spazio per collocarvi l’altro che noi gli abbiamo indicato. Facciamo gettare ai bambini un sasso in un bicchiere pieno d’acqua, e un po’ d’acqua (tanta quanta corrisponde al volume del sasso) uscirà dal bicchiere. Se il bicchiere non è pieno d’acqua e vi immergiamo un corpo qualsiasi, l’acqua si sposterà per lasciar posto al corpo, elevando il suo livello nel recipiente. Se in una scodella piena di latte vogliamo versare dell’acqua, i due liquidi potranno mescolarsi, ma una parte del miscuglio dovrà traboccare dagli orli della scodella. Questa proprietà generale della materia per cui nessun corpo può occupare la porzione di spazio già occupata da un altro corpo, si dice impenetrabilità, e si può sperimentare in tantissimi modi. E’ però facile che il bambino non creda all’impenetrabilità dei gas, e in particolare dell’aria, perchè, mentre l’aria è dappertutto, noi ci muoviamo al suo interno liberamente. Possiamo allora ricordargli, per analogia, quello che succede quando si tuffa in piscina: l’acqua si sposta al suo passaggio, si apre davanti a lui e si richiude dietro di lui, ma dove si stende il suo corpo non può contemporaneamente stendersi l’acqua. Nella vasca da bagno si può vedere l’acqua che si alza di livello quando ci immergiamo, ma questo fenomeno non è visibile in piscina, o al mare, perchè lo spazio occupato dal nostro corpo è infinitesimo in rapporto alla loro estensione. Ebbene, ciò che avviene nell’acqua avviene anche nell’aria; essa si sposta al suo passaggio; si apre davanti a noi, si richiude dietro di noi, ma dove si trova il nostro corpo non ci può essere contemporaneamente aria.
Le proprietà fisiche dei corpi
Sesto esperimento Per convincere praticamente i bambini che dove c’è un corpo non ci può essere aria, o meglio ancora, reciprocamente, che dove c’è aria lo spazio non può essere occupato da un altro corpo, possiamo fare un semplice esperimento. Prendiamo una ciotola trasparente d’acqua e cerchiamo di mettere sul pelo dell’acqua un bicchiere vuoto capovolto: il livello dell’acqua nel bicchiere sarà uguale a quello dell’acqua presente nella ciotola.
Ma se premendo e inclinando il bicchiere faremo uscire le bolle d’aria in esso contenuta, l’acqua salirà dentro di esso per un buon tratto.
L’acqua non poteva entrare nel bicchiere finchè vi era aria, perchè l’aria, come tutti i corpi, è impenetrabile.
Mettiamoci ora alla ricerca di qualche altra proprietà generale della materia. Se prendiamo un po’ di chicchi di caffè e li maciniamo, otterremo da ogni chicco un numero grandissimo di granelli. Ma ognuno di quei granelli è ben lontano da rappresentare la più piccola parte in cui quel corpo solido si può suddividere. Se mettiamo un po’ di zucchero o un po’ di sale in un bicchiere d’acqua, queste sostanze si divideranno e si suddivideranno in parti così minime che non ci sarà più possibile afferrarne con l’occhio l’esistenza. Se soffiamo con forza in uno spruzzatore, o schizziamo fuori l’acqua da una peretta di gomma, essa si suddividerà in una quantità di minutissime goccioline, e così avverrebbe per qualsiasi altro liquido. Questa possibilità di dividersi in parti piccolissime si chiama divisibilità, ed è anch’essa una proprietà di tutti i corpi.
La più piccola parte ottenibile da queste divisioni si chiama atomo, da una parola greca che vuol dire appunto “indivisibile”. Questo “indivisibile” non è affatto indivisibile, ma ci conviene per il momento considerarlo come tale. Che esso sia effettivamente tale dal punto di vista chimico, ma che, viceversa, lo si debba pensare fisicamente divisibile, e che ciò sia stato confermato praticamente con la divisione dell’atomo, in questa prima fase di osservazione dei fenomeni della natura è prematuro da affrontare. Rimandiamo queste nozioni ad un secondo momento. La momentanea “ignoranza” non costituisce però ne un errore (in quanto l’atomo scisso non rappresenta più il corpo semplice, o elemento, che eventualmente volessimo considerare), ne un ostacolo alla comprensione dei fenomeni che ci prepariamo a spiegare. Questi atomi, dunque (a cui, del resto, neppure il fisico ha cambiato il nome), si riuniscono in piccoli gruppi detti molecole per effetto di una reciproca attrazione, e le molecole a loro volta si attraggono a formare il corpo; se si respingessero, il corpo, evidentemente, non starebbe unito, ma ogni particella se ne andrebbe per suo conto nello spazio. E’ ciò che avviene, in parte, nei corpi aeriformi, che in quella loro tendenza ad espandersi, mentre provano la loro divisibilità, mostrano di essere forniti di ben poca attrazione tra le particelle che lo costituiscono, attrazione che è anch’essa una proprietà della materia e prende più propriamente il nome di coesione.
L’aver ammesso che i corpi sono formati da particelle piccolissime di materia ci conduce ad un’altra interessante considerazione. Le particelle che formano un corpo sono saldate, fuse insieme? Oppure, nella loro attrazione reciproca, le particelle mantengono una certa distanza tra loro in modo da formare nel corpo degli spazi invisibili tra loro? Tutto induce a ritenere esatta la seconda supposizione, evidentissima per gli aeriformi, ma non evidente nei solidi e nei liquidi se non con l’aiuto di qualche esperimento.
Le proprietà fisiche dei corpi
Settimo esperimento Se metto dell’acqua all’interno di un recipiente di terracotta non verniciato e osservo, dopo poco tempo la superficie esterna di esso, vi noterò minutissime goccioline che ne inumidiscono tutta la superficie. Ma come può essere uscito il liquido dal vaso che io non ho toccato? Evidentemente esso si è fatto strada attraverso piccoli spazi che io non vedo osservando la terracotta, e che si chiamano pori. I membri di un’accademia scientifica, l’Accademia del Cimento, vollero un giorno (circa 3 secoli e mezzo fa) provare se il volume di una certa quantità di acqua fosse comprimibile. Fecero fare per questo una bella sfera d’argento fuso, la riempirono d’acqua, la chiusero ermeticamente, poi si dettero a percuoterla con dei martelli, per ridurre, ammaccandola, il volume della sfera, e con esso il volume dell’acqua. Ma non le avevano ancora prodotta alcuna ammaccatura, che la sfera si era tutta ricoperta di goccioline d’acqua, le quali, evidentemente, erano trapelate attraverso i pori dell’argento. Essi ne dedussero che l’acqua non fosse comprimibile, e si sbagliarono (la scienza è poi riuscita a ridurre il volume dell’acqua a meno della metà sotto una pressione di cinquantamila atmosfere), ma dimostrarono intanto certamente una proprietà dell’argento, condivisa anche da ogni altro corpo solido, e cioè la porosità. Questa stessa caratteristica detta porosità si può trovare facilmente anche nei liquidi, riempendo d’acqua a metà circa un vasetto di vetro, quindi versandovi sopra, con molta cautela e fino a riempimento dell’alcol colorato che, per la sua leggerezza maggiore di quella dell’acqua, dovrà stare a galla. A questo punto chiudiamo il vasetto con un tappo attraversato da una cannuccia trasparente, e introduciamo nella cannuccia altro alcol colorato fino a un certo livello. Agitando il vaso, l’alcol e l’acqua si mescoleranno e il livello del liquido nella cannuccia discenderà, dimostrandoci una riduzione di volume. Poichè abbiamo già dimostrato l’impenetrabilità della materia, non si potrà risolvere altrimenti il problema se non supponendo che i due liquidi siano penetrati reciprocamente l’uno nei pori dell’altro.
Le proprietà fisiche dei corpi
Ottavo esperimento Per dimostrare una proprietà dei corpi detta variabilità di volume, in genere si usa per i solidi l’anello di Gravesande,
per i liquidi e gli aeriformi un’ampolla di vetro apposita che presenta un’imboccatura a forma di tubo di piccolo calibro, in cui si introduce, a seconda dei casi, un liquido colorato o un gas, che dovrà, aumentando di volume, spingere in alto una goccia di mercurio contenuta nel cannello. Ma si possono fare le stesse esperienze senza questi apparecchi.
Le proprietà fisiche dei corpi
Esperimento Si prende un bicchiere; si appoggia sull’apertura del bicchiere un foglio di cartoncino rigido, e in questo si pratica un taglio lungo perfettamente quanto il diametro di una moneta e largo quanto la costa della medesima, in modo che essa, infilata nel taglio, cada nel bicchiere come dentro a un salvadanaio. Togliamo la moneta, riscaldiamola, e vedremo che la moneta non passerà più nel taglio, e dimostrerà così di essere aumentata di volume. Come potremo convincere il bambino che questo apparente aumento di materia non è che un allungamento degli spazio intermolecolari e interatomici, un allontanamento tra particella e particella che costituiscono il corpo, e non un accrescimento della sostanza di cui il corpo è composto? Semplicemente pesando la moneta riscaldata e mostrando che nell’aumento di volume non subisce alcun aumento di peso verificabile.
La variabilità di volume nei liquidi o negli aeriformi può essere dimostrata facilmente con una bottiglietta qualsiasi tappata da un tappo entro il quale si è infilata una cannuccia trasparente. Per i liquidi si introduce dell’acqua colorata in modo che il livello superi l’imboccatura della cannuccia: riscaldando l’acqua, essa corre su per la cannuccia mostrando con evidenza l’aumento di volume. Per i gas lasciamo lasciamo all’imboccatura di base della cannuccia una gocciolina di acqua colorata: scaldando l’aria contenuta nella bottiglia, la goccia d’acqua salirà rapidamente lungo il tubo.
Passiamo ad un altro ordine di osservazioni: ce ne offre l’occasione il gioco della palla. Battendo sul terreno la palla si schiaccia, cioè ne tocca la superficie orizzontale non in un punto, come avviene se io la poso delicatamente a terra, ma per un’estensione circolare che potrei anche ottenere annerendo il piano, ad esempio, con del nerofumo. Quando poi la palla ci rimbalza nuovamente tra le mani, è ancora perfettamente rotonda, e non porta nessuna traccia della deformazione. Prendiamo un elastico: tirandolo si allunga e cessando la trazione torna alla lunghezza originaria. Questa proprietà per cui i corpi riprendono la forma o il volume primitivo quando cessa la causa di alterazione su di essi, si chiama elasticità.
Prendiamo la lama di un coltello ed incurviamola: cessando di esercitare questa forza la lama torna rettilinea. Attorcigliamo due funi legate ad uno stesso corpo pesante che faremo girare rapidamente: e le funi torneranno a dividersi non appena cesseremo di costringere il peso a ruotare nella direzione da noi voluta. Anche se non vogliamo ora parla di elasticità alla compressione, alla tensione, alla flessione, alla torsione, ci basta averle dimostrate per effetto.
Potremo anche proporre al bambino dei divertenti giochi che gli fissino nella memoria queste proprietà: per esempio, chiediamogli di trovare il modo di allontanare una moneta dall’estremità di una fila di altre monete identiche, unite costa a costa, senza toccarla in nessun modo.
Basterà urtare la moneta che si trova all’estremità opposta, e quella da noi indicata si allontanerà, senza che si muovano le monete intermedie.
Evidentemente le particelle che le compongono devono essersi spostate con violenza verso l’ultima, che ne è fuggita lontano, ma devono anche essere ritornate nella posizione primitiva.
Un apparecchio molto simile al pendolo di Newton:
si può costruire prendendo un’asta di legno e facendovi alcuni fori distanti l’uno dall’altro quanto il diametro di alcune palline di legno, tutte uguali. Attaccando le palline a dei fili che passino per i fori praticati, fermando l’estremità superiore dei fili con un nodo, e sospendendo la riga a due sostegni qualsiasi, avremo tanti pendoli che si toccano fianco a fianco. Scostando la prima di queste palline e lasciandola cadere contro la successiva, l’ultima si scosterà senza che si muovano le intermedie:
Con questi esperimenti non avremo dimostrato l’elasticità dei solidi, ma solo di alcuni solidi, e non potremo generalizzare da questi pochi casi, se non avvisando il bambino che gli scienziati hanno fatto esperimenti che dimostrano come tutti i corpi siano elastici e che quelli che a lui non appaiono tali lo sono in così piccola misura da richiedere, per la dimostrazione, mezzi di cui è possibile disporre solo nei laboratori. Questa precisazione è importantissima per non assecondare la pericolosa tendenza, già propria dei bambini, di generalizzare da uno o pochi casi, cioè di formulare la legge in base a un numero insufficiente di osservazioni o di esperimenti.
Ci sarà però facile dimostrargli l’elasticità di qualche liquido, invitandolo a girare il rubinetto dell’acqua potabile: l’acqua, per il suo peso, scenderà precipitosamente nella vaschetta, ma in breve il bambino si troverà tutto cosparso da un’infinità di goccioline minutissime di acqua, quasi argentee in quella loro piccolezza di volume. Ma come l’acqua è saltata addosso a lui? Non doveva dunque scendere verticalmente, anelando, per il peso, a cadere sempre più in basso? Doveva, ed è caduta, ma le gocce d’acqua che, cadendo, non hanno potuto infilare il foro del condotto hanno naturalmente battuto con violenza sul fondo della vaschetta: ed ecco che esse hanno fatto come la sua palla di gomma e sono rimbalzate con violenza verso l’alto, ad investirlo, a spruzzarlo, agili, leggere e perfettamente rotonde. Non ci sarà nemmeno difficile mostrare ai bambini l’elasticità di un gas: l’aria che un bambino comprime in piccolo volume quando gonfia le gomme della sua bicicletta vuole riacquistare quello che aveva in origine e sfugge, sibilando, dalla valvola, non appena essa le venga aperta. Se possiamo procurarci una pompa da bicicletta in cui scorre uno stantuffo di gomma a perfetta tenuta infilato e fermato ad un’asta di metallo, in modo da poterlo spingere in giù, faremo vedere che l’aria compressa là dentro dalla discesa dello stantuffo lo spingerà indietro, al cessare della nostra pressione, per riacquistare il volume primitivo, qualora noi si tappi con un dito il foro inferiore, invece di infilarlo sopra la valvola del pneumatico. Chiuderemo questi nostri cenni sulle proprietà generali dei corpi con alcuni esperimenti riguardanti l’inerzia.
Le proprietà fisiche dei corpi
Le proprietà fisiche dei corpi – Il gioco delle bocce può offrire utile materiale didattico
Noi usiamo comunemente il termine “inerte” per indicare ciò che non si muove, che non lavora, che non produce. Scientificamente, però, la parola ha un altro valore: indica cioè non soltanto la quiete, anche il moto. Nel primo senso la cosa è troppo evidente per aver bisogno di spiegazione; un corpo inanimato non potrà mai mettersi in movimento se una forza ad esso estranea non verrà a smuoverlo. Non è altrettanto evidente, o almeno così sembra a prima vista, il fatto che un corpo inanimato non possa mai cessare quel movimento dopo che gli è stato impresso, se una forza estranea non interviene per fermarlo, nè possa accelerare o rallentare il suo moto senza cause esteriori che possano produrre su di lui tali modificazioni. Il moto, una volta impresso ad un coro, dovrebbe durare per anni, per secoli, per millenni, se si realizzassero condizioni ambientali tali da non poter influire minimamente su di esso. Non è facile dimostrare al bambino questa legge: possiamo solo parzialmente basarci su esperimenti e abbiamo bisogno, per completare le nostre spiegazioni, di supporre, di astrarre, di immaginare, di costruire una realtà su elementi irreali. Il bambino ci potrà capire? Possiamo tentare.
Le proprietà fisiche dei corpi – Esperimento Prendiamo una boccia e diciamo al bambino di farla rotolare in un cortile o su una strada pavimentata a ciottoli: urtata, nella sua corsa, dagli spigoli dei sassi, la boccia non andrà molto lontano. Facciamo poi rotolare la boccia su una strada di terra battuta: la palla arriverà molto più lontano, e ancora più lontano potrà andare su una bella strada asfaltata. Certo, anche in questo caso la boccia, sia pure a notevole distanza, si fermerà, ma per liscio che sia il pavimento, vi sarà pur sempre un po’ di attrito tra la boccia e il terreno, senza considerare la resistenza opposta al moto della boccia dall’aria. Il bambino stesso può provare questa resistenza mettendosi a correre: l’aria gli aliterà sul viso come se improvvisamente si fosse levato il vento. Senza queste cause la boccia una volta messa in moto non si fermerebbe più.
Possiamo fare esempi di questo moto osservando una gran quantità di eventi quotidiani, che il bambino ha sperimentato inconsapevolmente mille volte, ma senza mai averli analizzati nelle loro cause e nei loro effetti. Se il bambino si trova su un vagone del treno lanciato a velocità notevole, all’arresto del treno si sentirà spingere con forza nella stessa direzione seguita dal vagone, perchè il suo corpo, che si muoveva con esso nella stessa direzione, tende a permanere in quello stato di movimento. Se il treno da una traiettoria rettilinea passa ad un tratto a descriverne una fortemente curva, il bambino si sentirà come lanciato al di fuori, per la tendenza che il suo corpo aveva di continuare il moto secondo la traiettoria rettilinea. Se di un treno in rapida corsa si arresta improvvisamente il motore, i vagoni che seguono la locomotiva urteranno l’uno con l’altro, si accavalleranno addirittura, per quella forza d’inerzia che tende a farle persistere nel movimento iniziale.
Un fenomeno analogo avviene anche per i liquidi: se la pioggia violenta ci ha sorpresi per la strada senza ombrello, possiamo liberare il cappello dall’acqua che lo inzuppa scuotendolo come se no volessimo gettare a terra, mentre poi lo tratteniamo saldamente; ma le gocce, cui già era stato impresso il movimento di discesa, lo continuano per inerzia ed escono dal cappello per cadere sul terreno.
Negli aeriformi potremo far osservare al bambino il vapore acqueo che esce da una pentola che bolle: le molecole che lo costituiscono continuano a salire finchò non trovano un ostacolo che le arresti nel loro cammino e che, nel nostro caso, sarà rappresentato dal soffitto della stanza in cui ci troviamo. Non che tutti i gas si comportino come il vapore acqueo, preso qui come esempio perchè visibile: il vapore infatti sale perchè è più leggero dell’aria, ma esistono anche gas più pesanti dell’aria. Detto questo anche per i secondi vale le legge per cui una volta iniziato il moto le loro molecole tenderebbero a muoversi infinitamente, se non arrestate da ostacoli. Ma non complichiamo per ora questo concetto con la qualità del moto che un corpo, per inerzia, dovrebbe seguire: l’uniformità della velocità e la l’andamento rettilineo della traiettoria percorsa sarebbero complicazioni astratte e non controllabili attraverso l’esperienza diretta. D’altra parte non siamo interessati alla compiutezza delle nozioni, ma piuttosto al fatto che quelle illustrate siano esatte e che mai il bambino debba farle proprie per autorità. Vogliamo che il bambino assimili queste nozioni attraverso quella convinzione incrollabile che può dare solo l’esperienza concreta.
Le proprietà fisiche dei corpi – Ogni classe di corpi tende a differenziarsi dalle altre
Dopo aver condotto il nostro piccolo scienziato allo studio delle proprietà generali della materia, sia attraverso l’osservazione di fenomeni naturali, si attraverso la loro riproduzione artificiale per mezzo di esperimenti, ci rimarrà ancora un lungo cammino da percorrere per guidarlo nello studio delle proprietà comuni solo a certi stati della materia. Noi finora abbiamo volutamente fermato l’attenzione su caratteri che si riscontrano in qualsiasi corpo, ed abbiamo insistito perchè il bambino non generalizzasse precipitosamente in legge le conclusioni a cui i suoi sensi parevano guidarlo nei rapporti di un determinato stato della materia. Questo era indispensabile, perchè, insieme ai caratteri generali, ogni corpo ne possiede altri particolari del suo stato, ed altri ancora specifici a un gruppo di quello stato, ed altri infine del tutto individuali che lo differenziano fra tutti e costituiscono il suo essere. I solidi, ad esempio, hanno caratteri propri, quali la durezza e la tenacità; i liquidi proprietà specifiche come la scorrevolezza delle molecole e il potere di trasformare in liquido un solido immerso in essi; mentre l’espansibilità e la tensione sono fenomeni che si riscontrano solo negli aeriformi. Così alcuni caratteri fisici sono propri, ad esempio, solo di certi corpi solidi, come la plasticità, la malleabilità, la duttilità, la friabilità, la fragilità, ecc…, mentre la forma, il sapore, il calore, l’odore ecc… sono proprietà essenzialmente individualizzatrici.
Acquarello steineriano LE ZUCCHE tutorial per realizzare coi bambini della scuola d’infanzia e primaria due versioni diverse di zucca, tipico frutto autunnale, e simbolo della festa di Halloween. Una terza versione, adatta anche ai bambini più piccoli, qui
Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente – una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo – pennello – un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna) – colori ad acquarello: giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.
Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione
Dopo aver immerso il foglio nell’acqua, stendetelo sul tavolo, evitando bolle e ondulazioni:
Iniziate dipingendo un punto giallo limone al centro del foglio:
ingrandite il punto finchè riesce a stare comodo sul foglio, non troppo schiacciato dai bordi inferiore e superiore:
Quando il punto non può più crescere mantenendo la sua forma circolare, iniziamo ad espanderlo a destra:
e a sinistra, sempre lasciandogli un margine interno per non essere schiacciato:
Riempiamo ora la cornice attorno al giallo col blu oltremare, seguendo la forma del punto giallo e stando molto attenti a che i due colori non si tocchino tra loro:
Con gesti morbidi, dal basso verso l’altro e rispettando il gesto del giallo, trasformiamolo in arancione utilizzando il rosso vermiglio, stando attenti a lasciare in altro una zona gialla:
Col blu oltremare trasformiamo la zona gialla in alto in verde:
e facciamo crescere verso il picciolo della zucca:
riprendiamo poco giallo limone per illuminare il blu oltremare della cornice, trasformandolo in un verde leggero leggero:
Questa è la pittura asciutta:
Acquarello steineriano LE ZUCCHE Seconda versione
Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Materiale occorrente – una bacinella d’acqua e una spugna per stendere il foglio bagnato sul tavolo – pennello – un vaso d’acqua e uno straccetto (o una spugna) – colori ad acquarello: giallo limone, giallo oro, blu oltremare, rosso vermiglio.
Acquarello steineriano LE ZUCCHE – Presentazione
Dopo aver preparato il foglio bagnato come spiegato sopra, riempiamolo di giallo limone, seguendo il gesto di luce che più ci piace:
Col blu oltremare creiamo in basso una base ondulata verde, adatta a sostenere qualcosa di grande e tondo:
col giallo oro facciamo un punto circa al centro del foglio:
e facciamolo crescere:
Quando il punto comincia ad avere poco spazio sopra e sotto, continuiamo a farlo crescere ancora un po’ a destra e a sinistra:
Col rosso vermiglio trasformiamo il giallo oro in arancione, lasciando uno spazio giallo in alto, che trasformeremo in verde col blu oltremare:
Racconto illustrato LA STELLA MELA con quattro proposte di esercizi di acquarello steineriano guidato per accompagnare il racconto, con tutorial. E’ un racconto adatto sia all’autunno, sia alla seconda settimana di avvento.
LA MELA STELLA
C’era una volta un giovane, piccolo melo, che ogni notte alzava il suo sguardo verso il cielo , innamorato della bellezza delle stelle. E ogni notte cantava per loro il suo canto d’amore.
tutorial 1
Oh, come desiderava salire lassù, come desiderava toccare una stella, come sognava prenderne una e tenerla sempre con sè! Una sola piccola stella era tutto ciò che sognava, una piccola stella da proteggere, abbracciare, ammirare ed amare dentro di sè…
Una notte che sembrava uguale a tutte le altre notti, successe una cosa straordinaria. Una dolce fatina dei boschi, intenerita dal canto del giovane albero innamorato delle stelle, prese a volare tra le sue fronde piccine e gli sussurrò parole leggere come il vento: “Se saprai crescere forte e generoso, senza dimenticare il tuo sogno, il tuo desiderio si avvererà…”
tutorial 2
Passarono gli anni, e l’albero crebbe e crebbe ancora. Ogni notte cantava il suo canto d’amore alle stelle, e si faceva sempre più forte e bello. Le stagioni passavano, e ogni anno, dopo una fioritura spettacolare, si caricava di mele lucide e rosse come il suo amore per le stelle, profumate, dolci e golose.
tutorial 3
L’albero ricordava la promessa della bella fata dei boschi, e nemmeno per un attimo dubitò di lei: anche se l’aveva vista una sola volta, la sentiva vicina. Non perse mai la speranza che un giorno l’avrebbe rivista, e che quel giorno avrebbe avuto la sua stella. Quando la fata finalmente apparve, l’albero si scosse tutto di gioia e disse: “Cara fata, ho fatto tutto ciò che mi hai chiesto, crescere forte e generoso mi ha reso felice, guarda le mie mele! Ma non capisco davvero perchè il mio desiderio non sia ancora stato esaudito… perchè ancora non ho la mia piccola stella che è tutto ciò che sogno… una piccola stella da proteggere, abbracciare, ammirare ed amare dentro di me…” E la fata rispose: “Oh, caro, ma è da tanto che ho esaudito il tuo desiderio. Guarda dentro di te, nelle tue mele… Senza saperlo sei sempre stato pieno di stelle, non una, ma tante luminosissime bellissime stelle, fatte come le stelle fatte dal cielo”.
Ognuno nasconde dentro di sè la sua piccola stella. Ognuno ha il suo luminosissimo segreto.
Se sei alle prime esperienze con questa tecnica di pittura, qui puoi trovare tutte le indicazioni di base:
Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e blu di prussia.
Come si fa
Per prima cosa immergete il foglio nella bacinella d’acqua, e con l’aiuto della spugna stendetelo sul tavolo, evitando bolle ed ondulazioni:
Col blu oltremare fate una bella macchia di colore che rappresenta i desideri dell’albero, in un punto del foglio:
Ora col giallo limone punteggiate tutto intorno con la luce delle stelle. Un po’ di luce va ad abbracciare i desideri dell’albero:
E i desideri dell’albero (blu oltremare) abbracciano una ad una le stelle:
La notte (il blu di prussia) avvolge tutti, e la luce delle stelle (giallo limone) penetra nell’albero, trasformandolo in verde:
Questa è la pittura asciutta:
Tutorial 2
L’incontro con la fata dei boschi
Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e rosso vermiglio.
Come si fa
Dopo aver preparato il foglio come spiegato sopra, punteggiate di luce di stelle (giallo limone), lasciando uno spazio libero, dove più desiderate e ampio quanto lo desiderate:
Nello spazio libero inserite la macchia di blu oltremare che è l’anima del piccolo melo:
E al suo fianco aggiungete la magia della bella fatina dei boschi (rosso vermiglio):
l’anima del giovane albero (blu oltremare) abbraccia tutte le stelle, fino a riempire il cielo:
E la luce delle stelle (giallo limone) abbraccia l’albero e la fata:
Poi questa stessa luce (sempre giallo limone) entra nell’albero e nella fata, trasformandoli in verde e arancione:
Questa è la pittura asciutta:
Tutorial 3
L’albero cresce forte e generoso
Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, giallo limone e rosso vermiglio.
Come si fa
dopo aver preparato il foglio come spiegato sopra, create una cornice tonda e accogliente intorno ai bordi del foglio, col giallo limone, e portate un po’ della sua luce all’interno del foglio, creando tante piccole macchie:
il blu oltremare, l’anima e i desideri dell’albero, abbraccia una ad una le macchie luminose, fatte della stessa luce di cui sono fatte le stelle:
Il rosso della promessa della fata dei boschi (rosso vermiglio) entra in ogni spazio di luce, e la luce si diffonde in tutto il blu oltremare, trasformandolo il verde:
Infine i desideri dell’albero (blu oltremare) si vanno a fondere con le luce delle stelle della cornice, trasformandola in una luce verde:
Questa è la pittura asciutta:
Tutorial 4
La stella mela
Materiale occorrente: un foglio da acquarello, una bacinella d’acqua, una spugnetta, un pennello, acquarelli possibilmente non in pastiglia nei colori blu oltremare, blu di prussia, giallo limone e rosso vermiglio.
Come si fa
Dopo aver tagliato inseme ai bambini una bella mela rossa, per ammirare la stella che contiene, prepariamo il foglio sul tavolo, come già spiegato sopra.
Col giallo limone creiamo al centro del foglio i cinque punti di luce di stelle che abbiamo visto nella mela:
Al centro di ogni punto di luce gettiamo un semino (blu di Prussia):
Congiungiamo tra loro i punti di luce (stando attenti a non toccare i semini) per disegnare la stella, poi prendendo altro giallo limone abbracciamo la stella con un bel tondo:
Che richiudiamo poi in un bel tondo rosso vermiglio:
Intorno alla mela creiamo un bello sfondo col blu oltremare:
E infine illuminiamolo con del giallo limone, trasformando il blu oltremare in verde:
I CEREALI materiale didattico vario, letture, dettati ortografici ecc…, di autori vari, per la scuola primaria. I cereali
I cereali sono per lo più graminacee che servono all’alimentazione dell’uomo e degli animali domestici, soprattutto se ridotti in farina. Ad essi appartengono il grano, l’avena, la segale, l’orzo, il riso, il granoturco, il miglio, il sorgo, ecc…
Le graminacee fonte di alimenti L’amido di frumento viene utilizzato per la confezione del pane e per la fabbricazione della pasta. Per il pane, la farina di frumento, setacciata in modo da allontanare ogni residuo dei tegumenti che formano la crusca, viene impastata con acqua tiepida e lievito in opportune proporzioni; lasciata riposare per qualche ora, in modo che il lievito la faccia gonfiare, viene divisa in pezzi, modellati in vario modo, e cotta in un forno caldissimo. Il pane può essere confezionato anche lasciandovi i pezzi dei tegumenti della cariosside; in tal caso viene detto integrale. La pasta viene ottenuta mescolando farina e acqua senza aggiungere lievito. Quando si confeziona in casa, viene schiacciata col mattarello in modo da formare uno strato sottile, che poi è tagliato secondo il bisogno in pezzetti (lasagne), rettangolini o strisce (tagliatelle o fettuccine), e così via. Nella produzione industriale l’impasto, preparato nei pastifici, viene passato in speciali macchine, che lo comprimono tra rulli e lo tagliano a nastro oppure lo passano attraverso trafile, che lo riproducono in lungi pezzi cilindrici di varia lunghezza, omogenei o cavi, secondo che si vogliano ottenere, per esempio, i vermicelli, gli spaghetti o i maccheroni. La pasta può anche essere tagliata in piccoli pezzetti e stampata ottenendo le conchiglie, le farfalle, ecc… Nella confezione della pasta si può aggiungere anche del tuorlo d’uovo (pasta all’uovo) o del glutine (pasta glutinata). Non tutte le varietà di frumento sono egualmente adatte alla fabbricazione della pasta alimentare. Possono essere bene utilizzati a questo scopo solamente i cosiddetti grani duri, coltivati nelle regioni a clima caldo, arido. I grani teneri sono invece preferiti per la confezione del pane. Oltre al frumento, l’uomo utilizza anche altre graminacee. Ne ricordiamo qualcuna tra le principali. Il mais o granoturco non è originario della Turchia, ma del Messico. Viene denominato turco perchè dopo la scoperta dell’America rimase per molto tempo l’uso di chiamare turco ogni prodotto proveniente da oltremare, in quanto fino ad allora i fiorenti commerci con l’Oriente passavano generalmente attraverso la Turchia, seguendo numerose vie carovaniere. Il mais, molto coltivato nella zona che va da Bergamo al Veneto, compreso il Trentino, è utilizzato per preparare la polenta; la cariosside dà anche olio, e il fusto cellulosa. Il riso, coltivato soprattutto in Piemonte e in Lombardia, è una pianta acquatica originaria della Cina, Indocina, India e Giappone, dove viene coltivato fin dall’antichità. Si può dire che il riso alimenta la metà della popolazione umana. Le cariossidi del riso vengono asciugate e poi brillate; sono cioè liberate, con speciali procedimenti, dai tegumenti e vengono lucidate prima di essere messe in commercio. La segale si coltiva nelle regioni settentrionali e ad una certa altitudine. Serve per preparare un pane profumato, di colore più scuro di quello del frumento. L’orzo viene utilizzato soprattutto per preparare la birra, ottenuta macinando con acqua le cariossidi germinate e lasciandole poi fermentare. L’avena trova applicazione sia come foraggio per i cavalli, sia nell’alimentazione umana; a questo scopo la cariosside viene pressata, senza essere macinata completamente, e messa in commercio col nome di “fiocchi di avena”, molto nutrienti e molto in uso per l’alimentazione dei bambini e degli ammalati. (M. La Greca e R. Tomaselli)
Le semine La semina consiste nell’affidare al terreno i semi delle piante, dopo l’opportuna preparazione. Le operazioni di semina si compiono all’incirca negli stessi periodi dell’anno secondo un calendario agricolo determinato dall’esperienza e dalla tradizione, oppure, come più spesso si fa oggi, secondo criteri scientifici che tengono conto dell’epoca più opportuna per il raccolto in correlazione con le vicende meteorologiche stagionali. Nel nostro paese la semina dei cereali (grano, avena, segale, orzo) viene fatta normalmente in autunno; quella delle leguminose, in primavera nell’Italia settentrionale e in autunno nell’Italia meridionale. Per altre colture particolari, come quella del granoturco, della saggina, della canapa e della barbabietola, la semina avviene in primavera. Alla semina, che deve trovare già il terreno sciolto dall’aratura e inumidito dalle piogge o dall’irrigazione, segue la erpicatura. Essa consiste nel passare sul terreno un telaio a maglie rettangolari munite di punte, oppure un cilindro munito di punte, in modo da estirpare le erbacce rimaste dopo l’aratura, comprimere il terreno ed affondarvi il seme. La semina può essere fatta in posto, cioè distribuendo la semente sul terreno, a mano oppure a macchina, come si fa per i cereali e il mais; oppure in appositi semenzai, riquadri di terreno dove la semina è fatta molto fittamente, dopo di che si procederà al trapianto ossia alla messa a dimora delle pianticelle poco dopo che esse siano nate.
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Il grano
grano
E’ una delle più importanti piante coltivate fin dai tempi preistorici e la sua coltura ha accompagnato lo sviluppo della civiltà. I chicchi disposti nella spiga su nodi alterni, sono costituiti da un frutticello (la cariosside detta volgarmente seme) rivestito da una buccia sottilissima. Nella buccia e negli strati periferici del frutticello c’è uno straterello di glutine ricco di sali, vitamine, grassi e cellulosa; nel nucleo centrale del frutticello c’è soprattutto una grande quantità di amido. Comunemente si distinguono i frumenti nudi e i frumenti vestiti. Tra i grani nudi, il grano tenero è il più importante nella coltivazione mondiale; i grani duri si prestano meglio alle regioni calde e aride. Il prodotto del frumento, cioè il chicco, viene utilizzato per l’alimentazione, il suo stelo, o paglia, come foraggio e come lettiera per gli animali, oltre che per la fabbricazione della carta. Il grano, con la macinatura, viene ridotto in farina e in questo stato si usa per la confezione del pane, della pasta, dei biscotti, ecc… Dal grano si ricava l’amido che, sottoposto prima alla saccarificazione e poi alla fermentazione, ci può dare un alcool di qualità inferiore utilizzato nell’industria. L’origine e la storia del frumento non si conoscono in modo certo. Pare che questo indispensabile cereale provenga dalla Persia.
Benchè formi la base essenziale dell’alimentazione di molti popoli, non è però il cereale coltivato di preferenza nel mondo. La sua coltura è poco estesa in Africa e in genere nelle zone equatoriali e tropicali, in Estremo Oriente, in Australia, dove viene coltivato soltanto in alcune regioni. Il frumento ha molti parassiti: numerosi funghi e insetti. Facile, per chi vive in campagna, assistere allo sviluppo della pianta del grano. Il frumento si semina in autunno nella terra già preparata dall’aratro. Il chicco resta sotto terra per alcuni giorni, e ai primi tepori ha già germogliato e ricopre il terreno di un’erbetta verde e tenera. Presto “accestisce” cioè mette molti steli laterali dalla base del culmo centrale. In seguito mette la spiga che fiorisce. Il vento favorisci l’impollinazione, che non avviene per opera degli insetti, e gli ovuli fecondati si trasformano in grani. La spiga granisce, i frutticelli prendono consistenza farinosa, e dopo poco la pianta ingiallisce, cioè diventa sempre più matura. A questo punto il grano viene mietuto, cioè falciato e raccolto in covoni, dopo di che è lasciato all’azione del sole che ne assorbe l’umidità. Quando il grano è ben secco viene passato alla macchina trebbiatrice che separa il chicco dalla paglia e dalla pula. I chicchi così ottenuti vengono portati al granaio dove subiscono altre operazioni: la vagliatura, cioè la separazione del chicco dalla pula (il suo rivestimento) che vi fosse ancora restata, e quindi la conciatura, cioè una preparazione fatta per impedire che i parassiti attacchino il raccolto. A questo punto il grano è pronto per essere portato al mulino e macinato. Anticamente gli uomini trituravano il chicco fra due pietre e questo sistema è ancora in uso presso alcune popolazioni. In seguito, come si è detto, furono costruiti mulini formati da due grosse pietre (macine) fatte girare una sull’altra con diversi mezzi. Anche qui il progresso ci ha saputo dare mulini perfezionati che fanno non soltanto il lavoro di macinatura, ma anche quello di spulatura, di cernita dei semi e di setacciatura. (Per molto altro materiale sul grano vai qui: https://www.lapappadolce.net/tag/grano/).
Storia del grano Gli antichi uomini che vivevano nelle praterie dell’Asia e si spostavano qua e là dietro le loro greggi, conoscevano già questa utile piantina. Essi avevano imparato a liberare un tratto di terreno dalle altre erbe e a gettarvi sopra i chicchi. Il grano sfrutta intensamente il terreno nel quale è coltivato, perchè succhia tutti i sali minerali che esso contiene. Se non viene intensamente concimato, ben presto questo terreno non può più nutrire le piante. Gli antichi uomini, però, non conoscevano l’arte di concimare i terreni. Quando un campo non rendeva, lo abbandonavano e si spostavano dove il terreno era ancora fertile. Così, sulla scia dei primi uomini, che dall’Asia si diffusero in tutte le terre conosciute, anche il grano raggiunse l’Europa, l’Africa, l’America.
A che cosa serve il grano? I chicchi del grano sono usati dagli uomini per farne pane e pasta. I chicchi di grano macinati nei mulini, cioè schiacciati e tritati con le macine, diventano farina. Il grano tenero, quello che serve a fare il pane, sopo esser stato macinato viene setacciato. In questo modo la farina viene liberata dalla crusca, cioè dalla buccia dei chicchi che è dura e di colore scuro. La farina che rimane è bianca e ricca di amido, ma ha perso, con la crusca, parte del glutine e delle vitamine. Il pane scuro, quello fatto con la farina nella quale è rimasta un po’ di crusca, benchè a molti piaccia meno del pane bianco, è in realtà più nutriente. Con la farina ottenuta macinando il grano duro, quello ricco di glutine, si fabbrica, invece, la pasta.
La tecnica contro la fame I Romani diffusero la coltivazione del grano in tutto il loro vasto impero: essi inventarono anche una macina entro cui il grano veniva sfarinato in modo finissimo. Molti fornai facevano lavorare gli operai con guanti e maschere di garza, perchè il sudore e l’alito non contaminassero l’impasto. Una delle poche invenzioni del Medioevo riguarda il frumento: si tratta dei mulini a vento, sviluppati poi dagli olandesi. In epoca moderna, vennero le grandi invenzioni tecniche che facilitarono la lavorazione del grano: la prima aratrice e seminatrice meccanica, le prime mietitrici-trebbiatrici tirate dai cavalli, e poi le prime macchine a vapore per il lavoro dei campi. Giacomo Watt, l’inventore della macchina a vapore, costruì un mulino a vapore sul Tamigi, ma i mugnai di Londra glielo incendiarono. Oggi la tecnica produce aratri meccanici capaci di tracciare contemporaneamente 18 solchi profondi 40 cm, di collocare i semi, concimare e ricoprire, tutto in una sola passata! Nello stesso tempo, gli scienziati selezionano e incrociano le varietà di grano per trovare quelle che meglio si adattano a un clima o all’altro, quelle che producono di più, quelle che servono ad usi speciali come la produzione della pasta dal grano duro. Sono conquiste della scienza che spesso non si trovano sui libri, ma si tratta delle invenzioni più preziose.
La semina del grano
In che cosa consiste la semina? Quale lavoro ha fatto il contadino prima di spargere i semi? Come può essere fatta la semina? Un chicco di grano darà una o più spighe? Che cos’è la spiga? In quale stagione, nel nostro paese, viene fatta normalmente la semina? Quando viene fatto il raccolto? Che cosa si ricava dal grano? Quali sono i nemici del grano? Com’è il fiore del grano? Che cos’è l’erpicatura? Quale prova fa il contadino per accertarsi di aver acquistato dell’ottimo grano?
Il grano Fra tutti i cereali, il più diffuso ed il più utile, perchè dà farina dall’alto potere nutritivo, è il grano o frumento. Lo si conosce da tempo immemorabile. La sua farina, mescolata con sostanze adatte che le permettono di lievitare e di gonfiarsi, dà il pane, la base dell’alimentazione umana dal tempo degli antichi Egizi che lo fabbricarono per primi. Data la grande diffusione del frumento in tutto il mondo, è logico pensare che ne esistano innumerevoli varietà, come è in realtà. Una grande distinzione è quella che si fa tra frumenti di grano tenero e quelli di grano duro; i primi danno specialmente farina da pane, mentre gli altri, che sono assai ricchi di una sostanza molto nutriente, il glutine, producono una farina adatta a preparare paste alimentari. Il grano duro, diffuso per opera degli Arabi, è coltivato in Canada e nelle regioni mediterranee. Il frumento viene seminato in autunno; dopo pochi giorni germoglia e spunta dal terreno come una tenera pianticella. Durante l’inverno il freddo ne arresta la crescita, ma non la danneggia. Tutti conosciamo il detto “sotto la neve pane”, che ci ricorda come la neve, con la sua coltre, protegge i teneri germogli, impedendo loro di gelare. Coi primi soli primaverili il grano riprende a crescere: verso la tarda primavera o l’estate, secondo i climi, sarà pronto per la falce.
In Egitto comincia la storia del pane Seimila anni or sono, il frumento era già apparso sulle rive del Nilo. Le pianticelle del nuovo cereale provenivano dall’Altipiano Etiopico. Furono ben accolte dagli abili agricoltori egiziani e seminate con cura sui campi fecondati dal Nilo, accanto a un altro cereale dai duri chicchi: l’orzo.
Con l’orzo e col frumento non di faceva il pane: i chicchi venivano schiacciati, la grossolana farina veniva impastata con acqua e cotta in focacce, fra mattoni roventi. Ma un giorno una donna, dopo aver preparato le focacce per il giorno dopo, dimenticò un po’ di pasta in un angolo. Qualche tempo dopo, nel riprendere la lavorazione, si accorse di questa pasta e vide che in essa erano avvenuti strani cambiamenti: si era gonfiata ed appariva piena di bollicine. Oggi noi sappiamo che si trattava delle spore del lievito che, portate dall’aria, avevano fatto inacidire e lievitare l’impasto. Allora, la donna egizia non seppe che pensare. Chiamò tutta la famiglia e mise quella strana pasta nel forno. Era un prodigio davvero, un miracolo della provvidenza che conduceva l’uomo alla scoperta del pane: dal forno non uscì la solita focaccia, ma qualcosa completamente nuova, una sostanza profumata, soffice, diversa da quanto s’era visto e mangiato fino allora: era nato il pane!
Il grano, base della nostra alimentazione Da tempo immemorabile il frumento è stato alla base della nostra alimentazione, insieme con una certa misura di altri cereali: pane italiano di tutte le fogge, dalle larghe pagnotte pugliesi ai bianchi gioielli in pasta di semola ed agli azzimi della Sardegna, pane di tutte le sfumature fra il nero e il candido, pane ad acqua, olio e mentuccia dei pastori maremmani e sfilatino spaccato, col pomodoro dentro, degli operai napoletani. E poi la piada romagnola, la pizza, la schiacciata di Mantova, le infinite varietà di paste alimentari… E, del frumento, esistono due principali qualità: il grano tenero, usato per il pane, e il grano duro, usato per le paste. L’Italia del centro e del nord coltiva soltanto il primo, le isole maggiori coltivano soprattutto il secondo. In tutto, circa un quinto della nostra superficie coltivabile è dedicata al grano; ma, sia per insufficienti metodi di coltura, che per altre ragioni, non raggiungiamo ancora l’autosufficienza. Per di più, la produzione varia molto da regione a regione, a causa del diverso rendimento del suolo. Ad esempio, la Sicilia è al primo posto in rapporto all’area coltivata a grano, ma al quarto o quinto posto per produzione.
Il grano e l’uomo Tra giugno e luglio, il grano dona all’uomo il so frutto prezioso ed il campo, pieno e dorato, rivela tutta la sua ricchezza. La falce o la macchina recidono lo stelo: è la mietitura. Con la trebbiatura le cariossidi vengono separate dalle spighe ed i chicchi, così ottenuti, vengono avviati ai mulini, dove dal pericarpo si ricaverà la crusca e dal seme la farina, con la quale verrà fatto il pane e la pasta.
Il calendario del grano Se vi chiedessero in che mese si miete il grano, voi risponderesti “In giugno” e sbagliereste. Il grano si raccoglie durante tutto l’anno e non c’è mese dell’anno in cui non di mieta in qualche Paese del mondo. Il grano infatti è il cereale più diffuso sulla terra e alligna e prospera da per tutto, dai Tropici al Circolo Polare. Ecco un interessante calendario del grano. In giugno si miete in Italia, in altri Paesi del Mediterraneo e in California. Il luglio si miete in Francia, in Ungheria, nella Russia meridionale, negli Stati Uniti e nel Canada. In agosto si miete in Germania, in Belgio, in Inghilterra e nel Canada orientale. In settembre si miete nel Canada settentrionale, in Scozia, in Scandinavia e nella Russia centrale. In ottobre si miete nella Russia settentrionale. In novembre nell’Africa australe. In dicembre nell’Australia e nella Nuova Zelanda. In gennaio si miete in Argentina. In febbraio in India. In marzo in India e in Egitto. In aprile nei Paesi del Mediterraneo orientale e in Messico. Finalmente, in maggio, si miete in Cina.
Quale raccolto può dare un solo seme di frumento? Il frumento dell’uomo primitivo era esiguo. Probabilmente ogni pianta dava un solo stelo con scarsi chicchi. Ora da un solo seme si ottengono da sei a dodici steli, ed alcune piante ne hanno tre o quattro dozzine, con la ricchezza di altrettante spighe. Una spiga può produrre da trenta a cinquanta chicchi; dunque un solo seme di frumento può dare oggi un raccolto di tre o quattrocento chicchi.
Le radici del frumento e la loro parte nella maturazione del chicco
La pianta del frumento è meravigliosamente adatta per l’impollinazione a mezzo del vento, sebbene spesso si impollini da sè. Il fiore a spiga si eleva nell’aria, e le antere mature, che contengono il polline, sono spinte fuori. Essendo lunghi e sottili, questi filamenti penzolano e oscillano alla minima scossa; perciò il loro polline cade sull’estremità del pistillo provvisto di peli, che facilmente trattengono il polline. La pianta ora comincia ad utilizzare la grande quantità d’alimento immagazzinata nelle sue radici facendo così maturare i chicchi. Le radici penetrano fino a considerevole profondità nel terreno per trarne abbondante nutrimento, e se le varie pari delle radici si disponessero in linea retta esse raggiungerebbero una lunghezza inverosimile. La pianta di frumento sta in posizione eretta, sebbene abbia un’apparenza così fragile; il fusto di grano è il più bell’esempio di forza combinata con la leggerezza e l’economia del materiale. Un buon chicco di grano è gonfio ed ha un rivestimento liscio e sottile: tagliato in mezzo, esso appare semitrasparente.
I molti nemici del grano
Il frumento ha molti nemici, che l’agricoltore deve continuamente combattere per salvare il prodotto. Il topo campagnolo a coda lunga e il topo dei raccolti divorano i chicchi in sviluppo; il topo comune ed il ratto attaccano lo stelo; insetti dannosi, quali la mosca del grano, la cimice, qualche specie di dittero e il moscerino del grano attaccano la pianta in sviluppo. Affliggono il frumento anche varie specie di funghi delle quali la peggiore è la notissima “ruggine del grano”, che segnala la sua presenza a danno avvenuto, mediante strisce brune o nere sulle foglie.
Perchè la pasta è dura e compatta e il pane è soffice e spugnoso? Vi ricordate quei piccolissimi esseri che vivono nell’aria, nella terra, nell’acqua, i batteri? Oltre ai batteri, esistono altri piccolissimi esseri viventi, anche essi tanto piccoli da essere invisibili. Alcuni di essi si chiamano lieviti e sono piccolissimi funghi, che possono vivere liberi nell’aria. Come tutti gli esseri viventi, anche i lieviti si nutrono e respirano. che cosa avviene nella pasta del pane, cioè nella farina impastata con l’acqua, quando in essa vanno a cadere alcuni di questi lieviti? I lieviti nella pasta del pane incominciano a nutrirsi e a produrre, fra l’altro, un gas, l’anidride carbonica. L’anidride carbonica forma nella pasta del pane delle bolle. La pasta si gonfia e non è più compatta. Quando poi il pane è messo nel forno, il calore fa evaporare l’anidride carbonica e il pane resta tutto pieno di cavità, come una spugna. Quando i panettieri fanno il pane, non possono certamente aspettare che nella loro pasta vadano a cadere i lieviti che sono nell’aria. Adoperano quindi dei lieviti disseccati, riuniti a formare quello che si chiama lievito di birra. Non appena mescolati alla pasta e tenuti in ambiente caldo, i lieviti cominciano a nutrirsi e a respirare e, in breve tempo, il pane si gonfia, o come si dice meglio, lievita. Il pane lievitato viene messo a cuocere nel forno, dal quale esce dorato e croccante. Il calore del forno, però, deve essere ben dosato. Se nel forno il calore è troppo poco, il pane resta umido e molliccio; se il calore invece è troppo, il pane brucia e diventa nero e duro come il carbone. Tutti i forni perciò sono muniti di un termometro situato fuori dal forno, sul quale si può controllare qual è, in ogni momento, la temperatura all’interno. (P. Gribaudi)
Il grano Ogni chicco di grano è un frutto di forma ovoidale, chiamato cariosside. Appuntito da una parte e arrotondato dall’altra, ricoperta da una lieve penuria, esso è percorso, per tutta la sua lunghezza, da un solco stretto. Il frutto vero e proprio è il solo pericarpo, costituito da una serie di membrane tegumentali sovrapposte, aventi uno spessore complessivo non superiore a un decimo di millimetro. Esse sono: il tegumento proprio del seme, la testa, sotto la quale si trova lo strato di aleurone, che contiene il glutine. Il glutine è una sostanza gommosa, che rende elastico l’impasto della farina con l’acqua e che rende il pane più nutriente e di più facile digestione. Nell’interno, infine, si trova il seme costituito dalla mandorla, che nei grani teneri è bianca e farinosa e nei grani duri è verde e vetrosa, e dell’embrione o germe del grano. Anche l’embrione è ricco di glutine. Nel chicco di grano troviamo le stesse parti che abbiamo osservato nel fagiolo, ma un solo cotiledone, piccolo e difficilmente distinguibile, che si trova tra l’embrione e la mandorla. Il chicco di grano viene seminato in autunno o in primavera in un terreno rimosso, in modo che l’aria lo raggiunga facilmente. Se la temperatura è di almeno sei gradi, ha inizio la germinazione. Utilizzando le riserve contenute nel seme, la radichetta si sviluppa dirigendosi verso il basso mentre il fusticino si volge verso l’alto. La radice è costituita da un fascio di filamenti, lunghi fino a un metro. Il fusto o stelo di grano è quanto di più razionalmente economico si possa concepire; esso è costituito da un tubetto di cellulosa, rinforzato da molto materiale siliceo e vuoto all’interno. Robustezza e leggerezza danno un’armonica combinazione di forza e di economia di materiale. Lo stelo è suddiviso in cinque – otto segmenti, separati da ingrossamenti detti nodi. In corrispondenza di questi si trovano le foglie a forma di nastro, appuntito all’esterno, mentre alla base formano una specie di grondaia per deviare l’acqua di pioggia. Inferiormente al nodo, la foglia avvolge strettamente lo stelo fino al nodo sottostante. La fioritura del grano non è vistosa, essendo il verde l’unico colore che si nota; anche gli insetti ignorano l’esistenza di questi fiori. Inoltre, tra la pianta matura e la pianta in fiore non si nota una grande differenza: sia i fiori che i frutti sono disposti a spiga e si formano all’estremità del fusto. Nel grano i fiori sono disposti su due file e risultano costituiti da una sorta di foglie, dette glume, e da altre più piccole, chiamate glumette: le une e le altre racchiudono gli organi propri del fiore. Tra questi si notano due pennacchi piumosi dei quali, per ora, notiamo la presenza senza precisarne le funzioni, di cui si parlerà più avanti. Il passaggio dal fiore al frutto si nota appena all’esterno. I chicchi, allocati là dove si trovano i fiori, sono rivestiti dalle glumette e dalle glume; talvolta queste ultime si prolungano in un sottile e rigido filamento, la resta. A questo punto si può considerare concluso il ciclo vitale del grano che, come il fagiolo, è una pianta annuale. (S. Stolfa)
La storia del pane I primi uomini non sapevano coltivare le piante. Vagavano tra le steppe e le immense foreste a caccia di animali, mentre le donne scavavano le radici commestibili e raccoglievano semi e bacche. C’erano alcuni semi che ogni anno, d’estate, si trovano in abbondanza in certe zone: erano i chicchi d’orzo e di frumento. Le donne li raccoglievano, e riempivano bisacce di pelle, pr portarli con sè nei lunghi vagabondaggi nella foresta. Prima di partire, però, non dimenticavano di spargere qualche chicco sul terreno per propiziarsi gli dei. Quando, dopo il duro inverno, ritornavano sui loro passi, trovavano con grande meraviglia che i chicchi lasciati sul terreno avevano germinato e dato origine a nuove pianticelle, dalle spighe gonfie. Fu così che l’uomo imparò a seminare i chicchi per ottenere nuove piante. E fu in questo modo che alcuni uomini da cacciatori, si fecero agricoltori, coltivando il grano per sè e per le loro famiglie, e inventarono nuovi attrezzi per lavorare la terra, quali le vanghe e più tardi gli aratri. E poichè la vita dell’agricoltore è un po’ meno dura di quella del cacciatore, la popolazione rapidamente si moltiplicò. Ma non si conosceva ancora l’arte di preparare il pane. Il grano non era un cibo adatto per i bambini più piccini. Essi non riuscivano a masticare quei semi così duri. Qualche mamma pensò allora che si poteva anche triturarli pestandoli tra due pietre. Provò e riuscì ad ottenere una farina grossolana, che piacque ai piccini e anche ai grandi. Aveva scoperto il modo di macinare il grano. Con la farina d’orzo e di frumento le donne impastavano piccole gallette che seccavano al sole. Poi impararono a mettere le focacce di pasta sopra pietre roventi o tra le braci, o sotto la cenere. La pasta abbrustolita e cotta era molti più saporita. Era nato il pane. Anche i cacciatori ora partivano per le battute di caccia nella foresta con una scorta di focacce di pane nella bisaccia. Il pane era un alimento meraviglioso: poco meno nutriente della carne, poteva essere conservato assai più a lungo, specie nella stagione calda. Intanto, col passare del tempo, l’uomo imparava sempre meglio a lavorare la terra per seminarvi il grano. Nelle palafitte del lago di Ledro è stato trovato un aratro di legno. Dunque a quel tempo non si smuovevano più le zolle con il rudimentale punteruolo, ma si arava già con l’aiuto degli animali da traino, e il grano, nel terreno così preparato, cresceva più abbondante. I primi a conoscere l’arte di preparare il pane vero e proprio furono gli Egiziani. Lo storico Erodoto ci narra che in Egitto gli schiavi usavano impastarlo con i piedi, cuocendolo poi in forma di piccole pagnotte rotonde o di sfilatini. Il pane comune era di farina d’orzo; quello di frumento era riservato ai ricchi e alla corte del Faraone. Le pagnotte servivano anche come moneta: i servi venivano pagati con forme di pane. Era così grande il valore attribuito al grano che spesso i mercanti partivano con le navi cariche di frumento, per usarlo come mezzo di pagamento nei porti dove si recavano ad acquistare le merci. Le prime monete greche di metallo pregiato portavano spesso incisa una spiga., per ricordare che la moneta stessa rappresentava la vera ricchezza: il grano. L’invenzione del pane diede un grandissimo impulso al progresso umano. L’agricoltore, infatti, doveva quasi ogni giorno risolvere nuovi problemi: scavare canali per irrigare i suoi campi, costruire carri per trasportare il suo grano, dividere e misurare gli appezzamenti di terra, stabilire un calendario che gli dicesse quando seminare e quando mietere. Dal lavoro agricolo nacque la prima scienza umana. Presso i Romani troviamo i primi forni pubblici, in cui la gente poteva andare ad acquistare il pane come si fa oggi nelle panetterie. Questi forni erano controllati dallo Stato, per evitare che alla farina si mescolassero sostanze non permesse. I fornai erano spesso schiavi alle dipendenze di un padrone. Già allora, per alleviare la fatica, si usavano macchine impastatrici formate da una vasca circolare di pietra in cui un grosso legno a pale rimestava la farina e la impastava. Non tutti però si servivano dei forni pubblici. Le grandi famiglie romane avevano forni privati, con propri schiavi panettieri. Negli scavi di Pompei sono stati rinvenuti alcuni di questi forni. Ma l’Impero cadde sotto l’urto dei barbari, e l’agricoltura rapidamente declinò. I barbari infatti non erano agricoltori, ma cacciatori e guerrieri; e dovette trascorrere molto tempo prima che essi imparassero quell’arte, nuova per loro. I forni pubblici spariscono: chi può, specialmente in campagna, si cuoce da solo il proprio pane. Il grano è nascosto nelle botti e negli otri, per evitare che venga prelevato dalle soldataglie. Il pane si cuoce una o due volte al mese: ma sono pochi quelli che possono mangiarne tutti i giorni. Al tempo del feudalesimo le cose non vanno meglio che durante le invasioni barbariche. I signori feudali impongono ai contadini di usare solo il mulino e il forno del castello e arrivano a proibire i forni privati. In tal modo riescono a farsi pagare tasse sempre più forti. Bisognerà attendere il sorgere dei Comuni per vedere riapparire i fornai come artigiani indipendenti, uniti in corporazioni. Nel Comune, però, i fornai si limitavano a cuocere il pane preparato in casa dal cliente stesso. Erano rari quelli che ricevevano la farina o addirittura il grano da macinare. Nel Rinascimento l’arte di fare il pane si perfeziona e si diffondono ovunque i forni pubblici. I ricchi tuttavia preferiscono avere il loro forno in casa, anche per essere sicuri di mangiare pane genuino. In quei tempi di carestie frequenti, infatti, certi fornai usavano mescolare la farina con altre polveri. Il popolino considerava tutti i panettieri ladri e affamatori, a volte assaltava i forni per vendicarsi. Pene severissime erano riservate ai panettieri disonesti: se si coglievano in fallo venivano inchiodati per un orecchio alle porte della bottega. Oggi i panettieri non vengono più inchiodati per un orecchio, come qualche secolo fa, anche se qualche volta si trovano ancora i disonesti che mescolano al pane sostanze nocive o non consentite dalla legge. Si deve riconoscere che il pane che mangiamo noi è pulito e genuino, oltre che saporito, grazie ai rigorosi controlli igienici e alle moderne macchine che permettono la completa lavorazione automatica. E’ assai diffuso tuttavia l’uso del pane bianco, assai più digeribile ma meno completo e perciò meno nutriente del pane nero o integrale. Fin dall’antichità si cercò di costruire macchine che facilitassero il lavoro faticoso del fornaio, ma i primi buoni risultati si ottennero solo verso il 1800. Da allora si è continuato a perfezionare le macchine, a costruirne di nuove, fino ad arrivare alle attrezzature dei moderni panifici, dotati di perfetti forni elettrici o a vapore. Sopravvivono ancora i forni a legna.
La panificazione Oggi la panificazione viene effettuata con macchine automatiche. Noi però vi faremo vedere come si prepara il pane a mano, per rendere più comprensibile il procedimento. Innanzitutto si fa un impasto di farina, lievito e poca acqua. Quando la pasta incomincia a lievitare si aggiunge altra acqua e farina. Il lievito rende gonfio e spugnoso l’impasto. Alla fine si aggiunge il sale. Quando la fermentazione è a buon punto, si divide la pasta in pezzetti. Ogni pezzetto viene modellato e poi ridotto nella forma dovuta. Ora le pagnotte si lasciano riposare perchè finiscano la fermentazione. Dopo circa mezz’ora si introducono nel forno a temperatura di 200 – 300 gradi. Il pane si dilata ancora al calore, forma la crosta e cuoce. E’ pronto per la vendita.
Pane per tutti Il pane può avere forme svariatissime. In Francia di solito è preparato in grossi sfilati lunghi mezzo metro e più. In Germania abbiamo grosse pagnotte scure, fatte con grano e segale. In Austria sono famosi i piccoli pani di Vienna. In Ungheria le grosse forme di due o tre chili sono fatte con farina di frumento e di patate. In Italia… lo sapete anche voi quante qualità di pane, condito o semplice, si possono trovare dal panettiere. Oggi da noi il pane si trova in abbondanza e a prezzi accessibili a tutti.
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Il riso
E’ una pianta conosciuta dalla più remota età. I primi a coltivarla pare siano stati gli Indiani e quindi i Cinesi ed i Giapponesi che oggi ne fanno il loro nutrimento principale. il riso si semina fitto in appositi vivai da dove si trasporta, poi, a dimora, costituita da campi allagati naturalmente o artificialmente, che si chiamano risaie e nelle quali prospera fra i lunghi argini che soli interrompono le vaste pianure. In giugno o luglio ha luogo la monda, cioè l’estirpazione delle cattive erbe che crescono in mezzo alle piante di riso. Tale lavoro veniva un tempo svolto dalle mondine, che stavano ore ed ore con l’acqua fino alle ginocchia, sotto il sole cocente, a compiere la loro grave fatica. D’autunno si prosciugano i campi e le spighe di riso, giunte a maturazione, vengono falciate. Quando il riso è asciutto si batte, cioè si separano i granelli dallo stelo, e si raccoglie in sacchi che vengono posti ad essiccare in appositi forni. Il riso che noi comunemente usiamo è il riso brillato, cioè privo della pellicola esterna.
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Il granoturco
mais
Sono note a tutti le gialle pannocchie fitte di chicchi, che si producono quasi in ogni regione d’Italia. In qualche paese le pannocchie vengono consumate dopo averle abbrustolite sul fuoco, ma generalmente i chicchi vengono macinati ricavandone una farina con cui si fa la polenta, cibo di facile digeribilità e di alto potere nutritivo. Il granoturco è originario dell’America del Sud e fu importato in Europa nel XVI secolo. Si semina in aprile e maggio e il suo raccolto si effettua per lo più in settembre.
La scoperta del mais La terza graminacea in ordine di importanza (precedono il frumento e il riso) è il granoturco. Turco? E’ forse originario della repubblica della mezzaluna? State a sentire. Nell’anno 1492, il giorno 28 ottobre, verso mezzogiorno, tre minuscole caravelle chiamate Santa Maria, Nina e Pinta toccarono per la prima volta le coste dell’isola di Cuba; e il grande genovese che le aveva guidate oltre i confini del mondo conosciuto, volendo avere qualche notizia di quell’isola meravigliosa, inviò a terra due suoi fidi: Rodrigo di Xeres e Luigi de Torres. Narrarono che i nativi si nutrivano spesso di certi grani chiamati maiz di buonissimo sapore quando erano cotti arrosto o pestati e ridotti in polenta. Si trattava del mais, del frumentone, il quale non tardò a essere trasportato e coltivato in Spagna donde si diffuse in molte Nazioni europee e anche, estesamente, in Italia.
Il mais La pianta del mais venne importata nel 1543 in Toscana, nel 1560 a Rovigo. Le odierne varietà si distinguono per altezza, per forma, per grossezza, per l’epoca della semina e della raccolta. La qualità più coltivata, perchè più redditizia, ha il chicco giallo; si semina all’inizio della primavera e si raccoglie al principio dell’autunno. Nei luoghi che hanno la possibilità di irrigazione si seminano le varietà di breve vegetazione, il “quarantino” e il “cinquantino”, nei terreni che già hanno prodotto frumento. Il seme deve essere tolto dalle pannocchie più belle sgranate al tempo della semina. Il granoturco vuole terreni freschi, poco compatti, ben concimati, profondamente arati. Appena le piantine segnano le file, richiedono la sarchiatura con zappa e aratrino e la diradatura. Il granoturco matura in pianura e in collina, fino a 500 metri sul livello del mare. Attualmente in Italia la sua coltivazione è accentrata nelle regioni della polena, Piemonte, Lombardia, Veneto, poi nell’Emilia, Friuli, Toscana, Marche, Campania. L’uso della farina di mais, privato della corteccia vitaminica che circonda il seme, portò nei secoli scorsi alle gravissime epidemie di una particolare avitaminosi (simile allo scorbuto) detta pellagra, che colpiva le genti dell’Italia settentrionale. Ora che la farina di granoturco va scomparendo dall’alimentazione, e comunque il suo uso è integrato da altri cibi apportatori di vitamine, anche la pellagra è praticamente scomparsa. Larga quantità della produzione di mais è destinata ora all’alimentazione del bestiame.
Le pannocchie Or che il granoturco fu raccolto, a gara le massaie hanno appeso in molte file alle rozze verande le pannocchie. Splendono le pannocchie sui graticci di legno, gialle, d’un bel giallo ardente che è quasi rosso, fitto di rotondi chicchi, lieto allo sguardo e liete al cuore. Splendono le pannocchie al sol d’autunno, tutte certezza: ed ai fanciulli parlano della polenta che la madre al fuoco nel paiolo rimesta, e d’un sol colpo sul tagliere arrovescia e, nel buon fumo ravvolta, suddivide in tante fette quante le bocche. (G. Pascoli)
La leggenda del mais Noi sappiamo che il mais fu per lungo tempo coltivato dalla maggior parte delle tribù di Indiani d’America non nomadi, cioè le più numerose. Essi consideravano questa pianta preziosissima, un dono davvero divino: ne sapevano cucinare i frutti in mille modi diversi, da cui sono derivate molte tipiche ricette americane. Sul mais si narra questa leggenda, che fa parte delle tradizioni della tribù del nord dei Chippewas. Woo-Na-Mone, genio delle foreste e delle piante, fu in vita un cacciatore valentissimo: aveva la forza dell’orso e la rapidità del daino, e mai la sua freccia falliva un bersaglio. Accadde un giorno che i suoi magici mocassini lo portassero in un territorio sconosciuto. Di fronte alla prateria immensa di alte erbe che si stendevano a perdita d’occhio, il gran cacciatore non ebbe un momento di esitazione. La sua temeraria curiosità lo spinse a penetrare nella prateria. Ma egli non andò lontano: improvvisamente davanti a lui le verdi fronde si agitarono e apparve uno strano personaggio- Era piccolo di statura, e a malapena, tendendo le braccia, avrebbe potuto sfiorare il viso di Woo-Na-Mone. Sul capo portava un pesante turbante, formato dai suoi capelli biondi intrecciati, tra cui spuntavano due lunghe e bizzarre fronde verdi. Il suo abito era tutto intero, liscio e verde come l’erba. Portava una sacca di foglie intrecciate da cui usciva una lunga pipa: egli la riempì e la offrì a Woo-Na-Mone, dopo averne tirato una boccata. Woo-Na-Mone fumò a sua volta la pipa della pace, poi parlò: “Io sono il forte Woo-Na-Mone, a cui nessun uomo può resistere!” E lo strano personaggio gli rispose: “Anch’io sono assai forte, più forte di ogni uomo, ma non ti dirò il mio nome, se non riuscirai a battermi!” Woo-Na-Mone scoppiò in una gran risata e si alzò in tutta la sua imponente statura, gonfiando di orgoglio il suo poderoso torace. I suoi lunghi capelli neri e le frange scomposte del suo abito barbaro gli davano un aspetto davvero impressionante. Ma il piccolo sconosciuto non si lasciò turbare, e così parlò: “Se tu mi vincerai, dunque, io ti donerò qualcosa che potrai trasmettere alla tua tribù”. Ebbe allora inizio la gara: vincitore sarebbe stato chi fosse riuscito per primo a mettere a terra l’avversario. Woo-Na-Mone si accorse ben presto che il suo antagonista era davvero molto veloce e molto forte, e più volte si trovò in difficoltà sotto l’attacco del piccolo sconosciuto. Il cielo si arrossava ormai all’orizzonte: Woo-Na-Mone decise che la sua vittoria avrebbe dovuto brillare all’ultimo sole. Con un ultimo sforzo sollevò il piccolo uomo biondo e lo gettò al suolo con violenza, facendo fremere il terreno intorno, poi lo calpestò nella polvere, fra le erbe sparse. “Sono vinto”, sospirò a questo punto lo strano personaggio, “tu sei davvero il più forte. Ascolta! Io sono il Mais. Faccio dono del mio corpo agli uomini dalla pelle rossa. Ricoprimi ora di terra in modo che io non mi possa più muovere. E tra luna sii di nuovo qui”. Woo-Na-Mone obbedì: tornò nella grande prateria e lasciò trascorrere un’intera luna. Passato questo tempo, si avviò sul luogo dove aveva combattuto l’incredibile duello. Nel punto in cui il suo avversario era stato sepolto crescevano ora due lunghe foglie verdi, le stesse che adornavano il turbante del misterioso Mais. E a un tratto si sentì la sua voce: “Prenditi somma cura di questa pianta che tu vedi agitarsi alla brezza. Quando le sue pannocchie saranno mature, poni nella terra i semi e attendi. Quando i semi che tu avrai piantato daranno i loro frutti, tu prendi il raccolto e distribuiscilo tra gli Indiani. Dal nutrimento che darà loro questa pianta essi ben presto trarranno forza e ricchezza. Ma tu non dimenticare di rendere onore e gloria al mio nome ogni qual volta il raccolto di queste piante sarà maturo”. Così ogni anno a settembre c’è festa tra i pellirosse; essi devono questo omaggio al Mais che tolse loro la paura della fame.
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La segale
segale
La segale è il frumento delle terre povere e dei paesi di montagna dove non prospera il grano; dopo il frumento, essa contiene maggior percentuale di glutine di ogni altro cereale; è questa la ragione per la quale fu sempre intensamente coltivata in Europa, in regioni dove il suole e il clima non sono adatti a produrre il frumento.
La farina di segale è usata dalle nostre popolazioni di montagna soprattutto per la confezione del pane; ma per avere un pane veramente sostanzioso essi lo mescolano a farina di grano. La paglia della segale è molto flessibile e lunga, ma non è adatta come cibo per il bestiame: essa, invece, è molto usata nella fabbricazione della carta, del cartone e dei cappelli di paglia, nonchè come lettiera per gli animali.
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Il grano saraceno
Originario dell’Asia, il cosiddetto grano saraceno viene coltivato specialmente nei paesi settentrionali ed in montagna, per farina che danno i suoi chicchi, adatta per il pane e per la polenta. Si tratta, come è noto, d’un grano di colore scuro, e questa leggenda vuole spiegare l’origine del suo colore. Al calar del sole, tre viandanti accaldati, sudati, impolverati, entrarono in un villaggio. Nei cortili stavano finendo di battere il grano, e per l’aria ancora volava la pula. “O di casa!” dissero i tre a una donna che stava spulando. Questa donna, che era vedova, li fece entrare e diede loro da mangiare e da dormire nel fienile, a patto che l’indomani l’aiutassero a battere. Quei viandanti, che erano il Signore, San Giovanni e San Pietro, andarono a dormire nel fienile. Allo spuntar del giorno, Pietro sentì cantare il gallo e disse: “Su, spicciamoci ad alzarci, perchè abbiamo mangiato ed è giusto che si lavori!”. “Dormi e taci” rispose il Signore, e San Pietro si voltò dall’altra parte. S’erano appena riaddormentati, quando capitò la vedova con un bastone in mano, e: “Beh? Credete di starvene a poltrire dino al giorno del giudizio, voi altri? Dopo aver mangiato e bevuto alle mie spalle?”. Lasciò andare una legnata sulla schiena di Pietro, e se ne andò di furia. “Avete visto se avevo ragione?” disse Pietro, fregandosi le spalle. “Su, su, andiamo a lavorare, se no quest’accidente di donna ci concia per le feste” E il Signore di nuovo: “Dormi e taci”. “Dite bene voi, ma se torna, se la prende con me!” “Se hai tanta paura” disse il Signore, “passa qua, e lascia che al tuo posto vada Giovanni”. Cambiarono di posto e poi si riaddormentarono tutti e tre. La vedova tornò tutta invelenita, col bastone. “Come, ancora a dormire, siete?” e, per non fare ingiustizie, stavolta diede una bastonata a quello di mezzo, che era di nuovo Pietro. “Sempre a me!” gemeva Pietro; e il Signore, per farlo stare tranquillo, scambiò il posto con lui. “Così sei più riparato. Dormi e taci”. Tornò la vedova, e: “Adesso tocca a te!” e giù un’altra legnata a Pietro, che stavolta saltò fuori dal fieno. “Il Signore dica pure quel che vuole, ma io qua non ci resto” e corse in cortile a prendere la trebbia e a mettersi al lavoro più lontano che poteva da quel diavolo di donna. Un momento dopo giunsero anche il Signore e San Giovanni, presero le trebbie anche loro, ma il Signore disse: “Portami un tizzone acceso” e fatto segno agli altri che stessero quieti, diede fuoco ai quattro angoli dell’aia. In un attimo ci fu una gran fiammata che avvolse i covoni. Quando si spense, si credeva di aver solo cenere: invece c’era tutto lo strame a destra, tutta la paglia a manca, la pula in aria, e il grano in mezzo, tutto fuori dalle spighe, bello e pulito come fosse già spulato e abburattato. La battitura era fatta, senza neanche dare un colpo di trebbia. I tre non aspettarono nemmeno d’esser ringraziati; escono dal cortile e se ne vanno. Ma la vedova, invece di pentirsi della sua prepotenze e di contentarsi di quella bella trebbiatura senza fatica, fa subito sgombrare l’aia, fa misurare e portar via il frumento, e fa portare sull’aia un altro carico di covoni. Appena gli uomini ebbero slegato i covoni, la vedova prese anche lei un tizzone e diede fuoco all’aia. Ma stavolta le fiamme bruciarono davvero, e il grano ardeva scoppiettando come frittelle in padella. La vedova, con le mani nei capelli, corse fuori nel villaggio per raggiungere i tre viandanti. Appena li vide, si buttò in ginocchio e raccontò la sua disgrazia. Il Signore, visto che era pentita davvero, disse a Pietro: “Va’, salva quello che puoi, e insegnale che si deve rendere bene per male”. San Pietro arrivò sul battuto e fece il segno della croce: la fiamma si spense e il grano mezzo abbrustolito si radunò tutto in un grumo. Nero com’era, sformato, scoppiato, non sembrava più frumento; ma, per la benedizione di San Pietro, era ancora pieno di farina, e quei granelli scuri, piccini, puntiti, furono il primo grano saraceno che si vide sulla terra. (Italo Calvino)
I CEREALI materiale didattico – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Recita per bambini STAGIONE FIORITA una breve recita adatta a bambini della scuola d’infanzia e primaria sull’arrivo della primavera.
Personaggi: – tre primule (bambini con abitino giallo a petali, in carta crespa) – tre violette (abito viola) – tre margherite (abito bianco) – vento (in un mantello svolazzante) – neve (mantello bianco e coriandoli bianchi in un sacchetto) – primavera (bambina vestita d’azzurro con una coroncina di fiori tra i capelli)
La scena è vuota; dagli angoli però si vedono spuntare a gruppi le testoline dei bambini che rappresentano i fiori. Le tre primule, un po’ esitanti, in punta di piedi, avanzano verso il centro della scena.
Prima primula: Sarà questa l’ora?
Seconda primula: Credo di sì: mi è sembrato che qualcuno ci chiamasse…
Terza primula: Brrr… fa ancora freddino, però…
Seconda primula: Non pensarci: verrà un bel raggio di sole…
Prima primula: E noi sentiremo subito un dolce tepore!
Vento: (entra con furia, sibilando) Ma che fate? Siete pazze? Non sapete che siamo solo ai primi giorni di marzo? Via di qua! Non voglio vedermi attorno fiori delicati che poi si mettono a piagnucolare perchè si vedono sciupare i petali o sentono freddo. Voglio essere libero di correre come mi pare e piace. Intesi?
Tre primule: Oh, signor vento! Scusi, scusi tanto… (Si ritirano intimidite, tenendosi abbracciate e ritornano nell’angolo da cui sono venute)
Vento: Ah, meno male! Quelle pettegole… (Se ne va di corsa fischiettando)
Avanzano le tre violette, timide timide, tenendosi per mano.
Prima violetta: Tentiamo! Facciamoci coraggio!
Seconda violetta: Com’è bello uscire all’aria aperta e poter diffondere il profumino che abbiamo chiuso in cuore!
Terza violetta: (guardandosi attorno) Ma non c’è ancora nessun fiore…
Prima violetta (guardando a sua volta) E’ vero! Noi siamo state coraggiose!
Terza violetta: Però io ho paura…
Seconda violetta: Anche io ne ho un pochino…
Prima violetta: Paura di che cosa?
Seconda e Terza violetta: Non so…
Neve: (entra, correndo e lanciando manciate di fiocchi) Ma che fate, pazzerelle? Non sapete che io posso arrivare inaspettata e seppellirvi?
Le tre violette: (arretrando) Oh…
Neve: Già, oggi sono ancora io la regina, perchè marzo è appena iniziato. Mi spiace per voi, ma i fiori con me non vanno d’accordo. Ritiratevi in fretta e addormentatevi!
Le violette si ritirano nel loro angolino.
Neve: (lanciando fiocchi) Sembrano un volo di farfalle, sembrano petali di fiori… Sono belli i miei fiocchi, così bianchi! Ninna nanna! Ninna nanna!
La neve lentamente intanto si ritira. Dopo qualche istante avanzano le tre margherite.
Prima margherita: Oh, non ne potevo proprio più di starmene ferma e al buio!
Le tre violette: (senza muoversi dal loro angolino) No, no, tornate indietro!
Prima primula: Verrà il vento…
Prima violetta: Verrà la neve…
Seconda margherita: Che facciamo?
Terza margherita: Tentiamo! Basta un po’ di coraggio.
Prima margherita: So io che cosa dobbiamo fare.
Seconda e Terza margherita: Che cosa?
Prima margherita: Si prova a chiamare la primavera. In qualche angolo ci deve essere.
Seconda margherita: Forse dietro quella nuvola?
Terza margherita: O laggiù all’orizzonte?
Seconda margherita: O tra quelle fronde?
Prima margherita: Chissà… Proviamo a chiamare: Primavera!
Seconda e Terza margherita: Primavera!
Prima margherita: (volgendosi agli altri fiori nascosti nel loro angolino). Anche voi, violette! Anche voi, primule! Fate come noi!
Tutte le margherite: Primavera!
Margherite, primule e violette: Primavera!
Tutte: Verrà?
Primavera: (giunge, tutta ridente) Chi mi ha chiamata?
Tre margherite: Noi!
Tre violette: (avanzando verso la primavera) Noi!
Tre primule (avanzando verso la primavera) Noi!
Primavera: Ed io sono venuta.
Prima margherita: Ci hai dunque sentito! Dov’eri?
Seconda margherita: Dietro una nuvola? Tra le fronde di un albero?
Terza margherita: Laggiù all’orizzonte?
Primavera: Ero… lontano lontano, vicino vicino…
Tre violette: Come sei bella!
Tre margherite: Hai negli occhi il cielo!
Tre primule: E nei capelli il sole!
Primavera: (sorride e arretra di un passo) Arriverderci a domani!
Tre margherite: Come? Te ne vai?
Primavera: siamo solo ai primi di marzo e non mi fido…
Tre violette: Oh, non andartene…
Tre primule: Oggi, resta con noi!
Violette e margherite: Sì! Sì! Resta!
I fiori circondano la primavera e la fanno prigioniera nel loro girotondo.
Prima primula: Non ti lasciamo più fuggire, sai?
Prima margherita: E’ così bello il mondo quando ci sei tu!
Prima violetta: E a noi piace tanto fiorire…
Primavera: Avete ragione; quando fiorite, mi siete care come sorelline, e oggi voglio vedervi felici..
Allarga le braccia e con voce squillante continua:
Sole , manda i tuoi raggi tiepidi! Cielo, mostra il tuo viso sereno! Aria, fatti dolce dolce…
Tutti i fiori sciolgono il girotondo e sollevano le braccia verso il sole e il cielo.
Primule: Che bel sole!
Violette: Che cielo azzurro!
Margherite: Che aria dolce!
Prima Margherita: Ti abbiamo chiamata, primavera, e sei davvero con noi!
Costruiamo il periscopio coi bambini della classe quinta della scuola primaria.
Note introduttive: lo specchio e la riflessione L’uso dello specchio rinnova ogni volta in noi la curiosità del fenomeno fisico che in esso di verifica: la riflessione. Ogni superficie speculare, cioè capace di riflettere, può dar luogo alle osservazioni che possiamo sintetizzare così:
Un raggio luminoso, che chiameremo INCIDENTE (cioè che colpisce), va a cadere su di uno specchio o su di una lamiera molto levigata. Esso viene RIFLESSO, cioè si allontana da esso, seguendo una direzione determinata da un certo angolo, che la sperimentazione dimostra essere uguale a quello che il raggio incidente forma con la NORMALE (così viene chiamata la perpendicolare) della superficie stessa. E’ evidente che l’angolo di incidenza e quello di riflessione possono comunque variare e che proprio in virtù di tale meccanismo siamo in grado di vederci riflessi nell’acqua tranquilla di una fontana o in un cristallo, una delle facce del quale sia stata opportunamente coperta con un sottile strato di sostanza contenente argento. Sono numerose le applicazioni nelle quali avete modo di utilizzare gli specchi: il caleidoscopio, il periscopio e il telemetro. Il primo, in cui tre specchi rettangolari ripetono infinite volte la riflessione, là luogo a gradevoli immagini, ottenute con piccoli pezzi di carta o vetro colorato sistemati in maniera opportuna; il secondo consente di vedere ciò che accade in alto, osservando da un luogo basso; il terzo permette di determinare le distanze tra due punti prestabiliti. Mentre il caleidoscopio, a parte il principio fisico, è soltanto un giocattolo, il periscopio ed il telemetro trovano rispettivamente impiego nei sommergibili e nelle operazioni di misura del terreno. Lo specchio e la riflessione ci riportano dunque all’ottica, vale a dire allo studio dei fenomeni luminosi.
Al lavoro I disegni che seguono forniscono una chiara idea del funzionamento di questo oggetto che, come già detto, consente di vedere dal basso ciò che accade in alto. Ordiniamo le operazioni da compiere per realizzarlo:
1. dimensionamento, schizzi, preventivo e costruzione di un parallelepipedo di cartone robusto, di cui stabilirete voi stessi le dimensioni
2. preparazione di due fondelli di legno di un certo spessore, in uno dei quali inserirete un’impugnatura, costituita da un tondo di legno. Rimane alla vostra iniziativa la scelta del collegamento.
3. taglio di due vetri quadrati o rettangolari, da montare su due blocchetti di legno, che si fisseranno alle pareti del parallelepipedo. Formazione dei fori, con successivi passaggi del compasso a due punte. Essi dovranno risultare inclinati di un angolo pari a 45° rispetto all’asse del parallelepipedo;
4. chiusura del medesimo con carta adesiva e collegamento dei fondelli. Essi verranno fermati al cartone con chiodini lunghi e sottili, al pari delle assicelle che sorreggono gli specchi.
Materiale occorrente: – cartone robusto, legno tenero, due pezzi di specchio – tondo di legno per l’impugnatura – carta colorata per l’eventuale rivestimento del parallelepipedo – materiale per l’eventuale lucidatura dell’impugnatura.
Uso del periscopio Si punta il foro superiore verso l’oggetto o il luogo che si vuole veder stando in basso. I raggi luminosi penetrano nel foro e colpiscono il primo specchio. Vengono riflessi e giungono al secondo specchio che, sempre per il fenomeno della riflessione, li fa pervenire all’occhio di chi osserva.
CARTA MARMORIZZATA tutorial per realizzarla facilmente coi bambini. E’ una classica attività manuale, semplice e di grande effetto. La carta ottenuta si presta a vari utilizzi, soprattutto perchè oltre al grande impatto decorativo, questa carta assume la robustezza della carta oleata. Particolarmente interessante è, coi bambini anche piccoli, giocare a interpretare le macchie.
Coi bambini più grandi possiamo parlare di peso specifico per spiegare come si crea l’effetto marmorizzato sulla carta: l’olio è più leggero dell’acqua; inoltre mentre il colore è solubile con l’essenza di trementina e con l’olio di semi, è insolubile in acqua.
Dopo aver realizzato i primi fogli, si apre la sperimentazione: è molto interessante verificare come i differenti colori si accostano tra loro, e come, in una certa misura, è possibile dominare la casualità con la quale le macchie si imprimono sulla carta, sia creando una certa tavolozza galleggiante prima di appoggiare il foglio, sia muovendo le macchie creando vortici, zig zag, ecc…
colori ad olio essenza di trementina eventualmente olio di semi contenitori di vetro o anche coperchi di vasetti pennelli o bastoncini ovattati (cotton fioc) una bacinella con acqua fogli di carta, di vario tipo (possiamo usare carta da stampante, da acquarello, carta da disegno, ecc… a seconda della qualità della carta, l’effetto finale può variare.
CARTA MARMORIZZATA tutorial – COME SI FA
Per prima cosa prepariamo i colori, diluendoli con l’essenza di trementina. Potete sperimentare vari tipi di diluizione a seconda dell’effetto che preferite. Potete anche provare ad aggiungere ai colori, oltre all’essenza di trementina, anche dell’olio di semi.
Allestiamo quindi il tavolino in modo tale che il bambino sia autonomo nel prendere i colori che preferisce e, quando lo desidera, i fogli di carta. Per i bambini più piccoli è meglio non usare fogli troppo grandi (ad esempio io ho diviso a metà dei fogli A4 sia da stampante, sia da pittura):
Utilizzando i bastoncini cotonati, il bambino comincia a schizzare le macchie di colore sull’acqua:
Quando lo desidera, posa il foglio di carta sulla superficie dell’acqua:
e quando il foglio è bagnato lo estrae:
Il foglio avrà catturato tutte le macchie:
Ed è pronto per essere steso ad asciugare:
Questo è il risultato, una volta asciutto:
Dopo varie esperienze, si può giocare a creare effetti diversi:
Dopo aver schizzato il colore nell’acqua, il bambino può provare a muovere il colore con un bastoncino cotonato:
quindi immergere il foglio:
Questo è il risultato una volta asciugato:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
MARBLED PAPER tutorial to achieve it easily with the children. It is a classic manual activity, simple and highly effective.
The paper obtained lends itself to various uses, mainly because besides the great decorative impact, this paper assumes the robustness of greaseproof paper.
Is particularly interesting, with even small children, play to interpret stains.
With the older children we can speak of specific gravity to explain how you create the marbled effect on the paper: the oil is lighter than water, and the color is also soluble in turpentine and oil seeds , is insoluble in water.
After scoring the first sheet, opens the experimentation: it is very interesting to see how the different colors are combined with each other, and how, to a certain extent, it is possible to dominate the randomness with which the spots are printed on paper, or by creating some floating palette before placing the sheet, either by moving the spots, creating swirls, zig zag, etc…
MARBLED PAPER tutorial – ATERIALS REQUIRED
oil colors
turpentine
possibly seed oil
glass containers or lids of jars
brushes or cotton sticks
a tray with water
sheets of paper, of various types (we can use printer paper, for watercolor, drawing paper, etc … depending on the quality of the paper, the final effect may vary).
MARBLED PAPER tutorial – HOW TO DO
First prepare the colors, diluting with turpentine. You can experiment with different types of dilution depending on the effect you want. You can also try adding to the colors, as well as the essence of turpentine, even seed oil.
Then we set up the table in such a way that the child is autonomous in taking the colors that he prefers and, when he wishes, the sheets of paper. For younger children it is best not to use too large sheets (for example, I divided in half sheets A4):
Using cotton sticks, the child begins to squirt the spots of color on the water:
When he wishes, he puts the sheet of paper on the surface of the water:
and when the paper is wet, he takes it out:
The sheet will have captured all of the spots:
And it is ready to be hung out to dry:
This is the result, when dry:
After several experiences, you can play in creating different effects:
After the color splashed in the water, the child may try to move the color with a cotton swab:
then soak the paper:
This is the result after dried:
Questo articolo fa parte dell’Album di Vita pratica:
FENOMENI METEOROLOGICI materiale didattico di autori vari, per bambini della scuola primaria.
L’aria
L’aria è un miscuglio di gas costituenti l’atmosfera e in cui vivono, nella parte inferiore, gli animali e le piante. I gas si presetnano più rarefatti e mutano di proporzione man mano che si sale in altezza. L’aria è trasparente, inodore e incolore se in masse limitate; azzurra se in grandi masse. I suoi costituenti principali sono l’azoto e l’ossigeno. Contenuti in piccole quantità, l’argo, l’elio, il cripto, lo xeno, l’idrogeno, con quantità variabili di vapore acqueo, anidride carbonica, ammoniaca, ozono, ecc… Particelle solide, spore, microorganismi formano il pulviscolo atmosferico. A causa della funzione clorofilliana per cui le piante, di giorno, assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno, l’aria dei boschi è più salubre. La troposfera è lo strato più basso dell’atmosfera la quale raggiunge l’altezza di circa 1000 chilometri e circonda il nostro globo seguendolo nei suoi movimenti.
La pressione atmosferica
L’atmosfera preme enormemente sulla superficie del globo e noi non ne rimaniamo miseramente schiacciati soltanto perchè la pressione si esercita sul nostro corpo non solo esternamente da tutte le parti, ma anche internamente, ciò che produce equilibrio. Quando questo equilibrio dovesse mancare, si avrebbero gravi disturbi e la morte. Possiamo considerare che noi portiamo sulle nostre spalle il peso di tre elefanti ci circa cinque tonnellate ciascuno e ciò senza sentire il minimo inconveniente. Un litro d’aria pesa poco più di un grammo, ma se si pensa all’enorme spessore dell’atmosfera, il paragone degli elefanti non può sorprendere. La pressione non è uguale dappertutto. Sulle montagne, per esempio, è molto minore che al livello del mare. Inoltre dato che l’aria fredda è più pesante di quella calda, nello stesso luogo la pressione sarà anche in base alla temperatura. Lo strumento per misurare la pressione atmosferica è il barometro che fu inventato da Evangelista Torricelli. Questi riempì di mercurio un tubo di vetro e ne immerse l’estremità aperta in una vaschetta, anch’essa piena di mercurio. Poté constatare che la colonnina di mercurio non andava al disotto dei 76 centimetri. Era chiaro, quindi, che la pressione di una colonna di mercurio alta 76 cm e dalla sezione di un centimetro quadrato veniva equilibrata da una pressione analoga che non poteva essere che quella dell’atmosfera. Vi sono anche altri piccoli esperimenti che possiamo fare per constatare l’esistenza della pressione atmosferica. Eccone di seguito alcuni.
Succhiamo una bibita con una cannuccia, poi quando il liquido è giunto alla nostra bocca, appoggiamo rapidamente un dito all’estremità superiore della cannuccia e teniamolo fermo. Il liquido non uscirà, e ciò perchè il suo peso esercita una pressione minore di quella atmosferica. Non appena si toglierà il dito, il liquido uscirà dalla cannuccia.
Prendiamo un comune bicchiere e riempiamolo d’acqua fino all’orlo. Poi appoggiamo sul bicchiere un pezzo di cartone o di carta, in modo che ricopra completamente l’orlo. Capovolgiamo rapidamente il bicchiere e togliamo la mano dal cartone. Questo non cadrà e l’acqua rimarrà nel bicchiere. Perchè? Perchè nel bicchiere non c’è aria, ma soltanto acqua, e questa ha un peso inferiore a quello esercitato dalla pressione dell’aria che spinge dal basso il cartone.
Il vento
L’aria è sempre in movimento. Lo si può constatare considerandone gli effetti. Osserviamo le foglie muoversi nella brezza, il bucato sventolare, le nuvole correre nel cielo. Questo movimento si chiama vento. Da che cosa dipende il vento? Per poter spiegare questo fenomeno bisogna dire qualcosa sulla temperatura dell’aria. L’aria ha una sua temperatura, più calda o più fredda, secondo la stagione, l’altitudine, l’azione del sole, ecc… Ebbene: l’aria calda è più leggera dell’aria fredda e tende a salire. L’aria fredda è più pesante e tende a discendere e ad occupare quindi il posto dell’aria calda. Possiamo procedere ad alcuni piccoli esperimenti.
Proviamo a fare sul termosifone qualche bolla di sapone. Queste saliranno verso l’alto, ciò non accadrà o accadrà con minor effetto, per le bolle di sapone che faremo in un punto lontano dalla sorgente di calore.
Se potessimo misurare, a vari livelli, la temperatura di una stanza riscaldata, potremmo constatare che, verso il soffitto, l’aria è molto più calda che nei pressi del pavimento. Ebbene, è questa differenza di temperatura che produce il vento. Quando, fuori, l’aria calda sale, l’aria fredda si precipita ad occuparne il posto e forma, così, una corrente – vento che poi noi chiamiamo con diversi nomi a seconda del punto cardinale da cui proviene. Pensiamo adesso a tutta l’aria che avvolge il nostro globo. Sappiamo che essa è freddissima nelle regioni nordiche e caldissima nelle regioni equatoriali. Ecco perchè l’atmosfera è sempre in movimento: l’aria fredda tende ad occupare il posto di quella calda che sale e quindi si formano venti che possono essere deboli, oppure violenti e disastrosi. Abbiamo detto che essi prendono il nome del punto cardinale da cui provengono. Abbiamo così Ponente, Levante, Ostro, Tramontana, rispettivametne provenienti da ovest, est, sud e nord. E poi venti intermedi: sud-ovest Garbino o Libeccio; sud-est Scirocco; nord-est Greco; nord-ovest Maestrale. Per stabilire la direzione del vento, si usa la rosa dei venti.
Le nuvole
Nell’atmosfera ci sono le nuvole. Ci sarà facile invitare i bambini ad osservare il cielo e quindi le nuvole. Come sono le nuvole che si presume portino la pioggia? Quali nuvole si vedono nel cielo di primavera? In quello dell’estate? Nuvole grigie, pesanti, oscure; nuvole leggere e delicate; nuvoloni bianchi e bambagiosi. Se uno di noi capitasse in una nuvola si troverebbe in breve bagnato. Infatti tutte le nuvole sono formate da vapor acqueo parzialmente condensato in minutissime gocce e, negli strati superiori dell’atmosfera, in cristallini di ghiaccio. Ma da dove provengono queste goccioline e questi cristallini di ghiaccio? Ammassi di vapore acqueo si elevano nell’atmosfera., resi leggeri dal calore del sole. Quando il vapore acqueo si condensa diviene visibile ai nostri occhi appunto sotto forma di nubi.
Esperimento scientifico per creare nuvole in vaso qui:
Vediamo come accade il fenomeno per cui l’acqua cade sulla superficie terrestre. Le nuvole sono sospese in una massa d’aria, che, essendosi riscaldata, sta innalzandosi. Le gocce di cui le nuvole sono formate, divenute più pesanti per la ulteriore condensazione dovuta al contatto con strati di aria fredda cominciano effettivamente a cadere, ma l’aria calda che tende ancora a salire, le risospinge verso l’alto. Facciamo l’esempio di una pallina da ping pong che venga sollevata al disopra di un ventilatore. La pallina resterà sollevata in aria, sospinta dall’aria che sale dall’apparecchio. Lo stesso avviene per le goccioline d’acqua che formano le nuvole. Ma ecco che esse ingrossano anche perchè urtandosi, si fondono tra loro e diventano quindi più pesanti. E così le gocce cominciano a cadere sulla terra. E’ la pioggia.
Esperimento scientifico per creare la pioggia in un vaso qui:
L’aria è piena di vapore acqueo che proviene dalla superficie del mare o dei laghi o del suolo, potendo con sè un po’ del calore degli oggetti che ha abbandonato. Per constatare questo fenomeno basta bagnare un dito con l’alcool ed esporlo all’aria. Si avvertirà subito una sensazione di freddo e ciò perchè l’alcool, evaporando, porta con sè un po’ del calore del dito. Se il vapore acqueo che si trova nell’aria è abbondante, si dice che l’aria è umida. Quando l’aria è molto umida, l’evaporazione diminuisce ed è allora che, nelle giornate estive molto umide e afose, il sudore ci si appiccica addosso. Abbiamo avuto occasione di vedere, specie in un raggio di sole, il pulviscolo atmosferico, cioè minutissime particelle che danzano nell’aria. Questo pulviscolo è formato dalla polvere che si leva dal suolo, da piccolissime spore, da impurità di ogni genere. Quando il vapore acqueo che proviene dal suolo ancora caldo si raffredda a contatto dell’aria fresca notturna, esso si condensa attorno ad un minuscolo granello di polvere. Queste goccioline formano una specie di nuvola bassa sul suolo, che si chiama nebbia. Quindi, la nebbia è una specie di nuvola bassa sulla terra, formata da vapore acqueo condensato e pulviscolo atmosferico. Essa si forma anche sul mare e sui laghi e non appena il sole la riscalda a sufficienza, sparisce perchè le goccioline d’acqua evaporano e salgono nell’aria.
Esperimento scientifico per creare la nebbia in vaso qui:
Quando l’aria è molto fredda, il vapore si condensa in tanti piccoli cristalli di ghiaccio che riunendosi formano quelli che chiamiamo i fiocchi di neve. Questi sono leggeri e morbidi perchè inglobano grandi quantità di aria. Se si osservano con una forte lente di ingrandimento, si potrà vedere che sono di forma diversa, ma tutti fatti a stellina con sei punte.
Qui un tutorial per realizzare bellissimi fiocchi di neve di carta:
Il fenomeno della grandine avviene prevalentemente in estate e c’è la sua ragione. In questa stagione, l’aria è talvolta molto calda e, come abbiamo visto, tende a salire. Nelle altissime regioni atmosferiche, l’aria calda incontra generalmente correnti assai fredde, anzi, gelate. Allora, le goccioline d’acqua che l’aria contiene, cominciano a turbinare non solo, ma gelano e si trasformano in cristalli di ghiaccio. Anche qui avviene lo stesso fenomeno della pioggia; cioè i cristalli di ghiaccio cadono e incontrano, nella loro caduta, altre gocce d’acqua a cui si uniscono. Le correnti d’aria calda li sospingono incessantemente verso l’alto finchè i ghiaccioli, divenuti ormai grossi e pesanti, precipitano sulla terra con gli effetti disastrosi che tutti conosciamo. Nel fiocco di neve è contenuta molta aria, nel chicco di grandine no. Ecco perchè questo è più pesante e compatto.
La rugiada
Abbiamo occasione di vedere la rugiada sulle piante e sulla terra, di mattina presto, quando il calore del sole non l’ha ancora fatta evaporare. Come si è formata? La spiegazione è semplice. Durante la giornata, i caldi raggi del sole hanno riscaldato la terra, le erbe, i fiori. Durante la notte, invece, questi si raffreddano e il vapore acqueo vi si condensa in brillanti goccioline. In autunno o in inverno, quando le notti sono molto fredde, si forma invece la brina. Mentre la rugiada è benefica, la brina, come è noto, danneggia le piante e talvolta quella che si chiama una brinata o una gelata può distruggere un intero raccolto.
Lampi e fulmini
E’ facile, durante un temporale scorgere nel cielo i lampi e vedere cadere un fulmine. La spiegazione di questo fenomeno risale a quanto abbiamo detto a proposito della pioggia. Le goccioline di acqua che, sospinte dalle correnti calde si aggirano vorticosamente nell’aria, si caricano ad opera di questo movimento di elettricità. Questa elettricità si manifesta, appunto, nel lampo che è un’enorme scintilla elettrica che scocca fra due nubi cariche di elettricità (positiva e negativa). Se la scarica colpisce il suolo, abbiamo il fulmine di cui conosciamo gli effetti talvolta drammatici. Il tuono è il rimbombo dell’aria quando viene squarciata dal lampo e dal fulmine, ma non deve incutere paura perchè, quando il tuono si sente, il pericolo è già passato.
L’arcobaleno
Portiamo a scuola un prisma e con esso facciamo osservare ai bambini che un raggio di sole, apparentemente fatto di luce bianca, passando attraverso il prisma si scompone di sette bellissimi colori. Ciò avviene perchè i diversi colori di cui è composta la luce bianca sono dal prisma deviati in modo diverso. La stessa cosa avviene con l’arcobaleno. Le gocce di pioggia ancora sospese nell’aria vengono attraversate dalla luce del sole i cui raggi si piegano come nel prisma di cristallo. I colori dell’arcobaleno sono sette: rosso, giallo, celeste, verde, arancione, indaco e violetto.
L’aria atmosferica La parte inferiore dell’atmosfera è costituita dallo strato gassoso che circonda il nostro globo e che lo segue nel suo movimento di rotazione. L’atmosfera è una massa gassosa alta mille chilometri.
La pressione atmosferica L’atmosfera preme enormemente sulla superficie del nostro globo e noi non ne rimaniamo schiacciati perchè la pressione si esercita sul nostro corpo internamente ed esternamente, ciò che produce equilibrio. Quando questo equilibrio viene a mancare, come nel caso in cui l’uomo salga a grandi altezze senza essere munito di speciali apparecchi per respirare e per sostenere la mancanza di pressione, si rilevano gravi disturbi e quasi sempre la morte.
Tre elefanti sulle spalle Chi porta elefanti sulle spalle? Chi è quest’uomo così robusto da non rimanere schiacciato non solo sotto il peso di tre elefanti, ma di uno soltanto? Siamo tutti noi, che sopportando il peso dell’aria, è come se portassimo un peso uguale a quello di tre grossi elefanti.
La pressione atmosferica L’atmosfera pesa enormemente sopra di noi. E perchè non ne rimaniamo schiacciati? Perchè l’aria esercita questa pressione su tutte le parti del nostro corpo, non solo, ma anche nell’interno, e il risultato è che queste enormi pressioni, enormi ma uguali, si equilibrano e l’uomo può muoversi benissimo senza alcun disturbo.
La stratosfera La stratosfera è chiamata la regione del buon tempo permanente. Il cielo è di una bellezza commovente: scuro, turchino, cupo o viola, quasi nero. La terra, lontana, è invisibile: non si vede che nebbia. Soltanto le montagne emergono. Dapprima avvolte nelle nubi, si rivelano a poco a poco. Una cima poi un’altra. Lo spettacolo è magnifico. (A. Piccard)
Le conquiste degli spazi La conquista degli spazi è agli inizi. Chissà quanti palpiti, chissà quanta ammirazione, quanti evviva dovremo spendere per le sempre più meravigliose imprese future! Se siamo diversi dalle bestie, è proprio per questo insaziabile, anche se folle bisogno di andare sempre più in là, di svelare uno ad uno i misteri del creato. (D. Buzzati)
L’atmosfera Noi siamo immersi completamente nell’aria, anzi, nella sfera d’aria che circonda la terra; meglio sarà se diremo atmosfera, che significa, appunto, sfera d’aria. La terra gira, gira vorticosamente, es e noi non ce ne accorgiamo dipende dal fatto che tutto gira con la terra, comprese le nuvole che fanno parte dell’atmosfera.
La conquista dello spazio A ogni passo di là dalle conosciute frontiere, volere o no, il nostro cuore palpita. Al pensiero che un uomo come noi sta bivaccando lassù, nella vertiginosa e gelida parete trapunta di stelle, vien fatto di correre su per le scale, di affacciarsi sull’ultima terrazza e di agitare un lumino. Chi lo sa, se ci vede: si sentirà meno solo. (D. Buzzati)
Il lancio del missile Il razzo, avvolto alla base da un bagliore di fiamma e da una nuvola di vapori, si stacca dalla piattaforma e sale sempre più velocemente verso l’alto. L’astronauta comincia con voce pacata a trasmettere a terra tutte le informazioni richieste dal suo eccezionale servizio e contemporaneamente esegue tutte le operazioni assegnategli come se fosse seduto davanti a una scrivania. Solo una volta, mentre la capsula ha raggiunto l’altezza di 185 chilometri, si lascia sfuggire un’esclamazione: “Che vista meravigliosa!”
Aria calda e aria fredda Mutamenti improvvisi di temperatura molto spesso portano pioggia o tempo burrascoso. E’ per questo motivo che, alla fine di una calda giornata estiva, quando comincia a levarsi il vento e l’aria rinfresca e il cielo si copre di nuvole, si può essere quasi sicuri che ci sarà un temporale. L’aria, così calda per tutta la giornata, comincerà a salire, e quella fredda scende rapidamente a prendere il suo posto, portando con sè vento e pioggia. (J. S. Meyer)
Un oceano d’aria Noi viviamo sul fondo di un oceano d’aria, che si innalza per chilometri e chilometri sopra le nostre teste ed è molto pesante. Se non ne sentiamo il peso è solo perchè la sua pressione si esercita sul nostro corpo dall’alto, dal basso e dai lati, in ogni direzione contemporaneamente. Inoltre c’è sempre aria nei nostri polmoni e in tutto il nostro corpo, e quest’aria che è dentro di noi e quella che è intorno a noi si bilanciano così che non di accorgiamo di quanto l’aria pesi. (J. S. Meyer)
L’atmosfera La quasi totalità degli esseri viventi ha bisogno di aria per respirare. Anche gli alberi, le erbe, i fiori, hanno bisogno di aria; ma se potessero esistere senza di essa, sarebbero immobili come cose dipinte. Non una sola tra le innumerevoli foglie degli alberi si muoverebbe; non un solo filo d’erba si piegherebbe, e ramoscello o fronda stormirebbero ondeggiando alla brezza. E non potrebbero esserci ne api ne farfalle ne uccelli di alcuna specie, poichè come potrebbero volare se non di fosse aria a sostenerne il volo? Ogni cosa al mondo sarebbe silenziosa e muta, poichè il suono non può propagarsi se non attraverso l’aria. (J. S. Meyer)
L’aria Senza aria o atmosfera non si avrebbe ne tempo bello ne tempo brutto, ne pioggia ne neve; e non si saprebbe che cosa sono il sereno, le nuvole, i temporali. Senz’aria non potrebbero vivere ne uomini ne animali, la quasi totalità degli esseri viventi ha bisogno di aria perchè questa necessita per respirare. ( J. S. Meyer)
Un oceano d’aria Immaginate che cosa significherebbe vivere sul fondo dell’oceano. Supponete per un momento di poter camminare sul fondo oceanico, con tante migliaia di tonnellate d’acqua che premono su di voi e pesano come montagne. Naturalmente, non si potrebbe resistere poichè il nostro corpo non è fatto per sopportare un peso così enorme: si resterebbe schiacciati in meno di un minuto. Eppure tutti noi viviamo sul fondo di un oceano d’aria che si innalza per chilometri e chilometri sopra la nostra testa ed è molto pesante. (J. S. Meyer)
Salire nell’atmosfera Quanto più saliamo nell’atmosfera, tanto minore è la quantità di aria sopra di noi e minore sarà la pressione. Se potessimo salire per sessanta o settanta chilometri, difficilmente troveremmo ancora un po’ d’aria, e sarebbe la morte per noi. Il nostro corpo, infatti, è costituito per poter vivere sulla terra, nel fondo dell’oceano d’aria, e proprio dove l’aria è più pesante. (J. S. Meyer)
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Il vento
Venti e piogge I venti non solo servono a ventilare decentemente questo nostro quartiere di residenza che è la terra, ma compiono inoltre l’alta funzione di distribuire la pioggia, senza la quale sarebbe impossibile lo sviluppo normale della vita animale e vegetale. La pioggia non è altro che acqua evaporata dagli oceani, dai mari chiusi, dalla terra arida e dalle foglie delle piante e dai nevai continentali e trasportata dall’aria sotto forma di vapore. Quando i venti, che trasportano questo vapore, incontrano aria fredda si ha la pioggia. (Van Loon)
Il vento Il vento è una corrente. Ma, cos’è che produce una corrente? Cos’è che la mette in moto? Le differenze di temperatura dell’aria. Di solito una parte dell’aria è più calda dell’aria circostante e quindi più leggera, e perciò tende a levarsi in alto. Levandosi, crea il vuoto. L’aria fredda delle regioni superiori, essendo più pesante, precipita turbinando nel vuoto. (Van Loon)
Vento e pioggia Quando un vento, carico di vapore acqueo, incontra una catena di montagne, possono accadere due cose. O la sua violenza deve spezzarsi contro questo ostacolo, oppure, per poterlo oltrepassare, la corrente aerea deve innalzarsi a grande altezza. Trovando, così, una zona più fredda, il vapore acqueo si condensa, si trasforma in pioggia, e il vento, ormai diventato asciutto, passa oltre. Quindi la zona che è situata al di qua della catena di monti, avrà frequenti piogge e clima umido, la zona situata al di là avrà clima asciutto e cielo sereno. (Van Loon)
Le nubi che corrono all’impazzata per il cielo sono leggere, soffici e, spinte dal vento, sembrano bianchi agnelli in corsa. Si divertono qualche volta ad oscurare il sole, a cingere di un pallido alone la luna lucente, a coprire e a scoprire le cime lontane dei monti. Qualche volta si appesantiscono, si fanno nere e minacciose: sono allora foriere di temporale. Si scaricano in furiosi acquazzoni e non di rado in dannose grandinate. (R. Mari)
Le nuvole Che cosa sono quelle nuvole soffici che vediamo pigramente e oziosamente fluttuare nel cielo azzurro? La maggior parte di esse hanno l’aspetto di fiocchi bambagiosi, delicati e soffici: sembrerebbe bello poter andar vagando qua e là per cielo, adagiati su di esse, spinti da un gentile venticello! Ma sappiamo che in realtà non si tratta di bambagia e tanto meno di fiocchi morbidi e leggeri.
Le nubi Le nubi sono costituite da miliardi e miliardi di minutissime goccioline di acqua, ciascuna delle quali è così piccola che non si vede a occhio nudo. Di tali goccioline ce ne sono miliardi in una goccia di pioggia: di qui si potrà comprendere la piccolezza di ognuna e come possa essere invisibile a occhio nudo. (J. S. Meyer)
Forma delle nuvole Quelle nuvole d’aspetto soffice e bambagioso sono chiamate cumuli. I cumuli spesso sono considerati come nuvole del bel tempo. Talvolta i cumuli si avvicinano e si uniscono sì che tutto il cielo ne è presto ricoperto. Non si tratta più di cumuli, ma di strati. Essi formano una specie di coltre e ci avverte che la pioggia può non essere lontana. Alte nel cielo, talvolta a quindici chilometri dalla terra, viaggiano quelle nuvole fini e delicate che sono dette cirri, che vuol dire riccioli. Sono freddissime e invece che da goccioline d’acqua, sono costituite da minuti cristalli di ghiaccio. (J. S. Meyer)
Nuvole La mattina, al primo chiarore, sorgono dai prati umidi. La sera sbucano in un batter d’occhio da qualche gola più oscura, si assottigliano, innalzandosi velocissime per le coste, si librano per le cime dei monti, poi, in un batter d’occhio, come scaturiscono, svaniscono. Il vento le incalza, le sbaraglia, le sgretola e le disperde dopo una lotta silenziosa di giganti. (G. Giacosa)
Le nuvole Quando, levandosi dal suolo, l’aria calda le incontra, intorno ai mille o ai duemila metri, correnti o strati d’aria più fredda, il vapor acqueo in essa contenuto si raffredda e le minute goccioline di cui è composta si raggruppano insieme e formano gocce più grosse. Miliardi di gocce si ammassano e si condensano sempre più, formano cioè delle nuvole. A poco a poco si riuniscono tutte e in breve il cielo ne è completamente ricoperto. (J. S. Meyer)
Le nuvole E’ appena giorno e io che mi sono svegliato presto ne approfitto per continuare a registrare le mie memorie nel mio caro giornalino, mentre i miei cinque compagni dormono della grossa. Ieri l’altro dunque, cioè il 30 gennaio, dopo colazione, mentre stavo chiacchierando con Tino Barozzo, un altro collegiale grande, un certo Carlo Pezzi gli si accostò e gli disse sottovoce: “Nello stanzino ci sono le nuvole”. “Ho capito!” rispose il Barozzo strizzando un occhio. E poco dopo mi disse: “Addio Stoppani, vado a studiare” e se ne andò dalla parte dove era andato il Pezzi. Io che avevo capito che quell’andare a studiare era una scusa bella e buona e che invece il Barozzo era andato nello stanzino accennato prima dal Pezzi, fui preso da una grande curiosità, e senza parere, lo seguii pensando “Voglio vedere le nuvole anch’io”. E arrivato a una porticina dove avevo visto sparire il mio compagno di tavola, la spinsi e… capii ogni cosa. In una piccola stanzetta che serviva per pulire e assettare i lumi a petrolio (ce n’erano due file da una parte, e in un angolo una gran cassetta di zinco piena di petrolio e cenci e spazzolini su una panca) stavano quattro collegiali grandi, che nel vedermi, si rimescolarono tutti, e vidi che uno, un certo Mario Michelozzi, cercava di nascondere qualcosa. Ma c’era poco da nascondere, perchè le nuvole dicevano tutto: la stanza era piena di fumo e il fumo si sentiva subito che era di sigaro toscano. “Perchè sei venuto?” disse il Pezzi con aria minacciosa. “Oh bella, sono venuto a fumare anch’io” “No, no!” saltò a dire il Barozzo “Lui non è abituato… gli farebbe male, e così tutto sarebbe scoperto”. “Va bene, allora starò a veder fumare” “Bada bene” disse un certo Maurizio Del Ponte, “Guai se…” “Io, per regola” lo interruppi con grande dignità, avendo capito quel che voleva dire, “la spia non l’ho mai fatta, e spero bene!” Allora il Michelozzi, che era rimasto sempre prudentemente con le mani di dietro, tirò fuori un sigaro toscano ancora acceso, se lo cacciò avidamente tra le labbra, tirò due o tre boccate e lo passò al Pezzi che fece lo stesso, passandolo poi al Barozzo che ripetè la medesima funzione passandolo a Del Ponte che, dopo le tre boccate di regola, lo rese al Michelozzi… e così si ripetè il passaggio parecchie volte, finchè il sigaro fu ridotto ad una misera cicca e la stanza era così piena di fumo che ci si asfissiava… “Apri il finestrino!” disse il Pezzi al Michelozzi. E questi si era mosso per eseguire il saggio consiglio quando il Del Ponte esclamò: “Calpurnio!” E si precipitò fuori della stanza seguito dagli altri tre. Io, sorpreso da quella parola ignorata, indugiai un po’ nell’istintiva ricerca del suo misterioso significato, pur comprendendo che era un segnale di pericolo; e quando a brevissima distanza dagli altri feci per uscire dalla porticina, mi trovai faccia a faccia con il signor Stanislao in persona che mi afferrò per il petto con la destra e mi ricacciò indietro esclamando: “Che cosa succede qua?” Ma non ebbe bisogno di nessuna risposta; appena dentro la stanza comprese perfettamente quel che era successo e con due occhi da spiritato, mentre gli tremavano i baffi scompigliati dall’ira, tuonò: “Ah, si fuma! Si fuma, e dove si fuma? Nella stanza del petrolio, a rischio di far saltare l’istituto! Sangue d’un drago! E chi ha fumato? Hai fumato tu? Fa’ sentire il fiato… march!” E si chinò già mettendomi il viso contro il viso in modo che i suoi baffoni grigi mi facevano il pizzicorino sulle gote. Io eseguii l’ordine facendogli un gran sospiro sul naso ed egli si rialzò dicendo: “Tu no… difatti sei troppo piccolo. Hanno fumato i grandi… quelli che sono scappati di qui quando io imboccavo il corridoio. E chi erano? Svelto… march!” “Io non lo so!” “Non lo sai? Come! Ma se erano qui con te!” A queste parole i baffi del signor Stanislao incominciarono a ballare con una ridda infernale. “Ah, sangue d’un drago! Tu ardisci rispondere così al direttore? In prigione! In prigione! March!” E afferratomi per un braccio mi portò via, chiamò il bidello e gli disse: “In prigione fino a nuovo ordine!” (Vamba)
Quando l’ammasso delle nuvole che si condensano con il freddo, si raffredda maggiormente, allora tutti i miliardi di goccioline che lo formano e che hanno già un discreto volume, diventano sempre più grosse e più pesanti e a un bel momento, cominceranno a staccarsi dalle nubi ed a precipitare sulla terra in forma di pioggia. La pioggia cade e le nuvole a poco a poco si dissolvono. (J. S. Meyer)
La pioggia La pioggia non è altro che acqua evaporata dagli oceani, dai mari chiusi e dai nevai continentali e trasportata nell’aria sotto forma di vapore. Poichè l’aria calda può contenere molto maggior vapore che la fredda, il vapore acqueo viene trasportato senza molta difficoltà finchè i venti non incontrino aria fredda; quando ciò avviene, il vapore si condensa e precipita nuovamente alla superficie della terra in forma di pioggia o grandine o neve. (Van Loon)
La nebbia è una nuvola bassa sulla terra formata da vapore acqueo e pulviscolo atmosferico. Essa si forma prevalentemente sul mare e sui laghi e non appena il sole la riscalda a sufficienza sparisce perchè le goccioline d’acqua evaporano e salgono nell’aria.
La neve è una precipitazione atmosferica che avviene quando la temperatura dell’aria in cui il vapore acqueo si va condensando, diventa molto bassa. Per questo fatto, il vapore acqueo si condensa in minutissimi cristalli di ghiaccio disposti a forma di stella, i quali, cadendo, si raggruppano fra loro formando i fiocchi di neve.
Fiocchi di neve Andate al’aperto con una tavola scura mentre nevica e studiate, mediante una lente di ingrandimento, le stelline graziose che vi cadono a miliardi dal cielo. Osserverete la mirabile costruzione di queste foglioline di cristallo, di questi grappoli di stelline, ognuno delle quali è un capolavoro che nessun gioielliere saprebbe mai imitare. (B. H. Burgel)
La rugiada compare sempre la mattina presto, di primavera, d’estate, e anche al principio dell’autunno. Se di giorno ha fatto molto caldo e la notte è fresca, è certo che al mattino seguente ci sarà molta rugiada sui prati. Sull’erba, sulle foglie, sui fiori ci saranno tante goccioline d’acqua che brillano come diamanti alla luce dell’alba. (J. S. Meyer)
La grandine è formata di granellini gelati che cadono da nuvole cineree. E’ preceduta spesso da un uragano nel quale si percepisce un rullio caratteristico causato, pare, dallo sfregamento dei granellini di ghiaccio che si muovono in moto vorticoso, rapidissimo. La grandine è sempre apportatrice di rovine; i granelli possono raggiungere anche la grandezza di un uovo e un peso notevole.
La grandine D’estate, quando da noi fa un caldo insopportabile, a diverse migliaia di metri dal suolo la temperatura può essere bassissima; e allora succedono strane cose. L’aria calda che si solleva dalla terra comincia, a un certo punto, a turbinare e a trasportare con sè goccioline di acqua. Su, sempre più su le sospinge l’aria calda, finchè esse raggiungono gli strati d’aria dove la temperatura è molto bassa. Allora gelano, si trasformano in minuti ghiaccioli e cominciano a cadere. Così turbinando e cadendo, si uniscono fra loro e formano chicchi di ghiaccio che, per l’aumentato peso, precipitano sulla terra in forma di grandine. (J. S. Meyer)
La natura è bella anche nei suoi furori: una bufera è tanto più bella, quanto più è terribile e intensa. Ecco che il cielo si oscura e il sole si nasconde fra le nuvole scure, coi contorni neri, che si rincorrono, si inseguono come eserciti in battaglia. Guizzano i lampi e le nubi vibrano e si scuotono come invase da una corrente elettrica che le illumina, ora di una luce azzurra, ora dorata, ora argentea. Di quando in quando guizzi di lampi serpeggiano nell’oscuro esercito delle nuvole. (P. Mantegazza)
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IL PANE materiale didattico vario: dettati ortografici, letture, ecc…, di autori vari, per bambini della scuola primaria.
Il pane
L’uomo preistorico abbrustoliva i semi del grano per mangiarli e imparò soltanto più tardi a triturarli e ad impastare e cuocere la farina che ne ricavava. Questo sistema è usato ancor oggi da alcuni popoli che ottengono in questo modo una galletta dura e compatta di difficile digestione. Soltanto in un secondo tempo l’uomo imparò ad usare il lievito. Di questo si conoscono due specie: il lievito di birra e il lievito di pasta. Entrambi sono prodotti da speciali fermenti. Il lievito di pasta, usato per la confezione del pane casalingo, si ottiene facendo fermentare per alcune ore all’aria un pezzo di pasta. La fermentazione, cioè la lievitazione, avviene per opera di un fungo che si sviluppa nella pasta e che scompone l’amido della farina in alcool e anidride carbonica. La pasta lievitata rigonfia appunto, per opera dell’anidride carbonica, ed emana un odore di vino per opera dell’alcool che si è formato. I principali componenti della farina sono il glutine e l’amido. Quest’ultimo è formato da tanti minutissimi granelli compatti, di un colore bianco candido. Il glutine è grigiastro, vischioso ed elastico. Quando si aggiunge acqua alla farina preparata per fare il pane, i granellini di amido di rammolliscono e si gonfiano, aumentando di volume, e il glutine si riunisce a formare una massa molle e compatta, pronta a ricever l’azione del lievito. Con la lievitazione, la pasta si solleva, si gonfia, in una parola fermenta. Durante la fermentazione, l’amido si trasforma in destrina e quindi in zucchero o glucosio. E’ appunto quest’ultima sostanza che produce, oltre all’alcool, l’anidride carbonica per opera della quale il pane diventa spugnoso, ricco di piccole cavità. Quando il pane cuoce nel forno, il gas, dilatandosi, allarga ancora queste cavità e la massa cresce ulteriormente di volume. Il pane si può fare anche con altri tipi di farina: con le segale, meno ricca di glutine, con l’avena, con l’orzo, col granoturco, ecc… Nei paesi caldi, come in Africa, il raccolto del grano si fa due volte l’anno. Nei paesi freddi dove il grano non potrebbe arrivare a maturazione, si coltiva l’orzo primaverile che matura in soli tre o quattro mesi. L’avena, che ama l’umidità e il clima piuttosto fresco, viene di preferenza coltivata nei paesi nordici dove si usa, infatti, pane di avena. Il pane può essere confezionato in diverse forme: pagnotte, sfilatini, panini, filoni, grissini, ciambelle. Il pane integrale, fatto con farina meno setacciata e quindi più scura, è più nutriente del pane bianco anche perchè utilizza l’embrione, elemento prezioso, che è fissato alla crusca e che assurdamente viene eliminato con questa, togliendo al pane gran parte delle sue qualità nutritive. Con la farina di grano si fanno le paste alimentari di cui in Italia esiste una vasta e ottima produzione, oggetto di esportazione in tutto il mondo. La pasta è fabbricata prevalentemente a macchina e assume le più svariate forme.
Non sciupare il pane
Non sciupare il pane! Pensa che è costato tanta fatica e che il contadino ha seminato in autunno per raccogliere soltanto in estate. Per tutto l’anno egli ha trepidato per le gelate, per i temporali, la siccità, la malattia. E soltanto quando ha potuto mettere il suo grano al sicuro egli ha tratto un sospiro di sollievo.
Il pane
Mi chiamano ciambella, sfilatino, panino, cornetto, ma sono sempre il pane. La mia crosta è dorata. La mollica è soffice, bianca, morbida. L’anno scorso ero ancora erba verde nei solchi dove le allodole facevano il loro nido. Sono stato poi spiga matura che l’uomo ha mietuto, trebbiato, macinato. Divenni bianca farina che il fornaio ha impastato con l’acqua, il sale, il lievito, e poi ha cotto al forno. Quando tu mangi un pezzo di pane, ricordati di quanto ti ho detto.
Il grano
Gli uomini trovarono un’erba dal lungo stelo, che da un seme solo fa tante spighe ed ogni spiga tanti chicchi, i quali macinati, danno una polvere così bianca, così molle e queste, intrisa e rimenata e cotta, dà un cibo così soave, così forte! Quell’erba è la divina vivanda che di fa vivere: il pane! (G. Pascoli)
Il pane
Quante fatiche, quante ansietà, quante pene sono contenute in un pezzo di pane! I grandi bovini che erpicano la terra, il contadino che lo buttò a manciate nel maggese invernale, i primi fili che vincono, teneramente, la scura umidità della terra, e i mietitori che piegano i colli anneriti, l’intera giornata e c’è da legar le manne, da portarle sull’aia. (G. Papini)
I lavori per il pane
Dopo trebbiato bisogna aspettare un po’ di vento che non sia troppo fiacco, ma neanche forte per dividere, col vaglio, i chicchi buoni dalla pula e poi c’è da macinare e da toglier la crusca con lo staccio, e da sfiorar la farina e da scaldar l’acqua per impastarla, e da scaldare il forno con l’erba secca e le fascine; tutto questo c’è da fare, con amore e pazienza prima di avere questo pane. (G. Papini)
L’arte di fare il pane
Gli uomini primitivi cuocevano il pane su pietre roventi. Essi facevano focacce non lievitate e non pagnotte e panetti, come noi. I primi forni pubblici, dove si cuoceva il pane e dove tutti potevano comperarlo, sorsero nell’antica Roma. Nel passato i forni erano a legna, ora sono a legna; in essi non si depositano sul pane ne cenere ne polvere e il pane è più bello. (G. Ugolini)
Non sciupare il pane
Non sciupare il pane. Pensa che esso è costato tanta fatica. Il contadino ha lavorato la terra, l’ha seminata. Quando le piantine sono spuntate, le ha mondate dalle cattive erbe. Venuto il caldo, egli ha mietuto le spighe mature. Le ha trebbiate, ha macinato il grano, ha impastato la farina per farne dei pani. I pani sono stati cotti al forno ed ora sono sulla tua tavola. Pensa a tutto questo quando stai per sciupare anche un sol pezzo di pane.
Esercizi di vocabolario Pane: pagnotta, panificare, panificazione, pancotto, pangrattato, panettone, pandoro, panino, panetto, panone… Pezzo, morso, tozzo, mollica o midolla, crosta, cantuccio, fetta. Il pane può essere: fresco, duro, rifatto, raffermo, caldo, odoroso, croccante, stantio, ammuffito, ben cotto, crudo, lievitato, mal lievitato, bianco, grigio, integrale, azzimo, soffice, leggero, bruciato, tostato, abbrustolito, biscotto, biscottato, midolloso, mollicoso, affettato, asciutto, bagnato, inzuppato,… Il pane si impasta, lievita, cuoce, brucia, si abbrustolisce, si mangia, si spezza, si gratta, si indurisce, si affetta, … Modi di dire: essere pane e cacio; se non è zuppa è pan bagnato; mangiare il pane a ufo; magiare pan pentito; non è pane per i suoi denti; vender per un pezzo di pane; rendere pan per focaccia; spezza il pane della scienza.
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