Dettati ortografici e poesie LA RUGIADA

Dettati ortografici e poesie LA RUGIADA – Una collezione di dettati ortografici, poesie e filastrocche, sulla rugiada, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Rugiada

Questa graziosa fata del mattino, che stende sui prati il suo velo rilucente, è anch’essa prodotta dal valore acqueo accumulato nell’atmosfera durante il giorno: la vegetazione, il suolo, tutti gli oggetti che sono stati esposti al calore diurno del sole, dopo il tramonto di questo si raffreddano più rapidamente dell’aria; ed allora il vapore acqueo, a contatto con essi, si trasforma in minutissime goccioline, che imperlano così tutte le cose e brillano come diamanti alla luce dell’alba nuova.

Rugiada
Soltanto un ciuffo d’erba
e gocciole tremanti
posate sulla pianta:
un velo di rugiada.
Ma tremuli diamanti
su dei fili di giada. (C. Jacobelli)

La rugiada
“Perchè, dimmi, mammina,
i fioretti del prato, la mattina
anche quelli lontano dalla fonte
hanno una goccia d’acqua sulla fronte?”
“Anche i fioretti, vedi, bimbo mio,
appena il sol li tocca,
aprono tutti l’odorosa bocca
a ringraziare della vita Iddio,
e si fan tutti il segno della crode
con un’acqua lustrale
che trovano nell’aria mattinale.
E di quel santo segno loro resta,
come accade anche a te,
una goccia d’acqua sulla testa
che brilla come gemma di re”. (R. Pezzani)

Esercizi di vocabolario

Rugiada: rugiadoso, rorido.
La rugiada può essere: benefica, abbondante, fresca, scintillante, …
La rugiada: imperla, cade, imbrillanta, rinfresca, ristora, disseta, rianima, ricopre, …
Modi di dire: benefica come la rugiada; parole rugiadose; rorido di rugiada;  bagnato di rugiada; …

Ricerche e relazioni

Come si forma la rugiada.

Differenza tra rugiada e brina. Effetti sulla vegetazione dell’una e dell’altra.

La rugiada. Osservazione e descrizione di un prato dove sia caduta la rugiada.

Dettati ortografici e poesie LA RUGIADA – tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. 

Poesie e filastrocche SAN MICHELE – 29 settembre

Poesie e filastrocche SAN MICHELE – una collezione di poesie e filastrocche su San Michele. La raccolta è in costruzione…

San Michele
Quando il sol tramonta in cielo
e alle nubi dà fulgore
ecco brilla il tuo mantello
rosso e giallo di splendore.
La tua spada è sfavillante
fiero indomito guerriero
il tuo sguardo rilucente
ci rammenta sempre il vero.
Oh, tu prode San Michele
che nei cieli hai vinto il male
dacci forza e puro cuore
chè s’affermi alfin l’amore.

Atmosfera di Michele
Divengono i giorni più brevi
divengono i cuori più chiari
Al di sopra dell’autunno
splende il luminoso San Michele.
San Michele, signore del tempo!
Tu dai il vero pane
ed una nuova veste. (H. Ritter)

Il cavaliere
Me ‘n vo, me ‘n vo
sul mio destrier
timor non ho
da solo andrò
se vincerò,
ritornerò.

Poesie e filastrocche SAN MICHELE – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

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Poesie e filastrocche: 2 ottobre, la festa dei nonni

Poesie e filastrocche: 2 ottobre,  la festa dei nonni. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Nonno e nipotino
Passan sul prato nonno e nipotino.
Il nonno è vecchio, il bimbo è piccolino:
il bimbo è biondo, il nonno è tutto bianco,
il bimbo è dritto, il nonno è curvo e stanco.
Passan sul prato dandosi la mano.
Il nonno dice: “Presto andrò lontano,
molto lontano e più non tornerò…”
E il bimbo: “Nonno mio, ti scriverò”.
L. Schwarz

La nonna
D’inverno ti mettevi una cuffietta
coi nastri bianchi come il tuo visino,
e facevi ogni sera la calzetta,
seduta al lume, accanto al tavolino.
Io imparavo la storia sacra in fretta
e poi m’accoccolavo a te vicino
per sentir narrar la favoletta
del Drago Azzurro e del Guerrier Moschino.
E quando il sonno proprio mi vinceva
m’accompagnavi fino alla mia stanza
e m’addormivi al suono dei tuoi baci.
Agli occhi chiusi allor mi sorrideva
in mezzo ai fiori una gioconda danza
di sonni dolci, splendidi e fugaci.
G. D’Annunzio

La nonna
Era partita la nonna
per un luogo lontano
mentre diceva: “Sì…” piano
la nipotina alla gonna
le stava “… nel bosco… la fata…”
e poi s’era addormentata.
La nipotina attendeva
diceva: “Ritornerà,
tanto, che aspetto lo sa”.
E giocava e sorrideva.
Ma la nonna s’era svagata,
chissà! Non era tornata.
L. C. Zilioli

Cari nipoti miei
Cari nipoti miei, veri e onorari,
mi giungono ogni tanto accenni vari,
lievi, gentili… “Oh sì, l’abbiamo amata
come poeta, un dì! Ora è invecchiata”.
E’ vero. Ma c’è un piccolo segreto
che voglio dirvi con animo lieto:
or la zia lascia a voi tutto il moderno.
e lei va a rifugiarsi nell’eterno”.
Lina Schwarz

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici: Autunno

Dettati ortografici: Autunno. Dettati e letture di autori vari, per la scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

Autunno
Sono bastati tre giorni di vento freddo e qualche ora di pioggia grossa per cambiare faccia al mondo. Adesso, sì, è l’autunno.
L’azzurro non splende più da sé, ma riflette per trasparenza una luce che sembra essersi allontanata, ritirata al fondo del cielo; basse sull’orizzonte fumano bellissime nuvole grigiazzurre falla gran cresta bianca. Nei campi, tra il verde brillante, spiccano grovigli di vigne rossastre chiazzate d’uva viola; gracili robinie, tremule d’oro, si levano da dietro le siepi nere.

Autunno
Muore sul poggio l’ultima eco delle canzoni della vendemmia: nel giardino passa l’aria fredda dell’aurora a tingere di rosso le foglie della vitalba; sbocciano, ultimi fiori, le corolle dei crisantemi; le dalie appassite piegano il grosso capo. Lievi strati di nebbia si stendono qua e là, fra gli alberi dalle fronde già diradate, sui campi arati di fresco, sul corso serpeggiante del fiume. (V. Bersezio)

Autunno
La nuova stagione ha avuto inizio con l’equinozio d’autunno, il 23 settembre, e terminerà il 21 dicembre. Equinozio è parola che deriva dal latino e vuol dire “giorno uguale alla notte”. Gli equinozi sono due poichè oltre a quello d’autunno c’è quello di primavera, il 21 marzo. In detti periodi la notte ha, dunque, la stessa durata del giorno.

Mattino d’autunno
Il sole non era ancora tutto apparso all’orizzonte… Il cielo era tutto sereno: di mano in mano che il sole si alzava dietro il monte, si vedeva la sua luce, dalla sommità dei monti opposti, scendere, come spiegandosi rapidamente, giù per i pendii e nella valle. Un venticello d’autunno, staccando dai rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere a qualche passo distante dall’albero. (A. Manzoni)

Autunno

L’autunno cominciò precocemente, quell’anno: un settembre piovoso e freddo seguiva all’agosto torbido di uragani. La vegetazione risentiva già la vecchiaia; si coloriva d’oro e di rosso. Cade una foglia che pare tinta di sole e nel cadere ha l’iridescenza della farfalla. Appena a terra si confonde, con l’ombra, già morta. (G. Deledda)

La caduta delle foglie

Cadono lente, con un breve volo, come se fossero stanche di stare attaccate al ramo. Se, invece, tira vento, ecco che vengono strappate con rabbia e si disperdono finchè alla fine cadono a terra dove vanno a formare un frusciante tappeto. La pioggia le bagna, le fa marcire. Ma esse vanno ad arricchire il terreno, che a primavera sarà più prodigioso di succhi e darà maggior nutrimento all’albero che metterà nuove foglie e nuovi frutti.

Il lamento dell’albero

E’ bastato il fruscio della foglia a scuotere l’albero che cominciava a lamentarsi. D’albero in albero, il lamento si estende; tutto il frutteto è agitato, e sembra che non sia il vento a scuoterlo, ma una forza interiore, un’angoscia mista a rivolta. Giù tutte le foglie! E’ inutile tenerle quando non sono più parte viva del ramo: e con le foglie cade anche qualche frutto: la pigna si spacca e i pinoli si staccano e cadono. I rami più alti, con ancora le foglie verdi, si sbattono in una lotta leggera. (G. Deledda)

Autunno

Nell’aria, che si riposa sulla campagna, volano schiere di uccelli: dal bosco vicino, che comincia a tingersi di macchie rossastre, viene il canto dorato e lento del cuculo. La stagione indugia dorandosi in un’attesa piena di sopore. Le strade odorano di mele cotogne e d’uva e dalle porte spalancate delle cantine esce il fumo delle caldaie schiumanti di mosto, fra le voci aspre e clamorose dei pigiatori. (G. Titta Rosa)

Autunno

Settembre era passato e i primi giorni di ottobre erano grigi, freddi; nelle notti, sempre più lunghe, cadeva una brina cristallina che bruciava le erbe; il bosco aveva mutato aspetto, voce; il vento traeva dagli alberi quasi nudi non più fruscii, ma gemiti. Ad uno ad uno gli animali erano migrati o si erano barricati in casa per cadere in letargo. (R. Calzini)

Autunno

Un silenzio penoso domina pianure e colline. Le foglie rosse della vite che si dondolano ai tralci parlano ancora di solleoni, di grappoli d’oro, di ronzanti mosconi. Fluttua nell’aria quasi un resto di profumo vendemmiale e insieme l’eco di allegri richiami, di cantilene, di risa e di chiacchiere… Ciò era appena ieri; eppure sembra già così lontano. (A. S. Novaro)

Rondini addio

Si chiamano, si rincorrono, volano di qua e di là, dai nidi vuoti al campanile, dal campanile alle grondaie; stanno ferme un momento posate lungo il cornicione quasi a consultarsi, poi scappano.
Volteggiano, stridono: è il gran giorno della partenza… Ecco: le prime hanno già spiccato il volo; ecco altre e altre le seguono; eccole tutte partite.
Addio, rondini! Volano via lentamente, stridono quasi indugiando nei saluti. Sono già lontane. Addio, rondini, addio! (L. Capuana)

Autunno

L’estate fresca e piovosa non ha ingiallito la campagna, e le poche foglie appassite tendono sugli orti al rosso e al violetto. Limpida l’aria, nitidi i colori, un autunno che sembra primavera.
Bianche nuvole corrono per il cielo luminoso, lungo le siepi ronzano ancora le api, fioriscono le rose selvatiche, ma all’orizzonte è in partenza una nera fila di uccelli fuggenti l’inverno in agguato. (G. Mosca)

Sole d’autunno
La nuvolaglia si ruppe e ne scattò un bel raggio di sole. Baciò le piante umide di pioggia e le fece brillare; fece scintillare le pozzanghere, dorò le montagne, disperse la nebbia e la natura sembrò ridere di gioia sotto il bel sole d’autunno.

Mattino d’autunno
Un venticello d’autunno, staccando dai rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere a qualche passo distante dall’albero. A destra, a sinistra, nelle vigne, su tralci ancora tesi, brillavano le foglie rosseggianti a varie tinte, e la terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta nei campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. (A. Manzoni)

L’autunno

I campi arati fumano e la prima nebbia li fascia. Gli alberi nudi levano come scheletri le braccia. Comincia la stagione piovosa, come vuole l’agricoltura. Cadono pioggerelle fini e intanto i solchi e le zolle si vanno riempiendo di semi che daranno frutti alla nuova stagione.

L’autunno
L’autunno è una bella stagione che ci regala ancora qualche bella giornata di sole. E ci regala anche tanta frutta nutriente e saporita: mele, pere, fichi, uva, castagne. Saranno gli ultimi doni, poi la terra si addormenterà e si sveglierà a primavera.

Mattino d’autunno
Si apriva appena il più bel giorno d’autunno.  Pareva che la notte, seguita dalle tenebre e dalle stelle, fuggisse dal sole che usciva nel suo immenso splendore, dalle nubi d’oriente, quasi dominatore dell’universo; e l’universo sorrideva. Le nuvole dorate e dipinte di mille colori salivano la volta del cielo. Gli alberi sussurrando soavemente facevano tremolare, contro la luce, le gocce trasparenti di rugiada.  (U. Foscolo)

La caduta delle foglie.
Cade una foglia che pare tinta di sole, ma appena giunta a terra si confonde con l’ombra, già morta. E’ bastato il suo fruscio per scuotere tutto l’albero, che comincia a lamentarsi. D’albero in albero, il lamento si estende: tutto il frutteto è agitato. Giù tutte le foglie! E’ inutile tenerle quando non sono più parte viva del ramo. I rami più alti, con ancora le foglie verdi, si battono in una lotta leggera; alcuni dicono di sì, altri di no. Poi tutto di nuovo si placa, in una stanchezza dolce, rassegnata. (G. Deledda)

Pioggia autunnale.

Alla fine dell’autunno, in un solo giorno, cambiava il tempo. Di notte dovevamo chiudere le finestre perchè non entrasse la pioggia e il vento freddo strappava le foglie dagli alberi della piazza. Le foglie giacevano fradicie nella pioggia contro il grosso autobus verde al capolinea; il caffè era gremito e le vetrine erano appannate dal caldo e dal fumo dell’interno. (E. Hemingwai)

Rondini, addio.
Si chiamano, si rincorrono, volano di qua e di là, dai nidi vuoti al campanile, dal campanile alle grondaie, stanno ferme un momento, posate lungo il cornicione quasi a consultarsi, poi scappano. Volteggiano, stridono: è il giorno delle partenze! (L. Capuana)

Il letargo.
La marmotta, il riccio, il ghiro, il tasso, lo scoiattolo, la talpa, la tartaruga, la lumaca, la lucertola combattono il freddo e la fame andando in letargo. Prima di abbandonarsi al sonno ognuno prende le sue brave precauzioni: respira il meno possibile e non si muove. Una tale vita di risparmio si può paragonare a un focolare il cui carbone brucia lentamente sotto la cenere. ((H. Fabre)

Autunno
E’ arrivato l’autunno e ha portato i bei frutti saporiti e nutrienti, pere, mele, noci, castagne. Le foglie degli alberi sono diventate rossastre e appena tira un soffio di vento si staccano dal ramo e cadono al suolo dove formano un bel tappeto frusciante. Nel cielo vagano nuvoloni soffici che ben presto si scioglieranno in pioggia.

Autunno
L’autunno dipinge di rosso, di giallo, di viola il bosco e la vigna. Nel bosco, ai piedi degli alberi, spuntano grossi funghi e nei prati fiori violetti dalla corolla delicata e leggera. Sono i colchici autunnali.

Autunno
E’ una bella stagione anche se non è calda e allegra come l’estate. L’aria è mite, il sole dorato, la campagna è tutto uno splendore di toni rossastri, gialli, verdi. Dagli alberi pendono i frutti maturi; la vigna è ormai spoglia, ma ci ha regalato i bei grappoli d’uva succosa. Gli uccelli sono partiti, ma quelli che sono rimasti cinguettano dolcemente fra i rami degli alberi e il fischio allegro dei merli riempie il silenzio del bosco.

Autunno
Tutto intorno l’autunno vive nelle sue creature. Le olive, piccole uova con l’osso dentro, cadono ai piedi dei loro tronchi feriti. Le formiche, il granello tra le mandibole, passano tutte in fila. Forse anche per loro questo è l’ultimo giorno, poi si chiuderanno nel nido a dormire. Per l’aria le grandi nuvole sono gonfie di pioggia. Da una gran zucca gialla salta fuor un cosino nero. Il riccio ha un battito di cuore, poi si accorge che è un topo e ride. Più lontano, su uno stagno, un uccello dal largo becco pesca. Si sente strisciare: è la serpe che avanza. Pioviggina un poco e la quercia assopita prova dei brividi di dolcezza. (F. Tombari)

Alberi d’autunno
Sono ancora fronzuti, anche se le foglie hanno dei toni gialli e rossastri. L’albero non le nutre più e al più lieve soffio di vento, alla prima pioggia, ecco che le foglie si staccano e, con un volo leggero, cadono per terra. L’albero resterà presto spoglio del suo bel manto.

Alberi d’autunno
Hanno perduto quasi tutte le foglie ed ora alzano, verso il cielo grigio, i loro rami spogli. Pure, se guardate bene dove prima c’era la foglia, vedrete già la piccola gemma che aspetta la primavera per dar vita a una nuova foglia, a un fiore, a un frutto.

Autunno
Viene l’autunno, grasso, allegro, rubicondo. Ha un cesto di frutta squisite: mele, pere, castagne, uva, noci… Fra un raccolto e l’altro si diverte a dare alle foglie una bella tinta rossastra. Ma qualche volta è di cattivo umore e tira fuori un ventaccio strapazzone che stacca le foglie dagli alberi e le fa turbinare nell’aria.

Giornata d’autunno
Una brutta mattina la campagna si risveglia ammantata di brina. Cominciano i primi freddi! Piove a dirotto. Fuori ombrelli, impermeabili e maglie di lana. Tutto è brullo e squallido. Solo i pallidi crisantemi fioriscono ancora sui cespugli.

Autunno
L’autunno arrivò e subito si mise a ridere giocondamente. Era di carattere allegro, e quando stava in compagnia, non rifiutava un bicchiere di vino. Appena giunto, fu sua cura andare nella vigna per vedere se i grappoli erano maturi. I grappoli c’erano, ma ancora verdi e acerbi. L’autunno li toccò con la punta delle dita e quelli diventarono pieni di succo fino a scoppiare. L’autunno poi, si guardò intorno e osservò: “C’è troppo verde qui. E’ monotono”. E con un largo pennello chiazzò di giallo, di rosso, di bruno, le chiome degli alberi.

Autunno
L’autunno andò nel frutteto. C’erano pere, mele, noci. “Evviva!” esclamò e ne fece una scorpacciata. Poi andò nel bosco a scrollare i castagni e fece cadere i ricci che schiacciò col piede per farne uscire le castagne. Disse al tasso, alla marmotta, al ghiro: “Ebbene? Che cosa aspettate per andare a dormire?”. Ma il tasso, la marmotta e il ghiro gli risposero che era troppo presto e che ancora non avevano sonno. Allora l’autunno fece levare un forte vento di tramontana e il tasso, la marmotta e il ghiro scapparono subito a rintanarsi.

Autunno
E’ una stagione che ci regala ancora qualche bella giornata di sole. E ci regala, anche, tanta frutta saporita e nutriente: mele, pere, castagne, noci, uva. Saranno gli ultimi doni della terra che poi si addormenterà per il lungo riposo invernale.

Sole d’autunno
La nuvolaglia si ruppe e ne scattò un bel raggio di sole che baciò le piante umide di pioggia e le fece brillare. Trasse scintille dalle pozzanghere, dorò le montagne e disperse la nebbia. La natura sembrò ridere di gioia sotto il tiepido sole d’autunno.

Autunno
Ecco l’autunno tutto grappoli e frutti, e odoroso di mosto. La campagna lentamente si spoglia; fuggono gli uccelli che fecero lieta l’estate, e nel cielo grigio veleggiano i corvi e le gru che sentono l’acqua. I campi arati fumano, e la prima nebbia li fascia. Gli alberi nudi levano come scheletri le braccia. (F. Lanza)

Vento d’autunno
Un venticello d’autunno, staccando dai rami le foglie appassite dal gelo, le portava a cadere qualche passo distante dall’albero. A destra e a sinistra nelle vigne, sui tralci ancora tesi, brillavano le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta nei campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. (A. Manzoni)

Autunno
La bella estate è finita. Le rondini sono partite e i nidi sono rimasti deserti. Il cielo ha perduto il suo bel colore azzurro. Ora è bigio e coperto di nuvole. Gli alberi si spogliano delle loro chiome. Erano così belli, tutti vestiti di verde! Ora sono nudi e stecchiti e rabbrividiscono al vento freddo che scuote i rami e strappa le foglie.

Il ghiro
Il ghiro esce dalla sua tana. Ghiotto ghiotto mangia nocciole e ghiande. Se non le trova, sbuffa e borbotta; quindi saltella di ramo in ramo. Sale sul noce e coi dentini aguzzi ruba alle noci il saporito gheriglio.

Autunno
Anche l’autunno ha la sua bellezza. Passano alti gli uccelli migratori che vanno verso i paesi caldi. Torneranno con la bella stagione. Le foglie sono spennellate di rosso e di giallo, il cielo è dolcemente velato, il sole è tiepido; sulle siepi rosseggiano le bacche e fra l’erba sbocciano gli ultimi fiori.

Le rondini
Una mattina le rondini si raccolsero sui fili e sulle gronde delle case. La rondine più bella partì come una freccia, lanciando un grido acuto. Tutte, con un frullo solo, si levarono nell’aria e la seguirono in stormo. Volteggiarono un poco intorno al campanile, salutarono il vecchio nido, il bosco, i prati… Volarono verso il sole… Addio, rondini!

Partono le rondini
Hai sentito la folata? Guarda, guarda quante rondini sul mare! Sono più di mille: una nuvola viva. Guarda come brillano! Ora partono per un gran viaggio, verso una terra distante; l’ombra cammina sull’acqua con loro; qualche piuma cade, si farà sera; incontreranno le barche in alto mare, vedranno i fuochi, udiranno i canti dei marinai; i marinai le guarderanno passare rasente alle vele; qualcuna si poserà stanca sul ponte.

Autunno
I giorni si sono accorciati. L’aria si è fatta più fredda. Il cielo è spesso nuvoloso, piove e c’è nebbia. In autunno si ripongono i vestiti estivi e si levano dagli armadi quelli più pesanti e le coperte di lana. Le rondini migrano verso paesi più caldi perchè non resisterebbero ai rigori invernali e non troverebbero insetti per cibarsi. Il passero e lo scricciolo non migrano. Alcuni animali si preparano a cadere in letargo. Essi sono: il ghiro, il pipistrello, l’orso, la vipera, il rospo, ecc… Prima di cadere in letargo mangiano moltissimo, poi, fino a primavera, non prendono più cibo. Lo scoiattolo ogni tanto si sveglia per mangiare ghiande, nocciole e bacche che aveva nascoste. In autunno scendono al piano le greggi.

Autunno
L’autunno comincia il 23 settembre e termina il 20 dicembre. Le giornate sono più corte che in estate: il sole si leva più tardi e tramonta più presto. Fa meno caldo che in estate e il mattino, la sera e durante la notte la temperatura è abbastanza fresca. Dobbiamo già indossare abiti pesanti. Raramente il cielo è limpido e azzurro. Generalmente è grigio e nebbioso. Al mattino e alla sera in alcune zone particolarmente ricche di acqua il bianco velo della nebbia avvolge silenziosamente tutte le cose, trasportandoci in un mondo di fiaba. I prati, al mattino, come in estate, sono costellati di limpide goccioline di rugiada che, a volte, quando la temperatura della notte è particolarmente fredda, si trasformano in bianchi aghetti di ghiaccio: la brina.

E’ tempo di semina e di raccolta. Si semina il frumento: i solchi si vanno riempendo di semi che daranno spighe d’oro nella calda estate. I frutteti si spogliano offrendoci i loro doni. Fra i cespugli, nei castagneti e nelle abetaie spuntano i funghi. Si raccolgono pere, mele, cachi, noci, nocciole, castagne. Il bosco è una meraviglia, perchè le foglie cambiano colore: ve ne sono di gialle, di rossastre, di brune, di dorate. Il vento le porta via, la pioggia le fa marcire, ma anche così le foglie saranno ancora utili, perchè decomponendosi renderanno più fertile il terreno. Il bosco è deserto e silenzioso, ma nelle vigne si odono i canti dei vendemmiatori: questi staccano i grappoli maturi dai tralci e riempiono ceste e bigonce. A novembre sarà pronto il nuovo vino.

Le rondini lasciano le nostre regioni per migrare verso i paesi più caldi: ma in primavera le rondini ritorneranno, ripareranno i nidi rotti e ne costruiranno di nuovi sotto le grondaie. Lo scoiattolo, la formica, il tasso e la talpa sanno che in inverno non potranno procurarsi il cibo e approfittano dell’autunno per completare le provviste. La marmotta, il pipistrello, il riccio, il ghiro, l’orso si riparano nelle loro tane e, prima che giunga l’inverno, cadono in letargo.

Si ritorna a scuola dopo le liete vacanze: per i bambini è tempo di rimettersi al lavoro con gioia.

Esternamente il bosco non sembra cambiato, eppure aleggia tra le piante qualcosa come se ogni essere fosse teso nell’attesa di una sciagura. Il verde delle foglie comincia ad attenuarsi e si rivelano quei colori che erano stati sempre nascosti dalla verde clorofilla. Il manto degli alberi si fa bruno, giallo, rossastro; ogni foglia si prepara a cadere. Alla base del suo stelo si forma una parete di separazione e basterà un leggero soffio di vento o una goccia di pioggia a farla precipitare. Dalla fine di ottobre il suolo comincerà a tappezzarsi d’oro. E sul tappeto di foglie lavoreranno i microscopici animali che trasformeranno le foglie in nutrimento della terra.

Il cielo in autunno può essere: nebbioso, nuvoloso, grigio, cupo, livido, fuligginoso, piovoso, celeste, burrascoso, caliginoso, tetro, buio, oscuro, tempestoso.

Elenco della frutta d’autunno: noci, mele, pere, castagne, arance, mandarini, limoni, fichi, mandorle, nespole, nocciole, uva.

Elenco degli ortaggi d’autunno: piselli, fagioli, cavolfiori, carote, sedano, prezzemolo, rape, cavoli, cicoria, lattughe, fave, ceci, spinaci, indivia.

Le rondini partono.
Le hai viste per l’ultima volta in un pomeriggio nuvoloso, appoggiate tutte in fila sui cavi della corrente elettrica. Lanciavano qualche raro richiamo alle compagne lontane. Sembravano tristi. Di tanto in tanto si ravvivavano col becco il nero mantello lucente, come per prepararsi al lungo viaggio. Poi sono partite. QUasi obbedendo a un richiamo misterioso, sono partite in stormi verso le lontane terre d’Africa. D’inverno non troverebbero più cibo da noi. Perciò ogni anno, in autunno, affrontano venti contrari e tempeste, attraverso il mare con volo lungo e faticoso, per raggiungere le terre calde del sud, dove nell’aria brulicano ancora gli insetti. Con esse partono anche altri uccelli migratori: le cicogne, le anatre, le gru. Torneranno in primavera, con i mandorli in fiore.

Per le ultime notti il tasso esce per procurarsi il cibo. Presto verrà il freddo, e il nostro amico si ritirerà nella tana ben pulita e foderata di erba secca e là, al calduccio, si addormenterà e passerà in letargo tutto l’inverno. Durante l’estate si è nutrito di talpe e di serpenti; ha saccheggiato nidi di pernici e nidiate di leprotti; ha divorato favi di miele rubati alle api- Ora, però, preferisce cibi vegetali e mangia voracemente tutto ciò che il bosco, il frutteto e l’orto gli offrono. Sotto la pelle ha accumulato molto grasso. Durante il sonno invernale questo a poco a poco si consumerà, e a primavera il tasso uscirà di nuovo magro e affamato.

L’autunno intorno a noi. Guarda: ogni stagione ha la sua poesia di giorni e di cose. Se la primavera inventa i colori, l’autunno li cancella. La terra ha lavorato a dar fieno e biada, ed ecco l’autunno coprirla di foglie cadute, velarla di nebbie sottili, perchè s’addormenti e dolcemente riposi. Gli alberi fino a ieri così folti di chiome, così beati di ombre e popolati di nidi, ingialliscono e si spogliano. L’autunno li prepara alla vita più segreta delle radici. E dove sono gli uccelli? Le rondini dove sono? La bella stagione andandosene li ha chiamati con sè. Il cielo lascia vedere la sua malinconia, e tocca le cose con un sole impallidito, che al mattino si alza tardi; ed è subito sera. (R. Pezzani)

Tardo autunno. L’autunno tutto grappoli e frutti e odoroso di mosto si è ormai dileguato. La campagna rapidamente si spoglia; fuggono gli uccelli, che fecero allegra l’estate, e nel cielo grigio veleggiano i corvi e le gru. I campi arati fumano e la prima nebbia li fascia; e gli alberi nudi levano come scheletri le braccia. Comincia la stagione piovosa come vuole l’agricoltura. Cadono pioggerelle fini ad inzuppare il contadino e, intanto, i solchi e le zolle si vanno riempendo di semi. che daranno frutto alla nuova stagione. (F. Lanza)

Gli alberi si spogliano

Le foglie cadevano! Era una pioggia continua e silenziosa. Le foglie gialle si staccavano lievi lievi, volteggiando per l’aria come ali di farfalle. A volte era una soltanto che cadeva, poi, più lontano, quattro o cinque, poi venti trenta cinquanta falde d’oro che erravano per l’aria verso il suolo, senza interruzione, come una tranquilla nevicata gialla. Il vento autunnale mandava forti folate talvolta; e allora era un agitarsi di rami e di fronde; un rumore stridente e confuso come sciacquio d’onde sul lido.

Un angolo di bosco in autunno
Ho visto un angolo di bosco. Non lo dimenticherò mai. Non era che un pezzetto di terra, ma che meraviglie comprendeva!
Era raccolto intorno al piede di un castagno molto grosso, macchiettato qua e là di muschio verdastro.
Da un nodo della corteccia nascevano alcune foglie ancora fresche, ma già punteggiate di ruggine, a terra ne giacevano altre secche, color marrone bruciato, accartocciate e rotte: a toccarle sarebbero andate in briciole.
Dall’alto pendeva un tralcio di vite del Canada. Sembra impossibile che su uno stesso getto si trovino tanti colori. Le foglie più alte, grosse e un po’ avvizzite, erano opache; ma a mano a mano che digradavano si accendevano di bruno e di fiamma, più simili a fiori che a foglie. Così ordinate a cinque, si piegavano ad arco sollevandosi dal tronco, quasi cercassero luce ed aria fuori dal groviglio delle erbe. Altre avevano strani colori: verde tenerissimo al centro, rosa corallo verso le punte, e ciclamino, scarlatto, viola, marrone, giallo nei toni più svariati, tutti sparsi sulla superficie senza alcun ordine. Lo stelo era appena rosato, con una indefinibile sfumatura bruno – rossiccia.
Ho voluto toccare un gruppetto delle ultime foglie; una sola ne è rimasta attaccata, la meno rossa. Perchè la bellezza più appariscente a volte è così fragile? Un semplice tocco di mano e l’ordine del tralcio era distrutto.
Cresceva anche un rovo al piede del castagno: col gambo rigido e spinoso e le foglie scure rosicchiate dagli insetti, si slanciava arditamente al di sopra delle felci, formando un intreccio confuso di rami sottili e robusti.
Seminascosti nell’ombra si intravvedevano due ricci di castagna. Uno era ancora tutto chiuso, l’altro offriva da una spaccatura i frutti lucidi e chiari: due grossi ai lati che ne racchiudevano al centro uno più striminzito; ma tutti erano lisci, con la punta chiara ornata di un pennacchietto.
Sotto l’albero nascevano anche due funghi. L’ombrello del più grosso presentava solo una gobba poco accentuata ala sommità; tutto intorno aveva una delicata raggera di alette regolari e rideva da una spaccatura bianca, che faceva contrasto col rosso dell’ombrello. Il fungo sorgeva come una ninfa da un calice tenero e bianco, con un gambo dalla linea elegante e slanciata, ora  stretta, ora più arrotondata. L’altro fungo poteva sembrare un fiore: era tutto chiuso in una membrana chiara; soltanto in cima si mostrava con una puntina di rosso e così rotondo pareva non avesse radici.
Nell’angolino di bosco viveva perfino una chiocciola. Saggiava guardinga il terreno da percorrere con i cornetti flessibili, e segnava dietro di sè una striscia argentea che attingeva dal sole riflessi iridati.
La terra, nei tratti scoperti, era di un arido color ocra, ma sotto la vegetazione presentava grumi scuri, impastati di umidore.
Ogni tanto un raggio filtrava dalle fronde e accendeva di fugaci trasparenze i colori delle foglie attraverso la nebbiolina che fumava dalla terra. Intanto la chiocciola, perduto all’improvviso l’equilibrio, era precipitata a capofitto trascinando le erbe. Sotto brillava uno zaffiro di rugiada, trepido e pronto a rotolare da un momento all’altro nel terreno assetato.
(G. Ramponi)

Un silenzio pensoso
Un silenzio pensoso domina pianure e colline. Le foglie rosse della vite che si dondolano ai tralci parlano ancora di solleoni, di grappoli d’oro, di ronzanti mosconi. Fluttua nell’aria quasi un resto di profumo vendemmiale e insieme l’eco di allegri richiami, di cantilene meridiane, di risa e chiacchiere strepitose protratte per le placide notti bagnate e benedette di luna.
Ciò era appena ieri: eppure sembra già così lontano! (A. S. Novaro)

Autunno
Ecco, è l’autunno.
D’un verde più cupo, più gialli e più rossi, gli alberi rendono freschi e dolci i villaggi dell’Ohio, con le foglie che tremolano a un mite vento, le mele pendono mature nei frutteti, pendono i grappoli dai pergolati (avverti l’aroma dei grappoli sui tralci? Senti l’odore del grano saraceno, dove testè ronzavano le api?).
Su tutto si apre il cielo, così limpido e calmo dopo la pioggia, e con mirabili nubi; anche al disotto è tutto calmo, pieno di vita, bello; il podere è in fiore. (W. Whitman)

Pomeriggio d’autunno
I conigli erano stranamente audaci quel pomeriggio; continuavano a sbucar fuori da ogni parte intorno a noi e a lanciarsi giù per la scarpata come se stessero giocando un loro gioco speciale. Ma gli animaletti ronzanti che vivono nell’erba erano tutti morti: tutti meno uno; mentre me ne stavo lì steso sulla terra calda, un insettino di un verde tenero pallidissimo uscì fuori dall’erba saltellando penosamente e tentò di raggiungere con un balzo un ciuffo di campanule. Non vi riuscì, cadde indietro e rimase lì con la testa abbassata fra le lunghe zampe, le lunghe antenne vibranti come se aspettassero che qualcosa giungesse a finirlo… (W. Cather)

Vien l’autunno a Venezia
L’estate se ne va bruscamente, senza lasciare strascichi di sorta. Cola a picco nei canali come una vecchia gondola logora. E ci si accorge del suo passaggio dal diradarsi dei turisti che, in numero sempre più esiguo, occupano i tavoli dei caffè di piazza San Marco. In quelle file gloriose riempite fino a ieri da un pubblico dorato e fittizio, si sono fati a un tratto dei vuoti melanconicissimi. Ormai le poche persone che vi si attardano verso sera non sono più nemmeno forestieri smarriti, ma clienti abituali, tipi del luogo, che si confusero nei mesi estivi con la grossa ondata turistica, per poi rimanere scoperti sulla gran piazza come gusci di riccio e ossa si seppia sulla spiaggia. Intanto l’autunno veneziano si accompagna a questo vasto senso di esodo e di solitudine inattesa. I crepuscoli scendono rapido, soverchiamente bruni… (V. Cardarelli)

Sulla spiaggia d’autunno
Le giornate erano ancora tanto lunghe che bastava fermarsi un momento a guardarsi dattorno, per sentirsi isolati come fuori dal tempo. Stefano aveva scoperto che il cielo marino si faceva più fresco e come vitreo, quasi ringiovanisse. A posare il piede nudo sulla sabbia, pareva di posarlo sull’erba. Ciò avvenne dopo un groppo di temporali notturni…
Ritornò il sereno, ma a mezza mattina, l’incendio, la lucida desolazione della canicola, erano ormai cosa lontana. Certe mattine Stefano  s’accorgeva che grosse barche da pesca, a secco sulla sabbia e avvolte di tela, erano state spinte in mare nella notte; e non di rado i pescatori che non aveva mai visto prima, si lasciavano sorprendere a smagliare reti ancora umide. (C. Pavese)

Gli ultimi bagnanti Venne l’autunno: si era levato il promo vento gagliardo. In cielo si incalzavano lembi di nuvole sottili e grige. Il mare fosco, sconvolto, era tutto coperto di schiuma. Onde altissime si avvicinavano con terribile inesorabile calma, si incurvavano maestosamente formando una cavità verde cupa lucida come il metallo, poi si rovesciavano sulla spiaggia con fragore di tuono. La stagione era finita. Quella parte di spiaggia di solito gremita d’una folla di bagnanti, già quasi sgombra di cabine e con pochi seggiolini di vimini pareva ormai morta. Ogni tanto un gabbiano sfrecciava sul mare gettando il suo grido di uccello rapace. Toni e Morten contemplavano le verdi pareti delle onde, tappezzate di alghe, che avanzavano minacciose e s’infrangevano contro la roccia, in quell’eterno fragore che stordisce, rende muti e distrugge la sensazione del tempo. (T. Mann)

Bosco d’autunno Piove, l’aria autunnale discende dai boschi, toccati da una fiamma che diventa sensibile di giorno in giorno. L’autunno comincia così a bruciare questa tenera vegetazione. Lo so, i castani sono fragili, impallidiscono alla prima burrasca, poi passano attraverso tutta la ricchezza del rosso e del giallo: quel rosso e quel giallo vegetale, che sembrano morire e invece durano due, tre mesi, finchè il vento gelido non li polverizza. (M. Ferro)

Bosco d’autunno Nel bosco, l’autunno aveva già disegnato nettamente i confini tra il mondo delle conifere e il mondo delle foglie. Il primo si rizzava in profondità come una parete cupa, quasi nera, mentre il secondo traluceva qua e là con macchie rossodorate. La terra, piena di buche e nei solchi della foresta percorsa e indurita dai geli mattutini, era fittamente cosparsa e come lastricata dalle foglie del salice piangente, aride, secche e accartocciate. L’autunno sapeva di quell’amaro fogliame bruno e di infiniti altri aromi. (B. L. Pasternak)

Il lamento dell’albero E’ bastato il fruscio della foglia a scuotere l’albero che comincia a lamentarsi. D’albero in albero, il lamento si estende; tutto il frutteto è agitato, e sembra che non sia il vento a scuoterlo, ma una forza interiore un’angoscia mista a rivolta. Giù tutte le foglie! E’ inutile  tenerle quando non sono più parte viva del ramo: e con le foglie cade anche qualche frutto: la pigna si spacca e i pinoli si staccano e cadono. I rami più alti, con ancora le foglie verdi, si sbattono in una lotta leggera. (G. Deledda)

Cadono le foglie Un continuo mormorio, un sussurro continuo correvano per il bosco: parole di congedo delle foglie, che cadevano dai cespugli e dagli alberi. Una volta avevano cantato il cantico della loro forza vitale, sotto il venticello che le agitava, un cantico con molte strofe: dal tenero sussurro allo stormire cupo e doloroso. Quando germogliavano sotto l’invito e il bacio del sole primaverile, erano d’un verde pallido, quasi giallo, come il cielo all’inizio del giorno. Saldamente attaccate ai rami, ai ramoscelli sottili, ai virgulti oscillanti, si sarebbe detto che dovessero essere eternamente giovani. Poi, percorse dal succo nutritivo, crescevano e diventavano d’un verde più intenso. Alcune avevano il rovescio argenteo, velato da una deliziosa peluria bianca; altre erano vigorose e lisce, molte mandavano un odore gradevole… Ora lo smalto era sparito, svanito l’aroma, scomparsi i superbi colori. L’età toglieva ad alcune la luminosità argentea, ad altre la levigatezza compatta. Ora erano secche, senza forze, raggrinzite. (F. Salten)

 

Dettati ortografici: Autunno – tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Racconti per l’autunno

Racconti per l’autunno – una raccolta di racconti per la scuola d’infanzia e primaria.

Racconti per l’autunno – La vite tagliata
C’era una volta un uomo, piccolo, magro, dispettoso come una scimmia, che possedeva un bellissimo orto,e, meraviglia di tutto il paese, una magnifica vite che a settembre maturava certi grappoli d’uva che erano una bellezza.
L’omino magro l’aveva avuta in cambio di una grossa somma di denaro, da un mercante di passaggio. Immaginate come restò quando seppe che il suo vicino aveva piantato anche lui una vite che si arrampicava sul muro che divideva i due orti. L’omino maligno, dalla rabbia, non poteva dormire la notte, e quando gli riusciva di appisolarsi un po’, sognava che la vite del vicino cresceva, cresceva, fino a soffocare la sua.
Un bel giorno, decise di andare a trovare il suo rivale. Il vicino lo accolse con grande cortesia, ma quando seppe il motivo della visita scrollò il capo.
“No, caro vicino, la vite non la vendo. Ho una bambina che gusta quei grappoli come se fossero di miele. Posso toglierle questa gioia? L’avete voi, la vite; posso averla anch’io.”
L’omino maligno, visto che non la spuntava con le buone, decise di ottenere il suo scopo con le cattive. Una sera, era d’inverno e la notte era buia, aspettò che tutti fossero andati a letto, poi uscì pian piano dalla sua casa, e nelle mani aveva un grosso paio di forbici da giardiniere. Scavalcò il muro e penetrò nell’orto del vicino come un ladro. Eccola, la pianta tanto invidiata! Era spoglia, tutta rami secchi e viticci spezzati. L’omino le si accostò pian piano e giù, grandi colpi di forbici, di diritto, di traverso, e i bei rami troncati caddero con un fruscio lieve come un sospiro. Della povera pianta non rimase che il tronco.
Compiuta la sua cattiva azione, il malvagio omino scavalcò di nuovo il muro e se ne ritornò, tutto contento, a casa. L’indomani mattina, quando il vicino vide quello scempio, restò male e la sua bambina pianse, pensando che in autunno non avrebbe più mangiato quei bei grappoli succosi che le piacevano tanto, ma poichè a tutto ci si rassegna, anche loro si rassegnarono alla loro bella pianta perduta e non dissero neppure niente al cattivo vicino per non guastarsi il sangue.
Invece la vite, a primavera, germogliò. E così mutilata e priva di rami, mise tutto il suo vigore nei nuovi germogli che crebbero con maggior forza e, quando fu autunno, maturò certi grappoli succosi e grossi come non se n’erano mai visti.
La vite dell’omino cattivo, invece, mise una gran quantità di foglie larghe come ombrelli, ma di grappoli nemmeno uno per cavarsi la voglia.
Così l’omino invidioso fu punito e gli uomini, da quella volta, potarono sempre la vite.
M. Menicucci

Racconti per l’autunno – L’albero dorme

Un bambino molto piccolo non aveva mai visto un albero perdere le foglie.
“Oh” esclamò, quando vide il bell’albero spogliato “mi dispiace che tu sia diventato così! Eri tanto bello!”.
“Non ti rammaricare!” rispose l’albero “Ho perduto la mia veste verde, ma non per sempre. A primavera le foglie ritorneranno e torneranno anche i fiori e i frutti. E tutto sarà come prima”.
“E durante l’inverno che cosa farai?” chiese il bambino.
“Nulla farò” rispose l’albero. “Mi addormenterò di un sonno lungo lungo e così non sentirò il freddo. Ma a primavera mi risveglierò e sarà una bellissima cosa”.
“Verrò a svegliarti io!” disse il bambino. “Ti assicuro che non me ne dimenticherò”.
“Non importa” replicò l’albero allegramente “Non importa che tu venga. Ci penserà il sole, ci penseranno gli uccellini a svegliarmi”.
“Bene” disse il bambino “ma io verrò lo stesso e batterò le mie manine sul tronco”.
L’albero rise dell’insistenza dolce del bambino, poi ebbe un lungo brivido e si addormentò.
M. Menicucci

Racconti per l’autunno – La castagna
C’era una castagna insieme ad altre due sorelline, dentro il suo astuccio spinoso. E stava molto calda e morbida perchè quell’astuccio di fuori aveva le spine, ma dentro aveva una bella pelliccetta soffice.
La castagna diventava sempre più grossa, finchè un giorno ruppe il riccio e si affacciò.
“Com’è bello il mondo!” disse. Forzò l’apertura e cadde per terra. Era una bellissima castagna lucida e grossa.
“Buongiorno, castagna!” disse la formichina che passava.
“Dove vai?” chiese la castagna che aveva voglia di chiacchierare.
“Vado a portare questo granellino al formicaio”
“Buon lavoro, formichina!”.
E la formichina se ne andò.
Venne un grillo.
“Buongiorno castagna!”
“Anche tu porti un granellino al formicaio?”
Il grillo si mise a ridere.
“Quelle son faccende da formica. Io suono il violino”. E si mise a suonare una bellissima melodia.
“Sei bravo” disse la castagna. “Ora ricordo di averti sentito suonare quando ero chiusa nel riccio”.
“Forse mi nomineranno re di tutti i grilli!” disse il grillo dandosi grande importanza.
Un fungo, che era nato nella notte, si mise a ridere.
“Forse ti nomineranno re di tutti gli sciocchini!” disse.
“E io cosa diventerò?” chiese la castagna. “Sono ancora nuova e non lo so”.
“Polenta” disse il fungo. “Oppure castagnaccio. Ma forse caldarrosta”.
Venne una bambina e raccolse la castagna.
“Com’è bella!” disse, e se la mise in tasca.
Quando arrivò a casa la dette al fratellino piccolo, perchè ci giocasse e quella castagna non diventò polenta e nemmeno castagnaccio. Non fu nemmeno caldarrosta; diventò un giocattolo per un bambino piccolo, e fu molto contenta lo stesso.
M. Menicucci

Storia di una foglia

Nacqui come foglia d’albero in mezzo a un bel campo. Il mio primo amore fu il sole, il mio primo gioco l’altalena col vento. Ma poi vidi sbocciare vicino a me, sui rami del mio albero, i fiori ed ebbi invidia dei fiori che erano più belli di me.
Ma vidi ingrossare, al posto dei fiori, i frutti colorati e polposi ed ebbi invidia dei frutti.
Ma trascorsero le settimane e molti di quei frutti furono colti e morsi e ingoiati dagli uomini; altri caddero a terra e marcirono e allora ebbi pietà anche dei frutti mentre io rimanevo fresca e verde nell’aria ancora tiepida in alto.
Ma venne il novembre e mi feci gialla e grinzosa; uno strappo rabbioso del vento mi divelse dal ramo e caddi anch’io sulla terra fradicia.
Ebbi pietà di me stessa e invidiai il maestoso tronco che rimaneva intatto e dritto a dispetto dell’inverno.
Ma prima ancora che mi disfacessi tutta vidi arrivare due uomini armati di ascia e di accetta che si avvicinarono all’albero mio padre e cominciarono a colpirlo barbaramente giù in basso per farlo cadere.
E seppi dai loro discorsi che era destinato al fuoco della famiglia.
E allora, sul punto di essere annientata, ebbi il tempo di sentire una immensa pietà per l’albero dove ero nata.

(Giovanni Papini)

Racconti per l’autunno – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici per i frutti dell’autunno

Dettati ortografici per i frutti dell’autunno. Una collezione di dettati ortografici per la scuola primaria sui frutti dell’autunno: funghi, uva, castagne, frutta secca, ecc…

Funghi

Il bosco si è ripopolato di funghi. Curvi sotto un gran cappellone, i porcini; altri grassocci, tondi come osti, altri ancora più piccini, col cappuccio, un po’ storti, riuniti a famigliole simili a funghi bambini, bruni, giallicci e bianchi, sporchi di fango, fanno capolino qua e là, nascosti sotto il cumulo delle foglie, sul terriccio molle, su muschio, dietro gli alberi. (F. Tombari)

Il grappolo d’uva

Il grappolo d’uva occhieggia fra i pampini con i suoi chicchi maturati al sole. Chicchi d’oro, chicchi bruni, così belli e dolci che il bimbo, al solo vederli, tende le mani, pieno di desiderio. Chicco dopo chicco, ben presto del bel grappolo non resta che il raspo.

L’offerta

Il sole pallido batte sulla siepe e sul bosco. Disegna con le ombre degli stecchi e dei rami strane figure sulla terra imbiancata dal freddo. Ma su quella ragnatela di scarabocchi oscuri si accendono i colori delle bacche, risaltano le sagome della frutta secca. Pare che il mondo delle piante si sia spogliato per rendere più visibile l’offerta dei suoi dono agli uccelli che si preparano al lungo volo, agli animali che si preparano al grande digiuno e al lungo sonno.

La vendemmia

Gli allegri vendemmiatori si spargono nella vigna, armati di cesoie e di panieri. Ad uno ad uno, i bei grappoli vengono staccati dal tralcio e cadono nelle ceste. Le ceste ricolme sono rovesciate nei tini dove un uomo, a piedi nudi, pigia l’uva. Ecco il mosto dolce e profumato. E’ una fatica allegra. Tutti sono nelle vigne, perfini i bambini più piccini; ognuno ha il suo grappolo da portare nel tino.

I semi del pino

E’ venuto il vento e ha seccato l’aria. Le pigne si aprono crepitando. Poi, nel chiarore del nuovo mattino, si vedono volteggiare piccole eliche. Sono i semi del pino: quasi puntini neri, tanto sono piccoli. Da questi “puntini” nasceranno i pini marittimi: i giganti che combattono contro il vento, per donare all’uomo terra buona ed aria purissima.

Nella vigna

L’uva è stata vendemmiata. Fra i tralci c’è rimasto solo qualche grappolino dimenticato dal vendemmiatore, ma non dimenticato dalle vespe che vi ronzano attorno, ansiose di succhiare la bella polpa zuccherina.

La castagna

La castagna è un frutto prezioso. L’albero delle castagne è il castagno. E’ un albero alto e ricco di rami. Il bosco di castagni si chiama castagneto. La castagna è protetta dal riccio spinoso. Dalla castagna si ottiene una farina dolciastra che serve per preparare i dolci. Io mangio volentieri le castagne arrosto e lessate. Al mattino incontro il venditore di caldarroste. Conosco un indovinello che dice: “Il riccio pungente, la buccia lucente, si mangiano cotte, arroste o ballotte”.

Il mosto bolle

Il mosto bolle nelle buie cantine. Un odore acuto si sprigiona dai tini. E’ pericoloso entrare nelle cantine quando il mosto bolle. Ma il contadino prudente lo sa; e, quando vi scende, accende una candela. Se la candela si spegne, egli sa che c’è pericolo e si affretta a risalire.

Caldarroste

Sull’angolo della strada è già comparso il solito carretto che si annuncia da lontano con l’odore delle castagne arrostite. Il fornello ha la bocca rossa; la grande padella forata, messa lì sopra, viene scoperta di tanto in tanto per rimestare le castagne, e manda una fumata.

L’uva è matura

L’uva è matura e fra i pampini s’intravedono i grappoli grossi e lucenti. Tac tac, si sente il rumore delle cesoie che recidono i tralci e i grappoli che vanno a cadere nelle ceste. Le ceste colme sono poi rovesciate nei tini, dove l’uomo è già pronto per pigiare i grappoli e spremerne il buon mosto profumato.

Le castagne

Gli alberi del bosco dicevano al castagno: “Tu non dai che spine e foglie”. Venne l’autunno, e gli alberi tristi e soli si lamentavano ancora: “Non abbiamo più frutta. Non abbiamo più bacche. Sono fuggiti gli uccelli, sono fuggiti i bambini. E tu, vecchio castagno, ancora non dai che spine”. Il castagno taceva e soffriva. E soffrì tanto che i suoi frutti spinosi si ruppero e… tac tac tac, caddero le castagne scure sulle foglie morte. Le vide un bambino. Chiamò i compagni. E, nel bosco, pieno di canti e di voci, tornò per alcuni giorni la gioia, come a primavera. (Comassi – Monchieri)

La vite

La vite, in primavera, ha fiorito, ma non ha fatto fiori vistosi, bensì dei fiorellini minuti e modesti. Questi, dopo essere stati visitati dagli insetti, ghiotti del dolce nettare che essi contengono, si sono poi trasformati in chicchi dolcissimi. E ora, dalla vite, pendono grossi grappoli color d’oro e di rubino che sono un frutto squisito e sano.

La raccolta delle castagne

Uomini, donne, ragazzi, raccolgono le castagne su per il bosco. Dai ricci secchi e spaccati, le castagne sono ruzzolate in terra tra l’erba e i ciuffi delle felci. Le castagne vengono gettate nel paniere, che ciascuno di quei montanari porta al braccio. Come son belle, gonfie, lustre! I ragazzi vuotano i panieri colmi nei sacchi, giù presso la viottola grande. Poi passerà il carro per portare i sacchi a casa. (G. Fanciulli)

La pigiatura

Quando il tino è pieno di grappoli, vi entra un baldo giovanotto, a piedi nudi, che comincia un allegro ballo. Dall’uva schiacciata esce il succo, il mosto dolcissimo e profumato. Esso viene messo in tini capaci e, nella profondità della cantina, bolle e, come meglio si dice, fermenta. Dopo qualche tempo, non è più mosto: è vino.

La stagione delle castagne

La stagione delle castagne è anche quella del vino e le due opere si incrociano. Grandi faccende da per tutto. Mentre in paese gli uomini provvedono ai tini, le donne e i ragazzi s’inerpicano su su nei boschi a raccogliere le prime castagne. Sotto le grandi chiome dei castagni, i richiami, le voci, i canti hanno un tremolio, un calore come di eco. Tratto tratto le sassate improvvise dei ragazzi saettano le chiome. Con un tonfo pieno, qua e là i ricci cadono da sè sulla terra morbida; ne sgusceranno castagne tutte nuove, umide e ammiccanti come occhi. E questa è vendemmia dei ricchi e dei poveri; il castagno è una buona pianta che qualcosa dà a tutti. “La castagna ha la coda: chi l’acchiappa è la sua!”. Questo vuol dire che le castagne che cadono nei viottoli del castagneto sono di chi le prende. (P. Pancrazi)

La vendemmia

L’epoca della vendemmia è la più lieta di tutto l’anno. Nessun altro prodotto della campagna, neppure le spighe d’oro, è portato a casa in mezzo a tanta festa. Nei lavori della vendemmia tutti possono essere utili. Curve sui filari le fanciulle e le donne, avvolti intorno al capo i loro bei fazzoletti colorati, muovono rapidamente le forbici tra i pampini e staccano i grappoli che pongono con cura dentro i canestri posti ai loro piedi. Gli uomini con le bigonce si avvicinano e versano in esse l’uva dei cesti, piano, sospingendola con le mani. (R. Lombardini)

La castagna 

Il castagno fiorisce in maggio – giugno. I suoi fiori sono di due specie. Alcuni sono ricchi di polline giallo; quando questo viene portato via dal vento i fiori seccano e cadono. Alcuni fiori invece ricevono il polline trasportato dal vento e dagli insetti, si ingrossano e diventano castagne. Il frutto matura da settembre a novembre. Il riccio è la buccia verde e spinosa in cui sono racchiuse una, due o tre castagne.  La polpa bianca, molto nutriente, della castagna è protetta da due bucce: quella esterna è bruna, lucida e dura, più chiara alla base perchè unita al riccio; quella interna è bionda, sottile e pelosa. Ci sono molte varietà di castagne: la più grossa e saporita si chiama marrone. Il frutto dell’ippocastano, o castagno d’India, è simile alla castagna, ma non si può mangiare perchè è di cattivo sapore. La raccolta delle castagne avviene in autunno con la bacchiatura, così chiamata perchè i contadini fanno cadere le castagne percuotendo i rami della pianta con un bastone grosso e lungo detto appunto bacchio. Le castagne si mangiano lessate, arrostite (caldarroste), o condite (fatte bollire in uno sciroppo di zucchero). Per conservarle i montanari usano ammucchiare le castagne sotto ricci vuoti, foglie e terriccio. Un altro metodo per la conservazione delle castagne è quello di affumicarle, bagnarle e farle seccare più volte: preparate così, vengono vendute sciolte o infilate a treccia. Le castagne possono anche essere seccate a fuoco in appositi recipienti; poi si sbucciano e si hanno così le castagne pelate o peste, che si mangiano cotte in acqua con un po’ di vino, o nel latte. Con la farina di castagne si fa il castagnaccio, una torta casalinga con l’aggiunta di noci e pinoli.

La vite

Il contadino coltiva la vite in filari, a festoni,  a pergolato. La vite ha un fusto contorto e i rami (tralci) che si afferrano con facilità ai sostegni per mezzo dei viticci. Le foglie (pampini) sono larghe, a forma di cuore, con contorno dentellato. La vite produce grappoli d’uva scura o bionda. Ogni grappolo è composto di un raspo e di acini tondi o allungati. La polpa dell’acino è rivestita da una buccia resistente e contiene alcuni semi, detti vinaccioli. La vite viene attaccata da un piccolo insetto, la fillossera, che punge le radici e provoca la morte della pianta. Un altro parassita della vite è la peronospora che il contadino combatte con lo zolfo. La vite preferisce colline piene di sole, ma prospera bene anche in pianura ed in montagna, non oltre i mille metri. In Italia, perciò ci sono tante varietà d’uva. L’uva dell’Italia meridionale è zuccherina; quella dell’Italia settentrionale è più acida. La vendemmia avviene a settembre ed il raccolto dell’uva in Italia è uno dei più ricchi. Noti in tutto il mondo sono i vini italiani.

La vite e l’uva

Nelle antiche mitologie esiste la leggenda del primo che piantò la vite. Per gli Egiziani fu Osiride, per i Greci Dioniso che, allevato dalle Ninfe, era nutrito da queste con grappoli d’uva. Gli Indiani, che facevano col succo d’uva sacrifici agli dei, chiamarono questo succo vinas, cioè amato. E quando gli Arabi penetrarono in Europa, vi portarono questa parola: “vino”.
La coltivazione della vite è antichissima e se ne sono trovate tracce anche nei villaggi di palafitte.
Le foglie della vite si chiamano pampini, i rami tralci e i loro filamenti attorcigliati, che si avvinghiano ai sostegni, viticci. Il grappolo è composto di acini (o chicchi) che sono bacche contenenti i semi o vinaccioli. L’acino è costituito dalla buccia e dalla polpa. La buccia può essere di colore verde che assume varie gradazioni, quando non di tratti della cosiddetta uva nera che assume invece una tinta violacea più o meno scura.
La buccia è ricoperta di uno strato di cera che ha il compito di difendere l’acino dalla pioggia e dalla puntura degli insetti. Questo strato cereo si chiama pruina.
L’Italia fu chiamata anticamente Enotria, dalla voce greca oinòs che vuol dire vino, quindi, terra del vino.
La vite prospera in regioni temperate e anche in quelle calde purchè abbia un sufficiente grado di umidità. Si conoscono numerosissime varietà di uva non soltanto in relazione al colore, ma anche al sapore, alla consistenza della polpa, all’uso, ecc… Si hanno quindi uve da tavola e uve da vino.
Nemici della vite sono la filossera, un insetto dannosissimo che può distruggere interi vigneti e la peronospera, malattia causata da un fungo.

Il vino

L’uva viene pigiata in capaci tini e se nei tempi passati questa operazione si faceva coi piedi, oggi generalmente viene fatta con apposite macchine pigiatrici.
Dall’uva schiacciata si ricava il mosto, un liquido dolce, dal caratteristico profumo.
Dopo qualche giorno, il mosto fermenta. Anticamente si davano le versioni più disparate di questo fenomeno che non si sapeva spiegare. Fu Pasteur che, per primo, scoprì come la fermentazione fosse dovuta a speciali microorganismi esistenti sulle bucce e che, trasportati dall’aria sulle sostanze zuccherine dell’uva, si sviluppano e sono la causa della trasformazione dello zucchero in alcool e anidride carbonica. Il liquido perde così il suo sapore dolce; l’alcool resta nel vino, mentre l’anidride carbonica si disperde nell’aria dopo essere salita alla superficie del liquido smuovendo la massa.
L’anidride carbonica è un gas irrespirabile. Ecco perchè la permanenza nelle cantine durante la fermentazione costituisce un pericolo che può essere anche mortale. E’ prudente, quindi, scendere in cantina con una candela accesa. Se la candela si spegne vuol dire che esiste anidride carbonica in eccesso.
Quando la fermentazione è compiuta, si tolgono le bucce ed i semi. Il vino è composto di una gran quantità di acqua, una piccola quantità di alcool, vitamine, sostanze varie ed enocianina, che è la sostanza colorante contenuta nelle bucce.
Se si espone il vino all’aria, dopo un po’ esso diventa aceto per opera anche questa volta di microorganismi vegetali che formano, alla superficie del liquido, un velo detto appunto madre dell’aceto. Questi microorganismi trasformano l’alcool in acido.

Vendemmia

Nelle ultime settimane di agosto il paese mutava, si agitava, pareva ammalarsi d’ansia. Cantine, che per noi non aerano mai state porte chiuse, con un buco sulla soglia per i gatti, si aprivano, rivelandoci androni bui in cui troneggiavano cupamente tini, botti e qualche misteriosa macchina, simile a un gigante che avesse per petto un’enorme vite di legno e per testa una trave di traverso. (E. Cozzani)

Vendemmia

Tutto il paese fa la veglia, tra le vasche e le botti, e mangia sorbe bagnate nel mosto e tracanna bicchieri di vino fermentato, che sprizza vivido e vermiglio dai tini coperti di graspi. Solo all’alba, quando la stella del giorno è lassù a sfiammare nello spazio e annuncia il primo chiarore, il paese va a riposare.
La vendemmia durava due settimane, tra la raccolta delle noci e le prime semine. Così la stagione, dopo tanto pacato indugiare, cadeva spossata: si alzavano le prime nebbie, partivano gli uccelli, e la campagna si spogliava al vento d’autunno. (G. Titta Rosa)

Vendemmia

L’afa era ancora pesante, il cielo velato di vapori. La pioggia doveva essere assai lontana, e si cominciò la vendemmia. Nelle vigne popolate di vespe e di calabroni i grappoli appena punti si disfacevano. Un odore denso era dappertutto. Le donne si sparsero per il campo con le loro ceste sul capo, e si adagiavano sotto le viti. Le dita si appiccicavano legate dai succhi e dalle ragnatele. Nell’aria si intonavano canzoni cui si rispondeva da vite a vite, e i peri e i peschi buttavano giù con un tonfo qualche frutto troppo maturo.
Verso mezzogiorno il palmento si riempì d’uva e fu il primo convegno delle vespe che salivano stordite alla superficie dei grappoli. L’aria era divenuta di miele, e l’aroma delle piante bruciate dal sole si mescolava a quello dolce e inebriante delle uve che non riuscivano più a contenere i succhi e che si disfacevano, un grappolo sull’altro, nel reciproco peso. (C. Alvaro)

Si vendemmia

In ogni vigna si vendemmia: l’uva bianca e l’uva nera passa dalle mani invischiate delle ragazze che la mondano degli acini secchi o guasti e ne riempiono ceste e bigonce. Ronzano vespe e mosche ubriache. Il sole scotta ancora: le ombre del pomeriggio sono brevi, raccolte ai piedi dei tronchi, nascoste nelle siepi. Frullano per ogni dove, passi di gioia, schiere di uccelli; anche per essi si vendemmia. Da una vigna all’altra i canti si chiamano, si rispondono, tacciono; e s’ode un’accetta, in quel silenzio a un tratto slargato, battere nel bosco vicino. Poi il rumore d’un carro, le voci del paese dalle aie, un fischio lontano. Il giorno pare che riposi su se stesso, adagiato in un calmo dorato sopore, in un tempo che sembra fermo, come in uno specchio.
Le poche, scarse nebbioline azzurre della mattina se l’era assorbite il cielo, bevute il sole. Saluto dal monte cinto di nuvole arrossate, il sole s’era avviato a varcare la curva dello spazio con vittoriosa lentezza. Ora comincia a discendere, e pare che i colli si alzino con le lunghe loro ombre per seguirlo. Poi, poco prima che giunga la sera, un grillo si mette a cantare tutto solo. Chiama la notte, la luna. (G. Titta Rosa)

La sfogliatura

Pochi uomini intorno alla macchina. Le grosse pannocchie incartocciate venivano immesse in una specie di imbuto e da una bocca situata in basso, simile a una pioggia d’oro, usciva una cascata di chicchi che rimbalzavano a terra dove il mucchio si elevava.
Dall’altro lato i tutoli, e le foglie che prima avvolgevano le pannocchie, venivano rigettati al di fuori da due diverse aperture.
Un uomo spalava i chicchi che più tardi sarebbero stati distesi sull’aia e rivoltati accuratamente per la completa asciugatura; intanto una ragazza ammucchiava con un rastrello i tutoli che sarebbero serviti per avviare il fuoco. Un’altra ragazza affastellava le foglie crocchianti dentro le quali, con alti strilli di gioia che superavano il ronzio della macchina, i bambini facevano le capriole. (Q. P. Fontanelli)

La sfogliatura del granoturco

Un canto di più voci, lento e dolcissimo, che scende da una casa buia, mi conduce su per una scala di pietra di un granaio dove in dieci o dodici stanno sfogliando il granoturco. Seduti in cerchio, uomini, donne, fanciulli, fra i cartocci già alti sull’impiantito; in mezzo al cerchio pende una lacrimosa lanterna da stalla. L’ombra di questa lanterna si distende su ogni cosa; la sua fioca luce sembra il riflesso di un lontano lume.
I cartocci si aprono come strani fiori, i loro gambi si spezzano crocchiando e le pannocchie stupendamente lucide e compatte vanno a cadere nel mucchio. (U. Fracchia)

La bacchiatura delle noci

Sotto la pertica lunga sbattuta con forza addosso ai rami, le belle noci cascano con tonfi umidi e sordi sul muschio del piede dell’albero, e i loro malli, spaccandosi, cacciano odore di verde e di radici. I bambini, che naturalmente alla festa non mancano, è il loro mestiere raccogliere nel sacco e portarle fino a casa; dove, riposte in solaio o in dispensa, saranno ambito companatico alla lieta merenda. Tanto che un proverbio dialettale lombardo, con una rima che in lingua non torna, dice che pane e noci è mangiare da sposi, volendo dire che è molto gustoso. (C. Angelini)

La vite

La vite è una pianta sarmentosa, provvista di radici molto sviluppate e minutamente ramificate (radici capillari o barboline).
La radice continua nel fusto o ceppo, che si eleva più o meno da terra e si dirama nelle branche sulle quali sono inseriti i rami di uno o due anni, detti tralci.
Questi sono lunghi, esili, cilindrici e ingrossati ai nodi.
I tralci, quando sono ancora allo stato erbaceo, si chiamano cacciate e terminano col germoglio. Il tratto che corre tra un nodo e l’altro è detto internodo; esso contiene un midollo molto sviluppato, interrotto da un diaframma legnoso in corrispondenza dei nodi.
Sui nodi dei tralci si trovano le gemme dormienti, che si formano d’estate e danno in primavera i tralci fruttiferi. Invece le gemme che si sviluppano subito dopo formate si chiamano gemme pronte e danno rami inutili, che si chiamano femminelle.
Sul legno vecchio talora spuntano, da gemme latenti, tralci detti succhioni, che non portano frutto.
Le foglie sono palmate, dentate, lobate (divise in tre o cinque lobi divisi a loro volta dalle rispettive insenature). La pagina inferiore è spesso pelosa o feltrata. I viticci o cirri sono organi filiformi, coi quali la vite si attacca a sostegni durante il suo sviluppo.
I grappolini dei fiori in boccio si chiamano lame fiorifere.
I fiori sono minuti ed odorosi.
Il grappolo è formato dal graspo, nel quale si distinguono: la raffide, cioè l’asse principale; i racemi, ossia le diramazioni secondarie ed i pedicelli, ai quali sono attaccati gli acini.
La buccia è ricoperta da una sostanza biancastra, di natura cerosa, detta pruina.
Gli acini contengono da uno a quattro vinaccioli.

Perchè il vino, che deriva dall’uva, ha un sapore così diverso?

Quando l’uva viene pigiata nei tini o nella pigiatrice, il suo succo si trasforma in mosto. Questo sembra bollire e gorgoglia continuamente. Che cosa succede? Nel mosto si trovano certi funghi piccolissimi chiamati saccaromiceti (funghi mangiatori di zucchero). Questi funghi si raccolgono sugli acini sin da quando l’uva, ancora sulla pianta, comincia a maturare e con essa passano nei tini. Appena l’uva viene pigiata, si mettono in alacre attività: cominciano a nutrirsi e a produrre, in conseguenza, un gas, l’anidride carbonica; è questa che, salendo attraverso il liquido, per uscire all’aria fra gli altri gas, fa gorgogliare. Attenzione! E’ un gas venefico: gli ambienti dove il vino fermenta devono avere tanti finestroni; guai a lasciarli chiusi, anche se solo per poco si può anche morire, uccisi dall’anidride carbonica, che gli operai degli stabilimenti vinicoli chiamano lupo. Ma, mangiando lo zucchero, i saccaromiceti, e questo è il buon servizio che ci rendono, lo trasformano in alcool, che dà la gradazione e il sapore al vino. Il vino viene lasciato nelle botti, sul fondo delle quali si sedimentano le impurità. Dopo un po’, perciò, il vino va travasato in altri recipienti puliti

Gli agrumi, riserva di sole e di vitamine

Pochi frutti riscuotono in tutto il mondo tanto successo quanto gli agrumi. Aranci, mandarini, limoni, cedri, pompelmi sono divenuti oggetto di un commercio attivissimo e redditizio che non si limita a rifornire le nostre tavole di frutti gustosi e decorativi, ma costituisce la materia prima per molti impieghi industriali. Gli agrumi trovano infatti largo impiego in profumeria, farmacia e nella fabbricazione delle bevande dissetanti. Con aranci e mandarini sono stati ottenuti incroci interessantissimi, come i mandaranci e le clementine.
(P. Tombari)

Dettati ortografici – I frutti dell’autunno. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche – I frutti dell’autunno

Poesie e filastrocche – Una raccolta di poesie e filastrocche per bambini del nido, della scuola d’infanzia e della scuola primaria sul tema “I frutti dell’autunno”, di autori vari.

La filastrocca delle frutta
Gira, gira, s’arrivasse
nel paese delle frutta
che, si dice, ha una stagione!
E ci fosse proprio tutta,
pera, fragola, popone,
quella bella frutta sana,
melarancia, melagrana,
quella bella frutta fina,
l’albicocca, la susina,
quella bella frutta aspretta,
uva spina, nespoletta,
giuggioletta di montagna;
e il marrone, e la castagna;
e, tra i pampini a corona,
l’uva buona!
E ci fosser le nocciole
e le mele lazzerole
con le noci tutte quante
tutte insieme sulle piante,
tutte insieme nel corbello;
ce ne fossero mai tante
da giocarci a rimbalzello,
da poterne regalare,
da poterne dare a tutti
da poterne (che allegria!)
far razzia!                                      (Térésah)

 

Filastrocca
Il castagno ha lavorato:
tanti frutti ci ha donato
or col canto più giocondo
intrecciamo il girotondo.
Il castagno s’addormenta
e la luna lo inargenta,
si addormenta a poco a poco
mentre stiamo accanto al fuoco.
C’è un paiolo che borbotta:
“Non è cotta, non è cotta!”
mentre stiamo ad aspettare,
su corriamo a lavorare!
Ravviviamo un po’ la fiamma
aiutiamo un po’ la mamma
riordiniamo la cucina:
verrà poi la merendina.
Merendina di castagne;
dolci, piccole compagne
il castagno ce le ha date
non le abbiamo guadagnate! (L. Nason)

 

Vendemmia
Con un secchio ed un cestello,
con le forbici o il coltello,
donne ed uomini, da ieri,
tutti allegri e faccendieri
colgon l’uva zuccherina
e la portano in cantina.
La vendemmia è un gran lavoro!
Nella vigna era un tesoro
di bei grappoli dorati.
Or li han colti e li han pigiati;
ed il mosto, in un gran tino,
già fermenta e si fa vino.         (F. Socciarelli)

 

Il castagno
Sotto il castagno, durante l’estate,
fu una festa di bimbi e d’allegria;
che dolci ombre egli diede alle chiassate
della garrula e vispa compagnia!
Or solitario, al gran cielo velato,
nel deserto squallor delle campagne
s’alza quel nudo tronco desolato.
E i bimbi? … I bimbi mangian le castagne. (L. Schwarz)

 

Si vendemmia
Lieta festa di bei colori:
pampini, grappoli maturi,
grappoli biondi, grappoli scuri…
Su cantate, vendemmiatori.
Colmo il canestro, colma la gerla
e il tralcio è ricco di frutti ancora:
brilla ogni chicco che il sole sfiora
come il rubino, come la perla.
Bigoncia colma, colmo il cestello:
vendemmiatrici, uno stornello. (D. Rebucci)

 

Il pesco e la vite
Diceva un pesco altero
all’uva: “Oh, sciagurata,
tu finirai calcata!”
Gli fu risposto: “E’ vero;
ma, all’uom che mi calpesta,
fo’ poi girar la testa. (Luigi Carrer)

 

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Poesie e filastrocche AUTUNNO

Poesie e filastrocche AUTUNNO – Una collezione di poesie e filastrocche di autori vari, per i bambini, della scuola materna e della scuola primaria.

Cadon le foglie
Cadon le foglie come farfalle:
ve n’è di rosse, ve n’è di gialle,
volteggiano un momento,
e partono col vento.
E la povera pianta là, nell’aria,
rabbrividisce, nuda e solitaria. (M. Maltoni)

 

La nuova stagione
Le svelte rondinelle son partite
in cerca di una terra solatia;
le brune passerine, infreddolite,
cinguettano canzoni in armonia.
Le tiepide giornate son finite:
la fitta nebbia dà malinconia;
le foglie, intanto, vizze ed ingiallite,
cadono volteggiando sulla via.
Ara la terra il rude contadino
e sparge i duri chicchi di semente,
e corre, col pensiero, lietamente,
alle castagne nuove, al dolce vino.
Mugghiano bovi nelle chiuse stalle
e canta il boscaiolo nella valle. (C. Mazzoleni)

 

Ora l’autunno
Ora l’autunno guasta il verde ai colli,
o miei dolci animali. Ancora udremo,
prima di notte, il richiamo della grigia
pianura che va incontro a quel rumore
alto di mare. E l’odore di legno
alla pioggia, l’odore delle tane,
com’è vivo qui fra le case,
fra gli uomini, o miei dolci animali. (S. Quasimodo)

 

Autunno
Biondo autunno che ci porti?
Uva, fichi e noci a staia.
Pioggia e vento alle montagne
mucchi, al fuoco, di castagne. (R. Rompato)

 

L’autunno
Vien l’autunno sospirando,
sospirando alla tua porta.
Qualche bacca porporina,
nidi vuoti, rame spoglie,
e tre gocciole di brina,
e un pugnel di morte foglie.  (A. S. Novaro)

 

L’autunno
Io vidi una mattina
l’autunno camminare.
Aveva nella mano
tre gocciole di brina,
nel cesto un venticello
per sollevar le foglie.
Portava per mantello
un grigio nuvolone
e andava lento lento
curvo sul suo bastone.  (A. Mazzeo)

 

L’autunno
Quando piove lento lento
e fa freddo e tira il vento
nella casa sta il bambino
nella cuccia il cagnolino
presso il fuoco il mio gattino.
E il ranocchio senza ombrello
sotto un fungo sta bel bello.  (O. Cicogna)

 

Vien l’autunno piano piano
Nel silenzio del mattino, getta il chicco il contadino
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
gli gnometti nel profondo, si rallegran per il mondo
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
una spiga nascerà, che il buon pane ci darà
getta il chicco, getta getta, alla terra che lo aspetta
guarda il ciel benedicente, il cader della semente
getta il chicco, getta getta, la semenza è benedetta
vien l’autunno piano piano, cavalcando da lontano
sulla testa un gran cappello, foglie rosse nel mantello
porta grappoli e castagne, nuvolette alle montagne
nei vigneti gli stornelli, acque chiare nei ruscelli
nelle sacche più profonde, nebbia e freddo vi nasconde
ed ai bimbi che son buoni, reca belli e ricchi doni. (E. Minoia)

 

Autunno
Un colpo di vento,
spalanca la porta
ed entra l’autunno,
che regge una sporta
è piena di noci,
di frutta nostrane
faremo merenda,
per più settimane
l’autunno nel bosco,
va a far la fascina
che dopo regala,
a qualche vecchina
le rondini liete,
son tutte partite
a terra le foglie,
son tutte ingiallite.
Il tempo dei giochi,
ahimè come vola!
Con libri e cartella
l’autunno va a scuola. (Nidario)

 

Foglie gialle
La nonnetta nello scialle
si rannicchia intirizzita.
Piovon foglie e foglie gialle
sulla terra insonnolita.
Nubi fosche, nubi nere
van pel cielo a torme a frotte;
calan rapide le sere
scende rapida la notte. (Anita Ferraresi)

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Dettati ortografici su ottobre

Dettati ortografici su ottobre, di autori vari, per la scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

Ottobre
Al tempo degli antichi Romani, che furono quelli a dar il nome ai mesi, l’anno cominciava con marzo, ed ecco che ottobre era, appunto l’ottavo mese. Mutò il calendario, ma il nome restò, così come sono restati quelli di settembre, di novembre e di dicembre.

Ottobre al mare
Come corre l’acqua lungo i rigagnoli delle strade! Addio, estate! Addio, bagni!

E’ tanto bello anche il mare così grigio e malinconico senza più traccia alcuna di umanità, come al giorno della sua creazione. Già gli alberghi, le pensioni, chiusi i vetri sul mare, hanno ritirato i tavolo dalle rotonde, dai terrazzi.

Sono le sere in cui i pochi villeggianti rimasti si illudono di avere il mare tutto per loro e tornano dalle passeggiate, chiusi negli impermeabili; sono le notti di vento e di salsedine, quando cadono lungo i viali le foglie di tiglio che la prima tramontana spazzerà via del tutto. (F. Tombari)

Ottobre
Ottobre tinge tutto d’oro. D’oro sono le foglie che si staccano dall’albero, d’oro sono i tramonti, d’oro il sole che manda i suoi tiepidi raggi ad illuminare la terra arata, la campagna ormai stanca, il cielo velato dalle prime nebbie di autunno.

E’ un bel mese, ottobre. Il sole è un po’ stanco, ma si dà ancora da fare per dipingere le foglie di rosso e di giallo. E le foglie insuperbiscono di quel colore, senza immaginare che basta un soffio di vento per staccarle dal ramo. Un lieve volo e giù, per terra. Se durante la notte il vento ha tirato un po’ forte, la mattina c’è tutto un tappeto frusciate per terra.

Due ricchezze ci dona la terra nel mese di ottobre: nei tini canta il vino frizzante; nei boschi i ricci aperti lasciano cadere le castagne, che un tempo davano cibo nutriente ai montanari. Ma ai frutti freschi e succosi bisogna dire addio. Il sole, ormai debole e pallido, non riesce a maturare gli ultimi: la sorba e la nespola. Esse finiranno di maturare, nel granaio, nel tepore della paglia. (F. Bartorelli)

Ottobre

Ottobre dà l’idea di un grasso oste che, col grembiule bianco e il pancione, ci inviti a passare nella sua cantina. Vuole darvi ad intendere che ha il vino nuovo, ma non gli date retta. E’ ancora il vino dell’altr’anno; quello di adesso bolle ancora nel tino, giù nel profondo della cantina.

E i contadini hanno paura di questo vino che bolle. Sanno che può far brutti scherzi e, quando devono scendere giù dove la vinaccia gorgoglia, ci vanno con la candela accesa. Se la candela si spegne scappano subito e dicono: “Giù non si può respirare; c’è il vino che bolle”. E non scendono finchè il pericolo non è passato.

Ma se non c’è il vino nuovo nell’osteria di Mastro Ottobre, un leprotto al forno lo troverete di certo. E’ tempo di caccia e per la campagna si sentono gli spari dei cacciatori. Pum pum, e starne e beccacce e lepri cadon giù stecchite sopra il campo arato, dopo aver cercato invano di sfuggire alla corsa disperata dei cani.

Ottobre

E’ un bel mese, ottobre. Il sole è un po’ stanco, ma si dà ancora da fare per dipingere le foglie di rosso e di giallo. E le foglie insuperbiscono di quel colore, senza immaginare che basta un soffio di vento per staccarle dal ramo. Un lieve volo e giù, per terra. Se durante la notte il vento ha tirato un po’ forte, la mattina c’è tutto un tappeto frusciate per terra.

In montagna, gli stambecchi, rinvigoriti, fanno battaglia con le loro corna; la marmotta s’è ritirata nella sua tana a mangiare il fieno che ha messo in serbo. Fra poco s’addormenterà per risvegliarsi soltanto quando il venticello di marzo farà frusciare i rami degli alberi rinverditi.

I campi sono tutti scuri, puliti, con certi solchi dritti, pronti a ricevere il seme.
(M. Manicucci)

Ottobre

Nei luoghi in cui si coltiva la vite si vendemmia; l’uva viene pigiata per ottenere il mosto che, con la fermentazione, diverrà vino. Nei campi si ara e in alcuni luoghi comincia la semina del grano. Finisce la raccolta del granoturco ed inizia quella delle castagne, delle noci e delle nocciole. Si potano gli alberi da frutto. Il mese di ottobre nel nostro calendario è il decimo mese dell’anno; nel più antico calendario romano era l’ottavo mese.

Ottobre
Gli alberi a foglie caduche si spogliano lentamente ai forti venti autunnali. Sui monti è già freddo e le greggi scendono al piano. Gli insetti spariscono nelle cavità degli alberi o sotto terra; molti animali, come il riccio, la talpa e la marmotta cadono in letargo; altri, come la volpe, infoltiscono la loro pelliccia; molti uccelli, come la rondine,  migrano verso i paesi più caldi.

I contadini curano i frutteti, disinfettano le piante, sistemano l’orto, piantano i cavolfiori, i piselli, le fave, l’aglio. Nei luoghi in cui si coltiva la vite si vendemmia; l’uva viene pigiata per ottenere il mosto che, con la fermentazione diventerà vino. Nei campi si ara e in alcuni luoghi comincia la semina del grano. Finisce la raccolta del granoturco ed inizia quella delle castagne, delle noci e delle nocciole. Si potano gli alberi da frutto.

Il mese di ottobre sul nostro calendario è il decimo mese dell’anno; nel più antico calendario romano era l’ottavo mese.

Ottobre
Odore di ottobre. Nell’aria, che si riposa nella campagna, volano schiere di uccelli: dal bosco vicino, che comincia a tingersi di macchie rossastre, viene il canto dosato e lento del cuculo. La stagione indugia, dorandosi in un’attesa piena di sopore. Le strade odorano di mele cotogne e d’uva, e dalle porte spalancate delle cantine esce il fumo delle caldaie schiumanti il mosto, fra le voci aspre e clamorose dei pigiatori. (G. Titta Rosa)

Vento d’ottobre
Un soffio di vento ottobrino scuote gli alberi del bosco. E’ un vento frizzante che scende dai monti già avvolti di nebbia. Alcune foglie si staccano; scivolano, quasi trattenute ancora, lungo i rami più grossi; volteggiano nell’aria; si posano al suolo umido e nero.

“Addio!” dicono le foglie gialle, “Addio, albero amico! Il vento ci strappa senza pietà. Non sentiremo più il canto degli uccelli, non godremo più i raggi del sole!”

Un soffio più impetuoso… Numerose foglie sfarfallano intorno; altre si alzano da terra in un breve ultimo volo. Ora sul prato si stende un giallo tappeto di foglie morte; ma, a primavera, nuove foglie rivestiranno di tenero verde tutti gli alberi del bosco. (L. Fiorentini)

Dettati ortografici su ottobre. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche su Ottobre

Poesie e filastrocche su ottobre: una collezione di poesie e filastrocche di autori vari per la scuola materna e primaria

Io sono ottobre
Io sono ottobre che stringo il vinello
ne’ solchi nuovi ci semino il grano
metto di nuvole a’ monti il cappello
guido dai monti le pecore al piano. (Otto Cima)

Vien l’ottobre
Vien l’ottobre e sopra il cielo,
di sue nebbie stende il velo;
improvviso s’alza il vento
con un lungo alto lamento.
Pur, che festa di colori,
che tripudio id canzoni,
che splendor, qua e là, di falci
e che porpora nei tralci!
Quest’ottobre un po’ bizzarro
mette e toglie il suo tabarro,
è venuto con l’ombrello,
se ne va col tempo bello.
Nel settembre generosa,
or la terra si riposa
sotto un fremito di foglie;
pur già dentro il grembo accoglie
nuovi semi di lavoro;
i preziosi chicchi d’oro
che in un mese ancor lontano
diverran spighe di grano. (F. Castellino)

Ottobre
Son spariti i fiori e le farfalle,
e per le strade spesso si cammina
sopra il tappeto delle foglie gialle.
Alla scuola ritornano i bambini
con dentro al cuore un po’ di nostalgia.
Il mosto nuovo bolle già nei tini,
e nei campi la terra arata freme
sotto il passo dei bovi. Il contadino
sparge nei solchi lentamente il seme. (Zietta Liù)

Ottobre
Tempo d’uva,
la terra si spoglia tutta,
la casa odora di frutta,
il cielo piange di addio.
Alla prima pioggia si è più soli,
il muro sanguina di rampicanti:
nei giorni dorati di incanti
la rondine scrive gli ultimi voli. (R. Pezzani)

Mattini d’ottobre
Di giorno in giorno il sole
si fa sempre più pallido.
E’ un pallore che fiacca i nervi
e l’anima rattrista:
un’agonia di luce che si spegne,
un singhiozzo che muore lentamente.
In queste mattine d’ottobre
io vagolante in mezzo alla ressa
vo come un’ombra che cader
potrebbe senza rumore,
assaporando il sole d’autunno
ch’è il solicello della lunga morte. (V. Cardarelli)

Sole d’ottobre

Il sole giallo d’ottobre
m’è così dolce! Non scalda quasi: lo cerco tremando.
Ferisce obliquo le cave volte dei boschi ingialliti;
ardono d’oro, divampano violentemente al tramonto.
Mi par che l’aria sia anch’essa più tenue e rara. (E. Thover)

Ottobre

Ottobre ha una cara anima pensosa
che gli sorride fra le ciglia d’oro,
ma sentendo partirsi un vol canoro
talor vorrebbe piangere e non osa.
Dolce sui colli, quando in radiosa
pace, concesso tutto il suo tesoro
d’uve, spenta l’eco ultima di un coro,
serenamente stanco si riposa.
Ma più l’amo nei piani, ove ampio svaria
e gli orizzonti ceruli vapora,
mite persuadendo alla fatica.
Tutto è divino: il cielo intento, l’aria
che tace e splende, l’uomo che lavora
coi bovi il grembo della madre antica. (Francesco Pastonchi)

Al lavoro

Caro ottobre, che porti alle tue soglie,
un lento mulinar di foglie gialle,
dimmi un po’, dove sono le farfalle?
Le uccidi forse tu, come le foglie?
Pure, ti voglio bene! Nel mio cuore
tu porti una dolcezza che consola.
Tu per la mano mi riporti a scuola,
e dici a me, come al seminatore:
“Comincia il tuo lavoro, lieto in volto;
a giugno, quando sarà d’oro il piano,
il libri ti daranno, come il grano,
piccolo amico, abbondante raccolto”. (Zietta Liù)

Ottobre

Ottobre ha il berretto di sghembo:
odora di mosto e di viole;
negli occhi gli luccica un lembo
di cielo, una spera di sole:
Trascina un mantello corroso
ma ricco di porpore e d’ori;
appende sul tralcio rugoso,
sul cespo, sul ramo tesori.
Tra un colchico e una farfalletta
cammina cammina bel bello;
al bivio novembre l’aspetta
col bavero alzato e l’ombrello. (D. Mc Arthur Rebucci)

Ottobre

Ottobre i prati riveste d’argento,
al bosco fa tutte d’oro le foglie,
le nubi in pioggia sottile discioglie,
poi s’accapiglia e combatte col vento.
E vien l’autunno cui campi rimossi;
viene e ci porta nel fresco cestello
l’uva che ha colto, goloso monello,
incoronato di pampini rossi.
Di sera accende le fiamme dei ciocchi,
quando la nebbia comincia a salire,
e getta il sonno a manciate negli occhi
a tutti i bimbi per farli dormire.
Li fa sognare l’estate, che vola
via nel ricordo, col sole rovente;
e poi li prende per man, dolcemente,
come un buon mago, per portarli a scuola. (A. Lugli)

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Dettati ortografici – la semina

Dettati ortografici – Una collezione di dettati ortografici sul tema “l’autunno e la semina” per la scuola primaria.

La semina
Il campo è stato arato. I buoi hanno tracciato i lunghi solchi diritti e il contadino si prepara a gettarvi il seme. Poi il seme sarà ricoperto di terra, la pioggia lo gonfierà, il tepore della terra lo riscalderà e, un bel giorno, tante piantine verdi ricopriranno la superficie del campo.

La semina
I buoi hanno tracciato i lunghi solchi diritti nel bruno campo. Il contadino vi getterà il seme e, ai primi tepori, vedremo tante piantine verdi che un giorno diverranno le preziose spighe del grano. Quanta fatica e quanto tempo perchè il seme del frumento possa trasformarsi nel buon pane profumato!

Il seme
Il seme è stato gettato nel solco. L’acqua lo gonfierà, la neve lo coprirà col suo candido mantello, la terra lo nutrirà e finalmente, da quel semino, nascerà la bella pianta del grano che un giorno diverrà pane.

Sotto terra
I campi, in inverno, sono brulli, spogli, deserti. Sembra che non debbano produrre nulla e invece, sotto terra, i piccoli semi del grano germogliano: fra poco spunteranno all’aperto tante piantine verdi che un giorno ci daranno il cibo più prezioso: il pane.

Le speranze del contadino
Il contadino spera quando semina il grano, spera quando vede il primo biondeggiar delle spighe, spera quando i primi fiori della vite spandono il loro profumo e, attraverso una bella fiorita di speranze, porta al granaio le messi, alla botte il mosto, alla cucina i legumi dell’orto. (P. Mantegazza)

Il seme
E’ caduto nel solco e fra poco germoglierà. Da quel piccolo seme nascerà una piantina prima debole, sottile, poi, man mano, più robusta e forte. Infine la vedremo mettere, in cima, una bella spiga che col calore del sole diverrà dorata e maturerà. E in quella pianta, nata da un semino solo, ci saranno migliaia e migliaia di semi come quelli gettati nel solco in un giorno lontano.

La semina

I buoi abbassano la testa soffiando, il gioco cigola, l’aratro scricchiola. Il vomero affonda nella terra, apre il solco, e lascia indietro, ai lati, le grosse zolle. A poco a poco tutto il campo è segnato da lunghi solchi scuri. Poi il contadino cammina nel solco, portando un paniere al braccio. Tuffa la mano nel paniere, prende un pugnetto di grano e, via via, con un gesto largo lo sparge nel solco. Dietro a lui, donne ed uomini rompono le zolle con la zappa e ricoprono di terra i semi. (G. Fanciulli)

Il seminatore

“Guarda che figura!” esclamò Federico, soffermandosi ed indicando il seminatore: “Ha l’altezza di un uomo, eppure sembra un gigante”.  Egli avanzava per il  campo in linea dritta con una lentezza misurata. Con la sinistra teneva il saccolo; con la destra prendeva la semenza e la spargeva. Il suo gesto era largo, gagliardo e sapiente e il grano, involtandosi dal pugno, brillava talvolta nell’aria come faville d’oro e cadeva sulle zolle umide ugualmente ripartito. (G. D’Annunzio)

L’aratro

In principio l’aratro fu soltanto un ramo ricurvo da cui ebbe origine il cosiddetto aratro a uncino, grosso ramo biforcuto di cui la parte più corta penetrava nella terra scavandovi un solco e quella più lunga serviva da traino. Più tardi, alla parte più corta di questo aratro fu applicata una selce appuntita per facilitare la sua penetrazione nel terreno; la selce, in seguito, fu sostituita da una punta di rame, di bronzo e infine di ferro: fu l’aratro a chiodo, usato dai nostri bisnonni, e ancor oggi nei paesi meno progrediti.
L’invenzione del giogo permise all’uomo di attaccare all’aratro gli animali a coppia, in genere buoi.
Attualmente l’aratro, nelle sue parti principali, si compone del coltello, una lama che taglia la terra verticalmente; del vomere, che è una lama che taglia la terra orizzontalmente al di sotto della sua superficie; dell’orecchio, così chiamato per la sua forma e che ha il compito di far ruotare la terra tagliata dall’azione combinata del coltello e del vomere e di rovesciarla nel solco.

Il lavoro della terra

Dal materno grembo della terra viene tutto ciò che è necessario all’uomo. Egli ne ricava le piante che gli servono per sfamarsi e poichè si nutre anche di carne, ecco la terra nutrire gli animali che egli alleva a tale scopo. Tutto gli viene dalla terra purchè l’uomo  le dia il suo lavoro di ogni giorno, quel lavoro che cominciò in un giorno lontano, quando un essere irsuto, selvaggio, vestito di pelli e di corteccia d’albero gettò nel terreno alcuni granelli di una spiga e stette a vedere cosa sarebbe successo.

L’aratro

L’uomo preistorico si servì del ramo di un albero biforcuto per tracciare il primo solco nel terreno. Era il primo aratro. Poi, a questo ramo fu applicata una punta, prima fatta di pietra, poi di metallo. Oggi l’aratro si è perfezionato, compie il suo lavoro in modo razionale, risparmiando all’uomo fatica e tempo. L’intelligenza dell’uomo e la sua industriosità non conoscono limiti.

Il seminatore

Avanzava per il campo direttamente e con una lentezza misurata. Un saccolo bianco gli perdeva dal collo per una striscia di cuoio, scendendogli davanti, alla cintura, pieno di grano. Con la manca teneva aperto il sacco, con la destra prendeva la semenza e la spargeva. Il suo gesto era largo e sapiente, moderato da un ritmo uguale. (G. D’Annunzio)

Sulla tomba di un mietitore romano

Sono nato da povera famiglia e da poveri genitori. Vissi coltivando il campo nel quale nacqui e che non cessai mai di coltivare. Quando le messi erano mature,  io fui il primo a mietere, e allorchè la schiera dei mietitori si recava ai campi, io precedevo tutti lasciandomi dietro la lunga fila di essi. Dopo aver mietuto  dodici volte sotto il sole torrido, in premio al lavoro compiuto, fui eletto capo dei mietitori. Gli anni della mia vita furono belli, senza offese o accuse. Così meritò di morire chi visse senza commettere cattive azioni.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Poesie e filastrocche: I punti cardinali

Poesie e filastrocche: I punti cardinali. Una raccolta, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
I punti cardinali
“Dalla mia parte bello e raggiante
si leva il sole” dice il Levante;
“e poi tramonta placidamente
dalla mia parte” dice il Ponente;
“raggi focosi io spargo intorno!”
dice superbo il Mezzogiorno;
“ed io alle membra già stanche e rotte,
dono riposo. Son Mezzanotte!”

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

 

Prescrittura Montessori – come si usano gli incastri metallici

[wpmoneyclick id=88742 /]Prescrittura Montessori – come si usano gli incastri metallici. Gli incastri metallici originali sono costituiti da due tavole di legno in pendenza, su ciascuna delle quali sono collocati cinque telai in metallo quadrato, di colore rosa.

In ognuno dei telai è inserita una figura geometrica blu.

Le figure sono simili a quelle degli inserti geometrici, e dotate anch’esse di un piccolo perno per la presa a tre dita.

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Le indicazioni di Maria Montessori parlano di un utilizzo di questo materiale abbinato ad una scatola di dieci matite colorate e un libretto da lei preparato, contenente 87 disegni già svolti, raccolti in cinque anni di lavoro di osservazione dei bambini.

photo credit: Gonzaga arredi
 
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Al bambino viene dato un foglio di carta bianca e la scatola di dieci matite colorate, quindi sceglierà uno dei dieci inserti e l’insegnante gli proporrà l’esercizio.

Io ho preparato il materiale così: le dieci cornici sono in esposizione su uno scaffale una accanto all’altra, di modo che il bambino possa averne una visione completa.

Le cornici sono ognuna su un piatto quadrato, che contiene anche un assortimento di foglietti già tagliati alla stessa dimensione delle cornici.

Il bambino sceglie la cornice che desidera e la pone sul vassoio (grazie coop) insieme alle matite.

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Prescrittura Montessori
Primo esercizio con gli incastri metallici

Il primo esercizio consisterà nel posizionare la cornice scelta (senza incastro della forma) sul foglio di carta, e nel tracciare il contorno interno con la matita, quindi nel rimuovere la cornice per visualizzare il disegno ottenuto.

Questo esercizio non è del tutto nuovo per il bambino, che già si è esercitato a seguire le sagome degli incastri geometrici, la novità è che con questo esercizio si lascia un disegno, una traccia del proprio movimento.

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Prescrittura Montessori
Secondo esercizio con gli incastri metallici

In seguito l’insegnante proporrà un secondo esercizio. Si prende una cornice, il suo incastro, un quadrato di carta colorata e due matite di colori contrastanti e si  portano al tavolo del bambino.

Il bambino disegna la forma come al solito, togliendo l’incastro.

Poi l’insegnante rimette l’incastro e toglie solo la cornice, mostrando al bambino come essa copre perfettamente il disegno.

Poi prende una seconda matita e disegna il contorno dell’incastro, quindi lo toglie.

La seconda figura appare sul foglio, appena fuori dal contorno della prima, e ai bambini piace vedere come la cornice vuota e l’inserto danno lo stesso risultato sul foglio.

Quando lo alza, se il disegno è ben fatto, egli trova sulla carta una figura geometrica contenuta da due linee di colori, e, se i colori sono stati scelti bene, il risultato è molto interessante anche da un punto di vista cromatico.

Questi dettagli possono sembrare inutili, ma sono invece di grande importanza pedagogica. I due contorni colorati suscitano nel bambino il desiderio di sperimentare un’altra combinazione di colori e di ripetere l’esperienza con altri colori ed altre forme.

La varietà degli oggetti ed i colori sono  un incentivo al lavoro e rappresentano a tutti gli effetti uno strumento utile a garantire il successo dell’esperienza di apprendimento dei bambini.

Attraverso la ripetizione di questi esercizi in tutte le possibili varianti, il bambino lavora all’organizzazione del movimento fine necessario alla scrittura, evitando esercizi noiosi e faticosi. E l’educazione del senso cromatico diventa, in questa fase di sviluppo dei bambini,  la leva che permette di arrivare ad una calligrafia chiara e bella.

Gli incastri si prestano a limitare , in modi diversi, la lunghezza dei tratti delle matite, e in questo modo la mano si abitua non solo ad eseguire l’azione del tracciare in generale, ma anche a limitare il movimento all’interno di varie tipologie di limiti.

Il numero di disegni realizzabili con gli incastri metallici  è praticamente illimitato.

Questi esercizi preparano dunque la mano alla scrittura, ma sono esercizi ottimi anche per i bambini più grandi che hanno una brutta calligrafia. Inoltre aiutano la comprensione del disegno geometrico, delle simmetrie e della Matematica, e sviluppano il senso per il colore e l’armonia.

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Prescrittura Montessori
Altre proposte di esercizi  con gli incastri metallici

L’insegnante prende una cornice, un foglio di carta colorata e due diverse matite e le porta al tavolo del bambino sedendosi accanto a lui.

Pone la cornice esattamente sul quadrato di carta, mostrando al bambino come il foglio è completamente nascosto. Poi prende una matita e disegna la sagoma della forma interna alla cornice, toglie la cornice e lascia che il bambino osservi il disegno.

Prende un’altra matita e riempie una piccola parte del disegno con una serie di linee rette parallele, molto vicine le une alle altre, che vanno esattamente da un lato all’altro della forma.

Poi dà la matita al bambino e lo invita a provare. Si assicura che il bambino tengo la matita in modo corretto.

Quando il bambino ha capito cosa deve fare, l’insegnante lo lascia lavorare da solo. Il bambino potrà scegliere la carta, i colori delle matite, e le forme che più gli piacciono.

Quando il bambino svolge abbastanza bene il lavoro, l’insegnante può mostrargli come realizzare disegni geometrici.

Prende una cornice, un pezzo di carta e le matite colorate e va alla tavola del bambino.

Copre accuratamente il foglio con la cornice e disegna la forma centrale.

Poi sposta la cornice di 180° e ripete il disegno con la matita della forma centrale. Toglie la cornice e lascia che il bambino osservi il disegno.

Il disegno può essere completato le combinazioni di colore che sceglie il bambino, l’unica regola è che non si può usare lo stesso colore per due sezioni adiacenti.

Dopo un po’ di pratica, l’insegnante può introdurre nuove varianti all’esercizio, come quelle mostrate di seguito.


L’insegnante mostra al bambino come fare disegni utilizzando più di una forma (nella figura il quadrifoglio e il triangolo)

Si può mostrare ai bambini come ottenere disegni che riempiono tutto il foglio, sempre utilizzando le cornici delle forme.


Si può inoltre mostrare al bambino la simmetria, indicando come realizzare un disegno in cui una metà del disegno sia speculare all’altra metà. La simmetria si può costruire anche lungo la diagonale.

Tutorial per realizzare gli incastri in proprio qui: Tutorial incastri di metallo.

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Prescrittura Montessori –  Qualche video sulla presentazione e l’uso degli incastri metallici:

Montessori Explained: Metal Insets from Sunrise Montessori of Round Rock on Vimeo.

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Disclaimer: “Per redigere questa mia presentazione ho utilizzato i miei album e appunti personali e consultato vari album di altri autori e articoli nel web. Per leggere online o acquistare le copie legali di tali opere consultate segui i link:
– Language primary guide di Infomontessori.com
– Album for ages 3-6 – Language di montessoriteacherscollective (Moteaco)
– Montessori teacher album – Language di Montessorialbum.com
– Language album di wikisori.org
– Language and grammar di montessoricommons
– Elementary language notes di albanesimontessorinotes
Module 4: language manual A e Module 6: language manual B di Montitute.com
– Language teacher manual di khtmontessori.com
Primary class curriculum – second year (Language and reading) di mymontessorihouse.com
– Montessori Language arts 6-9 album e Montessori Language album 3-6 di Montessori tube
– The complete Montessori language arts teacher’s manual di Open Door Press
– Early childhood Montessori language album di Sue Clark
– Lower elementary curruculum – Language arts di montessoritraining.net
– Language album di freemontessori.org
– Elementary Montessori language album di keysoftheuniverse.com
– Montessori Matters: A language manual di shop.heutink-usa.com
Language arts Infant and Toddler e Language arts elementary vol 1, vol 2, vol 5
di themontessoriparent.com, che ha suggerito l’aggiunta di questo disclaimer in accordo con la sua politica di copyright.
Ho inoltre consultato i testi di riferimento di Maria Montessori per il linguaggio:
Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini
L’autoeducazione nelle scuole elementari
Per una bibliografia completa delle opere di Maria Montessori vai qui. Leggi anche la bibliografia di seguito

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PSICOGRAMMATICA MONTESSORI

BIBLIOGRAFIA E LINK UTILI

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M. Dardano – La nuova grammatica della lingua italiana, Zanichelli


Maria Montessori L’autoeducazione: Nelle scuole elementari (Garzanti Saggi)


Maria Montessori Educazione e pace


Maria Montessori La mente del bambino. Mente assorbente

Maria Montessori Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle case dei bambini. Edizione critica.

Maria Montessori Educare alla libertà

Maria Montessori La scoperta del bambino

Grammatica moderna nella scuola elementare Montessori, Il quaderno Montessori inverno 1993-94 – E. M. Orizio
Dr. Jean Miller Visit – ottobre 2001 – Seminario sul Linguaggio curato da Joel Rioux) pubblicato da Montessori Australia

Motti, aforismi e frasi brevi

Motti, aforismi e frasi brevi di autori vari, per bambini della scuola primaria.

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

 

Per arrivare alla fonte, bisogna nuotare controcorrente.

Un viaggio di mille miglia deve cominciare con un passo.

La lontananza rimpicciolisce gli oggetti all’occhio, li ingrandisce al pensiero.

(…in costruzione)

Poesie e filastrocche: Conte

Poesie e filastrocche: Conte per stabilire i turni di gioco, che possono essere veri e propri giochi a loro volta. Per bambini della scuola d’infanzia e primaria. D’autore e tradizionali.

Anghingò, tre galline e tre cappò
per andare alla cappella
c’era una ragazza bella
che suonava il ventitre
uno, due e tre.

 

Uccellin che vien dal mare
quante penne puoi portare?
Io ne porto mille e tre
uno, due e tre.

 

Pescatore che navighi in mare
quanti pesci puoi tu pescare?
E uno, e due, e tre,
pesciolino tocca a te.

 

Padre nostro alla romana
quattro pecore senza lana
quattro pecore senza fiocca
vediamo un po’ a chi tocca.

 

L’uccellin dal becco rosso
è caduto giù nel fosso
giù nel fosso non c’è più
resti fuori proprio tu.

 

A bi ci di
la mia gatta mi fuggì
mi fuggì su per un pero
gambe storte e muso nero.

 

Mare mare grande assai
dimmi quanti pesci hai
ne ho duecento in tutto il mondo
il più bello è bianco e biondo
non mangia pane, non beve vino,
assomiglia a quel bambino.

 

Farfalla tutta bianca
che vola e non si stanca
che vola sempre in su
resti fuori proprio tu.

 

Gallinella zoppa zoppa
quante penne porti in groppa?
Io ne porto ventiquattro,
uno, due, tre e quattro.

 

Pim pom d’oro
la lince e la lancia
quanti giorni sei stato in Francia?
Lune lunedì, marte martedì,
pim pom d’oro, vai via di qui.

 

Diman diman domenica
la festa della Menica
la Menica non c’è
perciò vai fuori te.

 

Sette quattordici ventuno ventotto
fa la conta a chi sta sotto
a chi sta sotto per la nascondina:
tocca a te che sei regina.

 

Il cannoniere porta il cannone
sotto il portone, uno due e tre,
che ho preso te.

 

Mi lavo le mani
per fare la pappa
per uno per due
per tre per quattro
per cinque per sei
per sette per otto,
stai sotto!

 

Gobbo rotondo
che fai a questo mondo?
Faccio quel che posso
con la gobba addosso
e se non ne posso più
piglio la gobba e la butto giù.

 

Piso pisello colore sì bello
colore sì fino di Santo Martino
la bella molinara che sale sulla scala
la bella zitella che gioca a piastrella
col figlio del re: tocca e ritocca
che vai fuori te.

 

I soldati che vanno alla guerra
mangiano beveno e dormono in terra
e allo scoppio del cannò
pappa, ciccia, e maccherò.

 

Casca una bomba in mezzo al mare
mamma mia mi sento male
mi sento male in agonia
prendo una barca e fuggo via
fuggo via di là dal piano
dove stanno i marinai
che lavorano per tre
toc-che-reb-be pre-ci-sa-men-te a te!

 

Spia spione
portalampione
portabandiera
cent’anni di galera.

 

Sotto la pergola nasce l’uva
prima acerba poi matura
quando il vento la fa cascà
pepe, spezie e baccalà.

 

Tredici tredici voglio fare
non so come incominciare
1, 2, 3, 4, 5!

 

Anello di legno
anello di ferro
mettilo al dito
che va fuori quello.

 

Uno due, un due tre
cerchi il papa e trovi il re
cerchi il capo e trovi il fondo
cerchi il quadro e trovi il tondo
cerchi il savio e trovi il matto
cerchi il cane e trovi il gatto
cerchi il gatto e trovi il topo
io vengo prima, tu vieni dopo.

 

Trucci trucci cavallucci
trotta trotta e va a cavallo
proprio il re del Portogallo
va a trovare la regina
che fa la torta con la farina
la farina è troppo bianca
la regina è molto stanca
molto stanca del lavoro
esci fuori e vai con loro.

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche – Storia

Poesie e filastrocche – Storia.  Una raccolta di poesie e filastrocche su argomenti storici, di autori vari, per la scuola primaria.

 

Storia universale
In principio la Terra era tutta sbagliata,
renderla più abitabile fu una bella faticata.
Per passare i fiumi non c’erano i ponti.
Non c’erano sentieri per salire sui monti.
Ti volevi sedere?
Neanche l’ombra di un panchetto.
Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto.
Per non pungerti i piedi, nè scarpe, nè stivali.
Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali.
Per fare una partita non c’erano palloni:
mancava la pentola e il fuoco
per cuocere i maccheroni,
anzi a guardare bene mancava anche la pasta.
Non c’era nulla di niente.
Zero via zero, e basta.
C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare,
e agli errori più grossi si potè rimediare.
Da correggere, però, ne restano ancora tanti:
rimboccatevi le maniche,
c’è lavoro per tutti quanti!
(G. Rodari)

 

 

La caverna
Era una volta all’uomo dolce nido
la tiepida caverna tra le rocce…
Uscio non c’era: entrava e usciva il vento,
servo dell’uomo, con le sue bracciate
di foglie secche; a sera il firmamento
chiudeva il varco con le sue vetrate
fitte di stelle; e innanzi alla caverna
appendeva la luna la lanterna. (N. Venieri)

Poesie e filastrocche – Storia. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici letture e poesie su Venezia

Dettati ortografici letture e poesie su Venezia – un raccolta di dettati ortografici, letture e poesie, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche varie.

Festa notturna a Venezia

Fantasmagoria di luci, di moltitudine, di architetture, d’acqua in subbuglio a specchio di luminarie  erranti e di stelle; di addobbi versicolori e di navigli fermi o in movimento; del lungo ponte di barche steso dalla riva alla Salute, gremito di fedeli nereggianti contro lo splendore della stupenda chiesa, grandeggiante a guisa di un picco diafano nel cielo cupo; delle barche coperte di verdi pergole con grappoli di lampioncini trasparenti di ogni tinta, cariche di comitive spillanti vino in botticelle inghirlandate, uomini e donne beventi, cantanti e tripudianti al suono di mandolini, chitarre, fisarmoniche, ed altri strumenti. (A. Soffici)

Viene l’autunno a Venezia

L’estate se ne va bruscamente, senza lasciare strascichi di sorta. Cola a picco nei canali come una vecchia gondola logora.
E ci si accorge del suo passaggio dal diradarsi dei forestieri che, in numero sempre più esiguo, occupano i tavoli dei caffè di Piazza San Marco.
In quelle file gloriose riempite fino a ieri da un pubblico dorato e fittizio, si sono fatti a un tratto dei vuoti melanconicissimi.
Ormai le poche persone che vi si attardano verso sera non sono più neppure forestieri smarriti,  ma clienti abituali, tipi del luogo, che si confusero nei mesi estivi, con la grossa ondata turistica, per poi rimanere scoperti sulla gran piazza come gusci di riccio e ossa di seppia sulla spiaggia…
Intanto l’autunno veneziano si accompagna a questo vasto senso di esodo e di solitudine inattesa.
I crepuscoli scendono rapidi, soverchiamente bruni… (V. Cardarelli)

Artigianato veneziano
Passare alla gentile fragilità delle creazioni di artigianato dopo la visione, magari notturna, illuminata dai fari e dai rigurgiti di fiamma di Porto Marghera, comporta un cambiamento acrobatico: ma se esiste un’attività completamente, compiutamente veneziana, questa è l’artigianato elevato, non raramente, alla dignità di arte.
Non solo, ma le formelle in ceramica di Altino, i gioielli di Altino, ci spiegano perchè il gusto dell’oggetto raffinato, della cosa bella, è innato in questa città in cui ogni particolare ha contribuito a realizzare compiutamente l’ideale della bellezza.
L’arte del vetro, del merletto, del mobile, l’arte del tessere e di tingere stoffe preziose (ricordiamo i velluti e i broccati ‘a pastiglia’ dei Vivarini o dei Crivelli), l’arte di creare e decorare ceramiche, sono squisitamente veneziane; e non meno abili, orafi e argentieri, battirame e fonditori creavano, con il metallo, ori per le dame, oggetti sacri e oggetti di lusso per il culto e per i fasti di famiglia, oggetti d’argento e d’oro, a quintali,  perchè ogni chiesa, ogni ‘scuola’, ogni ‘casata’ voleva essere la più ricca, e farlo vedere. E c’erano poi le armature, le vere da pozzo, le inferriate, le lanterne, i picchiotti dei portoni, e la serie interminabili dei peltri, in cui la pesante mano del maestro ferraio realizzava ombre, luci, arabeschi degni di un orafo.

Vetrai di Murano
Ferveva il lavoro intorno alla fornace. In cima ai ferri da soffio il vetro fuso si gonfiava, serpeggiava, diventava argentino come una nuvoletta, splendeva come la luna, scoppiava, si divideva in mille frammenti sottilissimi, crepitanti, rutilanti, più esigui dei fili che si vedono al mattino nei boschi tra ramo e ramo. I garzoni ponevano una piccola pera di pasta ardente nei punti indicati dai maestri, e la pera si allungava, si torceva, si mutava in un’ansa, in un labbro, in un becco, in uno stelo, in una base. Sotto gli strumenti il rossore a poco a poco si spegneva, e il calice nascente era esposto di nuovo alla fiamma, infisso nell’asta; poi ne veniva estratto, docile, duttile, sensibile ai più tenui tocchi che lo ornavano, che lo affilavano, che lo rendevano conforme al modello trasmesso dagli avi o all’invenzione libera del nuovo creatore. Straordinariamente agili e leggeri erano i gesti umani intorno a quelle eleganti creature del fuoco, dell’alito e del ferro, come i gesti di una danza silenziosa.
“Appena formato, si mette il vaso nella camera della fornace per dargli la temperatura” rispondeva uno dei maestri vetrai a Stelio che lo interrogava, “Si spezzerebbe in mille frantumi se fosse esposto all’aria esterna d’un tratto”.
Si scorgevano infatti per un’apertura, adunati in un ricettacolo, che era il prolungamento del forno fusorio, i vasi brillanti, ancora schiavi del fuoco, ancora nel suo dominio.
“Sono già là da dieci ore” diceva il vetraio indicando la leggiadra famiglia. Poi le belle creature esigue abbandonavano il padre, si distaccavano da lui per sempre, si raffreddavano, diventavano gelide gemme, vivevano della loro vita nuova nel mondo, si assoggettavano agli uomini, andavano incontro ai pericoli, seguivano le variazioni della luce, ricevevano il fiore reciso o la bevanda inebriante.
(G. D’Annunzio)

Le origini di Venezia
Gli Unni avevano distrutti nel loro passaggio Aquileia, ed entrati nel Veneto avevano sparso il terrore tra le popolazioni che si rifugiarono nelle isole e nelle isolette delle vicine lagune, dove si fermarono attendendo alle industrie del mare e del commercio. In seguito, le umili case di questi fuggiaschi, a poco a poco, si trasformarono nella sontuosa città di Venezia.
(G. Zanetti)

Venezia
Venezia sorge a quattro chilometri dalla terraferma nella laguna adriatica e la singolarità del suo aspetto, unita alla ricchezza dei suoi tesori d’arte, ne fanno una delle più caratteristiche città del mondo. Attraversata da più di centocinquanta canali, si serve per le comunicazioni interne di vaporetti che sono i tram delle città di terraferma e di gondole e di motoscafi, che ne rappresentano le automobili ed i taxi. Quattrocento ponti collegano le sponde dei canali e centinaia di piazzette dette campi e campielli, si aprono all’occhio del visitatore per mostrare qualche gioiello d’arte o qualche caratteristica.
La singolare città è divisa in due parti dal Canal Grande, che si snoda tranquillo e maestoso. Questa regale via acquea è fiancheggiata da ricchi palazzi marmorei, costruiti dal XII al XVIII secolo, per la fastosa dimora delle più nobili famiglie veneziane, ed è solcata da vaporetti, gondole, motoscafi e barche di ogni tipo.
Alle vie d’acqua detti rii si accompagnano e si alternano le vie di pietra, le calli, formando una doppia fittissima rete a linee brevi e spezzate. Sull’angusto suolo conteso dalle acque, le case sorgono strette una all’altra, e pure non mancano ariose piazzette e verdi giardini tra le mura.
Il campanile di San Marco rappresenta, in certo modo, un simbolo di Venezia. Quando crollò, nel 1908, venne ricostruito ‘com’era e dov’era’ per unanime decisione dei veneziani.
La città è sorta su di una miriade di isole, nella grande laguna, divise tra di loro da innumerevoli canali: il loro numero si è venuto riducendo con l’andar del tempo perchè molti canali furono interrati naturalmente e artificialmente: oggi ci sono circa 160 isole. Tra le più notevoli vi è l’isola di San Giorgio, già Isola dei Cipressi.
Tra i problemi da risolvere, data la struttura geologica del territorio, vi era la necessità di rassodare il terreno e di ampliare in parte i confini delle piccole isole per costruire anche sul mare: venne risolto mirabilmente con la messa in opera di palafitte (serie di grossi pali conficcati nel terreno sotto il mare ai margini delle isole, generalmente) che servirono come piattaforme, sulle quali vennero elevate le costruzioni in muratura.

Tradizioni
A Venezia, città il cui vescovo assume il nome di Patriarca, sopravvivono alcune delle molte feste religiose che ai tempi dei dogi venivano celebrate con grande sfarzo e con riti pittoreschi. La più nota è la festa del Redentore che cade la terza domenica di luglio. La notte che la precede è tutto un susseguirsi di fuochi d’artificio: si canta, si banchetta, si passeggia in gondola al lume dei lampioncini. La veglia si conclude al Lido dove molti si recano ad assistere alla levata del sole.
La festa del Redentore alla Giudecca, è una tipica festa votiva: ricorda la liberazione della città dalla peste nel 1630.
Un’altra festa veneziana votiva è quella del 21 novembre che si intitola alla Madonna della Salute e che ricorda la fine della pestilenza del 1576.
La festa della Sensa o festa dell’Ascensione è caratterizzata dalla comparsa, sulla torre dell’Orologio in piazza San Marco, dei tre Re Magi i quali avanzano da una porticina a sinistra, si inchinano davanti alla Madonna  e scompaiono da quella di destra. Un tempo la festa era ricca di spunti pittoreschi: vi si teneva una fiera e il doge compiva la cerimonia dello Sposalizio del Mare, gettando in acqua, dall’alto di una grande imbarcazione (bucintoro) un anello.

Nascita di Venezia
Rialto, piccolo ammasso di isolotti, era sto fino ad allora scarsamente abitato, ma l’inviolabile asilo che aveva offerto ai profughi di Eraclea lo designava per la scelta quale sede preferibile e permanente dello Stato.
Prese singolarmente, le isolette di Rialto erano certo meno estese di Torcello, di Burano o di Eraclea, ma il gruppo ne annoverava ben sessanta, separate da stretti canali sui quali sarebbe stato agevole gettare ponti, in modo da rendere disponibile per la capitale una superficie considerevole e di molto superiore ad ogni altra.
La via d’acqua larga e profonda che spartiva in due gruppi l’arcipelago era il corso del fiume Prealto, ramo staccato del Brenta; se ne fece il Canal Grande. Le sue dimensioni avrebbero consentito il passaggio delle maggiori imbarcazioni e sulle sue rive si sarebbero create banchine e depositi, nei luoghi più adatti.
Al limite degli isolotti periferici si sarebbero potuti costruire una cinta muraria e un riparo in pietra, a circondare e proteggere la nuova città.
Come se presentisse quale splendido destino lo attendeva, tutto il popolo di pose all’opera con incrollabile entusiasmo.
Da ogni parte si innalzarono costruzioni, dapprima di legno, poi di mattoni e di pietra.
Per il palazzo del doge si scelse la posizione che sarebbe rimasta immutata per sempre.
Quanto al nome della città gloriosa i Veneti le diedero il proprio, quella che in origine si era chiamata Rialto, civitas Rivoalti, divenne Venetia, ossia Venezia.
Questo avveniva nell’anno 810 dC.
(A. Bailly)

San Marco, patrono di Venezia
L’evangelista Marco ha come simbolo un leone , e coi caratteri del Leone appare Gesù nel vangelo di San Marco, cioè con le qualità del forte, che scaccia i demoni, che guarisce gli ammalati e che vince la morte.
Questo perchè san Marco rivolgeva il suo vangelo ai Romani, che non avrebbero dato nessun valore alle lunghe genealogie ebraiche o alle profezie. I Romani non conoscevano che il diritto e la forza. Perciò, nel vangelo di Marco, il Redentore rappresenta sempre il diritto e la forza a cui nulla può resistere.
Si sa che la sua tomba di marmo, ad Alessandria, era venerata anche durante la dominazione dei Maomettani. Nell’828, due mercanti veneziani vollero togliere le reliquie di san Marco dalla terra dominata dagli infedeli. Si disse che di nascosto i due veneziani togliessero dalla tomba le ossa del santo e le nascondessero in fondo a un paniere, riempito poi di vettovaglie. Altre leggende fiorirono intorno alla venuta di san Marco sul suolo veneziano. Fra queste la più poetica ebbe credito nella città lagunare.
San Marco sarebbe giunto a Venezia non dopo morto, ma ancora vivo, a causa di una grande tempesta che avrebbe spinto la sua nave, da Alessandria d’Egitto verso la laguna veneta. Sulla spiaggia, appena sbarcato, egli sarebbe stato accolto da un angelo, che gli avrebbe detto: “Pace a te, Marco evangelista mio”.
Sono le parole che si leggono ancora sulle pagine del libro, tenuto dagli artigli di un leone alato, che forma lo stemma di Venezia, chiamata perciò la ‘città di San Marco’.

Una nuova basilica custodirà il corpo di san Marco
Un incendio ha distrutto la Cattedrale. Ma subito si pensa a costruirne una più grande e più bella.
L’incarico di progettare e di innalzare la nuova chiesa è stato dato ad architetti bizantini, essendo Venezia assai legata all’Oriente, ed essendo i Veneziani molto sensibili al gusto che viene di là.
Anche la nuova chiesa sarà dedicata a san Marco e ne custodirà le reliquie, come la vecchia chiesa.
San Marco evangelista è infatti, da 150 anni circa, il protettore di Venezia. Precisamente da quando due mercanti veneziani, che a causa dei loro traffici si trovavano ad Alessandria d’Egitto, vennero a sapere dai cristiani di quella città,  dove si trovavano nascoste le reliquie di san Marco. Ottenute quelle reliquie, essi le portarono a Venezia, facendola in barba al controllo degli Arabi. E sapete come?
Al di sopra della cassa contenente il corpo del santo, misero uno strato di carni suine; gli Arabi, ai quali è vietato mangiare carne di maiale, fecero subito passare quella merce, che era bene lasciasse l’Egitto; e con la carne suina passò quel corpo, venerato ora in Venezia.

Cartolina illustrata da Venezia
Una laguna pallida. Un palazzo in riva al mare, con una facciata color di rosa. Una piazza piena di sole con due colonne come un proscenio, e, su una colonna un leone ruggente, con una zampa fiera appoggiata ad un Vangelo. E un gruppo di cupole dorate; un campanile altissimo. Una gondola nera, lunga, sottile, che accarezza mollemente le acque. Un grande silenzio…
(O. Vergani)

Venezia
La prima volta che si vede Venezia si ha l’impressione di trovarsi in una città di retroterra che abbia sofferto un’inondazione. I pali del telegrafo, che corrono bellamente sulla laguna, le isole che ne emergono qua e là, con gli alberi e i caseggiati, come da una pianura allagata, quella barca comune su cui arranca un vigile urbano in tenuta estiva, lungo il Canal Grande, la quale par proprio una barca di salvataggio, tutto concorre a favorire l’inganno. Illusi dalle apparenze ci perdiamo a seguire con gli occhi e con la fantasia, in tutta la sua estensione, il flagello, che ha colpito questa città, seppellendola per metà nelle acque, invadendo tutte le sue vie e viuzze, i suoi negozi e le sue cantine. Ma una gondola che spunta a un tratto, sull’angolo di un palazzo del Canal Grande, ci ricorda che siamo a Venezia. Quello che ammiriamo non è il prodotto di un cataclisma, bensì opera dell’uomo, capolavoro di una razza ingegnosa e paziente, che costruì una città in mezzo all’acqua, per ragioni difensive, beninteso, ma soprattutto, io credo, per essersi innamorata di quest’idea, per fare una cosa inaudita e mai vista: Venezia.
(V. Cardarelli)

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Poesie e filastrocche: san Giovanni – 24 giugno

Poesie e filastrocche: san Giovanni – 24 giugno. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

San Giovanni va nei campi nell’ardor del mezzogiorno
quiete immensa tutt’intorno, sopra il cielo tutto blu
il sorriso suo giocondo, benedice la natura
e ogni specie che matura. (L.Schwarz)

(in costruzione)

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La divisione in sillabe

La divisione in sillabe: per pronunciare la parola pera emettiamo la voce in due riprese: pe -ra. E così per la parola mora e così per la parola oche. Queste riprese si chiamano sillabe, e secondo queste sillabe le parole si dividono a fine riga.

Senza dare regole, passeremo subito all’uso pratico mediante numerosi esercizi.

Il primo e il più divertente è quello ci scomporre una parola in sillabe e scrivere ogni sillaba su un pezzetto di carta.

Consegnati i pezzetti ai bambini, dovranno ricomporre la parola e poi copiarla per iscritto mantenendo la divisione in sillabe.

In un primo tempo saranno parole bisillabe con sillabe semplici, in seguito l’esercizio diverrà più complesso.

All’inizio una parola per volta, in seguito potranno essere distribuiti cartellini delle sillabe di due o più parole. I bambini prima comporranno le parole, poi le copieranno per iscritto.

Ecco alcuni elenchi di parole, raggruppati secondo un criterio di gradualità:

Rosa, mele, pera, mora, pepe, nido, topo, luna, cane, lupo, pila, gufo, mano, fico, neve, naso, sole, oca, luna, sale, rana.

Sapone, casina, cenere, lumaca, micino, Natale, nuvola, asino, pecora, Rosina, goloso, corona, tavolo, povero, Befana, limone.

Tavolino, garofano, focolare, telefono, pomodoro, girasole, poverino, nevicata.

Cuoco, fiore, suora, fuoco, uovo, sedia, ruota, paura, ciuco, piano, baule, cuore, aria, bacio.

Bimbo, bambola, bomba, rombo, tempo, tromba, ambo, bambina, gamba, lampo, pompa, zampe.

Scala, scopa, scatola, scopare, spada, spera, sposa, scolaro, scuola, spino.

Cesto, mosca, festa, lista, lesta, posta, tasto, vista, mosto, busta, mesto, pasta, costo, pista, basta, fusto, misto, pasto, tasca.

Gallo, letto, gatto, matto, rotto, mucca, pazzo, pezzo, pizzo, pozzo, zolla, collo, lotto, pelle, molla, pacco, bocca, molla, sacco, carro, sonno.

Maggio, peggio, paggio, saggio, gabbia, rabbia, sabbia, nebbia, laccio, caccia, coccio, faccia, riccio, addio, faggio, loggia, pioggia, viaggio, roccia.

Arma, orso, elmo, orto, erto, irto, onda, asta, arso, fungo, fango, barca, monte, ponte, salto, fante, porta, vento, mensa, nervi, pulce, cinta, cervo, corvo, certo, corto, carta, corno, forte, forma, forno, morsa, porto, porco, sorte, sarto, santo, servo, senso, tanto, tinto, testa, tonto, torto, torso, vasto, veste, vista, vinto.

Prato, prete, lepre, treno, drago, croce, madre, padre, trave, metro, trina, crema, capra, pruno, bravo, libro, prova, credo, crudo, freno, grano, prima, trono, cruna.

Strada, nastro, strame, destra, sprone, aspro, vespro.

China, chilo, oche, chiesa, chiuso, chiodo, chiaro, chiave, chioma, poche, fuochi, cuochi.

Rughe, seghe, maghi, ghiro, paghe, pieghe, aghi, draghi, laghi,  spaghi, daghe.

Gmono, Agnese, pigna, bagno, legno, segno, cigno, pegno, lagno, regno, ragno, vigna, lagno.

Maglia, giglio, teglia, foglia, paglia, moglie, veglia, ciglio, figlio, teglia, voglia, vaglia.

Pesce, fascio, uscio, fascia, sciare, biscia, coscia, liscio, moscio.

Mucchio, vecchio, sacchi, secchi, occhio, macchia, picchio, cocchio, secchio.

Qui puoi trovare le regole per la corretta divisione in sillabe, e delle schede pronte per il download:

http://www.lapappadolce.net/schede-per-la-divisione-in-sillabe/

Uso del verbo essere e del verbo avere; c’è c’era, ci sono e c’erano

Uso del verbo essere e del verbo avere; c’è c’era, ci sono e c’erano; cos’hai, cos’ha, cos’hanno. Primi esercizi ed idee di insegnamento per la prima classe della scuola primaria, secondo il metodo globale.

Uso del verbo essere

Per l’uso del verbo essere possiamo servirci delle solite domande: “Com’è?”, “Come sono?”, ad esempio la stella: la stella … luminosa; le stelle… luminose.

Spunti per realizzare le schede d’esercizio

Com’è?

La farfalla…
Il coniglio…
Il fiore…

Come sono?
Le farfalle…
I conigli…
I fiori…

Lo stesso per i nomi: albero, foglia, asino, uccello, ape, cavallo, lucertola, zanzara, lampada, topo, gatto, bue, mano, studente, leone, frutto, lampo, ecc…

Sulla scheda potrà esserci il nome al singolare, e i bambini dovranno completare prima la frase e poi volgerla al plurale.

 

C’è, c’era, ci sono, c’erano

Per apprendere la grafia della voce c’è potremo far copiare e imparare a memoria una di queste poesie o tutte e due:

Ninna nanna
Ninna nanna, ninna nanna:
non c’è latte senza panna,
non c’è gatta senza micini,
non c’è casa senza bambini,
non c’è canneto se non c’è canna:
fa la nanna, fa la nanna. (M. Giusti)

C’è
Per la barca c’è la sponda,
per la rondine la gronda;
c’è l’ovile per l’agnello,
e c’è il nido per l’uccello;
per la mucca, la cavalla
ed il bove c’è la stalla,
per il mio caro bambino
c’è il suo morbido lettino. (Pizzigoni)

Quando i bambini avranno acquisito con sicurezza la grafia ed il significato della voce c’è, potremo passare ad esercitazioni sistematiche per questa e le altre voci del verbo essere.

Mettiamo alcuni oggetti in una scatola e invitiamo i bambini, a turno, a pescarne uno. Tutti dovranno poi scrivere la frase: Nella scatola c’è… mettendo il nome dell’oggetto pescato dal compagno: c’è un bottone, c’è una figurina, ecc…

Il giorno dopo, i bambini dovranno ricordare quello che c’era nella scatola e scrivere, di conseguenza: Nella scatola c’era un bottone, c’era una figurina, ecc… per autodettatura, o come esercizio individuale.

Quando si vorrà passare alla forma plurale metteremo nella scatola parecchi oggetti per tipo, ad esempio quattro bottoni, tre fiori, cinque figurine, ecc…  Un bambino a turno pescherà tutti gli oggetti della stessa specie, e gli altri scriveranno: Nella scatola ci sono quattro fiori, ci sono cinque figurine, ecc…

Esempi per realizzare le schede per il lavoro individuale:

C’è
Sull’albero _________ il frutto
nel mare _________ il pesce
nell’alveare _________ l’ape
nel cespuglio ________ la rosa
nel formicaio ________ la formica
nella gabbia ________ l’uccellino
nel cielo _________ il sole.

nella casa _________
nel nido _________
nel mare _________
nel prato ________
nell’ovile ________
nel pollaio  ________
nella scuola _________

Non c’è
Nel cielo sereno _________ la nuvola
nel mare calmo _________ l’onda
nella gabbia vuota _________ l’uccellino
nell’albero secco ________ il frutto
nel nido vuoto ________ la rondine
sul ramo spoglio ________ il fiore
nella matita rotta _________ la punta.

nel piatto vuoto _________
nel torrente asciutto_________
nella casa chiusa _________
nel cielo coperto ________
nel covo vuoto ________
nel sull’albero secco________
nella tana abbondonata _________
nel prato coperto di neve _________

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Uso del verbo

Uso del verbo: materiale didattico vario ed idee per l’insegnamento in prima classe secondo il metodo globale.

Come abbiamo avviato i bambini all’uso dell’aggettivo qualificativo con la domanda: “Com’è?”, così li avvieremo all’uso del verbo con la domanda: “Che cosa fa?”, come abbiamo sempre fatto nei nostri esercizi sulle schede.

La frase sarà completata soltanto dalla voce verbale, ad esempio scrivendo “il sarto cuce” e non “il sarto cuce i vestiti”, per aiutare il bambino a concentrare la sua attenzione sul verbo.

 

Indichiamo qui alcuni esempi utili per la preparazione delle schede per il lavoro individuale; usate poche voci per volta scegliendo quelle più adatte ai vostri bambini:

Che cosa fa?
Il sarto
Lo spazzino
Il medico
Il contadino

Che cosa fa?
Il cacciatore
Il maestro
Il lettore
Lo scrittore
Il suonatore

Che cosa fa?
Il muratore
Lo scolaro
L’operaio
Il disegnatore
Il corridore
Il pulcino

Che cosa fa?
Il serpente
Il pesce
La rana
La formica
Il fiore
Il sole

Che cosa fa?
La luna
La stella
L’albero
La pioggia
Il vento
Il mare

Che cosa fa?
La neve
La pianta
La brina
Il tuono
Il fuoco
La legna

Ricerca più azioni per un solo soggetto
La mamma (lavora, accarezza, lava, stira, cucina, rimprovera…)
Il sarto(taglia, cuce, misura, imbastisce, prova,…)
Il contadino (ara, miete, semina, raccoglie, zappa, vanga, trabbia,…)
Il falegname (sega, pialla, incolla, inchioda, avvita, misura, …)
Il bambino (studia, gioca, impara, scrive, legge, disegna, corre, salta, ride, canta, …)

Ricerca più azioni per un solo soggetto
Il cavallo (corre, trotta, galoppa, scalpita, si impenna, nitrisce,…)
La farfalla (vola, svolazza, succhia, si posa,…)
L’uccello (vola, canta, cinguetta, becca, gorgheggia,…)
Il bue (rumina, muggisce, ara, lavora, …)
Il cane (abbaia, morde, ulula, guaisce, uggiola, latra, ringhia,…)
Il topo (rosicchia, scappa, si nasconde, fugge, squittisce,…)

Ricerca più azioni per un solo soggetto
Il sole (illumina, riscalda, splende, arde, scotta, sorge, tramonta,…)
La mano (tocca, prende, afferra, accarezza, scrive, picchia, disegna, colora, dipinge, modella,…)
Il fuoco (arde, fiammeggia, riscalda, illumina, scotta, si spegne,…)
L’albero (stormisce, fruscia, si spoglia, germoglia, fiorisce,…)
Il vento (tira, soffia, ulula, urla, mugola, sbatacchia, fischia,…)
L’acqua (scorre, sprizza, gorgoglia, spruzza, sussurra, inonda, disseta, lava, bagna,…)

Completa con un verbo adatto
Il contadino___________________il grano.
Lo spazzino__________________le strade.
Il falegname__________________il legno.
Il medico______________________i malati.
La mamma_______________il suo bambino.
Il bambino_______________il suo compito.

Trovi schede già pronte per la stampa qui: http://www.lapappadolce.net/2011/05/23/schede-autocorrettive-italiano-i-verbi-seconda-classe/

Altri spunti:

Completa con un verbo adatto
Lo studente___________________il compito.
La farfalla__________________sui fiori.
Il musicista______________________il suo strumento.
La maestra_______________ai bambini.
Il gatto_______________i topi.

continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):

Uso dell’aggettivo qualificativo

Uso dell’aggettivo qualificativo – spunti per l’insegnamento, materiale didattico, esercizi per bambini della prima classe della scuola primaria, secondo il metodo globale.

Alla domanda: “Com’è?” che segue un nome,  i bambini rispondono con un aggettivo qualificativo.

Diamo qui una serie di esercizi che serviranno a rendere più preciso e consapevole l’uso dell’aggettivo.

Questi esercizi saranno più efficaci, come sempre, se tradotti in schede e l’insegnante li saprà adattare alla capacità e possibilità di ciascuno e saranno in relazione a una ricerca fatta, a un argomento trattato.

I bambini, quando compileranno la scheda individuale, troveranno un solo aggettivo per un dato nome, o più aggettivi. Quando seguirà la compilazione della scheda di classe, ognuno potrà dare il suo apporto secondo la scheda da lui compilata.

Trovi un po’ di schede pronte qui: http://www.lapappadolce.net/schede-autocorrettive-italiano-laggettivo-seconda-classe/

Il gioco dei cartellini

Scrivere su alcuni cartellini alcuni nomi, e in altri cartellini alcuni aggettivi che possono riferirsi a questi nomi.  I bambini dovranno prima dividere i cartellini dei nomi da quelli degli aggettivi, e poi adattare il cartellino del nome a quello dell’aggettivo che, a questo nome, si può riferire.

Autodettatura di aggettivi

Mostriamo un’illustrazione che rappresenta, per esempio, un fiore. Una domanda: “Com’è?”.

I bambini, in silenzio, dovranno scrivere l’aggettivo adatto.

Naturalmente, non tutti scriveranno lo stesso aggettivo, ed allora, appena finito di scrivere la parola, ognuno legge ciò che ha scritto; o meglio, un bambino legge ciò che ha scritto e soltanto i bambini che hanno trovato un aggettivo diverso leggeranno a loro volta.

Gli altri, così, potranno aggiungere a quello che hanno scritto l’aggettivo trovato dal compagno.

Questo esercizio è di stimolo a non scrivere sempre le stesse parole. I bambini più fantasiosi sapranno trovare molti aggettivi, così l’esercizio sarà arricchito da questa collaborazione tra bambini.

Invece di mostrare l’illustrazione, l’insegnante può anche semplicemente pronunciare un nome.

Uso del nome: alterati e derivati

Uso del nome: alterati e derivati – Presentare ai bambini i nomi alterati non comporta grosse difficoltà. Parlando ad esempio della casa, facciamo vedere ai bambini l’illustrazione di una casettina minuscola, accanto a quella di una casa normale. Viene spontaneo, al bambino, dire della prima che è una casetta. Quando si chiamerà invece casona? E casaccia?

Un cane grosso si chiamerà? Un cane piccolo? Un cane brutto?

Quando faremo le schede relative ai soggetti trattati nelle nostre conversazioni, non dimentichiamo di far compilare la scheda degli alterati. La scheda sarà ancora più efficace, se illustrata dai bambini stessi.

Il concetto di nome derivato è invece più difficile, e verrà trattato più estesamente in seconda classe. Ma già in prima possiamo far trovare ai bambini la famiglia di parole.

Da orologio viene orologiaio, orologeria. Da campana, campanaro e campanile. Da libro libreria e libraio, ecc…

E’ importante far notare che, mentre i nomi alterati vogliono rappresentare sempre quel soggetto, sia pure più grande, più piccolo, più brutto, ecc…, il nome derivato rappresenta una cosa del tutto diversa da quella rappresentata dal nome primitivo.

Uso dell’articolo

Uso dell’articolo – spunti di insegnamento, materiale didattico ed esempi di esercizi sull’uso dell’articolo per bambini della prima classe della scuola primaria, secondo il metodo globale.

Articolo determinativo

I bambini si saranno presi sicuramente delle anticipazioni per quel che riguarda l’articolo, ma noi vi torneremo su ad ogni occasione propizia.

Una storiella: “il nome è un gran signore, un re, che ha sempre bisogno di servitori. Ecco qua il primo: il.”

Scriveremo questo articolo in un cartoncino grande, e lo affideremo ad un bambino che lo terrà in mano in modo ben visibile. Un altro bambino avrà intanto composto un nome coi caratteri mobili grandi. Ed ecco che il servitore si andrà a collocare davanti al suo signore.

Vogliamo scrivere alcuni nomi col loro servitore? Scriviamone alcuni alla lavagna, e i bambini saranno chiamati ad anteporvi l’articolo. In un primo tempo ci limiteremo all’articolo il. In seguito, con lo stesso sistema, chiariremo l’uso dell’articolo la e successivamente del lo. Poi verrà l’articolo plurale.

Lasceremo passare un po’ di tempo prima di parlare dell’articolo apostrofato e di quello indeterminativo, per non creare confusione.

Articolo indeterminativo

Scriviamo su dei cartoncini, con caratteri grandi, gli articoli un, uno, una. Invitiamo un bambino a comporre coi i caratteri mobili un nome.

Ed ecco un nuovo servitore per questo re. Un bambino terrà tra le mani il cartoncino con l’articolo un, altri due avranno uno e una.

Dato il nome scritto, quale servitore occorrerà per accompagnarlo? Procederemo naturalmente con gradualità: un fiore, un soldato, un asino, un bambino, uno zero, una mamma, una mela,…

Quando i bambini saranno abbastanza sicuri sull’uso dell’articolo indeterminativo, procederemo con le schede:

L’articolo apostrofato

Non ci mancherà occasione di far notare ai bambini che spesso si incontra, davanti alle parole che cominciano per vocale, l’articolo con l’apostrofo. E, in questa occasione, potremo fare numerosi esempi.

Scriviamo sulla lavagna alcuni nomi: arancia, agnello, occhio, ecc… Invitiamo i bambini a scrivere l’articolo davanti a questi nomi. Sarà facile mostrare che non si dice e non si scrive la arancia, lo agnello o lo occhio, ma che si dice e si scrive l’arancia, l’agnello, l’occhio. Abbiamo tolto la vocale all’articolo, e al suo posto abbiamo messo l’apostrofo.

In seguito parleremo anche di apostrofare l’articolo indeterminativo una davanti ai nomi femminili che cominciano per vocale.

Poesie e filastrocche GIUGNO

Poesie e filastrocche GIUGNO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

 Giugno

Sul bosco già placida cala
la sera,
ma un’invisibil cicala
persiste a sgranare tenace,
nella dolcissima pace,
la sua tiritera.
E, mentre l’ombra s’estende
e qualche stella compare,
s’ostina a voler prolungare
quel ritornello di roche
parole
che mettono ancora nella notte
un poco di sole. (L. Spina)

 

Canzone di giugno

Stormiscono le fronde
nell’aria greve e il sole
ride alle prataiole
ed alle biche bionde,
e rende tutto l’oro
il campo donde arriva
la canzone giuliva
dell’agreste lavoro.
Ecco, è piena la spiga
e la falce è nel pugno;
il buon sole di giugno
rallegra la fatica.
E la canzone sale
dal campo del lavoro
e s’accompagna a un coro
stridulo di cicale;
e sale il canto anelo
da bocche più lontane
lodando in terra il pane
ed il buon padre in cielo. (M. Moretti)

 

Giugno

Vieni giugno tutto d’oro! Che cos’hai nel tuo tesoro?
Pesche, fragole, susine, spighe spighe senza fine
prati verdi, biondi fieni, lampi tuoni arcobaleni
giorni lunghi, notti belle, con le lucciole e le stelle.

 

La canzoncina del mulino

Quando, a giugno, biondeggiare
per i bei campi fiorenti
vedo il gran che lieto ai venti
freme e ondeggia come un mare,
nella mia felicità
dico in cuor: “Se non mi inganno,
grazie al cielo, anche quest’anno
il lavor non mancherà”.
Un timor solo mi punge:
il timor della tempesta.
Ma che gioia, ma che festa
quando il gran vedo che giunge!
Me lo portan di lontano,
dicon tutti: “Buon mulino,
trita, trita, il nostro grano!”
Ed io macino contento,
e la ruota gira e canta:
dalle pale l’acqua infranta
spuma e brilla come argento. (U. Ghiron)

 

La canzone delle ciliegie

Il buon giugno ha maturato,
coi suoi raggi d’oro puro,
tutte rosse le ciliegie
tra il fogliame verde scuro.
Ora occhieggiano invitanti
ragazzini e ragazzine.
Rosse, nere, morettine,
ciliegione e ciliegine.
Con un paio di bei frutti
io vi faccio gli orecchini,
scintillanti, rossi e belli,
come fossero rubini.
Bimbi belli, bimbe care,
dai capelli bruni e biondi:
tutti ornati di ciliegie
siete ancora più giocondi.
Rosse, nere, morettine,
ciliegione, ciliegine. (R. Paccarie)

 

Sole di giugno

Giugno! Un bel sole rotondo
promessa del pane d’oro
splende sul nostro lavoro,
la festa alla gente del mondo.
Colma la casa di tutti,
carità buona e fiorita,
porta sapore ai frutti,
l’ombra di là dalla vita.
Porta letizia ai bambini,
provvidenza alle bicocche,
calabroni ai biancospini,
canti alle cune e alle rocce.
Porta miele agli alveari
incendia l’aureola dei santi,
beve nei fiumi e nei mari
con avide lingue fiammanti.
E muore ogni sera tra i monti,
felice del bene compiuto.
La terra gli scaglia un saluto
dall’arco degli orizzonti. (R. Pezzani)

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Schede autocorrettive Italiano VERBI – Seconda classe

Schede autocorrettive Italiano VERBI – Seconda classe (istruzioni: ogni foglio contiene due schede. Ritagliare lungo la metà orizzontale, quindi piegare ognuno dei due foglietti ricavati lungo la metà verticale. In questo modo otterrete delle schede fronte-retro. Il bambino può svolgere l’esercizio sulla scheda, quindi aprirla per correggersi).

Schede autocorrettive Italiano VERBI – Seconda classe – Gli esercizi sono quelli comunemente utilizzati in seconda classe, come vedete. Ho sempre però difficoltà a trovare materiali che offrano ai bambini anche la possibilità dell’autocontrollo e dell’autocorrezione (per gli esercizi per i quali si può fare, naturalmente…).

Schede autocorrettive Italiano VERBI – Seconda classe
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Schede autocorrettive Italiano AGGETTIVO – Seconda classe

Schede autocorrettive Italiano AGGETTIVO – Seconda classe – (istruzioni: ogni foglio contiene due schede. Ritagliare lungo la metà orizzontale, quindi piegare ognuno dei due foglietti ricavati lungo la metà verticale. In questo modo otterrete delle schede fronte-retro.

Il bambino può svolgere l’esercizio sulla scheda, quindi aprirla per correggersi).

Schede autocorrettive Italiano AGGETTIVO

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Schede autocorrettive Italiano AGGETTIVO

Seconda classe- pdf: schede autocorrettive sugli aggettivi

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Gli esercizi sono quelli comunemente utilizzati in seconda classe, come vedete.

Ho sempre però difficoltà a trovare materiali che offrano ai bambini anche la possibilità dell’autocontrollo e dell’autocorrezione (per gli esercizi per i quali si può fare, naturalmente…).

Questi sono gli esercizi contenuti nelle schede autocorrettive.

Trova un aggettivo qualificativo per ogni nome dato:
la mamma …
il nonno …
il papà …
il bambino …
il ciclista …
il sarto …
la maestra …
il pagliaccio …

Trova un aggettivo qualificativo per ogni nome dato:
l’operaio …
il direttore …
il cane …
la pecora …
il cavallo …
l’asino …
il maiale …
la farfalla …

Trova un aggettivo qualificativo per ogni nome dato:
il coniglio …
l’aquila …
il leone …
il bambino …
la mosca …
il pulcino …
il bue …
la gallina …

Trova un aggettivo qualificativo per ogni nome dato:
l’ape …
il gallo …
l’agnello …
la neve …
lo zucchero …
l’aria …
il sole …
la pioggia …

Trova un aggettivo qualificativo per ogni nome dato:
la foglia …
il vento …
il fuoco …
il fiore …
la palla  …
la nuvola …
la casa …
la luna …

Congiungi con una freccia ogni nome all’aggettivo adatto:
cane                       traditore
gatto                      argenteo
coniglio                   placido
bue                         fedele
leone                      pauroso
pesce                      noiosa
mosca                     feroce

Congiungi con una freccia ogni nome all’aggettivo adatto:
fiore                       taglienti
oro                         fronzuto
cielo                       candida
albero                     splendente
neve                       soffice
nuvola                    profumato
forbici                     sereno

Congiungi con una freccia ogni nome all’aggettivo adatto:
mamma                        diligente
scolaro                          abile
ciclista                          allegro
bambino                       veloce
sarta                             brava
operaio                         affettuosa

Dato un aggettivo, trovare un nome di animale a cui si può riferire:
domestico
traditore
fedele
vispo
placido
pauroso
guizzante
feroce

Dato un aggettivo, trovare un nome di persona a cui si può riferire:
affettuosa
studioso
laborioso
indulgente
infelice
svelto
veloce
diligente

Dato un aggettivo, trovare un nome di cosa a cui si può riferire:
candida
chiara
morbido
freddo
fragile
ruvido
soffice
ardente

Dato un nome di cosa, trova più aggettivi:
neve
pioggia
cielo
sole

Dato un nome di cosa, trova più aggettivi:
casa
albero
fiore
aria
letto

Dato un nome di animale, trova più aggettivi:
bue
gatto
coniglio
maiale
pecora

Dato un nome di animale, trova più aggettivi:
uccello
cavallo
mosca
lupo

Dato un nome di persona, trova più aggettivi:
mamma
ciclista
autista
nonno
bambino

Dato un aggettivo, trovare più nomi di cosa a cui si può riferire:
soffice
ardente
giallo
freddo
caldo
trasparente
fragile

Dato un aggettivo, trovare più nomi di animale a cui si può riferire:
domestico
erbivoro
feroce
quadrupede
bipede
docile
selvatico
veloce

Dato un aggettivo, trovare più nomi di persona a cui si può riferire:
laborioso
veloce
amorevole
paziente
robusto

Paragoni:
nero come …
soffice come …
candido come …
morbido come …
duro come …
saporito come …
salato come …
profumato come …
dolce come …

Paragoni:
amaro come …
pesante come …
leggero come …
lucente come …
caldo come …
docile come …
veloce come …
traditore come …
laborioso come …
verde come …
placido come …
mite come …
lento come …
vispo come …
ruminante come …
svelto come ….
pauroso come …
erbivoro come …

Paragoni:
feroce come …
peloso come …
liscio come …
ruvido come …
trasparente come …
profumato come …
rotondo come …
dormiglione come …
quadrato come …

Il contrario di:
lento è …
veloce è …
triste è …
buono è …
caldo è …
liscio è …
freddo è …
bagnato è …
leggero è …

Uso del superlativo
Un cane molto fedele è
Un bambino molto svelto è
Un albero molto alto è
Un prato molto verde è
Una stoffa molto bianca è
Un uomo molto ricco è

Uso del superlativo
Un fiore molto profumato è
Un corridore molto robusto è
Un cavallo molto veloce è
Un treno molto rapido è
Un fungo molto velenoso è
Un metallo molto prezioso è

Uso del comparativo di maggioranza e di minoranza:
Il cavallo è più _________________ dell’asino.
La formica è più________________ della cicala.
Il piombo è più_________________ della paglia.
L’oro è più_________________ del ferro.
L’estate è più__________________ della primavera

Uso del comparativo di maggioranza e di minoranza:
Il cavallo è ________ veloce dell’asino.
La formica è __________laboriosa della cicala.
Il piombo è ____________pesante della paglia.
La lanterna è _______splendente della luna.
La luna è_____________luminosa del sole.

Comparativo di uguaglianza
La lumaca è lenta quanto …
La pesca è buona quanto …
La piuma è soffice quanto …
La nonna è indulgente quanto …
Il bue è utile quanto …

Schede autocorrettive Italiano ARTICOLO – Seconda classe

Schede autocorrettive Italiano ARTICOLO – Seconda classe (istruzioni: ogni foglio contiene due schede. Ritagliare lungo la metà orizzontale, quindi piegare ognuno dei due foglietti ricavati lungo la metà verticale. In questo modo otterrete delle schede fronte-retro. Il bambino può svolgere l’esercizio sulla scheda, quindi aprirla per correggersi).

Gli esercizi sono quelli comunemente utilizzati in seconda classe, come vedete. Ho sempre però difficoltà a trovare materiali che offrano ai bambini anche la possibilità dell’autocontrollo e dell’autocorrezione (per gli esercizi per i quali si può fare, naturalmente…).

Schede autocorrettive Italiano ARTICOLO – Seconda classe

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Schede autocorrettive Italiano ARTICOLO – Seconda classe
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Schede autocorrettive Italiano ARTICOLO – Seconda classe

Questi sono gli esercizi contenuti nelle schede autocorrettive.

Anteporre l’articolo determinativo:
… fiore
… cane
… gatto
… lupo
… falegname
… farfalla
… cartella
… bambola
… mosca

Anteporre l’articolo determinativo:
… vespa
… gatti
… lupi
… conigli
… bambini
… bambole
… bambine
… mamme
… vespe

Anteporre l’articolo determinativo:
… scolaro
… specchio
… zoccolo
… spillo
… scolari
… specchi
… spilli
… bambola
… mosca

Anteponi ai seguenti nomi l’articolo determinativo:
mamma, papà, fratello, nonna, bambino, sarta, falegname, spazzino, modista, autista, domestica, frate, sorella, marinaio, operaio, pittrice, professore, medico, signora

Anteponi ai seguenti nomi l’articolo determinativo:
Leone, gatto, volpe, uccello, cane, cagna, passero, mucca, gallina, pecora, agnello, caprone, rondine, topo, talpa, cucciolo, formica, ape, vespa, lupo, gufo, farfalla, mosca, moscone, merluzzo, alice, sogliola.

Anteponi ai seguenti nomi l’articolo determinativo:
Tavolino, cattedra, sedia, casa, armadio, sole, luna, stella, rosa, garofano, pietra, roccia, montagna, fiume, acqua, aria, vento, conchiglia, bottiglia, bottiglione, bicchiere, forchetta, cucchiaio, vino, insalata, bottega, tovaglia.

Anteponi l’articolo determinativo ai seguenti nomi:
mamma, sorelle, operaie, babbi, muratori, falegname, scolaro, alunno, bambine, spazzini, operai, maestro, medico, farmacista, madre, scrittore, cameriere, padre.

Anteponi l’articolo determinativo ai seguenti nomi:
mosche, ape, cavallo, pecore, agnello, asini, coniglio, maiali, lupi, volpe, cane, cervi, uccello, rondine, passeri, sogliole, triglia, balena, farfalle, vespe, vespa, mosca, elefante, orso, orsacchiotti, leone, bue, leoni, buoi.

Anteponi l’articolo determinativo ai seguenti nomi:
banchi, cattedra, tavolini, case, libro, nave, matite, fiore, viola, crisantemi, prigioni, nave, lampada, armadi, cancelli, cappello, occhio, orecchie, arance.

Completa con l’articolo determinativo:
… anatra
… aquila
… ancora
… arancia
… angelo
… agnello
… uomo
…occhio

Completa con l’articolo determinativo:
… infelici
… ignoranti
… insetti
… infermi
… anima
… anguilla
… elefanti
… unghia
… orco

Completa con l’articolo indeterminativo:
… oca
… aquila
… anatra
… arancia
… ancora
… anima
… aragosta
… ombra

Completa con l’articolo indeterminativo:
… arcata
… antichità
… ortolano
…. angelo
… anima
… agnello
… elefante
… uomo
… arancia

Schede autocorrettive Italiano NOME – Seconda classe

Schede autocorrettive Italiano Nome – Seconda classe (istruzioni: ogni foglio contiene due schede. Ritagliare lungo la metà orizzontale, quindi piegare ognuno dei due foglietti ricavati lungo la metà verticale. In questo modo otterrete delle schede fronte-retro. Il bambino può svolgere l’esercizio sulla scheda, quindi aprirla per correggersi).

Schede autocorrettive Italiano Nome – Seconda classe

Gli esercizi sono quelli comunemente utilizzati in seconda classe, come vedete. Ho sempre però difficoltà a trovare materiali che offrano ai bambini anche la possibilità dell’autocontrollo e dell’autocorrezione (per gli esercizi per i quali si può fare, naturalmente…).

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Schede autocorrettive Italiano Nome – Seconda classe
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Schede autocorrettive Italiano Nome – Seconda classe

Questi sono gli esercizi contenuti nelle schede autocorrettive.

Trascrivi i nomi comuni di cosa, persona, animale:
farmacista fagioli albero amico colore gatto quaderno lavagna lepre maestra indice aula libro maiale cesto contadino cane.

Sottolinea i nomi di cosa:
quadro, cavallo, pittore, vaso, albero, fabbro, forbici, aria.

Sottolinea i nomi di persona:
mamma, passero, fratello, micio, macchina, scolaro, sarto

Scrivi alcuni nomi di animali erbivori

Scrivi alcuni nomi di animali carnivori:

Scrivi alcuni nomi di animali bipedi:

Scrivi alcuni nomi di animali quadrupedi:

Scrivi alcuni nomi di animali che ronzano:

Scrivi alcuni nomi di animali che volano

Scrivi alcuni nomi di animali che vivono nell’acqua:

Scrivi i nomi degli oggetti contenuti nella cartella:

Scrivi i nomi degli arredi dell’aula:

Se dico: “Venga qua un bambino!” nessuno si muove (oppure si muovono tutti!). Ma se chiamo: “Sebastiano, vieni qui!”, Sebastiano si muove subito dal tavolo. Bambino è un nome comune a tutti, mentre Sebastiano è proprio il nome di quel bambino.

Io mi chiamo
La mamma si chiama
Il papà si chiama
I miei nonni si chiamano

Se avessi un gattino lo chiamerei
Se avessi un cane lo chiamerei
Se avessi un cavallo lo chiamerei
Io abito in via
La mia città si chiama

Ricopia questi nomi facendo due colonnine: una per i maschili e una per i femminili.
mamma, papà, fratello, nonna, bambino, sarta, falegname, spazzino, modista, autista, domestica, frate, sorella, marinaio, operaio, pittrice, professore, medico, signora

Ricopia questi nomi facendo due colonnine: una per i maschili e una per i femminili.
Leone, gatto, volpe, uccello, cane, cagna, passero, mucca, gallina, pecora, agnello, caprone, rondine, topo, talpa, cucciolo, formica, ape, vespa, lupo, gufo, farfalla, mosca, moscone, merluzzo, alice, sogliola.

Ricopia questi nomi facendo due colonnine: una per i maschili e una per i femminili.

Tavolino, cattedra, sedia, casa, armadio, sole, luna, stella, rosa, garofano, pietra, roccia, montagna, fiume, acqua, aria, vento, conchiglia, bottiglia, bottiglione, bicchiere, forchetta, cucchiaio, vino, insalata, bottega, tovaglia.

Fare due colonnine una per il maschile e una per il femminile, dei seguenti nomi propri:
Angelo, Mario, Maria, Alberto, Carlo, Paolo, Andrea, Giovanna, Cristina, Giulio, Alma, Lorenzo, Adele, Gaia, Sebastiano, Massimiliano, Pietro, Oscar, Ilaria.

Completa come vuoi:
la faccia e …
la goccia e …
la treccia e …
la guancia e …
la farmacia e …
la camicia e …
la bugia e …
l’acacia e …
l’uomo e …

Completa come vuoi:
il lago e …
il mago e …
lo spago e …
il lupo e …
il fungo e …
la pioggia e …
la valigia e …
la bilancia e …
la ciliegia e …

Completa come vuoi:
il cieco e …
il fico e …
il medico e …
l’amico e …
il manico e …
la sega e …
la vanga e …
la tartaruga e …
la maga e …

Dal maschile al femminile:
il gatto e la …
il maestro e la …
il bambino e la …
il coniglio e la …
Il ragazzo e la …
Il nipote e la …
Il cantante e la …
Il dottore e la …
Il poeta e la …

Dal maschile al femminile:
il professore e la …
lo scolaro e la …
il canarino e la …
il pastorello e la …
Il cavallo e la …
Lo zio e la …
Il parente e la …
Il ciclista e la …
Il conte e la …

Dal maschile al femminile:
lo studente e la …
il principe e la …
il padrone e la …
il cameriere e la …
Il pittore e la …
Il danzatore e la …
Il viaggiatore e la …
Il fratello e la …
Il marito e la …

Dal maschile al femminile:
il re e la …
il papà e la …
il signore e la …
il saltatore e la …
Il nuotatore e la …
Il suonatore e la …
Il gallo e la …
Il bue e la …
L’uomo e la …

Completa le seguenti frasi con un nome femminile:
…stira la biancheria.
… lava i panni.
… insegna ai bambini.
… assiste i malati.
… fabbrica il miele e la cera

Completa le seguenti frasi con un nome femminile:
…fa l’uovo.
…bruca l’erbetta.
…cuce gli abiti.
…ci dà il latte.
…taglia i capelli.

Completa le seguenti frasi con un nome maschile:
…pulisce le strade.
…lavora il legno.
…cura i malati.
…cura gli animali malati.
…insegna ai bambini.

Completa le seguenti frasi con un nome maschile:
…combatte la guerra.
…guarda le pecore.
…vende le medicine.
…serve a tavola.
…coltiva la terra.

Completa le seguenti frasi con un nome maschile:
…ara il terreno.
…tira il carro.
…ronza sui fiori.
…canta al mattino.
…cuoce il pane.

Completa le seguenti frasi con un nome femminile:
… ronza
… vola
… cigola
… soffia
… riscalda
… nitrisce
… becca
… miagola

Completa le seguenti frasi con un nome femminile:
… ruzzola
… illumina
… scroscia
… punge
… canta
… abbaia
… sfavilla
… bagna

Completa le seguenti frasi con un nome maschile:
… punge
… rode
… pigola
… canta
… miagola
… cinguetta
… becca
… vola

Completa le seguenti frasi con un nome femminile:
… bagna
… ruzzola
… splende
… rischiara
… illumina
… riscalda
… scorre
… scotta

Ricopia i seguenti nomi dividendo i singolari dai plurali:
mamma, sorelle, operaie, babbi, muratori, falegname, scolaro, alunno, bambine, spazzini, operai, maestro, medico, farmacista, madre, scrittore, cameriere, padre.

Ricopia i seguenti nomi dividendo i singolari dai plurali:
mosche, ape, cavallo, pecore, agnello, asini, coniglio, maiali, lupi, volpe, cane, cervi, uccello, rondine, passeri, sogliole, triglia, balena, farfalle, vespe, vespa, mosca, elefante, orso, orsacchiotti, leone, bue, leoni, buoi.

Ricopia i seguenti nomi dividendo i singolari dai plurali:
banchi, cattedra, tavolini, case, libro, nave, matite, fiore, viola, crisantemi, prigioni, nave, lampada, armadi, cancelli, cappello, occhio, orecchie, arance.

Completa come vuoi:
la bambina e le …
la mamma e le …
la bottiglia e le …
la margherita e le …
la mela e le …
la foglia e le …
la ruota e le …
la ragnatela e le …
la pera e le …

Completa come vuoi:
il papà e i …
il gatto e …
il fazzoletto e ….
il cancello e …
il pozzo e …
il maestro e …
il ramo e …
il pastorello e …
il cappello e …

Completa come vuoi:
la formica e …
la cuoca e …
la panca e …
la bocca e …
la mucca e …
la brocca e …
la zucca e …
il cuoco e …
il fuoco e …

Completa come vuoi:
il cane e …
il nipote e …
il mare e …
il cantante e …
la nave e …
la lumaca e le …
la barca e …
l’amica e …
l’oca e …

Poesie e filastrocche: il cane

Poesie e filastrocche: il cane. Una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il cane
Noi mentre il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l’affanno,
e perchè vada, e perchè lento vada.
Tal, quando passa il grave carro avanti
del casolare, che il rozzon normanno
stampa il suolo con zoccoli sonanti,
sbuca il can dalla fratta, come il vento;
lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dilungato lento lento.
Il cane torna sternutando all’aia. (G. Pascoli)

Ah, cane briccone!
Quel grosso cappone
è un grasso boccone
ma è frutto di un furto!
Ah, cane birbone,
ingordo furfante,
leccardo brigante!
Tu scappi e io sbuffo
però se ti acciuffo
ti do una lezione
di santa ragione!

Cane fedele
Neve, freddo intenso.
Immobile, intirizzito,
un cane sta di guardia
davanti alla porta
di una misera casa.
Dice con gli occhi buoni:
“Vigilo la miseria,
sono fedele ed amo il padrone
anche se è molto povero.
(G. Serafini)

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche ASINO MULO CAVALLO

Poesie e filastrocche ASINO MULO CAVALLO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola materna e primaria.

Il muletto
Lontano lontano lontano
si sente suonare un campano
è un muletto per un sentiero
che si arrampica su su su!
Che tra i faggi piccolo e nero
si vede e non si vede più.
Ma il suo campanaccio si sente
sonare continuamente. (G. Pascoli)

 

L’asino
Asinello trotta trotta
con la soma sulla groppa
quando a casa tornerai
la tua biada tosto avrai.
Ma se accade che ti impunti
prima ancor che siete giunti
tu diventi, o somarello,
come il mulo tuo fratello
e può darsi che il padrone
somministri una lezione. (E. Minoia)

 

L’asino e le cicale
Fermatosi ad ascoltare le cicale
un asino invidioso, dalla strada
ingenuo chiese loro come accada
che avessero tale voce celestiale.
E quelle, conosciuto l’animale:
“Se come noi, anzicchè fieno e biada,
ti nutrissi soltanto di rugiada,
ti verrebbe una voce tale e quale.”
E il ciuco a tali detti, per un pezzo,
non mise mai più biada sotto il dente
sì che le ossa erano fuor del cuoio.
“Quale disdetta!” ragliò, “Or ch’ero avvezzo
a mangiar rugiada solamente,
invece di cantar ecco che muoio!”.

 

I tre asinelli
I tre asinelli
che vanno in Egitto
ah che piacere
oh che tragitto
andare a vedere
la stella polare
che brilla nel cielo
che cade nel mare.

 

Disse un asino
Disse un asino:
“Dal mondo voglio stima e rispetto
ben so come!” e così detto
in gran manto si serrò
oilà oilà oilà
in gran manto si serrò.
Indi ai pascoli comparve
con tal passo maestoso
che all’incognito vistoso
ogni bestia si inchinò.
Oilà oilà oilà
ogni bestia si inchinò.
E dai prati corse al fonte
a specchiarsi si trattenne
ma sventura! Non contenne
il suo giubilo, e ragliò.
Fu scoperto e fino al chiuso
fu dai fischi accompagnato
e il somaro mascherato
in proverbio a noi passò.
Oilà oilà oilà
in proverbio a noi passò.
Tu che base del tuo merito
veste splendida sol fai
taci ognor, se no scoperto
come l’asino sarai.
Oilà oilà oilà
come l’asino sarai.

 

Poesie e filastrocche ASINO MULO CAVALLO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Poesie e filastrocche IL CORPO UMANO

Poesie e filastrocche IL CORPO UMANO – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

Il corpo umano

A un congresso si vuole stabilire
quale parte val più del corpo umano.
Uno dice: “Non posso che asserire
che val di più la mano”.
E, dopo quello,
un altro grida: “Val di più il cervello!”
E un altro: “Gli occhi!”
E un altro: “Il cuore!”.
Il congresso ora è tutto un gran rumore.
“Perdinci! Qui si ignora
che è la mano che agisce e che lavora!”.
“Macchè! Macchè! E’ la mente
che fa dell’uomo un uomo intelligente!”.
“D’accordo! Ma che credi?
E’ per mezzo degli occhi che ci vedi!”.
“Viva il fegato!”, “No, viva il polmone!”.
D’un tratto, in mezzo a quella confusione,
un congressista salta su per dire:
“La volete finire?
Ciascun di voi sostiene
ciò che più vale. Ebbene,
mi sapete ora dir ciò che vale meno?
Lo stomaco? Il duodeno?
C’è qualcuno tra voi che è persuaso
di lasciarmi la lingua, oppure il naso?
O che rinunci anche soltanto a un etto
del proprio cervelletto?”.
Queste parole un gran silenzio accoglie.
E il congresso si scioglie. (A. Novi)

Quello che io ho
Ho una manina bella,
ne ho un’altra, sua sorella;
ho un paio di piedini;
due occhi birichini.
Ho poi due orecchiette
attente e curiosette.
Linguetta ne ho una sola,
ma in bocca lesta vola:
mi sa assai ben servire,
tutto oramai sai dire.
Ho il cuore per amare,
la testa per pensare.
Tutto quello che ho
chissà chi me lo donò. (Renzo Pezzani)

 

 

 

Quel che possiede un bimbo
Due piedi lesti lesti
per prendere e per dare;
due mani sempre in moto
per prendere e per fare;
una bocca chiacchierina
per tutto domandare,
due orecchie sempre all’erta
intente ad ascoltare;
due occhioni spalancati
per tutto investigare
e un cuoricino buono
per molto molto amare. (Lina Schwarz)

 

 

 

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Dettati ortografici – Il corpo umano e la salute

Dettati ortografici – Il corpo umano e la salute – una collezione di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria.

L’uomo è un mammifero?

Abbiamo sentito ripetere tante volte che l’uomo è un animale e certamente siamo convinti che non è una pianta o un minerale. E badate bene che quando si dice ‘l’uomo’ ci si riferisce agli esseri umani in genere, siano essi uomini, o donne o bambini, come si dice ‘il gatto’ parlando della specie gatto, anche si tratta di una gattina. Sappiamo già che ogni specie animale ha caratteri suoi che la distinguono dalle altre ad anche l’uomo ha propri caratteri distintivi; ma prima di esaminare tali caratteri ricordiamoci di una cosa importante: tutti i bambini appena nati non hanno altro nutrimento che il latte e di solito è la mamma che allatta i propri bambini.
Questo fatto ci induce a pensare che anche l’uomo sia un mammifero e per esserne veramente sicuri controlliamo se esso presenta gli altri caratteri, che sono tipici dei mammiferi:
1. Esistono i peli sul corpo: infatti se osservate le vostre braccia e le vostre gambe con attenzione vedrete che esse sono rivestite di piccoli e delicati peli, la cosiddetta peluria, che diviene più evidente negli adulti; il capo è fittamente ricoperto di altri peli che sono i capelli; di peli sono costituite le ciglia e le sopracciglia; peli si trovano sotto le ascelle e così via.
2. Esistono i padiglioni auricolari attorno al meato uditivo esterno.
3. La bocca è con i denti.
4. E’ viviparo.
5. La temperatura del corpo è costante, infatti sappiamo che quando siamo malati, il medico per prima cosa controlla la nostra temperatura mediante un termometro. Se trova una temperatura di circa 37° il medico non si preoccupa troppo, perchè questa è la temperatura normale del nostro corpo; ma se la temperatura è più alta vuol dire che nel nostro organismo c’è qualcosa che non va bene, cioè che siamo malati. Questo vi dice quanto sia importante il fatto che i mammiferi abbiano una temperatura costante. (Lagreca – Tomaselli)

Che cosa distingue l’uomo dagli altri mammiferi?
Vediamo adesso di scoprire quali sono i caratteri che distinguono l’uomo da tutti i mammiferi che finora conosciamo.
1. Innanzitutto l’intelligenza: anche altri mammiferi possono essere più o meno intelligenti (basti pensare al cane), ma l’uomo ha un’intelligenza di gran lunga più sviluppata, che gli ha permesso di compiere cose meravigliose, di indagare sul mondo che lo circonda e di scoprire tante leggi naturali, di amare le cose belle, di fuggire il male, di esprimersi mediante un linguaggio articolato, che è ben diverso dai semplici suoni che emettono altri animali.
2. La posizione eretta che lo porta a camminare sugli arti posteriori che nell’uomo (appunto perchè sta eretto) si possono considerare arti inferiori; anche qualche scimmia o qualche orso possono reggersi o camminare per un poco sulle zampe posteriori, ma più spesso tornano ad usare anche le zampe anteriori.
3. L’uso delle dita degli arti anteriori, o meglio arti superiori, cioè delle dita delle mani, per afferrare e maneggiare oggetti; anche un topolino o il coniglio o uno scoiattolo possono afferrare oggetti fra le dita degli arti anteriori, ma non possono muoverle indipendentemente l’una dall’altra e soprattutto non possono ripiegare il pollice contro le altre dita (provate voi a farlo e osservate l’agilità delle vostre mani), come fa l’uomo (e le scimmie) che ha quindi il pollice opponibile.
4. La mancanza di coda. Esistono però altri mammiferi senza la coda.
(Lagreca – Tomaselli)

Il corpo umano
Ci sono animali e piante che possono vivere solo nelle calde regioni dell’equatore, altri che vivono nei gelidi climi polari.
L’uomo può vivere invece in ogni regione della Terra perchè il suo corpo si adatta a tutti i climi.
Il corpo dell’uomo resiste alla siccità, all’umidità, sopporta la mancanza di cibo, le intemperie, le fatiche, i lavori più pesanti, più di quello di ogni altro animale.
Vi sono animali dotati di zampe robuste: con esse corrono veloci sulla terra; altri animali hanno arti simili a braccia e possono arrampicarsi sugli alberi; altri ancora hanno le pinne e le usano per muoversi nell’acqua. Il corpo dell’uomo, fornito di braccia e di gambe, è adatto ad ogni forma di moto: può camminare, correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, nuotare.
L’uomo ha le mani, con cui può afferrare e tenere saldi gli oggetti, ha il busto e il capo eretti, così da poter guardare lontano, ha la voce, capace di emettere innumerevoli suoni diversi.

E’ proprio vero!
Nel nostro corpo c’è tanto ferro da fabbricare cinque chiavi piuttosto grosse. Ma il fabbro preferirà certamente adoperare il ferro che ha nella fucina.
Quanto al sale, niente paura. Ce n’è in abbondanza tanto da riempire quaranta barattoli. Forse gli sciocchi ne hanno un po’ meno.
Volete un po’ di luce? Il nostro corpo vi potrebbe dare tanta cera da fabbricare cinque candele. Le signore api, se sapessero questo, sarebbero meno orgogliose dei loro favi di purissima cera, con la differenza, però, che per la loro cera le candele di fabbricano per davvero.
Nel nostro corpo c’è tanto zucchero da dolcificare venti tazze di caffè. Ma adesso non succhiatevi il dito con la scusa di sentire se è dolce. Il dito non è dolce e succhiarlo è soltanto una cosa poco pulita…
(M. Menicucci)

La macchina perfetta
Il corpo umano è spesso paragonato ad una macchina, perchè, considerato nel suo insieme, è costruito in modo da compiere nella maniera più spedita e più abile tutte le operazioni per conservare la vita e per migliorarne le condizioni. Come ogni macchina è composto di varie parti o organi (la mano, il cervello, il cuore, la bocca, i polmoni, lo stomaco, ecc.) che funzionano in collaborazione tra loro.
Ma il corpo umano può essere paragonato anche ad un laboratorio chimico, poichè riesce a trasformare le materie solide, liquide e gassose che esso si procura in altre sostanze utilizzabili per il proprio funzionamento.
Le sostanze utilizzate sono trasformate a loro volta in modo da produrre l’energia e il calore necessari perchè il corpo umano possa compiere tutte le operazioni di cui è capace.

La vera ricchezza
Un uomo si credeva povero. Diceva: “Lavoro tutto il giorno e non ho mai un soldo in tasca per divertirmi. Quello che guadagno mi basta appena per levarmi la fame!”.
Un tale che lo sentì, disse: “Mi venderesti un occhio per mille euro? Ne hai due, uno puoi darlo a me”.
Quello lo guardò stupito, poi disse di no.
“Se non vuoi darmi un occhio, vendimi un braccio per la stessa somma!”.
Ma l’uomo, che si credeva povero, disse anche questa volta di no.
“Allora vendimi una gamba”.
Ma quello rispose che non gli avrebbe venduto nemmeno un dente, e ne aveva trentadue tutti sani.
Allora quel tale fece un conto: “Duemila euro per gli occhi, duemila per le braccia e duemila per le gambe, e sono seimila. Poi tu hai cuore, fegato, stomaco che varranno molto di più perchè senza questi organi non potresti vivere. Consideriamo che il tuo corpo valga quanto un capitale di due milioni. E dici di essere povero? Ma l’uomo più ricco della terra, che abbia uno di questi organi malati, è indubbiamente più povero di te, perchè può darsi che tutte le ricchezze della terra non riescano a guarirlo”.

La salute è un tesoro che non ha l’eguale, perchè, quando non c’è la salute, tutto perde valore ai nostri occhi. Se è una bellissima giornata e noi ci sentiamo male e siamo costretti a letto, non possiamo godere del bel sole e della bella natura, se abbiamo nel piatto una squisita pietanza e abbiamo lo stomaco malato, non possiamo gustarla. Quindi noi dobbiamo cercare di mantenere il nostro corpo in perfetta salute. Inoltre, l’uomo sano lavora e se lavora produce e guadagna. L’uomo malato, invece, non lavora e vive del lavoro degli altri.

Ma per mantenere il nostro corpo in perfetta salute, noi dobbiamo sapere come è fatto e come funziona.
Il corpo è ricoperto di pelle, che lo riveste tutto come una corazza. Sotto la pelle ci sono i muscoli, che sviluppano la forza per cui l’uomo può lavorare, e sotto i muscoli c’è una solida impalcatura che sorregge il corpo, lo scheletro. Infatti, se lo scheletro non ci fosse, il corpo si affloscerebbe come un sacco vuoto.

Vediamo intanto come si chiamano le varie parti di cui si compone il corpo: la testa con gli occhi, il naso, la bocca, le orecchie. Nella testa è contenuto il cervello che possiamo considerare il motore della macchina. Abbiamo quattro arti, due braccia e due gambe rispettivamente con mani e piedi. E poi ancora il torace e l’addome. Nel torace sono contenuti i polmoni e il cuore, nell’addome l’intestino, il fegato e la milza.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa con ingranaggi perfetti, ma, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina – uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, frutta. L’uomo, per star bene, non deve mangiare sempre e soltanto gli stessi alimenti, ma deve mangiare di tutto. Caricata di combustibile la macchina – uomo produce energia, che ci permette di muoverci, di camminare, di lavorare.

La salute è il bene più prezioso della terra. L’uomo che ha perduto la salute , ha perduto un tesoro che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero riacquistare.

L’uomo sano è l’uomo più ricco della terra. Egli può lavorare e col suo lavoro guadagnare tanto che basti a sè e alla sua famiglia. L’uomo malato, invece, vive del lavoro degli altri.

Il nostro corpo è ricoperto di pelle. Sotto la pelle ci sono i muscoli che sviluppano la forza per mezzo della quale l’uomo può lavorare. E sotto i muscoli c’è un solido sostegno: lo scheletro.

Cerca di mantenerti sano. I tuoi organi sono parti delicate e perfette del tuo corpo: conservali sani. La salute ti farà felice.

Nel corpo umano possiamo distinguere la testa. Nella testa è contenuto il cervello. Poi ci sono le braccia e le gambe, che sono gli arti. Nel tronco ci sono il torace, dove sono contenuti il cuore e i polmoni, e l’addome, dove si trovano intestino, fegato e milza.

La salute è un tesoro che non ha eguali in nessun tesoro della terra. Quando non c’è la salute, tutto perde di valore ai nostri occhi.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa che, come tutte le macchine, ha bisogno di combustibile. Il combustibile della macchina uomo si chiama pastasciutta, carne, verdura, pane, frutta, latte.

Rispetta il tuo corpo!
La duchessa Anna di Francia (1462-1512) stava un giorno assistendo ad una partita di caccia quando udì dei gemiti quasi umani, e domandò chi gemesse in quel modo. Le fu risposto che erano gemiti di un ermellino che era stato accerchiato dai cacciatori.
La duchessa fece pochi passi e si trovò davanti a questa scena: un ermellino candidissimo, ormai accerchiato dai cacciatori, stava davanti all’acqua di uno stagno gemendo dolorosamente. Essa chiese: “Ma perchè non si salva gettandosi in acqua?”.
Le fu risposto che quelle bestiole sono gelosissime del loro candore e che, piuttosto di macchiarlo, preferiscono perdere la vita.
La duchessa fu talmente impressionata che fece incidere sul suo stemma le parole: “Potius mori quam foedari!” (Meglio morire che macchiarsi).

Come si difende il corpo

Ogni giorno il nostro corpo è invaso da miliardi di germi, molti dei quali possono provocare malattie e perfino la morte. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Innumerevoli batteri e virus riescono a penetrare nel nostro organismo con il cibo che mangiamo, o con l’aria che respiriamo, o attraverso qualche ferita della pelle. Eppure ci conserviamo sani. Alcuni germi si stabiliscono permanentemente nella bocca, nel naso, nella gola o negli intestini, dove possono moltiplicarsi in modo incredibile. Ciò nonostante ci conserviamo sani. Che cosa ci protegge da questi assalti?

A poco a poco, durante secoli di studi, gli scienziati sono riusciti a scoprire che cosa accade. La nostra salute è protetta, essi affermano, da una serie ingegnosa di difese, disposte in profondità, come le linee successive di un esercito trincerato per respingere l’invasore.

Supponiamo, ad esempio, che una particella di polvere carica di microbi penetri nell’occhio. Con tutta probabilità non c’è alcun motivo di preoccuparsi. La superficie del globo oculare è costantemente bagnata da un liquido lacrimale, il quale contiene un antisettico detto lisozima, che uccide i batteri.

I germi che penetrano dal naso devono passare attraverso una complicata rete filtrante. La superficie delle vie nasali è mantenuta umida da un liquido mucoso che trattiene i germi. Se questi causano un’irritazione, sono espulsi con lo sternuto.

Cosa avviene nel nostro corpo quando ci facciamo una ferita,  sia pure un graffio? Dalla ferita alcuni microbi patogeni (cioè generatori di malattie) penetrano nel corpo. Il pericolo è tremendo perchè i batteri si moltiplicano con spaventosa rapidità e in breve tempo potrebbero invadere tutto l’organismo e anche ucciderlo.

Ma il nostro corpo si mette subito in allarme e un meraviglioso sistema di difesa entra immediatamente in azione. Migliaia e migliaia di globuli bianche (leucociti) accorrono, attaccano i batteri, li circondano e li distruggono.

Questo, quando i globuli bianchi (leucociti) contrattaccano in tempo e i  batteri non sono troppo numerosi e virulenti. Se invece i batteri resistono e riescono a moltiplicarsi uccidono le cellule dei tessuti. Allora i globuli bianchi non solo devono combattere i batteri, ma devono distruggere anche le cellule morte che potrebbero divenire pericolose per il corpo umano. In questa lotta tremenda, che ha come posta finale la salvezza o un grave danno per il corpo umano, molti globuli bianchi muoiono e si trasformano in pus. Ma da ogni parte accorrono sempre più numerosi rinforzi: i globuli bianchi arrestano così l’invasione; la bloccano in un punto (il foruncolo) impedendo che l’infezione si diffonda in tutto il sangue. In breve le cellule riparano i danni provocati dalla ferita e nel corpo cessa lo stato di allarme.

Molte volte però i batteri, appena entrano nel nostro organismo, emettono delle sostanze velenose, le tossine. Il tetano e la difterite sono alcune fra le malattie provocate da tossine batteriche. Il sangue allora, o meglio il siero del sangue, fabbrica subito del soldati capaci di attaccare le tossine nemiche: le antitossine. Questi anticorpi, così vengono chiamate le antitossine, combattono le tossine e spesso le vincono.
Molte volte però il sangue non riesce a fabbricare subito le antitossine. Ci vuole tempo. E le tossine batteriche hanno tutto il tempo per attaccare e vincere. Il corpo è costretto allora ad una lotta che può durare anche delle settimane.
Per aiutare il corpo nella lotta contro i batteri, i medici vaccinano, ossia iniettano nel sangue degli anticorpi (antitossine) già preparati, così il sangue ha già le antitossine pronte e può vincere l’attacco nemico.

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Poesie e filastrocche I CINQUE SENSI

Poesie e filastrocche I CINQUE SENSI una raccolta di poesie e filastrocche sui cinque sensi, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.

La torta
Con gli occhietti la guardò.
con le dita la toccò,
col nasino l’annusò.
con la bocca la gustò:
con le orecchie poi sentì
che la mamma lo sgridò. (V. Gaiba)

 

La vecchina
Era una fila di dentini,
e tutti lucidi, bianchi, piccini.
Ne avea la bimba, oh, quanta cura,
se li lavava con l’acqua pura.
Due sul davanti ne perse un giorno
ed un gran pianto suonò d’intorno.
Ci fu che rise: “Buondì, vecchina!
Hai, nella bocca, la porticina.
Che non ti scappi qualche bugia!
Chiudi la porta, vecchina mia!”  (A. Cuman Pertile)

 

La bimba e l’acqua
C’era una bimba che aveva paura
dell’acqua pura.
Quando la mamma sua la lavava
sempre strillava.
Un giorno l’acqua la rispecchiò
e le parlò:
“Vedi sei brutta, sporca così,
lavati qui”.
La bimba allora si vergognò
e si lavò.  (A. Cuman Pertile)

 

 

I cinque sensi

Dice la vista: -Guarda lì Pierino
che magnifica torta inzuccherata!-
Dice l’olfatto: -Mettici il nasino
e sentirai Pierino mio che odore!-
E il gusto: – E’ buona, assaggiane un pochino-.
Pierino assaggia, ma col batticuore…
Infatti alla mamma va l’udito
e dice: -Senti, corri che c’è un gatto,
un gatto ladracchiolo-. Eh! Ha capito
Pierino a scapaccioni cos’è il tatto. (Zietta Liù)

 

Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici sui cinque sensi

Dettati ortografici sui cinque sensi – una raccolta di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche miste.

I sensi

I sensi sono cinque: vista, odorato, gusto, udito, tatto. Sappi mantenere sani gli organi dei sensi perchè con essi puoi godere le belle cose del creato.

La vista
la vista è un bene prezioso. Conservala meglio che puoi. Pensa alla sventura di chi è cieco, che non può vedere la bellezza della natura, il viso delle persone care.

L’occhio

L’occhio è la via della luce. Quando chiudi i tuoi occhi, anche per gioco, ti trovi avvolto nelle tenebre e il mondo non sembra esistere più attorno a te. Per mezzo degli occhi tu conosci il volto della tua mamma, del babbo, delle persone che ami di più. Con gli occhi tu cogli  i colori della natura, le forme infinite delle cose del mondo in cui vivi. Gli occhi ti permettono di leggere ciò che è stato scritto per te, ti permettono di allineare sul candido foglio il nitido segno delle parole che vuoi scrivere tu.
Che i tuoi occhi possano vedere sempre immagini di bontà e di bellezza!

L’occhio

Se ci guardiamo allo specchio, l’occhio appare come un globo che ha una parte bianca, umida e liscia, chiamata cornea. Il cerchietto scuro che vediamo al centro dell’occhio è la pupilla, un forellino la cui apertura è in parte variabile. La pupilla è circondata da un anello colorato detto iride, che può essere azzurro, marrone, verde, giallo, nero.

La superficie dell’occhio è tenuta sempre umida e pulita dalle ghiandole lacrimali, che emettono un liquido, non solo quando piangiamo. Le ciglia difendono gli occhi dal pulviscolo, mentre le sopracciglia impediscono che il sudore o un altro liquido scorra dalla fronte negli occhi.

E ora vediamo come l’immagine si forma nell’occhio. Ammettiamo che una candela accesa si trovi in una stanza buia. I raggi di luce che essa emette passano prima di tutto attraverso la cornea, che è trasparente; poi attraverso un liquido trasparente anch’esso (detto umor acqueo) e il foro che sta al centro dell’iride, giungono al cristallino. Questo è come una lente, che trasmette i raggi, attraverso un altro liquido detto umor vitreo, alla retina. Il cristallino, che sta dietro all’iride, appare nero, poichè non respinge i raggi di luce, ma li lascia passare.
Sulla retina l’immagine appare capovolta. Le immagini attraverso il nervo ottico sono trasmesse al cervello, il quale le percepisce, non più capovolte, ma nella giusta posizione.

L’udito
Il senso dell’udito ti permette di udire la musica, il soave canto degli uccellini, la voce della mamma. Ma con l’udito senti anche il rombo del tuono, lo scoppio di una bomba, lo stridio del treno sulle rotaie.

L’orecchio

Sentinella continuamente all’erta, il tuo orecchio ti avverte dei pericoli, richiama la tua attenzione, ti fa sentire che intorno a te si agita il mondo immenso delle cose, degli animali, degli uomini.
Con l’orecchio tu ascolti le parole di chi ti ama e ti guida, cogli l’armonia del canto e della musica, odi le mille voci della natura e il rumore degli strumenti che accompagnano la fatica dell’uomo.

L’orecchio

I suoni vengono raccolti da padiglione e, passando per il condotto, o canale uditivo, fanno vibrare il timpano, che trasmette la vibrazione agli ossicini. A loro volta gli ossicini trasmettono la vibrazione all’orecchio interno, il quale è un organo delicatissimo incassato ancor più profondamente nel cranio. L’orecchio interno è pieno di liquido, per cui le vibrazioni ricevute vi generano delle onde, che vanno ad eccitare delle terminazioni nervose e che vengono trasformate in impulsi inviati al cervello, in modo che noi possiamo sentire. In poche parole, nell’orecchio si riproduce la vibrazione e quindi il suono proveniente da un oggetto qualsiasi: da una limetta, dalla corda di un violino, da una moneta, e via dicendo.

Così, anche senza vedere, noi sappiamo se sulla strada transita un’automobile e da quale parte proviene la voce di qualcuno che ci chiama.

Una funzione dell’orecchio interno è quella di informarci sulla posizione della nostra persona, così da tenerci in equilibrio.

L’odorato
Il senso dell’odorato risiede nel naso. Questo senso ti permette di sentire i soavi odori dei fiori, i gustosi odori del cibo.

Il naso

Di quante cose ti avverte il tuo piccolo naso curioso! I profumi delicati dei fiori  ti insegnano ad amare la natura. Lo squisito profumo dei cibi più graditi e delle leccornie ti fa pregustare il piacere di mangiarle. Gli odori sgradevoli ti tengono lontano da ciò che ti potrebbe far male. Anche il naso, a suo modo, è una piccola sentinella.

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L’autodettatura e la composizione

L’autodettatura e la composizione in prima classe, secondo il metodo globale: indicazioni pedagogiche, idee per l’insegnamento, esercitazioni ed esercizi e molto altro ancora.

L’autodettatura è un esercizio molto importante, soprattutto in prima classe, perchè implica, da parte del bambino, oltre all’attenzione per scrivere bene la parola, anche lo sforzo per trovarla. Inoltre questo esercizio va fatto in silenzio e ciò stimola l’attenzione e il rispetto reciproco.

L’autodettatura può essere fatta in più modi. Nei primi tempi, quando i bambini non sono ancora molto sicuri di sè e le parole che riescono a scrivere sono molto semplici, si potrà ricorrere alle illustrazioni con le quali è possibile graduare l’esercizio.

L’insegnante mostra un cartoncino rappresentante ad esempio il sole. I bambini guardano e, in silenzio, senza pronunciare il nome, scrivono la parola sole. Un cartoncino con l’illustrazione del mare. I bambini, in silenzio, scrivono mare.

Quando i bambini saranno più sicuri, si può ricorrere alla dettatura muta con vari oggetti. L’insegnante tira fuori dal cassetto un oggetto per volta: una penna, una bambolina, un giocattolo, un fiore… Può darsi che qualche bambino scriva “una bambola” o anche “una bambola bionda”. Se queste anticipazioni non portano inconvenienti, si lascia fare, ma se si vede che il bambino scrive ad esempio le parole attaccate, piuttosto che correggerlo è meglio semplicemente ricordare che la regola del gioco è scrivere soltanto il nome della cosa mostrata.

Nell’autodettatura si segue una certa gradualità. Questa gradualità non è relativa alla conoscenza delle consonanti che, col metodo globale sono presentate tutte insieme, ma dalla complessità della parola.
I primi esercizi saranno costituiti da parole bisillabe: pane, mano, casa, mela, topo,…
Successivamente passeremo ai dittonghi: fiore, uovo, sedia, ruota,…
In seguito le parole trisillabe: gelato, geranio, tavolo, barile, camino,…
Quando poi vorremo esercitare i bambini in una speciale difficoltà e attirare su questa la loro attenzione, ecco che i nomi conterranno quella particolare difficoltà:
per le doppie: letto, gatto, mucca, carro, sacco,….
per la q: aquilone, quadro, quaderno,…
E così di seguito: braccio, prato, treno, grano; scimmia, scialle, sciabola, prosciutto; agnello, gnomo, ragno, stagno; giglio, coniglio, pagliaio, maglia,…
Naturalmente bisogna avere un bel corredo di illustrazioni.

L’esercizio può anche essere variato: l’insegnante tiene in mano un’illustrazione, ma non la fa vedere ai bambini. Si limita a descrivere il soggetto: “E’ bianco, coperto di pelo, placido, ha le corna, tirava l’aratro,…” e i bambini dovranno scrivere in silenzio la parola bue. Quando tutti i bambini avranno scritto, l’insegnante mostrerà l’illustrazione e i bambini potranno controllare il loro lavoro. Questo gioco può essere anche condotto dai bambini stessi.

L’autodettatura può essere fatta anche come esercizio individuale. Distribuiamo alcuni cartellini, almeno cinque o sei per bambino. In questi cartellini ci saranno soltanto le illustrazioni. I bambini dovranno scrivere il relativo nome sul loro foglietto.

Il vantaggio dell’autodettatura è evidente: l’attenzione del bambino deve essere rivolta anche a cercare il nome che dovrà scrivere.

Possiamo poi dare al bambino una sola illustrazione, ad esempio di una casa, e lui dovrà scrivere tutti i nomi che derivano da casa: casina, casetta, casone, casupola, …

Oppure, e allora l’esercitazione è volta a un altro scopo, diamo un’illustrazione che rappresenta ad esempio il bue, e il bambino dovrà scrivere il nome degli animali che appartengono alla famiglia del bue: mucca, manzo, vitello, toro,…

Per questi esercizi di autodettatura si possono anche compilare delle schede che conterranno un’illustrazione rappresentante gli oggetti o gli animali di cui il bambino dovrà scrivere il nome: ad esempio una scheda con un’illustrazione di una stalla con tutti gli animali che vi abitano. Il bambino dovrà scrivere il nome di questi animali. Oppure una scheda con un’illustrazione che rappresenta un mazzo di fiori. Oppure una scenetta, e il bambino scriverà tutti i nomi degli oggetti, animali, persone rappresentati nella scenetta. Qualsiasi illustrazione può essere utile per questi esercizi.

Oltre all’autodettatura dei nomi, si potrà fare anche l’autodettatura degli aggettivi e dei verbi.

I bambini, imparando a leggere e scrivere col  metodo globale, compongono fin dalla prima parola che scrivono, perchè per loro nulla è meccanico, ma tutto viene da un lavoro di pensiero che è già composizione, o meglio espressione. Infatti, sopo aver passato i primi tempi a riprodurre e poi a scrivere spontaneamente il nome sulle schede e sui foglietti, saranno portati a scrivere le prime brevissime frasi, in principio magari limitate al solo nome e articolo…

La frase in disordine

Uno degli errori più comuni ai bambini, e non soltanto in prima classe, è quello di scrivere le parole attaccate. Si può cercare di ovviare a questo problema col gioco della frase in disordine.

Scriviamo le parole che compongono una frase in tanti pezzetti di carta, una per ogni pezzetto. Ad esempio: Il – sole – splende – nel – cielo.

I cartellini sono in disordine… chi sa ricomporre la frase?

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Dettati ortografici ESCLAMAZIONI

Dettati ortografici ESCLAMAZIONI – Una collezione di dettati ortografici per esercitare la scrittura delle esclamazioni, per la scuola primaria.

“Eh, via, non c’è bisogno di piangere!”.

“Ehi! Ehi! Dove andate? Non sapete che di qui non si può passare?”.

“Deh, siate generoso! Perdonatelo!”.

“Ohi! Ohi! Affogo!”, gridava il ragazzo, sentendosi mancare il respiro.

“Uh! che bestiaccia!”.

“Ahimè! La cosa è molto grave: bisognerà avvertire la mamma.”.

Ahi! Ma perchè non hai fatto attenzione? Mi hai pestato un piede.

Ehi, Emilio, giacchè sei qui, puoi darmi una mano nei preparativi o ti dispiace?

Ohi ohi, le cose si mettono male. Alberto è molto arrabbiato; ogni volta che sente parlare di Giovanni va in escandescenze. Eppure, fino a pochi giorni fa andavano d’accordo. Cosa sarà successo fra loro? Mah!

Toh, chi si vede!

Ah! Oggi sono stato proprio sfortunato!

Ahi! Non vedi che mi hai fatto male?

Sta attento ve’!

Oh, Gino, ti è piaciuto lo spettacolo?

(in costruzione)

Dettati ortografici ESCLAMAZIONI – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici APOSTROFO

Dettati ortografici APOSTROFO – Una collezione di dettati ortografici per esercitarsi con le parole con l’apostrofo, per la scuola primaria.

Non posso giocare all’aperto perchè piove.

Un’amica di Giorgio è ricoverata all’ospedale di Milano.

Tutti i bambini si ritroveranno nell’atrio della scuola.

Nell’acquario guizzano i pesci rossi.

Le lancette dell’orologio segnano le cinque.

Le orecchie dell’asino sono lunghe.

La visita dell’amico mi ha procurato tanta gioia.

L’aquila ha il nido sull’alto monte.

Sull’albero di Natale splendono le luci.

Dall’America sono partite grosse navi. Dall’alba al tramonto tutti lavorano.

Da’ retta a me e sarai contento.

Fa’ il tuo dovere.

Di’ sempre il vero quando ti si chiede qualcosa.

Va’ dritto per la tua strada se non vuoi essere importunato.

Da’ a lui quanto chiede.

Fa’ a me questo favore.

Sta’ a me vicina.

Fa’ in piacere di star zitto.

Va’ ad imbucare la lettera che ti ho dato.

Di’ che stia tranquillo.

Va’ a comprarmi un francobollo.

Quest’anno il tempo è stato abbastanza clemente.

Scarse le piogge di quest’autunno, brevi le apparizioni della neve quest’inverno.

Ricordo l’altro anno: quell’albero di pino si curvava perfino sotto il peso della neve.

Quell’angolo del cortile si era trasformato in un pantano.

Ricordate come quell’argine del canale avesse ceduto in seguito alla pioggia? In quell’occasione tutti ebbero paura e gli uomini dovettero abbattere quell’antico cascinale, che sorgeva proprio vicino all’argine. Tuttavia a quest’ora lo avranno già ricostruito un po’ più lontano.

C’era un giornale là, chi l’ha preso?

S’era stabilito così: c’era anche il papà quella sera, ora è impossibile cambiare l’ora.

S’è dimenticata che m’aveva promesso d’avvertirmi.

M’hai portato un bel libro da leggere quando sarò in campagna quest’estate?

Luisa, l’hanno consegnato a te quel pacco così pesante?

Vieni, e lascia che ti aiuti un po’.

Quand’egli t’indicò il cespuglio, vedesti dov’era nascosta la palla.

Sull’imbrunire c’incamminammo verso l’altro paese che s’intravvedeva sulla collina soprastante.

Un’ascia s’abbattè sul tronco dell’albero.

Quand’era stanco si riposava sui massi.

Ripreso il cammino spingeva avanti, quant’era possibile, lo sguardo.

Quand’era arrivato il treno io ero appena giunto alla stazione.

Quant’è bella la scena che ci offre la natura in questi giorni di primavera!

Raccolse tant’erba quant’era necessaria a mantenere le due mucche che aveva comprato.

E’ un bel cane, è il terz’anno che l’ho con me.

L’altr’anno l’ho incontrato durante le vacanze.

Anch’io gliel’ho detto di non tardare mezz’ora perchè non occorreva nient’altro.

Quand’ella verrà glielo dirò. Gliel’hai spiegato dov’è la casa di Giorgio?

Gliel’avevo detto quando partì.

Gliel’ho disegnato  proprio com’era.

Gliel’hanno detto appena è arrivato.

L’ho visto pallido e magro: dev’essere stato malato.

Gliel’hai detto che quella sera suo fratello s’era sentito male?

Se lui t’ha offeso ti chiederà perdono.

T’ho detto e t’ho ripetuto che io non so nulla.

M’è passato proprio davanti, ma non l’ho riconosciuto.

Adolfo è il conforto, l’aiuto, il sollievo della sua povera madre.

La lettera che t’invio v’apporterà nell’animo una dolce soddisfazione.

Questo o quest’altro per me fa lo stesso.

Chi loda se stesso s’imbroglia.

Quell’uomo non aveva una bella cera.

Quando tu m’hai detto quella cosa, io pensavo a tutt’altro.

Se t’avessi rimproverato avrei fatto meglio.

Quand’egli seppe la notizia, corse subito a riferirla alla mamma.

Ci accorgemmo ch’era tardi e c’impaurimmo.

C’incamminammo verso l’uscita, ma dovemmo girare mezz’ora per trovarla.

Il nonno m’ha raccontato una favola, ma tu dov’eri?

L’altr’anno durante le vacanze natalizie andai a sciare.

T’indicai l’uscita e tu te ne andasti mogio mogio.

Dettati ortografici APOSTROFO – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.

Dettati ortografici ACCENTO

Dettati ortografici ACCENTO – Una raccolta di dettati ortografici per questa difficoltà di scrittura per la scuola primaria.

Mario uscì, passò il cancello, infilò la strada e corse finchè non ne potè più. S’era alzato tardi per andare a scuola. Suo fratello invece era già pronto, perchè s’era alzato presto. Entrò in cucina, mangiò tranquillamente, poi adagio s’avviò alla stazione. Quando il treno arrivò egli salì e partì per recarsi in città.

Là, sull’estremo orizzonte, dove nè la terra nè il cielo hanno precisi contorni, rimane per poco un chiarore rossastro: è l’ultimo saluto del dì che muore. Il sole, l’astro del giorno, dà un bacio al cielo prima che s’ingemmi di stelle, dà un bacio alla terra prima che si sprofondi nella quiete della notte. Il ricordo che di sè ci lascia è così dolce e così caro che le ore future saranno di rimpianto e d’attesa.

Non lo vidi nè a scuola nè in cortile e il giorno mi sembrò più lungo e più noioso. Andai anche  a cercarlo là, al solito posto accanto al cantiere, ma i compagni mi dissero che lì non era venuto. Uno aggiunse che forse suo padre se l’era portato con sè. “Sì”, intervenne un altro, “mi sembra proprio di averlo visto in automobile: si dirigevano verso la campagna”. Da mio fratello seppi poi che era vero. Tuttavia la sua assenza mi dà pensiero perchè è la prima volta che parte senza avvertirmi.

Da più giorni piove. Il temporale non ci dà tregua. Là, nell’angolo più basso del cortile, si è formata la più grande pozzanghera. La pioggia può cessare da un momento all’altro, ma è anche vero che ora vien giù come se non dovesse smettere mai. Ciò ci impensierisce perchè già lo scorso  anno avemmo un allagamento, che ci costrinse in casa tutto un dì. Nè io nè i  miei fratelli ci azzardammo ad uscire. Solo il giorno dopo il babbo ci portò con sè.

Ma ve lo devo proprio portare lì? Qui non c’è anima viva.

E’ più di là che di qua.

Non ti verrò mai più vicino.

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Dettati ortografici DOPPIE

Dettati ortografici  DOPPIE – Una raccolta di dettati per la scuola primaria per questa difficoltà ortografica.

Il fumo esce dal camino. Quando fummo in cammino incominciammo a cantare.

Io sono stanco ed ho sonno.

Tutti sanno che chi è sano deve cercare di conservare la sua salute.

Nel mese di giugno le messi sono abbondanti.

Ada va a passeggio lungo le rive dell’Adda.

Entrai in casa e mi tolsi il cappello; m’accorsi allora che mio padre aveva un diavolo per capello.

Alla sera i pulcini vanno sotto l’ala della chioccia ed i fiori vengono portati nella serra.

In un vano della mia casa c’è una cassa di libri.

Una bella pecorella bela nell’ovile.

Spesso la mamma dice che ha speso troppo.

Nel vaso sono disposte alcune rose rosse di serra.

La sera giunge presto e la nonna serra al cuore il nipotino.

Giorgio gioca con la pala, Luisa invece preferisce divertirsi con la palla.

Sul nono gradino della scalinata c’era il nonno di Attilio.

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