LE PECORE E LE CAPRE dettati ortografici, poesie e letture per bambini della scuola primaria.
La pecora e la capra
Buone e pacifiche, le pecore e le capre pascolano sui prati e brucano l’erba e i germogli lungo le siepi. Il vello delle pecore è folto e morbido, formato da bioccoli di lana. Il maschio della pecora si chiama montone, ed ha due corna ricurve. Le capre hanno una graziosa barbetta sotto il mento e piccole corna curve e affilate con le quali aggrediscono e si difendono. Pecore e capre vengono riunite in greggi sorvegliate dai pastori e dormono negli ovili con gli agnelli e i capretti. Sono ruminanti ed erbivori; danno latte e carne; la pecora, inoltre, ci dà la lana e con la pelle della capra, conciata, si fanno scarpe e guanti. In Italia le pecore sono allevate specialmente nel Lazio, nell’Abruzzo, nel Molise e nell’Umbria. Durante l’estate, le greggi si spostano dalle pianure ai pascoli appenninici, che abbandonano al principio dell’inverno. Questa periodica migrazione è detta transumanza. La transumanza viene effettuata su antiche vie chiamate tratturi. Le pecore si chiamano ovini e le capre caprini. Sono ruminanti simili alla capra anche il camoscio, lo stambecco e il caribù.
La pecora
Anticamente la pecora dovette essere un animale simile al camoscio: agilissima, dotata di corna e magari di umore alquanto aggressivo. Oggi è l’animale più mansueto che si conosca: effetto dell’addomesticamento. Vicino all’uomo, allevata da lui, la pecora, innanzitutto, è ingrassata, poi ha perduto i suoi istinti aggressivi.
Ritorna il gregge
Il gregge tornò dalla montagna. Primi venivano i montoni, con le corna basse e l’aspetto selvaggio; dietro il grosso delle pecore: le madri un po’ stanche, gli agnellini da lette coi musetti tra le zampe delle mamme. I muli, infioccati di rosso, portavano nelle gerle gli agnelli di un giorno, e camminando li cullavano. Ultimi i cani, ansimanti, con un palmo di lingua fuori dalla bocca; e due pastori giganteschi avvolti in ampi mantelli rossi che scendevano giù fino ai piedi. La processione ci sfila davanti gioiosamente e per il cancello entra nel cortile: gli zoccoli picchierellano sull’ammattonato come uno scroscio di grandine. E in mezzo al trambusto il gregge entra nell’ovile. (A. Daudet)
Il gregge
Ecco le pecore in viaggio. Avanti e attorno a loro, camminano i cani da guardia. Sono bianchi come le pecore e procedono a testa alta, guardinghi. Vegliano sulle pecore e le difendono. Dietro ai cani vengono i montoni, scuotendo il campanaccio schiacciato. Sono seguiti dal gregge senza ordine. A capo basso, con gli occhi tristi che non guardano di lato, le pecore camminano in branco. Dove va l’una, vanno le altre. Quelle vicino alle siepi, strappano qualche foglia. Dietro a questo fiume di lana calda,, che alza il polverone delle strade, vengono i pastori, o a piedi o a cavallo, con l’ombrello a tracolla e un lungo bastone in mano. Essi corrono dietro alle pecore che si sbrancano, spingono quelle che restano indietro zoppicando; raccolgono gli agnelli nati lungo il viaggio, bianchi e rosa, belanti. Ogni tanto si volgono indietro. Nuvole dense hanno coperto i loro monti. Il vento stacca dagli alberi del piano le foglie ingiallite. (P. Bargellini)
Agnello Nessuno ti pettina i ricci, nessuno ti bacia sul muso, la mamma è partita dal chiuso, sei piccolo e senza capricci. L’erbetta più tenera e fine la cerchi nel prato da te: si sente tremare il tuo bee, per vaste pianure e colline. Per quel campanello che scuoti le valli non sono più mute, la terra imbandita di rute, riporti ad incanti remoti. Guidato a più libera altura tra boschi, torrenti e perigli, mio piccolo agnello somigli un poco di neve che dura. (R. Pezzani)
LE PECORE E LE CAPRE dettati ortografici, poesie e letture. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.
Il vassoio del sole Montessori per lo studio della storia, della geografia, della biologia e per festeggiare il compleanno dei bambini.
Vassoio del sole
Come primo materiale per lo studio delle stagioni, inserisco il vassoio del sole, che può essere usato in moltissime occasioni: per la celebrazione del compleanno
dei bambini, in associazione al tappeto delle stagioni, per il gioco del sole e tutte le lezioni sull’importanza del sole, per l’avvio allo studio dei cicli del tempo e della storia, ecc… Può essere realizzato in compensato, cartone o cartoncino, carta plastificata, feltro, gomma Eva. Il sole ha 12 raggi e per ogni raggio può essere incastrato il nome di un mese dell’anno.
Ho preparato questa mia versione di vassoio del sole, che ho realizzato con pannolenci e carta colorata. Per la lanterna al centro ho utilizzato questo tutorial: lanterna a stella.
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Realizzarlo è estremamente semplice: si possono stampare i singoli fogli su carta colorata oppure utilizzare le forme come cartamodelli. Completa il materiale il set di cartellini coi nomi dei mesi, che tornerà utile nell’allestimento del cerchio dell’anno e per la celebrazione dei compleanni.
Presentazione Con questa presentazione introduciamo il concetto di sole come fonte di energia e mostriamo il vassoio del sole come suo simbolo.
Materiali: – il vassoio del sole e una candela – foglie di insalata (ad esempio valeriana) – un cubo del 1000 e una perla – eventualmente una lanterna a energia solare da caricare all’aperto coi bambini qualche giorno prima della presentazione
Creiamo nella stanza una leggera penombra, mettiamo il vassoio del sole su di un tappeto, accendiamo la candela e invitiamo i bambini a partecipare alla lezione:
– diciamo: “Ho preparato per voi questo bel vassoio. Da oggi rappresenterà per noi il sole”
– “Tutti i giorni ci svegliamo ed il sole è lassù nel cielo, che brilla per noi. Anche quando le nuvole lo nascondono, il sole brilla per noi, anche se non lo vediamo. Il sole ci illumina, come questa candela” – “Il sole è un’enorme sfera di materiali infiammati, come la piccola fiamma di questa candela”
– “Il sole è mille volte più grande del nostro pianeta Terra. Questa perla dell’unità può rappresentare la Terra, e questo cubo delle migliaia può rappresentare il sole”
– “Il sole ci dona luce, ma anche calore. Se ci avviciniamo al fuoco, infatti, sentiamo calore. Avrete anche notato che di notte, quando non di vede il sole, la temperatura è più fresca che di giorno. Anche di notte però, anche se non lo vediamo, il sole ci scalda”
– “Se abbiamo la lanterna a energia solare accendiamola e mostriamola ai bambini. Diciamo: “Ricordate quando siamo usciti in giardino e abbiamo messo questa lanterna al sole? Il pannello solare ha raccolto l’energia del sole e l’ha immagazzinata nella batteria. Ora grazie a questa energia ho potuto accendere la lanterna”
– se non abbiamo la lanterna a energia solare, saltiamo il passaggio e diciamo ai bambini: “Il sole che ci illumina e ci scalda ci dà energia. Le piante sulla terra raccolgono l’energia del sole e la usano per produrre il loro cibo. Le piante assorbono l’energia del sole con le loro foglie e assorbono acqua e minerali dal terreno. Col sole, l’acqua e i minerali producono il loro cibo
– chiediamo ai bambini: noi possiamo fare come le piante? Il nostro corpo può produrre il nostro cibo da solo? No. Gli esseri umani e gli animali non producono il loro cibo da soli. Però noi, e anche gli animali, possiamo mangiare le piante, e ricevere così l’energia del sole
– mangiamo la nostra valeriana e invitiamo i bambini a farlo. Diciamo: “Stiamo mangiando l’energia del sole!”
– diciamo: “L’energia del sole che ci viene dalle cose che mangiamo ci serve per studiare, correre, giocare… Possiamo mangiare le piante, ma possiamo anche mangiare gli animali che hanno mangiato le piante. E’ anche questo un modo per ricevere l’energia del sole.
La storia delle armi per bambini della primaria con testi e immagini che possono essere d’aiuto per preparare carte delle nomenclature, linee del tempo ed altro materiale didattico.
Etimologia La parola arma potrebbe derivare dal latino armus (armòs, in greco) che significa “omero” o “braccio. Per alcuni studiosi invece la parola potrebbe derivare dal celtico harn, “ferro”, o dall’antico germanico har “esercito” o dallo svedese harnad, “guerra”.
Storia delle armi
I primi uomini avevano bisogno di proteggersi dagli animali e di cacciarli. Dalle prime armi naturali e che hanno a disposizione anche gli animali, le unghie e i denti, passarono ad utilizzare oggetti che noi oggi chiamiamo armi, cioè attrezzi da usare per difendersi e per cacciare. Sicuramente le prime armi utilizzate dall’uomo furono le pietre o i rami spezzati che venivano trovati per terra e scagliati contro il nemico o gli animali.
La più antica arma fabbricata dall’uomo fu la clava, un pesante pezzo di legno con un’estremità più grossa e pesante e un’impugnatura più sottile. Nell’estremità grossa poteva essere infilato un anello di selce o pezzi di selce, corno o osso per rendere l’arma più micidiale.
Nel Paleolitico inferiore, 250.000 anni fa, comparvero le lance che potevano avere una punta d’osso o di legno indurito al fuoco. Grazie alla scoperta del fuoco, l’uomo capì che bruciacchiando una lancia di legno verde, la sua punta si induriva e diventava quasi di pietra. Scoprì che era meglio posizionare sulla sommità del bastone un sasso appuntito e scelse la selce, una pietra molto dura e facile da lavorare per ottenere delle punte affilate. Queste punte di pietra penetravano meglio e creavano ferite più grandi sugli animali, rispetto a quelle di legno indurito o di osso. L’uomo dell’età della pietra scoprì anche che poteva aggiungere al bastone della lancia il fuoco di sterpaglie accese.
Accanto alla lancia comparve anche la mazza, un’evoluzione della clava. Si tratta di un bastone con un’estremità appesantita da pietra. Per proteggersi da queste armi nel Paleolitico si sviluppò l’uso della corazza di pelle.
L’uomo dell’età della pietra trovò anche modi per aumentare la potenza di lancio del braccio umano, ad esempio estendendo la sua lunghezza: questo è il principio della frombola. La potenza della frombola nell’antichità è testimoniata dalla storia biblica di David e Golia. La frombola è composta da una sacca che contiene il proiettile (pietra) con due lacci. Facendo roteare velocemente la sacca, la forza centrifuga fornisce velocità al proiettile, che vola nell’aria quando si lascia il laccio.
Grazie a queste nuove armi l’uomo si trasformò da preda a cacciatore.
Nel Paleolitico superiore (circa 15.000 anni fa) vi fu la prima invenzione “meccanica”: l’arco con frecce, strumento che sfrutta l’elasticità del legno per lanciare la freccia. Il rilascio improvviso dell’energia immagazzinata dall’arco teso, quando torna alla sua forma naturale, è più rapida e più potente di qualsiasi impulso di cui i muscoli umani siano capaci. Probabilmente alla base dell’invenzione ci fu l’osservazione del trapano ad archetto, utilizzato dall’uomo preistorico per accendere il fuoco. Gli archi erano costruiti con legno di tasso o di olmo e le punte delle frecce erano di selce scheggiata, spesso con margini dentati per conficcarsi con fermezza nelle carni. L’arco segnò una vera e propria rivoluzione nella storia delle armi e da allora fu usato sia nella caccia sia nella guerra.
L’arco permise all’uomo di diventare un cacciatore più efficiente. L’uso dell’arco è testimoniato nelle pitture rupestri di Altamira. Dalla sua invenzione, le civiltà di tutto il mondo hanno prodotto archi utilizzando il tipo di vegetazione che avevano a disposizione; gli archi cinesi erano fatti ad esempio di bambù.
Nel Neolitico si sviluppano l’agricoltura e la domesticazione degli animali. Questo creò abbondanza di cibo, e così gli uomini poterono dedicarsi alla guerra direttamente o sostenendo una classe di guerrieri professionisti. Risalgono all’8.000 aC le prime mura perimetrali di difesa. Gerico èconosciuta come la “città più antica del mondo” (8.500-7.500 a.C.), fondata quando ancora non si praticava l’allevamento e non erano in uso recipienti di ceramica. Le esigenze difensive nei confronti di popolazioni rimaste ancora nomadi, costrinsero gli abitanti ad erigere una cinta di fortificazione in pietra, rinforzata all’esterno con un fossato.
Dopo la scoperta del rame puro in Anatolia, intorno al 6000 a C, la metallurgia del rame si diffuse in Egitto e in Mesopotamia. I Sumeri furono i primi ad usare armi di rame. A parte le mazze, che erano molto diffuse, per la maggior parte di trattava di oggetti troppo costosi e malleabili per essere armi efficaci. Anche i nativi americani usavano lame e coltelli di pietra focaia, ma usavano il rame per cerimonie e decorazioni. Il rame fu per molto tempo l’unico metallo noto agli umani.
Intorno al 4500 a C l’arte della metallurgia si diffuse in India, Cina ed Europa ed è con l’avvento del bronzo che le armi da taglio in bronzo divennero di uso comune. Il bronzo è una lega di rame e stagno ed è molto più duro del rame puro.
Fu ampiamente utilizzato in Asia: la civiltà della valle dell’Indo prosperò grazie al miglioramento della metallurgia. Il bronzo è stato prodotto su larga scala in Cina per le armi, tra cui lance, asce, archi compositi e elmi in bronzo o cuoio.
Il Khopesh era un’arma a forma di mezzaluna. Aveva un manico corto e una lama di bronzo. Venne inventato dai Sumeri nel 3000 a C per il bisogno di un’arma potente come un’ascia ma che non avesse il suo ingombro e il suo peso. Era l’arma principa bble delle tribù che vivevano vicino alla Mesopotamia e venne poi adottato dagli Egizi. Ramses II (1250 a C circa) fu il primo faraone ad usare il khopesh in guerra. Il Khopesh poteva essere usato come un’ascia, una spada o una falce, divenne l’arma più popolare in tutto l’Egitto e un simbolo del potere e della forza reale. Possiamo ritrovare il Khopesh anche nelle opere d’arte assire.
Circa nel 1500 a C compare l’arco composito, preciso fino a 300 metri. Furono gli Egizi a perfezionare quest’arma. Si chiama composito perché è costruito con strati di materiali diversi (tendini animali, strisce di corno, osso) che reagiscono in modo diverso sotto tensione o compressione. Questa tecnica di costruzione aumentò la distanza e la precisione del tiro e la capacità di penetrazione delle frecce, ora con la punta metallica. L’arco composito, così chiamato per il suo metodo di costruzione, è l’arco curvo corto, noto nell’arte come l’arco di Cupido. L’arco composito è più piccolo e potente dell’arco tradizionale, ed è quindi adatto ad essere usato da cavallo o da carro da guerra.
I Sumeri e gli Accadici vivevano nella Mesopotamia meridionale, l’attuale Iraq, una regione aperta agli attacchi nemici. Il guerriero sumero era equipaggiato con lance, mazze, spade e fionde. Sargon di Akkad, (2333-2279 a C) fu un grande capo militare e usò sia la fanteria che i carri da guerra a quattro ruote trainati da asini.
Per lungo tempo la posizione strategica dell’Egitto permise ai suoi abitanti di rimanere liberi da attacchi nemici, e in questo periodo non ebbero bisogno di addestrare un esercito per la difesa dei confini. Durante l’Antico ed il Medio Regno (2700 – 1650 aC) l’armamento egizio contava solo mazze di pietra, archi, frecce e giavellotti a punta di selce o bronzo, pugnale e scure in bronzo.
Tutto cambiò durante il Secondo Periodo Intermedio (1650 – 1550 a C) quando l’Egitto fu invaso dalla tribù degli Hyksos, proveniente dall’Asia Occidentale. Questi invasori possedevano armi più sofisticate degli Egizi e soprattutto usavano carri da guerra a due ruote tirati da cavalli. Con le loro invasioni queste tribù conquistavano territori, ma al tempo stesso diffondevano le loro conoscenze. Gli Hyksos usavano archi compositi e archi ricurvi; a differenza dei Sumeri, avevano carri trainati da cavalli e non asini; indossavano protezioni per il corpo e elmi metallici; possedevano pugnali spade e asce migliori di quelli egizi.
Una volta cacciati dall’Egitto, ormai gli Egizi avevano appreso da loro l’uso dei cavalli in guerra, l’uso dei carri trainati da cavalli, nuove tecniche di lavorazione del bronzo e della ceramica e nuove armi. Nel Nuovo Regno (1550 -1069 a C) il corredo militare egizio fu arricchito da daga, casco di cuoio, corazza di lino pressato, carro da guerra a due ruote raggiate. Il carro era montato da un combattente con arco, lancia e scudo.
Le armi del guerriero miceneo (2000 – 1200 a C) erano una spada in bronzo e una lancia in bronzo. Armi simili sono usate, molti secoli più tardi, dagli hopliti greci.
Dal 1100 aC i Fenici sviluppano la galera di guerra, con un ariete tagliente nella prua.
Un importante sviluppo tecnologico nella costruzione delle armi avviene quando il ferro prese il posto del bronzo (1200 a C). Lo stagno, uno dei componenti del bronzo, non è così diffuso sulla terra, mentre il ferro è il metallo più abbondante. L’uomo scoprì come indurire il ferro trasformandolo in acciaio nel 1100 a C circa e presto gli eserciti del mondo antico furono in grado di mettere in campo un numero molto maggiore di soldati, equipaggiato con armi devastanti e a costi relativamente bassi. Gli Ittiti furono probabilmente i primi a utilizzare le armi di ferro. Questo popolo si stabilì verso il 2300 a.C. in Anatolia (l’odierna Turchia). Gli Ittiti furono i primi a lavorare il ferro, di cui custodivano gelosamente il segreto. Il procedimento consisteva nel riscaldare, martellare e poi raffreddare con acqua il metallo. In questo modo ottenevano armimolto leggere e molto più resistenti di quelle in bronzo utilizzate dagli altri popoli, così sottomisero molte terre circostanti.
Gli Assiri adottarono le armi in ferro sistematicamente, così il primo esercito di ferro è quello assiro, noto dal 900 a C per i suoi brutali successi in una continua campagna di aggressione nei confronti dei suoi vicini.
Nell’800 a C i popoli della Cultura di Hallstatt dell’Europa centrale (predecessori dei Celti) forgiavano spade di ferro stupende, che portano con sé nelle loro tombe. Di lunghezza senza precedenti, queste armi venivano prodotte con una tecnologia d’avanguardia.
Il tridente era una lancia a tre punte che in origine erano di corno, e poi di metallo. Nell’antichità era usato per la pesca e la caccia soprattutto in Asia, e poi come arma. Il tridente era particolarmente popolare come arma nell’antica Grecia (800 – 338 a C). Nell’India antica è chiamato Trishula (tre lance). Successivamente il tridente è stato usato dai gladiatori romani. Anche le arti marziali orientali hanno numerose armi derivate dal tridente. Il tridente è un’arma associata a varie divinità: Poseidone, il dio indù Shiva.
I Persiani nel 600 a C, inventarono la trireme, una nave da combattimento che utilizzava come propulsione, oltre alla vela, tre file di rematori e che fu ampiamente usata dai Greci.
Gli Assiri sono noti per la loro bellicosità e la loro ferocia verso le popolazioni vinte. Il loro regno si estese in Mesopotamia dal 1770 al 612 a C. Per gli Assiri l’addestramento era importantee fondarono scuole militari. L’esercito assiro fu il primo a usare il ferro nelle sue armi e nell’ 800 a C cominciò ad utilizzare l’acciaio. Gli Assiri furono anche i primi ad utilizzare torri d’assedio, circa nell’850 a C.Prima degli Assiri l’ariete veniva portato dai soldati fino alle mura della città nemica e usato per aprire una breccia. I soldati però erano vulnerabili all’olio bollente e al lancio di pietre dei nemici. Gli Assiri perciò trasformano l’ariete e lo fissarono sul tetto di una struttura in legno con ruote. La struttura veniva spinta in posizione mentre i soldati rimanevano protetti al suo interno e potevano far oscillare l’ariete. Gli Assiri poi idearono la torre d’assedio, una struttura a ruote che aveva lo scopo di fornire ai soldati una piattaforma alta come le mura della città nemica, da cui essi potevano lanciare il loro attacco.
L’antica Grecia (800 – 338 a C) fu sempre circondata da nemici, così i Greci idearono un modello di guerra completamente diverso dagli altri popoli. La loro era una guerra di strategia: cercavano i punti di forza e di debolezza dei nemici e sceglievano le loro armi di conseguenza. I Greci usavano lunghe lance con punta di ferro, scudi, elmi e pettorali. Lo scudo dei greci era così forte da spezzare le lance. Se la loro lancia era rotta, usavano le spade per il combattimento ravvicinato.
Perfezionarono la triremi persiana e grazie a questo poterono contare su una formidabile flotta navale. A prua c’era un grande rostro di ferro (oggetto da sfondamento) mentre sul ponte operavano arcieri e frombolieri.
In guerra utilizzavano una formazione di combattimento chiamata falange greca: la fanteria pesante, armata di lance o picche (dory) e spada corta di ferro (xiphos) , rimaneva compatta e coesa e avanzava in formazione allineata, creando una foresta impenetrabile di lance e un muro di scudi (oplon). Dal nome dello scudo, questi soldati erano chiamati opliti.
I Greci perfezionarono la balista (o ballista), una potente catapulta che lanciava pietre sferiche o una grossa lancia, spesso infuocata, a lunga distanza. E’ a tutti gli effetti una versione statica della balestra.
I Macedoni governarono in Grecia dal 338 al 31 a C. Continuarono a seguire la strategia militare greca della falange, con la differenza che la fanteria macedone utilizzava la sarissa, una lancia lunga 15 piedi con una punta a forma di foglia.
L’esercito macedone aveva inoltre una cavalleria. I Macedoni utilizzavano, oltre alla balista, armi portatili come la cheiroballistra.
I Macedoni idearono anche la catapulta a torsione. Nella catapulta a torsionel’energia viene immagazzinata in un elemento (fibre vegetali, tendini e pelli di animali) che viene fortemente avvolto su se stesso, come negli aerei ad elastico. Quando il perno viene rimosso, il braccio scatta in posizione verticale e la pietra viene scagliata. I Romani la chiamarono onagro.
A partire dal 390 a C i soldati dell’antica Roma erano divisi in due gruppi: Legionari e Ausiliari; i Legionari erano cittadini romani e gli Ausiliari provenivano da tribù alleate. I Romani usavano in guerra le armi più semplici e insolite, mentre l’esercito godeva di una organizzazione impeccabile e grande disciplina. La spada romana tradizionale era il gladio. Si trattava di una spada non più lunga di 60 centimetri, con lama di ferro e impugnatura di legno ricoperto di bronzo o altri materiali. Aveva un effetto limitato quando veniva maneggiato da cavallo.
Altra arma in dotazione ai soldati romani era il pilum, un giavellotto lungo circa 150 centimetri con una parte in legno e una lunga parte in ferro, lunga tanto da poter attraversare uno scudo e raggiungere il corpo del nemico. Di solito ogni soldato ne portava due, uno leggero ed un secondo più pesante.
Altre armi usate dai Romani erano l’arco e la frombola. I Romani utilizzarono anche varie macchine da guerra. Tra queste c’erano: la balista, la catapulta, l’ariete, la torre mobile, la cheiroballista e la carrobalista, una balista posta su un apposito carro trainato da cavalli, che garantiva grande flessibilità perché spostabile durante la battaglia.
Altra macchina da guerra era lo scorpio (o scorpione), arma molto precisa e potente, da cui discenderà la balestra. Gli scorpioni venivano collocati in formazione su alture dominanti distruggendo parecchi nemici.
Il corvo era un congegno che i Romani usava per abbordare le navi nemiche. Era una passarella mobile con degli uncini alle estremità che agganciavano la nave nemica, consentendo alla fanteria di combattere col nemico quasi come sulla terraferma. Con la crescita dell’esperienza nella guerra navale, il corvo fu abbandonato.
Nel 299 a C La tecnica dell’assedio romano viene migliorata dalla “tartaruga” che permette di avanzare e proteggersi dal nemico creando impenetrabili muri di scudi verso tutte le direzioni.
Dopo la morte di Marco Aurelio nel 180 d C Roma divenne vulnerabile alle invasioni barbariche e Germani (Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Franchi) e Unni penetrarono nel territorio romano. Nel 410 avvenne il Sacco di Roma, cioè la conquista e il saccheggio della città da parte dei Visigoti guidati dal loro re Alarico. Queste tribù combattevano prevalentemente a cavallo e utilizzavano l’arco composito con frecce a punta di ferro. Altre armi erano la spada lunga a doppio taglio e l’ascia da lancio.
Durante il regno di Giustiniano (527- 565), l’impero bizantino divenne una potenza militare e si impegnò nella cacciata dei barbari. I Bizantini avevano un esercito molto disciplinato e idearono nuove e potenti armi. Intorno al 672 inventarono una sostanza incendiaria conosciuta come fuoco greco. Attraverso dei lanciafiamme montati sulle navi, sparavano questo fuoco sui nemici. Era un’arma davvero impressionante per la sua forza distruttiva e questo fuoco riusciva a rimanere acceso anche sull’acqua. Utilizzavano dei dispositivi di loro invenzione, che funzionavano con motore a torsione, per lanciare frecce con maggiore intensità. Dal 900 in poi adottarono per la costruzione delle loro armi le tecniche usate dai musulmani.
Il mondo islamico era molto più evoluto, nella costruzione delle armi, rispetto a tutti i popoli del Mediterraneo, soprattutto grazie alle relazioni commerciali con la Cina, da cui copiarono il trabucco. Si trattava di una grande macchina da guerra in grado di lanciare grandi pietre a distanza. Alcuni trabucchi venivano usati per gettare cavalli morti per diffondere malattie nelle città assediate. Il trabucco era composto da un lungo braccio con un contrappeso ad una estremità e una sacca all’altra estremità che funzionava come una grande fionda.
Intorno al 950, durante la dinastia Song, i cinesi iniziarono a produrre polvere da sparo (o polvere nera) e la lancia da fuoco fu la prima arma a utilizzarla. Era una comune lancia alla quale veniva abbinato un tubo contenente polvere da sparo e proiettili. All’accensione i proiettili venivano espulsi insieme alla fiamma per qualche metro. A partire dal 1100 con la polvere da sparo i Cinesi realizzarono le prime bombe, i primi razzi e i primi cannoni.
Nel Medioevo, in Europa, una delle armi innovative e più usate era la balestra. La balestra fu inventata nel 300 a C in Cina, ma non arrivò in Europa che nel 1000. La caratteristica principale di quest’arma è che può essere caricata in anticipo, prima di essere usata. Può lanciare quadrelli, frecce, strali, bolzoni, palle o dardi. La corda viene bloccata da un meccanismo chiamato noce, e lo scatto avviene facendo pressione su una sorta di grilletto o abbassando un piolo.
All’epoca delle Crociate (1000 – 1300) gli eserciti europei usavano lance, spade e pugnali; i soldati a piedi erano equipaggiati con una straordinaria gamma di armi inastate, che spesso riflettevano il loro luogo di origine. Le armi degli eserciti islamici non erano di molto diverse da quelle dei Crociati. Nell’esercito l’obiettivo fondamentale della cavalleria era caricare le linee nemiche e creare il caos. Per la carica iniziale i cavalieri usavano le lance, che poi venivano scartate per passare a spada, ascia e martello da guerra, che venivano usati per il combattimento corpo a corpo. La francisca, arma innovativa del Medioevo, fu inventata dai Franchi; è una scure da lancio perfettamente bilanciata, a manico corto e con lama a un taglio.
Dalla francisca si sviluppano varie armi inastate (montate su un’asta), prima fra tutte l’alabarda. Era un’arma tradizionale svizzera, costituita da una lama d’ascia sormontata da una punta, con un gancio o un piccone sul retro, in cima a un lungo palo. Quest’arma veniva usata dai soldati di fanteria contro la cavalleria.
Altra arma inastata del Medioevo era il terribile martello di Lucerna che somiglia in realtà più a un spiedo che a un martello.
E tra le armi inastate non possiamo dimenticare il roncone. Era un’arma di grande potenza perché poteva colpire, tagliare, agganciare, strappare ed era in grado di danneggiare le armature e ferire gravemente i cavalli.
L’arco era un’altra tipica arma medievale molto diffusa in tutti i paesi europei. Il successo militare dell’Inghilterra, a partire dal 1200, deve molto all’invenzione dell’arco lungo (longbow). A quel tempo l’Inghilterra era un paese rurale, e mancavano artigiani abili e risorse per costruire le balestre. L’arco lungo era costituito da un unico listello di legno di tasso, della lunghezza di circa 185 cm, ed era quindi molto economico da costruire. Grazie a quest’arma gli Inglesi sconfissero in più occasioni i loro nemici Francesi.
L’arma più importante del cavaliere era senza dubbio la spada.
I cannoni fecero la loro comparsa nel mondo musulmano e da lì a poco in Europa, verso il 1300. Venivano chiamati bombarde. La metallurgia europea dell’epoca, per quanto sviluppata, non consentiva la costruzione di fusti di grande resistenza, cosa che limitava precisione, potenza e soprattutto sicurezza dell’arma.
Insieme alle bombarde compaiono le prime armi da fuoco portatili, come ad esempio lo schioppo. Le armi da fuoco, in questo periodo, sostituirono solo le catapulte. Il cambiamento fu molto lento, anche perché inizialmente le armi da fuoco portatili avevano un costo troppo elevato e ricaricarle dopo uno sparo richiedeva troppo tempo durante le battaglie. Lo schioppo (in Inglese hand cannon , cioè cannone a mano) consisteva in una piccola bombarda montata su un’asta di legno. Originario della Cina, ebbe larga diffusione in Europa nel a partire dal 1300 e restò in uso sino 1500, quando venne sostituito dall’archibugio. Era ad avancarica (si caricava dal davanti) ed era costituito da un tubo (canna) chiuso ad un’estremità. Si inseriva la polvere e si pressava sul fondo, poi si inseriva la palla. Per accendere la polvere si inseriva un bastoncino accesso in un foro che si trovava nella parte posteriore (il focone).
Le armi medievali continuarono ad essere usate anche durante il Rinascimento e la spada rimase l’arma più popolare. Intorno al 1500 subì dei cambiamenti: vennero aggiunte le protezioni per la mano.
Nel 1500 gli eserciti erano equipaggiati con spada a doppio taglio, alabarda, arco e balestra, ma con l’aggiunta dell’archibugio, un’arma da fuoco portatile derivata dallo schioppo. Come tutte le armi da fuoco, utilizzava l’energia prodotta dall’accensione della polvere pirica per lanciare a distanza corpi solidi chiamati proiettili. L’accensione avveniva grazie all’otturatore a miccia (matchlock). Il sistema a miccia richiedeva agli archibugieri di portare con sé delle micce sempre accese. Come lo schioppo, doveva essere caricato col sistema dell’avancarica. Era un’arma pesante, lenta e poco precisa, e venne usato in battaglia per due secoli insieme ad archi e balestre. L’archibugio trovò poi sviluppo nel moschetto, dando origine al fucile moderno.
Il moschetto è un’arma da fuoco portatile, ad avancarica, derivata dall’archibugio e che fu usata fino agli inizi del 1900. Venne poi sostituita dai fucili a percussione e dai fucili a retrocarica. Il nome origina da mosca, che indicava il proiettile. Mentre l’archibugio veniva mantenuto in posizione appoggiandolo al petto, il moschetto vide l’introduzione del calcio, che permetteva di appoggiare l’arma alla spalla e di ottenere più precisione.
All’inizio il moschetto utilizzò il meccanismo a miccia (matchlock), come l’archibugio. Il meccanismo era formato da uno scodellino (un piccolo imbuto collegato alla canna), e una serpentina (un’uncino che sosteneva la miccia). Il moschettiere metteva della polvere nello scodellino e lo richiudeva. Dopo infilava la polvere e la palla di piombo nella canna (anteriormente) pigiando tutto sul fondo con un calcatoio (un’asta di legno, versione rimpicciolita di quella da cannone). Al momento dello sparo, tirando il grilletto la serpentina si muoveva verso lo scodellino mettendo a contatto la miccia accesa con la polvere: questa si incendiava e trasmetteva il fuoco alla polvere nella canna; a sua volta questa polvere esplodendo proiettava la palla lungo la canna e fuori da fucile.
In seguito, a partire dal 1540, il moschetto utilizzò il meccanismo a ruota (wheellock), che era simile ad un moderno accendino: una grossa molla, caricata con un’apposita chiave, al momento dello sparo metteva in movimento una ruota dentellata che sfregando contro un pezzo di pirite generava scintille, accendendo la polvere nella canna dell’arma. Questo meccanismo era comunque delicato e molto costoso e fu utilizzato più sulle carabine che sui moschetti.
Pochi anni dopo (1550) si diffuse un nuovo tipo di acciarino, lo snaphance (gallo che becca) che produceva le scintille facendo battere violentemente la pietra focaia su una piastra zigrinata. Dal “gallo che becca” si arrivò nel 1635 all’acciarino a pietra focaia, che utilizzava lo stesso principio, con un meccanismo migliorato. I moschettieri più addestrati potevano sparare 3 o 4 colpi al minuto.
La carabina era un’arma da fuoco simile al moschetto, ma più corta e meno potente. Il termine carabina deriva dalla parola araba karab, che significa arma da fuoco. Questo tipo di arma venne ideato intorno al 1590 per essere usata dai soldati a cavallo.
Con tutte le armi ad avancarica il grosso problema da risolvere era la lentezza tra un colpo e l’altro. Le prime armi che cercarono risolverlo furono gli organi, detti anche ribadocchini o ribauldequin, che potevano sparare colpi in successione.
A partire dal moschetto con accensione a pietra focaia (1635), per rendere più veloce il caricamento, vennero inventate le prime cartucce. Inizialmente per ogni colpo il soldato doveva caricare manualmente la polvere da sparo ed il proiettile, e quindi predisporre l’innesco. Questo richiedeva molto tempo, e per questo vennero ideate le prime cartucce, che erano tubi di carta che contenevano già pronti polvere e proiettile da inserire nella canna.
Nel 1700 comparve la prima rudimentale bomba a mano: una palla vuota di ghisa riempita di polvere nera e innescata da uno stoppino acceso.
La baionetta fu ideata nel 1600: si trattava di un’arma da taglio montata sulla canna di un fucile e consentiva alla fanteria di combattere corpo a corpo col nemico dopo aver esaurito le munizioni. La baionetta venne montata sul moschetto e rimase in uso fino alla Prima Guerra Mondiale (1915-1918).
Il cannone erano ancora la componente più lenta dell’esercito e poteva richiedeva 23 cavalli per il trasporto, che comunque procedeva a passo d’uomo. A partire dal 1600 gli eserciti puntarono sui cannoni leggeri e che potevano essere presidiati da pochi uomini. Diversi progressi tecnologici resero il cannone più mobile, soprattutto il puntamento regolabile a piolo e l’affusto mobile. L’affusto era una struttura a forma di scivolo munita di ruote che permetteva il trasporto della bocca da fuoco tenendola appoggiata su un sostegno. Il dispositivo a piolo permetteva la regolazione in altezza mediante un piolo inseribile in una serie di fessure poste in serie .
Gli scienziati si impegnarono nella ricerca di sostanze esplosive per potenziare le armi da fuoco, e già nel 1750 scoprirono il fulminato di mercurio, sostanza che poteva prendere fuoco ricevendo un colpo secco.
Il primo uso del fulminato fu ancora con le armi ad avancarica, nel 1812, quando fu inventata la capsula detonante. Si trattava di un involucro metallico a forma di bicchiere contente il fulminato. Dopo aver inserito nella canna la polvere e il proiettile, si poneva la capsula nel dispositivo dove veniva battuta dal percussore facendo partire il colpo.
Dalla scoperta del fulminato nacquero poi le armi a percussione. La prima di queste armi fu, nel 1814, il fucile ad ago, che aveva un sistema a retrocarica per cartucce di carta. Queste cartucce erano formate da un involucro di carta che conteneva la carica della polvere, la capsula detonante (che nelle armi a retrocarica si chiama innesco) e il proiettile. Premendo il grilletto, l’ago perforava la cartuccia e colpiva il fulminato, generando l’esplosione che faceva partire il proiettile. A questo punto le armi ad avancarica caddero in disuso, e gli inventori continuarono a cercare sistemi sempre più efficaci per caricare la canna dalla parte posteriore (retrocarica). La cartuccia del fucile ad ago era costituita da un involucro di carta che conteneva la carica della polvere, l’innesco e il proiettile.
Tutti questi progressi portarono, nel 1866, ad un nuovo sistema d’accensione: il sistema a percussione. La cartuccia è costituita da un bossolo d’ottone, con una capsula a percussione alla base e una carica di polvere e il proiettile compressi all’interno. La capsula a percussione (innesco) si trova al centro della base del bossolo. Quando il percussore colpisce la capsula, questa viene deformata e spinta in davanti, provocando l’accensione del fulminato.
Il sistema a percussione consente la produzione di armi a più canne fisse o rotanti e porta all’invenzione del revolver (rivoltella o pistola a tamburo) ad opera di Samuel Colt, nel 1835. Si tratta della prima arma prodotta in serie.
Tra gli anni 1860 e 1865 vi fu in vero fiorire di invenzioni e miglioramenti nelle armi da fuoco. Nel 1862 fu brevettata la mitragliatrice Gatling, a manovella. Richard Gatling, il suo inventore, scrisse che aveva costruito l’arma per diminuire la dimensione degli eserciti e ridurre così il numero di morti, e per dimostrare la futilità della guerra. Questa mitragliatrice era costituita da un fascio di 10 canne che venivano fatte ruotare manualmente in posizione di sparo, alimentate con cartucce metalliche a percussione centrale.
Negli stessi anni i chimici raggiunsero numerosi progressi nel campo degli esplosivi. Nel 1846 viene scoperto il fulmicotone, e solo due anni dopo la nitroglicerina. Nel 1867 Alfred Nobel trovò il modo di stabilizzare la nitroglicerina scoprendo la dinamite.
Nel campo dei fucili militari vengono studiate e realizzate armi in cui le operazioni di caricamento delle cartucce e di espulsione dei bossoli avvengono automaticamente, sfruttando o la pressione dei gas di sparo o l’energia del rinculo e già nella Prima guerra mondiale vennero impiegati fucili e pistole a raffica, tra cui l’italiana Villar Perosa.
Il principio dello sfruttamento dell’energia di rinculo per ricaricare un’arma (la stessa forza che sposta in avanti il proiettile agisce nell’opposta direzione) viene utilizzato per realizzare la pistola semiautomatica. Essa viene costruita in modo da non funzionare in modo automatico (a raffica): l’espulsione del bossolo e la successiva introduzione nella camera di una cartuccia avviene in modo automatico, ma per esplodere i colpi occorre azionare ogni volta il grilletto.
Nel 1905 i Tedeschi costruiscono il primo sottomarino allo scopo di raggiungere l’Inghilterra e la Francia.
Nel 1913 viene presentato a Londra il primo biplano da guerra Vickers Fighting Biplane n. 1, da cui discenderà il caccia Vickers FB5, armato di mitragliatrice, utilizzato dall’esercito britannico dal 1915 al 1916
Nel 1914 viene inventato il gas lacrimogeno.
Nel 1915 appare il primo carro armato su cingoli.
Nel 1936 si registra il primo volo dello Spitfire, che diventerà l’aereo simbolo della Seconda guerra mondiale. Era armato con quattro mitragliatrici dotate di 300 colpi ciascuna.
Nel 1941 entrò in servizio il Lancaster, prodotto nel Regno Unito e uno degli strumenti decisivi della vittoria alleata. Si trattava di un aereo da bombardamento e venne utilizzato principalmente come bombardiere notturno.
Il 3 ottobre 1942 la Germania nazista testò con successo il missile V2, armato di tritolo e nitrato d’ammonio. Il missile seguì una traiettoria perfetta e si schiantò a 193 km di distanza dalla piattaforma di lancio superando gli 80 km di quota. Gli Inglesi, consapevoli della grave minaccia di questa nuova arma, lanciarono una grossa offensiva contro i complessi di costruzione. Nell’immediato dopoguerra il missile V2 ebbe una breve ma intensa storia di utilizzazione. Sia gli americani sia i russi poterono disporre di centinaia di questi missili per far partire i rispettivi programmi missilistici, programmi che porteranno i due Paesi alla corsa di conquista dello spazio.
Il 13 giugno 1944, nell’ultima fase della Seconda guerra mondiale, i nazisti lanciano la prima bomba volante V1 su Londra. Questo ordigno univa le caratteristiche di un aereo a quelle di una bomba, e fu il primo esempio di missile da crociera. Il lancio terrestre della V1, di solito, avveniva grazie a una rampa di lancio inclinata. In tutto l’Inghilterra fu raggiunta da circa 10.000 ordigni di questo tipo.
Nel 1945 l’esercito americano utilizzò ampiamente il Napalm negli attacchi incendiari alle città giapponesi. Si tratta di un’emulsione chimica altamente infiammabile. Il Napalm era già stato usato dagli USA nel 1943 in Italia per i lanciafiamme.
Nel 1942 il fisico statunitense J. Robert Oppenheimer è nominato direttore del Progetto Manhattan per lo sviluppo di un’arma nucleare e il 2 dicembre Enrico Fermi e il suo team, a Chicaco, ottiene la prima reazione nucleare a catena. Gli Stati Uniti, con l’assistenza militare e scientifica del Regno Unito e del Canada, erano così riusciti a costruire e provare una bomba atomica prima che gli scienziati impegnati nel Programma nucleare tedesco riuscissero a completare i propri studi per dare a Hitler un’arma di distruzione di massa. Il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8:15 l’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki. Il numero di vittime dirette è stimato da 100 000 a 200 000, quasi esclusivamente civili. Per la gravità dei danni diretti e indiretti causati dagli ordigni e per le implicazioni etiche comportate dall’utilizzo di un’arma di distruzione di massa, si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi.
Conclusa la Seconda guerra mondiale si aprì il periodo della Guerra Fredda tra Usa e Unione Sovietica. In questa fase, dal 1947 al 1991, i due blocchi gareggiavano per costruire le bombe più grandi e devastanti. Questi ordigni venivano testati in regioni isolate, trasferendo nel caso la popolazione, ma portando gravissimi danni all’ambiente.
I Sovietici testarono con successo la loro prima bomba atomica nel Kazakistan. In risposta a questo, gli Americani annunciarono un programma di sviluppo della bomba a idrogeno. La prima bomba a idrogeno fu testata dagli USA nell’Atollo Enewetak (Isole Marshall), nel 1952. idrogeno La deflagrazione espresse una potenza 1000 volte superiore a quella delle bombe atomiche lanciate sul Giappone. Nel 1953 anche i Sovietici testarono la loro bomba a idrogeno.
A partire dal 1900 le conoscenze scientifiche nel campo della fisica, della chimica e della genetica hanno aperto la via allo sviluppo sistematico di armi micidiali. Per questo, dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati hanno aderito a varie convenzioni per proibire l’uso di determinate armi: le più importanti sono state la Convenzione per le armi biologiche (1972) e quella per le armi chimiche (1993). Tutte le armi che sono state vietate da queste convenzioni sono dette armi non convenzionali.
Einstein diceva “Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so che la Quarta sarà combattuta con pietre e bastoni”.
Forme contrastanti di terra e acqua Montessori: presentazioni, esercizi, istruzioni per il modellaggio con la creta e tutto il materiale stampabile pronto per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
“L’istruzione moderna richiede oggi che si dia la visione delle cose e non la loro descrizione, ma non basta vedere, anziché udire: è necessario vedere in un modo speciale. Quindi il problema consiste nell’esaminare come il bambino ha bisogno di vedere e quanto occorre per risvegliare in lui un potere di azione che, una volta avviato, apre nuove vie. Così la scuola sarebbe il luogo ove il bambino acquista qualcosa entro di sé, come un’ispirazione: il bambino vede, si ispira e l’ispirazione è tanto grande che lo porta a fare cose delle quali prima non sarebbe stato capace“. (Maria Montessori, Conferenza alla Summer School di Londra, 1939).
La geografia è parte della cultura umana ed il suo studio aiuta a formare la personalità. Per questo motivo, secondo Mario Montessori, andrebbe designata col termine di psico-geografia, così come si designa la grammatica psico-grammatica, la geometria psico-geometria, ecc.
Nella Casa dei Bambini presentiamo come primo materiale per la geografia il globo smerigliato, che permette al bambino un’esperienza sensoriale legata al ruvido delle terre emerse e al liscio dell’acqua.
Si tratta di soli due elementi: l’acqua e la terra, ma questi due elementi, incontrandosi tra loro, producono moltissime forme diverse, che possono però essere ricondotte a poche forme di base, che una volta conosciute permetteranno al bambino di operare tutta una serie di classificazioni. Questo riconoscimento delle forme di base, che può essere considerato una chiave di lettura per tutta la geografia, comincia con le forme contrastanti di terra e acqua.
E’ sempre importante tenere a mente che con questa presentazione non esploriamo la geografia reale, ma viviamo un’esperienza sensoriale (visiva) allo scopo di preparare il bambino allo studio futuro della Geografia fisica, in particolare alla geomorfologia e all’idrologia.
Le tre forme contrastanti di terra e acqua che presentiamo sono tre forme di terra (isola, penisola, istmo) e tre forme di acqua (lago, golfo, stretto), che sono opposte a due a due in questo modo: – isola-lago; penisola-golfo; istmo-stretto.
Esistono in commercio materiali tridimensionali già pronti, ad esempio quelli di Boboto che avevo presentato nel post Forme della terra e dell’acqua. Prima dell’acquisto, però, ci sono delle considerazioni da fare, perchè questo è uno dei pochi casi in cui il “fatto a mano” si prospetta come migliore rispetto al materiale pronto, soprattutto perchè il materiale pronto, anche quello ben fatto, priva il bambino di un’esperienza manuale e sensoriale importante. C’è da aggiungere inoltre che nel materiale pronto in commercio di riscontrano errori quali l’aspetto tridimensionale (è importante che i contrasti siamo bidimensionali!), e il fatto che presentano più dei tre contrasti previsti da Maria Montessori in base al principio della “limitazione del materiale” (è importante che il materiale non offra più di quello che è necessario!).
Materiali stampabili
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Forme contrastanti di terra e acqua presentazione con creta e acqua
Materiale: – strisce di carta e penna – argilla in polvere – una brocca d’acqua per impastare l’argilla – un tagliere grande di legno per impastare – un coltello o uno stecchino di legno (del tipo da spiedino) – una brocca con acqua colorata di blu (preferibilmente con colorante alimentare) – una spugna o un cucchiaio – sei vassoi possibilmente rettangolari, di alluminio o plastica, possibilmente 30 x 20 cm, con un bordo di circa 3 cm di altezza.
Per le immagini che trovate nella presentazione io ho usato contenitori più piccoli di quelli previsti, tagliando il bordo di sei piattini di plastica. Può essere una soluzione economica e pratica per la seconda fase del lavoro, quando a modellare l’argilla saranno i bambini.
L’argilla (comunemente anche detta creta) si può acquistare nei colorifici o anche online. Non viene venduta in polvere, come richiederebbe l’esercizio, ma può essere fatta seccare e poi ridotta in polvere con un martelletto.
Maria Montessori ha espressamente indicato l’argilla in polvere per questa attività, non solo perchè è un prodotto naturale, ma soprattutto perchè è davvero terra, come quella che i bambini conoscono quando giocano all’aperto. In alternativa potreste scegliere di preparare una pasta da modellare con farina, sale, colorante marrone ed eventualmente colla vinilica. Non avendo a disposizione la creta, e non lavorando coi bambini, per le presentazioni che seguono io ho fatto così.
Presentazione: – portiamo il materiale su un tavolo, se è possibile all’aperto, e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione – prendiamo l’argilla in polvere e impastiamola con l’acqua, come si fa con la pasta fatta in casa. Intanto raccontiamo ai bambini cos’è l’argilla: “Questa si chiama argilla. E’ una terra formata da piccolissimi granelli di roccia e da sali. Ora la sto impastando con un po’ d’acqua per formare una specie di fango duro”. Questa, naturalmente, è la presentazione del lavoro, ma è molto importante che in una seconda fase ogni bambino prepari la creta con le sue mani e modelli le forme per “le mani lavorano la creta e la creta lavora le mani del bambino“ – quando abbiamo ottenuto un impasto piuttosto compatto, non troppo morbido, dividiamolo in tre parti uguali e stendiamo ogni parte in una vaschetta diversa. Ogni vaschetta deve essere riempita di creta ben livellata, perchè vogliamo rappresentare una forma bidimensionale (e non fare un plastico) – prendiamo la brocca di acqua blu e riempiamo le rimanenti tre vaschette, ma a un livello leggermente più basso di quello della creta, per evitare che nei passaggi successivi l’acqua trabocchi o sommerga le forme di terra – mettiamo le vaschette in riga, alternandole (una di terra, una di acqua), poi mettiamo davanti ai bambini una delle tre coppie e indicandole diciamo “Questa è la terra”; “Questa è l’acqua”
(Dal punto di vista religioso-biblico, questa immagine rimanda alla Creazione come descritta nella Genesi: “E Dio separò le acque che stavano sotto il firmamento da quelle che stavano sopra il firmamento; e chiamò terra l’asciutto e mare l’ammasso delle acque“.) – scriviamo sui cartellini di lettura le parole TERRA e ACQUA
– togliamo i cartellini di lettura – incidiamo fino al fondo della vaschetta la superficie di argilla col coltello o lo stecchino di legno, descrivendo una forma tondeggiante dai contorni non troppo regolari
– estraiamo la forma che abbiamo ritagliato e trasferiamola in una vaschetta d’acqua, posizionandola al centro – con il cucchiaio o imbevendo la spugna versiamo dell’acqua blu nel foro di creta. Accostiamo i due vassoi e indicandoli diciamo : “Questa è un’isola”; “Questo è un lago”
– scriviamo i due nomi su due strisce di carta (bigliettini di lettura) e mettiamole accanto ad ogni forma creata e ripetiamo: “Isola”, “Lago” come primo tempo della lezione per imparare i nomi – chiediamo a un bambino :”Mi indichi l’isola?”, “Qual è il lago?” – infine facciamo in modo che il bambino nomini gli oggetti, ad esempio chiedendo: “Questo cos’è?” – ripetiamo il procedimento per le altre due coppie di opposti, cioè per la penisola e il golfo,
– e per lo stretto e l’istmo
– come già detto, dopo questa presentazione è molto importante che ogni bambino crei le sue forme della terra e dell’acqua con creta e acqua colorata. E’ molto importante che il bambino lavori con le sue mani, trattandosi di un’attività prettamente sensoriale.
Scopi: – vivere un’esperienza sensoriale in relazione alla geomorfologia – riconoscere le principali configurazioni orizzontali della superficie terrestre – riconoscere che le forme sono contrasti tra loro – obiettivi indiretti quali lo sviluppo muscolare, la coordinazione e il controllo dei movimenti e la preparazione al lavoro artistico di modellaggio della creta.
Età: dai 3 anni
Nomenclature: argilla, creta, acqua, brocca, spugna ecc., il nome delle forme contrastanti di terra e acqua.
Nota: – le forme non vanno adornate da casine, alberelli, barchette ecc. , che finirebbero per distrarre dall’essenziale, mentre è proprio l’isolare la qualità ad illuminare il concetto.
Forme contrastanti di terra e acqua ricerca di definizioni
– oltre a redigere i cartellini di lettura, possiamo comporre delle carte delle definizioni con la collaborazione attiva dei bambini; per farlo mettiamo i sei vassoi delle forme contrastanti di terra e acqua davanti ai bambini e discutiamo insieme, ponendo loro varie domande e chiedendo di osservare le forme con attenzione: “Hai mai visto un’isola?”; “Hai mai visto un lago?”; “Com’era l’isola che hai visto?”; “Cosa hai fatto quando hai visto il lago?” – ogni volta che abbiamo trovato una definizione, scriviamola su un cartoncino e mettiamola accanto alla forma, col cartellino di lettura.
Forme contrastanti di terra e acqua: collage
Materiale: – forme contrastanti di terra e acqua realizzate con l’argilla – fogli di carta blu e fogli di carta marrone quadrati, possibilmente nelle misure 14 x 14 cm – fogli bianchi più grandi per incollare le forme create – penna o pennarello – forbici – colla – nomenclature in tre parti (immagine+ nome, solo immagine, solo nome), ma per questa presentazione usiamo solo le ultime due – poster delle forme contrastanti di terra e acqua.
Presentazione: – mettiamo le forme contrastanti di terra e acqua lungo il margine superiore del piano di lavoro – sovrapponiamo un foglio blu e un foglio marrone e, senza disegnare e tenendo i due foglietti uniti con la mano sinistra, tagliamo con le forbici la forma dell’isola
– separiamo i due colori in modo da ottenere quattro pezzi; separiamo i due colori e scambiamo tra loro gli “incastri”. Incolliamo ogni contrasto su un foglio,
– scrivendone il nome
– abbiniamo i due collage alle rispettive forme di creta e diciamo: “Abbiamo già rappresentato l’isola e il lago con la creta e con l’acqua, ora lo abbiamo fatto anche con la carta”
– ripetiamo con le altre coppie di contrasti: penisola e golfo
– istmo e stretto:
– aggiungiamo schede con le immagini delle nomenclature delle forme contrastanti di terra e acqua – distribuiamo i cartelli dei nomi tra i bambini, che li abbineranno alle immagini
– mostriamo il poster
– riordiniamo, mostrando ai bambini dove trovare il materiale nello scaffale della geografia.
In seguito il bambino realizzerà da solo i collage etichettandoli, e scriverà le sue definizioni. Potrà anche realizzare un libretto, o utilizzare carta vetrata al posto del cartoncino marrone per la terra.
Forme contrastanti di terra e acqua ricerca sul globo smerigliato
Ognuna delle sei forme contrastanti di terra e acqua deve in secondo tempo essere ricercata sul globo smerigliato, identificando le forme e non il nome (penisola, e non Italia; isola, e non Irlanda).
Materiale: – forme contrastanti di terra e acqua in argilla – globo smerigliato.
Presentazione: – mostriamo il globo e una forma e cerchiamola sul globo – nominiamo la forma – continuiamo con le altre forme.
In seguito il bambino potrà cercare le forme contrastanti della terra e dell’acqua sul globo colorato, sull’incastro del planisfero e sulle cartine geografiche.
Forme contrastanti di terra e acqua nomenclature per la scuola d’infanzia
Nella Casa dei Bambini le forme contrastanti di terra e acqua possono rispondere alla “fame di parole nuove” tipica dei bambini a questa età, oltre che essere la risposta per l’interesse naturale per le forme. Nella fascia d’età che va dai 3 ai sei anni, i bambini hanno la capacità innata di assorbire con precisione immagini concrete e, insieme, la terminologia corrispondente, fissando entrambe nella memoria. Tenendo presenti queste caratteristiche, proponiamo ai bambini le nomenclature composte da schede parlate e schede mute (per la lezione in tre tempi) con biglietti di lettura per l’appaiamento e un poster riassuntivo per il controllo. Questo materiale serve a dare al bambino una forma col suo nome. In seguito, per i bambini che sanno leggere, si proporranno anche le schede delle definizioni. Le immagini contenute nelle nomenclature per le forme contrastanti di terra e acqua rappresentano per i bambini la prima vera “carta geografica”, cioè una rappresentazione in due dimensioni della realtà tridimensionale. Per facilitare la comprensione di questo passaggio di dimensione, cioè per capire che le linee delle mappe rappresentano forme della terra e dell’acqua, è utile preparare nomenclature a tre livelli di semplificazione: – immagini con la terra in marrone e l’acqua in blu
– immagini con la terra in marrone e l’acqua in blu, con la zona di incontro tra terra e acqua evidenziata in rosso
– immagini che presentano solo il contorno rosso delle forme.
Le immagini che inseriamo in queste nomenclature devono rappresentare il concetto, ad esempio, di isola e mostrare le caratteristiche che servono ad identificare qualsiasi isola. Non devono rappresentare un’isola in particolare (anche perchè nella realtà non esiste un dato lago di forma perfettamente corrispondente a una data isola). Bisogna inoltre precisare che le sei forme proposte sono elementi geografici “contrastanti” soltanto da un punto di vista dell’esperienza sensoriale.
Completano il materiale le definizioni, per i bambini che sanno già leggere, e il poster murale, che appeso in classe serve per il controllo autonomo dell’errore. Allo stesso scopo possiamo usare una copia del materiale per realizzare un libretto delle forme contrastanti di terra e acqua.
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
NOMENCLATURE DELLE FORME CONTRASTANTI DI TERRA E ACQUA scuola d’infanzia 3 contrasti
Prerequisiti: – modellaggio delle forme con argilla e acqua – lezioni in tre tempi per il nome delle forme contrastanti di terra e acqua – ricerca sul globo smerigliato delle forme contrastanti di terra e acqua.
Materiale: – tavolo a tappeto – forme contrastanti di terra e acqua in argilla – nomenclature delle forme contrastanti di terra e acqua.
Presentazione: – invitiamo un gruppo di bambini ad unirsi a noi nell’esercizio e portiamo il materiale sul piano di lavoro – diciamo ai bambini che faremo un nuovo esercizio con le forme contrastanti di terra e acqua – mettiamo le forme contrastanti di terra e acqua lungo il margine superiore del tappeto, in ordine casuale – indichiamo la busta con le nomenclature e diciamo: “Queste sono le nostre nomenclature per le forme contrastanti di terra” e spargiamole in ordine casuale sul piano di lavoro, verso il margine inferiore del piano di lavoro – chiediamo al bambino di trovare una carta si possa abbinare alla prima forma di argilla e darcela, quindi mettiamola sotto alla forma di argilla. – continuiamo allo stesso modo fino a completare la prima serie, poi passiamo alla seconda e infine alla terza, formando colonne di carte sotto ogni forma di argilla – verifichiamo gli abbinamenti con il poster, che potremo poi appendere al muro – se i bambini sanno leggere, l’esercizio può proseguire abbinando alle forme anche le definizioni – terminata la presentazione riordiniamo mostrando ai bambini dove potranno trovare tutto il materiale per i loro esercizi individuali o di gruppo.
Nota: per questa presentazione utilizziamo solo le schede immagine+nome di ogni set.
Per i giorni seguenti: – lavoriamo con le carte delle nomenclature complete (immagine+nome, solo immagine, solo nome), e con i poster e i libretti (per il controllo autonomo dell’errore) – lavoriamo solo con le carte, senza usare le forme in argilla – aggiungiamo gradualmente nomenclature per altre forme contrastanti di terra e acqua, presentando i nomi con la lezione in tre tempi (nominare, far identificare l’oggetto, far nominare l’oggetto) – chiediamo ai bambini di realizzare da soli delle nuove nomenclature – chiediamo ai bambini di realizzare da soli dei libretti delle forme contrastanti di terra e acqua.
Definizioni per le forme contrastanti di terra e acqua per la scuola d’infanzia
Il lago è una massa d’acqua completamente circondata dalla terra. L’isola è un pezzo di terra completamente circondato dall’acqua.
La penisola è un pezzo di terra che si estende nell’acqua e che è quasi del tutto circondato dall’acqua. Il golfo è una rientranza del mare che si addentra nella terra.
L’istmo è una sottile striscia di terra che congiunge due grandi terre. Lo stretto è una sottile distesa d’acqua che si trova fra due terre e che congiunge due mari.
Come detto, il materiale originale comprende esclusivamente queste tre coppie contrastanti, ma siccome molto del materiale in commercio aggiunge anche le coppie arcipelago-sistema di laghi e capo-baia ho preparato anche questo materiale. Può essere comunque presentato come estensione della presentazione principale.
L’arcipelago è un gruppo di isole. Il sistema dei laghi è un gruppo di laghi.
Il capo è una sporgenza della costa che si estende sul mare partendo con uno spazio stretto che poi si allarga sul mare. La baia è un’insenatura che, a differenza del golfo, ha un’entrata dal mare stretta e poi si allarga via via che penetra nell’entroterra.
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Forme contrastanti di terra e acqua collezione di cartoline dal mondo
Possiamo preparare carte illustrate con riproduzioni fotografiche delle sei forme contrastanti di terra e acqua, sia nel nostro Paese, sia a livello mondiale, da completare con nome luogo in cui si trova. Questo materiale può essere anche preparato insieme ai bambini, chiedendo loro di portare cartoline, fotografie di vacanze, ritagli di riviste.
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Forme contrastanti di terra e acqua Memorizzazione coi planisferi di controllo
Con i bambini da 3 a 6 anni si può iniziare a localizzare su mappe le forme di terra e acqua presentate. Oltre ad imparare a localizzarle, i bambini possono memorizzare il loro nome. Per questa attività si predispongono sei carte geografiche parlate (planisferi di controllo) e i sei corrispondenti planisferi muti con cartellini a parte (per l’esercizio). Ogni planisfero conterrà i contorni e una forma evidenziata (planisfero delle isole, planisfero dei laghi, ecc.) “Avere una visione d’insieme rende felici, soddisfatti e non affatica perchè il desiderio di conoscere tutti i particolari viene a poco a poco“.
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Forme contrastanti di terra e acqua Nella scuola primaria (secondo livello)
Plastici
Dopo i 6 anni i bambini, oltre a modellare con l’argilla le configurazioni orizzontali, realizzeranno plastici per le configurazioni verticali: la montagna e le sue parti, la pianura, l’altopiano, il corso del fiume e molti altri.
Ricerca etimologica
Nella scuola primaria i bambini si interessano all’origine delle parole che si usano nello studio della geografia. Per questo nelle nomenclature classificate ho aggiunto l’etimologia delle parole.
Nomenclature classificate per la Geografia
Le nomenclature classificate per la Geografia, nella scuola primaria, sono un materiale vastissimo. Ne fanno parte quelle della configurazione orizzontale delle forme della terra e dell’acqua, poi quelle per la configurazione verticale, poi quelle di tutto ciò che è oggetto di studio della geografia fisica, in particolare della geomorfologia e dell’idrografia. La nomenclatura classificata completa per la geografia comprende tra l’altro: la struttura della terra, la struttura dell’atmosfera, la terra, la superficie terrestre, le forme della terra e dell’acqua (configurazione orizzontale), le forme della terra e dell’acqua (configurazione verticale), le isole, la costa, la montagna, la pianura, la valle, l’idrosfera, i ghiacciai, le morene, il fiume, le raccolte d’acqua, i laghi, ecc… Comprendono inoltre le forme intermedie (pseudo-penisola, capo, baia, punta…) e le parti delle forme terrestri come le parti della montagna (falde, piede, cima, cresta, valle, collina, pianura…), le parti del fiume (sorgente, rive, letto, foce, profondità, pendenza, portata…) ecc., e i tipi speciali di forme terrestri come isole oceaniche o continentali, arcipelago, vulcani, catena di montagne o massiccio, delta o estuario, ecc.
Qui propongo: – forme della terra e dell’acqua (configurazione orizzontale) – forme della terra e dell’acqua (configurazione verticale) – forme della terra (litosfera) – forme dell’acqua (idrosfera).
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Lavorare con i dati
“L’immaginazione del fanciullo è vaga, imprecisa, illimitata. Ma non appena egli entra in contatto col mondo esterno, ha bisogno di esattezza“. (Maria Montessori – Dall’infanzia all’adolescenza). Per quanto riguarda la Geografia, dopo aver dato la nomenclatura e la localizzazione delle forme di tera e acqua, possiamo unire a queste informazioni i dati numerici (lunghezza dei fiumi, superfici di isole, penisole, ecc., altezza delle montagne… Maria Montessori ha raccomandato, per i grandi numeri, che “la grandezza non sia solo una parola, ma abbia dimensioni e permetta confronti“. Grazie a tavole con dati numerici possiamo accompagnare i bambini a scoprire, ad esempio, che l’area della Groenlandia, che è la più grande isola del mondo, corrisponde ad un quadrato che misura 1500 chilometri di lato e che servirebbero nove isole grandi come la Gran Bretagna per formare un’isola grande come lei.
Per lavorare con i dati, nei planisferi di controllo, che possono essere usati a partire dalla scuola d’infanzia, si trovano vari spunti:
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Forme contrastanti di terra e acqua Ne parlano
– Il quaderno Montessori – primavera 2000. “Forme contrastanti di terra e d’acqua”, Camillo Grazzini. – Il quaderno Montessori – estate 1997. “Alla scoperta della Terra”, appunti di Adele Costa Gnocchi sulla conferenza di Maria Montessori alla Summer School (Londra) del 1939. – Il quaderno Montessori – autunno 1995. Armonia educativa nella scuola elementare Montessori, Grazia Honegger Fresco. – Il quaderno Montessori – estate 2008. “La geografia come risposta alle domande dei bambini” da “Lezioni di Mario Montesano Montessori” di Flaminia Guidi. – http://worldlandforms.com/
Nomenclature delle forme dell’acqua (idrosfera) per la scuola primaria, pronte per la stampa.
Le nomenclature classificate per la Geografia, nella scuola primaria, sono un materiale vastissimo. Ne fanno parte quelle della configurazione orizzontale delle forme della terra e dell’acqua, poi quelle per la configurazione verticale, poi quelle di tutto ciò che è oggetto di studio della geografia fisica, in particolare della geomorfologia e dell’idrografia. La nomenclatura classificata completa per la geografia comprende tra l’altro: la struttura della terra, la struttura dell’atmosfera, la terra, la superficie terrestre, le forme della terra e dell’acqua (configurazione orizzontale), le nomenclature delle forme della terra (configurazione verticale), le nomenclature delle forme dell’acqua, le isole, la costa, la montagna, la pianura, la valle, l’idrosfera, i ghiacciai, le morene, il fiume, le raccolte d’acqua, i laghi, ecc… Comprendono inoltre le forme intermedie (pseudo-penisola, capo, baia, punta…) e le parti delle forme terrestri come le parti della montagna (falde, piede, cima, cresta, valle, collina, pianura…), le parti del fiume (sorgente, rive, letto, foce, profondità, pendenza, portata…) ecc., e i tipi speciali di forme terrestri come isole oceaniche o continentali, arcipelago, vulcani, catena di montagne o massiccio, delta o estuario, ecc.
Qui propongo le nomenclature delle forme dell’acqua, con immagine, nome e definizione con etimologia.
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Di seguito, se preferisci realizzarle in proprio, trovi i contenuti e i riferimenti per le immagini.
Il lago è una grande massa d’acqua raccolta in una concavità del terreno e completamente circondata da terra. Etimologia: dal latino lacus (cavità del suolo).
La baia è un’insenatura poco estesa della costa, che presenta un’entrata piuttosto stretta e che poi penetra profondamente nell’entroterra. Etimologia: dal francese bayer (avere la bocca aperta).
Lo stretto è una via d’acqua stretta che collega due grandi corpi d’acqua. Etimologia: dal latino strictus (allacciato serrato, stretto).
Una cascata è una discesa perpendicolare o molto ripida di acqua. Etimologia: dal latino cadescrere (venire dall’alto al basso).
Una laguna è un bacino costiero poco profondo parzialmente separato dal mare o dall’oceano da una barriera di sabbia o corallina. E’ caratterizzata da acqua salmastra e maree. Etimologia: dal latino lacuna (spazio vuoto).
La ría è un’insenatura che si forma quando una costa alta si abbassata e il mare entra occupando una valle in cui scorre un fiume. Le rías sono tipiche della regione spagnola della Galizia, ma sono diffuse un po’ in tutto il mondo. Etimologia: è una parola spagnola che deriva dal latino rivum (fiume).
Il fiume è un corso d’acqua perenne che scorre sulla superficie terrestre (o in alcuni casi al di sotto di essa) guidato dalla forza di gravità; può essere alimentato dalle piogge, dallo scioglimento di nevi e ghiacciai o dalle falde acquifere sotterranee. Etimologia: dal latino flumen (che fluisce).
L’estuario è lo sbocco dei fiumi che giungendo alla foce non creano depositi di sedimenti ma sfociano in un unico canale o ramo. Etimologia: dal latino aestuarium (bollore, agitazione del mare, marea).
Un delta è un tratto di terra che si forma alla foce per l’accumulo di sedimenti trasportanti del fiume. Etimologia: nome della quarta lettera dell’alfabeto greco, che ha la forma di un triangolo.
Un affluente (o tributario) è un corso d’acqua che versa le sue acque in un altro corso più grande. Il luogo dove due o più corsi d’acqua si incontrano unendo le loro acque viene detto confluenza. Etimologia: dal latino affluere (scorrere verso).
Un ghiacciaio è una grande massa di neve ghiacciata, che si raduna negli avvallamenti delle montagne, e scorrente molto lentamente verso il basso per gravità. Etimologia: dal latino glacies (ghiaccio).
Un iceberg è una grande massa di ghiaccio che si è staccata da un ghiacciaio o da una piattaforma di ghiacciai e galleggia alla deriva nel mare. La maggior parte di un iceberg è sott’acqua. Etimologia: dall’olandese ijs (ghiaccio) e berg (montagna).
Gli oceani sono le più vaste distese d’acqua salata presenti sulla superficie terrestre, che separano i continenti. Si distinguono dai mari per le dimensioni molto maggiori. Etimologia: dal latino oceanus (massa, moltitudine).
Un geyser è un’apertura nel terreno che espelle acqua calda e vapore a causa dell’attività vulcanica. Etimologia: dall’islandese Geysir, nome di una sorgente di acqua calda.
Un mare mediterraneo è un tipo di mare interno che bagna continenti o subcontinenti diversi. Il termine prende origine dal Mare Mediterraneo, che ne è il prototipo ed è l’unico ad essere riportato nelle carte geografiche. Etimologia: dal latino mediterraneus (che sta in mezzo alle terre).
Un arroyo è il letto asciutto di un ruscello che si riempie solo dopo una forte pioggia, o stagionalmente. Gli arroyo si trovano soprattutto in ambienti montani desertici. Etimologia: è una parola spagnola.
Un blowhole è un foro di una grotta marina nella quale si crea una forte pressione. Quando questa pressione è abbastanza forte, si creano spruzzi di acqua. Etimologia: parola inglese composta da hole (buco) e blow (spruzzo).
Il fossato faceva parte del sistema di difesa delle antiche città fortificate. Si tratta di uno scavo attorno al perimetro esterno. Spesso si scavava fino a raggiungere la falda acquifera. Etimologia: dal latino fossus (scavato).
Una falda acquifera è una zona di rocce permeabili, cioè che assorbono acqua. Questa poi si deposita tra gli strati del terreno. Etimologia: la parola falda, che deriva dal termine tedesco falte, che vuol dire piega o strato.
Una pseudo-dolina (in inglese kettle) è un corpo d’acqua poco profondo che si è creato dal distacco di blocchi di ghiaccio da ghiacciaio. La ha un diametro minore di due chilometri. Etimologia: dal greco pseydes (falso) e dallo sloveno dol (valle).
Una lanca è un meandro fluviale abbandonato dal fiume. Diversi esempi di lanca si trovano nella Pianura Padana, creati dal Po e dal Ticino. Etimologia: parola pre-latina, simile al lituano lankà (valle).
Un crepaccio è una grande crepa in un ghiacciaio che può essere vista dalla superficie. In genere si tratta di una fenditura profonda e di grandi dimensioni. Etimologia: accrescitivo di crepa, dal latino crepare (scricchiolare, scoppiare).
Una caverna glaciale è una cavità che si forma all’interno di un ghiacciaio. Etimologia: dal latino cavus (incavato) e glacies (ghiaccio).
Un golfo è un tratto di mare o di oceano che penetra in modo più o meno accentuato tra la terraferma. Etimologia: dal greco kolpos (seno).
Un meandro è un’ampia curva di un fiume con una sponda concava e una convessa. Spesso queste curve producono una forma circolare. Etimologia: il termine proviene dal nome greco Maiandros di un fiume della Turchia.
Una zona umida è un ambiente naturale (palude, acquitrino, torbiera ecc.) con acque profonde non più di sei metri. Etimologia: dal latino zona (recintato) e umidus (essere bagnato).
Un lago di cascata è una depressione profonda alla base di una cascata creata dalla forza dell’acqua. Etimologia: dal latino lacus (cavità del suolo) e cascare (venire dall’alto in basso).
Una palude è una zona coperta d’acqua con una vegetazione e una fauna particolari, che si sono adattate all’elevata umidità. Molte paludi si formano lungo i grandi fiumi o sulle rive dei grandi laghi. Esistono paludi d’acqua dolce o salata. Etimologia: dal latino palus (melma).
Insenatura (o seno) è il termine generico per descrivere una massa d’acqua che penetra entro terra. Le dimensioni di un’insenatura possono essere enormi, come nel caso del golfo del Bengala, o molto piccole, come nel caso delle calette. Etimologia: la parola è un derivato di seno, dal latino sinus, che era un lembo della toga romana con molte pieghe ondulate.
Un lago glaciale è un lago che si è formato in una cavità scavata da un ghiacciaio. Etimologia: glacies (ghiaccio) e lacus (cavità del suolo).
La rapida è il tratto di un fiume il cui letto acquista pendenza in modo brusco, producendo onde e turbolenza. E’ una via di mezzo fra una corrente tranquilla ed una cascata. Etimologia: dal latino rapidus (portare via).
Un lago artificiale è un bacino creato dall’uomo, con la costruzione di una diga, per raccogliere una grande massa d’acqua. Etimologia: dal latino lacus (cavità del suolo) e artificium (artificio).
La marea è il regolare aumento (alta marea) e diminuzione (bassa marea) del livello degli oceani e delle acque connesse all’oceano. Etimologia: dal latino mareare (navigare).
Il fiordo è un’antica valle glaciale riempita dal mare. È più stretto e più profondo all’imboccatura, poi si allarga. Etimologia: dal norvegese fjord (approdo).
Cenote è il nome che si usa in America Centrale per grotte sotterranee parzialmente crollate, quindi aperte alla superficie, che raccolgono al loro interno bacini di acqua dolce. Etimologia: dal maya antico tz’ono’ot.
Una dolina marina è una grande dolina subacquea che si è formata in tempi preistorici, quando il livello del mare era più basso. Quando i mari si sono innalzati, queste doline sono state invase dell’acqua marina. Etimologia: dallo sloveno dol (valle).
Una cala è una piccola con entrata stretta che poi si allarga in forma circolare. Spesso le cale si trovano all’interno di una baia più grande. Quelle più piccole si chiamano calette. Etimologia: dal latino cajare (chiudere, trattenere).
Un fiardo è un ingresso marino in un terreno roccioso ghiacciato a basso rilievo. I fiardi hanno un profilo più corto, più profondo e più ampio del profilo di un fiordo. Anche se i fiardi e fiordi sono simili, i fiordi hanno ripide scogliere di alto rilievo mentre i fiardi sono una depressione con coste più basse. I fiardi inoltre tendono a riempirsi materiali erosi e a trasformarsi in paludi salate. Etimologia: è una parola norvegese.
Barachois è un termine usato in Canada per descrivere una laguna costiera separata dal mare da una barriera di sabbia o ghiaia. L’acqua salata può entrare nel barachois solo durante l’alta marea . Etimologia: dal basco barratxoa che significa piccola barriera.
Un lago anchialino è una piccola massa d’acqua senza sbocco collegata all’oceano in maniera sotterranea. Etimologia: dal greco ankhialos (vicino al mare).
Un bacino idrografico è l’area delle acque che scorrono sulla superficie del suolo e si uniscono a un corpo più grande (fiume, lago o mare interno). Ad esempio abbiamo il “il bacino idrografico del Rio delle Amazzoni”. Etimologia: dal latino baccinus (recipiente di terracotta per raccogliere liquidi).
Il bayou è un ecosistema tipico della Louisiana. È un corpo di acqua in una zona pianeggiante e bassa, e può essere un fiume molto lento, o un lago paludoso o una zona umida. Molti bayou ospitano i gamberetti e altri molluschi, pesci rossi, rane, rospi, coccodrilli americani, aironi, tartarughe, vongole, serpenti. Etimologia: dalla parola Choctaw bayouk, che significa “tortuosità”.
Il ruscello è un piccolo corso d’acqua che origina delle acque piovane o da sorgenti, e che di solito confluisce in un corso d’acqua maggiore. Il ruscello solitamente scorre al centro di una piccola valle pianeggiante, la sua larghezza non è superiore a qualche metro ed è poco profondo. Etimologia: dal latino rivuscellus (piccolo fiume).
La sorgente è un’area più o meno estesa della superficie terrestre dove viene alla luce, in modo del tutto naturale, l’acqua di una falda acquifera. Etimologia: dal latino surgere (nascere).
Il billabong è una tipica lanca australiana, che ha origine da un meandro fluviale abbandonato. Si tratta di una pozza d’acqua stagnante. che si riempie d’acqua stagionalmente ed è asciutta per gran parte dell’anno. Etimologia: La parola è deriva dal Wiradjuri bilaba, che significa “acqua che corre solo dopo la pioggia”.
Un canale artificiale è un corso d’acqua almeno in parte opera dell’uomo, creato per l’ irrigazione o come via navigabile. Etimologia: dal latino canalis (canna).
Un canale naturale è un braccio di mare ristretto che collega due oceani o due mari. Spesso viene considerato come sinonimo di “stretto”. Se queste sono di caratteristiche simili (densità, salinità, temperatura) si parla di canale; se invece le caratteristiche sono dissimili si parla di Stretto. Etimologia: dal latino dal latino canalis (canna) e naturalis (della natura).
Un effluente è un corso d’acqua che si allontana dal fiume principale. Il termine non va confuso con quello di emissario, con il quale si intende in genere il corso d’acqua che esce da un lago. Etimologia: dal latino effluere (sgorgare).
Un emissario è un corso d’acqua che esce da un lago. Etimologia: dal latino emittere (mandar fuori).
Un immissario è un corso d’acqua che da solo o assieme ad altri fa affluire l’acqua in un lago. Etimologia: dal latino immittere (mandare dentro).
Uno stagno è uno specchio d’acqua ferma di dimensioni ridotte e fondale poco profondo. Differisce dalla palude perché non è prodotto dall’inondazione fluviale o marina di aree pianeggianti, e per la minor presenza di limo. Etimologia: dal latino stagnum (stagno).
Una pozzanghera è un piccolo accumulo di acqua. Si può formare all’interno di piccole depressioni o direttamente sulla superficie piatta, tenuta insieme dalla tensione superficiale. Etimologia: derivato di pozza.
La rada è un’insenatura naturale o artificiale dove le imbarcazioni possono ancorare e sostare in sicurezza al riparo dai venti e dalle correnti. Etimologia: dal francese rade (preparare per la partenza).
Il mare è una vasta distesa di acqua salata connessa con un oceano, che bagna isole e continenti. Etimologia: dal latino mare.
Nomenclature delle forme della terra (litosfera) per la scuola primaria, pronte per la stampa.
Le nomenclature classificate per la Geografia, nella scuola primaria, sono un materiale vastissimo. Ne fanno parte quelle della configurazione orizzontale delle forme della terra e dell’acqua, poi quelle per la configurazione verticale, poi quelle di tutto ciò che è oggetto di studio della geografia fisica, in particolare della geomorfologia e dell’idrografia. La nomenclatura classificata completa per la geografia comprende tra l’altro: la struttura della terra, la struttura dell’atmosfera, la terra, la superficie terrestre, le forme della terra e dell’acqua (configurazione orizzontale), le nomenclature delle forme della terra (configurazione verticale), le nomenclature delle forme dell’acqua, le isole, la costa, la montagna, la pianura, la valle, l’idrosfera, i ghiacciai, le morene, il fiume, le raccolte d’acqua, i laghi, ecc… Comprendono inoltre le forme intermedie (pseudo-penisola, capo, baia, punta…) e le parti delle forme terrestri come le parti della montagna (falde, piede, cima, cresta, valle, collina, pianura…), le parti del fiume (sorgente, rive, letto, foce, profondità, pendenza, portata…) ecc., e i tipi speciali di forme terrestri come isole oceaniche o continentali, arcipelago, vulcani, catena di montagne o massiccio, delta o estuario, ecc.
Qui propongo le nomenclature delle forme della terra, con immagine, nome e definizione con etimologia.
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L’isola è una porzione di terra completamente circondata da acqua. Etimologia: dal latino insula (nella corrente).
La penisola è una porzione di terra che si estende nell’acqua e che è quasi del tutto circondata da acqua. Etimologia: dal latino peninsula (quasi isola).
L’istmo è una sottile striscia di terra che congiunge due grandi terre. Etimologia: dal latino isthmos (passaggio).
L’arcipelago è un gruppo di isole. Etimologia: dal greco archè (principale) e lagos (mare), perché la Grecia aveva grande importanza e molte isole.
Il capo è un tipo di penisola, in particolare è una sporgenza della costa che si estende sul mare. Etimologia: dal latino caput (parte superiore o estremità).
Il continente è la più grande massa di terra non spezzata dall’oceano. I continenti sono sette e rappresentano la più grande suddivisione del suolo terrestre. Etimologia: dal latino continens (continuo, non interrotto).
La Piattaforma continentale è la roccia della costa di un continente che continua sotto l’acqua. Etimologia: dal greco platys (piatto, largo) e il latino forma (aspetto esteriore della materia).
La Montagna è un’area molto elevata della terra. E’ composta da terra rocciosa. Di solito ha fianchi ripidi e una punta appuntita o arrotondata. Etimologia: dal latino montania (monte).
La Valle è uno spazio di terreno più o meno vasto, poco elevato, tra le colline o le montagne. Etimologia: dal latino vallis (luogo coperto, chiuso dai monti).
La pianura è un’ampia distesa di terreno piatta o delicatamente ondulata, a bassa altitudine. Etimologia: dal latino pianus (di superficie uguale).
Una grotta è uno spazio vuoto nel terreno o in una montagna o in un’altra formazione rocciosa, con un’apertura per entrare. Etimologia: dal latino crypta (nascosto, coperto).
Il Vulcano è una spaccatura nella crosta terrestre, dalla quale fuoriesce lava, zolfo, pomice, cenere, lapilli, gas. La lava solidificata mischiata ad altri materiali forma col tempo una montagna conica anche molto elevata, spesso con un’apertura in cima (il cratere). Etimologia: dal nome latino del dio Vulcanus, che era il dio del fuoco terrestre.
Un cratere è una cavità con un’apertura circolare, e può essere la bocca di un vulcano o il luogo dove è caduto un grande meteorite. Etimologia: dal latino crater, che era un vaso molto grande con una bocca molto larga.
Un passo è il punto più alto in una catena montuosa che si può percorrere a piedi. Etimologia: dal latino passus (aprire, stendere).
L’oasi è un luogo fertile nel deserto dove c’è acqua e vegetazione. Etimologia: dall’egiziano uahsoi (abitazione, luogo abitato).
Il deserto è una regione della superficie terrestre che riceve poca acqua piovana o non ne riceve del tutto. E’ una terra secca e sterile e senza alberi. Di solito è sabbiosa. Etimologia: dal latino deserere (vuoto di ogni cosa).
Il reef è una cresta o una barriera di roccia, sabbia o corallo che si trova appena sotto la superficie del mare. Il reef può trovarsi fino a ottanta metri sotto la superficie dell’acqua. Etimologia: dal norreno antico rif (scogliera).
Un monolito è una grande formazione di roccia isolata che sorge bruscamente da una pianura o da un altopiano. Le sue pareti sono quasi verticali. Etimologia: dal latino mono (singolo) e lithos (pietra).
Il cono alluvionale è un terreno a forma di ventaglio che si forma a valle di un monte con i detriti trasportati dai torrenti. Etimologia: dal latino conus (a punta) e alluere (allagare).
La gola è una valle profonda, con pareti ripide. Spesso ha un fiume che scorre al suo interno. In inglese è detta canyon. La gola si forma di solito perché un fiume corrode la roccia scavando un solco sempre più profondo. La gola più famosa del mondo è il Gran Canyon negli USA. Etimologia: dal latino gula (parte del corpo che serve a inghiottire).
I camini delle fate (o piramidi di terra) sono alte colonne di roccia morbida (tufo, limo o roccia vulcanica) sormontate da un cono di materiale più compatto, che protegge la colonna.
L’altopiano è un territorio pianeggiante, ma che si trova a un’altitudine di almeno trecento metri sul livello del mare, circondato da zone più basse almeno su un lato. Etimologia: dal latino altus (cresciuto) e planus (schiacciato), paese piano situato in alto.
La scogliera è un pendio alto e ripido, verticale o quasi verticale, di roccia resistente. Le scogliere si trovano lungo le coste, e possono sovrastare una zona d’acqua o di ghiaccio. Etimologia: dal latino scopulus (osservatorio, guardare intorno).
Le dune sono colline di sabbia formate dal vento. Sono tipiche dei deserti, ma si possono formare anche nelle coste sabbiose. Etimologia: dal germanico dun (tumolo, colle).
Il mare di sabbia (in inglese Erg) è un gruppo molto numeroso di dune di sabbia che si trovano di solito in un deserto. Etimologia: dal latino mare (mare, vastità) e sabula (sabbia).
L’atollo è un’isola di corallo formata da una barriera più o meno circolare che circonda una laguna centrale larga oltre due chilometri. Etimologia: da una voce delle Maldive che vuol dire “isola-laguna” attraverso l’inglese.
Un arco naturale (o ponte naturale) è una roccia che ha una via di passaggio in basso. Questo foro è provocato da un lungo processo di erosione della roccia. Etimologia: dal latino arcus (piegato, gomito) e natus (la forza che genera).
La prateria è una vasta area di terreno non coltivata e ricoperta quasi del tutto di erba. Le praterie più importanti sono quelle in America del Nord (Grandi pianure), le Pampas (Argentina, Brasile, Uruguay) e le steppe dell’Eurasia. Etimologia: dal latino pratum (apparecchiato) nel senso che non serve coltivare per falciare il raccolto.
La spiaggia con cuspidi è formata da piccoli rilievi alternati a distanza regolare a piccole zone concave. La spiaggia con cuspidi ha una linea ondulata. Può essere ghiaiosa o sabbiosa. Etimologia: dal latino plagia (cosa distesa) e cuspis (punta, cuneo).
La spiaggia è uno spazio più o meno esteso che scende inclinato nell’acqua e non è coperto da essa. Può essere sabbiosa, ciottolosa, argillosa, formata da materiali trasportati o altri sedimenti (ad esempio le spiagge di conchiglie). Etimologia: dal latino plagia (cosa distesa).
Un arête è una cresta molto sottile di roccia sulla cima della montagna, quasi a lama di coltello. Di solito si forma per lo scioglimento dei ghiacciai. Etimologia: arête è una parola francese che deriva dal latino arista (spiga).
Un calanco è un terreno sterile formato da rocce morbide e argilla erose dal vento e dall’acqua. Questi materiali formano pendii ripidi con avvallamenti stretti e profondi, con scarsissima (o assente) vegetazione. Etimologia: incerta, probabilmente deriva da una parola preromana.
Un barchan è una duna di sabbia a forma di mezzaluna. Questa forma è causata da un vento costante che soffia in una sola direzione. Etimologia: è una parola kazaka.
Le isole-barriera sono una catena di isole, di solito nell’oceano, che proteggono la vicina costa dall’erosione. Queste isole sono piatte e sabbiose e la loro forma cambia molto nel corso del tempo. Una catena di isole-barriera può essere lunga più di centro chilometri. Etimologia: dal latino insula (nella corrente) e dal francese barre (barra).
La costa (o litorale) è la linea di confine tra la terra e l’acqua di un oceano, mare o grande lago. Etimologia: dal latino costa (fianco).
Una gravina è un’incisione del terreno che può essere profonda più di cento metri ed è molto simile al canyon (o gola). L’incisione è scavata dalle precipitazioni atmosferiche (pioggia, neve, grandine, rugiada, ecc.) nella roccia calcarea. Etimologia: dal latino gravis (pesante, che va a fondo).
Una fossa tettonica è una linea più bassa del terreno, dovuta ai movimenti della superficie terrestre. Si crea perché due porzioni di crosta terrestre (piastre tettoniche) si allontanano tra di loro. Etimologia: dal latino fossum (scavato) e tectonicus (l’arte del costruire).
Un’isola fluviale è un’isola in un fiume. Può trovarsi alla foce, nel delta, o anche nel corso intermedio, se il fiume ha una certa larghezza. Etimologia: dal latino insula (nella corrente) e fluvius (che scorre, fiume).
I terrazzamenti (o coltivazioni a terrazza) sono un prodotto dell’uomo che serve a rendere coltivabili i terreni in pendenza. Si costruiscono rendendo piatte delle strisce di terra, e poi sostenendole con muri verticali, formando così dei gradini. Etimologia: dal latino terracia-um (rialzo di terra).
Un banco di sabbia è una distesa di sabbia che si accumula per erosione del terreno e si distende appena al di sotto della superficie dell’acqua. Etimologia: dal germanico bank (panca).
Una dolina è una cavità del terreno, che ha sul fondo un inghiottitoio a forma di imbuto. L’acqua piovana passa dalla dolina alle cavità sotterranee. Le doline si formano nelle regioni carsiche, dove la superficie è formata da rocce che non trattengono l’acqua. Questa si scava dei passaggi e in profondità crea gallerie, fiumi sotterranei, pozzi ecc. Etimologia: dallo sloveno dol (valle).
La faglia è una frattura nella roccia causata dai movimenti della crosta terrestre. Le rocce vicine a una faglia sono spesso molto frantumate e si parla in questo caso di rocce di faglia. L’energia rilasciata dopo il movimento lungo il piano di faglia è la causa della maggior parte dei terremoti. Etimologia: dal francese faillir (mancare).
Una cuesta è una collina asimmetrica con un versante che ha un pendio dolce e uno con una pendenza molto ripida. Etimologia: cuesta è una parola spagnola che deriva dal latino costa (le ossa che formano la gabbia toracica).
Una diga è una parete costruita dall’uomo per sbarrare un flusso d’acqua. Si usa per creare un lago artificiale o per proteggere una costa o un porto. Etimologia: dall’olandese dijg (argine).
Un vulcano di fango è una piccola collina che erutta argilla morbida insieme a sali, gas e bitume. Etimologia: dal nome latino del dio Vulcano e dal germanico fani (melma).
Un nunatak è la cima di una montagna non coperta da ghiaccio che si trova in un campo di ghiaccio. E’ una specie di isola nel ghiaccio. Etimologia: è una parola inuit che significa “picco isolato”.
Una scarpata è una brusca rottura del profilo di un terreno. Può essere di origine naturale o artificiale. Etimologia: parola derivata da scarpa, che proviene dal germanico skarpa (tasca di pelle).
Un tunnel di lava (o tubo di lava) è un tipo di grotta che si trova nelle rocce laviche. Il tunnel di lava è la forma fossile di ciò che fu un’eruzione vulcanica. La lava incandescente scorrendo scava nella roccia e solidificando resta lo spazio vuoto interno simile a un tubo, percorribile dagli speleologi. Etimologia: parola inglese che deriva dal francese antico tonne (botte) e lave (liquido che scorre).
Una foresta è un grande tratto di terreno ricoperto da alberi e sottobosco che crescono e si diffondono spontaneamente. Quando l’estensione della foresta è limitata, si parla di bosco. Etimologia: dal latino foris (fuori), che indicava i boschi fuori dalle mura della città.
Una collina è una parte sollevata della superficie della terra con i lati inclinati, meno alta della montagna. I territori possano essere considerati collinari dai 100 ai 600 metri sul livello del mare. Etimologia: dal latino collis (colle, tumulo).
Un duomo di lava è una struttura di lava solidificata a forma di cupola, che si crea nel cratere di un vulcano. I duomi di lava possono essere alti centinaia di metri. Etimologia: dal latino domus (edificio) e dal francese lave (liquido che scorre).
Un lago di lava è una grande quantità di lava fusa contenuta in un ampio foro della terra. Etimologia: dal latino lacus (lago, incavo) e dal francese lave (liquido che scorre).
Una catena montuosa è un gruppo di montagne collegate tra loro separato da altre catene montuose o confinante con le pianure. Etimologia: dal latino catena (uno dopo l’altro).
Una depressione è una zona di terra che si trova ad un livello più basso rispetto ad un’altra. Se ci si riferisce al livello del mare si parla di depressione assoluta, se si parla del livello di altre zone si parla di depressione relativa. Etimologia: dal latino depressus (a un livello più basso).
Una morena è un accumulo di detriti rocciosi (chiamati till) che sono stati trasportati da un ghiacciaio. Una morena si può formare a fianco del ghiacciaio, tra due ghiacciai o sul fondo di un ghiacciaio. Etimologia: dal francese moraine (mucchio di sassi).
La mesa è una superficie rocciosa sopraelevata con la cima piatta e le pareti molto ripide. È tipica degli degli USA e del Messico. Altre mesa si trovano in Venezuela, Spagna, Sardegna, Sud Africa, Arabia, India e Australia. Etimologia: il nome origina dalla forma simile alla superficie di un tavolo (mesa significa “tavolo” in spagnolo e portoghese).
Una spiaggia di conchiglie è una spiaggia composta da un accumulo di conchiglie sia rotte che intere. Etimologia: dal latino plagia (cosa distesa) e conchiluim (conchiglia, conca, nicchia).
Un porto è una struttura naturale o artificiale che si trova sulla riva di un mare, un lago o un corso d’acqua, e che serve per l’approdo e l’ormeggio delle imbarcazioni. Serve anche al carico e lo scarico di merci e all’imbarco e allo sbarco dei persone. Etimologia: dal latino portus (che serve da passaggio).
Un faraglione è uno scoglio roccioso che emerge dall’acqua nei pressi della costa in acque poco profonde. Etimologia: parola derivata da faro, dal latino pharus (che era, appunto, il faro).
Un’isola tidale è un’isola collegata alla terraferma da una banda sabbiosa che viene ricoperta dalle acque durante l’alta marea e riappare durante la bassa marea. Etimologia: la parola tidale deriva dall’inglese tide, che significa “marea”.
Una grotta sommersa è una grotta allagata dall’acqua, sia in parte che interamente. Etimologia: dal latino crypta (nascosto, coperto) e submersum (tuffato sotto, cioè messo sott’acqua).
I mammiferi: dettati ortografici e letture per bambini della scuola primaria.
Gli animali
Nessuno può conoscere il numero esatto degli animali che vivono sulla terra: molti trovano ricovero nelle sterminate foreste equatoriali, altri popolano le acque dei fiumi, dei laghi e dei mari, altri, infine, hanno scelto a loro dimora le inospitali distese delle zone glaciali o le sabbie infuocate dei deserti. Il cavallo, il serpente, la zanzara sono tre animali, ma a nessuno sfugge che sono totalmente diversi: per la forma e la struttura del corpo, per le abitudini di vita, per il cibo di cui si nutrono, per gli aiuti o i danni che possono recare all’uomo. Da alcune caratteristiche fondamentali, comuni a molti animali, l’uomo ha incominciato a dividerli in vertebrati e invertebrati. Gli animali il cui corpo prende forma e sostegno dallo scheletro si dicono vertebrati. La parte più importante dello scheletro è la colonna vertebrale o spina dorsale; delle altre ossa, alcune hanno il compito di proteggere gli organi più delicati, quali il cervello, il cuore e i polmoni; molte altre servono al movimento. Tutti i vertebrati hanno il corpo ricoperto dalla pelle, che può essere nuda come quella delle rane, o ricoperta di piume o penne come negli uccelli, o da peli come nella pecora, nel leone, nella giraffa. La respirazione nei vertebrati può avvenire mediante i polmoni, come in tutti gli animali terrestri, o mediante le branchie, come nei pesci. Il tipo dei vertebrati comprende cinque classi: i mammiferi, gli uccelli, i rettili, gli anfibi e i pesci.
L’indole degli animali
Secondo l’indole o l’istinto che dimostrano verso l’uomo e verso i loro simili, gli animali possono essere: domestici, se vivono con l’uomo e sanno rendersi utili; selvatici, se vivono in libertà, ma dimostrano indole pacifica e inoffensiva; feroci, se vivono in libertà divorando gli altri animali e assalendo l’uomo.
Il cibo
Secondo il cibo di cui si nutrono, gli animali sono: erbivori, se si nutrono di erbe e di vegetali in genere; carnivori, quando la carne è il loro alimento preferito; onnivori, se, indifferentemente, si cibano di vegetali, di carne o di altri prodotti fabbricati dall’uomo.
I primi vertebrati che apparvero sulla terra furono i pesci
E’ fuor di dubbio che i primi vertebrati comparsi sulla terra furono i pesci. Voi certo pensate ad una bella trota, guizzante superba attraverso le rapide di un fiume; o a un lucido tonno, che fende le onde con i potenti colpi della grande coda falcata; o al pesce dorato, che si aggira tranquillo in un boccale. Niente di tutto questo: i primi pesci erano tozze e goffe creature, col corpo racchiuso in una sorta di corazza, fatta di grosse placche articolate; e certo la loro locomozione doveva assomigliare ben poco al nuoto di una bella trota! Però questi animali possedevano un organo che rappresentava un’importante innovazione, rispetto alle specie precedenti, un organo assile, costituito di molti pezzi cartilaginei e fatto per offrire una possibilità di attacco a quei muscoli robusti che permettono al pesce di guizzare nel liquido elemento. Con i pesci una nuova classe di animali, fondamentalmente diversi da quanti li hanno preceduti, fa la sua comparsa tra gli esseri viventi. Per essere esatti, dobbiamo però dire che, se i pesci sono indiscutibilmente i primi veri vertebrati, furono preceduti da animali che, pur mancando di colonna vertebrali vere e proprie, ne possedevano già un abbozzo. Tornando dunque ai pesci primitivi, cerchiamo di riconoscere in essi lo schema fondamentale del vertebrato. Il vertebrato è un animale dotato di scheletro interno cartilagineo od osseo, coperto di masse muscolari, dalla pelle, e avente come parte fondamentale del suo corpo la colonna vertebrale.
Mammiferi
I mammiferi costituiscono la classe più elevata ed importante dei vertebrati. Essa comprende animali diversissimi, ad esempio un leone, una balena, un pipistrello, fra i quali però esiste sempre un filo conduttore di somiglianza. Vediamo un po’ in cosa consista. Se prendiamo in mano un pesce, ci ritraiamo subito con un senso di ribrezzo per l’impressione di freddo che ne riceviamo, mentre accarezzando un cane od un gatto pervade un piacevole senso di calore. I pesci, infatti, sono detti animali a sangue freddo, con la temperatura del corpo che risente delle influenze esterne, mentre i mammiferi sono detti “a sangue caldo”, con una propria regolazione della temperatura, indipendente da quella esterna. Questo, è logico, mette gli ultimi in grado si spostarsi con relativa facilità da una località all’altra, ma li obbliga anche a difendersi dal freddo, provvedendosi… di una pelliccia. I mammiferi infatti hanno tutto il corpo ricoperti di peli, più o meno lunghi a seconda di dove vivono, se nelle steppe polari o nel deserto, ma sempre presenti, anche nelle foche e nelle balene. Per animali come questi, capaci di sopportare notevoli variazioni di clima, ma bisognosi di protezione dal freddo, la prole è un bene prezioso che deve essere difeso con accanimento sia prima sia dopo la nascita. I mammiferi non mettono al mondo le migliaia di uova dei pesci o degli insetti, ma solo un numero relativamente piccolo di figli che si sviluppano prima nel corpo della madre, che provvede poi a nutrirli col suo latte quand’essi vengono alla luce; spesso entrambi i genitori li curano e li vezzeggiano fino a che non sono in grado di affrontare il mondo con le proprie forze. Già da questi brevi cenni è facile capire come i mammiferi siano degli animali ad organizzazione del corpo parecchio complessa, con il sistema nervoso altamente perfezionato. Possiamo paragonare il sistema nervoso ad una rete elettrica, in cui la centrale è costituita dal cervello e dal midollo spinale, una sostanza molliccia racchiusa in un sottile canaletto tra le vertebre. Da questi centri nervosi escono i nervi che portano gli ordini ai muscoli e raccolgono le sensazioni trasmesse dagli organi di senso. Un muscolo non si muove se il centro nervoso non gliene ha dato l’ordine attraverso il nervo adatto. Particolarmente interessante presentano nei mammiferi la respirazione e la circolazione del sangue, due fenomeni strettamente legati tra loro. L’aria che questi animali respirano giunge ai polmoni, due grosse sacche di sostanza spugnosa ed elastica racchiuse nel torace. I polmoni sono tutti un intrico di canali sanguigni, attraverso le cui sottilissime pareti il sangue lascia sfuggire le sostanze gassose nocive che ha raccolto durante il viaggio per il corpo per recare ad ogni cellula la vitale scorta di ossigeno. Dove trovare però la spinta sufficiente per intraprendere un giro così lungo? Nel cuore, il provvido muscolo che non si ferma mai durante tutta la vita dell’individuo. Il sangue quindi che proviene dai polmoni entra nel cuore, da qui viene spinto lontano nel corpo per portare l’ossigeno e raccogliere i prodotti di rifiuto. Giunge così, estenuato e sporco, di nuovo al cuore, ma alla metà destra, rigorosamente separata dalla sinistra. Di qui, con un vigoroso moto di contrazione del muscolo, è inviato nei polmoni dove si purifica, pronto a ricominciare il circolo. Questo sistema di circolazione si chiama “circolazione doppia”, perchè il sangue passa due volte dal cuore, e “completa”, perchè le due metà del cuore, destra e sinistra, sono separate tra di loro.
Osserviamo un coniglietto
Il coniglio è un animale che certamente tutti conosciamo e che è facile osservare anche vivo in classe, perchè non cerca di far male a chi gli si avvicina per esaminarlo o per toccarlo: infatti non aggredisce, non graffia, non morde perchè è sfornito di mezzi adatti a questo scopo. Il coniglio non ha i terribili artigli del gatto, o i denti acuminati del cane e per salvarsi da chi voglia fargli del male usa un altro mezzo di difesa: la fuga, veloce e immediata. Osserviamo il nostro coniglio, lasciato libero in un piccolo recinto. Mentre ci avviciniamo ad esso lo vedremo immediatamente in allarme, che ci osserva preoccupato, con le orecchie tese e vibranti pronte a cogliere il minimo rumore che possa meglio informarlo della natura del pericolo; con piccoli salti nervosi si sposta accostandosi alle pareti del recinto, per avere almeno un lato protetto; è come una molla pronta a scattare se gli sembra che il pericolo che egli sente stia diventando più grave. Per il coniglio, quindi, è utile essere pauroso, perchè nell’essere pauroso sta la sua salvezza.
I carnivori, gli erbivori e gli insettivori
Ragioniamo sulle osservazioni che abbiamo fatto e cerchiamo di vedere se conosciamo altri animali domestici o selvatici, che si comportino come il coniglio; ce ne sono molti senza dubbio e noi ve ne ricorderemo qualcuno: le capre, i cavalli, i topi, gli scoiattoli, le oche, le lucertole, le rane e tanti altri. Poniamoci adesso un piccolo problema e tentiamo di risolverlo: perchè il cane e il gatto (e come loro il lupo, il leone, la tigre, ecc.) non cercano di salvarsi allo stesso modo e invece aggrediscono chi si accosta loro a distanza troppo breve? Per rispondere a questa domanda vediamo se questi animali abbiano qualche altra caratteristica in comune fra loro, che invece manchi negli animali più timorosi (conigli, topi, capre, cavalli). Infatti mentre i primi sono animali predatori, cioè assalgono una preda per cibarsene e quindi sono carnivori, gli ultimi non sono predatori e si nutrono o di erbe (erbivori) o di varie sostanze senza alcuna preferenza (onnivori). Il predatore deve naturalmente essere un animale aggressivo se vuol procurarsi il cibo che gli è necessario ed usa appunto questo suo carattere anche per difendersi dai pericoli più immediati: ma ricordatevi che nessun carnivoro assale altri animali se non ha fame e se non si sente in pericolo. Gli erbivori e gli onnivori, invece, non avendo carattere aggressivo, sfuggono ai pericoli generalmente mediante la fuga, come abbiamo già visto. E le rane, le lucertole? Esse si nutrono preferibilmente di insetti, che catturano abilmente con la lingua e quindi sono dei piccoli predatori che chiameremo insettivori per il loro tipo di alimentazione; essi, di fronte al pericolo, generalmente si comportano come gli erbivori, dato che sono troppo piccoli e sforniti di mezzi di difesa.
Le parti del corpo del coniglio: la testa
Fatta conoscenza con il coniglio e con il suo carattere, vediamo ora di imparare come esso e costituito, cioè di scoprire la sua anatomia, e di capire come funzioni ogni sua parte quando esso è vivo, cioè di ottenere qualche informazione sulla sua fisiologia. Tutti riconosciamo facilmente nel coniglio una testa o capo che, mediante il collo, è unita al tronco, il quale è provvisto di una coda. Nella coda osserviamo la bocca fornita di denti, sopra alla quale si trova il naso che presenta le due narici; una fessura che parte dal centro del naso divide in due il labbro superiore (labbro leporino); ai lati del capo sono situati gli occhi e le orecchie, delle quali noi possiamo vedere soltanto i grandi padiglioni auricolari, molto mobili.
Il tronco
Il tronco presenta quattro arti, detti zampe, ciascuna delle quali termina con dita fornite di artigli (unghie coniche e arcuate: paragonatele con le vostre); il primo paio di arti o zampe anteriori (situate davanti) è più breve del secondo, termina con cinque dita, ed è usato dal coniglio anche per trattenere vicino alla bocca le foglie di cui si nutre, ma soprattutto per scavare la sua tana nel terreno, mediante i robusti artigli; le zampe posteriori sono invece provviste soltanto di quattro dita, sono più lunghe e più robuste e grazie ad esse il coniglio si sposta velocemente a lunghi balzi; la loro robustezza gli consente di spingere di scatto, in avanti e in alto, tutto il peso del corpo. Il tronco termina posteriormente con una breve coda.
I peli proteggono il coniglio
Tutto il corpo del coniglio è ricoperto di morbidi e fitti peli, che servono a proteggerlo dal caldo e dal freddo. Il colore del pelame nei conigli è molto variabile e sappiamo che ve ne sono di bianchi, neri, grigi, a macchie. Ai lati della bocca ci sono alcuni peli più lunghi e rigidi, detti vibrisse (comunemente ed erroneamente indicati col nome di baffi), che servono all’animale per il tatto: essi sono quindi peli tattili. Si conoscono diverse razze di conigli, una delle quali ha il pelo molto morbido e lungo: è il coniglio d’Angora.
La temperatura del coniglio è costante
Se teniamo il coniglio in un luogo caldo o un luogo fresco, il suo corpo non si riscalderà né si raffredderà e ciò possiamo constatarlo con le nostre mani o con un termometro. Il coniglio è quindi un animale a temperatura costante; nel linguaggio corrente si usa dire “animale a sangue caldo”, ma questa è un’espressione scorretta e deve essere evitata.
Conclusione
Ragioniamo su quanto abbiamo osservato nel coniglio e cerchiamo di vedere se conoscete altri animali che presentino le stesse caratteristiche riscontrate in questa specie e cioè: – una testa fornita di padiglioni auricolari e di bocca con denti; – un tronco con quattro arti; – il corpo rivestito di peli; – corpo a temperatura costante. Certamente ne conoscerete tantissimi: il cane, il gatto, il cavallo, il leone, la pecora, il topo, l’elefante e tanti altri.
I mammiferi
Tutti questi animali e tutti gli altri che presentano i caratteri precedentemente indicati si chiamano mammiferi: il coniglio è quindi un mammifero, l’elefante è un mammifero, e così via. Invece il passerotto, la lucertola, lo scarabeo e infiniti altri animali non sono mammiferi, perchè non hanno il corpo rivestito di peli e non presentano padiglioni auricolari, anche se qualcuno di essi ha pure quattro zampe (lucertola). Ma i mammiferi presentano anche altre due importanti particolarità, che voi ben conoscete: – le femmine dei mammiferi mettono alla luce i figli già ben conformati e non depongono uova (c’è una sola eccezione che impareremo in seguito); diremo perciò che i mammiferi sono animali vivipari, cioè che partoriscono un organismo già vivente; – i piccoli appena nati sono allattati dalla madre e per un certo tempo il latte costituisce il loro unico alimento: tutti avremo avuto occasione di osservare una cagna o una gatta allattare i propri piccoli. Anche il coniglio allatta i suoi piccoli. Il latte è prodotto dalle ghiandole mammarie e per tale motivo questi animali si dicono mammiferi.
Nel mondo animale
Nel mondo animale, i deboli, gli ammalati, i fisicamente difettosi sono condannati a morire, sterminati dai più forti e arditi. I più sani e abili sopravvivono e si riproducono: i forti, gli agili sfuggono agli agguati, vincono nella caccia, trovano il cibo anche in condizioni avverse, possono trasferirsi in ambienti più favorevoli. Perciò anche fra gli animali, i genitori proteggono la prole e la allevano con cure tenerissime, fino a quando essa non sia in grado di provvedere alla propria esistenza.
I bovini
Un gruppo di mammiferi che accompagnano l’uomo per tutto il cammino della civiltà, dai suoi inizi ad oggi è quello dei bovini. Di questi animali esistono ricordi nelle pitture primitive e su essi si esercitò l’abilità dell’uomo nel trasformarli da indomiti e selvaggi abitatori delle foreste in domestici aiuti del lavoro umano. Essi appartengono alla grande famiglia dei ruminanti, così detta per una particolare caratteristica nel modo di alimentarsi. I ruminanti infatti sono tutti vegetariani, hanno una dentatura particolare che permette loro di strappare l’erba coi denti, ed uno stomaco complesso grazie al quale possono ingurgitare rapidamente grandi quantità di foraggio e poi andarsene a mangiarlo tranquillamente al sicuro dai loro tradizionali nemici, i carnivori. Lo stomaco dei ruminanti infatti è diviso in quattro cavità e permette al cibo di rigurgitare in bocca per poi venire rimasticato di nuovo. Il contributo dato dai bovini all’economia una è immenso; basti pensare che da essi noi ricaviamo il latte e tutti i suoi derivati, la carne, la pelle ed un prezioso aiuto nel lavoro umano.
Il bisonte
Si calcola che all’inizio della colonizzazione nelle grandi pianure del Nord America vagassero allo stato libero più di sessanta milioni di bisonti. Questi animali rappresentavano per gli Indiani la più importante fonte di cibo e di pelli, ma essi si limitavamo ad uccidere solo pochi capi che servivano per le necessità immediate, per cui non c’era pericolo che la specie si estinguesse. Poi vennero gli Europei e incominciò l’ecatombe. Negli anni in cui si costruirono le grandi ferrovie transcontinentali, queste povere bestie vennero uccise a centinaia di migliaia, senza scopo. Di esse i coloni utilizzavano solo la lingua mentre le ossa erano vendute a tonnellate per pochi dollari alle industrie che producevano concime. Si finì col distruggere tutti i bisonti esistenti nel territorio americano, salvo pochi capi che furono salvati e protetti da leggi speciali, ed ora si sono riprodotti in misura considerevole. I bisonti americani sono grossi bovini dalla testa massiccia sormontata da due brevi corna ricurve. Un maschio può pesare una tonnellata e raggiungere due metri di altezza all’apice della grossa gobba. Il colore del mantello è generalmente bruno , con lunghi peli in corrispondenza del capo, del collo e della gibbosità sul dorso.
La lepre
Conosci il coniglio? Ebbene la lepre è un animale poco più grosso; ha la stessa forma; il suo pelame è bruno terra e appartiene alla stessa famiglia del coniglio. L’uomo le dà la caccia per la sua carne saporita e per la pelle, con cui si fanno cappelli e pellicce. E’ mite e paurosa. Vive nei boschi, si trova anche nei campi seminati. E’ di notte che di preferenza gira in cerca di cibo: erbe, semi, grani. Rosica pure la corteccia degli alberi. I denti, che in questa funzione si consumano, le crescono continuamente. Rodere, per tutti i roditori, è una necessità, altrimenti gli incisivi, crescendo sempre, darebbero loro fastidio. Le zampe posteriori sono più lunghe di quelle anteriori, per questo è animale adatto al salto. Conigli e lepri fuggono infatti a saltelli buffi e rapidissimi. La lepre ha lunghe orecchie che l’avvertono anche da lontano del pericolo, al quale può sottrarsi solo con la fuga. (M. Viareggi)
Il castoro
Roditore lungo circa un metro, con coda di 30 centimetri e peso superiore ai 30 chili. Il corpo è tozzo con testa tondeggiante, muso ottuso, collo corto; gli arti sono brevi; quelli posteriori hanno dita lunghe, riunite da una membrana interdigitale adatta al nuoto; quelli anteriori sono mobilissimi e servono come mani. La coda, cilindrica alla base, parzialmente pelosa, termina a spatola ed è coperta da squame; essa è usata come timone durante il nuoto. La pelliccia, più chiara sulla testa e nella parte ventrale, comprende peli lunghi, tra i quali si trova una lanugine fine, serica, abbondante, di color bruno-rossiccio. La dentatura è costituita da 20 denti, di cui gli incisivi, a crescita continua, sono volti all’indietro; i denti molari hanno una superficie dotata di molte pieghe. I padiglioni auricolari e le narici sono muniti di valvole che li otturano quando l’animale si immerge in acqua. Il castoro è longevo: vive da 15 a 20 anni; i figli lasciano i genitori verso i due anni di vita. Il castoro vive nei boschi, presso corsi d’acqua e stagni; esso si nutre di cortecce e di germogli di salici, pioppi, betulle e querce, mai di conifere. Per procurarsi il cibo, abbatte alberi di grandi dimensioni, scavando coi denti nel tronco, presso la base, un solco a forma di clessidra. La pianta, abbattuta e privata di corteccia, è impiegata per far dighe e tane. I castori hanno sempre destato grande interesse nell’uomo non soltanto per la pregiata pelliccia che essi forniscono, ma anche per la straordinaria ingegnosità di cui hanno prova nella costruzione e nella protezione della loro tana.
Lo scoiattolo
In gran parte dell’Europa e in vaste regioni dell’Asia, fino alla Cina settentrionale, è diffuso lo scoiattolo comune, che annovera diverse sottospecie distinguibili per il mantello, il cui colore, nelle parti superiori, può variare dal rossastro al grigio più o meno scuro. Questo grazioso mammifero vive nei boschi, si ciba soprattutto di frutti, semi, germogli che cerca quasi soltanto nelle ore diurne, arrampicandosi e saltando agilmente tra gli alberi; esso è lungo 40-45 centimetri, di cui poco meno della metà riguarda la ricca coda. Durante l’estate gli scoiattoli accumulano nelle cavità di grossi tronchi le provviste di cibo per i mesi invernali che essi trascorrono in semi-letargo. La dentatura dello scoiattolo è quella di un roditore: i denti incisivi sono a crescita continua e incurvati ad arco; lo smalto li protegge solo esternamente per cui rosicchiando si forma un margine obliquo taglientissimo; i canini mancano e tra gli incisivi e i premolari c’è uno spazio libero. Gli scoiattoli, oltre a nutrirsi di semi, bacche, frutti, non disdegnano neppure le uova che vanno a rubare nei nidi tra gli alberi. Pigne rosicchiate, ghiande e nocciole sgusciate sul terreno avvertiranno facilmente della presenza, nel bosco, di questi simpatici animaletti. (L. Ferretti)
Lo scoiattolo volante
In America vivono molte specie di scoiattoli, alcuni molti simili ai nostri, altri invece di aspetto e comportamento completamente diversi. Uno dei più curiosi e dei più belli è lo scoiattolo volante, lungo sui venticinque centimetri. La sua coda a fiocco non è morbida e folta come quella del nostro. Questo roditore però è provvisto di speciali duplicature della pelle ai lati del corpo, normalmente nascoste dal pelo. Queste, quando l’animale si lancia dall’alto di un albero, si tendono tra le zampe anteriori e quelle posteriori, formando un’ampia membrana a guisa di paracadute, per cui questo scoiattolo riesce a planare anche molto lontano dal luogo di partenza, con un lungo volo. La coda piuttosto piatta e provvista di lunghi peli sui due lati gli funge da timone. Lo scoiattolo volante americano ha dimensioni più piccole di quelli asiatici e africani. Accanto ad esso ricordiamo gli scoiattoli a mantello dorato, che abitano le foreste di pini degli Stati Uniti e del Canada, e i cipmunk dalle belle strisce colorate che s’allungano parallele sul dorso. Vi sono poi molti scoiattoli terragnoli, che sono abili scavatori e vivono nascosti in un complicato sistema di gallerie. Questi ultimi hanno code assai poco vistose.
Un regno sotto terra
Se abitate in campagna, può darsi che, a due passi da casa nostra, sotto terra, ci sia la dimora della talpa, un animale dalla pelliccia straordinariamente morbida, che vive sotto terra, nell’oscurità più completa. Forse vi sarà già capitato di vedere una talpa: avete notato che bella pelliccia possiede? Il belo è corto e fittissimo, simile al velluto, assolutamente inattaccabile dalla polvere e dal terriccio, perchè la talpa, malgrado viva sempre sottoterra, è una creatura incredibilmente pulita. Il suo pelo cortissimo, poi, non disturba affatto l’andirivieni della bestiola nelle gallerie. Il corpo della talpa è allungato, per favorire appunto la bestiola quando scava le sue gallerie sotterranee; le zampine sono fatte in modo da poter funzionare come piccole spalatrici. Ecco come lavorano: l’animale punta le unghie nella terra, tenendo le palme delle zampe anteriori volte all’infuori. Poi, con un colpo delle zampine, getta all’indietro la terra che vi ha raccolto. Con le zampe posteriori, invece, si spinge in avanti, e poi subito le raccoglie per respingere con queste la terra che è stata staccata dalle zampe anteriori. Per immaginarvi bene il movimento, fate conto che la talpa nuoti sotto terra. La talpa porta la terra in sovrabbondanza alla superficie attraverso una galleria, appositamente costruita.
Non dite appetito da lupo ma appetito da talpa
Ma i compiti delle zampine della talpa non si esauriscono qui: con le zampe anteriori afferra le sue prede e le tiene strette per divorarle; la mandibola lunga, i denti aguzzi sono tipici di un animale insettivoro. Suo cibo naturale sono gli insetti, ma non disdegna le lumache, i lombrichi che le forniscono alimento anche d’inverno quando continua sotto terra la sua opera di scavo, e poi le larve, che mangia solo in mancanza d’altro. E se animaletti o topolini vengono a ficcare il naso nella sua dispensa, la talpa non esita a farli fuori. Infatti la talpa è dotata di un appetito veramente terribile: a intervalli di se ore circa fa un pasto abbondante. E riesca a mandar giù tanto cibo quanto il doppio del suo peso. E se deve saltare un pasto, se sta più di sei ore senza cibo, rischia di morire di fame. Sempre in relazione alla sua vita sotterranea, la talpa ha una vista debolissima, anzi si può dire che è del tutto cieca, perchè nel suo buio mondo a che le servirebbe vedere? Invece ha acutissimo l’udito, che le permette di percepire anche i più leggeri brusii.
La casa sotterranea della talpa
La casa della talpa è al centro di molte gallerie scavate con infinita pazienza. E’ una specie di cameretta, imbottita di foglie secche, di muschio, di erba. La presenza di queste dimore sotterranee è rivelata in superficie dallo sbocco delle gallerie di sicurezza. I piccoli della talpa nascono, tre o quattro, una volta all’anno, in una camera preparata dalla mamma in un incrocio di gallerie. Quando per le talpe giunge il tempo di metter su casa, il maschio va alla ricerca della sua femmina, guidato nel buio delle gallerie dal suo finissimo udito, che gliene rivela la presenza. E se strada facendo incontra un rivale, allora il primo maschio chiude la femmina, che ormai considera di sua proprietà, in una galleria, al sicuro, poi non esita ad affrontare l’intruso. Nell’oscurità, ha allora luogo un duello all’ultimo sangue, una lotta di ciechi, alla fine della quale il vincitore arriverà perfino a divorare il vinto! Con la sposa tanto ferocemente conquistata, il sopravvissuto si accingerà ad occuparsi della propria famiglia, con una tenerezza davvero contrastante con la crudeltà precedente. Padre e madre baderanno alla prole con ogni cura per provvederla di tutto quanto le necessiti.
Campione di corsa, salto e nuoto
Capita che la talpa esca alla luce del sole: trova sempre un gatto o un uccello da preda in attesa di farsi di lei un sol boccone. Ma non crediate che questa bestia abituata alla vita sotterranea, cieca e nata per vivere scavando gallerie, si trovi del tutto indifesa all’aria aperta. La talpa, velocissima nella sua tana, lo è altrettanto quando in superficie sfugge ai nemici. E’ persino difficile seguire ad occhio nudo la sua corsa. E non basta: la talpa è anche un’ottima nuotatrice, e se ha paura di essere catturata fa dei salti di venti centimetri. Sorridete? Ma venti centimetri sono una misura notevole in rapporto al suo piccolo corpo. Ora che la conoscete meglio vorreste forse vedere una talpa. Se andata in campagna, non disperate: le talpe sono molto diffuse e potrà capitarvi di vederne una. Naturalmente non fatele alcun male: scavando e rivangando la terra per costruire le sue gallerie, e facendo scorpacciate di insetti, la talpa è utilissima ai campi.
Il tasso
Il tasso ha dimensioni modeste (una trentina di centimetri alto, un’ottantina lungo compresa la coda), tronco massiccio, zampe corte, forti, con dita fornite di unghie, atte ai lavori di scavo, testa allungata, muso appuntito. E’ coperto di pelo foltissimo. La colorazione del pelame lo fa riconoscere: è grigiastra sul dorso e ai lati del tronco, nera nelle zampe, sul ventre e sul petto, bianca e solcata da due strisce nere sulla testa. Abita i boschi, isolato. Scava le gallerie in cui si tiene nascosto. Esce al crepuscolo in cerca di cibo, cauto. Rimuove il terreno, rompe radici, mangia insetti e larve, lombrichi e vermi, lumache e chiocciole, visita alla base dei vecchi alberi i nidi delle api per succhiarne i favi di miele. I lunghi aculei lo difendono dai pungiglioni delle api operaie. Dà la caccia agli uccelli nel nido, beve le uova, acchiappa e divora rane, lucertole, tipi, bisce. Negli orti si pasce di frutti, uva, cereali. Al mattino presto, a pancia piena, fa ritorno alla sua tana e dorme. In autunno, tondo e grasso, si adagia sull’erba secca e sulle foglie che fanno da tappeto alla galleria-tana, con il musetto tra le zampe e si addormenta. (G. Menicucci)
Perchè il cane ha il naso freddo
Quando Noè volle far entrare nell’arca degli animali, la maggior parte di essi si mostrò riluttante. Bisognava compatirli, poveretti! Essi non sapevano nulla dell’imminente diluvio e, abituati com’erano a una libertà sconfinata, non avevano nessuna voglia di andare a rinchiudersi in quella grande gabbia di legno. Noè dovette decidersi a farli spingere dal cane. Il cane, quindi, fu l’ultimo a entrare nell’arca che, piana zeppa com’era, non offriva più spazio per lui. E così la brava bestia dovette starsene presso l’ingresso. Lì veniva un tale spiffero d’aria fredda, che il naso del cane cominciò a raffreddarsi. Ma questo poco importava al fedele animale: fiero dell’aiuto dato al gran patriarca, non si muoveva dal suo posto che nelle ore dei pasti. Fin da quei lontanissimi tempi, il cane sapeva di dover custodire la casa del padrone. Dopo l’infreddatura presa nell’arca di Noè, dice la leggenda, il naso del cane non si scaldò più. (R. Fumagalli)
Mammiferi che cambiano colore
Chi vive in campagna ed ha familiarità con gli animali domestici anche fra i più comuni, come cavalli, mucche, buoi, sanno che durante la stagione invernale il pelo di questi animali diventa più folto di quello estivo e leggermente diverso di colore. Si direbbe quasi che anch’essi, come gli uomini, amino cambiare guardaroba secondo le stagioni. Mucche e cavalli però devono accontentarsi di cambiamenti minimi nella loro livrea stagionale, mentre esistono animali il cui guardaroba subisce mutamenti notevoli. Uno degli esempi più famosi in proposito è quello dell’ermellino dalla candida e preziosa pelliccia. La livrea di questo animale però non è sempre così splendida. Durante l’estate, infatti, faremmo fatica a distinguerlo dalla più modesta donnola. In questa stagione anche la pelliccia dell’ermellino, abitatore di regioni settentrionali fredde e nevose, perde il pelo scuro e gli rispunta una splendida pelliccia candida e rilucente che lo rende invisibile in mezzo alla neve. Pure la donnola cambia colore durante l’inverno e, così protetta può continuare la sua vita indomita e battagliera di ferocissimo predone dei boschi. La volpe polare, che vive in branchi nelle desolate regioni artiche, d’estate ha il pelo scuro con riflessi azzurri sul ventre, ma d’inverno si riveste tutta di un candido mantello. Anche la pianta dei piedi è rivestita di pelo, per proteggerla dal freddo intensissimo dell’Artico.
L’ornitorinco, un mammifero che depone le uova
L’ornitorinco è un animale ben strano. Esso depone le uova, una o due, non di più, allo stesso modo degli uccelli e dei rettili, ma poi allatta i suo i piccoli, allo stesso modo dei mammiferi. Le uova dell’ornitorinco sono rotonde e racchiudono, sotto l’involucro esterno, un sottile strato bianco, che circonda un nucleo centrale di colore giallo. Un altro aspetto assai strano per un mammifero è questo: l’ornitorinco possiede un largo becco simile a quello dell’anatra. Inoltre le sue corte zampe sono palmate. Per la sua conformazione, l’ornitorinco è adatto anche alla vita acquatica, e infatti vive dentro tane profonde che scava lungo i corsi d’acqua. In una di queste tane, imbottite di erbe secche, la femmina depone le uova. I piccoli, appena nati, allungano la testa dentro una piega della pelle della madre dove si riversa il latte, il quale sgorga in seguito alla contrazione di appositi muscoli. Per quanto provvisto di becco, l’ornitorinco giovane possiede alcuni denti di latte che poi scompaiono con l’età. Il maschio, un po’ più grosso della femmina, nelle zampe posteriori ha uno strano sperone mobile, bucato all’interno da un sottile canale che è in relazione con una ghiandola che secerne veleno. Non si è ancora riusciti a comprendere bene a che cosa serva questo sperone e quale uso ne faccia esattamente l’animale.
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Recita per bambini LA VOCE DEGLI ALBERI adatta alla scuola primaria, adatta anche per esercitare la lettura ad altra voce.
Melo: Sono io che procuro alla gente il saporito frutto di quelle vitamine che fanno tanto bene specialmente ai bambini. E quante buone marmellate si fanno con i miei frutti!
Castagno: nessuno può mettere in dubbio che i miei frutti sono tra i più nutrienti. Sostituivano perfino il pane per certa povera gente della montagna che non poteva acquistarlo. E poi, chi non conosce le squisite caldarroste che nei giorni di novembre profumano l’aria?
Noce: Anch’io porto gioia a grandi e piccini. Quanto sono gustose le mie noci mangiate col pane! E’ un fatto; noi, alberi da frutto, siamo tanto utili e graditi alla gente. Non siamo come certi alberi che non portano che rami e foglie…
Pino: Ehi, cosa intendi dire? Alludi forse a noi? Vergognati!
Noce: Vergognarmi? E perchè?
Abete: Perchè se è vero che tu dai alla gente le tue noci, noi diamo ben altro. Siamo o non siamo noi che forniamo il legno per fabbricare i mobili delle case e tanti oggetti necessari?
Larice: E poi, se non ci fossimo noi, le frane e la neve che scivolano giù dalle cime dei monti formerebbero le valanghe che con la loro furia spazzerebbero via le case e rovinerebbero i campi.
Ulivo: Pace, pace, fratelli. Riconoscete di essere tutti utili e fate la pace. Sono io che ve lo dico: io, che sono il simbolo della pace.
Pioppo: Del resto, anch’io, pur non producendo frutti, mi sento utile. Infatti, con il mio legno duro si può fare la carta. Ma tu (rivolgendosi al cocco) da dove vieni? Non ti ho mai visto nelle nostre campagne e nei nostri boschi.
Cocco: Io vengo dalle terre calde dell’Africa, dell’Asia e dell’America. Sono una pianta provvidenziale. Difatti le mie noci contengono una bevanda bianca che disseta e ristora; dai semi si può estrarre un buon olio; con i gusci delle mie noci si fabbrica una fibra tessile. Insomma, per il viaggiatore dei paesi caldi io rappresento la vita.
Ulivo: Questa è davvero una novità. Credevo di essere io l’unico produttore di olio. (Poi indicando una specie di fico) E tu, da dove vieni? Che cosa ci porti? Mi sembri una pianta di fico ma non sei un fico come i nostri.
Albero della gomma: Infatti non sono un fico. Sono l’albero della gomma e posso raggiungere un’altezza di trenta metri. Dalla mia scorza, faccio uscire un liquido prezioso che gli uomini trasformano in gomma e in caucciù. Cresco volentieri specialmente nelle selve del Brasile, nell’America del Sud.
Cipresso: Vedo che, se non mi faccio aventi, non mi lasciate parlare. Già, voi siete abituati a vedermi nei cimiteri e quindi mi ritenete buono a poco. Eppure vi pare poco il mio compito?
Pino: Ma che cosa fa qui, in mezzo a noi, quell’arbusto laggiù che non sembra neppure un vero albero?
Bambù: Sì, è vero, non sono un albero grande come siete voi, ma vi assicuro che sono utilissimo. C’è perfino una leggenda sul mio conto. Si racconta che un giorno gli uomini del lontano Oriente chiesero agli dei di mandar loro una pianta che servisse per tutti gli usi. E gli dei mandarono il bambù. Così, sono diventato il vero amico dei poveri nei paesi tropicali. Ad essi fornisco il materiale per costruire la casa, il letto, gli attrezzi da lavoro, gli utensili da cucina e tantissime altre cose.
Melo: Molto bene, amico bambù. ma ora sentiamo il banano che non ha ancora fatto sentire la sua voce. Su, banano, ci sei troppo caro e siamo troppo curiosi di sapere come ti comporti nei tuoi paesi di origine
Banano: Eh già, vedo bene che mi conoscete tutti , anche se non maturo nei vostri paesi. O meglio, conoscete la bontà delle mie banane che, infatti, vengono esportate dalla mia Africa in tutti i paesi d’Europa. Voi, però, vi accontentate di mangiarle così, come ve le vende il fruttivendolo, come un frutto qualsiasi. Per gli africani invece la banana è uno dei principali alimenti ed è l’ingrediente per molte ricette dolci e salate. Inoltre si usano anche le mie foglie per fabbricare steccati, palizzate, letti e stuoie.
Larice: La sfilata va diventando davvero sempre più interessante e magnifica. E tu (indicando un albero enorme) chi sei?
Sequoia: Sono la sequoia. Certi mi chiamano anche albero gigante. Vivo in California e per trovarmi bisogna salire molto in alto. Per darvi un’idea della mia grandezza, vi dirò che se uno dei miei rami venisse piantato nel terreno, apparirebbe come un albero alto oltre venti metri e con un diametro di due metri e mezzo. Potete quindi figurarvi l’enormità di tutto il mio insieme. Quando riesco a superare la prima crescita, sono certo di vivere per secoli e di non morire mai di morte naturale. Solo un fulmine potrà essere in grado di schiantarmi. Ma per vedere i miei primi fiori dovrò attendere circa due secoli. Come vedete, tutto è quel che mi riguarda è enorme. Per quanto concerne la principale caratteristica del mio legno, vi dirò che esso è tanto duro da durare in eterno. Perciò viene usato per farne tegole, canali, steccati.
I PESCI dettati ortografici e materiale didattico vario: dettati, racconti, poesie e letture per bambini della scuola primaria.
I PESCI dettati ortografici
I pesci
I pesci vivono nell’acqua del mare (pesce di acqua salata), del lago, dei fiumi e degli stagni (pesce di acqua dolce). Le forme e le dimensioni dei pesci sono svariatissime. Poiché essi devono scivolare agevolmente nell’acqua, il loro corpo non presenta ostacoli: ha una forma affusolata. La testa è attaccata al tronco; gli occhi sono posti lateralmente e non hanno palpebre. Ai lati della testa ci sono le branchie, due aperture ricche di sangue: il pesce fa entrare l’acqua dalla bocca e la fa uscire appunto dalle branchie, trattenendo parte dell’ossigeno contenuto nell’acqua. Le branchie, quindi, servono al pesce per respirare. I pesci hanno il corpo coperto di scaglie, disposte come le tegole di un tetto. Per spostarsi nell’acqua si servono delle pinne e della coda; quest’ultima fa anche da timone. Essi possono vivere solo nell’acqua perchè non sanno respirare l’ossigeno direttamente dall’aria; si riproducono per mezzo di uova, che le femmine depongono in giugno.
La pesca
All’imbrunire, il porticciolo brulica di pescatori: voci, richiami, preparativi per la partenza. Si radunano le reti, si avviano i motori delle paranze e dei bragozzi. Le donne e i bambini salutano dalla spiaggia e dai moli. Gli uomini partono: staranno in mare tutta la notte, sperando di tornare, all’alba, con le ceste colme di pesce. Altri pescatori, invece, a bordo di motopescherecci, praticano la pesca d’alto mare, spingendosi a centinaia di chilometri dalla costa.
I pesci dell’acquario
Nell’angolo più caldo e luminoso della stanza, fa bella mostra di sé l’acquario. E’ un recipiente di cristallo, pieno d’acqua chiara e col fondo coperto da uno strato di sabbia, dove crescono pianticelle acquatiche. In quel piccolo spazio dei vispi pesciolini, alcuni piccolissimi ed altri più grandicelli, ma tutti assai graziosi. Le loro squame hanno vivaci colori, di un rosso più o meno intenso, con gradazioni azzurre, gialle e d’argento. Vi sono pesci dalla splendida e vaporosa coda a strascico; ve ne sono di quelli simili a farfalle, con lunghe striature nere, oppure dal corpo appiattito, che assomiglia ad una rondine, e due lunghe antenne sotto il capo.
Mangiare ed… essere mangiati
Sul fondale poco profondo vivono animali che sembrano piante, ma che sono pronti a ghermire qualsiasi preda passi loro a tiro; granchi mimetizzati in agguato fra le rocce e i coralli. Ecco la spugna, il riccio di mare, il corallo, la medusa, tutti pronti a mangiare e… ad essere mangiati. Sì, perchè questa è l’eterna vicenda della vita. Il microscopico copepodo mangia gli esseri ancor più microscopici che formano il plancton (piante e uova di animali e batteri). Ma l’aringa è subito pronta a divorare il copepodo (circa 60.000 ogni pasto), eppure essa non sfugge all’attacco del calamaro che, ghermitala con i suoi tentacoli, la sbrana a colpi di becco. E il calamaro viene divorato dal branzino. E così via. Fino a che l’ultimo pesce divoratore non muore per cause naturali e allora precipita sul fondo, in pasto agli abitanti degli abissi che si nutrono di carogne; e questo a loro volta cadono sul fondo dove i batteri li decompongono e formeranno quel detrito che fornisce alimento ad altri animali o diverrà concime per le diatomee, le microscopiche piante marine. Queste nasceranno, verranno divorate insieme con il plancton e il giro ricomincia. Nel mare non c’è mai pace: si insegue, si lotta, si divora e si viene divorati.
I pesci
I pesci hanno per sé tutta l’acqua del mare, dei laghi, dei fiumi: e nuotano. Ne conosciamo molti: pescecane, pesce martello e pesce spada, luccio e storione, tonno e sardina, sogliola, carpa, nasello, triglia; infine la trota, che vive nei laghi e risale i fiumi. Quello che a noi sembra il pesce più grosso è l’enorme balena: ma essa in realtà non è un pesce, è un mammifero. I pesci possono vivere solo sott’acqua: portati fuori dall’acqua, muoiono. Perciò l’uomo per ucciderli non ha che da pescarli.
La sardina
E’ lunga da dodici a venticinque centimetri, ha il corpo allungato. Vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico nord – orientale. Sono famose per la pesca delle sardine le zone di mare attorno all’isola di Terranova (America settentrionale).
La pesca delle sardine
La bella stagione aveva recato correnti di acqua calda dal sud e le sardine non potevano tardare. Infatti i pescatori avvistarono i primi branchi, gruppi enormi composti di migliaia di pesci argentei lunghi da quindici a venti centimetri, che si spostavano in massa nel mare aperto. I pescatori prepararono subito le reti e le esche. Un grosso banco di avvicinava rapidamente. Era il momento di agire. L’esca, costituita di uova di pesce e di farina di arachidi, venne sparsa abbondante nell’acqua. Le sardine sembravano impazzite nel gustare quel cibo di cui erano tanto ghiotte. Compivano continue evoluzioni e intanto rimanevano impigliate nelle reti. Ben presto le barche furono ricolme di pesci argentei e guizzanti che brillavano al sole.
La sogliola
Questo pesce, quando è adulto, cessa di nuotare per adagiarsi sul fondo del mare; allora sul suo corpo avvengono fenomeni strani; la superficie del pesce rivolta verso l’alto diventa scura prendendo il colore del fondo marino e l’occhio che sarebbe dovuto rimanere sul lato rivolto verso il basso, si sposta verso il lato superiore accostandosi all’altro occhio.
Il pescecane
Lungo sei sette metri, è uno squalo gigantesco munito di una bocca le cui mascelle portano denti grandi e taglienti. Questo animale, assai vorace e pericoloso anche per l’uomo, abita i mari caldi e temperati e segue spesso le navi per cibarsi dei resti di cucina che vengono gettati in mare.
Il merluzzo
Abita in branchi numerosi dei mari del Nord, ed è oggetto di grande e accanita pesca. Le sue carni vengono vendute in tutto il mondo, seccate o salate, col nome di stoccafisso e baccalà.
Il tonno
E’ un pesce che può raggiungere la lunghezza di circa tre metri e il peso di alcuni quintali. Vive nel Mar Mediterraneo, in branchi numerosissimi, a grande profondità. E’ un grande nuotatore, dalla robusta coda forcuta e dal corpo a forma di fuso e quindi molto adatto a fendere l’acqua. Il dorso del tonno è di un bel colore azzurro cupo, il ventre è di color argenteo: i colori propri dei grossi pesci che vivono nel mare aperto.
Il pesce spada
Abbastanza comune nei mari d’Italia, questo pesce è caratteristico per il lungo rostro a forma di spada sporgente dalla mascella. E’ un voracissimo predatore e forse il più veloce fra tutti i pesci, capace perfino di slanciarsi sopra la superficie del mare con spettacolari salti nell’acqua. Il suo carattere è fiero e violento: non di rado si scaglia contro le imbarcazioni conficcando la spada nel fasciame, restando però vittima della sua collera. La pesca del pesce spada che si pratica con una fiocina speciale, la draffiniera, è molto emozionante. I pescatori sono disposti su un luntro, una larga barca a remi con albero molto alto, sul quale, in posizione di vedetta, sta appostato il fariere. Quando quest’ultimo avvista il pesce, dirige i rematori verso la preda. Giunti a qualche metro di distanza, il lanciatore tira con forza e precisione la sua fiocina assicurata a una corda robusta e sottile, lunga anche 800 metri, che viene allentata al pesce colpito in modo da seguirlo fino all’esaurimento delle energie.
Ippocampo o cavalluccio marino
Questo tipo di pesce deve il suo nome al fatto che la sua testa è molto simile a quella del cavallo. Il maschio è munito di una sacca ventrale in cui la femmina depone le uova, dalle quali nascono i piccoli già molto simili agli adulti.
La carpa
La carpa è un pesce di acqua dolce. Essa in genere abita gli stagni, i laghi, i fiumi ed è molto diffusa nel lago Trasimeno e nel lago di Como. Non è un pesce molto pregiato. Essa si nutre di piante acquatiche, di piccoli animali che vivono nei fondi melmosi, di sostanze in decomposizione. Poiché la carpa non è un pesce rapace, non ha bisogno neppure di essere molto veloce: ed ecco che il suo corpo è piuttosto tozzo. La bocca della carpa è circondata da labbra carnose ed ha alcuni filamenti che servono come organi di senso, per meglio esplorare l’ambiente in cui vive. La carpa ha molti nemici che la fanno stare giorno e notte col batticuore. Essi sono la lontra, il topo acquatico, il falco pescatore, l’airone e molti pesci rapaci.
Il luccio
Il luccio è un grosso pesce dal corpo lungo fino a due metri, ottimo nuotatore. Ha il muso aguzzo, una grossa bocca munita di denti anche sul palato. Vive nelle acque dolci d’Europa, d’America e dell’Asia. Il luccio è il più feroce dei pesci d’acqua dolce, il vero pescecane dei nostri fiumi e laghi. Se i giovani lucci sfuggono alla voracità dei loro simili, diventano pesci di notevoli dimensioni. In Italia sono frequenti nei laghi e talora anche nelle acque salmastre delle lagune. Possono vivere fino ad età molto avanzata; balzano fuor d’acqua per afferrare uccelletti; in qualche caso riescono perfino a morsicare i bagnanti. I lucci sono assai dannosi alle piscicoltura perchè distruggono gli altri pesci. In certi laghetti, l’apparizione di qualche luccio vuol dire la scomparsa rapida di ogni altro pesce.
Il pesce persico
Un pesce che non teme il luccio è il pesce persico, assai più piccolo, ma difeso da una forte spina che ferirebbe la bocca del feroce nemico. Il pesce persico è squisito e assai bello: le sue pinne sono di un delicatissimo color roseo. E’ uno dei pesci più ricercati delle nostre acque.
Il salmone
Il salmone comune misura sino a un metro e mezzo di lunghezza e può superare i venticinque chili di peso. Non vive nei nostri mari. Esso fa esattamente il contrario di quanto fanno le anguille. Nasce dalle uova deposte nelle acque dolci ma, fatto adulto, torna al mare. Verso il terzo, quarto anno di vita, durante l’inverno, risale fiumi e torrenti, superando anche ostacoli difficoltosi, come dighe e cascate, per deporre le uova.
La trota
E’ simile al salmone e può raggiungere il metro di lunghezza. E’ molto diffusa nei fiumi e nei torrenti specialmente d’Europa: vive volentieri soprattutto nelle acque fredde e chiare delle zone montane. La sua carne è molto pregiata.
I PESCI racconti
Il lungo viaggio di mamma anguilla
Da molte stagioni mamma anguilla viveva nel fossato. Le trote ed i ranocchi la conoscevano da gran tempo: la ricordavano giovane, sottile e lunga poco più di una spanna; ora invece era lunga quasi un metro e grossa quanto un braccio di bimbo. Quando giunse l’autunno, mamma anguilla apparve tutta affaccendata; si strofinava contro le erbe, per pulire la pelle incrostata di fango e faceva esercizi di nuoto; sembrava si stesse preparando per un grande viaggio. E difatti, un giorno, al tramonto, partì. Percorse il fossato ed entrò nel canale; dal canale nel fiume. Nel fiume nuotò per intere giornate e giunse al mare. Nel mare nuotò per lunghe settimane e giunse all’oceano. Qui giunta, volse il capo all’ingiù e cominciò a scendere, a scendere verso gli abissi marini. L’acqua si faceva sempre più fredda e più scura, ma mamma anguilla, senza timore, proseguì la sua lunga discesa. Quando giunse a tremila metri di profondità, trovò l’ambiente adatto alla nascita dei suoi piccoli ed allora depose le uova. Nacquero le piccole anguille. Erano vermetti trasparenti, senza colore; pian piano salirono alla superficie. Mangiarono e crebbero e, quando furono lunghe sei centimetri, iniziarono anch’esse un lungo viaggio. Fecero a ritroso il percorso compiuto dalla loro mamma ed arrivarono al mare, al fiume, al fossato. E qualcuna, forse, giunse al fossato da dove la mamma era partita.
I pescatori
Gigino e il babbo sono andati a Chioggia, presso Venezia. Sono arrivati proprio nel momento in cui le barche tornavano dalla pesca, e Gigino s’è trovato sulla riva dove ne erano approdate molte. I marinai andavano e venivano dalle barche alla riva, su ponticelli fatti con tavole, portando sulle spalle ceste colme di pesci argentei, ancora guizzanti e sgocciolanti. Gigino guardava: sardine, sogliole, triglie, granchi, sgombri, orate, cefali, seppie, calamaretti, pesciolini minuti… che pranzone di magro si sarebbe potuto imbandire! Sulle barche intanto i marinai stendevano le reti ad asciugare, lavavano il ponte, abbrustolivano fette di polenta su fornelletti a carbone. Sior Momi, il pescatore con cui il babbo era andato a parlare, è un uomo anziano, un po’ curvo dalla fatica del remo, con viso rugoso, abbronzato dal sole e dall’aria salsa. Ha sempre in bocca la pipa e parla il dialetto cadenzato dei Chioggiotti. Quando ebbero finito di trattare i loro affari, sior Momi si avviò col babbo verso la sua barca, una bella barca: Speranza II, con le grandi vele arancione che si specchiavano nell’acqua cheta della laguna. Gigino guardava, incantato. – Ti piacerebbe venire a pescare? – gli chiese sior Momi. – Magari! – – Si parte al tramonto, si sta fuori tutta la notte, e all’alba si torna: salvo che non si faccia una crociera più lunga e non si vada a dare una capatina nei porti dell’Istria o della Romagna. Allora, si sta fuori una settimana o anche più, si fa da mangiare sopra coperta e si dorme in cuccetta. – “Dev’essere bellissimo…”, pensò Gigino. – E dica un po’, sior Momi – domandò il babbo, – perchè la sua barca si chiama Speranza II? – Sior Momi si levò la pipa di bocca. – Perchè la Speranza I l’ha presa il mare, una notte di fortunale -. Un attimo di pausa… poi aggiunse, a voce bassa: – E si portò via anche il mio ragazzo più grande, che aveva vent’anni.- (G. Lorenzoni)
Pesci! Pesci!
Pescatore che vai sul mare quanti pesci puoi pescare? Posso pescarne una barca piena con un tonno e una balena, ma quel ch’io cerco nella rete forse voi non lo sapete: cerco le scarpe del mio bambino che va scalzo poverino. Proprio oggi ne ho viste un paio nella vetrina del calzolaio: ma ce ne vogliono di sardine per fare un paio di scarpine… Poi con due calamaretti gli faremo i legaccetti. (G. Rodari)
Pescatori
Infaticati e rudi s’alternano al cimento: sferzano il sole e il vento i corpi seminudi. Dietro la tesa fune ecco una rete oscilla: guizza la preda e brilla dentro le maglie brune… Or chi vuol ricordare pericoli e strapazzi? Buona pesca, ragazzi! (A. Graf)
I PESCI dettati ortografici e altro materiale
Il pesce sente gli odori
Il pesce vede bene fino a una decina di centimetri e la ragione di questo fatto è chiara: l’acqua permette solo raramente una visibilità illimitata. Alcuni pesci hanno una linea che corre lungo i lati del corpo. In questa linea vi sono microscopici organi di senso. Quando il pesce si avvicina ad un ostacolo, l’acqua preme contro il suo corpo. Gli organi di senso, posti lungo il corpo, avvertono questa pressione e il pesce cambia direzione. La linea laterale, come vengono chiamati questi organi, aiuta il pesce ad individuare anche la posizione del nemico o della preda. Il pesce riesce a distinguere bene i vari odori: il suo senso dell’olfatto può essere eccitato anche da piccolissime particelle di odori diluiti nell’acqua. E’ per mezzo dell’olfatto che i pesci, come gli altri animali, riconoscono il cibo, i loro piccoli, il nemico. La loro sensibilità è estrema. Un esempio ce lo mostrano i vaironi. Quando un individuo di una frotta è ferito, la sua pelle emette nell’acqua una sostanza il cui odore spaventa gli altri peci che si riuniscono in gruppo e scappano a nascondersi. Non è con le pinne che il pesce nuota, ma con la coda e con tutto il corpo. Le pinne funzionano da stabilizzatori, da timoni, da freni.
Lo storione
Ecco un pesce che ha sempre goduto ottima fama! I Romani antichi lo tenevano in gran conto: esso compariva in banchetti di lusso, preparato con salse complicate, e circondato di fiori! Nella Cina, lo storione era riservato alla mensa imperiale. Nel Medioevo, solo ai nobili era dato mangiare carne di storione. Lo storione, insieme ad altre specie affini, vive nelle acque profonde del Mediterraneo, del Mar Nero, del Mare del Nord, dell’Atlantico, ma giunto il momento della riproduzione, in primavera, risale i fiumi per deporvi le uova. I piccoli rimangono per un certo tempo nel fiume, ma appena hanno raggiunto un certo sviluppo, ritornano al mare, dove rimangono fino a quando, a loro volta, dovranno pensare a deporre le uova. Nelle regioni molto fredde, gli storioni ritornano nei fiumi per passarvi l’inverno in letargo, mezzo nascosti nel fango. Anche nei nostri maggiori fiumi, nel Po, nell’Adige, nell’Arno, nel Tevere, non è difficile pescare qualche bell’esemplare di storione, che è ricercatissimo per la bontà delle sue carni. Lo storione ha corpo allungato, fusiforme, è lungo due o tre metri, e qualche esemplare arriva anche ai cinque metri. Il suo peso passa facilmente il quintale. La pelle è percorsa da cinque serie di piastre ossee piramidali lungo il tronco, e, osservata alla superficie, pare smaltata. Il capo, allungato e corazzato di piastre ossee, finisce in un lungo muso depresso, munito inferiormente di quattro filamenti carnosi, detti cirri, che servono per il tatto e per rimescolare le materie che lo storione, animale voracissimo, fruga e scopre col muso. Con le uova di storione si prepara il caviale, cibo assai ricercato e pregiato come antipasto. Un altro prodotto importante che ci fornisce lo storione è la colla di pesce o ittiocolla, che si ricava dalla vescica natatoria e che serve a molti usi, per esempio a chiarificare il vino e la birra.
Il pescecane
Ecco la voracissima fiera del mare! Validissimo nuotatore, è fornito di odorato sviluppatissimo, che gli permette di fiutare una preda anche a distanze considerevoli. E i denti? Avete mai visto la bocca di un pescecane? Essa è fornita di molte file di denti, presentanti una o più punte, lunghi, taglienti, seghettati! Un braccio umano, una gamba, sono come per noi gli ossicini del pollo, in quelle boccacce spaventose! I pescecani, detti anche squali, comprendono moltissimi generi: solo nei nostri mari ne vivono ventitré generi, con un buon numero di specie! Nel Mediterraneo si può incontrare un pescecane detto verdesca, il quale, se in altri mari arriva a più di sei metri di lunghezza, nel Mediterraneo non supera i tre metri. Ha il corpo slanciato e forte, la pelle minutamente zigrinosa, il muso allungato. La bocca ha numerosi, forti denti triangolari, a margini seghettati, di cui i superiori hanno la punta volta in fuori. La verdesca è vivipara e… con grande abbondanza. In una femmina si trovarono cinquantaquattro embrioni di pescecane! I giovani seguono per qualche tempo la madre, che li protegge; anzi, in caso di pericolo, è stato osservato che essi si riparano nella bocca materna! La verdesca è assai diffusa nell’Atlantico e nel Pacifico. Abita per lo più a grandi profondità, ma sta anche a fior d’acqua, ad un miglio circa dalle coste. E’ agile e voracissima; si ritiene sia uno degli squali più impavidi e più pericolosi per l’uomo. Ci sono certi pescecani, detti carcarodonti, che arrivano a dodici metri di lunghezza, e possono inghiottire un uomo intero! Altri, detti smerigli, lunghe anche sei metri, sono molto arditi e pericolosi, e si arrischiano persino ad assalire i pescatori sulle barche! Nel Mediterraneo ci si può imbattere nel pescecane codalunga; detto così per la coda che spesso è più lunga di tutto il corpo, e arriva ai quattro metri, complessivamente. Pare che sia inoffensivo per l’uomo; si ciba principalmente di pesci. Nuota con impeto, e si dice che le femmine proteggano i piccoli, ricoverandoli, al caso, sotto le pinne pettorali. Tante volte l’apparenza inganna. Questo è il caso del sélache gigante, un pescecane lungo quattordici metri e anche più, ma che tuttavia è poco temibile. Abita nei mari freddi, dove nelle belle giornate viene talora a frotte presso la superficie, dove se ne sta tranquillo, lasciandosi cullare dalle onde… Ma, di solito, predilige le profondità. Si ciba di piccoli pesci e crostacei. I giovani sèlaci sono assai diversi dagli adulti, tanto che per parecchio tempo si credette appartenessero ad un’altra specie di pesci. Nell’Atlantico settentrionale il sèlache gigante è cacciato con la fiocina e col rampone, per ricavarne l’olio eccellente, dal grosso fegato; ma pare che ora anche questa specie vada estinguendosi. I pescecani più lunghi sono i rinodonti, dell’Oceano Indiano e del Pacifico. Arrivano ai venti metri di lunghezza; quasi come un piroscafo! Però sono anch’essi inoffensivi, perchè si cibano di piccoli animali marini.
I PESCI dettati ortografici – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo sito non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
Viventi e non viventi col metodo Montessori nell’ambito dello studio della Botanica e della Zoologia, con presentazioni e materiale stampabile pronto.
Per le presentazioni e gli esercizi ho preparato il materiale stampabile, a disposizione degli abbonati:
Viventi e non viventi col metodo Montessori I viventi Presentazione
Materiali: – una scatolina contente un vasetto con tappo vuoto (pieno d’aria), un vasetto con del cibo (biscotti o pane o frutta o verdura), una madre col suo piccolo e tre piattini o dischi di cartoncino con le scritte CIBO, ARIA, RIPRODUZIONE
– una striscia di carta con la scritta VIVENTI – piantina in vaso e altri viventi (insetti, lombrichi, lumachine, ragnetti ecc.) in vasetto o riproduzioni di viventi in miniatura – immagini di esseri viventi in una scatolina o in un cestino – vassoio – tavolo o tappeto.
Presentazione – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei parlarvi di una cosa molto interessante. Parleremo degli esseri viventi. Tutti gli esseri viventi hanno almeno tre cose in comune” – prendiamo il vasetto vuoto e tenendolo in mano diciamo: “Tutti gli esseri viventi respirano”. Prendiamo il piattino con la scritta ARIA, mettiamolo sul piano di lavoro e posiamoci sopra il vasetto. Diciamo: “Tutti i viventi hanno bisogno di aria” – facciamo la stessa cosa con gli altri vasetti
– uno alla volta prendiamo i vasetti e i piattini, nominando di nuovo aria, cibo, riproduzione e rimettiamoli sul vassoio. – prendiamo uno degli esseri viventi che abbiamo preparato sul vassoio, ad esempio una piantina, e mettiamola al centro del piano di lavoro e chiediamo: “Secondo voi questa pianta è un essere vivente?”. I bambini risponderanno di sì, e noi diremo: “Siamo sicuri? Una pianta ha bisogno di aria?”, “Ha bisogno di nutrirsi?”, “Ha bisogno di riprodursi?”. Ogni volta che i bambini rispondono si sì, mettiamo un piattino accanto alla pianta.
– “La pianta si nutre, respira, e si riproduce. La pianta fa parte dei VIVENTI”. Mettiamo la parola VIVENTI sul tappeto come titolo
– prendiamo la scatolina delle immagini e mettiamola sul tappeto e diciamo: “In questa scatola ho raccolto immagini di esseri viventi. Vediamo se è vero.”
– una alla volta prendiamo le immagini e per ognuna chiediamo se ha bisogno di aria, cibo e se si riproduce; dichiariamola dunque VIVENTE
– raccogliamo il materiale usato e riponiamolo sul vassoio, poi portiamolo allo scaffale della biologia, di modo che i bambini l’abbiano a loro disposizione.
Dopo aver dato questa prima presentazione possiamo esplorare la classe alla ricerca di viventi, e discutere insieme le caratteristiche che possiamo osservare in essi. Oltre al cibo (nutrizione), l’aria (respirazione) e la riproduzione possiamo ad esempio dire che i viventi usano energia, crescono e si sviluppano, rispondono all’ambiente, si adattano, ecc.
Viventi e non viventi col metodo Montessori I non viventi Presentazione
Materiali: – una striscia di carta con la scritta NON VIVENTI – una raccolta di oggetti non viventi (sassi, bulloni, attrezzi ecc…) in un cesto ( o riproduzioni in miniatura di non viventi) – immagini di non viventi in una scatolina o in un cestino – la scatolina contente un vasetto con tappo vuoto (pieno d’aria), un vasetto con del cibo (biscotti o pane o frutta o verdura), una madre col suo piccolo e tre piattini o dischi di cartoncino con le scritte CIBO, ARIA, RIPRODUZIONE – tavolo o tappeto.
Presentazione: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei parlarvi di una cosa molto interessante. Parleremo dei NON VIVENTI.” – col l’aiuto della scatolina ricapitoliamo le caratteristiche dei viventi – mettiamo sul piano di lavoro il cesto dei non viventi e diciamo: “In questo cesto ho raccolto oggetti NON VIVENTI”. Mettiamo il cartellino NON VIVENTI al centro del piano di lavoro, e aggiungiamo: “Vediamo se è vero”
– prendiamo il primo oggetto, ad esempio il sasso, e chiediamo: “Un sasso è vivente?”. I bambini diranno di no. Chiediamo se ha bisogno di aria, di cibo e se si riproduce. I bambini diranno sempre di no. Diciamo: “Il sasso è un NON VIVENTE” e mettiamolo sotto alla scritta NON VIVENTI – proseguiamo così con gli altri oggetti
– ora mettiamo sul piano di lavoro il contenitore con le immagini di non viventi e diciamo: “Qui ho raccolto immagini di non viventi. Vediamo se è vero” – prendiamo la prima immagine e chiediamo ai bambini: “Cos’è?”. I bambini rispondono, ad esempio. “Una palla”. Chiediamo se una palla ha bisogno di cibo, di aria e se si riproduce. La risposta è sempre no. Indicando la scritta NON VIVENTE diciamo: “La palla fa parte dei NON VIVENTI” – proseguiamo così con le altre immagini
– riponiamo il materiale sul vassoio e mostriamo al bambino dove potranno trovarlo, sullo scaffale della botanica – nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio da soli o in gruppo; per questo possiamo variare con una certa frequenza le immagini del vassoio.
Viventi e non viventi col metodo Montessori Presentazione 1
Materiale: – un cestino con oggetti in miniatura che rappresentino viventi e non viventi – una striscia di carta con la scritta VIVENTI e una con la scritta NON VIVENTI – la scatolina contente un vasetto vuoto con tappo (pieno d’aria), un vasetto con del cibo (biscotti o pane o frutta o verdura), una madre col suo piccolo e tre piattini o dischi di cartoncino con le scritte CIBO, ARIA, RIPRODUZIONE – tavolo o tappeto.
Presentazione: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei mostrarvi una nuova attività che ha a che fare coi viventi e i non viventi” – mettiamo gli oggetti sul piano di lavoro, davanti ai bambini e chiediamo ai bambini: “Cosa sono?”. I bambini nominano o descrivono gli oggetti – diciamo: “Si tratta di oggetti davvero molto diversi tra loro. Come potremmo raggrupparli? Ad esempio potremmo dividerli per colore, oppure per dimensione… oggi però li suddivideremo in viventi e non viventi” – se pensiamo che i bambini ne abbiano bisogno mostriamo la scatola per ricordare le caratteristiche principali dei viventi – scegliamo un vivente, ad esempio la tartaruga e chiediamo: “La tartaruga è un vivente?”. Sì. La tartaruga è un vivente perché si nutre, respira e si riproduce. Mettiamola la tartaruga in alto a destra – scegliamo un oggetto non vivente, ad esempio la sedia, e diciamo: “Questa è una sedia. La sedia è non vivente perchè non si nutre, non respira, non si riproduce”, e mettiamola in alto a sinistra – continuiamo allo stesso modo con tutti gli altri oggetti, finchè essi non saranno divisi in due gruppi: i viventi e i non viventi – diciamo: ” Tutti i viventi si trovano in questo gruppo. Tutti i non viventi si trovano in quest’altro gruppo. “ – chiediamo ai bambini: “Abbiamo riconosciuto i viventi perchè mangiano, respirano e si riproducono. C’è qualcos’altro oltre a questo che serve a riconoscere i viventi?”. Incoraggiamo i bambini a trovare le loro risposte (crescono, bevono, si muovono da soli, muoiono, usano i sensi, ecc…) – chiediamo: “Abbiamo riconosciuto i non viventi perchè non mangiano, non respirano e non si riproducono. C’è qualcos’altro che i non viventi non sanno fare?”. Incoraggiamo i bambini a rispondere – poniamo come intestazione per i due gruppi le scritte VIVENTI e NON VIVENTI e leggiamole insieme – ora raccogliamo gli oggetti e distribuiamoli tra tutti i bambini – leggiamo nuovamente i due cartellini VIVENTI e NON VIVENTI e chiediamo ai bambini di porre il loro oggetto nel gruppo che gli appartiene – ricapitoliamo: “Per distinguere un vivente da un non vivente sappiamo che i viventi hanno delle caratteristiche che sono il movimento, la respirazione, l’uso dei sensi, la capacità di crescere, la riproduzione e il cibo” – per i bambini possiamo preparare vari cestini di questo tipo, di modo che essi possano esercitarsi individualmente nella classificazione di viventi e non viventi.
Viventi e non viventi col metodo Montessori Presentazione 2
Materiale: – un vassoio – immagini di viventi e non viventi, che possono essere codificate sul retro per il controllo autonomo dell’errore – una striscia di carta con la scritta VIVENTI e una con la scritta NON VIVENTI – tavolo o tappeto.
Presentazione di gruppo: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei mostrarvi un’altra attività che ha a che fare coi viventi e i non viventi” – diciamo: “Come abbiamo già fatto con gli oggetti del cestino dei viventi e non viventi, divideremo queste immagini a seconda che rappresentino viventi (mettiamo sul piano di lavoro, in alto a sinistra, il cartellino VIVENTI) o non viventi (mettiamo sul piano di lavoro, in alto a destra, il cartellino NON VIVENTI) – scegliamo un vivente, ad esempio il cavallo e diciamo: “Questa è un cavallo. Il cavallo è un essere vivente perchè mangia, respira, fa i piccoli” e mettiamo l’immagine del cavallo nella colonna dei viventi – scegliamo un oggetto non vivente, ad esempio un paio di forbici, e diciamo: “Questo è un paio di forbici. Le forbici non sono un vivente perchè non si muovono da sole, non respirano, non fanno i piccoli”, e mettiamo l’immagine in alto a destra, tra i non viventi – continuiamo allo stesso modo con tutte le altre illustrazioni, finchè non saranno divise in due gruppi: gli esseri viventi e gli oggetti non viventi o inanimati
– diciamo: ” Tutti i viventi si trovano in questo gruppo. Tutti i non viventi si trovano in quest’altro gruppo – se abbiamo codificato le carte sul retro (scrivendo vivente o non vivente a seconda dei casi oppure utilizzando cerchietti di colore diverso) mostriamo ai bambini come potranno verificare il loro lavoro dopo averlo svolto da soli, se usiamo le liste mostriamo come usarle
– riponiamo il materiale sul vassoio e mostriamo al bambino dove potranno trovarlo, sullo scaffale della botanica – nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio da soli o in gruppo; per questo possiamo variare con una certa frequenza le immagini del vassoio.
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Viventi e non viventi col metodo Montessori I non viventi che erano viventi Presentazione
Materiali: – una striscia di carta con la scritta ERANO VIVENTI – una raccolta di oggetti che erano viventi (frutti, fiori secchi, frutti secchi…) in un cesto ( o riproduzioni in miniatura) – immagini di oggetti che erano viventi in una scatolina o in un cestino – la scatolina contente un vasetto con tappo vuoto (pieno d’aria), un vasetto con tappo con acqua, un vasetto con del cibo (biscotti o pane o frutta o verdura), una madre col suo piccolo e tre piattini o dischi di cartoncino con le scritte CIBO, ARIA, RIPRODUZIONE – tavolo o tappeto.
Presentazione: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei parlarvi di una cosa molto interessante. Parleremo dei NON VIVENTI CHE ERANO VIVENTI.” – col l’aiuto della scatolina ricapitoliamo le caratteristiche dei viventi – mettiamo sul piano di lavoro il cestino contente gli oggetti che erano viventi e diciamo: “In questo cesto ho raccolto oggetti che ERANO VIVENTI”. Mettiamo il cartellino ERANO VIVENTI al centro del piano di lavoro, e aggiungiamo: “Vediamo se è vero”
– prendiamo il primo oggetto, ad esempio un peperoncino, e chiediamo: “Un peperoncino secco è vivente?”. I bambini dovrebbero rispondere di no, ma potrebbero esserci dubbi. Chiediamo: “Questo peperoncino si nutre?”. No, ma quando era attaccato alla pianta si nutriva. “Questo peperoncino secco ha bisogno di aria?”. No, ma quando era attaccato alla pianta ne aveva bisogno. Infine chiediamo: “Questo peperoncino si può riprodurre?”… Possiamo dire di sì, coi semi che si trovano nel peperoncino secco possiamo ottenere una nuova pianta di peperoncino e quindi altri peperoncini. “Non possiamo dire che il peperoncino è un VIVENTE perchè non ha tutte le caratteristiche dei viventi, però quando era appeso alla pianta le aveva tutte, quindi il peperoncino appartiene al gruppo ERANO VIVENTI”. Mettiamo il peperoncino sotto alla scritta ERANO VIVENTI – proseguiamo così con gli altri oggetti
– ora mettiamo sul piano di lavoro il contenitore con le immagini di oggetti che erano viventi e diciamo: “Qui ho raccolto immagini del gruppo ERANO VIVENTI. Vediamo se è vero” – prendiamo la prima immagine e chiediamo ai bambini: “Cos’è?”. I bambini rispondono, ad esempio. “Un fossile di trilobite”. Chiediamo se un fossile ha bisogno di cibo, di aria e se si riproduce. La risposta è sempre no, ma quando il trilobite era vivo, mangiava, respirava e si riproduceva. Indicando la scritta ERANO VIVENTI diciamo: “. Il fossile di trilobite fa parte del gruppo ERANO VIVENTI” – proseguiamo così con le altre immagini
– riponiamo il materiale sul vassoio e mostriamo al bambino dove potranno trovarlo, sullo scaffale della botanica – nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio da soli o in gruppo; per questo possiamo variare con una certa frequenza le immagini del vassoio. – al termine raccogliamo il materiale usato e riponiamolo sul vassoio, poi portiamolo allo scaffale della biologia, di modo che i bambini l’abbiano a loro disposizione.
Viventi e non viventi col metodo Montessori Viventi, non viventi ed erano viventi Presentazione
Materiale: – un vassoio – immagini di viventi , di non viventi e di non viventi che erano viventi , che possono essere codificate sul retro per il controllo autonomo dell’errore – una striscia di carta con la scritta VIVENTI , una con la scritta NON VIVENTI e una con la scritta ERANO VIVENTI – tavolo o tappeto.
Presentazione di gruppo: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto e invitiamo un gruppo di bambini alla presentazione dicendo: “Oggi vorrei mostrarvi un’altra attività che ha a che fare coi viventi e i non viventi” – diciamo: “Come abbiamo già fatto con gli oggetti del cestino dei viventi e non viventi, e con le immagini, divideremo queste immagini a seconda che rappresentino viventi (mettiamo sul piano di lavoro, in alto a sinistra, il cartellino VIVENTI), non viventi (mettiamo sul piano di lavoro, in alto al centro, il cartellino NON VIVENTI) o oggetti che ERANO VIVENTI (mettiamo sul piano di lavoro, in alto a destra, il cartellino NON VIVENTI) – scegliamo un vivente, ad esempio l’albero e diciamo: “Questo è un albero. L’albero è un essere vivente perchè mangia, respira, e si riproduce” e mettiamo l’immagine dell’albero nella colonna dei viventi – scegliamo un oggetto non vivente, ad esempio un vaso e diciamo: “Questo è un vaso. Il vaso non è un vivente perchè non si muove da solo, non respira, non si riproduce”, e mettiamo l’immagine in alto al centro, tra i non viventi – scegliamo un oggetto che era vivente, ad esempio una foglia secca e diciamo: “Questa è una voglia secca. La foglia secca non è un essere vivente perchè non si nutre, non respira, non si riproduce. Però quando era attaccata alla pianta lo faceva. La foglia secca appartiene al gruppo ERANO VIVENTI. Mettiamo la foglia in altro a destra – continuiamo allo stesso modo con tutte le altre illustrazioni, finchè non saranno divise in tre gruppi: i viventi, i non viventi e quelli che erano viventi
– diciamo: ” Tutti i viventi si trovano in questo gruppo. Tutti i non viventi si trovano in quest’altro gruppo. Tutti i non viventi che erano viventi si trovano in questo gruppo”
– un’idea interessante per visualizzare la classificazione tra viventi, non viventi, erano viventi è quella di utilizzare due tappetini trasparenti di colori diversi, in questo modo (l’immagine è di The learning ark):
– se abbiamo codificato le carte sul retro (scrivendo vivente o non vivente o era vivente a seconda dei casi oppure utilizzando cerchietti di colore diverso) mostriamo ai bambini come potranno verificare il loro lavoro dopo averlo svolto da soli – riponiamo il materiale sul vassoio e mostriamo al bambino dove potranno trovarlo, sullo scaffale della botanica – nei giorni seguenti i bambini potranno ripetere l’esercizio da soli o in gruppo; per questo possiamo variare con una certa frequenza le immagini del vassoio.
ERANO VIVENTI: mele disidratate, uvetta, fiori secchi, noce di cocco, fossili di trilobiti, fossile di pesce, peperoni secchi, tronco d’albero abbattuto, foglia secca, dente di squalo piselli in scatola, bracciale di corallo, lavanda secca, minestrone surgelato, tonno in scatola, pistacchi, olive conservate, tappi di sughero, sardine in scatola, prosciutto, scheletro di dinosauro, caviale, alga nori, ortaggi, pepe in grani, salmone affumicato.
Con le carte illustrate, dopo aver lavorato alla classificazione viventi/non viventi/erano viventi possiamo procedere in una prima classificazione dei viventi dividendoli in ANIMALI e PIANTE .
____________ Viventi e non viventi
Età: dai quattro anni.
Nomenclatura: viventi, non viventi, erano viventi; animati, inanimati; cibo, aria, riproduzione, crescita, movimento, i nomi degli oggetti in miniatura, i nomi degli oggetti rappresentati nelle immagini, ecc.
Scopi: – riconoscere viventi e non viventi – sviluppare la capacità di classificare oggetti in base a un criterio stabilito.
Lazio: materiale didattico, dettati e letture per bambini della scuola primaria.
Il lazio: cartina fisico-politica
I confini: Mar Tirreno, Campania, Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, Toscana. I golfi: golfo di Gaeta. I promontori: Capo Circeo, Punta di Gaeta. I monti: Appennino Centrale (Umbro-Marchigiano, Abruzzese), Sub-appennino (Monti Sabini, Simbruini, Ernici), Antiappennino (Volsini, Cimini, Sabatini, Colli Albani, Lepini, Ausoni, Aurunci) Le cime più alte dell’Appennino Centrale: Terminillo (m 2.213), nei monti Reatini; Monte Viglio (m 2156); Monte Pizzodeta (m 2.037); La Mera (m 2.241). Le cime più alte dell’Antiappennino: Monte Cimino (m 1.053), Monte Cavo (m 949), Monte Semprevisa (m 1.536), Monte Calvilli (m 1.102), Monte Petrella (m 1.533). I valichi: Valico di Torrita (m 1.005). Le pianure: Maremma, Campagna Romana, Agro Pontino. I fiumi: Tevere, Liri-Garigliano con il suo affluente Sacco; affluenti di sinistra del Tevere: Nera con il suo affluente Velino; Aniene. I laghi: Lago di Bolsena, Lago di Vico, Lago di Bracciano, Lago d’Albano, Lago di Nemi, Lago di Fondi. Le isole: Ponziane (Ponza, Ventotene, Palmarola, Zannone, Scoglio Santo Stefano).
Osserviamo la cartina Il Lazio, terra degli antichi Latini, è situato al centro dell’Italia e abbraccia un territorio assai vario per aspetto fisico. Esso comprende la zona montuosa dell’Appennino, con la vetta del Terminillo, i Monti Sabini e Sambruini, ai piedi dei quali si stendono le regioni della Sabina e della Ciociaria. Nella parte settentrionale del Lazio, lungo il corso del Tevere, sorgono i monti Volsini, Cimini e Sabatini, mentre nella parte meridionale si elevano i Colli Laziali e, lungo la valle dei fiumi Sacco e Liri, i Monti Lepini, Ausoni e Aurunci. La Campagna Romana è l’unica zona pianeggiante del Lazio e si stende lungo il Mar Tirreno. Fanno parte del territorio del Lazio le Isole Ponziane. Belli sono i caratteristici laghi vulcanici di Bolsena, di Vico e di Bracciano.
Province
Il Lazio è suddiviso in cinque province. Roma, capitale d’Italia dal 1871, è da secoli il centro del mondo cattolico e sede del Papato. La sua gloriosa storia è narrata in innumerevoli e superbe opere antiche, medioevali e moderne, che la rendono unica al mondo. Roma è anche città modernissima, con belle vie larghe e dense di traffico, grandi alberghi, magnifici palazzi. Importante nodo stradale e ferroviario, Roma è in comunicazione con tutto il mondo, grazie agli aeroporti di Ciampino e di Fiumicino, dove fanno scalo le principali linee aeree nazionali e internazionali. Frosinone, il capoluogo della Ciociaria, è situata sull’alto di un colle, tra vigne e oliveti. Latina, città modernissima, è provincia dal 1934. Sorge nella zona bonificata dell’Agro Pontino ed è centro agricolo e industriale. Rieti, capoluogo della Sabina e cioè del bacino del fiume Velino, giace in una conca dominata dal Terminillo. Viterbo, al centro della regione vulcanica, occupa la zona tra i laghi di Bolsena e di Vico.
Per il lavoro di ricerca
Quale origine ha il territorio del Lazio? Non molto lontano da Rieti presso il confine con l’Umbria, sorge un monte noto agli sportivi per i suoi campi da sci: qual è? La fascia costiera della regione comprende due ampie pianure: come si chiamano? Come erano queste zone qualche decennio fa? Come sono oggi? Nel Lazio si aprono parecchi laghi: di che origine sono? Quali sono i più importanti fiumi della regione? Quali isole appartengono al Lazio? Quali sono i più importanti prodotti agricoli della regione? Che cos’è la Pietra di Roma? Dove sorgono le più importanti industrie e quali sono? Cos’è Cinecittà? Frosinone, la Ciociaria, Rieti, Montefiascone legano i loro nomi a prodotti particolari. Quali? Che cos’è la Ciociaria e perchè ha questo nome? C’è un’altra voce molto importante nell’economia del Lazio: quale? Alcune città laziali sono antichissime, altre invece molto recenti: dove e quando sono sorte queste ultime? Quali sono le testimonianze, in Roma, della grandezza storica della città? Quali sono le più famose fontane di Roma? Che cos’è il Colosseo? Dove sono state trovate tombe etrusche di grande importanza? Che cosa ricorda il nome Nemi? Se tu volessi raggiungere il Lazio in aereo in quali aeroporti potresti atterrare? E se vi arrivassi in macchina da Firenze o da Livorno, quali strade o autostrade dovresti percorrere? Quale Stato indipendente è compreso nel territorio del Lazio?
Il Lazio
Ricco di foreste, di boscaglie, di pascoli, povero di prodotti del sottosuolo, il Lazio produce frumento, granoturco, barbabietola da zucchero, foraggi, olive e uve. Pregiatissimi i vini del Velletrano e dei Castelli romani. Florida la pastorizia; scendono alla campagna, dall’Umbria, gli armenti. Cavalli e bufali per la libera distesa, sorvegliati dai butteri.
Lazio: sguardo d’insieme
Quelli del Lazio sono soltanto confini politici; non delimitano, infatti, una regione fisica particolare. Il Lazio è costituito di elementi dissimili: monti di formazione ed aspetto del tutto diversi l’uno dall’altro, pianure di diversa origine, fiumi che percorrono la regione ed hanno altrove le sorgenti, fiumi che si alimentano ai piedi dei monti laziali e scorrono per lunghi tratti nelle regioni vicine. I rilievi che occupano largamente il Lazio si presentano senza ordine, in gruppi, più o meno estesi e appartengono, nella maggior parte, al sistema dell’Antiappennino. L’Appennino si affaccia nel tratto nord-orientale della regione con le montagne reatine culminanti nella vetta del Terminillo (m 2213): si innalza con rilievi calcarei, massicci, con aspre vette, fianchi scoscesi, pareti precipiti; i Monti Simbruini ed i Monti della Meta sono le altre cerniere appenniniche che saldano il Lazio all’Abruzzo. Dal Nord al Sud, l’Antiappennino offre uno spettacolo grandioso di rilievi vulcanici; prima i tre gruppo dei Volsini, dei Cimini, dei Sabatini; poi, oltre la piana del Tevere, il gruppo dei colli Albani o Laziali. In tutto è visibile l’origine singolare, formati come sono dai crateri ormai sfaldati ed erosi, foggiati dall’esplosione vulcanica o dal getto dei materiali dell’esplosione stessa. Il verde che oggi riveste i morbidi dossi toglie ogni drammaticità al paesaggio e lo addolcisce; lo rende anche più suggestivo la presenza di numerosi laghi imbutiformi, venuti a colmare di acque azzurre le bocche degli antichi vulcani. Nei Volsini è il grande lago di Bolsena (secondo solo al Trasimeno, nell’Italia peninsulare); nei Cimini è il lago di Vico, nei Sabatini il lago di Bracciano; ornano i colli Albani i laghi di Albano e di Nemi. Più a sud si innalzano, distinti nettamente l’uno dall’altro, i gruppi montuosi dei Lepini, degli Ausoni e degli Aurunci, che non sono di origine vulcanica: essi hanno una struttura calcarea, appaiono poco elevati, ma di aspetto rude, ricchi di grotte e di doline, con pareti scoscese rivolte verso il Tirreno, sulla costa del quale si erge, a formare promontorio, il rilievo solitario del Monte Circeo. Tutto intorno ai rilievi vulcanici si estendono bassi ripiani di materiale tenero, sui quali le acque hanno lavorato in profondità, scavando valli d’ogni misura e isolando sparsamente piccoli rilievi collinari simili a quelli che videro sorgere Roma. Appennino, Antiappennino, valli e distese collinari occupano una parte notevole della regione; la pianura vera e propria si riduce, nel tratto settentrionale, ad una fascia costiera ricca di dune; si allarga nell’avvallamento creato dal Tevere, aperto ampiamente a destra ed a sinistra del suo delta (Agro Romano); torna a restringersi a ridosso dei colli Albani; si estende di nuovo in modo notevole nell’Agro Pontino, costituito in parte da un tavolato alluvionale, in parte da territori lievemente ondulati, emersi in antico dal mare. Agro Romano e Agro Pontino recano il ricordo di paludi e di malaria; dopo opere di bonifica, offrono ora una terra fertile alle coltivazioni. A questo punto, i monti Ausoni ed Aurunci spingono gli ultimi pendii fino al mare, spegnendo del tutto la pianura. Nel mar Tirreno, al largo del promontorio del Circeo, è l’arcipelago delle Ponziane che, amministrativamente, appartengono al Lazio. Nella regione scorre, ma non vi nasce, il Tevere, il maggior fiume dell’Italia peninsulare (Km 405), il quale, dalle pendici del monte Fumaiolo (Appennino Tosco-Emiliano), attraversa l’Umbria e si avvia al Lazio in direzione longitudinale stretto com’è fra i rilievi dell’Appennino e dell’Antiappennino che gli impediscono di rivolgersi al mare; soltanto dopo aver superato i monti Sabatini devia verso Roma e verso il Tirreno; scendono al Tevere, dai monti Reatini, il Velino, che confluisce nel Tevere in Umbria, e, dai monti Simbruini, l’Aniene; nel Lazio ancora scorre per un tratto il Liri, il quale riceve gli affluenti Sacco e Gari e, con nome di Garigliano, porta le sue acque nel Tirreno segnando, nel suo ultimo tratto, il confine fra il Lazio e la Campania.
Il Tevere nel Lazio
Dopo circa 240 km di percorso il Tevere entra nel Lazio, tocca Orte e riceve le copiose acque della Nera, il più generoso dei suoi affluenti, senza il cui apporto non sarebbe che un longo e disordinato torrente. Dice infatti un proverbio romano: “Il Tevere non sarebbe il Tevere, se la Nera non gli desse da bevere”. Snodandosi poi in larghi meandri, scende solenne verso Roma, alle cui porte lo raggiunge l’Aniene o, meglio, il Teverone, come familiarmente lo chiamano i Romani. Scivolando sotto i ponti più antichi del mondo, attraversa silenzioso l’Urbe descrivendo un’ampia curva e dividendosi in due rami per lambire l’Isola Tiberina dalla caratteristica forma allungata, congiunta alle sue sponde dai vetustissimi ponti Cestio e Fabricio. Raggiunte poi le moderne installazioni portuali di San Paolo, ove risalgono dal mare battelli e rimorchiatori di notevole mole, prosegue lento, tortuoso, giallastro, nell’austera solitudine dell’Agro Romano. In località Capo li Rami si biforca a formare l’Isola Sacra: il braccio destro, canalizzato, rettilineo, fiancheggiato da rigogliosi eucalipti, va al porto di Fiumicino; quello sinistro, detto Fiumara Grande, gira intorno all’isola, lambisce le rovine di Ostia Antica e infine si insala nel Tirreno, in un paesaggio di severe solennità. Si compie così, dopo 405 km, il viaggio del fiume nel cuore antico d’Italia.
Sorgono nuove città
Le Paludi Pontine, che si stendevano dal mare al margine delle montagne, erano un grandioso deserto paludoso e malarico, in cui pascolavano le greggi e le mandrie di bufali neri che non temono il fango. Vi abitava un piccolo numero di pastori dispersi e vi passavano le compagnie dei cacciatori attratti dagli uccelli acquatici. Nessuna parte dell’Italia era più primitiva di questa alle soglie di Roma stessa. Si dice che nemmeno ai tempi di Roma queste terre fossero fertili; e ad ogni modo nei secoli di decadenza la palude aveva inghiottito le opere dei primi monaci e i vari tentativi di sistemazione idraulica iniziati dai papi. La bonifica è sempre stata dalla natura. Lasciati a se stessi, questi terreni piatti tornerebbero ad impaludarsi. Anche il relativo abbandono duranti gli anni della guerra fu sufficiente a far temere che la natura prendesse una triste rivincita. Il pericolo è adesso superato, la bonifica è salva. I dati fondamentali della bonifica variano leggermente secondo le pubblicazioni. Si può dire in maniera approssimativa, che ottantamila ettari circa furono sistemati, cinquantamila dissodati e venticinquemila resi irrigabili; e circa un milione di metri quadrati coperto di fabbricati rurali. Sorsero, tra il 1932 e il 1939, Latina, Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia. Capoluogo e borgate, artificiali anche nei nomi dettati dal gusto del tempo, attecchirono però bene, ed infatti dal primo nucleo cominciarono a svilupparsi. Col loro aspetto di borgate rurali di diversa grandezza, che si propongono soltanto d’essere funzionali, sono oggi riuscite ad incorporarsi nell’ambiente. Si ha perciò il caso, molto raro in Europa, ed imitato nell’Italia del Sud, di centri nati dal nulla e divenuti vitali in una ventina d’anni. (G. Piovene)
Un paesaggio monotono
Un paesaggio che ha completamente cambiato la sua primitiva fisionomia è quello delle paludi pontine, o, come ora meglio si dice, dell’agro pontino. A percorrere la via Appia nel tratto che da Velletri porta a Terracina c’è da morir di noia. Non per nulla si chiama “la fettuccia di Latina”. E’ infatti un unico interminabile rettilineo. Ai due lati è il disegno geometrico di campi seminati per lo più a grano. Piantagioni a scacchiera di ulivi e di viti, interrotti qua e là da quei piccoli stagni tondeggianti che si chiamano “piscine”, nulla tolgono alla monotonia del paesaggio. Siamo nel Lazio, ma potremmo essere nelle terre basse della pianura padano-veneta: gli stessi reticolati di canali e di fossi, gli stessi argini, le stesse lunghe vie, diritte, le stesse case rurali fatte in serie, di un bianco abbacinante nel sole estivo. Anche le città, in questo Lazio antico, greve di storia millenaria, sono qui nuove, come Latina, che è nata nel 1932, o Sabaudia (1934) o Pontinia (1935) o Aprilia (1937). Nessuna attrattiva di paesaggio dunque, per cui il viaggiatore è preso da noia e, se è un automobilista, deve lottare per vincere il sonno.
Un tratto di campagna romana
Oggi la vista è tutt’altra, e non ci non più gli splendori stupendi e maligni dei crepuscoli in palude. Il cacciatore non trova più le cospicue delizie di valle e di macchia, e nemmeno rischia più di affondare nei tradimenti del pantano. I primi canali, pigri e incerti, che nel tempo delle piogge confondevano le acque loro con quelle dilaganti, e in tempo di siccità stagnavano, non sono più spurgati e diserbati col primitivo sistema di spingerci dentro i branchi delle bufale. Questo animale predilige acque morte e limo tiepido. Era uno spettacolo bello e selvaggio , quando i butteri, incassati nell’alta sella dalle staffe lunghe, spingevano col pungolo simile ad una lancia i bufali al canale, che vi scendevano dentro con gli zoccoli grevi e le corte gambe, che prima di vederle correre mai diresti così veloci, vi si affondavano fino al petto quadrato, fino al garrese possente. Restavano a fior d’acqua le corna a forma di falce rovesciata, le fronti catafratte, gli occhi lenti e come smemorati; le froge, godevano e rifiatavano forte. Sul fondo dei canali sono passate le benne delle macchine di scavo, le pale degli abili operai emiliani e lombardi, che hanno scavato e sistemato canali, fossi e scoli; poi, con le marre, sterrato, sarchiato, livellato con quella incredibile minuzia che esige l’acqua, la quale vuole essere invitata più che violentata, e indovinata non che studiata, e che occorre per la sistemazione a coltura dei terreni bonificati. Idraulici ed agricoltori in una hanno perfezionato la rete di scolo e di irrigazione, ché la bonifica libera la terra dall’acqua per cadere nella siccità, e bisogna immettere acqua sana e tenere vivi i canali. (R. Bacchelli)
Dalle barbabietole allo zucchero
Rieti vanta il più antico zuccherificio italiano, costruito nel 1872. Le bietole grigiastre appena raccolte vengono lavate e tagliate a listarelle, quindi introdotte in appositi recipienti cilindrici. Una corrente d’acqua calda immessa poi in questi cilindri asporta dalle bietole tutta la sostanza zuccherina. Si forma così un liquido giallognolo che viene depurato mediante complessi procedimenti e trasformato in un succo denso di colore scuro. Questo è poi filtrato attraverso sabbia e segatura di legno e infine fatto bollire ad una temperatura non superiore ai 60 gradi. Durante questa operazione si formano i cristalli di zucchero, che si separano dallo sciroppo (la melassa) e che vengono quindi lavorati nelle raffinerie, dove assumono finalmente l’aspetto ben noto.
Le mozzarelle
Frosinone e la Ciociaria sono un po’ la patria della mozzarella, quei delicati formaggi freschi e bianchi, che si sciolgono in bocca come un burro. Per fabbricare le vere mozzarelle occorrono innanzitutto le bufale, cioè le femmine di una specie bovina asiatica, importata in Italia durante il medioevo ed allevata nel Meridione. Il latte delle bufale viene fatto cagliare lentamente in ambiente tiepido. La cagliata diviene così plastica, tanto da poter filare senza rompersi. Dopo alcune ore questa pasta bianca viene estratta dal siero (liquido lattiginoso che si separa dalla sostanza cagliata) e manipolata in acqua calda, finchè i pezzi si incollano, sovrapponendosi: provate ad affettare una mozzarella, vi accorgerete che è composta da diversi strati. Infine, le mozzarelle vengono modellate su forme apposite e poste a consolidare in acqua fredda; quindi, impacchettate nel loro siero, sono pronte per essere spedite e consumate ovunque.
La pietra di Roma: il travertino
Il travertino fece la sua comparsa a Roma solo nel II secolo avanti Cristo; fino ad allora il materiale che più si usava era il lapis albanus, cioè la pietra di Albano, pietra-tufo di origine vulcanica dai brillanti bianchi cristalli d’un minerale chiamato leucite (parola greca che vuol dire “bianco”) ben visibile lungo il lastricato del Foro Romano, ecc. La sua fortuna il travertino la dovette soprattutto al fatto che Roma distava pochi chilometri dai giacimenti più importanti, quelli di Tivoli, da cui il nostro travertino. Le località più tipiche e storicamente più importanti per l’estrazione del travertino sono situate nella pianura percorsa dal fiume Aniene alle falde dei monti di Tivoli, per esempio alle Acque Albule, così chiamate perchè bianche di calce, presso un fiumicello dalle acque solforose e solforiche dall’odore penetrante. In questa piana i Romani scavarono una gran valle, larga ben 2500 metri, ottenendo così oltre mezzo milione di metri cubi di travertino. Del resto basta pensare alle proporzioni del Colosseo e dei vari teatri dell’antica Roma, tutti in travertino, per farsi un’idea dell’enorme quantità di materiale che i Romani asportarono da questa terra. L’uso del travertino si andò diffondendo; e altre cave furono aperte in Toscana, in Umbria, nella Campania. Da Orvieto giù giù fino a Salerno il travertino ebbe presto il sopravvento su tutti gli altri materiali da costruzione e da rivestimento anche se di qualità meno bella della vera “Pietra di Tivoli”. I più importanti giacimenti di travertino oggi “coltivati” (come si dice in gergo minerario) si trovano nel Lazio, e non solo a Tivoli ma anche a Viterbo, a Cerveteri, a Subiaco, per dire solo le località più tipiche. Ma se ne estrae anche dalla terra perugina e ascolitana; e in Toscana vi sono altre buone località: Montecatini, Bagni di Lucca, Rapolano, Magliano, Massa Marittima. Il travertino è un calcare (cioè carbonato di calcio) che venne abbandonato dalle acque calcarifere le quali erano divenute tali perchè avevano sciolto da altre parti più a monte il calcare delle rocce. Spesso il travertino contiene foglie e rami di piante che vennero lentamente ricoperte dalle acque calcarifere e che perciò vennero inglobate nel calcare abbandonato dalle acque. Roma è la città più d’ogni altra ricca di monumenti che testimoniano delle qualità espressive del travertino: il colonnato di San Pietro, opera del Bernini; il pavimento della Piazza del Campidoglio; la Fontana di Trevi; e tanti altri palazzi e monumenti posteriori al periodo imperiale romano. La richiesta del travertino continua tuttora. Le cave, le diverse cave disseminate in Italia, gettano senza sosta sul mercato questa così bella pietra, docile alla lavorazione e resistente quando il clima non sia troppo umido o gelido. Infatti l’umidità determina spesso un annerimento della superficie, e il gelo, penetrando l’umidità nei forellini della pietra, determina un rapido logorio. Nonostante questo, anche a Milano il travertino è molto in uso. (G. Nangeroni)
Lo sai?
Secondo la tradizione Roma fu fondata da Romolo il 21 aprile del 753 aC. Ebbe sette re, ultimo dei quali Tarquinio il Superbo, venne cacciato. Durante il periodo repubblicano estese le sue conquiste e consolidò la sua potenza vincendo tra gli altri Volsci, Equi, Etruschi, Campani, Tarantini, e abbattendo con tre lunghe guerre la fortissima Cartagine. Con Ottaviano Augusto divenne una splendida città e la capitale di un vastissimo impero che non ebbe eguali nell’antichità. Nel I secolo vi si formò la prima comunità cristiana, che ebbe in breve numerosissimi seguaci e fu sottoposta a feroci persecuzioni. Alla fine del IV secolo l’Impero Romano d’Occidente cessò di esistere e Roma perdette definitivamente la sua potenza militare, ma acquistò col succedersi dei Papi sempre maggior importanza come capitale del mondo cristiano e centro culturale. Nella notte di Natale dell’anno 800, in San Pietro, papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero. Nel 1527 la città venne ferocemente saccheggiata dai Lanzichenecchi, soldati mercenari tedeschi. Il 9 febbraio 1849 fu proclamata la Repubblica Romana, di cui Giuseppe Mazzini fu l’animatore. Essa venne abbattuta, il 2 luglio dello stesso anno, dai Francesi, nonostante la resistenza opposta dai suoi eroici difensori. Il 20 settembre 1870, truppe italiane al comando del generale Raffaele Cadorna entrarono nella città attraverso la breccia delle mura di Porta Pia e la occuparono. Pio IX si ritirò in Vaticano considerandosi prigioniero del Governo Italiano. L’anno dopo, il primo luglio 1871, Roma fu proclamata capitale d’Italia. L’11 febbraio 1929 si pose termine al dissidio tra il Governo Italiano e la Santa Sede con la firma dei Patti del Laterano. Roma ha dato i natali a molti illustri personaggi, tra cui Caio Giulio Cesare, Cesare Ottaviano Augusto, Severino Boezio, Gregorio Magno, Pietro Metastasio, Gioachino Belli, Trilussa, Enrico Fermi.
Impressioni di Roma
Non sono pochi ad affermare che Roma è la più bella città del mondo. Qui la natura, la storia, la religione e l’arte si alternano e si completano nel dar vita a visioni stupende e nel ricreare suggestioni e commozioni intense. I secoli più remoti e più recenti rivivono nella pietra, nel marmo, nel cotto dei monumenti, in un accostamento che non appare mai come frutto del caso, ma che sembra il volto di un perenne presente su quello sfondo di pini bruni che fanno più risplendente e più profondo il cielo. Ma che cosa rimane nella memoria di tutto quel continuo succedersi di contemplazioni, di stupori, di emozioni, mentre si procede di via in via, di piazza in piazza, di basilica in basilica, di colle in colle? Prima di tutto il ricordo del solenne, dell’austero, del maestoso, dello spazio che circolano per l’aria fra i ruderi, fra le colonne, nelle navate, sotto le cupole, fra i palazzi, nelle vaste strade, nelle piazze enormi. Poi San Pietro, il Colosseo, le fontane, le innumerevoli fontane che si succedono con fantasia inesauribile; e indimenticabili visioni di Roma eterna come si possono ammirare dai colli famosi.
Roma, città isolata
Per tanti secoli Roma fu come un’oasi in un deserto. Chi usciva di città passava attraverso una stretta cintura di orti e di vigne, poi si trovava all’improvviso in una landa sconfinata, lievemente ondulata. Bella e suggestiva, non c’è dubbio! Qualche capanna conica di pastore interrompeva la linea uniforme dell’orizzonte, che un gruppo di bufale nere, o la pennellata chiara di un gregge non bastavano ad animare. Era il regno della malaria e del latifondo.
I monumenti di Roma
Non è certo il caso di farne qui un elenco completo: i monumenti di Roma sono veramente innumerevoli, di tutte le epoche della sua storia meravigliosa. I più importanti e caratteristici sono il Colosseo o Anfiteatro Flavio, il più grandioso di tutti, e le Terme di Caracalla, nella cui cornice si svolgono d’estate rappresentazioni liriche all’aperto. E accanto ad essi, per limitarci solo ai più insigni e ai meglio conservati, gli archi di Costantino, di Tito e di Settimo Severo; la basilica di Massenzio o di Costantino, (le basiliche dell’antica Roma, badate, non erano affatto chiese) ove tuttora si svolgono d’estate grandi concerti orchestrali, e tutto il superbo complesso del Foro Romano e del Palatino (il colle, questo, sul quale nacque la prima “Roma quadrata”), il Foro Traiano, il più insigne dei fori imperiali, con la Colonna Traiana e i vicini Mercati Traianei; il Pantheon (costruito da Agrippa genero di Augusto e rifatto da Adriano), tempio romano e poi chiesa cristiana; l’Ara Pacis Augustae (Altare della pace augusteo) eretta fra il 13 e il 9 aC a ricordo della pace ridata da Augusto all’impero, poi andata in frantumi e ricomposta nel 1938; il Mausoleo di Augusto e quello di Adriano (Castel Sant’Angelo), entrambi adibiti nel medioevo a fortezze; la statua in bronzo di Marco Aurelio sul Campidoglio, modello di tutte le statue equestri del Rinascimento, e la Colonna istoriata eretta in onore dello stesso imperatore, in Piazza Colonna, centro dell’Urbe; i resti colossali delle Terme di Diocleziano entro cui sorgono ora la Chiesa di Santa Maria degli Angeli costruita da Michelangelo e il Museo Nazionale Romano; i dodici obelischi egiziani elevati su altrettante piazze; la tomba di Cecila Metella e gli altri resti monumentali della via Appia Antica; e infine i grandiosi Scavi di Ostia Antica e le più modeste rovine dell’antica Veio. La Roma cristiana ci si presenta innanzitutto con le Catacombe (principali quelle di San Callisto, del II secolo); poi con un gran numero di chiese insigni per età, pregi artistici e importanza religiosa, tra le quali emergono le quattro basiliche patriarcali di San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Luterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo Fuori le Mura. E che dire dei palazzi dai nomi notissimi (il Quirinale, sede del Presidente della Repubblica; i palazzi Madama e di Montecitorio sedi rispettivamente delle due Camere, il Palazzo Senatorio sede del Municipio e gli adiacenti palazzi del Museo Capitolino e del Conservatorio, i palazzi Venezia, della Cancelleria, Farnese, il barocco Palazzo Barberini e cento altri), e delle fontane monumentali (chi non ha sentito nominare la settecentesca fontana di Trevi, la più monumentale di tutte?), e delle piazze imponenti (la michelangiolesca Piazza del Campidoglio, la bella Piazza del Quirinale dominale dalla fontana con i Dioscuri, la settecentesca piazza Navona sorta sull’area dello stadio di Domiziano, la suggestiva Piazza di Spagna con la celebre scalinata della Trinità dei Monti, l’immensa Piazza del Popolo, e via dicendo); delle vie (dall’ampia maestosa via dei Fori Imperiali all’elegantissima via Vittorio Veneto, che i romani continuano, come un tempo, a chiamare via Veneto, alla Passeggiata del Gianicolo); dei giardini e dei parchi (il Pincio, villa Borghese col giardino zoologico più importante d’Italia, il Parco di Porta Capena, ecc.)? Che dire dei musei e delle gallerie d’arte antica e moderna? Né mancano opere grandiose e comunque degne di nota anche tra quelle più recenti. (A. Basso)
Le quattrocento chiese di Roma
Una città sotterranea è stata la prima città della fede cristiana. Nella terra stessa dove erano le fondamenta di Roma, i primi cristiani hanno scavato le loro catacombe, i loro luoghi di ricovero e di raduno, le loro primissime chiese. E un labirinto sottoterra, sempre più profondo, per il quale giri al lume delle candele per chilometri e chilometri. Di San Pietro sai già che è la prima chiesa del mondo. E’ sorta sul luogo dove morivano i martiri; e, accanto, sul Colle Vaticano, ha il suo piccolo libero Stato dai meravigliosi palazzi, il Papa. Ma quante altre chiese ha Roma? Quattrocento. E fra queste la più antica, la madre delle basiliche, quella dedicata a San Giovanni, sorta sui terreni che l’imperatore Costantino donò ai Papi.
Le fontane di Roma
Roma è la regina delle acque. Per le vene di Roma scorre l’Acqua Vergine, l’Acqua Felice, l’Acqua Marcia, l’Acqua Paola: acque freschissime, pure e maestose. Nelle piazze e nei giardini si sono innalzate le più mirabili fontane, che parlano perpetuamente il loro linguaggio di gorgoglii, chioccolii, scrosci delle cascatelle, degli steli bianchi, degli sprilli altissimi, de getti violenti. Le fontane di Roma! In Piazza Navona ce ne sono tre. E la barcaccia di Piazza di Spagna? Essa è posta davanti alla scalinata per cui si sale alla Trinità dei Monti, il punto più soavemente bello di Roma. E la fontana di Trevi? E’ un capolavoro; tra i più capricciosi e svariati giochi d’acqua, emergono cavalli marini e tritoni, irrigati da rivoletti freschi, che danno apparenza di essere vivi. (G. Borsi)
Curiosità
Intorno alla Colonna Traiana si possono ammirare numerosissimi fregi che si snodano a spirale per tutta l’altezza della colonna: in essi sono rievocati gli episodi più significativi delle guerre compiute nella Dacia dall’Imperatore Traiano, nel periodo che va dal 101 al 106 dopo Cristo. Sulla sommità della colonna troneggia una statua di San Pietro alla quale si può giungere per mezzo di una scala a chiocciola posta nell’interno della colonna stessa.
Il colosseo
Il Colosseo, il più importante degli edifici della Roma Imperiale, così denominato per le proporzioni gigantesche e per la vicinanza della statua colossale di Nerone, sorse nella bassa valle dell’Esquilino, del Palatino e del Celio, forse nel luogo stesso si apriva come un lago lo stagnum del sontuoso palazzo imperiale di Nerone. Esso ha resistito ad incendi, a terremoti, al logorio dei secoli ed è pertanto interessante ricordare la profezia del monaco inglese Beda: “Finchè starà il Colosseo starà Roma; ma quando Roma cadrà finirà anche il mondo”. Iniziatane la costruzione da Vespasiano che la condusse fino al secondo ordine, venne compiuto da Tito nell’80 dC, e rifinito da Domiziano. Per gli speciali accorgimenti usati nella costruzione, tali da permettere in pochi anni l’elevazione di così immensa mole, il Colosseo costituisce uno dei grandi ardimenti dell’ingegneria romana. La costruzione è alta come un palazzo odierno di dodici piani ed è formata da tre file sovrapposte di ottanta archi di travertino, sormontate da un quarto ordine a muro continuo, oggi quasi del tutto scomparso. Corrispondevano, all’interno un’immensa cavea, tre ordini di sedili, divisi da due recinti, e, in alto, un ultimo ordine, riservato forse alla classe più povera di spettatori. Il Colosseo costituisce una delle più evidenti testimonianze della capacità costruttiva degli antichi Romani. Le perfette realizzazioni tecniche ancora oggi stupiscono. Esse consentivano, ad esempio, di allargare la platea per lo svolgimento delle battaglie navali (naumachie); di tendere un enorme velario per riparare dal sole gli spettatori, di disporre di ben trentadue ascensori per sollevare le belve dal sotterraneo fino al livello del suolo e di innalzare, tutto intorno all’arena, una robusta cancellata, assicurata a grosse travi, durante le cacce alle bestie feroci. A cavea gremita si calcola che l’edificio potesse contenere cinquantamila spettatori.
Dettati e materiale didattico sulle piante per bambini della scuola primaria.
Il soffione
Se noi soffiamo sul palloncino del soffione che cresce nei prati, ai margini delle strade o tra le pietre, lo vediamo scomporsi in tanti piccoli elementi, i quali se ne vanno lontani, veloci e leggeri. Prendiamo uno di quegli elementi. E’ formato da un corpicino sul quale è impiantato un filamento terminante in una raggiera di peluzzi. Possiamo paragonarli all’ombrello del paracadute, e il fruttino ovale al passeggero. Il vento lo afferra, lo trascina in alto, lo sospinge in basso e va a capitare, proprio come era il desiderio della pianta madre, in un luogo umido dove può svilupparsi a meraviglia. (G. Scortecci)
Per il lavoro di ricerca
Come è fatto un fiore? A che cosa servono gli ovuli e i granelli di polline? Che cos’è l’impollinazione? Come avviene e per mezzo di chi? Come si forma il frutto? Quali frutti conosci? Quali sono i frutti carnosi e quali i frutti secchi?
A che cosa servono gli ovuli e i granelli di polline?
Gli ovuli sono gli organi destinati a trasformarsi in semi. Perchè questa trasformazione avvenga occorre, però, che gli ovuli si incontrino con un granello di polline. Il polline viene prodotto dalle antere. Esso dovrà perciò essere trasportato fin sulla punta del pistillo: da qui potrà scendere fin nell’ovario dove incontrerà gli ovuli. Allora si formeranno i semi, ed il fiore avrà adempiuto il suo compito; infatti a questo punto il fiore appassisce e cade. Bisogna ricordare una importante legge che regola l’impollinazione dei fiori: in genere il fiore, perchè dai suoi semi possa nascere una pianta sana e vigorosa, deve essere fecondato con polline prodotto da un altro fiore. Ma chi provvede a portare il polline dall’uno all’altro fiore? Ogni famiglia di piante ha scelto un suo modo per provvedere a questo trasporto: c’è chi si serve del vento, chi dell’acqua e chi dell’opera di diversi animaletti, generalmente insetti, ma in qualche caso anche uccelli e molluschi.
L’impollinazione
Tutte le piante superiori si riproducono per mezzo di semi, i quali si sviluppano dal fiore solo quando questo viene fecondato. Voi sapete già come è fatto un fiore e quali sono i suoi organi principali. Conoscete quindi gli stami e le antere, che producono il polline, la minuta polverina gialla che rimane attaccata alle dita quando tocchiamo l’interno di un fiore maturo.
Quei minuscoli granuli gialli, prodotti in tanta abbondanza dai fiori, sono uno dei più preziosi elementi esistenti in natura, poichè racchiudono il segreto della vita delle piante. Sono proprio i granuli di polline che provocano la fecondazione degli ovuli, una volta giunti sul pistillo che sovrasta l’ovario.
Se esaminate il polline al microscopio noterete che i granuli hanno forme diverse, che variano da pianta a pianta. Ce ne sono di ovali, di cilindrici, di rotondi. Alcuni terminano con delle piccole punte, altri sono leggermente uncinati, altri ancora sono a forma di mezzaluna. Se provengono da piante che si fanno impollinare dal vento, sono più piccoli ed hanno forme più appiattite, per poter volare più facilmente. Se invece sono destinati ad essere trasportati lontano dagli insetti, sono di maggiori dimensioni e risultano appiccicosi.
Se un granulo di polline raggiunge il pistillo, l’ovulo viene fecondato. Ma raramente succede che il polline prodotto da un fiore vada a fecondare l’ovario dello stesso fiore.
Le piante fanno di tutto per ottenere che il polline arrivi al pistillo di un altro fiore o da un’altra pianta. Ciò permette la produzione di frutti e di semi migliori, più adatti alla germinazione; questo processo si chiama fecondazione incrociata e la sua estrema utilità fu dimostrata da Darwin già nel 1859.
Per questo motivo vi sono fiori nei quali il polline matura quando ancora il pistillo non è completamente sviluppato, e altri in cui si verifica il caso inverso. Vi sono poi fiori il cui pistillo si sviluppa molto in altezza, al di sopra delle antere, sempre per impedire che il polline sottostante possa raggiungere l’apertura (stigma). Altre piante infine producono fiori con solo stami che danno il polline (fiori maschili) e fiori col solo pistillo terminante nell’ovario (fiori femminili). Di questo gruppo sono le piante che si fanno impollinare dal vento, come le conifere. Esse non producono fiori con corolle vistose, perchè non devono attirare gli insetti. Producono invece quantità incredibile di polline, perchè dei milioni e milioni di granelli che volano nell’aria solo qualcuno giunge sul fiore adatto.
Alcune piante affidano il polline al vento, altre si servono dell’acqua, altre ancora si impollinano da sole, ma nella maggior parte questa importantissima operazione viene affidata agli animali, e in particolare agli insetti. Per essi le piante producono fiori profumati, fiori provvisti di dolce nettare, fiori dai petali vistosamente colorati. La stessa forma delle corolle ha il preciso scopo di lasciar passare l’insetto adatto all’impollinazione e di impedire chi si entrino altri animaletti meno graditi. Basta osservare ciò che avviene in un fiore di salvia, per restare stupiti dal meraviglioso meccanismo posto in atto per favorire l’impollinazione incrociata.
Quando un’ape, attirata dal profumo o dal nettare, si appoggia sul petalo più basso per entrare nel fiore, preme su una speciale levetta che fa abbassare lo stame. Questo, che è già incurvato dal peso dell’antera matura, va a toccare il dorso peloso dell’insetto e lo cosparge di polline. L’ape poi vola su un altro fiore e l’operazione si ripete. Ma la salvia è una di quelle piante che fanno maturare prima le antere e poi il pistillo. Così quando l’insetto giunge su un fiore con le antere avvizzite vi trova un pistillo maturo, che incurvandosi con lo stesso meccanismo va a raccogliere il polline di altri fiori sul dorso dell’ape, fecondandosi.
I frutti
Quando il polline, al momento della fioritura, viene portato sulla stimma per opera, o degli insetti, o del vento, o di altri agenti, si ha la fecondazione degli ovuli. Avvenuta questa, gli ovuli si trasformano in semi mentre le parti dell’ovario si gonfiano, si fanno carnose, tonde, colorite, oppure, a seconda dei casi, solide, fibrose: sta formandosi il frutto. Per noi i frutti sono il piacevole completamento dei pasti, ma per la pianta rappresentano un momento importantissimo e delicato della sua vita. Il frutto protegge il seme e serve a disseminarlo nel terreno. Per il botanico i frutti si dividono in due categorie: carnosi e secchi. I primi sono pieni di polpa carnosa, turgida, ricca di succo e ci richiamano subito alla mente le ciliegie, le pesche, le mele, le pere. I frutti secchi non hanno una parete così succosa come i loro parenti carnosi. Ne esistono molte varietà di cui le principali sono: la noce, il legume, la cariosside. Oltre a i veri frutti, esistono anche i falsi frutti alla cui formazione concorrono, oltre all’ovario, altre parti del fiore. Per esempio il vero frutto della fragola è formato da quei granellini neri che ne costellano la polpa e che vengono generalmente ritenuti semi. Altri falsi frutti sono il fico e il pomo.
I fuoriclasse della botanica
Ecco alcuni semi, fiori, frutti, piante ed alberi che sono veri e propri campioni mondiali di qualche specialità che ti indicherò. Il seme più grosso: cocco. Il fiore più grande: bolo. Il frutto più voluminoso: turien. L’albero più alto: sequoia. L’albero più grosso: baobab. Il legno più leggero: balsa. Il legno più pregiato: ebano. La pianta più delicata: sensitiva. La pianta più ricca di olio: sesamo. La pianta che piange di più: vite. L’albero europeo più longevo: tiglio.
Le sequoie
Le sequoie sono famose per le dimensioni gigantesche e per la longevità. Gli esemplari più alti e più vecchi hanno addirittura un nome proprio e sono severamente protetti. Vi sono due specie di sequoie: la gigante e la sempreverde (ma anche la prima conserva le foglie verdi d’inverno). Attualmente la sequoia gigante di maggiori dimensioni è la General Sherman, che ha quasi 4.000 anni ed è altra 88 metri. Il suo diametro alla base è di circa nove metri. Le sequoie sempreverdi sono meno longeve, ma raggiungono le altezze maggiori. La Founder’s Tree, che si trova in California, è alta ben 110 metri. Il suo tronco però è meno massiccio ed ha alla base un diametro di quattro metri e mezzo. Il principale carattere che distingue le due specie è dato dalla forma e dalla disposizione delle foglie Nella sequoia sempreverde sono lineari e coriacee, lunghe un centimetro, lisce e aghiformi, con l’estremità appuntita; nella sequoia gigante sono molto più piccole, a forma d brattee appuntite, e disposte sui rametti come tante embrici. Entrambe le specie producono pigne, più semplici e piccole nella sequoia sempreverde. I tronchi hanno corteccia rossastra molto screpolata e legno leggero e resistente, rossiccio, poco pregiato.
Le piante che danno le spezie
Queste piante devono la loro speciale natura ad oli essenziali che esse contengono, e mentre di alcune mangiamo il frutto, come il pepe comune, la noce moscata e la vaniglia, di altre, quali il cinnamomo e la cassia, usiamo la corteccia e, nel caso dello zenzero, la radice. La spezia più usata è il pepe, del quale si riconoscono diverse varietà. Quella più comune, conosciuta in commercio come pepe nero, è la bacca macinata di una pianta che cresce in India e che viene coltivata anche in altri paesi, compresi Giava e Sumatra. Si tratta di una pianta rampicante o strisciante, una liana, con lo stelo di colore scuro, i cui rami, che si curvano verso terra, portano spighe di fiori verdi, dai quali si formano poi bacche d’un rosso chiaro, della grossezza di un pisello. Queste bacche, una volta seccate, costituiscono il pepe in grani del commercio. Una buona pianta di pepe produce da due a tre chilogrammi di frutti. Nelle piantagioni, il pepe è sempre sostenuto da pali o da alberi piantati appositamente. Anzi, questi ultimi sono preferiti perchè la pianta prospera meglio dove può godere un po’ d’ombra. Le bacche vengono raccolte quando il loro colore si tramuta dal verde al rosso, periodo nel quale sono più piccanti, e vengono poi stese su stuoie, a seccare al sole. Seccando, diventano nere e grinzose, ed in questo stato sono dette pepe nero.
Palma da cocco
La palma da cocco è definita “il re dei vegetali” per la quantità di prodotti che da essa si ricavano. E’ un bell’albero dal fusto robusto, alto fino a trenta metri e terminante con un bel ciuffo di foglie pennate, ciascuna delle quali è lunga da quattro a cinque metri. All’ascella delle foglie si sviluppano i fiori maschili e femminili, raggruppati in piccole inflorescenze. I frutti che ne derivano sono le ben note drupe ovali, pesanti fino a due chili. Sull’albero però le noci di cocco non hanno l’aspetto bruno scuro che conoscete. Esse sono rivestite da uno spesso strato fibroso, di colore verde, che viene asportato prima di mettere il frutto in commercio. Con quelle fibre si fabbricano stuoie e cordami. Una palma più produrre anche una decina di mazzi di noci, ciascuno composto di dieci o dodici frutti. Sotto il bruno strato legnoso, che viene a volte utilizzato per fare bottoni, la noce di cocco presenta il seme, cioè quella polpa bianca mangereccia, ricca di zuccheri grassi e proteine, che viene venduta a spicchi anche da noi. Questa polpa, disseccata, rappresenta la copra da cui si ricava l’olio di cocco, usato per la fabbricazione di cosmetici, profumi, margarina e saponi. Con i residui opportunamente triturati si ottiene un buon foraggio.
Il segreto degli alberi
Il mondo è davvero meraviglioso in tutti i suoi esseri e in tutti i suoi aspetti particolari. Prendiamo, ad esempio, gli alberi: che cosa c’è di apparentemente più semplice? Ma proviamo ad osservare e a studiare come si nutre la pianta, come respira e traspira, quali delicate e vitali funzioni assolvono le radici e le foglie. Ci troveremo davanti a segreti meravigliosi, che ci lasceranno stupiti e incantati. E’ appunto ciò che capita a Mario, il protagonista di questo racconto. Durante una passeggiata in montagna, conversando col suo papà, il bambino viene a conoscenza dei più delicati segreti degli alberi, fa perfino conoscenza con una fatina che ha nome Clorofilla. Volete conoscerla anche voi?
A mezza costa i prati cessavano, limitati da una siepe spinosa, e aveva inizio il bosco. Un bosco fitto, folto, ombroso, tutto tremolante d’occhi di sole, in una penombra azzurrina dove gli insetti ronzavano infaticabile nel misterioso silenzio del mattino. “Com’è fresca l’aria sotto gli alberi!”, esclamò Mario respirando a pieni polmoni, appena il sentiero si fu inoltrato nel mezzo del bosco. Il babbo si fermò, prese il fazzoletto e si asciugò il sudore sulla fronte. “Si sta bene qui sotto”, disse. “L’aria è fresca, ma è anche pura, frizzante, sottile: sembra di sentire l’ossigeno sotto il naso…”, e respirò a sua volta a pieni polmoni. “Sapresti dirmi”, riprese il babbo, “perchè l’ombra, sotto gli alberi, è così fresca?” “Perchè le foglie riparano dal sole”, rispose Mario. Ma il babbo scosse la testa. “Questo è vero solo in parte. Anche una tenda può riparare dai raggi del sole, e forse meglio delle foglie che, come vedi, lasciano giungere degli spiragli luminosi fin sul sentiero. Eppure sotto una tenda l’aria diventerà presto asciutta e calda. Mentre nel bosco questo non succede mai. Ci deve essere un’altra ragione…” Mario rimase pensieroso. Non sapeva che dire. E certo, anche molti di voi non avrebbero saputo che cosa rispondere. Allora il babbo riprese a parlare. “Non hai mai sentito dire che gli alberi respirano, proprio come gli uomini? Guarda questa foglia. A occhio nudo non si vede che ha una superficie ruvida, percorsa da sottili nervature. Ma osservata al microscopio essa è tutta punteggiata di minuscole boccucce, dette stomi. L’apertura di queste boccucce è sottilissima, di 0,00005 millimetri, in modo che non vi entrano né polvere né liquidi; solo i gas possono passare, ed entrano ed escono secondo un ordine meraviglioso”. “Ma a che servono queste boccucce, se sono così piccole?” “A che servono? Intanto, devi sapere che, se queste boccucce sono piccole, sono però numerosissime. Pensa che, per ogni millimetro quadrato ce ne sono in media 200, e che una quercia, tutto sommato, ne ha parecchi miliardi. E ora vediamo un po’ a che cosa servono. Ma permettimi prima una domanda: come si nutrono le piante?” “Attraverso le radici!” rispose Mario, che l’aveva sentito tante volte. Il babbo rimase un istante in silenzio, poi riprese: “In un certo modo sì, ma non è del tutto esatto. Vedi, le radici assorbono dal terreno sostanza minerali inorganiche e cioè alcuni sali che si trovano disciolti nell’acqua che imbeve la terra. Le radici li assorbono e li spingono su su lungo il tronco. Ma questi sali non sono ancora un cibo pronto per essere assimilato dalla pianta. Sono ancora, come dicono gli studiosi, linfa grezza. Questa linfa grezza deve subire una trasformazione che la muti da sostanza inorganica in sostanza organica. E’ a questo punto che entrano in funzione le foglie e quella specie di fatina verde che si chiama Clorofilla. Questa fatina, che non è altro che una sostanza speciale, ha la proprietà di saper prendere l’anidride carbonica che è nell’atmosfera e che attraverso gli stomi, quelle famose boccucce, è entrata nella foglia. Sotto l’azione della luce, la clorofilla scinde l’anidride carbonica nei suoi elementi: carbonio e ossigeno. Trattiene il carbonio e manda fuori l’ossigeno, sempre attraverso quelle famose boccucce…” “Ecco perchè l’aria è limpida e pura sotto gli alberi! I nostri polmoni hanno bisogno di ossigeno e queste boccucce delle foglie ce lo restituiscono puro e semplice”. “E perchè?” “Ricordi quella linfa grezza che, assorbita dal terreno, sta salendo lungo il fusto? E’ composta di sostanze inorganiche. Ora questa magica trasformazione avviene proprio con l’intervento del carbonio che, combinandosi con le materie prime portate su dalla linfa, le muta in amidi e in zuccheri che scorrono poi in tutta la pianta, dal più alto ramo giù giù fino alle radici, nutrendo tutte le cellule. Ora capisci perchè non è esatto dire che la pianta si nutre attraverso le radici. Le radici offrono il materiale alla nutrizione, la linfa grezza; ma è nelle foglie che la linfa grezza si trasforma in cibo, in amidi e in zuccheri… Le foglie sono dei veri e propri laboratori chimici. Con l’intervento della clorofilla, sotto l’azione della luce, scompongono l’anidride carbonica in ossigeno e carbonio. Rigettano l’ossigeno e trattengono il carbonio. E col carbonio, attraverso una serie di reazioni chimiche, trasformano i sali minerali assorbiti dalle radici in sostanze organiche, ne fanno un cibo perfetto, pronto a entrare in circolazione attraverso tutto l’albero. Questa trasformazione, che avviene nelle foglie, si chiama fotosintesi clorofilliana…”. Mario era rimasto a bocca aperta e ora guardava le foglie con sguardo quasi religioso. “E’ davvero una meraviglia…”, disse sottovoce. “E ora”, riprese il babbo, “se ti domandassi perchè l’aria è così fresca e così pura sotto gli alberi, che cosa mi risponderesti?” “Risponderei che tutti dipende dal fatto che la foglia assorbe l’anidride carbonica, la scompone, trattiene il carbonio e manda fuori l’ossigeno…” “Giusto, ma questo spiega soltanto perchè l’aria sia pura… Non spiega ancora perchè è sempre così fresca e umida. Guarda questo muschio, è tutto bagnato, umido di rugiada… Perchè? Nella fotosintesi clorofilliana, non tutta l’acqua che trasporta su, verso le foglie, le sostanze minerali assorbite dal terreno, viene utilizzata. L’acqua superflua viene eliminata attraverso gli stomi, assieme all’ossigeno che la pianta non utilizza. E quelle famose boccucce la cacciano fuori sotto forma di vapore acqueo. Pensa che una quercia media, nei cinque mesi a cavallo tra la primavera e l’estate, traspira ben centoundici tonnellate d’acqua… Le pompa su dalle radici, se ne serve, e poi la getta fuori, come facciamo noi quando sudiamo, in un continuo ricambio”. “Allora anche le piante, oltre a nutrirsi e a respirare, sudano…” “Proprio così; e questo fenomeno, che si chiama traspirazione, rende l’aria attorno sempre fresca, sempre umida… Ma tu hai detto una cosa a cui io ho accennato solo di sfuggita. Hai detto che le piante respirano. Ma quando? Come?” “Quando assimilano il carbonio e mandano fuori l’ossigeno”. “E questo quando avviene?”. “Di giorno”. “E perchè proprio di giorno? Non potrebbe avvenire anche di notte?”. “No”, rispose Mario dopo un attimo di perplessità. “Non può avvenire, perchè la clorofilla, per scindere l’anidride carbonica in carbonio e in ossigeno, ha bisogno della luce. L’hai detto tu. E di notte la luce non c’è”. Il babbo lo guardò sorridendo. Era contento. Mario aveva proprio ragione. Ma c’erano molte cose da precisare e il babbo riprese con calma: “Vedi, quella che tu chiami respirazione, e cioè l’eliminazione dell’ossigeno, è più propriamente una operazione della fotosintesi clorofilliana. E hai ragione di dire che la luce vi è necessaria e che pertanto avviene solo di giorno. Ma la respirazione è una cosa del tutto diversa, è proprio il contrario della fotosintesi, e perciò avviene di notte, quando non c’è la luce. In questo caso, la pianta trattiene l’ossigeno e espelle l’anidride carbonica. Per questo è pericoloso dormire di notte sotto gli alberi. Quanto l’aria è ricca di ossigeno durante il giorno, altrettanto è ricca di anidride carbonica durante la notte. E quindi è dannosa per l’uomo”. Intanto, camminando passo passo, erano giunti a una radura erbosa. Il bosco si apriva all’improvviso, lasciava irrompere la luce in tutto il suo fulgore e, oltre gli speroni del monte, apriva un vasto orizzonte con la linea azzurra del mare. Il vento, tra le foglie, faceva un rumore alto e lontano. Com’era bello guardare da lassù, come affacciati ad un balcone proteso sul mare, e ascoltare il bosco, coi suoi ronzii impercettibili, con la sua musica aerea di rami e di foglie. Mario guardava meravigliato, ma pensava ancora alle piante, ai loro strani e meravigliosi segreti. (L. Ardenzi)
Osserva un seme
Potrai facilmente procurarti fagioli, ceci, lenticchie, piselli e fave (secchi), o chicchi di grano, di orzo o di granoturco. Essi rappresentano i semi delle piante cui appartengono: da essi, in opportune condizioni ambientali, germoglieranno le nuove piante. Fagioli, ceci, fave, piselli sono semi di leguminose; i chicchi di grano, di orzo, di granoturco sono semi di graminacee. Osserva la forma di un seme di leguminosa: esso è fornito di un tegumento esterno, facilmente asportabile; tale tegumento serve per la protezione del seme stesso. Asportando il tegumento, il seme si divide facilmente in due parti: i due cotiledoni del seme. Tra i due cotiledoni, verso uno dei due poli del seme, potrai notare l’embrione, che non sempre può essere osservato con facilità ad occhio nudo: esso tuttavia può essere notato facilmente, perchè può essere staccato dal resto del seme. L’embrione è la parte più importante di tutto il seme, perchè da esso inizierà lo sviluppo della nuova pianta. Nell’embrione, anche se non sempre l’osservazione è facile, esistono una radichetta, un fusticino ed una piumetta. Dalla radichetta avrà origine la radice della nuova pianta, dal fusticino si svilupperà il nuovo fusto e dalla piumetta avranno origine le prime foglioline della nuova pianta. A queste parti bisogna aggiungere i cotiledoni, riserva di nutrimento. Altra riserva di nutrimento è l’albume che accompagna le parti del seme che abbiamo già citato. Sia l’albume che i cotiledoni rappresentano riserve di nutrimento: in alcuni semi i cotiledoni sono molto sviluppati e l’albume è inesistente o quasi come nel caso dei semi di leguminose, mentre in altri semi i cotiledoni sono poco sviluppati e il seme è ricco di albume. I semi di graminacee sono ricchi, ad esempio, di albume farinoso, che costituisce gran parte del seme. Osservando un seme di graminacea non riuscirai facilmente a staccare il tegumento esterno del seme stesso, che non risulta diviso in due parti: il seme di una graminacea ha un solo cotiledone, e sarà più difficile l’osservazione dell’embrione. Se il seme di una pianta ha due cotiledoni, la pianta è detta dicotiledone; se il seme, invece, ha un solo cotiledone, la pianta è una monocotiledone.
La germinazione del seme
Il seme, se posto nelle opportune condizioni ambientali, germoglia. Il principale fattore della germinazione è l’umidità. Poni alcuni semi di leguminose o di graminacee su uno strato di ovatta, che avrai cura di tenere sempre umido. Noterai che i semi si gonfieranno fino a rompere il loro tegumento, e che si vedrà spuntare l’estremità appuntita della radichetta. Se osservi in questo particolare momento il seme, aprendolo con attenzione, puoi facilmente notare le tre parti essenziali dell’embrione: radichetta, fusticino, piumetta. Poni alcuni semi sul fondo di un vaso di vetro, alto e dall’imboccatura larga, e tienili umidi poggiandoli, come nella precedente esperienza, su uno strato di ovatta. Chiudi il vaso e lascia passare un po’ di tempo, tenendo il vaso al buio. Se scopri il vaso lentamente e vi introduci un fiammifero acceso, questo si spegne. I semi hanno consumato l’ossigeno presente, sviluppando anidride carbonica. Se lasci il vaso chiuso la germinazione si arresta. I semi, durante la germinazione, respirano. Poni alcuni semi nelle stesse condizioni della precedente esperienza, introducendo tra i semi un termometro e lasciando il vaso scoperto. Noterai che il termometro segnerà, dopo un certo tempo, una temperatura maggiore di quella segnata all’inizio. I semi, durante la germinazione, generano calore. Poni alcuni semi lungo le pareti di un vaso di vetro, piuttosto in alto, e poni dietro ad essi un foglio di carta assorbente o da filtro che ricopra le pareti del vaso. Nell’interno del vaso introdurrai del terriccio, che avrai cura di mantenere umido. Potrai anche riempire il bicchiere con muschio o cotone idrofilo, sempre umidi. Potrai così osservare la germinazione del seme ed il primo sviluppo della pianta. Noterai che il seme si gonfia fino a rompere il tegumento esterno; spunta poi la radice che, indipendentemente dalla posizione del seme, si rivolge verso il basso; successivamente spunterà la piumetta che si rivolgerà verso l’alto, fino a fuoriuscire dal vaso. I cotiledoni forniscono il nutrimento necessario alla pianta in questo primo stadio della loro vita. Essi possono restare sottoterra (e si diranno ipogei) o venir fuori con la pianta (e si diranno epigei). In quest’ultimo caso i cotiledoni assumono il colore verde tipico delle foglie. Prepara più vasi con terriccio e affonda in essi alcuni semi. Poni questi vasi nelle più diverse condizioni di luce: in piena luce, in penombra, al buio completo. Ciò ci servirà per le future esperienze. In uno dei vasi che hai posto in piena luce, potrai seguire, quando la pianta sarà germogliata, le varie fasi del suo accrescimento, accrescimento che potrai misurare ad intervalli regolari. Noterai che esso è più rapido agli inizi della vita della pianta, più lento successivamente; ma la pianta comincia a presentare gemme, da cui si svilupperanno altre foglie. Potrai anche notare che lo sviluppo della pianta in terriccio non solo è più rapido di quello della pianta su letto umido di ovatta, ma è completo. Ciò è dovuto al fatto che la pianta sul letto umido di ovatta può avere nutrimento soltanto dalle sostanze contenute nei cotiledoni, mentre la pianta in terriccio, una volta sviluppata, è in grado di assorbire sostanze nutritive dal terriccio stesso. (U. Sardi – “Osservazioni ed elementi di Scienze”)
Dimostriamo che un seme germina solo in presenza di aria
Un seme è, come sapete, una cosa viva. Come tale dunque respira, si nutre e risente dei fattori ambientali (aria, umidità, temperatura e luce), che possono favorire o ostacolare la nascita di una pianta, cioè la germinazione del suo seme.
Materiale: 2 vasetti da fiori, terra soffice mista a sabbia, una manciata di semi (fagioli o fave o ceci o frumento), acqua naturale, acqua bollita a lungo. Procedimento: seminare in ciascun vasetto (contrassegnandolo con un cartellino numerato) un ugual numero di semi della stessa qualità. Innaffiare il vasetto 1 con acqua naturale e quello 2 con acqua bollita a lungo e fatta raffreddare (quest’acqua, bollendo, avrà perso tutta l’aria che conteneva). Coprire i vasetti con lastre di vetro perchè l’umidità non si disperda. Disponete i due vasi in ambienti caldo (20-22 gradi). Lasciare tutto così per qualche giorno, poi, in base a quanto avete notato, scrivete le vostre osservazioni, che costituiranno il vostro “Giornale delle scienze”. I semi del vasetto 1, innaffiato con acqua naturale, sono germinati normalmente in giorni …. ; quelli del vasetto 2, bagnati con acqua priva d’aria, non sono germinati. Dunque un seme per germinare ha bisogno di aria, cioè di ossigeno per respirare.
Materiale: 3 vasetti da fiori, semi, terra soffice. Procedimento: mettere una stessa quantità di terra nei tre vasetti (contrassegnandoli coi numeri 1, 2 e 3). Assicuratevi che la terra del primo vasetto sia ben asciutta (potreste introdurla per qualche minuto nel forno, perchè perda tutta l’umidità). Seminate nei tre vasetti un ugual numero di semi, tutti dello stesso tipo, e innaffiate soltanto i vasi 2 e 3, lasciando asciutto il primo. Innaffiate una volta al giorno il vaso 2, due volte al giorno e abbondantemente il vaso 3; continuate a non innaffiare il vaso 1. Il foro di scollo del vasetto 3 dovrebbe essere chiuso con un tappo, perchè l’acqua non esca dal vaso. Redigete il vostro “Giornale delle scienze”. Ora sappiano che nel vasetto con terra completamente asciutta la germinazione ….; in quello bagnato normalmente ….; in quello bagnato troppo ….. Dunque un seme per poter germogliare, oltre all’…. e al …. ha bisogno anche di ….; ma questa, se in quantità eccessiva, …
Materiali: 2 vasetti da fiori, i soliti semi, terra soffice. Procedimento: seminate in ogni vasetto uno stesso numero di semi e copriteli con due o tre centimetri di terra umida. Collocatene uno in piena luce, l’altro in un luogo buio (in cantina o coperto da un panno nero). Redigete il “Giornale delle scienze”. Ora sappiamo che la germinazione nel vasetto 1 è avvenuta … e dopo giorni … nel vasetto 2 collocato in … è avvenuta dopo … giorni. Dunque un seme per germogliare ha bisogno di …
Le foglie
Non occorre essere grandi osservatori per sapere che le foglie hanno forme svariate e diversissime. Tutti voi avete visto esemplari di foglie semplici, composte, palmate o pennate. Su un fatto però difficilmente avrete fermato l’attenzione, e cioè sulla loro continua freschezza. Pensate: se durante le ore del solleone, in piena estate, mettete dei fogli di carta o dei frammenti di qualsiasi materiale al sole, dopo qualche ora li troverete molto caldi. Se si tratterà di metallo, scotteranno addirittura. Le foglie degli alberi, invece, rimangono esposte al sole tutto il giorno, ma se le toccate sono sempre fresche come se non fossero state colpite dai suoi caldi raggi. Questa è una delle meraviglie di fronte alle quali ci troviamo, quando osserviamo quegli importantissimi organi della pianta che sono le foglie. La loro continua freschezza è dovuta al fatto che esse evaporano incessantemente una incredibile quantità di acqua, residuo delle complicate trasformazioni chimiche che avvengono nelle loro parti interne. Una pianta di granoturco durante l’estate può trasudare ben duecento litri d’acqua. Una betulla nello stesso periodo ne traspira ben settemila litri. Questo vi dice anche quanto servano le piante al ricambio dell’ossigeno nell’atmosfera.
Le foglie che si mangiano
Avete mai calcolato quanti sono i tipi di foglie che si consumano nell’alimentazione umana? Il prezzemolo, il basilico, la salvia, il rosmarino,… Se poi pensiamo a quelle che servono per l’alimentazione animale, il numero si allarga a dismisura. Si può anzi affermare che non c’è tipo di foglia che non abbia il suo amatore, sia esso bruco o roditore o erbivoro, il quale la preferisce ad altre specie. E’ esatto quindi affermare che le foglie nutrono non solo la pianta che le ha generate, ma tutto il mondo vivente. Il loro scopo primo, però, è quello di nutrire la pianta; questo è evidente. Utilizzando l’acqua, l’aria e qualche sostanza minerale succhiata dal suolo esse sono capaci di produrre lo zucchero e gli amidi, che sono alla base di ogni sostanza organica. A rendere possibile questa trasformazione è la clorofilla, l’elemento verde della foglia, che capta l’energia del sole e se ne serve per dissociare gli atomi di ossigeno, di idrogeno e di carbonio che compongono aria e acqua per unirli in modo diverso e produrre così la materia organica. Si tratta di un’operazione a tal punto delicata e complicata, che finora nessun laboratorio umano è riuscito a riprodurla artificialmente.
Foglie strane
Per adattarsi all’ambiente, al clima, alle particolari esigenze della pianta le foglie talora assumono forme assai strane, di cui vi diamo qualche esempio. La foglia di Victoria regia, pur essendo molto pesante date le sue dimensioni (oltre un metro di diametro) può galleggiare sull’acqua grazie alla sua forma di vassoio a bordi rialzati e alla presenza nei suoi tessuti di numerose piccole camere d’aria. Le foglie di Aloe spinosa, costrette a immagazzinare grandi quantità d’acqua per i periodi di siccità, diventano turgide e carnose. In altre piante esse si trasformano in spine, in altre ancora diventano trappole per catturare gli insetti, di cui poi la pianta carnivora si nutre. Nella vite alcune foglie si trasformano in quegli organi di attacco che si chiamano viticci. Occorre ricordare inoltre che i fiori sono particolari trasformazioni delle foglie. Come vedete, si tratta di organi complicati e mutevoli.
Dettati e materiale didattico sulle piante. Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo sito non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere. La pubblicazione ha scopo unicamente didattico e non verrà effettuata nessuna operazione di vendita o di tipo editoriale.
IL POLO NORD: dettati ortografici, letture e altro materiale didattico per bambini della scuola primaria.
IL POLO NORD: La costruzione di un igloo
Lavorando con abilità e precisione Ernenek, un eschimese, si mise a costruire un igloo. Inarcandosi contro la bufera, con la punta del coltello tracciò sulla banchisa un cerchio largo quanto egli era alto. Poi, rimanendo entro questo cerchio, con la mandibola di squalo che aveva a bordo, segò grossi cubi di ghiaccio che depose attorno a sé sulla linea tracciata. Erigendo e scavando contemporaneamente, tagliò di sotto ai propri piedi altri cubi e li sovrappose in spirali che andavano man mano restringendosi, finché un blocco solo bastò per suggellare la volta. Intanto Asiak, sua moglie, al di fuori, sferzata dal vento, riduceva il nevischio in polvere sottile con la pala di cuoio gelato e lo gettava contro la parete dell’igloo crescente, otturandone le fessure fra un blocco e l’altro.
L’igloo terminato sporgeva di un metro appena dalla superficie dell’oceano sferico e compatto per non offrire presa alla bufera; il resto era affondato nella banchisa.
Al centro del soffitto Ernenek praticò un piccolo foro per il fumo, costruì il sofà di neve, poi il tunnel sinuoso che permetteva l’accesso all’aria, ma non al vento, e capace di albergare la muta di cani. Mentre Asiak trascinava in casa provviste ed utensili domestici e ricopriva il sofà con pelli di caribù, egli uscì per seppellire la slitta. Poi rientrò, battendosi con cura la neve di dosso. Nel buio accesero la lanterna, diedero fuoco all’esca di funghi secchi per mezzo della selce ed accesero lo stoppino di muschio. Man mano che il grasso di balena di liquefaceva nel vaso, la fiamma cresceva, facendo luccicare la parete circolare e diffondendo calore.
Con due fiocine conficcate nella parete sopra la lucerna, improvvisarono un asciugatoio sul quale stesero i loro vestiti esterni, che erano bagnati. Si tolsero gli stivaloni maceri e spaccati, li asciugarono e li ripararono con l’ago di balena che portavano tra i capelli e con nervo di caribù.
L’asciugatoio, la lampada, il mucchio di carne, la pietra focaia, il blocco di neve potabile e tutte le altre masserizie erano disposti secondo un ordine più antico della storia, tramandato dalla notte dei tempi di padre in figlio; ogni oggetto a portata di mano, perchè lo si potesse trovare facilmente anche al buio e perchè si potessero compiere tutte le faccende senza abbandonare il sofà. Questo igloo era identico all’igloo che avevano lasciato e al loro igloo a venire, e tutti gli arnesi erano fatti sulla sua misura. La scure di selce era corta e il coltello d’uso domestico, d’osso di caribù, era circolare, così da richiedere solo un movimento del polso anziché del gomito, che sarebbe stato imbarazzante in un ambiente tanto ristretto.
Ora c’erano cento cose da fare: la lanterna era da pulire regolarmente perchè non facesse fumo, gli indumenti sull’asciugatoio dovevano essere rivoltati di continuo, gli strappi andavano riparati e le pelli, una volta asciutte, andavano raschiate e masticate finché riacquistassero la loro morbidezza. (Hans Ruesch)
IL POLO NORD: Viaggio sulla banchisa
Il freddo induriva lo strato di grasso sui visi e il fiato si condensava in piccoli ghiaccioli intorno alle narici e alle ciglia; quando sputavano, la saliva si congelava a mezz’aria e se ne udiva il ticchettio sulla banchisa. Appena notavano che la punta del naso o delle dita avevano perduto sensibilità, saltavano giù dalla slitta e trottavano finché si fossero riscaldati. Solo Papik, il bambino, intabarrato nella giubba della madre Asiak, solidamente legato contro il dorso di lei, godeva del tepore del corpo materno.
Sonnecchiavano a turno in piena corsa; solo quando la muta dava segni di stanchezza Ernenek ordinava al capofila di fermarsi e gettava l’ancora.
Approfittava della sosta per scaricare la slitta e per pescare. Era impossibile portare provviste sufficienti per tante bocche in un viaggio così lungo ed era necessario procacciarsi il cibo cammin facendo. Ciò non era facile d’inverno. Soltanto in vicinanza dei promontori e intorno agli iceberg la crosta gelata era meno spessa, abbastanza sottile per essere segata, poi occorreva molta pazienza e un gran chiaro di luna per riuscire a trafiggere qualche trota color sangue o qualche salmone color sole.
Intanto i cani si raggomitolavano dove si erano fermati e in breve tempo non erano che piccoli cumuli di brina. Ogni tanto al risveglio Ernenek sminuzzava loro un po’ di carne o di pesce gelato a gran colpi di scure ed essi afferravano al volo le schegge e le inghiottivano senza curarsi di masticare le ossa e le lische; ma per evitare che impigrissero non venivano mai nutriti a sazietà, e infatti tiravano sempre di gran lena, con le code in alto.
D’inverno, il cielo, spazzato dalla gelida tramontana, era quasi sempre terso, e sotto la volta scintillante di astri, fra cui la Stella Polare splendeva centrale e suprema, l’aria era fragrante di ossigeno. Il litorale, che non si doveva mai perdere di vista, era allora nettamente stagliato nel cielo sfolgorante e la terraferma e le isole gettavano ombre d’un blu intenso nel paesaggio spettrale di madreperla.
Talvolta si sentiva il ghiaccio fremere o fendersi per i moti del mare sottostante, e allora Ernenek si teneva pronto a frenare la muta. Se i crepacci, in cui si udiva gorgogliare l’acqua, erano stretti, la muta li superava d’un balzo e la slitta proseguiva senza difficoltà; ma se erano troppo larghi bisognava costeggiarli, a volte per tratti lunghissimi, prima di riprendere la rotta. (Hans Ruesch)
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Acquarello Waldorf con blu e giallo: come e perchè. Per il primo incontro dei bambini col mondo dei colori, Rudolf Steiner consiglia le esperienze col giallo e il blu e poi col giallo e il verde. Il bambino dovrebbe così confrontare i due abbinamenti, e sentire la maggior bellezza del primo.
Giallo e blu rappresentano la polarità luce-buio, e come dice Goethe “Il giallo è una luce che è stata attenuata dalle tenebre; il blu è un’oscurità indebolita dalla luce.”
Per presentare questo lavoro ai bambini possiamo utilizzare questo racconto:
“C’era una volta un giardino, dove tutto era fatto di luce: piante, fiori, alberi e cespugli. Le fate raccoglievano la luce da una fontana che si trovava proprio al centro del giardino, e la riversavano con amore sulle piante, per aiutarle a crescere. Solo una fata non svolgeva il suo compito, e teneva la luce che raccoglieva tutta per se, perchè non le bastava essere bellissima, voleva anche essere luminosa come un fiore. Questa fata si proclamò regina del giardino e costrinse le altre fate a portarle ogni giorno un po’ della luce che raccoglievano. Il giardino divenne un po’ meno chiaro e luminoso e per primo apparve il giallo, che trasformò anche la fontana. L’ombra invase più o meno leggera tutto il giardino, e oltre al giallo apparvero il rosso e il blu, che si mescolarono tra loro: non era più un giardino di luce, ma era diventato un giardino di colori, e la fata che si era proclamata regina perchè voleva tutta la luce per sé venne avvolta da una nube blu. Finalmente le altre fate ebbero il coraggio di ribellarsi, e costrinsero la fata blu ad andare ad abitare nel luogo del giardino più lontano dalla fontana. Da quel momento in poi, quando le fate guardavano la fontana vedevano una luce gialla luminosissima, e quando guardavano lontano, dove si trovava la fata ribelle, vedevano una luce blu profondissima.”
Procediamo poi con quattro esercizi di colore: – il giallo circondato dal blu – il blu circondato dal giallo – il giallo circondato dal verde – il verde circondato dal giallo.
Possiamo svolgerli lo stesso giorno, o in due.
Acquarello Waldorf con blu e giallo – Primo esercizio
Colori: giallo limone e blu di Prussia
Indicazioni verbali:
il giallo arriva sul foglio e si espande lasciando attorno a sé spazio per un altro amico
il blu avvolge il giallo con grande rispetto, senza toccarlo
Acquarello Waldorf con blu e giallo – Secondo esercizio
Colori: giallo limone e blu di Prussia
Indicazioni verbali:
il blu arriva sul foglio e si espande lasciando attorno a sé spazio per un altro amico
il giallo avvolge il blu con grande rispetto, senza toccarlo
Acquarello Waldorf con blu e giallo – Terzo esercizio
Colori: giallo limone e blu di Prussia
Indicazioni verbali:
facciamo entrare il giallo sul foglio da tutti i lati, occupando sempre più spazio, ma lasciando un vuoto per accogliere un altro amico
nello spazio libero entra il blu, lo occupa tutto e poi si mescola un po’ anche col suo amico giallo
Acquarello Waldorf con blu e giallo – Quarto esercizio
Colori: giallo limone e blu di Prussia
Indicazioni verbali:
facciamo entrare il blu sul foglio da tutti i lati, occupando sempre più spazio, ma lasciando un vuoto per accogliere un altro amico
nello spazio libero entra il giallo, lo occupa tutto e poi si mescola col suo amico blu trasformandolo completamente
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Acquarello Waldorf con blu e giallo
Dopo aver lavorato con le quattro variazioni, selezioniamo quattro acquarelli e mostriamoli ai bambini uno accanto all’altro:
Discutiamo coi bambini, ad esempio chiedendo: “Secondo voi il giallo brilla di più accanto al blu o accanto al verde?”
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Se sei interessato alla pittura ad acquarello steineriana (o Waldorf) trovi molti esercizi qui: ACQUARELLO.
Come già spiegato in altri articoli, i materiali da procurarsi per questa tecnica sono:
acquarelli di qualsiasi marca in tubetto o flaconcino (non in pastiglia) nei colori: giallo limone, giallo oro, blu oltremare, blu di Prussia, rosso vermiglio e rosso carminio. I colori vanno diluiti nei vasetti, in modo che il colore risulti non denso e non carico: diciamo una diluizione abbastanza decisa;
un pennello a punta piatta largo e con setole di qualsiasi genere, purché morbide (altrimenti il bambino rischia di graffiare il foglio e noi rischiamo che l’esperienza non venga vissuta come un pieno successo)
una bacinella e un vasetto d’acqua
una spugna che servirà per stendere bene il foglio bagnato sul tavolo, e poi per asciugare il pennello (molto meglio degli straccetti o della carta)
un foglio di carta robusta, meglio se da acquarello (le carte scadenti bagnate possono fare i “pallini”).
Nelle scuole steineriane si utilizzano esclusivamente i colori Stockmar:
Acquarello steineriano: preparazione della lezione
Immergere il foglio nella bacinella,
quindi stenderlo con cura sul tavolo con l’aiuto della spugna.
Bisogna evitare che si formino bolle d’aria, perchè altrimenti la carta rischia di arricciarsi.
Poi si dispone il materiale, se volete così:
è il modo migliore per evitare incidenti. E si può iniziare…
Acquarello steineriano : qualche consiglio aggiuntivo per homeschooler
In testa ai consigli va quello di prepararsi bene prima di presentare un’attività ai vostri bambini. Se non avete esperienza di pittura ad acquarello, la sera prima, di nascosto, fate voi l’esercizio che volete proporre il giorno dopo.
Altro consiglio è di tenere sempre presente che coi bambini più importante di tutto è che al termine di qualsiasi attività loro si devono sentire più ricchi e più abili, che l’esperienza insomma rappresenti per loro un successo. Non perchè noi diciamo “Ma che bello!”, ma perchè loro stessi si possono stupire della bellezza che possono creare.
Infine ricordate lo scopo dell’attività che volete proporre: nella pittura ad acquarello, ad esempio, uscite dalla logica del voler ottenere un bel prodotto finito. Pensate invece che lo scopo è il processo che ha portato, quasi come effetto collaterale, alla sua realizzazione. Per questo, e anche per “non rovinare la sorpresa” è importante non mostrare ai bambini lavori già fatti prima della lezione.
Preparare con cura il materiale significa anche mettere in tavola solo quello che serve, se ad esempio vogliamo fare un esercizio di rosso e giallo, non mettiamo in tavola anche il blu…
Coi bambini più piccoli, come potrete leggere dagli esempi, è bello guidare l’esperienza facendo in modo che il dipingere sia la storia dei colori che, come veri e propri personaggi, agiscono sul foglio. Questo, naturalmente, se parliamo di bambini piccoli che sanno già seguire lo svolgersi di un racconto.
Se volete invece sperimentare anche prima del raggiungimento di questa tappa evolutiva, vale il principio dell’apprendere per imitazione: si invitano altri bambini a dipingere con lui, oppure ci si siede a dipingere anche noi… parlando pochissimo, e curando tantissimo la preparazione del materiale e la bellezza e precisione dei nostri gesti.
Se preferisci, trovi tutti gli esercizi di colore raccolti in formato ebook qui:
I bambini e il cibo è un libro che fa parte della collana “Libri in tasca” di EPC Editore. In questa raccolta vengono pubblicati tascabili e ebook che trattano tematiche quali educazione, alimentazione, valorizzazione del sé e self help con un taglio operativo, per insegnare a mettere in pratica i consigli degli esperti.
Nel caso di “I bambini e il cibo” l’esperta che ci insegna a mettere in pratica i suoi consigli è la dottoressa Paola Medde, psicologa e psicoterapeuta, ricercatrice presso l’Università La Sapienza e presidente della Società Professionisti Italiani del Comportamento Alimentare e Peso (SPICAP). La sua attività si concentra sul periodo dell’allattamento e dello svezzamento.
“Da oltre trent’anni, come pediatra di famiglia, incontro quasi ogni giorno bambini obesi o in sovrappeso o che mangiano poco o nulla, o che si rifiutano di mangiare qualunque cibo ad esclusione delle solite poche cose (in genere dolci, pasta in bianco, fritti e salumi). Per questa ragione ho trovato il libro agile e piacevole, e ciò che più conta, potenzialmente efficace”, scrive la dottoressa Laura Olimpi nella prefazione.
Questo libro è uno strumento prezioso perchè focalizza l’attenzione sui processi di apprendimento in campo alimentare, su come questi avvengono, sul contributo che i genitori possono dare, sugli ostacoli che incontreranno, e aiuta a capire come trasmettere sane abitudini alimentari ai bambini, in modo naturale e senza forzature.
Il testo è suddiviso in due parti; la prima fornisce le basi per comprendere e riflettere, ed è suddivisa nei capitoli: – Perchè questo libro? – La Psicologia e il comportamento alimentare – Come si formano le abitudini e come cambiarle – Dall’informazione nutrizionale all’educazione alimentare – Il comportamento educativo efficace.
Le troppe informazioni nutrizionali, l’eccesso di attenzione al cibo, le nuove conoscenze sulle etichette degli alimenti ecc. hanno aumentato la consapevolezza, ma conoscere la qualità dei nutrienti e gli effetti benefici di una sana alimentazione non basta per cambiare il comportamento alimentare, che è un comportamento complesso fatto di influenze sociali, condizionamenti ambientali, processi di apprendimento e abitudini automatiche. I genitori hanno bisogno di strategie pratiche che li aiutino a fare ciò che gli specialisti dicono che è giusto fare, strategie pratiche per portare a termine con successo l’educazione alimentare dei propri figli. Nel nostro ruolo di genitori abbiamo un compito difficile: insegnare e trasmettere ai nostri figli dei comportamenti giusti e farli diventare delle abitudini. Una volta instaurate abitudini scorrette, soprattutto in campo alimentare , capita che, presi dalla fretta e dal timore di sbagliare, si cerchino strategie e soluzioni che promettono di ottenere tutto e subito: non è possibile. Che ci voglia tempo per imparare a fare le cose è abbastanza chiaro a tutti, ma che ci voglia tempo per cambiare è un po’ meno chiaro. L’abitudine è un comportamento che si stabilisce dopo ripetizioni frequenti di una specifica attività. Per abitudine alimentare non si intende il consumare il pasto a tavola o davanti alla TV, ma si intende una serie di situazione complesse che riguardano le preferenze dei cibi, ciò che siamo abituati a mangiare o rifiutare, i gusti, gli abbinamenti, le quantità, la capacità di regolarci sui segnali di fame/sazietà. Insegnare ai bambini a mangiare in modo corretto è necessario e richiede consapevolezza e scelta dei modi in cui intervenire. Ci vuole del tempo per strutturare delle abitudini e, una volta che si sono create abitudini sbagliate, occorre molta pazienza per correggerle: sapere che l’impresa non è impossibile rende il percorso più gradevole. Costringere i bambini a mangiare pietanze che non vogliono mangiare non li aiuta ad amare di più quegli alimenti. Al contrario, può determinare un’avversione che potrà rimanere per tutta la vita: nessun cibo che siamo stati costretti a mangiare durante l’infanzia troverà mai spazio nei nostri pasti quotidiani. Ripensando come genitori a tutti i nostri interventi educativi che hanno avuto successo, scopriremo che la naturalezza, la gioia del momento, la pazienza, la ripetizione costante ma soprattutto la leggerezza con la quale abbiamo affrontato quel compito educativo hanno reso tutto più facile e più efficace.
La seconda offre gli strumenti pratici per agire, ed è suddivisa nei capitoli: – Bambini che mangiano “troppo” – Bambini che mangiano “poco” – Bambini che mangiano “pochi” alimenti – Bambini che non mangiano frutta e verdura – Bambini che mangiano per fame emotiva.
Ogni capitolo della seconda parte presenta una parte introduttiva, nella quale l’autrice illustra casi affrontati nella sua ventennale esperienza professionale e le strategie adottate per risolvere il problema. Presenta poi un riassunto per punti intitolato “Ricordare”, per mettere a fuoco il problema che abbiamo col nostro bambino in relazione al cibo:
e una sorta di questionario intitolato “E ora tocca a voi” che ha lo scopo di aiutarci ad indagare le cause del problema e ad apportare le giuste modifiche del nostro comportamento. Infine presenta delle schede di approfondimento:
Il tuo bambino mangia troppo? Ricordiamo che anche se si tratta di bambini piccoli, dobbiamo sempre incoraggiarli ad esprimere i propri livelli di fame o sazietà. Se il bambino mangia troppo, chiediamoci chi ha dato l’esempio e riduciamo tutti, insieme, le porzioni. Vuole il piatto molto pieno? Passiamo ad un piatto più piccolo! Evitiamo di etichettare il bambino che instaura il meccanismo della “profezia che si auto-avvera”.
Il tuo bambino mangia poco? Pensare che siamo noi genitori a dover decidere la quantità di cibo necessaria alla crescita dei nostri bambini è un’idea sbagliata. Questo vale per tutti quei bambini in salute, che giocano felicemente, che dormono bene, che sono attivi, ma per i quali il momento del pasto si trasforma in un inferno: osservarli mentre svolgono le loro attività di gioco e studio, ci farà comprendere se il problema del “mangiare poco” è un problema reale. Ricordiamo che i bambini riescono ad autoregolarsi: fidiamoci del loro istinto. Ogni bambino, poi, ha la sua costituzione corporea: esistono anche bambini esili. Non imponiamoci sulla quantità, piuttosto aiutiamo i bambini a sviluppare forme di autocontrollo. L’autrice consiglia inoltre di tenere un diario alimentare del bambino per avere una visione oggettiva della situazione.
Il tuo bambino mangia pochi alimenti? Soprattutto nella fase dello svezzamento è importante evitare di introdurre troppi gusti simultaneamente. Un nuovo sapore dovrebbe essere proposto almeno dieci volte, una o due volte a settimana. Dovremmo sempre incoraggiare il bambino ad esprimere il proprio gusto chiedendogli: “Ti piace?”, “Perchè non ti piace?”. La nostra alimentazione è influenzata anche da fattori sociali: coi bambini più grandi il meccanismo dell’imitazione di un coetaneo può essere d’aiuto. L’autrice consiglia di invitare, ad esempio, altri bambini a casa per mangiare insieme, oppure facciamo in modo che possa mangiare fuori casa senza di noi.
Il tuo bambino non mangia frutta e verdura? E’ stato osservato che si può facilitare l’introduzione di frutta e verdura nelle abitudini quotidiane dei figli in modo efficace se l’atteggiamento del genitore è ragionevole e paziente, e se evita comportamenti di costrizione a tavola. Diversamente, maggiori sono le forzature e le ripetute presentazioni del cibo rifiutato e minore è la possibilità che i bambini assaggino il cibo non desiderato. Se diamo il buon esempio e mangiamo regolarmente frutta e verdura, non c’è ragione per dubitare che anche il nostro bambino lo farà. Tra i due anni ed i quindici nessun essere umano preferisce la verdura alla pasta o ai dolci, è naturale, è umano. Se non forziamo i bambini, se non nascondiamo mimetizziamo o camuffiamo i cibi rifiutati, essi faranno scelte alimentari simili alle nostre.
Il tuo bambino mangia per fame emotiva? Stiamo attenti ai “cibi premio”, che sono quasi sempre cibi poco salutari e portano ad associare il cibo a significati diversi da quelli alimentari o nutritivi. Utilizzandoli insegniamo inconsapevolmente ai nostri bambini che il cibo può essere usato non solo per soddisfare necessità energetiche, ma anche emotive, ad esempio il festeggiamento di un successo scolastico o sportivo. Per fame emotiva si intende un comportamento che utilizza il cibo (in particolare quello ricco di grassi o zuccheri) in risposta ad emozioni perlopiù negative. Anche la fame emotiva è un comportamento che si apprende, spesso già nella primissima infanzia. Il cibo, che dovrebbe essere offerto per nutrire, viene invece offerto ai bambini per farli felici, coccolarli, farli smettere di piangere.
Il manuale può essere usato andando direttamente al capitolo che ci interessa, oppure leggendo i capitoli in modo progressivo, ed è un aiuto prezioso per tutti gli educatori coinvolti nell’educazione alimentare dei piccoli.
Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE scaricabili e stampabili in formato pdf con presentazioni ed esercizi per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Le tavole della divisione servono al bambino per lavorare con le divisioni i cui dividendi danno almeno una volta quozienti senza resto.
Presentazioni per la tavola forata della divisione qui:
La tavola I è quadrettata e contiene 36 dividendi dall’ 81 all’ 1 nella riga superiore. Le caselle dei numeri primi (7 5 3 2 1) sono colorate perchè si tratta di numeri primi. I divisori da 9 a 1 si trovano disposti lungo il margine sinistro della tavola. Nei quadretti interni si trovano i quoti. La tavola I è essenzialmente una tavola di controllo, e può essere usata per verificare le divisioni esatte eseguite con la tavola forata, o quelle eseguite con la tavola II.
La tavola II è identica alla tavola I, ma i quadretti interni sono vuoti. I quoti infatti sono scritti su cartellini quadrati e si conservano in una scatolina separata per eseguire l’esercizio;
in un’altra scatolina ci saranno le 81 divisioni esatte o complete (cioè quelle senza resto) da eseguire.
Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
L’uso delle tavole permette ai bambini di ripetere in modo vario le divisioni, facilitando la memorizzazione delle combinazioni. Gli esercizi con le due tavole della divisione, che si propongono ai bambini attorno ai 6 anni, concludono il capitolo sulla memorizzazione delle combinazioni fondamentali.
____________________________ Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Presentazione 1 – uso della tavola I come tavola di controllo per le divisioni senza resto
Materiale: – cartellini delle divisioni da svolgere – tavola I della divisione.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi dicendo: “Oggi vorrei mostrarti la prima tavola della divisione” – portiamo il materiale al tavolo – esaminiamo la tavola I della divisione con i bambini, facendo notare i dividendi:
facciamo anche notare i numeri che si trovano nelle caselle colorate, che sono numeri primi.
I divisori scritti in diagonale sul margine sinistro:
I quozienti:
– scegliamo un cartellino di una divisione da svolgere (senza resto) ed eseguiamola con la tavola forata
– copiamo la divisione sul quaderno, col quoziente che abbiamo trovato – con l’indice destro troviamo il dividendo nella riga in alto
– con l’indice sinistro troviamo il divisore lungo la diagonale sinistra
– facciamo scorrere l’indice destro verso il basso e l’indice sinistro verso destra finché non si incontreranno nella casella del quoziente
– in questo modo avremo usato la tavola per verificare il risultato trovato con la tavola forata della divisione – dopo questo primo controllo, controlliamo anche con la tavola di controllo I
– ripetiamo altre due volte, poi invitiamo il bambino a provare ad usare le sue dita per trovare i quozienti, e poi a verificare con la tavola di controllo.
_______________________ Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Presentazione 2 Uso della tavola I con la tavola II
Materiale: – tavola della divisione I – tavola della divisione II completa di cartellini dei quoti e cartellini delle divisioni senza resto da svolgere
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi dicendo: “Oggi vorrei mostrarti la seconda tavola della divisione” – portiamo al tavolo le due tavole, la scatola coi cartellini dei quoti (o tombolini) e la scatola con le divisioni da svolgere – esaminiamo la tavola II che è uguale alla tavola I, ma le caselle interne sono vuote – smistiamo i quoti e impiliamoli in 9 gruppi da 1 a 9 – il bambino prende un’operazione dal cestino e la trascrive sul quaderno – individua sulla tavola I i termini della divisione, ricercandone il risultato – individua i termini della divisione sulla tavola II e vi colloca il cartellino appropriato.
In un secondo tempo il bambino potrà calcolare il risultato mentalmente, senza cercarlo sulla tavola I, ed usarla invece solo come tavola di controllo.
Maria Montessori ricorda sempre di richiamare l’attenzione del bambino sui dividendi che si trovano nelle caselle colorate delle due tavole, per dare una prima intuizione del concetto di numero primo.
_______________________ Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Presentazione 3 Uso della tavola I con la tavola II
Materiale: – tavola della divisione I – tavola della divisione II completa di cartellini dei quoti e cartellini delle divisioni senza resto da svolgere
Presentazione: – portiamo al tavolo le due tavole, la scatola coi cartellini dei quoti (o tombolini) e la scatola con le divisioni da svolgere – smistiamo i quoti e impiliamoli in 9 gruppi di 9 quoti uguali ciascuno
– il bambino prende un’operazione dal cestino e la trascrive sul quaderno – individua sulla tavola I i termini della divisione, ricercandone il risultato – individua i termini della divisione sulla tavola II e vi colloca il cartellino appropriato.
In un secondo tempo il bambino potrà calcolare il risultato mentalmente, senza cercarlo sulla tavola I, ed usarla invece solo come tavola di controllo. Questo permetterà di passare dal concetto di divisore di un numero ai numeri primi, preparando indirettamente alla ricerca di massimo comune divisore e minimo comune multiplo.
_______________________ Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Presentazione 3 Uso della tavola I come tavola di controllo col libretto delle divisioni (anche per divisioni con resto)
Materiale: – tavola forata per la divisione – libretto delle divisioni
Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
– tavola I della divisione
Presentazione: – esaminiamo il libretto coi bambini – scegliamo un dividendo – stabiliamo il dividendo contando le perle e mettendole nella ciotola
– leggiamo la prima divisione, ad esempio 5:5=. Mettiamo sulla tavola i 5 birilli che rappresentano il divisore le perle tra i birilli – sotto a ogni birillo c’è una perla, quindi possiamo registrare il quoziente 1 sul libretto. Nella ciotola non avanzano perle, quindi il resto è 0. Ricordiamo al bambino che sottolineiamo sempre le divisioni senza resto nel nostro libretto – rimettiamo le perle nella ciotola
– leggiamo la divisione successiva: 5:4= – togliamo un birillo e distribuiamo le 5 tra i 4 birilli. Ogni birillo riceve una perla e ne avanza una nella ciotola. – registriam0: 5:4=1 resto:1
– procediamo con le restanti divisioni presenti sulla pagina
– controlliamo sulla tavola della divisione I, dove troveremo i quozienti senza resto
Con questo procedimento il bambino può trovare sulla tavola I i risultato delle divisioni senza resto.
Per le 120 divisioni con “quoziente incompleto” che si trovano nel libretto possiamo usare la tavola I per calcolare quoziente e resto. Queste combinazioni vanno da 64:9 a 3:2
Poiché la casella che si trova nel punto di incontro del dividendo verticale col divisore orizzontale è una casella vuota, il bambino cercherà il quoziente sulla stessa riga nella prima casella successiva in cui compare un numero: quello sarà il quoziente. Facendo l’esempio della pagina del 5, per cercare il risultato di 5:2 sulla tavola avremo 5:2=2
Per calcolare il resto basterà sottrarre al dividendo della nostra divisione il dividendo che corrisponde alla prima casella occupata che abbiamo usato come quoziente. Nel nostro esempio 5:2=2; resto = (5-4) 1
________________________________ Matematica Montessori LE TAVOLE DELLA DIVISIONE
Tavole della divisione
Scopo: – memorizzare le combinazioni delle divisioni – acquisire familiarità con i modi in cui i numeri possono essere divisi – sperimentare a livello sensoriale la relazione inversa tra divisione e moltiplicazione – preparare il bambino a trovare il massimo comune divisore e il minimo comune multiplo.
Controllo dell’errore: – la tavola di controllo – la tavola I della divisione.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI. Si tratta di un materiale di ispirazione montessoriana ma non tradizionale ideato e realizzato da Montessori3D, che si aggiunge agli incastri della geografia tradizionalmente in uso nelle Casa dei Bambini e nella Scuola Primaria.
L’incastro degli oceani crea un collegamento tra il globo smerigliato e l’incastro del planisfero. Come nel globo smerigliato le terre emerse sono marroni (ad eccezione dell’Antartide, che è in bianco) e gli oceani sono blu. A differenza dell’incastro del planisfero, in questo incastro i continenti sono fissi, e gli oceani sono parti mobili munite di pomoli per la presa a tre dita.
Completa il materiale il planisfero di controllo muto. In entrambe le tavole compare inoltre la linea dell’Equatore.
Per la presentazione possiamo seguire i principi usati per la presentazione dell’incastro del planisfero, utilizzando la lezione in tre tempi per la nomenclatura.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Presentazione nella scuola d’infanzia
Materiali:
– incastro del planisfero Montessori – incastro degli oceani – globo colorato – tappeto – un mappamondo gonfiabile o una pallina di creta, plastilina o pasta di sale, possibilmente blu – planisfero degli oceani di controllo muto.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Presentazione
– invitiamo i bambini a venire a lavorare con noi e diciamo che per farlo avremo bisogno di un tappeto – i bambini prendono un tappeto e lo srotolano – accompagniamo i bambini allo scaffale della geografia e diciamo: “Oggi lavoreremo con la mappa degli oceani” – mostriamo ai bambini come trasportare l’incastro per gli oceani e posizioniamolo sul tappeto, in basso a destra – torniamo allo scaffale della geografia e chiediamo al bambino di portare sul tappeto il globo colorato, e di metterlo sul tappeto, a sinistra – torniamo allo scaffale della geografia e chiediamo al bambino di portare sul tappeto anche l’incastro del planisfero, che mettiamo accanto al globo – chiediamo ai bambini di mettersi alla nostra sinistra – indichiamo il globo colorato e ripetiamo insieme i nomi dei continenti. Indichiamo l’incastro dei continenti e ripetiamo i nomi dei continenti. Per farlo possiamo utilizzare delle canzoncine (si possono inventare facilmente, ad esempio, sulla melodia di Fra Martino Campanaro); nei video in fondo all’articolo ci sono degli esempi in inglese. – indicando il globo diciamo: “Questo è il modo in cui vediamo la terra dal cielo. Questa è la terraferma. Questa è l’acqua” – “Noi viviamo sulla Terra. La Terra è una sfera. Ma per rappresentarla usiamo anche delle mappe, che invece di essere sfere, sono piatte. Infatti è più facile usare mappe piatte, e non a forma di sfera, ad esempio se stiamo facendo un viaggio” – “Per fare una mappa praticamente dobbiamo appiattire il globo” – se abbiamo a disposizione il mappamondo gonfiabile sgonfiamolo dicendo : “Guardate. Questa è la terra. Si tratta di una sfera. Ora la abbiamo appiattita” – se usiamo creta, plastilina o pasta di sale facciamo una pallina, tagliamola in due metà e appiattiamole. Portiamo l’attenzione del bambino alla somiglianza tra il globo e il planisfero. Diciamo: “Vedete? Adesso il nostro mappamondo è piatto, come una mappa o una cartina geografica” – indichiamo l’incastro del planisfero e confrontiamolo con mappamondo sgonfio o con i due dischi di creta o pasta – indicando l’incastro del planisfero chiediamo ai bambini: “Ricordate cosa indica la parte blu del planisfero?”. Sì, la parte blu indica gli oceani – mostriamo l’incastro degli oceani e chiediamo ai bambini quali differenze notano tra l’incastro del planisfero e questo (i continenti sono marroni, i pomoli si trovano nella zona blu, si vede la linea dell’Equatore, ecc…) – diciamo: “Con questa nuova tavola ci concentreremo sugli oceani” – togliamo dal tavolo l’incastro del planisfero e il globo colorato e mettiamo sotto all’incastro degli oceani la mappa di controllo – con la mano dominante e utilizzando la presa a 3 dita, afferriamo il pomolo e solleviamo il primo incastro – mettiamo l’incastro sulla mappa di controllo
– ripetiamo con gli altri oceani – quando tutti gli incastri si trovano sulla mappa di controllo, rimettiamoli nella tavola. Questo primo esercizio serve a conoscere la composizione dell’incastro
– passiamo poi ad insegnare i nomi degli oceani utilizzando la solita lezione in tre tempi. Utilizzando i pomoli, togliamo due incastri e nominandoli, ad esempio dicendo: “Oceano Indiano, Oceano Atlantico”
– ripetiamo i nomi: “Oceano Indiano, Oceano Atlantico” e mettiamo gli incastri sulla mappa di controllo muta
– chiediamo ai bambini di rimetterli al loro posto, nominandoli, cioè dicendo: “Per favore, rimetteresti a posto l’Oceano Indiano?” – quando tutti gli incastri sono di nuovo al loro posto, chiediamo a un bambino di prendere gli stessi due pezzi, uno per uno, nominandoli, ad esempio dicendo: “Per favore, toglieresti l’incastro dell’Oceano Indiano?” – quando i due incastri sono fuori chiediamo: “Quale oceano vorresti rimettere al suo posto?”. Il bambino risponderà col nome di un oceano e rimetterà l’incastro corrispondente al suo posto – ripetiamo questa lezione in tre tempi con gli altri oceani, finché il bambino ne conoscerà i nomi.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Varianti:
– gioco del “Quale manca?”. Togliamo un oceano dal planisfero e chiediamo al bambino quale manca. Oppure togliamo tre oceani, mettiamoli sul tappeto, poi chiediamo al bambino di girarsi e togliamone uno
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Nomenclatura utilizzata: Equatore, i nomi degli oceani, i nomi dei continenti.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Controllo dell’errore: – gli incastri (controllo insito nel materiale) – la cartina muta di controllo.
Età alla presentazione: dai 3 anni e mezzo, dopo il globo colorato e l’incastro del planisfero.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI
Scopo: – preparare allo studio della geografia attraverso un’attività sensoriale – stimolare un interesse verso lo studio dei continenti, dei Paesi e degli oceani del mondo – riconoscere le forme e i nomi dei continenti, degli oceani, degli emisferi e delle relazioni esistenti fra di essi – utilizzando il planisfero il bambino può vedere e toccare tutta la terra.
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Attività con l’incastro degli oceani nella scuola d’infanzia – cercare gli incastri degli oceani sul globo colorato – lavorare con gli incastri e il planisfero muto – tracciare la forma di ogni oceano: è una buonissima attività che sviluppa la motricità fine e aiuta a memorizzare i nomi degli oceani – ricalcare la cartina muta con l’ausilio di una light box – dopo aver tracciato ogni oceano, ritagliare le forme – dopo aver ritagliato le forme, tagliarle a metà per ottenere un puzzle da ricostruire e incollare magari su un foglio bianco – tracciare da soli una mappa di controllo muta o parlata – tracciare da soli una mappa di controllo e poi colorarla con acquarelli, matite, pastelli a cera o gessi colorati – buste per ogni oceano, contenenti immagini relative ad ognuno (animali, coste, paesaggi, imbarcazioni ecc…). Il bambino sceglie una busta, mette le illustrazioni sul tappeto e poi prende l’incastro dell’oceano relativo e lo aggiunge. Fatto questo si osservano e discutono le immagini – carte delle nomenclature in tre parti degli oceani (immagine e nome, solo immagine, solo nome).
Geografia col metodo Montessori L’INCASTRO DEGLI OCEANI Attività aggiuntive con l’incastro degli oceani nella scuola primaria (o per bambini che sanno già leggere e scrivere) – abbinare i cartellini agli oceani e ai continenti sul planisfero – disegnare i continenti su cartoncini colorati seguendo i contorni degli incastri con la matita e ritagliarli. Mettere i continenti su cerchi di carta disegnati usando il cerchio di cartoncino ed etichettare continenti e oceani – è importante predisporre sullo scaffale della geografia o nella biblioteca una buona selezione di libri ricchi di illustrazioni ed informazioni sugli oceani ed i continenti. Questi libri devono essere periodicamente rinnovati e sarebbe bene che comprendessero degli atlanti – nomenclature in tre parti (solo immagine, solo nome, solo descrizione) con informazioni sugli oceani – questionari o carte (simili ai cartellini dei comandi) con domande sugli oceani, ad esempio: qual è il nome dell’oceano che separa l’America dall’Europa? ecc. – costruire un libretto degli oceani usando per i disegni gli incastri e ricercando informazioni varie – aggiungere alle mappe i punti cardinali – discutere coi bambini del come gli oceani soddisfano i bisogni dell’uomo – dopo aver presentato le forme della terra e dell’acqua e gli incastri dei continenti e degli oceani, possiamo passare dall’astrazione alla realtà, collegando le forme della terra e dell’acqua alle forme presenti sugli incastri. Così il bambino potrà individuare isole, arcipelaghi, penisole, golfi ecc. e impararne gradualmente i nomi (penisola italiana, golfo del Messico, arcipelago delle Filippine, ecc.).
Psicoaritmetica Montessori – Perle dorate: formazione dei grandi numeri. Un esercizio che si fa coi bambini utilizzando perle dorate e cartelli dei numeri consiste nella composizione di grandi numeri. Tutte le esperienze sul sistema decimale qui illustrate si possono riferire ad un’età compresa tra i 4 ed i 5 anni. Per le presentazioni ho utilizzato le mie perle auto prodotte (trovi il tutorial qui),
i cartelli stampabili Lapappadolce e i cartelli prodotti da Montessori 3D di Boboto. Trovi altri esercizi e presentazioni relative alla formazione di grandi numeri qui:
Quando vogliamo leggere un numero, ad esempio 32.457.891, lo dividiamo in gruppi formati da tre elementi alla volta (centinaia, decine ed unità) a partire da destra, ed in questo modo leggere il numero diventa molto semplice:
Presentazione coi cartelli dei numeri per formare i numeri da 1 a 9999
Materiale: – il set completo dei cartelli dei numeri.
Presentazione: invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio – chiediamogli di srotolare un tappeto e andiamo allo scaffale a prendere il vassoio con la scatola dei cartelli dei numeri – mettiamo la scatola dei cartelli sul tappeto in basso, davanti a noi – mettiamo il materiale sul tappeto e disponiamolo secondo le gerarchie: unità a destra dall’1 al 9, decine a sinistra delle unità dall’1 al 9, poi centinaia e infine migliaia. Mentre mettiamo ogni cartello leggiamo il numero in questo modo: “Una unità, uno… 9 unità, nove. Incoraggiamo il bambino a contare con noi – arrivati a 9 chiediamo: “Cosa viene dopo il 9?” Il bambino risponde e cominciamo a comporre la colonna delle decine. Continuiamo a contare col bambino: … 4 decine, quaranta… 7 centinaia, settecento… 9 migliaia, novemila. Chiediamo al bambino: “Quale numero viene dopo?” arrivati a 90 e a 900. Incoraggiamo sempre il bambino a contare con noi
– osserviamo lo schema e leggiamo col bambino i numeri 1, 10, 100 e 1000 facendo notare ai bambini quanti zeri ha ognuno. Possiamo continuare a leggere anche le altre righe, sempre da destra a sinistra – indichiamo un cartello al bambino, leggiamo insieme il numero e notiamo quanti zeri ha – per verificare che il bambino abbia chiaro lo schema possiamo mescolare i cartelli e chiedere al bambino di ricomporli in colonne per unità, decine, centinaia e migliaia – quando lo schema è composto scegliamo due cartelli presi da gerarchie adiacenti (unità e decine, decine e centinaia, centinaia e migliaia) – mettiamo il cartello delle unità sul cartello della decina, allineato a sinistra – facciamo scivolare il cartello dell’unità verso destra, orizzontalmente o meglio mettendo i cartelli in verticale di modo che il più corto scivoli verso il basso, a coprire lo zero delle decine (se preferite in modo che i cartelli siano allineati lungo il bordo destro)
– posiamo il numero sul tappeto e leggiamolo dicendo: “Quattro decine e due unità” – chiediamo al bambino di ripetere con noi – leggiamo nuovamente il numero, ma questa volta dicendo: “Quarantadue” – chiediamo al bambino di rimettere i cartelli nello schema – continuiamo con altri cartelli scelti tra gerarchie adiacenti, poi passiamo a tre, sempre seguendo la stessa procedura
– infine usiamo le quattro gerarchie
– rimettere i cartelli correttamente all’interno dello schema – rimettere i cartelli nella loro scatola – rimettere la scatola sul vassoio – riportare la scatola sullo scaffale.
Scopo: – rinforzare il concetto di gerarchie dei numeri nel sistema decimale – rinforzare ed esercitare la capacità di lettura dei numeri da 1 a 9999, che il bambino sa già comporre per quantità di perle dorate – dare una visione globale dei numeri all’interno del sistema decimale ai bambini – comprendere che è la posizione di un numero a determinarne il valore: i numeri sono soltanto 9 in tutto, ed è lo zero a determinare la loro posizione e quindi il loro valore – comprendere che lo zero all’interno di un grande numero, in qualsiasi posizione, indica semplicemente la mancanza di quantità di quella particolare gerarchia: ad esempio nel numero 5407 mancano le decine.
Età: – dai 4 anni e mezzo.
Controllo dell’errore: l’insegnante. Coi soli cartelli dei numeri non è possibile verificare la correttezza della composizione. Per farlo occorre lavorare coi cartelli dei numeri e le perle dorate insieme.
Varianti: – possiamo eseguire questa presentazione coinvolgendo un gruppo di bambini (3 o 4).
Presentazione con le perle dorate e i cartelli
Per prima cosa poniamo sul tappeto il materiale in questo ordine, formando il “quadro del sistema decimale“:
Non si tratta di contare, ma di portare l’attenzione del bambino sul concetto che in ogni gerarchia esistono unicamente 9 cifre che non possono essere rappresentate semplicemente dai numeri 1 2 3 4 5 6 7 8 9, dal momento che essi indicano soltanto unità semplici; in altre parole possiamo dire che le cifre significative sono sempre e soltanto nove:
Con i bambini proporremo i primi esercizi utilizzando un solo cubo delle migliaia, cioè formando grandi numeri entro il 1999. Potremo così proporre molti esercizi di associazione tra cartelli dei numeri e perle dorate (cioè tra simbolo e quantità).
Naturalmente lavoreremo prima all’associazione di un solo cartello dei numeri, ad esempio 600, 8, ecc…
Quando poi il bambino avrà acquisito familiarità con le categorie separate, possiamo passare a consegnargli contemporaneamente due o più cartelli di differenti gerarchie, ad esempio 1000 400 50 8,
chiedendogli di portare la quantità corrispondente a ciascun cartello.
Poi possiamo mostrargli come avviene la formazione di un grande numero: sul cartello più lungo collochiamo via via quelli più corti, allineandoli prima sulla sinistra
e facendoli scorrere poi verso destra
Alla fine, leggeremo al bambino: mille-quattrocento-cinquant-otto.
Un altro esercizio consiste nel dire un numero, ad esempio ottocentoquarantasette, ed il bambino dovrà scegliere dal quadro del sistema decimale le quantità corrispondenti, cioè 8 quadrati di perle, 4 bastoncini e 7 perle sciolte.
Per quanto riguarda i cartelli dei numeri, la scelta sarà per il bambino ancora più semplice. Se poi si sovrappongono i cartelli 800 40 e 7
si avrà il numero: 847
I bambini, in questo modo, si esercitano nella composizione e scomposizione di grandi numeri, sia per quanto riguarda le quantità, sia per quanto riguarda i loro simboli numerici. I numeri si scompongono separando le migliaia, le centinaia, le decine e le unità: ogni grande numero è una somma di gruppi, ciascuno dei quali è rappresentato dalle cifre che stanno una accanto all’altra.
Questa, ad esempio, la composizione del numero 1235 con il materiale:
e questa con i cartelli dei numeri:
Si può iniziare a giocare coi grandi numeri molto presto: i bambini ne saranno entusiasti. Il fatto di poter comporre e analizzare i numeri muovendo oggetti stimola la ripetizione. Presentato nel suo insieme, il sistema decimale è una specie di trama fondamentale sulla quale si sviluppano un po’ per volta i dettagli che chiariscono e facilitano, ogni volta un po’ di più, il suo studio.
L’esercizio della “visione a volo d’uccello del sistema decimale“, ad esempio, consiste nell’appaiare a ciascuno dei cartelli dei numeri la corrispondente quantità di perle. Questo risponde al principio di globalità, un punto fondamentale della didattica montessoriana che consiste nel cominciare sempre, al ogni livello, dalla presentazione di una situazione generale, precisando poi i dettagli.
Lo studio dei dettagli può essere condotto con più dettagli contemporaneamente. Una sistematizzazione non è necessaria, mentre è necessario studiare “tutti” i dettagli. Gli esercizi coi dettagli che si riferiscono al sistema decimale non hanno necessità di precedenza, essendo già guidati da un insieme prestabilito. La Montessori chiama questi esercizi “esercizi paralleli“, e si tratta di giochi che vanno dalle tavole di Seguin, alle catene di 100 e di 1000, al serpente dell’addizione, ai vari giochi per le operazioni aritmetiche…
Materiale: 1 perla delle unità, 1 barretta delle decine, 1 quadrato delle centinaia, 1 cubo delle migliaia; i cartelli dei numeri 1 10 100 e 1000.
Scopo: – appaiare le quantità di perle ai relativi simboli numerici
Presentazione: Portare la scatola dei cartelli grandi dei numeri sul tappeto, e mettere sul tappeto i cartelli 1 10 100 e 1000. Posizionare i cartelli uno sotto l’altro, facendoli nominare dal bambino.
Portare al tavolo la quantità di perle corrispondente,
quindi comporre il numero 1111.
Presentazione 2 (esercizio di gruppo per due o tre bambini)
Materiale: 9 perle delle unità, 9 barrette delle decine, 9 quadrati delle centinaia, 1 cubo delle migliaia; il set completo dei cartelli grandi dei numeri (senza i cartelli dal 2000 al 9000); un vassoio vuoto per ognuno dei bambini partecipanti e due tappeti
Scopo dell’esercizio: esercitarsi ed acquisire familiarità con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli scritti; imparare a leggere correttamente i grandi numeri; preparazione al lavoro con il valore posizionale delle cifre.
Esercizio:
Stendere i due tappeti sul pavimento e disporre con l’aiuto dei bambini in uno i cartelli dei numeri e nell’altro le perle dorate, in questo modo:
contando il materiale via via che viene disposto.
(in questa prima fase sarà sufficiente disporre solo il cartello del 1000, in relazione al solo cubo delle migliaia presente)
Ogni bambino riceve un vassoio con una ciotolina per contenere le unità
mettiamo sul vassoio di ogni bambino un cartello diverso,
e chiediamo loro di identificarlo e di portarci la quantità di perle corrispondente.
Quando il bambino torna, si legge la carta e si contano insieme le perle che ha portato. Quindi si rimettono al loro posto sia le perle, sia il numero.
Dopo un po’ di esercizi con una sola categoria, possiamo passare a mettere due cartelli diversi sui vassoi, relativi a due categorie adiacenti.
Mostriamo sempre al bambino, dopo che ci ha portato il corrispondente quantitativo di perle, come sovrapporre i due cartelli e come leggere il numero formato,
dicendo ad esempio: “quattro decine e sei unità… quarantasei”.
Passeremo poi ad utilizzare tre, ed infine quattro categorie.
Presentazione 3 (esercizio di gruppo)
Materiali: – il set completo delle perle dorate (9 elementi per categoria), – il set completo dei cartelli grandi dei numeri, – un vassoio per ogni bambino partecipante, – tre tappeti e un vassoio
Scopo dell’esercizio: – combinare i simboli scritti con le quantità corrispondenti – familiarizzare con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli – esercitare la composizione, scomposizione e la lettura dei grandi numeri – comprendere il valore posizionale delle cifre all’interno di un numero.
Esercizio: Allestiamo i tre tappeti, con l’aiuto dei bambini, in questo modo:
Come nella presentazione precedente, scegliamo un cartello e diamolo al bambino, perchè possa metterlo sul suo vassoio e chiediamogli di andare a prendere la quantità di perle corrispondenti.
Contiamo insieme a lui, mentre trasferisce il materiale scelto dal suo vassoio al tappeto piccolo. Terminato il controllo, chiediamo al bambino di rimettere tutto il materiale a posto, quindi ripetiamo l’esercizio con un altro cartello dei numeri. Ripetiamo questi esercizi almeno un paio di volte.
Quando il bambino esegue con sicurezza l’esercizio, possiamo iniziare a dare al bambino due cartelli dei numeri alla volta, ad esempio 50 e 4.
In fase di controllo, sul tappeto piccolo, chiamiamo sempre il numero formato dai due cartelli: ” 5 decine e 4 unità… Cinquantaquattro”.
Ripetiamo l’esercizio con numeri diversi, poi inseriamo prima anche le centinaia, ed infine anche le migliaia.
Ripetiamo gli esercizi anche invertendoli, cioè dando al bambino una certa quantità di perle, e chiedendogli di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti.
Presentazione 4
Materiali: – il set completo delle perle dorate (9 elementi per categoria), – il set completo dei cartelli grandi dei numeri, – un vassoio per ogni bambino partecipante, – tre tappeti e un vassoio.
Scopo dell’esercizio: – combinare i simboli scritti con le quantità corrispondenti; – familiarizzare con le diverse categorie di numeri, soprattutto per quanto riguarda la lettura dei simboli; – esercitare la composizione, scomposizione e la lettura dei grandi numeri; – comprendere il valore posizionale delle cifre all’interno di un numero; – comprendere che, siccome i grandi numeri sono composti da più categorie, lo zero mostra semplicemente un posto vuoto, cioè che mancano elementi di una o più categorie (ad esempio che nel 1304 mancano le decine).
Esercizio: Allestiamo i tre tappeti, con l’aiuto dei bambini, in questo modo:
Prepariamo una cifra coi cartelli dei numeri per ogni bambino, all’inizio utilizzando categorie adiacenti, ad esempio 1436…
Chiediamo ad ogni bambino di portarci le perle corrispondenti alla cifra assegnata, e di trasferire correttamente il materiale sul tappeto, ordinando correttamente sia le perle, sia i cartelli dei numeri.
Mostriamo sempre come posizionare correttamente i cartelli dei numeri.
Per farlo il bambino dovrà sovrapporre i cartelli uno sull’altro sul margine destro
raccogliere le carte, ruotarle in verticale e far scorrere tutti i cartelli sul margine sinistro e poi verso il basso sul lato inferiore
quindi posare il numero composto correttamente sul tappeto.
Leggere sempre il numero: “1 migliaio, 4 centinaia, 2 decine e 6 unità… mille quattrocento venti sei”
Chiedere al bambino di rimettere tutto il materiale al suo posto prima di ripetere l’esercizio anche invertito (cioè preparando un certo quantitativo di perle dorate, e chiedendogli di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti e chiedendogli di comporre correttamente la cifra).
Quando i bambini si muovono con sicurezza, passiamo a preparare per loro cifre composte da categorie non adiacenti, chiedendo loro di portarci la quantità di perle corrispondente; ad esempio 2034: lo zero mostra semplicemente un posto vuoto, cioè che mancano elementi di una o più categorie ( in questo caso mancheranno le centinaia).
Ripetiamo gli esercizi invertendo le azioni, cioè preparando una certa quantità di perle dorate (ad esempio 1036) nella quale manchino uno o più categorie, e chiedendo al bambino di portarci i cartelli dei numeri corrispondenti e di comporre correttamente la cifra.
Esercizi con le barrette di perle colorate Montessori e i cartelli dei numeri. Una raccolta di esercizi per aiutare il bambino a memorizzare i numeri ed abbinarli alle relative quantità. Per le presentazioni ho utilizzato i cartelli stampabili e le perle prodotte in proprio Lapappadolce, e i cartelli prodotti da Montessori 3D di Boboto.
Trovi il tutorial per preparare il materiale in proprio qui:
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi con le perle dorate e i cartelli dei numeri per bambini della scuola d’infanzia. Dopo aver lavorato col materiale dei cartelli dei numeri
Materiale: – 9 perle delle unità, – 9 barrette delle decine, – 9 quadrati delle centinaia – 9 cubi delle migliaia – il set completo dei cartelli grandi dei numeri – tre tappeti e un vassoio.
Scopo dell’esercizio: – dare una visione generale del sistema decimale; – lavorare al concetto base per cui, arrivati al nove, in qualsiasi gerarchia, si passa all’uno della gerarchia immediatamente superiore.
Esercizio:
Disponiamo su due tappeti separati tutto il materiale delle perle dorate e tutto il materiale dei cartelli grandi dei numeri, in questo modo:
Prepariamo un certo quantitativo di perle sul terzo tappetino, ad esempio 3158
quindi chiediamo al bambino: “Riesci a trovare il numero che indica queste perle?”
Il bambino va al tappeto e compone il numero sul vassoio, quindi ce lo porta.
Controlliamo insieme la corrispondenza tra la cifra e le perle, quindi il bambino riordina i cartelli dei numeri, e noi possiamo preparare un secondo quantitativo di perle
Presentazione 2
Materiale: – 9 perle delle unità – 9 barrette delle decine – 9 quadrati delle centinaia – 9 cubi delle migliaia – il set completo dei cartelli grandi dei numeri – tre tappeti e due vassoi (uno piccolo per i cartelli dei numeri e uno più grande per le perle dorate)
Scopo dell’esercizio: – dare una visione generale del sistema decimale – lavorare al concetto base per cui, arrivati al nove, in qualsiasi gerarchia, si passa all’uno della gerarchia immediatamente superiore.
Esercizio:
Disponiamo su due tappeti separati tutto il materiale delle perle dorate e tutto il materiale dei cartelli grandi dei numeri, in questo modo:
prepariamo sul terzo tappetino una certa cifra utilizzando i cartelli dei numeri, ad esempio 6524
quindi chiediamo al bambino: “Riesci a trovare le perle che corrispondono a questo numero?” Il bambino va al tappeto e raccoglie le perle richieste sul vassoio, quindi le porta sul tappeto.
Controlliamo la quantità insieme al bambino,
quindi mentre il bambino riordina le perle, possiamo preparare per lui una seconda cifra coi cartelli dei numeri.
Presentazione 3
Visione “a volo d’uccello” del sistema decimale
Materiale: 45 perle delle unità, 45 barrette delle decine, 45 quadrati delle centinaia e 45 cubi delle migliaia; il set completo dei cartelli grandi dei numeri; 9 piccoli contenitori per le unità (facoltativi)
Il gioco può essere condotto anche più semplicemente con 45 perle delle unità, 45 barrette delle decine, 45 quadrati delle centinaia e un solo cubo delle migliaia e il set completo dei cartelli dei numeri (togliendo i cartelli da 2000 a 9000)
Scopo dell’esercizio: rafforzamento degli esercizi precedenti con le perle dorate e i cartelli dei numeri; fare pratica nell’organizzare le quantità ed i numeri; offrire al bambino una visione globale del sistema decimale, sia per quantità sia per i rispettivi simboli numerici.
Esercizio:
Disponiamo i nove contenitori per le unità lungo il lato destro del tappeto
e i cartelli dei numeri delle unità in ordine sparso
Apriamo la piccola scatolina che contiene le 45 perle delle unità. Prendiamo dalla scatolina una perla e poniamola nel primo contenitore in alto a destra, contando ad alta voce: “Uno”
e chiediamo al bambino di trovare il cartello del numero corrispondente, che andrà posto a sinistra del contenitore.
Continuare allo stesso modo fino a completare l’intera serie delle unità da 1 a 9.
Arrivati al nove, naturalmente, possiamo ricordare al bambino che se avessimo una perla in più, le perle sarebbero 10, quindi passiamo alla serie delle barrette delle decine,
operando come abbiamo fatto con le unità, fino ad arrivare al 90.
Procediamo allo stesso modo con i quadrati delle centinaia
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Per le presentazioni ho usato le mie perle auto prodotte (trovi il tutorial qui)
ho inoltre usato il materiale prodotto da Montessori3D di Boboto.
I cartelli dei numeri comprendono: – unità da 1 a 9, scritte in verde su scheda bianca – decine da 10 a 90, scritte in blu su scheda bianca (larghe uguale, ma lunghe 2 volte la lunghezza delle unità) – centinaia da 100 a 900, scritte in rosso su scheda bianca (larghe uguale, ma lunghe tre volte la lunghezza delle unità) – migliaia da 1000 a 9000, scritte in verde su scheda bianca (larghe uguale, ma lunghe quattro volte la lunghezza delle unità).
Non è forse ovvio dare il colore verde all’unità, all’interno di un sistema numerico, dal momento che ha a che fare con la crescita? Allo stesso modo il verde può simboleggiare il seme che viene messo nella terra.
Per crescere il seme ha bisogno dell’acqua, il cui simbolo è il blu. Come l’unità, pallina dopo pallina, si sviluppa in decina, così il seme diventa germoglio e cresce fino a diventare una chioma d’albero che darà fiori e poi frutti.
Dieci decine formano i centinaio, il cui colore è il rosso, simbolo di energia e di forza. Questa forza, nelle piante, è il frutto che cade al suolo per dare al nuovo seme la possibilità di continuare a diffondersi.
In questo modo ritorniamo alla forma originaria del punto (il migliaio, cui Maria Montessori dà di nuovo il colore verde), che significa sia l’inizio di un altro viaggio nelle tre dimensioni, sia l’espansione dell’energia vitale.
Per questo Maria Montessori parla di psicoaritmetica, filosofia dell’aritmetica, cioè di aritmetica come aiuto allo sviluppo psichico.
Le confezioni di numeri grandi in commercio costano circa 30 euro, quelli piccoli 25 euro. Qui il download gratuito:
___________________________ Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Associare quantità e simboli
Materiale: – un vassoio – cartelli dei numeri – perle dorate: 1 unità, 1 decina, 1 centinaio e 1 migliaio – tappeto.
Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare un tappeto – andiamo allo scaffale della matematica e individuiamo il materiale che intendiamo usare e diciamo: “Oggi svolgeremo una nuova attività con le perle dorate e i cartelli dei numeri” – poniamo il vassoio col materiale a sinistra del tappeto – mettiamo la perla dell’unità sul tappeto e diciamo: “Questa è una unità”. Diamo la perla al bambino in modo che possa sentirla nelle sue mani. Mettiamo il cartello dell’1 sul tappeto e ripetiamo: “Questa è una unità” – chiediamo al bambino di mettere la perla accanto al numero, indichiamo prima il cartello e poi la perla e diciamo: “Una unità”
– mettiamo la barretta della decina sul tappeto e diciamo: “Questa è una unità”. Diamo la barretta al bambino in modo che possa sentirla nelle sue mani. Mettiamo il cartello del 10 sul tappeto e ripetiamo: “Questa è una decina” – chiediamo al bambino di mettere la barretta accanto al numero, indichiamo prima il cartello e poi la barretta e diciamo: “Una decina”
– mettiamo il quadrato del 100 sul tappeto e diciamo: “Questa è un centinaio”. Diamo il quadrato al bambino in modo che possa sentirlo nelle sue mani. Mettiamo il cartello del 100 sul tappeto e ripetiamo: “Questo è un centinaio” – chiediamo al bambino di mettere il quadrato accanto al numero, indichiamo prima il cartello e poi il quadrato e diciamo: “Un centinaio”
– mettiamo il cubo del 1000 sul tappeto e diciamo: “Questa è un migliaio”. Diamo il cubo al bambino in modo che possa sentirlo nelle sue mani. Mettiamo il cartello del 1000 sul tappeto e ripetiamo: “Questa è un migliaio” – chiediamo al bambino di mettere il cubo accanto al numero, indichiamo prima il cartello e poi il cubo e diciamo: “Un migliaio”
– procediamo con la nostra lezione in tre tempi chiedendo prima al bambino di indicarci perle e numero, ad esempio dicendo: “Indicami il centinaio”, “Qual è il migliaio?”, Mostrami la decina”, ecc… Ripetiamo più volte, cambiando di tanto in tanto l’ordine dei cartelli
– infine (terzo tempo) poniamo un numero davanti al bambino e chiediamogli di dircene il nome: “Che numero è questo?”. “A quale quantità di perle è uguale?”. Il bambino risponde. Rimettiamo a lato il numero e le perle, e proponiamogli via via gli altri – dopo la lezione in tre tempi ordiniamo il materiale sul tappeto mettendo in alto il cartello dell’unità e la perla, e incolonniamo il restante materiale e ripetiamo indicando via via il materiale: “Una unità, uno”, “Una decina, dieci”, “Un centinaio, cento”, “Un migliaio, mille” – raccogliamo i cartelli: prendiamo il cartello del mille, sovrapponiamo ad esso quello del 100 allineandolo a sinistra, poi quello del 10 e infine quello dell’1. Facciamo scivolare i cartelli verso destra, in modo che compaia il numero 1111 e diciamo: “Mille, cento, dieci, uno” – scomponiamo nuovamente mettendo i cartelli in riga dal migliaio all’unità e leggiamo: “Un migliaio, un centinaio, una decina, una unità” – al termine della presentazione rimettiamo il materiale sul vassoio e riportiamolo sullo scaffale – chiediamo al bambino di riarrotolare il tappeto e riporlo nel suo cesto.
__________________________ Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Vista a volo d’uccello del sistema decimale
Materiale: – cartelli dei numeri – il materiale completo delle perle dorate – tappeto
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare il tappeto – andiamo allo scaffale della matematica e indichiamo il materiale dicendo: “Oggi faremo l’esercizio della visione a volo d’uccello” – portiamo il materiale al tappeto – disponiamo i due set completi di perle e cartelli, cominciando col mettere la perla singola dell’uno nell’angolo superiore destro del tappeto e il cartello dell’1 accanto alla perla, alla sua sinistra – indichiamo l’unità e diciamo: “Questa è una unità” – indichiamo il cartello dell’1 e diciamo: “Questa è una unità” – procediamo allo stesso modo fino al 9, con i cartelli dei numeri e le perle – continuiamo allo stesso modo con le decine, le centinaia e le migliaia.
– al termine della presentazione rimettiamo il materiale sul vassoio e riportiamolo sullo scaffale – chiediamo al bambino di riarrotolare il tappeto e riporlo nel suo cesto. Trovi un’altra versione di questa presentazione qui:
Scopo: dare al bambino una visione a volo d’uccello dell’associazione tra quantità e simboli scritti utilizzando i cartelli dei numeri e le perle dorate.
________________________ Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Esercizio di gruppo con le schede e le perle dorate per un gruppo di bambini
Materiale: – cartelli dei numeri, – 9 perline dorate delle unità, – 9 barrette delle decine, – 9 quadrati delle centinaia – 9 cubi delle migliaia – due vassoi – due tappeti.
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Presentazione – invitiamo un gruppo di bambini ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamo di srotolare i due tappeti – andiamo allo scaffale della matematica e indichiamo i vassoi col materiale che intendiamo usare e diciamo: “Oggi faremo un nuovo esercizio con le perle dorate e i cartelli dei numeri” – portiamo il vassoio dei cartelli su un tappeto e il vassoio delle perle sull’altro – disponiamo i cartelli dei numeri sul tappeto, in quattro colonne come al solito, con le unità a destra e le migliaia a sinistra – le perle dorate vengono poste in sequenza sull’altro tappeto:
– mettiamo una certa quantità di perline dorate sul vassoio, ad esempio 2 quadrati delle centinaia. Poi chiediamo: “Quante sono?”
– quando i bambini rispondono”Duecento”, chiediamo: “Chi vuole prendere il vassoio e mettere la scheda del numero 200 accanto alle perline dorate?”
– terminato il lavoro col 200, rimettiamo a posto il cartello e le perle inserendoli correttamente nei loro schemi e prepariamo un’altra quantità di perline dorate – continuiamo allo stesso modo, proponendo vari esempi:
– poi l’esercizio può essere invertito: mettiamo un cartello sul vassoio, e chiediamo ai bambini di aggiungervi la quantità di perline dorate corrispondenti:
– una volta che i bambini hanno acquisito padronanza dell’esercizio, si possono comporre quantità formate da ordini di grandezza vari
– al termine della presentazione rimettiamo il materiale sul vassoio e riportiamolo sullo scaffale – chiediamo al bambino di riarrotolare il tappeto e riporlo nel suo cesto.
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Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Il gioco del 9
Materiale: – cartelli dei numeri – 10 perle delle unità, 10 barrette della decina, 10 quadrati delle centinaia e un cubo delle migliaia – un vassoio – un tappeto.
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare un tappeto – andiamo allo scaffale della matematica e individuiamo il materiale che intendiamo usare dicendo: “Oggi faremo una nuova attività con le perle dorate e i cartelli dei numeri” – portiamo il vassoio al tappeto – iniziando la presentazione utilizzando solo le perle dorate e presentando i numeri solo oralmente (senza cartelli) – prendiamo la ciotola delle unità e mettiamole una ad una di fronte al bambino contandole: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove
– arrivati a nove diciamo: “Se aggiungiamo un’altra perla arriviamo a 10, ma sappiamo che il dieci è una barretta della decina:
– riponiamo le perle singole, prendiamo le barrette delle decine e cominciamo a contarle: dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, settanta, ottanta, novanta – arrivati a 90 diciamo: se aggiungiamo un’altra decina arriviamo a 100, ma sappiamo che per il 100 utilizziamo il quadrato di perle:
– prendiamo un quadrato e confrontiamolo,
– quindi riponiamo le barrette e continuiamo coi quadrati, contandoli mentre li impiliamo: cento, duecento, trecento, quattrocento, cinquecento, seicento, settecento, ottocento, novecento – arrivati a 900 diciamo: se aggiungiamo un’altro quadrato arriviamo a 1000, ma sappiamo che per il 1000 noi usiamo il cubo di perle:
– confrontiamo i 10 quadrati col cubo
– riponiamo i quadrati e lasciamo sul tappeto soltanto il cubo, quindi riponiamo anch’esso sul vassoio – ripetiamo l’esercizio utilizzando anche i cartelli dei numeri, per aggiungere al conteggio la lettura del simbolo e rendere ancora più evidente il passaggio da un gerarchia ad un’altra quando si supera il 9 – procediamo come abbiamo fatto per preparare la visione a volo d’uccello, ma questa volta mettiamo accanto ad ogni numero una sola unità, poi mentre contiamo le unità facciamo sempre scendere una perla fino ad arrivare al 9:
– arrivati a nove diciamo: “Se aggiungiamo un’altra perla arriviamo a 10, ma sappiamo che il dieci è una barretta della decina:
– riponiamo le perle singole, prendiamo le barrette delle decine e cominciamo a contarle: dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, settanta, ottanta, novanta
– arrivati a 90 diciamo: se aggiungiamo un’altra decina arriviamo a 100, ma sappiamo che per il 100 utilizziamo il quadrato di perle:
– prendiamo un quadrato e confrontiamolo,
– quindi riponiamo le barrette e continuiamo coi quadrati, contandoli mentre li impiliamo: cento, duecento, trecento, quattrocento, cinquecento, seicento, settecento, ottocento, novecento
– arrivati a 900 diciamo: se aggiungiamo un’altro quadrato arriviamo a 1000, ma sappiamo che per il 1000 noi usiamo il cubo di perle:
– confrontiamo i 10 quadrati col cubo
– riponiamo i quadrati e lasciamo sul tappeto soltanto il cubo, quindi riponiamo anch’esso sul vassoio
– possiamo decidere di fermarci qui oppure proseguire con le migliaia fino a 9000 – arrivati a 9000 qualche bambino potrebbe chiedersi cosa viene dopo e ne potremmo discutere: diecimila, centomila, ecc. – al termine della presentazione rimettiamo il materiale sul vassoio e riportiamolo sullo scaffale – chiediamo al bambino di riarrotolare il tappeto e riporlo nel suo cesto.
___________________________ Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Associare le quantità ai cartelli dei numeri
Materiali: – cartelli dei numeri – set completo delle perle dorate – due tappeti e un vassoio (in alternativa possiamo anche scegliere di usare tre tappeti: uno per le perle dorate, uno per i cartelli, e uno per l’esercizio. In questo caso avremo due vassoi: uno per trasportare le perle e uno per trasportare i cartelli. Comporremo in questo caso numero e quantità sul terzo tappeto)
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare i tappeti – andiamo allo scaffale della matematica, indichiamo il materiale che intendiamo utilizzare e diciamo: “Oggi faremo un nuovo esercizio con le perle dorate e i cartelli dei numeri – con l’aiuto del bambino disponiamo i cartelli dei numeri sul tappeto in colonne per unità, decine, centinaia e migliaia – con l’aiuto del bambino disponiamo separatamente le perle dorate, in colonne per unità, decine, centinaia e migliaia – se scegliamo di usare tre tappeti mettiamo due vassoi sul terzo tappeto (uno per le perle dorate e uno per i cartelli) – formiamo una certa quantità di perle sul vassoio scegliendo due sole gerarchie adiacenti (ad esempio decine e unità, o centinaia e decine) – chiediamo al bambino di contarle e comporre il numero corrispondente alla quantità di perle:
– quando il bambino ha completato l’esercizio, verificare il risultando scomponendo la cifra e mettendo unità, decine, centinaia e migliaia accanto alle relative perle – poi possiamo proporre tre categorie vicine (centinaia, decine e unità o migliaia, centinaia e decine)
– poi possiamo usare tutte le quattro categorie
– quando il bambino ha completato l’esercizio, verificare il risultando scomponendo la cifra e mettendo unità, decine, centinaia e migliaia accanto alle relative perle
– infine possiamo omettere una categoria, ad esempio scegliendo migliaia, centinaia e unità. Se non mettiamo una categoria di perle sul vassoio, non ci saranno cartelli dei numeri per quella data categoria. Dovremo evidenziare questa situazione che corrisponde a “zero” mentre il bambino esegue l’esercizio:
– a questo punto possiamo invertire l’esercizio e prima comporre un numero, poi chiedere al bambino di portare la quantità di perle corrispondente – componiamo un numero con i cartelli un numero formato da due cifre (scelte fra gerarchie adiacenti, ad esempio decine e unità, o centinaia e decine) e mettiamolo su un vassoio – chiediamo al bambino di prendere la quantità di perle corrispondenti al numero:
poi tre, poi quattro gerarchie:
infine tre categorie non adiacenti:
– al termine della presentazione rimettiamo il materiale sul vassoio e riportiamolo sullo scaffale – chiediamo al bambino di riarrotolare i tappeti e riporli nel cesto.
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Scopo: – creare un collegamento tra il concreto e l’astratto – associare quantità e simboli all’interno del sistema decimale – sperimentare le quantità mentre si leggono i numeri – acquisire familiarità con le diverse gerarchie di numeri sia con le quantità di perle sia con i cartelli dei numeri – mostrare come si compongono i grandi numeri – mostrare che per ogni categoria ci sono solo 9 numeri e che la loro posizione è determinata dallo zero – aiutare il bambino a comprendere che nel sistema decimale ogni volta che si supera il 9 si passa alla gerarchia successiva – preparare a lavorare con le quattro operazioni.
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Note: – le prime volte evitiamo di scegliere cartelli che presentano lo stesso numero iniziale (ad esempio 10 e 100) – controlliamo che il bambino prenda il vassoio dal giusto verso (le unità devono trovarsi alla sua destra) – quando il bambino ha terminato l’esercizio dovrà rimettere il materiale correttamente all’interno degli schemi delle perle e dei cartelli – una volta presentati gli esercizi, il bambino li può ripetere tutte le volte che lo desidera – quando il bambino ha compreso gli esercizi presentati, nella sua mente non solo si crea l’associazione simbolo-quantità, ma avviene una sintesi mentale. Questa sintesi mentale, cioè il segreto del sistema decimale, è il punto d’arrivo di tutto il lavoro. Grazie a questi esercizi il bambino comprende l’essenza del sistema decimale.
Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori Età: – dai 4 anni e mezzo circa, dopo aver lavorato con le perle e i cartelli separatamente.
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Esercizi coi cartelli dei numeri e le perle dorate Montessori
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri per bambini della scuola d’infanzia. Per le presentazioni ho utilizzato i cartelli stampabili Lapappadolce e i cartelli prodotti da Montessori 3D di Boboto.
Il materiale a disposizione dei bambini per comprendere il sistema decimale è triplice, essendo costituito di oggetti, numeri e parole. Gli oggetti sono le perle, mentre per i numeri ed i loro nomi abbiamo molti materiali, tra i quali i cartelli dei numeri.
Si tratta di una serie di cartelli, le cui dimensioni sono proporzionali alle gerarchie dei numeri e i cui colori sono i seguenti: – verde per la serie da 1 a 9 e da 1000 a 9000
– blu per la serie da 10 a 90
– rosso per la serie da 100 a 900.
I cartelli per le nove unità sono uguali tra loro, e simili a quelli usati per la prima numerazione con le aste numeriche. I cartelli per le nove decine sono di grandezza doppia, perchè necessitano di spazio per contenere lo zero. I cartelli per le centinaia hanno una lunghezza tripla di quelli delle unità per lasciar spazio per due zeri.
I cartelli per le migliaia, che hanno bisogno di uno spazio per tre zeri, hanno una lunghezza quadrupla di quelli delle unità.
Di seguito trovate qualche esercizio che è possibile fare con i bambini utilizzando i cartelli dei numeri, in preparazione del loro utilizzo con le perle dorate:
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri Presentazione 1
Materiale: i cartelli grandi dei numeri 1, 10, 100 e 1000
Età: dai quattro ai cinque anni
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri Lezione in tre tempi
Primo tempo: Poniamo sul tavolo, di lato, i cartelli dei numeri, in questo modo:
Mostriamo al bambino la carta dell’unità ripetendo più volte il nome del numero: “Uno… uno… Questo è il nostro modo di scrivere uno”
Sostituiamo con il numero 10, nominandolo più volte e facendolo ripetere al bambino.
Sostituiamo quindi col cartello del 100
e infine col cartello del 1000. “Questo è il modo in cui scriviamo un centinaio.” Lei poi lo mette al suo fianco e mostra al bambino la carta “1000” e dice: “Questo è il modo in cui scriviamo mille.”
Secondo tempo: disponiamo le carte davanti al bambino in ordine casuale, e chiediamo: “Indicami il cento”, “Qual è il mille?”, Mostrami il dieci”, ecc… Ripetiamo più volte, cambiando di tanto in tanto l’ordine dei cartelli.
Terzo tempo: quando il bambino ha compreso l’esercizio e lo esegue facilmente e senza errori, poniamo i cartelli dei numeri a un lato del tavolo, fuori dalla vista del bambino. Poniamo un numero davanti al bambino e chiediamogli di dircene il nome: “Che numero è questo?”. Il bambino risponde. Rimettiamo a lato il numero, e proponiamogli via via gli altri.
Ricapitolazione: al termine della lezione, mettiamo tutti i cartelli a lato del tavolo. Quindi mettiamo il 1000 davanti al bambino e diciamo: “Oggi abbiamo imparato che questo è modo di scrivere mille”. Poi sostituiamo col cartello del 100 e diciamo “Questo è il modo di scrivere cento”, e continuiamo così con il cartello del dieci e quello dell’uno.
Infine prendiamo uno alla volta i cartelli dei numeri a partire dal 1000, sovrapponendoli e dicendo : “Mille, cento, dieci, uno.”, e sovrapponendoli così:
______________ Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri Presentazione 2
Materiale: il set completo dei cartelli grandi dei numeri
Età: a partire dai quattro anni
Scopo dell’esercizio: comprendere che ogni volta che viene raggiunto il nove, si passa all’uno della gerarchia immediatamente superiore; saper leggere i simboli scritti
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri Esercizio:
Portiamo il materiale al tavolo del bambino e sediamoci accanto a lui. Prendiamo una alla volta i cartelli delle unità, e chiediamo al bambino di nominarle.
Poniamo sul tavolo l’1 in alto a destra, e le unità successive in una colonna verticale, una sotto l’altra, fino al 9.
Prendiamo quindi i cartelli delle decine, a partire dal 10.
Poniamo il 10 a sinistra dell’1, parallelo ad esso.
Il bambino nomina una ad una le decine, che vengono disposte in ordine sotto al 10. (I nomi venti, trenta, fino a novanta verranno insegnate in una lezione successiva. In questo esercizio diremo semplicemente una decina, due decine, nove decine…)
Prendiamo poi i cartelli delle centinaia. Poniamo il 100 a sinistra del 10, parallelo ad esso. Formiamo la colonna delle centinaia, mentre il bambino nomina i vari cartelli: “100, 200, 900 …”.
Infine prendiamo i cartelli delle migliaia. Poniamo il cartello del 1000 a sinistra del 100 e parallelo ad esso. Disponiamo quindi la colonna delle migliaia successive, mentre il bambino le nomina: “Mille, duemila…novemila…”.
Osserviamo il risultato insieme al bambino. Abbiamo una chiara impressione visiva della successione dei numeri da 1 a 9 per ognuna delle gerarchie. E’ bene ripetere questo esercizio per più giorni successivi. Teniamo quindi il materiale sullo scaffale, a disposizione del bambino.
Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri Presentazione 3 (un gioco di gruppo)
Materiale: il set completo dei cartelli grandi dei numeri, un vassoio
Materiale: il set completo dei cartelli grandi dei numeri, un vassoio
Età: a partire dai 4 anni e mezzo
Scopo dell’esercizio: fare pratica nella composizione e nella lettura dei numeri da 1 a 9999.
Esercizio: si tratta di un esercizio che può essere condotto da un gruppo di 3 – 5 bambini.
Disponiamo con l’aiuto dei bambini tutti i cartelli dei numeri sul tappeto, in questo modo:
I bambini staranno sul lato del tappeto che consente loro di vedere sempre i cartelli dal verso giusto, mentre noi possiamo metterci sul lato opposto.
Mettiamo un cartello sul vassoio, e chiediamo: “Chi sa di che numero si tratta?” I bambini rispondono. Rimettiamo quindi il cartello al suo posto e mettiamone via via altri. In questa prima fase metteremo sul vassoio un solo cartello alla volta.
Nei giorni successivi possiamo anche invertire l’esercizio, e chiedere ai bambini di mettere sul vassoio una certa cifra, dicendo ad esempio: “Chi vuole mettere mettere 300 sul vassoio?” “Chi vuole trovare il 6000?” ecc…
E’ importate fare molti di questi esercizi, per un certo periodo di tempo. Quando i bambini riescono facilmente a riconoscere le cifre, possiamo comporre numeri formati da due, tre, quattro gerarchie differenti, ed i bambini impareranno a leggerli.
Ad esempio potremo preparare sul vassoio il numero 3800.
Se i bambini mostrano qualche difficoltà, all’inizio, possiamo separare i due cartelli ponendoli in colonna uno sotto l’altro,dicendo: “Questo è tremila, e questo è ottocento”
e poi sovrapporli nuovamente, dicendo: “Così li mettiamo insieme per fare il tremilaottocento”.
Ripetiamo l’esercizio nei giorni successivi, aumentando gradualmente la complessità, finchè i bambini non saranno in grado di leggere e comporre qualsiasi numero da 1 a 9999.
_________________________________ Psicoaritmetica Montessori – Esercizi coi cartelli dei numeri
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Le perle fotografate nelle presentazioni sono di Montessori 3D di Boboto.
Il materiale dello scaffale delle perle colorate comprende, per ciascuno dei dieci numeri: – il bastoncino che lo rappresenta (prima potenza); – tanti quadrati del numero quante sono le unità costituenti la base (seconda potenza), – un cubo formato di tanti quadrati quante sono le unità costituenti la base (terza potenza); – una catena fatta di tante perle quante sono quelle del quadrato, in cui risultano distinti i diversi bastoncini costituenti il quadrato – una catena corrispondente al cubo: in essa si distinguono le catene dei quadrati e, nell’ambito di queste ultime, i bastoncini rappresentanti le basi.
__________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 1 – forme geometriche con le catene corte
Materiale: – catene corte – tappeto.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – mettiamo le catene corte sul tappeto – prendiamo la catena del tre e formiamo il triangolo – chiediamo al bambino di identificare la forma – proseguiamo in ordine con le altre catene, componendole in fila sul tappeto; possiamo anche chiedere al bambino di prevedere la forma successiva prima di comporla.
Età: dai 4 anni.
Scopo: oltre a familiarizzare con le catene corte dello scaffale, il bambino impara che c’è un collegamento tra i numeri e la geometria. Rinforza inoltre la nomenclatura relativa alle forme geometriche.
___________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 2 – forme geometriche concentriche con le catene corte
Materiali: – catene corte – tappeto.
Descrizione dell’attività: – con la catena del 3 formiamo sul tappeto il triangolo, poi con la catena del 4 costruiamo in quadrato attorno al triangolo e proseguiamo così con tutte le altre catene. Ogni volta verbalizziamo quello che abbiamo fatto dicendo, ad esempio: “Il triangolo è inscritto nel quadrato”, “Il quadrato circoscrive il triangolo ed è inscritto nel pentagono” e così via.
Età: dai 4 anni.
Scopo: oltre a familiarizzare con le catene corte dello scaffale, il bambino impara che c’è un collegamento tra i numeri e la geometria. Rinforza inoltre la nomenclatura relativa alle forme geometriche.
_______________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 3 – esplorazione del quadrato
Materiale: – cartellini in bianco e matita – catene corte di ogni numero – quadrati di ogni numero.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – prendiamo ad esempio la catena corta del 5, distendiamola sul tappeto, quindi ripieghiamola in modo da formare il quadrato. Chiediamo: “Che cosa abbiamo fatto?”. Il bambino risponderà: “Un quadrato” – indichiamo la base del quadrato e diciamo: “Per base abbiamo cinque perle”. Scriviamo su un cartellino 5 – indichiamo il lato e diciamo: “Per lato abbiamo 5 perle”. Scriviamo 5 su un altro cartellino
– diciamo: “Questa forma è un quadrato, possiamo verificarlo confrontandolo col quadrato del 5” – compariamo la catena ripiegata col quadrato del 5 – diciamo: “Quando parliamo di questo quadrato possiamo dire che si tratta di cinque per cinque volte, che formano il quadrato del cinque. In matematica per scrivere cinque al quadrato facciamo così”
– prendiamo un terzo cartellino e scriviamo 5² dicendo: “Prima si scrive 5, e poi 2 in alto e a destra del numero” – diciamo: “Ora siamo in grado di dire che cinque preso cinque volte mi dà cinque alla seconda” – scriviamo su due cartellini i segni dell’operazione e componiamo 5 x 5 = 5²
– continuiamo allo stesso modo con altre catene.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri _________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 4 – esplorazione del quadrato
Materiale: – cartellini bianchi e matita – catene corte – quadrati dei numeri.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – mettiamo la catena del quadrato dell’1 sul tappeto, a sinistra, e chiediamo: “Cosa abbiamo qui? Abbiamo 1 preso 1 volta”. Scriviamo su un cartellino 1 x 1. Diciamo: “Il risultato dell’operazione è 1²”. Scriviamo 1² su un cartellino ed affianchiamolo al primo. Chiediamo: “Qual è il suo valore? Il suo valore è 1”. Scriviamo 1 su un altro cartellino e affianchiamolo al secondo
mettiamo la catena corta del 2 sotto alla prima e ripieghiamola. Diciamo: “Qui abbiamo 2 preso 2 volte”. Scriviamo 2 x 2. Diciamo: “Si tratta del quadrato del 2, cioè due al quadrato, che si scrive così”. Scriviamo 2² su un altro cartellino. Chiediamo: “Qual è il valore di 2². Il valore è 4”. Scriviamo 4 su un altro cartellino. Continuiamo così fino alla catena corta del 10.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri
_______________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 5 – esplorazione del cubo
Materiale: – cartellini bianchi e matita – catene lunghe – quadrati e cubo dei numeri.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – prendiamo ad esempio la catena lunga del 5 e disponiamola in linea retta sul tappeto, quindi ripieghiamola per formare i quadrati. Chiediamo ai bambini: “Cosa abbiamo fatto? Abbiamo ottenuto un quadrato di 5 preso 5 volte” – sovrapponiamo un quadrato su ogni quadrato formato dalla catena ripiegata
– raccogliamo i quadrati e impiliamoli uno sull’altro per formare un cubo
– indichiamo i 5 quadrati sovrapposti e chiediamo: “Quale forma abbiamo ottenuto? Un cubo”. – scriviamo su un cartellino 5 x 5. Indichiamo il primo quadrato e mettiamo su di esso il cartellino che abbiamo scritto
– diciamo: “5 x 5 è il quadrato di cinque, che possiamo anche scrivere 5²”. Scriviamo il cartellino, mettiamo 5 x 5 sul tappeto e 5² sul primo quadrato
– ricontiamo i quadrati, che sono cinque, e diciamo “Il cubo è formato da 5 x 5 per 5 volte” – prendiamo il cubo del 5 per confrontarlo con quello formato dai quadrati. Si tratta proprio di un cubo. Indichiamo il primo quadrato, poi contiamolo con i rimanenti quadrati: “Il cubo è formato da 5 quadrati”. Scriviamo su un nuovo cartellino il numero 5 e posizioniamolo in verticale lungo uno spigolo del cubo. Diciamo: “Il cubo è formato da 5 x 5 x 5”. Aggiungiamo x 5 al 5 x 5 al cartellino sul tappeto e togliamo il 5 dal cubo
“Per indicare 5 x 5 x 5, che è anche 5² x 5 scriviamo 5³. Cinque alla terza è il cubo del cinque” – mettiamo il cartellino a fianco del primo cartellino sul tappeto: 5² x 5 = 5 × 5 x 5 = 5³ – contando la catena possiamo anche conoscere il valore del cubo
– continuiamo queste esplorazioni con altre catene.
_______________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 6 – esplorazione del cubo
Materiali: – cartellini bianchi e matita – catene lunghe, quadrati e cubi dei numeri.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – portiamo il materiale sul tappeto – prendiamo la perla dell’1 che rappresenta il numero 1, il quadrato di 1 e il cubo di 1. – diciamo: “Uno preso una volta è 1 x 1, cioè 1². Qual è il suo valore? 1.”. Scriviamo su un cartellino 1 x 1 = 1² = 1 e mettiamolo sul tappeto. Diciamo: “Il suo cubo è 1² x 1, cioè 1³. Qual è il suo valore? Sempre 1”. Scriviamo su un altro cartellino 1 x 1 x 1 = 1³ = 1 e mettiamolo sul tappeto. – prendiamo i due quadrati del 2 e mettiamoli uno sull’altro. Diciamo: “Questo è un quadrato del 2 preso due volte, che insieme formano il cubo del 2”. Confrontiamo col cubo del 2. Scriviamo su un cartellino 2² x 2. Diciamo “Due al quadrato per due è come dire 2 x 2 x 2, che è come dire due al cubo”. Scriviamo su un altro cartellino 2 x 2 x 2 = 2³ e chiediamo: “Qual è il suo valore?”. I bambini rispondono contando le perle o se serve utilizzando la catena lunga del 2 e noi completiamo il cartellino: 2 x 2 x 2 = 2³ = 8 – prendiamo tre quadrati del 3 e mettiamoli uno sull’altro. Diciamo: “Questo è un quadrato del 3 preso 3 volte, che insieme formano il cubo del 3”. Confrontiamo col cubo del 3. Scriviamo su un cartellino 3² x 3. Diciamo “Tre al quadrato per tre è come dire 3 x 3 x 3, che è come dire tre al cubo”. Scriviamo su un altro cartellino 3 x 3 x 3 = 3³ e chiediamo: “Qual è il suo valore?”. I bambini rispondono a memoria, o contando le perle o se serve utilizzando la catena lunga del 3 e noi completiamo il cartellino: 3 x 3 x 3 = 3³ = 27 – proseguiamo allo stesso modo con tutti i cubi fino a 10 x 10 x 10
_______________________ Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività 7 – forme geometriche con le catene lunghe
Materiale: – catene lunghe – quadrati e cubi.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Descrizione dell’attività: – prendiamo una catena lunga e componiamo con essa una versione più grande della stessa forma che avevamo creato con la catena corta corrispondente (ad esempio il triangolo per quella del 3)
poniamo un quadrato ad ogni angolo della forma, ed in cubo nel centro.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri Attività – la piramide dei quadrati dei numeri
Materiali: -i quadrati dei numeri.
Descrizione dell’attività:
– mettiamo i quadrati uno sull’altro a formare una piramide, dal quadrato del 10 a quello dell’1
– diciamo al bambino: “Oggi calcoleremo il valore di questa piramide”
– cominciando dal quadrato dell’1 procediamo nei conteggi:
Se paragoniamo la torre dei cubi di perle con la torre rosa, sapendo che il cubo dell’ 1 misura 1 centimetro cubo, diremo che la torre rosa misura 3025 cm³.
Perle colorate Montessori: altre attività coi quadrati e i cubi dei numeri
Cubi e catene di perle colorate presentazioni ed esercizi. Le catene dello scaffale delle perle colorate si usano per dare ai bambini una rappresentazione concreta delle numerazioni per 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 (tabelline), del quadrato e del cubo dei numeri. Nelle presentazioni che seguono il materiale fotografato è di Montessori 3D di Boboto.
Il materiale viene proposto nella Casa dei Bambini (dai 5 anni d’età circa) per dimostrare a livello sensoriale il concetto che sta alla base del conteggio lineare e del procedere della numerazione nel sistema decimale. Questo avviene prima con la catena del 100,
Oltre alla possibilità di esercitarsi con le numerazioni, il materiale delle perle colorate fornisce una rappresentazione concreta di concetti matematici astratti che, anche se i bambini non sono in grado di verbalizzare, sono in grado di rappresentare.
Grazie al materiale dello scaffale delle perle colorate si ha la dimostrazione concreta delle varie numerazioni, del concetto di multiplo di un numero, del concetto di quadrato e cubo di un numero e quindi di potenza. Questo apprendimento concreto apre la strada per le future scoperte scientifiche che avverranno nella scuola primaria. Sarà allora che il bambino guarderà a questo materiale con occhi nuovi e dirà: “Ho già lavorato con questo materiale quando ero piccolo, ma adesso ho capito!”. Nella scuola primaria, infatti, il bambino costruirà sulle sue esperienze precedenti la conoscenza delle potenze, dei multipli e delle regole di divisibilità.
_________________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 1
Materiali: – catena lunga di un numero – quadrati del numero – cubo del numero.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione: – portiamo sul tappeto la catena, i quadrati e il cubo – il bambino piega la catena in modo da formare il primo quadrato e lo affianca ad un quadrato – prosegue allo stesso modo fino a completare la catena
– al termine raccoglie tutti i quadrati
– li mette uno sull’altro a formare un cubo e lo paragona al cubo del numero
Questa presentazione serve a dimostrare che la catena lunga è la rappresentazione lineare del cubo di un numero.
_________________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 2
Materiale: – catena lunga di un numero – quadrati del numero – cubo del numero – frecce per contare le catene – tappeto.
frecce per contare le perle colorate Montessori BIANCO E NERO (da stampare su fogli colorati)
frecce per contare le perle colorate Montessori COLORE (per stampanti a colori)
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi
Presentazione: – invitiamo un bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare un tappeto – andiamo allo scaffale delle perle colorate e scegliamo la catena lunga di un numero – stendiamola sul tappeto – mettiamo in alto il cubo e i quadrati del numero
– ripieghiamo la catena in quadrati
– confrontiamo la catena ripiegata coi quadrati e col cubo
– mettiamo da parte quadrati e cubi e distendiamo nuovamente la catena – disponiamo le frecce per contare formando delle colonne sul tappeto – contiamo la catena come abbiamo imparato a fare, utilizzando le frecce. Conteremo una ad una le perle della prima barretta, poi a gruppi mettendo una freccia sull’ultima perla di ogni barretta – ogni volta che abbiamo raggiunto il quadrato del numero, poniamo sulla barretta anche un quadrato
– sull’ultima barretta mettiamo il cubo – al termine del conteggio raccogliamo cubo e quadrato per verificare l’equivalenza – partendo dalla prima, contiamo nuovamente le barrette dalla prima all’ultima e dall’ultima alla prima.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Estensioni dell’esercizio:
– dopo aver contato la catena, raccogliamo le frecce e mettiamole sul tappeto. Poi prendiamo una freccia qualsiasi e chiediamo al bambino di porla sulla perla corrispondente
– togliamo la catena dal tappeto lasciando soltanto le frecce in ordine sparso. Chiediamo al bambino di ordinare le frecce dal minore al maggiore.
_________________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 3
Materiali: – catene dei cubi – cubi dei numeri – frecce per contare – quadrati dei numeri.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione: – invitiamo un bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare un tappeto – andiamo allo scaffale delle perle colorate e scegliamo la catena lunga di un numero. Di solito si scelgono la catena del 5 o del 6 per la prima presentazione del materiale – prendiamo la catena scelta dallo scaffale sganciando uno ad uno i ripiegamenti con la mano dominante. Se la lunghezza della catena lo permette prendere l’altro capo della catena con la mano non dominante, altrimenti mettiamo la mano non dominante col palmo verso l’alto e infiliamo i ripiegamenti tra le dita della mano – trasportiamo la catena con cura e attenzione – arrivati al tappeto posiamo la catena a zig zag quindi distendiamo la catena verticalmente sul tappeto tirando l’estremità a destra – portiamo al tavolo anche i quadrati della catena, il cubo e le frecce per contare – mettiamo i quadrati impilati uno sull’altro in alto, sopra alla catena, poi mettiamo il cubo a destra della pila di quadrati e disponiamo le frecce per contare in colonne per grandezza. Leggiamo le frecce in sequenza
– con movimenti lenti ed accurati ripieghiamo la catena, partendo dalla prima barretta in alto, per formare il primo quadrato
– prendiamo un quadrato e mettiamo sopra a quello formato dalla catena ripiegata – continuiamo allo stesso modo con le restanti barrette ed i restanti quadrati
– spostiamo i quadrati a destra di quelli formati dalla catena ripiegata. In questo modo formeremo due lunghi rettangoli, uno di barrette e uno di quadrati
– chiediamo: “Quanti quadrati abbiamo?” – cominciando dall’ultimo quadrato, contiamoli. Mentre li contiamo impiliamoli di nuovo uno sull’altro. Quando con i quadrati avremo formato un cubo, ad esempio del 4, diciamo: “Quattro quadrati sono uguali a un cubo”
– con movimenti lenti e curati distendiamo di nuovo la catena – mettiamo le frecce in ordine sul tappeto – contiamo le perle della catena, cominciando dalla prima in alto e mettendo a fianco le frecce corrispondenti – proseguiamo fino a completare la catena
– ripercorriamo la catena leggendo le frecce in sequenza dalla prima all’ultima – arrivati all’ultima, rileggiamo dall’ultima alla prima.
_____________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 4
Materiali: – tutte le catene lunghe – frecce per contare.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione: – scegliamo la catena del cubo dell’uno. Mettiamola sul tappeto in alto a sinistra e contiamola con la freccia appropriata – prendiamo la catena del cubo del 2. Disponiamola verticalmente a destra della prima. Contiamola con le frecce appropriate – continuiamo con tutte le altre catene, fino a quella del cubo del 10 – quando abbiamo completato i conteggi, notiamo la differenza di lunghezza tra le catene dei cubi – notiamo poi se ci sono numeri che ricorrono in più catene
_____________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 4 memorizzazione della moltiplicazione
Materiali: – catene lunghe – barrette colorate – catene corte – cubi dei numeri – quadrati dei numeri.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi Presentazione 1 – prendiamo la barretta del 4, la catena del quadrato del 4, il quadrato del 4, la catena del cubo del 4 e il cubo del 4 – indichiamo la barretta e diciamo: “Questo è il numero quattro” – indichiamo la catena corta e diciamo: “Questa è la catena del quadrato del numero” – indichiamo il quadrato e diciamo: “Questo è il quadrato del numero” – indichiamo la catena lunga e diciamo: “Questa è la catena del cubo del numero” – indichiamo il cubo e diciamo: “Questo è il cubo del numero” – col metodo della lezione in tre tempi e la partecipazione dei bambini, se serve, ripetiamo la nomenclatura – prendiamo ora la catena corta e distendiamola sul tappeto – mettiamo il quadrato corrispondente in alto
– con movimenti lenti e accurati ripieghiamo la catena per formare un quadrato – sovrapponiamo il quadrato a quello formato dalla catena ripiegata
– distendiamo nuovamente la catena, e contiamo le perle utilizzando le frecce
– mettiamo il quadrato accanto all’ultima barretta, la cui freccia indica il quadrato del numero – ripercorriamo la catena contando in sequenza dall’alto verso il basso e poi dal basso verso l’alto – prendiamo ora la catena del cubo e distendiamola sul tappeto – mettiamo in alto i quadrati del numero, impilati uno sull’altro
– mettiamo il cubo a destra della pila di quadrati – con movimenti lenti e curati ripieghiamo la catena per formare il primo quadrato, a partire dalle barrette in alto – sovrapponiamo un quadrato a quello formato dalla catena ripiegata – spostiamo il quadrato a destra del quadrato formato dalla catena ripiegata
– chiediamo: “Quanti quadrati di perle abbiamo?” – cominciando dall’ultimo contiamo i quadrati, e man mano che li contiamo impiliamoli uno sull’altro – quando avremo formato un cubo diciamo, nel caso della catena del 4: “Quattro quadrati sono uguali a un cubo”
– con movimenti lenti ed accurati distendiamo nuovamente la catena, mettiamo sul tappeto le frecce ed usiamole per contare le perle della catena
– al termine ripercorriamo la catena leggendo le frecce dalla prima all’ultima e poi dall’ultima alla prima – dopo aver contato la catena corta e la catena lunga, prendiamole e spostiamole su un altro tappeto – distendiamole parallelamente sul tappeto e contiamole di nuovo usando le frecce che andremo a prendere dal primo tappeto – compariamo le due catene fra loro.
_____________________ Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi
Controllo dell’errore: – insito nel materiale: grazie alle frecce il bambino può vedere chiaramente, al termine dell’esercizio, se ha commesso errori nel contare le barrette.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi – Scopo: – sperimentare il conteggio lineare dei numeri – migliorare la capacità di contare. Il contare è un’attività riposante e tende a diventare un’azione meccanica. Attraverso la ripetizione, il bambino assorbe i meccanismi di questi conteggi – esercitarsi con le numerazioni e quindi prepararsi alla moltiplicazione – memorizzare le tabelline (contando per 2, 3, 4, 5 ecc.) – preparazione indiretta al concetto di multiplo di un numero
Età: – dai 5 anni e mezzo ai 6 anni.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi – Note:
– non occorre mostrare al bambino tutte le catene. Dopo la presentazione di una catena, il bambino può lavorare in modo indipendente con qualsiasi catena – con questi esercizi il bambino sperimenta la differenza di quantità tra quadrato e cubo di un numero. Anche se non diamo il concetto di potenza e aumento esponenziale dei numeri, il conteggio delle perle permette di dimostrargli a livello sensoriale questa differenza tra cubo e quadrato di un numero, per la diversa lunghezza delle catene; – il materiale permette anche di fare l’esperienza sensoriale delle differenze di quantità tra i vari quadrati, i vari cubi e le varie catene tra loro. – se il bambino chiede cosa si intende per 6² o il 6³ basterà prendere il quadrato del sei e indicarli base a altezza del quadrato dicendo “Sei per sei” e poi “Prima, seconda” e poi “Sei per sei o sei alla seconda è il quadrato di 6”; poi prendere il cubo e indicare larghezza, altezza e profondità dicendo “Sei per sei per sei” e poi “Prima, seconda, terza”, e poi “Sei per sei per sei, o sei alla terza è il cubo di 6”.
Cubi e catene di perle colorate Montessori presentazioni ed esercizi
Quadrati e catene di perle colorate Montessori: presentazioni ed esercizi per bambini della scuola d’infanzia e primaria. Le perle fotografate nelle presentazioni sono di Montessori 3D di Boboto.
Tra i materiali presenti in una classe Montessori, lo scaffale delle perle colorate è uno dei più attraenti per i bambini, che ne apprezzano la bellezza, la semplicità e l’eleganza. Tutti i bambini aspirano ad utilizzarlo, ed i più piccoli, che ancora non sono pronti per l’attività, spesso guardano con stupore ed ammirazione i compagni più grandi impegnati negli esercizi con le perle colorate. Le perle organizzate nello scaffale sono bellissime ed i bambini più grandi, d’altra parte, attendono con ansia la loro disponibilità per iniziare a disporre e contare ogni catena.
Mentre l’adulto riconosce facilmente il valore concreto delle attività, conoscendo già i concetti di quadrato e cubo di un numero, per il bambino si tratta di un’esperienza diversa. Per ogni numero lo scaffale contiene catene corte, quadrati che corrispondono alle catene corte, catene lunghe e cubi che corrispondono alle catene lunghe.
L’uso del materiale permette il raggiungimento di diversi scopo diretti e indiretti; con i bambini più piccoli il primo scopo è quello di imparare a contare e accompagnare verso l’astrazione. La transizione verso l’astratto, cioè il passaggio dagli oggetti tangibili (le perle) ai soli numeri, richiede molta pratica, e lo scaffale delle perle colorate offre la possibilità di fare tantissimi esercizi interessanti.
Lavorando con questo materiale i bambini sono continuamente rassicurati dai loro progressi. Lavorando in modo indipendente, vedono la conferma che i numeri scritti corrispondono al numero di perle che possono contare fisicamente. Quando saranno pronti per farlo, lasceranno il materiale per risolvere problemi direttamente sulla carta.
Attraverso il loro impegno in questo lavoro che è protratto nel tempo e che richiede una grande quantità di spazio fisico, pazienza, concentrazione e determinazione, i bambini arrivano ad apprezzare il concetto di moltiplicazione ed a capire cosa significa quadrato di un numero e cubo di un numero. E’ un materiale che richiede al bambino abilità manuali, senso dell’ordine e tenacia, e quando arriva a fare l’associazione tra concreto ed astratto si può davvero vedere la gioia della scoperta nei suoi occhi.
Trovi una presentazione generale del materiale qui:
_________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 1 – scala di perle
Materiali: – numeri da 1 a 9 scritti su pezzetti di carta – un contenitore per i numeri – un contenitore per le perle – tappeto – vassoio – scala di perle. La scala di perle è formata da 9 barrette: – 1 rossa composta da 1 perla – 1 verde composta da 2 perle – 1 rosa composta da 3 perle – 1 gialla composta da 4 perle – 1 azzurra composta da 5 perle – 1 lilla composta da 6 perle – 1 bianca composta da 7 perle – 1 marrone composta da 8 perle – 1 blu composta da 9 perle. Se intendete realizzare il materiale in proprio, tenete presente che le perle devono essere sferiche e avere un diametro di 7-8 mm.
Questa attività aiuta il bambino ad associare le quantità da uno a 9 con le relative cifre. Introduce inoltre all’uso del materiale contenuto nello scaffale delle perle colorate (catene corte, quadrati, catene lunghe e cubi), ed alle addizioni, sottrazioni e moltiplicazioni con le perle colorate.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione: – portiamo il materiale sul tavolo o sul tappeto
– spargiamo le barrette sul tappeto:
– cerchiamo la barretta dell’1 e mettiamola lungo il margine inferiore del tappeto
– cerchiamo la barra del 2 e mettiamola sopra a quella dell’uno. Proseguiamo con le altre allo stesso modo
– poniamo i cartellini dei numeri in ordine sparso lungo il margine inferiore del tappeto, accanto al triangolo delle barrette colorate
– prendiamo la barretta dell’uno e mettiamola in alto a sinistra. Indichiamola e diciamo: “Questo è 1” – prendiamo il cartellino dell’uno e mettiamolo a destra della barretta. Indichiamolo e diciamo: “Questo è 1”
– presentiamo allo stesso modo le altre barrette e gli altri numeri, prendendoli in ordine crescente
Età: – dai 3 anni e mezzo ai 4 anni.
Prerequisiti: – il bambino deve saper contare fino a 10 – il bambino deve saper leggere i numeri da 1 a 10.
Controllo dell’errore: – il triangolo che si forma ponendo correttamente le perle colorate.
______________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 2
Materiali: – catene corte – quadrati dei numeri – frecce per contare.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di stendere un tappeto – andiamo allo scaffale delle perle colorate e scegliamo una catena. Per la prima presentazione di solito si usano quella del quattro o quella del sei – portiamo con grande cura la catena sul tappeto, tenendola con due mani per i due estremi, poi portiamo il quadrato e le frecce per contare – disponiamo la catena sul tappeto e mettiamo il quadrato più in alto
– con movimenti lenti ed accurati, partendo dalla prima barretta in alto, ripieghiamo la catena per formare un quadrato – sovrapponiamo il quadrato alla catena ripiegata – rimettiamo il quadrato il alto e distendiamo nuovamente la catena – mettiamo le frecce in ordine a destra della catena
– contiamo le perle, cominciando dalla prima in alto e mettendo le frecce corrispondenti – dopo aver posizionato l’ultima freccia, che indica il quadrato della catena, mettiamo il quadrato a destra della barretta corrispondente
– ripercorriamo la catena contando in sequenza dalla prima barretta all’ultima – arrivati all’ultima contiamo a ritroso per tornare alla prima.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Estensione dell’esercizio
– dopo aver completato la prima catena, portarne al tappeto una seconda e distenderla accanto alla prima, con il suo quadrato e le sue frecce – chiedere al bambino di contare anche la seconda catena
– al termine chiedere al bambino di individuare un certo numero in entrambe le catene (ad esempio il 12) – possiamo aggiungere altre catene allo stesso modo.
__________________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 3 – contare le catene corte (o catene dei quadrati)
Questa attività insegna al bambino a contare per raggruppamenti di numeri, quindi si tratta di un materiale utile a preparare per la moltiplicazione. Indirettamente prepara anche alla comprensione del concetto di quadrato dei numeri.
Materiali: – catena corta di un numero – quadrato dello stesso numero – frecce per contare la catena scelta – tappeto.
frecce per contare le perle colorate Montessori BIANCO E NERO
frecce per contare le perle colorate Montessori COLORE
Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione: – distendiamo la catena scelta sul tappeto orizzontalmente – mettiamo il quadrato accanto alla catena, a destra – mettiamo le frecce per contare a destra del quadrato, ordinate per colonne
– ripieghiamo la catena per formare il quadrato
– compariamo i due quadrati tra loro
– distendiamo nuovamente la catena, contiamo ed etichettiamo le perle con le frecce
______________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 4 – contare le catene corte (o catene dei quadrati)
Contare le catene di perle Montessori è un’attività molto più strutturata rispetto al classico esercizio di numerazione (per 2, 3, 5, ecc.) che si pratica normalmente nelle nostre scuole, perchè le catene di perle rappresentano esattamente il quadrato e il cubo del numero, dando così una visione complessa dell’insieme che viene prima percepita attraverso la manipolazione, ed evolve poi in concetti matematici astratti.
Materiale: – catene corte – frecce per contare le catene corte
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione: – scegliamo la catena del 3 e distendiamola sul tappeto. Mettiamo le frecce relative – indicando le relative barrette rileggiamo: “Tre, sei, nove”
– ripieghiamo la catena per formare il quadrato e diciamo: “Se ripieghiamo la catena così, otteniamo tre serie di tre, che è come dire 3 x 3 volte, che è come dire 3² cioè tre al quadrato. Sono sempre 9 perline” – proviamo con un numero maggiore, ad esempio con la catena del 6 – contiamo utilizzando le frecce, e dopo averlo fatto rileggiamo il conteggio: “Sei, dodici, diciotto, ventiquattro, trenta, trentasei”
– ripieghiamo la catena per formare il quadrato e diciamo: “Se ripieghiamo la catena così, otteniamo sei serie di sei, che è come dire 6 x 6 volte, che è come dire 6², cioè sei al quadrato. Sono sempre 36 perline”
– ripetiamo l’esercizio con tutte le catene:
______________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 5 – contare le catene corte (o catene dei quadrati)
Materiali: – catene corte – quadrati – frecce per contare – moduli da compilare. Il materiale pronto per la stampa e il download è a disposizione degli abbonati:
Presentazione: – scegliamo una catena, ad esempio quella del 7, e il relativo quadrato – distendiamo la catena sul tappeto e mettiamo più in alto il quadrato
– ripieghiamo la catena per formare il suo quadrato
– confrontiamo i due quadrati tra loro – distendiamo nuovamente la catena – mettiamo sul tappeto le frecce per contare, ordinate per colonne – contiamo una ad una le perle della prima barretta e mettiamo le frecce relative
– contiamo le rimanenti barrette sette a sette e mettiamo le frecce relative, spostando di volta in volta il quadrato
– quando la catena è completa ricontiamo le perle a sette e sette da 7 a 49 e da 49 a 7 e prendiamo il modulo da completare
– compiliamo il modulo
– apriamo il modulo per controllare il conteggio.
______________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 6 – contare le catene corte (o catene dei quadrati)
– il bambino conta tutte le catene dei quadrati contemporaneamente:
______________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 7 – contare le catene corte (o catene dei quadrati)
– il bambino costruisce la piramide dei quadrati e conta le catene
_____________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori Presentazione 8 forme geometriche con le catene corte
Materiale: – catene corte – tappeto. Oltre a familiarizzare con le catene corte dello scaffale, il bambino impara che c’è un collegamento tra i numeri e la geometria. Rinforza inoltre la nomenclatura relativa alle forme geometriche.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori Descrizione dell’attività: – mettiamo le catene corte sul tappeto – prendiamo la catena del tre e formiamo il triangolo – chiediamo al bambino di identificare la forma – proseguiamo in ordine con le altre catene, componendole in fila sul tappeto; possiamo anche chiedere al bambino di prevedere la forma successiva prima di comporla.
Invece di partire dal triangolo possiamo partire dall’uno (punto), poi il due (angolo) e poi il 3 (triangolo)
Quadrati e catene di perle colorate Montessori – Variante
– comporre le forme una nell’altra:
_____________________ Quadrati e catene di perle colorate Montessori
Età: – dai 4 anni e mezzo ai 5 anni.
Prerequisiti: – il bambino deve aver già lavorato con le tavole di Seguin, la tavola del 100, le catene del 100 e del 1000.
Controllo dell’errore: – insito nel materiale: grazie alle frecce il bambino può vedere chiaramente, al termine dell’esercizio, se ha commesso errori nel contare le barrette.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori – Scopo: – sperimentare il conteggio lineare dei numeri – migliorare la capacità di contare. Il contare è un’attività riposante e tende a diventare un’azione meccanica. Attraverso la ripetizione, il bambino assorbe i meccanismi di questi conteggi – esercitarsi con le numerazioni e quindi prepararsi alla moltiplicazione – memorizzare le tabelline (contando per 2, 3, 4, 5 ecc.) – preparazione indiretta al concetto di multiplo di un numero.
Quadrati e catene di perle colorate Montessori – Note: – non occorre mostrare al bambino tutte le catene. Dopo la presentazione di una catena, il bambino può lavorare in modo indipendente con qualsiasi catena – il materiale permette anche di fare l’esperienza sensoriale delle differenze di quantità tra i vari quadrati e le varie catene tra loro. – se il bambino chiede cosa si intende per 6² basterà prendere il quadrato del sei e indicarli base a altezza del quadrato dicendo “Sei per sei” e poi “Prima, seconda” e poi “Sei per sei o sei alla seconda è il quadrato di 6”; poi prendere il cubo e indicare larghezza, altezza e profondità dicendo “Sei per sei per sei” e poi “Prima, seconda, terza”, e poi “Sei per sei per sei, o sei alla terza è il cubo di 6”.
Lo scaffale delle perle colorate Montessori: presentazione generale. In questo materiale troviamo i numeri da 1 a 9. A questi si aggiunge il quadrato del 10, che i bambini hanno già incontrato col materiale del sistema decimale (perle dorate). Nello scaffale delle perle colorate avremo quindi 1 x 1 – 2 x 2 – 3 x 3 – 4 x 4 – 5 x 5 – 6 x 6 – 7 x 7 – 8 x 8 – 9 x 9 – 10 x 10.
Nelle presentazioni che seguono il materiale fotografato è di Montessori 3D di Boboto.
Oltre al quadrato, abbiamo anche per ogni numero la sua rappresentazione moltiplicata per tre volte, cioè il suo cubo. Avremo quindi le rappresentazioni di: 1 x 1 x 1 – 2 x 2 x 2 – 3 x 3 x 3 – 4 x 4 x 4 – 5 x 5 x 5 – 6 x 6 x 6 – 7 x 7 x 7 – 8 x 8 x 8 – 9 x 9 x 9 – 10 x 10 x 10.
I bambini hanno già incontrato il quadrato e il cubo del 10 col materiale delle perle dorate, dove hanno imparato a conoscere il quadrato formato da 10 x 10 = 100 e il cubo formato da 100 x 10 = 1000 perle:
Quadrato di un numero è il nome che usiamo per la seconda potenza e cubo quello per la terza potenza. I nomi (quadrato e cubo) e la forma che il materiale permette di mostrare anche a livello sensoriale permettono di considerare i numeri da un punto di vista geometrico.
Con questo materiale possiamo visualizzare ogni numero alla prima potenza:
elevato alla seconda potenza (quadrato):
ed elevato alla terza potenza (cubo):
Ogni numero, dalla prima alla terza potenza, ha lo stesso colore delle barrette di perle che i bambini usano anche per il Serpente per la ricerca del 10
Nello scaffale delle perle per ogni numero, da 1 a 10, abbiamo: – la barretta che lo rappresenta (prima potenza); – i quadrati del numero (seconda potenza), ripetuti il numero stesso, di modo che se sovrapposti possano formare il suo cubo – un cubo unito (terza potenza); – una catena fatta di tante perle quante sono quelle del quadrato – una catena corrispondente al cubo.
Questo materiale permette di studiare separatamente i numeri nella loro prima, seconda e terza potenza, e di svolgere numerosi esercizi che portano il bambino a fare comparazioni.
La rappresentazione in forma di quadrato permette la sovrapposizione dei diversi quadrati e tutta una serie di esercizi che rendono evidenti al bambino le relazioni numeriche e geometriche tra i quadrati stessi:
Confrontando i cubi rigidi e le catene lunghe i bambini posso vedere la grandissima differenza che c’è tra quadrato e cubo di un numero, la lunghezza del quadrato e del cubo e la loro progressione passando dalla catena di un numero e quella di un altro.
Confrontando poi quadrati e cubi il bambino fa l’esperienza sensoriale di come, sovrapponendo i quadrati, si sviluppa la terza dimensione. Per ogni numero abbiamo, come detto, il numero di quadrati che serve per formare il cubo, e questo permette la scomposizione del cubo stesso. Il bambino veder che il numero di perle che costituisce il cubo è uguale a quello del cubo formato sovrapponendo i quadrati dello stesso colore. Con la catena poi vede che il quadrato è formato da tante barrette quante sono quelle presenti nella catena.
Prendiamo ad esempio il numero 5. I tre numeri 5 x 5 x 5 rappresentano il numero delle perle che si possono contare nei tre spigoli uscenti da uno stesso vertice del cubo
La geometria acquista così un substrato numerico rendendo, nello stesso tempo, più chiaro il concetto del valore del cubo.
Se sovrapponiamo i dieci cubi uno all’altro, dal più grande al più piccolo, otteniamo una torre simile alla torre rosa, che i bambini hanno imparato a conoscere già nella Casa dei Bambini La cosa interessante è che le due torri si possono mettere in relazione tra loro. Questo permette di mettere in relazione un dato geometrico (la torre rosa) con un dato aritmetico (la torre di perle), perchè i cubi della Torre Rosa misurano da 1 cm³ a 10 cm³ e la torre di perle è formata da 1³ a 10³ perle:
E’ quindi possibile calcolare quanti cm² misura la faccia di ogni cubo della torre rosa: 10² = 100 / 9² = 100 / 8² = 100 / 7² = 100 / 6² = 100 / 5² = 100 / 4² = 100 / 3² = 100 / 2² = 100 / 1² = 100
Ed è anche possibile calcolare il volume di ogni cubo della torre rosa: 10³ = 100 / 9³ = 100 / 8³ = 100 / 7³ = 100 / 6³ = 100 / 5³ = 100 / 4³ = 100 / 3³ = 100 / 2³ = 100 / 1³ = 100.
Possiamo anche dire, quindi, che il cubo più grande della torre rosa è formato da 1000 dei cubi più piccoli. Il cubo più piccolo è, nella torre rosa, l’unità del sistema.
Tra le principali attività che i bambini possono svolgere con le catene (lunghe e corte) c’è quella del conteggio lineare, che consiste nel contare e numerare le perle a una a una o per raggruppamenti (tabelline):
Maria Montessori riporta così la sua esperienza: “Tali catene di perle dai colori così brillanti esercitano sui bambini un fascino straordinario, suscitando in essi un’attività instancabile di conteggio. Sono particolarmente interessati dalla catena del 1000, la più lunga: si vedono i bambini contare le perle a una a una fino alla fine. Siccome tale lavoro è faticoso e i bambini non possono portarlo a termine in una sola giornata, vi ritornano il giorno dopo, continuando l’operazione da dove l’avevano interrotta”.
Lo scaffale delle perle colorate Montessori
Le prime catene che i bambini contano (per 10) per iniziare sono quelle del 100 e del 1000. Infatti contare la catena del 100 e contare per gruppi la catena del 1000, ricorda al bambino le attività svolte con le perle dorate del sistema decimale:
Questo esercizio di conteggio per raggruppamenti di numeri diventa un esercizio di memorizzazione delle tabelline quando si lavora alle altre catene.
Esiste, in relazione alle catene, un materiale di piccole frecce di cartoncino dello stesso colore delle perle.
frecce per contare le perle colorate Montessori per stampante bianco/nero
frecce per contare le perle colorate Montessori (per stampante a colori)
Le frecce in genere si mettono accanto a ciascuna perla della prima barretta, e poi accanto alla perla che conclude ogni barretta.
Il fatto che le catene siano snodate, rende possibile ripiegarle in modo da formare un quadrato, o ottenere una serie di tanti quadrati quante sono quelle che occorrono a formare un cubo.
L’aumento di quantità che il bambino sperimenta contando per raggruppamenti fino al cubo di ogni numero, lo sostiene nella formazione del concetto astratto di “potenza” e di “multiplo” di un numero.
Lo scaffale delle perle colorate Montessori
La grande importanza di questo materiale sta nel fatto che permette al bambino di comprendere “la costruzione creata artificialmente dall’uomo attorno ai numeri”. I numeri infatti seguono una regola comune: l’obbedienza alla legge del gruppo. Ogni numero è formato da singole unità (il 4 è formato da quattro elementi), e quando gli elementi si organizzano in gruppo, obbediscono alle sue leggi. “In ogni gruppo (la linea rappresentata dalla barretta) è presente, in misura diversa, il cittadino comune che è l’unità, il gradino iniziale necessario alla formazione delle successive classi sociali. E il cittadino comune è l’espressione della potenza zero di ogni numero. Il secondo rango di nobiltà è dato dal ripetersi del bastoncino tante volte quante sono le unità del gruppo: la seconda potenza del 4 sarà il quadrato del 4. Il terzo rango risulta formato di 4 volte il secondo rango: otteniamo il cubo del 4, che è possibile con la dignità propria del re. Ma ci sono differenti nazioni, e quindi differenti re: è evidente che il re di un piccolo Stato è re allo stesso modo di quelli di nazioni più importanti. Infatti, la terza potenza è sempre un cubo. Nel primo caso la nazione è minuscola (l’unità è il re), nell’ultimo caso la nazione è grande (dieci). A qualsiasi nazione il re appartenga, deve comunque uniformarsi alla legge del paese, che è poi la legge del gruppo. E’ il primo rango di nobiltà ciò che caratterizza il gruppo e che dà, nel contempo, la legge. Cosicché tutte le potenze zero sono punti (perle sciolte), tutte le prime potenze sono linee (bastoncini), tutte le seconde potenze sono quadrati e infine tutte le terze potenze sono cubi. Questo ritmo nella successione geometrica è comune a tutti quanti i numeri.”
Un ulteriore collegamento visibile fra aritmetica e geometria si può realizzare costruendo forme geometriche con le catene. Per esempio, con la catena corta del 9 si costruiscono ennagono e triangoli regolari, con quella lunga del 6 si costruiscono sette poligoni regolari (di 36 lati, di 18 lati, dodecagono, ennagono, esagono, quadrato, triangolo). Queste esperienze, a livello più avanzato, si ricollegano allo studio dei multipli.
la catena del 1000 rappresenta la scomposizione lineare del cubo del 1000. Il cubo di 1000 perle può essere scomposto in dieci quadrati e ciascuno di essi in dieci bastoncini, ognuno di dieci perle. Lasciando questi uniti soltanto per le estremità, otterremo una catena lunghissima che ci darà l’impressione della quantità, il migliaio, più esatta di quella che ci viene fornita dal cubo. La catena del 1000 è formata da 10 catene del 100 legate tra loro attraverso un anello più grande.
Le perle fotografate nelle presentazioni sono di Montessori 3D di Boboto.
_______________ La catena del 1000 Montessori Presentazione 1
Materiale: – catena del 1000 – 1 cubo del 1000 – 10 quadrati del 100 – una lunga striscia di tessuto o carta. Quelle in commercio misurano 900 x 23 cm e costano circa 40 euro. Questa è di leaderjoyysa.com:
– un vassoio – frecce per contare la catena del 1000 contenute in una busta (verdi da 1 a 9, blu da 10 a 990, rosse da 100 a 900, verde per il 1000):
frecce per contare le catene del 100 e del 1000 bianco e nero
frecce per contare le catene del 100 e del 1000 colore
pdf qui:
La catena del 1000 Montessori – Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare il lunghissimo tappeto che avremo predisposto (possiamo anche preparare una lunga striscia di carta se non abbiamo il tappeto apposito) – andiamo allo scaffale delle perle e indichiamo il materiale dicendo: “Oggi lavoreremo con una catena ancora più lunga della catena del 100” – mostriamo al bambino come trasportare la catena , tenendola fra le dita di una mano in questo modo, col palmo rivolto verso l’alto. Mentre noi trasportiamo la catena, chiediamo al bambino di portare il vassoio con la busta delle frecce, i quadrati e il cubo
– posiamo la catena a zig zag sul tappeto e partendo da un estremo cominciamo a ripiegare la catena ogni 10 barrette, in modo da formare 10 quadrati identici dicendo al bambino: “Ora cercheremo di piegare questa lunghissima catena come abbiamo fatto con la catena del 100” – formiamo un quadrato alla volta, fino a ripiegare tutta la catena. Dopo aver formato il primo chiediamo al bambino: “Cosa abbiamo ottenuto?”. Un quadrato
– se il bambino lo desidera può naturalmente aiutarci a piegare la catena – compariamo i dieci quadrati che si sono formati con la catena con 10 quadrati del 100
– compariamo col bambino i dieci quadrati con i 10 quadrati che compongono il cubo del 1000 – chiediamo al bambino di distendere la catena, tirandola lentamente per l’estremità più lontana facendo percorrere alla catena tutta la lunghezza del tappeto – chiediamo al bambino di tornare da noi, apriamo la busta delle frecce e mettiamole in colonna sul vassoio, con la collaborazione del bambino. Mettiamo accanto alla catena, all’inizio del percorso, il vassoio con le frecce per contare
– contiamo le perle che compongono la prima barretta e contrassegniamo ogni perla con una freccia verde, da 1 a 9
– arrivati al 10 mettiamo la freccia blu del 10 – continuiamo a contare a 10 a 10 fino a 90 mettendo la freccia blu corrispondente sull’ultima perla della barretta
– arrivati al 100 usiamo la freccia rossa delle centinaia e mettiamo a lato della catena un quadrato di perle – proseguiamo così fino a 999. Accanto al 900 mettiamo un quadrato
– Arrivati al 1000 usiamo la freccia verde grande del 1000 e chiudiamo la catena col cubo
– torniamo all’inizio della catena e contiamo nuovamente aiutandoci con le frecce: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90 , 100, 200, 300, 400, 500, 600, 700, 800, 900, 1000 – possiamo contare così più volte, ed anche dal 1000 all’1: 1000, 900, 800, 700, 600, 500, 400, 300, 200, 100 … 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1.
_________________ La catena del 1000 Montessori Presentazione 2 (una variante)
Questa attività insegna al bambino a contare per gruppi, in preparazione alla moltiplicazione. Rappresenta inoltre un esercizio di preparazione indiretta allo studio del cubo dei numeri.
La catena del 1000 Montessori – Materiali: – catena del 1000 – 10 quadrati del 100 – un cubo del 1000 – frecce per contare la catena del 1000 – una lunga striscia di tessuto o di carta – vassoio.
La catena del 1000 Montessori – Presentazione: – mostriamo al bambino come trasportare la catena, tenendo i segmenti tra le dita
– mettiamo la catena sul tappeto ordinata per segmenti di 10 barrette
– portiamo accanto al tappeto un cubo del 1000, 10 quadrati del 100 e le frecce per contare la catena del 1000 – chiediamo a un bambino di tenere fermo un capo della catena, prendiamo il capo opposto e facciamo strisciare la catena lungo il tappeto per distenderla completamente in tutta la sua lunghezza – ripieghiamo nuovamente la catena, ma questa volta formando 10 gruppi di 10 barrette in questo modo:
– compariamo i 10 quadrati che abbiamo formato con la catena con i 10 quadrati del 100 e col cubo del 1000
– distendiamo nuovamente la catena e organizziamo le frecce per contare in colonne per unità, decine, centinaia, migliaia – contiamo le unità della prima barretta da 1 a 9 con le frecce verdi – dal 10 al 90 usiamo le frecce blu – al 100 usiamo la freccia rossa e poniamo accanto alla barretta corrispondente un quadrato del 100
– proseguiamo così dal 110 al 990 usando le frecce blu e rosse
– arrivati al 1000 usiamo la freccia verde e poniamo accanto alla barretta il cubo del 1000
___________________ La catena del 1000 Montessori Presentazione 3
La catena del 1000 Montessori – Materiali: – catena del 1000 – un cubo del 1000 e 10 quadrati del 100 – frecce per contare la catena del 1000.
La catena del 1000 Montessori – Presentazione: – portiamo la catena sul tappeto e distendiamola in tutta la sua lunghezza, enfatizzandola coi bambini – mettiamo i 10 quadrati del 100 accanto alla catena – mettiamo il cubo del 1000 a destra dei dieci quadrati – con movimenti lenti ed accurati raggruppiamo le prime dieci barrette della catena a formare un quadrato – sovrapponiamo un quadrato del 100 alle barrette raggruppate – ripetiamo con tutte le barrette che formano la catena del 1000 – mettiamo i quadrati del 100 che abbiamo usato per la comparazione a parte e indicando i quadrati: “Quanti quadrati abbiamo?” – prendiamo i quadrati uno ad uno e contiamoli sovrapponendoli uno all’altro; arrivati al nono affianchiamoli al cubo del 1000, mettiamo il 10 quadrato e diciamo: “Dieci quadrati sono uguali a un cubo” – distendiamo la catena del 1000 in tutta la sua lunghezza – mettiamo le frecce per contare in ordine su un tappetino o un vassoio accanto alla catena del 1000 distesa – contiamo le perle della prima barretta una ad una, utilizzando le frecce verdi fino al 9 – al 10 usiamo la freccia blu del 10
– proseguiamo dal 10 al 90 con le frecce blu
– al 100 usiamo la freccia rossa del 100 e mettiamo accanto alla barretta un quadrato del 100 – proseguiamo così fino al 990, usando le frecce blu e rosse – arrivati al 1000 usiamo la freccia verde del 1000 e mettiamo accanto alla barretta il cubo del 1000
– torniamo all’inizio della catena e ripercorriamola contando da 10 a 1000 – arrivati al mille torniamo al punto di partenza contando da 1000 a 10.
Dopo l’esercizio possiamo proseguire in questi modi: – nominiamo al bambino una data quantità, ad esempio 549 e chiediamo di indicarci la perla del 549 lungo la catena – puntiamo con l’indice o con una bacchetta una perla lungo la catena e chiediamo al bambino di dirci quale quantità rappresenta.
_______________________ La catena del 1000 Montessori Presentazione 4
Dopo aver lavorato separatamente prima con la catena del 100 e poi con la catena del 1000, possiamo presentare i due materiali insieme.
La catena del 1000 Montessori – Materiali: – catena del 100 e frecce per contare la catena del 100 – catena del 1000 e frecce per contare la catena del 1000.
Presentazione: – procediamo a contare le perle della catena del 100 utilizzando le frecce verdi, blu e la freccia rossa del 100 – distendiamo a fianco della catena del 100 quella del 1000, parallelamente, e utilizzando le frecce verdi, blu, rosse e la freccia verde del 1000 contiamo le perle – dopo aver completato il conteggio delle perle delle due catene, compariamole tra loro permettendo al bambino di fare le proprie osservazioni.
____________________________________ La catena del 1000 Montessori
Età: dai 5 anni.
Controllo dell’errore: le frecce per contare.
Punti di interesse: – la lunghezza della catena – i diversi colori delle frecce.
Età: dai 4 anni e mezzo ai 5 anni.
La catena del 1000 Montessori – Scopo: – comprendere il valore relativo di 1, 10, 100 e 1000 in forma lineare (prima ha lavorato solo col materiale del sistema decimale) – esercitarsi nel contare – imparare a contare per gruppi di numeri e non uno ad uno – sviluppare le abilità necessarie all’apprendimento della moltiplicazione – imparare i numeri da 1 a 1000 e da 1000 a 1 – imparare a contare da 1 a 1000 e da 1000 a 1 dieci a dieci, o anche cento a cento – visualizzare la differenza di quantità tra 100 e 1000, comparando le due catene. Quando le catene del 100 e del 1000 vengono disposte parallele l’una all’altra, si mostra al bambino, a livello sensoriale, l’aumento esponenziale tra 10² e 10³ – contare è un’attività riposante e tende a diventare meccanica. Attraverso la ripetizione, il bambino interiorizza il meccanismo – preparare indirettamente allo studio delle potenze
La catena del 1000 Montessori – Controllo dell’errore – poiché le etichette devono essere posizionate alla fine di ciascuna barretta, il bambino percepisce facilmente se ha commesso un errore nel conteggio – se mentre conta, il bambino ci chiama in aiuto perchè manca una freccia, possiamo rispondergli che possiamo fargliene una nuova, ma prima bisognerà ricontrollare il conteggio. Se si scopre che la freccia mancante è stata messa per errore accanto a una barretta, possiamo dire che siamo contenti di averla ritrovata, perchè per rifare una freccia ci vuole molto lavoro. In questo modo evitiamo di correggere il bambino dicendogli dall’esterno che ha sbagliato.
La catena del 1000 Montessori Note: – è importante permettere al bambino di disporre la catena del 1000 per tutta la sua lunghezza per dare l’impressione di linearità – in mancanza di spazio o se il bambino desidera ripetere l’esercizio dopo averglielo già presentato in assetto lineare, possiamo scegliere di disporre la catena a spirale:
la catena del 100 mostra ai bambini la scomposizione lineare del quadrato del 10. L’esercizio, che consiste nel contare per gruppi di perle, è una preparazione alla moltiplicazione e allo studio del quadrato dei numeri.
Le perle usate nelle presentazioni sono di Montessori 3D di Boboto.
_____________________ La catena del 100 Montessori Presentazione 1
La catena del 100 Montessori Materiali: – catena del 100 – quadrato del 100 – tappeto – frecce per contare la catena del 100 in una busta – vassoio.
La catena del 100 Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare il tappeto lungo – andiamo allo scaffale delle perle colorate, indichiamo la catena del 100 e diciamo: “Oggi lavoreremo insieme con la catena del 100” – portiamo la catena sul tappeto tenendola con due mani per le due estremità – chiediamo al bambino di portare il vassoio col quadrato del 100 e la busta delle frecce – posiamo la catena sul tappeto quindi distendiamola in tutta la sua lunghezza – mettiamo sul tappeto le frecce per contare, con l’aiuto del bambino, raggruppate in unità, decine e centinaia
– lentamente raccogliamo la catena del 100 per formare un quadrato e chiediamo al bambino: “Lo riconosci? Sembra il quadrato del 100 – mettiamo accanto alla catena del 100 piegata il quadrato del 100
– compariamo i due quadrati, di modo che il bambino possa verificare che si tratta dello stesso numero di perle
– distendiamo di nuovo la catena e cominciamo a contare le perle, aggiungendo le frecce
– per la prima barretta contiamo le perle una ad una mettendo una freccia per ogni perla
– dopo continuiamo a contare a gruppi di 10, mettendo una sola freccia sull’ultima perla della barretta.
– diciamo: “Oggi abbiamo contato fino a 100!” – togliamo le frecce verdi e leggiamo le frecce da 10 a 100 e da 100 a 10, più volte – giriamo sul rovescio le frecce blu. Chiediamo al bambino di contare a 10 a 10 e di girare ogni volta che ha nominato un numero la freccia blu – al termine dell’esercizio riponiamo le frecce nella busta, mettiamo quadrato e busta sul vassoio e riportiamo il materiale allo scaffale; prendiamo la catena del 100 tenendola con due mani per le estremità e riportiamola allo scaffale.
_______________________ La catena del 100 Montessori Presentazione 2
La catena del 100 Montessori Materiali: – catena del 100 – quadrato del 100 – tappeto – frecce per contare la catena del 100 (verdi piccole per le unità da 1 a 9, blu medie per le decine da 10 a 90 e una rossa grande per il 100). Puoi stamparle (insieme a quelle che servono per la catena del 1000) qui:
frecce per contare le catene del 100 e del 1000 bianco e nero
frecce per contare le catene del 100 e del 1000 colore
pdf qui:
La catena del 100 Montessori Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio e chiediamogli di srotolare il tappeto lungo – andiamo allo scaffale delle perle colorate, indichiamo la catena del 100 e diciamo: “Oggi lavoreremo insieme con la catena del 100” – portiamo la catena sul tappeto tenendola con due mani per le due estremità – chiediamo al bambino di portare il vassoio col quadrato del 100 e la busta delle frecce – posiamo la catena sul tappeto quindi distendiamola in tutta la sua lunghezza – mettiamo il quadrato del 100 accanto alla catena, a destra
– con movimenti lenti ed accurati componiamo la catena in modo da formare un secondo quadrato
– col bambino confrontiamo i due quadrati tra loro
– indichiamo il quadrato del 100 e chiediamo: “Quante perle ci sono in questo quadrato?”. Cento. “Quante decine ci sono in questo quadrato?”. Dieci.
– indichiamo il quadrato formato dalla catena del 100 ripiegato e chiediamo: “Quante perle ci sono in questa catena?”. Cento. “Quante decine ci sono in questa catena?”. Dieci.
– diciamo: “La catena e il quadrato sono esattamente uguali” – distendiamo nuovamente la catena – mettiamo le frecce per contare a sinistra della catena, ordinate in colonna per unità, decine e centinaia
– cominciamo a contare le perle, iniziando dall’alto e mettendo la freccia appropriata accanto alle perle della prima barretta. Fino al 9 le frecce saranno verdi
– al 10 posizioneremo la prima freccia blu
– il conteggio delle perle può procedere contandole una ad una oppure contandole 10 a 10
– dopo aver contato le perle, una ad una o dieci a dieci, mettiamo la freccia rossa del 100 accanto all’ultima perla della catena. Diciamo: ” “Abbiamo appena contato fino a 100.”
– dopo aver contato facciamo scorrere il dito e ripetiamo i numeri dal 10 al 100 – chiediamo al bambino: “Quante perle ci sono in questa catena?”. Il bambino risponderà che ce ne sono 100 – indichiamo il quadrato e diciamo: “Quante perle ci sono in questo quadrato?”. Il bambino risponderà che ce ne sono cento – diciamo un numero al bambino, ad esempio: “64!” e chiediamogli di indicarcelo lungo la catena
– indichiamo una perla lungo la catena e chiediamo al bambino di dirci a che numero corrisponde.
– per stimolare la curiosità e la capacità di osservazione dei bambini potremmo chiedere, ad esempio: “Se invece di fare una catena di 100 perle avessimo fatto una catena con 100 arance, sarebbe uguale?”. No, sarebbe più lunga perchè le arance occupano più spazio delle perle – togliamo tutte le frecce e mettiamole in ordine sparso sul tappeto, poi diamone una al bambino e chiediamogli di contare 10 a 10 per mettere la freccia al suo posto – togliamo la catena del 100 e chiediamo al bambino di mettere le frecce in ordine dall’1 al 100 – per preparare alla moltiplicazione, con i bambini più grandi, possiamo scrivere coi bambini i cartellini dell’operazione da mettere accanto ad ogni decina (10×1= 20×2= ecc.)
– al termine dell’esercizio riponiamo le frecce nella busta, mettiamo quadrato e busta sul vassoio e riportiamo il materiale allo scaffale; prendiamo la catena del 100 tenendola con due mani per le estremità e riportiamola allo scaffale.
______________________ La catena del 100 Montessori
Scopo: – avere la visione lineare del centinaio – imparare i numeri da 1 a 100 – imparare a contare i numeri 10 per 10 – memorizzare la numerazione del 10 da 1 a 100 e da 100 a 1 – consolidare la capacità di contare – avere una visione lineare della sequenza dei numeri, dopo aver lavorato col sistema decimale – contare è un’attività riposante e tende a diventare meccanica. Attraverso la ripetizione, il bambino interiorizza il meccanismo del contare.
Controllo di errore – le frecce per contare.
Età: – dai 5 anni ai 5 anni e mezzo.
Nota: – se il bambino non desidera utilizzare le frecce mentre conta la catena, significa che non ne ha bisogno.
Aste numeriche Montessori – Esercizi con i cartelli dei numeri e le aste. Ciò che rende davvero interessanti le Aste numeriche Montessori, non è soltanto la possibilità di contare, ma anche la possibilità di riconoscere le relazioni che intercorrono fra le differenti quantità, e per questo è importante, ad un certo punto, unire alle Aste numeriche Montessori la conoscenza dei numeri.
le cifre smerigliate servono ad imparare i simboli numerici. Il bambino tocca ripetutamente le cifre ruvide muovendo due dita unite (indice e medio) nel senso della scrittura e dicendone il nome a voce alta, ed in questo modo memorizza la forma della cifra scritta in relazione al suo numero. Oltre a questo, l’esercizio ha anche il vantaggio di esercitare la mano a riprodurre il segno, in preparazione della scrittura.
Insieme alle Aste numeriche Montessori e alle cifre smerigliate, ci sono anche i cartelli dei numeri da 1 a 10. Puoi stamparli qui:
E’ importante notare che con questo materiale i bambini hanno la possibilità di appaiare una quantità rappresentata da un unico oggetto (l’asta) con un numero che ne è l’unico segno. Questo rende chiaro ed evidente alla mente del bambino l’associazione fra simbolo numerico e quantità. Il bambino dovrà semplicemente mettere il numero accanto all’asta corrispondente (come mostrato negli esercizi che seguono) per memorizzarne rapidamente la relazione tra quantità e segno.
Le Aste numeriche Montessori permettono si svolgere svariate attività di composizione, scomposizione e confronto di quantità purché si resti all’interno della decina, cioè non si superi mai la lunghezza dell’asta più lunga. Questa è una nota importante, perchè come dice Maria Montessori “in questa fase potrebbe generare nel bambino complicazioni più che progressi“.
Un esercizio che piace molto ai bambini, è quello di ricercare due aste che unite fra loro possano formare la lunghezza di un’asta più lunga. Ad esempio l’asta del 4 con l’asta del 3 formano la stessa lunghezza dell’asta del 7 (4+3=7). Quando poi separiamo l’asta del 4 da quella del tre abbiamo 7-3=4 oppure 7-4=3. Possiamo dire, quindi, che uniamo tra loro due aste, in realtà stiamo eseguendo un’addizione, come ogni volta che separiamo due aste stiamo eseguendo una sottrazione.
Uno dei primi esercizi con le aste numeriche che presentiamo ai bambini consiste nel formare tutte le composizioni che danno 10, unendo prima l’asta dell’1 a quella del 9,
poi l’asta del 2 a quella dell’8,
poi l’asta del 3 a quella del 7 e infine l’asta del 4 con quella del 6 (cioè 9+1=10, 8+2=10, 7+3=10 e 6+4=10). E’ chiaro che questo esercizio ci mette di fronte a un limite perchè con le aste non possiamo ottenere che queste quattro combinazioni, e al termine dell’esercizio avanzeranno sul tappeto l’asta del 10 e l’asta del 5. :e quella del 5.
Come Maria Montessori spiega nel suo trattato di Psicoaritmetica, l’uso di queste aste è molto interessante, non solo per i bambini. Una delle caratteristiche essenziali e comuni a gran parte del materiale Montessori consiste infatti nella sua polivalenza, che si manifesta sotto due aspetti: da un lato questo significa che un materiale (ad esempio le aste numeriche) ha un suo scopo primario, ma può essere ripreso a livelli diversi dal bambino stesso; d’altro canto lo stesso materiale può essere oggetto di considerazioni superiori da parte dell’adulto (non necessariamente con formazione montessoriana). Sotto questo secondo aspetto, nelle aste numeriche possiamo notate che raggruppando le aste in modo che esse formino tutte la lunghezza 10, abbiamo 5 aste che misurano 10 e avanza un’asta che misura 5, abbiamo cioè:
10 x 5 + 5 = 55
E’ un procedimento davvero interessante per calcolare la somma di tutte le unità contenute nella serie: moltiplicare il numero maggiore per la sua metà, poi aggiungervi detta metà.
In termini algebrici, chiamando n un numero qualunque, la somma delle unità contenute nei numeri compresi tra 1 e n sarà:
Infatti, in una serie di numeri che aumentano di uno in uno, si possono comporre gruppi tutti uguali al maggiore con lo stesso procedimento che abbiamo usato con le aste numeriche, cioè collocando l’uno accanto al penultimo, il due accanto al terzultimo, il tre al quartultimo, ecc…
Lo stesso concetto può essere espresso anche dicendo “la somma della serie naturale dei numeri interi è uguale alla semisomma fra il quadrato dell’ultimo numero e l’ultimo numero”
oppure dicendo “la somma della serie naturale dei numeri interi è uguale al prodotto della metà dell’ultimo numero aumentato di 1”:
Le due formule risultano uguali.
Questo esercizio, che è possibile dimostrare coi bambini più grandi, sempre utilizzando le aste numeriche, è denominato SOMME DA PROGRESSIONI ARITMETICHE (vedi qui).
Questo esercizio, che consiste nel formare con due aste tutte le combinazioni del dieci, ricorda il compito assegnato dal maestro al piccolo Karl Friedrich Gauss: addizionare tutti i numeri interi da 1 a 100. Egli raggiunse il risultato applicando il metodo analitico: 100, 1+ 99, 2+ 98, 3+ 97, 4+ 96, ecc., fino a 49+51 (otterremo la somma 100 per 49 volte), 50. Quindi: 100 + (100×49) + 50 = 5050 che è la somma dei primi cento numeri interi.
Tutto questo dimostra come sia indispensabile servirsi di materiali semplici ed esatti, grazie ai quali l’intelligenza può svilupparsi e giungere a nuove scoperte.
Nella loro apparente semplicità le aste presentano inoltre il sistema decimale e il sistema metrico decimale insieme, perchè l’asta del 10 misura 1 metro in lunghezza e ogni segmento misura 1 decimetro. “Questi particolari non sono ancora accessibili al bambino, eppure già si trovano nel materiale. Con lo sviluppo mentale e le acquisizioni culturali il bambino saprà poi scoprire e utilizzare ciò che nella prima infanzia è passato inosservato”.
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Aste numeriche Montessori Esercizi con le aste numeriche – Materiale
Materiale: – aste numeriche montessoriane – cartelli dei numeri da 1 a 10, oppure cifre smerigliate da 1 a 10 – un grande tappeto (Maria Montessori consigliava il verde).
Aste numeriche Montessori – Scopo delle attività proposte: – associare i numeri da 1 a 10 alle relative quantità – vedere le cifre da 1 a 10 in sequenza.
Età: – da 3 anni in poi.
______________________ Aste numeriche Montessori – Esercizio 1
Questo è un esercizio che può essere presentato a un gruppo di 3 o 4 bambini insieme. – disponiamo sul tappeto le aste numeriche sul pavimento, parallele tra di loro e col rosso sempre a sinistra, ma non in ordine di grandezza – disponiamo sul tappeto i cartelli dei numeri o le cifre smerigliate non in ordine di grandezza, ma in file e dal verso giusto – raccogliamo un’asta, per esempio il “sei”, mostriamola ai bambini e chiediamo: “Chi sa quanto vale questa?” – se un bambino risponde “Sei”, diremo: “Sì, puoi contare per vedere se è proprio il sei?” – quando il bambino ha contato i segmenti, chiediamo ai bambini: “Chi mi può trovare il numero 6?”, e quando uno dei bambini ha trovato il numero tra i cartelli che si trovano sul tappeto e ce lo ha indicato, prendiamo il numero e mostrando l’asta diciamo: “Si tratta del sei”, poi mostriamo il numero e diciamo“Questo è il nostro modo di scrivere 6, e adesso possiamo metterli insieme” – quindi poniamo il cartello del numero sul sesto segmento dell’asta – l’esercizio continua in questo modo finché ogni asta con il suo cartello non si troverà sul tappeto.
_________________ Aste numeriche Montessori Esercizio 2
Questo esercizio può essere presentato il giorno successivo al primo esercizio. – mostriamo il cartello di un numero (o la cifra smerigliata) – i bambini devono trovare la quantità corrispondente, scegliendo l’asta numerica giusta – poi asta e numero vengono posti sul tappeto.
________________ Aste numeriche Montessori Esercizio 3
Questo è un esercizio individuale. – si dispongono sul tappeto , in alto, le aste numeriche non in sequenza, e i cartelli dei numeri in basso a destra – chiediamo al bambino di trovare l’asta del numero 1, il bambino ce la porge e noi la mette sul tappeto in basso a sinistra – poi chiediamo al bambino di trovare anche il cartello del numero 1, il bambino ce la porge e noi gli mostriamo come appoggiarla all’asta – passiamo quindi al 2, al 3 ecc… rispettando l’ordine crescente della numerazione. E’ importante mostrare bene come posizionare le aste sul tappeto (col segmento rosso sempre a sinistra e ben allineate), e come mettere i cartelli dei numeri (sempre sull’ultimo segmento di ogni asta) – quando il bambino ha compreso l’esercizio, può essere lasciato da solo per continuarlo – quando l’esercizio è terminato, i numeri scritti appaiono in sequenza corretta da sinistra a destra:
____________________________________ Aste numeriche Montessori Esercizio 4
Questo esercizio aiuta i bambini ad associare quantità e numeri. Al termine dell’esercizio, avremo le aste numeriche sistemate in ordine sparso sul tappeto, e ognuna sarà associata ad una carta posizionata alla propria destra. Le aste non si toccheranno l’una con l’altra. Bisogna notare che la carta del numero 10 è più larga delle carte dei numeri formati da una sola cifra: -invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio, – il bambino srotola il tappeto sul pavimento e noi portiamo al tappeto i cartelli dei numeri e li mostriamo al bambino, facendogli notare che il cartello del numero 10 è più largo degli altri – chiediamo al bambino di andare a prendere dallo scaffale l’asta numerica più lunga della serie – il bambino la porta e la posiziona sul tappeto con la parte rossa a sinistra – abbiniamo il cartello più lungo all’asta più lunga – consegniamo al bambino un cartello preso a caso e chiediamogli di andare allo scaffale a prendere l’asta numerica corrispondente. Prima che vada allo scaffale, chiediamogli di identificare il numero sulla carta – quando il bambino ritorna, chiediamogli: “Che asta hai preso?” e invitiamolo a contare i segmenti dell’asta che ha scelto
– se il bambino ha commesso un errore, contando i segmenti se ne renderà conto da solo, e andrà allo scaffale a prendere l’asta giusta, quindi di nuovo l’insegnante gli chiederà che asta ha preso, e il bambino di nuovo conterà i segmenti dell’asta scelta, – a questo punto l’asta verrà messa sul tappeto
– e chiederemo al bambino di posizionare il cartello del numero sull’ultimo segmento a destra dell’asta in questione – consegniamo al bambino un po’ di altre carte dei numeri, e il bambino proseguirà da solo l’esercizio.
______________________________________ Aste numeriche Montessori Esercizio 5
In questo esercizio i bambini prima leggono il numero, poi contano i segmenti.
– mettiamo tutte le aste numeriche su un tappeto, e tutti i cartelli dei numeri su un altro – invitiamo due o tre bambini e mostriamo ad ogni bambino una carta, mettendola poi sul tappeto – ogni bambino va a prendere l’asta corrispondente al proprio cartello – chiediamo ad ogni bambino: “Che cosa hai portato per il tuo cartello?”. Ogni bambino dice il numero e poi conta i segmenti dell’asta scelta, – ogni bambino posiziona sul tappeto la sua asta e il cartello relativo.
Nota: si può anche provare, in alternativa a questo esercizio, a partire dando ad ogni bambino un’asta e chiedendo di trovare la carta corrispondente. In questo caso, il bambino prima conterà i segmenti, poi leggerà il numero.
_____________ Aste numeriche Montessori Esercizio 6
Lo scopo di questo esercizio è che il bambino posizioni le aste sul tappeto in ordine crescente e quindi posizioni le carte corrispondenti sull’ultimo segmento a destra di ogni asta. Questo esercizio è molto importante, perchè ci assicura che il bambino ha davvero compreso i concetti di quantità e il valore delle cifre scritte.
– invitiamo il bambino a posizionare sul tappeto le aste numeriche in ordine crescente
– consegniamogli un cartello preso a caso e chiediamogli di metterlo sull’ultimo segmento a destra dell’asta corrispondente
– consegniamo poi tutte i cartelli rimanenti e il bambino prosegue da solo l’esercizio.
________________ Aste numeriche Montessori Esercizio 7
– disponiamo sul pavimento tre tappeti in linea orizzontale: nel tappeto a sinistra mettiamo le aste numeriche in ordine crescente; lasciamo libero il tappeto centrale; mettiamo i cartelli dei numeri sul tappeto a destra. – diamo al bambino un cartello (o un’asta) e chiediamo di prendere l’asta (o il cartello) che gli corrisponde.
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Aste numeriche Montessori – Scopo: – mettere in relazione simboli e quantità – introdurre la sequenza dei simboli – preparare all’addizione, alla sottrazione e alla moltiplicazione – fare esperienze con la sequenza di numeri da 1 a 10 – imparare a misurare per unità più piccola – dare al bambino un’impressione sensoriale delle quantità – imparare a nominare in successione le quantità – introduzione alla misurazione e al sistema decimale
Aste numeriche Montessori – Varianti: – mettere le aste su un secondo tappeto lontano da quello in cui si trova quello con i cartelli e chiedere al bambino di portarci l’asta corrispondente a un dato numero – indicare un’asta e chiedere al bambino di portarci l’asta più piccola di uno (sottrazione) o più grande di uno (addizione).
Aste numeriche Montessori – Controllo dell’errore – controllo visuale: le bande di colore – la lunghezza delle aste – il numero di bande.
Età: – dai 4 anni in poi, dopo aver presentato le cifre smerigliate.
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Trovi qui gli esercizi preliminari con le aste numeriche:
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Per le presentazioni che seguono ho fotografato il materiale prodotto da Montessori 3D di Boboto.
Per poter lavorare con la tavola forata della divisione i bambini devono avere una solida conoscenza dei meccanismi dell’addizione, della sottrazione e della moltiplicazione, perchè la divisione è un’operazione che ha in sé tutte le altre. E’ soprattutto importante che il bambino sappia lavorare con sicurezza con la tavola per la memorizzazione della moltiplicazione.
Trovi tutto il materiale stampabile pronto: – moduli della divisione versione 1 – moduli della divisione versione 2 – cartellini delle divisioni da svolgere – tabella di controllo I della divisione qui:
Gli esercizi collettivi ed i giochi organizzati con le perle dorate danno al bambino una prima rappresentazione materiale della funzione della divisione. Queste attività introduttive vengono poi sostituite con esercizi paralleli svolti con un altro tipo di materiale. Questo materiale si presta all’attività individuale e prepara all’esecuzione dell’operazione scritta. Si tratta di: – memorizzazione della divisione: 1. attività con la Tavola Forata 2. le tavole della Divisione – divisione di grandi numeri: 1. struttura dell’operazione (tavole di distribuzione, borsa del quoziente) 2. la grande divisione col divisore di una cifra: (analisi della distribuzione e esecuzione col materiale) – la grande divisione col divisore di due o più cifre – la prova della divisione – calcolo e scrittura della divisione.
Nella pratica della scuola, la divisione coi numeri interi viene esaminata a diversi livelli: – sistema decimale: funzione della divisione per partizione: dividendo di più cifre e divisore di una o più cifre (gioco del decurione, ecc…) – gioco dei francobolli: passaggio all’astrazione ed esecuzione dell’operazione, tanto della divisione per partizione quanto della divisione per contenenza; dividendo di più cifre e divisore di una o più cifre; anche divisore con la presenza della cifra zero (203, 230) – memorizzazione: conoscenza delle combinazioni necessarie e sufficienti; massimo dividendo è 81 e massimo divisore è 9 – divisione col materiale gerarchico: ulteriore passaggio all’astrazione; dividendo di più cifre e divisore di una cifra (piccola divisione o divisione corta) o di più cifre (grande divisione o divisione lunga).
Le divisioni di piccoli numeri (numeri compresi tra 1 e 81) per una cifra (divisore compreso nel limite delle 9 unità semplici), costituiscono il primo degli esercizi paralleli della divisione, accessibile anche ai bambini piccoli.
Per la prima presentazione si usa una tavola forata simile alla Tavola della Moltiplicazione, ma munita di 81 fori invece di 100 (la massima divisione da memorizzare è 81:9=9). Abbiamo inoltre 81 perle verdi (per il dividendo) e una serie di 9 birillini verdi (per il divisore).
La tavola è accompagnata dai Moduli della Divisione, dei foglietti che portano il titolo “Divisione”, e che sono suddivisi in quattro colonne corrispondenti a dividendo, divisore, quoziente e resto. Orizzontalmente il modulo è suddiviso in nove righe: tante quante il numero massimo di divisioni possibili dove il dividendo è nel limite di 81 e divisore e quoziente non superano il 9.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Moduli della Divisione versione 1
Una seconda versione di questi moduli prevede nella seconda colonna l’elenco in ordine decrescente di tutti i divisori possibili (da 9 a 1).
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Moduli della Divisione versione 2
La differenza tra le due versioni di moduli risiede nel fatto che con la prima il bambino costruisce le divisioni e si arresta su quella il cui quoziente sarà maggiore di 9. Con la seconda il bambino compila le parti mancanti solamene di quelle divisioni il cui quoziente non supera il 9, mentre cancella quelle che non sono utilizzabili per il suo lavoro.
Ogni bambino dispone di 81 moduli, raccolti in una busta o rilegati in forma di libretto.
Si comincia prendendo in considerazione le 81 perle verdi nella loro scatola e i 9 birillini che si dispongono lungo la striscia verde che in alto limita la tavola. Spiegheremo ai bambini che ogni birillo deve ricevere la stessa quantità di perle.
L’operazione inizia assegnando una perla a ciascun birillo e, conclusa una prima distribuzione, si continuerà fino all’esaurimento del dividendo.
Poi si conta il numero delle righe di 9 perle ciascuna che si sono potute organizzare: ce lo indicherà anche il corrispondente numero, scritto sulla colonna a sinistra della tavola.
Il bambino, sul modulo, sotto la parola dividendo scriverà 81, sotto la parola divisore 9, sotto quoziente ancora 9 e sotto resto 0. I termini dell’operazione, ogni volta che ci si imbatte in una divisione esatta, vengono evidenziati sottolineandoli con un colore brillante.
Dopo aver dato al bambino l’indicazione che nessun quoziente e nessun divisore possono essere maggiori di 9, e che nessun resto può essere maggiore o uguale al divisore. Così, dopo aver completato la tavola, il bambino si accerta che con 81 perle non può organizzare nessun’altra divisione.
Rimuoviamo una perla, riducendo il dividendo a 80, e ripetiamo la distribuzione.
Il bambino calcola che 80:9 è uguale a 8, ma gli rimangono 8 perle. Scrive sul modulo. A questo punto rimuove un birillino, riducendo così a 8 il divisore.
Ripetendo la distribuzione scopre che, nonostante abbia dato 9 perle ad ognuno degli 8 birillini, gliene rimangono ancora 8, che è una quantità di perle uguale al divisore. Per questo non si può, con 80 perle, procedere oltre.
L’esercizio riprende, rimuovendo una perla (ora sono 79), ma ricollocando al suo posto il nono birillino. E così via.
Il procedimento seguito si può così riassumere: – partendo da un dividendo di 81 perle, suddividerlo successivamente per tutti i divisori possibili da 9 a 1, al fine di ottenere quozienti non superiori a 9 – poi, togliere una perla e suddividere il nuovo dividendo come sopra – procedere così togliendo sempre una perla e suddividendo tutti i nuovi dividendi per tutti i divisori da 9 a 1.
A conclusione dell’esplorazione, il bambino avrà organizzato moltissime divisioni, delle quali è necessario memorizzare soltanto quelle esatte (che saranno in totale 81).
Ogni volta il bambino scrive sui moduli come già spiegato, ma tenendo presente che per ogni nuovo dividendo si usa un nuovo modulo.
Sempre riguardo ai moduli, usando quelli presentati come seconda versione si hanno tre casi: – il modulo risulta riempito completamente: col dividendo 9 ed è l’unico caso (da 9:9 a 9:1) – il modulo risulta riempito soltanto nella parte superiore: cioè là dove i divisori sono alti; per esempio col dividendo 56 (da 56:9 a 56:6) – il modulo risulta riempito soltanto nella parte inferiore: cioè là dove i divisori sono bassi; per esempio col dividendo 5 (da 5:5 a 5:1)
Usando invece i moduli nella prima versione, il bambino, per ogni dividendo, prende in considerazione soltanto i possibili divisori. E, per questo, è la versione di moduli che si preferisce utilizzare.
Tutti gli altri esercizi che derivano da questa presentazione si sviluppano su punti di coscienza successivi da porre all’attenzione del bambino: – dalle sole divisioni esatte o complete, alla divisione come operazione inversa della moltiplicazione – dai divisori possibili di un numero fino al concetto di divisibilità.
L’età per questo genere di attività si situa intorno ai 6 anni.
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Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Presentazione 1 – eseguire divisioni con la tavola forata
Materiali: – tavola forata per la memorizzazione della divisione – una ciotola – cartellini delle divisioni da svolgere (o cartellini bianchi e penna nera) in una scatolina – tavolo o tappeto.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione cartellini delle divisioni da svolgere
Presentazione: – invitiamo il bambino ad unirsi a noi nell’esercizio dicendo: “Oggi ti mostrerò un nuovo modo per fare le divisioni” e chiediamogli di srotolare un tappeto – andiamo allo scaffale della matematica, indichiamo il materiale e diciamo: “Questa è la tavola forata della divisione” – portiamo il materiale al tappeto – mettiamo la tavola al centro del piano di lavoro ed esaminiamola col bambino – indichiamo i fori lungo il margine superiore che servono per i birilli e che ci indicano il divisore – indichiamo i fori più piccoli sulla tavola, dove metteremo le perle che indicano il dividendo – scegliamo una divisione tra i cartellini delle divisioni pronte, oppure scriviamola su un cartellino bianco
– diciamo al bambino che per questo esercizio abbiamo due regole: il risultato non può essere più grande di 9, e il resto non può essere uguale o più grande del divisore – contiamo le perle verdi che rappresentano il dividendo e mettiamole in una ciotola – mettiamo i birilli che rappresentano il divisore lungo il margine superiore della tavola
– distribuiamo le perle procedendo sempre da sinistra a destra sotto ai birilli
– poi distribuiamo la seconda fila di perle
– e continuiamo in questo modo finché tutte le perle non saranno distribuite equamente sotto ad ogni birillo
– chiediamo: “Quante perle ha ricevuto ogni birillo?” – il bambino risponde e registra l’operazione e il risultato sul quaderno
– chiediamo al bambino di prendere una nuova divisione da svolgere e di leggerla a voce alta – ripetiamo il processo – al termine chiediamo al bambino se gli piacerebbe fare una divisione da solo, quindi prendiamo una divisione da svolgere e leggiamola a voce alta – il bambino completa il processo.
Note: – per i primi esercizi è meglio scegliere divisioni senza resto.
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Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Presentazione 2 – moduli per la divisione
Materiale: – tavola forata per la divisione – moduli per la divisione sciolti o rilegati in forma di libretto – tavolo o tappeto – una ciotola.
Presentazione: – esaminiamo col bambino i moduli. Indichiamo l’intestazione, su cui è scritta la parola ‘divisione’ e le intestazioni delle quattro colonne: dividendo, divisore, quoziente, resto – prendiamo un modulo e scriviamo come intestazione 81 – chiediamo al bambino di contare 81 perle e di metterle nella ciotola – diciamo al bambino che vogliamo distribuire le 81 perle tra 9 birilli – ricordiamo le due regole della tavola forata: il risultato non può essere più grande di 9, e il resto non può essere uguale o più grande del divisore – mettiamo i 9 birilli lungo il margine superiore della tavola – scriviamo sul modulo la prima divisione, cioè 81 (dividendo) 9 (divisore) – distribuiamo le 81 perle sulla tavola procedendo sempre da sinistra a destra per completare le file e scendendo poi alla fila successiva – indichiamo la tavola: distribuendo 81 perle tra 9 birilli, ogni birillo ha ricevuto 9 perle – scriviamo 9 nella colonna quoziente e rileggiamo per intero l’operazione che abbiamo scritto sul modulo – la ciotola delle perle è vuota: questo significa che il resto è 0, quindi scriviamo 0 sul modulo – diciamo al bambino che le divisioni senza resto sono le più importanti di tutte, e che per ricordarle possiamo sottolineare sul modulo
– togliamo le 81 perle dalla tavola e rimettiamole nella ciotola – diciamo al bambino che ora proveremo a distribuire le 81 perle tra 8 birilli invece che 9, quindi togliamo un birillo dalla tavola – ricordiamo le due regole della tavola forata: il risultato non può essere più grande di 9, e il resto non può essere uguale o più grande del divisore – distribuiamo le perle tra gli otto birilli, come abbiamo già fatto nella divisione precedente
– contiamo le perle avanzate nella ciotola: sono 9! Siccome 9 supera il divisore, che è 8, e siccome non abbiamo spazio sulla tavola per queste perle avanzate, non possiamo eseguire questa divisione con la tavola – rimettiamo le 81 perle nella ciotola e proviamo a dividerle per 7, poi ripetiamo anche dividendole per 6 e se il bambino lo desidera per gli altri numeri inferiori – osserviamo coi bambini che il resto diventa sempre più grande se il dividendo diventa sempre più piccolo – per questo motivo sul modulo dell’81 possiamo scrivere soltanto 81:9=9, resto 0 – liberiamo la tavola, prendiamo un nuovo modulo e scriviamo nell’intestazione 80 – contiamo 80 perle e mettiamole nella ciotola – diciamo al bambino che vogliamo distribuire le 80 perle tra 9 birilli – ricordiamo le due regole della tavola forata: il risultato non può essere più grande di 9, e il resto non può essere uguale o più grande del divisore – mettiamo i 9 birilli lungo il margine superiore della tavola – scriviamo sul modulo la prima divisione, cioè 80 (dividendo) 9 (divisore) – distribuiamo le 80 perle sulla tavola procedendo sempre da sinistra a destra per completare le file e scendendo poi alla fila successiva – indichiamo la tavola: distribuendo 80 perle tra 9 birilli, ogni birillo ha ricevuto 8 perle – scriviamo 8 nella colonna quoziente e rileggiamo per intero l’operazione che abbiamo scritto sul modulo – la ciotola delle perle ne contiene 8: questo significa che il resto è 8, quindi scriviamo 8 sul modulo – anche con l’80 non possiamo continuare oltre il 9 perchè il resto supererebbe il 9 – liberiamo la tavola, prendiamo un nuovo modulo e scriviamo nell’intestazione 79 – contiamo 79 perle e mettiamole nella ciotola – diciamo al bambino che vogliamo distribuire le 79 perle tra 9 birilli – ricordiamo le due regole della tavola forata: il risultato non può essere più grande di 9, e il resto non può essere uguale o più grande del divisore – mettiamo i 9 birilli lungo il margine superiore della tavola – scriviamo sul modulo la prima divisione, cioè 79 (dividendo) 9 (divisore) – distribuiamo le 79 perle sulla tavola procedendo sempre da sinistra a destra per completare le file e scendendo poi alla fila successiva – indichiamo la tavola: distribuendo 79 perle tra 9 birilli, ogni birillo ha ricevuto 8 perle – scriviamo 8 nella colonna quoziente e rileggiamo per intero l’operazione che abbiamo scritto sul modulo – la ciotola delle perle ne contiene 7: questo significa che il resto è 7, quindi scriviamo 7 sul modulo – anche col 79 non possiamo continuare oltre il 9 perchè il resto supererebbe il 9
Note: – dopo aver dato queste indicazioni, il bambino continua a lavorare col materiale e gli altri dividendi, registrando sempre il suo lavoro e sottolineando sempre le divisioni senza resto – non è necessario che lavori con tutti i dividendi, ciò che importa è che comprenda il procedimento – se il bambino non lo ha notato da solo, dopo aver svolto un certo numero di esercizi con i moduli possiamo attirare la sua attenzione sui rapporti tra dividendo, divisore e quoziente, ad esempio: 12 : 4 = 3 e 12 : 3 = 4.
_______________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione Presentazione 3 – tavola di controllo della divisione
Materiale: – tavola forata per la divisione – cartellini delle divisioni da svolgere – tabella di controllo I della divisione.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione tabella di controllo I della divisione
Presentazione: – scegliamo una divisione, – copiamo la divisione sul quaderno
– stabiliamo il dividendo contando le perle verdi e mettendole nella ciotola – stabiliamo il divisore mettendo sulla tavola i birilli verdi corrispondenti
– distribuiamo il dividendo – registriamo il numero di perle assegnate a ogni birillo (quoziente)
– controlliamo il risultato sulla tavola di controllo
– togliamo i birilli e le perle – scegliamo un’altra divisione – eseguiamola come fatto con la prima – controlliamo sulla tavola di controllo il risultato.
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Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Esercizi con la tavola forata della divisione
Scopo: – memorizzare le divisioni – acquisire familiarità con i modi in cui i numeri possono essere divisi – dimostrare che ogni numero è divisibile e solo per alcuni numeri – mostrare la relazione tra moltiplicazione e divisione – fare esperienze concrete con la divisione utilizzando come divisore massimo il 9 – sperimentare a livello sensoriale la relazione inversa tra divisione e moltiplicazione.
Controllo dell’errore: – i birilli e i fori per le perle possono fungere da controllo dell’errore – la tavola di controllo – la tavola I della divisione.
Età: – dai 5 e mezzo agli 8 anni.
________________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
DIY
Questo è un esempio di tavola stampabile usata con i Lego:
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della divisione
Cesto dei solidi geometrici Montessori: presentazioni ed esercizi per bambini del nido e della scuola d’infanzia.
Con la cesta dei solidi geometrici si introducono nuovi vocaboli, incoraggiando al contempo l’esplorazione tattile e l’esperienza pratica.
Cesto dei solidi geometrici Montessori comprende dieci forme: – cubo: ogni lato misura 6 cm – sfera: diametro di 6 cm – cono: il diametro della base è 6 cm e l’altezza 10 cm – cilindro: il diametro della base è 6 cm e l’altezza 10 cm – parallelepipedo (prisma a base rettangolare) i lati misurano cm 10 e cm 6 – prisma a base triangolare: i lati delle basi misurano 6 cm e le altezze 10 cm – ovoidale: asse maggiore 10 cm e minore 6 cm – ellissoide: asse maggiore 10 cm e minore 6 cm – piramide a base quadrata: i lati della base misurano cm 6 e l’altezza è 10 cm – piramide a base triangolare: i lati della base misurano cm 6 e l’altezza è 10 cm.
Coi bambini più piccoli si possono tra queste selezionare sette solidi soltanto: cubo, cilindro, prisma a base triangolare, prisma a base rettangolare, piramide a base quadrata, piramide a base triangolare e cono.
“Il grande piacere che i bambini provano nel riconoscimento degli oggetti per mezzo del tocco della loro forma, corrisponde per sé stesso ad un esercizio sensoriale. Molti psicologi hanno parlato del senso stereognostico, cioè della capacità di riconoscere forme per il movimento dei muscoli della mano, che segue i contorni degli oggetti solidi. Questo senso non consiste nel solo senso del tocco, perché la sensazione tattile è soltanto quella per la quale noi percepiamo differenze in qualità di superfici (ruvido o liscio). Le percezioni di forma vengono dalla combinazione di due sensazioni, tattile e muscolare, cioè da sensazioni di movimento… quello che noi chiamiamo nei ciechi senso tattile, è in realtà, molto spesso, il senso stereognostico; cioè, essi percepiscono per mezzo delle loro mani le forme dei corpi. E’ la speciale sensibilità muscolare del bambino da tre a sei anni di età, quella che forma la sua propria attività muscolare, che stimola in lui l’uso del senso stereognostico. Quando il bambino spontaneamente si benda gli occhi per riconoscere i diversi oggetti, come gli incastri solidi e piani, egli esercita questo senso. Vi sono molti esercizi che il bambino può fare ad occhi chiusi. Nel materiale di sviluppo vi sono anche solidi geometrici dipinti in turchino chiaro. La maniera più divertente per insegnare al bambino a riconoscere queste forme, è di fargliele palpare ad occhi chiusi, invitandolo a indovinare il loro nome: questo sarà insegnato con apposite lezioni in tre tempi. Dopo un esercizio di tal genere il bambino, quando ha gli occhi aperti, osserva le forme con un interesse più vivo. Un’altra maniera di interessarlo ai solidi geometrici, è di farli muovere. La sfera rotola in tutte le direzioni; il cilindro rotola in una sola direzione; il cono rotola intorno a se stesso; il prisma e la piramide, in qualunque maniera, poggiano stabilmente ma il prisma cade più facilmente che non la piramide. Basterà un accenno per far rilevare delle analogie nell’ambiente. Come l’analogia del cilindro con una colonna, della sfera colla testa umana, ecc., e si resterà stupiti della capacità che hanno i bambini nel trovare da sé simili analogie”. Maria Montessori – Manuale di pedagogia scientifica.
_______________________ Cesto dei solidi geometrici Montessori Presentazione 1 – lezione in tre tempi per imparare i nomi dei solidi geometrici
Materiale: – dieci solidi geometrici in un cesto rivestito di stoffa o allineati su un vassoio (con i bambini più piccoli meglio usare 7 solidi e non 10) – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi, ad esempio dicendo: “Ti piacerebbe stare un po’ con me per imparare delle parole nuove?” e chiediamogli di srotolare il tappeto – andiamo allo scaffale del materiale sensoriale e diciamo: “Oggi lavoreremo con i solidi geometrici”. Mostriamo al bambino dove si trova il materiale sullo scaffale e chiediamogli di ripetere con noi “Solidi geometrici”. Chiediamo: “Mi passeresti i solidi geometrici?”. Il bambino ce li porge, e noi gli mostriamo come trasportarli e posarli sul tappeto. – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo e chiediamo: “Come si chiama questo materiale?”. Il bambino risponde che si tratta dei solidi geometrici – scegliamo tre solidi e mettiamoli al centro del piano di lavoro, quindi procediamo con la lezione in tre tempi per impararne i nomi
– primo tempo. Nel primo tempo isoliamo i vocaboli (cubo, sfera, cilindro). Per l’associazione della sensazione col nome diciamo: “Questa è una sfera… vuoi ripetere la parola sfera?”. Prendiamo in mano la sfera, facciamola roteare tra le mani, accarezziamola con la punta delle dita, poi diamola al bambino perchè anche lui possa sentirla, ripetendo se serve la parola “sfera”. Seguiamo la stessa procedura con altre due forme
– secondo tempo: per il riconoscimento dell’oggetto in base al nome, chiediamo al bambino di compiere azioni con la forma che nominiamo, ad esempio dicendo: “Indicami il cilindro”, “Per favore metti la sfera qui?”, “Per favore metti il cubo al centro del tavolo”, “Passami il cilindro”, “Fai rotolare la sfera” ecc. Quando il bambino risponde in modo corretto e con sicurezza si passa al terzo tempo. Il secondo tempo della lezione è quello più delicato perchè ci permette di osservare se il bambino ha davvero compreso; è inoltre la fase più divertente per il bambino, perchè possiamo anche chiedergli di fare cose buffe con gli oggetti che gli stiamo presentando. Se il bambino non è in grado di identificare l’oggetto, si dovrebbe tornare, per quell’oggetto, ai primo tempo
– terzo tempo: per verbalizzare il nome corrispondente all’oggetto mettiamo i solidi uno alla volta davanti al bambino e chiediamo per ognuno: “Cos’è questo?”
– per variare il terzo tempo della lezione possiamo anche fare il gioco del “cosa manca?”. Dopo aver messo i tre solidi in fila sul piano di lavoro
– copriamo uno dei tre solidi con un fazzoletto
-e chiediamo: “Quale solido è scomparso?” – a questo punto possiamo dire: “Adesso conosci i nomi di tre dei solidi geometrici: cilindro, sfera e cubo” e possiamo ringraziare il bambino per aver lavorato con noi – in un altro momento della giornata o un altro giorno procederemo allo stesso modo con gli altri solidi.
Età: – dai 3 ai 4 anni.
Nota: se il bambino non si mostra interessato alla lezione, significa semplicemente che non è il momento giusto, e che dovrà essere presentata in un altro momento. Se la lezione non è riuscita i motivi possono essere vari: forse quel giorno il bambino è particolarmente distratto, oppure ha bisogno che sia ridotto il numero di solidi da presentare, o forse la nostra lezione è stata troppo lunga. Questo genere di lezioni in tre tempi possono essere faticose per i bambini, e per questo dovrebbero durare davvero pochi minuti.
________________________ Cesto dei solidi geometrici Montessori Presentazione ad occhi bendati
Materiale: – dieci solidi geometrici in un cesto rivestito di stoffa o allineati su un vassoio – benda per occhi – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con i solidi geometrici – trasportiamo il materiale sul piano di lavoro, tenendo il cesto con due mani – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – mettiamo i solidi sul piano di lavoro
– il bambino mette la benda e toccando i solidi li identifica.
Varianti: – mentre il bambino è bendato, possiamo chiedergli di trovare un particolare solido che nominiamo – invece di bendare il bambino possiamo scegliere tre o quattro solidi e metterli in un cestino separato coperto con un telo. Il bambino raggiunge i solidi con la mano, infilandola sotto al telo, e uno alla volta li riconosce al tatto. Quando riconosce un solido, lo estrae dal cesto per verificare il suo lavoro.
Una variante di gruppo: – un gruppo di bambini siede attorno al tappeto tenendo le mani dietro alla schiena – passiamo dietro di loro e mettiamo un solido tra le mani di ogni bambino – fermiamoci davanti al tappeto e chiediamo, ad esempio: “Chi ha la sfera?” – il bambino che pensa di avere la sfera la mette sul tappeto e il gioco continua.
Età: – dai 3 ai 4 anni.
________________________ Cesto dei solidi geometrici Montessori Presentazione 2 – borsa del mistero (mistery bag)
Materiale: – sette solidi geometrici (per il nido) e dieci solidi geometrici (per la scuola d’infanzia) – borsa in tessuto – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi con i solidi geometrici – trasportiamo il materiale sul piano di lavoro, tenendo il cesto con due mani – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – mettiamo i solidi (tutti o un certo numero) all’interno della borsa in tessuto
– il bambino identificherà i solidi toccandoli all’interno della borsa.
Varianti: – chiediamo al bambino di trovare all’interno della borsa un certo solido – due bambini giocano insieme: un bambino chiede un certo solido e l’altro lo trova senza usare la vista.
Età: – dai 2 ai 4 anni.
________________________ Cesto dei solidi geometrici Montessori Presentazione 3 – cercare somiglianze tra i solidi
Materiale: – solidi geometrici (con i bambini più piccoli meglio usare 7 solidi e non 10) – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi dicendo: “Oggi faremo un nuovo esercizio coi solidi geometrici” e chiediamogli di srotolare il tappeto – andiamo allo scaffale dei materiali sensoriali, il bambino individua il cesto dei solidi geometrici e lo porta al tappeto – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo, prendiamo una ad una le forme e mettiamole sul piano di lavoro formando una fila orizzontale lungo il margine superiore, da sinistra a destra. Per la prima serie di sovrapposizioni escludiamo sfera, ovoidale ed ellissoide, di modo che le forme da sovrapporre tra loro siano 7 – scegliamo, ad esempio, il cubo – mentre con l’indice percorriamo i lati della faccia superiore del cubo diciamo: “Riesci a trovare un altro solido che si adatti esattamente a questo faccia del cubo?” – chiediamo al bambino di sovrapporre il secondo solido al primo (ad esempio cubo e piramide a base quadrata) – isoliamo un altro solido e chiediamo al bambino fare un altro abbinamento (ad esempio cilindro e cono)
– il bambino fa abbinamenti tra le facce uguali dei solidi, ad esempio ponendo il cono sul cilindro, la piramide sul cubo, ecc.
– lavorando con i 10 solidi, escludendo sfera ellissoide ed ovoidale, avremo un numero dispari di forme da accoppiare, così formando le coppie avanzerà sempre un solido che resterà solo – fatti i primi 3 abbinamenti, prendiamo il solido rimasto solo, dividiamo tutte le coppie fatte, e ricominciamo prendendo per primo il solido rimasto solo – dopo questi primi accostamenti, possiamo inserire le tre forme con superficie curva sovrapponendole alle facce piane degli altri solidi – discutiamo coi bambini, attirando la loro attenzione sul fatto che alcuni solidi possono essere sovrapposti perchè hanno facce uguali, i solidi sovrapposti creano altre forme che possono assomigliare ad oggetti, i solidi che hanno solo superfici curve poggiano su un solo punto, non possiamo sovrapporre due solidi curvilinei, ecc.
Punti di interesse: – sovrapporre i solidi con movimenti intenzionale – c’è sempre un solido che rimane da solo.
Età: – dai 2 ai 4 anni.
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Cesto dei solidi geometrici Montessori Presentazione 4 – sperimentare il movimento dei solidi
Materiale: – il cesto dei solidi geometrici (a seconda dell’età del bambino possiamo selezionare un numero inferiore di forme) – tappeto o tavolo
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con i solidi geometrici dicendo: “Oggi faremo insieme un nuovo esercizio coi solidi geometrici” – portiamo il materiale sul piano di lavoro, tenendo il cesto con due mani – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – diciamo: “Oggi esploreremo i solidi geometrici e vedremo come si muovono” – esploriamo i solidi facendoli roteare tra le mani. Poi posiamoli sul tappeto formando una fila orizzontale lungo il margine superiore, da sinistra a destra – scegliamo, ad esempio, il cubo
– facciamo roteare il cubo tra le mani
– mettiamo il cubo sul piano di lavoro e spingiamolo delicatamente per farlo ribaltare sul tavolo – scegliamo un altro solido e procediamo come abbiamo fatto col cubo – discutiamo coi bambini, facendo notare che quando facciamo muovere i solidi spingendoli il cubo, i prismi e le piramidi non ruotano; il cilindro, la sfera ruota in avanti; il cono compie un percorso circolare; l’ellissoide e l’ovoide compiono un movimento sbilanciato.
Variante con la lavagna di sabbia – dopo aver rimesso i solidi in ordine sul tavolo, uno accanto all’altro in riga orizzontale, prendiamo la lavagna di sabbia e mettiamola davanti a noi – prendiamo un solido e facciamolo rotolare sulla lavagna per osservare la traccia che lascia
– creiamo l’impronta delle varie facce di un solido sulla lavagna
Conclusione: – chiediamo al bambino di suddividere i solidi in base a come si muovono, formando 2 gruppi: quelli che rotolano e quelli che non rotolano.
Possiamo anche preparare dei fogli di lavoro simili a questo (in inglese) :
Il bambino può associare oggetti della vita reale con le rispettive forme geometriche. E’ importante fare il possibile per aiutare il bambino ad acquisire consapevolezza rispetto alle forme geometriche degli oggetti che lo circondano nel suo ambiente. Possiamo anche invitare i bambini a portare a scuola oggetti che corrispondano alla forma dei solidi geometrici della cesta.
Materiale: – dieci solidi geometrici in un cesto rivestito di stoffa o allineati su un vassoio – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi con i solidi geometrici – trasportiamo il materiale sul piano di lavoro, tenendo il cesto con due mani – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – mettiamo i solidi sul piano di lavoro – chiediamo al bambino di prendere un solido e di andare in giro per la stanza alla ricerca di un oggetto che abbia la stessa forma – quando l’ha trovato, il bambino tornerà e metterà l’oggetto sul piano di lavoro accanto al solido corrispondente.
Varianti: – in seguito il bambino può procedere ad abbinare solidi e oggetti senza portare con sé il solido scelto – quando il bambino è pronto possiamo chiedere di portarci un oggetto corrispondente ad un solido che verrà solo nominato – possiamo predisporre un cesto pieno di oggetti da abbinare, senza che il bambino vada a cercarli per la stanza – possiamo anche fotografare oggetti corrispondenti alle forme dei solidi e preparare delle carte illustrate (foto di miescuelitamontessori.blogspot.it). Qui della carte pronte (da acquistare)
Età: – dai 3 ai 4 anni.
________________________ Solidi geometrici Montessori Presentazione 6 – abbinare i solidi alla rappresentazione piana delle facce
Materiale: – dieci solidi geometrici in un cesto rivestito di stoffa o allineati su un vassoio – rappresentazioni piane delle facce dei solidi – tappeto o tavolo.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con i solidi geometrici – trasportiamo il materiale sul piano di lavoro, tenendo il cesto con due mani – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – mettiamo i solidi sul piano di lavoro formando una riga orizzontale – mettiamo le rappresentazioni piane delle facce dei solidi sul piano di lavoro formando una riga orizzontale sotto ai solidi
– scegliamo tre tavolette, allineiamole davanti al bambino e chiediamogli di trovare i solidi che si possono sovrapporre alla rappresentazione piana – continuiamo così con tutte le tavolette – invitiamo i bambini ad osservare i solidi dall’alto
– discutiamo coi bambini: quanti solidi si possono abbinare alla stessa tavoletta? Perché?
Età: – dai 3 ai 4 anni.
________________________ Solidi geometrici Montessori Presentazione 7 – abbinare i solidi con le loro facce scuola d’infanzia
Materiale: – i 10 solidi geometrici disposti su un vassoio – forme di legno (o carte) che rappresentano le facce dei solidi: cerchi, quadrati, rettangoli e triangoli
pdf qui:
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi i solidi geometrici e le facce – posiamo i solidi sul piano di lavoro in linea orizzontale da sinistra a destra e le facce che abbiamo preparato – diciamo: “Oggi abbineremo le figure geometriche stampate con le facce dei solidi” – scegliamo la prima carta e facciamola scorrere tra i solidi, procedendo da sinistra a destra, fino a trovare una faccia corrispondente
– mettiamo la carta davanti al solido. Prendiamo il solido e posiamolo sulla carta corrispondente, osserviamo la corrispondenza e quindi rimettiamo il solido al suo posto – continuiamo con le rimanenti carte
– quando tutte le carte sono state abbinate ai solidi, discutiamo coi bambini somiglianze e differenze che questo lavoro ci ha permesso di evidenziare
Età: – dai 3 ai 5 anni.
________________________ Solidi geometrici Montessori Presentazione 8 – nomenclatura per le parti dei solidi
Materiale: – dieci solidi geometrici in un cesto rivestito di stoffa o allineati su un vassoio – tappeto o tavolo – foglio di lavoro per l’osservazione dei solidi geometrici.
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi i solidi geometrici – posiamo il cesto sul tappeto o sul tavolo – osserviamo i solidi uno ad uno contandone spigoli, facce ed angoli
________________________ Solidi geometrici Montessori Presentazione 9 – abbinare i solidi con i cartellini dei nomi
Materiale: – i 10 solidi geometrici disposti su un vassoio – cartellini dei nomi per i solidi geometrici: faccia, vertice, spigolo, angolo, base, cerchio, quadrato, triangolo, rettangolo
Presentazione: – invitiamo il bambino a lavorare con noi con i solidi geometrici – posiamo i solidi sul piano di lavoro in linea orizzontale da sinistra a destra e mettiamo la scatola dei cartellini a sinistra – diciamo: “Oggi abbineremo i cartellini ai solidi” – prendiamo il primo gruppo di cartellini che recano ad esempio la scritta ‘base’
– posizioniamo un cartellino in corrispondenza della base di ogni solido – continuiamo allo stesso modo con i rimanenti cartellini:
Età: – dai 5 ai 7 anni.
________________________ Solidi geometrici Montessori Presentazione 10 – carte delle nomenclature in 3 parti per bambini dai 3 ai 6 anni
pdf qui:
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Solidi geometrici Montessori Presentazione 11 – cartellini dei comandi
Per i bambini che sanno leggere, e proprio per esercitare la lettura in modo vario, possiamo preparare dei cartellini dei comandi per lavorare con i solidi geometrici. Questi comandi li aiuteranno a lavorare coi solidi in modo indipendente ad una grande varietà di esercizi. I comandi possono essere proposti anche ai bambini che ancora non sanno leggere, sia chiedendo al bambino di scegliere un cartellino e leggendoglielo a voce alta, sia mettendo il bambino che non sa leggere in un gruppo di bambini che lo sanno fare, per eseguire i comandi insieme. Questi sono i miei comandi:
Nomenclatura: – i nomi dei solidi – base, lato, spigolo, vertice, angolo, ecc.
Punti di interesse: – i vari movimenti che i solidi compiono mentre rotolano – il diverso numero di facce, spigoli, angoli presenti nei diversi solidi
Scopo: – favorire l’esplorazione tattile – affinare il senso stereognostico – introdurre nuove parole e arricchire il vocabolario – intuire alcune delle proprietà dei solidi – sviluppare la capacità di percezione visiva delle forme tridimensionali – rendere consapevole il bambino delle forme geometriche solide che lo circondano – sviluppare la capacità di trovare somiglianze e differenze tra le forme geometriche confrontandole tra loro – preparare allo studio della geometria – migliorare la capacità di concentrazione e coordinazione.
Controllo dell’errore: – disarmonia percepita col senso stereognostico e visivo.
Estensioni ed altre idee: – possiamo chiedere ai bambini di modellare i solidi geometrici con creta o altre paste da modellare – possiamo proporre ai bambini più grandi i modelli dei solidi geometrici da costruire col cartoncino – ho trovato moltissime altre idee in questa pagina di Pinterest.
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Solidi geometrici DIY
– realizzati con pasta di sale (e poi dipinti in blu):
– possiamo realizzare i modelli dei solidi in cartoncino blu; in questo sito trovate tutti i modelli di poliedro in formato pdf pronti per la stampa: paper models of polyedra. I modelli possono essere utili anche per chi possiede i solidi geometrici in legno, per creare attività parallele sia coi più piccoli, sia nella scuola primaria
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria. Lo scopo di questo materiale è la memorizzazione del risultato di tutte le combinazioni ottenute ripetendo i numeri da 1 a 9, da una a 9 volte. L’esercizio è così semplice che si può proporre a bambini fra i 5 anni e mezzo e i 6 anni.
Si tratta di una tavoletta quadrata con 100 incavi (100 = 10 x 10), in ciascuno dei quali si può collocare una perla. In alto, come intestazione delle colonne verticali di incavi, sono stampati i numeri da 1 a 10. Nella parte sinistra della tavoletta, in posizione mediana, si trova un incavo nel quale è possibile inserire un cartoncino su cui è stampato in rosso uno dei numeri da 1 a 10. Questo cartoncino, che riveste il ruolo di moltiplicando, è intercambiabile. Nell’angolo in alto a sinistra c’è un grande incavo circolare, che serve ad alloggiare un gettone rosso che va collocato sui numeri che rappresentano le volte; questo gettone cambierà continuamente posto, seguendo la tabellina in azione. Completa il materiale una scatolina contenente 100 perle sciolte.
Tutto il materiale stampabile presente in questo articolo: – moduli della moltiplicazione – Tavola I della moltiplicazione – cartellini delle moltiplicazioni da svolgere – cartellini delle addizioni per la tavola forata della moltiplicazione – moduli per la ricerca dei fattori – cartellini dei prodotti è disponibile per gli abbonati, pronto per la stampa, qui:
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
L’esercizio, come descritto da Maria Montessori, è molto semplice: supponiamo di voler moltiplicare il 6 per la serie dei numeri da 1 a 10. Avremo: 6 x 1, 6 x 2, 6 x 3, 6 x 4, 6 x 5, 6 x 6, 6 x 7, 6 x 8, 6 x 9, 6 x 10: – inseriamo nella casella di sinistra il cartoncino col numero 6 – per moltiplicare 6 per 1, prima di tutto collochiamo il gettone rosso sul numero 1 che contrassegna la prima colonna di incavi – poi si dispongono 6 perle nei primi 6 incavi verticali della colonna dell’1 – per moltiplicare 6 x 2 spostiamo il gettone al di sopra del 2, prendiamo altre 6 perle e incolonniamole al di sotto del 2 – Per moltiplicare 6 x 3 spostiamo il gettone al di sopra del 3, prendiamo altre 6 perle e incolonniamole al di sotto del 3 – proseguiamo così fino a raggiungere 6 x 10.
Lo spostamento del gettone ha lo scopo di indicare volta per volta il nuovo moltiplicatore, e richiede al bambino un’attenzione sempre attiva e la massima esattezza di esecuzione. Mentre il bambino esegue questo esercizio, scrive i prodotti su apposite schede o “moduli della moltiplicazione”:
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
moduli della moltiplicazione
Durante l’esercizio con la tavola forata il bambino dovrà scrivere sui moduli soltanto i prodotti che ha ottenuto aggregando le perle a gruppi di 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10.
Maria Montessori consiglia di preparare ogni modulo in dieci copie, di modo che il bambino possa ripetere l’esercizio dieci volte per ogni tabellina. La ripetizione di uno stesso esercizio porterà il bambino a trasformare l’attività pratica in facoltà di ricordare a memoria le combinazioni della moltiplicazione.
Dopo che i bambini hanno riempito per molte volte le serie di moduli, aiutandosi col materiale, si offre loro la Tavola I della moltiplicazione:
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Tavola I della moltiplicazione
Si tratta di una tavola di controllo che serve al bambino a verificare se ha commesso qualche errore nel calcolo delle moltiplicazioni. Tabellina dopo tabellina, numero dopo numero, il bambino può verificare con la tavola se ogni prodotto corrisponde a quello presente in una delle 10 colonne. Eseguito con la massima attenzione questo controllo, i bambini sono in possesso di serie numeriche sicuramente prive di errori.
Su di un foglio copiano poi dai moduli le tabelline, una accanto all’altra e nella loro successione. Con questo lavoro, il bambino otterrà una tavola uguale a quella che ha usato per i controlli.
______________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione Presentazione del materiale
Materiale: – tavola forata per la moltiplicazione.
Presentazione: – invitiamo il bambino dicendo: “Oggi vorrei mostrarti un nuovo materiale chiamato tavola forata per la moltiplicazione” – mettiamo il materiale di fronte a noi sul piano di lavoro. Mettiamo la scatolina a sinistra della tavola, in alto – apriamo la scatolina, mettiamo il coperchio a sinistra della tavola e sul coperchio mettiamo i tasselli dei numeri
– diciamo, ad esempio: “Ora prenderemo 7 per 6 volte” – inseriamo il tassello del numero 7 nella tavola
– mettiamo il gettone rosso sul numero 6 – formiamo la prima colonna verticale di 7 perle
– completiamo le altre colonne, fino ad averne sei
– contiamo le perle a voce alta – scriviamo su un cartellino bianco l’operazione e il risultato
– rimettiamo le perle nella scatola, il gettone rosso nel suo alloggiamento e il tassello sul coperchio della scatola – invitiamo il bambino a ripetere l’esercizio inventando e scrivendo una moltiplicazione – mostriamo al bambino dove e come riporre il materiale al termine dell’esercizio.
______________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini bianchi e penna nera.
Nota: – per presentare il materiale evitiamo di usare la tabellina dell’uno, perchè non rende il concetto di moltiplicazione; scegliamo qualsiasi altra unità.
Presentazione: – invitiamo un gruppo di bambini ad unirsi a noi per l’esercizio – portiamo il materiale al tavolo o al tappeto – mostriamo al bambino la tavola forata, mettiamola sul piano di lavoro accanto alla scatolina contente le perle, il gettone e i tasselli dei numeri – diciamo: “In questo esercizio il numero da moltiplicare è il 3. Lavoreremo col numero tre” – chiediamo a un bambino di prendere il tassello del numero 3 e mostriamo come inserirlo nella tavola – collochiamo il tassello del 3 nel foro della tavola e diciamo: “Questo numero ci ricorderà con quale tabellina stiamo lavorando”
– collochiamo il gettone rosso sulla prima colonna (numero 1) e incolonniamo tre perle sotto al numero 1 – incoraggiamo i bambini ad iniziare a contare le perle a 3 a 3, invece di contare ogni perla singolarmente – indichiamo la colonna di perle e diciamo “Tre preso una volta, tre”
– spostiamo di volta in volta il gettone e completiamo le colonne 1, 2, 3, 4 fino ad arrivare a “Tre preso quattro volte, dodici”
– scriviamo il risultato sul cartellino.
_______________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – moduli della moltiplicazione – tavola I della moltiplicazione.
Presentazione: -scegliamo un modulo da compilare, ad esempio quello del 4 – inseriamo il tassello del numero 4 nella tavola e spostiamo il gettone rosso sulla colonna dell’1
– il bambino legge la prima combinazione del modulo indicando il 4 del tassello e il numero segnato dal gettone rosso e dicendo: “Quattro preso una volta” – riempie la prima colonna, conta le perle e registra il risultato sul modulo
– il bambino sposta il gettone e legge la combinazione successiva “Quattro per due volte” – riempie la seconda colonna, conte le perle e registra il risultato sul modulo – proseguiamo così con le altre colonne – quando arriviamo alla moltiplicazione in cui moltiplicatore e moltiplicando sono uguali (4×4) facciamo notare la forma geometrica che si crea con le perle
– arrivati e 4 x 10, dopo aver registrato l’operazione sul modulo, il bambino confronta il modulo con la tavola I per verificare la correttezza dell’esercizio
Controllo dell’errore: – la tabella I
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – moduli delle moltiplicazioni (possono essere anche rilegati a formare un libretto) – tavola I della moltiplicazione.
Presentazione: – mostriamo ai bambini i moduli: ce ne è uno per ogni moltiplicando dall’1 al 10, e per ogni moltiplicando ci sono i moltiplicatori dall’1 al 10 – scegliamo un modulo, ad esempio quello del 3 – stabiliamo il moltiplicando 3 sulla tavola, inserendo il tassello del 3 – leggiamo la prima moltiplicazione del modulo: 3 x 1 = – spostiamo il gettone rosso sull’uno e poniamo 3 perle sotto di esso – registriamo il prodotto sul modulo: 3 x 1 = 3
– leggiamo la seconda moltiplicazione: 3 x 2 = – spostiamo il gettone rosso sul due e poniamo 3 perle sotto di esso – registriamo il prodotto sul modulo: 3 x 2 = 6 – proseguiamo così fino a 3 x 10 = 3o
– dopo aver completato il modulo, verifichiamo i risultati confrontandoli con quelli della Tavola I della moltiplicazione.
Nota: – in ogni sistema si numerazione, il massimo prodotto da memorizzare è dato da (b – 1)². Così, per il sistema decimale, avremo (1o – 1)² = 81. Tuttavia Maria Montessori ha ritenuto opportuno, in questo materiale, estendere la memorizzazione delle combinazioni inserendo quella del 10 (da 10×1 a 10×10) per sottolineare la semplicità del nostro sistema. Quello che differenzia i prodotti della tabellina dell’1 da quelli della tabellina del 10 è unicamente uno zero.
_______________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiale: – tavola forata per la moltiplicazione – moduli della moltiplicazione.
Presentazione: – invitiamo il bambino dicendo: “Oggi vorrei mostrarti un esercizio da svolgere con la tavola forata per la moltiplicazione” – portiamo il materiale sul piano di lavoro (tavolo o tappeto) – mettiamo la scatola a sinistra della tavola, in alto, e togliamo il coperchio – diciamo: “Ora faremo la tabellina del 6” – mostriamo al bambino il modulo per il 6 da compilare – inseriamo il tassello del 6 nella tavola forata e il gettone rosso nel suo alloggiamento – leggiamo sul modulo la prima moltiplicazione: “6 x 1”
– spostiamo il gettone rosso sul numero 1 – mettiamo 6 perle sulla tavola formando una colonna sotto al numero 1 – contiamo le perle a voce alta – registriamo il risultato sul modulo
– spostiamo il gettone rosso sul numero 2 – mettiamo altre 6 perle in colonna – contiamo a voce alta indicando la prima colonna e dicendo: “6”, poi contiamo: “7, 8, 9, 10, 11, 12”, poi ripetendo: “sei, dodici” indicando le colonne – registriamo il risultato sul modulo
– proseguiamo così fino a 6 x 10 = 60
– leggiamo il modulo completato a voce alta – rimettiamo le perle nella scatola e il gettone nel suo alloggiamento – invitiamo il bambino a completare un’altra tabellina e a leggerla a voce alta ad un altro bambino.
Età: – dai 7 ai 9 anni.
________________________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini delle moltiplicazioni da svolgere – tavola I della moltiplicazione.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
cartellini delle moltiplicazioni da svolgere
Presentazione: – per facilitare il lavoro del bambino in questo esercizio, disponiamo i tasselli dei numeri in riga o in colonna sul piano di lavoro, mentre terremo i cartellini delle moltiplicazioni da svolgere in un cestino – il bambino pesca un cartellino e copia l’operazione sul suo quaderno, ad esempio 6×4
– il bambino inserisce il tassello del numero 6 nella tavola forata e sposta il gettone rosso sul numero 1 della prima colonna, quindi mette nei fori sottostanti le prime 6 perle e conta: “Sei”
– il bambino sposta il gettone sul numero 2 della seconda colonna, mette nei fori sottostanti altre sei perle e conta: “Dodici” – il bambino sposta il gettone sul numero 3 della terza colonna, mette nei fori sottostanti altre sei perle e conta: “Diciotto” – il bambino sposta il gettone sul numero 4 della quarta colonna, mette nei fori sottostanti altre sei perle e conta: “Ventiquattro” – il risultato della moltiplicazione 6 x 4 è 24, e il bambino lo scrive sul quaderno
– il bambino verifica la correttezza dell’esercizio consultando la tavola I della moltiplicazione. Questo non rappresenta solo un lavoro di autocontrollo, ma aiuta anche la memorizzazione
– il bambino rimuove le perle e il tassello dalla tavola forata, rimette il cartellino della moltiplicazione da eseguire nel cesto e ne pesca uno nuovo, per ripetere l’esercizio con altri numeri.
Controllo dell’errore: – la tavola I della moltiplicazione
Nota: – perchè memorizzi le tabelline è necessario che il bambino ripeta il numero che si crea dopo aver messo ogni gruppo di perle nella tavola forata. E’ bene quindi che l’insegnante supervisioni, in un primo tempo, l’attività del bambino, per evitare che conti le singole perle dopo aver completato lo schema sulla tavola forata. E’ chiaro che se il bambino contasse le perle una ad una ad esercizio ultimato, non memorizzerebbe mai le tabelline.
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini delle moltiplicazioni da svolgere.
Presentazione: – mettiamo la tavola forata al centro del tavolo ed esaminiamola con il bambino – il numero che si inserisce nella finestra di sinistra è chiamato moltiplicando. Ci dice quante perle formano un gruppo, cioè una colonna – il gettone rosso, che si trova nel suo alloggiamento in alto a sinistra, serve a indicare il moltiplicatore. Mentre si esegue l’operazione indica per quante volte vogliamo moltiplicare il numero – peschiamo un cartellino delle moltiplicazioni da svolgere, ad esempio 8 x 3 = …….
– il bambino copia l’operazione sul suo quaderno – inseriamo la tessera del 8 nella tavola forata, per il moltiplicando – spostiamo il gettone rosso sul numero 3 della tavola forata per indicare il moltiplicatore
– l’operazione ci chiede di formare 3 gruppi di 8 perle ognuno – spostiamo il gettone rosso sul numero 1 e sotto di esso formiamo una colonna di 8 perle – spostiamo il gettone rosso sul numero 2 e sotto formiamo una colonna di 8 perle – spostiamo il gettone rosso sul numero 3 e sotto formiamo una colonna di 8 perle – indichiamo moltiplicatore e moltiplicando dicendo: “3 gruppi di 8 perle” e ricontiamo le perle – registriamo il prodotto sul quaderno
– il bambino può continuare ad esercitarsi autonomamente col materiale.
Note: – il concetto di moltiplicazione è già stato introdotto con le perle dorate, dove la stessa quantità veniva aggiunta più volte a se stessa. Con la tavola forata vogliamo facilitare la memorizzazione dei prodotti per favorire e velocizzare le capacità di calcolo del bambino.
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini delle moltiplicazioni da svolgere – tavola I della moltiplicazione.
Presentazione: – il bambino pesca un’operazione, ad esempio 7 x 4 e la copia sul suo quaderno – si stabilisce il moltiplicando inserendo nella tavola forata la tessera del 7 – si stabilisce il moltiplicatore spostando il gettone rosso sul numero 4
– si sposta il gettone rosso sul numero 1 e si incolonnano sotto di esso le prime 7 perle (7×1=7), poi si sposta il gettone sul 2 (7×2=14), sul 3 (7×3=21) e infine sul 4 (7×4=28) – si contano di nuovo le perle: 7, 14, 21, 28 – si registra il risultato sul quaderno: 7 x 4 = 28 – si controlla il risultato confrontandolo con quello stampato sulla tavola I della moltiplicazione
– rimuoviamo perle e tassello dalla tavola e rimettiamo il gettone rosso nel suo alloggiamento – il bambino continua ed esercitarsi pescando una nuova moltiplicazione.
Nota: – lavorando sulla tavola con le perle, il bambino crea figure geometriche: quando i due fattori della moltiplicazione sono uguali si forma un quadrato, quando i due fattori sono diversi si forma un rettangolo.
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini delle addizioni da svolgere – tavola I della moltiplicazione.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
cartellini delle addizioni per la tavola forata della moltiplicazione
Presentazione: – peschiamo un’addizione – procediamo a rappresentare l’operazione sulla tavola con le perle
– scegliamo la tessera da inserire nella tavola (moltiplicando) – spostiamo il gettone rosso sul moltiplicatore – trascriviamo l’operazione in forma di moltiplicazione e scriviamo il risultato
– confrontiamo il risultato con i risultati stampati sulla tavola I
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – moduli per la ricerca dei fattori.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
moduli per la ricerca dei fattori
Presentazione: – invitiamo il bambino dicendo: “Oggi vorrei mostrarti un nuovo esercizio da svolgere con la tavola forata della moltiplicazione. Oggi faremo insieme la ricerca dei fattori” – diciamo: “Il risultato di una moltiplicazione è chiamato prodotto, mentre i due numeri moltiplicati sono detti fattori. Proviamo a trovare tutti i fattori che possono dare come prodotto il 20” – contiamo 20 perle e mettiamole in una ciotola – mettiamo le perle, una ad una, sul piano di lavoro, formando una colonna verticale e facciamo notare che abbiamo fatto una colonna di 20 perle – scriviamo sul modulo: 20 = 20 x 1
– diciamo: “Ora vediamo se possiamo fare due colonne con le nostre 20 perle” – formiamo due colonne nella tavola forate e diciamo: “20 perle possono essere messe in due colonne di 10 perle” – scriviamo sul modulo: 20 = 10 x 2
– diciamo: “ora vediamo se possiamo creare tre colonne con le nostre 20 perle” – spostiamo le perle verso la terza colonna, una ad una, prendendole dal basso e alternando le colonne – diciamo: “Venti perle non possono formare tre colonne uguali”
– diciamo: “Proviamo con quattro colonne” – spostiamo le perle verso la quarta colonna – scriviamo sul modulo: 20 = 4 x 5
– continuiamo fino a quando non avremo sperimentato tutte le colonne fino al 10
– riponiamo il materiale usato – invitiamo il bambino a cercare i fattori di altri numeri (il 12, il 16, il 18, il 24, ecc.)
Età: – dai 7 ai 9 anni
___________________________ Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Presentazione
Materiali: – tavola forata della moltiplicazione – cartellini dei prodotti – tavola I della moltiplicazione.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
cartellini dei prodotti
Presentazione: – il bambino pesca un cartellino dei prodotti – registra il prodotto sul suo quaderno – conta le perle nel numero indicato dal prodotto e le mette in una ciotola
– crea una moltiplicazione che soddisfi il prodotto e la rappresenta con le perle sulla tavola forata
– al termine controlla la correttezza dell’esercizio consultando la tavola I della moltiplicazione.
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Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Scopo: – fornire un aiuto per la memorizzazione delle tabelline – comprendere il processo di moltiplicazione – preparare alla comprensione della divisione – comprendere la proprietà commutativa della moltiplicazione – imparare a scrivere le moltiplicazioni – imparare a registrare i risultati delle operazioni – comprendere il significato di prodotto, fattori, moltiplicando e moltiplicatore – comprendere il significato di multiplo e numero primo – preparare al calcolo del minimo comune multiplo.
Età: – a partire dai 5 anni, fino ai 9
La tavola forata usata nelle presentazioni è stata prestata da Montessori 3D di Boboto.
Tavola forata Montessori per la memorizzazione della moltiplicazione
Complemento di tempo col metodo Montessori. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria e frasi col complemento di tempo.
Per l’insegnante:
il complemento di tempo esprime le diverse circostanze di tempo dell’azione o della condizione indicata dal verbo. Vi sono due tipi fondamentali di complemento di tempo:
– tempo determinato, indica il momento in cui si verifica l’azione o la circostanza espressa dal verbo; risponde alle domande quando? per quando? a quando? in quale momento o periodo? come negli esempi: Arrivò alle sei. Ci vediamo questa sera. Gli ho scritto domenica. Mi svegliai a notte inoltrata. L’ho conosciuto durante la guerra. Rinviamo alla prossima volta. Il complemento di tempo determinato è retto dalle preposizioni e locuzioni preposizionali in, a, di, per, su, con, tra, durante, al tempo di, prima di, ecc. Si trova spesso senza preposizione: Ho studiato due ore. Il complemento di tempo determinato può essere espresso anche da un avverbio (ieri, oggi, mai ecc.) o da una locuzione avverbiale (una volta, di quando in quando, un tempo ecc.) per cui si ha un complemento avverbiale di tempo: Un tempo eravamo buoni amici. Ieri siamo andati in discoteca.
– tempo continuato: indica per quanto tempo dura l’azione o la circostanza espressa dal verbo; risponde alle domande quanto? per quanto tempo? in quanto tempo? da quanto tempo? come negli esempi: Rimango qui per due settimane. Lo conosco da molti anni. Piovve tutto il giorno. Ti aspetto fino alle dieci. Finirò in pochi giorni. La partita durò due ore. Il complemento di tempo continuato può essere espresso anche da un avverbio (lungamente, sempre ecc.) o da una locuzione avverbiale (per sempre, a lungo ecc.) per cui si ha un complemento avverbiale di tempo: Lo ricorderà per sempre. Ha aspettato a lungo. Ride sempre.
Nota: – inizialmente presentiamo ai bambini il complemento di tempo senza distinguere tra tempo determinato e continuato.
___________________ Presentazione al primo livello per il complemento di tempo
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1a un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: chi è che?… che cosa è che?… una freccia nera con la scritta: chi? che cosa una freccia arancio con la scritta: quando? (per il complemento di tempo).
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio DURANTE IL PRANZO ALMA MI HA RACCONTATO TUTTO. – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “HA RACCONTATO” – mettiamo il verbo HA RACCONTATO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “ALMA” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande e colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera con le domande chi è che?… che cosa è che?… – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: ” TUTTO” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio e poniamolo a destra del predicato – colleghiamo il predicato al complemento oggetto per mezzo della freccia nera con le domande ‘chi? che cosa?’ – chiediamo: “Quali sono i complementi indiretti?”. I bambini rispondono: “MI, DURANTE IL PRANZO” – diciamo “Sì, questi due complementi sono indiretti perchè completano la frase”. – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo la parola MI sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere MI, cioè A ME?”. I bambini rispondono: “A chi?” – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘a chi? a che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio – mettiamo le parole DURANTE IL PRANZO sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere DURANTE IL PRANZO ?”. I bambini rispondono: “quando?” – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘quando?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 1
(nei giorni successivi):
Con la tabella 1:
___________________ Presentazione al secondo livello per il complemento di tempo
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1b un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi è che?… che cosa è che?…/soggetto una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi? che cosa/complemento oggetto o diretto una freccia arancio stampata fronte/retro con la scritta: quando?/complemento di tempo.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio GIOVANNI HA RICEVUTO LA RISPOSTA DUE GIORNI FA – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: ” HA RICEVUTO” – mettiamo il verbo HA RICEVUTO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “GIOVANNI” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “LA RISPOSTA” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta SOGGETTO – colleghiamo il complemento oggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta COMPLEMENTO OGGETTO – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: ” DUE GIORNI FA – mettiamo DUE GIORNI FA sul cerchio piccolo arancio – diciamo “Sì, DUE GIORNI FA è un complemento indiretto perchè completa la frase. I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere ‘DUE GIORNI FA’?”. I bambini rispondono: “quando?” – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘quando?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– diciamo: “La domanda ‘quando?’ si riferisce a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TEMPO. – voltiamo la freccia in modo che compaia la scritta COMPLEMENTO DI TEMPO – diciamo: “Il complemento di tempo risponde alla domanda: ‘quando?’
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 2
(nei giorni successivi):
Con la tabella 2:
___________________ Presentazione al terzo livello il complemento di tempo
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1c un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: soggetto una freccia nera con la scritta: complemento oggetto una freccia arancio con la scritta: complemento di tempo.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro materiale previsto per la presentazione – scegliamo una frase, ad esempio L’ALBERGO OFFRE LA COLAZIONE AGLI OSPITI DALLE OTTO ALLE NOVE – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “OFFRE” – mettiamo il verbo OFFRE sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “L’ALBERGO“ – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “LA COLAZIONE“ – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – chiediamo: “Quali sono i complementi indiretti?”. I bambini rispondono: “AGLI OSPITI, DALLE OTTO ALLE NOVE“ – diciamo “Sì, AGLI OSPITI e DALLE OTTO ALLE NOVE sono complementi indiretti perchè completano la frase. I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole AGLI OSPITI sul cerchio piccolo arancio – colleghiamo con le frecce nere il predicato al soggetto e al complemento oggetto – indichiamo AGLI OSPITI e chiediamo: “A quale domanda risponde?”. I bambini dicono: “a chi?’ – diciamo: “La domanda ‘a chi?‘ si riferisce a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TERMINE – colleghiamo il predicato al complemento di termine – mettiamo le parole DALLE OTTO ALLE NOVE sul cerchio piccolo arancio – indichiamo DALLE OTTO ALLE NOVE e chiediamo: “A quale domanda risponde?”. I bambini dicono: “quando?’ – diciamo: “La domanda ‘quando?‘ si riferisce a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TEMPO – colleghiamo il predicato al complemento di tempo
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 3 (nei giorni successivi):
Con la tabella 3:
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Scopo: – comprendere la costruzione della frase – comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – lavorare coi complementi indiretti – introdurre il complemento di tempo.
Età: – dai 9 ai 12 anni.
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Frasi col complemento di tempo
Determinato: Durante il pranzo Alma mi ha raccontato tutto. Ogni anno festeggio il Natale con la mia famiglia. Giovanni ha ricevuto la risposta due giorni fa. Dopo la partita le giocatrici fanno la doccia. Partirò in giugno. I soccorsi arrivarono il giorno dopo. D’estate si consumano bevande fredde. Francesca arriverà da un momento all’altro. Lo zio arrivò alle sei. Ci vediamo questa sera. Gli ho scritto domenica. Mi svegliai a notte inoltrata. L’ho conosciuto durante la guerra. Rinviamo alla prossima volta. Dopo pranzo mi prende la sonnolenza. Stamattina mi sono svegliata alle otto. Restituite i libri entro questa settimana. A Capri in inverno il clima è mite. Passi a chiamarmi, domattina? Oggi sono andata a scuola. Ieri ho visto tua madre. Alle 19.30 andrò al cinema. Questa mattina sono svegliata alle sei. Domani andrò in gita a Firenze. Il 14 febbraio è san valentino. Questa sera torno a mezza notte. Oggi ho ricevuto la mia pagella. L’Unione Europea è nata nel 1993. Tra poco il garzone ci porterà le pizze. Stamperò al più presto il documento. A Pasqua ti regalerò un grosso uovo con la sorpresa. Nella notte dei cani randagi hanno distrutto il giardino. D’estate gioco con i miei amici Luca e Marco. Il corso finirà tra due settimane. Usciremo tra poco. Nel 1492 Cristoforo Colombo attraversò l’Atlantico e raggiunse l’America. Tra cinque minuti suonerà la campanella. Ieri sono andata al mare. Domani andrò in montagna. Lunedì andrò a ritirare le analisi. Abbiamo invitato Luisa e Marco la settimana scorsa. Avevamo appuntamento alle dieci. Halloween cade nel mese di Ottobre. Oggi non sono andata a scuola. Nel 2002 abitavo a Milano. Abbiamo cercato il gattino per tutto il pomeriggio. Ieri sera ci siamo divertiti tantissimo. Ieri notte si è verificato un grave incidente lungo la statale. Al tempo dei miei nonni non c’era il computer. Di sera mi piace ascoltare il gracidio delle rane. Antonio ha sposato Lucia nel 1999. Tornerò per l’ora di pranzo. Farò i compiti dopo la merenda. La festa inizierà all’arrivo di Michele. Il film comincia alle nove. L’anno prossimo mi trasferirò a Casablanca. Ha viaggiato di notte. Comincerà a notte inoltrata. Arriveranno in serata. Ci andremo fra maggio e giugno. Sono uscito verso le sette. Telefonami intorno alla mezzanotte. Presto ti darò mie notizie. Ieri ho visitato l’orto botanico con i miei compagni e insegnanti. Con te mi diverto sempre. Mio fratello si alza presto e prepara la colazione. Un tempo le automobili non esistevano. Il 10 agosto possiamo ammirare le stelle cadenti. Charles Dickens nacque nel 1812 e morì nel 1870. Più tardi i miei amici ed io usciremo, mangeremo una pizza e vedremo un film. Ieri mio fratello ha presentato la sua fidanzata a mamma e papà. Nel 1907 Joseph Kipling ricevette il premio Nobel. Tre anni fa mio zio ha adottato un cagnolino. A Natale mangiamo il panettone con i canditi. Tre anni fa la signora Linda ha conosciuto suo marito. La sera leggo un libro con i miei fratelli. Quella notte Andrea aveva fatto un brutto sogno. Presto rinuncerò a questo incarico. Ieri il nonno ha dipinto il cancello. Fra due giorni lo rivedrò e gli racconterò l’accaduto. Alle cinque mio papà finisce il lavoro. Devi curarti al più presto! La prima Barbie fu creata nel 1959. I bambini fanno sempredomande. Presto arriveranno i miei genitori. Il mio cane ruba sempre i biscotti. La mia sorellina guarda ogni mattina i cartoni animati. Nel pomeriggio Daniele mi porterà una torta. Oggi la maestra ci ha assegnato un compito. Non crederò mai alle tue parole. Il 6 gennaio la befana porta i doni ai bambini. Nel XIII secolo Gengis Khan creò un vastissimo impero. Presto comincerà il corso di canto. Tra poco cominceranno le vacanze. Verrà l’anno prossimo. Arrivò nel pomeriggio. L’editore pubblicherà il libro l’anno venturo. Farà gli esercizi dopo la merenda. Domani visiteremo la città antica. Ieri hanno incontrato il dottor Rossi. Sono nato nel 1980. Mi sono svegliata all’alba. Mi sono alzato col sole. Siamo arrivati intorno alle tre. Il venerdì vado in palestra. La lezione c’è ogni sabato. Prendo il treno due volte al giorno. Vado in montagna una volta all’anno.
Continuato: Ripassammo la parte per quindici giorni. Ci fermeremo per tre notti. Il negozio chiude fino al 28 di agosto. Lo aveva aspettato solo pochi minuti. Per alcuni giorni nessuno lo vide. E’ arrivato nel pomeriggio. Rimango con voi per due settimane. Lo conosco da molti anni. Piovve tutto il giorno. Ti aspetto fino alle dieci. Finirò in pochi giorni. La partita durò due ore. Rimase due ore sotto la pioggia. Per tre giorni non mi riconobbe. Rimase per un’ora seduta su una panchina. L’epidemia durò parecchi mesi. Ho abitato a Firenze per tre anni. Questo ragazzo dorme sempre. Mi ha parlato a lungo di te. L’albergo offre la colazione dalle otto alle nove. Ieri Marco ha studiato per tre ore. Resto in città per tutta l’estate. Lo spettacolo durò. Lucia ha guardato la televisione per tutto il pomeriggio. Aspetto una tua risposta da stamattina. Durante la partita abbiamo mangiato dieci sacchetti di patatine.. Il tempo è stato bello fino alle dieci. Ho corso per due ore. Abito in questo quartiere fin dalla nascita. Ho fatto la dieta per un mese. Starà con voi per due settimane. Per quanto tempo dovrò sopportarti ancora? Ho provato la canzone dalle dieci alle undici. La polizia ha interrogato il sospettato per tre ore. L’attaccante ha commesso un fallo durante la partita. Ieri sono rimasta a lungo con la nonna. Ti ho aspettato finora! Si fermeranno da noi per dieci giorni. Durante tutta la settimana ha telefonato tre volte. Il tempo non migliorerà fino a martedì. Lo ricorderà per sempre. Ha aspettato a lungo. Ride sempre. Per sei giorni Gaia non ha voluto parlare con me. Andrea aveva completato il compito in breve tempo. Giustiniano regnò per 38 anni. Ho taciuto per tanto tempo. Non posso uscire fino a domenica. Ho nuotato per un’ora. La pioggia cadde per tre giorni. L’ho frequentato per alcuni mesi. Nevica da ieri sera e le scuole sono chiuse. Mio fratello ha fatto i capricci per mezz’ora. Lo sto leggendo da alcuni giorni. Da allora non è capitato nessun incidente. Ti ho aspettato per un’ora. Le previsioni annunciano nevicate per tre giorni 17. Piovve tutto il week-end. Resterò fino a venerdì. Guidò per tutto il viaggio. Resterò fino a domani. L’ho ascoltato tutto il pomeriggio. Abbiamo studiato Geografia per tre ore. Mi sono addormentato durante la lezione. Ho riposato due ore circa. Stanno discutendo da un’ora.
Il complemento di mezzo e strumento col metodo Montessori: presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Per l’insegnante:
il complemento di mezzo e strumento indica l’essere o la cosa per mezzo di cui si fa o avviene qualcosa; risponde alle domande per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? come negli esempi: Con il tuo aiuto risolverò la questione. Vengo con l’aereo. Si nutrono di erbe. Scrivo a macchina. Ho spedito il pacco per mezzo di un corriere.
Il complemento di mezzo e strumento è retto dalle preposizioni con, per, a, in, di, da, mediante, o dalle locuzioni preposizionali per mezzo di, per opera di, grazie a, ecc. Bisogna far attenzione a non confondere il complemento di mezzo con quello di compagnia e unione, anch’esso introdotto dalla preposizione con. Se possiamo sostituire nella frase la locuzione per mezzo di, siamo di fronte ad un complemento di mezzo, altrimenti ad un complemento di compagnia o unione: Mangio con la forchetta. (per mezzo della forchetta); Bevo il latte con il caffè. (complemento di unione).
Si ha specificatamente: – il complemento di mezzo quando la parola esprime persona o cosa, per opera della quale si compie l’azione; – il complemento di strumento quando invece la parola indica un oggetto o uno strumento. Il complemento di mezzo può essere di senso figurato, come negli esempi: Quella ragazza vive solo di sogni, è ora che metta i piedi per terra. Ha combattuto con le unghie e con i denti e alla fine ha ottenuto ciò che voleva.
Si noti inoltre che le espressioni a mano, a vela, a benzina, a vento, a motore e simili, benché abbiano assunto un valore avverbiale, indicano propriamente complementi di mezzo. Sono inoltre complementi di mezzo alcune locuzioni specifiche introdotte dalla preposizione semplice a e dipendenti da nomi; per esempio: Vorrei cambiare la mia cucina a gas con una elettrica. I primi motori a reazione sono stati davvero innovativi per l’industria aerospaziale.
Se il mezzo o lo strumento è indicato da una proposizione, questa si chiama proposizione strumentale, come negli esempi: Dormendo le forze si ritemprano. Con il viaggiare si accresce la cultura.
A volte un complemento di strumento e mezzo può essere introdotto da una proposizione subordinata strumentale che utilizza il verbo nella forma del gerundio. Esempio : Il fornaio sfamò le persone cucinando tantissimo pane”
___________________ Il complemento di mezzo e strumento Presentazione al primo livello
Materiale: – frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1a un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: chi è che?… che cosa è che?… una freccia nera con la scritta: chi? che cosa una freccia arancio con la scritta: per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? (per il complemento di mezzo e strumento).
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio GIOVANNI PULISCE I VETRI CON L’ACETO – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “PULISCE” – mettiamo il verbo PULISCE sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “GIOVANNI” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande e colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera con le domande chi è che?… che cosa è che?… – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “I VETRI” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio e poniamolo a destra del predicato – colleghiamo il predicato al complemento oggetto per mezzo della freccia nera con le domande ‘chi? che cosa?’ – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “CON L’ACETO” – diciamo “Sì, CON L’ACETO è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole CON L’ACETO sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere CON L’ACETO?”. I bambini rispondono: “per mezzo di che cosa?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘per mezzo di chi? per mezzo di che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 1 (nei giorni successivi):
Con la tabella 1:
___________________ Il complemento di mezzo e strumento Presentazione al secondo livello
Materiale: – frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1b un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi è che?… che cosa è che?…/soggetto una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi? che cosa/complemento oggetto o diretto una freccia arancio stampata fronte/retro con la scritta: per mezzo di chi? per mezzo di che cosa?/complemento di mezzo e strumento.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio FRANCESCA HA TAGLIATO UNA MELA CON IL COLTELLO – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “HA TAGLIATO” – mettiamo il verbo HA TAGLIATO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “FRANCESCA” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “UNA MELA” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta SOGGETTO – colleghiamo il complemento oggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta COMPLEMENTO OGGETTO – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “CON IL COLTELLO” – mettiamo CON IL COLTELLO sul cerchio piccolo arancio – diciamo “Sì, CON IL COLTELLO è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole CON IL COLTELLO sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere ‘CON IL COLTELLO’?”. I bambini rispondono: “PER MEZZO DI CHE COSA?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘per mezzo di chi? per mezzo di che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– diciamo: “Le domande ‘con chi? con che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI MEZZO E STRUMENTO. – voltiamo la freccia in modo che compaia la scritta COMPLEMENTO DI MEZZO E STRUMENTO – diciamo: “Il complemento di mezzo e strumento risponde alle domande: ‘per mezzo di chi? per mezzo di che cosa?’
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 2 (nei giorni successivi):
Con la tabella 2:
___________________ Il complemento di mezzo e strumento
Presentazione al terzo livello
Materiale: – frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1c un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: soggetto una freccia nera con la scritta: complemento oggetto una freccia arancio con la scritta: complemento di mezzo e strumento.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro materiale previsto per la presentazione – scegliamo una frase, ad esempio GLI OPERAI SOLLEVARONO IL CARICO CON LA GRU – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “SOLLEVARONO” – mettiamo il verbo SOLLEVARONO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “GLI OPERAI” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “IL CARICO” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “CON LA GRU” – diciamo “Sì, CON LA GRU è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole CON LA GRU sul cerchio piccolo arancio – colleghiamo con le frecce nere il predicato al soggetto e al complemento oggetto – indichiamo CON LA GRU e chiediamo: “A quale domanda risponde?” – diciamo: “Le domande ‘per mezzo di chi? per mezzo di che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI MEZZO E STRUMENTO – colleghiamo il predicato al complemento di mezzo e strumento
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 3 (nei giorni successivi):
Con la tabella 3:
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Scopo: – comprendere la costruzione della frase – comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – lavorare coi complementi indiretti – introdurre il complemento di mezzo e strumento.
Età: – dai 9 ai 12 anni.
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Frasi per il complemento di mezzo e strumento
Il cane fu colpito con un bastone. Ci parlammo per telefono. Sollevarono mediante la gru il pesante carico. Si mise in contatto con noi tramite un amico. Per opera di tuo fratello ho salvato la barca. Partimmo tutti in macchina. Ha scritto con la penna. Ho demolito il muretto col piccone. S’è fatto la barba col rasoio. Sta lavorando con la vanga. Lo riconobbi dalla voce. Il satellite era stato lanciato in orbita mediante un potentissimo missile. Tenevano i contatti per mezzo di ambasciatori. Con le sue sfuriate inasprisce di più la gente. Verrò in autobus o con un taxi. Con gli antibiotici mi è passata la febbre. Prova a pulirlo con l’aceto. Verremo in macchina con Marco e Andrea. Potete risolvere il problema con un semplice ragionamento. Viveva con i risparmi che aveva accumulato in lunghi anni di lavoro. Arrivarono tutti in auto; solo uno giunse a piedi. Siamo stati avvisati dall’allarme. Giunto davanti al cancello, l’aprì con il telecomando. La casetta se l’era costruita lui, con le sue mani. Chi giocava a calcio, chi in bicicletta. Grazie al cacciatore, Cappuccetto Rosso si è liberato del lupo. Per mezzo del latte i neonati crescono sani. Sono venuto con l’autobus. Mi ha colpito con una freccia. L’ha disegnato con una matita. Andrò in Italia in aereo. Andiamo in macchina. Con il tuo aiuto posso completare il progetto. Vado a scuola con la moto. Taglio la carta con le forbici. Vado spesso a cavallo. Con l’autobus ho raggiunto in un’ora la città. Grazie al cielo sei salvo. E’ coi giusti ingredienti che vengono fatti i dolci migliori. Col casco la tua sicurezza sulle due ruote è assicurata. Andrò in Italia in aereo. Andiamo in macchina. Con il tuo aiuto posso completare il progetto. Questo ritratto l’ha disegnato con una matita. In Calabria arano i campi ancora con i buoi. Di solito vado a scuola col motorino. Ho mandato una lettera a Mario per mezzo di Antonio. I pompieri hanno salvato il gatto per mezzo di una scala. Sono andato a scuola con la macchina. Mi hanno rotto il naso con un pugno. Ho tagliato una mela con il coltello. Dovremo attraversare il fiume in zattera. Ho fissato la libreria al muro con il trapano. Ho passato l’esame grazie al tuo aiuto. Grazie alla dieta, Luisa ha perso cinque chili. Se puoi, preferirei essere pagato in contanti. Siamo saliti in quota con una modernissima cabinovia. Non ci crederai ma il marito di Rossella è arrivato al porto in elicottero. Quando esci ricordati di chiudere a chiave. Il tavolo degli sposi era decorato con magnifiche composizioni floreali. Siamo usciti in bicicletta, ma, a metà strada, ci ha sorpresi un forte acquazzone. Ho saputo la notizia tramite internet. Di nascosto ho ripreso l’esame di Marco con l’Ipod. Con l’aiuto di mia sorella ho potuto scoprire i tradimenti di mio marito. Mio padre uccise la vipera a bastonate. Facile vincere così, con una barca a motore! Con la violenza difficilmente si ottiene qualcosa. Misurai a occhio la distanza dall’acqua e mi tuffai dallo scoglio. Luca arrivò in tempo con il treno. Laura ha superato l’esame per mezzo del professore. Il cane salvò il padrone abbaiando in strada. La mamma rimproverò il figlio con grida molto alte. Il pellegrino con la borraccia dell’acqua visse ancora a lungo. La riuscita dell’esame arrivò per mezzo del Preside della scuola. La nave evitò di affondare con l’ancora fissata sul fondale. L’insegnante ha punito l’intera classe con molti compiti. Il rappresentante di abiti raggiunse casa seguendo il tom tom. Il malato è stato guarito per mezzo dell’intercessione della Madonna. Arrivi prima se vai via campagna. Sei riuscita a mettere in pratica la ricetta di quella torta continuando a leggere il libro di cucina.
Il complemento di compagnia e unione col metodo Montessori. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
___________________ Il complemento di compagnia e unione
Presentazione al primo livello
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1a un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: chi è che?… che cosa è che?… una freccia nera con la scritta: chi? che cosa una freccia arancio con la scritta: con chi? con che cosa? (per il complemento di compagnia e unione).
Per l’insegnante
Il complemento di compagnia e quello di unione indicano rispettivamente l’essere animato (compagnia) o inanimato (unione) con cui si è o con cui si fa qualcosa. Il complemento di compagnia risponde alle domande: “Con chi? In compagnia di chi?”, come negli esempi: Il maestro parla con gli scolari. Eravamo in compagnia di amici. Eravamo tra amici. Parte insieme con noi. Parte assieme a noi.
Il complemento di unione risponde alle domande: “Con che cosa? Unitamente a che cosa?” come negli esempi: Sono uscito con l’ombrello. Arrivò con un mazzo di rose. Ho mangiato un risotto con i funghi. Ho mangiato il pane con la marmellata. Ha mischiato il vino con l’acqua. Oggi si mangia la minestra con i fagioli.
Attenzione a non confonderlo con il complemento di mezzo, ad esempio: Sono uscito con pochi soldi (complemento di unione) L’ho comprato con pochi soldi (complemento di mezzo). Fai attenzione a non confondere questi complementi con il complemento di mezzo, anch’esso introdotto dalla preposizione con. Se puoi sostituire nella frase che stai analizzando la locuzione per mezzo di, sei di fronte ad un complemento di mezzo, altrimenti ad un complemento di compagnia o unione: – mangio con la forchetta (ovvero per mezzo della forchetta); – bevo il latte con il caffè (ovvero complemento di unione).
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio IL NONNO PASSEGGIA CON IL BASTONE – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “PASSEGGIA” – mettiamo il verbo PASSEGGIA sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “IL NONNO”
– mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande e colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera con le domande chi è che?… che cosa è che?… – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “CON IL BASTONE” – diciamo “Sì, CON IL BASTONE è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole CON IL BASTONE sul cerchio piccolo arancio
– chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere CON IL BASTONE?”. I bambini rispondono: “con che cosa?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘con chi? con che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Il complemento di compagnia e unione con la stella logica 1 (nei giorni successivi):
Il complemento di compagnia e unione – Con la tabella 1:
___________________ Il complemento di compagnia e unione Presentazione al secondo livello
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1b un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi è che?… che cosa è che?…/soggetto una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi? che cosa/complemento oggetto o diretto una freccia arancio stampata fronte/retro con la scritta: con chi? con che cosa?/complemento di compagnia e unione.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio PAOLO BALLA UN TANGO ASSIEME A MARIA
– chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “BALLA” – mettiamo il verbo BALLA sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “PAOLO” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “UN TANGO” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio
– colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta SOGGETTO – colleghiamo il complemento oggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta COMPLEMENTO OGGETTO
– chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “ASSIEME A MARIA” – mettiamo ASSIEME A MARIA sul cerchio piccolo arancio – diciamo “Sì, ASSIEME A MARIA è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione”
– diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole ASSIEME A MARIA sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere ‘ASSIEME A MARIA’?”. I bambini rispondono: “CON CHI?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘con chi? con che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– diciamo: “Le domande ‘con chi? con che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI COMPAGNIA E UNIONE. Parliamo di compagnia se si tratta di un essere animato, di unione se si tratta di un oggetto inanimato – voltiamo la freccia in modo che compaia la scritta COMPLEMENTO DI COMPAGNIA E UNIONE – diciamo: “Il complemento di compagnia e unione risponde alle domande: ‘con chi? con che cosa?’
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Il complemento di compagnia e unione – Con la stella logica 2 (nei giorni successivi):
Il complemento di compagnia e unione – Con la tabella 2:
___________________ Presentazione al terzo livello
Materiale: – frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1c un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: soggetto una freccia nera con la scritta: complemento oggetto una freccia arancio per il complemento di compagnia e unione con la scritta: complemento di compagnia e unione.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro materiale previsto per la presentazione – scegliamo una frase, ad esempio ANTONIO E FILIPPO HANNO MANGIATO LA CARNE CON LE PATATINE
– chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “HANNO MANGIATO” – mettiamo il verbo HANNO MANGIATO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “ANTONIO E FILIPPO” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “LA CARNE” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio
– chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “CON LE PATATINE” – diciamo “Sì, CON LE PATATINE è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole CON LE PATATINE sul cerchio piccolo arancio
– colleghiamo con le frecce nere il predicato al soggetto e al complemento oggetto – indichiamo CON LE PATATINE e chiediamo: “A quale domanda risponde?” – diciamo: “Le domande ‘con chi? con che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI COMPAGNIA E UNIONE. Questo è il complemento di compagnia e unione” – colleghiamo il predicato con il complemento di compagnia e unione
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Il complemento di compagnia e unione – Con la stella logica 3 (nei giorni successivi):
Con la tabella 3:
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Scopo: – comprendere la costruzione della frase – comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – lavorare coi complementi indiretti – introdurre il complemento di termine.
Età: – dai 9 ai 12 anni.
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Frasi per il complemento di compagnia e unione
Il nonno passeggia con il bastone. Paolo balla assieme a Maria. Isabella è con il cane. Lisa è uscita con l’ombrello. Il contadino arrivò con il cappello in mano. Passò il confine con un drappello di soldati. Ho mangiato la polenta con contorno di funghi. Le sue parole non avevano nessuna relazione con il discorso di prima. Francesca si trovava spesso con Maria. Domani vado a Bologna con Marco e Andrea. Con te andrei in capo al mondo. Insieme a tre pesci rossi ho portato a casa una vaschetta. Esco spesso con Giovanni. Mario andò avanti con gli invitati. Non andava d’accordo con suo marito. Insieme con la vita ho letto anche le opere del Carducci. Divideva la responsabilità della direzione con il fratello. Stasera mangerò insalata con le patate al forno. Domenica giocheremo a calcio con il tuo pallone. Abbiamo mangiato il latte con il pane. I biscotti con il latte sono la mia colazione. Oggi devi uscire con il maglione a causa del forte vento. Cappuccetto Rosso vive con la mamma in una casa ai limiti del bosco. Cappuccetto Rosso pranza insieme alla nonna. Il cacciatore sopraggiunse con un fucile. La nonna era a letto con la febbre. Paolo esce col nonno tutti i giorni. Paolo esce con l’ombrello. Giovanna gioca con Rachele. Marco esce con gli occhiali da sole. Giada esce sempre con il suo coniglietto di pezza. Mirko esce con la sua nuova cravatta blu. Lucia va a spasso con il cane. Marta ride con Claudia. Silvia Gioca con Laura. Il mio cane gioca spesso col mio gatto. Giada da un mese esce con Carlo. Luca la mattina va a scuola con Giorgio. Mia madre non va mai a fare la spesa con mio padre. Mio nonno ama giocare con i suoi nipotini. Il barcaiolo è affondato assieme alla barca. Dormo con il mio pupazzo. Vado in palestra con la mia amica. Studio con il mio ragazzo. Esco con i miei compagni di scuola. Vado a correre con un mio collega. Andremo da Vittorina con il nostro gatto. Vorrei andare in Italia con lei. Mi piace condire la pizza con olio piccante. Non so se mia suocera verrà con suo marito. Antonio e Filippo hanno mangiato la carne con le patatine. Se verranno i vicini con i bambini, gli dirai che non ci sono. Andrò al municipio con la carta d’identità da rinnovare. Il pesce va gustato con vino bianco. Ci torneremo insieme a loro. Guardalo! Gianni è in dolce compagnia con questa signorina!
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria. Il prerequisito per questa attività è che i bambini abbiano lavorato con i pronomi personali in analisi grammaticale e con il complemento di termine in analisi logica.
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento
Per l’insegnante
Le forme del pronome personale in funzione di complemento sono due, ben distinte tra loro: – una forma tonica o forte, che dà al pronome un particolare rilievo; – una forma atona o debole, che nel discorso si appoggia al verbo.
La forma debole (atona) si usa solo per indicare il complemento di termine (a chi?): Telefonerò a voi domani = Vi telefonerò domani. Porta le fotocopie a noi = Portaci le fotocopie. I pronomi personali con valore di complemento di termine si possono mettere: – prima del verbo (e staccati dal verbo) se il verbo è all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale gli dico se gli dicessi gli direi – dopo il verbo (e uniti al verbo) se il verbo è all’infinito, all’imperativo o al gerundio dirgli digli dicendogli.
Per quanto riguarda la collocazione, notiamo che loro, a differenza degli altri pronomi deboli, si mette prima del verbo. La collocazione anteposta al verbo è assai rara nella lingua d’oggi; può verificarsi occasionalmente nel linguaggio burocratico in presenza di un participio: Le competenze loro spettanti. Le pene loro comminate.
Loro può inoltre essere interposto tra ausiliare e participio: Si recarono al ristorante che era stato loro indicato. e, più in generale, tra verbo reggente e verbo retto: Il rifornimento di carburante ha fatto loro perdere il vantaggio acquisito.
Nell’italiano di oggi è sempre più frequente l’uso di gli al posto di loro: Li invitai a casa e gli offrii un aperitivo. (al posto di offrì loro)
La forma forte (tonica) si usa per tutti i complementi introdotti da una preposizione: Vengo con te. Abbiamo parlato molto di voi. Questo regalo è per lei. Alla 3a persona si usa sé (invece di lui/lei) quando il pronome si riferisce al soggetto della frase: Michele pensa solo a sé. (sé è Michele stesso, quindi la frase vuol dire che Michele pensa solo a sé stesso, e non agli altri, perché è un egoista) Michele pensa solo a lui. (lui non è Michele ma un’altra persona, per esempio suo figlio, suo fratello, un suo amico…).
pdf qui:
___________________ Analisi logica Montessori pronomi personali complemento Presentazione al primo livello
Materiale: – frasi preparate – strisce di carta – penna nera e rossa – tabella dei pronomi personali complemento – scatola per l’analisi logica Montessori C1a un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: chi è che?… che cosa è che?… una freccia nera con la scritta: chi? che cosa una freccia arancio con la scritta: a chi? a che cosa? (per il complemento di termine).
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio VI PRESTO LE MIE CHIAVI – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “PRESTO” – mettiamo il verbo PRESTO sul cerchio rosso
– chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “IO (soggetto sottinteso)” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “LE MIE CHIAVI” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio
– chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “VI, che significa A VOI” – diciamo “Sì, VI è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo la parola VI sul cerchio piccolo arancio – colleghiamo soggetto e complemento oggetto con le loro frecce nere
– chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere VI, cioè A VOI?”. I bambini rispondono: “A chi?”. Scriviamo A VOI tra parentesi su un cartellino e mettiamolo sotto alla parola VI
– mettiamo la freccia arancio con le domande ‘a chi? a che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento – Con la stella logica 1 (nei giorni successivi):
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento – Con la tabella 1:
___________________ Analisi logica Montessori pronomi personali complemento Presentazione al secondo livello
Materiale:
– frasi preparate – strisce di carta – penna nera e rossa – tabella dei pronomi personali complemento – scatola per l’analisi logica Montessori C1b un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi è che?… che cosa è che?…/soggetto una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi? che cosa/complemento oggetto o diretto una freccia arancio stampata fronte/retro con la scritta: a chi? a che cosa? / complemento di termine.
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio MI PIACEREBBE LA MAGLIETTA VIOLA. – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “PIACEREBBE” – mettiamo il verbo PIACEREBBE sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “LA MAGLIETTA VIOLA” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta SOGGETTO – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “MI, che significa A ME” – mettiamo MI sul cerchio piccolo arancio e aggiungiamo le parole A ME scritte tra parantesi
– diciamo “Sì, MI è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere ‘A ME’?”. I bambini rispondono: “A chi?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘a chi? a che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio – diciamo: “Le domande ‘a chi? a che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TERMINE. Si chiama complemento di termine perchè indica l’essere o la cosa su cui termina l’azione – voltiamo la freccia in modo che compaia la scritta COMPLEMENTO DI TERMINE – diciamo: “Il complemento di termine risponde alle domande: ‘a chi? a che cosa?’ – invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Analisi logica Montessori pronomi personali complemento – Con la stella logica 2 (nei giorni successivi):
Analisi logica Montessori per i pronomi personali complemento – Con la tabella 2:
___________________ Presentazione al terzo livello
Materiale: – frasi preparate – strisce di carta – penna nera e rossa – tabella dei pronomi personali complemento – scatola per l’analisi logica Montessori C1c un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: soggetto una freccia nera con la scritta: complemento oggetto una freccia arancio con la scritta: complemento di termine.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro materiale previsto per la presentazione – scegliamo una frase, ad esempio REGALIAMOLE UN PROFUMO – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro – chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “REGALIAMO” – separiamo REGALIAMO da LE e mettiamo il verbo REGALIAMO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “NOI, soggetto sottinteso” – scriviamo NOI su un cartellino bianco e mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “UN PROFUMO” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “LE, che significa A LEI” – diciamo “Sì, A LEI è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole LE (A LEI) sul cerchio piccolo arancio – colleghiamo con le frecce nere il predicato al soggetto e al complemento oggetto – indichiamo LE e chiediamo: “A quale domanda risponde?” – diciamo: “Le domande ‘a chi? a che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TERMINE. Si chiama complemento di termine perchè indica l’essere o la cosa su cui termina l’azione – colleghiamo il predicato al complemento di termine
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 3 (nei giorni successivi):
Con la tabella 3:
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Scopo: – comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – lavorare coi complementi indiretti – lavorare col complemento di termine e i pronomi personali complemento indiretto.
Età: – dai 9 ai 12 anni.
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Frasi col pronome personale complemento di termine
Scrissero una lettera alla mamma. – Le scrissero una lettera. Marco ha chiesto informazioni ad un passante. – Marco gli ha chiesto informazioni. Alma ha mandato un messaggio alla mamma. – Alma le ha mandato un messaggio. I miei fratelli hanno regalato un tablet al nonno. – I mie fratelli gli hanno regalato un tablet. Gli amici non recano danno agli altri. – Gli amici non recano loro danno. Lei confida alla sua amica i suoi segreti. – Lei le confida i suoi segreti. Francesca ha regalato i suoi sci ad Antonio. – Francesca gli ha regalato i suoi sci. Questo libro appartiene a me. – Questo libro mi appartiene. Gli dirò tutto. Mi piacerebbe la maglietta viola. Le hai già parlato? Chiedici scusa. Vi presto le mie chiavi. Vi mostro il mio computer. Mi restituisci i soldi? Regaliamole un profumo.
Il complemento di termine col metodo Montessori. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Il complemento di termine col metodo Montessori Presentazione al primo livello
Materiale: – frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1a un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: chi è che?… che cosa è che?… una freccia nera con la scritta: chi? che cosa una freccia arancio con la scritta: a chi? a che cosa? (per il complemento di termine).
Per l’insegnante:
il complemento di termine indica l’essere o la cosa su cui “termina l’azione”, cioè a cui è diretta l’azione espressa dal verbo. Risponde alle domande: “A chi? A che cosa” come negli esempi: – la lettera fu recapitata al destinatario; – ho fatto un regalo a Giorgio; – questo vestito a me non piace.
Il complemento di termine col metodo Montessori – Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio
– scegliamo una frase, ad esempio MARIA HA PRESTATO IL SUO LIBRO AD ANDREA – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro
– chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “Ha prestato” – mettiamo il verbo HA PRESTATO sul cerchio rosso
– chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “Maria” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande
– chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “Il suo libro” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio
– chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “Ad Andrea” – diciamo “Sì, AD ANDREA è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole AD ANDREA sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere AD ANDREA’?”. I bambini rispondono: “A chi?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘a chi? a che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Il complemento di termine col metodo Montessori – Con la stella logica 1 (nei giorni successivi):
Il complemento di termine col metodo Montessori – Con la tabella 1:
___________________ Il complemento di termine col metodo Montessori
Presentazione al secondo livello
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1b un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi è che?… che cosa è che?…/soggetto una freccia nera stampata fronte/retro con la scritta: chi? che cosa/complemento oggetto o diretto una freccia arancio stampata fronte/retro con la scritta: a chi? a che cosa? / complemento di termine.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale previsto per l’esercizio – scegliamo una frase, ad esempio MARCO HA CHIESTO INFORMAZIONI AD UN PASSANTE – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro
– chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “Ha chiesto” – mettiamo il verbo HA CHIESTO sul cerchio rosso
– chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “Marco” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande
– chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “Informazioni” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio
– colleghiamo il soggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta SOGGETTO:
– colleghiamo il complemento oggetto al predicato con la freccia nera ponendola prima dalla parte delle domande e poi voltandola dalla parte della scritta COMPLEMENTO OGGETTO:
– chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “Ad un passante” – mettiamo AD UN PASSANTE sul cerchio piccolo arancio- diciamo “Sì, AD UN PASSANTE è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole AD UN PASSANTE sul cerchio piccolo arancio – chiediamo: “Quale domanda dobbiamo fare per poter rispondere ‘AD UN PASSANTE’?”. I bambini rispondono: “A chi?” – mettiamo la freccia arancio con le domande ‘a chi? a che cosa?’ tra il cerchio rosso e il cerchio arancio piccolo, in modo che punti verso il cerchio arancio
– diciamo: “Le domande ‘a chi? a che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TERMINE. Si chiama complemento di termine perchè indica l’essere o la cosa su cui termina l’azione – voltiamo la freccia in modo che compaia la scritta COMPLEMENTO DI TERMINE – diciamo: “Il complemento di termine risponde alle domande: ‘a chi? a che cosa’
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Con la stella logica 2 (nei giorni successivi):
Con la tabella 2:
___________________ Il complemento di termine col metodo Montessori
Presentazione al terzo livello
Materiale:
– frasi preparate – scatola per l’analisi logica Montessori C1c un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) un cerchio arancio piccolo (per i complementi indiretti) una freccia nera con la scritta: soggetto una freccia nera con la scritta: complemento oggetto una freccia arancio con la scritta: complemento di termine.
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro materiale previsto per la presentazione – scegliamo una frase, ad esempio IL CANE HA RIPORTATO LA PALLA ALLA BAMBINA – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro
– chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “Ha prestato” – mettiamo il verbo HA RIPORTATO sul cerchio rosso – chiediamo: “Qual è il soggetto?”. I bambini rispondono: “IL CANE” – mettiamo il soggetto sul cerchio nero grande – chiediamo: “Qual è il complemento oggetto?”. I bambini rispondono: “LA PALLA” – mettiamo il complemento oggetto sul cerchio nero medio – chiediamo: “Qual è il complemento indiretto?”. I bambini rispondono: “ALLA BAMBINA” – diciamo “Sì, ALLA BAMBINA è un complemento indiretto perchè completa la frase. Abbiamo detto che i complementi indiretti sono spesso preceduti da un complemento oggetto o diretto e che la prima parola di un complemento indiretto è spesso una preposizione” – diciamo: “I complementi indiretti, che servono a completare la frase aggiungendosi a predicato, soggetto e complemento oggetto sono molti. Ogni complemento indiretto risponde a delle domande diverse.” – mettiamo le parole ALLA BAMBINA sul cerchio piccolo arancio – colleghiamo con le frecce nere il predicato al soggetto e al complemento oggetto – indichiamo ALLA BAMBINA e chiediamo: “A quale domanda risponde?” – diciamo: “Le domande ‘a chi? a che cosa?’ si riferiscono a un complemento indiretto che chiamiamo COMPLEMENTO DI TERMINE. Si chiama complemento di termine perchè indica l’essere o la cosa su cui termina l’azione – colleghiamo il predicato al complemento di termine – invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto
– ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Il complemento di termine col metodo Montessori – Con la stella logica 3 (nei giorni successivi):
Il complemento di termine col metodo Montessori – Con la tabella 3:
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Il complemento di termine col metodo Montessori
Scopo:
– comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – lavorare coi complementi indiretti – introdurre il complemento di termine.
Età:
– dai 9 ai 12 anni.
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Frasi col complemento di termine
Marco ha chiesto informazioni ad un passante. Il contadino dava il fieno al cavallo. La signora restituì il portafoglio al suo proprietario. Francesca ha passato il sale a Filippo. Alma ha mandato un messaggio alla mamma. Il direttore ha offerto un buon lavoro a Sofia. Antonio bada alla sua sorellina. I miei fratelli hanno regalato un tablet al nonno. Gli amici non recano danno agli altri. Cappuccetto Rosso porta un cestino alla nonna. Lei confida alla sua amica i suoi segreti. L’insegnante ha prestato il suo dizionario a Gaia. Il nonno ha preparato una torta a suo nipote. Massimo stava raccontando una barzelletta a Riccardo. La mamma faceva coraggio a sua figlia. Alberto ha prestato il cd a mio fratello. Anna ha passato il compito a Marco. Nessuno ha spiegato a Giovanna il suo errore. Il cane ha riportato la palla alla bambina. Alma offre un fiore a Gaia. Francesca ha regalato i suoi sci ad Antonio. Federico ha chiesto la matita a Maria. Lo zio ha spedito una email ad un suo vecchio amico. Questo libro appartiene a me. Il cacciatore sparò al lupo. Davide porta una rosa a Martina. L’uccellino porta il cibo al suo piccolo. Maria telefonerà a Luca. I miei genitori non hanno partecipato a quella riunione. I miei cugini hanno regalato un cagnolino alla nonna. Anna ha spedito una cartolina a Francesco. Claudio dovrebbe dedicarsi allo studio. Luigi ha chiesto un favore a Margherita. Gaia ha consegnato il compito al professore. Noi abbiamo scritto una lettera ai nostri amici. Io ho dettato gli appunti alla mia migliore amica. Noi faremo un dono alla sua signora. Il giornalista diede un calcio alla sedia. La sposa ha regalato a Marta il suo bouquet. La piccola Alma assomiglia alla nonna materna. I cani abbaiano alla luna. Io ho offerto dei biscotti aimiei amici. Elena ha donato i suoi vestiti vecchi all’associazione. La mamma ha applicato delle toppe al mio maglione. Questo cagnolino è affezionato al suo padrone. Il regista ha presentato il nuovo film agli spettatori La mia amica è molto attenta alla moda.
Il soggetto sottinteso col metodo Montessori. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Per l’insegnante:
il soggetto si definisce sottinteso quando non è espresso ma può essere facilmente dedotto dalla voce verbale. Il soggetto può essere sottinteso in varie circostanze, ad esempio: – quando risulta chiaro da contesto precedente, come nell’esempio Arrivò alle cinque e si trattenne con noi per un’ora (prima si era parlato di Giovanna) – nella risposta a una frase già provvista di verbo Viene Mario? Viene. – in una serie di proposizioni che hanno tutte lo stesso soggetto (questo di solito appare soltanto davanti alla prima proposizione): Giacomo arrivò al portone, lo aprì, salì le scale, in un baleno entrò nel suo appartamento, corse al telefono. – inoltre il pronome soggetto è sovente omesso: Se resto, restate. Andiamo tutti in piazza, dove ci incontrerete.
Il soggetto sottinteso col metodo Montessori
Presentazione
Materiale
– frasi preparate – Scatola per l’analisi logica Montessori B1: un cerchio rosso con la scritta PREDICATO un cerchio nero grande (per il soggetto) un cerchio nero medio (per il complemento oggetto o diretto) una freccia nera con la scritta: SOGGETTO una freccia nera con la scritta: COMPLEMENTO OGGETTO O DIRETTO
per stampante a colori
per stampante bianco e nero
ENTRAMBI I PDF QUI:
Presentazione:
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase”. Ricapitoliamo insieme quello che abbiamo imparato – diciamo: “Oggi faremo una nuova attività con le frasi” – mettiamo sul piano di lavoro il materiale elencato sopra – scegliamo una frase, ad esempio ABBIAMO CONOSCIUTO I NUOVI VICINI – chiediamo ai bambini di leggere la frase. Mettiamo la frase al centro del piano di lavoro
– chiediamo: “Qual è il predicato?”. I bambini rispondono: “Abbiamo conosciuto” – chiediamo a un bambino di ritagliare la parola dalla frase – facciamo scivolare il cerchio rosso verso il centro del piano di lavoro e mettiamo il verbo ABBIAMO CONOSCIUTO sul cerchio rosso
– diciamo: “Chi è esegue l’azione di aver conosciuto?”. I bambini discutono il fatto che sembra mancare la parola che ci serve – diciamo: “Anche se non è scritto, il soggetto è NOI. Infatti NOI ABBIAMO CONOSCIUTO. Quando si capisce qual è il soggetto anche se non è scritto, parliamo di SOGGETTO SOTTINTESO”
– scriviamo su un cartellino in bianco il soggetto sottinteso tra parentesi e mettiamolo sul simbolo del soggetto, il cerchio nero grande” – diciamo: “NOI è il soggetto sottinteso della frase, e per ricordarlo lo scriviamo tra parentesi, così” – mettiamo il cerchio grande nero a sinistra del cerchio rosso. Mettiamo la freccia nera SOGGETTO tra i due cerchi, in modo che punti verso il cerchio nero
– chiediamo: “Abbiamo conosciuto chi?”. I bambini rispondono: “I nuovi vicini” – diciamo: “Ora metteremo le parole I NUOVI VICINI sul simbolo del complemento oggetto o diretto, cioè sul cerchio nero medio” – mettiamo il cerchio nero medio a destra del cerchio rosso e mettiamo il complemento oggetto I NUOVI VICINI sul cerchio medio nero – mettiamo la freccia nera COMPLEMENTO OGGETTO O DIRETTO tra i due cerchi, in modo che punti verso il cerchio medio nero
– invertiamo l’ordine delle parti della frase in tutte le possibili combinazioni. Solo l’ordine di partenza risulterà quello corretto – ricostruiamo la frase – i bambini lavoreranno con il materiale da soli dopo la presentazione – i bambini registrano l’attività sui loro quaderni di grammatica – nei giorni seguenti i bambini comporranno loro frasi e le analizzeranno col materiale.
Scopo:
– comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti. – introdurre il concetto di SOGGETTO SOTTINTESO.
Età:
– dai 6 ai 9 anni.
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Frasi con soggetto sottinteso
Avete prestato i vostri libri a Carlotta? Abbiamo spedito il pacco. Ho mangiato la pasta. Hai dimenticato le chiavi. Stavamo dimenticando gli ombrelli. Non ho visto quel film. Si nutre di carote. Non ho voglia. Vedi qualcosa? Scrivi un promemoria alla mamma. Siete degli irresponsabili. Quanti anni hai? Vogliamo mangiare . Non hanno risposto. E’ molto intraprendente. Ho comprato un nuovo cellulare. Non avete dato risposta al direttore. Vuoi un gelato? Abbiamo conosciuto i nuovi vicini. Faremo un concerto.
I complementi indiretti col metodo Montessori – quinta presentazione. Presentazioni ed esercizi per bambini della scuola primaria.
Materiale: – strisce di carta bianca – penna nera
dalla scatola dei simboli per per l’analisi logica Montessori C1a:
– cerchi rossi con la scritta PREDICATO – cerchi neri grandi (per il soggetto) – cerchi neri medi (per il complemento oggetto o diretto) – cerchi arancio piccoli (per i complementi indiretti)
– frecce nere con le domande chi è che?… che cosa è che?… (per il soggetto) – frecce nere con le domande chi? che cosa? (per il complemento oggetto o diretto)
– frecce arancio con le domande: – …chi? … che cosa? (per i complementi indiretti in generale) – a chi? a che cosa? (per il complemento di termine) – di chi? di che cosa? (per il complemento di specificazione) – per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? (per il complemento di mezzo o strumento) – come? in che modo? in che maniera? (per il complemento di modo o maniera) – dove? (per il complemento di luogo) – quando? (per il complemento di tempo) – perchè? per quale motivo? per quale causa? (per il complemento di causa) – con chi? con che cosa? (per il complemento di compagnia e unione) – da chi? da che cosa? (per il complemento di agente e causa efficiente) – per quale fine? per quale scopo? (per il complemento di fine o scopo) – da chi? da che cosa? da dove? (per il complemento di origine o separazione) – fatto di che cosa? di quale materia? (per il complemento di materia)
Trovi il materiale pronto per la stampa qui:
Note: – nelle presentazioni successive si consiglia di introdurre un solo simbolo e una sola freccia alla volta; – per i complementi indiretti (frecce arancio) le frecce pronte riguardano i complementi più importanti, ma può succedere che i bambini incontrino complementi indiretti diversi. In questo caso i bambini stessi potranno creare delle nuove frecce con le domande che servono. Nel mio materiale ho cercato di preparare quanti più complementi possibile, prevedendo di introdurre sempre un complemento alla volta.
Complementi indiretti col metodo Montessori Presentazione
– invitiamo un gruppo di bambini attorno al tavolo o al tappeto – diciamo: “Abbiamo già imparato come si analizza una frase. Abbiamo imparato a riconoscere il soggetto, il predicato, il complemento oggetto e i complementi indiretti. Vi ricordate cosa abbiamo detto dei complementi indiretti?”. Ricapitoliamo insieme quello che sappiamo – scriviamo su una striscia di carta una frase, ad esempio ALMA PREPARA I BISCOTTI ed analizziamola insieme dicendo: “ALMA è il soggetto, PREPARA il predicato e I BISCOTTI il complemento oggetto o diretto”
– diciamo: “Abbiamo detto che i complementi indiretti completano la frase in vari modi e non ricevono l’azione direttamente. Proviamo a completare la frase” – aggiungiamo: ALMA PREPARA I BISCOTTI CON LA NONNA NELLA SUA CUCINA QUESTO POMERIGGIO
– chiediamo: “Cos’è CON LA NONNA?”. I bambini rispondono: “Un complemento indiretto” – mettiamo la freccia arancio che abbiamo usato per i complementi indiretti in generale con le domande ‘…chi? …che cosa?’ sul piano di lavoro, sotto alla frase, a sinistra
– diciamo: “Nei giorni scorsi abbiamo usato questa freccia per i complementi indiretti ed i simbolo del cerchio piccolo arancio” – diciamo: “nei prossimi giorni impareremo ad usare queste frecce arancio per i complementi indiretti, che contengono domande più specifiche, e per ogni complemento indiretto useremo un cerchio piccolo arancio”. Mostriamo in questa fase solo le frecce che rientrano nella stella logica che useremo nei seguenti esercizi:
– “per il complemento indiretto della nostra frase, ad esempio, la domanda corretta sarebbe ‘con chi? con che cosa?’ – mettiamo sotto alla frase, a sinistra, la freccia arancio con le domande ‘con chi? con che cosa?’ – tagliamo dalla frase CON LA NONNA e mettiamo le parole a fianco del simbolo arancio
– diciamo: “Anche NELLA SUA CUCINA è un complemento diretto, ma richiede una domanda diversa” – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘dove?’ e il simbolo arancio piccolo in colonna sotto al primo. Tagliamo le parole NELLA SUA CUCINA e mettiamole a fianco del simbolo
– diciamo: “Anche QUESTO POMERIGGIO è un complemento indiretto, ma risponde alla domanda ‘quando?’ – mettiamo la freccia arancio con la domanda ‘quando?’ e il simbolo arancio in colonna sotto agli altri. Mettiamo al fianco del simbolo le parole QUESTO POMERIGGIO
– diciamo: “Su ognuna di queste frecce arancio c’è una domanda per un complemento indiretto che possiamo incontrare in una frase” – incolonniamo le restanti frecce arancio affiancandole ad un cerchio piccolo arancio – indichiamo la freccia arancio per i complementi indiretti in generale, e poi indichiamo le frecce arancio per i singoli complementi indiretti e leggiamole
– diciamo: “Nei prossimi giorni conosceremo più da vicino ogni complemento indiretto” – non serve registrare l’attività sui quaderni di grammatica.
Complementi indiretti col metodo Montessori Scopo
– comprendere la relazione che c’è tra il predicato (verbo) e le famiglie del nome del soggetto, del complemento oggetto o diretto e dei complementi indiretti – introdurre le nuova frecce arancio per i complementi indiretti da usare al posto della freccia arancio con la scritta COMPLEMENTI INDIRETTI o le domande …chi? … che cosa?
Note:
– dopo questa presentazione si consiglia di introdurre un solo cerchio arancio e una sola freccia arancio nuova alla volta. – ci sono tre presentazioni per ogni complemento: prima: si usa la freccia con scritta soltanto la domanda (simboli C1a) seconda: si usa la freccia con la domanda scritta su una facciata e il nome del complemento sull’altra (simboli C1b) terza: si usano le frecce con scritto soltanto il nome del complemento (simboli C1c)
ANALISI LOGICA – materiale stampabile e stella logica Montessori, per conoscere i complementi indiretti e analizzare la frase semplice e complessa.
Scatola C1a per l’analisi logica
Le frecce riportano soltanto le domande che i bambini usano per analizzare la frase. Per comporre la stella logica 1 (su foglio A 3) basta ritagliare gli elementi e incollarli sul foglio seguendo il modello:
Le stelle logiche in commercio per il livello 1 sono così:
simboli muti:
– cerchi rossi con la scritta PREDICATO – cerchi neri grandi (per il soggetto) – cerchi neri medi (per il complemento oggetto o diretto) – cerchi arancio piccoli (per i complementi indiretti) – cerchi azzurri piccoli (per il complemento di specificazione) – triangoli azzurri (per l’attributo e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un aggettivo) – triangoli neri (per l’apposizione e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un sostantivo)
frecce nere:
– chi è che?… che cosa è che?… (per il soggetto) – chi? che cosa? (per il complemento oggetto o diretto) – con quale caratteristica? (per apposizione e per il complemento predicativo e il nome del predicato nominale quando sono rappresentati da un sostantivo)
– per i complementi più importanti, frecce arancio con le domande:
– …chi? … che cosa? (per i complementi indiretti in generale) – a chi? a che cosa? (per il complemento di termine) – per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? (per il complemento di mezzo o strumento) – come? in che modo? in che maniera? (per il complemento di modo o maniera) – dove? (per il complemento di luogo) – quando? (per il complemento di tempo) – perchè? per quale motivo? per quale causa? (per il complemento di causa) – con chi? con che cosa? (per il complemento di compagnia e unione) – da chi? da che cosa? (per il complemento di agente e causa efficiente) – per quale fine? per quale scopo? (per il complemento di fine o scopo) – da chi? da che cosa? da dove? (per il complemento di origine o separazione) – fatto di che cosa? di quale materia? (per il complemento di materia)
– per gli altri complementi indiretti frecce arancio con le domande:
– dove? in quale luogo? (per il complemento di stato in luogo) – dove? verso dove? (per il complemento di moto a luogo) – da dove? da quale luogo? (per il complemento di moto da luogo) – per dove? attraverso quale luogo? (per il complemento di moto per luogo) – quando? a quando? per quando? in quale periodo? (per il complemento di tempo determinato) – per quanto tempo? in quanto tempo? da quanto tempo? (per il complemento di tempo continuato) – di chi? di che cosa? (per il complemento di abbondanza o privazione) – di chi? di che cosa? a proposito di chi? a proposito di che cosa? (per il complemento di argomento) – di che cosa? per che cosa? a che cosa? con che cosa? (per il complemento di colpa e pena) – nonostante chi? nonostante che cosa? (per il complemento concessivo) – di chi? di che cosa? di quale nome? (per il complemento di denominazione) – quanto? a che distanza? (per il complemento di distanza) – ogni quanto? in quale proporzione o distribuzione? (per il complemento distributivo) – senza chi? senza che cosa? eccetto chi? eccetto che cosa? (per il complemento di esclusione) – a quanti anni? di quanti anni? (per il complemento d’età) – per che cosa? limitatamente a che cosa? (per il complemento di limitazione) – di chi? di che cosa? quanto chi? quanto che cosa? come chi? come che cosa? (per il complemento di paragone) – tra chi? tra che cosa? (per il complemento partitivo) – di che qualità? come? (per il complemento di qualità) – quanto? di quanto? per quanto? (per il complemento di quantità o misura) – tra chi? tra quali cose? (per il complemento di rapporto o relazione) – al posto di chi? al posto di cosa? invece di chi? invece di che cosa? (per il complemento di sostituzione o scambio) – quanto? a quanto? (per il complemento di stima e prezzo) – per chi? per che cosa? a vantaggio o a danno di chi? a vantaggio o a danno di che cosa? (per il complemento di vantaggio e svantaggio)
frecce azzurre:
– – di chi? di che cosa? (per il complemento di specificazione) – con quale caratteristica? (per l’attributo e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un aggettivo)
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Scatola C1b per l’analisi logica
E’ anche detta scatola ponte perchè le frecce riportano le domande che i bambini usano per analizzare la frase da un lato e il nome dell’elemento della frase dall’altro. Per comporre la stella logica 2 (su foglio A3) basta ritagliare gli elementi e incollarli sul foglio seguendo il modello:
simboli muti:
– cerchi rossi con la scritta PREDICATO – cerchi neri grandi (per il soggetto) – cerchi neri medi (per il complemento oggetto o diretto) – cerchi arancio piccoli (per i complementi indiretti) – cerchi azzurri piccoli (per il complemento di specificazione) – triangoli azzurri (per l’attributo e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un aggettivo) – triangoli neri (per l’apposizione e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un sostantivo)
frecce nere (stampate fronte e retro):
– chi è che?… che cosa è che? /soggetto – chi? che cosa? / complemento oggetto – con quale caratteristica?/ apposizione – con quale caratteristica?/ complemento predicativo (quando è un sostantivo) – con quale caratteristica?/ nome del predicato (quando è un sostantivo)
– per i complementi più importanti, frecce arancio stampate fronte e retro:
– …chi? … che cosa? /complementi indiretti – a chi? a che cosa? / complemento di termine – per mezzo di chi? per mezzo di che cosa? / complemento di mezzo o strumento – come? in che modo? in che maniera? / complemento di modo o maniera – dove? / complemento di luogo – quando? /complemento di tempo – perchè? per quale motivo? per quale causa? / complemento di causa – con chi? con che cosa? / complemento di compagnia e unione – da chi? da che cosa? / complemento di agente e causa efficiente – per quale fine? per quale scopo? / complemento di fine o scopo – da chi? da che cosa? da dove? / complemento di origine o separazione – fatto di che cosa? di quale materia? / complemento di materia
– per gli altri complementi indiretti frecce arancio stampate fronte e retro:
– dove? in quale luogo? / complemento di stato in luogo – dove? verso dove? / complemento di moto a luogo – da dove? da quale luogo? / complemento di moto da luogo – per dove? attraverso quale luogo? / complemento di moto per luogo – quando? a quando? per quando? in quale periodo? / complemento di tempo determinato – per quanto tempo? in quanto tempo? da quanto tempo? / complemento di tempo continuato – di chi? di che cosa? / complemento di abbondanza o privazione – di chi? di che cosa? a proposito di chi? a proposito di che cosa? / complemento di argomento – di che cosa? per che cosa? a che cosa? con che cosa? /complemento di colpa e pena – nonostante chi? nonostante che cosa? / complemento concessivo – di chi? di che cosa? di quale nome? / complemento di denominazione – quanto? a che distanza? / complemento di distanza – ogni quanto? in quale proporzione o distribuzione? / complemento distributivo – senza chi? senza che cosa? eccetto chi? eccetto che cosa? / complemento di esclusione – a quanti anni? di quanti anni? / complemento d’età – per che cosa? limitatamente a che cosa? / complemento di limitazione – di chi? di che cosa? quanto chi? quanto che cosa? come chi? come che cosa? / complemento di paragone – tra chi? tra che cosa? / complemento partitivo – di che qualità? come? / complemento di qualità – quanto? di quanto? per quanto? / complemento di quantità o misura – tra chi? tra quali cose? / complemento di rapporto o relazione – al posto di chi? al posto di cosa? invece di chi? invece di che cosa? / complemento di sostituzione o scambio – quanto? a quanto? / complemento di stima e prezzo – per chi? per che cosa? a vantaggio o a danno di chi? a vantaggio o a danno di che cosa? / complemento di vantaggio e svantaggio
frecce azzurre stampate fronte e retro:
– con quale caratteristica? / attributo – con quale caratteristica? / complemento predicativo (quando è un aggettivo) – con quale caratteristica? / parte nominale del predicato (quando è un aggettivo) – di chi? di che cosa? / per il complemento di specificazione
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Scatola C1c per l’analisi logica col metodo Montessori
Le frecce riportano soltanto i nomi degli elementi della frase. Per comporre la stella logica 3 (su foglio A3) basta ritagliare gli elementi e incollarli sul foglio seguendo il modello:
simboli:
– cerchi rossi con la scritta PREDICATO – cerchi neri grandi (per il soggetto) – cerchi neri medi (per il complemento oggetto o diretto) – cerchi arancio piccoli (per i complementi indiretti) – cerchi azzurri piccoli (per il complemento di specificazione) – triangoli azzurri (per l’attributo e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un aggettivo) – triangoli neri (per l’apposizione e per il complemento predicativo e la parte nominale del predicato quando sono rappresentati da un sostantivo)
frecce nere:
– soggetto – complemento oggetto – apposizione – complemento predicativo (quando è un sostantivo) – nome del predicato (quando è un sostantivo)
– per i complementi più importanti, frecce arancio:
– complementi indiretti – complemento di termine – complemento di mezzo o strumento – complemento di modo o maniera – complemento di luogo – complemento di tempo – complemento di causa – complemento di compagnia e unione – complemento di agente e causa efficiente – complemento di fine o scopo – complemento di origine o separazione – complemento di materia
– per gli altri complementi indiretti frecce arancio:
– complemento di stato in luogo – complemento di moto a luogo – complemento di moto da luogo – complemento di moto per luogo – complemento di tempo determinato – complemento di tempo continuato – complemento di abbondanza o privazione – complemento di argomento – complemento di colpa e pena – complemento concessivo – complemento di denominazione – complemento di distanza – complemento distributivo – complemento di esclusione – complemento d’età – complemento di limitazione – complemento di paragone – complemento partitivo – complemento di qualità – complemento di quantità o misura – complemento di rapporto o relazione – complemento di sostituzione o scambio – complemento di stima e prezzo – complemento di vantaggio e svantaggio
frecce azzurre:
– attributo – complemento di specificazione – complemento predicativo (quando è un aggettivo) – parte nominale del predicato (quando è un aggettivo).
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